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FACTION EPIC

A cura di Rachele Palmieri e Sara Trabalzi

– Leonardo Colombati, «Letteratura come spettacolo» Nuovi Argomenti, 41, gennaio-marzo 2008 3 – Giorgio Van Straten, «Risposta a Colombati» Nuovi Argomenti, 41, gennaio-marzo 2008 9 – Davide Brullo, «Intemerata sul marketing editoriale» il Domenicale, 5 aprile 2008 13 – Mauro Covacich, «Che differenza c’è tra un mobilificio e McEnroe» Vanity Fair, 9 aprile 2008 15 – Andrea Cortellessa, «Questa Italia così poco onorevole» TtL della Stampa, 12 aprile 2008 19 – Paolo di Paolo, «Sto guardando una soap o leggendo un romanzo?» l’Unità, 14 aprile 2008 21 – Wu Ming, «Lo scrittore si dà all’epica» la Repubblica, 23 aprile 2008 23 – Claudia Boscolo, «Scardinare il postmoderno: etica e metastoria nel New Italian Epic» www.carmillaonline.com, 29 aprile 2008 25 – Carlo Lucarelli, «Noi scrittori della nuova epica» la Repubblica, 3 maggio 2008 29 – Dimitri Chimenti, «Due o tre cose sul New Italian Epic (in forma di lettera aperta)» www.carmillaonline.com, 3 maggio 2008 31 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 2

– Valerio Evangelisti, «Literary Opera» l’Unità, 6 maggio 2008 33 – Alessandro Bertante, «Nuova epica italiana? Sì, per... farla finita con la commedia postmoderna» Liberazione, 8 maggio 2008 35 – Dario Olivero, «Vite fortunate, vite degli altri e vite che non fanno rumore» la Repubblica, 8 maggio 2008 37 – Paolo Di Stefano, «Ecco il manifesto della “Nuova Epica”» Corriere della Sera, 13 maggio 2008 39 – Girolamo De Michele, «Noir, dire l’indicibile nel paese dei misteri» Liberazione, 15 maggio 2008 41 – Giancarlo De Cataldo, «Giovanni Maria Bellu,“L’uomo che volle essere Perón”» l’Unità, 20 maggio 2008 45 – Letizia Muratori, «Vittorio Giacopini:“Re in fuga”» www.carmillaonline.com, 26 maggio 2008 47 – Francesco Borgonovo, «La rinascita dell’epica italiana? “È soltanto autopromozione”» Libero, primo giugno 2008 49 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 3

Letteratura come spettacolo

Leonardo Colombati, Nuovi Argomenti, 41, gennaio-marzo 2008

ualche giorno fa discutevo con un spiegarmi perché quella struttura e quella lin- uomo intelligente il quale si augurava gua riescono ancora a donarmi l’illusione della Q per la nostra narrativa che tornasse ad realtà; ecco, quello è un buon critico per me. essere in grado di comunicare uno «sguardo Non sto auspicando la letteratura come menzo- ingenuo sulla realtà». gna tanto cara a Manganelli, un mero gioco lin- Mi chiedo: perché mai lo sguardo di uno guistico che si arresterebbe alla superficie del scrittore dovrebbe essere ingenuo? A meno che reale. Ma se è ovvio il fatto che la fiction si con “ingenuo” ci si voglia riferire a ciò che fonda sulla realtà, è altrettanto ineluttabile il innato (in-genuo, da “gignere” = “nascere”) e fatto che quella realtà di cui la fiction è lo spec- degno di un uomo, io capisco “ingenuo” come chio fra cento anni sarà un cumulo di macerie “innocente, candido”. In questo senso uno (come la Francia dell’Ottocento). Sopravvivrà sguardo ingenuo non sarebbe affatto quello solo lo specchio. che «dispieghi la realtà in tutta la sua com- plessità e ricchezza, nel bene e nel male» – II come ha sostenuto l’uomo intelligente – ma si porrebbe sopra la realtà (e, in questo senso, Ogni qual volta parlo di letteratura come di volendola proprio spiegare). Uno sguardo uno spettacolo, c’è sempre qualcuno che si irri- ingenuo – e dunque “senza malizia” – potrà gidisce. Ancora oggi – e non solo da noi – ci forse abbracciare la complessità e la ricchezza sono scrittori, anche ottimi, che credono nel del mondo, ma non si tradurrebbe in buona valore della “letteratura etica” e si autodefini- letteratura per inesperienza. […] scono “impegnati”. Non ho ancora capito chi Io non leggo un romanzo per diventare un dia loro la patente di eticità letteraria; ma se uomo migliore ma per godere di uno spettacolo, me la mostrassero col timbro della Questura e sono convinto che la critica letteraria farebbe sarebbe una prova in più del fatto che le nostre bene a scordare l’etica e la sociologia rispolve- idee sono difficilmente conciliabili: appena rando piuttosto certi vecchi manuali di mecca- sento accostare un “etico” alla parola lettera- nica. A noi che leggiamo Madame Bovary nel tura inizio ad agitarmi. L’unico dovere morale XXI secolo non interessa il fatto che quel per uno scrittore è quello di scrivere bene. romanzo fosse una sferzante denuncia contro la Non c’è nulla di male nell’essere un artista borghesia francese dell’Ottocento: continuiamo engagé, ci mancherebbe altro. Ma da lettore a fremere leggendo quelle pagine perché – sup- sono propenso a controllare innanzi tutto se pongo – quello spettacolo è stato messo su ad l’artista sia tale; che poi s’impegni, buon per arte. Il critico che voglia penetrare negli ingra- lui. Ciò che mi risulta inaccettabile è però il naggi di quella macchina scenica e che provi a risentimento di molta critica nei confronti del Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 4

Oblique Studio

valore estetico della letteratura. Harold Bloom volontà d’insegnare qualcosa, ma manifesta ha fatto giustamente notare che un lettore non solo una tensione, una volontà di dire senza s’avvicina ad un libro «per espiare colpe socia- coperture, di parlare solo per necessità, di visi- li, ma per dilatare un’esistenza solitaria». Del tare senza infingimenti i propri demoni. Che resto, leggiamo forse Cervantes per informarci insomma l’etica non riguarda i contenuti, ma i sulla Spagna del ’500 o l’Amleto per saperne di modi». più sul regno di Danimarca? Compito di uno Cosa potrei rispondere? E come? Forse iso- scrittore di genio è quello di reinventare il lando alcuni punti di questa perorazione. mondo, non di rappresentarlo. «Non chiedete Innanzitutto quello in cui si suggerisce la pos- mai se è vero un romanzo»1, diceva Nabokov; sibilità di leggere un libro con gli occhiali della «Emma Bovary non è mai esistita: il libro politica. […] Non vieto la politica al lettore, la Madame Bovary esisterà per tutti i secoli dei vieto allo scrittore. secoli. Un libro vive più a lungo di una ragaz- Poi bisognerebbe chiarire in che modo si za». Sempre Nabokov sosteneva che «la lette- passa automaticamente da etica a politica, ma ratura è nata il giorno in cui un ragazzo è qui ci vorrebbe un filosofo, o un politico. accorso gridando “al lupo, al lupo!”, e non Comunque, Giorgio dice di volermi spiegare c’erano lupi dietro di lui», e concludeva: «Ogni «che etica non vuol dire precettistica, volontà grande scrittore è un grande imbroglione»2. di insegnare qualcosa”. E io gli credo, o meglio Fermiamoci un momento sulla metafora gli ho creduto fino a quando non sono giunto del ragazzo che per scherzo grida al lupo, al alla frase finale del suo “Diario”, là dove si lupo! Le nostre mamme ci hanno insegnato di legge: “La politica non è solo comunicazione, non seguire il suo esempio, perché il giorno organizzazione del consenso;è, o dovrebbe esse- che un branco di lupi ci inseguisse davvero, re, anche, e soprattutto, scelta, pedagogia, nessuno ci crederebbe e finiremmo sbranati. progetto»3. Pedagogia? Se l’etica di cui parla Stiamo parlando di rischio. Faulkner, a que- Giorgio gli viene dalla sua esperienza politica, sto proposito, diceva che un’opera è tanto più e se quest’ultima dovrebbe essere pedagogia, riuscita tanto più alto era il rischio cui lo come si può negare all’etica – l’etica specifica scrittore s’era esposto. di Giorgio – di volermi insegnare qualcosa? Ma se è vero che non sono i contenuti a fare Ora, io, per motivi anagrafici, non ho fatto il grande un romanzo – con buona pace degli Sessantotto, ho vissuto il Settantasette cantan- scrittori cosiddetti impegnati – e che per scri- do “Furia cavallo del West” e nell’Ottan- verlo bisogna lavorare sullo stile, allora lo scrit- taquattro ero troppo occupato a controllare i tore proprio con lo stile deve saper rischiare. miei ormoni di quattordicenne per avvertire lo «Una fondamentale accuratezza d’espressione shock dei funerali di Berlinguer. Sarà per questo è il solo e unico principio morale della scrittu- (ma sospetto di no) che nego alla letteratura – ra» (Ezra Pound). Ecco l’impegno, quello vero. così come alla politica – il compito di educarmi. Provo a spiegarmi meglio, e per farlo devo III citare l’incipit di un grande libro contemporaneo. «Fratelli umani, lasciate che vi racconti In un suo recente “Diario” su Nuovi come è andata». Inizia così Le benevole, opera Argomenti, Giorgio Van Straten si rivolgeva a prima del quarantenne Jonathan Littell4,un me chiedendosi: «[…] come potrei spiegare ebreo americano che ha scritto in francese uno […] a degli amici più giovani di me di quindici dei più sconvolgenti romanzi degli ultimi o vent’anni che la politica è stata per noi della tempi. Vi si racconta, in prima persona, la sto- sinistra degli anni Settanta questa tensione e ria di un anziano direttore di una fabbrica di questa sfida, questa possibilità e questo esem- merletti nel nord della Francia, che decide di pio? Forse allora anche tante discussioni sulla rivelarci il suo passato di ufficiale delle SS letteratura etica fra noi, nella redazione di speso a sterminare gli untermensch, i “popoli Nuovi Argomenti, assumerebbero un tono deci- inferiori”. «Per ciò che ho fatto», si giustifica, samente diverso, riuscirei a spiegare a […] «c’erano sempre delle ragioni, giuste o sbaglia- Leonardo che etica non vuol dire precettistica, te, non so, in ogni caso ragioni umane».

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Faction, reportage, New Italian Epic

Il mio entusiasmo per Le benevole l’ho con- […] Anche noi nani, così come i giganti, ci diviso con parecchi. Altri, invece, quando ne sentiamo espandere quando scriviamo, e cioè parlo, storcono la bocca, inanellano una serie quando creiamo mondi. Perché è questo che di distinguo, e non di rado dalle loro labbra facciamo: creiamo mondi. Per farlo, vampiriz- sibila la parola “immorale”. È in quei momen- ziamo i nostri ricordi personali così come ti che non posso fare a meno di chiedermi come l’esperienza dei nostri amici, parenti e cono- mai si faccia così fatica a riconoscere la scenti. Siamo così ambiziosi e cinici da essere Grandezza. Ci sono critici letterari che hanno disposti addirittura a piegare la Storia alla sulla coscienza recensioni entusiastiche di libri- nostra microscopica vicenda campata in aria. cini in cui l’autore si guarda l’ombelico per […] Chiunque abbia tentato di raccontare poco meno di cento pagine, e che posti davanti una storia fissandola sulla pagina sa che prima a qualcosa di vagamente dostoevskijano sono o poi si è destinati ad innamorarsi dei perso- tutto un profluvio di «sì, ma», «però», «insom- naggi che si è creati, per quanto odiosi essi ma»… La domanda è: perché? siano. La domanda è dunque questa: ci si può Per rispondere, mi servirò di due fonti. innamorare di un nazista? Se l’è fatta, dalle La prima è un sondaggio dell’Ipsos sulle pagine de l’Unità, uno scrittore italiano; e la abitudini di lettura degli italiani. Qual è il risposta è stata negativa, tirando in ballo «la motivo che spinge a leggere quel misero tren- consueta trappola dell’io narrante: io cammino totto per cento che dichiara di comprare con Aue, lo seguo nell’esperimento, ragiono almeno un libro all’anno? Molti degli intervi- con lui, in un certo senso sono lui, come lui è stati hanno risposto: «Perché imparo qualco- me e chiunque di noi»5. sa». In pochi dichiarano di leggere per vivere Questo mi porta a citare la mia seconda delle avventure. È un sintomo dell’equivoco fonte, un’intervista di Paul Holdengraber a secondo cui gli scrittori sono degli educatori e Orhan Pamuk, pubblicata sul Corriere della i libri uno strumento per elevarci spiritual- Sera. «La vera forza del romanzo», diceva mente. È insopportabile questo fraintendi- Pamuk, «sta nell’identificazione dell’autore mento della letteratura, vissuta come una con il personaggio da lui creato, una identifica- bacchetta magica che ci fa diventare tutti più zione talmente intensa che gli impedisce di buoni e più belli; c’è qualcosa di profonda- pronunciare giudizi morali. L’arte del romanzo mente ingiusto nel considerare un libro come si fonda sulla capacità unica degli esseri umani qualcosa di utile. Peraltro, il trentatré per di identificarsi con l’Altro»6. cento di coloro che invece dichiarano di non […] Io non chiedevo a Littell di esprimere leggere nemmeno un libro all’anno, dicono un giudizio sul nazismo: ho già il mio e nessu- che il motivo è che la lettura sottrarrebbe del no potrà farlo vacillare, nessun antifascista tempo ad attività più importanti. E hanno potrà farlo diventare più negativo di quel che è ragione. Se il parametro è l’utilità, molte cose già. A Le benevole chiedevo qualcosa di profon- sono più utili dei libri: il cibo ed il lavoro, ad damente diverso, chiedevo Letteratura con la l esempio. Sospetto che se si promuovesse la maiuscola. Sono stato accontentato. lettura per ciò che è – e cioè un’attività mera- vigliosamente inutile – si venderebbero molti IV più romanzi. Perché leggiamo? Credo che lo facciamo non Sospetto che sia la miopia a far sì che certi scrit- per istruirci o per essere migliori, ma per tori si propongano di “agire sulla società”. Ma potenziarci. Non possiamo conoscere che un non c’è modo di sapere in quale misura Nel ven- numero insufficiente di persone, un numero tre di Parigi o La commedia umana abbiano con- limitato di città e di nazioni. La letteratura ci tribuito a migliorare la vita degli esseri umani. dà la possibilità di riempire le h, le j e le k della Tutto ciò che di politico è in un romanzo è nostra rubrica telefonica e di piantare nuove attualità deperibile. La politica è l’hic et nunc, bandierine sul mappamondo. La letteratura la letteratura deve tendere all’immortalità. Un rafforza il nostro io. E questo vale ancor di più corollario di questa prima legge sulla creazione quando invece di leggere, scriviamo. intellettuale è che raramente i grandi artisti

