MAURIZIO NOBILE 23 N. 23 N. 23

2020

MAURIZIO NOBILE N. 23

Coordinamento scientifico di Laura Marchesini

Autori delle schede Francesca Baldassari, Gabriele Fattorini, Chiara Fiorini, Giancarlo Gentilini, Francesco Leone, Laura Marchesini, Massimo Pulini, Marco Riccòmini, Davide Trevisani, Francesca Valli

Questo è il XXIII catalogo della mia carriera ormai trentennale. Ogni volta che presento la mia selezione si rinnova in me l’emozione per ogni opera che ho scelto, studiato e acquisito. Fortu- natamente è ancora l’entusiasmo, nonostante le difficoltà che attraversa il Mercato dell’Arte da qualche anno, che mi guida nella ricerca quoti- diana dei pezzi portandomi a viaggiare in Italia e all’estero e a visitare collezioni private e colleghi.

Così nasce questo catalogo come una raccolta di disegni, dipinti e sculture dal XVI al XX secolo che mi rappresenta. Queste opere rispecchiano il mio gusto e, in un certo senso, sono anche le tes- sere di un «mosaico» ideale che compone la mia stessa storia, perché ciascuna è un amore, una speranza, una riconferma, un insegnamento, il ricordo di un viaggio e di un incontro e, a volte, perché no, anche un’arrabbiatura.

La scelta di comprendere grafica, pittura e scultura vuole sottolineare l’ampiezza dei miei interessi e, con l’occasione del TEFAF, presentare anche al pubblico di Works on Paper la poliedricità della mia ricerca e delle mie scelte, anche al di là del Disegno, che resta comunque per me una delle mie grandi passioni.

Maurizio Nobile

5 1 GIORGIO GANDINI DEL GRANO parma, fine del xv secolo — 1538

Studio per sette figure, c. 1535 Matita rossa, mm 142×184. In basso a destra a penna e inchiostro bruno: 117. Sul verso in alto al centro a matita nera Correggio e in basso a sinistra 32. provenienza: J. H. Wiegersma (Lugt 1552b). bibliografia: Vaccaro 2015, p. 70, fig. 14.

La recente scoperta di questo disegno – che può essere condo gli stretti legami con il Correggio, di cui era uno aggiunto a un gruppo di altri quattro fogli di soggetto dei più stretti seguaci e continuatori del suo stile. Queste analogo con stesse dimensione e tecnica conservati al premesse avrebbero certamente garantito una maggior Museo del Louvre (fig. 1),1 già catalogati sotto il nome uniformità stilistica agli affreschi dei tre intradossi, dei di Correggio (1489–1534), è una significativa aggiunta al pendenti e della cupola con l’Assunzione della Vergine, che piccolo corpus grafico di Giorgio Gandini del Grano. Allegri non aveva potuto completare. Questi fogli sono stati per la prima volta attribuiti a Oltre al foglio in esame e ai quattro al Louvre, ese- Gandini da Mary Vaccaro2 e successivamente da Fran- guiti alla maniera di Correggio (studi di un modello per cesca Frucco.3 figure viste da sotto in sù disegnate in due registri in de- Nella conferenza Correggio e il suo tempo: Giorgio licato e morbido gesso rosso), conosciamo altri tre dise- Gandini del Grano tra Allegri e Bedoli nel Duomo di Par- gni per questa commissione conservati rispettivamente ma 4 Mary Vaccaro ha sottolineato il rapporto tra questi all’Albertina, agli Uffizi e al Castello di Windsor. In par- disegni e gli affreschi commissionati a Gandini nel 1535, ticolare, il disegno preso in esame e i quattro del Louvre dopo la morte di Correggio, nell’abside e nella volta del sarebbero serviti da modello per quello di Vienna, che coro della Cattedrale di Parma. raffigura un gruppo di santi e angeli per una delle sezio- Tuttavia anche questa commissione al Gandini non ni della volta a crociera. In questo gruppo di figure Kon- fu portata a termine e rimase al suo stato progettuale a rad Oberhuber ha riconosciuto uno dei soggetti menzio- causa della prematura morte del pittore (1538), al quale nati nel programma iconografico istituito daifabbriceri subentrò nel cantiere Girolamo Mazzola Bedoli (1500– della Cattedrale nel contratto del 1535.6 Il foglio presenta 1569) l’anno successivo.5 uno studio completo e dettagliato in matita rossa a tratti Non abbiamo molte informazioni su Gandini, ma sottili e senza pentimenti e, come notato dalla Frucco,7 data l’importanza e il prestigio della commissione, pos- è probabilmente un disegno d’insieme sviluppato da un siamo supporre che la scelta dei canonici e dei fabbriceri altro foglio preparatorio, mentre i due conservati agli della Cattedrale sia ricaduta sul nostro, nonostante la Uffizi 8 e al Castello di Windsor 9 sono frammenti da ri- sua giovanissima età, per due motivi: il primo l’indub- ferirsi allo stesso progetto. bia fama e la notorietà di cui certamente godeva, il se-

1 Inv. nn. 5931-5932-5933-5934, già 4 Vaccaro 2008, p. 445. 8 Inv. 1955F. Si veda ivi, pp. 146– in collezione Dezallier d’Ar- 5 Testi 1934, p. 104. 147; pp, 180–181, n. 19; fig. 22. genville, 1680–1765. Si veda 6 Oberhuber 1970, p. 282, in 9 Inv. n. RL5499. Si veda ivi, Frucco 2010, pp. 182–183, nn. particolare nota 26. pp. 146–147; pp. 181–182, n. 20; 21, 22, 23, 24: figg. 25, 26, 27, 28. 7 Inv. 17629. Si veda Frucco fig. 23. 2 Vaccaro 2008. 2010, pp. 146–147; pp. 179–180, 3 Frucco 2010, pp. 182–183. n. 18; fig. 24.

fig. 1: Giorgio Gandini Del Grano, Studio per otto figure, in differenti attitudini su due registri, Paris, Musée du Louvre, inv. 5932. 6 6 2 GIULIO CAMPI 1507/1508 — 1573

Studio di un putto seduto, di una figura maschile in piedi rivolta verso destra, schizzo di una mano, c. 1530 / Sul verso: Studio di un toro Matita rossa, mm 190×250. Sul recto in basso a destra di mano di Sir Joshua Reynolds in inchiostro ferrogallico: Parmigiano. provenienza: Sir Joshua Reynolds, 1723–1792 (Lugt 2364); Arthur Melville Champernowne, nato nel 1871 (Lugt 153).

Questo inedito foglio recto verso è riconducibile alla e Venezia fossero opere tardive di Boccaccio Boccacci- giovinezza di Giulio Campi, e più precisamente al 1530 no,6 mentre l’influenza di Dürer sulla grafica di Campi quando al pittore furono commissionate da Massimi- fu alla base di errate attribuzioni ad Altobello Melone, i liano Stampa, segretario privato di Francesco II Sforza, cui disegni sono estremamente rari, a Pordenone e per- le decorazioni per Santa Maria delle Grazie a Soncino sino a Moretto da Brescia.7 Sebbene queste attribuzioni (Cremona). Per la chiesa Campi realizzò la pala d’alta- fossero scorrette, è significativo che i primi conoscito- re con la Madonna e il Bambino, i santi Caterina d’Alessan- ri associassero involontariamente Campi ad artisti del dria, Francesco e Pietro Martire Stampa,1 gli affreschi con Nord Italia di altissimo calibro. l’Assunzione della Vergine sull’arco trionfale, gli Evange- Nel foglio in esame, il trattamento della matita ros- listi nella volta del presbiterio e i Santi Carmelitani nei sa e la resa delle figure sono tipici degli studi di Campi pendenti dell’abside.2 Quest’insieme omogeneo segna un per Santa Maria delle Grazie, la mancanza di corrispon- importante momento nello sviluppo stilistico nella car- denza palmare con gli affreschi dimostra che il disegno riera dell’artista, in precedenza sostanzialmente influen- rappresenta una prima fase elaborativa del ciclo, fissan- zato dalla pittura veneziana e nordeuropea. A Soncino, do i primi pensieri che il pittore avrebbe sviluppato solo infatti, Campi assimila la tavolozza di Pordenone e l’e- successivamente. leganza e la simmetria classiche di Raffaello, attingendo La figura barbuta è evidentemente una prima idea spunti anche dalle stampe di Marcantonio Raimondi.3 per l’apostolo sorpreso drappeggiato in giallo, all’estre- I primi dipinti di Campi sono corredati da un note- ma sinistra dell’arcata (fig. 1). La sua posa finale è sta- vole corpus di disegni, che ha attirato l’attenzione degli ta definita in un disegno pubblicato da Bora,8 ma i tratti studiosi solo negli anni ‘70 del XX secolo, quando Ales- somatici della figura – che ricordano quelli di un rapace sandro Ballarin per primo notò che due disegni a mati- – sono replicati nell’affresco. ta rossa dello Staatliche Museen di Berlino erano studi Inoltre san Giacomo, che si inginocchia al centro per gli Evangelisti raffigurati nella volta di Santa Maria della composizione mostrando in maniera irriverente delle Grazie.4 Altri disegni furono pubblicati da Giulio le terga allo spettatore, ha un profilo aquilino simile a Bora: uno a matita nera per l’Apostolo all’estrema sini- quello del suo omologo abbigliato in giallo, a cui è ac- stra dell’arco trionfale e un altro a matita rossa per il costato un cranio marcatamente arrotondato e ad una profeta Eliseo nell’abside.5 barba estremamente appuntita. Molti dei primi disegni di Campi, che evidenziano Il suo gesto è riconoscibile nell’immagine speculare la predilezione dell’artista per la matita rossa, sono sta- di una mano che viene rapidamente tracciata in basso a ti in passato erroneamente attribuiti ad altri artisti del sinistra del foglio. Nord Italia noti per impiegare lo stesso medium, come Il putto, apparentemente seduto sulle nuvole, è si- Girolamo Romanino e Pordenone. Un tempo si pensava curamente correlato alla tipologia degli angeli, piutto- che i fogli oggi ritenuti di Campi e conservati a Teplice sto muscolosi, che incorniciano l’Assunzione della Vergine

fig. 1: Giulio Campi, Apostoli, Soncino (Cremona), Santa Maria delle Grazie. 8 8 in cima all’arco trionfale. In effetti, vista al contrario, la sua posa è sorprendentemente vicina a quella del putto che gonfia il mantice dell’organo a sinistra dell’affresco. Il verso del foglio evidenzia un aspetto affascinante e completamente diverso della personalità artistica di Campi, ovvero la sua passione per il disegno di anima- li dal vero. Questo studio straordinariamente acuto e realistico di un toro, la cui testa è disegnata da diverse angolazioni, si accorda perfettamente per tema e tecnica con alcuni studi similari conservati a Teplice – uno dei quali mostra un cucciolo di leone – e con il verso del disegno già cita- to di Venezia, Due tori e una coppia di Anatre.9 Come dimostra l’iscrizione nell’angolo in basso a destra di questo foglio, la qualità del disegno è tale che Sir Joshua Reynolds, il grande pittore, collezionista e co- noscitore del diciottesimo secolo, credeva si trattasse di Parmigianino. La sua ipotesi non era affatto ingiustifica- ta, ed era senza dubbio motivata dalla sicurezza nell’uso della matita rossa e dalle invenzioni figurative estrema- mente originali. Entrambi questi aspetti fanno dunque ritenere il presente disegno un esempio particolarmente significativo della grafica di Giulio Campi.

* L’attribuzione è stata confer- privata Milanese; il secondo mata da Giulio Bora e Marco presso l’Istituto Naziona- Tanzi. le per la Grafica, Roma, inv. 1 Oggi conservato alla Pina- 125862. Si veda Bora 1984, pp. coteca di Brera, Milano (Reg. 10–11, figg. 15 a–b. Cron. 1128). I santi Caterina 6 Teplice, Regional Museum, d’Alessandria, Francesco e inv. CA 501; Venezia, Gallerie Pietro Martire Stampa, padre dell’Accademia, inv. 520. di Massimiliano. Per la chiesa 7 Rispettivamente Bayonne, si veda De Santis, Merlo 1992. Musée Bonnat, inv. 1368 (Stu- 2 Gli ultimi affreschi sono stati dio per un uomo seduto); Provi- staccati e trasferiti nel con- dence, Rhode Island Museum vento adiacente. of Art, inv. 20465 (Madonna 3 Per un’analisi della prima col Bambino e san Rocco). Si parte della sua carriera si veda inoltre Bora 1985, p. 281, veda Tanzi 2004, pp. 7–10; n. 2.6.1; Bora 1988, p. 15, fig. 39. più recentemente Tanzi 2012, 8 Bora 1984, pp. 10–11, figg. 15 pp. 42–43. a–b. 4 Kupferstichkabinett, inv. KdZ 9 Teplice, Regional Museum, 5143-5143, con l’attribuzione di inv. CA 503-504, 650. Per ul- Ballarin del 1975 annotata sul teriori approfondimenti sul- montaggio. le attribuzioni dei disegni di 5 Il primo di questi disegni era Campi a Boccaccino e ad al- all’epoca in una collezione tri, si veda Tanzi 1999, pp. 7–8.

10 10 3 PAOLO GUIDOTTI detto IL CAVALIER BORGHESE lucca 1560 circa — roma 1629

Ritratto di contadino o Allegoria dell’Autunno, c. 1610 Olio su tela, cm 71×57,3.

Tagliato a mezzo busto contro un fondo scuro, il gio- una datazione intorno al 1610. I riscontri più significa- vane occupa tutto il primo piano della composizione tivi, nella comune materia densa e compatta, nell’uso con il suo fare vigoroso, la barba e i baffi incolti, il naso dei bianchi e dei rossi e nell’intensità dell’espressione, si imponente, gli occhi scuri e la fronte aggrottata, solcata colgono con il Davide con la testa di Golia, conservato nel- dalle rughe dell’esperienza. La sua veste rossa sfilaccia- la basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, firmato ta sembra annodarsi sulla spalla e una camicia bianca e datato 1608, analogamente aggiornato in chiave natu- gli ricade alla vita, lasciando il petto villoso scoperto in ralistica. Rispetto a quest’ultimo la nostra tela manifesta bella vista. In capo porta una pezza da cui fugge qual- forse solo un’avvenuta maturazione nella conduzione che ciocca ribelle; alle sue spalle si intravedono, relegati del pennello e nel trattamento delle ombre, ciò che por- in un angolo, un grappolo d’uva, alcune pere e il riccio terebbe a immaginare una cronologia leggermente più aperto di una castagna. Avanza con il braccio destro mu- avanzata. scoloso verso l’osservatore, portando in avanti il busto Ancora più stringente risulta il confronto con l’Au- e mostrando quasi con prepotenza una pala da lavoro toritratto del pittore, oggi in collezione privata, di cui si illuminata sulla punta metallica dalla luce radente. La conosce una replica. Qui Guidotti si ritrae con lo sguar- pennellata è schietta, fortemente chiaroscurata. do eloquente verso l’osservatore, il colletto rigido della I dati di stile ci consentono di restituire la tela al ca- veste castigata, la penna, il libro, e la croce del cavalie- talogo del lucchese Paolo Guidotti, pittore che, dopo rato della Milizia di Cristo. Medesima è la pennellata aver mosso i primi passi nella sua città natale, decise di che traccia il pizzetto; nelle nocche delle mani sono as- cercare migliore fortuna nell’Urbe dove si trasferì intor- sestati gli stessi decisi colpi di luce che riscontriamo nel no al 1589, quando il suo nome compare già tra i membri contadino in esame. Ad avallare l’attribuzione proposta dell’Accademia di San Luca. Personalità poliedrica e an- interviene anche la quasi sovrapponibilità della mano ticonformista, dedito alla matematica, alle lettere, all’a- sinistra del protagonista del nostro esemplare con quel- strologia e alla musica, capace di assimilare agevolmen- la del poeta raffigurato nella tela del museo di Ajaccio, te le più disparate influenze, Guidotti seppe distinguersi databile analogamente intorno al 1610. subito nella Roma pontificia come uno dei massimi pro- Siamo di fronte ad un’opera che dovette far scuo- tagonisti a cavallo tra la raffinata stagione manieristica, la a , suo conterraneo ed erede spirituale, ormai al tramonto, e le nuove tendenze dei caravagge- eseguita da Guidotti poco prima che questi decidesse di schi. Nel 1608 Scipione Borghese concesse a Guidotti rientrare a Lucca nel 1611, dopo “27 anni di volontario di fregiarsi del suo stesso cognome (da cui l’epiteto di esilio”, per usare le sue stesse parole. Rientrò a Roma cavalier Borghese con il quale è ricordato dalle fonti), sei anni più tardi, dopo aver girovagato tra Lucca, Pisa svelando un rapporto privilegiato che dovete contribu- e Reggio Emilia, per dedicarsi sostanzialmente alla sua ire non poco al suo inserimento in città. grande impresa poetica: la Gerusalemme distrutta, poema Il nostro probabile contadino, forse un’Allegoria di imitazione tassiana che narrava le imprese dell’impe- dell’Autunno, mostra di essere già informato della par- ratore Tito contro gli ebrei ribelli. lata del Merisi e compagni, facendoci propendere per Francesca Baldassari

12 12 4 GIAN DOMENICO CERRINI detto IL CAVALIER PERUGINO perugia 1606 — roma 1681

San Girolamo Olio su tela in ottagono, cm 97×83. provenienza: Firenze, collezione privata.

Lione Pascoli assicura che Gian Domenico Cerrini «era del Lanfranco. Il lungo soggiorno romano si interruppe, di bella statura, e presenza; e conservò fin all’ultimo sebbene solo per qualche anno, in seguito al suo viag- la solita sua giovialità, e gratitudine verso gli amici, da’ gio a Firenze, da porsi tra il 1656–1657 e il 1661. Parrebbe, quali per l’ottimo suo costume e per lo nobile, e manie- infatti, che il pittore di Perugia fosse chiamato a Firen- roso suo tratto fu sempre distinto, e venerato, e forse ze da alcuni membri della Famiglia dei Medici (Mattia, per niun altro professore ebbero in que’ tempi maggior Leopoldo e Ferdinando), per i quali – come risulta dai venerazione i letterati».1 Tuttavia, non gli giovò la man- documenti e inventari medicei – l’artista eseguì numero- canza di un biografo. Ne tace, infatti, il Passeri,2 e pure se opere, parte delle quali identificate a cominciare dal- il suo conterraneo e conoscente Luigi Pellegrini Scara- le indagini di Evelina Borea (1978) e dalla ricognizione muccia,3 mentre Pellegrino Orlandi ricorda solo che «fu meticolosa e a più puntate di Marco Chiarini sulla rivi- molto gradito per il bel modo di colorire, e girare di te- sta ‘Paragone’.9 ste»,4 così che molti dei suo dipinti sono finiti nel tempo Queste ricerche hanno permesso di restituire al Cer- nel catalogo di altri pittori più noti tra i quali, in parti- rini, tra le altre, anche la grande tela col San Girolamo, colar modo, Simone Cantarini e Francesco Romanelli. oggi nella Certosa di Firenze (fig. 1),10 dove il santo ere- La riscoperta critica è, dunque, cosa recente e al pittore mita è ricalcato sul modello della tela in esame come, perugino si è cominciato a guardare con crescente inte- anche, quello nel dipinto nella chiesa di San Paolo del resse solo dopo l’articolo pioneristico di Evelina Borea Collegio del Preziosissimo Sangue ad Albano (fig. 2).11 del 1978.5 Al pittore è stata, quindi, dedicata una mostra,6 La tela ottagonale e quella oggi presso la Certosa di Fi- e numerose sue opere sono apparse nell’esposizione al- renze mostrano, infatti, il santo in posa quasi speculare, lestita presso il Complesso Monumentale di San Pietro come se il pittore perugino le avesse concepite a breve a Perugia (dove un particolare della sua Sacra Famiglia distanza l’una dall’altra. con sant’Anna e san Giovannino della Galleria Nazionale Se non fosse per qualche particolare assente dalla dell’Umbria di Perugia ha guadagnato la copertina del tela, si sarebbe tentati di identificare questoSan Girolamo catalogo).7 (la cui forma poligonale denuncia una antica provenien- Formatosi a Perugia, alla scuola di Gianantonio za collezionistica fiorentina) con la tela perduta di stes- Scaramuccia,8 dove si esercitava nel «colorire, e copia- so soggetto citata negli inventari medicei (Guardaroba re» e in «qualche operetta d’invenzione», a Cerrini è sta- 1222, Inventario della collezione del Gran Principe Ferdinan- to associato storicamente un alunnato bolognese presso do de’ Medici, 1713): «Un simile alto b. 2 e 1/3 largo b. 1 e s. Guido Reni, non confermato dalle fonti. È però indub- 18, dipintovi di mano del suddetto San Girolamo a sede- bio che il pittore perugino, giunto a Roma (la sua prima re con manto rosso sulle spalle e petto nudo che con la opera certa è l’Apparizione della Trinità a Santa Maria mano sinistra tiene la testa di morte e la destra poggiata Maddalena de’ Pazzi, nel transetto destro in Santa Maria al petto, sta in atto di leggere un libro aperto con ador- Traspontina a Roma, datata 1639), studiasse le opere di namento simile al suddetto».12 Guido e degli altri emiliani e bolognesi, in particolare Marco Riccòmini

1 Pascoli 1730, vol. I, pp. 55–56. 8 Pascoli 1730, vol. I, p. 52. 12 Borea 1978, p. 21; si veda an- 2 Passeri 1672. 9 Chiarini 1975; Chiarini 1975 a; che: Chiarini 2005, p. 84; Sfra- 3 Pellegrini Scaramuccia 1674. Chiarini 1975 b. Inoltre: Chia- meli 2005, p. 212; Mancini 4 Orlandi 1704, p. 216. rini 1992. 2005, p. 254, n. 1. 5 Borea 1978. 10 Borea 1978, p. 21, fig. 20. 6 Gian Domenico Cerrini 2005. 11 Mancini 2005, p. 254, n. 1; Sfra- 7 Galassi 2018. meli 2005, p. 212.

fig. 1: Gian Domenico Cerrini detto Il Cavalier Perugino, San Girolamo, Firenze, Certosa. fig. 2: Gian Domenico Cerrini detto Il Cavalier Perugino, San Girolamo, Albano, chiesa di San Paolo del Collegio del Preziosissimo Sangue. 14 14 5 SIMONE CANTARINI pesaro 1612 — verona 1648

Studio per ritrovamento di Mosè (?), 1633–1635 Penna e inchiostro bruno su carta avorio, mm 130×180. Sul verso in basso a sinistra a matita: Poussin.

Malgrado alcune forme siano solo accennate da un filo Come ha per primo rilevato Marco Riccòmini (co- di inchiostro bruno, che ne circoscrive il capo e le spal- municazione orale), questi modi corrispondono perfet- le, si possono stimare in numero di otto le figure in piedi tamente alla maniera grafica più spedita di Simone Can- collocate nella parte sinistra di questo foglio. I loro esi- tarini, pittore di grande levatura e disegnatore di raro li corpi, che appaiono succintamente drappeggiati con talento. Il ventaglio di segni, ora aggrovigliati a matassa, lunghe vesti, ci permettono di intenderle come giovani ora sufficienti a restituire un’espressione in nuce, torna donne che stanno rivolgendo la loro attenzione ad altre nei tanti fogli conosciuti che servirono al Pesarese per figure sdraiate a terra, al centro di un paesaggio aperto. impostare complessi movimenti, tra i protagonisti e le La valle nella quale si iscrive la scena è completata da comparse di una composizione. Il bisogno di immagi- un orizzonte di colline e dalla presenza di alberi che nare una scena nel suo insieme, da un campo lungo che fungono quasi da quinta teatrale. non smarrisca né il sentimento individuale né il carat- Il racconto in via di ideazione che questo disegno tere della narrazione è un atteggiamento ricorrente nel trattiene, in una vibrante serie di pensieri visivi e di loro processo creativo di questo artista. Lo ritroviamo sia agli repentine varianti, dovrebbe essere quello in cui la figlia esordi marchigiani che durante l’alunnato presso Guido del faraone egiziano, accompagnata dalle sue ancelle, ri- Reni, ma anche nell’ultima parte libera della sua breve trova il piccolo Mosè sulle sponde del Nilo. All’indo- vita. Disegni giovanili come il foglio del Louvre che stu- mani dell’editto, istituito dal padre, che imponeva l’ab- dia una Vocazione di San Matteo1 o la cosiddetta Toletta di bandono dei figli maschi generati dalle famiglie ebree, Venere di Brera2 (fig. 1) sono costruiti col medesimo ap- la giovane figlia deciderà di adottarlo come proprio, fa- proccio, così come si ritrovano assonanze evidenti nel cendolo allevare da una serva che il libro dell’Esodo più maturo Riposo durante la fuga in Egitto, conservato alla dell’Antico Testamento vuole sia la stessa madre natu- National Gallery di Washinghton3 (fig. 2), nel quale si rale di Mosè. Il momento unisce la sorpresa dimostrata apprezza lo stesso rapporto, dinamico e teatrale, tra fi- dalle donne in piedi con l’operosità delle figure inginoc- gura e paesaggio. chiate che si sono prese cura del neonato, celato in un Sono propenso a leggere il disegno in esame come groviglio di segni. un’opera di cerniera tra la fase giovanile, ancora di im- Lo stile espresso in questa carta fa comprendere pronta palmesca (durante un precoce soggiorno vene- quanto fosse preminente, per l’autore, il fissaggio di una ziano conobbe Palma il Giovane), e la fioritura bolo- prima idea compositiva, cercata attraverso marcature gnese del suo stile più elegante e nobile. decise e sottigliezze che vanno a definire volti e gesti. Tra il 1633 e il 1635 potrebbe collocarsi dunque que- Nei due gruppi di figure si alternano lunghe falciate di sto raffinato studio preparatorio per una composizione penna a intermittenze che spezzano il segno, cercando della quale non si conosce, al momento, una destinazio- mezzi toni che fanno poi degradare il paesaggio in se- ne pittorica o incisoria. condo piano. Sul retro si scorge una scritta di collezione che rife- riva il foglio a Nicolas Poussin. 1 Inv. 14647. Massimo Pulini 2 Fondo Acqua inv. 497. 3 Inv. 1986.7.1.

fig. 1: Simone Cantarini, Toletta di Venere, Milano, Pinacoteca Brera, Fondo Acqua inv. 497 © Pinacoteca di Brera, Milano. fig. 2: Simone Cantarini, Riposo durante la fuga in Egitto, Washinghton, National Gallery, inv. 1986.7.1. National Gallery of Art. © 16 16 6 GUILLAUME COURTOIS saint-hyppolite 1628 — roma 1679

Studio di un angelo e volto maschile barbuto di profilo, c. 1660 Matita rossa, mm 240×334. bibliografia: Recent Acquisitions 2005, pp. 18–19.

Guillaume Courtois fu uno dei migliori studenti di Pie- se ribaltata, con la pala dello stesso soggetto (1661–63) tro da Cortona a Roma; si distinse per l’alta qualità del nella Cappella Cesi a Santa Prassede a Roma.2 suo lavoro, per il suo stile personale e per le innovazioni Il nostro foglio è un tipico esempio dello stile di stilistiche che attinse da Carlo Maratti e Giovanni Bat- Courtois sul 1660 quando il suo lavoro è caratterizzato tista Gaulli, detto Baciccio. Alla fine del sesto decennio da una plasticità derivata dal Bernini, come mostrano il del secolo, Courtois era il favorito di Giovanni Lorenzo volto e le tornite forme del puttino. Quest’ultima figura Bernini il quale, a sua volta, era affascinato dalla vivi- la si ritrova, speculare, in un rapido schizzo al Kunst- da scala cromatica adottata dal più giovane artista, dalla museum di Düsseldorf,3 mentre la testa del vecchio è forza plastica e dal dinamismo delle sue figure. lo studio finale per il Re Magio al centro della scena. Il nostro disegno è preparatorio per l’Adorazione dei Sono noti altri due disegni per questa figura, uno nel Magi, oggi conservata in Galleria Nazionale di Arte An- Gabinetto Nazionale dei Disegni e Stampe di Roma4 e tica di Roma (fig. 1),1 ma originariamente proveniente il secondo, conservato al Kunstmuseum di Düsseldorf,5 dalle collezioni principesche delle famiglie Colonna e è uno studio a figura intera del Re Magio svolta sia sul Barberini. Erich Schleier ha datato quest’opera alla fine recto sia sul verso. del 1660 e non a caso spartisce la composizione, anche

* L’attribuzione è confermata 4 Inv. n. 126876. Si veda Prospe- da Dieter Graf e Simonetta ri Valenti Rodinò 1979, p. 63, Prosperi Valenti Rodinò. n. 118; p. 182, fig. 118r. 1 Faldi 1970, nn. IX–X. 5 Inv. n. FP7987. Si veda Graf 2 Schleier 1970, pp. 3–4, fig. 4. 1976, vol. I, p. 55, nn. 116–117; 3 Inv. n. FP4553. Si veda Graf vol. II, p. 85, figg. 155–156. 1976, vol. I, p. 54, n. 113; vol. II, p. 86, fig. 157.

fig. 1: Guillaume Courtois, Adorazione dei Magi, Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica © Gallerie Nazionali d’Arte Antica Palazzo Barberini e Galleria Corsini. 18 18 7 LORENZO PASINELLI bologna 1629 — 1700

Studio per la Sibilla di casa Budrioli, c. 1677–1678 Sul verso: Studi di visi e di una figura di soldato Sanguigna (recto); penna, inchiostro bruno e nero (verso) mm 212×172. Sul verso, a penna e inchiostro bruno: [...] e cigola ad aloro / per scrite / coto[...]. fini marm / [...] mate / [...] sibi / [...] me moderno/ [illeggibile]. provenienza: Liegi (Belgio), collezione Charles Henri Marcellis (?) (1798–1864) (Lugt 609); Firenze, collezione del conte E. R. Lamponi- Leopardi (seconda metà del XIX secolo) (Lugt 1760); Firenze, collezioni Luigi Grassi (1858–1937) (Lugt 1171b); Francia, collezione privata.

È uno degli allievi prediletti di Pasinelli, Giampietro Za- composizione, e per la quale il Canuti fu probabilmente notti, che nella bibliografia dedicata al tanto amato mae- coinvolto in seconda battuta rispetto il Pasinelli.6 stro ci informa in rapporto a quale opera fu concepito il Il rinvenimento di questo foglio aggiunge dunque disegno qui presentato. Egli precisa infatti nel suo scrit- un tassello importante per la ricomposizione del corpus to che il maestro fece «una Sibilla molto più grande del grafico dell’artista che ad oggi si raccoglie attorno un vero per li Signori Budrioli, che serve di compagna ad numero certamente troppo esiguo di fogli sicuramente un’altra di mano di Domenico Canuti».1 Se la Sibilla di autografi; troppo pochi rispetto a quanto ci si attende- quest’ultimo è rimasta a Bologna, confluita nel frattem- rebbe dall’allievo più dotato di un maniacale disegnato- po in una collezione privata,2 il pendant del Pasinelli, da re, Simone Cantarini, e a quello che di lui narra lo stes- sempre ritenuto perduto o disperso, è invece ricompar- so Zanotti7 e che porta ad escludere che il maestro fu, so di recente sul mercato inglese (fig. 1),3 territorio nel come nel caso invece dell’allievo Giovan Gioseffo Dal quale il dipinto sembra si trovasse già a date assai preco- Sole, fra quei pittori che fecero scarso ricorso al dise- ci, almeno non più tardi del 1726, anno del suo passaggio gno. Il caso del suo più dotato erede, Donato Creti, è là alla vendita londinese della collezione Hay.4 Le fattezze a smentire a pieno titolo questa possibilità; del resto, fra della Sibilla Budrioli tanto declamata da Zanotti erano i disegni del maestro Cantarini e quelli del talentuoso comunque a tutti note attraverso l’incisione che, come discepolo Creti corre talvolta un confine assai labile al lo stesso autore annota,5 ne trasse un fedele allievo di punto di poterli confondere – come ben dimostra il caso Domenico Maria Canuti, Giuseppe Rolli (fig. 2). del foglio pubblicato al numero 9 del presente catalogo, Il nostro disegno è con tutta evidenza un’idea preli- tradizionalmente assegnato al Pasinelli, ma spettante in- minare per la Sibilla Budrioli e daterebbe fra il 1677 e il vece ad un giovanissimo Donato. 1678, gli anni che segnano il rientro del Canuti da Roma Stando ai disegni certi che gli si possono riferire, ap- e che mettono nuovamente a confronto i due capiscuo- pare piuttosto chiaro al contrario l’interesse per la pras- la; è del resto in uno spirito di competizione accademi- si disegnativa che egli dispiega impiegando tutte le tec- ca che si deve interpretare la commissione ai due pittori niche, dalla sanguigna, come nel caso del nostro foglio, delle due sibille, non a caso volutamente identiche nella alla matita nera, fino al monocromo a olio su carta, pas-

fig. 1: Lorenzo Pasinelli, Sibilla Budrioli, già Londra, Sotheby’s, 8/12/2010, lotto n. 31, su gentile concessione della Fototeca della Fondazione Federico Zeri, inv. n. 114009. fig. 2: Giuseppe M. Rolli (da Lorenzo Pasinelli), Sibilla Budrioli, acquaforte, Londra, The British Museum, Inv. n. 1874, 0808.737. 20 20 sando all’inchiostro a penna e/o acqerellato. Sul piano tecnico è comunque chiaro come l’uso della matita ros- sa a tratto sottile e rapidamente svolto in una matassa di tracciati continui e sovrapposti, quasi senza mai di- stanziare la punta dal foglio, discendano inequivocabil- mente dall’esempio di Simone Cantarini. Stesso può dir- si delle tipiche abbreviazioni con cui sono ripresi i dati anatomici delle figure, per concentrare l’attenzione e lo studio sull’ossatura formale della figura e sul ricco pan- neggio, dal prezioso effetto bagnato, che l’avvolge dando risalto alla sua postura elegante e altera. Confrontata alla versione pensosa e austera di Ca- nuti, l’indole altezzosa della figura del Pasinelli l’assi- mila piuttosto ad una rappresentazione di tipo profano, facendola sembrare più una Venere affiancata non tanto da un putto, ma bensì da un vispo Cupido. Simile carat- terizzazione ben si comprende in un maestro come Pa- sinelli spasmodicamente volto all’ideale ricerca di un’e- leganza formale classicheggiante ispirata alla statuaria antica, ma non meno all’eletto esempio di Guido Reni passando attraverso il segno distintivo di Cantarini e il nostro foglio ne dà inequivocabilmente una prova evi- dente. Davide Trevisani

1 Zanotti 1703, p. 36. fornite nel catalogo di ven- 2 Stagni 1988, tav. XXX; n. 48, dita Sotheby’s sopra citato, p. 200. è segnalata la presenza del 3 Londra, Sotheby’s, 8 Dicem- dipinto sul mercato antiqua- bre 2010, lotto n. 31, olio tu rio a Parigi nel 1973 (L’Œil tela, cm 151,8×114,3. Stando galerie d’art) e a New York alle indicazioni fornite da nel 1979. Che l’opera possa Sotheby’s circa le vicende essere stata venduta per tem- collezionistiche dell’opera, po dagli stessi committenti è da casa Budrioli, per via ere- fatto plausibile confermato ditaria, la tela sarebbe con- indirettamente dallo stesso fluita nella collezione del Se- 5 Zanotti. Di un’Erodiade con la natore Grassi (Bologna, 1760 testa di San Giovanni Battista c.), sarebbe poi ricomparsa a sempre dipinta dal Pasinelli New York, sempre ad un’asta per i Budrioli, egli precisa in- Sotheby’s, il 22 Gennaio 2004, fatti che fu da questi venduta lotto n. 82. a caro prezzo a un non me- 4 La vendita Hay ebbe luogo il glio precisato Signor francese 19 Febbraio 1726. L’informa- (Zanotti 1703, p. 37). Che una zione si ricava dalla scheda stessa sorte sia toccata alla Si- di catalogo della Fototeca billa alcuni anni più tardi? Zeri (n. 56654) in cui sono in- 6 Zanotti 1739, I, p. 407. ventariate tre riproduzioni Si veda Stagni idem e Baronci- fotografiche del dipinto (Inv. ni 2010, n. 120, p. 390 nn. 114009, 114010, 114011). Ol- 7 Zanotti 1703, pp. 16–18; pp. tre a essere indicate misure 103–104. della tela identiche a quelle

22 22 8 FRANCESCO SOLIMENA canale di serino (av) 1657 — barra (na) 1747

Martirio di Santa Lucia, c. 1680 Olio su carta applicata su tela, cm 24×38. bibliografia: Spinosa 2018, n. 57, fig. a p. 125.

