RETE NATURA 2000 REGIONE

PIANO DI GESTIONE

AREA 12

MONTE VOLTURINO (IT9210205)

- primo report-

FEBBRAIO 2012

SIC: (IT9210205)

RETE NATURA 2000 REGIONE BASILICATA

SCHEDA DI SINTESI DEL RAPPORTO N° 1

Data : 25/02/2012

Area numero : 12

Denominazione: MONTE VOLTURINO (IT9210205)

Gruppo di lavoro:

Nome Sito Ruolo

Dott.ssa Rosanna Marino IT9210240 Botanico

Geol. Salvatore Oliveto IT9210240 Geologo

Arch. Rosaria Pilieri IT9210240 Architetto

Dott. Giuseppe Falconeri IT9210240 Forestale

Dott. Luciano Ferraro IT9210240 Forestale

2 Temi Autori

Geologia Geol. Salvatore Oliveto

Zoologia

Botanica Dott.ssa Rosanna Marino

Zootecnia Dott. For. Luciano Ferraro, Dott. For. GiuseppeFalconeri

Agronomia Dott. For. Luciano Ferraro, Dott. For. GiuseppeFalconeri

Selvicoltura Dott. For. Luciano Ferraro, Dott. For. GiuseppeFalconeri

Impatti Ambientali

Pianificazione territoriale Arch. Rosaria Pilieri

Economia

Comunicazione/Concertazione

Cartografia/Analisi GIS Geol. Salvatore Oliveto, Arch. Rosaria Pilieri, Dott. For. Giuseppe Falconeri, Dott. For. Luciano Ferraro, Dott.ssa Rosanna Marino

3 AUTOVALUTAZIONE SUL LAVORO SVOLTO:

Mettere qui considerazioni generali su com'è stato svolto il lavoro, evidenziando eventuali lacune conoscitive, eventuali problemi riscontrati sul campo ed in fase di redazione, suggerimenti ai committenti e/o alla cabina di regia.

RICHIESTE SPECIFICHE:

Elencare qui eventuali richieste ai committenti e/o alla cabina di regia.

4 PREMESSA: LA DIRETTIVA HABITAT E LA RETE DEI SITI NATURA 2000 IN BASILICATA

I processi di degrado del territorio e le trasformazioni del paesaggio, l’impoverimento della diversit{ biologica, il processo di frammentazione degli ambienti naturali e il loro progressivo isolamento in un contesto territoriale a crescente antropizzazione, sono temi che negli ultimi decenni sono diventati centrali nell’azione delle istituzioni pubbliche, e a partire dagli anni '80 sono diventati oggetto di numerose convenzioni internazionali.

Nel 1992, con la sottoscrizione della Convenzione di Rio sulla Biodiversità, tutti gli stati membri della Comunità Europea hanno riconosciuto come priorità da perseguire la conservazione in situ degli ecosistemi e degli habitat naturali, ponendosi come obiettivo quello di “anticipare, prevenire e attaccare alla fonte le cause di significativa riduzione o perdita della diversità biologica, in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici".

In questo contesto internazionale l’Unione Europea ha approvato nel 1998 una strategia per la biodiversità che ha predisposto il quadro di riferimento normativo e programmatico per promuovere gli obiettivi della convenzione sulla diversità biologica. Al Consiglio Europeo di Göteborg del giugno 2001, i capi di Stato e di governo dell’Unione Europea si sono posti l’ambizioso obiettivo di arrestare il declino della biodiversità entro il 2010, elaborando nel VI Piano d’Azione per l’Ambiente, sottoscritto dal Consiglio e dal Parlamento nel luglio 2002, i mezzi per raggiungere tale obiettivo.

Al fine di ottenere una significativa riduzione dell’attuale tasso di perdita di biodiversit{, è cruciale dare concreta attuazione alla direttiva Habitat 92/43 ed alla direttiva Uccelli 79/409 e procedere alla realizzazione della Rete Natura 2000.

Con tali direttive l’Unione Europea ha posto le basi per un’organica azione, ad ampia scala geografica, di conservazione della natura e della biodiversità, con un nuovo approccio e introducendo sostanziali novità nella legislazione. Innanzitutto, entrambe le Direttive anzidette elencano le specie animali, vegetali e gli habitat di particolare interesse conservazionistico (indicando con un asterisco quelli prioritari) e prevedono l’individuazione di aree di particolare tutela, le Zone di Protezione Speciale (ZPS) per gli uccelli, e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC, da designare successivamente da parte del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio come ZSC - Zone Speciali di Conservazione) per le specie animali, vegetali e per gli habitat.

Scopo principale della direttiva Habitat è “contribuire a salvaguardare la biodiversit{ mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri ai quali si applica il trattato”. Nella fattispecie, gli Stati membri devono mantenere o ripristinare in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat naturali e le specie di flora e fauna selvatiche di interesse comunitario (art. 2).

Le conoscenze acquisite negli ultimi anni nel campo dell'ecologia e della biologia della conservazione hanno messo in evidenza come, per la tutela di habitat e specie, sia necessario operare in un'ottica di rete di aree, che rappresentino, con popolazioni vitali e superfici adeguate, tutte le specie e gli habitat tipici dell'Europa, con le loro variabilità e diversità geografiche.

La costituzione di una rete è finalizzata inoltre ad assicurare la continuità degli spostamenti migratori, 5 dei flussi genetici delle varie specie e a garantire la vitalità a lungo termine degli habitat naturali: si è passati quindi dalla conservazione di specifiche specie e aree alla conservazione dell’intero sistema degli ecosistemi presenti nel territorio europeo.

Sulla scorta di tali considerazioni, l'Unione Europea (Direttiva Habitat, art. 3) ha stabilito la fondazione della Rete Ecologica Europea denominata “Natura 2000”, costituita innanzitutto dalle Zone di Protezione Speciale e dalle Zone Speciali di Conservazione, pianificando un sistema interconnesso di aree ad elevata valenza naturalistica ed omogeneizzando la gestione del territorio naturale e seminaturale compreso all’interno della Comunità Europea.

Una “rete ecologica europea coerente” di Siti Natura 2000 ha lo scopo di garantire il mantenimento o il ripristino dei tipi di habitat naturali e degli habitat di specie in un soddisfacente stato di conservazione (art. 3).

In base all’art. 10, gli Stati membri si impegnano “nell’ambito delle loro politiche di riassetto del territorio e di sviluppo, e segnatamente per rendere più ecologicamente coerente la Rete Natura 2000”, a promuovere la gestione di quegli elementi del paesaggio che per la loro struttura lineare o il loro ruolo di collegamento possono costituire corridoi per la flora e la fauna selvatiche.

La protezione delle specie di flora e di fauna dovrà anche essere assicurata mediante la predisposizione di un rigoroso regime di tutela delle specie in tutta la loro gamma naturale (artt. da 12 a 16).

La Direttiva contiene diverse misure complementari in tema di sorveglianza e monitoraggio, reintroduzione di specie indigene, introduzione di specie non indigene, ricerca e istruzione. Va inoltre sottolineato che la conservazione della biodiversità europea viene realizzata tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali, favorendo cioè l'integrazione della tutela di habitat e specie animali e vegetali con le attività economiche e con le esigenze sociali e culturali delle popolazioni che vivono all'interno delle aree che fanno parte della rete Natura 2000.

E’ importante sottolineare che la Direttiva Habitat ed il progetto Rete Natura 2000 attribuiscono grande importanza non solo alle aree ad alta naturalità (quelle meno modificate dall'uomo) ma anche agli ambienti seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.) e a quei territori contigui, indispensabili per mettere in relazione aree divenute distanti spazialmente ma vicine per funzionalità ecologica. Con ciò viene riconosciuto il valore, per la conservazione della biodiversità a livello europeo, di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell'uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso la formazione ed il mantenimento di particolari ambienti. Alle aree agricole lucane, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l'agricoltura non intensiva, in molti casi opportunamente regolamentati o riconvertiti.

Elemento di carattere innovativo è l’attenzione rivolta dalla direttiva alla valorizzazione della funzionalità degli habitat e dei sistemi naturali. Si valuta infatti non solo la qualità attuale del Sito ma anche la potenzialità che hanno gli habitat di raggiungere un livello di maggiore complessità. La direttiva prende in considerazione anche siti attualmente degradati in cui tuttavia gli habitat abbiano conservato l’efficienza funzionale e che pertanto possano ritornare verso forme più evolute mediante l’eliminazione delle ragioni di degrado.

6 Questa nuova impostazione di sistema si integra con la strategia del Consiglio d'Europa di promuovere un approccio più comprensivo e meno parcellizzato del governo del territorio, che ha portato all’adozione della Convenzione Europea sul Paesaggio.

La definizione della Rete Natura 2000 pone le sue basi di conoscenza scientifica nel progetto "CORINE Biotopes" che, dal 1985 al 1991, ha condotto ad una prima individuazione delle specie animali e vegetali presenti sul territorio europeo, degne di attenzione e/o da sottoporre a specifica tutela.

Il recepimento della Direttiva Uccelli è avvenuto in Italia con la legge 157/92. Il recepimento della Direttiva Habitat è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003. Dal punto di vista delle competenze amministrative, tale atto affida alle Regioni (e alle Province Autonome) il compito di individuare i siti della rete Natura 2000 e di assicurarne la tutela.

Il DPR 357/97 costituisce il regolamento di attuazione della Direttiva Habitat e fissa le procedure per l’individuazione dei Siti di Interesse Comunitario (art. 3) e prevede l’adozione, da parte delle Regioni, di piani di gestione per le Zone Speciali di Conservazione e le Zone di Protezione Speciale (art. 4, art. 6). L’art. 5 prevede che nella pianificazione territoriale si tenga conto della valenza naturalistico- ambientale dei siti di interesse comunitario; prevede inoltre che i proponenti di progetti che potrebbero avere implicazioni sulle aree protette e per i quali non si applica la procedura di valutazione d’impatto ambientale, presentino, alle autorit{ competenti, una relazione sulla base della quale effettuare una Valutazione di Incidenza Ambientale.

L’individuazione dei Siti di Importanza Comunitaria in Italia è avvenuta su iniziativa del Ministero dell'Ambiente con il progetto“Bioitaly” con cui si è provveduto, dal 1995 al 1997, alla raccolta e sistematizzazione delle informazioni sui biotopi, sugli habitat naturali e seminaturali di interesse comunitario, procedendo alla redazione di specifiche schede descrittive complete di cartografia. Le Regioni hanno provveduto ad adottare definitivamente l’elenco dei proposti Siti di Importanza Comunitaria, trasmessi alla Commissione Europea per la successiva validazione.

Con il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 3 Aprile 2000 è stato reso noto il primo “Elenco dei Siti di Importanza Comunitaria e delle Zone di Protezione Speciali, individuati ai sensi delle Direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE”, (G.U. n.95 del 22.04.2000), riveduto e definitivamente approvato con il DM del 25 marzo 2005 (G.U. n. 157 del 08.07.2005).

Nel settembre 2002 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha reso pubbliche le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000”: proprio qui viene ribadito il ruolo della Regione quale “soggetto incaricato delle funzioni normative e amministrative connesse all’attuazione della direttiva Habitat”, oltreché la possibilit{ di sottoporre la materia a propria disciplina legislativa organica.

In questo contesto di crescenti impegni per gli Stati e le regioni nel perseguire la tutela della biodiversità, degli habitat e delle specie di interesse comunitario, anche la programmazione dei fondi strutturali è stata orientata alla realizzazione della Rete Natura 2000 e ed alla corretta gestione dei Siti .

La prima novit{ sostanziale si è avuta all’interno del QCS 2000-2006 e di conseguenza del POR Basilicata 2000-2006, prevedendo in maniera esplicita l’integrazione delle politiche ambientali nelle politiche di sviluppo economico, la sostenibilità come criterio informatore delle scelte ed obiettivo da perseguire, la Rete Ecologica come grande infrastruttura territoriale per lo sviluppo sostenibile, pensata in stretta integrazione con i temi dello sviluppo rurale, della tutela e valorizzazione dei beni

7 culturali, della promozione di specifici segmenti di offerta turistica (D.G.R. 978 del 04.06.2003, Misura 1.4).

Infine, con la DGR 90/06 (Documento Strategico Regionale 2007/2013, cap. 4, sez. 4.4.4.), la Regione Basilicata assume nelle proprie linee strategiche e programmatiche la tutela, valorizzazione e sviluppo della biodiversità negli habitat naturali anche in funzione dell'incremento della fruibilità dei luoghi.

Per l'attuazione di tale strategia, il DGR 1925/07 ed il DGR 1214/09 hanno previsto, sulla base dei vincoli gravanti sul territorio e degli strumenti di programmazione e gestione territoriale, la redazione di un Piano di Gestione per i siti SERRA DI CALVELLO (IT9210240) – MONTE VOLTURINO (IT9210205) – MONTE DELLA MADONNA DI VIGGIANO (IT9210180) – MONTE CALDAROSA (IT9210170). Infatti, la complessità delle problematiche di conservazione presenti nei siti, e la possibilit{ solo parziale di recepimento delle misure di conservazione nell’ambito degli attuali e diversi strumenti di pianificazione territoriale, hanno indotto a ritenere necessaria la realizzazione di un Piano di Gestione, che costituisce di per sé una delle possibili misure di conservazione per i Siti della Rete Natura 2000.

I PIANI DI GESTIONE

Occorre inoltre ricordare che la Direttiva habitat impegna, in attuazione del principio di prevenzione: “Gli Stati membri ad adottare tutte le opportune misure per evitare, nelle zone speciali di conservazione il degrado (…), nonché la perturbazione (..)”.

Ed ancora il comma 1 dell’articolo 4 del DPR 357/97 (integrato dal DPR 120/2003) sancisce che “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano per i proposti siti di importanza comunitaria opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate”.

Il campo di applicazione è più ampio di quello dell’art. 5 che concerne unicamente i piani ed i progetti per i quali è necessaria la preventiva valutazione di incidenza. Esso si riferisce pertanto allo svolgimento di attivit{ che non richiedono necessariamente un’autorizzazione preventiva, come l’agricoltura o la caccia.

Pertanto, sulla base dei vincoli gravanti sul territorio e degli strumenti di programmazione e gestione territoriale, emerge l’assoluta necessit{ dell’elaborazione del Piano di Gestione come strumento autonomo. Infatti, la complessità delle problematiche di conservazione presenti nei siti, e la possibilità solo parziale di recepimento delle misure di conservazione nell’ambito degli attuali e diversi strumenti di pianificazione territoriale, hanno indotto a ritenere necessaria la realizzazione di un Piano di Gestione.

METODOLOGIA

L’assessorato regionale, ai sensi del D.G.R. n. 2016 del 30 Novembre 2010, ha deciso di provvedere alla redazione del presente Piano di Gestione avvalendosi di personale esperto selezionato dal

8 Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, sotto la guida di una cabina di regia costituita da rappresentanti di istituzioni scientifiche ed accademiche specificate nel D.G.R. 1258/08 ed integrate in seguito al DGR 1961/09.

La metodologia adottata è coerente con i documenti di riferimento prodotti dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio, nonché con quelli elaborati a livello regionale, ed in particolare:

- Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Servizio Conservazione della Natura. Manuale per gestione dei Siti Natura 2000;

- Documenti Comunità Europea, 2000. La gestione dei siti della rete Natura 2000. Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE;

- Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 3 settembre 2002. Linee guida sui piani di gestione delle aree SIC, pubblicato sulla G.U.R.I. n. 224 del 24 settembre 2002;

- Manuali e linee guida 26/2003 - APAT. Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici. Istituto Nazionale Urbanistica (APAT-INU). Gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale - Indirizzi e modalità operative per l’adeguamento degli strumenti di pianificazione del territorio in funzione della costruzione di reti ecologiche a scala locale;

- Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 21 dicembre 2006. Disciplina del regime di condizionalità della PAC e abrogazione del D.M. 15 dicembre 2005, pubblicato sul Suppl. Ordinario della G.U.R.I. n. 301 del 29 dicembre 2006;

- Documento di lavoro del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Aspetti applicativi della Direttiva 79/409/CEE e della Direttiva 92/43/CEE (Atto A1 e Atto A5) nel quadro della condizionalità;

- Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 17 ottobre 2007. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS), pubblicato sulla G.U.R.I. n. 258 del 6 novembre 2007 e del conseguente Decreto Presidente Giunta Regionale n. 65 del 19/03/2008;

- DGR n. 978 del 4/06/2003 “Pubblicazione dei siti Natura 2000 della Regione Basilicata”, attività ed azioni inerenti il Complemento di Programmazione del POR Basilicata 2000/ 2006;

- Quadro Comunitario di Sostegno Obiettivo 1 2000/2006 - (QCS 3.2 Asse I – Risorse Naturali) - Strategia del QCS per la Rete Ecologica, nuovi indirizzi e criteri di attuazione -

- DGR n. 1484/06 (proposta di costituzione dell’Osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche);

- Documento regionale IV – Misure di tutela e conservazione - 7. Progetto per la redazione delle Misure di tutela e conservazione a cura dell’Ufficio Tutela della Natura – Dip. Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità;

9 - - DGR n. 655 del 06/05/2008. Approvazione della “Regolamentazione in materia forestale per le aree della Rete Natura 2000 in Basilicata, in applicazione del D.P.R. 357/97, del D.P.R. 120/2003 e del Decreto MATTM del 17/10/2007”.

In particolare, si ritiene opportuno richiamare in questa sede l'articolo 6 della Direttiva Habitat, che contiene le più importanti disposizioni per la conservazione di specie ed habitat, prevedendo in particolare (al comma 1) l’adozione di:

- opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali;

- appropriati piani di gestione.

Le misure del primo tipo costituiscono un requisito minimo. Al contrario, il Piano di Gestione deve essere adottato “se opportuno”, cioè qualora la situazione specifica del/dei Sito/i non consenta di garantire uno stato di conservazione soddisfacente solamente grazie alle misure obbligatorie.

Il Piano di Gestione, peraltro, si configura come l’unico strumento di pianificazione idoneo alla salvaguardia delle peculiarità di ogni singolo sito in grado di integrare gli aspetti prettamente naturalistici con quelli socio-economici ed amministrativi.

Coerentemente con quanto indicato nel Manuale per gestione dei Siti Natura 2000, a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Direzione Protezione della Natura), il presente PdG si articola in due sezioni distinte: quadro conoscitivo e quadro propositivo.

Il quadro conoscitivo e la valutazione dello stato di conservazione (ovvero la prima sezione del presente PdG) sono stati redatti utilizzando banche dati, studi di base (geologici, floro-vegetazionali, faunistici ed agronomici) e strumenti di pianificazione in possesso delle amministrazioni regionale e provinciale e dei comuni, integrati dai dati reperibili nella letteratura scientifica e da informazioni inedite raccolte durante i sopralluoghi in campo o fornite da esperti e professionisti. Il quadro conoscitivo è stato redatto facendo riferimento anche alle zone esterne, particolarmente nel caso in cui sia possibile individuare potenziali influenze dirette o indirette sui siti indagati.

Finalità del quadro conoscitivo è una "verifica di idoneità" dei siti, in applicazione dei parametri disciplinati dalla direttiva habitat; in particolare, per ciascun tipo di habitat naturale (allegato A al DPR 357/97 e smi) e ciascuna specie significativa (allegato B al DPR 357/97b e smi), vengono evidenziati il grado di rappresentatività, le esigenze ecologiche ed il livello di conservazione, sulla base di opportuni indicatori (analiticamente commentati) e di expert-based assessment.

Tale verifica di idoneità ha portato altresì all'aggiornamento del Formulario Standard di ciascun SIC, secondo quanto previsto dal DGR 1925/07 e dal DGR 1214/09, relativi alla Rete Natura 2000 lucana.

In riferimento ai risultati del quadro conoscitivo ed in risposta alle criticità e minacce individuate, è stato quindi redatto il Quadro propositivo, in cui si prospettano gli obiettivi di gestione degli habitat e delle specie d'interesse, nonché la messa a punto di strategie gestionali in base alla vocazione naturalistica di ciascun sito e alle specifiche azioni da intraprendere (generali o localizzate), unitamente ad una valutazione dei costi di tali azioni e dei tempi necessari per la loro realizzazione. Il quadro propositivo viene completato da un piano di azioni finalizzate al monitoraggio periodico degli indicatori individuati, per valutare l'efficacia della gestione ed eventualmente modificarne la strategia.

10 Secondo quanto previsto nel già citato Manuale per la gestione dei Siti Natura 2000, (Cap. 6.3) ciascuna azione delineata all'interno del Quadro propositivo è stata corredata da apposite Schede degli interventi, che descrivono in modo sintetico ed efficace tutti gli elementi utili alla comprensione, attuazione e verifica degli interventi proposti nei Siti. Gli interventi proposti per il finanziamento sono coerenti con le misure di conservazione prescritte nel DM Ambiente del 17.10.2007.

Per l’individuazione degli interventi realizzabili nei Siti Natura 2000, è stato inoltre consultato il documento APAT-INU del 2003 dal titolo “Gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale - Indirizzi e modalit{ operative per l’adeguamento degli strumenti di pianificazione del territorio in funzione della costruzione di reti ecologiche a scala locale” (vedasi il Cap.3).

Per quanto riguarda gli interventi per il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali e per il recupero degli elementi del paesaggio agrario regionale, si è fatto riferimento anche ai contenuti del DGR n. 366, che attraverso la redazione di un Piano Paesistico Regionale pone il paesaggio al centro delle politiche territoriali e di sviluppo economico.

In riferimento alle finalità e agli indirizzi generali sin qui delineati, i macro-obiettivi del Piano di Gestione possono essere così riassunti:

1. Formulazione del quadro conoscitivo relativamente alle caratteristiche dei siti ed alle loro diverse componenti (fisica, biologica, socio-economica, culturale e paesaggistica), basato sulle conoscenze pregresse e, quando necessario, su studi di dettaglio. A corredo del quadro conoscitivo, sono state elaborate banche dati georeferenziate e cartografie tematiche di scala adeguata.

2. Analisi delle esigenze ecologiche di habitat e specie mediante utilizzo di indicatori che consentano di valutarne lo stato di conservazione e di prevederne l'evoluzione.

3. Formulazione degli obiettivi gestionali generali e degli obiettivi di dettaglio, con indicazione di eventuali conflittualità e delle priorità d'intervento basate su valutazioni strategiche che rispettino le finalità istitutive dei siti.

4. Definizione della strategia gestionale e del piano di azione, con messa a punto delle strategie gestionali di massima e delle specifiche azioni da intraprendere, unitamente ad una valutazione dei costi che devono supportare tali azioni e dei tempi necessari per la loro realizzazione;

5. Individuazione di indicatori e azioni di monitoraggio per valutare periodicamente lo stato di conservazione di habitat e specie e l’efficacia delle azioni gestionali.

Per la redazione del presente Piano di Gestione sono state svolte, in coerenza con il cronoprogramma elaborato dalla cabina di regia, le attività di seguito indicate:

1. raccolta di dati bibliografici e di documentazione tecnica;

2. sopralluoghi su campo finalizzati ad un maggiore approfondimento del quadro conoscitivo nonché all’analisi ed alla valutazione dello stato di conservazione, della viabilit{ esistente, del grado di antropizzazione, della presenza di detrattori ambientali;

3. attività di informazione preliminare, nei confronti di Enti ed Amministrazioni competenti, sulla redazione del Piano di Gestione;

4. implementazione del Sistema Informativo Territoriale;

11 5. verifica e aggiornamento dei formulario standard;

6. redazione del Quadro Conoscitivo;

7. Redazione del Quadro Propositivo e delle Schede degli Interventi.

Per la redazione degli elaborati di Quadro Conoscitivo e Propositivo del Piano sono stati utilizzati strumenti informatici. In particolare le cartografie sono state costruite su piattaforma G.I.S. Arc- GIS/Arcview 3.2 e quindi con formato “shape” dei files, con georiferimento delle entit{ grafiche rispetto alla base cartografica della C.T.R.

I sistemi informativi territoriali (SIT) o Geographical Information Systems (GIS) permettono, attraverso la gestione contemporanea di complessi archivi di dati e cartografie, di visualizzare, interrogare e analizzare dati georeferenziati, ovvero localizzati geograficamente sul territorio. Sono quindi degli strumenti che consentono di gestire ed elaborare informazioni di varia natura associate all’ambiente e al territorio (PEVERIERI, 1995). Gli oggetti presenti sul territorio vengono rappresentati mediante l’utilizzo di figure elementari della geometria euclidea ossia punto e nodo, linea e poligono. A tali oggetti vengono associati degli attributi alfanumerici quali descrizioni, nomi, immagini e funzioni. L’unione degli oggetti con i relativi attributi costituiscono la copertura di un determinato tematismo. I SIT lavorano sui dati in modo stratigrafico e gerarchico. Ogni elemento cartografico (uso del suolo, confini comunali, idrografia, altimetrie, ecc.) rappresenta cioè uno strato tematico (layer). Più layer possono essere sovrapposti e combinati tra loro in modo da produrre elaborati cartografici specifici e personalizzati. Un altro vantaggio è quello di effettuare calcoli geografici su distanza e superfici (aree, lunghezze, quote, pendenze, esposizioni, ecc.) particolarmente utili ai fini della pianificazione. Grazie all’informatizzazione ciascuna base dati può essere velocemente aggiornata e modificata, sia in relazione ai mutamenti e all’evoluzione del territorio, sia in base alle esigenze di gestione. Il software utilizzato per l’acquisizione e la gestione dell’informazione territoriale è ArcView (GIS) 3.2.

Ulteriori indicazioni metodologiche sono contenute nell'iter metodologico approntato dalla cabina di regia e in singole sezioni del presente report. Ad esse si rimanda per ulteriori dettagli ed approfondimenti.

È da sottolineare che il lavoro di analisi e di studio sul campo svolto per la redazione del presente Piano ha permesso di effettuare utili approfondimenti e di colmare vuoti conoscitivi, consentendo di acquisire nuovi e inediti dati sulla presenza e distribuzione di habitat e specie di interesse conservazionistico, di maggior rilievo rispetto a quelli utilizzati alcuni anni fa per la designazione dei SIC.

12 1. QUADRO CONOSCITIVO

L’Ambito Territoriale Ottimale 12 si distribuisce geograficamente nei territori dei comuni di Calvello, Marsico Nuovo, Viggiano e Marsicovetere. È caratterizzato dalla presenza di 4 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) che sono: Serra di Calvello, Monte Volturino, Monte della Madonna di Viggiano e Monte Caldarosa.

Si tratta di siti localizzati in zone montane nell’alta Val d’Agri, nella zona occidentale della Basilicata centro-meridionale. Tutti i SIC sono ubicati in sinistra orografica del fiume Agri a quote relativamente elevate, che superano anche i 1.800 m s.l.m.

13 1.1. DESCRIZIONE FISICA

MONTE VOLTURINO – SIC IT9210205 Il SIC di Monte Volturino si estende su una superficie di quasi 172,5 ha, nei territori dei comuni di Marsicovetere (59,8%), Calvello (38,2%) e Marsico Nuovo (2%) (Fig. 4). Le coordinate geografiche del centro del SIC sono lat 40° 24’ 52” N e long 15° 49’ 8” E. Il SIC confina a nord-ovest con il SIC di Serra di Calvello (IT9210240)

Fig. 1 - Suddivisioni amministrative del SIC di Monte Volturino

Caratteristiche litologiche Dal punto di vista litologico il SIC è caratterizzato dalla presenza di diverse litologie con prevalenza di Carbonati (Calcari e Calcilutiti) e Argilliti. Da nord verso sud troviamo alternanze di argilliti fogliettate grigio-brune e calcilutiti silicifere con intercalazioni di marne siltose grigio biancastre nella zona di Bosco Raimondo. Continuando verso sud troviamo prima la presenza di di Calcilutiti grigie in banchi metrici con Selce nera in noduli e liste, alternati a livelli decimetrici di marne biancastre e livelletti di calciruditi ad elementi micritici di diametro centimetrino che si evidenziano anche nel versante sud occidentale del Monte Volturino, quindi argilliti silicee rossastre alternate a diaspri e radiolariti che caratterizzano anche il versante orientale del Monte Volturino e che nella parte più orientale del rilievo passano ad una alternanza di argilliti e calcilutiti. Nella zona orientale del SIC notiamo una rilevante presenza di Calcari grigio-scuri a grana fine e calcari massivi biancastri. Infine nell’estremit{ più meridionale del SIC vi è da sottolineare la presenza di Argille e Arenarie.

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Fig. 2 - Carta Litologica del SIC di Monte Volturino

Caratteristiche edafiche

Caratteristiche idrografiche Anche il SIC di Monte Volturino come quello di Serra di Calvello contiene la linea di spartiacque tra il Bacino Idrografico del fiume Agri ad ovest – sud-ovest e quello del fiume Basento a est – nord-est, in particolare la linea di spartiacque passa per la vetta di Monte Volturino. Anche all’interno di questo SIC non vi sono significativi corsi d’acqua e quelli presenti sono di ordine molto basso (Fig. 6) .

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Fig. 3 - Suddivisione in bacini idrografici del SIC di Monte Volturino

1.1.2. Corrispondenza del confine dei SIC con elementi fisici presenti nel territorio

SIC DI MONTE VOLTURINO (IT9210240)

Scheda descrittiva del confine del SIC IT9210205

MONTE VOLTURINO

Tratto Grado di Lunghezza (m) Descrizione da a rintracciabilità

A B

16

Dall’analisi della scheda sopra riportata risulta quindi che:

• per il TOT % del proprio perimetro, il confine del SIC è facilmente individuabile in campagna, coincidendo con elementi naturali e/o antropici ben delimitati e rintracciabili su campo;

• per il TOT %, il confine del SIC ha un grado di rintracciabilità medio, coincidendo con elementi fisici poco marcati e difficilmente riconducibili ad un segmento lineare che abbia caratteristiche di univocità;

• per il rimanente TOT %, il confine del Sito ha un grado di rintracciabilità basso non trovando alcuna corrispondenza con elementi certi presenti sul territorio.

Riportare qui un diagramma a torta con la suddivisione percentuale della lunghezza del perimetro del SIC in funzione del grado di rintracciabilità sul campo.

1.1.2. L’area vasta di riferimento

Oltre alla variabilit{ geologica, che ha determinato l’affioramento di materiali minerali di varia natura, il territorio lucano ha una notevole variabilità morfologica, con presenza di superfici di età molto diverse. Infatti la Basilicata riassume in sé gran parte della variabilit{ dei paesaggi presenti nell’Italia meridionale.

A fare da spartiacque con il versante tirrenico vi è la dorsale appenninica allineata lungo il fianco occidentale della regione. L’ATO 12 rientra in questo dominio geografico con i suoi 4 SIC: Serra di Calvello, Monte Volturino, Monte della Madonna di Viggiano e Monte Caldarosa.

L’area all’interno della quale ricade l’ATO 12 è esclusivamente montana. Ubicato nella zona centro occidentale della Regione Basilicata esso si trova all’interno della Catena Appenninica ed è diviso tra i bacini idrografici del Basento a nord e dell’Agri a sud.

La linea di spartiacque tra i due bacini infatti attraversa i SIC di Serra di Calvello, di Monte Volturino, di Monte della Madonna di Viggiano e di Abetina di Laurenzana, mentre costeggia il margine del SIC di Monte Caldarosa.

Da nord ovest proseguendo verso sud-est si incontrano da prima il Monte Lama (1.566 m s.l.m.) quindi Serra di Calvello (1566 m s.l.m.) dalle cui pendici sgorgano le acque che alimentano il corso principale del fiume Agri, quindi Monte Calvelluzzo (1.699 m s.l.m.), rilievi ricadenti nel SIC di Serra Calvello.

Proseguendo sempre verso sud-est si incontra il Monte Volturino, monte da cui prende il nome questo SIC, che con i suoi 1.835 m s.l.m. rappresenta la vetta più alta della zona, fini ad arrivare al Monte di Viggiano (1724 m s.l.m.) nell’omonimo SIC.

Verso nord-est troviamo il SIC di Monte Caldarosa in cui spicca la vetta del monte da cui prende il nome con i suoi 1.491 m s.l.m. fino ad arrivare alla Riserva Regionale dell’Abetina di Laurenzana nel SIC più orientale dell’ATO 12 da cui prende il nome.

Analisi, lettura ed interpretazione dei caratteri paesaggistici con riferimento ad ATO

17 La necessità di conoscere le regole che hanno generato il paesaggio locale ci porta ad una lettura dello stesso attraverso le sue componenti strutturali. Le unità di massima complessità attraverso le quali è possibile rileggere il territorio sono le unità di paesaggio, definite come sub-sistemi paesistici complessi. La definizione di questi contesti paesistici, costituisce l’integrazione finale di un processo complesso nel quale confluiscono le analisi dei sistemi delle risorse fisico-ambientali, dei sistemi delle permanenze storico-culturali e simboliche, degli assetti funzionali, delle intervisibilità, delle microstorie sociali delle quali il paesaggio è costituito.

L’individuazione delle unit{ di paesaggio, comporta la formazione di un quadro conoscitivo di base, con l’obiettivo di rintracciare omogeneit{ territoriali, individuando i valori connessi alla naturalit{, alle biodiversità, ai sistemi antropici consolidati.

Per la formazione del quadro conoscitivo di base si è predisposto un sistema informativo in ambiente GIS, nel quale i dati raccolti sono stati archiviati, georeferenziati e organizzati. Il sistema informativo a disposizione, ha permesso di effettuare numerose elaborazioni cartografiche e geostatistiche, fornendo un utile e indispensabile strumento di gestione informatica dei dati paesaggistici relativi all’area di progetto. Tale cartografia è stata utilizzata sia come base di partenza sia per l’estrazione dei vari tematismi contenuti al suo interno, sia per la costruzione del modello digitale del terreno (DTM). Di seguito si riportano le diverse elaborazioni in ambiente GIS che sono state realizzate.

L’operazione preliminare è stata quella di estrarre dalle informazioni relative all’intera provincia di Potenza, i dati relativi all’Ato in esame ( fig. 1).

Il primo tematismo redatto è stata la Carta dei Biotipi, che nasce dall’individuazione delle aree omogenee dal punto di vista della copertura del suolo. L’analisi comporta l’utilizzo e la rielaborazione del dato di base della Corine Land Cover (fig. 2). Le categorie della Clc vengono cosi raggruppate e/o riclassificate in classi di biotipo (fig. 3). Si è effettuata, in tal sede, anche una valutazione del grado di naturalità dei singoli biotipi (fig. 4).

La fase successiva ha condotto all’individuazione dei tipi di paesaggio, divise al loro volta per classi, desunte dalla Carta dei Biotipi. Nella tavola si è confrontato il sistema geo-morfologico con le classi suddette, evidenziando la corrispondenza tra la presenza del bosco e paesaggio alto montano (fig. 5).

In tale mosaico ambientale si inseriscono insediamenti ed usi antropici. La formazione del quadro conoscitivo comporta infatti anche l’analisi dei sistemi insediativi e relazionali, evidenziando le correlazioni tra morfologia del suolo (sistema dei crinali e dei fondovalle) e sviluppo antropico. Tali correlazioni consentiranno di elaborare una prima parziale interpretazione del complessa “morfologia” del sistema insediativo (fig. 6).

E’ stata effettuata una rappresentazione statistica della superficie topografica (Digital Terrain Model), che ci d{ lettura immediata della morfologia del territorio, utile all’analisi delle relazioni tra paesaggio naturale ed insediamento antropico (fig. 7).

Un ulteriore tematismo è stato effettuato censendo da un lato gli elementi puntuali di pregio, ambientali ed architettonici, dall’altro i detrattori ambientali (fig. 8).

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Fig. 1 – L’ operazione preliminare è stata quella di “estrarre” i dati dell’ATO12 dai dati provinciali. Nell’esempio la creazione della Corine Land Cover dell’ATO 12, effettuata attraverso la costruzione del Model Builder.

Fig. 2. - Usi del Suolo (Corine Land Cover).

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Fig. 3. Carta dei Biotipi. In corrispondenza delle aree SIC di Serra di Calvello, Monte Calderosa e Volturino, prevale la vegetazione primaria arborea. Il SIC “ Monte Madonna di Viggiano” presenta vegetazione erbacea ed aree con colture eterogenee.

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Fig. 4 - Carta del grado di naturalità dei biotipi.

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Fig. 5 - Carta dei tipi di paesaggio. In corrispondenza delle aree SIC di Serra di Calvello, Monte Calderosa e Volturino, prevale il paesaggio dei boschi, in verde scuro. La SIC “Monte Madonna di Viggiano” è caratterizzata da prati a pascolo, praterie e colture eterogenee, in ciano e marrone chiaro.

Fig. 6 – Analisi del sistema insediativo e relazionale – Nel caso specifico si evidenzia la correlazione tra l’insediamento storico dell’abitato di Marsico Vetere, eretto sul crinale appeninico e la frazione di Villa D’Agri, di più recente formazione, sviluppatasi sul fondovalle. La cartografia di base è l’ IGM 25000.

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Fig. 7 – Modello digitale del terreno – Elaborando con l’algoritmo TIN i dati altimetrici delle curve di livello, si ottiene una rappresentazione statistica della superficie topografica (Digital Terrain Model), ottenendo un immediata visualizzazione della morfologia del territorio. 25

Fig. 8 – Censimento degli elementi di pregio e dei detrattori ambientali 26 1.1.2. Inquadramento climatico e caratterizzazione bioclimatica Scrivere qui un testo descrittivo sulle condizioni climatiche locali e di eventuali microclimi determinati da particolari assetti geomorfologici (forre, avvallamenti, depressioni, esposizioni a settentrione o a meridione...), anche facendo riferimento alla classificazione bioclimatica di uso corrente

1.1.3. Inquadramento geologico, geomorfologico, idrogeologico

Aspetti geologici generali della regione La struttura della catena appenninica, di cui la regione fa parte, è connessa alla deformazione del margine occidentale della microplacca adriatica, la cui paleogeografia preorogena si era delimitata a seguito delle fasi di rifting del Trias-Giurassico legate a processi estensionali e/o trastensionali innescati dai movimenti delle placche europea e africana.

Sotto il profilo geologico, la Basilicata, come il Mezzogiorno d’Italia, è caratterizzata dalla presenza di un’impalcatura di rocce calcareo-silico-marnose, formatesi nel Mesozoico (225-65 ma) sulle quali sono sovrascorsi complessi calcareo-dolomitici anch’essi mesozoici, con spessori variabili fino a 2000 metri, affioranti soprattutto nella fascia occidentale della regione.

Durante il Mesozoico infatti, la paleogeografia dell’Italia meridionale era caratterizzata da aree di bacino e di piattaforma, rappresentate, a partire dalle aree prossime al dominio oceanico, dai seguenti ambienti deposizionali :

 Bacino Liguride  Bacino Sicilide  Piattaforma Panormide (Campano-lucana o Appenninica)  Bacino di Lagonegro (Lagonegrese-molisano)  Piattaforma Apula

Sulle due piattaforme si depositavano i sedimenti dei complessi calcareo-dolomitici, mentre nei bacini si sedimentavano i depositivi dei complessi calcareo-silico-marnosi e i successivi depositi flyschoidi.