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sono “rivoluzionari” – in senso politico. Non è La verità è che il romanzo è l’arte della infrequente, invece, trovarne tra i “reazionari”: prosa, nel senso di “prosaico”. Lo scrittore di Dante, Dostoevskij e Proust bastino come romanzi deve continuamente sporcarsi le esempi. mani. A Omero non viene in mente di chieder- Un caso tutto particolare è quello di Günter si se, ad esempio, dopo uno dei loro numerosi Grass, alla luce del caso scoppiato nell’estate scontri, Aiace e Achille abbiano ancora tutti i del 2006 dopo che lo scrittore – che in molti in denti. Per Don Chisciotte e Sancho, invece, i denti Germania avevano eletto a “coscienza della sono un assillo costante, i denti che fanno male, i nazione” – confessò di essersi arruolato quindi- denti che mancano. A un certo punto Don Chisciotte cenne nelle Waffen SS. […] Gli intellettuali dice: «Sappi, Sancho, che un diamante non è pre- che, dopo averlo santificato misurando il suo zioso quanto un dente». Per Croce, questa frase grado di engagement, lo hanno demonizzato non potrebbe annoverarsi tra gli eventi rari ed senza troppe sottigliezze sono quelli che danno improvvisi che in un’opera letteraria fanno grida- per scontato che la funzione dello scrittore sia re alla “intuizione cosmica”8. Per me invece quella di rappresentare un’istanza morale col- dovrebbe stamparsi indelebilmente nelle zucche lettiva da una posizione superiore. […] di tanti nostri romanzieri. È nota un’affermazione che Sartre – uno dei Debenedetti trovava nel “frammentismo” grandi teorici della letteratura dell’impegno – una delle cause della cattiva reputazione di gettò in faccia a una giornalista di Le Monde: cui il romanzo ha da noi goduto per molti «La letteratura non ha potere. […] La nausea, anni. Si riferiva al gruppo di scrittori che negli davanti a un bambino che muore di fame, ne anni Dieci del secolo scorso si riunirono attorno fait pas le poids». Non ha alcun peso, cioè non a La Voce di Prezzolini: «Molti di noi considera- serve a nulla. vano l’arte come uno sforzo lirico, e ci pareva di Più o meno alle stesse conclusioni giunge seguire una delle direttive più chiare e suscita- Mario Vargas Llosa: «Quando ero giovane […] la trici del Croce in questo; e andavamo alla ricer- politica e la letteratura sembravano indissolubil- ca dei brani o momenti lirici di un autore consi- mente associate, seppur diverse, in un’impresa derando il resto come un tessuto connettivo, un comune. Scrivere era agire: attraverso i racconti, riempitivo, un lavoro di retorica o di pedagogia o i romanzi, le poesie, l’individuo esercitava la sua di pazienza»9. È lo stesso Debenedetti a ribatte- condizione di cittadino, di membro di una comu- re: «Quante pagine bisognerebbe strappare da nità che ha l’obbligo sociale e civico di prendere qualsiasi romanzo, per ridurlo a quei momenti di parte a un dibattito e alla risoluzione dei proble- purezza. Forse non si salverebbero nemmeno i mi della sua società. […] Erano idee ingenue, grandi romanzi di Flaubert»10. come s’è visto in seguito; non è vero che un È ragionevole supporre che risieda proprio romanzo o una poesia, così generosamente moti- nel tessuto connettivo di un romanzo – nelle vati in tale progetto di tipo sociale ed etico, pos- sue cerniere e nei suoi raccordi – il germe della sano cambiare una realtà storica o politica»7. sua grandezza o della sua mediocrità. E non è Il moralismo e la politica possono uccidere il un caso che i seguaci (anche involontari) del- romanzo, un genere letterario che non a caso in l’idea del bel frammento abbiano spesso fatto Italia ha attecchito poco. Dopo la riscoperta di ricorso all’autobiografismo, poiché questo Svevo e l’esordio di Moravia con Gli indifferen- genere consente la massima esplosione del liri- ti, i grandi romanzi italiani dal 1930 in poi si smo nella prosa e, parallelamente, aiuta ad eli- contano sulle dita di una mano. minare i riempitivi. […] Vorrei indagarne molto sinteticamente le cause. La prima è stata l’influenza di Croce, V per il quale non esistevano generi letterari ma opere di poesia e di non poesia. È una tesi che L’autobiografia non è un male in sé, anzi. «Il ha provocato grandi sciagure (sia nel campo vero romanzo è come un’autobiografia del pos- della prosa che in quello della poesia): una per sibile»11. Se il soggetto della propria opera è tutte, la ricerca insensata della purezza assolu- l’esistenza reale, essa si riduce in cenere; se ta in letteratura. invece lo scrittore inscrive i suoi dati personali

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Faction, reportage, New Italian Epic

in un quadro più vasto – auspicabilmente men- […] Nella tragedia collidono due verità zognero nel senso di “finzionale” – allora è parziali contrapposte e inconciliabili. L’uomo sulla buona strada per accedere alla cosiddetta non precipita per un difetto morale, ma per “Alta Autobiografia”, definizione coniata da via dei limiti della sua natura. Martin Amis, che scriveva: «Nella letteratura Un Potere sta di fronte all’altro e lo spirito si registra attualmente una copiosa produzione umano è tenuto a rispettarli entrambi, per di Alta Autobiografia, intensamente introspet- quanto mostruosi essi siano. Se proprio voglia- tiva. Basta con le storie: l’autore è sempre più mo trovare un “fine” alla tragedia, è proprio coinvolto sul piano personale. In un mondo che quello (sempre messo in dubbio) che suggeriva diventa sempre più mediato, il rapporto diret- Aristotele: la catarsi, ossia la purificazione che to con la propria esperienza è l’unica cosa di libera lo spettatore dalle passioni più abiette, cui ci si possa fidare»12. dopo averle “sperimentate” nel dramma. […] Due tra i migliori romanzi italiani pub- Teofrasto, discepolo di Aristotele, definì la blicati nel dopoguerra, La cognizione del dolore tragedia «la catastrofe di un destino eroico». di Gadda e Ferito a morte di La Capria, rappre- Mi è sempre sembrata una frase superba. sentano proprio due esempi eccezionali di Alta Suggerisce che ciò che importa in un dramma è Autobiografia: la provincia lombarda sud ame- la dignità della caduta e la sua altezza13.Per ricanizzata del primo e la Napoli estenuante- l’eroe tragico non c’è via d’uscita, e l’unico epi- mente romantica e sentimentale (fino al logo è quello della distruzione: quanto più patetico e al grottesco) reinventata dal secondo abissale è la caduta da uno stato di felicità a possono essere assunti senza problemi una condizione senza scampo, tanto più effica- nell’Atlante immaginario che comprende ce sarà l’effetto drammatico. Certo, è vero che Combray, Yoknapatawpha, Chicago e Newark. i letti di morte sono la scena del quinto atto di Quando invece pensiamo ai romanzi italiani ogni tragedia… ma è da vedere come l’autore che utilizzano la terza persona, gli esempi di abbia infilato il suo eroe sotto quelle lenzuola: grandezza sono insufficienti: i nostri scrittori, in arrivare fin là comporta l’immergersi comple- larga parte, confondono l’onniscienza del narra- tamente nelle vaste profondità del male. Però tore con la sua superiorità morale. Ne deriva che non è vero che una visione del mondo total- i personaggi da loro creati troppo spesso non mente tragica sfocia necessariamente nel nichi- sono altro che exempla e che le loro storie rasso- lismo: la verità è che non c’è tragicità senza migliano pericolosamente a delle parabole. trascendenza. Gli eroi di Shakespeare sono […] «Fidatevi della storia, non di chi la rac- «essi stessi autori dei loro affanni» oppure vit- conta», ammoniva D.H. Lawrence. Mi sembra time del genio drammatico del loro autore? una sintesi perfetta di ciò che è il genere tragi- Qui mi avventuro in una interpretazione del co, il grande assente della nostra letteratura in tutto personale e avventurosa; ma quando parlo cui si ripresenta sempre, in forma diversa, la di trascendenza, affermo con forza che lo scrit- Storia vissuta come una lotta tra i giusti e i tore è un Demiurgo… altro che autore assente! colpevoli. Altro che sguardo ingenuo sulla realtà!

1 Vladimir Nabokov, «Buoni lettori e buoni scrittori», in Lezioni di letteratura, Garzanti, Milano 1982. 2 Ibidem. 3 Giorgio Van Straten, «Diario», in Nuovi Argomenti, 39, luglio-settembre 2007. 4 Jonathan Littell, Le benevole, Einaudi, Torino, 2007. 5 Wu Ming, «Nessuno è immune dal diventare nazista», in l'Unità, 20 ottobre 2007. 6 Paul Holdengraber intervista Orhan Pamuk, «L’arte del romanzo è antipolitica», in Corriere della Sera, 16 ottobre 2007. 7 Mario Vargas Llosa, Letteratura e politica, Passigli, Firenze, 2005. 8 Benedetto Croce, Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale. Teoria e storia, Adelphi, Milano 1990. 9 Giuseppe Prezzolini, in Antonio Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Garzanti, Milano 1998. 10 Antonio Debenedetti, op. cit. 11 Ibidem. 12 Martin Amis, Esperienza, Einaudi, Torino 2002. 13 Cfr. Albin Lesky, “Che cos’è la tragedia”, in La tragedia greca, Laterza, Roma-Bari 2001.

7 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 8 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 9

Risposta a Colombati

Giorgio Van Straten, Nuovi Argomenti, 41, gennaio-marzo 2008

uovi Argomenti è una rivista che ha Ora il testo che viene subito prima del mio, sempre fatto della pluralità delle voci scritto da Leonardo Colombati, mi sembra che N una sua forza. Persone molto diverse vada in ben altra direzione, e dato che si trat- fra loro, unite solo dal fatto di amare la lette- ta di un redattore della rivista, mi sembra ratura e scommettere su di essa, si sono ritro- doveroso dare conto delle diversità che nel vate intorno a tavoli concreti e metaforici per nostro dibattito interno e, in questo caso, pub- molti anni. Anzi, forse proprio per questa sua blico si esprimono. pluralità ne ha disegnato il percorso e le ha Cominciamo dall’inizio e da questa questio- garantito la longevità che gloriose riviste di ne dell’ingenuità, sollevata da una persona tendenza non hanno conosciuto. intelligente in una conversazione con l’autore. Anche io ho imparato alla scuola di Nuovi In effetti credo che senza una qualche inco- Argomenti che molte mie asprezze di giudizio e scienza, senza dimenticare, almeno in parte, la un eccesso di selettività (a me sembrava quali- ricchezza della produzione narrativa e saggisti- tativa ma magari era anche ideologica) anda- ca che ci sta alle spalle, sarebbe difficile conti- vano ripensate alla luce di come nella rivista di nuare a scrivere romanzi. Un eccesso di consa- Moravia, Pasolini, e poi Siciliano, la curiosità pevolezza e di intelligenza è spesso nocivo alla per il diverso da sé avesse spesso prodotto risul- costruzione di un universo altro che sta alla tati di grande qualità. base della convenzione narrativa, anche quan- E però, riguardando il lungo percorso che ci do sembra identico alla realtà. sta alle spalle, mi sembra (e si tratta di un giu- Ma per Colombati l’ingenuità invece consiste dizio personale, come personale è ogni cosa che nell’avere delle idee preconcette, delle tesi pre- scriverò non volendo né potendo rappresentare costituite che affossano la scrittura. E, a suo gli altri direttori della rivista) che, non nella modo di vedere, questi “a priori” si identificano teoria ma nei fatti, si possa rintracciare la con- con una concezione etica della letteratura. tinuità di un’idea di letteratura come etica- Mentre «l’unico dovere morale per uno scritto- mente fondata, di una cultura che interviene re è quello di scrivere bene». non perché si schiera su un lato o su un altro Colombati, al riguardo, cita Pound (grande della barricata, ma perché interroga, chiede, poeta, nonostante le sue idee preconcette, peral- smuove qualcosa. Perché agisce nel mondo. tro) e io potrei rispondergli, invece, con Kurt Così era con i questionari di Moravia e le Vonnegut, scrittore da lui, immagino, frequen- risposte di Togliatti nel ’56, così con Pasolini e tato: «Avete mai amato uno scrittore senza idee la sua poesia “Il pc ai giovani” nel ’68, e così per la sua padronanza del linguaggio?». anche molto più recentemente con i testi di Ma non è tanto qui la questione. Il punto Saviano, per fare un solo esempio. vero è la sua (di Colombati) asserzione di Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 10

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(ingenua) poetica: «Io non leggo un romanzo sotto i luoghi comuni, costringere a vedere le per diventare un uomo migliore ma per godere cose da un altro punto di vista, insomma di uno spettacolo». destabilizzare il mondo. Intanto vorrei sapere perché chi gode di La letteratura, infatti, non cambia il mondo uno spettacolo, auspicabilmente ben fatto, nel senso rivoluzionario del termine, non lo non possa anche risultare un uomo migliore modifica nella sua superficie, ma lo può desta- di prima. Viene in mente quel sovrintendente bilizzare, lo può rendere meno scontato, meno della Scala che negli anni della Milano da “unico”. Non so se a Colombati è del tutto bere, sosteneva che dovevamo smetterla con chiara la differenza fra queste due cose, altri- questa idea della cultura come fatica, come menti non riterrebbe che chi risponde alla noiosa ricerca, e dedicarsi a un’idea di cultu- domanda «perché leggi?» dicendo che lo fa per ra come divertimento. E se io mi diverto imparare qualcosa, intenda dire che legge un usando il cervello, cioè anche faticando, che libro per elevarsi spiritualmente. colpa ne ho? Si impara solo dai precetti, dalle storie edifi- Il divertimento è criterio soggettivo, come il canti? La letteratura etica (per usare i suoi ter- fatto che qualcosa sia spettacolare. E se nel mini) produce solo messali da chiesa? Non è che ragionamento di Colombati spettacolo fosse Colombati confonde l’etica con il moralismo? inteso come grande costruzione meccanica di Una discussione infatti su cosa sia morale o un mondo inventato, non si capisce perché immorale in letteratura è francamente inam- questo sia l’opposto di una concezione anche missibile (almeno che non si sia il Papa), come etica del fare letteratura, che non mi sembra quella sua liceità di occuparsi di certi argo- sia legata alla volontà di ruotare intorno al menti da un certo punto di vista (vedi Littell). proprio ombelico, anzi al contrario si configura Ma l’etica è ben altra cosa: è la responsabilità come tentativo di uscire all’esterno di confron- di ciò che si fa verso sé stessi, è la convinzione tarsi/scontrarsi col mondo. di scrivere per necessità e in assoluta onestà Un libro nasce immerso nella propria intellettuale. epoca e insieme prova a distaccarsene in Per questo la letteratura non migliora la vita altezza. Entrambe le cose contano nella lette- degli esseri umani come lo fa una buona legge, ratura. Un grande romanzo non è un pam- ma piuttosto come lo può fare uno scambio di phlet contro qualcosa o qualcuno, ma non si idee fra amici, o un paesaggio che ti emoziona: può non leggere anche nelle sue relazioni con aumenta la profondità di campo del tuo sguar- la società in cui è nato. […] do. E tutto questo può produrre sconquassi. Presentare la questione in altro modo non è Altrimenti perché le dittature e in genere i altro che una caricatura, forse utile al discorso regimi poco democratici bruciano i libri? Forse polemico, ma incapace di rappresentare le anche Vargas Llosa, grande scrittore e politico diverse posizioni. Come abbastanza caricatura- così e così, dimentica i falò che furono fatti in le è la lettura che Colombati ha fatto delle cose Perù del suo La città e i cani. da me scritte sul diario dello scorso numero. E ritrovare questo spazio per la letteratura Mi sembra che qui Leonardo faccia una nel dibattito pubblico, questo senso della let- gran confusione fra etica e politica. Io cercavo teratura come parte di una società anche in di spiegargli che se si identificano i due termi- una situazione di democrazia avanzata (nel ni si finisce per intendere l’etica come precetti- senso temporale del termine), costituisce una stica, mentre invece questa può essere, io penso delle scommesse centrali per chi fa una rivi- deve essere quando si scrive, «una tensione, sta. Perché altrimenti una rivista, che non può una volontà di dire senza coperture, ecc.». oggettivamente essere uno strumento dello Questa tensione se applicata alla politica e spettacolo letterario, che senso avrebbe? Come alla letteratura produce effetti completamente può prescindere da una riflessione sul mondo e diversi, perché la politica è l’arte di dare rispo- su sé stessa? ste, di trovare soluzioni condivise e perciò ine- Infine mi interessa soffermarmi su un ulti- vitabilmente frutto di mediazioni. La lettera- mo punto dell’articolo di Colombati: la que- tura al contrario deve porre domande, scavare stione del male.

