Tesi Dottorato Galentino Mariarita.Pdf

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Tesi Dottorato Galentino Mariarita.Pdf SOMMARIO Introduzione....................................................................................................................................... 2 Cap. I. Plebs Urbana : analisi e caratterizzazione............................................................................7 1. L’indagine storiografica sul ruolo della plebe urbana......................................................................7 2. La plebe urbana tardorepubblicana................................................................................................19 3. La violenza come arma politica: Roma dilaniata dalla guerra interna...........................................61 Cap. II. Ultimo secolo della Repubblica: gli ordini sociali e l'adesione alla causa popularis ....77 1. Strutture e rapporti sociali..............................................................................................................77 2. Il fenomeno associativo: i collegia protagonisti della scena politica tardorepubblicana.............................................................................................................................103 3. La caduta della Repubblica: dai conflitti tra ottimati e popolari scaturisce il Principato.............124 Cap. III. I collegia come strumenti della politica di lotta di Catilina e Clodio.........................143 1. Fine di un'epoca...........................................................................................................................143 2. Il tribunato di Clodio...................................................................................................................163 3. Il senatoconsulto del 56...............................................................................................................182 4. La legislazione in età tardorepubblicana: dalla lex Licinia de sodalitatibus alla lex Iulia ...........187 5. Fine del movimento popolare.......................................................................................................194 Conclusioni......................................................................................................................................203 Bibliografia......................................................................................................................................208 1 INTRODUZIONE Il presente lavoro ha come scopo quello di analizzare il ruolo politico e sociale della plebe in relazione all’opposizione tra optimates e populares durante il periodo che abbraccia gli ultimi decenni della Roma tardorepubblicana: la Roma di Catilina e Clodio, di Cesare e Cicerone. Esso si propone di dimostrare la possibilità di una ricostruzione delle realtà sociali e politiche della plebe della Roma tardorepubblicana nonostante i pesanti condizionamenti che derivano dalle rappresentazioni che ne hanno fatto gli antichi, ma anche dal particolare punto di vista di cui un osservatore dell’Occidente contemporaneo è inevitabilmente portatore, quando analizza problemi quali la natura democratica di un governo e le forme di partecipazione popolare alla politica, problemi che restano di piena attualità anche ai giorni nostri. I conflitti sociali che avevano agitato i primi secoli della Repubblica, subirono un'attenuazione solo dopo l'approvazione della lex Hortensia del 287 a.C., evento che nelle ricostruzioni storiografiche è di regola considerato chiudere il secolare conflitto tra patrizi e plebei: a tale conflitto furono spesso riconosciuti gli autentici connotati della lotta di classe, ma il concetto romano di ordo non è propriamente riconducibile a quello moderno di classe politica. Dopo 150 si ebbero i primi segni della formazione di un movimento democratico e di una politica antinobiliare da parte dei tribuni. Le ragioni di questa spinta sono da attribuire principalmente alla crisi della piccola proprietà agricola e al fenomeno dell'inurbamento, anche se certamente esistevano ragioni più complesse, riconducibili all'insufficienza delle strutture istituzionali romane di fronte all'estendersi dell'impero e alle trasformazioni economico-sociali in atto. La tradizione antica fa risalire a Tiberio Gracco l'inizio della divisione della città in quelli che sono stati definiti due partiti contrapposti (con le ovvie difficoltà che si creano definendo con il termine “partiti” schieramenti fluidi e sostanzialmente privi di una ben strutturata organizzazione interna come quelli del mondo antico), uno sostenitore della nobiltà e del senato, definito come il partito degli ottimati, e l'altro sostenitore del popolo, il partito dei popolari. La lotta politica tra ottimati e popolari prosegue fino all'instaurazione della dittatura di Cesare: le guerre civili che seguono la morte del dittatore