Francesco Solimena nacque in una borgata del Serino Ai felici esordi di Solimena seguirono le prime im- nel 1657 e ricevette la sua prima formazione dal padre portanti commissioni (affreschi della sacrestia di San Angelo. Trasferitosi a Napoli si perfezionò presso il pit- Paolo Maggiore) caratterizzate da forti contrasti lumi- tore Francesco De Maria, studiando oltre alla pittura la nistici e impaginazioni articolate e scenografiche ispi- filosofia, la storia e la poesia. rate dalle opere di e Pietro da Cortona.2 Al- Alla prima fase dell’esuberanza giovanile appartiene cune esperienze con l’ambiente romano classicista e le il bozzetto raffiguranteIl martirio di santa Lucia. opere di Carlo Maratti spinsero Solimena verso una ri- L’opera realizzata ad olio su carta – e solo successi- cerca di maggiore equilibrio formale, chiarezza compo- vamente trasportata su tela – costituisce la prima rapida sitiva e contenuta resa espressiva come Cristo che conse- idea per una composizione della quale non si conosce gna le chiavi a Pietro (raccolta privata, 1695), San Cristoforo al momento l’esistenza. Spinosa, che per primo pubblica (Monteoliveto, c. 1698) e la Morte di san Giuseppe (Museo l’opera nella recente monografia del pittore (2018), ritie- Salt Lake City, Utah, 1695–1700).3 Dall’inizio degli anni ne che vada datata attorno al 1680 o poco dopo questa Trenta del XVIII secolo, contrariamente alla tendenza data, ma prima dell’intervento nel Coro di Donnaregina generale, Solimena recuperò le esperienze giovanili del Nuova. «Questo studio su carta che presenta, con stesu- Barocco, l’eredità di Preti e dell’ultimo Giordano predi- re dense e rapide di luminose materie cromatiche, solu- ligendo una pittura caratterizzata da contrasti cromatici zioni di forte inclinazione barocca [simili] a quelle che e da una grande invenzione compositiva (lavori esegui- si riscontrano in composizioni anche ‘alla maniera cor- ti in collaborazione dei suoi allievi, per il Palazzo Re- tonosca’, ma più studiate, elaborate e ‘finite’, quali, ad ale in occasione delle nozze di C. di Borbone, Napoli, esempio, la Lapidazione di santo Stefano».1 La velocità del- 1737–38).4 le pennellate generose di colore, il dosato accostamento La sua attività ebbe notevoli riflessi sull’ambiente dei chiaroscuri, la teatralità della scena favorita da una artistico contemporaneo, anche attraverso l’opera dei studiata regia delle figure in movimento, catalizza l’at- suoi seguaci, tra i quali Nicola Maria Rossi, Francesco tenzione sulla figura di Lucia al centro, rendendo par- De Mura, Giuseppe Bonito.5 Si narra infatti che fosse un tecipi del pathos vissuto dai protagonisti del dramma. maestro molto severo, attento anche alla moralità dei Secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, santa suoi allievi. Lui stesso infatti viene ricordato come un Lucia fu processata per essersi convertita al Cristiane- uomo completamente votato alla pittura e particolar- simo dall’arconte di Siracusa Pascasio che nel dipinto è mente virtuoso e modesto, al punto che fin da giova- figura abbozzata resa con pennellate sinuose e avvolta ne vestì abiti clericali – gli stessi che scelse per il suo dall’oscurità in alto a sinistra. Ad esso si contrappone la autoritratto di Capidomonte (1720)6 – che gli valsero il santa illuminata nei delicati colori delle vesti, il cui cor- soprannome di Abate Ciccio. Il suo unico divertimen- po inarcato innaturalmente all’indietro – mentre riceve to era frequentare la sera la casa del suo grande amico il fendente del martirio alla gola – sottolinea la diagona- Alessandro Scarlatti, il più celebre compositore tra la le della scena attorno alla quale ogni personaggio agisce fine del Seicento e il Settecento, dilettandosi della di lui un’emozione diversa. musica.7

1 Spinosa 2018, n. 57, p. 215. 2 ivi, pp. 40–54 (da ultimo, cui si rinvia anche per la biblio- grafia precedente). 3 ivi, p. 73. 4 ivi, pp. 115, 524. 5 ivi, p. 7. 6 ivi, n. 274, pp. 546–547. 7 Fabris 2018, p. 324.

24 24 9 DONATO CRETI cremona 1671 — bologna 1749

Studio di figure Sul verso: Studio per una Predica del Battista (?) Matita rossa, mm 204×194. Iscritto lungo il margine destro, a penna e inchiostro bruno: Pasinelli Lorenzo. Timbro del Musée d’Art et Industrie di Lione (come ‘échange’), non in Lugt.1 provenienza: Lione, Musée d’Art et Industrie; Lione, Galerie Mazarini (2000), come «Pasinelli». bibliografia: Riccòmini 2012, p. 39, n. 23.40 (come di ubicazione ignota e misure sconosciute).

Da una parte, il foglio sembra come diviso da una dia- gonale, che dall’angolo inferiore sinistro punta approssi- mativamente verso quello superiore destro, o viceversa. Non è marcata, ma è solo suggerita dal profilo del cor- po drappeggiato e proteso in avanti d’una donna affan- nata – le braccia aperte come al cospetto d’una dolorosa scoperta, come una Maria al sepolcro – e da quello del volto d’un giovane corrucciato, di proporzione superio- re, ricavato, assieme ad altre teste, barbute, nello spazio che le sta sopra e alle sue spalle. Nel campo di destra c’è, invece, il vuoto, appena alleggerito dalla traccia capo- volta d’una donna che si volge alla sua sinistra, come ad un richiamo, la cui testa è ripetuta per due volte. Dall’al- tra inedita parte (che non v’è, in un foglio come questo, parte di un quaderno di lavoro, ragione di distinguere il recto dal verso, se non per convenienza nel discorrerne), prende corpo un boschereccio tête-à-tête tra quel che si direbbe il Battista – giovane e barbato, la chioma fluen- te, seduto con le gambe accavallate, le spalle coperte da una sottile tunica allacciata al collo – e un vecchio ca- nuto che gli si rivolge da un piano inferiore, accompa- gnando con la mano destra il suo pensiero. La carta è solcata dalla traccia nervosa d’una morbi- da matita rossa, quella prediletta da Creti (e non da Lo- renzo Pasinelli, come vorrebbe la scritta antica a penna sul suo recto) negli anni di formazione, e poi abbandona- ta a favore del segno incancellabile dell’inchiostro bru- no sulla punta d’un pennino affilato.

26 26 Come spesso nei fogli di Creti, non c’è traccia d’un approdo su tela delle scene qui tratteggiate. Tuttavia, se si accoglie il suggerimento che la figura sulverso sia san Giovanni Battista, si può immaginare allora come que- sto possa essere un primo pensiero per la paletta con la Predica del Battista, già a Firenze presso Contini Bona- cossi, poi a Houston, oggi allo Smart Museum of Art di Chicago,2 eseguita in vista del perduto «San Giovanni Battista predicante alle Turbe, quadro grande, figure in- tiere quanto il naturale» ricordato da Marcello Oretti in Casa del conte Fava «di rimpetto le Suore della Madda- lena, via di Galliera».3 Roli la datava ai primi anni del Settecento,4 ma an- drà pensata un poco più indietro, per via dell’evidente perdurare della ‘malia’ veronesiana, tra aperte citazioni (come la figura inturbantata d’un ‘Vitellio’, sulla destra) e prestiti di tavolozza, nei colori accesi e squillanti mu- tuati, appunto, da quelli del Veronese, che il giovane Creti vide prima a Modena (dove studiò, ricopiandole a matita, le tele Cuccina), attorno al 1690, poi a Venezia, dove copiò la sua pala in San Zaccaria (come sappiamo dal foglio datato dal conte Alessandro Fava ‘1693’, con- servato presso la Fondazione Giorgio Cini).5 Poco prima di quella data, tra il finire degli anni Ot- tanta del Seicento e i primissimi anni dell’ultimo decen- nio di quel secolo, andrà dunque posto questo foglio, inedito sino ad ora nel suo verso. Marco Riccòmini

1 Si vedano, in proposito, i nn. 3 Marcello Oretti 1984, p. 89, [b] L.1699a e L.1699b del Musée 39/11. des Tissus et des Arts décor- 4 Roli 1967, pp. 93–94, n. 67, atifs di Lione. fig. 9. 2 Inv. n. 1973.46. Gift of the Sa- 5 Riccòmini 2012, p. 79, n. 90.44. muel H. Kress Foundation. Olio su tela, cm 90,5×62,6. Si veda: Riccòmini 2012, p. 112, fig. 24.

28 28 10 DONATO CRETI cremona 1671 — bologna 1749

Andata al Calvario, 1687 Olio su rame, cm 20×39, in ovale. Sul retro del rame, a inchiostro bruno: «4/3/3/5/[ai quattro punti cardinali del rame] la passe di Sone / per d10 . &30 / li 9 Ott. 1687 /AL° FAa». provenienza: Bologna, Casa Fava; Milano, Finarte, 2 dicembre 1975, lotto 33. bibliografia: La pittura Bolognese del ’700 1994 n. 1, ad vocem; Riccòmini 2012, p. 85, fig. 5.

Seguito da un foglio di identico soggetto ed egualmente aggiungono, a distanza d’una decina d’anni, inedite lac- in ovale, anch’esso autografato sul verso con le proprie che e sottili rialzi di bianco. iniziali dal conte Alessandro Fava (con la data «1688»)1 Il foglio già a Londra, il tondo di Fiesso e il rame in (fig. 1), l’Andata al Calvario su rame del sedicenne Cre- questione, nell’identica mise en page dell’Andata al Cal- ti va identificata con quella che nel 1745 si trovava nel- vario, ambientata sotto un cielo striato e ‘lagunare’, con la «Galleria Grande Dipinta dal Carazzi» menzionata le figure raggruppate lungo l’asse scritto dal legno del- nell’«Inventario Legale dell’Eredità Fava in Bologna»: la croce, quasi fossero scolpite sui fianchi d’un sarco- «Nostro Signore che porta la croce al Calvario, dipinto fago tardo romano, denunciano una dipendenza ideale in rame, con cornice dorata e cassa filettata d’oro, del dal modello inventato da per la sua tela Creti, L. 100»;2 probabilmente, lo stesso «Cristo appassio- di medesimo soggetto un tempo a Venezia in Palazzo nato», ricordato da Marcello Oretti nella Casa bologne- Cuccina (oggi Papadopoli), poi nella galleria del duca se dei «Signori Conti Fava, rincontro la chiesa dei Padri di Modena, dove, assieme alle sue tre compagne, la vide Filippini, Strada di Galliera».3 e studiò il giovane Creti (accompagnato allora da Pietro Di certo, lo svolgimento d’una delle scene termina- Ercole Fava), oggi presso la Gemäldegalerie di Dresda. li della Passione ricalca quello già ideato per il tondo A testimoniare l’affiliazione del giovane Creti ai col medesimo tema neotestamentario, parte dei Miste- conti Fava, la stessa firma che compare su quattro fo- ri del Rosario della chiesa parrocchiale di San Pietro a gli autografati uno da Alessandro e tre dal figlio Pietro Fiesso, nei pressi di Bologna, eseguita da Creti attorno Ercole Fava. Tra questi, uno alterna una scena comica al 1688.4 (fig. 2) Torna, infatti, sul rame la posa del Re- (quella dei Ladri di salumi) a una sacra (una Adorazione dentore piegato sulle ginocchia, schiacciato dal peso del dei Magi), mentre i restanti tre narrano in maniera seria legno, così come quella dello sgherro in camicia bian- (e anche un po’ faceta) storie della vita del Cristo (due ca che, mostrandoci le spalle e l’ovale del capo, regge le sono scene notturne con frati cappuccini che circonda- braccia della croce. no un giovane in un bosco: la Cattura di Cristo), e uno Il tocco si fa qui più smaltato, grazie al supporto in raffigura una Madonna col Bambino e un angelo.5 metallo, e alla tavolozza terrosa dispiegata a Fiesso si Marco Riccòmini

1 Si vedano, in proposito, i nn. 2 Inv. n. 1973.46. Gift of the Sam- 3 Marcello Oretti 1984, p. 89, [b] 5 Riccòmini 2012, p. 79, n. L.1699a e L.1699b del Musée uel H. Kress Foundation. Olio 39/11. 90.44. des Tissus et des Arts décor- su tela, cm 90,5×62,6. Si veda: 4 Roli 1967, pp. 93–94, n. 67, atifs di Lione. Riccòmini 2012, p. 112, fig. 24. fig. 9.

fig. 1: Donato Creti, Andata al Calvario, già Londra, Thomas Williams Fine Art (2001). fig. 2: Donato Creti, Andata al Calvario, Fiesso (Bologna), chiesa parrocchiale di San Pietro. 30 30 11 DONATO CRETI cremona 1671 — bologna 1749

Studio di giovane seduto (recto), c. 1711; Sul verso: Studio di tre figure. Matita rossa (recto); matita nera (verso), mm 230×175. In basso a sinistra, la scritta (non autografa) a penna e inchiostro nero: Donato Creti. Sul verso, a penna e inchiostro bruno: S. Donato Creti 21:10. bibliografia: Italian Old Master Drawings 1990, pp. 86–87, n. 36, ill. recto e verso; Riccòmini 2012, p. 71, n. 88.1.

Berretto piumato e ampia sottana di stoffa pesante (che sia taffetà?), lunga fino ai piedi, e anche oltre, da sol- levare ai bordi quando ci si siede, come se si fosse in costume, nel mezzo d’una fiaba ariostea ambientata al tempo lontano di Niccolò dell’Abate; il profilo perduto, anzi, smarrito, ben oltre il confine terreno (e terrestre) del foglio bianco. Seduto a scrutare il cielo di notte, è il giovane tratteggiato con la matita rossa dal Creti matu- ro. Guarda, forse, il distante pianeta Marte, visibile dal- la Terra anche a occhio nudo nelle terse sere d’estate, magari al fresco d’un colle sopra il profilo della città di Bologna. C’è da immaginare che sia il pianeta rosso l’og- getto della sua attenzione, perché in un angolo al verso del foglio, sono schizzate a matita nera tre figure, una delle quali indica con il dito un punto lontano; proprio come fa il giovane, anch’egli con le piume sul cappello, agghindato con un ampio manto arancio, nel Marte di- pinto da Creti attorno al 1711 (fig. 1).1 A ben guardare, lo stesso giovane rapito dalla poe- sia dei cieli e delle stelle torna anche sul verso del foglio, pressappoco nella medesima posa. Sembra come ascol- tare l’uomo che, in piedi, rivolgendosi a lui, indica con la mano l’astro luminoso nel buio del cielo. Nel dipin- to c’è, invece, chi, seduto a terra, sembra prendere nota delle osservazioni fatte senza uso di strumenti scientifici. La serie cosiddetta dei Pianeti (oggi in Pinacote- ca Vaticana, dove arrivarono dal palazzo pontificio di Castel Gandolfo) nasceva attorno al 1711 su comando del generale conte Luigi Marsili. Dietro suggerimento

fig. 1: Donato Creti, Marte, Roma, Pinacoteca Vaticana. 32 32 dell’illustre scienziato nonché uomo di lettere Eusta- chio Manfredi (autore, tra le altre cose, delle Ephemerides motuum Coelestium ... Ad usum Bononiensis Scientiarum Insti- tuti, stampate a Bologna nel 1715), a Creti si affiancò nella realizzazione il miniatore Raimondo Manzini, affinché quest’ultimo eseguisse nella maniera la più accurata pos- sibile e rispondente al vero gli astri designati: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno e una Cometa. L’intento del conte Marsili, fondatore in casa propria dell’Accademia degli Inquieti (con annessa piccola spe- cola «atta a quell’osservazioni che erano necessarie»),2 e promotore della fondazione dell’Istituto delle Scien- ze a Bologna, era quello di donare la serie commessa al Creti (e al Manzini) al papa Clemente XI (l’urbinate Giovanni Francesco Albani cui, per inciso, il Manfredi avrebbe di lì a quattro anni, dedicato i suoi due tomi sul calcolo delle effemeridi), affinché questi, si convinces- se a sponsorizzare la ricerca astronomica del neonato istituto bolognese. Di quella speranza caduta nel vuoto (difficile imma- ginare, anche in un pontefice illuminato, il desiderio di indagare le stelle con mezzi scientifici, quando nel se- colo passato Galileo Galilei passò non pochi guai pro- prio per aver, tra l’altro, puntato per primo un telescopio verso Marte) restano, però, le piccole tele del Creti, tra le più sognanti e poetiche opere dell’intero Settecento, non solo nostrano; e a queste si affiancano una mancia- ta di studi preparatori,3 come quello in questione; il cui recto, finito, andrà pensato come foglio a sé stante, da collezione, destinato al cabinet d’un amante delle scien- ze come delle arti. Marco Riccòmini

1 Roli 1967, p. 96, n. 87, fig. 21. a Londra (Riccòmini 2012, 2 Cavazzoni Zanotti 1745, p. 17. n. 73.1); il Giovane con sestante 3 A questo si aggiungono sol- dell’Ermitage (Inv. n. 20670; tanto i due fogli di Dresda Riccòmini 2012, n. 80.3) e gli (Inv. nn. C 6465 e C 7341; Ric- Astronomi della Pinacoteca còmini 2012, nn. 31.8 e 31.9); Nazionale di Bologna (Inv. n. quello già presso Phillips 38.34; Riccòmini 2012, n. 11.13).

34 34 12 FRANCESCO FONTEBASSO venezia 1701 — 1769

Studio per la testa di un fanciullo, c. 1730 Sul verso: Studio per la figura di san Leonardo Matita nera (recto); penna e inchiostro bruno (verso), mm 350×258. provenienza: L. Pollak (Lugt Suppl. 788b). bibliografia: Magrini 1988, p. 194, n. 179; Italian Old Master Drawings 1998, n. 17.

Francesco Fontebasso fu dapprima allievo di Sebastiano Ricci, si recò poi a Roma per perfezionare la sua forma- zione e nel 1728 fu tra i vincitori del Concorso Clementino. Al suo ritorno a Venezia nello stesso anno, si fermò a Bologna, dove rimase molto colpito dall’opera di Vitto- rio Maria Bigari e di Donato Creti. Rientrato a Venezia raggiunse molto presto il suc- cesso annoverando tra i suoi committenti l’aristocrazia cittadina e la Chiesa, per i quali realizzò grandi cicli decorativi e dipinti da camera. Tra le opere principali si ricordano gli affreschi nella chiesa dei Gesuiti (1734), quelli a Palazzo Duodo (1742–53) e a Palazzo Barbarigo (1745) e, prima ancora, a Trento, il ciclo decorativo per la Chiesa dell’Annunziata (1736). Nel 1761, Fontebasso si trasferì a San Pietroburgo, dove eseguì lavori di decorazione nel Palazzo d’Inver- no. Ritornato a Venezia nel 1762 fu nominato professo- re all’Accademia, istituzione della quale divenne presi- dente nel 1768. L’arte di Francesco rimase sostanzialmente debitri- ce dello stile del suo primo maestro, Sebastiano Ricci, anche se, col passare del tempo, fu influenzato da Gio- vanbattista Tiepolo, il cui lavoro gli era ben noto. Fon- tebasso fu anche un prolifico disegnatore e i suoi disegni mostrano una gamma sorprendente di tecniche e me- dium: dai rapidi schizzi a matita nera, agli accurati studi a penna resi con tratto incisorio (l’artista era anche inci- sore) a disegni finiti preparatori per i suoi dipinti.

fig. 1: Francesco Fontebasso, San Lorenzo Giustiniani, Leonardo e Nicola da Bari, Venezia, chiesa di San Salvador. 36 FRANCESCO FONTEBASSO venezia 1701 — 1769

36 Il nostro foglio, disegnato recto verso, è preparato- rio per la pala d’altare con i Santi Lorenzo Giustiniani, Le- onardo e Nicola di Bari, nella chiesa veneziana di San Sal- vador (fig. 1). Il dipinto fu commissionato e pagato dalla famiglia Cornaro nel 17371 ed era considerato sia dalla critica sia dal pubblico dell’epoca uno dei meglio riusci- ti di Fontebasso. Il recto del nostro disegno è uno studio, ancora fortemente Riccesco nel carattere, per l’accolito a sinistra nella pala d’altare ed è paragonabile stilistica- mente a uno Studio di una figura e una mano maschile, ven- duto a New York.2 Il verso del nostro foglio mostra inve- ce vari studi per la figura centrale di san Leonardo. Uno di questi mostra il santo contro uno sfondo, forse l’archi- tettura della pala d’altare. Questi schizzi, dai quali affiora l’influenza di Gaspare Diziani e Donato Creti, sono tipi- ci della grafica di Fontebasso degli anni attorno al 1730.

1 Si veda Magrini 1988, p. 194, n. 179, fig. 24. 2 New York, Sotheby’s, 10 gen- naio 1995, lot 7.

38 38 13 UBALDO GANDOLFI san matteo della decima, 1728 — ravenna, 1781

Ritratto di fanciulla di profilo (la nipote Marta?) Matita rossa e gesso bianco su carta cerulea, mm 305×220. In alto a destra, a penna e inchiostro bruno: Gandolfi Mauro. Sul verso, a penna e inchiostro bruno: 9. provenienza: Bologna, collezione privata. bibliografia: Bagni 1992, p. 28, n. 24; Riccòmini 2016, pp. 50–51, scheda 15.

Sorta di fermoimmagine, il foglio ci cala in un momen- spressione di un sentimento di affettività paterna di al- to di quotidiana intimità familiare presentandoci il ri- tissima intensità. tratto di una fanciulla di casa Gandolfi; forse si tratta La delicatezza di alcuni passaggi tonali nei chiaro- di Marta,1 l’unica figlia di Gaetano o una delle figlie del scuri finisce col convincerci che per Ubaldo il senso del- fratello Ubaldo, l’autore di questo bel disegno. la luce di quella giornata sia l’altro grande soggetto del Dal tepore del lume, si direbbe d’essere nel bel disegno. Tutto è messo in opera perché la figura l’accol- mezzo di una giornata di fine primavera o di già ini- ga. Ecco allora che un insieme di trecce un po’ scom- zio estate. È comunque un momento privato, forse si è poste liberano la nuca dai capelli per metterla a nudo a colazione, chissà, un momento lontano dall’impegno mentre la torsione del collo porta in un cono d’ombra il formale del lavoro in atelier e in cui il pittore prende volto e il profilo dando risalto agli occhi tondi e al naso piacere a che sia il reale, nella sua banale franchezza, a a patata. È solo in seconda battuta, scorrendo lo sguar- ispirarlo, fissando lo scorrere di un attimo di vita del suo do tra la zona in luce e quella in ombra, che ci si ac- stretto entourage. corge della piccola anella infilata nel lobo dell’orecchio; Il disegno, almeno nelle sue parti portanti, è condot- sorpresi da questa scoperta, si è tentati di credere che to con estrema immediatezza e libertà, per poi essere lu- il vero soggetto del ritratto sia appunto questo piccolo meggiato nei chiaroscuri con maggior cura, ma sempre orecchino cui il volto della nostra fanciulla fa da cornice. con estrema rapidità di tocco che fa quasi vibrare i con- Si può essere spinti a credere che, specie nei fogli torni dei profili; come nella bocca, dove la sinuosità del- di Gaetano, le trecce che ornano il capo dei suoi piccoli le labbra è rincorsa attraverso un doppio tracciato quasi pargoli rispecchino un gusto di moda all’epoca. Come a bloccarne un movimento in corso. ben dimostra il foglio del British Museum qui pubblica- Ubaldo prende probabilmente di riflesso dal fratello to (fig. 1), non è tuttavia da considerare un’acconciatu- Gaetano lo spunto di ritrarre i pargoli di famiglia libe- ra esclusivamente maschile. Si tratta in realtà molto più randoli dall’ufficialità di una posa impettita o formale; 2 banalmente di un’espediente pratico, semplice quanto è soprattutto quest’ultimo che svilupperà questa idea in efficace, che si aveva in casa Gandolfi per liberare i volti una ricca serie di fogli in cui ritrarrà la sua innumerevo- dai lunghi capelli e poterli così meglio ritrarre, renden- le prole in ritratti singoli o doppi (figg. 1 e 2) scrutando- do più leggibili l’espressione degli occhi e gli sbattimenti ne affettuosamente l’attività quasi fosse un osservatore di luce sulla pelle. Lo stesso Mauro, cui questo è foglio invisibile. Se la delicatezza della sanguigna impiegata è stato erroneamente attribuito, ricorrerà all’uso di que- da Ubaldo certo esprime la carezzevole tenerezza con sta soluzione paterna, liberando il volto del suo modello cui egli riprende le fattezze della fanciulla, l’impiego di preferito col medesimo tipo di treccia raccolta sul capo più matite permette invece a Gaetano di giungere all’e- come ben illustrano alcuni fogli della Raccolta Certani.3 Davide Trevisani

1 Ringraziamo John Marciari Stando al ritratto che Gaeta- la sospensione di un punto dolfini.it/it/asta-0316/gaeta- per averci suggerito la possi- no esegue della moglie poco interrogativo. no-gandolfi.asp; cfr. anche bilità che, in base alla morfo- dopo il loro matrimonio, il 2 Sull’argomento si veda: Riccòmini 2018, pp. 121–123, logia nota del naso materno, naso delle due figure è in ef- Cazort 1990, pp. 87–98. nn. 87–88. nella nostra giovinetta sia fetti tanto simile da confer- 3 Si rimada a M. Riccomini, identificabile Marta Gandolfi. mare l’ipotesi; cautela vuole n. 147 in URL www.pan-

fig. 1: Gaetano Gandolfi,Ritratto di ragazza leggente, Londra, The British Museum, inv. n. 1946,0713.1321; fig. 2: Gaetano Gandolfi,Ritratti di due dei figli dell’artista, su gentile concessione di Pandolfini Casa d’Aste, Firenze. 40 40 14 GAETANO GANDOLFI san matteo della decima, 1734 — bologna, 1802

Studio per la Comunione degli Apostoli, 1797 Matita nera, mm 430×307. Sul verso firmato a matita:G. G. f. ‘1797’.

Il foglio prepara la metà sinistra della grande pala d’alta- Gandolfi vennero chieste due pale, unaComunione degli re con la Comunione degli Apostoli in San Lorenzo del mo- Apostoli per l’altare del SS. Sacramento e un Martirio di nastero dei Servi di Maria a Budrio (Bologna),1 siglata e San Lorenzo, per il coro, entrambe ancora in situ.2 datata al verso da Gaetano Gandolfi ‘1797’ (fig. 1). Dieci sono gli Apostoli sul foglio, tutti e dodici sono, È Prisco Bagni a raccontare la gustosa storia della a contarli, quelli sulla tela. Dieci ‘in coda’, in attesa del commissione del dipinto, appresa dal Libro dei Partiti loro turno per ricevere l’ostia consacrata dalle mani del del convento: «Settanta parrocchiani, allettatisi da quan- Cristo, uno, il più giovane, a noi di spalle, lo sguardo to erasi fatto per ridurre la chiesa nello stato summen- rivolto al cielo, e l’ultimo, il προδότης ossia il ‘tradito- zionato [quando, ossia, venne riedificata] si misero in re’, Giuda ‘iscariota’, ‘uomo di Qeriyyoth’ (nella Giudea capo di voler tentare ... di fare anche la cappella mag- meridionale), nascosto dietro l’altare, tormentato dal de- giore ... e determinarono di sborsare la tenue somma di monio («Satana entrò in lui», scrive Giovanni nel suo nove baiocchi per ciascheduno, e con questi giocare per Vangelo),3 sotto le forme d’un orribile rapace dalle ali un anno intiero in tutte le estrazioni di Roma un terno uncinate e il muso affilato d’un cane. Eppure non sap- di trentacinque baiocchi, con questa ardita espressione piamo se costui partecipò o meno all’istituzione dell’Eu- che se S. Lorenzo voleva la chiesa finita gli avrebbe fat- carestia, tra chi ne ricorda la presenza, come Giovanni ti vincere il terno». E, per quanto possa sembrare inve- e Matteo4 e chi, invece, la nega, come Sant’ Agostino.5 rosimile, il desiderio dei parrocchiani fu esaudito e, alla Attento alla narrazione dei testi evangelici, nel fo- fine, vinsero davvero al lotto: «Doppo aver seguitato tut- glio di studio, Gaetano si concentra sulla metà di sini- to l’anno a giocare, ma sempre indarno, l’ultima volta stra della pala che, come sua prassi, ricalca esattamente e con l’ultimi quattrini, vincono il terno di novemilla l’invenzione su carta, cui segue, pure identica, la prima lire bolognesi». Con quel gruzzolo, subito depositato al stesura su tela, nel bozzetto ancora conservato nella sa- Monte di Pietà, si diedero inizio ai lavori per la cappel- grestia della parrocchiale di Budrio.6 la maggiore. Per l’abbellimento della chiesa, a Gaetano Marco Riccòmini

1 Biagi Maino 1995, p. 407, n. 5 Sant’Agostino, In Evangelium 240, figg. 266–267. Ioannis tractatus centum viginti 2 Bagni 1992, p. 415, n. 391. quatuor, LXII, 3. 3 Vangelo secondo Giovanni, 6 Bagni 1992, p. 413, n. 389. Olio XIII, 27. su tela, cm 68,5×45,3. 4 Vangelo secondo Giovanni, XIII, 2–32; Vangelo secondo Matteo, XXVI, 20.

fig. 1: Gaetano Gandolfi, Comunione degli Apostoli, Budrio (Bologna), chiesa di San Lorenzo, su gentile concessione della Fototeca della Fondazione Federico Zeri (n. 70338). 42 42 15 JACOPO ALESSANDRO CALVI detto IL SORDINO bologna 1740 — 1815

Studio di volto maschile Sanguigna, mm 234×205. provenienza: Parigi, collezione privata.

La testa è reclinata verso sinistra, gli occhi sono rivolti della pittura bolognese del Settecento, assieme al ben al cielo a dialogare con l’altrove, la bocca dischiusa tra più noto e talentuoso Gaetano Gandolfi. stupore e rapimento. Quell’attitudine e quello sguardo Calvi, soprannominato Sordino per la menomazio- di reniana memoria sono per Jacopo Alessandro Calvi ne uditiva causatagli in giovane età da una malattia, fu quasi un motivo firma che il pittore impiega nei volti di avviato allo studio della pittura presso Giuseppe Varot- tanti comprimari dei suoi dipinti, attori o semplici spet- ti (1715–1780) e successivamente fu affidato al letterato e tatori di Martiri, Crocifissioni, Sacre Conversazioni. pittore Giampietro Zanotti (1674–1755) del quale divenne Il bel volto nel foglio trova confronti con opere che l’allievo prediletto. coprono l’intero arco della sua carriera. Rimeditando sui grandi della pittura bolognese del Solo per menzionare qualche esempio significativo Seicento e aggiornandosi con numerosi viaggi studio in il medesimo sguardo, la stessa lunga e aggraziata can- Toscana, Veneto ed Emilia, Calvi elaborò un suo origina- na del naso e le labbra carnose sono dell’Apostolo alla le linguaggio pittorico incentrato su canoni di equilibrio e sinistra della Vergine nella Pentecoste di Cingoli 1 (1771), di armonia, solidità di disegno e caratterizzato da una ta- dell’angelo sulla sinistra del Cristo nella pala del Sacro volozza capace di accostare ai colori tenui, tinte cangianti Cuore in San Giuliano a Bologna, (circa 1780) (fig. 1) e luminose. Divenuto esponente di quel classicismo i cui e, sempre nella città felsinea, del giovane san Lorenzo2 centri propulsivi erano le Accademie, si fece interprete in della pala dei Santi Erasmo e Lorenzo in San Petronio pittura di una devozione sentita nella quale l’intera comu- (1795) (fig. 2). nità, in particolare quella bolognese, poteva rispecchiarsi. Gli omologhi dipinti rispetto al disegno hanno tut- Coltivò interesse per la letteratura, licenziando al- tavia capelli più fluenti, partecipi anch’essi del moto cuni interessanti scritti tra i quali si ricorda, Notizie del- emotivo del personaggio a cui attribuiscono enfasi e la vita, e delle opere del Cav. Gio. Francesco Barbieri detto il non presentano quella graziosa e leggera barbetta a col- Guercino da Cento,4 pittore a cui si sentiva stilisticamen- lare della sanguigna. Quest’ultima indaga nel dettaglio te affine e forse affettivamente vicino per il sopranno- il volto con un tratto fine che si dirada e si infittisce per me che anche nel centese sottolineava un difetto fisico. definire ombre e luci, arrivando a descrivere il più lezio- Fu collezionista appassionato di libri antichi, di- so dei dettagli: il ricciolo di giovane barba dalla cresci- segni e dipinti sviluppando grandi doti da connoisseur ta irregolare formatosi sotto l’orecchio sinistro. Questa grazie alle quali era spesso convocato, anche all’estero, aderenza al reale suggerisce che si tratti di un modello a dirimere questioni attributive. in carne ed ossa, un giovanotto dell’epoca del Calvi che La sua committenza riflette la rete di relazioni che per lui, nel suo studio, dovette posare. seppe tessere lungo tutto l’arco della sua vita entrando L’inedito foglio va ad arricchire il corpus delle ope- in contatto con le persone più in vista della sua epoca. re dell’artista per il quale manca ad oggi un studio mo- Le sue opere furono richieste non solo nel bologne- nografico che ne indaghi l’intera produzione.3 Precoce- se ma anche a Spoleto, , Siena, Maggiano, Cin- mente dimenticato a pochi anni dalla sua morte, Jacopo goli, York, Wesel in Vestfalia, Barcellona e Cracovia.5 Alessandro Calvi fu in realtà un protagonista assoluto

* In ricordo di Eugenio Busman- Lorenzo, priva del capo, ap- pp. 125–126, ill. XI, 295a-299a; gomi 2011; Conti 2010. ti conoscitore e studioso del partiene alle Collezioni della Zamboni 1979, p. 222, ill. 316- 4 Calvi 1842. Calvi. Cassa di Risparmio di Bolo- 317; Busmanti 1979; Busman- 5 Busmanti 1989; Biagi Maino 1 Bergomi 2016. gna, (Varignana 1973, scheda ti, Pierallini 1989; Si vedano 2004, ad vocem; Conti 2006. 2 Il disegno preparatorio a car- 338, tav 124). anche i più recenti contributi: boncino per la figura di san 3 Per il Calvi si veda: Roli 1977, Conti 2006; Iseppi 2015; Ber-

fig. 1: Jacopo Alessandro Calvi, Sacro Cuore, Bologna, San Giuliano, su gentile concessione della Fototeca della Fondazione Federico Zeri (n. 71271). / fig. 2: Jacopo Alessandro Calvi, Santi Erasmo e Lorenzo (dettaglio) Bologna, San Petronio. 44 44 16 FELICE GIANI san sebastiano curone 1758 — roma 1823

Autoritratto al cavalletto, 1790 circa Inchiostro bruno su carta, mm 235×183. bibliografia: Leone 2009, p. 31, fig. II.5 a p. 85.