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Faction, reportage, New Italian Epic

A leggerlo sembra che Leonardo ritenga che facile sfuggirlo; che si può essere persone nor- la letteratura etica sia quella che nell’affronta- mali e fare il male. re il male si preoccupa di rimanerne sempre a Sta qui la tragicità della nostra esistenza e distanza per sottolinearne la natura e proteg- la sfida della letteratura dai tragici greci a gere gli spiriti deboli. Quali sono i libri a cui Dostoevskij: l’identificazione con chi compie pensa? Mi piacerebbe capirlo. il male non passa solo dall’uso della prima Io ritengo, piuttosto, che la buona lettera- persona singolare. tura sia quella che affronta il male immergen- In questa rivista nessuno ha intenzione di dosi dentro di esso, sporcandosi, mostrandone scrivere le vite dei santi e pubblicarle per le il fascino, direbbe qualcuno, o sottolineando, Edizioni Paoline, piuttosto si tratta di guardare dico io, che il male non è altro da sé; che in il mondo e provare a scriverne senza averne certe circostanze, in certe situazioni, non è paura. Che poi ci si riesca è tutt’altra questione.

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Intemerata sul marketing editoriale

Davide Brullo, il Domenicale, 5 aprile 2008

Oggi anche i libri, come i quadri, hanno bisogno di mercanti astuti, critici al soldo, gallerie compia- centi. Perché un autore vende solo se diventa un caso letterario. Finiti i tempi in cui Gombrowicz chiedeva di puntare sul dolore

meccanismi della letteratura italiana gran parte degli artisti odierni come degli scrit- d’oggidì sono analoghi a quelli dell’arte tori vengono costruiti in vitro. Gli si crea attor- I contemporanea. Preciso. Qui come lì esi- no una storia, un “movimento”, un albero della stono mercanti, gallerie, critici, fiere e forse vita, perché, lo sanno anche i ciuchi, le opere artisti. I quali, come stalloni di razza, portano hanno smesso di parlare da sole ormai da un il marchio di quella o quell’altra galleria, e pezzo. hanno il loro nugolo di critici, i quali parlano Nel secondo caso, quello degli scrittori, sempre, canonicamente bene di loro. Una gal- accade anche che i libri vengano costruiti a leria di lusso, per esempio, è la rivista monda- tavolino, tanti bei pupattoli dagli occhi azzur- doriana Nuovi Argomenti, che con il suo nuovo ri, dai capelli biondi e dalle gambe ben tornite. numero, dedicato ai “Non ancora trentenni”, D’altronde, un libro è solo una questione di mette sotto teca le facce belle e linde della let- frasi, e dell’Amazzonia si può ben fare un bel teratura che sarà. Bella pedana per il successo, giardino all’inglese. Sicuramente è più elegante MaurizioCostanzoShow che prelude al paradi- e misurato, più apprezzabile. In effetti, a farci so letterario di un Porta a Porta. l’occhio, quando si parla di un libro o di un qua- Si faccia un calco di quanto ho detto e lo si dro, quando se ne parla fuori dalla cerchia degli utilizzi per parlare dello show letterario odier- amici del bar intendo, se ne parla come di un no. Ci sono scrittori che appartengono a una “caso”. Se non esiste un “caso”, cioè qualcosa major editoriale, con uno stuolo di critici-gior- che supera, sovrasta e infine annichilisce l’ope- nalisti al seguito che fa in modo che di quel tal ra, l’opera non ha senso. Di per sé stessa, priva libro se si deve dire non si dica male. Molte di jet o di parapendio, non può volare. La cosa, volte, per saltare un passaggio, si predilige uno non ci vuole un genio, contraddice l’essenza scrittore che sia anche un giornalista. La scel- stessa e intima dell’opera. La forma è tutto, ta, in effetti, fa risparmiare un sacco di sforzo hanno detto tutti quelli che si son messi a pen- alla casa editrice di turno: il giornalista, meglio sare egregiamente su ciò che andavano scriven- se di grido, ha un bel gruzzolo di amichetti da do, da Joseph Conrad a Eugenio Montale. cui riscuotere favori che verranno saldati con Conta solo “come” scrivi, il resto è fumo. Il che una bella recensione al libretto suo. in letteratura coincide sempre splendidamente Verrà un giorno in cui anche i critici d’arte – con il “cosa” scrivi. nella stragrande maggioranza poco più che gior- Oggi è esattamente il contrario: la forma è nalisti per giunta incapaci di scrittura – si faran- nulla e il marketing è tutto. Niente di male, si no l’arte da sé, imparando dai colleghi scrivani, dirà. Un modo come un altro per avvicinare il siatene certi. Peraltro, la cosa non dovrebbe pubblico all’arte. Come se ci fosse un bisogno richiedere parecchi sforzi, dal momento che la necessario di godere dell’arte, come se fosse Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 14

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necessario non fumare e non bere e non man- forma allora parliamo d’altro, evidentemente, giare troppo per vivere bene. Eppure è così, di giornalismo, appunto, e non di letteratura. l’arte è divenuta autoreferenziale. I libri, scritti La quale non lotta con Provenzano ma con da giornalisti o da giornalai, vengono letti da Satana, non fa una filastrocca sui pazzi ma giornalisti e recensiti da giornalisti per giorna- indaga la follia che dirige ogni azione dell’uo- listi, e lo stesso capita nell’arte contemporanea. mo. Siamo chiari: l’arte è di per sé impopolare. Di fatto la recensione come la si fa oggi, se Cioè, trasporta un linguaggio che per necessità non ha spine o colpi di gomito o sprizza pensie- non può essere letto o consumato come si con- ro da tutti i pori, fa sbellicare dalle risa. Alla suma un piatto di pastasciutta guardando la meglio è il riassunto del libro di turno, con De Filippi. Ergo: richiede, minimo o gigante- qualche leccata in mezzo. Di certo non convin- sco, uno sforzo, una fatica, un abbandono. ce nessun idiota a comprare il libro di cui si Senza il quale, cosa che accade oggi, si pasteg- parla. Siamo compassionevoli: servirà al pen- gia all’happy hour guardando le gambe da naiolo per riempire l’album delle “recensioni fenicottero della ganza di lato, mica si legge un che lo riguardano” che poi sfoglierà insieme ai libro. nipotini spiegando loro quanto era importante Peraltro, cosa comune a pittore e scrittore, il nonno ai tempi suoi. Ci si prepara il futuro l’artista deve sapersi vendere, pena la squalifi- come la pensione, si fa testamento. ca da ogni campo di gioco. Se non trilli i cam- Invece, quando inventi un “caso”, quando panelli che contano, le porte, stai certo, non te crei un “evento” che non ha nulla a che vedere le aprono, né riuscirai a varcare i bastioni del con l’opera ma che la infiocchetta, allora per paradiso. In soldoni, l’artista solitario e stili- l’editore o per la galleria è un successo. La sta, sul cucuzzolo della colonna a pensare ai gente accorre per partecipare all’evento e non casi suoi e a scrivere il capolavoro, non esiste certo all’opera e compra quello che c’è da com- più. O se esiste, è destinato a starsene per sem- prare. Si fa la fila per vedere i quadri di tizio o di pre lì, da bravo monachello, senza che nessuno caio non perché piacciono o qualcuno ci capisce vada a vedere come sta. Questo è un tempo in qualcosa, ma perché mi è stato detto che è un cui devi svenderti, darti in saldo. Ma questo, evento irrinunciabile, e allora eccomi. Così com- per necessità, richiede un’energia doppia che pro quel libro perché fa moda averlo, mica per- viene sottratta alla scrittura o all’arte. È così, ché si fa un’esperienza reale dentro lo scrittore baby: mettiti la calzamaglia e il berretto a che lo ha scritto. Un modo come un altro per fare sonagli, ficcati il fischietto in bocca e fatti jogging restando beoti come l’attimo prima. vedere, altrimenti nessuno ti vedrà. Basta inventare qualcosa di buono e di politica- Accade così che l’arte d’oggidì giunga sotto mente corretto e impacchettarlo come si deve. le nostre mascelle ormai anestetizzata e depri- mente. Non produce nulla, se non un oggetto Il caso Gomorra = Camorra alla moda, quando va bene, che cambia a ogni Ad esempio, il caso di Saviano e del suo libro stagione. Quando, al contrario, lo scopo del- Gomorra. Indubbiamente un bel reportage, un l’arte è quello di farci sperimentare il dolore, bel pezzo di giornalismo attivo, ma che con la nient’altro. «Per me il dolore è diventato il letteratura non ha niente da spartire. Come punto nevralgico dell’esistenza, l’esperienza fai, però, a dire male di un libro che parla di fondamentale da cui tutto ha inizio e a cui quella cosa lì, della camorra, che ogni uomo di tutto si riconduce», scrisse uno scrittore radica- buon senso disprezza? In questo Paese di criti- le e diabolico, che non le mandava a dire né a ci cardinali – nel senso del volatile – non puoi, Dante né a Proust, come Witold Gombrowicz. perché si mescola l’estetica all’impegno e la let- All’infuori di questo furibondo stare fuori teratura impegnata allo slogan facile facile. dal mondo e dall’uomo, dalla specie e dalla Così a Sanremo non puoi non premiare un tizio storia, perpetuando così un atto drammatico e che canta contro la mafia e uno che canta i decisivo nella storia, la letteratura non ha matti. Se però il contenuto prescinde dalla alcun senso.

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Che differenza c’è tra un mobilificio e McEnroe?

Mauro Covacich, Vanity Fair, 9 aprile 2008

Ragionamento sullo stile. Ovvero, come capire, in tre mosse, chi ce l’ha e chi, invece, copia quello degli altri. Partendo da una volée bassa di rovescio

n paio di estati fa sono andato al Foro gesto appreso, al punto da far pensare a chi ti Italico per vedere un’esibizione di John guarda che lo si può compiere solo così. UMcEnroe. Ricordavo i suoi leggendari Vi chiederete dove voglio arrivare. incontri con Lendl, Connors, Borg. Erano i Ebbene, sto cercando di capire che cos’è lo primi anni Ottanta, i maggiori tornei tennistici stile per me. Lo spunto mi viene da un semina- venivano ancora trasmessi in chiaro dalla Rai, rio a cui ho partecipato di recente presso la sede come qualcosa di… non proprio popolare – non romana dell’editore Laterza, intitolato “La sempre gli eventi sportivi sono popolari – direi responsabilità dello stile” prendendo spunto piuttosto come qualcosa di educativo. dal saggio omonimo di Antonio Pascale, inseri- E in effetti imparavi un sacco di cose a osser- to poi nell’antologia Il corpo e il sangue d’Italia vare i grandi tennisti. Erano vestiti tutti quasi (minimum fax). uguali, eppure erano tutti immediatamente Durante quel lungo pomeriggio si sono sus- riconoscibili, tutti inconfondibilmente unici. seguiti più o meno una ventina di interventi. Che cos’era che li distingueva anche guardan- Docenti di Estetica, critici letterari, scrittori. doli per un attimo, rimpiccioliti nell’inquadra- Tre ore e mezzo a discutere di stile, cose d’altri tura totale del campo? Era lo stile. Colpivano tempi. Ovviamente si parlava di scrittura, ma tutti di dritto e di rovescio secondo le tecniche ascoltando gli interventi avevo la sensazione apprese nelle scuole di tennis, ma ognuno di che la questione si potesse tranquillamente loro aveva un dritto e un rovescio assolutamen- estendere ad altri ambiti, forse a tutti gli ambi- te personali, ognuno aveva il proprio stile. ti, dell’espressione umana. Lo stesso Pascale, Così, quella sera al Foro Italico, oltre ai soli- nel suo bel saggio, faceva esempi tratti dal ti vezzi da bambino capriccioso, oltre alle soli- cinema e dall’architettura. «Spesso l’intento è te pantomime con la racchetta, oltre ai tic che tradito dal gesto», diceva Pascale. «È per que- hanno reso celebre McEnroe anche fuori dal sto che gli architetti del monumento delle campo, ho ritrovato immediatamente il suo Fosse Ardeatine hanno scelto di non utilizzare modo di invertire i piedi sulla linea di servizio, il marmo. Quel materiale avrebbe immediata- il suo modo di impugnare la racchetta nella mente rinviato alla retorica monumentale del volée bassa di rovescio, ho ritrovato subito il Ventennio fascista, compromettendo in par- suo stile. Era invecchiato, leggermente imbol- tenza lo spirito stesso dell’opera». sito, coi capelli grigi, ma dal primo palleggio di Ecco il secondo punto: il modo in cui fai una riscaldamento era, senza ombra di dubbio, cosa può compromettere le intenzioni con cui McEnroe. Il suo stile parlava per lui. Ecco il l’hai pensata. Uno stile non vale l’altro. primo punto: impari una cosa come la impara- Quando stavo a Pordenone mi capitava di no tutti e poi la fai tua, rendi naturale quel imbattermi, lungo la strada dei mobilifici, nel- Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 16

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l’insegna “mobili in stile”. Che cosa pubbliciz- ragazza eccentrica che si alimentava con una zava quell’insegna? Beh, dei manufatti artigia- dieta di sole patate suonando un rock duro come nali fabbricati combinando un po’ di rococò con una lastra di basalto? Che c’è ancora della PJ un po’ di secondo impero e qualcos’altro anco- Harvey dei primi anni Novanta nella musica ra, in un sincretismo che avrebbe dovuto comu- ipnotica del suo ultimo White Chalk? Semplice: nicare all’acquirente l’idea di un prodotto spe- la sua voce. Lo stile con cui colpisce di dritto e ciale, artistico, e che invece comunicava l’esatta di rovescio, se capite che cosa intendo. Quante negazione di tutto questo. Quei mobili non ave- mutazioni ci sono state nella musica di David vano uno stile, semmai citavano uno stile. Chi Byrne o in quella di Thom Yorke? Moltissime, doveva risponderne? Nessuno. Benché ideati e giusto? Eppure, dopo le prime note, dici subito: realizzati da persone, erano mobili in qualche «Ah, i Talking Heads», «Ah, i Radiohead». modo privi d’autore. Non avevano una cifra Canteranno da soli o col gruppo, faranno cd più riconoscibile. Nessuno doveva risponderne. belli o più brutti, non importa: la loro cifra Ecco, per contrario, il terzo punto: la respon- resterà sempre la stessa, e, grazie a questo, sabilità dello stile. Lo stile comporta già sempre saranno loro a dover rispondere di ciò che hanno una responsabilità. È la voce, lo sguardo, che fatto. Idealmente noi potremmo chiamarli e riconosco inconfondibile nella mia testa mentre chiedergli conto. E potremmo farlo anche con leggo il libro di un autore che amo. È la sua Virgilio, Maradona, Picasso, Baryshnikov. Voci voce, proprio la sua: so che lui ne risponde, vivo lontane nel tempo e nello spazio, a cui citofona- o morto che sia. Non ha bisogno di citare uno re con la certezza di ricevere una risposta. Stili stile, è lui il suo stile. Tanto che, in casi di pas- e, quindi, responsabilità personali. sione eccezionale, continuo ad acquistare i libri Ora sarebbe il momento di un esempio trat- di quell’autore non tanto per ciò che mi raccon- to dalla moda, e giuro che lo farei se solo sapes- ta, bensì per sentire ancora la sua voce. si distinguere un jeans di Oviesse da uno di Così accade che Don DeLillo, Michel Roberto Cavalli, ma questo è un mio limite a Houellebecq, Javier Marías, Agota Kristof cui ormai ho deciso di rassegnarmi. possano scrivere libri talvolta poco riusciti e Resta la domanda: perché ci sono autori oggettivamente difettosi senza che il mio come quelli elencati finora e autori diciamo a attaccamento alle loro opere scemi di un grado. responsabilità limitata? Da dove viene questa C’è la loro presenza umana, viva, dietro quelle differenza? Beh, io credo venga dal diverso pagine. Hanno imparato le tecniche della scrit- rapporto che hanno con la propria opera. tura come McEnroe ha imparato quelle del L’autore dei mobili in stile, esattamente come tennis, ma appunto, esattamente allo stesso molti autori di libri, ha un rapporto di agio, di modo, le hanno fatte proprie. Hanno appreso a libertà, nei confronti della propria opera. scrivere come tutti noi, ma sembra che lo fac- Possiede una tecnica e sceglie liberamente di ciano nel modo più naturale che si possa imma- costruire il suo oggetto. Se l’opportunità gli ginare, sembra, come si suol dire, che ce l’ab- consigliasse di lavorare in un’altra direzione, biano nel sangue, al punto che quando ne leggi non esiterebbe a seguirla. Quanti sono i libri uno – badate, stiamo parlando di quattro scrit- oggi che sembrano oggetti ben fatti, “libri in tori tra loro diversissimi – hai l’impressione che stile”? Cose frutto di intelligenza, furbizia, si possa scrivere solo così. mestiere, ma prive di una voce, prive di uno E non succede forse lo stesso con la musica? sguardo. In una parola, anonime. Qualche sera fa sono stato all’Auditorium a sen- Lo scrittore a cui penso invece, come avete tire PJ Harvey. È stato un concerto memorabi- visto qualche numero fa nel pezzo su Kafka le, tremila persone a sussurrare devote i versi contro King, non è un fabbricante di libri, è un delle canzoni. Eppure nel corso degli anni la uomo che scrive. Non ha un rapporto di agio musica della Harvey è cambiata moltissimo e in nei confronti del proprio testo, anzi, è vincola- effetti l’altra sera, vedendola passare dal piano- to da una specie di giuramento: deve dire solo forte alla chitarra elettrica, e poi ancora ai cam- la verità. E io so che me la sta dicendo mentre pionatori, era evidente la varietà del suo percor- leggo. «Ah sì, e qual è la verità?», direte voi. so artistico. Che cosa è rimasto oggi di quella Beh, diamine, quella che si è inventato lui.