Questi domini paleogeografici, come ricordato in precedenza, si formarono per via della tettonica distensiva che pervadeva l’area e che era attiva gi{ oltre 240 milioni di anni fa.

Al passaggio tra Giurassico e Cretacico (135 Ma) la tettonica inverte il suo movimento e il Bacino di Lagonegro inizia a chiudersi.

In questo bacino continuano tuttavia a depositarsi i sedimenti dei complessi calcareo-silico-marnosi mesozoici e nel Cenozoico si sedimentano depositi chiamati genericamente Flysch. Inoltre, nelle zone marginali del bacino, si depositano sedimenti calcarei e torbiditici che provengono dai margini delle piattaforme laterali o dalle zone emerse, a questi depositi si intercalano argille, argille marnose e verdi (Flysch Rosso) .

L’inversione del movimento genera un margine continentale attivo, in cui la Placca Adriatica subduce verso ovest sotto quella europea. Tale situazione porta all’impilamento delle unit{ formatesi più ad ovest su quelle formatesi più ad est.

A partire dall’Oligocene superiore (33 Ma), la paleogeografia preorogena del margine occidentale della placca adriatico-africana si modifica sostanzialmente.

Nel Miocene inferiore (23 Ma), il fronte deformativo della catena ha probabilmente già raggiunto e deformato il Bacino Liguride e quello Sicilide. Sulle coltri di ricoprimento si impostano bacini a sedimentazione silicoclastica.

28 Nel Burdigaliano superiore (20 Ma), il Bacino di Lagonegro è esposto all’apporto di sabbie quarzose numidiche (Flysch Numidico) e il bacino iniziatosi a formare durante l’Oligocene, li dove c’era il Bacino di Lagonegro, prende il nome di Bacino Numidico.

Tra il Langhiano (15,8 Ma) ed il Tortoniano (11 Ma) gran parte della Piattaforma Campano-lucana viene deformata ed inclusa nella catena. Il Bacino di Lagonegro o sarebbe meglio dire a questo punto il Bacino Numidico, è, invece, interessato da una sedimentazione mista, calcareoclastica e silicoclastica (Formazione di Serra Palazzo), con apporti calcareoclastici provenienti dalla Piattaforma Apula, mentre gli apporti silicoclastici provengono dal fronte della catena in avanzamento.

Tra il Miocene superiore (11 Ma) ed il Pliocene (5,3 Ma), sulle coltri di ricoprimento della catena, si impostano aree bacinali, a sedimentazione silicoclastica, di ambiente marino (bacino di sedimentazione del Flysch di Gorgoglione del Miocene superiore, bacini intrapennnici pliocenici, bacino pliopleistocenico di Sant’Arcangelo).

Nel Pliocene (5,3 Ma) il fronte deformativo della catena ha raggiunto e deformato l’intero Bacino di Lagonegro. I settori interni della Piattaforma Apula sono progressivamente ribassati verso sud-ovest con formazione di un dominio deposizionale bacinale a sedimentazione silicoclastica rappresentato dall’Avanfossa Bradanica.

A partire dal Pliocene (5,3 Ma), quindi, la tettonica distensiva, connessa all’apertura dell’attuale Bacino Tirrenico, interessa i settori interni della catena, che risultano dislocati da sistemi di faglie, ad andamento prevalente NO-SE, e ribassati verso il Bacino Tirrenico stesso.

Nel Pleistocene inferiore (1,8 Ma) il fronte deformativo della catena raggiunge e coinvolge il margine più interno dell’Avanfossa Bradanica.

A partire da questo momento, in corrispondenza del segmento campano-lucano della catena appenninica meridionale cessa la subduzione della litosfera dell’Avampaese Apulo ed inizia il progressivo sollevamento delle aree esterne della catena oltre che delle aree dell’Avanfossa Brardanica e dell’Avampese Apulo (sollevamento connesso probabilmente al distacco dello slab in subduzione ed al conseguente rebound della litosfera subdotta).

La fase tettonica compressiva è attiva ancor oggi, ma è limitata alla parte più avanzata delle falde, al limite con l’Avanfossa Bradanica, mentre la restante parte della catena è investita dalla fase distensiva, i cui effetti, molto evidenti anche nella zona dell’ATO 12, sono quelli di sovraimporre strutture distensive sulle precedenti di carattere compressivo.

In sintesi quindi, attualmente la Catena Appenninica costituisce un orogene a pieghe e thrust, originatosi a partire dall’Oligocene a causa della deformazione compressiva dei paleodomini oceanici che occupavano la fascia a ridosso del confine tra la Placca africana a sud e la Placca europea a nord.

In particolare la zona sud della catena è rappresentata da un Thrust Sheet System a vergenza adriatica, strutturatosi a partire dal Miocene inferiore (23 Ma) e prodotto dal progressivo ricoprimento delle unit{ interne liguridi e sicilidi sulle panormidi, di queste sulle lagonegresi e di tutto l’edificio a falde con le varie coperture terrigene al di sopra del substrato apulo.

La Basilicata occupa il settore centrale del tratto meridionale della Catena Appenninica il quale è noto nella letteratura specialistica come Appennino Lucano.

Lungo un ideale transetto che collega la costa tirrenica con l’Avampaese Apulo, la struttura superficiale

29 interna dell’Appennino Lucano è costituita dai seguenti complessi deposizionali:

a) Complesso Liguride, rappresentato un ‘prisma di accrezione’ oligo-miocenico formato, dal basso verso l’alto, da ofioliti, argilliti nerastre con intercalazioni quarzifere ed infine da spesse torbiditi calcaree e derivante dalla deformazione di un’area oceanica (Bonardi et alii, 1988, Monaco & Tortorici, 1995); b) Complesso Sicilide, rappresentato da sedimenti silicoclastici e derivante dalla deformazione di un bacino più esterno ma adiacente a quello liguride (Scandone, 2007 e cum biblio). Secondo alcuni autori, tuttavia, le successioni delle unità sicilidi sono sedimenti della zona assiale del Bacino di Lagonegro in eteropia di facies con le successioni lagonegresi del Flysch Rosso che rappresenterebbero la sedimentazione dei margini del bacino (Pescatore, Renda & Tramutoli, 1988); c) Complesso Panormide, costituite da dolomie, calcari, calcareniti e sedimenti clastici fliscioidi e derivante dalla deformazione di spesse successioni carbonatiche di piattaforma (D’Argenio et alii, 1973); d) Complesso Lagonegrese, formato da una porzione inferiore calcareo-silico-marnosa separata tettonicamente da quella superiore argillosa-calcarenitico-arenacea e derivante dalla deformazione di successioni deposte in una depressione tettonica tradizionalmente interpretata come un solco prodottosi durante gli stadi di rifting sulla crosta continentale assottigliata appartenente al margine mesozoico di Adria (scandone, 1967, 1972; D’Argenio et alii, 1973; Mostardini & Merlini, 1986); e) Flysch miocenici, rappresentati da depositi silicoclastici depositatisi in bacini satelliti (piggy- back, trust-top) sul fronte dell’orogene; f) Unità dell’Avanfossa Bradanica, costituite da sedimenti clastici plio-pleistocenici depostisi nel bacino formatosi dal Pliocene. g) Complesso Apulo, costituito da carbonati meso-cenozoici e derivante dalla deformazione di una spessa pila di carbonati di mare basso di età mesozoico-terziaria.

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Aspetti geologici del SIC di Monte Volturino (IT9210205) Dal punto di vista geologico i Sic compresi nell’ATO 12 presentano molti degli aspetti enucleati precedentemente. Infatti le aree in questione sono caratterizzate da affioramenti riconducibili alla Serie Carbonatica della Piattaforma Campano-lucana e alla Serie Calcareo-Silico-Marnosa del Bacino di Lagonegro, che affiora, tra l’altro, su uno dei rilievi più importanti in quanto ad altezza, della regione, ovvero il Monte Volturino. Vi sono infine terreni appartenenti alle Successioni Sicilidi oltre che al 31 Flysch di Gorgoglione.

FLYSCH MIOCENICI Flysch di Gorgoglione (Langhiano - Tortoniano) Il Flysch di Gorgoglione è una copertura terrigena di età Langhiano – medio-Tortoniano inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970) discordante su differenti unità della catena e costituisce un deposito di un originario bacino satellite impostatosi successivamente alle prime fasi di accavallamento tra le unità della catena. Esso rappresenta il prodotto della deposizione nelle aree interne deformate dell’avanfossa medio-supramiocenica.

Il Flysch di Gorgoglione è costituito da un’alternanza di arenarie e di argille leggermente marnose. Le arenarie (litareniti feldspatiche e arcose litiche) sono grigio-giallastre sulla superficie di alterazione e grigio ferro al taglio fresco ben cementate con strati di spessore variabile tra pochi centimetri e qualche metro. Tra loro sono presenti livelli di notevole spessore costituiti da arenarie grossolane piuttosto incoerenti e conglomerati ad abbondante matrice sabbiosa. Le argille di colore grigio-oliva e a frattura concoide, sono abbondantemente siltose e formano talora intercalazioni di elevato spessore. Sono presenti intercalazioni di 10-30 m di marne calcareee grigie, bianche esternamente, a frattura concoide. Spessore fino a 1200 metri.

La deposizione è avvenuta in un bacino profondo con accumulo di grossi volumi di sedimento provenienti dallo smantellamento dei terreni che costituivano l’orogene in sollevamento a monte del bacino stesso con processi di natura torbiditica.

COMPLESSO SICILIDE Le unit{ sicilidi si sono formate all’interno di un bacino compreso tra la Piattaforma Campano-lucana e il Bacino Liguride e sono sovrascorse sulle unità campano-lucane e su quelle lagonegresi. Tuttavia secondo alcuni autori le successioni delle unità sicilidi sono sedimenti della zona assiale del Bacino di Lagonegro in eteropia di facies con le successioni lagonegresi del Flysch Rosso che rappresenterebbero la sedimentazione dei margini del bacino (Pescatore, Renda & Tramutoli, 1988).

Le unità del complesso sicilide sono distribuite in più falde inserite in vari livelli strutturali e separate da depositi flyschoidi (Lentini, 1979). Nella zona dell’ATO 12 affiora, di questa unit{, la Falda di Rocca Imperiale.

COMPLESSO PANORMIDE Classicamente definito come il prodotto derivante dalla deformazione dell’originaria Piattaforma Panormide (Ogniben, 1969) o Piattaforma Campano-lucana (D’Argenio et alii, 1973). Il Complesso Panormide è costituito da due principali unità:

 Unità Panormide s.s. , comprende tutte le successioni con sviluppo di facies carbonatiche di piattaforma  Unità di Moliterno, non presente nell’area dell’ATO 12 e rappresentata dai terreni di transizione tra la serie di piattaforma carbonatica e le successioni bacinali lagonegresi

Le due unità sono state distinte sulla base dei diversi caratteri stratigrafici

COMPLESSO PANORMIDE – UNITA’ PANORMIDE S.S. Formazione del Bifurto (Aquitaniano) Argilliti marnose grigio-brune con intercalati livelletti di brecciole e calcareniti brune a macroforaminiferi, arenarie calcaree, litareniti, quarzareniti, siltiti brune e calcari marnosi grigi.

32 La Formazione del Bifurto affiora in discordanza al tetto delle successioni carbonatiche (Selli, 1962) e rappresenta il prodotto di una trasgressione inframiocenica.

Calcari del Cretacico (Cretacico – Paleocene) Calcari grigio-scuri a grana fine in strati decimetrici passanti verso l’alto a calcari massivi biancastri a frammenti di Rudiste e di Nerinee. Spessore 700-800 metri.

L’ambiente de posizionale è quello della Piattaforma carbonatica Campano-lucana.

Calcari del Giurassico (Giurassico – Cretacico Inferiore) Calcari straterellati grigio-bluastri e calcari biancastri e grigio-nocciola con ooliti ed oncoidi. Spessore 500 metri circa.

L’ambiente deposizionale è quello della Piattaforma carbonatica Campano-lucana.

COMPLESSO LAGONEGRESE Il Complesso Lagonegrese raggruppa l’insieme delle successioni mesozoico-paleogeniche in facies di bacino affioranti al di sotto delle unità del Complesso Panormide.

Le successioni lagonegresi sono state suddivise in due unità principali. Unità di Monte Sirino ed Unità di Monte Torrette-Monte Malomo (Carbone et Al., 1991), sulla base della loro posizione strutturale e sulla differente evoluzione dei livelli cretacei.

Entrambe le unit{ affiorano nella zona dell’ATO 12.

COMPLESSO LAGONEGRESE – UNITA’ di MONTE TORRETTE-MONTE MALOMO Formazione degli Scisti Silicei (Triassico superiore – Giurassico) Radiolariti rosse, verdi e nerastre in livelletti centimetrici alternate ad argilliti silicifere rosse, in cui si intercalano frequenti brecciole gradate a foraminiferi arenacei e radioli di echinidi, totalmente silicizzate, in strati decimetrici. Al top della formazione si rinviene un’alternanza di calcareniti grigie laminate, argilliti marnose e calcari marnosi rossicci. Spessore circa 100 metri.

Geneticamente la formazione deriva da una sedimentazione di mare profondo avvenuta durante il periodo di massima estensione del Bacino di Lagonegro, ciò è dimostrato dalla componente fortemente silicea dei depositi.

Formazione dei Calcari con Selce (Triassico Superiore) Calcilutiti grigie in banchi metrici con selce nera in noduli e liste, alternati a livelli decimetrici di marne biancastre e livelletti di calciruditi ad elementi micritici di diametro centimetrico. Verso l’alto la formazione presenta un intervallo a marne siltose biancastre, argilliti rosse e grigie alternate a diaspri verdognoli che nell’insieme costituiscono i termini di passaggio alle sovrastanti radiolariti. Microfaune ad Ammoniti. Spessore circa 100 metri.

I Calcari con Selce sono limitati inferiormente dalla Formazione di Monte Facito e superiormente dagli Scisti Silicei

Geneticamente la formazione deriva da una sedimentazione di mare sottile testimoniata dalla presenza dei depositi calcarei. Mentre la presenza della selce che si fa sempre più importante verso l’alto, testimonia la fase di approfondimento del bacino.

33 Formazione di Monte Facito (Triassico inferiore – Triassico Superiore) Argilliti silicifere rosse, verdi a giacitura caotica alternate a diaspri varicolori e siltiti silicizzate. Ad esse si intercalano arenarie biancastre a composizione subarkosica in strati centimetrici e verso l’alto argilliti brune e calcareniti nerastre. Spessore complessivo 150 metri.

In letteratura non è nota alcuna formazione al di sotto della Formazione di Monte Facito. I rapporti di letto sono di natura tettonica (Ciarapica & Passeri, 2000). A tetto la formazione passa ai Calcari con Selce, con un passaggio concordante, caratterizzato dalla sostituzione delle facies argillitico radiolaritiche con le facies micritiche.

L’evoluzione paleoambientale della Formazione di Monte Facito può essere schematizzata in tre fasi:

a) Bacino epicratonico a sedimentazione mista terrigeno-carbonatica b) Fase erosiva, seguita da sedimenti misti con locale sviluppo di biocostruzioni ad alghe c) Bacino di rift a sedimentazione siliceo-radiolaritica

COMPLESSO LAGONEGRESE – UNITA’ DI MONTE SIRINO Formazione dei Galestri (Giurassico Superiore – Cretacico) Alternanza di argilliti fogliettate grigio-brune e calcilutiti silicifere grigie, bruno-rosate all’alterazione con intercalazioni di marne siltose grigio biancastre e di brecciole calcaree. Le calcilutiti in strati spessi da qualche centimetro al metro, mostrano la tipica fratturazione della pietra paesina. Spessore massimo 300-400 metri.

Il Flysch Galestrino (Galestri) poggia sugli Scisti Silicei con un contatto concordante e graduale (Amodeo F., 1999; Lucini P., 1956; Scandone P., 1967). Superiormente la formazione passa alle alternanze di calcilutiti, marne, calcareniti e calciruditi del Flysch Rosso (Scandone P., 1972) che non affiora nella zona dell’ATO 12.

L’ambiente deposizionale è stato interpretato come un bacino aperto in cui potevano giungere risedimenti provenienti dalle piattaforme carbonatiche adiacenti.

Questa formazione si origina dopo l’inversione del movimento delle placche, ed è il risultato di una sedimentazione di margine esterno di bacino, di tipo calcareo-marnoso avvenuta prevalentemente durante il Cretacico, la quale ci indica anche la presenza in quel periodo di un Bacino di Lagonegro meno profondo rispetto a quello in cui milioni di anni prima, si sedimentavano gli Scisti Silicei.

Formazione degli Scisti Silicei (Triassico superiore – Giurassico) Diaspri radiolaritici rossi e verdi in strati da 2 a 30 cm e argilliti silicee rossastre con rare intercalazioni di brecciole gradate silicizzate a foraminiferi arenacei e radioli di echinidi. Spessore massimo 200-300 metri.

Gli Scisti Silicei sono limitati inferiormente dalla Formazione dei Calcari con Selce e superiormente da quella dei Galestri (Flysch Galestrino).

Geneticamente la formazione deriva da una sedimentazione di mare profondo avvenuta durante il periodo di massima estensione del Bacino di Lagonegro, ciò è dimostrato dalla componente fortemente silicea dei depositi.

Formazione dei Calcari con Selce (Triassico Superiore)

34 Calcilutiti grigie ben stratificate in strati da 10 cm a 1 metro contenenti liste e noduli di selce, con rare intercalazioni di conglomerati intraformazionali. Presenza di Macrofaune ad Ammoniti. Spessore variabile da 200 a 500 m.

I Calcari con Selce sono limitati inferiormente dalla Formazione di Monte Facito e superiormente dagli Scisti Silicei

Geneticamente la formazione deriva da una sedimentazione di mare sottile testimoniata dalla presenza dei depositi calcarei. Mentre la presenza della selce che si fa sempre più importante verso l’alto, testimonia la fase di approfondimento del bacino.

In particolare, il Sic di Monte Volturino mostra delle importanti pecularità geologiche rispetto agli altri SIC. Molto spettacolari sono infatti le pieghe che lo caratterizzano e che caratterizzano principalmente il rilievo del Monte Volturino stesso. Oltre a queste strutture è da notare la presenza dell’Unit{ di Monte Torrette-Monte Malomo dei depositi del bacino di lagonegro che non affiora negli altri SIC e la presenza della formazione più antica tra quelle dell’appennino meridionale, ovvero la Formazione di Monte Facito datata dal Triassico Inferiore. Infatti i contatti di letto di questa formazione sono sempre di natura tettonica.

Oltre alle formazioni lagonegresi che in questo SIC affiorano con entrambe le unità, vi sono nella parte meridionale limitati affioramenti del Flysch di Gorgoglione e della Formazione del Bifurto, infine detrito di versante è presente nella parte sud-occidentale del Monte Volturino.

Dal punto di vista strutturale anche questo SIC presenta gli aspetti tipici dell’appennino meridionale, ovvero strutture da tettonica compressiva (pieghe e sovrascorrimenti) interrotti da strutture da tettonica distensiva, in particolare faglie dirette. Molto evidente è la presenza di vari klippe di carbonati di piattaforma derivanti dai sovrascorrimenti delle unità campano-lucane sui depositi lagonegresi.

Aspetti geomorfologici del SIC di Monte Volturino(IT9210205)

Aspetti idrogeologici del SIC di Monte Volturino(IT9210205)

Aree classificate ad elevata pericolosità per la prevenzione del rischio idrogeologico [INCOMPLETO] La Basilicata è caratterizzata da una morfologia accidentata e complessa, determinata dalla presenza di terreni che per la propria natura, per l’assetto strutturale e per effetto dei disturbi subiti ad opera della paleo e della neotettonica, tendono ad essere particolarmente soggetti a dissesto idrogeologico e geomorfologico. Il territorio regionale offre una gamma piuttosto varia di movimenti di massa sia per la concomitanza di molteplici cause predisponenti e determinanti, sia per l’elevata incidenza di fattori destabilizzanti quali neotettonica, clima, attività antropica e sismica. Per quanto concerne le cause dei dissesti, oltre alla notevole influenza che sul loro innesco esercitano le precipitazioni, occorre ricordare che la Basilicata è una regione ad alta sismicità ed in cui la tettonica ha svolto e continua a svolgere un ruolo determinante. Ancor più rilevante è il ruolo chela sismicità occupa nel quadro della franosità della regione. I terremoti, infatti, possono far risentire i loro effetti anche in aree molto lontane dalla zona epicentrale, determinando non soltanto la riattivazione di frane antiche, quiescenti o in atto, ma anche la rottura di condizioni al limite dell’equilibrio, soprattutto nelle aree in cui la

35 presenza di materiali fortemente disturbati, quali quelli detritici di antichi corpi di frana, tende ad amplificare l’energia dei treni di onde sismiche in arrivo. Attualmente la Basilicata è soggetta ad un regime pluviometrico caratterizzato da piogge molto intense, che talora si protraggono per giorni, ma irregolarmente distribuite nello spazio e nel tempo di modo che possono venirsi a determinare aumenti del carico piezometrico improvvisi e tali da comportare anche mutamenti delle caratteristiche geomeccaniche e di resistenza dei terreni.

Monte Volturino

Carta del Rischio da Frana SIC Monte Volturino (Fonte: PAI 2011)

CARTOGRAFIE:

C1. Carta dell’inquadramento territoriale in scala 1:25.000;

C2. Carta geologica in scala 1:10.000;

C3. Carta geomorfologica in scala 1:10.000;

C4. Carta del reticolo idrografico 1:10.000

36 1.2. INQUADRAMENTO AMBIENTALE Scrivere qui un testo di sintesi (1-4 pagine) sulla rilevanza naturalistica e paesaggistica del/dei SIC, anche (ma non solo!) in riferimento alle direttive 79/409 e 92/43. Sintetizzare quanto riportato nelle sezioni 1.3, 1.4 1.5 e 1.6 del piano di gestione in un discorso utile a divulgare gli aspetti più importanti del/dei SIC in esame, confezionando un testo efficace nel cogliere aspetti caratteristici/meritevoli e gli elementi di criticità.

1.2.1. UNITÀ E SUB-UNITÀ AMBIENTALI Scrivere qui un testo che enumera gli habitat riscontrati nel SIC, anche in relazione alla loro funzione ecosistemica. Parlando degli habitat, riportare sempre codice numerico e denominazione (es. 2230: Dune con prati dei Malcolmietalia). Tale elenco verrà ripreso nella tabella che segue:

1.2.2. LISTA HABITAT INDIVIDUATI SECONDO IL NUOVO MANUALE ITALIANO DI INTERPRETAZIONE DEGLI HABITAT (2009) DELLA DIRETTIVA 92/43/CE

Codice Denominazion SIC NOTE 1 NOTE 2 NOTE 3 e Grado di Specie Permanenze/cambiament conservazion caratteristich i e e

Riportare Riportare la Riportare Indicare lo stato di Indicare l’avvenuta Indicare permanenze e il codice denominazione codice e conservazione individuazione di modificazioni rispetto alla scheda numerico dell'habitat denominazion specifico di ogni specie 2003 e commentare l’eventuale dell'habita e del/dei SIC in singolo habitat in caratteristiche attribuzione di un nuovi codici in t (es. "Dune con prati cui l'habitat è relazione ai fattori dell’habitat base al nuovo manuale dei Malcolmietalia") presente di pressione interpretazione habitat 2009 (es. 2230) Indicare solo habitat effettivamente riscontrati.

Indicare se si pensa di dover ancora effettuare approfondimenti e quali.

Indicare i tempi previsti.

37

1.2.3. RELAZIONI ECOSISTEMICHE, DINAMICHE E CONTATTI

Codice Denominazio STRUTTURA E INDICATORI FORMA TIPO ne CONTATTI ECOLOGICI BIOLOGICA COROLOGIC DOMINAN O della vegetazione TE DOMINANT E

Riportare Riportare la Ad esempio: bosco di Indicare la presenza Indicare la Indicare il tipo il codice denominazione caducifoglie rado/denso, di specie/componenti forma biologica corologico delle numerico dell'habitat prato/pascolo a cotica ambientali indicatrici delle specie specie vegetali dell'habit continua/discontinua/erosa..., di buona qualità vegetali prevalenti at (es. "Dune con prati vegetazione sommersa e dell'habitat (es. prevalenti nell'habitat (es. dei natante... presenza di specie nell'habitat (es. eurimediterrane (es. Malcolmietalia") rare, assenza di specie emicriptofita o, 2230) In contatto con arbusteti esotiche, presenza di idrofita...) paleotemperato... termomediterranei/vigneto/o sinergie virtuose tra ) pere edilizie/vegetazione blando uso del suolo e riparia... specie da conservare) e/o di specie/componenti ambientali indicatrici di degrado

(es. presenza di specie esotiche invasive, discariche, tracce di incendio/eccessivo calpestio...)

...

38

1.2.4. METODOLOGIA SEGUITA NELLA REDAZIONE DELLA CARTA DEGLI HABITAT E DELLE UNITÀ AMBIENTALI

La carta degli habitat è stata redatta in forma definitiva sulla base della carta della vegetazione. In occasione dell’esecuzione dei rilievi fitosociologici sono stati effettuati gli opportuni controlli sulla rappresentativit{/integrit{ degli habitat individuati, sull’eventuale presenza e sull’intensit{ e frequenza dei fattori di stress e disturbo.

In questa sede vengono indicati i criteri operativi che hanno ispirato l’interpretazione degli habitat sul campo e la loro restituzione cartografica.

L’intera area del/dei SIC è stata indagata in modo da redigere una legenda che permettesse un confronto immediato tra le categorie di Corine Land Cover 2000, Corine Biotope e gli Habitat della Direttiva 92/43/CEE. L’unit{ minima di rilevamento è di 20 × 20 m, sia per gli habitat di interesse comunitario sia per vegetazione e uso del suolo. Particolare attenzione è stata prestata alla verifica dell’effettiva presenza e della reale rappresentativit{ (in termini floristico-strutturali ed areali) di ciascuno degli habitat riportati. Pertanto, ad ogni unità di habitat rilevata è stato attribuito un codice in funzione della struttura e “densit{” (“p” = puro: 90-100%; “f” = frequente: 50-90%; “r” = rado: 10- 50%).

Dove non è stato rilevato alcun habitat (o la copertura dell’habitat all’interno del poligono era inferiore al 10% dell’unit{ minima di rilevamento), si è utilizzata la denominazione del Corine Biotope prevalente.

Inoltre, nei siti sono frequenti le situazioni in cui i poligoni rilevati, riconducibili ad habitat o a biotopi, presentano una struttura a mosaico. Pur essendo facilmente distinguibili tra loro, le diverse componenti intervengono in misura diversa a fisionomizzare il poligono; al fine di standardizzare la loro rappresentazione, di registrare la complessità esistente e di ottenere informazioni utili alla pianificazione degli interventi gestionali, si è deciso che il tematismo fosse rappresentato da tutti i codici degli habitat o dei biotopi presenti, seguiti, come sopra riportato, dai codici che esprimono il “peso” di ciascuno degli habitat che partecipano al mosaico stesso (puro; frequente; rado). Il primo degli habitat che compongono il mosaico è l’habitat prevalente, che fisionomizza l’area di rilevamento.

I codici p-f-r vengono riportati nel data base degli habitat esclusivamente a fini gestionali, e conseguentemente non vengono visualizzati nella carta degli habitat per maggiore semplicità e chiarezza di rappresentazione.

La carta degli habitat viene pertanto redatta secondo i seguenti criteri:

• nel caso di presenza di un solo habitat, il tematismo relativo è rappresentato dal codice dell’habitat senza differenziare i poligoni con diverso grado di densità (f-p-r);

• nel caso di presenza di un mosaico di habitat, il tematismo relativo sar{ rappresentato dai codici di 39 tutti gli habitat tra loro interconnessi (senza differenziare i poligoni con diverso grado di densità), ed il primo tra questi sar{ l’habitat prevalente;

• laddove non sia stato rilevato nessun habitat (o la copertura dell’habitat all’interno del poligono sia inferiore al 10% dell’unit{ minima di rilevamento), il tematismo sar{ rappresentato dalla formazione Corine Biotope prevalente.

Ai fini del calcolo della superficie di ciascun habitat, per ciascun mosaico si è valutata qualitativamente, sulla base delle informazioni raccolte sul campo, la “superficie” occupata da ciascun habitat componente il mosaico stesso. Così facendo, è stato possibile effettuare i calcoli necessari per giungere ad una valutazione accettabile delle superfici ricoperte dai singoli habitat, necessaria per la compilazione della nuova Scheda Natura 2000.

CARTOGRAFIE

C5. Carta degli Habitat

C6. Carta delle Unità (= Unità di paesaggio) e Sub-Unità ambientali (= serie di vegetazione)

ALLEGATI

A1. Elenco habitat (tabella riassuntiva che elenca gli habitat presenti in ciascun SIC indagato e ne riporta il numero di patches, la relativa superficie cumulativa (in ha) e percentuale sul totale dell'estensione del SIC)

40 1.3. INQUADRAMENTO BOTANICO

Flora e vegetazione, essendo espressione viva e mutevole dell’interazione tra le matrici fisiche, biologiche ed antropiche del paesaggio, racchiudono la massima densit{ possibile d’informazione sul territorio, ponendo in relazione tra loro parametri chimici, fisici, ambientali ed economici, e fornendo una visione di sintesi dei loro effetti combinati (SCHMIDT, 1999). Per questo motivo, uno studio geobotanico (cioè focalizzato sulla flora, sulla vegetazione e sui fattori ambientali che le determinano) ben si presta a descrivere in maniera sintetico-interpretativa il paesaggio, mentre l’individuazione delle serie e dei complessi di vegetazione consente di delimitare efficacemente le unità fondamentali che compongono il paesaggio. La conoscenza della distribuzione di taxa e syntaxa rappresenta pertanto un punto di fondamentale importanza per la pianificazione territoriale e le valutazioni di impatto ambientale (MOSSA, 2003).

Proseguire qui con un testo di sintesi sugli aspetti di maggio interesse floro-vegetazionale di ciascun sito esaminato, riassumendo dai paragrafi che seguono.

1.3.1. LE CONOSCENZE FLORISTICO-VEGETAZIONALI PREGRESSE Riportare qui una "storia dell'esplorazione botanica", esaminando e commentando la bibliografia e le altre fonti consultate (erbari, monografie, ecc.).

1.3.2. METODOLOGIA ADOTTATA PER L'INQUADRAMENTO BOTANICO

Per delineare il quadro delle conoscenze botaniche sul/sui SIC in esame, sono stati utilizzati i risultati delle indagini condotte in passato sia sulla flora vascolare sia sulla vegetazione del territorio (riportare qui le citazioni bibliografiche). Durante la primavera del 2011 e del 2012 sono stati effettuati in campo numerosi sopralluoghi floristici e fitosociologici, focalizzando l’attenzione sul trend dinamico- demografico delle specie d’interesse biogeografico e conservazionistico e delle xenofite eventualmente presenti. I campioni raccolti durante i sopralluoghi sono conservati in un erbario depositato presso scrivere qui l'ubicazione dei campioni determinati. La ristrettezza dei tempi di acquisizione ed elaborazione dei dati rende questo studio suscettibile di ulteriori approfondimenti, tuttavia, vista l’esiguit{ della superficie indagata e la buona disponibilità di informazioni sulla flora e vegetazione del territorio lucano in generale, si ritiene che il presente studio possieda un sufficiente grado di completezza, anche tenendo conto che il periodo di rilevamento è fenologicamente ottimale per la vegetazione indagata. I rilevamenti floristici furono eseguiti contestualmente a quelli fitosociologici, con analisi di maggior dettaglio nelle aree (enumerare i contesti pertinenti...) coperte da vegetazione legnosa, su affioramenti rocciosi, aree calanchive, prati aridi, siti soggetti ad impaludamento e ai margini dei coltivi, ove il numero di specie e l’interesse naturalistico tendono ad essere maggiori, a paragone di quanto osservato nei limitrofi terreni agrari. Per il rilevamento floristico, la nomenclatura segue la “Check-list della Flora Italiana” (CONTI et al., 2005), per accertare la vulnerabilità delle specie rilevate, sono stati consultati il Libro Rosso delle Piante d’Italia (Conti F., Manzi A., Pedrotti F., 1997), nonché gli allegati della Direttiva 92/43/CEE.

Le specie rinvenute nel corso della presente indagine vengono elencate nell'allegato elenco floristico in ordine alfabetico per genere e specie. Per ogni taxon vengono inoltre indicati la forma biologica ed il

41 gruppo corologico di appartenenza, nonché l’eventuale status IUCN in Basilicata secondo la Lista Rossa Regionale delle Piante d’Italia (Conti et al., l.c.).

Il rilevamento della vegetazione segue il metodo fitosociologico (BRAUN-BLANQUET, 1964; WESTHOFF & VAN DER MAAREL 1978) detto anche metodo sigmatista o di Zurigo-Montpellier. La breve descrizione che segue è liberamente tratta da PIROLA (1984). Il metodo sigmatista, attualmente il più usato e diffuso in Europa per lo studio della vegetazione, si basa sull’ipotesi che le fitocenosi siano insiemi organizzati di specie che vivono su una data area contraendo rapporti di dipendenza reciproca, sia di competizione sia di sinergismo. Le variazioni nella vegetazione sono tanto più nette quanto più lo è la variazione dei fattori ambientali, ivi compreso il fattore antropico. Dove la vegetazione si modifica gradualmente, deve essere ipotizzata una altrettanto graduale variazione dei fattori ambientali. I limiti tra le fitocenosi saranno di conseguenza netti nel primo caso e sfumati nel secondo. Le variazioni che si rilevano studiando la vegetazione di un luogo saranno descritte in termini floristico-vegetazionali e giustificate ecologicamente. L’operazione di rilevamento fitosociologico consiste quindi nell’osservare, descrivere e classificare singole comunità vegetali ed interpretarne l’esistenza mediante uno studio dei fattori ambientali che le determinano. Nell’individuare le singole fitocenosi che compongono un manto vegetale si opera per successive approssimazioni, osservando primariamente l’articolazione geomorfologica del territorio, le litologie, e le caratteristiche edafiche. Secondariamente, per ciascuna unità così distinta si procede osservando fisionomie e strutture diverse nella copertura vegetale (nell’area indagata, tali distinzioni consentono di individuare: vegetazione arborea, vegetazione arbustiva, vegetazione erbacea dominata da specie perenni, vegetazione erbacea dominata da specie annuali). Le aree separate in tal modo saranno omogenee per fisionomia e struttura. Entro queste aree sarà poi possibile effettuare il rilevamento fitosociologico, consistente sostanzialmente nell’enumerazione di tutte le specie presenti su una data superficie, omogenea per caratteristiche strutturali e ambientali, con annotazioni relative alla morfologia dell’area rilevata e all’abbondanza di ciascuna delle specie rinvenute.

La sequenza delle annotazioni che compongono il rilievo fitosociologico è la seguente:

- data, numero del rilievo, nome del rilevatore;

- località e caratteri fisiografici (quota, esposizione ed inclinazione della superficie rilevata);

- substrato litologico, % di roccia affiorante (rocciosità), % di scheletro grossolano nel suolo (pietrosità), tipo di suolo;

- elementi strutturali (stratificazione, altezza e copertura % dei singoli strati i vegetazione);

- elenco floristico;

- superficie su cui si è esteso il rilevamento

- notazioni quantitative per le singole specie

- altre osservazioni (ecologia, eventuali tracce di azione antropica, ecc.)

Per stabilire la superficie minima su cui estendere il rilevamento, si procede mediante incremento progressivo della superficie rilevata: si parte da una piccola area, di dimensioni proporzionate alla vegetazione (solitamente da 0,2 a 8 m2), e si elencano le specie presenti in essa. Indi se ne delimita un’altra contigua, di dimensioni doppie, e si aggiungono all’elenco le specie che non erano presenti nella prima. Si procede in questo modo aggiungendo via via le specie che si rinvengono per la prima

42 volta. Se si è stati attenti nel mantenersi entro le condizioni di omogeneità stazionale, il numero di specie da aggiungere ad ogni incremento di superficie andrà diminuendo secondo un andamento proprio dei fenomeni di saturazione. Una curva empirica, costruita ponendo sulle ordinate i numeri di specie totalizzate e sulle ascisse le superfici corrispondenti, potrà aiutare a definire la superficie minima su cui estendere il rilevamento.

Le annotazioni relative all’abbondanza delle singole specie viene effettuata stimandone il grado di copertura percentuale rispetto all’estensione dell’intera superficie rilevata ed indicizzandola secondo la seguente scala, che comprende valori da + a 5: VALORE COPERTURA % VALORE CENTRALE % 5  75-100  87,5

4  50-75  62,5

3  25-50  37,5

2  10-25  17,5

1  1-10  5,0

+  < 1  0,1 (convenzionale)

Tutti i rilievi effettuati in una data area vengono riuniti in una tabella recante nella colonna di sinistra l’elenco floristico completo e nelle colonne successive i rilievi effettuati. Tale tabella sar{ il documento finale della campagna di rilevamento, sulla quale verranno successivamente eseguite elaborazioni statistiche e confronti con la letteratura esistente, necessarie per classificare la vegetazione rilevata.

I rilievi effettuati in campo sono stati classificati al fine di redigere un prospetto sintassonomico coerente. Per giustificare e documentare le scelte operate caso per caso, in sede di presentazione della carta della vegetazione sono stati forniti maggiori dettagli sia sulle esigenze ecologiche sia sulle connessioni dinamiche dei singoli consorzi già noti nonché di quelli di nuovo rinvenimento.

Più nel dettaglio, sono state elencate le associazioni e gli aggruppamenti con una precisa identità floristico-strutturale e/o un definito ruolo dinamico. A livello di classi, ordini e alleanze si è fatto riferimento agli schemi proposti da MUCINA (1997) e da RIVAS-MARTÍNEZ et al. (1999).

Le tipologie vegetazionali rilevate sono quindi state rappresentate graficamente in relazione al territorio studiato mediante la realizzazione di una carta della vegetazione.

La metodologia utilizzata per la realizzazione della carta della vegetazione è ormai consolidata nel campo della cartografia fitosociologica. Le fasi fondamentali del lavoro sono: (1) fotointerpretazione, (2) rilevamento di campo, (3) rappresentazione grafica.