Questo foglio, riemerso in tempi relativamente recenti, delle lettere, non più sulla copia ma su un tema d’inven- avrebbe certamente trovato degna collocazione nell’illu- zione che necessitava dunque il ricorso a qualità crea- minante sezione dedicata all’immagine dell’artista con- tive e virtù impaginative.3 Avendo acquisito dagli artisti tenuta nella monumentale e definitiva monografia gia- gravitanti attorno al cosiddetto Fuessli circle, che erano nesca firmata da Anna Ottani Cavina.1 stazionati a Roma fino a pochi anni prima, l’uso del- Più precisamente, sarebbe andato ad arricchire la se- la linea quale «congegno rappresentativo di essenzialità rie di opere in cui Giani si raffiguraen artiste, che com- astrattiva a scopo conoscitivo»,4 Giani e gli altri avevano prende, in particolare, un altro autoritratto (New York, eletto il disegno quale strumento ideale di espressione Cooper-Hewitt Museum) dove il pittore si rappresen- delle loro sperimentazioni anticlassiche. ta chino sul cavalletto durante una sessione di lavoro Proprio nei nordici come John Flaxman, James Bar- «a lume di notte» (fig. 1), di cui il nostro può essere ad ry e Jakob Carstens, «nell’autoanalisi e nella propensio- evidenza considerato l’omologo diurno: i raggi solari, ne al profondo» che contraddistingue i loro autoritratti, provenienti da una piccola finestra, sono indirizzati da Ottani Cavina ritrova gli elementi caratterizzanti l’im- Giani con frenetici tratti di inchiostro verso il cavallet- magine che Giani volle perpetuare di sé. «Disegnare, a to davanti al quale il pittore siede in ciabatte e veste da quel punto – scrive la studiosa – non era più un’opera- camera mentre fa vibrare il pennello sulla tela all’inter- zione diretta (tanto meno innocente), anche se nell’au- no di un ambiente spoglio che rispecchia il suo spirito toritratto l’artista lavorava necessariamente sulla realtà. votato allo stoicismo. Disegnare era invece l’esplorazione più profonda che un Anche Francesco Leone mette in stretta relazione i soggetto potesse tentare di sé, un’operazione complessa due autoritratti, «per formato e ispirazione», e avvicina il che passava attraverso le fasi del diario, dell’autobiogra- nostro, che reputa «bellissimo», anche «a taluni fogli del fia, della deformazione, della messa in scena, mai asso- Fondo Dubini del Museo Civico di Torino con figure lutamente certezza naturalistica».5 singole rese in modo caricato, provenienti chiaramen- In base a queste considerazioni non può non lascia- te da uno stesso taccuino e tra i quali spicca il ben noto re inizialmente spiazzati la modalità con cui Giani sce- Autoritratto con l’immagine della Diana Efesia datato 1789, e glie di rappresentarsi in questo Autoritratto al cavalletto, soprattutto le enigmatiche effigi dell’Incappucciato e del ovvero con in mano la tavolozza. Potrebbe essere il suo Macellaio». Queste affinità stilistiche inducono Leone a spirito guascone e irriverente a suggerirci una chiave datare il foglio qui descritto intorno al 1790, in corri- di lettura per questa apparente anomalia: Giani qui si spondenza dell’arrivo del pittore a Roma e delle con- mostra vestito in tono dimesso, con papalina e ciabat- seguenti prime esperienze dell’Accademia de’ Pensieri,2 te, all’interno di una stanza spoglia, priva di qualsiasi fondata dallo stesso Giani, dove erano soliti riunirsi ar- attributo qualificante, in netta controtendenza con gli tisti di diverse provenienze divenuti insofferenti agli in- autoritratti ridondanti a cui gli accademici paludati af- segnamenti tradizionali impartiti nelle accademie tra- fidavano l’affermazione del loro status sociale. A dare dizionali. Nelle riunioni serali di Palazzo Corea in via ulteriore brio allo sberleffo, la presenza degli strumenti Ripetta, una spontanea assemblea di artisti già formati da disegno, in posizione defilata ma ben visibili sopra intendeva misurare le proprie doti, il bagaglio culturale la cassetta, riposti temporaneamente per essere ripresi accumulato, le proprie conoscenze della storia, del mito, al termine della messa in scena.

1 Ottani Cavina 1999. 3 Rudolph 1977, p. 176 passim. 5 Ottani Cavina 1999, I, pp. 51–60; 2 Leone 2009, pp. 19–34, 78, 85 4 Leone 2009, pp. 19–34, 78, 85 II, pp. 927–929. (fig. II.5). (fig. II.5).

fig. 1: Felice Giani, Autoritratto al lume, New York, Cooper-Hewitt Museum, inv. 1901-39-2040. 46 46 17 piacenza 1765 — 1830

Ritratto di dama, c. 1800 Olio su tela, cm 65 ×50. bibliografia: Sgarbi 2004, ill. p. 126; Sgarbi 2005, ill. p. 138; Busmanti 2009.

Insieme a Camuccini e Appiani, Gaspare Landi si con- Forse per quel più denso senso del reale, la resa più tende il ruolo di più grande pittore italiano del primo umanizzata nell’attitudine della figura cui fa eco l’im- trentennio dell’Ottocento. Di questa contesa ne erano piego di una tavolozza dai toni più ribassati e natura- già consapevoli i contemporanei, fu infatti un suo amico li, si dovrebbe essere a date un po’ più avanzate, più sul sincero e stimato, Antonio Canova, che così lo promos- crinale del 1800, che non quelle prospettate da Eugenio se a Parigi al cospetto di Napoleone. Si può anzi dire Busmanti all’inizio del nono decennio del Settecento. che, ancor più dei suoi comprimari, Gasperi Landi in- Di straordinaria puntualità critica sono invece le paro- carni per la pittura il ruolo straordinario che ebbe l’ami- le usate da quest’ultimo nel mettere in luce l’altissima co Canova per la scultura. Attraverso l’esempio della su- quota di Gaspare Landi ritrattista raggiunta in questa blime pittura di Pompeo Batoni, prima, e di Domenico tela. «Si converrà … [scrive Busmanti] … non potersi in- Corvi, poi, maestri presso i quali il pittore piacentino contrare uno sguardo così limpido e franco, un sorriso svolse un suo alunnato, Gaspare Landi contribuì alla così godibile, come la quintessenza di una femminilità definizione formale di una bellezza neoclassica, fatta trattenuta. Uniti a un tocco così inglese, un’immediatez- di sublime grazia e delicata espressione, trovando eco e za così francese, la grazia del Correggio e il colore dei ispirazione nella politezza di splendore dei marmi scol- veneti e si avrà il sospetto di contemplare un piccolo piti dall’amico Canova. capolavoro».2 Soprattutto dedito alla grande pittura d’historia di Inutile provarsi a cercare formule migliori per ri- soggetto elevato e tono aulico, si trovò suo malgrado, marcare l’eccellenza di resa pittorica e psicologica di ma non a torto, come ben dimostra l’opera qui presen- questo «ritratto parlante» e che ben delineano non sol- tata, a essere particolarmente apprezzato e richiesto per tanto l’intenzione, riuscitissima, di renderci un’immagi- le sue doti di grande ritrattista. Non amava fare ritratti ne franca e naturale di questa giovane donna, d’istan- né soprattutto avere riconoscimenti in un genere di pit- tanea vitalità, suggerendone anche nello sguardo una tura che riteneva non alla sua altezza, accettava tuttavia passione languida eppur discreta, ma anche l’eccellen- di buon grado, com’egli stesso precisa,1 per la certezza za della sintesi stilistica di cui il Landi fu capace e che e la facilità del guadagno, garantendosi così l’occasione ben si può apprezzare nella vaporosa delicatezza della di potersi dedicare con più serenità ai suoi soggetti e al luce sui capelli, nei rosa porcellanati degli incarnati, nel- suo genere preferiti. la limpida brillantezza degli occhi finanche nei rapidi Il ritratto femminile qui presentato ben spiega tutta- tocchi sprezzanti di colore nella bordura dello scialle di via le ragioni del grande apprezzamento di cui il pittore seta che avvolge la figura. godette presso aristocratici e alto borghesi dell’epoca. Davide Trevisani

1 Busmanti 2009, scheda n. 16. 2 Busmanti ibidem.

48 48 18 LUIGI SABATELLI firenze 1772 — milano 1850

Autoritratto ‘senza specchio’, 1792 Matita nera e gessetto rosso su carta, mm 225×180. Sul verso: Luigi Sabatelli disegnò se stesso in 20 minuti / il dì 5 giugno 1702 / Senza Specchio. bibliografia: Valli 2006, n. II, 11, fig. p. 78;L’officina neoclassica, 2009, pp. 69, 73, fig. I.3. Dichiarato di Interesse storico artistico particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, co. 3, lett. a), del D. Lgs. 42/2004.

Dei vari autoritratti su carta riemersi progressivamente lettuale e collezionista aggiornato, a Roma in relazione dagli studi,1 questo inedito risulta il primo in ordine di con Monti, Baretti, Alessandro Verri e Quirino Viscon- tempo. A matita, a penna, alcuni tradotti poi al bulino ti.11 Nel cimento quotidiano dei «Pensieri», oltre alla let- o all’acquaforte, sono riferibili alla «gioventù filosofica» tura, si sperimentano tecniche, si misurano velocità nel dell’artista – come l’ha definita Carlo del Bravo fino al confronto, quasi una ginnica prodezza – «disegnò se suo trasferimento a Milano nel 1808, come professore stesso in 20 minuti» – un exploit memorabile, da registra- di Pittura all’Accademia di Brera. «Luigi Sabatelli – scri- re «il dì 5 giugno 1792», come scrive sul recto di questo ve Mazzini 2 – è nato dal popolo. Figlio di un cuoco dei piccolo autoritratto Sabatelli. E «senza specchio», per Capponi a Firenze, dovette a costoro se poté andare a l’esercizio della memoria. Roma, per studiarvi ed essere mantenuto nella sua car- L’artista si presenta di tre quarti, a mezzo busto, sen- riera d’artista; il suo merito si sviluppò lentamente, ma za camicia, spettinato, i capelli raccolti a codino, che gli brillò infine di uno splendore che dovette ricompensare costeranno a breve un brutto spavento, durante la rivol- ben dolcemente i suoi protettori. Per lungo tempo man- ta antifrancese del 1793, «vedutomi con quella cera alla dò a tastoni, incerto tra gli esempi che lo circondavano finestra e coi capelli lunghi e ricciuti, mi presero per un e i suoi nobili istinti […], non tuttavia senza che guizzi giacobino e si misero a gridare ‘ammazza, ammazza il di rivolta, segni di una vita propria apparissero qua e là, Francese! E su per le scale a furia».12 Un tratto sommario, come una promessa di emancipazione e di cose miglio- ma incisivo, condotto su uno sfondo spoglio, scava i li- ri». Sullo stereotipo illuminista della leggenda d’artista, neamenti piuttosto che descriverli, esaspera i tratti fisio- il riscatto sociale conquistato attraverso la professione,3 gnomici, caricandoli con il rosso del gessetto – come, nel a distanza di un cinquantennio, si innesta una nuova im- 1795, nell’autoritratto della Collezione Pernati 13 –, nella magine romantica, prossima al mito coltivato dalla let- traccia forse degli studi J. Caspar Lavater. Il segno di teratura tedesca,4 che predilige la ricerca inquieta dello Guercino, tradotto dalle incisioni di Bartolozzi,14 diven- «scopo da perseguire», la consapevolezza della divinità ta lo strumento vulgato, quasi sempre a penna, comune della propria «missione».5 a Dell’Era – il piccolo autoritratto di profilo15 – o a Ga- A Roma infatti Sabatelli arriva nel 1788.6 Frequen- gneraux – 1793–1795 (collezione privata) –, funzionale tatore assiduo prima dell’accademia di Domenico Cor- a catturare nell’attimo l’inclinazione autentica, il carat- vi, compagno di , Pietro Benvenuti tere più profondo. Allo stesso modo che per un David e Giuseppe Bossi,7 quindi, e insieme a questi, dal 1790, o un filosofo Talete che Sabatelli disegna per iPensieri all’Accademia dei Pensieri,8 fondata da Felice Giani e diversi pubblicati da Damiano Pernati dopo la sua fuga Michele Kock, in amichevole sodalizio con Bénigne Ga- da Roma. gneraux, Giambattista Dell’Era, Humbert de Supreville, È un modo spontaneo di rappresentarsi sempre più Jean Fabre e ancora Wicar, Girodet, Gaspare Landi, ecc. diffuso fra gli artisti che, sull’esempio di Fuessli e di Fla- Ciò significa da un lato, lo studio sistematico del corpo, xman, grazie alla sensibilità del mezzo ordinario, aveva nel rispetto «scientifico» delle regole delle proporzioni consentito di rappresentare se stessi e reciprocamente i e della prospettiva – l’odiosa, seppur salda, «correttez- compagni a distanza ravvicinata, riferendosi a una pre- za» della scuola neoclassica, secondo Mazzini «palpan- cisa circostanza o a un evento condiviso, come testimo- do contorni, misurando forme» 9 –, ma dall’altro un’atten- niano le dediche e le annotazioni sui fogli. Una specie zione rinnovata per il soggetto, coscienziosa, rispettosa di diario sentimentale, tenuto parimenti da Wicar 16 e, della lettura dei testi – che garantirà a Sabatelli «il suo ancora nel 1808, da Sabatelli che, al momento di lascia- posto intermedio tra la vecchia e la giovine scuola».10 re gli amici toscani, diretto a Milano, farà a ognuno e a Cresce nell’intermezzo una gioventù curiosa che se stesso un piccolo ritratto a penna,17 per fissare il ricor- trae alimento dalla sfida, sensibile alle continue solleci- do del distacco. tazioni della parola scritta. Per l’artista toscano è decisi- Francesca Valli va la vicinanza con Tommaso Puccini, pistoiese, intel-

* La presente scheda è una ri- 2 Mazzini 1841, ed. 1995, p. 47. 8 Rudolph 1977. 12 Cenni biografici 1900, p. 10. stampa di Valli 2006. 3 Barroero, Susinno 2000. 9 Mazzini 1841 ed. 1995, p. 41. 13 Cifani, Monetti 2001. 1 Pietro Benvenuti 1969, n. 101; 4 Marcuse 1985. 10 ivi, p. 53. 14 Del Bravo 1978, p. 10. Disegni italiani 1971, n. 11; Bai- 5 Mazzini 1841, ed. 1995, p. 7. 11 Cultura dell’Ottocento a Pisto- 15 Calbi 2000, p. 44, n. 4. rati 1975, n. 172; Paolozzi 6 Cenni biografici 1900, p. 9. ia 1977; Spalletti 1983; Maz- 16 Caracciolo 2004. Strozzi 1978, n. 53; Cifani, Mo- 7 Visconti 1845, p. 7; Luigi Saba- zi 1986. 17 Ojetti 1934. netti 2001. telli 1978, p. 24.

50 50 19 LUIGI SABATELLI firenze 1772 — milano 1850

Ritratto di Antonio Canova, 1805 Penna e inchiostro nero su carta ocra, mm 355×243. Sul verso a penna: Canova.

Nel novembre del 1805, di ritorno da Vienna dove aveva Bassi,2 quella di Sabatelli è certamente per lo stile la più completato il Monumento funebre a Maria Cristina d’Au- essenziale, e come registro la più intima e familiare. Il stria all’interno della Chiesa degli Agostiniani, Antonio pittore fiorentino, con l’immediatezza espressiva che il Canova passò per Firenze per incontrare la regina Ma- suo stile gli concede, riesce a fissare sulla carta l’attimo ria Luisa di Borbone che gli avrebbe affidato in via -de in cui lo scultore si volge verso di lui con l’aria stupita finitiva l’esecuzione dellaVenere Italica da destinare alla e la bocca ancora aperta, come se fosse stato interrotto Tribuna degli Uffizi. durante una conversazione. Canova, a Firenze, era solito soggiornare presso Per cogliere gli altri requisiti fondamentali e per cer- l’amico Giovanni degli Alessandri, figura centrale del- ti versi unici della ritrattistica sabatelliana sono ancora la politica artistica toscana, presidente dell’Accademia oggi indispensabili le pagine che Ugo Ojetti nel 1934 sul- fiorentina di belle arti e futuro direttore degli Uffizi. la rivista Pan dedica a questo particolare versante della E proprio dopo un pasto consumato in casa degli produzione grafica dell’artista toscano: «egli prende que- Alessandri, Luigi Sabatelli imprime sul foglio, con la tra- sti appunti alla brava, giorno per giorno: ricordi, come dizionale rapidità di tratto, l’effigie dello scultore. Que- ho detto, sui suoi parenti e amici, pagine stese in punta sta informazione ed altre ancora più dettagliate si ricava- di penna, a Firenze o a Milano, conversando col model- no dall’iscrizione presente sul retro di un’altra versione lo; e sovente nel contrastato ritrovi le om- di questo ritratto, inclusa nel nutrito corpus di disegni bre scure e le luci bianche della lampada sulla tavola vi- di Sabatelli conservato alla Galleria d’Arte Moderna di cino al modello. A leggere quel che egli stesso ha scritto Roma: «disegnato a penna da Luigi Sabatelli pittore Fio- dietro ciascun foglio s’ha altra prova dell’intimità e ra- rentino un dopo pranzo in Casa Alessandri dove allog- pidità di questi disegni […] tutti pregevoli per l’acutezza giava il detto Canova di passaggio per Firenze l’anno del nel definire l’indole del modello, pel vigore del model- Signore 1805 mese di novembre giorno diciotto». lato, per la finezza del chiaroscuro e quasi del colore. La pratica di ricavare una seconda versione di un ri- Taluno, come quello del Canova, è più rapido e chia- tratto non era rara per Sabatelli, anzi. Infatti, per buona ro, ma d’una prontezza senza pentimenti che è la prima parte di quelli descritti nel catalogo della mostra fioren- dote di chi vuole improvvisare a penna. Nel Sabatelli la tina del 1978, provenienti dall’altro grande fondo saba- pratica dell’incisione era ormai tanta ch’egli maneggiava telliano del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, è sulla lastra (carta?) la penna con la sicurezza e anche coi segnalato un foglio «gemello» o, tutt’al più, caratterizza- diversi artifici con cui sapeva maneggiare la punta sul- to da minime varianti.1 la lastra per incidere […] Il disegno è insomma, per que- Nel nostro caso, dal confronto emerge una sostan- sto fiorentino, il più sicuro modo di capire, di scegliere ziale identità nella composizione e una minima diffe- cioè quello che importa per giungere a definire senza renza nel segno, che nel disegno della GAM di Roma equivoci una persona o un oggetto. Questa volontà di appare più robusto; quest’ultimo, poi, è penalizzato da capire, di riuscire, come è l’etimologia della parola, a un precario stato di conservazione – foxing uniforme sul- prendere e quasi ad afferrare l’animo segreto dell’uomo la superficie del foglio –, mentre sono decisamente mi- o della donna che il pittore ha davanti, è infatti la prima gliori le condizioni del ritratto qui descritto, che mostra dote del ritrattista […] Schizzi dal vivo come questi non soltanto una lieve sofferenza della carta lungo i margini. sono dunque che la prima presa di possesso del vero».3 Nella panoramica delle immagini celebri di Cano- va presentata da Hugh Honour in Studi in onore di Elena

1 Luigi Sabatelli 1978, pp. 57–62. 2 Honour 1998, p. 170, fig. p. 171. 3 Ojetti 1934, pp. 240–242.

52 52 20 GIOVANNI BATTISTA LAMPI JUNIOR trento 1775 — vienna 1837

Ritratto di Antonio Canova, post 1806 Olio su tela, cm 60×50. bibliografia: Intorno alla scultura 2007, p. 40; Busmanti 2008, pp. 32–33.

Canova fu uno degli scultori più ritrattati di tutti i tem- La stretta collaborazione tra i due Lampi era prassi pi.1 La sua eccezionale reputazione stimolò artisti di assai consolidata, così come l’esecuzione di repliche da ogni disciplina a immortalarne le sembianze e privati parte del figlio, creando non pochi problemi alla critica collezionisti a procurarsi quell’effigie divenuta ormai chiamata a distinguere le diverse mani, soprattutto nelle iconica e simbolo stesso dell’arte. vicende legate alla ritrattistica canoviana.6 Sono innumerevoli i ritratti di Canova2 tra i quali è Lampi senior, originario di Trento, aveva fatto for- da annoverare anche la tela in esame, opera di Giovan- tuna a Vienna dove ritrasse Canova e dove era riuscito ni Battista Lampi junior, che utilizzò come prototipo un ad ottenere i favori della famiglia asburgica grazie alla quadro realizzato dal padre, pittore anch’egli e omoni- sua aggraziata «fusione di colorismo veneto e analisi psi- mo del figlio.3 Il modello paterno è forse uno dei più fa- cologica di derivazione inglese e di solidità di disegno».7 mosi ritratti di Canova, realizzato tra il 1805 e il 1806 in Nel suo pennello Giuseppe II vide un utile strumento occasione del soggiorno dello scultore a Vienna per l’in- da impiegare nella sua innovativa riforma culturale, che stallazione del monumento funerario per l’arciduches- prevedeva un uso politico della pittura di storia e so- sa Maria Cristina d’Asburgo-Lorena. Proprio l’imponen- prattutto della ritrattistica. te scultura fa da sfondo ad un fiero Canova raffigurato Furono molti gli esponenti di Casa d’Austria e per- per tre quarti mentre stringe gli attrezzi del mestiere av- sonalità dell’epoca a farsi ritrarre dal Lampi senior, al volto in un’ampia tunica porpora e dal bordo ricamato quale si affiancò a partire dal 1804 il figlio prediletto, (fig. 1).4 Lampi junior, ormai pittore maturo che condivise con Giovanni Battista Lampi junior sceglie di ritrarre il padre studio e committenza. A proseguire l’attività pa- il solo busto dello scultore, colto nella medesima posa, terna fu anche il figlio minore Johann Baptist Ferdinand concentrando l’impaginato sull’intensità dello sguardo e III Lampi, nato a Vienna nel 1807 e permeato pienamen- la potenza evocativa della sua figura, epurando lo sfon- te dalla cultura Biedermeier. do da qualsiasi riferimento e semplificando la veste sce- Con la sua morte nel 1855 si estingueva una stirpe di vra dalla greca dorata. ritrattisti che aveva saputo interpretare i desideri di una L’opera riscosse un tale consenso che se ne cono- corte e instaurare con gli Asburgo un rapporto privile- scono diverse versioni come nel caso della replica in giato e straordinariamente longevo.8 ovato alla Nationalgalerie di Berlino di poco più gran- Laura Marchesini de del nostro.5

1 Mazzocca 2019, p. 149. des Fürsten von Liechten- l’appassionante vicenda col- 1996–1998, p. 246. 2 Honour 1998, p. 155. stein; l’opera era stata com- lezionistica si veda Pancheri 6 Honour 1998, p. 160, n. 10. 3 Giovanni Battista Lampi (Ro- missionata dal diplomatico 2001, n. 58, cfr Pancheri 1996– 7 Busmanti 2008, p. 32. meno 1751 – Vienna 1830). russo Andrej Kyrillovič Ra- 1998, pp. 236–237. 8 Pancheri 2001, pp. 95, 100, 4 Olio su tela, cm 113×92 inv. zumovskij (1752–1836), gran- 5 Olio su tela, cm 62×75,5 inv. 110–112. 356 Vaduz, Kunstsammlungen de estimatore di Canova, per A. II. 980; si veda Pancheri

fig. 1: Giovanni Battista Lampi senior, Ritratto di Antonio Canova, Vaduz – Vienna, Liechtenstein Pricely Collection, inv. 356. 54 54 21 AUGUSTE JEAN-BAPTISTE VINCHON paris 1789 — ems, duchy of nassau 1855

Collezione di cinque dipinti con studi di teste di cavalli dalle Stanze di Raffaello in Vaticano, Roma, 1815–1817 Olio su carta riportata su tela, 60×74 cm ognuno.

Il primo dipinto è uno studio della testa del cavallo La palmare identità di stile tra questi cinque dipinti dell’imperatore Costantino che si trova al centro del e un altro con lo stesso soggetto passato in asta a Parigi grande affresco dellaBattaglia di Ponte Milvio di Costan- nel 2011 nella vendita della collezione dei discendenti tino contro Massenzio della cosiddetta Sala di Costantino, dell’artista (fig. 1), permette di riferire con certezza i di- l’ultima delle quattro Stanze Vaticane di Raffaello dipin- pinti qui presentati al pittore di Auguste Vinchon. ta dopo subito dopo la morte dell’Urbinate dai suoi al- I dipinti furono eseguiti da Vinchon tra il 1815 e il lievi usando i cartoni del maestro. Il grande affresco del- 1817 durante gli anni di permanenza a Roma come vinci- la Battaglia di Ponte Milvio di Costantino contro Massenzio tore del prestigioso Prix de Rome bandito dall’Academie fu dipinto da Giulio Romano. Anche il secondo, il terzo Royale di Parigi nel 1814. e il quarto dipinto riprendono tre cavalli dello stesso af- Vinchon fu tra i maggiori pittori di storia e di ritrat- fresco: rispettivamente quello bigio in primo nella par- to della Francia della Restaurazione. Rientrato a Parigi te sinistra del dipinto che sta perdendo il suo cavaliere, dopo i tre anni di pensionato artistico a Roma, eseguì gli quello baio dell’imperatore Massenzio immerso nell’ac- affreschi della cappella di San Maurizio (oggi cappella qua nella parte in basso a destra della composizione e di Santa Giovanna d’Arco) nella chiesa di Saint-Sulpice. quello baio pezzato di bianco sullo sfondo all’estrema Tra le decorazioni compiute a Parigi c’è anche la pittura sinistra dell’affresco. Il quinto è invece uno studio del en grisaille della volta di Palazzo Brongniart. Eseguì inol- cavallo pezzato imbizzarrito che compare nell’angolo tre importanti dipinti di storia, celebrativi della gloria di destro dell’affresco che raffiguraL’incontro di papa Leone Francia. Un suo enorme dipinto con L’arruolamento vo- Magno con Attila sulla strada di Roma dipinto nella Stanza lontario del 22 luglio 1792 è conservato al Musée de la Re- di Eliodoro da Raffaello tra 1513 e 1514. volution française di Vizille. Francesco Leone

fig. 1: Auguste Jean-Baptiste Vinchon, Studio dall’affresco della battaglia di Ponte Milvio di Raffaello in Vaticano, 1815–1817, olio su tela, 72 162,5 cm, Paris, Galerie Mendes. × 56 56 58 58 22 GIUSEPPE MOLTENI affori 1800 — milano 1867

Ritratto di scultore (?) di profilo, 1840 circa Olio su carta, mm 330×255. Sul recto in basso a destra firmato e datato:Molteni f. 1840.

Questo inedito olio su carta è stato recentemente riferito immaginiamo, di uno spaccato di vita all’interno dello alla mano di Giuseppe Molteni, del quale si riconosce a studio del pittore, che a partire dagli anni venti diventò prima vista l’inconfondibile cifra stilistica caratterizzata il frequentatissimo punto d’incontro della vita artistica da una materia densa e corposa distribuita sul suppor- milanese.2 to con rapide ma precise pennellate che definiscono la Luogo di lavoro e di intense collaborazioni, come figura attraverso la giustapposizione delle tinte irrorate testimonia il famoso acquerello che ritrae Molteni e da sapienti colpi di luce. Massimo d’Azeglio impegnati a dipingere insieme (Fi- Campione assoluto del ritratto ambientato,1 Molteni renze, collezione privata), ma anche spazio deputato qui ritorna ad una composizione essenziale che coglie agli eventi mondani: lì si svolse il celebre Brindisi ispi- il ritrattato a mezzo busto di profilo su uno sfondo neu- rato da Tommaso Grossi per celebrare la guarigione di tro, trattato sul lato sinistro con un progressivo stempe- Hayez alla presenza di tutti gli artisti più noti della città ramento dei toni bruni che virano verso sfumature ro- e si celebrò l’omaggio alla cantante Giuditta Pasta, pro- sacee, mentre a destra, in corrispondenza del volto, le tagonista di uno dei suoi ritratti più amati (Milano, col- tonalità scure sono bruscamente interrotte dall’irruzio- lezione privata),3 che ricevette in dono un’opera ciascu- ne diretta della fonte luminosa. no dai frequentatori più assidui dell’atelier (Francesco Il proverbiale estro del pittore, guidato da un impa- Hayez, Giovanni Migliara, Vitale Sala, Giuseppe Lon- reggiabile virtuosismo tecnico, si dispiega liberamente, ghi e Francesco Durelli). Il pittore utilizzava il suo stu- del tutto affrancato dai vincoli imposti nell’elaborazio- dio, magnificato da celebri riviste internazionali, anche ne dei ritratti ordinati su commissione. Un’opera inti- come luogo di rappresentanza, ospitando collezionisti ma, non destinata a circolare attraverso i canali ufficia- e viaggiatori italiani e stranieri, che arrivavano per un li, sconosciuta dunque agli elenchi delle rassegne a cui ritratto, per sfruttare le sue doti di restauratore o per am- Molteni partecipò. mirare la sua collezione di dipinti antichi e la raccolta Un probabile omaggio reso al ritrattato, ancora pri- di archeologia, che avrà certamente attirato l’interesse vo di un nome: un artista, si direbbe, dall’abbigliamento, del protagonista del nostro ritratto mentre Molteni era forse uno scultore, per la foggia del berretto, interprete, intento a coglierne l’effigie.

1 Mazzocca 2000, pp. 24–27, 30–31. 2 Mazzocca 2000 a, p. 99; cfr. Mazzocca 2000 b, n. 5, pp. 198–199, fig. a p. 104. 3 Mazzocca 2000 c, n. 38, pp. 208–209, fig. a p. 149.

60 60 23 bergamo 1806 — 1884

Alceste resa da Ercole ad Admeto, ante 1828 Carboncino, sfumino, gesso bianco, carta applicata su tela, mm 1260×1630.

«Compiuto è dunque o Admeto il giuramento tuo: costei 1809) l’argine al verbo romantico»6 ma, nel contempo, t’ha sciolto! Eccola; mira! Alceste viva è questa» 1 in tali sviluppò uno stile autonomo, non pedissequo, inseren- parole è racchiuso l’atto conclusivo dell’Alceste Seconda dosi fra quei «geniali interpreti di questa crisi del Ro- di Vittorio Alfieri, ultima tragedia del conte piemonte- manticismo storico [...]. Questi pittori ribelli, [che] spesso se ispirata all’omonima opera di Euripide.2 Il pathos del attaccati dalla stampa o incompresi dal pubblico, ricer- momento è potentemente reso dalla composizione del cavano nuove suggestioni sentimentali, inedite aperture grande disegno di Enrico Scuri, cartone preparatorio di narrative e formali [...]».7 un dipinto portato all’esposizione annuale di Brera del Enrico Scuri nacque a Bergamo nel 1806 e sin da 1828 e oggi, sfortunatamente, disperso. La presenza cor- giovane evidenziò una tale propensione per la pittu- porea dei personaggi dimostra un attento studio dell’a- ra che nel 1819, appena raggiunta l’età minima richie- natomia e della statuaria antica (da notare la muscolatu- sta, fu iscritto alla prestigiosa Accademia di Carrara.8 In ra maestosa e guizzante del semidio che richiama quella quell’occasione entrò in contatto con , dell’Ercole Farnese); 3 la forza gestuale, invece, trascende del quale divenne l’allievo prediletto oltre che un colla- la razionalità dei modelli classici indirizzandosi verso boratore: Diotti lo prenderà sotto la sua ala protettiva9 una maggior attenzione all’emotività e al sentimento. La sia come aiuto sia cedendogli alcune importanti com- composizione dell’opera fa risaltare uno spiccato senso missioni come quella della Cupola dell’Incoronata di di teatralità che non cela la passione del pittore per la Lodi.10 Scuri, sin da giovane età, si dedicò ad un’intensa recitazione, verso la quale era stato indirizzato sin dal- attività privata, specializzandosi nella ritrattistica e nelle la tenera età frequentando la famiglia svizzera Mariton.4 opere a tema sacro, ma rimarrà sempre fortemente lega- Il disegno, quindi, può essere inserito in quel filone di to al mondo accademico:11 non solo ebbe la possibilità transizione fra Neoclassicismo, che trovava ampio respi- di seguire altri quattro anni di corso oltre ai dieci cano- ro nella tradizione romana, e Romanticismo, il cui cen- nici 12 ma ricevette numerosi riconoscimenti anche al di tro avanguardistico fu Milano, che ebbe il suo momento fuori dell’ambito lombardo. Inoltre, successe alla catte- culmine nella battaglia per il monumento commemora- dra del suo stesso insegnante tenendola per quarantatré tivo ad .5 Enrico Scuri risulta una perso- anni, mantenendo una posizione di spicco nel mondo nalità particolare di questa querelle artistica perché da culturale del suo tempo13 nonostante la sua predilezio- una parte si formò sotto Giuseppe Diotti che «aveva au- ne per un’estetica più influenzata dal canone accademi- torevolmente individuato nel classicismo primitivista e co e, solo all’apparenza, non recettiva dei nuovi codici nel linguaggio eroico durante l’alunnato romano (1805– linguistici.14 Chiara Fiorini

1 Alfieri 1842, p. 472. morte e la riporta al marito. 5 Cfr. Leone 2018, pp. 41–43. nobbe la sua futura moglie 2 La tragedia è incentrata sul 3 Cfr. Mangili 2002, p. 179. 6 Cfr. Ivi, p. 44. Caterina. Cfr. Ivi, 80–81. sacrificio di Alceste, giovane 4 L’interesse che Scuri rivol- 7 Cfr. Mazzocca 2018, p. 31. 10 Cfr. Ivi, p. 23. moglie di Admeto, re di Fere geva all’arte drammatica era 8 Cfr. Mangili 2002, p. 80. 11 Cfr. Ivi, pp. 81–82. in Tessaglia, che offre la sua talmente forte che trovò più 9 Per capire la profondità del 12 Cfr. Ivi, p. 82. Quest’occasio- vita per salvare quella del volte uno scontro con il suo loro rapporto vi è un pittore- ne era riservata solo ad «al- marito. Il finale, però, è esen- professore e mentore, Giu- sco aneddoto del 1825: il ma- lievi di singolare attitudine e te dalla drammaticità che seppe Diotti, che sosteneva estro porterà Scuri con sé a buona condotta». queste composizioni richie- che «la pittura non avesse Soresina per aiutarlo a chiu- 13 Cfr. Ivi, pp. 21–33. dono, essendo positivo: Erco- rivali», oltre che con il con- dere una relazione amorosa 14 Mangili 2018, p. 352. le, di passaggio dalla Tessa- siglio d’amministrazione malvista dalla sua famiglia. E glia per una delle sue dodici dell’Accademia di Carrara. proprio lì, mentre era ospite fatiche, libera la donna dalla Cfr. Ivi, pp. 77–81. della famiglia Landriani, co-

62 62 24 HENRYK HEKTOR SIEMIRADZKI bielgorod, ucraina 1843 — strzałkówo, polonia 1902

Banchetto di Dionìsio I di Siracusa, c. 1882–1885 Olio su tela di lino, cm 100×175,5.

