Cabanel, Alexandre Cabaret Voltaire Storia Dell'arte Einaudi
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C Cabanel, Alexandre (Montpellier 1823 - Parigi 1889). Ottenne il prix de Rome nel 1845; entrò nell’Institut de France nel 1863. Eseguí ri- tratti di bellissima qualità (Alfred Bruyas, 1840: conservato a Montpellier; Catharine Lorillard Wolfe, 1876: New York, mma) e tele mitologiche abilmente impostate, in cui privi- legia la raffigurazione di nudi femminili in stile pompier (Na- scita di Venere, 1863: Parigi, Louvre). I suoi celebri quadri di storia (il Riposo di Ruth, 1866: già coll. dell’imperatrice Eugenia; Morte di Francesca da Rimini e di Paolo Malatesta, 1870: Amiens, Museo di Piccardia), dalla composizione stu- diata, dalla fattura esatta, ricchi di accurati dettagli icono- grafici, sono talvolta declamatori e popolati di eroine da tea- tro (Fedra, 1880: conservato a Montpellier). Realizzò a Pa- rigi numerose decorazioni murali per palazzi privati (hôtel Pereire, 1858-64; hôtel de Say, 1861) e, per il Panthéon, Vi- ta di san Luigi (1878). Ricevette numerosi incarichi da Na- poleone III e da sovrani stranieri (il Paradiso perduto, 1867 (dipinto per il re di Baviera): Monaco, Maximilianum) e svol- se un ruolo notevole nella direzione del salon ufficiale sotto il secondo impero, opponendosi fortemente agli impressio- nisti. (tb). Cabaret Voltaire L’antica birreria Meiereie, posta al n. 1 della Spiegelgasse a Zurigo, fu la culla del movimento Dada. Qui infatti Hugo Ball e la sua amica Emmy Hemmings aprirono un «cabaret artistico», che era insieme club, galleria e teatro, e che fu inaugurato il 5 febbraio 1916 con il concorso di Jean Arp, Marcel Janco e T. Tzara. Vi si tennero concerti «brutisti», «poesie simultanee», mostre cui presero parte, in particola- Storia dell’arte Einaudi re, Arp, Janco, Macke, Marinetti, Modigliani, Picasso, Slodki. Ball pubblicò nel maggio 1916 un opuscolo intitola- to Cabaret Voltaire, cui contribuirono, oltre al gruppo, Apol- linaire, Cendrars, Kandinsky e Picasso. Nel marzo 1917 al CVsuccedette una «galerie dada». (pge). Cabel, Adriaen van der (Rijswijk (L’Aja) 1631 - Lione 1705). Si formò presso Jan van Goyen. Nel 1654 è segnalato all’Aja; nel 1660-65 ca. soggiornò a Roma, ove la Bentvogel, associazione dei pitto- ri olandesi, gli assegnò il soprannome di Corindone. Si sta- bilí poi a Lione, dove rimase fino alla morte. Dipinse pae- saggi, vedute marine e alcuni ritratti. Le prime opere ram- mentano il suo maestro Jan van Goyen (Paesaggio, 1652: Mo- naco, ap). Piú tardi conferí un andamento piú barocco ai suoi paesaggi, che da allora rammentano l’opera di Gaspard Du- ghet e quella di Salvator Rosa, pur preservando elementi olandesi. È rappresentato a Lione (mba). (abl). Cabezalaro, Juan Martín (Almaden (Nuova Castiglia) 1630 - Madrid 1670). Morí mentre la sua fama stava affermandosi. È tra i migliori pit- tori madrileni della seconda metà del xvii sec.; fu uno dei piú notevoli allievi di Carreño de Miranda e altrettanto ap- prezzato come affrescatore che come pittore da cavalletto. Dipinse soprattutto per le chiese di Madrid. Gran parte del- le sue opere è scomparsa; altre attribuzioni sono incerte. Il San Girolamo dell’ex coll. Cook di Richmond (1666) e le quattro grandi Scene della Passione nella cappella del terzo ordine francescano a Madrid (1667-68) manifestano, oltre al