La fotointerpretazione comprende la lettura, l’analisi e la restituzione cartografica dei fototipi prodotti dalle fotografie aeree. Nelle carte prodotte le tipologie vegetazionali individuate sono state digitalizzate direttamente a video attraverso l’interpretazione di ortofoto digitali (sistema di riferimento WGS 84) in bianco e nero (scala 1:10.000 anno 1998). Le ortofoto rappresentano uno dei principali strumenti a disposizione per descrivere ed analizzare i cambiamenti temporali del

43 paesaggio. Costituiscono un valido strumento per la conoscenza del territorio consentendo una visione d’insieme organica e completa (BIASINI et al., 1992).

Tali strumenti presentano il grande vantaggio di essere rettificate e proiettate sul piano orizzontale oltre che acquisite in formato digitale. Inoltre possono essere visualizzate a video a scala costante e, entro un sistema di riferimento comune, sovrapposte ad altre carte, prime fra tutte le carte tecniche regionali in scala 1:10.000, con dettaglio uguale a quello delle ortofoto digitali. Il processo di ortorettificazione comporta però delle deformazioni e anche con una buona scansione dei fotogrammi si tende a perdere parte del contenuto informativo a ciò si unisce anche la perdita della visualizzazione stereoscopica. Dall’utilizzo di tale materiale fotografico derivano ulteriori vantaggi, quali:

- Buona precisione geometrica;

- Possibilit{ di modificare la qualit{ dell’immagine mediante la manipolazione del contrasto e della luminosità;

- Osservare il territorio con una continuit{ spaziale, ovvero secondo una prospettiva di un’area vasta, grazie alla mosaicatura di più immagini;

- Utilizzare questi supporti in ambiente GIS.

Nella fotointerpretazione sia di fotogrammi che di ortofoto digitali vengono valutati diversi parametri; tra questi oltre alla forma, alle dimensioni degli elementi e alla loro distribuzione spaziale, vi sono la tessitura dell’immagine e il colore degli oggetti presenti sul territorio che nel caso di pellicole in bianco e nero viene rappresentato dalla diversa tonalità di grigio. I sistemi informativi territoriali (SIT) o Geographical Information Systems (GIS) permettono, attraverso la gestione contemporanea di complessi archivi di dati e cartografie, di visualizzare, interrogare e analizzare dati georeferenziati, ovvero localizzati geograficamente sul territorio. Sono quindi degli strumenti che consentono di gestire ed elaborare informazioni di varia natura associate all’ambiente e al territorio (PEVERIERI, 1995). Gli oggetti presenti sul territorio vengono rappresentati mediante l’utilizzo di figure elementari della geometria euclidea ossia punto e nodo, linea e poligono. A tali oggetti vengono associati degli attributi alfanumerici quali descrizioni, nomi, immagini e funzioni. L’unione degli oggetti con i relativi attributi costituiscono la copertura di un determinato tematismo. I SIT lavorano sui dati in modo stratigrafico e gerarchico. Ogni elemento cartografico (uso del suolo, confini comunali, idrografia, altimetrie, ecc.) rappresenta cioè uno strato tematico (layer). Più layer possono essere sovrapposti e combinati tra loro in modo da produrre elaborati cartografici specifici e personalizzati. Un altro vantaggio è quello di effettuare calcoli geografici su distanza e superfici (aree, lunghezze, quote, pendenze, esposizioni, ecc.) particolarmente utili ai fini della pianificazione. Grazie all’informatizzazione ciascuna base dati può essere velocemente aggiornata e modificata, sia in relazione ai mutamenti e all’evoluzione del territorio, sia in base alle esigenze di gestione. Il software utilizzato per l’acquisizione e la gestione dell’informazione territoriale è ArcView (GIS) 3.2.

Tenendo conto della finalità del lavoro si è ritenuto definire, come unità minima cartografabile, una superficie di 20x20 m2, ovvero di grande dettaglio.

Il rilevamento di campo è una fase di verifica in campagna delle tipologie derivanti dalla fotointerpretazione in ambiente GIS in cui in cui sono state controllate le situazioni incerte e sono state aggiunte alcune nuove categorie non visibili dalle foto.

44 Per ogni tipo di vegetazione naturale si è proceduto all’analisi floristica, strutturale ed ecologica delle comunit{ eseguita come specificato poc’anzi. Successivamente sono stati confrontati i dati ottenuti durante i sopralluoghi di verifica con i risultati della fotointerpretazione. In questo modo si è attribuito a ogni poligono una tipologia vegetale e sono state definite le classi di vegetazione necessarie per la stesura della legenda.

Infine si è proceduto alla rappresentazione grafica della mappa nel suo insieme. Il risultato del lavoro è una mappa del territorio analizzato, contenente aree diversamente colorate, dove ad ogni colore corrisponde un certo tipo di vegetazione (v. allegato).

Per quanto riguarda la naturalità della vegetazione, si è utilizzata una scala a 6 valori (da 0 a 5), che valuta il grado di naturalità sulla base dello stadio evolutivo delle fitocenosi e del loro grado di conservazione nell’area di studio, secondo la legenda che segue, desunta da Guarino et al. (2008):

0 ambienti privi di vegetazione naturale come le aree edificate;

1 Fitocenosi a forte determinismo antropico caratterizzate da naturalità molto bassa. Si tratta delle aree coltivate, degli impianti di rimboschimento con specie non autoctone. La vegetazione presente è normalmente quella infestante nitrofila;

2 Fitocenosi con attività antropica meno incisiva, nei quali iniziano i processi di ricolonizzazione della vegetazione naturale. Si tratta delle aree in abbandono colturale;

3 Fitocenosi seminaturali interessate da fattori di disturbo antropico come il fuoco e il pascolo, con potenzialità di evolvere verso aspetti più maturi come la macchia o il bosco. Si tratta delle praterie steppiche derivate dalla degradazione della vegetazione legnosa in seguito all’incendio e al taglio o di cespuglieti di ricolonizzazione fortemente disturbati;

4 Fitocenosi naturali interessate da processi di degrado dovute al fuoco e al taglio ma vicine alla testa della serie. Si tratta di aspetti di macchia degradati o di gariga;

5 Fitocenosi ad elevata naturalità, con disturbo antropico non significativo, che consente il mantenimento degli stadi più evoluti delle serie di vegetazione come le formazioni di macchia, rupestri, ecc.

1.3.3. LA FLORA VASCOLARE La flora di un territorio si compone di tutte le specie vegetali che vivono in esso, prescindendo dall’eventuale sviluppo orografico e dai diversi aspetti ambientali dello stesso. La complessit{ del mondo vegetale ed i limiti umani fanno sì che i ricercatori circoscrivano i loro studi a gruppi limitati di piante; per questo motivo si è soliti parlare, ad esempio, di flora lichenica (composta da tutte le specie di licheni che crescono in un dato territorio), flora briofitica (relativa ai muschi), flora vascolare (relativa alle felci ed alle piante che producono fiori, frutti e semi). La flora vascolare è quella che detiene la maggiore importanza nella caratterizzazione del paesaggio del/dei SIC riportare qui la denominazione del/dei SIC, sulla quale si è pertanto concentrato il presente studio.

Riportare qui di seguito un commento alla flora del/dei SIC, con commenti sulla sua consistenza, sullo spettro biologico, corologico ed ecologico (secondo gli indici di Ellenberg), sia in riferimento all'intero

45 SIC, sia in riferimento ai singoli habitat. Commentare i risultati anche in relazione agli effetti dell'attività antropica.

1.3.4. PIANTE VASCOLARI PRESENTI NEGLI ALLEGATI II, IV E V DELLA DIRETTIVA HABITAT E/O NELLA LISTA ROSSA REGIONALE E/O DI INTERESSE BIOGEOGRAFICO/CONSERVAZIONISTICO Menzionare le specie di maggior interesse fitogeografico e/o conservazionistico e commentarne lo stato di conservazione ed eventuali criticità/minacce. Le tabelle che seguono vanno compilate per ciascun SIC, in coerenza con quanto riportato nei relativi formulari standard.

1.3.4.a. PIANTE elencate nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE

POPOLAZIONE

CODICE NOME Popolazione

A B C D

1.3.4.b. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FLORA

CODICE NOME SCIENTIFICO POPOLAZIONE MOTIVAZIONE

B M A R F I P A B C D

46

INDIVIDUI DI PREGIO

Nella tabella che segue verranno riportate le specie che presentano nei siti individui di particolare pregio (in particolare alberi vetusti e/o monumentali, cospicue e spettacolari fioriture, particolare abbondanza).

SPECIE NOTE RIF FOTOGRAFICO

Riportare il binomio (Es. Specificare i motivi di pregio (es: albero monumentale, landmark, unica Riportare un eventuale (e auspicabile!) riferimento 47 Matthiola tricuspidata) presenza nel SIC...) fotografico

1.3.4.c. SPECIE CON VALORE DI BIOINDICAZIONE Nella tabella che segue verranno riportate le presenze più cospicue delle specie di pregio elencate nelle tabelle precedenti ed eventuali altre che si ritengano significative a causa dell'abbondanza, specificando caso per caso il motivo per cui la specie si ritiene abbia valore culturale e/o scientifica.

SPECIE HABITAT COD VALORE DI BIOINDICAZIONE

Riportare il binomio (Es. Riportare la denominazione Riportare il Indicare se si tratta di specie endemiche, specie Matthiola tricuspidata) dell'/degli habitat in cui la specie è codice al limite del loro areale di distribuzione, presente numerico popolazioni in espansione/contrazione, specie dell'habitat rare localmente, specie utilizzate (es. "Dune con prati dei localmente……. Malcolmietalia") (es. 2230)

1.3.5. SPECIE ALIENE E ANALISI DEL GRADO DI INVASIVITÀ La flora di un territorio è frutto della sua storia geologica, climatica e biogeografica, pertanto può accadere che territori attualmente caratterizzati da condizioni ecologiche simili abbiano una flora completamente diversa a causa delle diverse vicissitudini storiche. Le attività umane hanno spesso interferito con la flora di un dato territorio, provocando l’estinzione di alcune specie che le appartenevano e favorendone altre, o addirittura contaminando la flora autoctona con l’introduzione, volontaria od involontaria, di specie estranee ad essa (VIEGI, 1993). Le specie che trovano nelle aree disturbate dall’attivit{ umana i siti più adatti alla loro affermazione sono dette specie sinantropiche, e per questa loro prerogativa, esse possono essere utilizzate per desumere indicazioni qualitative sullo stato di antropizzazione di un territorio.

Riportare qui un commento alle specie esotiche rinvenute nel/nei SIC, specificandone area di provenienza, grado di invasività ed eventuali possibilità/opportunità di eradicazione.

SPECIE HABITAT SIC COD DISTURBO STRESS

Riportare il binomio (Es. Riportare la Riportare Riportare il Riportare il tipo di Riportare una stima Matthiola tricuspidata) denominazione codice e codice disturbo e una stima approssimativa dell'/degli habitat denominazione numerico approssimativa della dell'intensità del in cui la specie è del SIC ove la dell'habitat sua frequenza, disturbo, secondo la presente specie è stata secondo la scala scala seguente:ALTO rinvenuta (es. 2230) seguente: ALTO /MEDIO /BASSO (es. "Dune con /MEDIO /BASSO prati dei Malcolmietalia")

48 1.3.6. LA VEGETAZIONE Riportare qui un commento per ciascuna delle fitocenosi rilevate, con riferimento ai rilevamenti fitosociologici effettuati. Evidenziare la correlazione esistente tra alcune tipologie vegetazionali e gli habitat enumerati nel capitolo 1.2. e commentare lo stato di conservazione della vegetazione, anche in relazione alle dinamiche in atto.

1.3.7. VALUTAZIONE DEL GRADO DI NATURALITÀ DEL TERRITORIO E DATI DI SINTESI SULL’USO DEL SUOLO Riportare qui un commento sulla naturalità delle fitocenosi rilevate, attribuendo loro un punteggio sulla base dei criteri riportati nel paragrafo 1.3.2. Valutare inoltre l'importanza relativa di ciascuna tipologia vegetazionale in base ai seguenti criteri:

• presenza di specie chiave e loro isolamento, ovvero quale percentuale della popolazione totale stimata di una data specie alligna in un dato habitat entro i confini del/dei SIC e quanto distano la/le metapopolazioni comprese entro i confini del/dei SIC da altre altre eventualmente note per la medesima specie;

• estensione relativa, ovvero quale percentuale di un dato habitat (x) è compresa entro i confini del/dei SIC, in riferimento alla sua estensione totale stimata a livello regionale/nazionale, secondo la scala seguente: (A) 100

• stato di conservazione, con riferimento all'integrità funzionale di un dato habitat, estensione delle patches, resilienza della vegetazione, possibilità di restauro ambientale in caso di reitarato disturbo antropico;

• accessibilità, ovvero quanto un habitat sensibile è esposto al rischio rappresentato dalle specie esotiche invasive, dall’accesso di visitatori e dalle attivit{ umane in generale, in funzione della topografia, morfologia e estensione delle patches.

In accordo con i criteri anzidetti, enumerare il grado di importanza (priorità conservazionistica) delle tipologie di vegetazione rilevate. A conclusione di questo paragrafo, completare una tabella analoga alla seguente:

Cod. Unità Ambientali Habitat ettari % Naturalità Priorità

Ambienti umidi

330 Canneti ad Arundo donax 1130 13,9 0,8 bassa Bassa

341 Canneti a Phragmites communis 1130 18 1,03 media Alta

366 Fruticeti alofili (Sarcocornietea) + vegetazione alofila annuale 1310+1420 19,4 1,11 alta Molto alta

342 Vegetazione alofila sommersa (Ruppietea) 1,1 0,06 media Alta

Ambienti aridi

350 Scogliere (Chritmo-Limonietea) 1240 0,8 0,05 media Alta

49 221 Macchia a Pistacia lentiscus (Ephedro-Pistacietum lentisci) 5330 7,3 0,42 alta Media

228 Arbusteti alotolleranti argillofili (Suaedo-Salsoletum 1430 19,3 1,11 alta Media oppositifoliae)

501 Calanchi argillosi 4,2 0,24 media Media

251 Gariga a Corydothymus capitatus (Coronillo-Coridothymetum 5420 8,8 0,51 alta Alta capitati)

252 Gariga poco densa, mista a praticelli effimeri (Coronillo- 5420+6220* 48,5 2,79 media Media Coridothymetum capitati e Thero-Brachypodietea)

255 Gariga a Reamuria vermiculata (Diplotaxio-Reamurietum 5420 0,7 0,04 molto alta Molto alta vermiculatae)

311 Praterie a Hyparrhenia hirta (Hyparrhenietum hirto-pubescentis) 6220* 21,2 1,22 media Bassa

312 Praterie ad Ampelodesmos mauritanicus 6220* 8 0,46 media Bassa

313 Praterie a Lygeum spartium (Phagnalon-Lygetum sparti) 6220* 9,5 0,55 media Media

316 Praticelli effimeri a Stipa capensis 6220* 32,3 1,86 media Bassa

320 Campi abbandonati (Echio-Galactition) 338 19,43 bassa Molto bassa

Ambienti sabbiosi

360 Vegetazione psammofila alo-nitrofila (Salsolo-Cakiletum 1210 11,8 0,68 bassa Alta maritimae)

361 Dune mobili con Ammophila arenaria e Elymus farctus 2110+2120 17,2 0,99 alta Molto alta (Ammophiletea)

362 Dune mobili con Crucianella maritima (Seseli-Crucianelletum 2210 0,2 0,01 alta Molto alta maritimae)

363 Gariga psammofile (Centaureo-Ononidetum maritimae) + 2220+2230 34 1,95 alta Molto alta vegetazione psammofila annuale (Malcolmietalia)

229 Macchia psammofila a Retama retam (Asparago-Retametum 5330+2230 33,3 1,91 molto alta Molto alta gussonei) + praticelli effimeri psammofili (Malcolmietalia)

Ambienti sinantropici

160 Rimboschimenti con specie esotiche (Eucalyptus e Acacia) - 17,3 0,99 molto bassa Molto bassa

400 Coltivi - 811,2 46,62 molto bassa Molto bassa

401 Frutteti - 25 1,44 molto bassa Molto bassa

413 Serre - 26,6 1,53 nessuna -

500 Suolo nudo - 21,2 1,22 nessuna -

511 Urbanizzazioni - 191,6 11,01 nessuna -

Tot. 1740 100

CARTOGRAFIE

C7. Carta revisionata degli habitat di interesse comunitario in scala 1:10.000; 50 C8. Carta della vegetazione con indicazione delle emergenze floristiche (specie vegetali presenti in allegato II, IV e V della Direttiva Habitat e delle specie di cui alla tab. 3.3 motivazione A e B del formulario standard natura 2000) in scala 1:10.000;

C9. Carta della naturalità della vegetazione in scala 1:10.000.

ALLEGATI

A2. ELENCO FLORISTICO

Riportare in elenco alfabetico, ordinate per famiglia, genere e specie, tutte le specie di piante vascolare osservate durante i sopralluoghi e desunte dai dati di letteratura.

Specie Famiglia L.R. 42/80 R.L. ITA IUCN Endem.

Riportare qui la Riportare qui la Mettere una Mettere una Riportare, se Mettere una crocetta denominazione della famiglia di crocetta se la specie crocetta se la specie nota, la categoria se la specie specie appartenenza è citata negli elenchi figura nelle liste di rischio IUCN, appartiente allegati alla Legge rosse nazionali distinguendo tra: all'elemento per tutela della flora corologico e dei biotopi in CR: Gravemente "Endemico" Basilicata minacciato;

DD: Dati insufficienti;

EN: Minacciato;

EX: Estinto;

LR: A basso rischio;

VU: Vulnerabile;

51 1.4. INQUADRAMENTO FAUNISTICO Scrivere qui un testo di sintesi sugli aspetti di maggio interesse faunistico di ciascun sito, riassumendo dai paragrafi che seguono.

1.4.1. LE CONOSCENZE FAUNISTICHE PREGRESSE Riportare qui una "storia dell'esplorazione faunistica", esaminando e commentando la bibliografia e le altre fonti consultate (collezioni museali, monografie, ecc.).

1.4.2. METODOLOGIA ADOTTATA PER L'INQUADRAMENTO FAUNISTICO Riportare qui i metodi utilizzati per l'esplorazione faunistica, specificando i gruppi tassonomici su cui si è focalizzata maggiormente l'attenzione ed i motivi per cui sono state compiute determinate scelte metodologiche. Il testo che segue, esemplificativo, può essere utilizzato come canovaccio per la redazione del presente paragrafo, tagliando o integrando determinate parti di esso.

Di seguito si riportano le principali metodologie di campo adottate per il rilevamento delle specie animali presenti nel/nei SIC, suddivise per gruppi tassonomici.

MAMMIFERI Le informazioni sulla presenza della maggior parte dei Mammiferi sono state ricavate attraverso l’esame di borre di rapaci (micromammiferi) o attraverso l’esame di tracce o altri segnali che si possono rinvenire in natura, inequivocabilmente identificabili.

Per quanto riguarda specificatamente i Chirotteri, sono stati effettuati censimenti bioacustici nei siti ritenuti di maggiore interesse che potevano essere possibili roost e presso gli habitat di foraggiamento individuati nell’area. Sono state scelte alcune stazioni strategiche presso cui effettuare i censimenti sonori all’ora del tramonto, quando i chirotteri escono dai rifugi, in modo da accertarne la presenza degli individui e identificarne le specie. Sono state inoltre scelte alcune stazioni negli habitat di alimentazione presenti all’interno del/dei SIC.

I segnali d’ecolocalizzazione emessi dai chirotteri contattati in volo, sono stati captati con un bat detector D980 (Pettersson Elektronic AB, Uppsala) in divisione di frequenza e immediatamente convertiti con la modalità in espansione temporale, il segnale in uscita è stato registrato su cassette Sony Metal XR, collegando il bat detector con un registratore portatile (Sony Professional Walkman WM-D6C). I segnali registrati sono stati successivamente analizzati con il programma Bat Sound 1.0 (Pettersson Elektronic AB, Uppsala), che mostra gli spettrogrammi dei segnali. Dallo spettrogramma sono stati estrapolati i dati caratteristici del segnale in esame e, una volta inseriti in un database di riferimento, sono stati confrontati con segnali di nota identità (cfr. RUSSO & JONES, 2002). Il confronto statistico ha fornito l’identit{ del segnale incognito e il grado di attendibilit{ del risultato. Per avvalorare i dati, si è posto un valore minimo di attendibilità del risultato (80%), al di sotto del quale i risultati ottenuti sono stati invalidati.

52 UCCELLI I dati quali-quantitativi sugli uccelli (specie nidificanti e svernanti) sono stati raccolti mediante contatti a vista in natura, con attrezzatura ottica (binocolo, cannocchiale) e attraverso il riconoscimento canoro (canti, richiami ed altre manifestazioni sonore delle diverse specie). Per alcune specie, in particolare Strigiformi, sono state raccolte tracce della loro presenza (ad es. borre, che sono state analizzate in laboratorio allo stereomicroscopio). La stima della frequenza si è basata soprattutto sul numero di contatti nei differenti habitat frequentati dalla specie secondo metodologie standard (transetti, punti d’ascolto). Le specie migratrici sono state contattate durante le stagioni migratorie primaverile ed autunnale ed inoltre si è fatto ricorso ai data-base delle campagne d’inanellamento.

RETTILI E ANFIBI Per quanto riguarda i Rettili la maggioranza dei dati si basa su osservazioni dirette; si è tenuto conto anche del reperimento di esuvie di serpenti o di carapaci di testuggini, facilmente identificabili. Occasionalmente si è proceduto alla cattura di sauri con le mani o mediante apposito bastone con cappio.

Relativamente agli Anfibi, al di là dei ritrovamenti occasionali in ambiente terrestre, è stato invece condotto uno specifico programma di individuazione degli ambienti acquatici ricadenti all’interno del/dei SIC sia di acqua lentica (stagni/pozze temporanee, vasche e stagni agricoli permanenti, abbeveratoi) che di acqua lotica (canali, fiumi e torrenti). Durante i campionamenti, tramite osservazione diretta e ricerca attiva per mezzo di un retino con maglia di 1 mm, è stata stabilita la presenza/assenza di individui adulti o giovani, che sono stati catturati, identificati sul campo e successivamente liberati, e di uova, larve o individui neometamorfosati, e di maschi in canto. Tutti i siti di campionamento sono stati caratterizzati tramite l’utilizzo dei seguenti parametri, i cui valori sono stati registrati in occasione delle attività di campionamento:

- Fase del ciclo idrologico

- Dimensioni

- Torbidità

- Temperatura

- Copertura vegetale

- Vegetazione circostante

PESCI Oltre ai dati ricavati in loco mediante interviste o occasionali osservazioni dirette, si è proceduto, laddove necessario, ad una raccolta di dati di campo mediante utilizzo di tecniche di elettropesca.

INVERTEBRATI E’ stata svolta una generica indagine sugli Invertebrati presenti, attraverso la ricerca diretta in campo effettuata con i metodi standard utilizzati (uso di retini, retini da sfalcio, raccolta diretta su piante, sotto pietre, ecc.). Utili informazioni sono state ottenute anche attraverso l’analisi delle borre di rapaci. 53 Relativamente ai Lepidotteri diurni, è stato utilizzato il metodo naturalistico basato sul riconoscimento in campo, ormai consolidato al punto che esistono diverse guide sul butterflywatching. In particolare sono stati svolti specifici sopralluoghi nei mesi primaverili-estivi, e sono state effettuate numerose osservazioni sul comportamento e soprattutto sul ciclo riproduttivo delle diverse specie, nonché sugli eventuali fattori abiotici che condizionano la presenza dei lepidotteri.

La maggioranza degli Ortotteri Coleotteri ed Imenotteri significativi è stata identificata in campo, in alcuni casi è stato necessario raccogliere qualche esemplare ed identificarlo al binoculare in laboratorio.

Per gli habitat acquatici specifica attenzione è stata rivolta alla presenza di Crostacei, considerati buoni indicatori della qualità dei corpi idrici.

CARTE TEMATICHE Relativamente ai criteri utilizzati per la cartografia della distribuzione delle singole specie presenti all’interno del/dei SIC, tenendo conto che ogni specie occupa in natura uno o più habitat identificabili dal tipo di vegetazione predominante, sono state utilizzate come cartografie di base quelle relative all’uso del suolo ed agli habitat individuati dai botanici; in particolar modo si è fatto riferimento agli habitat citati negli Allegati della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE.

Relativamente all’ornitofauna, è stata cartografata la distribuzione delle specie nidificanti e/o svernanti, in quanto, a differenza delle specie migratrici che sorvolano la zona senza sostare o sostano per un periodo di tempo molto breve (utilizzando l’area come luogo di sosta temporanea dove riposare e possibilmente alimentarsi), l’avifauna nidificante (per la riproduzione) e svernante (per la sosta durante la stagione avversa in territori con temperature più miti e con abbondanza di alimento rispetto ai siti di riproduzione) ha un elevatissimo legame con il territorio, dove le caratteristiche ambientali assumono grande importanza.

Gli habitat campiti, per le varie specie, sono quelli sia reali (in cui la specie è stata più volte osservata direttamente o indirettamente) sia potenziali (in cui le aree posseggono le caratteristiche ambientali idonee affinché la specie vi possa nidificare o svernare). All’interno dei poligoni che identificano uno o più habitat, la specie può essere distribuita in modo uniforme o in modo discontinuo o localizzata. Quando sono noti siti di nidificazione di una specie presenti sia dentro che fuori dai SIC, il luogo o l’area in cui la specie ha il nido è stata individuata con un puntino colorato.

L’individuazione puntuale degli habitat utilizzati dalle specie ha riguardato solamente le specie di interesse comunitario e quelle riportate nel campo 3.3 del formulario standard con motivazione A e B.

Basandosi sulle tipologie di habitat individuate dopo la revisione della carta degli habitat (codici Habitat e Corine Biotopes), per ogni specie è stato definito lo spettro degli habitat utilizzati all’interno del/dei SIC, nonché la loro modalità di utilizzazione ed il loro grado di idoneità ambientale. Quest’ultima è stata valutata in una scala di valori da 1 a 5, secondo i criteri sotto elencati, determinati in base alle notizie bibliografiche ed alle conoscenze dirette degli esperti , nonché alla situazione ecologico-ambientale di ogni SIC:

1 = idoneità scarsa

54 2 = idoneità medio-bassa

3 = idoneità media

4 = idoneità medio-alta

5 = idoneità elevata

Per quanto riguarda l’utilizzazione potenziale degli habitat è stato possibile individuare alcune tipologie relativamente ai vari gruppi indagati e in particolare:

MAMMIFERI UCCELLI RETTILI ANFIBI INVERTEBRATI

Riproduzione Riproduzione Riproduzione Riproduzione Riproduzione

Foraggiamento Nidificazione Ovideposizione Ovideposizione Foraggiamento

Spostamento Alimentazione Foraggiamento Foraggiamento Spostamento

Riposo Permanenza Permanenza Sosta

Termoregolazione Migrazione Ricerca ospiti

Spostamento Spostamento

Per quanto riguarda le summenzionate tipologie si intendono nello specifico come:

- habitat di riproduzione: gli habitat frequentati dalla specie, per la riproduzione e le attività connesse (corteggiamento, roosting, etc).

- habitat di alimentazione o di foraggiamento: gli habitat utilizzati dalla specie per alimentarsi e per le attività connesse (caccia, ricerca attiva della risorsa, controllo del territorio, etc), comprendendo anche gli habitat utilizzati dai migratori a tale scopo.

- habitat di ovideposizione: sono stati individuati e distinti da quelli di riproduzione soltanto nel caso della erpetofauna.

- habitat di sosta, permanenza e riposo: che includono gli habitat utilizzati a tale scopo dalla specie, comprendendo anche gli habitat utilizzati dai migratori a tale scopo.

- habitat utilizzati per lo spostamento: che individuano gli habitat utilizzati dalla specie per spostarsi fra habitat più idonei.

- habitat utilizzati per la termoregolazione: presi in considerazione soltanto per i Rettili.

- habitat utilizzati per lo spostamento durante migrazioni stagionali: presi in considerazione soltanto per gli Anfibi.

- habitat utilizzati per la ricerca degli ospiti: presi in considerazione soltanto per gli Imenotteri parassitoidi.

55 Una specie può utilizzare ciascun habitat per svolgere più funzioni, non è raro ad esempio che per gli Uccelli esso possa essere utilizzato sia per la riproduzione che per il foraggiamento. In tal caso queste utilizzazioni multiple sono state debitamente codificate e quindi rappresentate in cartografia.

Tutte le informazioni sono state organizzate in un database e collegate, secondo una procedura di “join”, alla carta della vegetazione ottenendo per ciascuna specie una carta dell’utilizzazione e della idoneità degli habitat del SIC in scala 1:10.000.

1.4.3. LA FAUNA Riportare qui un commento sulla fauna vertebrata ed invertebrata del/dei SIC, con osservazioni e descrizione sommaria delle specie più notevoli, della loro presenza (stanziali/di passo/occasionali...) e consistenza delle relative popolazioni, sia in riferimento all'intero SIC, sia in riferimento agli habitat elettivi/preferenziali. Commentare i risultati dell'indagine anche in relazione ai potenziali effetti dell'attività antropica.

1.4.4. SPECIE FAUNISTICHE PRESENTI NEGLI ALLEGATI II, IV E V DELLA DIRETTIVA HABITAT E/O NELLA LISTA ROSSA REGIONALE E/O DI INTERESSE BIOGEOGRAFICO/CONSERVAZIONISTICO Menzionare le specie di maggior interesse zoogeografico e/o conservazionistico e commentarne lo stato di conservazione ed eventuali criticità/minacce.

1.4.4.a. ANIMALI ELENCATI NELL’ALLEGATO II DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE

POPOLAZIONE

CODICE NOME Popolazione

A B C D

1.4.4.b. ALTRE SPECIE IMPORTANTI DI FAUNA

CODICE NOME SCIENTIFICO POPOLAZIONE MOTIVAZIONE

56 B M A R F I P A B C D

57

1.4.4.c. SPECIE CON VALORE DI BIOINDICAZIONE Nella tabella che segue verranno riportate le presenze più cospicue delle specie di pregio elencate nelle tabelle precedenti ed eventuali altre che si ritengano significative a causa dell'abbondanza, specificando caso per caso il motivo per cui la specie si ritiene abbia valore culturale e/o scientifica.

SPECIE HABITAT COD VALORE DI BIOINDICAZIONE

Riportare il binomio (Es. Riportare la denominazione Riportare il Indicare se si tratta di specie endemiche, specie Osmoderma eremita) dell'/degli habitat in cui la specie è codice al limite del loro areale di distribuzione, legate presente numerico ad habitat particolarmente integri, quali foreste dell'habitat vetuste, ecc…. (es. " Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior ") (es. 91E0)

1.4.5. SPECIE ALIENE E ANALISI DEL GRADO DI INVASIVITÀ Riportare qui un commento alle specie esotiche rinvenute nel/nei SIC, specificandone area di provenienza, grado di invasività ed eventuali possibilità/opportunità di eliminazione.

SPECIE HABITAT COD SIC DISTURBO STRESS

Riportare il binomio Riportare la Riportare il codice Riportare Riportare il tipo di Riportare una (Es. Callosciurus denominazione dell'/degli numerico codice e disturbo e una stima finlaysonii) habitat in cui la specie è dell'habitat denominazione stima approssimativa presente dei SIC in cui la approssimativa dell'intensità del (es. 9340) specie è stata della sua frequenza, disturbo, secondo (es. " Foreste di Quercus rinvenuta secondo la scala la scala ilex e Quercus seguente: ALTO seguente:ALTO rotundifolia") /MEDIO /BASSO /MEDIO /BASSO

1.4.6. APPLICAZIONE DI INDICI PER LA VALUTAZIONE DEL VALORE DELLE SINGOLE SPECIE ED INDIVIDUAZIONE DELLE SPECIE E DELLE COMUNITÀ DI INTERESSE CONSERVAZIONISTICO Riportare qui un commento sulla naturalità delle zoocenosi rilevate, attribuendo loro un punteggio sulla base dei criteri riportati nel paragrafo 1.4.2. Valutare inoltre l'importanza relativa di ciascuna unità ambientale (distinguendo tra molto alta, alta, media, bassa, molto bassa) in base ai seguenti criteri:

• presenza di specie chiave e loro isolamento, ovvero quale percentuale della popolazione totale stimata di una data specie alligna in un dato habitat entro i confini del S.I.C. e quanto distano la/le

58 metapopolazioni comprese entro i confini del S.I.C. da altre altre eventualmente note per la medesima specie;

• stato di conservazione, con riferimento alla stima della consistenza numerica di una data zoocenosi;

• esposizione, ovvero quanto una zoocenosi è esposta al rischio rappresentato dalle specie esotiche invasive e dalle attività umane in generale, in funzione della topografia, morfologia e estensione delle patches.

In accordo con i criteri anzidetti, enumerare il grado di importanza (priorità conservazionistica) delle unità ambientali rilevate. A conclusione di questo paragrafo, completare una tabella analoga alla seguente, con riferimento alle specie di interesse (ovvero quelle menzionate nelle sezioni 3.2. e 3.3. dei formulari standard):

Cod. Unità ambientali Habitat Specie Specie Specie Priorità

stanziali stagionali occasionali

Ambienti umidi

330 Canneti ad Arundo donax 1130 2 0,8 Bassa

341 Canneti a Phragmites communis 1130 Alta

366 Fruticeti alofili (Sarcocornietea) + vegetazione alofila 1310+1420 Molto alta annuale

342 Vegetazione alofila sommersa (Ruppietea) Alta

Ambienti aridi

350 Scogliere (Chritmo-Limonietea) 1240 Alta

221 Macchia a Pistacia lentiscus (Ephedro-Pistacietum 5330 Media lentisci)

228 Arbusteti alotolleranti argillofili (Suaedo-Salsoletum 1430 Media oppositifoliae)

501 Calanchi argillosi Media

251 Gariga a Corydothymus capitatus (Coronillo- 5420 Alta Coridothymetum capitati)

252 Gariga poco densa, mista a praticelli effimeri 5420+6220* Media (Coronillo-Coridothymetum capitati e Thero- Brachypodietea)

255 Gariga a Reamuria vermiculata (Diplotaxio- 5420 Molto alta Reamurietum vermiculatae)

311 Praterie a Hyparrhenia hirta (Hyparrhenietum hirto- 6220* Bassa pubescentis)

59 312 Praterie ad Ampelodesmos mauritanicus 6220* Bassa

313 Praterie a Lygeum spartium (Phagnalon-Lygetum 6220* Media sparti)

316 Praticelli effimeri a Stipa capensis 6220* Bassa

320 Campi abbandonati (Echio-Galactition) Molto bassa

Ambienti sabbiosi

360 Vegetazione psammofila alo-nitrofila (Salsolo- 1210 Alta Cakiletum maritimae)

361 Dune mobili con Ammophila arenaria e Elymus 2110+2120 Molto alta farctus (Ammophiletea)

362 Dune mobili con Crucianella maritima (Seseli- 2210 Molto alta Crucianelletum maritimae)

363 Gariga psammofile (Centaureo-Ononidetum 2220+2230 Molto alta maritimae) + vegetazione psammofila annuale (Malcolmietalia)

229 Macchia psammofila a Retama retam (Asparago- 5330+2230 Molto alta Retametum gussonei) + praticelli effimeri psammofili (Malcolmietalia)

Ambienti sinantropici

160 Rimboschimenti con specie esotiche (Eucalyptus e - Molto bassa Acacia)

400 Coltivi - Molto bassa

401 Frutteti - Molto bassa

413 Serre - -

500 Suolo nudo - -

511 Urbanizzazioni - -

Tot.

CARTOGRAFIE

C10. Carta degli habitat delle specie (siti di riproduzione, rifugio, svernamento, corridoi di transito, alimentazione, ecc.) in scala 1:10.000;

C11. Carta del valore faunistico degli habitat in scala 1:10.000;

ALLEGATI

A3 CHECK-LIST DELLA FAUNA

60 1.5. INQUADRAMENTO AGRO-SILVO-PASTORALE

Scrivere qui un breve testo introduttivo 20-50 righe con una sintesi sulla gestione territoriale da parte dell'uomo, con particolare riferimento alle pratiche tradizionali e agli effetti della "modernizzazione" sul territorio. In pratica, una breve sintesi di quanto specificato nei paragrafi seguenti.

1.5.1. DESCRIZIONE DELL’USO DEL SUOLO Commento della carta Corine land-cover V livello, specificando l'estensione delle diverse unità Corine ed accennando ad eventuali mutamenti in atto (evidenze di aumenti/riduzione di superfici). Commentare anche eventuali incongruenze e difformità tra quanto riportato nella carta Corine ed evidenze derivanti dai sopralluoghi in campagna.

In particolare, i Isopralluoghi dovrebbero avere come obiettivo l’acquisizione delle caratteristiche vegetazionali e strutturali del soprassuolo (soprattutto in relazione alla dimensione produttiva) e l’individuazione dei limiti, sia esterni, sia tra le differenti tipologie agroecosistemiche.

Completerà questo paragrafo una tabella sinottica dell'uso del suolo, che evidenzia, per ciascuna tipologia Corine (ripartite in superfici artificiali, superfici agricole e superfici a foreste ed aree semi naturali), la copertura in ha e la relativa percentuale in relazione all'estensione del/dei SIC.

1.5.2. DESCRIZIONE DELLE AREE E DELLE TECNICHE AGRICOLE E ZOOTECNICHE Riportare in forma descrittiva le informazioni raccolte nelle schede di rilevamento agro-zootecniche (vedi schede allegate reperibili nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata), allo scopo di caratterizzare l’attivit{ agro-zootecnica del sito nel suo complesso.

Particolare attenzione va posta nel definire l’ordinamento colturale, l’indirizzo colturale prevalente e il metodo di conduzione (regime convenzionale, biologico, integrato, ect..). Descrivere le tecniche colturali che eventualmente interferiscono negativamente sullo stato di conservazione del/dei SIC.

Riportare inoltre le attività agricole che favoriscono il mantenimento e la valorizzazione di specie autoctone, variet{, ecotipi e di coltivazioni “locali” (pressoché dimenticate) e di nicchia con forte legame alla tradizione e al territorio. Segnalare gli elementi di continuità ecologica. Evidenziare la presenza di abbandono colturale e incolto.

Per quanto attiene all’aspetto zootecnico si raccomanda di indicare i tipi genetici utilizzati, il tipo di allevamento (intensivo-estensivo), l’indirizzo produttivo (carne, latte ecc.), il grado di utilizzazione dei pascoli considerando anche tempo di permanenza del bestiame. In questa descrizione di sintesi sarà inoltre opportuno evidenziare l’eventuale presenza di cultivar o di tipi genetici autoctoni.

61 1.5.3. DESCRIZIONE DELLE AREE FORESTALI In questo paragrafo vanno riassunte in forma completa ma sintetica tutte le informazioni di carattere forestale, con particolare riferimento a quelle raccolte con le schede di rilevamento forestale (vedi esempi allegati). Queste informazioni devono essere organizzate in forma funzionale alla individuazione e caratterizzazione immediata degli aspetti di maggiore interesse forestale.