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Faction, reportage, New Italian Epic

L’invenzione vera – sì, avete capito bene, l’in- nuotare, a dimagrire, a capitozzare i bonsai, venzione vera – di cui può e deve rispondere impariamo a combinare e a mescolare tutti i solo lui. Le parole alle quali, come in un inter- dettagli delle vite più cool nella speranza che rogatorio, non può sottrarsi, e di cui si assume anche la nostra diventi un po’ speciale e poi, in così chiaramente la responsabilità che non ci mezzo a migliaia di “esistenze in stile”, notia- sarebbe neanche bisogno del suo nome in mo il modo unico di ciabattare del nostro vici- copertina. no di casa. Eccolo lì che rientra dalla colazio- Oggi è sempre più facile imparare a fare le ne coi giornali sotto braccio. Ogni mattina la cose – scrivere coi manuali, suonare coi sinte- stessa camminata, la stessa aria assorta, le tizzatori, produrre foto con Photoshop – ed è stesse Clark scalcagnate. sempre più difficile che queste cose lascino il «Diventa ciò che sei», diceva Friedrich segno. Anche le nostre vite sono un po’ così: Nietzsche e, secondo me, non c’è niente che impariamo come apparecchiare una tavola, renda meglio l’idea di stile di quest’esortazione. come scegliere il vino, come procedere nei pre- Chi ha stile non è quello che fa, ma fa semplice- liminari in un incontro amoroso, impariamo a mente, ineludibilmente, quello che è.

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Questa Italia così poco onorevole

Andrea Cortellessa, TtL della Stampa, 12 aprile 2008

Visioni nei reportage di scrittori e fotografi: un Paese che “non c’è” nei discorsi della politica e della tv

econdo i politologi non dipende dalle dimenticate, irriducibili all’International Style: nostre leggi elettorali: è l’antropologia dalla Carrara abbacinante di marmi alle Marche S italiana a essere fortemente “divisoria”. solidamente conservatrici (la terza Italia degli Ferma al 18 aprile 1948, sempre e comunque economisti) sino alla Campania assuefatta alla Don Camillo e Peppone. Pur avendoli distribui- catastrofe. A controcanto, le immagini di ti equamente negli schieramenti, i Doncamilli Francesco Cocco, Daniele Dainelli, Lorenzo (di Pepponi ce n’è rimasti in giro pochini): quan- Cicconi Massi e Massimo Siragusa. La scrittura to più sogni e promesse sono uguali per tutti, di Pascale è piacevole, sinuosa e strascicata tanto più gli italiani hanno bisogno di sentirsi come la sua voce; abitata da un’irreprimibile divisi. Ancorché non lo siano più da tempo. Una nostalgia per un’Italia che non c’è più (non a suddivisione è reale, però. Quella tra l’Italia che caso è evocato il Pasolini delle lucciole). Eppure c’è e quella che non c’è. O meglio: che c’è ecco- anche così si fronteggiano due Italie virtuali: me – è l’unica che si vede in effetti – ma solo in quella astratta dei sociologi e quella autentica sì immagine, in sogno. In tivù (appunto) gli spet- ma sparita, oltrepassata. Nel modello di questo tri delle ultime settimane ci hanno parlato di libro, il Viaggio in Italia che un quarto di seco- quest’Italia virtuale. L’Italia delle statistiche e lo fa vide accompagnare Luigi delle inchieste, dei servizi della Cnn. Insistendo Ghirri, Gabriele Basilico e un’altra decina di sulle donne in orizzontale o in verticale, sui fuci- li veri o metaforici, sugli inceneritori che non ci Luigi Ghirri, Cervia 1989 sono e non ci saranno. Quella che non c’è è l’Italia: dissolta o appunto incenerita. La tivù ci dà il proprio specchiarsi, il più delle volte, in altra tivù. Polemizzando in apparenza sul pro- prio referente, l’Italia appunto, in realtà sul proprio codice: sé stessa. La post-politica è un metalinguaggio. Per questo non mi appassiona la voga del reportage. Perché illudendosi di rac- contare l’Italia reale i nostri scrittori, anche i più bravi, contribuiscono a crearla, quella cappa di finzione. Uno bravo senz’altro è Antonio Pascale. Al festival della Fotografia di Roma c’è la mostra “Solo in Italia”, della quale il libro- grandi fotografi, si produceva davvero il mira- catalogo (Contrasto, pp. 171 con ill., euro 28) colo, invece, di sospendere il giudizio per abban- ospita un suo ampio reportage dalle tante Italie donarsi a quello che si vede. Forse vale la pena Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 20

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rovesciare la prospettiva. Anziché esplorare la quei tutti. E con una carica di ideologia incon- realtà nascosta alla ricerca dell’inedito urtican- fessata (ci mancherebbe!) quanto, in effetti, te o addirittura horror, al contrario mettere alla sviante. Allora mi tengo le nostalgie di Pascale: prova la superficie di ciò che si vede. Sino a for- che almeno se le consuma, appunto, in solitu- zarne la pellicola di mistificazione, metterne a dine. Più recente Italia 2. Viaggio nel paese che nudo l’intelaiatura. È quello che, col vecchio abbiamo inventato (minimum fax, pp. 340, euro Baudrillard, si potrebbe chiamare realismo 16) di Cristiano De Majo e Fabio Viola. L’as- della derealizzazione. Raccontare quanto le nar- sunto non pare diverso da quello di Piccolo: i razioni che ci ammanniscono siano ingannevoli: reportage sono da luoghi come Milano 2 quanto disprezzano chi le consuma. E magari – (appunto), la villetta di Cogne, il festival di al modo di un Calvino dimenticato per eccesso Sanremo. Il titolo, in apparenza fighetto, di pregnanza – cercare i punti dove la finzione coglie l’effettiva divisione dell’Italia una e non tiene. Dopo di che scegliere: se continuare a bina, l’Italia parallela. vivere nella realtà finzionale come se nulla fosse, Ancorché nati nel 1975, cioè nel pieno della o sforzarsi di allargare la maglia nella rete e fare melassa televisiva rimpianta da Piccolo, De finalmente un viaggio nel reale (la pillola blu e Majo e Viola hanno ben chiare le distinzioni fra la pillola rossa di Matrix, certo. Il film, non il il vero e il falso. Magari con quella conflittuali- programma fotocopia di Bruno Vespa). Uno dei tà che Piccolo detesta, ma almeno senza libri di maggiore successo, la scorsa stagione, è un’ideologia inconsapevole (e dunque traditri- stato L’Italia spensierata di Francesco Piccolo ce). Fatto sta che non sbagliano un colpo. Ben (Laterza, pp. 183, euro 9). Che si esponeva, capendo un aspetto tecnico, diciamo, della come a una fonte radioattiva, a Domenica in, a derealizzazione: essa per funzionare deve Boldi e De Sica o a Mirabilandia. Di Caserta ammantarsi del proprio contrario, cioè di come Pascale, Piccolo ha una scrittura più autenticità. Per ingannarci fa appello alle aguzza e scattante. Ma se Pascale si presenta «in nostre nostalgie, alle nostre illusioni. La finzio- direzione ostinata e contraria» (corrivamente ne per eccellenza è il Mulino Bianco dal quale citando De André), Piccolo fa di tutto per smen- prendono le mosse: rinviando a un immaginario tire il titolo della sua collana, «Contromano». che, proprio perché frastornato dalle finzioni, Non vuole affatto demistificare, decostruire la cerca ciò che era autentico, non ciò che lo è dav- finzione ecc. (tutta ideologia, per lui); al contra- vero, qui e ora (Adorno, discutendo il Gergo del- rio intende sviscerare lo strato che, di tutto ciò, l’autenticità di Heidegger, aveva già capito avremmo dentro tutti. Tutti coloro, beninteso, tutto). Per questo non manca nelle loro parole che per dovere si ostinano a leggere Georges una certa indignazione. Lo so che anch’essa è Perec quando in cuor loro – come tutti gli altri un prodotto di largo consumo (anche elettora- – vorrebbero invece essere da Mara Venier. le). Ma se quel che mi si offre in cambio è l’as- La differenza culturale è per lui una forma suefazione, l’ironia quietista del così è se vi pare di distinzione. Questa sì da demistificare. perché così fan tutti, allora preferisco restarme- Troppo confidando nell’onnicomprensività di ne indignato. In solitudine, se necessario.

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Sto guardando una soap o leggendo un romanzo?

Paolo di Paolo, l’Unità, 14 aprile 2008

Ammaniti o Maria De Filippi: chi è più dannoso? Se lo chiedeva nelle settimane scorse un critico su un quotidiano. Rincorsa del modello tv, addio alle ragioni profonde dello scrivere: ecco la mutazio- ne in corso della nostra narrativa

uol dire che fa più danni Susan e Nadine stavano rispondendo anche a Ammaniti di Maria De Filippi?». Colombati? Sontag parla della letteratura come «V La domanda, a bruciapelo, l’ha «ri-creazione della solidarietà umana», sostiene posta il critico Andrea Cortellessa allo scrittore che le storie di Internet o della televisione si Gabriele Frasca su La Stampa del 9 aprile. E limitano a soddisfare «la nostra fame di aned- Frasca, che su queste pagine aveva già a lungo doti» (di spettacolo?) e difende la «componente riflettuto sul rapporto tra letteratura e nuovi etica» della narrazione. Gordimer distingue tra media (l’Unità, 21 marzo), spiega: «Il lettore di scrittori e scrittori che scrivono per le edicole libri vorrebbe accedere a un’élite, uno status dell’aeroporto. diverso da chi se ne sta stravaccato davanti alla «Appena sento accostare etico alla parola tv. Ma è una nobilitazione allucinatoria: dal letteratura», scrive Colombati, «inizio ad agi- momento che quanto consuma è altrettanto tarmi». Che l’aggettivo sia delicato, non c’è appiattente». Sull’ultimo numero di Nuovi dubbio. Ma già lucidamente Giorgio Van Argomenti, Leonardo Colombati rivendica inve- Straten aveva spiegato, sulle pagine di Nuovi ce la possibilità di leggere non per diventare Argomenti, come etica non significhi «precetti- migliori, ma semplicemente «per godere di uno stica, volontà di insegnare qualcosa, ma mani- spettacolo». Mi è capitato di riflettere sulle festa solo una tensione, una volontà di dire osservazioni di Colombati un lunedì di marzo in senza coperture, di parlare solo per necessità, cui le pagine culturali del Corriere della Sera di visitare senza infingimenti i propri demoni. aprivano con un discorso di Susan Sontag […] insomma l’etica non riguarda i contenuti, (Nello stesso tempo: il romanzo è la riflessione ma i modi». Se non ama i termini etico e poli- morale, ora in Nello stesso tempo, Mondadori), tico, Colombati potrebbe concentrarsi sulle pronunciato pochi mesi prima di morire a parole tensione e necessità, utilizzate da Van Johannesburg, in onore dell’amica Nadine Straten. In uno spettacolo, di solito, non c’è né Gordimer. Quello stesso giorno, le pagine cultu- l’una né l’altra cosa e, se ci sono, hanno un rali di Repubblica si aprivano con un’intervista aspetto particolare. Davanti a uno spettacolo, a Gordimer, legata all’uscita dell’ultimo libro, di solito, ci si rilassa, ci si stupisce, ci si diver- Beethoven era per un sedicesimo nero te. Ci si commuove, anche. Ma la tensione, se (Feltrinelli). Strane coincidenze creano dialoghi c’è, è suspense. La necessità, di solito, è un a distanza. Susan e Nadine potevano ritrovarsi, finale. Può accadere che questo valga anche come nel commovente racconto di Gordimer per la letteratura, naturalmente. Basta pensa- Sognando i morti, in cui la scrittrice sudafricana re all’infinito numero di romanzi gialli, neri, riabbraccia l’amica scomparsa, dentro un risto- rosa che si trovano in libreria. Non andrebbero rante di New York popolato dai fantasmi. guardati con snobismo o disprezzo. Con ammi- Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 22