Il dipinto è documentato sopra la porta di un salone to, conservato al Museo Nazionale di Cracovia, misura del primo piano del villino Siemiradzki di via Gaeta 305×704 cm senza cornice). Se ne scorgono alcuni in- 1 a Roma – città in cui il pittore ha lavorato e vissuto controvertibili elementi architettonici come la balaustra dal 1872 fino alla morte – da una fotografia risalente agli di gusto archeologico su cui sono assiepati gli astanti, le anni novanta dell’Ottocento (fig. 1).1 Questa grande tela scale e parti della terrazza. Sul piano stilistico questo di- è un ritrovamento di notevole rilievo per il catalogo di pinto con Il banchetto di Dionìsio I di Siracusa mostra nu- questo importante pittore polacco, insieme a Lawrence merose analogie con alcune opere realizzate da Siemira- Alma-Tadema e Jean-Léon Gérôme tra i maggiori espo- dzki intorno alla metà degli anni ottanta dell’Ottocento. nenti di quella pittura «archeologica», meglio nota come Si deve dunque immaginare che Siemiradzki, affa- «neopompeiana», che ebbe enorme popolarità in tutta scinato da questo celebre e sanguinario tiranno siracu- Europa nel corso della seconda metà dell’Ottocento, in sano (432–367 a.C.), così come lo era stato poco prima particolar modo tra gli anni settanta e gli anni novanta. da un altro personaggio controverso dell’antichità come Una prima idea grafica del dipinto, molto precisa, Nerone, pensò di realizzare un dipinto che lo avesse è tra i disegni contenuti in un taccuino di Siemiradzki come protagonista e che poi, non avendo trovato un conservato al Museo Nazionale di Varsavia (fig. 2).2 committente per l’opera, il dipinto sia rimasto incom- Mentre in un altro taccuino di Siemiradzki custodito al piuto nel suo studio. Le fattezze di Dionìsio I come ci Museo Nazionale di Cracovia, il pittore appuntò da Mo- sono tramandate dalla tradizione – barba allungata, ca- sca nell’agosto del 1882 questa intenzione: «Leggere la pelli lunghi fermati da una fascia sulla fronte – sono rin- storia di Dionisio di Siracusa e trovarci un tema per un tracciabili nel personaggio a torso nudo con una deco- dipinto».3 Questa notazione è un sicuro terminus post quem razione d’oro sul braccio destro, ammantato di un ricco per la prima idea dell’opera. drappo bordato d’oro avvolto sulle gambe, seduto men- Il dipinto, lasciato non finito dal pittore, è stato og- tre cinge una cortigiana adagiata sul triclinio nella par- getto di un’approfondita indagine diagnostica da parte di te centrale verso sinistra del dipinto. Altre ancelle sono Dominika Sarkowicz del Laboratorio di Restauro di Pit- intente nella musica, mentre sul lato destro una figura tura e Scultura del Museo Nazionale di Cracovia (Mu- maschile conduce forzatamente al cospetto del tiranno zeum Narodowe w Krakowie), dove è conservato un una donna che si sta dimenando. grande numero di opere di Siemiradzki donate dal fi- Sebbene allo stadio di abbozzo, il dipinto rivela già glio Leon. Lo studio ha inequivocabilmente conferma- – anche grazie alla resa vivida e materica delle stesure to la paternità di Siemiradzki – tra compatibilità delle cromatiche e al genio compositivo del pittore – l’at- stesure cromatiche e analogie stilistiche con altre opere tenzione maniacale di Siemiradzki per il dettaglio ar- – e ha evidenziato alcuni elementi di rilevanza decisiva cheologico degli oggetti e dei particolari architettonici per la storia del dipinto. Soprattutto le fotografie del di- che egli studiava minutamente osservando dal vero, tra pinto a luce infrarossa e le radiografie hanno svelato che Roma e Pompei, i resti delle antichità romane. In que- per il quadro Siemiradzki impiegò una tela di riuso su sto empito alla restituzione palpabile, realistica, quoti- cui era originariamente dipinto, in verticale, un abboz- diana dell’antichità – tipica della pittura neopompeiana zo di grandi dimensioni della parte sinistra dell’enorme – Siemiradzki aveva toccato un vertice insuperato con dipinto Le torce di Nerone compiuto nel 1876 (il dipin- Le torce di Nerone, ispirato a un brano degli Annali di Ta-

fig. 1: Fotografia d’archivio del salone al primo piano del villino Siemiradzki a Roma, 1890 circa. Sulla porta, al di sopra di un modelletto delle Torce di Nerone, si scorge il Banchetto di Dionìsio I di Siracusa. fig. 2: Henryk Hektor Siemiradkzi, Disegno con il Banchetto di Dionìsio, da un taccuino di disegni di Siemiradzki, Varsavia Museo Nazionale, inv. Rys. Pol. 8949/3. 64 64 cito (XV, 44), in cui è raffigurato il supplizio imposto dall’imperatore ai martiri cristiani nei giardini antistanti la Domus Aurea. Quando il dipinto fu esposto a Roma nel 1876, prima nello studio di Siemiradzki che allora si trovava ancora in via Margutta e poi all’Accademia di San Luca, questo enorme quadro suscitò sulla stampa periodica romana un coro di critiche entusiastiche. Poi, prima di essere donato alla città di Cracovia, il dipinto partì per una trionfale tournée che toccò un incredibile numero di capitali europee.4 Uscendo dalla banalità del soggetto antico di genere, dal racconto dei fatti quoti- diani dei romani antichi che contraddistingueva la pit- tura archeologica, Siemiradzki fu tra i primi a cimentar- si con il sadismo e la ferocia di Nerone, inaugurando una popolarità che tra fine Ottocento e inizi Novecento non conobbe confini, tra teatro, letteratura, musica e arti. Fu proprio dalla sua intensa amicizia con Siemiradzki, maturata durante i suoi ripetuti soggiorni a Roma, che Henryk Sienkiewicz maturò l’idea di scrivere il bestsel- ler Quo Vadis? Romanzo dei tempi di Nerone. Dal romanzo, pubblicato nel 1895 e tradotto in italiano nel 1899, Enrico Guazzoni avrebbe tratto nel 1913 la sua celebre trasposi- zione cinematografica. Francesco Leone

1 Dal 1872 Siemiradzki visse squa per i polacchi residenti sempre a Roma. Ma aveva a Roma. Alla morte del pitto- una casa a Strzałków in Polo- re, il villino fu trasformato in nia dove trascorreva l’estate. un museo dalla moglie Maria Qui, durante le vacanze esti- Pruszyńska (morta nel 1937). ve del 1902, trovò la morte il Fu distrutto negli anni tren- 23 agosto. Progettato dall’ar- ta del Novecento e le opere chitetto Francesco Azzurri, il di Siemiradzki furono dona- villino Siemiradzki era addi- te per la gran parte dal figlio rittura inserito nelle guide di Leon al Museo Nazionale di Roma pubblicate dalla casa Cracovia. editrice Baedecker. Era mol- 2 Museo Nazionale di Varsavia, to visitato dai viaggiatori stra- inv. Rys.Pol.8949/3. nieri. Nel 1888 fu visitato an- 3 Museo Nazionale di Craco- che dalla regina Margherita. via, inv. III-r.a. 18392, p. 19. Al primo piano, in un salone 4 Gozzoli 1883, pp. 190–191; Mi- arredato in modo lussuoso, il ziołek 2010, p. 86: Vienna, pittore esponeva le sue opere. Monaco di Baviera, Berli- Al secondo piano, dove rara- no, Stoccolma, Copenaghen, mente erano ammessi i visita- Amsterdam, Lviv, Varsavia, tori, c’era il suo studio. I Sie- Cracovia, Mosca, San Pietro- miradzki vi organizzavano burgo, Praga, Torino. ricevimenti di Natale e di Pa-

fig. 3: H. Siemiradkzi, Le torce di Nerone, 1876, olio su tela, 385×704, Cracovia, National Museum, Inv. no. MNK II-a-1 ; fotografia su gentile concessione del «Laboratory Stock National Museum in Krakow». 66 66 25 FRANCESCO PAOLO MICHETTI tocco di casauria 1851 — francavilla al mare 1929

Scogli, 1903 Carboncino e pastelli colorati su carta grigio-blu, mm 300×410. Sul recto in basso a sinistra a penna e inchiostro blu firmatoMichetti ; al verso in alto a destra in carboncino firmato; in basso a destra datato 2 VIII 3 (2 Agosto 1903).

Questo pastello, eseguito «en plein air» firmato e data- ingrata, Michetti ha raggiunto in questi disegni un’estre- to dall’artista il 2 agosto 1903, raffigura una piccola baia ma autonomia di espressione pittorica, catturando i sog- marina. Le sue dimensioni e la qualità dell’esecuzione getti con un’immediatezza paragonabile a quella di cui lo collegano a un gruppo di pastelli riscoperti dagli stu- era capace in fotografia. diosi ed esposti durante la mostra di Michetti a Roma La piccola insenatura raffigurata nel notro foglio nel 1999.1 Questi disegni sono particolarmente interes- era probabilmente un luogo che l’artista conosceva mol- santi poiché sono stati eseguiti immediatamente dopo la to bene. Potrebbe trovarsi lungo la costa di Francavil- profonda delusione subita da Michetti per la fredda ac- la Mare, forse vicino al Conventino nell’ex monastero di coglienza che il suo lavoro ricevette durante l’Exposition Santa Maria di Gesù, che alla fine del XIX secolo diven- Universelle di Parigi del 1900.2 Dopo tale data Michetti ne un punto d’incontro per eminenti figure artistiche e decise di abbandonare quasi completamente la pittura letterarie. In realtà l’intera zona ricadde nell’interesse di e di consacrarsi, per la sua sola soddisfazione persona- Michetti3 che sedotto anche dall’entroterra immortalò le, alla fotografia e alla produzione di piccoli disegni e la bellezza del fiume Orfento in un pastello intitolato pastelli ricchi di effetti luministici e atmosferici. Libero Acque e Rupi datato 6 luglio 19034 e nel quale si coglie la dall’onere di compiacere una clientela apparentemente medesima poetica del nostro foglio (fig. 1).

1 Barilli 1999, pp. 15–18. 2 Francesco Paolo Michetti 1999, pp. 172–180; figg. 48–62. 3 Sillani 1932, pl. CXXXV. 4 Francesco Paolo Michetti 2018, n. 727

fig. 1: Francesco Paolo Michetti, Acque e Rupi, collezione A. Michetti. 68 68 26 VINCENZO GEMITO napoli 1852 — 1929

Ritratto di Bertolini, 1914 Matita e carboncino su carta, mm 360×250. Sul recto in basso a destra firmato e datato:V. Gemito / 1914 / Napoli. bibliografia: Pagano 2009, p. 21.

Per Vincenzo Gemito l’esercizio del disegno fu costante, composizioni di pesci e di uccelli o studi di figura e veri del tutto parallelo e connaturato all’attività scultorea. Fu e propri ritratti».2 E la grafica diventò per lui il tramite per lui infatti pratica finalizzata allo studio della forma di una meditazione visiva dal carattere quasi iper-reali- plastica, e strumento principe di indagine e conoscenza sta, carica di una sensibilità astraente e allucinata, come del reale, sin da quando, giovanissimo, condivise con il è dato riscontrare nei suoi bellissimi Autoritratti. coetaneo pittore Antonio Mancini (1852–1930), suo gran- Al 1914 risalgono due Ritratti a matita e biacca, di de amico, l’abitudine di ritrarre dal vero scene di vita grande formato, che raffigurano due giovani adolescenti quotidiana nei vicoli e nelle piazze di Napoli. Soggetto appartenenti alla famiglia Bertolini di Napoli. I Bertoli- ricorrente di tali esercitazioni era per entrambi il mon- ni possedevano e gestivano il Palace Hotel Bertolini al do infantile degli scolaretti e degli scugnizzi, dei piccoli Parco Grifeo di Napoli, e probabilmente i due disegni pescatori o degli acquaioli, di piccoli cantori o di «mala- furono commissionati a Gemito per essere poi esposti tielli». Per Gemito, dunque, nella prima parte della sua nei saloni dell’Hotel. I due ritratti, ora nelle collezioni attività artistica, il disegno fu il mezzo per approfondire del Philadelphia Museum of Art, presentano Laura Ber- lo studio della fisicità corporea e del movimento della tolini 3 e suo fratello4 (fig. 1), circondati di attributi in- figura, come dimostra la serie grafica in relazione con fantili: vestita ancora da bimba lei, con il gioco del cer- l’esecuzione del Pescatoriello del 1875. Ma dal momento chio e un cagnolino accanto, ma con il corpo e il volto in cui deflagrò in lui l’instabilità mentale che lo portò già quasi adulto, offre un singolare contrasto tra appa- al ricovero nel 1887 – come Mancini, d’altronde, pochi renza ed intima essenza dell’identità ritratta. anni prima – nell’Ospedale psichiatrico di Napoli, e, da Così il ritratto di suo fratello, vestito in abito signo- quando, dopo essere scappato dal nosocomio, egli si ri- rile e con largo colletto bianco da bambino borghese, fugiò nel completo isolamento della propria casa in Via appare così differente dagli scugnizzi di strada ritratti Tasso, ove rimase sino al 1909 senza uscirne, ecco che il quasi trent’anni prima dallo scultore: egli sosta in piedi disegno divenne, per forza di cose rispetto alla scultura, in un corridoio, posando languido davanti ad una mi- il suo mezzo principale di espressione.1 Ed egli vi anda- steriosa scalea, e tiene in spalla un fucile, con una mano va fermando un vario e molteplice insieme di «progetti per metà infilata nel taschino dei pantaloni guarda mi- di ornati, modelli decorativi, nature morte, fiori e frutta, sterioso di lato, sfuggendo lo sguardo dell’osservatore.

fig. 1: Vincenzo Gemito, Figlio di Bertolini, Philadelphia, Philadelphia Museum of Art: 125th Anniversary Acquisition. Purchased with the Lola Downin Peck Fund, the Alice Newton Osborn Fund, and with funds contributed by Marilyn L. Steinbright and the J. J. Medveckis Foundation, 1999-4-2. 70 70 Ci siamo soffermati su questi dueRitratti dei fratelli Bertolini perché il disegno che qui si presenta è cono- sciuto con il titolo di Ritratto di Bertolini.5 Di un giovane uomo dell’età di circa vent’anni è ri- tratta solo la testa, molto accuratamente e sensibilmente chiaroscurata, mentre parte del busto con giacca, cami- cia e cravatta è solo appena schizzata. Egli guarda pen- sieroso, diritto verso l’osservatore, con una espressione sospesa di malinconia. Ha un cappello portato all’indie- tro, la larga tesa rialzata sulla bella fronte, in un atteggia- mento che potrebbe essere di spavalderia, ma che invece – data la tristezza soffusa dello sguardo e la dolcezza con cui il chiaroscuro definisce il modellato – esprime solo la contemporaneità, l’appartenenza di quel volto bello al tempo dello scultore. La forma del viso, il taglio degli occhi, la bocca car- nosa, sembrerebbero in tutto corrispondere ai tratti fi- siognomici del Ritratto del ragazzo con fucile del Phila- delphia Museum of Art. Stando alla datazione dei fogli, però, entrambe le prove grafiche sarebbero state esegui- te nello stesso anno, il 1914, e i due personaggi mostrano una differente età. Si potrebbe credere che il personaggio del nostro fo- glio sia da identificare con un altro membro della fami- glia Bertolini, ma sarebbe anche possibile pensare che il Ritratto del ragazzo con il fucile sia stato eseguito da Gemito nel 1914 sulla scorta di una fotografia più antica, e che il nostro Ritratto sia stato realizzato attribuendo al giovane, sempre nel 1914, la sua vera età.

1 Di Giacomo 1905, pp. 155–156. 2 Villari 2009, p. 567. 3 Inv. 1999-4-1. 4 Inv. 1999-4-2. 5 Illustrato in Pagano 2009, p. 21.

72 72 27 LUDOVICO MARCHETTI roma 1853 — parigi 1909

Prometeo incatenato alle cime del Caucaso, 1897 Olio su tela, cm 116×147. Firmato e datato in basso a sinistra: L. Marchetti ‘97.

Il dipinto si colloca autorevolmente e con originalità nel ventato l’allegoria di uno spirito superiore che dischiu- contesto del simbolismo esoterico che conquistò artisti de agli iniziati un patrimonio di conoscenze ermetiche, e intellettuali europei – soprattutto in Francia e Belgio – di dottrine segrete appunto. Anni dopo, proprio a ridos- tra fine Ottocento e primi anni del Novecento. so del dipinto di Luigi Marchetti, l’esoterista Joséphin La composizione si ispira alla prima scena del Pro- Péladan, uno dei teorici più significativi del Simbolismo meteo incatenato di Eschilo, che insieme al Prometeo por- europeo, promotore dei celebri Salons parigini dell’ordi- tatore del fuoco e al Prometeo liberato forma la trilogia di ne dei Rose+Croix, pubblicò a Parigi nel 1895 la trilogia Prometeo che ci è nota da frammenti. Nella tragedia di teatrale Prométhéide.2 Rifacendosi a Eschilo, Péladan ave- Eschilo, come nel dipinto di Marchetti, il titano com- va posto al centro del suo trittico il Prometeo incatenato, pare imprigionato a una rupe, nelle desolate terre della preceduto dal Prometeo portatore del fuoco e seguito Scizia ai confini del mondo, al cospetto di Efesto, il dio dal Prometeo liberato. Nel sincretismo religioso di fine del fuoco raffigurato con il tipico attributo del martello Ottocento e nella particolare visione cristiana di Pélad- (il Vulcano del pantheon romano), e delle personifica- an, Prometeo diventava una sorta di prefigurazione di zioni femminili del Potere e della Forza, seduta su una Cristo: entrambi avevano donato all’uomo la rilevazio- roccia con una clava nella mano sinistra. ne, si erano sacrificati per il bene dell’umanità ed erano Nell’ambito dell’occultismo europeo la figura di infine tornati a nuova vita (nelPrometeo liberato di Eschi- Prometeo godette di un’enorme fortuna. Diversamente lo il titano viene liberato da Eracle). Per Péladan Pro- dalla cultura romantica che lo aveva esaltato come eroe meteo, il cui operato si colloca ai primordi dell’umanità, di una titanica ribellione solitaria, l’occultismo di fine è il daïmon capostipite di una stirpe di eletti che abitano secolo vide nel titano una sorta di salvatore, artefice di la terra. In questa visione sincretista che lo avvicinava una rivelazione che aveva dato all’uomo la conoscen- a Cristo, in effetti, Prometeo era definitoCrucified « Ti- za. Donando al genere umano il fuoco divino rubato a tan» nel The Secret Doctrine della Blavatsky.3 Prometeo era Zeus, Prometeo aveva simbolicamente aperto all’uomo dunque un liberatore e come tale venne descritto anche la strada della consapevolezza, di fatto lo aveva salvato nel dramma Prométhée libérateur pubblicato da Stanislas elevandolo dagli istinti alla ragione. Quel gesto d’amore Millet a Parigi proprio nel 1897, l’anno in cui Marchetti verso l’umanità aveva scatenato l’ira di Zeus che aveva dipingeva quest’opera. Nel dipinto la postura di Prome- condannato Prometeo a essere legato a una roccia. Un teo – che non trova precedenti nella tradizione pittori- personaggio chiave per la cultura europea di fine Otto- ca – deriva senz’altro dall’immagine del «CrucifiedTitan» cento come l’occultista e filosofa russa Helena Blavatsky, evocata dalla Blavatsky nel The Secret Doctrine, che evi- cofondatrice nel 1875 della Società Teosofica e cultrice dentemente Marchetti conosceva. Quello stesso anno a dell’esoterismo, per prima aveva interpretato in questi Parigi il tema fu trattato come prova per il concorso del termini salvifici la figura di Prometeo nel suo famosissi- Prix de Rome da Laurent Jacquot-Defrance in un dipinto mo The Secret Doctrine pubblicato a Londra nel 1888. Lo molto simile a questo di Marchetti sia per l’ispirazione aveva definito «the personified symbol of the colletti- che per il linguaggio formalista di matrice accademica ve Logos», «the HEAVENLY MAN, who incarnated in a cui entrambi i pittori si affidano (fig. 1). Ma se Jac- Humanity», «the fire and light-giver».1 Prometeo era di- quot-Defrance risultava ancora legato alla poetica del

fig. 1: Laurent Jacquot-Defrance, Prometeo incatenato da Efesto sulle cime del Caucaso, 1897, collezione privata. 74 74 vero e soprattutto al retaggio secentesco (un precedente preciso per il suo quadro è il Prometeo incatenato da Efe- sto di del Rijksmuseum), Marchetti appariva invece più in linea con gli esiti recenti di certo realismo profondo ed enigmatico promosso da alcuni artisti del circuito dei Rose+Croix di Péladan o da figu- re come Fernand Khnopff. In ambito figurativo comun- que, sebbene nel contesto di un simbolismo precoce an- cora non permeato da teorie occultiste, Prometeo aveva già fatto la sua comparsa al Salon parigino del 1868 in un dipinto piuttosto famoso di Gustave Moreau (fig. 2). Quest’opera segna un profondo cambiamento nella poetica figurativa di Marchetti. Marca una svolta verso una pittura di idee e di simboli che si colloca agli anti- podi della facile e modaiola arte di genere promossa nei Salon parigini, di cui Marchetti era stato un interprete di grande successo sin dai primi anni del suo definitivo trasferimento a Parigi nel 1878.4 Francesco Leone

1. Blavatsky 1888, II, pp. 413–414. 3. Blavatsky 1888, II, p. 413. Composto di due volumi: il 4. Notizie biografiche sul pit- primo intitolato Cosmogenesi, tore sono in Comanducci il secondo Antropogenesi. ed. 1970–1974, III (1972), pp. 2. Péladan 1895. 1866–1867.

fig. 2: Gustave Moreau, Prometeo incatenato, 1868, Parigi, Musée Gustave Moreau. 76 76

SCULTURA SENESE DEL XVI SECOLO: DUE IMPORTANTI TERRECOTTE DEL MARRINA LORENZO DI MARIANO, detto IL MARRINA siena, 1476 — 1534

Nato a Siena nel 1476, Lorenzo di Mariano è ormai ri- cendio; restano in loco, pur restaurate, le Virtù cardinali conosciuto come il più importante scultore senese dei del pavimento) e nel 1509 lo incaricarono di eseguire al- primi decenni del Cinquecento, non solo per la virtuo- cuni capitelli e peducci per il grande palazzo alle Logge sistica capacità di intagliare in marmo straordinarie grot- del Papa. Risale al 1514 il bel tabernacolo della chiesa di tesche e motivi antiquari all’antica (fig. 1), ma anche San Lorenzo a Sarteano, che si può riferire al Marrina e perché alla sua mano si possono riconoscere diverse fi- si crede commissionato da Francesco di Nanni da Sar- gure in terracotta policroma, che attestano un’ottima di- teano, uomo della cerchia piccolominea. mestichezza pure con la statuaria «per via di porre». Una volta scolpito verso il 1507, per la chiesa dell’o- Fin dal 1490, mentre il padre Mariano di Domenico spedale di Santa Maria della Scala, il piccolo monu- aiutava Francesco di Giorgio a rinettare la coppia di An- mento funebre del rettore Giovanni Battista Tondi, alla geli bronzei oggi sull’altare del Duomo di Siena, Loren- fine del 1509 Lorenzo ebbe la commissione dell’altare zo avviava la sua formazione di scalpellino nel cantiere maggiore della chiesa senese di Santa Maria in Portico dell’Opera diretto da Giovanni di Stefano. Qui egli sep- a Fontegiusta, che reca la data 1517 ed è da giudicare tra pe dare prova precocemente delle sue qualità, collabo- i suoi capolavori più alti. Si tratta di una sorta di monu- rando prima alla decorazione della facciata della Cap- mentale cornice marmorea, ispirata al prospetto di un pella di San Giovanni Battista (destinata ad accogliere tempio antico, e montata intorno a una delle immagini sull’altare la statua bronzea di San Giovanni Battista di mariane più venerate di Siena (fig. 1). In tale impresa il Donatello) e realizzando poi il prospetto della Libreria Marrina non mancò di avvalersi di collaboratori: i do- Piccolomini (1495–1498), il cui interno sarebbe stato af- cumenti ricordano in particolare Michele Cioli da Set- frescato nel decennio successivo dal Pinturicchio con il tignano, mentre le ragioni dello stile hanno permesso celeberrimo ciclo di Storie di Pio II. In entrambi i casi il di individuare nella Pietà della lunetta la mano del fra- Marrina dimostra di avere un grande talento nella lavo- tello Angelo, cui una successiva attività romana avreb- razione del marmo, intagliando fantasiosi ornati all’an- be conquistato una breve biografia nelleVite di Giorgio tica di rara qualità. Vasari sotto l’epiteto di «Michelangelo senese». A que- Il coinvolgimento nei lavori della Libreria permi- ste date il Marrina doveva essere dunque a capo di una se a Lorenzo di entrare in contatto con i più influenti efficiente bottega familiare, che da Siena avrebbe sapu- membri della famiglia Piccolomini – nipoti di papa Pio to ramificarsi fino a Roma non solo tramite Angelo, ma II e fratelli di papa Pio III – che fin dal 1504 gli commis- anche grazie all’altro fratello Ludovico e probabilmen- sionarono la decorazione della cappella di Sant’Andrea te in virtù della protezione di Baldassarre Peruzzi, con nella chiesa di San Francesco (distrutta nel 1655 da un in- il quale Lorenzo condivideva una grande passione per

fig. 1: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, altare (intero e particolari degli ornati), Siena, Santa Maria in Portico a Fontegiusta. 80 l’antico. Si può parlare in tal senso di famiglia «Marri- dalle quali si intende che nell’ambiente artistico sene- ni», recuperando un cognome che la letteratura artistica se figure del genere continuavano a riscuotere un buon senese di età moderna usava associare con gli ornati di successo, quando i maggiori scultori d’Italia – Michelan- carattere antiquario. gelo, Andrea e Jacopo Sansovino, Giancristoforo Roma- Ormai quarantenne, Lorenzo dovette evitare le av- no, Tullio Lombardo – avevano ormai estinto il colore venture romane, preferendo restarsene a Siena: con la dalla scultura in marmo, in nome della devozione per il scomparsa di Giacomo Cozzarelli nel 1515, egli aveva or- perfetto candore della materia, inteso a riproporre l’ef- mai campo libero per imporsi definitivamente come il fetto di marmi antichi, privati dal tempo delle originarie maggiore scultore della città. A Siena sarebbe morto nel e immancabili policromie. 1534 e per gli ultimi decenni non mancano notizie dei Il Marrina plasticatore, invece, rinuncia orgogliosa- suoi lavori: per le monache del Paradiso eseguì, in ter- mente al dialogo con Michelangelo e i Sansovino: se- racotta policroma, un busto di Santa Caterina da Siena gnato dalla lezione tardoquattrocentesca di Francesco (1517) (fig. 3) e una figura diVergine annunciata (1521–1524), di Giorgio e Cozzarelli, egli entra piuttosto in sintonia che si conservano oggi nell’oratorio della Contrada del con l’interpretazione della «maniera moderna» offerta a Drago; entro gli inizi del 1523 aveva scolpito la notevo- Siena, in pittura, dal Sodoma e soprattutto dal Beccafu- le cornice marmorea all’antica dell’altare di Anastasia mi, come palesano alcune tra le più significative scultu- Marsili in San Martino, che di lì a poco avrebbe accolto re policrome che si possono riferire alla sua mano: dalla la Natività di Domenico Beccafumi (fig. 2); nel 1529–1531 Santa Caterina da Siena in Santo Spirito al San Giusep- realizzò un gruppo di Annunciazione fittile per San Gi- pe dell’omonimo oratorio di Siena, dalla Santa Caterina rolamo in Campansi – perduto o da ritrovare – che fu d’Alessandria di Santa Maria Assunta a Rapolano ai Santi dipinto da Beccafumi e stimato da Peruzzi (cosa che la Pietro e Paolo di Montefollonico ora nel Museo Diocesa- dice lunga sulle sue importanti frequentazioni) e nel 1531 no di Pienza, fino alle due statue presentate di seguito, ebbe infine la commissione di un pancale per la Loggia che da un lato appaiono esemplari della sua notevole della Mercanzia, ultimato dopo la sua morte e andato abilità nella lavorazione della terracotta, e dall’altro la- distrutto nel Settecento. sciano intendere le potenzialità di una officina familia- Muovendo dalle due sculture per le monache del re in cui Lorenzo seppe coinvolgere con intelligenza il Paradiso, gli studi più recenti hanno riconosciuto al fratello minore Angelo. Marrina un corposo gruppo di statue fittili policrome, Gabriele Fattorini

Nota bibliografica: per la car- grafico assai debole, e mostra su questi temi: Fattorini e relative note a pp. 581–582. riera del Marrina si può ades- una generale difficoltà nel Angelini 2017; Fattorini 2015; Per Angelo di Mariano resta so rimandare alla monografia comprendere il vero «caratte- Fattorini 2014; Martini 2014; fondamentale l’apertura di di Ranfagni 2017, che tuttavia re» del Marrina plasticatore. Angelini 2005, pp. 341–383; Angelini 1998. presenta un apparato foto- Tra i contributi più recenti Fattorini 2005, pp. 560–571 e le

fig. 2: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, altare Marsili (con la Natività di Domenico Beccafumi), Siena, San Martino. fig. 3: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, Santa Caterina da Siena, Siena, oratorio di Santa Caterina del Paradiso della Contrada del Drago. 80 28 LORENZO DI MARIANO, detto IL MARRINA siena, 1476 — 1534

ANGELO DI MARIANO, detto MICHELANGELO SENESE siena, 1491 — siena ?, 1540 circa

Vergine Annunciata Terracotta, cm 171×65×55 circa– cm 160 senza la base, in parte rifatta.

Questa statua in terracotta dipinta, grande al vero, raffi- Antonio Di Brisco al collezionista bolognese Gennaro gura la Vergine Annunciata (figg. 1–4) come dichiarano il Filippini, in data 10 gennaio 1993, dove si riproponeva manto disseminato di stelle a otto punte, attributo pret- la vecchia attribuzione a Matteo Civitali. Alla morte tamente mariano simbolo di perfezione e di splendore, dell’architetto Filippini (5 febbraio 2008), l’opera è stata e la gestualità allusiva alla ‘interrogatione’, terza ‘condi- ereditata dalla figlia Petra Chiara, e, dopo un interessa- zione’ mentale di Maria durante l’ ‘angelica confabula- mento da parte dell’antiquario Luca Squarcina (2008), tione’ con l’Arcangelo Gabriele: postura dalla quale si temporaneamente esposta presso la Galleria Arcadia deduce che in origine era certamente congiunta ad una Antichità di Bologna (2010), sempre con il tradizionale simile immagine del messo celeste. riferimento a Matteo Civitali e un accostamento all’An- L’opera fu pubblicata nel 1921, quando si trovava in una gelo del Metropolitan. collezione privata di Amsterdam, da Wilhelm R. Valen- La Vergine in esame è invece sicuramente da collo- tiner 1 che la riteneva da collegare ad un Angelo annun- care in ambito senese, trovando puntuali riscontri sti- ciante conservato nel Metropolitan Museum of Art di listici nella produzione riferita a Lorenzo di Mariano, New York, pure in terracotta dipinta (cm 156,2 compre- detto il Marrina (1476–1534), che, accanto ai celebrati, sa la base; venduto al museo nel 1911 da Marx Frères di virtuosi intagli marmorei ‘all’antica’, conta anche un co- Parigi), e attribuibile, come l’angelo (che si crede prove- spicuo nucleo di lavori in terracotta dai caratteri assai nire dall’oratorio dell’Annunziata di Lucca, ampliato nel peculiari.6 1493) allo scultore lucchese Matteo Civitali (1436–1501). La scultura in origine dialogava con la statua in ter- Questa proposta, già contraddetta dalle misure diverse racotta dell’Arcangelo Gabriele conservata nel Szépművé- delle due figure, priva di convincenti riscontri stilistici szeti Múzeum di Budapest (cm 164; fig. 5), acquistata a non ha trovato conferme nella recente letteratura criti- Firenze presso l’antiquario Emilio Costantini nel 1895.7 ca sull’artista, dove è venuto a cadere anche l’Arcangelo L’Angelo di Budapest risulta infatti strettamente impa- del Metropolitan riferito oggi in modo dubitativo al ni- rentato con la Madonna (fig. 6) nelle dimensioni (lo pote Masseo Civitali, come suggerisce Martina Harms.2 scarto di qualche centimetro è imputabile ai rifacimen- Dall’articolo del Valentiner apprendiamo inoltre ti della base), nelle peculiarità formali, come la postura che il collezionista olandese aveva acquistato la Vergi- solenne, pausata, i volumi espansi o il panneggio solca- ne in Italia ‘several years ago’, quindi intorno al 1900 se to da fitte pieghe dall’andamento ovoidale, negli aspetti non già alla fine dell’Ottocento, attribuendola ad Agosti- tecnici, come la costruzione in vari pezzi sovrapposti, no di Duccio. La Harms chiarisce che si tratta del medi- nella fastosa ridipintura (documentata da foto anterio- co svizzero Otto Lanz (1865–1935), noto collezionista di ri al restauro del 1949) che, come qui, occultava tracce arte rinascimentale, e ci informa che l’opera nel 1986 era ormai esigue della policromia originaria, ed anche nella poi transitata in una vendita all’asta di Sotheby’s a Lon- tipologia circolare rastremata dei basamenti. dra. La scultura compare infatti nel catalogo della vendi- Già attribuito a Neroccio,8 questo Arcangelo (fig. 7) ta dell’11 dicembre 1986 3 dove veniva attribuita a Masseo è stato ricondotto a Lorenzo Marrina, o alla sua stret- Civitali. In occasione dell’asta fu inoltre effettuato dal ta «cerchia», da Maria Grazia Ciardi Duprè dal Pogget- Research Laboratory for Archaeology and the History to,9 per le evidenti affinità tipologiche e formali con gli of Art dell’Università di Oxford il test della termolumi- Angeli nella lunetta marmorea dell’altare maggiore del- nescenza dove si attesta che i campioni di argilla sotto- la chiesa di Fontegiusta (Cristo in Pietà tra angeli; fig. 8), posti all’esame furono cotti ‘more than 300 years ago’. principale impresa marmorea documentata del maestro Presumibilmente fu a seguito dell’asta di Sotheby’s (datata 1517), condotta in collaborazione coi fratelli mi- che la statua fece ritorno in Italia, esposta l’anno seguen- nori Ludovico e Angelo e col settignanese Michele Cio- te alla 15a Biennale Mostra Mercato Internazionale dell’An- li. Nello stesso contributo la Ciardi Duprè dal Poggetto tiquariato4 dalla Galleria Barberini di Lamberto Gale- collegava alla scultura di Budapest un’altra statua in ter- azzi di Terni con un’attribuzione a Masseo Civitali.5 Un racotta, raffiguranteSant’Agata (Corsano, pieve di San successivo passaggio di proprietà è attestato dal certifi- Giovanni Battista), poi confermata dalla critica,10 in tut- cato della vendita da parte dell’antiquario de L’Aquila to sovrapponibile alla nostra Madonna Annunciata.

82 82 Non priva di motivazioni è inoltre la recente propo- In merito alla datazione e alla destinazione origina- sta di riferire la scultura di Budapest (fig. 7) al fratello ria dell’Annunciazione qui ricomposta, possiamo ricor- del Marrina, Angelo di Mariano (1491–1540 circa), avan- dare che per l’Angelo di Budapest era stato ventilato un zata da Alessandro Angelini.11 Lo studioso vi riscontra possibile collegamento con la Vergine Annunciata nella infatti spiccate analogie con l’Angelo di sinistra della chiesa senese di Santa Caterina del Paradiso, parte di Pietà di Fontegiusta (fig. 8) dove si ravvisa un classici- un’Annunciazione realizzata da Lorenzo Marrina tra il smo più esuberante, monumentale e forbito, in sentore 1521 e il 1524, proposta già confutata da Marco Ciampo- dei modi sansovineschi, che meglio si addice alla forma- lini 14. Se da una parte il confronto con l’Annunciata di zione di un giovane scultore della generazione successi- Santa Caterina può confermare la stessa paternità per va, di lì a poco impegnato nei cantieri romani a fianco di l’opera che qui si presenta, dall’altra indica per quest’ul- Baldassarre Peruzzi (Monumento di Alessandro VI in Santa tima – dove le memorie quattrocentesche sono stempe- Maria dell’Anima e Monumento Armellini in Santa Maria rate in un più robusto classicismo – una cronologia leg- in Trastevere, 1524–27) 12. Tali caratteristiche hanno in- germente più avanzata. Plausibile dunque suggerire per dotto Angelini a riferire a Michelangelo senese anche al- l’Angelo di Budapest e la Vergine Annunciata in que- tre terrecotte marriniane del secondo decennio, come il stione un collegamento con le due figure di terracotta San Giovanni Battista in San Giovanni della Staffa a Sie- rappresentanti l’Annunciazione eseguite tra il 1529 e il 1531 na,13 chiamando in causa il problema, ancora da appro- da Lorenzo di Mariano e dipinte da Domenico Beccafu- fondire, della formazione dei fratelli di Lorenzo Marri- mi per il monastero senese di San Girolamo in Cam- na e delle relative spettanze all’interno della sua bottega. pansi.15 Giancarlo Gentilini 1 Valentiner 1921, pp. 202–205. 9 Ciardi Duprè dal Poggetto 2 Harms 1995, pp. 175, 182, 246, 1977, p. 66. 254. 10 Ranfagni 2017, p. 113. 3 Important medieval works of art 11 Angelini 1998, pp. 130–133; An- 1986, lot. 43. gelini 2005, pp. 369–382. 4 Firenze, Palazzo Strozzi, 19 12 Fattorini 2005, pp. 554–583. settembre – 11 ottobre 1987. 13 Angelini 2005, pp. 370, 379. 5 15a Biennale Mostra 1987, p. 517. 14 Ciampolini 1988, pp. 109–116, 6 Ranfagni 2017, pp. 77–132. p. 115 nota 18 cfr. anche Carli 7 Balogh 1975, pp. 84–85, n. 87, 1996, pp. 141–145. fig. 115. 15 Ranfagni 2017, pp. 116, 125, 8 Ivi. 181–182.

84 fig. 1–4: Lorenzo di Mariano, detto il Marrina, Angelo di Mariano, detto Michelangelo senese, Vergine Annunciata. 84 fig. 5: Lorenzo e Angelo di Mariano, Angelo annunciante, Budapest, Szépművészeti Múzeum, inv. 1190. 86 fig. 6: Lorenzo di Mariano, detto il Marrina, Angelo di Mariano, detto Michelangelo senese, Vergine Annunciata. 86 fig. 7: Lorenzo e Angelo di Mariano, Angelo annunciante, Budapest, Szépművészeti Múzeum, inv. 1190. 88 fig. 8: Angelo di Mariano, Cristo in pietà con angeli, particolare, Siena, Santa Maria in Portico a Fontegiusta. 88 29 LORENZO DI MARIANO, detto IL MARRINA siena, 1476 — 1534

San Paolo, 1530 circa Terracotta, h cm 125. provenienza: Siena, Collezione Chigi o Collezione Chigi Saracini (?). bibliografia: Petrucci 2002; Bagnoli 2008; Sotheby’s 2011, lotto. 432; Fattorini 2014, pp. 52 e 53 nota 14, p. 49 figg. 2–3; Ranfagni 2017, p. 125 nota 194.