consueto influsso di Rubens e Van Dyck, uno stile solido e un vigore espressivo quasi brutale. (pg). Cabirio Santuario presso Tebe in Beozia, che ha dato nome ad un gruppo di vasi beoti d’epoca classica. (cr). Cabrera, Jaime (attivo all’inizio del xv sec.). Si formò nella bottega di Jai- me Serra, di cui proseguí la tradizione italianeggiante. Au- tore del Polittico di san Nicolas (1406: Manresa, Collegiata), avrebbe pure eseguito i pannelli laterali di un polittico del- Storia dell’arte Einaudi la chiesa di San Martín de Sarroca, il cui centro è ornato da una statua della Vergine col Bambino. (mbe). Cabrera, Miguel (Tialixac 1695 - Città di Messico 1768). Originario dello sta- to di Oaxaca, nel Sud del paese, compare a Città di Messi- co nel 1719 e svolge presto un ruolo di primo piano nella scuola pittorica nazionale. Discepolo e amico del più anzia- no José de Ibarra (che fu chiamato «il Murillo messicano»), dopo di lui divenne il pittore in voga presso gli ordini reli- giosi, con l’aiuto di una bottega assai bene organizzata: ven- nero cosí eseguiti, nel 1756-57, cicli di oltre cinquanta qua- dri, dedicati alle vite di san Domenico e di sant’Ignazio. Dànno un’idea abbastanza esatta di quest’arte del «far pre- sto», brillante e superficiale, dai colori chiari e dalla disin- voltura un po’ fiacca, le grandi pitture consacrate alla Ver- gine regina, dipinte per i francescani e passate poi alla catte- drale di Città di Messico, la serie della Via Crucis nella cat- tedrale di Puebla, i quadri conservati nella Pin. Virreinal di Città di Messico (Sant’Anselmo e san Bernardo, e soprattut- to la grande composizione sulla Vergine dell’Apocalisse). La parte piú interessante della sua opera è costituita però dal ritratto. Ritrattista di fama sia fra l’aristocrazia sia fra i re- ligiosi, C abbandona lo stile rigido e ieratico, indifferente allo spazio, in voga fino ad allora (e che ancora si riscontra nel suo ritratto del Viceré di Güemes). Abile nel modellare le carni e nell’illuminare volti e mani, riesce anche a carat- terizzare la personalità dei suoi modelli. La sua opera piú ce- lebre è il ritratto di Sor Juana Inés de la Cruz (dipinto nel 1750 molto tempo dopo la morte della santa, che era poetessa e mistica, e scriveva nella sua cella colma di libri), opera che prosegue, raddolcendolo, lo stile dei grandi ritratti mona- stici, meditativi e tranquilli, del secolo d’oro spagnolo. Ma C ha pure lasciato ritratti piú semplici, di stile piú familia- re, come il suo eccellente Autoritratto (Città di Messico, Pin. Virreinal). Pittore di camera dell’arcivescovo, fondatore (1753) e presidente perpetuo dell’Accademia di pittura, C godette fino alla morte di una fama senza eclissi. Ebbe nu- merosi allievi: Juan Patricio Morlete e José de Alzibar furo- no anch’essi ritrattisti di valore. (pg). Storia dell’arte Einaudi Cacault, François (Nantes 1743 - La Madeleine (Clisson, Loire-Atlantique) 1805). Svolse carriera diplomatica in Italia. Esordí a Napo- li nel 1785 e dal 1793 fu incaricato di delicate missioni, in particolare in occasione della firma del trattato di Tolenti- no nel 1797. Ambasciatore di Francia a Roma dal 1800 al 1803, approfittò del suo soggiorno in Italia per raccogliere una collezione di 1200 dipinti e 10 000 stampe, che inten- deva donare alla cittadina di Clisson, ove si era ritirato nel 1804 dopo essere stato nominato