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razione per l’abilità con cui vengono confezio- punto non è nella presunta immoralità, forse nati, semmai. Pochi possiedono la sapienza non c’è neppure da porsi il problema. Molti dei narrativa, mettiamo, di Ken Follett o di Fred sostenitori di Littell si sperticano a parlare Vargas. Ma va riconosciuto che ciascuno dei della discesa nel male della storia ecc., ma in due uscirebbe, esce sconfitto dal confronto con realtà sono così elettrizzati perché hanno trova- qualunque serie televisiva, con qualunque to in forma letteraria le stesse emozioni che dà film. Il punto è proprio questo. La “letteratu- a milioni di telespettatori una puntata di Lost. ra come spettacolo” resiste, ma come surroga- Solo che loro, i fan di Littell, non sanno cosa to o pallida imitazione di uno spettacolo più sia, Lost. E comunque, dare voce al finto nazi- potente (televisivo, cinematografico, visivo in- sta a me pare più ozioso che immorale – per somma) – ed è proprio da quello “Spettacolo” tutte quelle pagine, poi. A testimoniare l’orrore che oggi finisce col trarre modi e strutture. dalla parte dei carnefici resterà semmai il deli- Tende, vuole somigliare a quello Spettacolo; e rio del Mein Kampf alla luce del dopo, non l’io spesso è già pensata in funzione di quello fittizio delle Benevole. (Mi viene in mente che Spettacolo (soggetto per un futuro film già nel bellissimo scritto di Antonio Pascale “Il messo in cantiere, per esempio). responsabile dello stile”, in Il corpo e il sangue Il fallimento di un romanzo come Una sto- d’Italia, minimum fax, che riflette anche sul- ria romantica di (Bompiani) l’etica – meglio, la responsabilità – della scrit- sta secondo me nel suo volersi proporre come tura, viene citato un interrogativo del regista fiction tv in forma scritta, come polpettone francese Alain Resnais, ai tempi di un suo colto. Scriveva Mariarosa Mancuso, all’uscita medio metraggio sui campi di concentramento: del libro: «Libero Scurati di sviare l’attenzio- «Come posso raccontare l’orrore contenuto in ne da un romanzo mal riuscito dichiarando queste immagini senza farne spettacolo?»). che il matrimonio è una cosa seria e la rivolu- Anziché inseguire «la Grandezza», dice zione sessuale uno schifo. Liberi noi di pensa- Colombati, molti preferiscono guardarsi l’om- re che il romanzo popolare, d’amore e non, belico per poco meno di cento pagine. In real- oggi sta nella televisione che Scurati tanto tà, il discorso sulla scrittura del vissuto, tanto odia, salvo poi frequentarla come ospite da frequentata oggi, sarebbe molto ampio e com- talk show. Se ogni tanto guardasse Sex and the plesso. Non è difficile condividere l’impressio- City, I Soprano oppure Lost, capirebbe cosa ne di Angelo Guglielmi che molti dei libri più vuol dire scrivere bene. E con tutti i sentimen- belli di questi anni, in Italia e fuori, nascano ti, se uno ne ha voglia». da investimenti personali (io penso alle opere Proprio per questo, la letteratura dovrebbe più recenti di , a L’estranea abitare uno spazio alternativo allo Spettacolo, di Elisabetta Rasy, a Presentimento di Andrea offrire qualcosa di diverso. Quanto più lo Canobbio, a La città dei ragazzi di Eraldo Spettacolo si propone come regno dell’inauten- Affinati, ai libri di Clara Sereni, a Nati due tico (dell’affascinante, anche emozionante volte di Giuseppe Pontiggia, tanto per citare inautentico), tanto più che la letteratura qualche titolo alla rinfusa). Ma non è questio- dovrebbe inseguire l’autenticità, evitare il ne di prima o terza persona. A scrivere per le posticcio, approssimarsi a un possibile reale, edicole degli aeroporti e a fare spettacolo, rimanere fedele all’esperienza il più possibile bisogna essere bravi. A scrivere per racconta- reale delle cose. A quella tensione e necessità re la vita (e da questa imparare, sì, anche che, diversamente dallo Spettacolo, non mira- imparare; in questa riconoscersi, di questa no solo alla suspense e a un finale che si chiu- divertirsi, addolorarsi, commuoversi; con que- da, non mirano solo a stupire con gli effetti sta capire, sapere), ci vogliono tensione e speciali (magari di seconda mano). L’io delle necessità. Una ferita, anche, un’inquietudine, Benevole di Jonathan Littell (Einaudi), che un’ansia di ricerca, un’urgenza: almeno emo- Colombati esalta, non convince perché troppo tiva. Ma qui non parlo di conti aperti con lo recitato, troppo finto, proprio fin da quel «fra- spettacolo: di conti aperti con la vita, che è telli umani» con cui si presenta ai lettori. Il un’altra cosa.

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Lo scrittore si dà all’epica

Wu Ming, la Repubblica, 23 aprile 2008

Il caso – Dopo anni di cinismo la narrativa italiana si è rimessa in moto

ella letteratura italiana sta accadendo America iniziano a chiamare “nuova narrazione qualcosa. Qualcosa di importante, uno epica italiana” o, più breve, “New Italian Nsmottamento che getta in crisi ogni eti- Epic”. “Epica” nel senso di coralità, narrazioni chetta e cliché. Purtroppo, come spesso capita, ampie e a lunga gittata, che mettono in questio- bisogna guardare l’Italia da fuori per capire di ne la memoria e il futuro, si reggono sulla ten- che si tratti. Occorre la distanza, quella che per- sione tra complessità e dimensione popular, spe- mette di sciogliere legami superficiali e trovare rimentano con punti di vista inconsueti, storie analogie nascoste. Da noi la visuale è angusta: alternative, costruzioni di mondo, e nel farlo l’accademia si fiuta l’alito nella mano chiusa a cercano costantemente la comunità, il dialogo conchiglia, si definiscono “contemporanei” coi lettori. Il “New Italian Epic” è nato dal autori morti prima del lancio dello Sputnik e lavoro sui “generi”, dalla loro forzatura, ma non manca del tutto il confronto tra quel che si scri- è più la vecchia “contaminazione”, c’è uno scar- ve in italiano e quanto si produce in altre lette- to, si va oltre, gli autori non si pongono neppu- rature, ad esempio quelle “post-coloniali”. re più il problema. E non è nemmeno più il Insomma, non si percepisce in che misura molti distaccato, gelidamente ironico pastiche scrittori italiani stiano producendo opere nuove postmodernista, parliamo di narrazioni e sorprendenti. Se ne accorgono, invece, nel “calde”, fondate su un’autentica fiducia nella resto d’Europa e di là dall’Atlantico: Gomorra parola e sulla rivendicazione di un’etica del nar- di Saviano era tra i cento libri più importanti rare dopo anni di cinismo e gioco forzoso. “New del 2007 secondo il New York Times; nel Italian Epic”. Se la definizione ha un merito, è Belpaese la notizia è stata accolta come una quello di mettere insieme libri in apparenza “curiosità”, pettegolezzo editoriale, e invece diversi, ma che molto hanno in comune a un avrebbe dovuto far pensare, perché Gomorra è livello profondo. Negli ultimi dieci-quindici quel che affiora, è gli occhi del coccodrillo. Sotto anni si è formata una densa nebulosa di narra- il pelo dell’acqua la bestia è grossa, nuota velo- zioni. Gli eventi del 1989-93, dalla caduta del ce e morderà a sorpresa. Dall’estero fioccano Muro a Tangentopoli, avevano liberato energie inviti agli scrittori italiani perché vadano a e ispirato a fare un uso politico dei “generi”, a spiegare il loro lavoro. Tra quanti hanno drizza- partire dal giallo e dal noir. Nel 2001, Genova to le antenne c’è persino il Massachusetts prima e l’11 Settembre poi hanno fatto capire Institute of Technology di Boston. Henry che ancora non bastava. Gli scrittori sono Jenkins, direttore del dipartimento di studi sui entrati nella nebulosa con le loro navicelle, media, ha invitato i sottoscritti a fare rapporto giungendovi da ogni direzione, e dal centro già su quel che succede. Insomma, serviva lo sguar- ripartono, volano in ordine sparso, le traiettorie do esterno per individuare il filone che in divergono, s’incrociano, divergono. Questi auto- Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 24

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ri non formano una generazione in senso ana- grafico, hanno età diverse, ma sono una genera- zione letteraria, condividono segmenti di poeti- che, brandelli di mappe mentali e un desiderio feroce che ogni volta li riporta agli archivi, o per strada, o dove archivi e strada coincidono, come nelle genesi di Gomorra e Romanzo criminale. C’è chi, come Camilleri, Lucarelli e Carlotto, ha lavorato sul poliziesco in modo tutto sommato “tradizionale”, per poi sorprendere con roman- zi storici “mutanti” (La presa di Macallè, L’ottava vibrazione e Cristiani di Allah). Altri, come Genna e De Cataldo, hanno masticato il crime novel con in testa l’epica antica e cavalle- resca, per poi affrontare narrazioni maestose e indefinibili (Dies irae, Hitler) o estinguere la spy-story in un esperimento di prosa poetica (Nelle mani giuste). Nel mentre, Evangelisti ibridava in modo selvaggio i generi “canonici” della paraletteratura, al contempo producendo un ciclo epico (la serie del Metallo urlante) che è miscela di soprannaturale, romanzo storico e studio sulle origini del capitalismo. Ancora: partendo dai poli opposti del giornalismo d’in- chiesta e del “teatro di poesia”, Saviano e Babsi Jones hanno prodotto due “oggetti narrativi non-identificati”, Gomorra e Sappiano le mie parole di sangue. E infatti si trascina da due anni il dibattito di lana caprina sullo statuto di Gomorra: romanzo o reportage? Narrativa o giornalismo? Ovviamente, solo per falsa mode- stia non abbiamo ancora parlato di noi stessi, che pure, fin dall’esordio con Q, siamo “New Italian Epic” dai metatarsi al telencefalo. Vengono in mente altre opere, scritte da Scurati, Guarnieri, Zaccuri, De Michele, Flavio Santi e tanti ancora, alcuni appena esordienti e laggiù, in fondo, premono i posteri. Fermiamoci qui. In quasi tutti i libri presi in esame esiste, i panni sporchi di questo Paese e non solo. esplicita o implicita, una premessa “ucronica”, Ecco, questo “non solo” ci fa passare dal un interrogativo su “cosa sarebbe successo se”. tempo allo spazio, dalla storia alla geografia: Se per anni i media non si fossero occupati solo gli autori del NIE sono italiani, eppure non di mafia sicula ignorando la crescita della ancorano le loro storie al fondale nostrano, si camorra; se Leopardi non fosse morto a Napoli sentono liberi, liberi di navigare e narrare il nel 1837; se la Banda della Magliana avesse libe- mondo. Il mondo li vede passare, come rato Moro. “Ipotesi controfattuali”, le chiama- Nettuno ammirò l’ombra d’Argo, e ne resta no gli storici. Imboccarle come rampe di lancio intrigato. Nella letteratura italiana sta acca- consente di essere spregiudicati, prendere di dendo qualcosa, l’Italia non deve far altro che petto la memoria collettiva, lavare in pubblico accorgersene.

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Scardinare il postmoderno: etica e metastoria nel New Italian Epic

Claudia Boscolo, www.carmillaonline.com, 29 aprile 2008

importante saggio di Wu Ming New DeLillo (Libra, Underworld), Thomas Pynchon Italian Epic traccia un confine fra gli (Mason & Dixon), John Maxwell Cotzee (Foe), L’ autori appartenenti all’area postmo- Madison Smartt Bell (All Soul’s Rising). Il derna da un lato, e gli UNO (Unidentified saggio fornisce un’interpretazione che si diffe- Narrative Objects) dall’altro. Le tirature di renzia dalla definizione fornita da Linda UNO come Gomorra di e del Hutcheon di “historiographic metafiction”2, romanzo Manituana dei Wu Ming forniscono che accentuava l’elemento della metanarrati- un dato molto chiaro riguardo il gusto del pub- va, e inquadrava il genere come una delle deri- blico, e la presa che il senso epico di queste ve del postmoderno. La Elias distacca netta- ampie narrazioni esercita sul lettore contem- mente la narrativa metastorica dal poraneo. Come sottolinea giustamente WM1, postmoderno, e la pone piuttosto in un conte- la cesura storica si identifica in due eventi sto culturale nel quale le valenze etiche si drammatici che hanno aperto il secolo, i fatti fanno fortemente presenti. Dei punti elencati di Genova da una prospettiva italiana, e il 9/11 da WM1, sono veramente connotanti nel NIE in un contesto internazionale. Ma la riflessione la diversa tonalità emotiva rispetto al postmo- stilistica dei Wu Ming sui contenuti e sui modi derno, “una presa di posizione e un’assunzione della narrazione si è articolata negli ultimi di responsabilità che le traghetta oltre la play- anni attraverso percorsi paralleli, apparente- fulness obbligatoria del passato recente” e la mente scollegati, che alla fine hanno trovato dichiarazione di “rinnovata fiducia nella paro- una cifra comune nella denominazione di New la”3, che implica necessariamente la fusione di Italian Epic. Nessun altro termine potrebbe etica e stile4. prestarsi meglio a raccogliere oggetti narrativi La dinamica creativa che ha generato di varia natura, ma uniti almeno da un elemen- Manituana, gli elementi stilistici e linguistici to comune: il senso epico che emanano. Con che lo caratterizzano, e la vis epica che veicola Manituana si è verificata una svolta nel riuti- suggeriscono un raffronto argomentato con la lizzo dell’epica nella letteratura italiana con- tradizione epica italiana, che, come spero, aiu- temporanea. Uno dei massimi generi nostrani terà a chiarire la scelta di WM1 del termine di ha finalmente ritrovato una collocazione speci- NIE contro quello più in uso di narrativa fica. Nell’affrontare un’analisi del romanzo, è metastorica. possibile ora di fatto inserirsi nel quadro di una Innanzitutto, l’etichetta di “narrativa” sta discussione sulla narrativa metastorica, affron- forse stretta ad un’opera come questa. È vero tata ottimamente da Amy J. Elias in Sublime che racconta una storia, che intrattiene, che ha Desire1 con riferimento alla narrativa contem- una coerenza narrativa interna, e molto altro; poranea americana. Elias prende in esame Don ciò nonostante, come si è parlato spesso e Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 26

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impropriamente di romanzo storico per Q, intervenire sulle narrazioni dal basso. Narratori inglobare Manituana nel corpus della narrati- popolari di mestiere diedero vita ad un corpus va metastorica (e quindi difendere implicita- vivace, passato poi nelle mani di autori più mente le valenze etiche che contiene) significa esperti. Il minimo comune denominatore di tuttavia evitare di operare una distinzione fra queste narrazioni è il conflitto, rappresentato il contesto sociale italiano nel quale il romanzo variamente a seconda degli autori, dei contesti è venuto alla luce, e quello più globale nel di produzione, del secolo, ma che riporta sempre quale si inserisce appunto la metahistorical fic- allo stesso sistema politico accentratore che fu tion. Il NIE veicola una necessità contingente, la Signoria. La domanda che si poneva Dante mentre la narrativa metastorica dà forma a non poteva tenere conto del fatto che la nostra una presa di posizione ideologica dettata da un letteratura nazionale vide la luce in periodo desiderio (come spiega bene Elias). Il nocciolo comunale, cioè in un’epoca di reazione imme- della questione è che il metastorico non ha il diata e spesso violenta a qualsiasi imposizione carattere di urgenza che ha il NIE. di autorità, e per quanto a Verona potesse avere Quando si parla di epica italiana, tradizio- avuto un assaggio di transizione verso l’accen- nalmente ci si riferisce a qualcosa di molto spe- tramento del potere, Dante non soffrì mai di cifico, cioè a un genere che trasmette istanze privazione della libertà di espressione, come fortemente politiche, etiche e di rappresentan- dimostrano certi passaggi molto disinvolti della za delle categorie normalmente sottorappre- sua opera poetica. È quando la libertà di espres- sentate (i saraceni, le donne, i mercanti). sione viene limitata dal “patronage”, cioè quan- L’epica italiana ha una storia lunga, sfaccetta- do si impongono, mutatis mutandis, modalità ta, che attraversa varie epoche, ma ciò che comunicative simili a quelle che si stanno verifi- mantiene immutato attraverso i secoli è la sua cando oggi, che l’epica diventa un genere lette- versatilità, anche nelle sue manifestazioni più rario gravido di potenzialità espressive. L’epica alte. Questa storia ha inizio da una affermazio- italiana ha accolto nei secoli diverse esigenze ne di Dante, arma vero nullum latium adhuc estetiche e contenutistiche, spesso si è fatta con- invenio poetasse (“non ho ancora trovato nessu- tenitore di questioni di etica sociale, di respon- no che abbia scritto epica in italiano”). Da lì, sabilità, di scelte. In altre parole, è stata in pas- ci provarono un po’ tutti. Tuttavia, la grande sato, e continua evidentemente ad essere, il stagione dell’epica italiana inizia in un conte- genere politico per antonomasia. Questa varian- sto molto preciso, con l’elaborazione di perso- te italiana della narrativa metastorica con cui ci naggi italiani che finalmente rappresentavano confrontiamo oggi, quindi, riporta in auge una le caratteristiche e il gusto nazionali. Dice responsabilizzazione dello scrittore nei confron- WM1 parlando del NIE: “L’eroe epico, quando ti del suo lettore, e soprattutto offre l’opportu- c’è, non è al centro di tutto ma influisce sul- nità di adottare microstorie esemplari, che in un l’azione in modo sghembo. Quando non c’è, la contesto macrostorico danno voce a temi con sua funzione viene svolta dalla moltitudine, da forte connotazione politica e sociale. cose e luoghi, dal tempo stesso”5. Si potrebbe- WM1 dimostra con i fatti quella rinnovata ro trovare molti esempi di questo nell’epica ita- fiducia nella parola di cui si fa teorizzatore. Per liana, ma basti qui osservare che la funzione esempio, ci indica le allitterazioni in De dell’eroe epico è principalmente quella di Cataldo, ci offre una lettura dell’ossimoro incarnare una causa. Quando Orlando abban- “materico” nell’anacoluto fortemente epico: dona il campo di Carlo Magno, o si distrae, o “polvere di sangue e sudore chiude la gola” in impazzisce, insomma non c’è, il suo spirito Q, romanzo che si presta ad un raffronto este- resta, la moltitudine, o chi c’è, porta avanti so e puntuale con le caratteristiche tipiche del- quello che lui rappresenta. In ultima analisi, è l’epica romanza, come il verso prosastico visto un’icona, un mito, un veicolo per un’ideologia dall’altra parte, cioè della prosa epica. In precisa. Questo è lo spirito epico. Manituana, la frase breve e compiuta, e la sele- Ma un ruolo importante nella genesi dell’epi- zione accurata delle parole sulla base del suono ca italiana lo svolse anche la ricerca di un intrat- producono l’incedere epico, caratterizzano for- tenimento popolare che offrisse l’occasione di temente la narrazione. Non c’è frase che non