Il paragrafo dovrà iniziare con una breve presentazione/inquadramento delle formazioni forestali presenti e rilevate nell'area, facendo riferimento alle categorie della CFR (3-4 righe).

Successivamente i tipi fisionomici forestali andranno singolarmente e sinteticamente descritti utilizzando le informazioni delle schede e/o raccolte nei sopralluoghi, localizzando e contestualizzando ogni formazione forestale all'interno dell'area SIC mediante elementi fisiografici o toponimi e citando anche l'assenza o la presenza dei fattori di rischio (10-20 righe per ogni tipo fisionomico rilevato).

Il paragrafo deve concludersi con l'indicazione degli elementi caratteristici eventualmente rilevati con le schede (non allegando le schede).

1.5.4. CARATTERIZZAZIONE DELLE AREE AGRICOLE RISPETTO AGLI HABITAT ED ALLE SPECIE DELLA DIR. 92/43/CEE E CONSIDERAZIONI SULL’IMPATTO DELLE TIPOLOGIE E DELLE PRATICHE DI GESTIONE AGRO-FORESTALE Questo paragrafo dovrebbe individuare e descrivere le principali organizzazioni del paesaggio attraverso le sue componenti antropiche e naturali con particolare riferimento agli agroecosistemi che caratterizzano il/i SIC. Il ruolo dell’agricoltura sar{ analizzato, anche con riferimento alla capacit{ di dare origine, oltre che alle produzioni primarie, ad altri beni congiunti quali servizi diversi ed esternalità ambientali, (multifunzionalità).

In modo schematico verranno riportate le numerose attivit{ dell’imprese agricole più significative con le principali caratteristiche, evidenziando gli effetti delle attività e degli ordinamenti colturali vigenti sui principali habitat del/dei SIC.

CARTOGRAFIE:

C12. Carta dell’uso del suolo in scala 1:10.000 (con legenda Corine Land Cover V livello);

C13. Carta di sovrapposizione tra la Carta dell’uso del suolo e la Carta degli habitat in scala 1:10.000

62 1.6. CARATTERIZZAZIONE PAESAGGISTICA

Introdurre questo capitolo con un testo (20-50 righe) che riassume quanto specificato nei paragrafi seguenti. L'ottica attraverso cui caratterizzare i paesaggio dovrebbe fare riferimento all'area vasta ed identificare il/i SIC in funzione delle loro relazioni attuali e potenziali con la rete ecologica regionale. Strumento di riferimento per la redazione di questo capitolo saranno i testi di Menegoni et al. (2009): Sistema Ecologico Funzionale Territoriale. Regione Basilicata Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, Quad. 2.

1.6.1. IDENTIFICAZIONE DELLE COMPONENTI DEL PAESAGGIO Enumerare i sistemi di terre per delineare le principali unità fisiografiche caratterizzanti l'area vasta. Definirne il servizio ecosistemico nel contesto territoriale e rileggere criticamente l'uso del suolo contestualizzandolo al sistema di terre di riferimento.

Individuare le tipologie di paesaggio che interessano assetti geomorfologici diversi (aree sommitali, versanti, fondovalle...) e descrivere il paesaggio in cui è/sono compreso/i il/i SIC come il risultato dell'interazione tra:

- matrice fisica (abiotica)

- matrice naturale (vegetazione, flora, fauna)

- matrice antropica (uso del suolo)

1.6.2. INTERAZIONI TRA LUOGHI E UNITÀ AMBIENTALI Descrivere come l'uso del suolo interagisce con la morfologia naturale di area vasta e ne determina variazioni nelle funzioni ecosistemiche e nell'assetto generale del territorio.

Confrontare l’attuale uso del suolo e l'assetto territoriale con quello previsto (auspicato?) dagli strumenti di pianificazione e programmazione urbanistico-territoriale.

1.6.3. VARIAZIONI DEL PAESAGGIO E TENDENZE EVOLUTIVE DELLE TRASFORMAZIONI TERRITORIALI Così come la configurazione del paesaggio dipende da fenomeni naturali e azioni antropiche, la sua evoluzione deriva tanto dall’azione del fenomeno geologico, quanto dall’azione dell’uomo. Descrivere pertanto le evidenze in termini di "persistenze", "trasformazioni" e "abbandono" del territorio, ove con "persistenze" si intende il permanere di usi inveterati e tradizionali; con "trasformazioni" si intende il risultato di un processo di modernizzazione tecnologica dei sistemi produttivi o l'ampliamento/intensificazione dell'uso agricolo di particolari contesti territoriali (naturale che diventa agricolo; agricolo che diventa urbano); con "abbandono" si intende la marginalizzazione di territori agricoli non meccanizzabili o di limitata superficie produttiva, con conseguente instaurazione di processi naturali tendenti verso il ripristino della vegetazione potenziale.

63 1.6.4. RELAZIONE CON LA RETE ECOLOGICA REGIONALE ED INDIVIDUAZIONE DEI CORRIDOI ECOLOGICI PRESENTI E POTENZIALI Descrivere il/i SIC e le aree naturali di permanenza o abbandono dell'area vasta come "nodal points" di una rete ecologica i cui elementi costitutivi possono essere già presenti (ad es. reti fluviali, siepi, coste, ecc.) oppure da progettare e/o integrare. Evidenziare anche eventuali necessità di ampliamento o di individuazione di "buffer zones" (ad es. nel caso di aree riparie di piccoli corsi d'acqua, per le quali un' eccessiva prossimità di terreni lavorati potrebbe comprometterne la funzionalità come elementi connettivi).

64 1.7. DESCRIZIONE URBANISTICA E PROGRAMMATICA

1.7.1. STRUMENTI NORMATIVI E DI PIANIFICAZIONE DI SETTORE VIGENTI SUL TERRITORIO Il quadro vincolistico dell’ATO in esame tiene conto dei seguenti tematismi:

- tutela e pianificazione paesaggistica (vincoli da D.Lgv. 42/2004 e smi, piani paesistici, etc.); - tutela e misure di protezione aree SIC/ZPS; - vincoli su aree di sensibilità idrogeomorfologica individuate al livello nazionale e regionale; - pianificazione del rischio idrogeologico( PAI ); - tutela aree boschive.

1.7.2. DESCRIZIONE DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE La pianificazione urbanistica provinciale e comunale recepisce poi il quadro vincolistico sopra descritto, effettuando un coordinamento ed un eventuale integrazione delle scelte di tutela. Gli strumenti urbanistici vigenti nell’ATO sono: - Piano Strutturale Provinciale della Provincia di Potenza; - Piano Paesistico di Sellata – Volturino – Madonna di Viggiano; - Piano Regolatore Generale del Consorzio per lo Sviluppo del Nucleo Industriale dell’Alta Val d’Agri; - Regolamento Urbanistico Comune di: . Abriola, . Calvello, . Corleto Perticara, . Laurenziana, . Marsico Nuovo, . Marsico Vetere, . Viggiano;

1.7.3. RAPPORTI CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE REGIONALE

1.7.3.1. Piano Paesaggistico Regionale La Basilicata, insieme al Molise ed alla Sardegna, non dispone di un Piano Paesaggistico che copre l’intero territorio regionale, ma dispone di Piani Paesistici applicati solamente a specifiche aree. Il territorio della Regione Basilicata è interessato da sette Piani Paesistici di Area Vasta, redatti in attuazione della Legge Nazionale n. 431/85 ( Legge “Galasso”) : - Piano paesistico di Gallipoli cognato – piccole , - Piano paesistico di Maratea – Trecchina – Rivello, - Piano paesistico del Sirino, - Piano paesistico del Metapontino, - Piano paesistico del , - Piano paesistico di Sellata – Volturino – Madonna di Viggiano, - Piano paesistico del Vulture.

Il territorio in esame è interessato dal Piano Paesistico di Area vasta “Sellata – Volturino – Madonna di Viggiano”, approvato con Legge Regionale n. 3 del 1990, redatto in attuazione dell’ art. 1 della Legge n. 431/85.

65 Successivamente Il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, così come modificato ed integrato dal Decreto Legislativo 24 marzo 2006 n. 157, stabilì che le Regioni verificassero la conformità tra le disposizioni dei suddetti Piani paesistici e le nuove disposizioni del suddetto decreto, provvedendo agli eventuali adeguamenti. La Regione Basilicata, con Deliberazione di Giunta Regionale n. 1048 del 22.04.2005, avviò quindi l’iter per procedere all’adeguamento dei vigenti Piani paesistici di area vasta alle nuove disposizioni legislative. In tal senso La Regione Basilicata approvò la Variante Generale al Piano Paesistico “Sellata – Volturino – Madonna di Viggiano” con Legge Regionale n. 24 del 14/03/2005. I Piani Territoriali-Paesistici di Area Vasta redatti ai sensi della Legge 431/85 hanno rappresentato il primo passo importante verso il riconoscimento di una valenza ambientale e naturalistica del territorio della Val d'Agri e più in generale dell'intero Appennino lucano e hanno di fatto aperto la strada verso l’istituzione di un Parco Nazionale per questo territorio. Manca ad oggi il Piano del Parco, strumento urbanistico ad hoc, necessario per regolamentare e coordinare le azioni e gli interventi dell’area di Parco. Nel 1991, la Legge Quadro sulle Aree Protette n° 394 gi{ prevedeva l’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d'Agri-Lagonegrese e lo inseriva nella lista dei Parchi di nuova istituzione. A partire da questa data e fin o ai primi anni del nuovo millennio si sono susseguite diverse proposte di perimetrazione dell'istituendo Parco e numerosi dibattiti sulla pertinenza della sovrapposizione dell’area protetta con un territorio estremamente ricco di risorse di tipo minerario come il petrolio. Tale percorso, in definitiva, ha condotto alla creazione del Parco dell'Appennino lucano Val d’Agri-Lagonegrese con la Legge 426/98, non senza sforzi da parte della comunità locale che ha inteso in tal modo perseguire una nuova strategia di sviluppo per il proprio territorio. Il parco è stato ufficialmente istituito con il DPR 8 Dicembre 2007. L’area del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano val d’Agri - Lagonegrese si estende lungo gran parte della fascia calcarea dell’Appennino Lucano a cavallo tra la val Camastra, la val d’Agri e il Lagonegrese. La sua estensione è pari a 68.996,00 ha ed è il 10° parco Italiano per dimensioni. All’interno dell’area protetta sono compresi parte dei territori di 29 comuni della Provincia di Potenza: Abriola, Anzi, Armento, Brienza, Calvello, Carbone, Castelsaraceno, Gallicchio, Grumento Nova, Lagonegro, Laurenzana, Lauria, Marsico Nuovo, Marsico Vetere, Moliterno, Montemurro, Nemoli, Paterno, Pignola, Rivello, San Chirico Raparo, San Martino d’Agri, Sarconi, Sasso di Castalda, Satriano di Lucania, Spinoso, Tito, Tramutola e Viggiano, per una popolazione complessiva di circa 90.000 abitanti. All’interno del Parco ricade la Riserva Naturale Regionale dell’Abetina di Laurenzana, istituita con D.P.G.R. 4 gennaio 1988, n. 2, ai sensi della Legge Regionale n. 28/94.

1.7.3.2. Piano di Tutela delle Acque

Con il Piano Regionale di Tutela delle Acque, adottato con D.G.R. n.1888 del 21/11/2008, la Regione Basilicata, effettua una accurata indagine conoscitiva ed individua gli strumenti per la protezione e la conservazione della risorsa idrica, in applicazione del Decreto Legislativo n.152/2006. Il Piano definisce gli interventi di protezione e risanamento dei corpi idrici significativi e l’uso sostenibile dell’acqua, individuando le misure integrate di tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica, che assicurino la naturale autodepurazione dei corpi idrici e la loro capacità di sostenere comunità animali e vegetali il più possibile ampie e diversificate. Il Piano costituisce uno stralcio di settore del Piano di Bacino Regionale. Le norme di Piano sono prescrizioni vincolanti per Amministrazioni ed Enti pubblici, per gli Ambiti Territoriali Ottimali di cui alla L. 36/94 e norme successive e per i soggetti privati. Gli

66 strumenti di pianificazione generale e di settore, regionali e degli Enti locali, devono coordinarsi e conformarsi al Piano per qualsiasi aspetto che possa interagire con la difesa e la gestione della risorsa idrica.

1.7.3.3. Piano per l’Assetto Idrogeologico

Il Piano di Bacino (L. 183/89) è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato. Esso può essere redatto ed approvato anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali (L. 493/93). Il 10 ottobre 2011 il Comitato Istituzionale dell’AdB ha deliberato (delibera n.16) l’approvazione del primo aggiornamento 2011 del PAI, vigente dal 21/10/2011, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (n.246). Le tematiche inerenti le inondazioni e i processi di instabilità dei versanti, sono contenuti rispettivamente nel Piano delle aree di versante e nel Piano delle fasce fluviali. Il riferimento territoriale del PAI, esteso complessivamente per circa 8.830 Kmq, è costituito dal territorio totale o parziale dei comuni ricadenti nei bacini idrografici interregionali dei fiumi Bradano, Sinni e Noce e nei bacini idrografici dei fiumi regionali lucani Basento, Cavone ed Agri. Si compone di:

- analisi del territorio, sistema delle infrastrutture idriche primarie; - infrastrutture idriche ed evoluzione del litorale jonico lucano; - sistema insediativo, produttivo e relazionale; - caratteristiche di franosità dei bacini e schede di analisi dettagliate; - perimetrazione delle aree a rischio frana e rischio idraulico e aree inondabili; - programmi di intervento in materia di difesa del suolo.

Il PAI, in quanto stralcio del Piano di Bacino, produce efficacia giuridica rispetto alla pianificazione di settore, ivi compresa quella urbanistica, ed ha carattere immediatamente vincolante per tutti i soggetti pubblici e privati operanti a qualsiasi titolo sul territorio.

1.7.4. RAPPORTI CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DEGLI ENTI LOCALI

1.7.4.1. Piano Urbanistico Provinciale L’articolo 13 della Legge Regionale 23/99 sancisce l’obbligo di redazione del Piano Strutturale Provinciale. IL PSP è l’atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita, ai sensi della L. 142/90, nel governo del territorio un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale, determinando indirizzi generali di assetto del territorio provinciale intesi anche ad integrare le condizioni di lavoro e di mobilità dei cittadini nei vari cicli di vita, e ad organizzare sul territorio le attrezzature ed i servizi garantendone accessibilità e fruibilità.

Il PSP contiene:

a) il quadro conoscitivo dei Sistemi Naturalistico Ambientale, Insediativo e Relazionale, desunto dalla CRS e dettagliato in riferimento al territorio provinciale;

67 b) l’individuazione delle linee strategiche di evoluzione di tali Sistemi, con definizione di: - Armature Urbane essenziali e Regimi d’Uso previsionali generali; c) la Verifica di Coerenza di tali linee strategiche con gli indirizzi del QSR ai sensi dell’art. 29 della L. R. 23/99 e la Verifica di Compatibilit{ con i Regimi d’Intervento della CRS ai sensi dell’art. 30 della LR 23/99; d) gli elementi conoscitivi e vincolanti desumibili dai Piani di Bacino, dai Piani dei Parchi e dagli altri atti di programmazione e pianificazione settoriali; e) gli elementi di coordinamento della pianificazione comunale che interessano comuni diversi, promuovendo la integrazione e la cooperazione tra enti; f) le Schede Strutturali di assetto urbano relative ai Comuni ricadenti nel territorio provinciale, le quali potranno essere ulteriormente esplicitate dai Comuni in sede di approvazione del proprio Piano Strutturale Comunale; g) gli elementi di integrazione con i piani di protezione civile e di prevenzione dei Rischi di cui alla L.R. 25/98.

Il PSP definisce i Comuni obbligati al Piano Strutturale e al Piano Operativo, e quelli che possono determinare i Regimi urbanistici in base al solo Regolamento Urbanistico.

Il PSP ha valore di Piano Urbanistico-Territoriale, con specifica considerazione dei valori paesistici, della protezione della natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e delle bellezze naturali e della difesa del suolo, salvo quanto previsto dall’art. 57, 2° comma, del D.Lgs. 112/98; esso impone pertanto vincoli di natura ricognitiva e morfologica.

Le previsioni infrastrutturali d’interesse regionale e/o provinciale, potranno assumere carattere vincolistico e conformativo della proprietà, mediante la stipula di Accordi di Pianificazione/Localizzazione. Il PSP costituisce il riferimento principale per il Programma Triennale dei Lavori Pubblici in base all’art. 14 della Legge n. 109/94 e s.m.i.

1.7.4.2. Piano Regolatore Generale del Consorzio per lo Sviluppo del Nucleo Industriale dell’Alta Val d’Agri Il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della provincia di Potenza e' un Ente Pubblico Economico con autonomia organizzativa, amministrativa, gestionale ed economico-finanziaria. In generale l’ obbiettivo del Consorzio risponde alla promozione della crescita industriale sull'intera area di pertinenza, al fine di realizzare sempre più insediamenti e di riqualificare e potenziare gli agglomerati industriali esistenti. Il Consorzio ASI si occupa principalmente di assistere l'impresa nei suoi processi d'insediamento e di sviluppo. La sempre piu' preminente attivita' estrattiva del petrolio in Val d'Agri e la contemporanea costruzione del Centro Oli nell'area industriale di Viggiano per lo stoccaggio e il trattamento iniziale dell'idrocarburo, ha finito per conferire all'area un ruolo di notevole importanza sul piano dello sviluppo economico e produttivo.

Pertanto il Consorzio Asi ha ritenuto opportuno dotare l' agglomerato industriale del comune di Viggiano di un P.R.G., approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 926 del 15 febbraio 2005. Il P.R.G. disciplina : 1) l’utilizzazione dei suoli e degli immobili per le iniziative imprenditoriali ( in conformit{ con le direttive del Regolamento Consortile relativo all’assegnazione delle aree e degli immobili) ; 2) l’attivit{ edilizia all’ interno dell’ agglomerato industriale (opere di impianto e sistemazione, ovvero di riconversione, ampliamento e/o adeguamento). 68 1.7.4.3. Programma di Fabbricazione del Comune di...

1.7.4.4. Piano Urbanistico Comunale del Comune di ...

1.7.4.5. Programma di Fabbricazione del Comune di ...

CALVELLO

Lo strumento di pianificazione vigente, a livello comunale, è il Regolamento Urbanistico adottato nel 2010. L’obiettivo dello strumento è, da un lato, consolidare l’esistente avviando processi di riqualificazione e, dall’altro, costruire le occasioni per cui le possibilit{ di impresa, ai vari livelli compatibili con le risorse territoriali, possano trovare giusti strumenti.

Gli obiettivi di politica urbanistica del regolamento urbanistico scaturiscono da un lato dall’analisi degli apsetti socio-economici del paese e dall’altro dalla lettura dei processi e tendenze in atto in ambito regionale e sovra regionale.

Difatti a fronte di una situazione socio-economica non propriamente positiva, vi sono processi in atto che fanno presupporre una inversione di tendenza e l’avvio di processi di sviluppo credibili.

In primo luogo la qualificazione dell’ambito urbano La qualificazione o riqualificazione dell’ambito urbano rappresenta il punto di partenza aspetto, il Piano compie scelte mirate e piuttosto evidenti:

 Inversione nell’uso residenziale del territorio attraverso la eliminazione di cospicue aree edificabili e la contestuale scelta di completamento all’interno dell’Ambito urbano riconosciuto;  Qualificazione del tessuto urbano storicizzato in termini urbanistici , socio-culturali, produttivi; Qualificazione e riconversione delle aree periurbane attraverso la creazione di strutture di servizio dedicate alla ricerca del benessere nei tempi di non lavoro;  Qualificazione del supporto produttivo attraverso la creazione di interventi e/o micro- interventi dedicati alle specificità territoriali. Per questo aspetto la creazione di aree multifunzione integrate in strutture verdi rappresenta una linea di intervento precisa.

Il Comune di Calvello ha programmato, sin dal 1984 , sulla scorta dei programmi di allestimento di aree produttive con i fondi della Legge n. 219/81, la realizzazione del P.I.P. - Piano Insediamenti Produttivi in localit{ “Ischia”.

Con diversi e successivi interventi , di cui l’ultimo a valere sui fondi del 1° bando “Val d’Agri” alimentato con le “ royalties” rivenienti dalle attivit{ di estrazione petrolifera in Basilicata, l’area è stata parzialmente infrastrutturata e, allo stato attuale, accoglie le seguenti iniziative produttive già in esercizio:

 Mattatoio Comprensoriale a marchio CEE della Comunit{ Montana “Camastra Alto Sauro”  Azienda “Murino Nicola” per le lavorazioni in legno  Azienda “Larocca Rocco” per le lavorazioni in legno  Azienda “Vibres” per la lavorazione di filati (calze)  Azienda “Arcomano Nicola” per la lavorazione di inerti  Azienda “AGIPGAS” per la fornitura di GPL alla rete comunale  Azienda “Rinaldi Michele” per la lavorazione di cereali (in via di esercizio)

69 L’Amministrazione Comunale di Calvello ha, pertanto, promosso diverse azioni finalizzate all’attrazione ed alla realizzazione di investimenti produttivi nel proprio territorio. In primo luogo ha partecipato al P.R.U.S.S.T. -

Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio promosso dalla Città di Potenza ed approvato con Decreto n. 3 del 13.01.2003. In tale programma sono previste, oltre a diversi interventi pubblici, investimenti privati per complessivi €. 4.115.645,03 (£. 7.969.000.000) per la realizzazione di n. 9 iniziative produttive.

In tale ottica i Comuni del Comprensorio della Valle del Camastra (Calvello, Abriola, Anzi e Laurenzana) hanno sviluppato uno specifico Protocollo di Intesa per la Programmazione e l’Attivazione di Programma dai Sviluppo nel Comprensorio dei rispettivi territori per l’attuazione di investimenti con utilizzazione degli strumenti finanziari garantiti dal suddetto Programma Operativo.

Allo stato attuale l’interesse privato verso le opportunit{ del programma operativo sono notevoli e si è in attesa che la Regione Basilicata dia concreto avvio alle procedure di legge per consentire agli investitori privati di manifestare il proprio interesse a realizzare insediamenti produttivi nei territori interessati tra i quali il Comune di Calvello.

CORLETO PERTICARA

Lo strumento di pianificazione vigente, a livello comunale, è la Variante al PRG, elaborata negli anni ottanta ed approvata in maniera definitiva, il 5 novembre 1990 con DGR n. 426. Il dimensionamento del Piano si basa su una previsione di circa 6000 abitanti con un fabbisogno edilizio pari a circa 150.000 mq.

Questo prevedeva per l’intero centro storico un Piano di Recupero (zona A), zone di completamento nelle aree limitrofe al centro storico (zone B), aree per gli standard, oltre che aree di espansione edilizia privata e pubblica concentrate soprattutto nella parte a monte del vecchio centro (zone C). Inoltre era prevista una zonizzazione differenziata per le zone produttive, turistiche ed agricole.

Nel 2002 è stata approvata una Variante Parziale al Piano in cui si individuava, tra l’altro, una nuova zona produttiva mista, posta a valle dell’abitato esistente lungo la Saurina, in localit{ Vagne, conseguentemente alle nuove prospettive di sviluppo venutesi a creare con il ritrovamento di giacimenti petroliferi all’interno del territorio comunale.

Il Regolamento Urbanistico di Corleto Perticara è stato attivato nell’anno 2000 ed a oggi risulta conclusa la conferenza di pianificazione; con esso viene introdotto un rimarchevole obbiettivo di fondo come quello dello “sviluppo sostenibile.

Le linee strategiche individuate nella costituzione del Regolamento sono scaturite dalla esigenza di tutelare e recuperare il patrimonio edilizio storico ed architettonico esistente, di predisporre azioni di riordino e razionalizzazione dell’espansione urbana più recente, cercando al contempo di rispondere alla domanda sociale di nuove abitazioni e di una maggiore qualità dei servizi, delle attrezzature e delle infrastrutture.

Il Regolamento ha tenuto conto del notevole spopolamento del paese, in poco più di 40 anni il 40% della popolazione è emigrata; nella consapevolezza di tale grave minaccia incombente su Corleto,

70 l’azione di governo della Amministrazione Comunale è orientata essenzialmente a non rinunciare alla possibilità di incentivare le attività economiche ed insediative locali, per rendere competitiva l’offerta di insediamento nel territorio comunale, rispetto ad altre aree regionali e nazionali più vantaggiose in termini di offerta di servizi e di contesto economico più conveniente.

1.7.4.6. I territori gestiti dall’Ente Foreste La disciplina forestale regionale è regolamentata da i seguenti strumenti:

- Il Programma Triennale di Forestazione è lo strumento di indirizzo e programmazione del settore forestale della Regione Basilicata previsto dalla Legge Regionale n.42/98. Esso si inserisce nel solco tracciato dal piano triennale 2006-2008 e punta nella direzione di un miglioramento progressivo delle performance del sistema forestale nel suo complesso. Il programma fissa gli obiettivi tecnici e occupazionali per il triennio 2009-2011, definisce e pianifica le azioni e gli interventi necessari a garantire la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio forestale e del territorio della Regione Basilicata. Gli obiettivi tecnici strategici generali perseguiti sono: 1) la sicurezza del territorio, 2) la tutela dell’ambiente e della biodiversità, 3) la valorizzazione multifunzionale dei complessi forestali pubblici; - Il Piano antincendio regionale 2009-2011, redatto ai sensi dell’art. 2 comma 1 della legge regionale n. 13 del 22 febbraio 2005 secondo le indicazioni contenute nel comma 3 dell’art. 3 della legge-quadro n. 353 del 21 novembre 2000. Il Piano effettua: 1) uno studio della pericolosità di incendio nelle aree, 2) Attività di prevenzione, 3) Catasto incendi; - Il Regolamento per il taglio dei boschi, redatto ai sensi dell’art.15 della Legge Regionale 10 Novembre 1998, n.42 “Norme in materia forestale”, valido per tutti i complessi boscati privi di Piani di Assestamento Forestale.

1.7.5. MAPPA CATASTALE O DEFINIZIONE DI MACROZONE DEMANIALI

1.7.6. INVENTARIO DEI SOGGETTI AMMINISTRATIVI E GESTIONALI

1.7.7. CENSIMENTO DELLE PROGETTUALITÀ

1.7.8. ANALISI DEL PATRIMONIO INSEDIATIVO, DELLE INFRASTRUTTURE E DEI DETRATTORI AMBIENTALI

1.7.9. ANALISI E VALUTAZIONE DI COERENZA DEGLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED URBANISTICA

1.7.10. ANALISI E VALUTAZIONE DI COERENZA DEGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE Il territorio in esame si inserisce nel più esteso comprensorio della Val d’Agri –Melandro – Sauro – Camastra interessato dall’omonimo Programma Operativo Val d'Agri, Melandro, Sauro, Camastra, attivato con la sottoscrizione di un Accordo di Programma fra la Regione Basilicata, le ex Comunità Montane e le amministrazioni comunali ricadenti nel Comprensorio (Legge Regionale n. 40/1995). Il PO suddetto è finalizzato a sostenere lo sviluppo delle attività economiche ed industriali

71 del comprensorio, utilizzando le risorse devolute alla Regione in relazione allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi ivi situati.

Tale visione è perseguita attraverso 4 seguenti linee di intervento o missioni:

A. salvaguardia e miglioramento del contesto di vivibilità ambientale, attraverso la salvaguardia degli equilibri ambientali, la tutela dell'architettura paesaggistica e il decoro dei centri urbani; B. potenziamento della dotazione di infrastrutture essenziali; C. miglioramento delle dotazioni di servizio per l'elevazione della qualità della vita; D. aumento delle condizioni di occupabilità durevole e sostenibile attraverso il sostegno alle imprese.

Ciascuna linea di intervento (missione) è suddivisa in diverse tematiche specifiche:

 missione A

A.1 Riqualificazione dei centri urbani - Riqualificazione dei centri storici - Riqualificazione di aree degradate e dismesse - Eliminazione barriere architettoniche - Interventi su edifici di culto A.2 Architettura paesaggistica e ambientale - Protezione, ricomposizione e fruizione paesistica del territorio - Opere di civiltà A.3 Valorizzazione delle risorse naturali - Preparazione dell'Action plan del Parco Nazionale della Val d'Agri - Interventi infrastrutturali connessi alla valorizzazione delle risorse naturali

 missione B

B.1 Viabilità e collegamenti - Fondovalle del Cogliandrino - Collegamento Castelsaraceno e S. Chirico B.2 Viabilità locale - Connessioni intercomunali

- Segnaletica stradale intercomunale B.3 Aree industriali, artigianali e infrastrutture turistiche - Completamenti/ampliamenti, realizzazioni e miglioramento aree destinate alla localizzazione di attività produttive

 missione C

C.1 Sport - Potenziamento infrastrutture sportive C.2 Cultura - Realizzazione di un auditorium - Sviluppo di uno o più parchi tematici C.3 Scuola, Formazione, Saperi - Realizzazione cantieri-scuola - Strutture di laboratorio 72 - Adeguamento scuole esistenti - Messa in rete biblioteche C.4 Sviluppo telematico - Sperimentazione wireless - Introduzione Banda Larga C.5 Servizi socio sanitari assistenziali - Completamento infrastrutture - Inserimento lavorativo soggetti svantaggiati missione D

D.1 Sostegno all'impresa - Sostegno imprese esistenti e nuove nei settori a potenziale sviluppo endogeno - Sostegno imprese esistenti e nuove operanti nei settori dei servizi alla persona D.2 impresa e Territorio - Animazione e promozione cultura d'impresa - Promozione di nuova imprenditorialità D.3 Localizzazione d'impresa - Singoli investimenti produttivi di dimensione unitaria significativa.

Parallelamente, anche attraverso il PIT Val d’Agri, che come noto si alimenta di quote del POR, si intende valorizzare le risorse ambientali, culturali, idriche presenti sul territorio. L’ambito territoriale del PIT Val d’Agri è costituito da 19 comuni (Armento, Corleto Perticara, Galicchio, Grumento Nova, Guardia Perticara, Marsiconuovo, Marsicovetere, Missanello, Moliterno, Montemurro, Paterno, Roccanova, San Chirico R., San Martino d’Agri, Sant’Arcangelo, Sarconi, Spinoso, Tramutola, Viggiano, Comunità Montane Medio Agri, Alto Agri e Camastra Alto Sauro) con una densità demografica bassa (circa 35 abitanti per Kmq, un dato nettamente inferiore alla media regionale pari a 59,6). Il quadro che emerge è quello di una struttura insediativa rarefatta, basata su un reticolo di nuclei abitati di piccola dimensione piuttosto distanziati tra di loro e con una pressione antropica sul territorio modesta. La maggior parte dei comuni, inoltre, sono qualificati nella categoria ISTAT “montagna interna” ed il territorio è interessato da un forte fenomeno migratorio. La vocazione produttiva dell’area è quella agricola. Ad eccezione dell’attivit{ di estrazione petrolifera, le attività industriali sono scarsamente significative e si concentrano prevalentemente nell’edilizia e nel suo indotto. I servizi avanzati alle imprese e alle persone sono assai deficitari. Appare sottodimensionato anche il settore turistico rispetto alle potenzialità locali. In questa area i rischi di impoverimento per il perdurare di aspetti di debolezza strutturale convivono con le forti opportunità e possibilit{ di un’inversione di tendenza verso la crescita. L’istituzione del Parco Nazionale della Val d’Agri e del Lagonegrese e l’attivit{ estrattiva sono destinati ad incidere fortemente sulloscenario economico, sociale ed ambientale del comprensorio, determinando forti opportunità per lo sviluppo dell’area, ma possono anche avere un effetto destrutturante sull’omogeneit{ territoriale. L’obiettivo generale del PIT si riassume nello slogan “creare le prospettive di sviluppo della citt{ territorio” per consentire la permanenza della popolazione sul territorio a condizioni accettabili direddito e di qualit{ della vita; invertire l’esodo rurale, stimolare l’occupazione e l’eguaglianza delle opportunità per rispondere alla richiesta crescente di qualità, salute, sviluppo della persona, tempo libero e benessere sociale delle popolazioni dell’area. Il complesso delle azioni previste si pone il perseguimento dei seguenti obiettivi:

73 - riqualificare il patrimonio ambientale e valorizzare corridoi e bacini fluviali; - sviluppare il valore aggiunto culturale delle aree montane (biodiversità, aree naturali protette, beni culturali, produzioni agro-alimentari); - completare la dotazione infrastrutturale degli insedimenti produttivi di area e sostenere le iniziative imprenditoriali nei settori manufatturieri ed agroalimentari; - recuperare e valorizzare il patrimonio culturale ed architettonico dei centri urbani integrando tali risorse con interventi agevolanti la loro fruibilità.

La strategia d’intervento è sintetizzabile nella costruzione di un sistema territoriale coeso e integrato, capace di innescare una prospettiva di sviluppo locale basata sulle risorse del territorio. Un progetto che faccia da sfondo culturale comune a tutti gli strumenti di programmazione negoziata in atto sul territorio (PIT – Accordo di programma per lo sviluppo economico produttivo del comprensorio della Val d’Agri – Leader +).

L’idea forza sta nella “costruzione della citt{ territorio” attraverso la ricerca di una piena integrazione della matrice degli insediamenti storici con quella produttiva, agricola e con il turismo ambientale e culturale .Un territorio articolato a sistema, capace di esaltare il suo ruolo di:

- cerniera territoriale aperta: ai mercati metropolitani della Puglia e della Campania, alle relazioni con il mercato costiero ionico, alle relazioni con gli altri territori regionali, oltre che in prospettiva a sistemi di relazione più ampi con il rafforzamento dell’aviosuperfice di Grumento Nova; - cerniera ambientale tra emergenze naturali ricche di potenzialità presenti nelle Regioni Basilicata e Campania; e di trovare in esso il disegno strategico per sostanziare le attuali possibilità di sviluppo.

Un ‘altro importante strumento di programmazione e sviluppo locale è il Programma Leader +, strumento operativo predisposto dal Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata.

L’obbiettivo globale dello strumento operativo Leader + è quello di contribuire allo sviluppo socioeconomico delle aree interne e al consolidamento dell’identit{ culturale del mondo rurale lucano. Nell’intento di raggiungere tale obiettivo la Regione ha definito una serie di obiettivi globali più specifici che afferiscono a tre macro-ambiti di impatto:

- il contesto delle aree rurali, inteso come miglioramento della qualità della vita, di riduzione dei consistenti fenomeni di spopolamento in atto e di recupero e valorizzazione delle risorse naturali e culturali di tali zone; - lo sviluppo sociale, in termini di creazione di nuova occupazione, ricorrendo ad azioni innovative sia relative alla creazione di pari opportunità; - la competitività del sistema produttivo e territoriale, inteso come miglioramento della competitività aziendale-territoriale, come rafforzamento del ruolo polifunzionale dell’agricoltura e, infine, come sfera relativa all’”immagine” del territorio lucano da costruire e, in alcuni casi, ricostruire rompendo il tradizionale isolamento che affligge tali aree, attraverso la creazione di “reti”.

In particolare l’area Leader + “Alto e Medio Agri e Alto Sauro” interessa i comuni di: Armento, Corleto P.,Gallicchio, Grumento N., Guardia P., Marsico Nuovo. Marsicovetere, Missanello, Moliterno, Montemurro, Paterno, Roccanova, San Chirico R., San Martino d’Agri, Sant’Arcangelo, Sarconi, Spinoso, Tramutola,Viggiano.

74 Formato dai comuni ricadenti nel bacino interessato all’estrazione petrolifera e delimitati quasi interamente dalle Comunit{ Montane, in quest’area a rischio sul piano della identità culturale, il Programma Leader deve puntare sul tema della sostenibilità dei processi di sviluppo da attivare, per formare una cultura imprenditoriale e un comune senso di appartenenza delle popolazioni locali in grado di preservare l’integrit{ del territorio anche oltre l’attivit{ (a termine) di estrazione del petrolio.

I beneficiari dell’intervento Leader + sono i Gruppi di Azione Locale (GAL), costituiti da una partnership pubblico-privato. Il livello di attuazione è ancora limitato, essendo partito concretamente il Programma solo nel 2004 con l’approvazione dei Piani di Sviluppo Locale.

Il POR Basilicata 2000-2006 aveva perseguito l’obiettivo generale di uno sviluppo equilibrato dell’intero spazio regionale, attraverso azioni ed interventi volti al potenziamento della coesione territoriale e della cooperazione istituzionale e, per raggiungerlo al meglio, ha pensato bene di attuare una parte del programma mediante progetti integrati territoriali e di sviluppo urbano in modo da coinvolgere l’intero universo regionale dei poteri locali minori (Comuni e Comunità Montane). In particolare, l’Asse V “Citt{”, attraverso i Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (PISU), è volto esclusivamente al rafforzamento ed alla specializzazione delle funzioni urbane dei due capoluoghi di provincia, nonché promuovere modelli innovativi di governance sul territorio regionale.

Infine un’altro programma/progetto di riqualificazione urbana è il PRUSST (Progetto di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio) nato col D.M. del 8 ottobre 1998, con l’obiettivo di realizzare interventi orientati all’ampliamento e alla riqualificazione delle infrastrutture, all'ampliamento e alla riqualificazione del tessuto economico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell'ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati.

1.7.11. ANALISI E VALUTAZIONE DI COERENZA DI ALTRI PIANI E REGOLAMENTI VIGENTI CHE INCIDONO SUL TERRITORIO E SULLA CONSERVAZIONE DI SPECIE E HABITAT Nell’ATO in esame ricade la zona ZPS “Appennino Lucano Monte Volturino”, codice IT9210270 e le aree seguenti aree SIC :

- “Monte Calderosa”, codice IT9210240; - “Monte Madonna di Viggiano”, codice IT9210205; - “Monte Volturino”, codice IT9210180; - “Serra di Calvello”, codice IT9210170; - “Abetina di Laurenzana”, codice IT9210005.

Di seguito si riportano i riferimenti normativi relativi a tali siti, valutando la coerenza di tale quadro vincolistico con le azioni e gli obiettivi del quadro pianificatorio e programmatorio precedentemente esposto.

Normativa comunitaria

La Direttiva 79/409/CEE, cosiddetta Direttiva Uccelli Selvatici concernente la conservazione degli uccelli selvatici, fissa che gli Stati membri, compatibilmente con le loro esigenze economiche, mantengano in un adeguato livello di conservazione le popolazioni delle specie ornitiche. In

75 particolare, sono previste misure speciali di conservazione, per quanto riguarda l’habitat, al fine di garantire la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione.

L’art. 4 infine disciplina la designazione di zone di Protezione Speciale (ZPS ) da parte degli Stati Membri,ovvero dei territori più idonei, in numero e in superficie, alla conservazione delle suddette specie.