Questa vigorosa figura in terracotta, plasmata insieme nandolo ovviamente alla sua galleria.1 Del rapporto con con il suo piedistallo quadrato, raffigura una possente e il linguaggio di Domenico Beccafumi – il maggiore tra impaludata immagine di San Paolo, facilmente ricono- i pittori senesi del Cinquecento, che ebbe pure grande scibile per i suoi attributi iconografici più tipici: i pochi dimestichezza con la scultura – diremo in seguito, men- capelli, la lunga barba, il libro nella sinistra e la spada, tre, a proposito della provenienza, merita subito ricor- di cui rimane il frammento dell’elsa sorretto elegante- dare che Francesca Petrucci, schedando la statua poco mente nella mano destra. Nonostante questa mancan- meno di vent’anni fa, affermava che, stando alle notizie za, e quella del brano della piega di panneggio all’al- fornite da un precedente – e anonimo – proprietario, il tezza del costato, la scultura si presenta in ottimo stato San Paolo sarebbe un tempo appartenuto, insieme con di conservazione, contraddistinta dal tono caldo della un San Pietro che metteremo in campo oltre, alla colle- terracotta, che a prima vista rischia di farla assomiglia- zione Chigi di Siena.2 Accostando le due notizie, si può re a certi capolavori dell’emiliano Antonio Begarelli. In dunque provare a immaginare che la scultura fosse an- origine, tuttavia, la scultura era certamente dipinta: for- data ad arricchire la Galleria che Galgano Saracini inau- se di bianco, per farla somigliare a una statua antica, o gurò nel 1806 a Siena, e che oggi, a distanza di due secoli, più probabilmente colorata di una viva policromia, allo è ben nota come Collezione Chigi Saracini, in virtù del stesso modo di altre figure fittili che oggi si riconoscono suo ultimo proprietario: il conte, appassionato di musi- al suo vero autore: il senese Lorenzo di Mariano detto ca, Guido Chigi Saracini. Va detto che la raccolta sene- il Marrina. Soltanto di recente, tuttavia, gli studi hanno se è in gran parte quella messa insieme da Galgano, ma approfondito l’attività di plasticatore di questo maestro, non completamente: i suoi successori, secondo i gusti e giustificando così gli equivoci che ci sono stati in passa- le necessità, hanno infatti provveduto ad alcuni acquisti to sull’identità dell’autore del San Paolo. e ad alienazioni; il San Paolo, dunque, potrebbe essere È possibile, infatti, che la nostra statua sia da rico- appartenuto a tale collezione, o in alternativa a quella noscere nel «San Paolo di coccio di Mecarino» (alias degli eredi della famiglia Chigi (ramo Zondadari), che Domenico Beccafumi) che l’illustre collezionista sene- a Siena possiedono ancora edifici monumentali, come se Galgano Saracini, insieme con «2 bustini di marmo», il Palazzo Chigi Zondadari in Piazza del Campo e la acquistò il 6 agosto 1808 per la somma di 29 lire, desti- Villa di Vico Bello.3

fig. 1: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, San Giuseppe, Siena, chiesa di San Giuseppe della Contrada Capitana dell’Onda. fig. 2: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, Vergine annunciata, Siena, oratorio di Santa Caterina del Paradiso della Contrada del Drago. fig. 3: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, Figura allegorica, Parigi, Musée du Louvre, Département des Sculptures, R.F. 899. 90 90 Nel rendere noto il San Paolo, la Petrucci riconosce- quale ci stiamo occupando; fig. 5).10 Scrivendo in segui- va giustamente che esso spettava al medesimo autore dei to del gruppo di Montefollonico oggi a Pienza, confer- Santi Pietro e Paolo in terracotta policroma che un tempo mavo la profonda relazione stilistica con il nostro San si trovavano nella pieve di Montefollonico (ai confini Paolo e l’altro San Pietro, riproducendo questi ultimi per delle provincia di Siena, verso la Val di Chiana) e oggi la prima volta l’uno accanto all’altro.11 Ciò nonostante si conservano nel Museo Diocesano di Pienza (fig. 4).4 Tommaso Ranfagni, nella sua monografia sul Marrina, Dopo avere attratto l’attenzione di Adolfo Venturi (che ha infine affermato che, rispetto aiSanti Pietro e Paolo le associava al nome di Beccafumi),5 le due sculture di di Montefollonico, l’omonima coppia sarebbe «qualita- Montefollonico dovettero attendere diversi decenni per tivamente inferiore» e da considerare «eventualmente essere restaurate e presentate alla grande mostra bec- come un prodotto della bottega senese che faceva capo cafumiana senese del 1990, con una datazione verso il a Lorenzo e che delle sue creazioni si nutriva».12 Un’af- 1535 e l’attribuzione a uno scultore senese associato ipo- fermazione veramente sorprendente, di fronte alla quale teticamente al nome di Giovanni Andrea Galletti (Siena, c’è da chiedersi quanto abbia veramente inteso del lin- 1499–1539). Fonditore e plasticatore, figlio dello scultore guaggio del Marrina plasticatore colui che al Marrina ha Carlo Galletti, Giovanni Andrea emergeva allora come dedicato una monografia. un nome cui accostare cautamente un coerente gruppo In attesa, e nella speranza, che ulteriori ricerche di sculture costituito dalla Sant’Agata della pieve di Cor- possano chiarire meglio la cronologia delle molte statue sano, dai Dolenti di Santo Spirito a Siena e dal così detto fittili ormai riconosciute a Lorenzo di Mariano, e la que- Angelo del Musée du Louvre di Parigi.6 In conseguenza stione del coinvolgimento della bottega in tali imprese, di ciò la Petrucci riferiva a Giovanni Andrea Galletti si può sostenere che il San Paolo rappresenta un memo- pure il San Paolo,7 che sotto tale nome sarebbe poi com- rabile canto del cigno del Marrina, quanto alla scultura parso a un’asta newyorkese di Sotheby’s nel 2011.8 tridimensionale in terracotta. L’assenza della policromia, Frattanto il corpus delle opere associate al Galletti al confronto delle sculture di Montefollonico, mette in era stato meglio riconsiderato, finendo per essere rico- rilievo la qualità altissima del plasticatore, nell’esecu- nosciuto all’attività di plasticatore di Lorenzo di Ma- zione dei panni dilatati e taglienti della veste, nella resa riano detto il Marrina, indipendentemente, da Alessan- dettagliata dei calzari all’antica e del libro, nell’efficace dro Angelini, da chi scrive e da Alessandro Bagnoli;9 naturalismo delle mani, dei piedi e del volto, completato quest’ultimo, presentando nel 2008 il restauro della dal calligrafico fiammeggiare della barba e dall’espres- Madonna col Bambino in stucco dei Conservatori Riuniti sione torva e severa dell’Apostolo, che si direbbe figlia del Refugio a Siena, provò tra l’altro a ordinare breve- di una volontà di emulare i «moti dell’animo» leonarde- mente nel tempo le sculture fittili del Marrina, inseren- schi (si pensi al Fariseo che Giovanni Francesco Rustici, do nella sua fase tarda il nostro San Paolo, cui ritrovava su modello di Leonardo, realizzò per il gruppo della un compagno nel San Pietro della Casa d’Arte Bruschi Porta Nord del Battistero di Firenze tra il 1506 e il 1511), di Anita Almehagen a Firenze (una scultura che peral- e l’interpretazione che di questi, oltre che degli aspetti tro mantiene evidenti tracce di una vecchia imbianca- più malinconici del linguaggio michelangiolesco, seppe tura, che sappiamo avere riguardato pure la statua della offrire Beccafumi, tra gli anni venti e gli anni trenta. Pro-

fig. 4: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, Santi Pietro e Paolo, Pienza, Museo Diocesano (da Montefollonico). fig. 5: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, Santi Pietro e Paolo, rispettivamente Firenze, Casa d’Arte Bruschi di Anita Almehagen e Bologna Galleria Nobile. 92 92 pongo in tal senso alcuni confronti, con un dettaglio del- qualche rapporto con la tradizione dei polittici popo- la Storia di Mosè spianata nel pavimento del Duomo di lati di statue di Jacopo della Quercia,14 e dall’altro una Siena verso il 1529 su disegno di Beccafumi, con il quale qualche dipendenza dal mai compiuto progetto di rea- la somiglianza è veramente strettissima (fig. 6),13 con un lizzare un ciclo di Apostoli in bronzo per i pilastri del- bozzetto mecarinesco del Fogg Art Museum di Harvard la navata della Cattedrale di Siena, che avrebbe dovu- (n. 1965.359; fig. 7) preparatorio per la testa del vecchio to sostituire l’Apostolato marmoreo trecentesco ora nel che assiste all’Uccisione di Spurio Melio nel ciclo del Con- Museo dell’Opera. L’idea venne a Francesco di Giorgio cistoro del Palazzo Pubblico di Siena, avviato nel 1529 prima della morte (1501) e l’esecuzione fu poi affidata a e compiuto entro il 1536, e con il burbero San Paolo di Giacomo Cozzarelli nel 1505, vedendo quindi un breve Montefollonico (fig. 8). coinvolgimento del Sodoma (1515), e infine un interes- E se quest’ultimo non bastasse a fugare ogni dub- se del vecchio Beccafumi, che «diede principio a fare i bio sull’attribuzione del San Paolo al Marrina, si posso- dodici Apostoli per mettergli alle colonne di sotto [cioè no chiamare in causa le corrispondenze strettissime con della navata del Duomo senese], dove ne sono ora alcu- altre sculture ben assestate nel catalogo di Lorenzo: dal- ni di marmo, vecchi e di cattiva maniera; ma non segui- la documentata Annunciata dell’oratorio della Contrada tò, perché non visse poi molto».15 Possibile allora che il del Drago a Siena del 1521–1524 (cui si può guardare per Marrina, data la familiarità con Cozzarelli e col cantie- le peculiarità marrinesche della postura impostata sulla re del Duomo (di cui era capomaestro nel 1506), traesse flessione di un arto inferiore, e per il panneggiare ampio ispirazione per i suoi Santi Pietro e Paolo dalle idee ela- e avvolgente, siglato da pieghe taglienti (fig. 2), al San borate da Giacomo, sulla scorta di quanto lasciato dal Giuseppe dell’oratorio della Contrada Capitana dell’On- suo mentore Francesco di Giorgio, per questo proget- da a Siena (dai tratti molto simili, ma dal drappeggia- to? Possibile, inoltre, che Beccafumi conoscesse queste re più allentato, probabile sintomo di una precedenza figure di Lorenzo, quando anche lui si mise a studiare cronologica; fig. 1), fino alla così dettaFigura allegoria statue di Apostoli da realizzare in bronzo? Sono quesiti (a lungo scambiata per un Angelo, del Musée du Louvre cui è impossibile dare risposta, ma che lasciano inten- di Parigi, tanto diversa per soggetto, ma tanto simile per dere il posto di assoluto rilievo spettante al nostro San la sinuosa precarietà dell’equilibrio e i calzari all’anti- Paolo, al suo compare Pietro, e agli Apostoli di Montefol- ca (fig. 3). lonico nel contesto della scultura senese della prima Mancano certezze su quale fosse l’originale funzio- metà del Cinquecento. ne dei due Santi: per i consanguinei di Montefolloni- Gabriele Fattorini co mi sono chiesto se non potesse esserci da un lato

1 Fattorini 2014, pp. 52–53 nota 14, antiche e il Cristo risorto inta- Fattorini 2005, pp. 562–563, 581– 15 Vasari 1550 e 1568, V, p. 176 con riferimento a Moscadelli gliato in legno da Domenico 582 note 28–30; Bagnoli 2008. (per la sola Giuntina), richia- 1989, p. 527, per la citazione. di Niccolò “dei cori”. 10 Bagnoli 2008. mato già per i Santi di Monte- 2 Petrucci 2002. 4 Petrucci 2002. 11 Fattorini 2014, pp. 52, 49 follonico in Fattorini 2014, p. 3 Tra le opere d’arte ancora di 5 Venturi 1937, p. 965 e figg. figg. 2–3. 57, cui rimando per la vicen- proprietà degli eredi Chigi mi 844–845. 12 Ranfagni 2017, p. 125, nota 194. da degli Apostoli del Duomo limito a ricordare un celeber- 6 Bagnoli 1990, in particolare 13 Si tratta di un dettaglio che e la relativa bibliografia (ivi, rimo busto di Alessandro VII pp. 572–575, n. 195. avevo richiamato a confronto nota 23). di Gian Lorenzo Bernini, una 7 Petrucci 2002. già per i Santi di Montefollo- spalliera dipinta da Guidoc- 8 Sotheby’s 2011, lotto 432. nico: Fattorini 2014, p. 53. cio Cozzarelli con tre Eroine 9 Angelini 2005, pp. 381–382; 14 Fattorini 2014, pp. 54–57.

fig. 6: Domenico Beccafumi, Storie di Mosé (particolare), Siena, Duomo, pavimento. fig. 7: Domenico Beccafumi, studio di testa (per l’Uccisione di Spurio Cassio nel ciclo del Concistoro), Cambridge, Fogg Art Museum, n 1965.359. fig. 8: Lorenzo di Mariano detto il Marrina, San Paolo (particolare), Pienza, Museo Diocesano (da Montefollonico). 94 94

ENGLISH TEXTS This is the twenty third catalogue of my almost thirty-year fabbriceri fell upon an artist who was still so young, as career. Every time that I present my latest selection of ours was, for two reasons: the first, that he must have works, I am once again moved by every piece that I’ve already been famous and capable, and the second, that selected, studied and acquired. Fortunately, it is still an since he had been one of Correggio’s closest followers enthusiasm that guides me in my everyday pursuit of and surely the one that understood him best, he would works, despite the challenges in the art market during have carried them out in a style that conformed with recent years. This enthusiasm has allowed me to travel what was already in the three soffits, pendentives and across and abroad and visit private collections and cupola with the Assumption of the Virgin that Allegri had colleagues. not completed. Apart from our sheet and the four at the Louvre, It is thus that this catalogue was born, as a collection of executed in Correggio’s manner (studies from a model drawings, paintings and sculptures from the sixteenth to for figures seenda sotto in sù drawn in two registers in the twentieth century. These works reflect my personal delicate, soft red chalk), we know of three more sheets taste and, in one sense, are also the pieces of an ideal for this commission: at the Albertina, at the Uffizi and at «mosaic» that forms my own history: each work is love in Windsor Castle. The drawing in Vienna, for which the its own right, a hope, a reconfirmation, a lesson, the mem- little figurines of the one presented here and those at the ory of a journey and of an encounter and, at times, why Louvre might have served as models, portrays a Study for not, even a moment of anger. a group of saints and angels for one of the sections of the cross vault in which Konrad Oberhuber recognised the The choice to understand drawing, painting and sculp- subject in the iconographical programme established by ture intends to underline the fullness of my interests and, the fabbriceri of the Cathedral in the contract of 1535 6. It on the occasion of TEFAF, present to the public in atten- is a complete, detailed study in red chalk with subtle, dance at Works on Paper the versatility of my search and minute strokes and with no pentimenti, and as noted by my choices, even beyond drawing, that, however, remains Frucco7, is probably an outline drawing developed from one of my greatest passions. another preparatory sheet, while the two in the Uffizi 8 and Windsor Castle 9 are fragments that lead back to the Maurizio Nobile same project.

1. Inv. nos. 5931-5932-5933-5934. See Frucco 2010, pp. 182–183, nos. 21, 22, 23, 24: figs. 25, 26, 27, 28. 2. Vaccaro 2008. 3. Frucco 2010, pp. 182–183. 1. GIORGIO GANDINI DEL GRANO 4. Vaccaro 2008, p. 445. 5. Testi 1934, p. 104. parma, end of the 15th century — 1538 6. Oberhuber 1970, pp. 276–287. 7. Inv. 17629. See Frucco 2010, pp. 146–147; pp. 179–180, no. 18; fig. 24. Study for seven figures, c. 1535 8. Inv. no.1955F. See ivi, pp.146–147; pp, 180–181, no. 19; fig. 22. Red chalk, 142×184 mm. 9. Inv. no. RL5499. See ivi, pp. 146–147; pp. 181–182, no. 20; fig. 23. Inscribed in pen and brown ink on the recto at the fig. 1: Giorgio Gandini Del Grano, Study for eight figures, Paris, lower right: 117. Inscribed in black chalk on the verso Musée du Louvre, inv. 5932. at the upper centre Correggio, and ‘32’ at the lower left. provenance: J. H. Wiegersma (Lugt 1552b). literature: Vaccaro 2015, p. 70, fig. 14. 2. GIULIO CAMPI cremona 1507/1508 — 1573 The recent discovery of this drawing, which can be added to a group of four drawings of analogous subjects and Study of a Seated Putto, a Standing Bearded Man facing of the same size and technique in the Louvre1 (from the right, and a sketch of a Hand, ca. 1530 Collection Dezallier d’Argenville, 1680–1765), (fig. 1) Studies of a Bull (verso) where they were catalogued under the name of Correg- Red chalk on white paper, 190×250 mm. gio (1489–1534), is a significant addition to the smallcorpus Inscribed ‘Parmigiano’ in iron gall ink at the lower right graficum of Giorgio Gandini del Grano. These sheets were by Sir Joshua Reynolds (verso). first attributed to Gandini by Mary Vaccaro (2008) 2 and provenance: Sir Joshua Reynolds, 1723–1792 (Lugt 2364); then by Francesca Frucco (2010) 3. In her lecture: Correggio Arthur Melville Champernowne, born 1871 (Lugt 153). e il suo tempo: Giorgio Gandini del Grano tra Allegri e Bedoli nel Duomo di Parma 4 Vaccaro pointed out the relation between the drawings and the frescoes commissioned This unpublished double-sided sheet is entirely char- from Gandini in 1535, after Correggio died, in the apse acteristic of the young Giulio Campi. It can be dated and in the vault of the choir of the Cathedral in Parma. precisely to 1530 when he was commissioned by Massi- These frescoes, however, remained in the project miliano Stampa, private secretary to Francesco II Sforza, phase because of the premature death of the artist (1538), to decorate the church of Santa Maria delle Grazie, Son- and were then assigned to Girolamo Mazzola Bedoli cino. He executed the High Altarpiece, showing the Vir- (1500–1569), who took over the following year 5. gin and Child in Glory with Saints Catherine and Francis.1 We do not have a great deal of information about Campi also frescoed the Assumption of the Virgin on the Gandini, but since the commission in the Cathedral triumphal arch, the Evangelists in the vault of the pres- must have undoubtedly been an important, prestigious bytery, and the Carmelite Saints in the pendentives of the one, we can surmise that the choice of the canons and apse.2 Together these works represented a major stylistic

english texts 98 development in the artist’s career. While his earlier style Parmigianino. His assumption was by no means isolated, was much influenced by Venetian and Northern-Euro- and was doubtless triggered by the accomplished han- pean painting, here we see Campi assimilating Porde- dling of red chalk and highly original figural inventions. none’s palette and Raphael’s classical elegance and sym- In both respects the present drawing is an especially metry, alongside precise quotations from Marcantonio striking example of Giulio Campi’s draughtsmanship. Raimondi’s prints.3 Campi’s early paintings are complemented by a * The attribution has been confirmed by Giulio Bora and Marco Tanzi. remarkable corpus of drawings, which only began to 1. Now preserved in the Pinacoteca di Brera, (Reg. Cron. receive scholarly attention in the 1970s. Alessandro 1128). Saints Catherine and Francis are shown presenting Pietro Mar- Ballarin noted that two red chalk drawings in Berlin tire Stampa, Massimiliano’s father, to the Virgin and Child. For the were studies for the Evangelists depicted in the vault of history of the church see De Santis, Merlo 1992. 4 2. The latter frescoes have since been detached and transferred to Santa Maria delle Grazie . Further studies were pub- the adjacent convent. lished by Giulio Bora: one in black chalk for the Apostle 3. For an analysis of his early career see further Tanzi 2004, pp. at the far left of the triumphal arch, and another in red 7–10; and more recently Tanzi 2012, pp. 42–43. 5 4. Kupferstichkabinett, inv. KdZ 5143-5143, with Ballarin’s attribu- chalk for the Prophet Elisha in the apse. tion of 1975 annotated on the mounts. Many of Campi’s early drawings, which are largely 5. The first of these drawings was at the time in a private Mila- characterised by his preference for red chalk, have in nese collection; the second is in the Istituto Nazionale per la Grafica, the past been incorrectly ascribed to a host of Northern Rome, inv. 125862. See Bora 1984, pp. 10–11, figs. 15 a–b. 6. Teplice, Regional Museum, inv. CA 501; Venice, Gallerie Italian artists who employed the same medium; for ex- dell’Accademia, inv. 520. ample Girolamo Romanino and Pordenone. Sheets in 7. Respectively Bayonne, Musée Bonnat, inv. 1368 (Study of a Seat- Teplice and Venice were once believed to be late works ed Man); Providence, Rhode Island Museum of Art, inv. 20465 (Virgin 6 and Child with St Roch). See further Bora 1985, p. 281, no. 2.6.1; also Bora by Boccaccio Boccaccino, and Campi’s nuances of 1988, p. 15, fig. 39. Dürer resulted in misattributions to Altobello Melone, 8. Bora 1984, pp. 10–11, figs. 15 a–b. whose drawings are extremely rare, to Pordenone, and 9. Teplice, Regional Museum, inv. CA 503-504, 650. See n. 6 above even To Moretto da Brescia 7. Though these attributions for the drawing in Venice. For further discussion of the attribution of Campi’s drawings to Boccaccino and others, see Tanzi 1999, pp. 7–8. were erroneous, it is significant that early connoisseurs inadvertently associated Campi with Northern Italian fig. 1: Giulio Campi, Apostles, Soncino (Cremona), Santa Maria artists of the highest calibre. While the handling and delle Grazie. media of the figures on the recto are typical of Campi’s studies for Santa Maria delle Grazie, their lack of pre- cise correspondence with the frescoes demonstrates that they represent the earliest stage of the creative process; 3. PAOLO GUIDOTTI called first thoughts which he would subsequently develop. IL CAVALIER BORGHESE The bearded figure is evidently an early idea for the lucca c. 1560 — rome 1629 startled Apostle draped in yellow, on the far left of the triumphal arch (fig. 1). His final pose was established in Portrait of a farmer or Allegory of Autumn, c. 1610 a drawing published by Bora,8 but the hooked raptorlike Oil on canvas, 71×57.3 cm. features of the figure in the present drawing, reminiscent of a bird of prey, is replicated in the fresco. Captured at shoulder-height against a dark background, Moreover St James, who audaciously kneels at the the young man occupies all of the foreground of the centre of the composition with his posterior to the spec- composition with his vigorous activity, his unkempt tator, has a similar bird-like profile framed by a unnatu- beard and moustache, his dark eyes and furrowed brow, rally domed cranium and a sharply pointed beard. grooved with frown lines. His frayed jacket seems to Moreover, his hand gesture is the mirror image knot itself around his shoulders and a white shirt falls of the hand rapidly sketched at the foot of the present to his waist, leaving his hairy chest open in full-view. He drawing. The putto, apparently seated on clouds, is cer- carries a swathe of fabric on his head, from which a curl tainly related in type to the rather more muscular angels of hair falls; behind him we can make out — stored away that frame the Assumption of the Virgin at the summit of in the corner of the work — a bunch of grapes, pears and the triumphal arch. Indeed, seen in reverse, his pose is the open hedgehog of a chestnut. He advances with his strikingly close to that of the putto pumping the bellows muscular right arm, towards the spectator, bringing for- of the organ to the left of the fresco. ward the portrait and almost vehemently displaying a The verso of the present drawing highlights a fas- spade illuminated by radiant light. The brushstrokes are cinating and completely different aspect of Campi’s ar- blunt, with a strong use of chiaroscuro tonality. tistic personality, namely his passion for life drawing of The style elements of the work allow us to attribute animals. the work to the catalogue of Paolo Guidotti, a painter This extraordinarily perceptive and sympathetic from Lucca who, after having made steps in his birth study of a bull, its head drawn from different angles, ac- city, decided to seek better fortune in Urbe, where he cords perfectly in subject and technique with similar moved around 1589, when his name already appeared studies in Teplice — one of them showing a Lion Cub — amongst the members of the Accademia di San Luca. A and the verso of the aforementioned drawing in Venice multi-faceted and non-conformist personality, devoted of Two Bulls and a pair of Ducks.9 to mathematics, literature, astrology and music, and ca- As demonstrated by the inscription in the lower pable of skillfully bringing together the most disparate right corner of this sheet, its sheer quality is such that influences, Guidotti knew how to stand out straight Sir Joshua Reynolds, the great eighteenth-century away in the papal city of Rome as one of the great mas- painter, collector and connoisseur, believed it to be by ters of the refined Mannerist period, then nearing its

english texts 99 end, as well as of the new Carravagesque style. In 1608, Passeri didn’t talk about him,2 and nor did his acquain- Scipione Borghese allowed Guidotti to decorate himself tance and fellow Perugian, Luigi Pellegrini Scaramuc- with the same family name (from which the epithet of cia,3 whilst Pellegrino Orlandi writes only that «he wa ‘Knight Borghese’ appears on the records for the artist), admired for his great way of using colour, and turn- revealing a special relationship that indeed contributed ing heads».4 It was for this reason that many of Cerrini in no small matter to his relocating to the city. ended up in the catalogues of other more well-known Our likely farmer, perhaps an allegory of Autumn, painters, particularly, those of Simone Cantarini and demonstrates a painterly expression already informed Francesco Romanelli. The critical rediscovery is, thus, by and his followers, bringing us to a dat- very recent, with many starting to show growing inter- ing around 1610. The most significant comparisons can est for the Perugian artist, only after the pioneering arti- be made in the same use of dense and compact material, cle written by Evelina Borea in 1978.5 An exhibition was the use of whites and reds, and in the intensity of the thus dedicated to the artist,6 with a number of his works expressions. All such comparisons can indeed be made appearing in the exhibition held at the Complesso Mon- with the David with the head of Goliath, held at St Paul’s umentale di San Pietro in Perugia (where a detail of his Basilica outside its main wall, signed and dated 1608, Holy Family with Saint Anna and Saint John at the Galle- similarly revised with a naturalistic tone. With regard ria Nazionale dell’Umbria in Perugia earned the place to this latter work, our example perhaps demonstrates of the catalogue’s front cover).7 greater artistic maturity with the use of the paintbrush Trained in Perugia, at the school of Gianantonio and in the treatment of the shades, which could suggest Scaramuccia,8 where he trained in «colouring and copy- a slightly later chronology. ing» and in «some small invented works». It has been Even more convincing is the comparison with the suggested that Cerrini completed an apprenticeship in Self-portrait by the artist, today held in a private collec- Bologna with Guido Reni, but this has not been con- tion, with a replica also in existence. With this work, firmed by historical archives. It is, however, certain that Guidotti depicts himself with a meaningful glance to- the painter studied the works of Guido and other art- wards the observer, a stiff collar and smart jacket, pen, ists from Emilia Romagna and Bologna, particularly book, and the cross of the knighthood of the Militia that of Lanfranco. His first work was also certainlyThe of Christ. The brushwork capturing the figure’s facial Apparition of the Trinity to Saint Mary Magdalene de’ Pazzi, hair is the same as in our work, with the same decisive in the right-hand transept in Santa Maria Traspontina, strokes of light captured in the knuckles of the figure’s Rome, dated 1639. It would seem, in fact, that Cerrini hand: a technique that can be directly compared with had been called to Florence by members of the Medici our image of the farmer. Confirming the attribution to family (Mattia, Leopoldo and Ferdinando), for whom — Guidotti is the left hand of the farmer figure that can be as noted in the Medici family archives — the artist com- almost completely overlapped with that of the poet de- pleted numerous works, some of which have been iden- picted in the canvas found at the Ajaccio Museum, sim- tified, starting with the investigations carried out by ilarly datable to around 1610. Evelina Borea (1978) and by a number of meticulous ac- We are in front of a work that would teach Pietro knowledgements in several copies of Marco Chiarini’s Paolini, Guidotti’s peer and spiritual heir, completed by magazine, ‘Paragone’.9 Guidotti just before he decided to return to Lucca in 1611, This research has given back works to Cerrini’s au- after, to quote the artist, “27 years of self-imposed exile”. thorship, amongst other, the large canvas of Saint Jerome, He returned to Rome six years later, after having crossed today in the Certosa in Florence (fig. 1),10 where the Lucca, Pisa and Reggio Emilia, in order to dedicate him- hermit saint is based on the model of the canvas in ques- self entirely to his great poetic endeavour: the Jerusalem tion as, also, that of the painting in the church of San destroyed poem, in the style of Torquato Tasso, narrating Paolo del Collegio del Preziosissimo Sangue in Albano the pursuits of the Emperor Titus and rebel Jews. (fig. 2).11 The octagonal canvas and that today found Francesca Baldassari at the Certosa in Florence show the saint in almost mirrored poses, as if the painter completed the works within a short amount of time of each other. If it were not for a couple of details absent from 4. GIAN DOMENICO CERRINI called the canvas, one would be tempted to identify this IL CAVALIER PERUGINO Saint Jerome (whose polygon shape does away with an perugia 1606 — rome 1681 older provenance from a collection in Florence) with the lost canvas of the same subject mentioned in the Saint Jerome Medici inventories (Cabinet 1222, Inventario della collezi- Oil on octagonal canvas, 97×83 cm. one del Gran Principe Ferdinando de’ Medici, 1713): «A sim- provenance: Florence, private collection. ilar height b. 2 and ⅓ width b. 1 and s. 18, hand-painted of the above-mentioned Saint Jerome, seated with a red cloak over his shoulders, bare-chested, holding a skull Lione Pascoli assures that Gian Domenico Cerrini «was with his left hand, whilst his right rests on his chest. He of great stature and presence; and he cultivated a regu- is shown reading from an open book, embellished in a lar joviality right up until his death, as well as a sense similar fashion to the figure depicted».12 of gratitude towards his friends. These friends admired Marco Riccòmini him for his great decorum and manners, making him stand out, and perhaps no other professor in those 1. Pascoli 1730, vol. I, pp. 55–56. times was quite as respected by his students as he was».1 2. Passeri 1672. 3. Pellegrini Scaramuccia, 1674. Despite this, he did not benefit from a written biography. 4. Orlandi 1704, p. 216.

english texts 100 5. Borea 1978. the individual feeling nor the character of the narration, 6. Gian Domenico Cerrini 2005. is a recurring approach in Cantarini’s creative process. 7. Galassi 2018. 8. Pascoli 1730, vol. I, p. 52. We find it both at the beginning of his career, during 9. Chiarini 1975; Chiarini 1975 a; Chiarini 1975 b. In addition: Chia- his training with Guido Reni, but also in the last part rini 1992. of his brief life. Drawings from his youth, like the work 10. Borea 1978, p. 21, fig. 20. 1 11. Mancini 2015, p. 254, n. 1; Sframeli 2005, p. 212. at the Louvre, Vocation of St Matthew or the so-called 2 12. Borea 1978, p. 21; see also: Chiarini 2005, p. 84; Sframeli 2005, p. The Toilet of Venus in Brera (fig. 1) are developed using 212; Mancini 2005, p. 254, n. 1. the very same approach, as well as with the evident har- mony seen in the more mature The Rest on the Flight into fig. 1: Gian Domenico Cerrini called Il Cavalier Perugino, Saint 3 Jerome, Florence, Certosa. Egypt, held at the National Gallery of Art, Washington fig. 2: Gian Domenico Cerrini called Il Cavalier Perugino, (fig. 2), where we can recognise the same dynamic and Saint Jerome, Albano, church of San Paolo del Collegio del theatrical relationship between figures and landscape. Preziosissimo Sangue. I am inclined to read this current drawing as a link- ing work between the artist’s early phase, still influenced by Palma’s style (during an early stay in Venice, he met Palma il Giovane), and the blossoming in Bologna of his 5. SIMONE CANTARINI own more elegant and noble style. pesaro 1612 — Verona 1648 Between 1633 and 1635 this preparatory study could be linked to a finished composition for an as yet still un- Study for ‘The Discovery of Moses’ (?), 1633 – 1635 discovered painting or engraving. Pen and brown ink on ivory paper, 130×180 mm. On the reverse of the work, we can just about deci- On the verso, on the lower left, in pencil: Poussin. pher a collection note, attributing the work to Nicolas Poussin. Despite some forms only hinted at by a line of brown Massimo Pulini ink that outlines the hat and shoulders, we can esti- mate eight standing figures gathered on the left-side 1. Inv. 14647. of the paper. Their slender bodies, that appear reveal- 2. Fondo Acqua inv. 497. 3. Inv. 1986.7.1. ingly draped with long cloth, allow us to interpret them as young women who are focussing their attention on fig. 1: Simone Cantarini, The Toilet of Venus, Milan, Pinacoteca di other figures lounging in the centre of open country- Brera, Fondo Acqua inv. 497. © Pinacoteca di Brera. side. The valley in which the scene takes place is com- fig. 2: Simone Cantarini, The Rest on the Flight into Egypt, pleted with a horizon of hills and the presence of trees Washington, National Gallery, inv. 1986.7.1. © National Gallery of Art. that almost imitate a theatrical backdrop. The story being told — as captured by this drawing — is a vibrant series of figurative thoughts and their unfore- seen modifications. It shows the daughter of the Egyptian 6. GUILLAUME COURTOIS pharaoh, accompanied by her maidservants, as she dis- saint-hyppolite 1628 — rome 1679 covers the young Moses on the bank of the Nile. This, of course, being the day after the Pharaoh’s edict that the el- Study of an Angel and of a Head in Profile dest-born son of every Jewish family be abandoned. His Red chalk, 240×334 mm. daughter decides to adopt the baby as her own, allowing literature: Recent Acquisitions 2005, pp. 18–19. him to be brought up by a female servant who, as the book of Exodus in the Old Testaments tells us, is Moses’s natural mother. The moment brings together the surprise Guillaume Courtois was one of Pietro da Cortona’s best shown by the standing women with the industriousness pupils in Rome; he distinguished himself by the high of the kneeling figures who have taken care of the new- quality of his work, by his personal style, and by the sty- born, concealed by a tangle of markings. listic innovations that he adopts from Carlo Maratti and The style expressed in this work allows us to un- Giovanni Battista Gaulli, called Baciccio. By the end of derstand how important it was for the artist to be at- the sixth decade of the century, Courtois was a favour- tached to an initial compositional idea, sought via de- ite of Giovanni Lorenzo Bernini who, in turn, was fas- cisive marking and subtle details that serve to define cinated by the younger artist’s vivid chromatic scale, by faces and gestures. In the two groups of figures, inter- the plastic force and dynamism of his figures. mittent swathes of pen lines break the marks, seeking Our drawing is preparatory for the Adoration a tonal method that breaks down the landscape in the of the Magi, a picture now in the Galleria Nazionale background. di Arte Antica in Rome (fig. 1),1 which originally As first noted Marco Riccòmini (oral communica- comes from the princely collections of the Colonna tion), these methods perfectly correspond to Simone and Barberini families. Erich Schleier has dated this Cantarini’s — a painter of great standing and draughts- work to the end of the 1660s, and it shares the com- man of rare talent — swiftest drawing technique. The position, in this case reversed, with the altarpiece range of marks, at once a tangled mass, also render an of the same subject (1661–63) in the Cesi Chapel in expression in its essence, which returns in many known Santa Prassede in Rome.2 works that Pesarese will make use of in order to develop The Study of an Angel and of a Head in Profile is complex movements between the main characters and a typical example of Courtois’ style of the 1660s when the apparitions of a composition. The need to imagine his work is characterised by a plasticity derived from a scene in its entirety, from a distance that doesn’t lose Bernini. This is evident in the profile of the old man at