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Faction, reportage, New Italian Epic

possa essere scomposta e ridotta a segmenti cantari, la tradizione dei pupi siciliani), li versiformi di varia lunghezza. C’è un ricreare espone a continue rielaborazioni, adattamen- sonoro dell’ambiente per via onomatopeica, ti, rivisitazioni. Lo stesso cantare in ottava come l’incipit del capitolo XIII: “Echi di mar- rima è una testimonianza dell’incessante atti- tello, rintocchi di chiodi che bucano legno. vità dei cantastorie sulle piazze italiane, atti- Stridore di seghe, sbattere di travi. Sgorbie che vità documentata per la prima volta da un intagliano e pialle che lisciano. Canti di lavoro, notaio trevigiano nel tredicesimo secolo. La grida e imprecazioni”; o allitterativa: “Un scelta del copyleft come metodo di divulgazio- enorme uomo nero che arrotolava una corda ne di Manituana, quindi, restituisce l’epos al sul gomito le mostrò i denti candidi” (p. 114). suo utente privilegiato, il lettore, che se ne Ma sono solo esempi di questa qualità lettera- approprierà esattamente come è sempre avve- ria, perché in realtà tutto il romanzo è un insie- nuto nell’epica italiana, evolutasi continua- me coerente, che riproduce il canto epico. mente proprio in ragione della sua malleabili- Il riferimento all’epos classico è senza dub- tà e adattabilità agli ambienti, mantenendo bio il più immediato, e fornisce l’occasione per sempre fermo un unico proposito, cioè quello discutere il transmedia storytelling. “[…] di veicolare un messaggio. Il senso profonda- Dall’Iliade partiva un grande ciclo epico oggi mente epico che scaturisce dal corpus analiz- perduto: oltre all’Odissea esistevano altri zato da WM1 proietta questi autori all’inter- nòstoi (poemi sui ritorni degli eroi da Troia). no di un discorso più ampio, che affronta di Dèi dell’Olimpo e reduci di Ilio erano protago- petto la necessità di recuperare la dimensione nisti di tanti altri episodi, che con ogni proba- filologica del testo e restituire dignità al ruolo bilità incrociavano e perturbavano altre sto- dello scrittore, togliendola, una volta per rie”6. Lo stesso si può dire dell’epica italiana, tutte, a quello del narratore. Come rilevava figlia della tradizione dei cantari in ottava già due anni fa un giovane autore, Angelo rima, nei quali gli eroi dei numerosi cicli del- Petrella, “non si tratta di cristallizzare tale l’epica romanza sviluppano un epos individua- epos, bensì al contrario di condividerlo, ren- le, frutto di una mitopoiesi a forte connotazio- derlo accessibile, ‘pubblicizzarlo’, trasfor- ne territoriale. La nostra tradizione volgare, mandolo in un’arma culturale efficace, poten- tuttavia, ha in più rispetto all’epica classica zialmente egemonica e quindi vincente, oltre che da sempre cova in seno connotati politici, la semplice testimonianza […] È con questa di cui anche il NIE si fa portavoce. La questio- nuova forma narrativa che il romanzo riesce a ne della riappropriazione transmediale offre un riacquistare il vigore delle grandi narrazioni. altro spunto per un raffronto con l’epica ita- È con l’epica della ‘moltitudine’ che proba- liana. L’appropriazione e il riutilizzo di temi bilmente la letteratura dovrà fare i conti per epici da parte di altre forme d’arte non neces- uscire definitivamente fuori dall’impasse sariamente alta (affreschi di fattura popolare, della postmodernità”.7

1 A. J. Elias, Sublime Desire: History and Post-1960s Fiction, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 2001. 2 L. Hutcheon, ‘The Pastime of Past Time’: Fiction, History, Historiographic Metafiction, Genre, 20 (Fall-Winter 1987); “Historiographic Metafiction”, in Metafiction, a cura di M. Currie, New York, Longman, 1995, 71-90. 3 Wu Ming 1, New Italian Epic, cit. 4 Ibidem. 5 Ibidem. 6 Ibidem. 7 A. Petrella, Dal postmoderno al romanzo epico. (Linee per la letteratura italiana dell’ultimo Novecento), “Allegoria” 52-52 (2006).

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Noi scrittori della nuova epica

Carlo Lucarelli, la Repubblica, 3 maggio 2008

n giorno ho visto una fotografia temi ed emozioni estreme) ma è anche stilistica d’epoca coloniale che raffigurava (parole nuove, nuove costruzioni, nuove costru- U insieme soldati italiani e abissini e mi zioni in quelli che i Wu Ming chiamano i roman- sono accorto che dovevo tenere a freno il mio zi mutanti). Una narrativa di ampio respiro per immaginario perché non li trasfigurasse e rein- raccontare e interpretare il mondo, con un lin- terpretasse istintivamente in Apache di Toro guaggio nuovo e concreto, come a suo tempo Seduto e giacche blu del 7° Cavalleria. fecero gli scrittori del Grande Romanzo Poi mi sono accorto che ne sapevo molto di Americano per raccontare le contraddizioni e le più della battaglia di Little Big Horn che di trasformazioni del loro paese. quella di Adua e che avrei saputo declinare Anche attraverso la storia, che per noi italia- tutte le trasformazioni del generale Custer – ni non essendo mai passata è sempre attuale e dall’eroe con i capelli biondi di quando ero pic- presente (mi autocito anche io con falsa mode- colo all’assassino di bambini di Piccolo Grande stia con la mia Ottava Vibrazione), anche attra- Uomo – ma che Vittorio Bottego – con una bio- verso la narrazione della quotidianità nascosta grafia degna di un Kurtz conradiano – restava della Camorra di Saviano, o degli italian tabloid solo una statua che dominava il piazzale in cui di De Cataldo, o l’epica mutante di Wu Ming, sono nato, a Parma. solo per citare qualcuno. La cosa bella è che, E allora mi sono chiesto perché rinunciare a come dice Wu Ming, tutto questo sta già acca- tutto questo, ad un patrimonio di narrazione dendo da un pezzo, con tanti autori e con tanti proiettato nel passato, nel futuro e anche in un libri che tutto questo già lo fanno in una ricer- presente da perforare con un carotaggio narrati- ca che non si ferma a contemplarsi l’ombelico vo da pozzo petrolifero. Per questo raccolgo con dei risultati raggiunti ma si mette in gioco ogni entusiasmo ed enorme interesse le riflessioni dei volta in un modo più alto e più impegnativo. Wu Ming sulla Nuova Epica Italiana, ricono- Per questo, anche se le definizioni critiche non scendomi praticamente in molte delle loro con- sono così importanti, quella di New Italian siderazioni. Praticamente, dico, nel senso di una Epic non è un’etichetta inventata a tavolino. È prassi letteraria, di una ricerca fatta di libri e di una sfida che personalmente ho raccolto con romanzi che da parte mia e da quella di altri col- passione. leghi cerca di raccogliere il fascino della frontie- Una corsa nella prateria di un nuovo far ra, della sfida con un nuovo far west. Una nuova west che si apre con possibilità entusiasmanti frontiera che non è soltanto fisica (nuove ed infinite. Chiamatela Nuova Epica Italiana, ambientazioni, nuovi mondi da creare ed esplo- narrativa di ampio respiro, grande romanzo rare), e non è soltanto narrativa (nuove trame, italiano, chiamatela come volete, i nomi – nuove avventure, diverse tecniche di montaggio, ripeto – non sono importanti. L’importante è Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 30

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proprio la sfida, il desiderio, per chi se la sente che spesso nascono sul nulla dalla fantasia e ne ha voglia, di mettersi a correre verso una delle redazioni culturali dei giornali o degli nuova frontiera. Concludo con una considera- uffici stampa delle case editrici. Le etichette si zione di cui magari non c’è affatto bisogno ma conquistano sul campo, arrivano dopo a spie- che io faccio lo stesso. In ogni caso chiunque è gare quello che già esiste e diventano parte libero di scrivere quello che gli pare. Sembra integrante del suo movimento. E chiunque, una cosa ovvia, ma dal punto di vista lettera- dal più intimo minimalista al giallista più rio noi siamo il paese dei manifesti, del roman- classico, se scrive con sincerità, è altrettanto zo è morto, delle etichette programmatiche utile e importante.

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Due o tre cose sul New Italian Epic (in forma di lettera aperta)

Dimitri Chimenti*, www.carmillaonline.com, 3 maggio 2008

aro Wu Ming 1, probabilmente avresti nell’illeggibilità ed essere cancellato. Dinanzi ad potuto sviluppare le tue riflessioni in un una Storia ridotta a teatrino ridicolo molti narra- C lungo saggio teorico, ma preferisci par- tori hanno reagito, forse per salvare la funzione larne in modo concreto, più vicino alla tua espe- estetica e poetica della letteratura, ripiegando sul rienza di narratore. Ed è forse questo che ti per- linguaggio e contraendo la rappresentazione in mette di riscoprire una delle funzioni più universi narrativi dai quali l’orizzonte degli even- importanti della critica letteraria, quella che ti storici pareva definitivamente sottratto. Tu la parte dall’idea che tra opera e pubblico sussista chiami deresponsabilizzazione autoriale, io un décalage, ossia che si possa interporre un po’ meontologia, od ontologia del nulla. Letteratura di scrittura tra letteratura e lettore ogni qual- dell’artificialità in ogni caso, che rigetta ogni volta essi non si trovano l’una di faccia all’altro. traccia di realismo ricorrendo ad immagini lette- È ormai piuttosto chiaro come il termine rarie stratificate dietro alle quali non si nascon- “postmoderno” sia divenuto una sorta di valigia de più un universo sociale o un qualsiasi mondo concettuale dentro cui stipare, forzatamente, un in cui credere, ma solo altre immagini o altra let- po’ di tutto. Tu parti da questa evidenza, non teratura che la nostra percezione è chiamata a hai neppure bisogno di spiegarla. Se rivolgi riconoscere. Un paradigma letterario ben rias- un’accusa al postmodernismo è di aver conside- sunto dal paradosso di Umberto Eco: “Come rato una specifica forma di capitalismo non un direbbe Liala, ti amo disperatamente”. Arte che prodotto storico, passibile di critica e supera- si mette a rivaleggiare con la natura, avrebbe mento, ma superamento stesso della storia, detto Deleuze, ma tu sostieni che oggi bisogna sostituto molle di quella vecchia struttura onto- uscire da questa premessa e ripensare in altri logica che era la metafisica. Ma, ed è qui che la termini il conflitto tra finzionale e reale. tua critica acquista forza, se la perdita del “rife- Un’esigenza etica, la tua, che nasce da una rimento cartesiano” non ci ha traghettato in un domanda fondamentale: “Come ritrovare fidu- mondo più libero e felice, non ha neppure com- cia nella parola e nella possibilità di riattivar- promesso la possibilità di stabilire un rapporto la?”. Chi, sulla scia di Fredric Jameson, indica critico con la realtà. A te non basta enunciarlo lo un “ritorno alla modernità” tiene in scarsa con- vuoi dimostrare, vuoi provare che la capacità siderazione che i processi di soggettivazio- della letteratura di produrre significati social- ne/desoggettivazione della nostra epoca ed i mente condivisi non è stata completamente dispositivi che li mettono in atto non possono erosa. semplicemente essere fermati e fatti girare al Certo, anche a te deve essere parso un rischio contrario. Questo tu ed i tuoi colleghi lo avevate reale che tutto il lavoro di scrittura operato dalla capito già ai tempi del Luther Blissett Project. modernità potesse improvvisamente precipitare Nessuna rivoluzione può realisticamente fondar- Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 32

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si su mezzi di produzione, siano essi materiali o Cataldo e Valerio Evangelisti. Eppure già autori politici, diversi da quelli disponibili; può forse come James Ellroy, William Gibson, Bruce temerli, guardare ad essi con sospetto, sconvol- Sterling o Jean-Patrick Manchette dimostrava- gere il loro significato originario, ma non può no che la letteratura di genere è stata la prima esimersi dall’usarli. C’è da chiedersi se non sia ad aver preso possesso degli automatismi della proprio questo l’insegnamento fondamentale postmodernità piegandoli al servizio di una che Wu Ming ha ricevuto dallo zapatismo. Parli potente volontà d’arte. Volontà d’arte che, per spesso di accento e del suo spostamento. Forse quanto possa apparire oscura e articolata da questi termini ti vengono da una profonda cono- movimenti involontari, non è affatto concepibi- scenza della musica jazz, ma potrebbe anche le come pura tecnica al servizio del potere, ma trattarsi di qualcos’altro. Era Lyotard a soste- anzi instaura un sistema conoscitivo, un “allego- nere che una comunità che si fonda sulla narra- ritmo” dici tu, che permette di collegare, attra- zione non ha bisogno di ricordare il proprio pas- verso ponti concettuali, il fascismo all’Italia sato perché la sostanza del rapporto sociale repubblicana e democratica, il nazismo ad risiede meno nel significato dei racconti che nei Hollywood, la propaganda alla pubblicità, il modi di raccontarli. Ma se per Lyotard è il bat- trionfalismo alla pornografia, tramite l’effettiva tito a prevalere sempre sulla differenza d’accen- constatazione della comunanza di mezzi, tecni- to tu ne rovesci l’assunto, individuando tempi che ed intenzioni. Nel momento in cui l’insieme dispari che sembrano pari, osservando come il delle informazioni in nostro possesso sui signifi- processo di sovraccaricamento di uno sguardo in canti culturali dell’epoca presente e passata Saviano o di una parola in Genna arrivi “… a sembrano limitarsi ad una sommatoria di ele- smuoverla dal proprio alveo semantico e inve- menti e di eventi disgregati, nell’attimo in cui le stirla di nuove connotazioni”. Ed è questo un figure dell’immaginario non appaiono riconduci- primo modo di ritrovare fiducia nella parola. bili ad un corpo comune, ridare un corpo seman- È lo spostamento d’accento ad impedire, alle tico all’immaginario è compito del narratore. opere di cui parli, ogni automatismo simbolico e Un processo che non può avvenire partendo a ricordarci che la letteratura non è solo uno da una Storia ipercodificata, ma attraverso l’ete- strumento della rappresentazione, ma anche un rogeneità delle deposizioni, delle registrazioni, modo di rientrare nel mondo, di assumerci la attraverso l’evocazione di corpi parlati, di responsabilità di dare un significato a ciò che punti di vista inassegnabili. Un esorcismo, per viene rappresentato. Responsabilità dello scrit- espellere il demonio dalle parole. Si tratta di tore, ma anche di chi legge. Letteratura aber- rivendicare l’extraterritorialità della letteratu- rante che non è più romanzo, ma non è ancora ra, così come uno Stato si contrappone ad un qualcos’altro. Li definisci “oggetti narrativi” e altro Stato, istituendo un processo contro le citi spesso Gomorra. Molti critici hanno creduto parole e l’immaginario, contro un “tempo di vedere in questo libro una contrapposizione devastato e vile” che si è impadronito dell’irra- tra il ripiegamento linguistico postmodernista zionale creando una mitologia da sfruttare ed una forma di letteratura diretta, come se i politicamente e reso una quantità di termini documenti presi sul vivo annullassero di fatto impronunciabili ed il nostro modo di praticarli l’apparato finzionale costruito da Saviano. Lo ossessionale. dici chiaramente, si tratta di un’opposizione Parole-marionetta, da adoperare con atten- truccata perché il contrario di una “messa in zione. Come tornare ad usare parole quali scena” non è un reportage, ma un’altra messa in “fascismo”, “rivoluzione”, “irrazionale”, “co- scena. Gomorra è un’azione narrativa che ci fa munismo”? Come togliere loro le virgolette? In conoscere un mondo che non abbiamo mai cono- qualsiasi modo o, come dici tu, “Nonostante sciuto e che rischiamo, presi nella sua evidenza, Liala, ti amo disperatamente”. di non conoscere mai. Minimalismo, ripiega- * Ricercatore all’Università di Siena, scuola di dottorato multidi- mento linguistico, autoreferenzialità, nichili- sciplinare “Logos e rappresentazione”. Nel biennio 2004-2005 è smo, insensibilità alle questioni storiche e socia- stato Assistant professor nel dipartimento di italianistica del li sono accuse difficilmente riferibili all’opera di Vassar College di New York. Come film-maker ha realizzato diver- se opere, tra cui un documentario girato in India nel 2003, My autori come Carlo Lucarelli, Giancarlo De own bizarre experience.