Complementare alla “Direttiva Uccelli Selvatici” è la Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta “Direttiva Habitat” relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna. Tale direttiva, adottata nello stesso anno dei vertici di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo, rappresenta il principale atto legislativo comunitario a favore della conservazione della biodiversità sul territorio europeo.

La direttiva, infatti, disciplina le procedure per la realizzazione dei progetti di rete natura 2000, i cui aspetti innovativi sono la definizione e la realizzazione di strategie comuni per la tutela dei siti costituenti la rete (ossia i p SIC e le ZPS). Inoltre agli articoli 6 e 7 stabilisce che qualsiasi piano o progetto, che possa avere incidenze sui Siti Natura 2000, sia sottoposto ad opportuna valutazione delle possibili incidenze rispetto agli obiettivi di conservazione del sito.

Normativa nazionale

Lo Stato Italiano ha recepito la “Direttiva Habitat” con il D.P.R. n.357 dell’8 settembre 1997. In seguito a tale atto le Regioni hanno designato le Zone di Protezione Speciale e hanno proposto come Siti di Importanza Comunitaria i siti individuati nel loro territorio sulla scorta degli allegati A e B dello stesso D.P.R.

L’elenco dei piani SIC e delle ZPS, individuate ai sensi delle direttive 92143/CEE e 791409 /CEE è stato approvato con il D.M Ambiente 3 Aprile 2000.

Il D.P.R. 357/97 inoltre, all’art. 5, disciplina la procedura di Valutazione di Incidenza (VI ) e l’allegato G definisce i contenuti della relazione per la Valutazione di Incidenza.

Il recente D.P.R. n.120 del 12 Marzo 2003, costituisce il regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 357 / 97, esso adegua la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie tenuto conto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea contro lo Stato Italiano, per la non corretta trasposizione nella normativa nazionale della direttiva Habitat. L’art. n. 6 del D.P.R. 120/03, stabilisce che gli studi volti ad individuare e valutare le incidenze sui Siti Natura 2000, siano svolti secondo gli indirizzi dello stesso Allegato Gal precedente D.P.R. 357 /97 .

Normativa Regionale

La Regione Basilicata con la L.r. n.28 del 28/06/94 “Individuazione, classificazione, istituzione, tutela e gestione delle aree naturali protette in Basilicata”, si è adeguata al dettato della legge n. 394/91 “Legge quadro sulle aree protette”.

Per le aree regionali protette, all’interno delle quali sono individuati la maggior parte dei siti di importanza comunitaria, la Regione Basilicata garantisce il recepimento degli obiettivi della Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli.

In particolare la Regione con la legge n.2 del 09/01/95 “norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, ha adeguato la propria normativa alla Legge 157 del

76 11/02/92 “norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” con la quale lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva Uccelli.

Nell’area in oggetto, per le specie di particolare importanza biogeografia rare, endemiche, vulnerabili, a rischio, si fa riferimento a quelle presenti nelle liste delle specie protette nazionali e regionali riportate dal D.G.R. della Regione Basilicata del 18 / 03 /2005.

1.7.12. REGOLAMENTI

1.7.13. NORME SULLA CONDIZIONALITÀ

1.7.14. PIANO DI SVILUPPO RURALE 2007/2013 a cura di INEA Il Programma di Sviluppo Rurale F.E.A.S.R., coerentemente con il Regolamento (CE) n. 1698/2005, persegue le seguenti priorità:

- l'aumento della dotazione di servizi per la popolazione e l’economia rurale; - il sostegno alla multifunzionalità; - la diffusione di azioni di marketing territoriale; - la maggiore integrazione all’interno delle filiere produttive; - la valorizzazione della Montagna, del patrimonio storico culturale ed enogastronomico; - l’ implementazione della qualit{ dei prodotti tipici e di qualit{.

Tali priorità saranno implementate attraverso quattro assi di intervento :

1. Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; 2. Miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; 3. Interventi sulla qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale; 4. Attuazione del Programma Leader. L’ interazione tra i vari Assi dar{ la possibilit{ di operare in maniera trasversale, attraverso differenti tipologie di pacchetti che garantiscano, da un lato, la coerenza con le politiche regionali (giovani, sviluppo locale, competitivit{, coesione interna e sostenibilit{) e, dall’altro, la massima partecipazione a processi di crescita dei sistemi produttivi e del territorio.

1.7.15. PROGRAMMA OPERATIVO REGIONALE FESR 2007-2013

In coerenza con le disposizioni contenute nel Regolamento (CE) n. 1080/2006 e con gli orientamenti indicati dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, la strategia programmatica del Programma Operativo F.E.S.R 2007-2013, fondata su otto assi prioritari, è orientata a qualificare la Basilicata e a sostenere la sua transizione verso l'obiettivo "Competitività ed occupazione".

La programmazione comunitaria regionale FESR, per il periodo compreso tra il 2007 e il 2013, si prefigge l'obiettivo di assicurare ai cittadini e alle imprese la qualità dei servizi, di garantire lo sviluppo della ricerca e la diffusione delle nuove tecnologie per fare della Basilicata una regione basata sull'economia della conoscenza.

L'intento è promuovere l'imprenditorialità, rendere competitivo lo sviluppo turistico valorizzando i beni culturali e naturali del territorio regionale, potenziare le reti urbane per migliorare la qualità e la

77 vivibilità dei cittadini, sostenere e garantire la qualità dei servizi sanitari collettivi, valorizzare le risorse energetiche per promuovere lo sviluppo sostenibile e tutelare la salute dei cittadini e delle imprese e qualificare le attività di gestione, sorveglianza e controllo delle pubbliche amministrazioni, al fine di garantire l'efficacia e l'efficienza dell'attuazione del PO FESR 2007-2013.

CARTOGRAFIE:

C11. Carta dei vincoli in scala 1:10.000;

C12. Carta degli strumenti urbanistici e di pianificazione che insistono sul territorio in scala 1:10.000;

C14. Carta dei PRG in scala 1:10.000;

C15. Carta delle presenze di insediamenti ed infrastrutture in scala 1:10.000.

78 1.8. DESCRIZIONE ARCHITETTONICA, ARCHEOLOGICA E CULTURALE

1.8.1. GLI ELEMENTI IDENTITARI DEL PAESAGGIO DELL’AREA VASTA

Le aree SIC/ZPS oggetto del presente Piano di Gestione rientrano nella più vasta area protetta del Parco Nazionale dell'Appennino Lucano - Val d'Agri - Lagonegrese, interamente compresa nel territorio lucano.

Il Parco Nazionale dell’ Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese è stato istituito nel 2006, ha una estensione di 67.564 ettari e comprende 29 comuni arroccati sulle colline. Il suo perimetro si staglia su una larga parte dell' Appennino Lucano, estendendosi dalle vette del Volturino fino al . La sua posizione geografica ne fa un perfetto corridoio ambientale tra le due grandi riserve naturali del Parco Nazionale del Pollino e del Parco Nazionale del Cilento, al centro del sistema regionale delle aree protette.

In tale territorio sono comprese le aree SIC l’Abetina di Laurenzana (codice Natura 2000, IT9210005), il Monte della Madonna di Viggiano (codice natura 2000, IT9210205), il Monte Caldarosa (codice Natura 2000, IT9210240), il Monte Volturino (codice natura 2000, IT9210180) e il Monte Serra di Calvello (codice natura 2000, IT9210170).

Il Parco è caratterizzato da un' eccezionale biodiversità, costituita da un incredibile insieme di piante a animali, esso si contraddistingue per la presenza alle basse quote del bosco misto con prevalenza di aceri, faggi, cerri e tra le specie più importanti l’abete bianco, detto anche specie fredda a testimonianza delle glaciazioni avutesi sul territorio della Val D’ Agri. Importante è anche la fauna con la presenza del lupo, la lontra, il cinghiale, il cervo, il nibbio reale.

Il Parco Nazionale dell’ Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese è il parco dove più che altrove si fa visita non solo alle bellezze naturali, ma anche ai diversi paesi arroccati sulle alture.

Tanti sono i borghi della Val d’Agri, ciascuno con il suo carattere, con il suo centro storico ricco di vicoli e chiese; di tali paese quelli che rientrano nel perimetro dell’ ATO di competenza sono: Calvello, Abriola, Laurenzana, Marsiconuovo, Marsicovetere, Viggiano, Corleto Perticara.

I rilievi montuosi a Nord sono meta preferita di chi ama gli sport invernali grazie ai suoi impianti da discesa (Monte Volturino, Montagna di Viggiano, Monte Sirino), ai circuiti per lo sci di fondo, e alle numerose passeggiate con le ciaspole accompagnati da guide esperte dei luoghi. L’altra ricchezza della Valle è l'oro nero, si stima che quello della Val D’ Agri sia il più grande giacimento europeo su terra ferma. Inoltre, degni di nota sono gli impianti eolici che si stanno sviluppando in tutta la Val D' Agri.

MONTE VOLTURINO

Situato al centro dell'Appennino lucano, il Volturino, il cui nome deriva dal latino vultur (avvoltoio), s’innalza sino a toccare i 1.835 metri d'altitudine al centro di un vasto ed articolato complesso montuoso, di cui costituisce la vetta più elevata.

La montagna è visibile in tutta la sua maestosità sia dalla val d'Agri sia dal versante sottostante l'abitato di Calvello.

L'intero comprensorio montuoso si configura come una serra dentata le cui cime principali - rispettivamente di 1.835 m, 1.800 m e 1.806 m - in un avvicendarsi di picchi e dirupi, si presentano

79 l’una (quella esposta a nord) spoglia, aspra e rocciosa, le altre due (spostate più a sud) pulite, verdi e rotondeggianti.

Il Monte Volturino è uno dei posti più affascinanti ed incantevoli della Val d'Agri. È dotato di zone attrezzate per pic-nic e campeggi, di una pista da sci, lunga all'incirca 2 km, di difficoltà medio/alta, e di uno skilift per principianti. Gli impianti di risalita, rimessi in sesto pochi anni fa dopo un lungo abbandono, sono moderni e conducono sin sulla vetta. Sul Monte Volturino è presente il Santuario della Madonna Assunta: il santuario viene aperto l'ultima domenica di maggio e viene chiuso il 15 agosto.

1.8.2. LE TRADIZIONI POPOLARI DELL’AREA VASTA QUALI PERCORSI CULTURALI Sempre con riferimento all’ATO specificare principali tradizioni popolari e percorsi culturali???- esistenti e potenziali

Tra le diverse tradizioni popolari della zona, degno di particolare nota è la Festa della Madonna di Viggiano: tale festa difatti comporta la presenza di centinaia di pellegrini nella SIC del Monte di Viggiano provenienti da centinaia di paesi che da Maggio a Settembre raggiungono la Sacra Vetta del Monte, (1725 m. s.l.m), per venerare la Madonna Nera.

La statua suddetta viene portata la prima domenica di maggio sul Sacro Monte di Viggiano dove, secondo la storia tramandata di generazione in generazione, fu trovata probabilmente nel XII sec. da un gruppo di pastori. La prima domenica di settembre la Madonna "riscende" portata in spalla da volontari per tutta la strada fino in paese e viene depositata nella basilica.

Il pellegrinaggio al Monte, con la sua fatica ed insieme con la sua suggestione, costituisce senz'altro la forma di culto più praticata e significativa. Il fascino della montagna conferisce all'esperienza dell'ascesa al Monte un carattere oltre che religioso di naturale bellezza.

A partire dal Sacro Monte il culto alla Madonna di Viggiano si è diffuso anche in altri paesi vicini, da Caggiano a Senise, da Pisticci a Savoia di Lucania, e non è raro imbattersi un po' dappertutto in edicole votive a lei consacrate. Un fenomeno di culto relativamente recente, ma di grande efficacia pastorale e impatto popolare, è invece la Peregrinatio Mariae, ovvero la visita dell'immagine della Madonna (o, in alcuni casi, di una sua copia) ai vari centri della regione. La prima storica Peregrinatio fu compiuta tra il 4 settembre e il 30 ottobre dell'anno 1949 e interessò oltre settanta paesi sparsi tra le province di Potenza, Matera e Salerno.

1.8.3. DESCRIZIONE DEI VALORI ARCHEOLOGICI, ARCHITETTONICI E CULTURALI

L’ambito di riferimento ricade nei territori comunali di Calvello, Marsiconuovo, Marsicovetere.

I CENTRI STORICI

1.8.3.a CALVELLO

80 Le origini di Calvello risalgono a prima del 1170, al tempo in cui San Giovanni da Matera mandava i suoi seguaci, raccolti nella Congregazione Benedettina Pulsano da lui fondata, per le nostre valli. I monaci fondarono due grossi Cenobi: l’uno di San Pietro “A Cellaria- o Cellularia o Uccellaria”, ora scomparso; l’altro di Santa Maria “De Plano” del XII sec, tuttora esistente, ma fortemente rimaneggiato, del quale rimane la Chiesa che è tra le più belle della regione.

Il paese, le cui origini risalgono al XII sec, nasce come roccaforte longobarda e per questo, come quasi tutti i paesi della Basilicata, Calvello fu feudo nobiliare per tantissimo tempo.

Nel centro storico ha sede il castello, antica dimora dei diversi feudatari che si succedettero nel corso degli anni. Suggestivo è il ponte di Sant'Antuono del XII sec. con un particolare tipo di arco. Di grande pregio è la chiesa di Santa Maria degli Angeli, con tracce di affreschi del 1400 ed alcuni affreschi del 600.

Il patrimonio artistico e monumentale di Calvello è considerevole, oltre alle emergenze già citate si possono menzionare:

 Cappella di S. Lucia  Chiesa di S. Antonio  Chiesa del Purgatorio  Chiesa di S. Giuseppe  Chiesa di S. Nicola  Chiesa matrice di S. Giovanni Battista

1.8.3.b MARSICONUOVO

La cittadina di Marsiconuovo ha origini preromane, difatti un centro fortificato occupava la parte più alta dell’attuale abitato gi{ tra il V ed il IV secolo a.C.

Successivamente alla conquista romana e alla creazione della colonia di Grumentum, diversamente da altri centri abitati, conservò la sua importanza poiché esso si trovava sul tracciato principale della via Herculea, che collegava Venusia a Grumentum, e poté conservare la vitalità economica e politica necessaria a garantirne la sopravvivenza.

Con l’arrivo dei longobardi la citt{ assume grande importanza strategica nell’economia delle lotte tra longobardi, bizantini e saraceni per il possesso dell’Italia del sud. Il prestigio della citt{ crebbe ulteriormente nel 1054 quando venne ufficializzato il trasferimento a Marsico della diocesi paleocristiana di Grumentum.

Dal 1144 al 1600 fu nelle mani di diverse famiglie nobiliari.

La peste del 1656 dimezzò la popolazione e solo nel 1800 la città poté riacquistare un rilevante peso demografico superando i diecimila abitanti a metà secolo.

Nel 1857 fu sconvolta dal terribile terremoto che rase al suolo gran parte dei paesi limitrofi e qualche anno dopo, per l’imperversare del brigantaggio, la citt{ dovette subire alcuni feroci fatti di sangue che videro protagonisti i capo banda locali Angelantonio Masini e Federico Aliano.

Le emergenze architettoniche di Marsico Nuovo sono tante e spaziano da palazzi nobiliari a chiese:

81  Cattedrale di SS. Assunta o San Giorgio  Ch. S.Gianuario  Palazzo Pignatelli  Chiesa di S. Michele Arcangelo  Chiesa della Madonna del Carmine  Chiesa di S. Caterina V.M.  Chiesa di S. Antonio e Convento  Chiesa di S. Donato  S. Vito - Chiesa di S. Vito  Chiesa di S. Marco  Chiesa di S. Rocco  Chiesa di S. Lucia  Chiesa di S. Maria del Ponte o di Costantinopoli

1.8.3.c MARSICOVETERE

Il comune di Marsicovetere è uno dei paesi più alti della Basilicata ma anche uno dei più caratteristici: si legge ancora intatto il tessuto medievale, con strade in pietra ed archi e ripide salite che si adattano all'orografia del luogo, divenendo un tutt'uno con la natura circostante.

Da esso si può godere del panorama dei monti, di Viggiano, del Sirino e della Maddalena. Ha origini molto antiche, il nome del paese deriva dalla popolazione dei Marsi, provenienti dalla Marsica i cui resti sono ancora oggi visibili. Quando nel VII secolo i romani distrussero la vicina città di Vestina, questi luoghi accolsero i profughi, che in massa si spostarono sulla montagna dove oggi sorge Marsicovetere, per trovare rifugio.

Nell'anno Mille, Marsicovetere fu una importante Contea, e fu feudo di varie casate principesche. Nell'anno 1857, in Basilicata, vi fu un terremoto di proporzioni catastrofiche ed anche Marsicovetere ebbe gran parte del suo tessuto urbano distrutto e molte vittime fra la popolazione.

Sulla destra di uno dei primi tornanti della strada che collega Villa d’Agri a Marsicovetere si nota il rudere del Convento di S. Maria dell’Aspro, ove dimorò il frate francescano Angelo Clareno. Costruito nel 1571 da monaci Cappuccini, nel nome conserva la traccia di un’antica laura basiliana. Ha un impianto regolare quadrilatero con chiostro centrale intorno al quale si articolavano le celle monacali su due piani.

Le costruzioni più rilevanti sono posteriori al Quattrocento alcune di esse si trovano lungo Corso Vittorio Emanuele troviamo il Palazzo Ziella, la Chiesa Madre di S. Pietro e Paolo e la Cappella Madonna delle Nevi. Quest’ultima insieme al Palazzo Ziella risalgono al XVII sec. Il Palazzo attualmente abitato conserva un bel dipinto su pietra. Del XIV secolo è la Chiesa Madre dei SS. Pietro e Paolo che presenta una nicchia sul portale in cui è posta una pregevole statua di Madonna col Bambino di un artista locale. In Largo Pionetello si erge una torre dell’antico Castello medioevale dell’XI sec. Da largo Pionetello, continuando per Corso Garibaldi, si incontrano il Palazzo Tranchitella e il Palazzo Piccininni del XVII-XVIII, con portale e loggiato in pietra.

Oltre al patrimonio architettonico già citato vi sono altre emergenze come:

 Chiesa di Santa Maria Addolorata 82  Monastero di Santa Maria di Costantinopoli

1.8.4. INDIVIDUAZIONE DI AREE ARCHEOLOGICHE

AREA ARCHEOLOGICA DI VIGGIANO

I più recenti rinvenimenti archeologici effettuati nel Comune di Viggiano sono conseguenti alla realizzazione dell'oleodotto ENI Viggiano-Taranto e della Rete di raccolta del petrolio.

In antico, il fiume Agri era noto con la denominazione Akiris e, nel suo tratto finale, era navigabile assumendo un importante ruolo nei collegamenti tra Ionio e Tirreno.

L'Oleodotto ha interessato, in primo luogo, il versante sinistro dell'alto corso dell'Agri,consentendo di chiarire il popolamento antico lungo la riva sinistra del fiume, opposta a quella su cui in età romana sorge Grumentum.

Il rinvenimento di una capanna di notevoli dimensioni, il cui perimetro è definito da buche per pali con numerose zeppe in pietra, in località Porcili di Viggiano dimostra la presenza di un esteso insediamento inquadrabile nelle fasi finali del Neolitico Recente ossia nella seconda metà del IV millennio a.C.

A quel periodo si fanno risalite i primi insediamenti stabili costituiti da ampi villaggi di capanne circondati da fossati, tale circostanza è dimostrata da numerose fosse di combustione a pianta rettangolare rinvenute. Un'area sepolcrale, individuata sempre nella località Porcili di Viggiano (a circa 500 m. dalla precedente), si imposta direttamente sul livello neolitico e ha restituito numerose sepolture con oggetti di corredo inquadrabili, ad un'analisi preliminare, agli inizi dell'età del Bronzo.

La necropoli si sviluppa in un'area pianeggiante, probabilmente lungo un antico tratturo. Si tratta di una serie di piccoli tumuli costituiti da pietre, che si dispongono a semicerchio intorno ad una sepoltura maschile ricoperta da tumulo di terra.

Lo scavo in località Masseria Maglianese, ha permesso di individuare un altro insediamento abitativo appartenente alla fine del Bronzo Antico-inizi del Bronzo Medio.

In particolare è stata individuata la parte meridionale di una capanna, probabilmente una struttura comunitaria, di impianto non stabile, da connettere forse agli spostamenti dovuti alla transumanza del bestiame. All'interno della capanna sembra possibile riscontrare una divisione funzionale degli spazi con la zona orientale destinata alla conservazione delle derrate.

Il rinvenimento di una fitta rete di fattorie si sviluppa, fatte risalire alla metà del IV secolo a.C., dimostrano quanto il territorio fosse densamente occupato al momento dell'avvio della politica espansionistica dei Romani

Resti di fattorie sono stati scavati nelle località Serrone di Viggiano, su un'altura posta a controllo di un ampio tratto della valle e di un sistema di tratturi ancora oggi in uso.

Ad un edificio monumentale di età lucana si riferiscono i resti scavati in località Masseria Nigro di Viggiano. Collocata sul versante sinistro della valle del fiume Agri, in posizione simmetrica a quella dell'antico abitato di Grumentum, la struttura si sviluppa su un vasto pianoro delimitato da solchi 83 vallivi e dominante una fitta rete di tratturi di collegamento tra Viggiano e Montemurro e percorsi di attraversamento verso la sponda sinistra del fiume Agri.

Si tratta di un complesso dalle dimensioni davvero imponenti, di circa mq. 1360 (tra area esplorata e area individuata attraverso saggi esplorativi e indagini geofisiche) che, sulla base delle ricerche geofisiche effettuate in tutta la zona circostante, appare isolato.

Tra le località La Monaca e Castelluccio è stata rinvenuta una necropoli, le cui prime fasi di uso si collocano nel corso del secondo quarto del IV secolo a.C.; essa si organizza in due settori, in essa si sono trovate un centinaio di sepolture a fossa semplice, a cassa di tegole, con copertura piana o a tetto a doppio spiovente in tegole piane e coppi.

Ad una ricca fattoria è riferibile la piccola necropoli rinvenuta in località Valloni di Viggiano, che, accanto agli altri sepolcreti scavati in passato lungo il tracciato di un antico tratturo ripercorso dalla strada moderna Viggiano - Montemurro (Fosso Concetta e Vracalicchio), si inserisce nella serie di impianti agricoli collocati sulla dorsale collinare che si affaccia sulla sponda sinistra del fiume Agri.

Al periodo romano tardo-imperiale risalgono i resti di parte del quartiere residenziale di una grande villa databile tra III e IV secolo a.C., individuata in località Maiorano di Viggiano, a circa 800 m. di altitudine, presso una importante strada che collegava la valle dell'Agri alla Basilicata interna.

Si tratta, in particolare, di una struttura rettangolare con abside al centro del lato lungo orientale. Un ambiente scoperto, in asse con l'abside e dotato di fontana centrale alimentata da un lungo canale in piombo alloggiato in una canaletta, funge da raccordo tra i due ambienti meridionali e i due settentrionali.

Tutti gli ambienti si aprono su uno stretto e lungo portico. Oltre ai pavimenti musivi policromi, alcuni ambienti, come quello absidato, doveva essere dotato di mosaici parietali in pasta vitrea, di cui è rimasta qualche tessera.

La particolare ricchezza delle decorazioni e la planimetria della struttura inducono a ritenere che si debba trattare di una coenatio di una residenza di notevole livello architettonico. La planimetria trova confronto con la coenatio della villa di Malvaccaro di Potenza.

1.8.5. INDIVIDUAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI ED ARCHEOLOGICI SOTTOPOSTI A TUTELA

I beni architettonici sottoposti a tutela sono distribuiti sui sette comuni secondo il seguente schema:

COMUNI TIPOLOGIA NOME VINCOLO

Viggiano Chiesa Chiesa Santa Maria La D.M.del Preta 05/01/96

Viggiano Castello Resti del Castello D.M. del 16/03/96

Viggiano Masseria Masseria Nigro D.M. del

84 (Salicaro) 25/08/92

Marsico Palazzo Palazzo Blasi D.M. del Nuovo 23/07/94

Marsico Palazzo Palazzo Navarra D.M. del Nuovo 03/11/89

Marsico Palazzo Palazzo Fittipaldi D.M. del Nuovo 29/01/97

Marsico Palazzo PalazzoCestari D.M. del Nuovo 25/07/94

Marsico Palazzo Palazzo Pignatelli Decl. Nuovo 22/05/81

Marsico Palazzo Palazzo Masini- D.M. del Nuovo Montesano 29/01/97

Marsico Convento Convento S.Maria di D.M. del Nuovo Loreto 04/07/01

Laurenzana Castello Castello feudale D.M. del 16/ 05/83

Calvello Ponte Ponte medievale S. Decl Antuono 24/08/82

Calvello Chiesa Chiesa S. Maria del Decl Piano 27/08/82

Calvello Cappella Cappella del Collerio D.M. del 28/05/84

Calvello Palazzo Palazzo Nardone D.M. del 12/08/97

Calvello Castello Castello D.M. del 23/01/84

Calvello Convento Convento S. Maria del D.M. del Piano 27/08/82

Calvello Borgo Borgo Medievale D.M. del 21/06/99

Abriola Palazzo Palazzo Marsico D.M. del 12/06/97

85 MARSICO NUOVO - Palazzo Pignatelli

Dopo l’appartenenza al regio demanio, nel 1638 Marsico diviene principato della famiglia Pignatelli. I nuovi signori di Marsico eleggono a loro sede il palazzo che oggi ospita gli uffici comunali. L’austera costruzione è fatta risalire agli anni intorno al 1670, ma il suggestivo pozzo del cortile, datato 1572, fa supporre che la fondazione risalga al XVI secolo. Ciò pare confermato anche dallo stile sobrio ed elegante tipico del periodo rinascimentale. Di grande fascino è il cortile adarcate, nel quale sono oggi esposti alcuni cippi di et{ romana provenienti dalla localit{ S. Giovanni. Sulla volta dell’antrone d’ingresso al palazzo è affrescato il grande stemma principesco dei Pignatelli.

MARSICO NUOVO – Palazzo Navarra

Vestigia del glorioso passato di Marsiconuovo sono i numerosi palazzi nobiliari distribuiti nel centro storico. Alcuni, oltre che un grande fascino, conservano un notevole interesse storicoarchitettonico.

Tra i più antichi è sicuramente il palazzo Barrese – Boccia sulla facciata è infatti murata una lapide datata 1175 che ricorda la ricostruzione della città dopo il terremoto del 1154. Il palazzo ingloba una delle torri superstiti della cinta muraria normanna. Di aspetto superbo sono i palazzi Ragone-Lacava e Navarra – Viggiano (nel disegno). Di quest’ultimo sono pregevoli il portale e il cortile. Molto suggestivi sono anche i cortili palazzo Romania e palazzo Rossi. Notevoli, inoltre, il palazzo Capano – S. Lucia, palazzo Blasi, palazzo Corleto e palazzo Messina che ingloba un’altra delle torri delle antiche mura.

CALVELLO - Ponte di S. Antonio Abate

La costruzione del ponte fu eseguita da artigiani locali, sotto la direzione tecnica e la vigilanza continua ed attenta dei benedettini, abilissimi ingegneri pontieri ed architetti. E' un manufatto tecnicamente perfetto, e nella sua semplicità, armonioso e funzionale. È un arco ribassato in pietrame in conci. Dalle fondamenta ben solide, alla spalla, al rene, al rinfianco e infradosso ed estradosso corrono perfetta armonia e precisione assolute. Lungo il corso dei secoli, e fino all'inizio del '900, il manufatto non ha subito alterazioni, né gli sono state apportate riparazioni o date altre cure particolari.

CALVELLO - Chiesa detta di Santa Maria ‘de plano

La chiesa è di stile romanico a tre navate, divise da robusti pilastri in pietra viva a vista, snella e armonica. Dell'antica struttura sono rimasti i due portali: quello centrale più ricco, e il laterale. Essi sono provvisti di capitelli di stile corinzio, finemente lavorati e ornati con motivi vegetali a casco di foglie di acanto, certamente tra i più pregiati del corinzio lucano. Si sono anche salvati parte della facciata e la navata centrale, recentemente ripulite dall’intonaco sorapposto alle strutture originali.

Lo splendore del Cenobio e della chiesa durò fino verso la fine del 1300, quando, estintasi la congregazione con la morte dell'ultimo abbate, anche l'abbazia femminile di Santa Maria ‘de Plano’ ne seguì le sorti. I fabbricati caddero nell'abbandono e nel disfacimento.

Nell'interno della chiesa scomparvero l'abside e le capriate, riducendo la copertura ad un sol tetto con un soffitto in legno.

CALVELLO - Castello

Appollaiato sulla cima d'un promontorio, a fronte del colle ‘Timpo del Castagno’, si erge un grosso caseggiato, impropriamente detto ‘Castello’.

86 La costruzione fu eretta sui resti di un'antica roccaforte che i Longobardi nel 700 stabilirono lassù, a guardia della vallata. La roccaforte esaurì la sua funzione e cadde in rovina, quando i costruttori persero il potere.

Il sisma del 23/11/1980 ha reso inagibile il fabbricato.

1.8.6. COERENZA CON GLI OBIETTIVI DEL D. LGS. 42/04. CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

Il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (conosciuto anche come “Codice Urbani”) si pone l’ obbiettivo di ridefinire in modo organico i beni paesaggistici e culturali intesi come articolazioni del patrimonio culturale complessivo. Il Codice individua univocamente lo statuto di bene paesaggistico, indipendentemente dalle fonti giuridiche di provenienza (leggi del ’39, legge Galasso e singoli piani paesistici). Sarà la Regione a decretare il notevole interesse pubblico che fa scattare il regime di tutela dei beni paesaggistici individuati. Mentre per i beni culturali la dichiarazione d’ interesse è promossa e adottata dal ministero sulla base delle proposte avanzate dai soprintendenti.

Inoltre il nuovo Testo definisce i contenuti dei piani paesistici e le metodologie di elaborazione, in precedenza lasciate alla discrezionalità dei progettisti. Viene inoltre richiesto un coordinamento dei piani paesistici con la pianificazione territoriale e di settore, e persino con gli strumenti nazionali e regionali di programmazione dello sviluppo economico. La tutela e la valorizzazione del patrimonio tende così ad assumere una valenza programmatica e non più soltanto vincolistica.

L’entrata in vigore del Codice comporta infine alcune importanti innovazioni nella procedura di rilascio di autorizzazione paesaggistica. La norma prescrive infatti che il controllo della Soprintendenza avvenga prima del rilascio dell’ autorizzazione, esprimendo una valutazione non solo sul rispetto formale della procedura, ma, con riferimento al contesto paesaggistico, anche sul merito della proposta progettuale; inoltre il parere formulato dalla Soprintendenza ha valore vincolante per L’ Ente delegato al rilascio dell’ autorizzazione.

Il Codice dunque consolida il ruolo delle Soprintendenze come organi di controllo nella gestione delle competenze paesaggistiche esercitate dagli Enti locali, promuovendo la redazione di nuovi piani paesaggistici capaci di “determinare” qualit{ paesaggistica nelle trasformazioni territoriali.

Il Piano di Gestione (PdG) condivide con il Codice la definizione di “Patrimonio Culturale”, recitata dall’art. 2 del citato Codice: “sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civilt{.”

Gli obiettivi di tutela e pianificazione perseguiti nell’ambito del presente Piano di Gestione trovano riscontro, soprattutto, nelle metodologie e finalità esposte dai seguenti articoli del Codice:

- Art. 2 (Parte Prima, Disposizioni generali), che stabilisce che i beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela;

- Art. 95 (Capo VII - Espropriazione), che sancisce la possibilità da parte dello stato o di altri enti territorialmente competenti di espropriare I beni culturali immobili e mobili per causa di pubblica 87 utilit{ quando l'espropriazione risponda all’obiettivo di migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi;

- Art.143 e 145 (Capo III - Pianificazione paesaggistica), che definiscono i compiti e gli ambiti di intervento del “Piano paesaggistico”;

- Articoli 146 e 147 (Capo IV Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela) che definiscono le modalità di rilascio dell’ Autorizzazione Paesaggistica.

L’ obiettivo della tutela sar{ perseguito dal PdG riducendo le attivit{ antropiche che interagiscono negativamente con la leggibilità dei siti archeologici e paesaggistici, individuando le attività incompatibili con le finalita dello stesso Piano ed estendendo, se necessario, i vincoli della L. 1089/39 e s.m.i., alle aree censite. Per ogni intervento sulle aree sensibili cosi individuate, nel rispetto dell’ iter procedurale del Codice, l’Autorizzazione Paesaggistica sancir{ la “qualit{ paesaggistica” dell‘ intervento.

In un quadro pianificatorio che risulta carente di uno strumento urbanistico quale il Piano del Parco, la redazione del PdG dell’area in questione diventa un atto di pianificazione di importanza strategica per l’ implementazione delle misure di tutela e salvaguardia del sito.

1.8.7. LA CULTURA INTANGIBILE

Il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri-Lagonegrese costituisce la cerniera naturalistica di connessione tra il Parco del Cilento e quello del Pollino; il territorio è caratterizzato da una natura incontaminata fra montagne, boschi e valli solcate da fiumi e punteggiate da laghi. Un autentico eden per gli sport all'aria aperta ma anche per visitare borghi arroccati come presepi, ricchissime aree archeologiche, e assaporare ricette della gastronomia locale.

Moltissimi sono i sentieri lungo i quali si può fare trekking secondo disparati livelli di difficoltà; alcuni attraversano la folta vegetazione, altri scenari brulli e rocciosi, altri ancora costeggiano fiumi e laghi durante i quali ci si può dedicare anche al birdwatching. Oltre al trekking nel parco ci si può cimentare in molti altri sport quali volo sportivo, parapendio, arrampicata, mountain bike, ippoturismo.

La cultura, custodita e tramandata dalla popolazione,che da millenni vive, frequenta ed interagisce con questi luoghi, costituisce il prezioso legante fra tutti questi ingredienti, sollecitando il visitatore ad accostarsi a questa terra. Il Sacro è la dimensione nella quale il sapere di queste civiltà ed il loro quotidiano confronto con il mondo sono stati riuniti e stratificati. In essa, infatti, trovano spazio gli edifici di culto, attraverso le cerimonie scandite dal calendario, ma anche gli aspetti salienti del rituale seguito dai pellegrini ed i riflessi che esso ha sul paesaggio.

I punti fondamentali sono costituiti da santuari rurali dedicati in prevalenza alla Vergine. La qualifica di “santuario” per questi luoghi, esterni agli abitati, è in qualche modo sancita da un pellegrinaggio, regolato sulle stagioni primaverile ed estiva, e da un culto.

1.8.7.1. Usi e costumi 1.8.7.1.a SERRA DI CALVELLO

88 L’area SIC Serra di Calvello ricade all’interno dei territori di Calvello, di Marsico Nuovo, e Abriola.

Nel 1996 è stata fondata da marsicani residenti e non, l'associazione Civitas Marsicana.

L'associazione si occupa dal 1996 delle serate musicali al borgo "Case Nuove" sul colle Civita, dove era stata costituita negli anni quaranta una banda musicale ("Banda musicale della città di Marsico"), fondata da Onofrio Fittipaldi. Sono stati tenuti concerti di musica classica, anche operistica e jazz. La Associazione "Civitas Marsicana" si è impegnata nel corso dei suoi anni di attività, alla valorizzazione artistica e culturale della città di Marsico. Attualmente le attività dell'Associazione sono state sospese.

La cucina di Marsico Nuovo è una cucina semplice, basata su prodotti locali tradizionali. Tra i piatti tipici si ricordano:

 la cuccia, fatta con grano, mais, lenticchie, fagioli, cotiche di maiale e salsiccia grassa (pezzente);  i fusidd cu a muddica, fusilli fatti in casa con la mollica di pane fritta;  i triidd e fasul, cavatelli fatti a mano, conditi con fagioli cotti nella pignatta, al camino;  la rafanata, frittata con uova sbattute, rafano grattugiato fresco, formaggio pecorino, salsiccia. La cottura avviene su fuoco in padella di ferro con coperchio ricoperto di brace;  il pan m'nisc'c, mosto d’uva cotto con farina di semola, pinoli, noci ed aromi vari.

1.8.7.1.b MONTE MADONNA DI VIGGIANO

L’area SIC Monte Madonna di Viggiano ricade all’interno dei territori di Viggiano e di Marsicovetere.

Viggiano si trova a 975 metri di quota, appoggiato alle pendici del monte S. Enoc. Molto rilevante dal punto di vista culturale è la tradizione musicale legata ai musicisti girovaghi del '700 e poi evolutasi nella grande scuola flautistica che fa capo a Leonardo De Lorenzo, ed all'arte della costruzione e della concertistica delle arpe.

Negli ultimi tre secoli gli artigiani viggianesi hanno costruito, con talento ed abilità, arpe e violini, strumenti che compaiono negli stemmi in pietra dei portali del paese e nelle stampe d’epoca.

In Viggiano, oggi, ancora si producono zampogne e ciaramelle, strumenti tipici della tradizione musicale lucana. Per proseguire tale tradizione durante l'estate ci sono concorsi e concerti di musica classica e anche un festival jazz.

1.8.7.2. Eventi 1.8.7.2.a ABETINA DI LAURENZANA

Il sito è sede di iniziative escursionistiche quali la manifestazione "Abies Alba verde respiro dell'Abetina di Laurenzana… brezza vitale sulle vele di un territorio", patrocinata dal Parco dell'Appennino Lucano, che parte dalla Piazza San Silvestro di Laurenzana, dove hanno inizio le escursioni in bicicletta che, grazie ad apposite guide, raggiungono i luoghi dell'Abetina lungo percorsi con accessi facilitati anche per gli utenti più inesperti. Le escursioni sono articolate in percorsi che

89 variano da 4 a 12 Km, per una durata che può andare da 2 a 5 ore. il programma prevede anche degustazione dei prodotti tipici ed animazione musicale.

1.8.7.2.b SERRA DI CALVELLO

Le feste tradizionali a Calvello hanno una storia lunga e interessante. La festa più importante è quella della Madonna del Monte Saraceno, che si svolge la seconda domenica di maggio e l'8-9 settembre. La sera precedente si fa il giro del paese con il quadro della Madonna e si assiste in tutti i rioni da splendidi “fucanoi” (falò) in suo onore.

La mattina della seconda domenica di maggio, nella chiesa di San Giovanni Battista si celebra la messa e poi una processione, si incammina verso il monte Saraceno per portare la statua della Madonna nel Santuario dove, all'arrivo, si celebra un' altra messa. Dopo un pranzo al sacco nei boschi che circondano l'edificio sacro, in serata si torna in paese. Il 9 settembre c'è la processione di ritorno, che trova conclusione in una serata di intrattenimento musicale e di fuochi d'artificio.