english texts 101 the lower right and by the corporality of the angel in from moreover in a spirit of academic competition flight. The latter figure is found, in reverse, in a rapid that we must interpret the commission given to the sketch in the Kunstmuseum, Düsseldorf 3 whereas the two painters of the two sibyls, not by chance requested head of the old man is the final study for the Magus in to be identical in their composition, and for which the centre of the scene. Two more drawings for this fig- Canuti was probably involved in a second moment af- ure are known, one is in the Gabinetto Nazionale dei D ter Pasinelli.6 isegni e Stampe in Rome 4 and the second, conserved in The reappearance of this work on paper thus adds the Kunstmuseum at Düsseldorf 5, is a full-length study, an important piece for a renewed construction of the on both the recto and verso, for the king. corpus of Pasinelli’s graphic works that even today gath- ers around a far too scarce number of drawings defini- *The attribution has been confirmed by Dieter Graf e Simonet- tively referred to the artist; too little when compared to ta Prosperi Valenti Rodinò. 1. Faldi 1970, nos. IX-X. how much one would expect from the most gifted pu- 2. Schleier 1970, pp. 3–4, fig. 4. pil of a prodigious draughtsman like Simone Cantarini. 3. Inv. no. FP4553. See Graf 1976, vol. I, p. 54, no. 113; vol. II, p. 86, From what Zanotti himself narrates 7 we can exclude fig. 157. the possibility that the master was, as was instead the 4. Inv. no. 126876. See Prosperi Valenti Rodinò 1979, p. 63, no. 118; p. 182, fig. 118r. case of another of his pupils, Giovan Gioseffo Dal Sole, 5. Inv. no. FP7987. See Graf 1976, vol. I, p. 55, nos. 116-17; vol. II, p. 85, amongst one of those painters who scarcely made re- figs. 155–56. course to drawing. In the case of his most gifted pupil, Donato Creti, it is there that this possibility can be to- fig. 1: Guillaume Courtois, Adoration of the Magi, Galleria tally proven wrong; from what remains, between the Nazionale di Arte Antica, Rome. © Gallerie Nazionali d’Arte Cantarini drawings and those of the talented disciple Antica Palazzo Barberini e Galleria Corsini. of his, Creti, sometimes runs a somewhat ephemeral border to the extent that they are often confused with each other — as is well shown with the case of the draw- ing here published at catalogue number 9, traditionally 7. LORENZO PASINELLI assigned to Pasinelli, but instead actually from a very bologna 1629 — 1700 young Donato. Regarding the drawings that can be attributed to Study for the Budrioli house Sibyl the artist with certainty, it appears rather clearly to the On the verso: Studies of faces and the figure of a soldier contrary an interest in the drawing method that the art- Red chalk (recto); pen, brown and black ink (verso) ist unravels using all techniques, from red chalk — as in 212×172 mm. the case of our work on paper — to black pencil, even On the verso; in pen and brown ink: [...] e cigola ad aloro with monochrome oil painting on paper, to pen ink and/ / per scrite / coto[...]. fini marm / [...] mate / [...]sibi / [...] me or watercolour. On the technical level, however, it is moderno / [unreadable]. clear as the use of red chalk in thin lines and rapidly provenance: Liege (Belgium), Charles Henri gathered in a mass of tangled, continually overlapping Marcellis collection (?) (1798–1864) (Lugt 609); strokes, almost without the pen ever leaving the paper, Florence, collection of Count E. R. Lamponi–Leopardi unequivocally coming from the example of Simone (second half of the nineteenth-century) (Lugt 1760); Cantarini. The same can be said of the typical abbre- Florence, Luigi Grassi collections (1858–1937) (Lugt viations with which the anatomical elements of the fig- 1171b); France, private collection. ures are captured, in order to concentrate attention on the study of the formal bone structure of the figure and It is one of Pasinelli’s favourite pupils, Giampietro its rich drapery, with a precious wet-effect that enfolds Zanotti, who, in the biography dedicated to the much- it, highlighting its elegant and lofty posture. loved master, informs us of the work for which this pre- Compared to the thoughtful and austere version by paratory drawing was created. He specifies, in fact, in his Canuti, the haughty nature of Pasinelli’s figure melds it writing that Pasinelli completed “a larger-than-life Sibyl instead to a representation of a more profane kind, ren- for the Budrioli family, that served as a companion piece dering it more a Venus flanked not so much by aputto , for another by Domenico Canuti”.1 If this latter Sibyl rather a sprightly Cupid. A similar characterisation can remained in Bologna, eventually merging with a private be well understood in a master like Pasinelli spasmodi- collection,2 the Pasinelli pendant, always recorded as cally intended for the ideal pursuit of a formal elegance lost or location unknown, has now recently reappeared classically inspired by ancient statuary, but no less by on the English art market (fig. 1),3 a country where the the chosen example of Guido Reni, via the distinct line painting seems to have found itself already at a very of Cantarini: our work on paper gives us unequivocal early date, no later than 1726, year of its journey to Lon- proof of such. don for the sale of the Hay collection.4 The features of Davide Trevisani the Budrioli Sybil, much mentioned by Zanotti were, however, captured entirely using the engraving that, as 1. Zanotti 1703, p. 36. Zanotti himself notes,5 was traced by a close pupil of 2. Stagni 1988, tav. XXX; n. 48, p. 200. 3. London, Sotheby’s, 8 December 2010, lot n. 31, oil on canvas, Domenico Maria Canuti, Giuseppe Rolli (fig. 2). 151.8×14.3 cm. Going by the Sotheby’s information regarding the Our drawing seems almost certainly, given the ev- work’s provenance, after being part of the Budrioli collection, the idence, a preliminary study for the Budrioli Sibyl and work was inherited and became part of the collection of Senatore Grassi (Bologna, c. 1760), before reappearing in a different Sotheby’s dates to between 1677 and 1678, the period that marks auction, in New York, on 22 January, 2004, lot no. 82. the return of Canuti from Rome and once again places 4. The Hay sale took place on 19 February, 1726. Information can the two pioneers in comparison with each other. It is be taken from the Fototeca Zeri fund (catalogue file n. 56654) where

english texts 102 three photographic reproductions of the painting are inventoried by the works of Mattia Preti and Pietro da Cortona.2 (Inv. nn. 114099, 114010, 114011). Other than being recorded with mea- A number of experiences with the world of Roman surements identical to those provided in the cited Sotheby’s sale catalogue, the presence of the work on the antiques’ market in Par- Classicism and the works of Carlo Maratti pushed is in 1973 is also cited (L’Œil galerie d’art), as well as the New York Solimena towards a search for greater formal balance, art market in 1979. That the work can be sold by the same clients compositional clarity and content rendered with expres- is made plausible indirectly by Zanotti himself. He specifies that Herodias with the head of St John the Baptist, also painted by Pasinelli for sion, such as Christ giving the keys to Peter (private collec- the Budrioli family, was sold at a high price by the Budriolis to an tion, 1695), Saint Christopher (Monteoliveto, c. 1698) and otherwise unspecified French gentleman (Zanotti 1703, p. 37). Could the Death of Saint John (Salt Lake City Museum, Utah, the same fate not have awaited Sibyl some years later? 1695–1700).3 From the beginning of the 1730s, contrary 5. Zanotti 1739, I, p. 407. 6. See Stagni idem and Baroncini 2010, n. 120, p. 390. to common practice, Solimena cultivated his youthful 7. Zanotti 1703, pp. 16–18; pp. 103–104. experience of the , the influence of Preti and of the last Giordano, preferring a painting technique fig. 1: Lorenzo Pasinelli, Budrioli Sibyl, London, Sotheby’s, characterised by chromatic contrasts and great compo- 8/12/2010, lot n. 31 (Fototeca Zeri inv. n. 114009). sitional imagination (works carried out in collaboration fig. 2: Giuseppe M. Rolli (after Lorenzo Pasinelli), Budrioli Sibyl, with his students, for the Palazzo Reale on the occasion etching, London, The British Museum, Inv. n. 1874, 0808.737. of the marriage of C. di Borbone, Naples, 1737–38).4 Solimena’s output had notable references to his contemporary artistic environment, even through 8. FRANCESCO SOLIMENA the work of his followers, amongst them, Maria Rossi, 5 canale di serino (av) 1657 — barra (na) 1747 Francesco De Mura, and Giuseppe Bonito. It has been recorded that Solimena was a very strict teacher, even at- Martyrdom of Saint Lucy, c. 1680 tentive to the moral standing of his students. He himself Oil on paper laid down on canvas, 24×38 cm. was recorded as a man totally committed to painting and literature: Spinosa 2018, n. 57, fig. p. 125. particularly virtuous and modest, to the extent that from a young age he dressed in the clothes of a religious cleric — the same that he selected for his Capodimonte self-por- Francesco Solimena was born in a small village in trait (1720) 6 — that earned him the nickname of Abbot Serino in 1657 and received early training from his father, Ciccio. His only enjoyment was frequenting by evening Angelo. Upon moving to Naples, he continued his edu- the home of his great friend, Alessandro Scarlatti, the cation with the painter, Francesco De Maria, studying famous composer, between the end of the seventeenth- not just painting but philosophy, history and poetry. and beginning of the eighteenth-century, delighting in The sketch depicting The Martyrdom of Saint Lucy his music.7 belongs to the first phase of his artistic output as a young Laura Marchesini exuberant artist. The work is oil on paper - only after being laid down on canvas - and forms the first, rapid 1. Spinosa 2018, n. 57, p. 215. idea for a composition for an as yet unknown final work. 2. ivi, pp. 40-54 (from the previous, refer also to the previous bib- liography). Spinosa, who included the work in the recently pub- 3. ivi, p. 73. lished monograph of the painter (2018), maintains that 4. ivi, pp. 115, 524. it is to be dated around 1680 or soon after this date, but 5. ivi, p. 7. 6. ivi, n. 274, pp. 546–547. before the artist’s work on the Choir of Donnaregina 7. Fabris 2018, p. 324. Nuova. «This study on paper that shows, with a dense and luminous application of paint and colour, strong Baroque inclinations [similar] to those encountered in other compositions in the ‘Cortonesque style’, but more 9. DONATO CRETI studied, elaborated and ‘finished’ like, for example, the cremona 1671 — bologna 1749 Stoning of Saint Steven».1 The speed of the brushstrokes, generous with colour, the measured juxtaposition of the Study of a figure (recto) chiaroscuro, the theatricality of the scene nurtured by a Study for a Preaching of John the Baptist (?) (verso) studied direction of the figures in movement, encourages Red chalk, 204×194 mm. our attention towards the central figure of Luke, render- Inscribed the right-hand margin, in pen and brown ink: ing us participants in the pathos lived by the protago- Pasinelli Lorenzo. nists of the drama. According to the Golden Legend by Collector’s Mark of the Musée d’Art et Industrie, Lyon Jacopo da Varagine, Saint Lucy was tried by the archon (as ‘échange’), not in Lugt.1 of Siracusa Pascasio for having converted to Christianity. provenance : Lyon, Musée d’Art et Industrie; Lyon, He is depicted in the painting, sketched with sinuous Galerie Mazarini (2000), as «Pasinelli». brush marks and wrapped in darkness in the upper literature: Riccòmini 2012, p. 39, n. 23.40 (as left. Contrasting to this figure, Lucy is illuminated with unknown location and unknown measurements). the delicate colours of her dress, her body unnaturally arched back - as she receives the cutting blow of martyr- dom to her throat - underlines the diagonal of the scene, From one side, the work seems to be divided by a diag- around which each figure displays a different emotion. onal, that points from the lower left corner towards the From Solimena’s happy beginnings would fol- upper right corner, or vice versa. It’s not marked, but low the first important commissions (frescoes from the just suggested by the profile of the draped body and Sacristy of San Paolo Maggiore) characterised by strong extended outwards from an anguished woman — her contrasts in light, articulated layouts and scenes inspired arms outstretched at the sign of a painful discovery, like

english texts 103 the Madonna at the tomb — and that of the face of a wor- ried looking young boy, of larger proportions, extracted, 10. DONATO CRETI together with other bearded heads, in the space that cremona 1671 — bologna 1749 lies above him and behind him. In the area to the right there is, instead, an emptiness, just barely lightened by Journey to Calvary, 1687 the upturned trace of a woman turning to her left, as Oil on copper, 20×39 cm, oval. though responding to a call, her head repeated twice. On the reverse of the copper, in brown ink: «4/3/3/5/ e From the other unseen side (that isn’t quite unseen, on [referring to the main points of the copper] la pass di e a a sheet from a sketch pad like this one, thus the need to Son / per d10 . &30 / li 9 Ott. 1687 /AL° FA ». distinguish the recto from the verso when referring to it), provenance: Bologna, Casa Fava; Milan, Finarte, 2 a woodland tête-à-tête takes shape between who we can December 1975, lot 33. assume to be the Baptist — young and bearded with a literature: La pittura Bolognese del ‘700 1994 n. 1, ad full head of hair, sat with his legs crossed, his shoulders vocem; Riccòmini 2012, p. 85, fig. 5. covered by a thin tunic fastened to his neck — and an old white-haired man that turns towards him from a lower Followed by a drawing of the same subject, also oval, as plane, thinking whilst gesturing with his right hand. well as being signed on the reverse with the initials of The paper is inscribed with the nervous trace of Count Alessandro Fava (dated «1688»)1 (fig. 1), Journey to soft red pencil, that preferred by Creti (and not by Calvary on copper by the sixteen year old Creti can be Lorenzi Pasinelli, as he would prefer handwriting on the identified with the work found in 1745 in the «Galleria recto of his work) during his years of training, and then Grande Dipinta dal Carazzi» [Galleria Grande painted abandoned in favour of a permanent mark in brown ink by Carazzi], mentioned in the «Inventario Legale using the thin point of a pen. dell’Eredità Fava in Bologna» [Legal Inventory of the As often seen with the works of Creti, there isn’t a Fava Inheritance in Bologna]: «Our Lord who carries trace of a completed work on canvas of the scene here that cross to Calvary, painted on copper, with golden depicted. Despite this, if we welcome the suggestion frame and gold-leaf case, from Creti, L. 100»;2 proba- that the figure on theverso is Saint John the Baptist, we bly the same «Passion of Christ», recorded by Marcello can thus imagine this work as a first idea for the pal- Oretti in the Bolognese home of the «Conti Fava fam- ette with the Baptist’s Sermon, already found at Florence ily, meeting the church of the Padri Filippini, Strada di with Contini Bonacossi, then at Houston, and today at Galliera».3 the Smart Museum of Art in Chicago.2 This was carried Certainly, the unfolding of one of the final scenes out from observation of the lost «Saint John the Baptist of the Passion retraces one already thought up for the preaching to the crowds, large canvas, entire figures tondo with the same New Testament theme, part of the and entirely naturalistic» recorded by Marcello Oretti Mysteries of the Rosary of the parish church of Saint Peter in Casa del conte Fava «in front of the Nuns of Mary in Fiesso, close to Bologna, carried out by Creti around Magdalene, via di Galliera».3 1688.4 (fig. 2) Indeed, the same pose can be found on Roli dates it to the first years of the seven- the copper with Jesus kneeling, weighed down by the teenth-century,4 but it would be considered as earlier weight of the wood, in the same way as the condemned than this, given the evident perseverance of the charm criminal in the white shirt who, showing us his shoul- of Veronese, with obvious references (like the turbaned ders and the oval of his head, carries the arm of the cross. figure of a ‘Vitellio’, on the right) and a borrowed pal- The paint here appears more like a glaze, given the ette, inspired by Veronese’s bright colours and inspired metal surface, and to this earthly palette carried out in vividness just like that of Veronese, seen by the young Fiesso, a varnish and subtle white highlights were added Creti first in Modena (where he studied, copying the ten years later. Cuccina canvases in pencil) around 1690, then in Venice, The work on paper in London, the tondo from where he copied Veronese’s altarpiece in San Zaccaria Fiesso and our copper example, in the same vein as (as we know from the work dated by Count Alessandro the Journey to Calvary, envisioned beneath a striated Fava ‘1693’, held at the Fondazione Giorgio Cini).5 and lagoon-like sky, with figures grouped along an axis Just before this date, between the end of the 1680s captured by the wood of the cross, almost as though and the first years of the 1690s, he would create this they were sculpted on the sides of a late Roman sar- work, until now unseen, on its verso. cophagus, declaring a reliance on the model created Marco Riccòmini by Paolo Veronese for a canvas of the same subject in Venice in Palazzo Cuccina (today Papadopoli). The 1. See, i nn. L.1699a e L.1699b del Musée des Tissus et des Arts work was then in the gallery of the Duke of Modena, décoratifs, Lyon. where, together with his other three companions, the 2. Inv. n. 1973.46. Gift of the Samuel H. Kress Foundation. Oil on canvas, 90,5×62,6 cm. See: Riccòmini 2012, p. 112, fig. 24. young Creti saw it and studied it (then accompanied by 3. Marcello Oretti 1984, p. 89, [b] 39/11. Pietro Ercole Fava), today held at the Gemäldegalerie 4. Roli 1967, pp. 93–94, n. 67, fig. 9. in Dresden. 5. Riccòmini 2012, p. 79, n. 90.44. Attesting to the affiliation of the young Creti to the Fava Counts, the signature is the same that appears on four signed works on paper, one by Alessandro and the other three by his son, Pietro Ercole Fava. Amongst these, one alternates between a comic scene (that of the Sausage thieves) and a sacred scene (an Adoration of the Magi), whilst the remaining three narrate in a serious manner (and even somewhat witty) stories of the life of Christ

english texts 104 (two are nocturnal scenes with Cappucine monks who The so-called series of the Planets (today in the surround a young man in a forest: the Capture of Christ), Pinacoteca Vaticana, where they arrived from the pa- and another depicts a Madonna with Child and angel.5 pal palace of Castel Gandolfo) was born around 1711 Marco Riccòmini on the command of general Count Luigi Marsili. Upon the suggestion of the illustrious scientist as well as man 1. «Donato Creti f.t il 25 Feb.o 1688 /AL.o FA:». See also: Riccòmini of letters, Eustachio Manfredi (author, amongst other 2012, p. 85, n. 95.3. things, of the Ephemerides motuum Coelestium ... Ad usum 2. Campori 1870, p. 608 (where the inventory of the Casa Fava art works are shown, signed by Creti himself in 1745). Bononiensis Scientiarum Instituti, printed in Bologna in 3. Oretti, Ms. B 104, circa 1769–1779. See: Marcello Oretti 1984, p. 1715), the miniaturist, Raimondo Manzini, approached 90, [b] 62/21. Creti in its creation so that Manzini carried out the work 4. Riccòmini 2012, p. 85, fig. 6. For other tondos by Fiesso: Mazza 1992. in the most accurate way possible, including the accu- 5. Riccòmini 2012, p. 32, n. 21.1 (Nocturnal scene with Cappucine monks rate placement of celestial bodies: Sun, Moon, Mercury, who surround a young man in a wood: Capture of Christ. Chicago, The Art Venus, Mars, Jupiter, Saturn and a Comet. Institute of Chicago, Inv. n. 1922.708 a. wv 2576 b); p. 36, n. 23.9 (Sau- The intention of Count Marsili, founder of the sage thieves, recto; Adoration of the Magi, verso. Bologna, private collec- tion); p. 51, n. 37.44 (Nocturnal scene with Cappucine monks who surround Accademia degli Inquieti in his own home (with a small a young man in a wood: Capture of Christ. Florence, Gabinetto Disegni observatory annex «suitable for those observations that e Stampe degli Uffizi, Inv. n. 4268 S); p. 80, n. 90.46Madonna ( with were necessary»),2 and promoter of the foundation of Child and angel. Venice, Fondazione Giorgio Cini, Inv. n. 31495. Cer- tani n. 484). the Istituto delle Scienze in Bologna was to gift the se- ries created by Creti (and Manzini) to Pope Clement fig. 1: Donato Creti, The Way to Calvary. Formerly London, XI (Giovanni Francesco Albani, from Urbino, to whom, Thomas Williams Fine Art (2001). Manfredi four years later, dedicated his two books on the fig. 2: Donato Creti, The Way to Calvary. Fiesso (Bologna), parish calculation of the skies) aso that he was convinced to spon- church of San Pietro. sor the spatial research of the new institute in Bologna. From that lost hope (it was difficult to imagine, even with an enlightened pontiff, a desire to investigate 11. DONATO CRETI the stars with scientific methods, given that, in the previ- cremona 1671 — bologna 1749 ous century, Galileo Galilei endeavoured with great dif- ficulty to have been able, amongst other things, to point Study of a seated man (recto), c. 1711 a telescope towards Mars) remains, however, the small Study of three figures (verso) canvases by Creti, amongst the most dreamy and po- Red chalk (recto); black chalk (verso), 230×175 mm. etic works from within the eighteenth-century, not just in Italy; and accompanying these are a handful of pre- In lower left, inscribed (not signed) in black ink pen: 3 Donato Creti. paratory studies , like those in discussion; whose recto, On verso, in brown ink pen: S. Donato Creti 21:10. completed, will be thought of as an independent work literature: Italian Old Master Drawings 1990, pp. 86–87, on paper, from a collection, destined for the cabinet of a n. 36, ill. recto e verso; Riccòmini 2012, p. 71, n. 88.1. lover of sciences as of the arts. Marco Riccòmini

Feathered beret and ample robe of heavy fabric (per- 1. Roli 1967, p. 96, n. 87, fig. 21. haps taffeta?), floor-length and indeed longer, needing 2. Cavazzoni Zanotti 1745, p. 17. 3. To these can be added two Dresden works (Inv. nn. C 6465 and the hem lifted when seated, as if in costume, in the mid- C 7341; Riccòmini 2012, nn. 31.8 e 31.9); That formerly at Phillips in dle of a Ariostan fairytale set in a far-away time by Nic- London (Riccòmini 2012, n. 73.1); Young man with sextant at the Hermit- colò dell’Abate; his profile lost, in fact, blurred, beyond age (Inv. n. 20670; Riccòmini 2012, n. 80.3) and the Astronomers at the Pinacoteca Nazionale in Bologna (Inv. n. 38.34; Riccòmini 2012, n. 11.13). territorial — and, indeed, earthly — borders of white paper. Sat and scrutinising the night sky is the young fig. 1: Donato Creti, Mars, Rome, Pinacoteca Vaticana. man outlined with red pencil by a mature Creti. Perhaps watching the distant planet of Mars, visible from Earth even with the naked eye during the clear nights of sum- mer, maybe in the fresh air of a hill above the profile of 12. FRANCESCO FONTEBASSO the city of Bologna. We can imagine that the red planet venice 1701 — 1769 is the object of his attention, given that in the corner of the work’s verso are sketched three figures in black pen- A Head of a Youth, c. 1730 cil, one of whom point its finger to a point at a distance, Studies for the Figure of Saint Leonard (verso) precisely as the young seated figure does with his feather Black chalk (recto). Pen and brown ink (verso), in his cap,overdressed with an ample orange mantle, in 350×258 mm. the Mars painted by Creti around 1711 (fig. 1).1 provenance: L. Pollak (Lugt Suppl. 788b). To look more closely, the same young figure enrap- literature: Magrini 1988, p. 194, n. 179; Italian Old tured by the poetry of the skies and stars returns on the Masters Drawings 1998, n. 17. verso of the work, almost exactly in the same pose. He seems to be listening to the man who, standing, turns Francesco Fontebasso was first trained by Sebastiano towards him, indicating with his hand the bright star in Ricci; he then went to Rome where, in 1728, he was the darkness of the sky. In the painting there is, instead, among the winners of the Concorso Clementino. On his he who is sat on the ground and seems to take note of return to Venice in the same year, he stopped in Bolo- the observations he has made without using scientific gna where he was much impressed by the work of Vit- instruments. torio Maria Bigari and Donato Creti.

english texts 105 Fontebasso was very successful in Venice. His private moment, perhaps at breakfast, but in any case a patrons included members of the aristocracy and the moment far away from the formal pressures of work in Church, and the artist produced grand decorative the studio; a moment in which the painter takes plea- schemes and cabinet pictures for both. We should note, sure in the real, in its everyday honesty. He is inspired among Francesco’s main works, the frescoes in the Jesuit by it: an instant when the painter activates his mastery church (1734), in Palazzo Duodo (1742–53), in Palazzo to gather and fix on paper the flow of an everyday mo- Barbarigo (1745), and earlier, in Trento, the decora- ment from his closest loved ones. tive cycle for the Chiesa dell’Annunziata (1736). In 1761, The drawing, at least in its supporting elements, is Fontebasso went to St. Petersburg where he executed carried out with great immediacy and freedom, to then work in the Winter Palace. He returned to Venice in be recaptured in its highlights and its shaded parts, with 1762 and was appointed professor at the Accademia. In great care and attention but always with an extreme 1768, he was named president of that institution. rapidity of touch that literally makes the edges of the Francesco’s art remained basically indebted to his painting vibrate. This is seen, for example, with the first master, Sebastiano Ricci, although, as time went on, mouth: the sinuous lips are captured via a double paral- he was influenced by Giovanbattista Tiepolo whose lel line, almost seeming to crystallise a moment in time. work was well known to him. Fontebasso was also a Ubaldo probably took his brother, Gaetano’s, ex- prolific draftsman, and his drawings show a surprising ample when deciding to depict the children of the fam- range, from rapid chalk sketches and engraving-like pen ily, freeing them from the formality of a pose or partic- studies (the artist was also a print maker) to finished ular attitude.2 It’s above all this style of depiction that drawings, preparatory to his paintings. the latter brother will go on to develop in a large series Our drawing, both recto and verso, is preparatory of works on paper that, even with the passing of time, for the altarpiece, Saints Lawrence Giustiniani, Leonard depict the many children in single or double portraits and Nicolas of Bari, in the Venetian church of San (fig. 1 and 2): depicted affectionately intent on some Salvador (fig. 1). The painting was commissioned and activity almost as though the observer were totally in- paid by the Cornaro family in 1737,1 and it was consid- visible. If the delicacy of the sanguine — always the art- ered one of Fontebasso’s best by both the critics and the ist’s preferred medium — expresses the touching tender- public of the time. The recto of our drawing is a study, ness with which he captures the features of the young still Riccesque in character, for the acolyte on the left in girl, the use of even more pencil that Gaetano instead the altarpiece and is comparable stylistically to a Study pursues, allows him to reach an expression of great pa- of a Male Figure and Hand, recently sold in New York.2 ternal affection. The verso of our sheet shows various studies for the cen- The delicacy of some of the colour expressions in tral figure of Saint Leonard. One notation shows the the chiaroscuro end up convincing us that the light of saint against the architectural background of the altar- that day was the other major element of the drawing for piece. These sketches are typical of Fontebasso’s drafts- Ubaldo. Everything is placed in the work because the manship of the 1730’s in which the influence of Gaspare figure welcomes it. This is thus why a gathering of loose Diziani and Donato Creti is seen. plaits free the nape, whilst the turning of the neck places the face and profile partly in shadow, making the round 1. See Magrini 1988, p. 194, n. 179, fig. 24. nose and eyes stand out. It’s only with a second glance, 2. New York, Sotheby’s, 10 January 1995, lot 7. tracing one’s gaze from the area in light with that in dark fig. 1: Francesco Fontebasso, Saints Lawrence Giustiniani, Leonard that one notices the small ring that pierces the earlobe and Nicolas of Bari, Venice, church of San Salvador. of the sitter; surprised by this discovery, one is tempted to believe that the true subject of this portrait is actually the earring itself, framed by the face of the young girl. One could also be easily convinced that, particu- 13. UBALDO GANDOLFI larly in the works by Gaetano, those plaits that decorate san matteo della decima, 1728 — ravenna, 1781 the heads of his young children reflect a popular fash- ion of the time. It’s not, however, to be considered as a Portrait of a young girl, profile (his niece, Marta?) hairstyle exclusively for boys, as shown in this work at Red pencil and white chalk on cerulean paper, 305 × the British Museum (fig. 1). It was probably, in reality, 220 mm. a more practical and efficient method in the Gandolfi In upper right, in pen and brown ink: Gandolfi Mauro. household to show the childrens’ faces and thus bet- On the reverse, in pen and brown ink: 9. ter depict them, rendering the expressions of their eyes provenance: Bologna, private collection. more legible as well as the bursts of light on their skin. literature: Bagni 1992, p. 28, n. 24; Riccòmini 2016, The same, Mauro, to whom this work has been er- pp. 50–51, text 15. roneously attributed, also turned to this fatherly solu- tion for his children’s long hair, freeing the face of his An image that captures a moment, this drawing presents favourite model with an identical style of plait gathered us with a moment of everyday intimacy with the portrait on top of the head as shown with a number of drawings of a young girl from the Gandolfi household; perhaps from the Certani Collection.3 Marta,1 Gaetano’s only daughter, brother of Ubaldo — Davide Trevisani the creator of this beautiful drawing - or one of Ubal- do’s daughters. 1. We owe John Marciari, who we wholeheartedly thank, for the From the warmth and intensity of the light that fills suggestion that the young girl depicted could be identified as Marta on the basis of the shape of her nose and her mother’s. Indeed, based the image, one would say that one were in the middle on the portrait Gaetano clearly painted of his wife, Giovanna Spisani, of a day in late spring or early summer. It is, however, a soon after their marriage in 1763 and today held in a private collec-

english texts 106 tion in Bologna, the nose of the two figures seems similar enough to the creation on paper which follows almost exactly the to prove Marciari’s hypothesis. It is, however, still prudent to place a first layer of the canvas, in the sketch still held at the sac- question mark next to Marta’s name. 7 2. On this point, see Cazort 1990, pp. 87–98. risty of the Budrio parish church. 3. See also M. Riccòmini, n. 147, in URL: https://www.pandolfini.it/ Marco Riccòmini it/asta-0316/gaetano-gandolfi.asp; also M. Riccòmini 2018, pp. 121–123, nn. 87–88. 1. Biagi Maino 1995, p. 407, n. 240, fig. 266–267. 2. An ancient Italian currency, predominantly used in central Ita- fig. 1: Gaetano Gandolfi,Portrait of a girl reading, London, The ly. It was phased out and replaced with the lira upon Italian reunifi- British Museum, inv. n. 1946,0713.1321; cation. fig. 2: Gaetano Gandolfi,Portrait of two of the artist’s children, on 3. Bagni 1992, p. 415, n. 391. loan from the Pandolfini Casa d’Aste, Florence. 4. Gospel according to John, XIII, 27. 5. Gospel according to John, XIII, 2–32; Gospel according to Mat- thew, XXVI, 20. 6. Saint Augustin, In Evangelium Ioannis tractatus centum viginti quat- 14. GAETANO GANDOLFI uor, LXII, 3. 7. Bagni 1992, p. 413, n. 389. Oil on canvas, 68.5 45.3 cm. san matteo della decima 1734 — bologna 1802 × fig. 1: Gaetano Gandolfi,Communion of the Apostles. Budrio Study for the Communion of the Apostles (Bologna), church of San Lorenzo. The photograph is taken from Black chalk, 430×307 mm. the Fototeca of the Fondazione Federico Zeri (nn. 70338). The Signed in black chalk: G. G. f. 1797 (verso). writer’s ownership rights appear as expired.

The work is a preparatory study for the left half of the 15. JACOPO ALESSANDRO CALVI large altarpiece with the Communion of the Apostles in called IL SORDINO San Lorenzo of the monastery of the Servi di Maria in bologna 1740 — 1815 Budrio (Bologna),1 signed and dated on the verso by Gaetano Gandolfi ‘1797’ (fig. 1). Study of a male face It is Prisco Bagni who told the delightful story of Sanguine, 234×205 mm. the commission of the painting, discovered in the con- provenance: Paris, private collection. vent’s visitors’ book: «Seventy parishioners, shocked by how much had been done to reduce the church to the state mentioned [when, namely, it was rebuilt] de- The head is reclined towards the left, the eyes are turned cided to want to try… to also do the main chapel… and toward the sky in dialogue with the beyond, mouth ajar they decided to pay the small sum of nine baiocchi 2 from between surprise and rapture. That attitude and the sit- each of them, and with this they played for an entire ter’s glace, inspired by the work of Guido Reni, are for year in all of the lottery draws in Rome with a combi- Jacopo Alessandro Calvi almost a signature that the nation of thirty-fivebaiocchi , with a bold expression that painter employs in the faces of many figures of his paint- if San Lorenzo wanted the church finished he would ings, actors or simple spectators of Martyrs, Crucifixions, make them win the lottery». And, although it seems in- Sacred Conversations. credible, the parishioners’ wish was granted and, ul- The beautiful face on paper bares comparison with timately, they truly won the prize: After having spent works that cover the entire arc of his career. an entire year playing, always in vain, the last time and Not to mention those meaningful examples of with the last coins, they won the lottery with a prize of the same gaze, the same long and elegant bridge of the nine thousand Bolognese Lire». With this large sum, im- nose and luscious lips are of the apostle to the left of mediately deposited at the Monte di Pietà, they began the Virgin in Cingoli’s Pentecost (1771),1 from the angel work on the main chapel. To decorate the church inte- on the left of Christ in the altar of the Sacro Cuore in rior, Gaetano Gandolfi was asked to complete two al- San Giuliano in Bologna, (circa 1780) (fig. 1) and, still tarpieces, a Communion of the Apostles for the latar of the in the city of Bologna, of the young San Lorenzo of SS. Sacramento and a Martyrdom of San Lorenzo for the the altar of Santi Erasmo and Lorenzo2 in San Petronio choir, both still in situ.3 (1795) (fig. 2). Ten Apostles are seen on the work, all twelve can The counterpart paintings compared to the drawing be counted on the canvas. Ten ‘in line’, waiting their have, therefore, more flowing hair, itself part of the emo- turn to receive the host blessed by the hands of Christ. tive engine of the figure who stands out. The paintings One figure, the youngest with his back to us, his gaze don’t present the graceful and light small neck beard of turned towards the sky, and the last — the προδότης, the sanguine from the drawing. Indeed, the sanguine ex- namely the ‘traitor’ — Judas ‘Iscariot’, ‘man of Qeriyyoth’ plores the detail of the face with a fine trace that tapers (in Southern Judea), hidden behind the altar, tormented out to define shade and light, arriving at the descrip- by the demon («Satan enters him», writes Giovanni in tion of the most affected of details: the curl of this fresh his Gospel),4 beneath the form of a horrifying bird of beard and its irregular growth growing under the left ear. prey with hooked wings and a thin dog’s nose. Even This adherence to the real suggests that it refers to a real though we don’t know if he participated or not in the life model, a young boy from Calvi’s time who posed for first Eucharist, there are those who record his presence the artist in his studio. — like John and Matthew 5 — and who, instead, deny it, The previously unseen work will enrich the cor- like Saint Augustin.6 pus of the artist’s work that still lacks a monographic Attentive to the narration of the biblical texts, in study that investigates the artist’s entire output.3 Too the preparatory work, Gaetano focuses on the left half soon forgotten only a few years after his death, Jacopo of the altarpiece that, as was his method, exactly retraces Alessandro Calvi was, in reality, a leading figure in

english texts 107 painting in Bologna from the eighteenth-century, to- monumental Giani retrospective organised by Anna gether with the better-known and the talented, Gaetano Ottani Cavina.1 Gandolfi. More precisely, it would have enriched the series Calvi, nicknamed Sordino for the hearing impair- of work in which Giani depicts himself ‘as an artist’ that ment caused from a childhood illness, started at the stu- includes, in particular, another self-portrait (New York, dio of the painter, Giuseppe Varotti and was then en- Cooper-Hewitt Museum) where the painter depicts trusted to the writer and painter, Giampietro Zanotti, himself bent over the easel during a period of work «to becoming his favourite student. the light of night» (fig. 1). Our work can be considered Reflecting on the greats amongst those painters in the daytime version of this work: the suns’ rays, com- Bologna from the seventeenth-century and informing ing from a small window, shine towards Giani with fre- himself with numerous studio visits in Tuscany, Veneto netic traces of ink towards the canvas in front of which and Emilia, Calvi developed his own original painterly the painter sits in his slippers and nightshirt whilst he language concentrated on the rules of equilibrium and flourishes his paintbrush on the canvas within an empty harmony, solidity of design and characterised by a pal- room that reflects his stoic sensibility. ette capable of bringing together imperceptible colours, Even Francesco Leone places the two self-portraits as well as fleshy and luminous shades. Having become in close relation, «in terms of form and inspiration», and an exponent of the sort of Classicism centred on the approaches our example that he regards as «beautiful», Academies, Calvi interpreted painting with a felt devo- also «some of the sheets from the Fondo Dubini from tion that the entire artistic community, particularly that Turin’s Museo Civico with single figures rendered in an in Bologna, could replicate. excited fashion, clearly stemming from the same sketch Calvi developed an interest in literature, releasing pad used for the preparation for the well known Self- a number of interesting writings amongst which, Notizie portrait with the image of Diana of Ephesus dated to 1789, della vita, e delle opere del Cav. Gio. Francesco Barbieri detto il and also for the enigmatic effigies ofHooded figure and Guercino da Cento,4 a painter whom Calvi felt stylistically Butcher». These stylistic affinities bring Leone to date the aligned with and perhaps aligned with given he too was work here described to around 1790, to correspond with given a nickname that even in the local dialect pointed the arrival of the painter in Rome and then his first ex- out a physical defect. periences at the Accademia de’ Pensieri,2 founded by Calvi was a passionate collector of antique books, Giani himself, where artists from many backgrounds, all drawings and paintings, developing great skills as a con- of whom tired of the traditional teaching methods im- noisseur, often being requested — even from abroad — to parted by the academies, would often meet. In these eve- assist with matters of attribution. ning meetings at Palazzo Corea in Via Ripetta, a spon- His commissions reflect the network of relation- taneous assembly of trained artists intended to assess ships that he knew how to weave during the arc of his their skills, and the cultural weight they had accumu- life, entering into contact with the most visible people lated, as well as their own knowledge of history, myth, of his generation. literature, no longer a reproduction of previous knowl- Calvi’s works have been requested not only in edge but about creativity that thus needed recourse to Bologna, but also Spoleto, Bergamo, Siena, Maggiano, creative qualities and imaginative virtuosity.3 Having ac- Cingoli, York, Wesel in Westphalia, Barcelona and quired from these artists who circulated the so-called Krakow. 5 Fuessli circle — stationed in Rome just a few years before — the use of line as a «representative tool of abstract es- 1. Bergomi 2016. sentialism with a cognitive aim»,4 Giani and others had 2. The preparatory drawing in charcoal for the figure of San Lo- renzo, without his hat, belongs to the Collezioni della Cassa di Ris- chosen drawing as their ideal instrument of expression parmio in Bologna, (Varignana 1973, text 338, pl 124). of their anti-classical experiments. 3. For the Calvi work see: Roli 1977, pp. 125–126, ill. XI, 295a-299a; Indeed it was with Northern Europeans such as Zamboni 1979, p. 222, ill. 316–317; Busmanti 1979; Busmanti, Pierallini John Flaxman, James Barry and Jakob Carstens, «in their 1989; See also the most recent contributions: Conti 2006; Iseppi 2015; Bergomi 2011; Conti 2010. self-analysis and their propensity for depth» that differ- 4. Calvi 1842. entiates their self-portraits, Ottani Cavina rediscovers 5. Busmanti 1989; Biagi Maino 2004, ad vocem; Conti 2006. the characterising elements of the image of himself that Ginani wanted to perpetuate. «To draw, to that point» — fig. 1: Jacopo Alessandro Calvi, Sacro Cuore, Bologna, San Giuliano, Courtesy Fototeca della Fondazione Federico Zeri (n. 71271). writes the academic — «was no longer a direct operation fig. 2: Jacopo Alessandro Calvi, Santi Erasmo e Lorenzo, detail, (even less, innocent), even if within the self-portrait the Bologna, San Petronio. artist worked on depicting reality. Drawing was instead the more profound exploration that a subject could at- tempt of themselves: as now the more profound explo- ration of oneself that the artist could attempt. It was a 16. FELICE GIANI complex operation that passed through the phases of san sebastiano curone 1758 — rome 1823 a diary, an autobiography, a distortion, a performance, never absolute naturalistic certainty».5 Self-portrait at the easel, c. 1790 Given these considerations, we cannot not be left Brown ink on paper, 235×183 mm. initially surprised by Giani’s choice of methodology literature: Leone 2009, p. 31, fig. II.5, a p. 85. when representing himself in this Self-portrait at the easel, that is, with his pallette in hand. It could be the cheeky This work, only recently re-discovered, would have and irreverent spirit of the artist to suggest to his view- certainly found a prime position in the illuminating ers a clear means to understand this apparent anomaly: section dedicated to the artist’s works exhibited at the Giani displays himself dressed in a tattered fashion, with

english texts 108 his skullcap and slippers, inside a dressing room totally Busmanti as at the start of the 1790s. The words used absent of any representative attributes. This, in stark by this latter are by contrast of an extraordinary criti- contrast to the usual excessive self-portraits completed cal precision when focussing on the great heights riched by other more formally dressed academic painters, often by Gaspare Landi as portraitist in this canvas. «It will using their self-portrait as an affirmation of social status. be agreed that … [Busmanti writes] … one would not en- To give further vivacity to the mockery of the image, the counter such a pure and frank gaze, such an enjoyable presence of drawing instruments, tucked away but still smile, such is the quintessence of the femininity cap- clearly visible above the drawer, are displayed in order tured. Tied to such an English touch, such a French im- to be put away again at the end of the arrangement for mediacy, the grace of Correggio and the colour of the the scene. Venetians: one will wonder if one is indeed contemplat- ing a small masterpiece».2 1. Ottani Cavina 1999. It is useless to attempt to seek another expression 2. Leone 2009, pp. 19–34 78, 85 (fig. II.5) 3. Rudolph 1977, p. 176 passim. to remark upon the excellence of the painterly and psy- 4. Leone 2009, pp. 19–34, 78, 85 (fig. II.5). chological rendering of this «speaking portrait», for- 5. Ottani Cavina 1999, I, pp. 51–60; II, pp. 927–929. mula that well delineate not only the intention — ex- pertly done — of rendering a frank and natural image of fig. 1: Felice Giani, An Artist Drawing by Lamplight, New York, this young woman, of instantaneous vitality, suggesting Cooper-Hewitt Museum, inv. 1901-39-2040. it also in the look of languid, yet discreet, gaze. But, also, the excellence of the synthesis that Landi was capable of and that one can well appreciate in the vaporous del- 17. GASPARE LANDI icacy of the light on the hair, in the porcelain pink of piacenza 1765 — 1830 the flesh, in the transparent shine of her eyes and also in the rapid brush strokes of colour in the hem of the silk Portrait of a lady, c. 1800 shawl that envelopes the figure. Oil on canvas, 65×50 cm. Davide Trevisani literature: Sgarbi 2004, ill. p. 126; Sgarbi 2005, ill. P. 1. Busmanti 2009, text n. 16. 138; Busmanti 2009. 2. Busmanti ibid.