senatore del dipartimento della Loira inferiore. Non ebbe però il tempo di realizzare il museo che progettava; e il fratello Pierre (1744-1810), di- sperando di riuscirvi, vendette la collezione alla città di Nan- tes nel 1808; essa costituisce ora il fondo principale del mu- seo. Molto numerosi i dipinti italiani, compresi i primitivi, il che denota una curiosità allora rara (Maestro del Bigallo, Daddi, Bergognone, Tura, il Perugino), con opere del xvi sec. (Tintoretto, Genga) e soprattutto un bel complesso del xvii sec. italiano comprendente napoletani (Recco, Preti) e genovesi (Castiglione, Strozzi). Vi si trovano pure opere olandesi (Flinck) e fiamminghe, e importanti dipinti fran- cesi, fra cui tre capolavori di Georges de La Tour. Il xviii sec. – altra prova dell’indipendenza di gusto dei fratelli Ca- cault – è ben rappresentato con opere di Watteau, Lancret, Tournières. (gb). Caccia, Guglielmo → Moncalvo cadavre exquis Espressione francese (cadavere squisito), cosí definita nel Dictionnaire abrégé du Surréalisme: «Gioco con carta piega- ta, consistente nel far comporre una frase o un disegno da parte di piú persone senza che nessuna possa tener conto del- la collaborazione o collaborazioni precedenti». L’esempio, divenuto classico, che ha dato nome al ceconsiste nella pri- ma frase ottenuta mediante questa tecnica: «Le cadavre ex- quis boira le vin nouveau» (Il cadavere squisito berrà il vi- no novello). Il procedimento rientra nel gusto della casua- lità e del bizzarro caro ai surrealisti, ed è nel contempo gio- co di società e atto di magia. Inventato nel 1925 in rue du Château, in casa di Marcel Duhamel, ebbe grande succes- Storia dell’arte Einaudi so. Le riviste surrealiste ne pubblicarono esempi dal 1927 (Ernst, Masson, Max Morise; A. Breton, J. Hérold, Tan- guy, Brauner). Il gruppo surrealista portoghese (Azevedo, Dominguez, Moniz-Pereira, Antonio Pedro e Vespeira) ha eseguito nel 1948 un ceinteramente dipinto. (sr). Cades, Giuseppe (Roma 1750-99). Nato a Roma da padre francese (Jean Ca- des, naturalizzato Cadeotti, sarto e pittore amatore, giunto nella capitale nel 1731 dal villaggio di Saint-Orens in Lin- guadoca) e da madre romana, C fu un artista precoce, le cui prime opere datate (esclusivamente disegni) risalgono al 1762. Nel 1766, a seguito di un litigio con il maestro, Do- menico Corvi, che non apprezzava l’eccessiva indipendenza dell’allievo, lascia la scuola di quest’ultimo e interrompe la formazione accademica, aprendosi agli influssi meno tradi- zionali e decisamente innovatori degli stranieri presenti in quegli anni nella capitale: in particolare della cerchia dei nor- dici, riuniti intorno a Füssli e a Sergel, e di alcuni francesi, dipendenti o meno dall’ambiente accademico di palazzo Mancini. All’inizio degli anni ’70 risale la prima commis- sione pubblica a C: il Martirio di san Benigno (retribuito nel 1774) per l’abbazia di San Benigno di Fruttuaria (San Be- nigno Canavese). Ma la produzione giovanile è costituita es- senzialmente da disegni, generalmente modelli compiuti e rifiniti, probabilmente destinati alla vendita (Achille, Patro- clo e Ulisse, 1774: Parigi, Louvre (l’unico eseguito in un di- pinto attualmente noto, anch’esso al Louvre); Achille e Bri- seide, 1776: versioni di Montpellier e di Londra; Marte e Ve- nere: Firenze, Museo Horne; Atena incoraggia Diomede feri- to: Parigi, coll.