Le altre feste religiose sono quelle di: S. Antonio Abate (17 gennaio), S. Giuseppe (19 marzo), S. Antonio da Padova (13 giugno), Madonna della Pietà (prima domenica di giugno e terza domenica di settembre). Da ricordare infine le seguenti ricorrenze: la festa di carnevale, che a Calvello ha una lunga tradizione, la festa dell'emigrante (4 agosto), la sagra della castagna (ottobre) e le fiere del 18 luglio e del 6 settembre.

Anche a Marsico Nuovo gli eventi più significativi sono religiosi, come:

1. S. Gianuario (patrono) - tra il 23 e il 27 agosto

Si inizia il 23 agosto con la fiera delle merci e del bestiame. Il 25 agosto si svolge il tradizionale concerto di musica classica in piazza Umberto I. Il 26 agosto ha luogo la processione che parte dalla chiesa del santo patrono ubicata nella Civita. Il busto del santo, adorno di un mantello rosso, viene portato a spalla dai fedeli che intonano canti e preghiere accompagnati dalla banda. Il corteo segue il baldacchino per le trasonne, i vicoli del paese, per poi fermarsi in piazza Umberto I dove si celebra una messa all’aperto. Alla fine la statua viene riportata nella sua chiesa. Il 27 agosto, dopo aver festeggiato S. Augustale, la festa termina la sera con uno spettacolo musicale e i fuochi d’artificio.

2. S. Giuseppe - 19 marzo

È caratterizzata dai tradizionali falò che si accendono in tutti i rioni del paese e delle frazioni la sera del 18 marzo. Intorno ai fuochi si consumano prodotti tipici locali e si suonano la fisarmonica, l’organetto e la chitarra, tra canti e balli.

3. SS. Annunziata - 25 marzo 4. Santa Maria di Costantinopoli - I martedì dopo la Pentecoste 5. Madonna di Fathima - 13 maggio 6. Sant’ Antonio - 13 giugno 7. San Vito - 15 giugno 8. S. Elia Profeta - 20 luglio

90 Si celebra nella contrada omonima. Al mattino la banda suona per le vie dell’abitato. Nel pomeriggio messa e processione. La sera musica, balli e fuochi d’artificio.Madonna del Carmelo - ultima domenica di luglio.

Nella mattinata si tiene la fiera delle merci e del bestiame, contemporaneamente si celebra la messa nella chiesa dedicata alla Madonna. Poi si svolge la processione per le vie del paese fino a corso Vittorio Emanuele dove si assiste al “Volo dell’Angelo”, impersonato da un bambino che, vestito da angelo e sospeso per aria, vola per portare doni alla Madonna. La sera, in piazza Umberto I, spettacoli musicali e fuochi d’artificio.

9. Madonna Immacolata - 1 agosto 10. San Donato - 7 agosto 11. SS. Crocifisso - seconda domenica di settembre

Il paese è noto anche le numerose manifestazioni culturali, tra le quali vale la pena di citare la manifestazione “Scopriamo la montagna” che si tiene il 15 agosto nel parco naturale “Fontana delle Brecce” e prevede l’allestimento di stand gastronomici dove si possono gustare piatti tipici locali accompagnati da buon vino, sempre di produzione locale. Contemporaneamente si possono svolgere escursioni nel parco.

Il territorio è caratterizzato anche dalla presenza di diverse fiere nei diversi mesi dell’anno, ed ancora momenti importanti per la popolazione sono costituiti dalle tante sagre come la Sagra della rafanata, la Sagra contadina,la Sagra d’autunno e la Sagra della castagna.

1.8.7.2.c MONTE VOLTURINO

Gli eventi più importanti nel territorio del monte volturino sono costituiti da:

1. 20 maggio, San Bernardino da Siena, patrono del Comune di Marsicovetere. 2. L'ultima domenica di maggio la Madonna Assunta , viene condotta, in processione, nella Cappella sul monte Volturino; il 15 agosto viene ricondotta nella Chiesa Madre del centro storico, dove avvengono i festeggiamenti in suo onore. 3. La prima domenica di giugno, a Villa d'Agri viene festeggiato Sant'Antonio abate e la terza domenica di settembre la Madonna Addolorata. 4. Nella frazione di Barricelle il 1º maggio si festeggia San Giuseppe lavoratore. 5. Il 14 agosto, Rassegna enogastronomica dei vini e del tartufo lucano 6. Il 15 agosto, Sagra del prosciutto

1.8.7.2.d MONTE MADONNA DI VIGGIANO

Il pellegrinaggio alla Madonna Nera del sacro Monte di Viggiano viene effettuato ogni anno in due tempi separati: la prima domenica di maggio una processione solenne porta la statua dalla Chiesa di Viggiano al santuario sul sacro Monte, posto a 12 km dal centro abitato ad una altitudine di 1725 metri, poi, la prima domenica di settembre, con un percorso inverso la statua torna dal sacro Monte alla Chiesa Madre di Viggiano.

91 1.8.7.3. Le istituzioni culturali. Le risorse organizzative e intellettuali IL MUSEO E LA SCUOLA: il museo delle tradizioni di Viggiano è il risultato di una bella esperienza di collaborazione condotta nel triennale 2001-04 fra i tre ordini di scuola (materna, elementare e media), le famiglie e l’Amministrazione Comunale. Nella realizzazione del progetto, la scuola ebbe la collaborazione delle famiglie che si prestarono volentieri a fornire informazioni, a sottoporsi ad interviste. In molti casi fu la scuola ad accogliere “ gli esperti”, in molti altri furono i ragazzi a prendere d’assalto le masserie e tutti quei luoghi una volta ricchi di vita e oggi solo testimonianza di essa.

L’esperienza vissuta attraverso la realizzazione del museo permise alla scuola di attivare processi significativi di conoscenza del territorio e della sua cultura e fornì agli alunni non solo l’occasione di costruire un rapporto del tutto privilegiato di studio e di approfondimento con la propria comunità, ma anche di recuperare un passato fatto di oggetti e di usi, di saperi, di valori, di un sentire. Allo stesso tempo, i più giovani diventarono non solo esperti conoscitori di questo passato, ma anche coloro che attraverso il museo avrebbero trasmesso alle generazioni future rutti quanti essi stessi avevano potuto apprendere.

Oggi il museo costituisce un laboratorio di esperienze educative e didattiche nel periodo scolastico e un centro di iniziative culturali nel periodo estivo.

1.8.7.4. Luoghi e itinerari. Il paesaggio come risorsa culturale

1.8.7.4.a ABETINA DI LAURENZANA

L’inverno offre un paesaggio di rara bellezza: abeti bianchi piegati dalla neve e vestiti di bianco, dai piccoli esemplari quasi spariti tra la coltre bianca ai più grandi e scuri colossi secolari. La riserva naturale, che si estende su una superficie di 330 ettari, è contornata da altri boschi regionali su cui vige, come nella riserva, il divieto di caccia.

1.8.7.4.b SERRA DI CALVELLO

Si sono svolte brevi escursioni presso la Serra di Calvello, l’itinerario si è svolto all’interno di belle faggete, impreziosite dalla presenza di agrifogli e di altre specie arboree ed erbacee tipiche di questo habitat forestale. L’escursione, oltre al suo significato sociale e educativo, ha voluto riaffermare la necessit{ dell’istituzione del parco nazionale e dell’importanza della tutela degli habitat montani e forestali, di questo angolo suggestivo di Basilicata. Tra le attività della giornata, inoltre, è stata compiuta una breve visita ad una piccola stazione del raro Acero riccio (Acer platanoides) di recente scoperta sulla Serra di Calvello.

92 1.8.7.4.c MONTE VOLTURINO

Un itinerario escursionistico tra i più suggestivi del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano si trova tra il Monte Volturino e il Monte Saraceno nel territorio di Calvello (PZ) nel tratto compreso tra le sorgenti di Colantonio e la zona di Lago Cifone. La sua caratteristica è che una parte del percorso circa (1,5 km ) ha seguito il vecchio tracciato di una piccola ferrovia del tipo “Ducauville” costruita durante gli anni ’20 del secolo scorso e che univa il Bosco Autiero al Fosso Varlanza (il primo tratto fino al Lago Cifone prendeva il nome di Binario di sotto, quello lungo i fianchi del Volturino, invece, era il cosiddetto Binario di sopra). Il nome di questo genere di ferrovie mobili, vere e proprie testimonianze di archeologia industriale, deriva dal nome del francese Paul Decauville (1846-1922) a cui si deve l’ideazione di queste strutture molto agili e facili da montare e smontare, utilizzato nel settore minerario ed edile, ma anche in quello dello sfruttamento delle foreste. Le ferrovie a scartamento ridotto (erano larghe non più di 60 cm) furono costruite in luoghi a volte impervi ed inaccessibili sfruttando il più delle volte le curve di livello, in luoghi davvero impensabili per i nostri giorni. I convogli erano trainati da piccole locomotive in genere alimentate a diesel, ma anche a vapore o elettricità (a volte però anche da muli).

CARTOGRAFIE:

C16. Carta dei beni architettonici e archeologici in scala 1:25.000.

93 1.9. CARATTERIZZAZIONE SOCIO-ECONOMICA La gestione di un’area naturale deve perseguire finalit{ di conservazione e tutela delle risorse naturali, muovendosi in una prospettiva di sviluppo socio-economico sostenibile dei territori coinvolti. Per questo la redazione di un piano di gestione non può prescindere dall’analisi degli aspetti antropici, intesi come aspetti sociali, economici, culturali, valutandone da una parte le interferenze con le risorse naturali, dall’altra le invarianti e le esigenze che devono essere tenute in considerazione nella gestione e negli usi del territorio.

Nell'ATO di riferimento Riportare qui di seguito un testo che riassume, in estrema sintesi, i contenuti dei paragrafi da 1.9.1 a 1.9.5.

1.9.1. IL QUADRO ECONOMICO E SOCIALE

1.9.1.1. Descrizione del contesto socio-economico L’ATO 12 copre un territorio di 613,80 Kmq presenta una struttura morfologica complessa che rende favorevoli le condizioni di vita soprattutto nelle aree montane.

Il sistema insediativo è caratterizzato da centri di piccole dimensioni, legati in parte anche alle inclinazioni dei pendii che rendono difficoltosa l'espansione. Il fondovalle ospita un sistema diffuso di abitazioni rurali organizzato in frazioni o frammentato sul terreno agricolo.

Il territorio è connotato da una densità demografica molto bassa, pari 34,81 abitanti per kmq, nettamente inferiore a quella regionale (58,73 ab./kmq) che, a sua volta, risulta essere inferiore sia alla densità demografica del sud Italia (201,57 ab./kmq) sia a quella nazionale (189 ab/kmq).

La struttura della popolazione residente è soggetta alle conseguenze di una continua emigrazione: con un indice di vecchiaia che supera non solo la media nazionale, ma anche quella regionale. Lo spopolamento è un fenomeno che interessa il territorio del Parco, come molte altre aree interne della Basilicata, dai primi del '900.

1.9.1.2. Analisi economica L’economia locale è tutt’ora dominata dal settore agricolo, che rappresenta l’attivit{ con il più alto tasso di occupati, seguito da quello dei dipendenti della pubblica amministrazione (PIT Val d'Agri,2003). Nonostante numerose piccole imprese siano state create negli anni '70 - '80 grazie ad incentivi statali, l’industrializzazione stenta ad affermarsi.

Si tratta infatti di attività industriali nate nel tentativo di clonare casi di successo realizzati in altre parti d'Italia ma spesso prive di un reale collegamento con l'assetto produttivo locale; il risultato è stato quindi, la realizzazione di attività imprenditoriali che non sono riuscite ad innescare un processo di sviluppo economico con impatti significativi sul sistema economico locale. Il settore terziario si concentra in modo particolare nei comuni di valle, più popolosi ed economicamente più dinamici rispetto a quelli delle aree montane. Sono sostanzialmente poco diffusi i servizi alla persona, alle imprese e al turismo.

Un importante risorsa del territorio è il petrolio, la cui scoperta risale al 1930 – 1940. La produzione, inizialmente modesta, viene bloccata negli anni '50, anche a causa del contesto storico e geopolitico internazionale. In seguito, l'emergenza petrolifera degli anni 70' e l'innovazione tecnologica nella 94 ricerca e nello sviluppo dei giacimenti danno avvio a una nuova campagna esplorativa che, nel corso degli anni '80, porta alla scoperta dei giacimenti di petrolio più importanti della Basilicata, situati rispettivamente nella Valle dell'Agri e nell'area dell'Alto Sauro. Nel loro insieme queste due aree costituiscono uno dei maggiori giacimenti on-shore dell'Europa Continentale. Il giacimento della Val d'Agri, in particolare, si estende su una superficie di 61.515 ettari, con riserve stimate in 490 milioni di barile di olio equivalente (Currà, 2001).

Nonostante le grandi potenzialità turistiche (legate non solo al patrimonio naturalistico ma anche alla presenza di prodotti enogastromonici, culturali e storico-archeologici di pregio), la Val d'Agri ancora oggi risulta solo marginalmente interessata dai flussi turistici. Numerosi sono i progetti di valorizzazione e promozione in fase di definizione, legati sia all'avvio delle attività del Parco (connesse anche ad una valorizzazione ecoturistica dell'area), sia alle risorse energetiche qui presenti (quale ad esempio la realizzazione di un parco tematico delle energie). Questo fermento di attività e di progettualità permette di ipotizzare nel medio-lungo periodo il potenziamento del settore turistico che potrebbe divenire una delle principali attività economiche dell'area con impatti positivi sull'intera economia locale.

1.9.1.3. Presenza di aree protette, suddivise per tipologia Il Parco Nazionale dell'Appennino Lucano – Val d'Agri – Lagonegrese è stato formalmente istituito con il D.P.R. dell'8 dicembre del 2007, esso il più giovane Parco Nazionale d'Italia, quello dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese. Si tratta di un'area protetta con un patrimonio naturalistico di rilievo, rappresentato da un lato dalle risorse floristiche e faunistiche sottoposte e vincolo, dall’altro da uno dei giacimenti petroliferi più rilevanti dell’Europa Continentale.

La Val d’Agri e il Lagonegrese sono in forte continuit{ naturale con i due parchi nazionali del Cilento e del Pollino. Questo territorio presenta, per le sue caratteristiche fisico-ambientali, un’elevata variabilità biologica, la cui valenza naturalistica è testimoniata anche dalla presenza di 13 Siti di Importanza Comunitaria (che coprono una superficie di circa 20000 ha), tre riserve naturali regionali (Lago Pantano di Pignola, Lago Laudemio, Abetina di Laurenzana) e tre aree soggette a Piano Paesistico (Sellata-Volturino-Montagna di Viggiano, Massiccio del Sirino e parzialmente Maratea).

Il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese ospita una fauna caratterizzata dalla diversit{ ambientale e dalla mobilit{ della fauna dei parchi confinanti, tra i mammiferi c’è il lupo appenninico, il cinghiale, la lontra e il gatto selvatico. Tra gli uccelli sono presenti falchi, civette, gufi e picchi. La biodiversità faunistica del parco è perfettamente tutelata, gli ecosistemi acquatici sono ricchi di anfibi e crostacei. Tra gli anfibi occorre ricordare la presenza diffusa del tritone italiano (Lissotriton italicus) dell’ululone dal ventre giallo (Bombina pachypus), della salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata).

1.9.2. LA SITUAZIONE DEMOGRAFICA

Esaminando la componente antropica negli ultimi dieci anni, si sono confrontati i dati dell’ultimo censimento (ISTAT 2001) con i dati pubblicati annualmente in merito alla popolazione residente e ai principali fenomeni demografici avvenuti; da tale confronto si evince che nel 2001 la popolazione residente nell’ambito di riferimento era di 22.333 abitanti con una densità abitativa di 36,38 abitanti su kmq che confrontati con i dati forniti annualmente dalle versioni demo permettono 95 di fare delle semplici osservazioni: la popolazione residente al 31/12/2010 risulta essere di 21.368 abitanti mentre la densità abitativa si è abbassata a 34,81 abitanti su Kmq; la decrescita della popolazione dal 2001 è avvenuta repentinamente fino al 2004 per poi avere una leggera crescita nel 2005 ed infine seguendo un calo progressivo fino al 2010.

Figura 1: Censimento ISTAT 2001

Il calo demografico nell’ambito di riferimento tuttavia è in linea con quello della regione Basilicata e della provincia di Potenza.

Dando uno sguardo agli indici di natalità e mortalità ricavati dal Demo ISTAT, distinti per popolazione maschile e femminile, è interessante notare che i dati dell’ATO contrastano con i valori della Regione e della Provincia di riferimento; difatti mentre nascono sempre meno maschi, tant’è che nell’ambito di riferimento vi è stato un calo del 12,5% dal 2001 al 2010, il tasso di natalità femminile si attesta al +13,8% con un totale di -1,7%; al contrario sia in provincia che in regione il tasso di natalità femminile è negativo e molto simile a quello maschile raggiungendo un totale del -14,2% in provincia di Potenza e -14,5% in Regione.

Anche per il tasso di mortalità i dati nell’ambito di riferimento sono in contrasto con quello della provincia e della regione, difatti mentre in quest’ultime due realt{ territoriali muoiono sempre più donne, nell’Ato 12 sembra che vi sia un inversione di tendenza.

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Figura 2: Tasso di crescita naturale

La differenza tra il tasso di natalità e il tasso di mortalità dà luogo al tasso di crescita naturale di un ambito territoriale in un lasso di tempo: esaminando, quindi, i dati forniti dalla versione Demo dell’ISTAT per gli anni successivi all’ultimo sondaggio (2002-2010), possiamo considerare come esso segua un andamento sempre negativo e più o meno costante per quanto riguarda la provincia e la regione, mentre abbia un andamento discontinuo per l’Ato di riferimento. Tale situazione è da imputare alle divergenze tra i tassi di natalità femminile dei vari ambiti territoriali.

Dando uno sguardo alle previsioni della popolazione dall’annuario statistico regionale elaborato sui dati ISTAT, previsione per gli anni 2007-2051, ci rendiamo conto che i dati forniscono uno scenario allarmante in merito alla prevista diminuzione della popolazione sia in provincia di potenza che in regione. Le previsioni sono distinte in 3 scenari: alto, centrale, basso; con lo scenario centrale viene fornito un set di stime puntuali ritenute “verosimili” che, costruite in base alle recenti tendenze demografiche, sono quelle verso le quali vengono principalmente orientati gli utilizzatori, mentre lo scenario alto e quello basso sono da intendersi come due scenari alternativi che hanno il ruolo di disegnare il campo dell’incertezza futura. In base a tali assunti i dati dello scenario centrale prevedono un calo demografico di circa 90.000 abitanti nella provincia di potenza dal 2010 al 2050 e di 120.000 per la regione per lo stesso lasso di tempo. A tal proposito vale la pena dare uno sguardo ai dati relativi al saldo migratorio dedotti dal demo Istat 2002-2010; da tale osservazione emerge che il saldo migratorio ha subito nel corso degli anni un assestamento dei valori, esso infatti passa da un valore appena positivo nel 2001 (2) per poi scendere a valori negativi per quasi tutti gli anni di riferimento (ad esclusione degli anni 2004, 2007, 2009) per raggiungere un valore quasi nullo nel 2010 (-1).

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Dal demo Istat si sono ricavati i dati relativi alla popolazione residente nei 6 comuni dell’Ato per gli anni dal 2002 al 2011 distinti per sesso e stato civile e classificati in base all’et{ anagrafica; gli stessi dati si possono ricavare per tutta la regione e la provincia di potenza. Da tali dati si è giunti all’indice di vecchiaia della popolazione residente nell’ambito di riferimento, esso misura il numero di anziani (65 anni e più) ogni 100 giovani (meno di 15 anni) e permette di valutare il livello di invecchiamento degli abitanti di un territorio. Com’è facile immaginare l’indice cresce con il passare degli anni seguendo un profilo quasi esponenziale,ciò significa che ci sono sempre più anziani e meno giovani nel territorio di riferimento; la stessa cosa vale anche per il territorio provinciale e regionale.

Il passo successivo consta nell’individuazione ed analisi dell’indice di dipendenza strutturale (o totale-IDT), esso calcola quanti individui ci sono in età non attiva ogni 100 in età attiva, fornendo indirettamente una misura della sostenibilità della struttura di una popolazione. Tale rapporto esprime il carico sociale ed economico teorico della popolazione in età attiva: valori superiori al 50 per cento indicano una situazione di squilibrio generazionale.

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Figura 3: Indice di dipendenza strutturale dei comuni dell'ATO

Leggendo il grafico è facile dedurre che, a meno di Marsicovetere ed in parte Viggiano, tutti i paesi dell’ambito di riferimento soffrono di uno squilibrio generazionale dovuto alla presenza di una popolazione non attiva superiore alla popolazione attiva,ed in particolare all’elevato grado di invecchiamento.

Indice di Indice di dipendenza Indice di Anno vecchiaia strutturale ricambio

2002 135,57 54,38 88,29

2003 141,82 54,19 86,22

2004 147,41 54,37 85,28

2005 153,77 54,98 77,79

2006 158,54 54,73 73,28

2007 159,88 54,27 76,04

2008 164,65 52,95 78,88

2009 166,12 52,11 88,38

2010 166,83 51,23 97,29

2011 166,64 50,93 109,28

Figura 4: Indici riferiti all’ATO 12

Infine è possibile calcolare l’indice di ricambio della popolazione; esso fornisce un’indicazione della sostituzione generazionale nella popolazione in età attiva.

L’indice di ricambio della popolazione in et{ attiva è definito dal rapporto tra coloro che stanno per “uscire” dalla popolazione potenzialmente lavorativa (et{ 60-64 anni) e il numero di quelli potenzialmente in ingresso sul mercato del lavoro (15-19 anni), moltiplicato per 100.

99 Un valore dell’indice pari a 100 costituisce la soglia di equilibrio, significa cioè che tutti quelli che potenzialmente sono in uscita dal mercato del lavoro sono sostituiti da quelli che vi stanno entrando.

Valori inferiori a 100 indicano che le persone potenzialmente in uscita sono meno di quelle in entrata, mentre valori superiori a 100 rilevano che le uscite sono maggiori delle entrate.

1.9.2.1. Variazioni demografiche

1.9.2.2. Situazione sociale

1.9.2.3. Valutazione della popolazione presente

1.9.2. IL MERCATO DEL LAVORO

Gli indicatori sul tasso di scolarità, distinti per scuola dell’obbligo, scuola superiore e università (rapporto tra gli studenti iscritti al livello di istruzione considerato e la popolazione residente appartenente alla corrispondente classe teorica di età per 100) e in genere sul livello di istruzione rappresentano un altro gruppo di informazioni utili per capire, in ciascuna area, le possibilità di successo o insuccesso della pianificazione da adottare in funzione della risposta della popolazione, che può dipendere anche dal grado di conoscenza e comprensione delle tematiche proposte. Anche in questo caso, l’interfaccia con i dati sulle attivit{ economiche dislocate nel ed intorno al sito aggiunge un altro tassello alla definizione delle possibilità di sviluppo eventualmente presenti in ogni realtà e sulla disponibilità della popolazione ad utilizzare la medesima sia nel breve che nel lungo periodo.

In merito alle attività economiche, è utile individuare tutti i settori produttivi che si trovano ad esercitare in ciascuna area. Più specificatamente, dovendo valutare l’intensit{ delle stesse, risulta di fondamentale importanza risalire al tasso di attività (Rapporto tra le persone appartenenti alle forze

100 di lavoro e la popolazione di 15 anni e più), di occupazione (rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento),di disoccupazione (Rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro) e di disoccupazione giovanile (Rapporto tra le persone in cerca di occupazione comprese tra i 15 e i 24 anni e le forze di lavoro) utilizzando sempre la stessa fonte informativa. Tale tipologia d’informazione consente di valutare la pressione esercitata da ciascuna attività sulle diverse componenti naturali del sito e quindi elaborare le dovute considerazioni in merito alla gestione della singola realtà. Per quanto concerne i settori non agricoli, per poter comprendere le attitudini produttive dell’area, sar{ opportuno individuare gli addetti per settore, il valore aggiunto per settore e per occupati ed il PIL procapite.

Sul sito della regione Basilicata (www.basilicatanet.it) è possibile accedere all’Annuario statistico Regionale 2009 e 2010 (http://www.basilicatanet.it/annuariostatistico/index.html; rsdi.regione.basilicata.it/geoserver/www/annuario/ ...annuario/Annuario.pdf) che riporta i dati aggiornati al 2007-2009

1.9.3.1. Occupazione per settore di attività economica

1.9.3.2. Soggetti pubblici e privati operanti in campo ambientale

1.9.4. TURISMO

Sul sito della Regione Basilicata (www.basilicatanet.it) è possibile accedere all’Annuario statistico Regionale 2009 e 2010 (http://www.basilicatanet.it/annuariostatistico/index.html anche per informazioni relative all’aspetto turistico, altro ambito di valutazione necessario ai fini dell’analisi che tuttavia, secondo i dati disponibili, non permette una valutazione di dettaglio, a livello comunale, ma di provincia. Sul sito del Ministero del Turismo, nell’ambito dell’Osservatorio nazionale del Turismo (http://www.ontit.it/opencms/opencms/ont/it/statistiche/istat/capacita_ricettiva/index.html ) è possibile consultare nella sezione ISTAT, la capacità ricettiva ed il movimento degli esercizi ricettivi dal 2003 al 2009 per comune. Nella sezione Indicatori Turistici è possibili ottenere gli indicatori di ricettività e gli indicatori di turisticità per comune.

Sul sito dell’APT Basilicata (http://www.aptbasilicata.it/) è possibile l’acceso ai dati statistici e quindi alla consultazione di informazioni ripartite per regione, provincia e aree territoriali dal 1999 al 2010. In merito alle aree territoriali che, l’Agenzia turistica lucana aggrega secondo i criteri delle ex aree PIT, i dati relativi alla consistenza recettiva, alle presenze e agli arrivi ( italiani e stranieri, per regione e per paese straniero) in molti casi comprendono più comuni rispetto a quelli di competenza di ciascuna ATO, per cui rischiano di fornire un quadro non pienamente rispondente a quello identificato da ogni ambito. In tal caso, pur riconoscendo il valore indicativo che può scaturire da un’analisi di questo tipo, sar{ cura dell’Inea effettuare gli opportuni approfondimenti laddove s’intravedesse un fenomeno turistico di portata tale da interagire e “pesare” sull’area individuata

1.9.4.1. Potenzialità turistiche

1.9.4.2. Altre ipotesi per uno sviluppo socio-economico dell’area

1.9.5. L’ECONOMIA DEL TERRITORIO Per la caratterizzazione dell’economia del territorio, il settore della pesca e il settore agricolo necessitano della rilevazione di una serie di informazioni che possono essere estrapolate dal sito

101 dell’Istat (http://www.census.istat.it/index_agricoltura.htm). Considerato sempre che, i dati vanno riferiti ai comuni ricadenti nelle ATO oggetto di studio, è opportuno individuare il numero di aziende distinte per superficie totale e SAU (superficie agricola utilizzata) e forma di conduzione, la SAU secondo l’utilizzazione dei terreni, il numero di aziende distinte per allevamenti, le persone impiegate in azienda per categoria di manodopera agricola.

1.9.5.1. Attività di pesca

1.9.5.2. Attività agricola

1.9.5.3. Commento di sintesi sul valore complessivo del/dei SIC

1.9.5.4. inventario delle attività socio-economiche sul/sui SIC e in area vasta (industriale, artigianale, commerciale, agricola, turistico-ricettiva, servizi)

1.9.6. INVENTARIO DELLE TIPOLOGIE DI FONDI (COMUNITARI E DI ALTRA FONTE) POTENZIALMENTE UTILIZZABILI

102 2. VALUTAZIONE DELLE ESIGENZE ECOLOGICHE DI HABITAT E SPECIE

2.1. ESIGENZE ECOLOGICHE DEGLI HABITAT DI INTERESSE COMUNITARIO E DEI BIOTOPI MERITEVOLI DI TUTELA

Vengono riportate in questa sezione una serie di schede descrittive, per ciascun habitat di interesse comunitario, delle esigenze ecologiche e dei fattori abiotici e biotici necessari per garantirne uno stato di conservazione soddisfacente.

Le schede descrittive di ciascun habitat saranno redatte secondo i modelli reperibili sul sito http://www.retecologicabasilicata.it/ambiente/site/portal/section.jsp?sec=106307)

Per la redazione delle parti relative ai fattori di criticità e minaccia, è importante fare riferimento anche al file excel "SCHEMA IMPATTI E DETRATTORI" (a cura di Sole e Caniani), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

2.1.1. Denominazione Habitat: specificare il nome dell'habitat secondo il manuale d'interpretazione

N° Codice Habitat: specificare il codice dell'habitat secondo secondo il manuale d'interpretazione

Percentuale di copertura: specificare la percentuale di superficie occupata dall'habitat con riferimento all'estensione dell'intero SIC (riportare tale dato per ciascuno dei SIC indagati)

Descrizione: descrizione fisionomico-strutturale dell'habitat, con riferimento a come esso si presenta nel SIC (fare riferimento anche a indicatori spaziali, quali il grado di compattezza e di convoluzione dell'habitat).

Specie guida: elencare le specie floristiche e faunistiche, presenti nel/nei SIC, che sono altamente caratterizzanti l'habitat in questione

Distribuzione: informazioni corologiche generali (come da manuale d'interpretazione), seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per l'habitat in questione, con riferimento alla frequenza/abbondanza dell'habitat nella regione Basilicata. Concludere con l'ubicazione dell'habitat all’interno del/dei SIC.

Esigenze ecologiche: inserire qui le caratteristiche geomorfologiche, edafiche e microclimatiche delle aree colonizzate dal'habitat.

Conservazione e protezione: inserire qui quanto noto sull'estensione precedentemente occupata dall'habitat, sullo stato di conservazione attuale, sulle prospettive per il futuro.

103 Criticità e minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia individuati durante i sopralluoghi, facendo riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Azioni utili per la conservazione: suggerire azioni utili a preservare ed eventualmente migliorare lo stato di conservazione dell'habitat. Nel caso di habitat legati a siti di grande interesse geologico ("Geositi"), fare esplicito riferimento anche alle strategie da mettere in atto per la tutela delle risorse geologiche.

Tabella fitosociologica

FAGGETE

Numero ril. 1 2 3 4 5 6 7

Latitudine xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN

Longitudine xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE

Quota (m) 1300 1290 1300 1280 1260 1275 1255

Sup. (m²) 150 100 150 150 150 100 100

Copertura str. arboreo (%) 90 100 95 95 100 100 100

Copertura str. erbaceo-arbustivo (%) 40 30 15 20 30 10 20

Inclinazione (°) 40 0 40 35 0 30 30

Esposizione NO - NNO NNO - NO N

Fagus sylvatica 4 5 5 5 5 4 5

Daphne laureola 2 2 1 + 2 2 1

Epipactis meridionalis 1 1 1 1 1 + +

Geranium versicolor 2 2 2 2 3 3 2

Melica uniflora 1 1 + + + 1 1

Lathyrus venetus 2 2 2 2 2 2 2

Euphorbia amygdaloides + 1 + 1 1 2 1

Hedera helix 1 1 1 + 2 2 1

Sanicula europaea 2 1 + + 1 1 1

Viola alba ssp. denhardtii + + + + + 1 +

Milium effusum + 1 + + 1 1 +

Poa sylvicola 1 1 + + 1 1 .

Polygonatum cfr. multiflorum . 1 + + 1 + +

104 Pteridium aquilinum 1 + + + 1 . +

Rubus hirtus + 2 1 + 1 2 .

Neottia nidus-avis 1 + + + + . +

Chaerophyllum temulum 1 + . + 1 1 +

Epipactis microphylla + + + 1 + . +

Mycelis muralis . + + + 1 1 +

Paeonia mascula + + . . 1 1 1

Doronicum orientale . + . + + + +

Symphytum cfr. tuberosum + + + . + + .

Tamus communis + + . . + + 1

Melittis melissophyllum + + . . 1 2 +

Festuca heterophylla 1 1 + + 1 . .

Conopodium capillifolium + 1 . + + . +

Limodorum abortivum + + . + + . +

Polistichum setiferum + + . . 1 2 +

Acer obtusatum 2 1 . . . 1 1

Geranium robertianum 1 + . . . 2 +

Saxifraga rotundifolia 1 . + . + 1 .

Festuca exaltata . . . + 1 2 1

Brachypodium sylvaticum . . . + 1 2 1

Acer pseudoplatanus 1 . . . 1 1 .

Sambucus nigra . 1 . . 1 . +

Orobanche sp. . . . . 1 + +

Ilex aquifolium . . . . + 1 2

Lamium flexuosum . . . . + 1 +

Aremonia agrimonioides . . . . + 1 +

Quercus cerris 2 . . . . . 1

Geum urbanum . . . . + + .

Aquilegia vulgaris . . . . . + +

Monotropa hipopytis . . + . . . .

Galium rotundifolium . . . + . . .

Silene latifolia + ......

Scutellaria columnae . . . . + . .

Arum cylindraceum . . . . + . .

105 Calamintha sylvatica . . . . . + .

Crepis leontodontoides . . . . . + .

Ruscus aculeatus ...... 1

Clematis vitalba ...... +

Viola reichenbachiana ...... +

Aristolochia clusii ...... +

Quadro riassuntivo

Parametri Stato di Conservazione dell'Habitat

Sconociuto Favorevole Non favorevole - Cattivo Non favorevole – (informazioni Inadeguato ('verde') ('rosso') insufficienti a fare una ('giallo') valutazione)

Range1 Stabile (perdite ed Ogni altra combinazione Grande declino: Informazioni attendibili incrementi si bilanciano) Equivalente a una perdita non disponibili o o in aumento E non più di più dell’1% l’anno insufficienti piccolo del 'range nell’ambito del periodo favorevole di riferimento' specificato dallo SM

O

Più del 10% sotto il “range favorevole di riferimento”

Area coperta Stabile (perdite ed Ogni altra combinazione Grande declino dell’area: Informazioni attendibili dall’habitat all’interno incrementi si bilanciano) Equivalente a una perdita non disponibili o del range2 o in aumento E non più di più dell’1% l’anno insufficienti piccolo del 'range (valore indicativo, lo SM favorevole di riferimento' può deviare da questo se adeguatamente E senza cambiamenti giustificato) nell’ambito significativi nel pattern di del periodo specificato distribuzione all’interno dallo SM del range (se il dato è disponibile) E

Con perdite importanti nel pattern di distribuzione all’interno del range

1 Range di distribuzione all’interno della regione biogeografica interessata (per la definizione, si veda l’Allegato F. Ulteriori chiarimenti su come definire il range (scale e metodi) daranno forniti in un documento di linee guida che verrà elaborato dall’ETC-BD in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Scientifico.

2 Possono esserci situazioni in cui l’area dell’habitat, sebbene superiore all’area favorevole di riferimento, ha subito un decremento come risultato di misure di gestione adottate per ripristinare un altro habitat dell’Allegato I o una specie dell’Allegato II. L’habitat in questione potrebbe ancora essere considerato in uno Stato di Conservazione Favorevole ma in questi case si prega di fornire i dettagli nella sezione delle informazioni complementari (Altre Informazioni) dell’Allegato D.

106 Parametri Stato di Conservazione dell'Habitat

Sconociuto Favorevole Non favorevole - Cattivo Non favorevole – (informazioni Inadeguato ('verde') ('rosso') insufficienti a fare una ('giallo') valutazione)

O

Più del 10% sotto l’‘area favorevole di riferimento’

Strutture e funzioni Strutture e funzioni Ogni altra combinazione Più del 25% dell’area non Informazioni attendibili specifiche (incluse le (incluse le specie tipiche) è favorevole per le non disponibili o specie tipiche3) in buone condizioni e strutture e funzioni insufficienti senza degradi/pressioni specifiche (incluse le significativi. specie tipiche)4

Prospettive future Le prospettive future per Ogni altra combinazione Le prospettive per Informazioni attendibili (rigurdanti range, area l’habitat sono l’habitat sono cattive, non disponibili o coperta e strutture e eccellenti/buone, non è sono prevedibili gravi insufficienti funzioni specifiche) prevedibile nessun impatti; la vitalità a lungo impatto significativo; la termine non è assicurata. vitalità a lungo termine è assicurata.

Valutazione globale Tutti “verdi” dello Stato di Due o più “sconosciuti” Conservazione5 O Uno o più “gialli” ma Uno i più “rossi” combinati con “verdi” O nessun “rosso” tutti “sconosciuti” tre “verdi” e uno “sconosciuto”

3 Una definizione di specie tipiche sarà elaborata nell’ambito del documento di indirizzo dell’ETC-BD in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Scientifico.

4 Ad es. a causa delle cessazione della gestione precedente, o è sotto la pressione di significativi impatti negativi, ad es. sono stati superati i carichi critici di inquinanti.

5 Nelle categorie non favorevoli si può usare un simbolo specifico (es. freccia) per indicare habitat in ripresa.

107 2.1.2. Denominazione Habitat: specificare il nome dell'habitat secondo il manuale d'interpretazione

N° Codice Habitat: specificare il codice dell'habitat secondo secondo il manuale d'interpretazione

Percentuale di copertura: specificare la percentuale di superficie occupata dall'habitat con riferimento all'estensione dell'intero SIC (riportare tale dato per ciascuno dei SIC indagati)

Descrizione: descrizione fisionomico-strutturale dell'habitat, con riferimento a come esso si presenta nel SIC (fare riferimento anche a indicatori spaziali, quali il grado di compattezza e di convoluzione dell'habitat).

Specie guida: elencare le specie floristiche e faunistiche, presenti nel/nei SIC, che sono altamente caratterizzanti l'habitat in questione

Distribuzione: informazioni corologiche generali (come da manuale d'interpretazione), seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per l'habitat in questione, con riferimento alla frequenza/abbondanza dell'habitat nella regione Basilicata. Concludere con l'ubicazione dell'habitat all’interno del/dei SIC.

Esigenze ecologiche: inserire qui le caratteristiche geomorfologiche, edafiche e microclimatiche delle aree colonizzate dal'habitat.

Conservazione e protezione: inserire qui quanto noto sull'estensione precedentemente occupata dall'habitat, sullo stato di conservazione attuale, sulle prospettive per il futuro.

Criticità e minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia individuati durante i sopralluoghi, facendo riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Azioni utili per la conservazione: suggerire azioni utili a preservare ed eventualmente migliorare lo stato di conservazione dell'habitat. Nel caso di habitat legati a siti di grande interesse geologico ("Geositi"), fare esplicito riferimento anche alle strategie da mettere in atto per la tutela delle risorse geologiche.