Together with Camuccini and Appiani, Gaspare Landi competes for the role of the greatest Italian painter of 18. LUIGI SABATELLI the first thirty years of the nineteenth-century. Many of florence 1772 — milan 1850 his contemporaries were aware of this contest, indeed, it was his dear and esteemed friend, Antonio Canova, who Self-portrait ‘without mirror’, 1792 promoted Landi’s work in Paris to Napoleon. We can Black chalk and red chalk on paper, 225×180 mm. in fact say that, even more than his supporters, Gasperi inscription: Luigi Sabatelli disegnò se stesso in 20 minuti / Landi embodied for painting the extraordinary role that il dì 5 giugno 1792 / Senza Specchio his friend Canova had for sculpture. [Luigi Sabatelli drew himself in 20 minutes/ the 5th June Firstly, from the sublime example of the style of 1792/ Without mirror] Pompeo Batoni and then of Domenico Corvi — masters literature: Valli 2006, n. II, 11, fg. p. 78; L’officina with whom the artist completed his training — Gaspare neoclassica, 2009, pp. 69, 73, fig. I.3. Landi contributed to the formal definition of neoclassi- cal beauty: sublime grace and delicate expression, find- ing echoes and inspiration in the smoothness of the Of the various self-portraits on paper that have gradu- splendour of marbles sculpted by his friend, Canova. ally reemerged from various studies,1 this unpublished Above all devoted to grand historia paintings of el- work appears as the first in a chronological timeline for evated subjects and refined character, Landi, in spite of the artist’s oeuvre. In pencil and pen, with some then himself, was particularly appreciated and requested for transferred via engraving or watercolour, these works his talents as a portrait painter. This was not without reference the «philosophical youth» of the artist — as reason, as shown with the work here. He didn’t love to defined by Carlo del Bravo, until his move to Milan in paint portraits and nor did he greatly appreciate hav- 1808, as Professor of painting at the Accademia di Brera. ing recognition within a genre of painting that he con- «Luigi Sabatelli» — writes Mazzini 2 — «was born of the sidered not his greatest. He nonetheless accepted it people. Son of a chef for the Capponi family in Flor- graciously, as he himself specified,1 for its stability and ence, who paid for Sabatelli to travel to Rome and study earning potential, guaranteeing himself thus the occa- there, as well as funded his career as an artist; his worth sion to be able to dedicate himself with more serenity developed slowly, but ultimately his talent shone with to his subjects and preferred genre. such brightness that he was able to well-compensate his The portrait of a woman presented here well ex- benefactors. For a long time, the artist felt his way in the plains, therefore, the reason for the great esteem the dark, uncertain of the types that surrounded him and of painter enjoyed amongst aristocrats and the upper his noble instincts [...], although not, however, without classes of the period. Perhaps for that denser sense of spurts of revolt, signs of life that appear here and there, reality, the more human rendering of the attitude of the like a promise of freedom and better things». From the figure which echoes the use of a palette of more sub- Enlightenment stereotype of the fable of the artist, who dued and natural tones, should be dated a little later, achieves social acceptability through the notion of being more on the cusp of 1800, not that proposed by Eugenio an artist as a profession,3 after around fifty years, a new

english texts 109 romantic image inserts itself, close to the myth cul- as seen with the dedications and annotations on the tivated by German literature 4 that privileges the idea works. A sort of emotional diary kept in the same way of the artist’s restless search for the «goal of pursuing», by Wicar 16 and, even in 1808, by Sabatelli who, at the knowledge of the divine and one’s own «mission».5 moment of leaving his Tuscan friends for Milan, made Sabatelli arrived in Rome in 1788.6 A frequent at- each one a small portrait in pen17 to keep as a memory tendee first of the Accademia of Domenico Corvi, in his absence. friend of Vincenzo Camuccini, Pietro Benvenuti and Francesca Valli Giuseppe Bossi,7 and, together with these, from 1790, of the Accademia dei Pensieri,8 founded by Felice * text taken from Valli 2006. Giani and Miichele Kock, in friendly cooperation with 1. Pietro Benvenuti 1969, n. 101; Disegni italiani 1971, n. 11; Bairati 1975, n. 172; Paolozzi Strozzi 1978, n. 53; Cifani, Monetti 2001. Bénigne Gagneraux, Giambattista Dell’Era, Humbert 2. Mazzini 1841, p. 47. de Supreville, Jean Fabre and indeed Wicar, Girodet, 3. Barroero, Susinno, 2000. Gaspare Landi etc. This meant from one angle, the 4. Marcuse 1985. 5. Mazzini 1841, p. 7. systematic study of the body with respect to the «sci- 6. Cenni biografici 1900, p. 9. entific» regard for the rules of proportion and perspec- 7. Visconti 1845, p. 7; Luigi Sabatelli, 1978, p. 24. tive — the hated, even though enduring notion of the 8. Rudolph 1977. «correctness» of the neoclassical school, according to 9. Mazzini 1841, p. 41. 9 10. ivi., p. 53. Mazzini, «feeling outlines, measuring forms» —, but 11. Cultura dell’Ottocento a Pistoia 1977; Spalletti 1983; Mazzi 1986. from another point of view, a renewed focus on the sub- 12. Cenni biografici 1900, p. 10. ject: a regard that was conscientious and respectful of 13. Cifani, Monetti 2001. 14. Del Bravo 1978, p. 10. the reading of texts — one that will guarantee Sabatelli 15. Calbi 2000, p. 44, n. 4. «his middle-ground position between the old and young 16. Caracciolo 2004. school».10 17. Ojetti 1934. A marked with curiosity developed in the mean- time, one that thrived on the challenge, aware of the continuing insistence of the written word. Sabatelli’s af- finity with Tommaso Puccini is clear. Puccini, an intel- 19. LUIGI SABATELLI lectual and informed art collector from Pistoia, shared florence 1772 — milan 1850 an affinity with Sabatelli’s work in Rome, in relation also with Monti, Baretti, Alessandro Verri and Quirino Portrait of Antonio Canova, 1805 Visconti.11 In the daily workings of ‘Pensieri’, other Pen and black ink on ochre paper, 355×243 mm. than reading, was technical experimentation, testing Inscribed in pen and brown ink: Canova (verso). his speed, with an almost gymnastic agility — «he drew himself in 20 minutes — an unforgettable feat, recorded In November 1805, returning from Vienna where he «the 5th day of June, 1792», as written on the recto of this had completed the Funeral monument to Maria Cristina small self-portrait of Sabatelli. And «without mirror» as of Austria for the interior of the Chiesa degli Agostini- a memory exercise. ani, Antonio Canova passed through Florence to beem The artist shows himself three-quarter length, shirt- Queen Maria Luisa of Bourbon, who would have defin- less, dishevelled hair tied back, an appearance that will itively entrusted him with the commission of the Venus soon cause him a shock, during the anti-French revolt Italica destined for the Uffizi’s Tribune. of 1793, «seeing myself with that look at the window and When in Florence, Canova would stay with his with that long and curly hair, they took me for a Jacobin friend, Giovanni degli Alessandri, a central figure in and began screaming ‘kill him, kill the French! And art world politics in Tuscany as the President of the came up the stairs furiously».12 A hurried line, but sharp, Florence Accademia di Belle Arti and future Director completed on a bare background, excavating contours of the Uffizi. It was right after a meal shared at the rather than describing them, exacerbating the traces of Alessandri family home that Luigi Sabatelli sketched the face, filling them with the red of the chalk — as, in on paper — with the usual swiftness of line — the image 1795, in the self-portrait of the Collezione Pernati 13 —, of the sculptor. This information, as well as other more with the trace perhaps of studies of J. Caspar Lavater. precise details, are noted on the inscription found on The line of Guercino, transferred from Bartolozzi’s the reverse of another version of this portrait, included engravings,14 becomes the widespread technique, al- within the rich archive of Sabatelli drawings held at most always in pen, common with Dell’Era — the small the Galleria d’Arte Moderna in Rome: «drawn in pen self-portrait in profile 15 — or with Gagneraux — 1793–1795 by Florentine painter, Luigi Sabatelli, after lunch at the (private collection) —, functioning to capture in the mo- Alessandri household where Canova was staying during ment an authentic expression, the most profound ele- a visit to Florence, the year of our Lord 1805 month of ment of one’s character. In the same way as a David or November day eighteen». a philosopher, Talete, as Sabatelli drew for the Pensieri The practice of creating a second version of a por- diversi published by Damiano Pernati after his escape trait wasn’t unusual for Sabatelli. Indeed, for most of the from Rome. works described in the catalogue of the 1978 Florence This spontaneous way of depicting himself is al- exhibition — with examples hailing from another rich ways more common amongst those artists that, with the archive of Sabatelli’s work at the Gabinetto Disegni e example of Füssli and Flaxman, and thanks to a normal- Stampe of the Uffizi — a «twin» work is often indicated ising of surreal subjects, had allowed artists to represent with very few differences found between them.1 themselves — and also their peers — close-up and mak- From the comparison with our example there ing reference to a precise circumstance or a shared event, emerges a substantial similarity in the composition with

english texts 110 minimal difference in the line used that, in the drawing There are numerous portraits of Canova,2 to from the GAM in Rome, appears more robust: this latter which we can add the canvas in discussion, a work by example is indeed suffering from a more fragile state of Giovanni Battista Lampi Junior, who used a work by conservation — uniform foxing on the surface of the paper his father — also a painter, and with the same name 3 —, whilst the condition of the portrait is decidedly better, — as a model. This paternal example is perhaps one of showing only light damage to the paper along its edges. the most famous portraits of Canova, created between In the panorama of the most well-known images of 1805 and 1806 during Canova’s stay in Vienna for the in- Canova presented by Hugh Honour in Studi in onore di stallation of the funerary monument of the archduch- Elena Bassi [Studies in honour of Elena Bassi],2 Sabatelli’s ess Maria Cristina d’Asburgo-Lorena. It is this imposing example is certainly the most simple, and the most inti- sculpture in the background of the painting of a proud mate and familiar in its tone. Sabatelli, with the expres- Canova, depicted three-quarter length whilst holding sive immediacy that his style allows him, is able to cap- the tools of his craft, wrapped in a large purple tunic ture on paper the moment in which the sculptor turns with embroidered golden hem (fig. 1).4 towards him with a surprised air , with his mouth still Giovanni Battista Lampi junior chose to depict open, as if interrupted during a conversation. only the bust of the sculptor, presented in the same pose, To capture other fundamental details and for a concentrating the composition on the intensity of the number of unique verses on Sabatelli’s portraiture, gaze and the evocative potency of his figure, removing there are still today available the pages that Ugo Ojetti from the background any reference and simplifying the dedicated to this particular aspect discussing the art- loose gilded cloth. ist’s drawing in a 1934 article in the magazine, Pan: «he The work gained such approval that multiple ver- takes these great notes, day by day: memories, as I said, sions were created as with the oval-shaped copy at the of his parents and friends, pages covered in pen marks, Nationalgalerie in Berlin, only slightly larger than our in Florence or Milan, conversing with the sitter. Often work.5 in the contrasting chiaroscuro you rediscover the dark The close collaboration between the two Lampis ombres and white lights of the lamp on the table next to saw a shared practice, as with the creation of replicas the model. Reading what the artist himself wrote on the by his son, creating numerous problems for critics re- reverse of each paper gives one proof of the intimacy quested to distinguish between the two artists. This is and rapidity of these drawings [...] all celebrated for their seen above all when working on portraits of Canova.6 sharpness in the definition of the nature of the sitter, the Lampi «The Elder», originally from Trento, had vigour of its contouring, and fineness of its chiaroscuro made his fortune in Vienna where he depicted Canova and colour. Some, like that of Canova, is more rapid and and where he was able to obtain favour from the clear, but with an alacrity absent of pentimenti, a gift for Hapsburg family, thanks to his graceful «fusion of anyone who wishes to freehand with pen. Sabatelli’s Venetian colour and psychological study — an English ability to engrave was already good enough that he was practice — as well as the solidity of the drawing».7 In his able to wield the pen on a sheet (paper?) with assured- brushwork, Joseph II saw a useful tool to utilise for his ness, demonstrating the same skill he possessed with cultural reforms, that foresaw a political use of history the engraving needle [...] Drawing is thus, for Sabatelli, paintings, above all, portraiture. the most sure way of understanding, of choosing that is, There were many supporters of the House of what is important, in order to define a person or object Austria and figures of the period would have their por- unequivocally. This desire to understand, to be capable traits painted by Lampi The Elder. Lampi junior, favou- of, as is the origin of language, to take and almost grasp rite son of his father and already a mature painter who the secret soul of man or woman who the painter has in shared his father’s studio and confidence, would work front of him, is in fact the greatest quality of the portrait alongside his father from 1804. Also following in his painter [...] Sketches from life, like these, aren’t just the father’s footsteps, his younger brother, Johann Baptist first grasp of the possession of the real».3 Ferdinand III Lampi, born in Vienna in 1807 and greatly influenced by the Biedermeier culture. With his death, 1. Luigi Sabatelli 1978, pp. 57–62. in 1855, so too did a lineage of portraitists end, one who 2. Honour 1998, p. 170, fig. p. 171. 3. Ojetti 1934, pp. 240–242. knew how to fulfill the wishes of a royal court and es- tablish a privileged and extraordinarily long relation- ship with the Hapsburgs.8 Laura Marchesini 20. GIOVANNI BATTISTA LAMPI JUNIOR trento 1775 — vienna 1837 1. Mazzocca 2019, p. 149. 2. Honour 1998, p. 155. 3. Giovanni Battista Lampi (Romeno 1751 – Vienna 1830). Portrait of Antonio Canova, post 1806 4. Oil on canvas, 113×92 cm inv. 356 Vaduz, Kunstsammlungen des Oil on canvas, 60×50 cm. Fürsten von Liechtenstein; the work was commissioned by Russian diplomat, Andrej Kyrillovič Razumovskij (1752–1836), a great sup- literature: Intorno alla scultura 2007, p. 40; Busmanti porter of Canova (Pancheri 2001, n. 58, cfr Pancheri 1996–1998, pp. 2009, pp. 32–33. 236–237). 5. Oil on canvas, 62×75,5 cm inv. A. II. 980; see Pancheri 1996–1998, p. 246. Canova was one of the most depicted sculptors of his 6. Honour 1998, p. 160, n. 10. 1 7. Busmanti 2009, p. 32. time. His esteemed reputation stimulated artists of every 8. Pancheri 2001, pp. 95, 100, 110–112. discipline to immortalise his image and private collec- tors to buy such images of a figure who was already an fig. 1: Giovanni Battista Lampi The Elder, Portrait of Antonio icon and symbol for art itself. Canova, Vaduz – Vienna, Liechtenstein Pricely Collection, inv. 356.

english texts 111 21. AUGUSTE JEAN-BAPTISTE VINCHON 22. GIUSEPPE MOLTENI paris 1789 — ems, duchy of nassau 1855 affori 1800 — milan 1867

Collection of Five Paintings with Studies of Horses’ Heads Profile portrait of a sculptor, c. 1840 after Raphael’s Frescoes in the Vatican Rooms (Stanze) Oil on paper, 330 × 255 mm. Rome, 1815–17 Signed and dated in lower right: Molteni f. 1840. Oil on paper transferred onto canvas, 60×74 cm. each. This previously unseen oil on card work was recently The first painting is a study of the head of the Emperor suggested to be the hand of artist, Giuseppe Molteni, Constantine’s horse in the centre of the large fresco whose unmistakable style is characterised by a dense depicting the Battle of the Milvian Bridge, in which Con- and fleshy distribution of oil on the card, with rapid but stantine was pitted against Maxentius, in the so-called precise brushstrokes that define the figure through the Sala di Costantino, the last of Raphael’s four Vatican juxtaposition of shades that sheen with skillful strikes Stanze, which was decorated by his pupils immediately of light. after their master’s death using his original cartoons. A master of scenic portraits,1 Molteni here returns The large fresco depicting the Battle of the Milvian Bridge to an essential composition that collects those portrayed was painted by Giulio Romano. The second, third and at shoulder height and in profile on a neutral back- fourth pictures also show three horses from the same ground from the left side with a gradual fading out of fresco: the grey losing his rider in the foreground on the the brown tones that become smoky pinks, whilst to the left of the painting, Emperor Maxentius’ bay immersed right, in line with the face, the darker tones are briskly in water on the lower right-hand side of the compo- interrupted by a direct eruption from the founts of light. sition, and the white-dappled bay in the background The proverbial ‘painter’s inspiration’, guided by on the far left of the fresco. The fifth painting, on the an unmatched technical virtuosity, unfolds freely, with other hand, is a study of the frantic dappled horse that the whole work liberated of the obligations imposed by appears in the right-hand corner of the fresco depict- commissioned portraits. An intimate work, not destined ing The Meeting of Pope Leo the Great and Attila on the to circulate via official channels, thus unknown amongst Road to Rome which Raphael painted in the Stanza of lists of the exhibitions where Molteni exhibited. Heliodorus between 1513 and 1514. The work is a probable homage to a depicted figure, The glaring similarity between these five paintings still without a name: an artist, probably, given his attire, and another depicting the same subject which went un- perhaps a sculptor — the shape of his hat indicates as der the hammer in Paris in 2011 during the sale of the such — an interpreter, we can imagine, of a cross section collection belonging to the descendants of the painter of life from the inside of the painter’s studio. A place Auguste Vinchon (fig. 1) allow us to attribute these five that, from the 1820s, became a highly frequented meet- pictures to Vinchon without any doubt whatsoever. ing place for art circles in Milan.2 Vinchon painted them between 1815 and 1817, while A place of work and of intense collaborations, pursuing his career in Rome after winning the presti- as shown by the famous watercolour that depicts gious Prix de Rome awarded to him by the Académie Molteni and Massimo d’Azeglio busy painting together Royale de Paris in 1814. (Florence, private collection), but also a space given to One of the leading historical painters and portrait worldly events: there the famous Brindisi took place by artists in Restoration France, Vinchon returned to Paris Tommaso Grossi to celebrated the recovery of Hayez in after his three-year scholarship in Rome to paint the front of all of the most famous artists in the city. It was frescoes in the Chapel of St. Maurice (now the Chapel there also that a homage to the singer, Giuditta Pasta, of St. Joan of Arc) in the church of Saint Sulpice. His was celebrated, the figure depicted in one of Molteni’s decorative schemes in Paris include the grisaille paint- most loved portraits (Milan, private collection).3 Each ings in the vault of the Palais Brongniart, and he also of the most frequent visitors to the studio would receive produced numerous important historical paintings cel- a work as a gift (Francesco Hayez, Giovanni Migliara, ebrating the glory of France. His vast canvas depicting Vitale Sala, Giuseppe Longhi, and Francesco Durelli). The Enrolment of Volunteers on 22 July 1792 now hangs in The painter used his studio, exalted by many well- the Musée de la Revolution Française in Vizille. known international publications, as a place to promote Francesco Leone and represent himself and others, hosting collectors and Italian as well as international travellers, who came for fig. 1: Auguste Jean-Baptiste Vinchon, Study of Raphael’s Fresco their portrait or to make the most of Molteni’s skills as Depicting the Battle of the Milvian Bridge in the Vatican, 1815–17, oil on a restorer or, indeed, to admire his collection of antique canvas, 72×162.5 cm, Paris, Galerie Mendes. paintings and archeological items. It was certainly this which would have attracted the interest of the figure de- picted in this portrait, whilst Molteni was intent on cap- turing his likeness.

1. Mazzocca 2000, pp. 24–27, 30–31. 2. Mazzocca 2000 a, p. 99; cfr. Mazzocca 2000 b, n. 5, pp. 198–199, fig. a p. 104. 3. Mazzocca 2000 c, n. 38, pp. 208–209, fig. a p. 149.

english texts 112 for an aesthetic more influenced by an academic style 23. ENRICO SCURI and, in appearance only, not receptive of new codes of bergamo 1806 — 1884 expression.14 Chiara Fiorini Alceste brought by Hercules to Admeto, c. 1828 Charcoal, sfumino, white chalk, paper applied to 1. Alfieri 1842, p. 472. canvas, 1260×1630 mm. 2. The tragedy focuses on the sacrifice of Alceste, the young wife of Admeto — King of Fere in Tessaglia — who offers her life in ex- change for that of her husband. The final scene, however, is absent of «Thus it is complete, that is, Admeto, your vow: she has the high-drama such tragedies usually require, being a happy ending: released you! Behold her, such a marvel! This Alceste is Ercole, passing through Tessaglia as part of his twelve trials, frees Al- 1 ceste from death and brings her back to her husband. alive! » in such words concludes the final act of Vitto- 3. Cfr. Mangili 2002, p. 179. rio Alfieri’s ‘Alceste Seconda’. A Count from Piedmont, 4. The interests that Scuri showed for drama was so strong that he it would be the last of his tragedies, inspired by Eurip- would often argue with his professor and mentor, Giuseppe Diotti, 2 who maintained that «painting had not rivals», as well as with the ad- edes’ eponymous work. The pathos of the moment is ministrative council of the . Cfr. Ivi, pp. 77–81. powerfully rendered by the composition of a large pre- 5. Cfr. Leone 2018, pp. 41–43. paratory drawing on card by Enrico Scuria of a paint- 6. Cfr. Ivi, p. 44. ing exhibited at the Brera Annual Exhibition in 1828 7. Cfr. Mazzocca 2018, p. 31. 8. Cfr. Mangili 2002, p. 80. and, unfortunately, lost today. The depiction of the bod- 9. To understand the depth of their relationship, there is a painter- ies of the figures shows an attentive study of anatomy ly anecdote from 1825: the Maestro will bring Scuri with him to Soresi- and ancient sculpture (notably the majestic and rip- na to help him end a romantic relationship not well perceived by his family. It was there, whilst he was the guest of the Landriani family, pling musculature of the demigod that recalls that of that he met his future wife, Caterina. Cfr. Ivi, pp. 80–81. 3 the Farnese Hercules) goes alongside the force of the ges- 10. Cfr. Ivi, p. 23. tures that instead transcends the rationality of the clas- 11. Cfr. Ivi, pp. 81–82. sical models and evokes a greater emotive focus. The 12. Cfr. Ivi, p. 82. This was reserved only for «students of singular attitude and good conduct». composition of the work evokes a notable sense of the- 13. Cfr. Ivi, pp. 21–33. atricality that doesn’t conceal the painter’s passion for 14. Mangili 2018, p. 35 performance, a passion he possessed from a young age having spent time with the Mariton family from Swit- zerland.4 This drawing can, therefore, be inserted within that transition line between Neoclassicism — that always 24. HENRYK HEKTOR SIEMIRADZKI found ample breathing-space in the Roman tradition — bielgorod, ukraine 1843 — strzałkówo, poland 1902 and Romanticism, with its avant-garde centre found in Milan, culminating in the battle for the commemora- Banquet of Dionysus I of Syracuse, c. 1882 – 1885 tive statue for Andrea Appiani.5 Enrico Scuri appeared Oil on linen canvas, 100×175.5 cm. as a prominent personality in these artists’ quarrels given that given that on one side he had been trained The painting is documented above the door of a room by Giuseppe Diotti who «had authoritatively identified on the first floor of Siemiradzki’s small home at Via the direction to the Romantic both in the early Classi- Gaeta 1 in Rome — the city where the painter lived cism and in the heroic language of his work during his and worked from 1872 until his death — from a pho- training in Rome (1805–1809)»6 but, at the same time, he tograph from the 1890s (fig. 1).1 This large canvas is a developed an independent style, not unoriginal, insert- notable discovery for the catalogue of this important ing himself amongst those «great interpreters of this cri- Polish painter, together with Lawrence Alma-Tadema sis of historical Romanticism [...]. These rebel painters, and Jean-Léon Gérôme, amongst the greatest expo- [who are] often attacked by the press or misunderstood nents of this “archeological” painting, better known by the public, look for new emotional suggestions, pre- as “neo-Pompeian”, that would be enormously popular viously unknown formal or narrative openings [...]».7 across Europe in the second half of the nineteenth-cen- Enrico Scuri was born in Bergamo in 1806 and from tury, in particular, between the 1880s and 1890s. a young age showed such potential for painting that in A first idea of the painting, precisely drawn, is 1819, as soon as he reached the required age, he was en- amongst the drawings found in one of Siemiradzki’s rolled at the prestigious Accademia Carrara.8 He came sketch pads held at the Warsaw National Museum (fig. into contact with Giuseppe Diotti and became both his 2).2 Whilst in another sketch pad of Siemiradzki held at best pupil and collaborator: Diotti would take him un- the Krakow National Museum, the painter noted from der his protective wing 9 both as an advisor and allow- Moscow in August 1882 this intention: “To read the story ing him to work on a number of important commissions, of Dionysus of Syracuse and find there a theme for a including that of the Dome of the Incoronata di Lodi.10 painting”.3 This notation is a sure terminus post quem for Scuri, from a young age, dedicated a great deal of time the first idea of the work. to a large personal workload, specialising in portraits The painting, left unfinished by the painter, has and sacred works, whilst remaining strongly connected been the object of an in-depth diagnostic study by to the academic world:11 he didn’t just have the possi- Dominika Sarkowicz of the Laboratory for Painting and bility to follow another four years of study in addition Sculpture Restoration at the Krakow National Museum to the ten already required,12 but he achieved acclaim (Muzeum Narodowe w Krakowie), where a large num- from outside of Lombardy circles. He also reached the ber of Siemiradzki words are held, donated by his son, same academic position as his teacher, keeping it for for- Leon. The study has confirmed, unequivocally, the hand ty-three years, maintaining a prominent position in the of Siemiradzki — between compatibility of colour and world of culture of the period,13 despite his predilection stylistic comparisons with other works — and has noted

english texts 113 some elements of decisive relevance for the history of Vadis? Novel on the times of Nero]. From this book, pub- the painting. Above all, the photographs of the painting lished in 1895 and translated into Italian in 1899, Enrico under infrared and scans have revealed that Siemiradzki Guazzoni would have borrowed for his famous film ad- reused a painting already painted on for this work; por- aptation in 1913. trait-orientation, a large-scale sketch of the left side of Francesco Leone the enormous painting, Nero’s torches, carried out in 1876 (the painting, in the Krakow National Museum, mea- 1. From 1872 Siemiradzki lived in Rome. He did, however, own a sures 305 704 cm without frame). Some undoubtedly house in Strzałków, Poland, where he spent the summer. Here, during × his 1902 summer vacation, he died on 23 August. Designed by the ar- architectural elements can be noticed, such as the par- chitect, Francesco Azzurri, the small Siemiradzki home was even apet in an archeological style, on which onlookers are included in the Rome city guides published by the Baedecker pub- crowded, along with staircases and a part of the terrace. lishing house. It was often visited by foreign tourists. In 1888 he was visited by Queen Margherita. On the ground floor, in a lounge with From a stylistic perspective, this painting, along with luxury furnishings, the painter exhibited his works. On the second The banquet of Dionysus I of Syracuse, shows numerous floor, where he rarely admitted visitors, there was his studio. The comparisons with other works created by Siemiradzki Siemiradzkis would organise Christmas and Easter receptions for during the latter half of the 1880s. Polish residents in Rome. Upon the death of the painter, the small house was transformed into a museum by his wife, Maria Pruszyńska We must thus imagine that Siemiradzki, fascinated (died in 1937). The building was destroyed in the 1930s and the Siemi- by the famous and bloodthirsty tyranny of Syracuse (432 radzki works were largely donated to the National Museum of Kra- – 367 a.C.), as he had been shortly before with another kow by their son, Leon. 2. Warsaw National Museum, inv. Rys.Pol.8949/3. controversial figure from antiquity, Nero, thought of 3. Krakow National Museum, inv. III-r.a. 18392, p. 19. creating a painting that had him as a main figure, and 4. Gozzoli 1883, pp. 190–191; Miziołek 2010, p. 86: Vienna, Munich, that then, not having found a buyer for the work, the Berlin, Stockholm, Copenhagen, Amsterdam, Lviv, Warsaw, Krakow, painting remained unfinished in his studio. Dionysus I’s Moscow, Saint Petersburg, Prague, Turin. features as handed down by tradition — long beard, long fig. 1: Photograph of the archive room on the first floor of the Siemiradzki hair tied with a band on his forehead — are traceable house in Rome, c. 1890. On the door, above a small model of the to the bare-chested figure with a gold accessory on his Torches of Nero, notable also the Banquet of Dionysus I of Syracuse. right arm, covered by a rich drape bordered in gold and fig. 2: Henryk Hektor Siemiradzki, Drawing for the Banquet of wrapped about his legs, seated whilst he grasps a cour- Dionysus, from a sketch pad of drawings by Siemiradzki, Warsaw tesan, laying elegantly in the dining room in the central National Museum, inv. Rys.Pol.8949/3. fig. 3: Henryk Hektor Siemiradzki, The torches of Nero, 1876, part, towards the left of the painting. Other maids are 385×704 cm, Krakow, National Museum, Inv. no. MNK II-a-1 ; busy with music, whilst on the right side of the paint- courtesy «Laboratory Stock National Museum in Krakow». ing, a male figure forcibly brings a flailing woman to the tyrant. Even only at this sketch stage, the painting already reveals — also thanks to the vivid rendering and matter 25. FRANCESCO PAOLO MICHETTI of the colour strokes, as well as the compositional ge- tocco di casauria 1851 — francavilla al mare 1929 nius of the painter — Siemiradzki’s almost maniacal at- tention to archeological detail of the objects and other Rocks by the sea, 1903 architectural details that he studied scrupulously from Charcoal and coloured pastels on grey-blue paper life, observing ancient ruins between Rome and Pompei. 300×410 mm. In this work, filled with palpable, realistic and every- Signed Michetti in pen and black ink at the lower left, day references to antiquity — typical of neo-Pompeian and again in charcoal on the verso at the upper right. painting — Siemiradzki had reached an unsurmounted Dated 2 VIII 3 (2 August 1903) in charcoal at the lower height with The torches of Nero, inspired by a text from right. Tacitus’s Annals (XV, 44), where the agony imposed by the Emperor on Christian martyrs, in the front gardens of the Domus Aurea. When this enormous painting was This pastel, executed ‘en plein air’ and signed and dated exhibited in Rome in 1876, before in Siemiradzki’s stu- by the artist on 2 August 1903, depicts a small marine dio, it was then found in Via Margutta and then at the bay. Its dimensions and the quality of handling con- Accademia di San Luca, it would elicit in periodicals in nect it with a group of pastels rediscovered by schol- Rome from the time, a chorus of critical praise. Then, ars during the Michetti exhibition in Rome in 1999.1 before being given to the city of Krakow, the painting These drawings are especially interesting, since they departed for a triumphant tour that reached an incred- were executed immediately after Michetti’s profound ible number of European capitals.4 Departing from the disappointment at the agonisingly poor reception to banality of the ancient subject in general, from the tell- his work at the Paris Exposition Universelle of 1900.2 As ing of everyday facts of ancient Rome, that differenti- a result, Michetti decided to virtually abandon paint- ated archeological painting, Siemiradzki was amongst ing and devote his energy instead to photography, and the first to cement himself within depiction of the sa- to producing small drawings and pastels rich in lighting dism and ferocity of Nero, inaugurating a boundless and atmospheric effects for his own satisfaction. Free popularity between the end of the nineteenth- and the of the burden to please an apparently thankless clien- beginning of the twentieth-century amongst theatre, lit- tele, Michetti achieved in these drawings an autonomy erature, music and art. of pictorial expression. Moreover, he captured subjects It was indeed from his intense friendship with with an immediacy that paralleled what he was able to Siemiradzki, developed during his many stays in Rome, achieve in photography. that Henryk Sienkiewicz developed the idea of writing The small cove depicted in the present sheet was the bestseller Quo Vadis? Romanzo dei tempi di Nerone [Quo probably a place the artist knew well. It may be located

english texts 114 along the coastline of Francavilla Mare, perhaps close One is tempted to suggest that the sitter in this to the Conventino in the former monastery of Santa Maria drawing is simply a different member of the Bertolini di Gesù, which in the late 19th century became a meet- family, but it is also possible that Gemito may have ing place for eminent artistic and literary figures. In real- based his Portrait of the boy with a gun in 1914 on an ity, the entire landscape interested Michetti3, who fell in older photograph and that our Portrait was also pro- love with the countryside and immortalised the beauty duced in 1914 but showing the young man at the age he of the Orfento river in a pastel titled Acqua e Rupi, dated really was in that year. 6 July 19034, which captures the same poetic atmosphere as our sheet (fig. 1). 1. inv. 1999-4-1. 2. inv. 1999-4-2. 3. reproduced in Pagano 2009, p. 21. 1. Barilli 1999, pp. 15–18 2. Francesco Paolo Michetti 1999, pp. 172–180; figs. 48–62. 3. Sillani 1932, pl. CXXXV. 4. Francesco Paolo Michetti 2018, n 727 fig. 1: Vincenzo Gemito, Portraits of a son of Bertolini’s family, Philadelphia, Philadelphia Museum of Art: 125th Anniversary fig. 1: Francesco Paolo Michetti, Acque e Rupi, collezione A. Acquisition. Purchased with the Lola Downin Peck Fund, the Michetti. Alice Newton Osborn Fund, and with funds contributed by Marilyn L. Steinbright and the J. J. Medveckis Foundation, 1999- 4-2