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Literary Opera

Valerio Evangelisti, l’Unità, 6 maggio 2008

u Ming 1, prima con una serie di la”, e spesso nemmeno si conoscono reciproca- conferenze tenute al MIT di mente? Una certa avversione alla post-moderni- W Boston e in altre università ameri- tà e alla sua sistematica presa di distanze, cane, poi con un saggio che sta avendo ampia l’amore per narrazioni partecipate e pulsanti, circolazione in rete (“New Italian Epic”), sta l’empatia narratore/lettore tipica del romanzo contribuendo a dare forma e identità a scrit- classico, l’indifferenza alle barriere tra i generi tori che avevano un’oscura percezione di qual- (e tra i generi e la letteratura “alta”), la predile- cosa che li legava, senza peraltro sapere cosa zione per “grandi storie” – epiche, appunto – fosse esattamente. capaci di proiettarsi fuori del contesto e, nei toni Scrittori di generazioni diverse, apparsi a del dramma, della tragedia, della metafora, partire dalla metà degli anni Novanta, spesso riflettere su temi salienti della contemporaneità, gratificati da un successo di pubblico (e, talora, dei suoi antecedenti, dei suoi sviluppi. di critica) apparentemente inspiegabile, nel- L’esempio di ciò è proprio nel testo meno l’epoca in cui si teorizzava la fine del romanzo e facilmente identificabile, Gomorra, che pare in cui il post-moderno, nel riesumarne il cadave- assimilato al New Epic solo per conferirgli re, lo faceva per coprirlo d’ironia – dunque, in nobiltà, sull’onda di un successo di massa. In sostanza, per affrettarne il seppellimento. realtà Gomorra, che tutto è salvo che un piatto Qualche nome e qualche titolo fatti da Wu Ming reportage di strada, fa un discorso che sarebbe 1? Giancarlo De Cataldo con Romanzo crimina- piaciuto molto a Jean-Patrick Manchette: la le e Nelle mani giuste, Giuseppe Genna con criminalità non è un elemento sussidiario del Grande Madre Rossa, Dies Irae e Hitler, Antonio capitalismo, una sua perversione. Al contrario, Scurati con Una storia romantica, chi scrive con ne rappresenta il cuore, un pilastro strutturale. il suo “ciclo del metallo”, gli stessi Wu Osando paradossi, senza criminalità l’intero Ming/Luther Blissett con Q, 54, Manituana, sistema crollerebbe, la finanza affonderebbe per Roberto Saviano con Gomorra (oggetto narrati- il cedimento di una delle sue colonne (da cui si vo di collocazione incerta, nelle sue forme di vede quanto sia fuori strada Nanni Balestrini reportage iperrealista, da troppi ascritto per che, in una sua intervista recente su La abbaglio al filone giornalistico), Carlo Lucarelli Stampa, vede in molti romanzi recenti un’at- con L’ottava vibrazione, Girolamo De Michele tenzione monomaniacale e gratuita per il delit- con Scirocco, ecc. E poi Zaccuri, Philopat, Babsi to). Tesi da discutere, certo, però l’oggetto sco- Jones, , il Camilleri de La presa nosciuto – reportage o romanzo? – nella sua di Macallè, il Carlotto di Cristiani di Allah,e coralità si riallaccia all’epica, priva in questo decine d’altri. Gli elementi unificatori, tra caso di eroi e tuttavia capace di inglobare un costoro che certo non costituiscono una “scuo- mondo intero. Manchette, nel commentare Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 34

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l’opera del suo maestro Hammett, aveva già televendite; il tutto al servizio di storie horror o raccomandato narrazioni del genere. In casi anche solo drammatiche. È un passo molto meglio decifrabili, Hitler, Manituana e altri, la importante per la nostra narrativa, solo che la portata epica dell’assunto è evidente. Ci si compagine non regge. Divenuta persino ogget- aggrappa alla storia, la si prolunga, la si esten- to di satire televisive, scoppierà tra le mani di de a problematiche attuali. Il procedimento è chi l’ha creata e sovrarappresentata. Se ne libe- totalmente diverso da quello di Gomorra o di reranno individualità distinte, che il gruppetto Sappiano le mie parole di sangue di Babsi Jones. dei critici aveva cercato a forza di tenere assie- Tuttavia l’esito è lo stesso, quello che in passa- me: Niccolò Ammaniti, Tiziano Scarpa, to definii “massimalista”. Parlare per sistemi, Isabella Santacroce, Aldo Nove ecc. Ognuno quadri storico-geografici, visioni di società proiettato verso destini individuali, spesso glo- intere, empiti cosmici. Si può ricorrere alle riosi. Altri consegnati all’oblio o alla marginali- forme della narrativa avventurosa, purché l’esi- tà. Erano comunque loro, illustri o meno, i veri to sia raggiunto: fare riflettere, in via realistica post-moderni, allievi di Arbasino e di Tondelli. o metaforica, sulla percezione collettiva di una Coeva a questa esperienza, quello che Wu Ming quotidianità alienata. È ciò che gli autori del 1 chiama New Italian Epic non ha, quando New Italian Epic cercano di fare, sebbene spes- nasce, ancora un nome. Sforna romanzi a lunga so inconsapevoli dei reciproci vincoli. In fondo, gittata, bada alla solidità, scommette sul lungo le loro opere narrative suppliscono al venire periodo. Mattone su mattone, si conquista let- meno, in Italia, della saggistica economico- tori fedeli: non solo in Italia, ma un po’ in tutto politica radicale degli anni Settanta. Ciò che i il mondo. Usa sistematicamente un mezzo di teorici delle scienze sociali, ormai appiattiti per cui i “pulp”, malgrado la loro apparente paura sul giornalismo d’occasione, non fanno modernità, sono poco pratici: Internet. Non a più, lo farà il racconto (non è un caso se una fini meramente pubblicitari, ma per amplifica- recensione su “Pulp”, quando uscì Q di Luther re la valenza dei loro temi, e farne discutere. E Blissett, lo paragonò per importanza a un clas- per prolungare la narrativa in ambiti mediatici sico dei Settanta, Proletariato di fabbrica e capi- che normalmente un letterato schifava. Gli talismo industriale di Stefano Merli). E sarà apologeti del “libro-che-nessuno-conosce-e-per- popolare, per raggiungere chiunque come un tanto-è-bello”, i fondatori di mode letterarie dei pamphlet. Noir, horror, fantascienza, romanzo supplementi ai grandi quotidiani, sono serviti. d’avventura, thriller. Ma più spesso tutto que- Un giornale tra i maggiori può vendere 700.000 sto assieme, e altro ancora. La base comune è la copie, un sito web può eguagliarlo e, in sinergia forza delle storie, il loro dilatarsi su dimensioni con altri, essere molto più letto. epocali. Quando questo tipo di letteratura Chiaramente non è questo ciò che conta. prende corpo, a metà degli anni Novanta, sta Conta molto di più intercettare un pubblico per esplodere il fenomeno del genere “pulp”, insoddisfatto dal racconto intimista, dai pic- poi denominato, grazie a una fortunata antolo- coli problemi di piccola gente, dai bozzetti gia, dei “cannibali”. È creazione di un piccolo senza significato, da storie di tradimenti in gruppo di critici letterari che vede, in alcuni provincia o tra artisti romantici e melensi. giovani narratori, un prolungamento delle L’equivalente letterario delle peggiori can- esperienze del Gruppo ’63. Sono scrittori carat- zonette di Sanremo. Con il New Italian Epic è terizzati dalla fusione di materiali “nobili” con l’opera lirica che, silenziosamente, fa ritorno, materiali “vili”, e compongono storie in cui, e travolge canzoni, operette e musica da came- assieme alla “mescolanza di generi”, pulsano le ra. Senza pretendere di annullare altri stili, né istanze del quotidiano: onnipresenza della tele- desiderosa di competere con loro, però conscia visione e dei suoi più squallidi programmi, della propria identità e finalmente decisa a manga, pubblicità, prodotti da supermercato, non lasciarsi prendere sottogamba.

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Nuova epica italiana? Sì, per… farla finita con la commedia postmoderna

Alessandro Bertante, Liberazione, 8 maggio 2008

a circa una ventina di giorni è scarica- suoi limiti e la sua inadeguatezza alla rappre- bile sul sito dei Wu Ming un breve sag- sentazione. Qui parte la riflessione di una D gio di Wu Ming 1 (Roberto Bui) inti- nuova generazione di autori. tolato “New Italian Epic”. Titolo evocativo Esauritasi nella propria inconsistenza la per una riflessione culturale che parte da lonta- proposta consolatoria della narrativa di gene- no, dal settembre 2001 di fronte agli aerei re, mostrati i limiti di una produzione lettera- schiantatisi sulle Twin Towers, sebbene sia ria piaciona e superficiale che faceva del consu- stata formulata in occasione di una recente mo e della spettacolarizzazione della gioventù conferenza dello stesso Bui al Mit di Boston. Il la principale chiave interpretativa dei cambia- testo fa il punto su quella che è stata indivi- menti sociali, alla fine degli anni Novanta duata da Bui, ma anche da Carlo Lucarelli su secondo Bui si forma una nuova sensibilità cul- Repubblica, come la nuova tendenza della nar- turale. Nasce una nuova epica, intesa come rativa italiana degli ultimi cinque anni. Che sta narrazione di fatti storici e mitici che non succedendo quindi? Esiste davvero un movi- escludono la guerra e la sua brutalità, le forti mento coeso e inedito, nonché chiaramente contrapposizioni ideali, la lotta per la soprav- identificabile, che possa dare il segno di una vivenza, i viaggi iniziatici o anche la pura discontinuità tematica e stilistica con il recen- avventura. E se Bui è consapevole di quanto te passato? Secondo me esiste, ma la questione sia vasto il campo di azione e le differenze non è semplice, né riconducibile a una sola tematiche dei diversi protagonisti di questa scuola o a un preciso comune sentire. nuova scena, non esita a disegnare un profilo Nel suo scritto, già scaricato da oltre undici- comune. Ma a mio avviso l’emergenza di que- mila persone, Bui compie un percorso teorico di sto nuovo forte sentire nasce principalmente grande interesse, proponendo una chiave inter- da una reazione. Le grandi storie degli scritto- pretativa globale nei confronti di “opere lette- ri italiani, ai quali aggiungerei anche l’apoca- rarie” – e non di autori – che coinvolge, solo per littico Altieri della Trilogia di Magdeburg, citarne alcuni, scrittori come gli stessi Wu muovono dall’avvenuta consapevolezza della Ming, Evangelisti, Saviano, Genna, Scurati, mediocrità dei tempi, abilmente occultata nel Lucarelli, Guarnieri, De Cataldo, Balocchi, decennio dell’euforia liberale prima menziona- Muratori ma anche Camilleri e Carlotto. Il to. Ora però non ci si può più nascondere. La punto di partenza sono gli anni Novanta, «il crisi è ovunque e diventa oltremodo vivente decennio più avido della storia» secondo Joseph nella urgenza del quotidiano, nel suo sconfina- Stiglitz, e il «più illuso, megalomane e baroc- mento in tutti i cambi della comunicazione e co», nell’analisi certo condivisibile di Bui. Qui della creazione artistica. L’uomo comune, con si crea la frattura, qui il postmoderno mostra i le sue piccolezze e la sua prevedibilità è il vero Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 36

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protagonista della caduta del modello occiden- funzione originale di allegoria, e che sappia in tale. Il suo trionfo mediatico, realista solo nella questo modo anche recuperare un impegno miseria, e la sua debolezza spirituale vengono sociale e politico, finora annichilito nella com- innalzati come modello di cittadino inconsape- media postmoderna che tutto coinvolge e che vole e manipolabile. La nuova generazione di confonde in un frullatore esistenziale ogni possi- scrittori individuata da Bui, chiaramente legata bilità di critica. anche da un vincolo biografico molto forte, La storia non è finita, come qualche bella testimonia attraverso le opere l’esigenza di un anima liberale vorrebbe farci credere. Inevita- respiro più profondo: una narrazione che affron- bilmente continua. ti apertamente la potenza del mito, nella sua Sta a noi riuscire a interpretarla.