Tabella fitosociologica

FAGGETE

Numero ril. 1 2 3 4 5 6 7

Latitudine xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN xxxxN

Longitudine xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE xxxxE

Quota (m) 1300 1290 1300 1280 1260 1275 1255

Sup. (m²) 150 100 150 150 150 100 100

Copertura str. arboreo (%) 90 100 95 95 100 100 100

Copertura str. erbaceo-arbustivo (%) 40 30 15 20 30 10 20

108 Inclinazione (°) 40 0 40 35 0 30 30

Esposizione NO - NNO NNO - NO N

Fagus sylvatica 4 5 5 5 5 4 5

Daphne laureola 2 2 1 + 2 2 1

Epipactis meridionalis 1 1 1 1 1 + +

Geranium versicolor 2 2 2 2 3 3 2

Melica uniflora 1 1 + + + 1 1

Lathyrus venetus 2 2 2 2 2 2 2

Euphorbia amygdaloides + 1 + 1 1 2 1

Hedera helix 1 1 1 + 2 2 1

Sanicula europaea 2 1 + + 1 1 1

Viola alba ssp. denhardtii + + + + + 1 +

Milium effusum + 1 + + 1 1 +

Poa sylvicola 1 1 + + 1 1 .

Polygonatum cfr. multiflorum . 1 + + 1 + +

Pteridium aquilinum 1 + + + 1 . +

Rubus hirtus + 2 1 + 1 2 .

Neottia nidus-avis 1 + + + + . +

Chaerophyllum temulum 1 + . + 1 1 +

Epipactis microphylla + + + 1 + . +

Mycelis muralis . + + + 1 1 +

Paeonia mascula + + . . 1 1 1

Doronicum orientale . + . + + + +

Symphytum cfr. tuberosum + + + . + + .

Tamus communis + + . . + + 1

Melittis melissophyllum + + . . 1 2 +

Festuca heterophylla 1 1 + + 1 . .

Conopodium capillifolium + 1 . + + . +

Limodorum abortivum + + . + + . +

Polistichum setiferum + + . . 1 2 +

Acer obtusatum 2 1 . . . 1 1

Geranium robertianum 1 + . . . 2 +

Saxifraga rotundifolia 1 . + . + 1 .

109 Festuca exaltata . . . + 1 2 1

Brachypodium sylvaticum . . . + 1 2 1

Acer pseudoplatanus 1 . . . 1 1 .

Sambucus nigra . 1 . . 1 . +

Orobanche sp. . . . . 1 + +

Ilex aquifolium . . . . + 1 2

Lamium flexuosum . . . . + 1 +

Aremonia agrimonioides . . . . + 1 +

Quercus cerris 2 . . . . . 1

Geum urbanum . . . . + + .

Aquilegia vulgaris . . . . . + +

Monotropa hipopytis . . + . . . .

Galium rotundifolium . . . + . . .

Silene latifolia + ......

Scutellaria columnae . . . . + . .

Arum cylindraceum . . . . + . .

Calamintha sylvatica . . . . . + .

Crepis leontodontoides . . . . . + .

Ruscus aculeatus ...... 1

Clematis vitalba ...... +

Viola reichenbachiana ...... +

Aristolochia clusii ...... +

Quadro riassuntivo

Parametri Stato di Conservazione dell'Habitat

Sconociuto Favorevole Non favorevole - Cattivo Non favorevole – (informazioni Inadeguato ('verde') ('rosso') insufficienti a fare una ('giallo') valutazione)

Range6 Stabile (perdite ed Ogni altra combinazione Grande declino: Informazioni attendibili incrementi si bilanciano) Equivalente a una perdita non disponibili o o in aumento E non più di più dell’1% l’anno insufficienti piccolo del 'range nell’ambito del periodo

6 Range di distribuzione all’interno della regione biogeografica interessata (per la definizione, si veda l’Allegato F. Ulteriori chiarimenti su come definire il range (scale e metodi) daranno forniti in un documento di linee guida che verrà elaborato dall’ETC-BD in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Scientifico.

110 Parametri Stato di Conservazione dell'Habitat

Sconociuto Favorevole Non favorevole - Cattivo Non favorevole – (informazioni Inadeguato ('verde') ('rosso') insufficienti a fare una ('giallo') valutazione)

favorevole di riferimento' specificato dallo SM

O

Più del 10% sotto il “range favorevole di riferimento”

Area coperta Stabile (perdite ed Ogni altra combinazione Grande declino dell’area: Informazioni attendibili dall’habitat all’interno incrementi si bilanciano) Equivalente a una perdita non disponibili o del range7 o in aumento E non più di più dell’1% l’anno insufficienti piccolo del 'range (valore indicativo, lo SM favorevole di riferimento' può deviare da questo se adeguatamente E senza cambiamenti giustificato) nell’ambito significativi nel pattern di del periodo specificato distribuzione all’interno dallo SM del range (se il dato è disponibile) E

Con perdite importanti nel pattern di distribuzione all’interno del range

O

Più del 10% sotto l’‘area favorevole di riferimento’

Strutture e funzioni Strutture e funzioni Ogni altra combinazione Più del 25% dell’area non Informazioni attendibili specifiche (incluse le (incluse le specie tipiche) è favorevole per le non disponibili o specie tipiche8) in buone condizioni e strutture e funzioni insufficienti senza degradi/pressioni specifiche (incluse le significativi. specie tipiche)9

Prospettive future Le prospettive future per Ogni altra combinazione Le prospettive per Informazioni attendibili (rigurdanti range, area l’habitat sono l’habitat sono cattive, non disponibili o coperta e strutture e eccellenti/buone, non è sono prevedibili gravi insufficienti funzioni specifiche) prevedibile nessun impatti; la vitalità a lungo impatto significativo; la termine non è assicurata. vitalità a lungo termine è assicurata.

7 Possono esserci situazioni in cui l’area dell’habitat, sebbene superiore all’area favorevole di riferimento, ha subito un decremento come risultato di misure di gestione adottate per ripristinare un altro habitat dell’Allegato I o una specie dell’Allegato II. L’habitat in questione potrebbe ancora essere considerato in uno Stato di Conservazione Favorevole ma in questi case si prega di fornire i dettagli nella sezione delle informazioni complementari (Altre Informazioni) dell’Allegato D.

8 Una definizione di specie tipiche sarà elaborata nell’ambito del documento di indirizzo dell’ETC-BD in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Scientifico.

9 Ad es. a causa delle cessazione della gestione precedente, o è sotto la pressione di significativi impatti negativi, ad es. sono stati superati i carichi critici di inquinanti.

111 Parametri Stato di Conservazione dell'Habitat

Sconociuto Favorevole Non favorevole - Cattivo Non favorevole – (informazioni Inadeguato ('verde') ('rosso') insufficienti a fare una ('giallo') valutazione)

Valutazione globale Tutti “verdi” dello Stato di Due o più “sconosciuti” Conservazione10 O Uno o più “gialli” ma Uno i più “rossi” combinati con “verdi” O nessun “rosso” tutti “sconosciuti” tre “verdi” e uno “sconosciuto”

10 Nelle categorie non favorevoli si può usare un simbolo specifico (es. freccia) per indicare habitat in ripresa.

112 2.2. ESIGENZE ECOLOGICHE DELLE SPECIE FLORISTICHE DI INTERESSE COMUNITARIO

Vengono riportate in questa sezione una serie di schede descrittive, per ciascuna specie di interesse comunitario, delle esigenze ecologiche e dei fattori abiotici e biotici necessari per garantirne uno stato di conservazione soddisfacente.

Da compilare per ciascuna delle specie riportate nelle sezioni 3.2 e 3.3 (limitatamente alle motivazioni A e B) dei formulari standard, secondo i modelli reperibili su: www.retecologicabasilicata.it

Si noti che per molte specie le parti generali delle schede (nome, biologia, distribuzione, ecologia) sono già state compilate (verificare su www.retecologicabasilicata.it), pertanto sarà sufficiente limitarsi a compilare i paragrafi specificamente riferiti al/ai SIC in esame.

Per la redazione delle parti relative ai fattori di criticità e minaccia, è importante fare riferimento anche al file excel "SCHEMA IMPATTI E DETRATTORI" (a cura del D.I.F.A.), parimenti reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

Può essere utile, come checklist, consultare l’elenco dei codici relativi ai “Fenomeni ed attivit{ nel sito” che è possibile trovare all’interno del file Formulario_Standard.pdf (ultime 4 pagine), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata". E’ importante precisare che la definizione di eventuali fenomeni e/o attivit{ umane “inquinanti” ed impattanti su habitat e specie di interesse non può essere basata metodologicamente soltanto sulla letteratura scientifica. Poiché si tratta di attività che posso avere rilievo penale, è opportuno far riferimento a dati presenti in documenti ufficiali pubblicati da organi di controllo (Regione, ARPAB, ecc.). In assenza di tali dati, si dovrà dare di tali fenomeni inquinanti di acque, aria e suolo una definizione soltanto ipotetica e qualitativa. Diverso è il caso relativo alle altre attività (AGRICOLTURA E SELVICOLTURA, PESCA, CACCIA E RACCOLTA, ATTIVITÀ MINERARIA ED ESTRATTIVA, URBANIZZAZIONE, INDUSTRIALIZZAZIONE ED ATTIVITÀ SIMILARI, TRASPORTI E COMUNICAZIONI, TURISMO E DIVERTIMENTI, MODIFICHE UMANE DELLE CONDIZIONI IDRAULICHE e PROCESSI NATURALI), per le quali è possibile far riferimento a dati provenienti dai rilievi diretti, oltre che da tutta la bibliografia e letteratura che è possibile reperire.

2.2.1. Nome scientifico: FAMIGLIA - Genere specie autore

Nome volgare: riportare qui il/i nomi volgari, desumibili dalla flora digitale fornita dalla cabina di regia.

Biologia: descrizione sommaria dell'aspetto della pianta e della sua fenologia/biologia riproduttiva.

Distribuzione: informazioni corologiche generali, seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per la conservazione della specie in Basilicata (nel casi di specie esotiche, considerazioni

113 generali sulla diffusione della specie in Basilicata). Concludere con l'ubicazione della specie all’interno del/dei SIC e considerazioni sulla consistenza/vitalità della popolazione.

Ecologia: descrizione sommaria delle preferenze ecologiche della specie, della sua tolleranza agli stress e della sua life-strategy.

Habitat e/o biotopo elettivo/i all’interno del/dei SIC: citare qui codice e nome delle unità Corine e/o Habitat EU 92/43 in cui la specie è presente.

Minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia individuati durante i sopralluoghi, facendo riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Livello di minaccia nel/nei SIC: distinguere tra trascurabile/basso/medio/alto/molto alto (expert- based assessment su breve-medio termine). Specificare se il livello di minaccia è lo stesso in tutti i SIC oggetto del PdG.

Conservazione e protezione: citare qui eventuali normative e/o convenzioni regionali/nazionali/internazionali che tutelano la specie.

2.2.2. Nome scientifico: FAMIGLIA - Genere specie autore

Nome volgare: riportare qui il/i nomi volgari, desumibili dalla flora digitale fornita dalla cabina di regia.

Biologia: descrizione sommaria dell'aspetto della pianta e della sua fenologia/biologia riproduttiva.

Distribuzione: informazioni corologiche generali, seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per la conservazione della specie in Basilicata (nel casi di specie esotiche, considerazioni generali sulla diffusione della specie in Basilicata). Concludere con l'ubicazione della specie all’interno del/dei SIC e considerazioni sulla consistenza/vitalità della popolazione.

Ecologia: descrizione sommaria delle preferenze ecologiche della specie, della sua tolleranza agli stress e della sua life-strategy.

Habitat e/o biotopo elettivo/i all’interno del/dei SIC: citare qui codice e nome delle unità Corine e/o Habitat EU 92/43 in cui la specie è presente.

Minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia individuati durante i sopralluoghi, facendo riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Livello di minaccia nel/nei SIC: distinguere tra trascurabile/basso/medio/alto/molto alto (expert- based assessment su breve-medio termine). Specificare se il livello di minaccia è lo stesso in tutti i SIC oggetto del PdG.

Conservazione e protezione: citare qui eventuali normative e/o convenzioni regionali/nazionali/internazionali che tutelano la specie.

114

115 2.3. ESIGENZE ECOLOGICHE DELLE SPECIE FAUNISTICHE DI INTERESSE COMUNITARIO Vengono riportate in questa sezione una serie di schede descrittive, per ciascuna specie di interesse comunitario, delle esigenze ecologiche e dei fattori abiotici e biotici necessari per garantirne uno stato di conservazione soddisfacente.

Da compilare per ciascuna delle specie riportate nelle sezioni 3.2 e 3.3 (limitatamente alle motivazioni A e B) dei formulari standard, secondo i modelli reperibili su: www.retecologicabasilicata.it

Si noti che per molte specie le parti generali delle schede (nome, biologia, distribuzione, habitat, alimentazione) sono già state compilate, pertanto sarà sufficiente limitarsi a compilare i paragrafi specificamente riferiti al SIC in esame.

Per la redazione delle parti relative ai fattori di criticità e minaccia, è importante fare riferimento anche al file excel "SCHEMA IMPATTI E DETRATTORI" (a cura del D.I.F.A.), parimenti reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

Può essere utile, come checklist, consultare l’elenco dei codici relativi ai “Fenomeni ed attivit{ nel sito” che è possibile trovare all’interno del file Formulario_Standard.pdf (ultime 4 pagine), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata". E’ importante precisare che la definizione di eventuali fenomeni e/o attivit{ umane “inquinanti” ed impattanti su habitat e specie di interesse non può essere basata metodologicamente soltanto sulla letteratura scientifica. Poiché si tratta di attività che possono avere rilievo penale, è opportuno far riferimento a dati presenti in documenti ufficiali pubblicati da organi di controllo (Regione, ARPAB, ecc.). In assenza di tali dati, si dovrà dare di tali fenomeni inquinanti di acque, aria e suolo una definizione soltanto ipotetica e qualitativa. Diverso è il caso relativo alle altre attività (AGRICOLTURA E SELVICOLTURA, PESCA, CACCIA E RACCOLTA, ATTIVITÀ MINERARIA ED ESTRATTIVA, URBANIZZAZIONE, INDUSTRIALIZZAZIONE ED ATTIVITÀ SIMILARI, TRASPORTI E COMUNICAZIONI, TURISMO E DIVERTIMENTI, MODIFICHE UMANE DELLE CONDIZIONI IDRAULICHE e PROCESSI NATURALI), per le quali è possibile far riferimento a dati provenienti dai rilievi diretti, oltre che da tutta la bibliografia e letteratura che è possibile reperire.

2.3.1. Nome scientifico: FAMIGLIA - Genere specie autore

Nome volgare: riportare qui il/i nomi volgari.

Biologia: descrizione sommaria dell'aspetto dell'animale, delle sue abitudini riproduttive, della posizione sistematica.

Distribuzione: informazioni corologiche generali, seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per la conservazione della specie in Basilicata (nel casi di specie esotiche, considerazioni generali sulla diffusione della specie in Basilicata). Concludere con informazioni sulla presenza della specie all’interno del/dei SIC.

116 Habitat: Habitat frequentati per riparo/tana/nidificazione e per l'alimentazione. Specificare, per quanto possibile, unità Corine e/o Habitat EU 92/43 a cui la specie è più fedele.

Alimentazione: descrizione sommaria delle abitudini alimentari della specie.

Consistenza delle popolazioni: Considerazioni sulla consistenza/vitalità delle popolazioni della specie in Europa/Italia/Basilicata/SIC.

Minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia che compromettono al sopravvivenza della specie, in generale e all'interno del/dei SIC. Fare riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Livello di minaccia nel/nei SIC: distinguere tra trascurabile/basso/medio/alto/molto alto (expert- based assessment su breve-medio termine). Specificare se il livello di minaccia è lo stesso in tutti i SIC oggetto del PdG.

Conservazione e Protezione: citare qui eventuali normative e/o convenzioni regionali/nazionali/internazionali che tutelano la specie.

2.3.2. Nome scientifico: FAMIGLIA - Genere specie autore

Nome volgare: riportare qui il/i nomi volgari.

Biologia: descrizione sommaria dell'aspetto dell'animale, delle sue abitudini riproduttive, della posizione sistematica.

Distribuzione: informazioni corologiche generali, seguite considerazioni sulla rappresentatività del/dei SIC per la conservazione della specie in Basilicata (nel casi di specie esotiche, considerazioni generali sulla diffusione della specie in Basilicata). Concludere con informazioni sulla presenza della specie all’interno del/dei SIC.

Habitat: Habitat frequentati per riparo/tana/nidificazione e per l'alimentazione. Specificare, per quanto possibile, unità Corine e/o Habitat EU 92/43 a cui la specie è più fedele.

Alimentazione: descrizione sommaria delle abitudini alimentari della specie.

Consistenza delle popolazioni: Considerazioni sulla consistenza/vitalità delle popolazioni della specie in Europa/Italia/Basilicata/SIC.

Minacce: elencare qui i fattori di criticità e minaccia che compromettono al sopravvivenza della specie, in generale e all'interno del/dei SIC. Fare riferimento anche ai contenuti del file excel "schema impatti e detrattori". Citare eventuale normativa che regolamenta le attività umane responsabili delle minacce.

Livello di minaccia nel/nei SIC: distinguere tra trascurabile/basso/medio/alto/molto alto (expert- based assessment su breve-medio termine). Specificare se il livello di minaccia è lo stesso in tutti i SIC oggetto del PdG.

117 Conservazione e Protezione: citare qui eventuali normative e/o convenzioni regionali/nazionali/internazionali che tutelano la specie.

118 2.4. VALUTAZIONE DELL’INFLUENZA DEI FATTORI SOCIO-ECONOMICI CHE INSISTONO SULLO STATO DI CONSERVAZIONE DI SPECIE E HABITAT D'INTERESSE

La "filosofia" alla base di questo capitolo è quella di riassumere, schematizzare e riorganizzare concettualmente quanto affermato nelle schede relative alle esigente ecologiche di habitat e specie, con particolare riferimento alle voci "Conservazione e protezione", "Criticità e minacce", "Livello di minaccia nel/nei SIC". Scrivere qui un breve testo introduttivo (20-50 righe) in cui si riassume quanto meglio specificato nei paragrafi successivi, ovvero: i principali fattori di impatto e di minaccia determinati dalle attività antropiche all'interno del/dei SIC.

Per la redazione di questo capitolo è importante anche fare riferimento al file excel "SCHEMA IMPATTI E DETRATTORI" (a cura del D.I.F.A.), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

Può essere utile, come checklist, consultare l’elenco dei codici relativi ai “Fenomeni ed attivit{ nel sito” che è possibile trovare all’interno del file Formulario_Standard.pdf (ultime 4 pagine), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata". E’ importante precisare che la definizione di eventuali fenomeni e/o attivit{ umane “inquinanti” ed impattanti su habitat e specie di interesse non può essere basata metodologicamente soltanto sulla letteratura scientifica. Poiché si tratta di attività che possono avere rilievo penale, è opportuno far riferimento a dati presenti in documenti ufficiali pubblicati da organi di controllo (Regione, ARPAB, ecc.). In assenza di tali dati, si dovrà dare di tali fenomeni inquinanti di acque, aria e suolo una definizione soltanto ipotetica e qualitativa. Diverso è il caso relativo alle altre attività (AGRICOLTURA E SELVICOLTURA, PESCA, CACCIA E RACCOLTA, ATTIVITÀ MINERARIA ED ESTRATTIVA, URBANIZZAZIONE, INDUSTRIALIZZAZIONE ED ATTIVITÀ SIMILARI, TRASPORTI E COMUNICAZIONI, TURISMO E DIVERTIMENTI, MODIFICHE UMANE DELLE CONDIZIONI IDRAULICHE e PROCESSI NATURALI), per le quali è possibile far riferimento a dati provenienti dai rilievi diretti, oltre che da tutta la bibliografia e letteratura che è possibile reperire.

La trattazione delle voci pertinenti al/ai SIC in esame verrà organizzata concettualmente come nel file anzidetto, e cioè:

2.4.1. AGRICOLTURA E SELVICOLTURA

2.4.2. PESCA, CACCIA E RACCOLTA

2.4.3. ATTIVITÀ MINERARIA ED ESTRATTIVA

2.4.4. URBANIZZAZIONE, INDUSTRIALIZZAZIONE ED ATTIVITÀ SIMILARI

2.4.5. TRASPORTI E COMUNICAZIONI

119 2.4.6. TURISMO E DIVERTIMENTI

2.4.7. INQUINAMENTO E ALTRE ATTIVITÀ UMANE

2.4.8. MODIFICHE UMANE DELLE CONDIZIONI IDRAULICHE

2.4.9. PROCESSI NATURALI

Per ciascuno dei paragrafi anzidetti, descrivere gli impatti pertinenti al/ai SIC ed i loro effetti su habitat e specie sensibili, quantificando ove possibile.

Nella trattazione degli impatti pertinenti al paragrafo 2.4.1., integrare anche la tabella DIPSIR sugli indicatori agronomici e zootecnici proposta nel file "Iter metodologico" (a cura di Rivelli & Freschi), reperibile nella sezione riservata del portale "retecologicabasilicata". Nel considerare i fenomeni di erosione e di degradazione del suolo, si raccomanda di tener presente che in determinati casi possono contribuire a produrre nel tempo il mosaico diversificato che caratterizza determinati paesaggi, come quello dei calanchi. In tal caso, per la conservazione di questi geositi risulta essenziale il mantenimento di un equilibrato regime di disturbo, che sta alla base della loro genesi e della loro conservazione.

Sempre in riferimento al paragrafo 2.4.1., ricordarsi che l'aumento della frequenza/estensione degli incendi è da porre in relazione anche col cambiamento degli usi tradizionali del territorio, quali l’abbandono dell’agricoltura in aree marginali e di versante. La prevenzione antincendio va affrontata non solamente come lotta alle cause, ma anche come gestione del territorio e della vegetazione forestale, in modo da ridurne le caratteristiche che ne favoriscono la propagazione.

In generale, le misure di tutela e conservazione che eventualmente verranno proposte dovrebbero far riferimento ai seguenti aspetti principali: selvicoltura "preventiva", viali tagliafuoco, possibilità di rifornimento idrico, viabilità forestale, sistemi di previsione del pericolo di incendio, sistemi di avvistamento (early warning), sistemi di estinzione, metodi per favorire la ricostituzione delle coperture forestali danneggiate dal fuoco, che dovrebbero garantire il mantenimento del patrimonio naturale e paesaggistico, evitando limitando a casi strettamente indispensabili la ricostituzione per via artificiale del popolamento forestale.

Considerare che il fuoco pur avendo impatto negativo con gli ecosistemi e con l’assetto complessivo del paesaggi, se opportunamente controllato può diventare strumento indispensabile per riprodurre il moderato “disturbo” necessario a mantenere nel tempo il mosaico altamente diversificato di determinati paesaggi, importante per la sopravvivenza di varie specie vegetali ed ornitiche.

Si fa presente che per gli incendi esistono due codici da inserire nel formulario: il 948, che fa riferimento agli incendi intesi come fenomeni naturali (nella categoria Processi Naturali-Catastrofi Naturali), ed il 180, che, facendo parte della categoria “Agricoltura, Foreste”, è da riferire agli incendi di

120 origine antropica, soprattutto quelli legati ad alcune operazioni agronomiche, pastorali e forestali, anche di origine dolosa.

A conclusione del presente capitolo 2.4, si può compilare il quadro riassuntivo esemplificato qui sotto, habitat per habitat:

Criticità FATTORE MAMMIFERI UCCELLI ANFIBI RETTILI INVERTEBRATI VEGETAZIONE TOTALE 100 Coltivazione X X X X 4 (X) 101 Modifica delle pratiche colturali X X X X X X 6 (X) 110 Uso di pesticidi X X X X X X 6 (X) 120 Fertilizzazione X X X X X 5 (X) 140 Pascolo X X X X X 5 (X) 160 Gestione forestale X X X X 4 (X) 162 Piantagione artificiale X X 2 (X) 165 Pulizia sottobosco X X X X X X 6 (X) 167 Disboscamento senza reimpianto X X X X X 180 Incendi X X X X X X 6 (X) 230 Caccia X X 2 (X) 403 Abitazioni disperse X 1 (X) 420 Discariche X X X 3 (X) 430 Strutture agricole X x X X 3 (X); 1 (x) 502 Strade, autostrade X X X X X 5 (X) 620 Attività sportive e divertimenti all'aperto X X 2 (X) 622 Passeggiate, etc. X 1 (X) 623 Veicoli motorizzati X X X X X 5 (X) 710 Disturbi sonori X X x X 3 (X); 1 (x) 720 Calpestio eccessivo X X 2 (X) 740 Vandalismo X X 2 (X) 790 Altre attività umane inquinanti X X X 3 (X) 900 Erosione x X X 2 (X); 1 (x) 966 Antagonismo dovuto all'introduzione di specie X 1 (X) TOTALE X = 16/24 X = 12/24 X = 12/24 X = 13/24 X = 15/24 X = 16/24

x = 1/24 x = 2/24

Tabella riassuntiva dei fattori di criticit{ che insistono sui poligoni relativi all’habitat xxx e loro potenziale interazione con le varie componenti biotiche. (X = sicuramente negativo; x = probabilmente negativo; y = probabilmente positivo/sinergico; Y = sicuramente positivo/sinergico)

Commentare brevemente qui il quadro riassuntivo che emerge dalle tabelle anzidette, specificando gli habitat e le componenti biotiche che appaiono più minacciate, nonché gli impatti che sembrano avere le maggiori ripercussioni sull'ambiente. Eventualmente, se i fattori di criticità esaminati sono molti, può rivelarsi utile elaborare un'ulteriore tabella in cui i fattori di criticità sono elencati sulla base del punteggio totalizzato, in modo da evidenziare i fattori che si ritiene siano maggiormente responsabili di incidenza negativa.

SI RIPORTANO alcune definizioni da guida metodologica "Assessment of plans and projects significantly affecting Natura 2000 sites. Methodological guidance on the provisions of Article 6 (3) and (4) of the Habitats Directive 92/43/EEC"

INCIDENZA NEGATIVA - si intende la possibilità di una determinata azione di incidere significativamente su un sito Natura 2000, ARRECANDO effetti negativi sull'integrità del sito, nel rispetto degli obiettivi della rete Natura 2000.

121 INCIDENZA POSITIVA - si intende la possibilità di una determinata azione di incidere significativamente su un sito Natura 2000, NON ARRECANDO effetti negativi sull'integrità del sito, nel rispetto degli obiettivi della rete Natura 2000.

Integrità di un sito - definisce una qualità o una condizione di interezza o completezza nel senso di "coerenza della struttura e della funzione ecologica di un sito in tutta la sua superficie o di habitat, complessi di habitat e/o popolazioni di specie per i quali il sito è stato o sarà classificato".

Misure di mitigazione/attenuazione: hanno lo scopo di ridurre al minimo o addirittura eliminare gli effetti negativi di un PP/I durante o dopo la sua realizzazione. Possono essere proposte dai redattori del presente documento e/o imposte dalle autorità competenti.

Misure compensative: misure specifiche che mirano a controbilanciare l’impatto negativo di una determinata azione che sia necessario realizzare per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Esse vengono usate solo quando le altre salvaguardie fornite dalla direttiva non sono efficaci.

N. B.: Queste definizioni si riportano qui a mero titolo informativo (per capire dove si vuole andare a parare...). L'applicabilità della normativa esistente e la proposizione di eventuali misure di mitigazione/attenuazione o di misure compensative saranno oggetto del secondo ed ultimo report.

122 2.5. INDIVIDUAZIONE E DESCRIZIONE DI INDICATORI FINALIZZATI A MONITORARE LO STATO DI CONSERVAZIONE

Fare qui il punto delle conoscenze sul/sui SIC, partendo dalla valutazione dello status di habitat e specie di rilevante interesse presenti nel/nei SIC e delle relative criticità, coerentemente con quanto previsto dall’art. 6 comma 1 della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”. Fare riferimento anche alle zone esterne, qualora siano individuabili potenziali influenze dirette od indirette sui siti indagati.

2.5.1. INDICATORI SPAZIALI (Il D.I.F.A. ringrazia l’ing. Giuseppina Perilli, che ha redatto buona parte di questo paragrafo)

Elencare gli habitat presenti nel/nei sito/i e descriverne l’estensione e la distribuzione percentuale rispetto alla superficie totale del sito.

Riportare in tabella (una tabella per ciascuno dei SIC oggetto del PdG) i valori ottenuti:

CODICE HABITAT ESTENSIONE COMPLESSIVA [HA] % SULLA SUPERFICIE TOTALE DEL SIC

TOTALE

Al fine di ottenere alcune utili informazioni sulla complessità e sull’organizzazione degli habitat all’interno del/dei SIC, sono stati ricavati alcuni indicatori a partire da informazioni spaziali. In particolare si tratta di: indicatori di sensibilità ecologica (Sensitivity), intesa come predisposizione più o meno grande di un habitat al rischio di subire un danno o un’alterazione della propria integrità o identità, e indicatori di pressione antropica, correlati al tipo ed intensità dell'uso antropico del territorio, con riferimento sia all'habitat medesimo, sia alle aree immediatamente contigue.

A partire da considerazioni sugli habitat presenti e dall’analisi della cartografia, delle ortofotocarte del territorio e della carta dell’uso del suolo, sono stati valutati i seguenti indici:

a) adiacenza a detrattori ambientali: percentuale di adiacenza perimetrale a cave e/o discariche rispetto al poligono dell’habitat;

b) appartenenza all’elenco delle tipologie di habitat a rischio a scala europea comunitaria:

appartenenza dell’habitat a quelli indicati come prioritari nella Direttiva Habitat;

123 c) consumo di habitat: percentuale di habitat potenziale stabilmente occupato da manufatti antropici all’interno del/dei SIC;

d) costrizione dell’habitat: percentuale di adiacenza perimetrale ad un’area cementificata rispetto al poligono dell’habitat;

e) densità di nodi viari entro l’habitat: numero di nodi viari per ettaro di habitat;

f) grado di frammentazione dell’habitat: numero di frammenti per ettaro in cui l’habitat è suddiviso dal network viario e dall’attività antropica;

g) eutrofizzazione delle acque superficiali: desunto da osservazioni in situ;

h) pressione agricola sull’habitat: percentuale di adiacenza perimetrale ad attività agricole impattanti rispetto al poligono dell’habitat;

i) rischio di franosità: presenza di aree a rischio;

j) vicinanza alla rete viaria: distanza dell’habitat dal segmento viario più prossimo;

…integrare eliminando indici sovrabbondanti oppure aggiungendo gli indici più appropriati in funzione delle peculiarità e dei fattori di disturbo e di impatto presenti nel sito in esame o nelle immediate vicinanze.

Riportare in tabella i valori ottenuti per gli indicatori descritti in precedenza.

UNITA’ DI HABITAT MISURA 91M0 6210 … … … … … INDICATORE a) Adiacenza a detrattori ambientali % b) Appartenenza all’elenco delle tipologie di habitat a rischio a scala europea comunitaria 0/1 c) Consumo di habitat % d) Costrizione dell’habitat % e) Densità di nodi viari entro l’habitat nodi/ha f) Grado di frammentazione dell’habitat framm/ha g) Eutrofizzazione delle acque superficiali - h) Pressione agricola sull’habitat - R1 R2 ha di R3 aree a R4 i) Rischio di franosità rischio j) Vicinanza alla rete viaria m

Commentare gli indicatori elencati nella tabella precedente.

Altri indicatori spaziali sono stati determinati applicando i software ESRI ArcMap 9.x l e Fragstats (Spatial Pattern Analysis Program for Quantyfing Landscape Structure by K. McGarigal) v. 3.3.

124 In particolare, mediante il software ArcMap, dallo shape file della Carta degli Habitat (formato vettoriale), sono stati calcolati per ogni habitat i seguenti indicatori:

- estensione complessiva di ciascun habitat: la superficie occupata da un habitat è spesso strettamente legata allo stato di conservazione ed alla consistenza numerica delle sue popolazioni e rappresenta quindi un indicatore significativo nella valutazione della complessità ed organizzazione del mosaico territoriale;

- numero di poligoni di cui è costituito l’habitat;

- area del poligono più esteso di ciascun habitat: questa informazione è particolarmente utile per la valutazione delle possibilità di sopravvivenza a lungo termine delle specie tipiche dell’habitat;

- dimensione media dei poligoni dell’habitat;

- perimetro di ogni poligono dell’habitat;

- perimetro totale dell’habitat (somma dei perimetri di tutti i poligoni).

- rapporto perimetro/superficie di ciascun poligono di cui è costituito l’habitat: maggiore il rapporto, maggiore la vulnerabilità dell'habitat; il suo valore infatti cresce al diminuire dell’estensione del poligono, oppure con l’aumento della tortuosità del perimetro;

- rapporto perimetro/superficie medio: media dei rapporti perimetro/superficie di tutti i poligoni che compongono l’habitat.

Per determinare i valori di metriche di definizione più complessa si è scelto di utilizzare FRAGSTAT 3.3 (McGarigal e Marks,1995), un software libero e di facile accesso.

Con il software Fragstats è possibile estrarre diverse tipologie di metriche, suddivise in tre livelli: per ogni poligono o patch, per ogni classe o tipologia di patch (nel caso in esame habitat) e per l'intero territorio (landscape). Tali metriche si possono riassumere nei seguenti gruppi:

 AREA/DENSITY/EDGE METRICS: descrivono le dimensioni delle patch e del loro perimetro.

 SHAPE METRICS: descrivono la forma delle patch, a livello di singolo poligono, di classe e di paesaggio. Molte di queste metriche fanno riferimento al rapporto area-perimetro.

 CORE AREA METRICS: determinano l’area all’interno di un poligono ad una fissata distanza dal suo contorno.

 ISOLATION/PROXIMITY METRICS: definiscono diversi parametri basati sulla distanza tra i poligoni.

 CONTRAST METRICS: metriche basate sulle differenze tra poligoni adiacenti ed appartenenti a diverse classi.

 CONTAGION/INTERSPERSION METRICS: basate sulla tendenza delle patch ad essere spazialmente aggregati.

125  CONNECTIVITY METRICS: quantificano la connettività, cioè il grado con cui un paesaggio facilita o impedisce i flussi ecologici.

 DIVERSITY METRICS: calcolate solo a livello di landscape, quantificano la composizione della scena e non sono condizionate dalla diversa disposizione.

Sono state calcolate le seguenti metriche sui poligoni o patch:

- indice di forma (SHAPE): è calcolato come rapporto tra il perimetro del poligono (espresso in numero di celle) e il perimetro del più grande quadrato inscrivibile in esso (espresso in numero di celle); la metrica fornisce valore 1 per poligoni quadrati, altrimenti il suo valore cresce senza limiti;

- dimensione frattale (grado di convoluzione) FRAC: si calcola con la formula 2ln(perimetro)/ln(area) e assume valori tra 1 e 2; la dimensione frattale fa riferimento alla complessità del bordo della figura, è prossima a 1 per poligoni con un perimetro molto regolare (quadrato o rettangolo), mentre tende a 2 per poligoni con un perimetro articolato e complesso.

- rapporto di circolarità (grado di compattezza dell’habitat) CIRCLE: rapporto fra l’area del

poligono e l’area del più piccolo cerchio circoscritto. Fornisce una misura dell'allungamento dell'area, ed assume valori prossimi allo 0 in presenza di forme circolari, prossimi all’1 per forme allungate;

- indice di contiguità (CONTIG): si calcola dividendo la somma dei valori delle celle diviso per il numero totale di pixel nella patch meno 1, moltiplicato per la somma dei valori dei modelli (13 in questo caso) meno 1. Assume valore 0 per una patch costituita da un solo pixel e aumenta fino al valore1 all’aumentare della contiguit{. L’indice di contiguit{ valuta la connessione spaziale, o contiguità, di celle all'interno di una griglia di patch, per fornire un indice di configurazione di patch di confine, valutando quindi la forma della patch. Di conseguenza, grandi poligoni contigui forniscono come risultato valori più grandi dell’indice di contiguità.

- distanza minima tra poligoni (isolamento) (ENN): distanza minima bordo-bordo (in m) di ogni poligono dal poligono della stessa classe ad esso più vicino, molto utilizzata per quantificare l’isolamento dei poligoni. Si avvicina al valore zero al diminuire della distanza dal bordo. ENN assume valore indefinito (N/A) quando il poligono non ha vicino altri poligoni della stessa classe.

Sono inoltre state calcolate le seguenti metriche sugli habitat (o classi):

- edge density (ED): Con il termine edge si indica il confine tra due habitat differenti. La Edge Density, misurata in metri per ettaro, si calcola come somma delle lunghezze (m) di tutti i segmenti di confine dei poligoni di un habitat, divisa per la superficie totale indagata, moltiplicata per 10.000 (per convertirla in ettari). L’indice è un’espressione della forma e della complessit{ di patch di un habitat, oltre che dell’eterogeneit{ del mosaico che costituisce la scena. Assume valore zero quando non è presente alcun limite di classe nell’intero paesaggio, e può assumere valori sempre crescenti senza limiti, al crescere della complessità e dell’eterogeneit{ del mosaico. Il valore di ED è stato messo in relazione con il disturbo subito da un ambiente. Il crescente disturbo porta ad una frammentazione dei patch e quindi ad una crescita del valore dell’indice. Un disturbo troppo elevato, tuttavia, può portare le 126 patch a fondersi tra loro, portando ad una nuova riduzione dell’indicatore. Pertanto un disturbo elevato e modesto possono portare allo stesso valore di ED.

- indice di forma del territorio (LSI): Questa metrica può essere interpretata come una misura della maggiore/minore aggregazione dei diversi habitat. Fornisce una misura standardizzata del bordo totale; è l’equivalente, a livello del territorio, della metrica SHAPE, in particolare misura il rapporto fra il perimetro totale dell’habitat e il perimetro del più grande quadrato inscritto in esso; aumenta quando la forma del territorio diventa molto irregolare e/o quando la lunghezza del bordo all’interno del territorio cresce.

- indice di forma medio (SHAPE_MN): è il valore mediato su tutti i poligoni che compongono l’habitat della metrica SHAPE.

- dimensione frattale media (FRAC_MN): media delle dimensioni frattali di tutti i poligoni che compongono l’habitat.

- rapporto di circolarità medio (CIRCLE_MN): media dei rapporti di circolarità di tutti i poligoni che compongono l’habitat.

- indice di contiguità medio (CONTIG_MN): è pari alla media dell’indice di contiguit{ di tutti i poligoni che compongono l’habitat.