26. VINCENZO GEMITO naples 1852 — 1929 27. LUDOVICO MARCHETTI rome 1853 — paris 1909 Portrait of Bertolini, 1914 Graphite and black crayon on paper, 360 250 mm. × Prometheus chained to the peaks of the Caucasus, 1897 Signed and dated lower right (recto): V. Gemito / 1914 / Oil on canvas, 116×147 cm. Napoli. Signed and dated in lower left: «L. Marchetti ‘97». literature: Pagano 2009, p. 21. The painting places itself with originality in the context Vincenzo Gemito never tired of drawing, considering of esoteric symbolism that occupied European artists it a perfectly parallel and natural activity for a sculptor. and intellectuals — above all in France and Belgium — It became for him the vehicle for a kind of hyper-real- between the end of the nineteenth- and beginning of the istic form of visual meditation with a charge of abstract, twentieth-century. almost hallucinatory sensitivity, as we can see in his out- The composition is inspired by the first scene in standing Self-Portraits. Prometheus unchained by Aeschelus, that together with There exist two large Portraits in pencil and white Prometheus carrier of fire andPrometheus liberated, forms a lead depicting two young adolescents, members of the trilogy of Prometheus that is known to us only via frag- Bertolini family of Naples, dated 1914. The Bertolini ments. In Aeschylus’s tragedy, like in the painting by family owned and ran the Palace Hotel Bertolini at the Marchetti, the titan appears imprisoned to a cliff, in the Parco Grifeo in Naples, and the two drawings were desolate territories of Scythia, at the ends of the world, probably commissioned from Gemito for display in the in the presence of Hephaestus, the god of fire, depicted hotel’s reception room. The two Portraits, now in the with his usual hammer (the Vulcan of the Roman pan- Philadelphia Museum of Art, depict Laura Bertolini1 and theon), and the female manifestations of Power and her brother2 (fig. 1), surrounded by children’s attributes. Strength, seated on a rock with a key in her left hand. We have dwelled on these two Portraits of the In the circle of European occultism, the figure of Bertolini children because the drawing under discussion Prometheus enjoyed enormous fortune. Differently here is known by the title of Portrait of Bertolini.3 from Romantic culture, that had celebrated him as the It portrays in detail, with its meticulous and sen- hero of a lone rebellion against the Titans, occultism sitive handling of chiaroscuro, only the head of a young at the end of the century saw in the titan a sort of sav- man aged about twenty, his bust with its jacket, shirt and iour, creator of a revelation that gave knowledge to tie being barely sketched in. The sitter gazes straight out man. Giving to humankind the future that he had sto- at the observer, lost in thought, his expression one of len from Zeus, Prometheus had symbolically opened suspended melancholy. His hat is tipped back, its broad the pathway to knowledge for man, indeed, he saved it rim raised over a noble forehead, and he evinces an at- by elevating it from instinct to reason. This gesture of titude which one might be tempted to call arrogant but love towards humanity had provoked Zeus’s rage that which, in reality, given the soft melancholy of his gaze then condemned Prometheus to be chained to a rock. A and the sweetness of the chiaroscuro defining the model- key figure for European culture at the end of the nine- ling of his features, simply expresses only the contem- teenth-century, like for the occultist and Russian phi- porary mood. losopher, Helena Blavatsky, cofounder in 1875 of the The shape of his face, the slant of his eyes and his Theosophic Society and a follower of esotericism, be- fleshy mouth appear perfectly to mirror the features of ing the first to have interpreted in such a redeeming the Portrait of the boy with a gun in the Philadelphia way the figure of Prometheus in her very famousThe Museum of Art. However, if we set any store by the dat- Secret Doctrine published n London in 1888. She defined ing on the sheets, however, we find that both drawings him as «the personified symbol of the collective Logos, were produced in the same year, 1914, while the two sit- «the HEAVENLY MAN, who incarnated in Humanity», ters do not look the same age at all. «the fire and light-giver».1 Prometheus had become an al-

english texts 115 legory of a superior spirit who opens a lineage of her- SIXTEENTH-CENTURY SCULPTURES, metic knowledge to pioneers, indeed, a secret doctrine. Years later, actually just before Luigi Marchetti’s paint- SIENA: TWO IMPORTANT ing, the esotericist, Joséphin Péladan, one of the most TERRACOTTA WORKS BY significant theoreticians of European Symbolism, pro- LORENZO DI MARIANO, CALLED moter of the celebrated Parisian Salons of the order of IL MARRINA the Rose+Croix, published in Paris in 1895 the theatri- cal trilogy Prométhéide.2 Referencing Aeschylus, Péladon had placed at the centre of his triptych the unchained Prometheus, followed by Prometheus bringer of fire, LORENZO DI MARIANO, called and followed by Prometheus liberated. In the religious IL MARRINA syncretism at the end of the nineteenth-century — and in Péladon’s particular Christian vision — Prometheus siena, 1476 — 1534 became a sort of refiguration of Christ: both had given a revelation to humanity, both had sacrificed themselves Born in Siena in 1476, Lorenzo di Mariano is now rec- for the good of humanity and were ultimately brought ognised as the most important sculptor from Siena in back to life (in Prometheus freed by Aeschelyus, the titan the first decades of the sixteenth-century, not only for is freed by Heracles). For Péladon, Prometheus, whose the virtuosity of his ability to carve in marble extraor- actions are linked to early humanity, is the daïmon fore- dinary grottesche and subjects from antiquity (fig. 1), but father of an ancestry of elected people that live on earth. also because from his hand, one can recognise different In this syncretist vision that renders him closer to Christ, figures in polychrome terracotta, attesting to an excel- indeed, Prometheus was defined «Crucified Titan» in lent ease even with sculpture «by way of posing». Blavatsky’s The Secret Doctrine,3 something Marchetti From 1490, whilst his father, Mariano di Domenico, clearly knew. was helping Francesco di Giorgio to restore a couple of That same year in Paris, the subject was taken for bronze Angels today on the altar of the Duomo in Siena, the competition of Prix de Rome by Laurent Jacquot- Lorenzo began his stonecutter training in the work- Defrance in a painting very similar to this example shops of the Opera, directed by Giovanni di Stefano. by Marchetti both in its inspiration and its formal lan- Here he knew early on how to provide proof of his tal- guage of academic mastery, to which both painters en- ents, collaborating first on the decoration of the front of trust themselves (fig. 1). But if Jacquot-Defrance’s work the Cappella di San Giovanni Battista (destined to wel- still appeared as tied to the poetry of the real and above come to its altar the bronze statue of Donatello’s San all to the seventeenth-century heritage (a precise prec- Giovanni Battista) and then creating the façade of the edent for his work is Prometheus unchained by Hephystus Libreria Piccolomini (1495–1498), whose interior would by Dirck van Baburen at the Rijksmuseum), Marchetti be painted the following decade by Pinturicchio with instead appeared more in line with the recent results the well-known cycle of Stories of Pius II. In both cases, of a certain profound and enigmatic realism promoted Mariano demonstrates his great talent for working with by some artists in the Rose+Croix circles of Péladon marble, carving imaginative ornamentation from antiq- or from other figures like Fernand Khnopff. In a figu- uity of a rare quality. rative environment, however, even in the context of a The involvement of the Libreria in these works al- precocious symbolism still not permeated by occultist lowed Lorenzo to enter into contact with the most in- theories, Prometheus had already made his appearance fluential members of the Piccolomini family — neph- at the Paris Salon of 1868 in a rather famous painting by ews of Pope Pio II and brothers of Pope Pio III — who Gustave Moreau (fig. 2). This work marks a profound from 1504 commissioned Mariano for the decoration of change in the figurative poetic of Marchetti. It marks the Sant’Andrea chapel in the church of San Francesco a turn towards a painting of ideas and symbols worlds (destroyed by fire in 1655; the Cardinal virtues of the apart from the easy and fashionable genre art promoted floor remaining in place, given restoration) and in 1509, in the Paris Salons, which Marchetti interpreted with Mariano was charged with the work for a number of great success from the very first years of his definitive column capitals and corbels for the large palazzo at move to Paris in 1878.4 the Pope’s Logge. Dating to 1514, the beautiful taberna- cle at the church of San Lorenzo in Sarteano, that can 1. Blavatsky, 1888, II, pp. 413–414. Composed of two volumes: the be attributed to Marrina and, it is believed, was com- first entitledCosmogenesi , the second Antropogenesi. 2 Péladan 1895. missioned by Francesco di Nanni from Sarteano, a man 3. Blavatsky 1888, II, p. 413. from Piccolomini circles. 4. Biographical points on the painter can be found in Comanducci Once he had sculpted around 1507, for the church ed. 1970–1974, III (1972), pp. 1866–1867. of the Santa Maria della Scala hospital, the small fu- fig. 1: Jacquot-Defrance, Prometheus chained by Hyphestus on the neral monument for the rector, Giovanni Battista Tondi, peaks of the Caucasus, 1897, Private collection. at the end of 1509 Lorenzo received another commis- fig. 2: G. Moreau, Prometheus chained, 1868, Paris, Musée Gustave sion for the main altar for the church of Santa Maria Moreau. della Scala in Portico, Fontegiusta that bears the date of 1517 and is considered one of his greatest masterpieces. The work is a kind of monumental marble frame, in- spired by the façade of an ancient temple and mounted around one of the most venerated marine images in Siena (fig. 2). With this work, Il Marrina didn’t miss the opportunity to make use of collaborators: documents

english texts 116 show, in particular, Michele Cioli from Settignano, shop, in which Lorenzo wisely knew how to involve whilst the style of the arc of the Pietà allows us to iden- his younger brother, Angelo. tify the hand of his brother, Angelo, whose later output Gabriele Fattorini in Rome would go on to be included in Giorgio Vasari’s Lives in a brief biography, under the epithet of «Siena’s Bibliographical note: for Di Marriano’s career, consult Ranfag- Michelangelo». Around this time, Mariano — Il Marrina ni’s 2017 study that does, however, lack in photographs and shows a general difficulty in understanding the artist’s true «character» as a — would have been in charge of an efficient family work- sculptor. Amongst the most recent works on these themes: Fattorini shop that would have been able to expand from Siena to and Angelini 2017; Fattorini 2015; Fattorini 2014; Martini 2014; Ange- Rome, not only through Angelo but also, thanks to his lini 2005, pp. 341–383; Fattorini 2005, pp. 560–571 and pp. 581–582. Ange- lini’s 1998 opening remains invaluable for information on Angelo di other brother, Ludovico, and probably in virtue of the Mariano. patronage of Baldassarre Peruzzi, with whom Lorenzo shared a great passion for antiquity. One can also speak fig. 1: Lorenzo di Mariano, called Il Marrina, detail of altar in this sense of the ‘Marrini’ family, restoring a family decoration, Siena, Santa Maria in Portico in Fontegiusta. name that artistic literature covering Siena in the mod- fig. 2: Lorenzo di Mariano, called Il Marrina, and collaborators, ern age used to associate with the decoration inspired altar, Siena, Santa Maria in Portico in Fontegiusta. fig. 3: Lorenzo di Mariano, called Il Marrina, Saint Catherine of by antiquity. Siena, Siena, Oratory of the Contrada del Drago. By now in his forties, Lorenzo avoided adventures in Rome, preferring to stay in Siena: with Giacomo Cozzarelli’s death in 1515, he now had free range to de- finitively position himself as the major sculptor of the 28. LORENZO DI MARIANO, called city. He would die in Siena in 1534, and for the last de- IL MARRINA cades there would be no lack of news on his work: siena, 1476 — 1534 for the Nuns del Paradiso he completed a bust of Saint Catherine of Siena (1517) (fig. 3) in polychrome terracotta, and a figure of theVirgin of the Annunciation (1521–1524) ANGELO DI MARIANO, called that is today held in the oratory of the Contrada del MICHELANGELO SENESE Drago; towards the beginning of 1523 he sculpted this siena, 1491 — siena ?, 1540 circa notable marble frame in the style of antiquity for the altar of Anastasia Marsili in San Martino that soon af- The Virgin of the Annunciation ter would hold the Nativity by Domenico Beccafumi; in Terracotta; c. 171×65×55 cm – 160 cm without the base, 1529–1531 he completed an Annunciation group in clay for in part repaired. San Girolamo in Campansi - lost or to be rediscovered - painted by Beccafumi and praised by Peruzzi (as said during his important visits) and in 1531 he had a final This life-size painted terracotta statue depicts The Vir- commission on a bench for the Loggia della Mercanzia, gin of the Annunciation (figg. 1–4), indicated by her man- finished after his death and destroyed in the eigh- tle decorated with eight-point stars — a recognisable teenth-century. symbol of the Virgin Mary’s perfection and splendour Moving from the two sculptures for the Nuns del — as well as her gesture alluding to the Virgin’s inquiry, Paradiso, the most recent studies have attributed to known as the third psychological stage of Mary during Marrina a large group of clay polychrome genre figures her “angelic discourse” with the Archangel Gabriel. Her that continued to hail great success in artistic circles in pose also suggests that the statue would have originally Siena, when the major sculptors in Italy — Michelangelo, been linked with a similar work displaying this celestial Andrea and Jacopo Sansovino, Giancristoforo Romano, messenger. Tullio Lombardo - had by then extinguished the use of The work was recorded in 1921 as part of a pri- colour for marble sculpture, in favour of a devotion for vate collection in Amsterdam, published by Wilhelm R. the perfect purity of the material, intended to once again Valentiner 1: where it is stated that the statue was linked propose the effect of ancient marble works, absent of with an Announcing Angel work held at the Metropolitan the original and unmistakable polychrome. Museum of Art in New York, also in painted terracotta Il Marrina the sculptor, rather, proudly waived (156.2 cm including the base; sold to the museum in 1911 his artistic dialogue with Michelangelo and the from Marx Frères in Paris), and attributed as the angel Sansovinos: marked with the late fifteenth-century (that’s thought to come originally from the oratory of lesson of Francesco di Giorgio and Cozzarelli. He the Annunciation in Lucca, expanded in 1493) to the was inspired by these latter artists and their «modern sculptor from Lucca, Matteo Civitali (1436 – 1501). This method» offered in Siena; in painting, he was influ- suggestion, already at odds with the different sizes of the enced by Sodoma and, above all, from Beccafumi, as two figures, and absent of stylistic continuity, has also some of his most significant polychrome sculptures re- not been confirmed in recent critical literature on the veal: from the Saint Catherine of Siena in Santo Spirito artist. Indeed, the same has befallen the Arcangelo of the to the Saint Joseph Oratory of the same name in Siena, Metropolitan, doubtfully assigned to Matteo’s nephew, to the Saint Catherine of Alexandria of Santa Maria Masseo Civitali, as suggested by Martina Harms.2 Assunta in Rapolano and the Saints Peter and Paul of From Valentiner’s article we also learn that the Montefollonico now in the Museo Diocesano in Pienza, Dutch collector had acquired the Virgin in Italy «several up until the two sculptures presented here. They ap- years ago» and, thus, around 1900 if not the end of the pear from one side as exemplars of his notable ability 1800s, attributing it to Agostino di Duccio. Harms clari- to work terracotta, and from another side they allow fies that this refers to the Swiss doctor, Otto Lanz (1865– us to understand the ability of a small family work- 1935), a noted collector of Renaissance art, and tells us

english texts 117 that the work was put up for sale at Sotheby’s London in Not without reason is also the recent proposal 1986. The work does appear in the sale catalogue from to link the sculpture in Budapest (fig. 7) to Marrina’s 11th December, 19863 where it is attributed to Masseo brother, Angelo di Mariano (c. 1491 – 1540), an idea de- Civitali. In preparation for the auction, a thermolumi- veloped by Alessandro Angelini.11 Angelini in fact notes nescence test was carried out by the Research Laboratory marked parallels with the Angel on the left of the Pietà for Archaeology and the History of Art department at of Fontegiusta (fig. 8) where one recognises a more ex- the University of Oxford which attests that the clay sam- uberant, monumental and refined classicism, alluding to ples examined were baked «more than 300 years ago». the methods of Sansovino that better suit the training of It was presumably following this Sotheby’s auc- a sculptor of the following generation, one soon hired tion that the statue returned to Italy, exhibited the fol- by workshops in Rome alongside Baldassarre Peruzzi lowing year at the 15th International Biennale Exhibition (Monumento di Alessandro VI in Santa Maria dell’Anima e of Antiques (Florence, Palazzo Strozzi, 19th September Monumento Armellini in Santa Maria in Trastevere, 1524– – 11th October 1987) 4 by Lamberto Galeazzi di Terni’s 27).12 These characteristics have led Angelini to make Galleria Barberini, with the work attributed to Masseo reference to Michelangelo senese and other terracotta Civitali.5 A successive transfer of ownership is then at- works by Marrina from the 1520s, like the San Giovanni tested by a sales certificate from a collector from Aquila, Battista in San Giovanni della Staffa in Siena,13 calling in Antonio Di Brisco, to a Bolognese collector, Gennaro question the problem, still to develop, of the training of Filippini, dated 10th January 1993, which returns the at- Lorenzo Marrina’s brothers and of the relative duties tribution to Matteo Civitali. Upon the death of the ar- within their workshop. chitect, Filippini (5th February 2008), the work was in- Given the dating and the original destination of herited by his daughter, Petra Chiara, and, after interest the Annunciation here reconsidered, we can recall that from the collector, Luca Squarcina (2008), temporarily a possible link for the Angel found in Budapest, had exhibited at the Galleria Arcadi Antichità in Bologna been proposed with the Virgin of the Annunciation in the (2010), still with the previous reference to Matteo Santa Caterina del Paradiso church in Siena, part of Civitali and a link to the Angelo at the Metropolitan. an Annunciation created by Lorenzo Marrina between The Virgin in question is, rather, definitively to be 1521 and 1524, a suggestion already refuted by Marco linked to a Sienese environment, locating precise stylis- Ciampolini.14 If from one point of view, the compari- tic comparisons with the output assigned to Lorenzo di son with the Annunciation of Santa Caterina can con- Mariano. Called Marina (1476–1534) this output includes, firm the same authorship for the work presented here: alongside the celebrated virtuosity of his marble “an- the other point of view indicates for this latter work — tique style” carving, a nucleus of terracotta works with where echoes of the fifteenth century are diluted by a notably peculiar characteristics.6 more robust classicism — a chronology that is slightly Originally, the sculpture was linked with the ter- more developed. It is thus plausible to suggest for the racotta statue of the Archangel Gabriel kept at the Angel from Budapest and the Virgin of the Annunciation in Szépművészeti Múzeum in Budapest (164cm; fig. question a link with the two terracotta figures represent- 5), bought in Florence from the antiquarian, Emilio ing the Annunciation and executed between 1529 and Costantini in 1895.7 The Archangel in Budapest actually 1531 by Lorenzo di Mariano and painted by Domenico appears closely married to the Madonna (fig. 6) in its Beccafumi for the San Girolami in Campansi monas- dimensions (the difference of a few centimetres is likely tery in Siena.15 the cause of the remodelling of the base), in its formal Giancarlo Gentilini peculiarities such as the solemn posture, frozen in time with the voluminous fabric and the drapery carved to 1. Valentiner 1921, pp. 202–205. create dense folds of fabric falling in an ovoid swathe. 2. Harms 1995, pp. 175, 182, 246, 254. 3. Important Medieval works of art 1986, lot. 43. Also reflected in each other are the works’ technical 4. Florence, Palazzo Strozzi, September 19th – October 11th. aspects, like their construction in various over-laying 5. 15a Biennale Mostra 1987, p. 517. pieces, in their sumptuous re-painting (documented in 6. Ranfagni 2017, pp. 77–132. 7. Balogh 1975, pp. 84–85, n. 87, fig. 115. photos prior to the restoration of 1949: that, as here con- 8. Ivi. ceals already scarce traces of the original polychrome, 9. Ciardi Duprè dal Poggetto 1977, p. 66. and also in the reduced diameter of the circular format 10. Ranfagni 2017, p. 113. of their bases. 11. Angelini 1998, pp. 130–133; Angelini 2005, pp. 369–382. 8 12. Fattorini 2005, pp. 554–583. Already attributed to Neroccio, this Archangel 13. Angelini 2005, pp. 370, 379. (fig. 7) was traced back to Lorenzo Marrina, or to his 14. Ciampolini 1988, pp. 109–116, p.115 nota 18 cfr. also Carli 1996, tight circle of peers, by Maria Grazia Ciardi Duprè dal pp. 141–145. 15. Ranfagni 2017, pp. 116, 125, 181–182. Poggetto,9 for its evident stylistic and formal affinities with the Angels in the lunette marble of the main altar fig. 1–4: Lorenzo di Mariano, called il Marrina, Angelo at the Fontegiusta church (Christ in Pietà amongst the an- di Mariano, called Michelangelo senese, The Virgin of the gels; fig. 8), the principle task in marble documented by Annunciation. the master (dated to 1517), conducted in collaboration fig. 5: Lorenzo and Angelo di Mariano, Archangel, Budapest, Szépművészeti Múzeum, inv. 1190. with his younger brothers, Ludovico and Angelo, and fig. 6: Lorenzo di Mariano, called il Marrina, Angelo di Mariano, with Michele Cioli from Settignano, Florence. In the called Michelangelo senese, The Virgin of the Annunciation. same contribution, Ciardi Duprè dal Poggetto linked the fig. 7: Lorenzo and Angelo di Mariano, Archangel, Budapest, sculpture from Budapest to another statue in terracotta Szépművészeti Múzeum, inv. 1190. depicting Sant’Agata (Corsano, the parish church of San fig. 8: Angelo di Mariano, Christ with angels, detail, Siena, Santa Maria in Portico a Fontegiusta. Giovanni Battista), then assigned by the critic,10 with all works overlapping with our Madonna of the Annunciation.

english texts 118 In highlighting this Saint Paul, Petrucci rightly rec- 29. LORENZO DI MARIANO, called ognised that it was of the same artist as the Saints Peter IL MARRINA and Paul in polychrome terracotta that were once found siena, 1476 — 1534 in the parish church of Montefollonico (on the bor- ders of the province of Siena, towards Val di Chiana) Saint Paul, c. 1530 and are today held at the Museo Diocesano in Pienza Terracotta, h. 125 cm (fig. 4) 4. After having attracted the attention of Adolfo provenance: Siena, Collezione Chigi or Collezione Venturi (who associated this work to Beccafumi) 5, the Chigi Saracini (?) two sculptures in Montefollonico had to wait a num- literarure: Petrucci 2002; Bagnoli 2008; Sotheby’s ber of decades to be restored and presented at the great 2011, lot 432; Fattorini 2014, pp. 52 and 53 note 14, p. 49 Beccafumi exhibition in 1990: attributed to a sculptor fig. 2–3; Ranfagni 2017, p. 125 note 194. from Siena, assumed to be Giovanni Andrea Galletti (Siena, 1499–1539) and dated to around 1535. Castor and clay-carver, son of the sculptor Carlo Galletti, Giovanni This energetic figure in terracotta, created together with Andrea then emerged as a name to cautiously link with a its square-shaped pedestal, depicts a powerful and rich- cohesive group of sculptures made up of Saint Agatha at ly-dressed image of Saint Paul, easily recognisable for the parish church in Corsano, the Sorrowful of the Santo his most typical iconographic attributes: thin hair, a long Spirito in Siena, and the so-called Angel at the Museée beard, a book in his left hand, and his spade — a fragment du Louvre in Paris6. As a result of this, Petrucci at- of its hilt — held elegantly in his right hand. Despite this tributed the Saint Paul to Giovanni Andrea Galletti7 and missing object, and a missing piece of the drapery’s fold the work would appear under this name at a Sotheby’s at the upper chest, the sculpture is in an excellent state New York sale in 2011 8. of conservation, defined by the warm tone of the ter- In the meantime, the corpus of works attributed to racotta that at first sight risks it being mistaken for the Galletti has been reconsidered, with it being attributed masterworks of Antonio Begarelli from Emilia-Romagna. to Lorenzo di Mariano, better better called Il Marrina, Originally, however, the sculpture would have cer- independently by Alessandro Angelini, the undersigned tainly been painted: perhaps in white in order to make and Alessandro Bagnoli 9. In 2008, Bagnoli presented the it resemble an ancient statue, or more likely coloured restoration of the Madonna with Child in stucco at the with a vivid polychrome in the same way as other ter- Conservatori Riuniti del Refugio in Siena. He also at- racotta works by the artist from Siena, Lorenzo di Mari- tempted to briefly order chronologically the terracotta ano, better better called ‘Il Marrina’. Only recently, how- sculptures by Il Marrina, placing our Saint Paul in the ever, has research developed a knowledge of the output late phase of his career, finding a companion piece of this master, explaining repeated past misunderstand- in the Saint Peter of the Casa d’Arte Bruschi di Anita ing of the authorship of this Saint Paul. Almehagen in Florence (a sculpture that also maintains It is indeed possible that our statue is that «ter- evident traces of a previous whitening that we know racotta Saint Paul by Mecarino» (alias of Domenico would have also been done for the work of this discus- Beccafumi) that the well-known collector from Siena, sion; fig. 5) 10. Writing after the Montefollonico group, to- Galgano Saracini, together with «2 small marble busts», day held in Pienza, I was confirming the profound sty- bought for his gallery on 6 August, 1808, for the sum listic relationship with our Saint Paul and the other Saint of 29 lire1. We will consider later the work’s relation- Peter, presenting them for the first time side by side11. ship with Domenico Beccafumi’s - the best painter in This despite Tommaso Ranfagni, in his monograph on Siena in the sixteenth-century, who also had great skill Marrina, having ultimately affirmed that, regarding the as a sculptor - own artistic expression, whilst, regard- Saint Peter and Paul at Montefollonico, the couple of the ing the work’s provenance, it must immediately be re- same name was «qualitatively inferior» and is to be con- membered that Francesca Petrucci, acknowledged the sidered «eventually as a product of a Siena workshop sculpture no less than twenty years ago. She affirmed with Lorenzo in charge and that assisted his creations» 12. that, given the information provided by a previous — A truly surprising affirmation, which provokes the ques- and anonymous — owner, the Saint Paul belonged for a tion of how well the writer of this study of Marrina actu- time, together with a Saint Peter that we will discuss else- ally understood the artist’s artistic language. where, to the Chigi collection in Siena.2 Comparing the I wait with hope for the most recent studies that information, we can thus try to imagine that the sculp- can perhaps better clarify the chronology of the many ture enriched the Gallery that Galgano Saracini opened terracotta works attributed to Lorenzo di Mariano and in 1806 in Siena and that today, after two centuries, is the question of the involvement of his workshop in well-better known as the Collezione Chigi Saracini. Its their execution. One can assume that this Saint Paul is a name was taken from its most recent owner: the Count memorable swansong from Marrina and his work in ter- and lover of music, Guido Chigi Saracini. It must be said racotta sculpture. The absence of the polychrome, com- that the Siena collection is largely that put together by pared to the Montefollonico sculptures, makes the tal- Galgano, but not entirely: his successors, according to ents of the sculptor stand out; in the execution of the taste and needs, have actually provided a number of ac- flowing fabrics and the cut of the clothes, in the de- quisitions and transfers; the Saint Paul could have be- tailed rendering of the ancient clothing and the book, longed to this collection or, alternately, to the heirs of the efficient naturalism of the hands, feet and face. the Chigi family (the Zondadari branch) who owned This, all completed by the seething calligraphy of the a number of monumental buildings in Siena, like the beard and the surly, severe expression of the Apostle. Chigi Zondadori Palazzo in the Piazza del Campo and Indeed, one would say this expression seems to be the the Vico Bello Villa.3 result of a desire to emulate the «motions of the soul»

english texts 119 akin to Leonardo Da Vinci (one thinks of Pharisee that lute importance is to be given to our Saint Paul, its link- Giovanni Francesco Rustici, with Da Vinci’s example, ing Peter work, and the Montefollonico Apostles when made for the group of the North Door of the Florence considering sculpture in Siena from the first half of the Baptistry between 1506–1511), and the interpretation - sixteenth-century. other than the more lugubrious aspects of the artistic Gabriele Fattorini expression of Michelangelo - that Beccafumi was able to offer between the 1520s and 1530s. With this in mind, 1. Fattorini 2014, pp. 52–53 note 14, with reference to Moscadelli I propose a number of comparisons, with a detail of 1989, p. 527, for the quotation. 2. Petrucci 2002. the Story of Moses, which paved the ground of Siena’s 3. Amongst the works of art still owned by the Chigi heirs, I can Duomo in 1529 and based on a Beccafumi design, that recall a very-well known bust of Alessandro VII by Gian Lorenzo Ber- bears a striking resemblance (fig. 6) 13; with a mecarinesco nini, a headboard painted by Guidoccio Cozzarelli with three Ancient Heroines and the Risen Christ carved in wood by Domenico di Niccolò (should read: perhaps by Beccafumi) sketch at the Fogg “of the choirs”. Art Museum at Harvard (n. 1965.359; fig. 7), a prepara- 4. Petrucci 2002. tory study for the head of the old man that assists with 5. Venturi 1937, p. 965 and fig. 844–845. the Murder of Spurio Melio in the cycle of the Assembly 6. Bagnoli 1990, in particular pp. 572–575 n. 195. 7. Petrucci, 2002. at the Palazzo Pubblico in Siena, begun in 1529 and 8. Sotheby’s 2011, lot 432. completed around 1536, and with the surly Saint Paul at 9. Angelini 2005, pp. 381–382; Fattorini 2005, pp. 562–563, 581–582 Montefollonico (fig. 8). notes 28–30; Bagnoli 2008. 10. Bagnoli 2008. If this last were not enough dispel any doubt on 11. Fattorini 2014, pp. 52, 49 fig. 2–3. the attribution of the Saint Paul to Marrina, the close 12. Ranfagni 2017, p. 125 note 194. correspondence with other sculptures can be singled 13. This concerns a detail that I’ve already compared with the Montefollonico Saints: Fattorini 2014, p. 53. out, well placed in the catalogue raisonée for Lorenzo: 14. Fattorini 2014, pp. 54–57. from the documented Annunciated Virgin at the oratory 15. Vasari 1550 and 1568, V, p. 176 (for the only Giuntina), already of the Contrada del Drago in Siena, 1521–1524 (which referenced for the Montefollonico Saints in Fattorini 2014, p. 57, can watched for the Marrina-specific elements of the which I reference for the case of the Apostles at the Duomo in Siena and the respective bibliography (ivi, note 23). posture prepared for the curve of a lower limb, and for the ample and embracing drapery, sealed by slicing fig. 1: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, San folds; (fig. 2), from the Saint Joseph at the church of Saint Giuseppe, Siena, church of San Giuseppe della Contrada Giuseppe della Contrada Capitana dell’Onda in Siena Capitana dell’Onda. (from very similar traces, but from more relaxed drap- fig. 2: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, Annunciation of the Virgin, Siena, oratory of Santa Caterina del ery, probably the result of a previous chronology; fig. 1), Paradiso of the Contrada del Drago. until the so-called Allegorical figure (long confused for fig. 3: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, Allegorical an Angel, from the Musée du Louvre in Paris, very dif- figure, Paris, Musée du Louvre, Département des Sculptures, R.F. ferent in its subject but also very similar in its sinuous 899. precarity of balance and the clothing in the style of an- fig. 4: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, Saints Peter and Paul, Pienza, Museo Diocesano (da Montefollonico). tiquity; fig. 3). fig. 5: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, Saints There is still some uncertainty over the original Peter and Paul, Firenze, Casa d’Arte Bruschi di Anita Almehagen function of the two Saints: for those at Montefollonico, and Bologna Galleria Nobile respectively. I’ve asked myself if there couldn’t have been, from one fig. 6: Domenico Beccafumi, Story of Moses (detail), Siena, perspective, some sort of relationship with the tradition Duomo, floor. of polyptychs populated with statues by Jacopo della fig. 7: Domenico Beccafumi, Study of a head (for the Murder of 14 Spurio Cassio as part of the cycle for the Assembly), Cambridge, Quercia . From another perspective, they could have Fogg Art Museum, n 1965.359. been part of the never-completed project to create a cy- fig. 8: Lorenzo di Mariano, better known as Il Marrina, Saint cle of Apostles in bronze for the pilasters of the nave of Paul (detail), Pienza, Museo Diocesano (from Montefollonico). the Cathedral of Siena that would have replaced the Apostolate in marble from the fourteenth-century now at the Museo dell’Opera. The idea came to Francesco di Giorgio before his death (1501) and the completion of the work was entrusted to Giacomo Cozzarelli in 1505, seeing a brief involvement from Sodoma (1515), and fi- nally an interest from the elderly Beccafumi, who «gave the go-ahead to create twelve Apostles to be placed on the lower columns [those under the nave of the Duomo in Siena], where there are now those in marble, old and badly-done; but he didn’t continue as he died soon af- ter» 15. Is it thus possible that Il Marrina, given his fa- miliarity with Cozzarelli and with the Duomo’s work- shop (that he headed in 1506), would take inspiration for his Saints Peter and Paul from the ideas elaborated by Giacomo, with the support of what remained from his mentor, Francesco di Giorgio, for this project? Is it also possible that Beccafumi knew these fig- ures by Lorenzo, when he too began to study statues of Apostles to create in bronze? These are questions im- possible to answer but that imply that the place of abso-

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bibliografia 126

Maurizio Nobile N. 23

Coordinamento scientifico / scientific coordination Laura Marchesini

Autori / Texts by Francesca Baldassari, Gabriele Fattorini, Chiara Fiorini, Giancarlo Gentilini, Francesco Leone, Laura Marchesini, Massimo Pulini, Marco Riccòmini, Davide Trevisani, Francesca Valli

Traduzione dall’italiano / Translation from italian by Alessandro Granato, Londra

Ringraziamenti / Thanks to Attilio Luigi Ametta, Gian Domenico e Monica Auricchio, Stefano Bevilacqua, Ada Bielikowska, Alberto Biondi, Atos Botti, Didier L. Brun e Signora, Enrico e Maria Grazia Ceci, Angelo Chiodo, Marcella Culatti, Samantha De Vitis, Giuliana Forti, Julie Guilmette, Sandrine Kukuruzovic, Christopher Marshall, Philippe Mendes, Rosanna Naclerio, Anna Ottani Cavina, Marco Pradelli, Agata Ralska, Davide Ravaioli, Claudio Redolfi, Elena Rossoni, Santuario di San Gaspare del Bufalo, Renata Sawińska, Marco Toscano, Loredana Ungaro, Daniel Vanel

Referenze fotografiche / Photography Stefano Martelli, Studio Blow Up, Crevalcore (BO), Torquato Perissi, Ivan Selva

Editing Laura Marchesini, Davide Trevisani Progetto grafico / Graphic Design Filippo Nostri Impaginazione / Layout Giovanni Piazza Stampato da / Printed by Filograf, Forlì, IT

In copertina / Cover Auguste Jean-Baptiste Vinchon (Paris, 1789 — Ems, Duchy of Nassau, 1855), Testa di ca- vallo dalle Stanze di Raffaello in Vaticano, Roma, 1815–1817, Olio su carta riportata su tela, 60 x 74 cm

© 2020 Maurizio Nobile ISBN 978-88-98456-12-3

Maurizio Nobile Bologna – Paris Via Santo Stefano, 19/a, 40125, Bologna, IT +39 051238363 / [email protected] 34, rue de Penthièvre, 75008, Paris, FR +33 (0)145630775 / [email protected]

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Maurizio Nobile Gallery has established a solid reputation as a leading art dealer in Italian Old Master Paintings, Drawings and Sculpture from the end of 15th to the beginning of 20th century. Founded in Bologna in 1987, the interest shown in his pursuits by international private collec- tors and major public institutions led Maurizio Nobile to expand in 2010, choosing Paris as the place to locate his second branch. Over time, the gallery has become a point of reference for refined private collectors as well as prestigious international museums such as the National Gal- lery in Washington, the Morgan Library, the MET Museum. Maurizio Nobile Gallery also par- ticipates in many international art fairs, including BIAF — the Florence International Biennial An- tiques Fair; London Art Week; Salon du Dessin (Paris); TEFAF — Maastricht (Works on Paper).