non possono essere ricondotte entro i termini del periodo precedente. Tuttavia non si può inquadrare la lotta politica negli anni che 2 vanno dal 133 alla fine della Repubblica esclusivamente nel contrasto tra ottimati e popolari, perché sarebbe una semplificazione eccessiva. Il contrasto stessi si presenta di volta in volta in maniera diversa, per l'eterogeneità degli elementi in seno ai due schieramenti; resta però una evidente continuità di fondo, che emerge chiaramente nella prospettiva storica degli autori antichi. I popolari non avevano in mente di fare la rivoluzione, erano piuttosto riformatori sociali e soprattutto assertori del diritto sovrano del popolo di prendere decisioni senza previa sanzione del senato, anche se i loro avversari ovviamente presentavano le loro richieste come pericoli per lo stato e la tranquillità sociale. Le rivendicazioni riguardavano principalmente l'accrescimento del potere delle assemblee popolari e dei tribuni contro il potere del senato e delle magistrature curuli, l'introduzione del voto segreto e l'estensione del sistema elettivo a tutte le cariche, l'estensione del diritto di cittadinanza e l'assegnazione dei nuovi cittadini in tutte le tribù, l'assegnazione di terre e la fondazione di nuove colonie, le distribuzioni di grano gratuite a spese dell'erario. I popolari inoltre non si limitarono ad assumere la causa del proletariato, il popolo che essi tutelarono comprendeva un insieme di ceti diversi tra di loro e uniti nella contrapposizione all'aristocrazia senatoria: possidenti italici, ceti medi e medio-piccoli, proletariato urbano e rurale fino ad arrivare agli esponenti del grande capitale commerciale e finanziario. Più tardi Cesare riuscì a contemplare gli interessi dei vari ceti che avevano composto il movimento popolare, dal proletariato urbano e rurale ai soldati, alla borghesia media e ricca, ai ceti agiati dell'Italia e delle provincie, riducendo il potere del senato. Una valutazione della presa di posizione politica della plebe romana esige un’analisi delle stratificazioni sociali al suo interno, analisi che fino ad oggi non è ancora stata compiuta sistematicamente. Si presuppone che la base sia costituita dalla plebe urbana, ma la formula è troppo generica. In questa tesi si darà anche spazio alle forme nelle quali i membri della plebe potevano associarsi tra di loro. L'interesse nei confronti del fenomeno associativo è riemerso costantemente negli ultimi 150 anni della ricerca antichistica con la pubblicazione di una serie di ricerche piuttosto rilevanti. Proprio negli ultimi decenni della Repubblica, le associazioni conquistarono il palcoscenico della grande politica e si trasformarono in strumenti di lotta, o meglio, della politica anti-aristocratica di Catilina e Clodio. 3 È interessante notare come il diritto associativo fu sempre fenomeno sensibile a tutti gli spostamenti del quadro politico e vada sempre considerato in funzione del particolare momento politico-sociale. Alla metà del I secolo a.C. si assiste in appena un decennio al rapido susseguirsi di due leggi e due senatoconsulti, alternativamente diretti a reprimere o potenziare l'azione politica di quelle organizzazioni. Quei provvedimenti infatti rispecchiavano le mire e le tendenze politiche delle fazioni da cui erano stati emanati. Nel 64 a.C. Catilina usò a sostegno della sua candidatura al consolato le associazioni esistenti, ma il senato, schierato a favore di Cicerone, rispose con un decreto per lo scioglimento delle stesse. Il senatoconsulto del 64, primo provvedimento repressivo del diritto di associazione, si pose come una generale restrizione alla libertà di associazione, contrastando una tradizione liberale e pregiudicando le manovre elettorali e le mire politiche della fazione democratica. Obiettivo principale del senatoconsulto furono le associazioni religiose istituite per il culto dei Lari o i giochi compitalici: la presenza significativa della plebe allarmava l'aristocrazia, che considerava pericolosi i collegi di quartiere. Sei anni dopo il senatoconsulto, Clodio sancì la restituzione dei collegi allora soppressi. Venne così annullato il provvedimento e, rimossa in toto l'interdizione del 64, si restituì ai cittadini la facoltà di associarsi liberamente. Il 10 febbraio del 56 l'ennesimo senatoconsulto dispose lo scioglimento di tutte le associazioni che avessero svolto attività di carattere anche latamente politico e delle organizzazioni paramilitari costituite a scopo di intimidazione nelle elezioni: obiettivo principale di quest'ultimo provvedimento fu la dissoluzione delle bande di Clodio. Infine nel 56 a.C. la legge Licinia, proposta dal console Crasso, sciolse tutte le consorterie che si erano macchiate di brogli elettorali, colpendo non solo le bande dei popolari ma anche quelle degli ottimati. Più che il broglio
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