- media delle distanze minime tra poligoni della stessa classe (ENN_MN): Assume valore indefinito (N/A) quando i poligoni di un habitat non hanno vicini altri poligoni appartenenti allo stesso habitat;

- clumpiness index (CLUMPY): è calcolato a partire dalla matrice di adiacenza, che mostra la frequenza con cui le diverse coppie di patch appartenenti allo stesso habitat (comprese le adiacenze tra patch dello stesso tipo) appaiono sulla mappa. Assume valore pari a -1 quando l’habitat è fortemente disaggregato; è uguale a 0 quando l’habitat è distribuito in modo casuale, e tende ad 1 quando la classe è fortemente aggregata. L’indice non è definito ed assume valore N/A quando l’habitat consiste di una singola cella, quando comprende tutti i poligoni eccetto una cella, oppure quando comprende l'intero paesaggio, perché in questi casi è impossibile distinguere tra le distribuzioni raggruppata, casuale e dispersa.

- percentage of like adjacencies (PLADJ): si calcola a partire dalla matrice di adiacenza, che mostra la frequenza con cui diverse coppie di habitat risultano adiacenti sulla mappa. L’indice, espresso in percentuale, misura il grado di aggregazione dell’habitat. Quindi, è una misura di contagio specifico per la classe. L’indice sar{ minimo e pari a zero se l’habitat è estremamente disperso (o disaggregato), ossia ogni cella costituisce una diversa patch, e sar{ massimo e pari a 100 se l’habitat è massimamente contagioso. E’ da notare che questo parametro misura solo la dispersione e non la interspezione, e quindi può essere un utile indice di frammentazione dell’habitat.

- interspersion and juxtaposition index (PLADJ): Considera in maniera esplicita la configurazione spaziale delle patch, rappresentando il livello di “interspersione”; essa indica cioè come sono intervallati nella scena gli habitat. Ciascuna classe o habitat è valutata quindi in riferimento alla vicinanza/prossimit{ rispetto agli altri habitat. L’indice è definito in percentuale rispetto alla massima dispersione possibile, dato il numero di classi (McGarigal et al, 1994); valori bassi di IJI caratterizzano paesaggi in cui i patch delle classi sono distribuiti non proporzionalmente o sono fortemente aggregati, tende a 100 (valore massimo) quando l’habitat considerato è ugualmente adiacente a tutti gli altri habitat.

127

IJI= 61% IJI= 73% IJI= 97%

Uguale area per ciascuna classe

La maggiore complessit{ si traduce in una crescita dell’indice IJI, che raggiunge il valore massimo quando gli habitat sono ugualmente adiacenti tra di loro e quando la lunghezza dei confini tra essi è uguale.

- indice di coesione del territorio (COHESION): la connettività si riferisce al grado per cui un territorio facilita o impedisce i flussi ecologici (per esempio, il movimento degli organismi fra le zone di un habitat e quindi il tasso di movimento fra le popolazioni locali). L’indice di coesione misura la connessione fisica dell’habitat esaminato ed aumenta quanto più l’habitat è raggruppato o aggregato, quindi, più collegato fisicamente. I valori della metrica sono compresi tra 0 e 100; si avvicina a 0 quando la porzione di territorio diminuisce ed è sempre più suddivisa e meno connessa.

- landscape division index (DIVISION): Si calcola come:

2 n  aij  DIVISION 1   j1  A 

con aij superficie (m2) della patch ij; A superficie totale del paesaggio (m2).

L’indice è basato sulla distribuzione cumulativa dei patch appartenenti allo stesso habitat e viene interpretato come la probabilità che due pixel scelti a caso nel paesaggio non si trovino nella stessa patch del corrispondente habitat. Assume valore zero quando la scena è costituita da una singola patch. Al diminuire della probabilità e quindi al ridursi delle dimensioni delle patch l’indice DIVISION si avvicina al valore 1.

- Splitting Index (SPLIT): Si calcola come:

A2 SPLIT  n 2 aij j1

con aij superficie (m2) della patch ij; A superficie totale del paesaggio (m2).

SPLIT è pari ad 1 quando il paesaggio è costituito da una singola patch. Aumenta quando la classe considerata riduce la superficie ed è suddivisa in patch sempre più piccole. Il limite superiore è dato dal rapporto tra l'area del paesaggio e la dimensione di cella e si realizza quando la classe corrispondente è costituita da un singolo pixel di patch. 128 L’indice è basato sulla distribuzione cumulativa dei patch e viene interpretato come il numero effettivo di maglie, o il numero di patch con una dimensione costante di patch, quando l’habitat corrispondente è suddiviso in S patch, dove S è il valore dello splitting index.

- indice di aggregazione del territorio (AI): numero di adiacenze per un determinato habitat diviso per il numero massimo di adiacenze possibili per quell’habitat. La metrica assume valori in percentuale. Risulta 0 quando la classe i-esima, in questo caso l’habitat i-esimo, è massimamente disaggregata, mentre cresce quando aumenta l’aggregazione del territorio; è pari a 100% quando il territorio è costituito da una singola patch compatta. AI è indefinito, e fornisce come risultato N/A, se ogni habitat è costituito da un singola cella. L'indice di aggregazione è calcolato dalla matrice delle adiacenze, che mostra la frequenza con cui le diverse coppie di habitat (comprese le adiacenze nella stessa classe) appaiono adiacenti sulla mappa. L’Indice di aggregazione prende in considerazione solo le adiacenze che coinvolgono la singola classe e non le adiacenze con altre classi. Inoltre, a differenza di tutti gli altri parametri basati sulle adiacenze, l'indice di aggregazione si basa sulle adiacenze calcolate con il metodo del single-count, in cui ciascun lato della cella viene contato una sola volta.

- indice normalizzato di forma del territorio (NLSI): L’indice normalizzato di forma del paesaggio è la versione normalizzata dell'indice di forma del paesaggio (LSI) e, come tale, fornisce una semplice misura di aggregazione. Così come LSI e l'indice di aggregazione (AI) sono strettamente correlati, anche la versione normalizzata di questi parametri sono correlati.

2.5.1.x. Habitat XXXX: Nome Habitat.

Commentare, per ciascun habitat, i risultati dell'elaborazione degli indici di sensibilità ecologica e di pressione antropica forniti. Riportare le relative tabelle.

Si riporta di seguito un esempio di commento ai risultati delle metriche come redatto dall’ing. Giuseppina Perilli per l’habitat 3140 del sito Bosco Cupolicchio.

2.5.1.1. Habitat 3140: Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.

L’habitat 3140 ricopre appena lo 0,01% della superficie del SIC IT9210020, ed è costituito da due poligoni aventi approssimativamente la stessa estensione e la stessa forma. I poligoni distano 72 m l’uno dall’altro. I valori bassi del rapporto perimetro/superficie, dell’indice di forma e della dimensione frattale indicano un contorno regolare e l’indice di aggregazione elevato un habitat compatto.

Tutti i valori degli indicatori spaziali sono riportati nelle tabelle che seguono.

129 Tabella delle metriche sugli habitat (classi):

INDICATORE UNITA’ DI MISURA RANGE VALORE Estensione complessiva ha - 0,126 Numero di poligoni di cui è costituito l’habitat adim - 2 Area del poligono più esteso ha - 0,067 Perimetro totale dell’habitat m - 193 Dimensione media dei poligoni ha - 0,063 Rapporto perimetro/superficie medio adim - 0,154 Indice di forma del territorio LSI adim 1-∞ 1,37 Rapporto di circolarità medio CIRCLE_MN adim 0-1 0,46 Dimensione frattale media FRAC_MN adim 1-2 1,02 Indice di aggregazione del territorio AI % 0-100 83,33 Indice di coesione del territorio COHESION % 0-100 61,04 Media delle distanze minime tra poligoni della stessa classe ENN_MN m - 72,11

Tabella delle metriche sui poligoni dell’habitat (patch):

RAPPORTO INDICE DI DISTANZA RAPPORTO DI DIMENSIONE PERIMETRO/ FORMA MINIMA CIRCOLARITÀ FRATTALE FRAC PERIMETRO SUPERFICIE SUPERFICIE SHAPE POLIGONO CIRCLE [adim] [adim] [m] [ha] [adim] [adim] TRA POLIGONI 1 101,30 0,067 0,1512 1 0,50 1,0064 ENN72, 1[m1 ] 2 91,85 0,059 0,1565 1 0,41 1,0384 72,11

2.5.1.x Metriche del paesaggio

Sono stati calcolati, infine, i seguenti indicatori di complessità del paesaggio:

- indice di forma del territorio (LSI): L’indice è pari alla lunghezza totale del confine del paesaggio divisa per la lunghezza totale minima possibile del confine, che si ottiene quando il paesaggio è costituito da un singolo poligono. LSI è pari ad 1 quando il paesaggio è costituito da un poligono quadrato (o quasi quadrato); aumenta fino a valori infiniti quando la forma del paesaggio diventa più irregolare.

- Contagion Index (CONTAG): CONTAG si avvicina a 0 quando le classi sono disaggregate al massimo (cioè, ogni cella appartiene ad una classe diversa) e intervallati. CONTAG è pari a 100, quando tutte le classi sono aggregati al massimo, cioè quando il paesaggio è costituito da singole patch. CONTAG non è definito se il numero di tipologie di patch è inferiore a 2. L’indice è inversamente proporzionale alla Edge Density. Quando la Edge Density è molto bassa, per esempio quando una singola classe occupa una percentuale molto elevata del paesaggio, CONTAG è alto, e viceversa. Inoltre, si noti che il CONTAG è influenzato sia dalla dispersione che dalla interspersione dei tipi di patch. Bassi livelli di dispersione delle tipologie di patch (cioè, alta percentuale di adiacenze simili) e bassi livelli di patch interspersion danno come conseguenza un valore elevato di CONTAG e viceversa.

- Interspersion and Juxtaposition Index (IJI): IJI si avvicina a 0 quando la distribuzione di adiacenze tra i tipi di patch diventa sempre più irregolare. IJI è pari a 100 quando tutte le tipologie di patch sono ugualmente vicino a tutti i tipi di patch (ossia, interspersion massimo e giustapposizione). IJI non è definito se il numero di tipologie di patch è inferiore a 3.

- Landscape Division Index (DIVISION): DIVISION è basato sulla distribuzione cumulativa dei patch e viene interpretato come la probabilità che due pixel scelti a caso nel paesaggio non si trovino nella stessa patch. Si noti la somiglianza con l’indice di diversit{ di Simpson; in questo caso la somma è tutta l'area di ogni patch, piuttosto che l'area di ciascuna tipologia di 130 patch nel paesaggio. L’indice è pari a 0 quando il paesaggio è costituito da singole patch e raggiunge il suo valore massimo quando il paesaggio è suddiviso al massimo, ossia quando ogni cella è una patch separata.

- Shannon diversity index (SHDI): misura la diversità degli elementi costitutivi del paesaggio a partire dalle entit{ relative delle diverse tipologie ambientali presenti. L’indice di Shannon, può variare tra zero e l’infinito, aumenta al crescere del numero dei tipi di elementi e/o quando la distribuzione dell'area tra i tipi di patch è più equilibrata. Tale metrica è una delle più utilizzate ed è basata sulla teoria dell’informazione (Shannon, 1948; Shannon and Weaver, 1949). Si ha:

m

SHDI  Pi ln Pi  i1

con pi porzione di territorio occupata da una tipologia di territorio; i e m l’ammontare delle tipologie presenti.

L’indice ha valore zero quando c’è una sola tipologia presente e cresce all’aumentare del numero e della diversificazione degli habitat (Gustafson and Parker, 1992).

- Simpson's Diversity Index (SIDI): Si calcola come:

m 2 SIDI 1  Pi i1

con Pi porzione di territorio occupata dalla tipologia di habitat (classe) i.

SIDI è pari a 0 quando il paesaggio contiene solo una patch (nessuna diversità), mentre tende ad 1 quando il numero di tipi diversi di patch (cioè la ricchezza di patch, PR) aumenta e la ripartizione proporzionale tra i tipi di patch diventa più equa. Il valore dell'indice di Simpson rappresenta la probabilità che 2 pixel scelti a caso appartengano a classi differenti.

- Simpson's Evenness Index (SIEI): Si calcola come:

m 2 1  Pi SIEI  i1  1  1    m 

con Pi porzione di territorio occupata da una tipologia di patch (classe/habitat) i ed m numero di classi presenti nel paesaggio, escluso il confine del paesaggio, se presente.

SIDI è pari a 0 quando il paesaggio contiene solo una sola patch (cioè nessuna diversità) e si avvicina a 0 quando la distribuzione del territorio tra i diversi habitat diventa sempre più irregolare (cioè, dominato da 1 tipo). SIDI è pari ad 1 quando la distribuzione dell’area tra le classi è perfettamente uniforme. L’Indice di regolarit{ di Simpson è espresso in modo tale che una distribuzione uniforme dell’area tra le classi fornisca uniformit{ massima.

- Shannon evenness index (SHEI): E’ rappresentato dal rapporto tra l’indice di Shannon ed il logaritmo del numero di tipologie analizzate. Questo indice computa la distribuzione e l’abbondanza delle patch considerate.

131 m  Pi  ln Pi  SHEI  i1 ln m

con Pi porzione di territorio occupata da una tipologia di territorio; i e m numero di classi presenti nel paesaggio, escluso il confine del paesaggio, se presente.

L’indice esprime quanto un sistema, a prescindere dal numero di elementi che contiene, si avvicina al perfetto equilibrio fra le estensioni relative delle diverse tipologie ambientali. Valori dell'indice prossimi a 1, indicano che il paesaggio considerato è formato da elementi con estensioni relative simili. Bassi valori, prossimi a 0, indicano che il paesaggio è dominato da elementi con estensioni relative molto diverse (O’Neill et al, 1988).

- Indice di aggregazione del territorio (AI): AI è uguale al numero di adiacenze che coinvolgono la classe corrispondente, diviso per il numero massimo possibile di adiacenze che coinvolgono la classe corrispondente, che si ottiene quando la classe è massimamente raggruppata in un unico, compatto patch, moltiplicato per la percentuale del paesaggio composto dalla classe corrispondente, calcolata cumulativamente su tutte le classi e moltiplicata per 100 (per convertirla in percentuale). AI è uguale a 0 quando le classi sono massimamente disaggregate (cioè, quando non ci sono adiacenze); aumenta quando il paesaggio è sempre più aggregato ed assume valore pari a 100 quando il paesaggio è costituito da una singola patch. AI non è definito se ogni classe è costituita da una singola cella (e quindi è indefinito). L'indice di aggregazione è calcolato dalla matrice di adiacenza al livello di classe. A livello di paesaggio, l'indice è calcolato semplicemente come un indice di aggregazione di classe medio ponderato sull’area, dove ogni classe è ponderata con la sua porzione di area occupata nel paesaggio. L'indice viene scalato per tenere conto del numero massimo possibile di adiacenze.

Proseguire con un commento sulla complessità ed organizzazione del mosaico territoriale, facendo considerazioni sul numero di habitat presenti nel/nei SIC (l’elenco degli habitat, oltre a caratterizzare il sito, consente di valutarne la complessità strutturale), e sugli indicatori di paesaggio calcolati per ciascun SIC in esame, di cui dovrà essere riportata la relativa tabella.

Tabella degli indicatori di paesaggio (classi):

INDICATORE UNITA’ DI MISURA RANGE VALORE

132

2.5.2. INDICATORI FLORO-VEGETAZIONALI Iniziare la trattazione con considerazioni generali sulla ricchezza floristica dell'area, ovvero sul numero di specie vegetali presenti nel/nei SIC, direttamente correlata alla complessità dell'ecomosaico. Continuare con un paragrafo in cui si commenta la presenza di specie vegetali di elevato valore biogeografico e conservazionistico. Rientrano in questa categoria le specie di elevato valore biogeografico (endemiche, al limite dell’areale di distribuzione, etc.), quelle considerate prioritarie negli allegati della direttiva Habitat, le specie rare, quelle a rischio di estinzione e presenti in liste rosse regionali o nazionali. Ovviamente, il valore naturalistico intrinseco di un sito è accresciuto dalla presenza di queste specie.

Commentare quindi l'eventuale presenza e abbondanza relativa di specie alloctone. Le implicazioni ecologiche delle invasioni di specie alloctone sono di primaria importanza, poiché causano interferenze nei rapporti interspecifici tra i componenti di una comunità e modificano gli equilibri esistenti negli ecosistemi. Esse rappresentano una minaccia sia all’integrit{ delle fitocenosi autoctone, sia alla persistenza di singole specie, portando anche al declino e spesso alla scomparsa di alcuni taxa, a livello locale.

Concludere con un commento alle tabelle fitosociologiche redatte per ciascun habitat, con considerazioni sui rapporti quantitativi tra elementi floristici autoctoni ed esotici, nonché sulla frequenza degli elementi floristici di maggior pregio.

2.5.3. INDICATORI FAUNISTICI Iniziare la trattazione con considerazioni generali sulla ricchezza faunistica di ciascuno dei SIC indagati e sulla presenza di specie animali di elevato interesse biogeografico e conservazionistico. Il valore intrinseco di tali specie come indicatori è ovvio, in quanto essi testimoniano con la loro stessa presenza l'importanza degli habitat che li ospitano. Passare a considerazioni sul numero di specie esposte a minaccia e pertanto incluse negli allegati delle direttive "Habitat" o "Uccelli" (specificando la percentuale di prioritarie), o nelle Liste Rosse Nazionali.

Proseguire commentando l'eventuale presenza di specie alloctone (esotiche, introdotte), che possono alterare gli equilibri nelle zoocenosi autoctone, sia in ambienti acquatici (es.: i pesci rossi nel Lago Laudemio), sia in ambienti terrestri (es.: Callosciurus lungo la costa di Maratea).

Anche la distanza media del confine del sito da quello dei tre SIC/ZPS più vicini o da altre aree protette può evidenziare il grado di "sicurezza" delle popolazioni animali presenti in un dato SIC e può essere utile anche per proporre eventuali misure di tutela o limiti di fruizione nell’ambito delle “aree contigue” alle aree protette.

2.5.4. ASSETTO IDROBIOLOGICO Gli aspetti relativi all’assetto idrobiologico trovano adeguata collocazione normativa nel D.Lgs. 152/99 e s.m.i., nonché nella Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Per gli indicatori e gli indici si dovrebbe quindi fare riferimento a tali normative con l’integrazione, per quanto riguarda le acque superficiali, del deflusso minimo vitale (DMV) quale parametro nella valutazione della funzionalit{ ecologica dei corsi d’acqua.

133 2.5.5. INDICATORI FORESTALI Cominciare con una descrizione della struttura verticale dei ciascun habitat forestale presente nel/nei SIC. Un indicatore generico, ma efficace è rappresentato dalla diversità strutturale (verticale e orizzontale) del bosco.

La struttura verticale può essere schematicamente rappresentata nelle seguenti categorie:

- monoplana: le chiome arboree sono poste più o meno tutte alla stessa altezza.

- biplana: presenza di due piani di chiome arboree, ben diversificati.

- multiplana: presenza di più di due piani di chiome arboree, ben diversificati fra loro in altezza.

La struttura orizzontale può essere descritta facendo riferimento al concetto di tessitura che indica la dimensione dei gruppi, più o meno omogenei al loro interno (es. alberi coetanei e di dimensioni simili), che vengono a costituire nel loro insieme il soprassuolo. Quando la dimensione dei gruppi è piccola (nell’ordine delle decine di metri quadrati ) si ha una tessitura fine, quando la dimensione dei gruppi è grande (nell’ordine delle migliaia di metri quadrati) la tessiturà è grossolana. Si possono definire anche categorie intermedie.

Proseguire con considerazioni sul grado di copertura delle chiome, da esprimere attraverso una stima della percentuale di suolo coperto dalle chiome. La copertura esercitata dalle chiome è un importante fattore di modulazione della quantità e qualità di luce che arriva ai livelli inferiori della struttura verticale e sul terreno. Ciò influenza le condizioni microclimatiche del sottobosco, i tassi di decomposizione della sostanza organica al suolo e i processi di rinnovazione naturale.

Concludere con considerazioni sull'evidenza (o meno) di rinnovazione naturale, anche in riferimento ai fattori biotici o antropici che impediscono o rallentano l’insediamento e l’affermazione della rinnovazione (ad esempio, pascolo da parte selvatici/domestici, calpestio, ecc.).

Passare poi alla tabella DIPSIR proposta (vedi file "Iter metodologico") e concludere il discorso con considerazioni sulla percentuale di territorio boscato sottoposto a gestione all'interno del/dei SIC.

2.5.6. INDICATORI AGRO-ZOOTECNICI Descrizione sintetica degli allevamenti zootecnici bradi, semibradi e intensivi presenti e dei sistemi colturali estensivi ed intensivi. Utilizzando l’iter metodologico disponibile sul sito di rete natura 2000 Basilicata (schema DIPSIR e tabelle) indicare il carico di bestiame (UBA/ha), le unità foraggere prodotte per tipo di habitat (UF/ha) e le modalità di utilizzo del pascolo; quantificare la superficie agricola, l’intensit{ e la modalità di utilizzazione agraria (con particolare riguardo al rapporto superficie con metodo di conduzione in biologico o ecosostenibile rispetto alla superficie totale). Concludere con considerazioni sullo stato delle aree interessate dall’allevamento e dalle attività agricole.

2.5.7. INDICATORI SOCIOECONOMICI Dati ed informazioni di fonte statistica. Elaborazione generale da parte del Dott. Azzato

134 Nei SIC, le attività antropiche dovrebbero adeguarsi ed armonizzarsi con le finalità di conservazione delle componenti naturali. Nel proporre eventuali misure di tutela e conservazione non si può prescindere dalla conoscenza dei diritti di propriet{ e d’uso (es. usi civici, diritti consuetudinari d’uso delle risorse forestali, servitù militari ecc.) delle aree a cui ci si riferisce.

Pertanto, si dovrebbero riportare in questo paragrafo informazioni desunte dalle planimetrie catastali, per identificare la ripartizione dei regimi proprietà sul territorio di ciascun sito indagato, in termini di :

- superficie totale di proprietà pubblica (%, ha), ripartita tra stato, regione, comuni, altri enti pubblici locali;

- superficie totale di propriet{ privata (%, ha), di cui è opportuno conoscere l’eventuale livello di parcellizzazione (es. distinguendo grandi proprietà o latifondi da proprietà frammentate e di ridotte dimensioni).

Riportare inoltre il rapporto tra variazione percentuale annua della popolazione residente nei comuni rurali (con riferimento ai comuni in cui ricade ciascun SIC indagato) e variazione percentuale annua della popolazione residente in Basilicata. L’individuazione di un trend positivo o negativo di questo indicatore è un informazione fondamentale per la comprensione delle dinamiche socioeconomiche del territorio. In tal senso, importanti indicazioni possono provenire anche dalla determinazione del "grado di ruralità", basata sulla valutazione del numero di addetti nel settore agricolo sul totale dei residenti nei comuni in cui ricade ciascun SIC e sull’ammontare complessivo delle superfici agricole all'interno del/dei SIC.

Anche la percentuale di residenti in età lavorativa e il tasso di disoccupazione giovanile forniscono un’indicazione sullo stato di salute di un sistema economico locale. In genere, un alto tasso di attivit{ totale della popolazione in età lavorativa (occupati/popolazione in et{ lavorativa) denota un’elevata dinamicità del sistema territoriale, analogamente a quanto indicato da un andamento positivo del tasso di occupazione giovanile. Disoccupazione e stagnazione economica sono i prodromi dell'abbandono del territorio, che andrebbe evitato in un'ottica di gestione attiva e consapevole del/dei SIC e delle aree ad esso contigue.

Il tasso di scolarit{, distinto per scuola dell’obbligo, scuola superiore e universit{, è un altro indicatore importante, infatti esso è correlato direttamente con le condizioni socioeconomiche degli abitanti di un dato territorio, ma ha anche una valenza quale indicatore della dinamica di popolazione e della sua suddivisione in classi di et{. L’analisi dell’andamento e della tendenza di quest'indicatore, in un arco di tempo sufficientemente rappresentativo (ad esempio, dieci anni), può fornire indicazioni utili sulle necessità di fruizione del territorio che, in una prospettiva di breve, medio e lungo termine, potrebbero essere manifestate dalla popolazione residente, basandosi anche sulla struttura sociale in via di definizione. Il tasso di scolarità può, inoltre, fornire utili suggerimenti sulla possibile condivisione delle indicazioni contenute nei piani di gestione elaborati per i siti della rete Natura 2000, nonché sulle strategie di comunicazione al riguardo.

135 Informazioni da assumere da parte dei consulenti anche sulla base di interviste a Sindaci. Dati da localizzare

Nei SIC ubicati in aree di particolare valenza naturalistica (es: aree costiere) sarebbe opportuno cercare di reperire dati sulla ricettività turistica e sulle presenze turistiche, dato che la pressione turistica (misurabile in termini di presenze turistiche per abitante e unità di superficie) è un importante indicatore delle risorse e potenzialità di un territorio ma anche dei potenziali impatti.

136 2.6. QUADRO RIASSUNTIVO DELLE MINACCE E CRITICITÀ

Completare qui un quadro riassuntivo delle principali minacce e criticità rilevate, con riferimento a quanto affermato nelle sezioni 2.1., 2.2., 2.3 e 2.4 A titolo esemplificativo e non esaustivo, si riportano gli esempi seguenti:

Minaccia/Criticità Obiettivi specifici Nome azione Descrizione azione

Maggiori possibilità di Evitare l'innesco di Protezione, Promuovere i BCAA e incendi e la incentivarne la incendi legati conseguente perdita di conservazione e condizionalità all’abbandono habitat sviluppo della ruralità. e/o carenti pratiche colturali dei terreni agricoli marginali

Muri di contenimento Riordino e Valorizzazione del Mitigazione dei muri di in cemento armato ai riqualificazione paesaggio e sostegno in cemento paesaggistica della miglioramento delle con rivestimenti in bordi delle strade viabilità di servizio caratteristiche pietra locale, ai fini di asfaltate funzionali e di aumentare l'attrattività immagine dei luoghi, a beneficio del turismo

Insufficienza di Potenziamento dei Riqualificazione, Promuovere e itinerari quale sentieri con particolare rafforzamento e qualificare l’offerta strumenti per la riformazione di antichi turistica diversificata valorizzazione dei riferimento alla ed integrata nei luoghi territorio valorizzazione dei sentieri per sviluppare il percorsi di fruizione turismo culturale e ambientale (sentieri ambientale natura, geositi, ecc.)

Assenza di itinerari Individuazione di Piste ciclabili e pannelli Realizzazione di piste itinerari cicloturistici e esplicativi e itinerari ciclo – diversificati, quale tematismi specifici per turistici strumenti per la la fruizione turistico- valorizzazione del ambientale del/dei SIC territorio

Percorrenza delle vie Favorire la fruizione ai Ripristino e Ripristino delle strade interne al SIC e luoghi di interesse adeguamento della interpoderali con ambientale, culturale, percorrenza tecniche e tipologie di delle strade storico e agricolo, interpoderale pavimentazioni in terra interpoderali finalizzata anche agli naturale stabilizzata 137 inadeguate e carenti. interventi di evitando l'utilizzo di prevenzione e materiali tipo i spegnimento degli conglomerati incendi bituminosi

Assenza di offerte Ricettività diffusa e Creazione di Realizzazione di qualificate per una diversificata infrastrutture strutture e ricettività diffusa. complementari infrastrutture complementari in stretta connessione alle attività della ricettività diffusa, quali impianti sportivi, impianti e attrezzature culturali, ricreativi e per il tempo libero

Mancanza di punti di Realizzazione di punti Accoglienza all’interno Ristrutturazione di uno informazione e di di informazione, ivi del/dei SIC o più fabbricati adatti a documentazione compresi uffici di tal fine Informazione, accoglienza turistica e centri visita

Sentieri “non conformi” Rimuovere le cause di Sicurezza per le Servizi mirati alla e percorsi aperti da disturbo degli habitat, persone e salvaguardia repressione del motocrossisti di disfacimento dell’ambiente transito fuori strada sistematico del fondo dei mezzi a motore; delle carrarecce, dei allestimento di sentieri, etc e del cartellonistica potenziale pericolo per informativa sulle escursionisti e regole da rispettare visitatori in genere

Perdita progressiva di Ripristino dei corsi Ripristino ambientale e Manutenzione corsi d’acqua artificiali d'acqua artificiali non recupero dei sistemi straordinaria, pulitura (canali) inclusi nell'elenco delle agricoli originari, con con predisposizione, acque pubbliche possibilità di riattivare lungo gli argini dei reti idriche ad uso canali d'acqua di fasce irriguo di rispetto

Perdita delle sorgive e Tutela di habitat e Tutela di habitat Monitoraggio e risorgenze naturali specie rare attraverso controllo delle la conservazione ed il interferenze nei sistemi ripristino delle sorgenti di prelievo delle acque d’acqua dai pozzi trivellati a

138 monte del/dei SIC

Pascolo eccessivo con Determinazione del Studio consistenza Determinazione del banalizzazione della numero di capi che può bestiame presente, carico massimo di capi composizione floristica essere mantenuto per controllo e che può essere in e perdita di la stagione di monitoraggio del cotico condizioni di equilibrio biodiversità in habitat pascolamento (carico erboso e valore con l'ambiente, anche prioritari. potenziale) pastorale del pascolo tenendo conto che Fenomeni di molti habitat, anche degradazione del suolo prioritari, possono per compattazione, mantenersi tali nitrificazione, incendi solamente grazie a indotti per rigenerare il moderate azioni di pascolo. disturbo, quali il pascolamento

Rischio scomparsa di Salvaguardia di tale Recupero e tutela delle Il recupero e la specie e varietà materiale genetico a produzioni di nicchia e salvaguardia di agricole soprattutto di rischio di erosione cultivar locali inclusi materiale genetico a quelle locali frutti minori e il rischio di erosione e di germoplasma presente specifiche varietà in antichi coltivi genetiche a stretto legame con l’areale del/dei SIC

Collisione tra le Tutela del patrimonio Salvaguardia del Verifica della autovetture in transito faunistico naturale patrimonio faunistico possibilità di realizzare e la fauna selvatica, nei barriere deterrenti tratti della S.P. 32 lungo l’asse viario, con realizzazione di attraversamenti

e passaggi per la fauna.

Pascolo ovi-caprino Determinazione del Studio censimento Determinazione del eccessivo con numero di animali che bestiame presente, numero di animali che banalizzazione della può essere mantenuto controllo e realmente può essere composizione floristica per la stagione di monitoraggio del cotico condotto sul posto e perdita di pascolamento (carico erboso e valore (carico reale) in biodiversità in habitat potenziale) pastorale del pascolo condizioni di equilibrio anche prioritari. con l'ambiente, Fenomeni di tenendo conto che degradazione del suolo molti habitat, anche per compattazione, prioritari, possono nitrificazione, incendi mantenersi tali indotti per rigenerare il solamente grazie a pascolo. moderate azioni di disturbo, quali il

139 pascolamento

Rischio di scomparsa di Salvaguardia di tale Recupero e tutela dei Il recupero e la specifiche specie e materiale genetico a frutti minori - salvaguardia di varietà agricole rischio di erosione germoplasma presente materiale genetico a in antichi coltivi rischio di scomparsa specifiche varietà genetiche agricole a stretto legame con l’areale del/dei SIC

Elevato numero di Controllo delle Piani di monitoraggio e Piani periodici di conigli selvatici e di popolazioni di fauna controllo della prelievo; snellimento cinghiali, a danno sia selvatica popolazione delle delle procedure di degli habitat naturali fauna selvatica con indennizzo per i danni che dei terreni coltivati. particolare riferimento subiti dagli agricoltori Smisurata presenza di al coniglio selvatico e al zecche. Rarefazione di cinghiale geofite.

NOTA: per compilare questa tabella può essere utile il file excel "SCHEMA IMPATTI E DETRATTORI" (a cura del D.I.F.A.), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

Può essere utile, come checklist, consultare l’elenco dei codici relativi ai fenomeni ed attivit{ nel sito che dovranno essere inseriti nel formulario standard, Paragrafo 6. Si possono trovare all’interno del file Formulario_Standard.pdf (ultime 4 pagine del file), reperibile nell'area riservata del sito "retecologicabasilicata".

Durante i sopralluoghi in campo per individuare criticità, minacce, impatti e detrattori, si può trarre ispirazione dalla celebre frase di I. Calvino: "L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è più rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio" (tratto da: “Le citt{ invisibili”).

140

3. IL PROCESSO DI PARTECIPAZIONE

La gestione di un sistema territoriale, ambito complesso per le componenti che lo caratterizzano e per le interazioni che si stabiliscono fra di esse e con gli elementi che lo circondano, necessita del coinvolgimento di coloro i quali, per motivazioni diverse, lo “vivono” costantemente. Tale esigenza nasce sia dal fallimento di passati modelli di gestione “calati dall’alto” e quindi pressoché estranei nella maggior parte dei casi alle vere necessit{ del territorio, sia perché nell’interdisciplinariet{ che contraddistingue un sistema di tale portata, la componente antropica, la più conflittuale e la maggiore responsabile dell’alterazione degli equilibri naturali, viene sottovalutata o al contrario sovrastimata rispetto all’intero sistema. Recentemente, le scelte operate da chi è responsabile di ambiti territoriali e ambientali si “sforzano” di coinvolgere i “portatori d”interesse” di un’area affinché l’esito delle politiche venga recepito e manifesti delle positività per il contesto alle quali sono destinate. In effetti, tale metodologia affonda i suoi principi in quelli che sono i criteri alla base dello “sviluppo sostenibile” che ormai integra gli aspetti economici con quelli ambientali, sociali e istituzionali attraverso la condivisione ed la partecipazione dei soggetti interessati nei processi decisionali. Inoltre, il valore aggiunto che scaturisce da tale attività risiede nella sensibilizzazione delle comunità locali verso le problematiche del proprio territorio che, se opportunamente informate, riescono non solo a riavvicinarsi alla istituzioni ma anche a inserire la propria sfera d’interesse all’interno del “sistema territorio/ambiente” collocandola tra gli altri elementi che lo caratterizzano. E’ palese che tale metodo non ha l’ambizione di “accontentare” tutte le parti, visto che comunque ogni “stakeholder”, sebbene coinvolto nella fase di partecipazione, tenderà a manifestare i propri interessi in quanto prevalenti rispetto agli altri, ma di smussare i conflitti innescati da una qualsiasi politica territoriale che tocca un dato ambito in cui convivono molteplici attività ed interessi. Tuttavia, ciò che anima le aspettative di chi attua tale approccio riguarda anche la possibilità di generare scelte efficaci, aumentare il senso di appartenenza del singolo alla collettività ed innescare meccanismi analoghi in altri contesti.

L’attuazione di un approccio partecipato nella realizzazione di un Piano di Gestione per SIC è motivato dalla compresenza di elementi ambientali, economici e sociali e quindi di una evidente conflittualità tra di essi che suggerisce il ricorso ad un processo di questo tipo.

Indispensabile, a tal fine, la figura di un esperto che si occupi dell’organizzazione e dello svolgimento di tutte le fasi dell’attivit{: si tratta di una figura “neutra” che ha il compito di implementare una concertazione tra le parti tale da soddisfarne gli interessi. L’avvio del processo partecipativo necessita dell’identificazione di quelli che possono esseri i soggetti da coinvolgere, il momento più opportuno per attuare l’attivit{, la sede più adeguata ma soprattutto la tipologia di metodo da utilizzare. Nella fattispecie, l’INEA si occuperà di tutta la parte organizzativa e operativa, a partire dagli incontri informativi sul territorio, dopo aver individuato i “portatori d’interesse” che insistono su ciascun ambito territoriale. Il metodo utilizzato prevede la consultazione degli stakeholders durante il primo dei tre incontri pianificati nell’area: infatti, le varie parti invitate presso una sede opportunamente scelta tra quelle istituzionali ricadenti nell’area oggetto di studio, saranno informate del progetto Rete Natura 2000, sulla valenza del sito soggetto a piano, su ciò che emerso dalle rilevazioni effettuate dal gruppo di professionisti. La scelta del metodo della consultazione, quindi di un livello minimo di attività di partecipazione, è dettata sia dalla contenuta disponibilità economica destinata a tale fase, sia 141 dai limiti di tempo imposti dal progetto. E’ indispensabile ricordare, infatti, che si tratta di un processo molto oneroso sia in termini finanziari, sia in termini di risorse umane da investire, per cui si è cercato di adottare il metodo che potesse soddisfare gli obiettivi previsti e rispettare il budget assegnato. Trattandosi di una bozza di Piano che scaturisce dalla sola fase di attività svolta in campo dalle varie figure di esperti, ognuna per ogni ambito naturalistico, l’obiettivo del primo incontro verter{ sul recepimento delle proposte che partiranno dalla platea dei portatori d’interesse. Inoltre, laddove si rendesse necessario per eventuali problematiche che dovessero sollevarsi in quella sede, l’INEA provvederà ad approfondire gli aspetti più significativi al fine di raccogliere elementi aggiuntivi tali da contribuire alla definizione di un quadro più completo. Durante il secondo incontro, i portatori d’interesse saranno nuovamente coinvolti per la presa in visione della bozza del Piano di gestione, rivista alla luce dei commenti e delle proposte formulate in precedenza, mentre il terzo incontro consisterà nella presentazione della versione definitiva del Piano di gestione.

3.1. TABELLA dei portatori Di INTERESSE ("stakeholders")

L’individuazione dei portatori d’interesse richiede un’analisi dettagliata del territorio non solo dal punto di vista naturalistico, tra l’altro gi{ delineata durante le fasi di monitoraggio, ma anche da quello economico e sociale. E’ stata gi{ sottolineata l’interdisciplinariet{ che contraddistingue un sistema territoriale/ambientale e quindi l’esigenza di coinvolgere le parti che a vario titolo e in modi diversi interagiscono con le risorse naturali e che quindi stabiliscono con le stesse rapporti di varia natura, molto spesso conflittuali. Per ridurre al minimo qualsiasi tipo di conflitto dovesse crearsi in tale ambito, l’approccio partecipativo si rivolge innanzitutto ai “portatori d’interesse” scegliendo quelli di pertinenza al progetto. Un primo gruppo coinvolto nel processo di partecipazione riguarderà l’amministrazione pubblica presente nell’ambito territoriale: sindaci dei comuni ricadenti nei SIC, tecnici e responsabili dei vari uffici competenti in materia ambientale, rappresentanti del Corpo Forestale dello Stato, rappresentanti di enti e istituzioni aventi competenze relative alle varie realtà presenti (ad esempio Autorit{ di Bacino, Consorzio di bonifica, Enti Parco). L’altra categoria sar{ interessata dalla partecipazione dei rappresentanti delle varie associazioni, direttamente interessate dal Piano in quanto costituite da operatori che hanno interessi e rapporti con i tematismi delle aree SIC: associazioni di categoria (agricoltori, cacciatori, pescatori, allevatori, operatori turistici), associazioni ambientaliste, associazioni culturali e sportive.

Si veda, come riferimento, l'allegato file Excel "scheda portatori d'interesse.xls"

142 BIBLIOGRAFIA (da integrare opportunamente! Qui sotto sono riportate soltanto alcune citazioni relative alle parti metodologiche comuni a tutti i report)

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