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Vite fortunate, vite degli altri e vite che non fanno rumore

Dario Olivero, la Repubblica, 8 maggio 2008

Scrittori italiani alle prese con viaggi in Oriente, cuori di tenebre e la generazione del riflusso dopo l’anno magico del ’68.Tra le novità anche il romanzo-inchiesta di Bellu sulla vera identità di Peron

ilo Errani, trent’anni, si ritrova in ricevuto il suo ottimismo con i cromosomi, Cambogia. Ha cambiato vita da por- un’amante che un figlio lo vorrebbe senza sape- Mtiere di notte di un albergo a Venezia re che cosa scatena nell’uomo questa richiesta. a scrittore del testo di un libro che il suo amico Un po’ pamphlet, un po’ autobiografia, un fotografo famoso sta realizzando. Si è portato po’ romanzo a tesi. La tesi è questa: gli dèi dietro il suo scarso entusiasmo per il presente e hanno deciso che la generazione nata dopo la il suo ingolfamento di ricordi: amici saggi, Seconda guerra doveva essere la più fortunata padri adottivi migliori di quelli biologici e da almeno cinque secoli. Un’infanzia divisa tra qualche altra cosa che non si vede ma che la povertà di un paese uscito dal conflitto che spunta ogni tanto tra un silenzio prima di una metteva il “prete” nel letto per scaldarsi e l’en- risposta e un’immagine o qualche nota di jazz tusiasmo di un paese che cominciava a muover- prima di addormentarsi. Non è una fuga, per- si. Un’adolescenza fatta di nuova musica, la ché Milo non riesce a scappare: ogni cosa che prima televisione e un capitalismo nascente vive nel presente è un pretesto, un appiglio a che ancora era in grado di soddisfare esigenze e cui il passato si aggrappa per riempirgli occhi e desideri che oggi sono invece in gran parte fru- orecchie. Ha il cuore da rivedere Milo. E ha la strati. Una giovinezza arrivata proprio nell’an- fortuna, come tutti i personaggi dei libri che no fatidico, il ’68. E poi divorzio, welfare da hanno qualcuno che disegna il destino per loro, paese scandinavo, lavoro. E poi la generazione di incontrare ciò di cui ha bisogno nel posto in più fortunata degli ultimi cinque secoli invec- cui è finito. Una donna, ovviamente, anche se chia, i tempi e le cose cambiano sotto i loro non è tanto ovvio quello che avverrà tra loro. occhi, le bombe esplodono, i muri cadono, E non è ovvia la cosa che si era messa di tra- l’economia prende altre lontane contrade, i verso nel cuore di Milo. “Il segreto è il cibo che figli sono più tristi dei padri. nutre il viaggio, fino alla fine. Svelarlo è ucci- dere il racconto. Non puoi cominciare un rac- DON’T CRY FOR ME conto, se non hai un segreto”. È il nuovo Seguite i due fili della trama. Giovanni Piras romanzo di Gian Luca Favetto, La vita non fa nasce a Mamoiada, vicino a Nuoro nel 1891. rumore (Mondadori, 17,50 euro). Nel 1909, insieme ad altri 18 paesani emigra in Argentina. Mentre gli altri nel corso degli anni RIFLUSSO rientrano, lui resta là e spedisce lettere e soldi Ipnotica la voce narrante di Voglio una vita alla famiglia fino al 1920. Poi scompare. Juan come la mia di Marco Santagata (Guanda, 14 Domingo Peron Sosa nasce a Lobos in euro). Un docente universitario sessantenne Argentina nel 1895, a 16 anni entra alla scuola con una moglie, svariati figli che non hanno militare. Fa carriera e nel 1943 partecipa al Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 38

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golpe contro Castillo, viene arrestato e rilascia- della morte, ribellarsi, miscredere, barare con to a furor di popolo. Nel 1946 vince le elezioni, Dio”. Riflessioni di un giovane prete fresco di poi le rivince e tra alterne vicende, tra cui il seminario, parcheggiato come gradino iniziale di matrimonio con Evita, l’esilio e il ritorno, una luminosa carriera in una pieve di campagna, segna la storia del suo paese per decenni. Questi in mezzo a contadini, al servizio di un sacerdote i fatti. C’è chi sostiene che Giovanni Piras e più anziano. Peron siano la stessa persona. Che a un certo Riflessioni di un’anima immobile, un cuore di punto e in un momento preciso intorno agli tenebre, un lupo della steppa, uno straniero. anni Venti il sardo abbia preso il posto del dit- Altri personaggi. Un chierichetto morto, sembra tatore argentino. Sono stati scritti libri, sono per un incidente, cadendo da un dirupo. stati girati documentari, se ne è parlato in con- Il prete anziano malato ma con la carne non vegni e giornali. C’è chi dice di avere le prove e abbastanza stanca. Il maresciallo in pensione ma chi ribatte che sono solo leggende. con un desiderio di vendetta meschina ancora in Giovanni Maria Bellu ci ha ricavato prima servizio. Il ragazzo ritardato che vorrebbe gioca- una storia, poi un’inchiesta e ora un libro: re nella squadra di calcio, ma l’allenatore più che L’uomo che volle essere Peron (Bompiani, 19 correre su e giù per la linea laterale non gli fa fare. euro). Si parla molto in questi giorni di un Poi, in mezzo a quel nulla, il miracolo, l’ano- nuovo filone della letteratura italiana che è malia: un giocatore di quella squadra di contadi- stato chiamato New Italian Epic, tanto diffici- ni che non ha mai sbagliato un calcio di rigore. È le da definire quanto forse immediato da inter- il suo talento, la sua forza soprannaturale. Sa fare cettare quando si incontra. solo questo. Dove si nasconde a volte Dio, dove Ecco un esempio. cercare la sua presenza, ammirare la sua grazia. Questo il giovane prete non riesce a tollerare, CURATO DI CAMPAGNA questo diventerà la sua ossessione. Fino alle ulti- “Ammazzarsi, si sarebbero dovuti. Dal me quattro terribili parole finali. primo all’ultimo. Prendersi una rivincita su Un incubo luciferino, si intitola La persecuzio- quella vita grama decidendo almeno l’ora ne del rigorista di Luca Ricci (Einaudi, 10 euro).

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Ecco il manifesto della “Nuova epica”

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 13 maggio 2008

mperversa nei blog una discussione sulla «Diversi loro libri – viene precisato en passant «Nuova Epica Italiana» o meglio sulla – sono divenuti bestseller e/o long-seller in I «New Italian Epic», come dicono a Italia e in altri paesi». Nel paragrafo intitolato Montréal, nel Vermont e al Mit di Cambridge, “La tradizione”, si elencano i modelli di riferi- dove la formula è stata coniata e diffusa uni- mento o meglio i precedenti più illustri di que- versalmente grazie alle conferenze tenute dal sta rivoluzionaria temperie letteraria: gruppo di scrittori riuniti sotto lo pseudonimo Manzoni, De Roberto, Nievo, Pirandello, Wu Ming. Il cui saggio è ora leggibile integral- Bacchelli, Pratolini, Tomasi di Lampedusa, mente nel loro sito: «Nelle lettere italiane sta Anna Banti. accadendo qualcosa. Parlo del convergere in Per dimostrare come la «New Epic» sia dav- un’unica – ancorché vasta – nebulosa narrati- vero «very new», i Wu Ming saltano a piè pari le va di parecchi scrittori, molti dei quali sono in generazioni più vicine. Come a dire: l’«Epic» si è viaggio almeno dai primi anni Novanta». malauguratamente interrotta negli anni ’50, ma In un paragrafo ci viene spiegato che «que- mezzo secolo dopo per vostra fortuna sono arri- ste nuove narrazioni sono epiche perché riguar- vati gli attuali salvatori della Patria: cioè Noi. dano imprese storiche o mitiche, eroiche o È chiaro dunque che in un tale disegno non comunque avventurose: guerre, anabasi, viaggi possono considerarsi epici, per esempio, iniziatici, lotte per la sopravvivenza, sempre l’Ingravallo di Gadda, gli antieroi nevrotici di all’interno di conflitti più vasti che decidono le Volponi che si battono per un civile sviluppo sorti di classi, popoli, nazioni o addirittura del- industriale, il Vassalli della Chimera o di Marco l’intera umanità, sugli sfondi di crisi storiche, e Mattio, il Malerba «politico» di Pianeta catastrofi, formazioni sociali al collasso». E azzurro, il delirante Prospero di Tadini. Anche ancora: «Libri che fanno i conti con la turbo- se, a ben vedere, conducono tutti le loro guerre lenta storia d’Italia…». Sembrerebbe un’idea e le loro battaglie per la sopravvivenza, facen- massimalista del romanzo, ma si sa quanto sia do i conti (tutti, a loro modo) con le «turbolen- difficile stabilire a priori quali siano, in lettera- ze della storia d’Italia». tura, i Grandi Temi e i piccoli temi? L’uomo E perché non dovrebbero essere epici il ram- senza qualità è grande o piccolo? E Gregor pante «venditore di collant» di Busi, il folle Samsa? La memoria di Marcel, nella Recherche, Guizzardi di Celati, l’antiepico duca di è un Grande Tema o minimalismo intimista? Mantova di Cordelli? Resta il dubbio che il La «vasta nebulosa» accomunerebbe scrittori manifesto dei Wu Ming sia stato suggerito più non necessariamente coetanei, da Evangelisti a da un intento promozional-goliardico che da Lucarelli, da Camilleri a Carlotto, da De un autentico slancio (auto)critico-letterario. Cataldo a Genna, da Saviano (divenuto in pochi Basterebbe però un piccolo accorgimento les- mesi portabandiera dei più vari generi e sotto- sicale per renderlo perfetto: non «New Italian generi letterari), ai Wu Ming, ça va sans dire. Epic» ma «New Old Italian Epic». Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 40 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 41

Noir, dire l’indicibile nel paese dei misteri

Girolamo De Michele, Liberazione, 15 maggio 2008

Diceva Manchette: nel noir «la lotta di classe non è assente come nel romanzo ad enigma; sempli- cemente gli oppressi sono stati sconfitti e sono costretti a seguire il regno del Male». Il romanzo ita- liano dell’ultima generazione mostra un’esplicita consapevolezza di questa catastrofe. E molti autori sembrano voler “afferrare Proteo”, ovvero acchiappare il reale per poterlo criticare, a costo di fare violenza alla sfuggente natura del genere letterario

ell’Odissea viene narrato l’incontro propri occhi, e che a sua volta viene narrato a tra Proteo, dio capace di divenire Telemaco. Questa catena di racconti parte N «ogni cosa che in terra si muova» e dagli dèi che hanno una visione d’insieme di Menelao che, istruito da Eidotea riesce ad quel tutto che appare proteiforme: la trasmis- afferrarlo e tenerlo finché il vecchio dio, stre- sione di questo sapere è un parlare che trasfor- mato, gli rivela attraverso quale via fare ritor- ma una conoscenza altrimenti impotente. Il no a casa. Ottenute le informazioni necessarie raccontare è un cogliere che mette in moto Menelao chiede, e ottiene, la verità sul destino un’azione: un sapere performativo. degli altri eroi greci ritornati da Troia: In tempi recenti questa necessità del raccon- apprende così della tragica fine di Aiace e tare per agire è presente nell’ultimo lavoro di Agamennone e dell’esilio di Odisseo. Il mito di Aldo Bonomi, Il rancore (Feltrinelli, 2008), che Proteo è stato interpretato come allegoria rimarca la necessità di saper raccontare la socie- della conoscenza: “afferrare Proteo” significa tà per poter «fare società». Anche Zygmunt ricondurre entro forme stabili quel reale che Bauman in Paura liquida (Laterza, 2008) ha continuamente si trasforma, che si tratti di insistito sulla necessità di scongiurare la «cata- saper comprendere i mutamenti sociali che strofe inevitabile» narrandola «nel modo più attraversavano l’Emilia degli anni Sessanta appassionato e rumorosamente possibile». (così Togliatti, la cui pena era imbevuta di Cercare di cogliere il molteplice con un colpo dotte citazioni tanto quanto le sue mani del d’occhio è un gesto che si oppone al postmoder- sangue degli anarchici e dei trotzskisti), di nismo volgare, che si ferma al mero almanacca- ricondurre ad unità giuridica le molte tipolo- re degli eventi, assumendoli come oggetti natu- gie dei contratti di lavoro (il giuslavorista rali senza indagarne né criticarne la genesi Ghezzi) o unificare le diverse anime della sini- (naturalismo ingenuo che ignora l’esistenza di stra. Afferrare Proteo indica l’azione con la una seconda natura). Una variante del postmo- quale la mente afferra, unificandolo, il reale. dernismo volgare è l’idea che tutto sia rappre- Resta però sullo sfondo la dimensione narrati- sentazione, che dietro i fenomeni non vi sia va del mito. alcunché di concreto: quando tutto è seconda La vicenda di Proteo e Menelao è infatti un natura, la realtà ingenua messa alla porta rien- racconto che Menelao fa a Telemaco; all’inter- tra dalla finestra, mentre il critico si compiace no di questo racconto è a sua volta inserito il del suo lessico forbito. Che “tutto sia forma” o racconto della strategia da attuare che Eidotea “rappresentazione”, o che tutto sia natura fa a Menelao; Proteo si piega al vincitore rac- ingenuamente assunta sono due facce della contandogli il futuro, ma anche ciò che stessa medaglia: in qualche caso anythingoes,in Menelao non è in grado di apprendere con i qualche altro non tutto va bene, ma in fondo Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 42

Oblique Studio

potrebbe… Da qualche anno a questa parte “col culo in strada”. L’attenzione al contesto accade che in Italia alcuni scrittori abbiano urbano non implica necessariamente un carat- fatto proprio un atteggiamento critico nei con- tere “realistico” del narrato: il contesto urbano fronti del mondo; e per criticarlo cercano di può essere un luogo della memoria, come la afferrarlo, di far violenza alla sua sfuggente Dublino dell’Ulysses (o, si parva licet,la natura. Spesso questa attitudine a mordere il Bologna del mio Scirocco), così come un luogo reale è stata confinata nella letteratura di gene- immaginario può essere descritto come una re, perché è un fatto che i generi si sono mostra- città “reale” (la Vigata di Camilleri). Nel noir ti più adatti a praticare il conflitto, proprio italiano il contesto urbano è continuamente come la sovversione del realismo ottocentesco attraversato da transiti, linee di fuga, conflitti: ha beneficiato di un lungo scavo sotterraneo nei è uno spazio non omogeneo, ma granulare, più luoghi carsici del gotico. In prima battuta, direi denso in alcuni punti, più fluido in altri. La che ciò che questi autori hanno in comune è il Milano-Quarto Oggiaro di Biondillo e i quar- prendere sul serio il proprio lavoro. Per contro, tieri romani di De Cataldo ne sono un esempio. i narratori dell’ultima generazione tendono a “Scrittori col culo in strada”: pochissimi non prendere sul serio la critica letteraria italia- degli scrittori dell’ultima generazione vivono na: e a furia di non prendere sul serio il vuoto esclusivamente del proprio mestiere letterario: pneumatico che la critica (salvo poche eccezio- nella maggior parte dei casi sono, volenti o ni) esprime, alcuni di questi scrittori, colti da nolenti, costretti ad immergersi all’interno di horror vacui, hanno cominciato a lavorare contesti lavorativi “altri” (fabbriche, scuole, anche sul versante della critica. Uno di questi è uffici pubblici o privati, palestre, biblioteche, Wu Ming 1, che ha cercato di “afferrare locali musicali), a frequentare molti più Proteo” articolando alcune caratteristiche che ambienti e molto più differenziati di altri danno forma a quello che ha denominato New “scrittori laureati” che, frequentandosi tra di Italian Epic. loro all’interno dei propri salotti (metaforici o È bene spazzare il campo da un fraintendi- reali), finiscono per parlare sempre dello stesso mento: avere una visione d’insieme non signifi- piccolo mondo. Sia chiaro, non c’è nulla di rivo- ca imporre canoni normativi. La scienza luzionario: erano scrittori col culo in strada moderna conosce l’esistenza di “sistemi deter- Dante, Boccaccio, Ariosto, Michelangelo, ministici non lineari” o “caotici”, nei quali la Manzoni, Pasolini. vecchia contraddizione tra libertà e determini- Se dovessi sintetizzare le caratteristiche smo è caduta, nei quali comportamenti casua- elencate, direi che la principale è il prendere li danno luogo a figurazioni descrivibili mate- sul serio il proprio mestiere, la propria lingua maticamente. Io credo che questo modo di e i propri contenuti, e il lettore che li legge. “afferrare Proteo” sia qualcosa del genere; Prendere sul serio significa non cercare sponde coglie una curva che collega movimenti narra- al consolatorio, farsi carico del portato etico tivi stocastici, casuali, tra loro indipendenti. implicito nel proprio narrare. Un esempio. In Queste caratteristiche sono: il rifiuto della Testimone inconsapevole (Sellerio, 2004) di tonalità emotiva predominante nel postmoder- Carofiglio la questione migrante è posta in no (un impasto di ironia a tutti i costi e di dere- modo assolutamente consolatorio: sembra di sponsabilizzazione autoriale); uno “sguardo capire che se ciascuno facesse il proprio dove- obliquo”, azzardato, sul mondo; il connubio di re, se ci fosse scrupolo e serietà nell’applicazio- complessità narrativa e attitudine popular;la ne del diritto non ci sarebbero errori giudizia- presenza di storie alternative, di ucronie poten- ri, e forse neanche una questione migrante. ziali; la sovversione “nascosta” di linguaggio e Per fortuna prima o poi arriva un brav’uomo stile; la mutazione del genere romanzesco in che rimette le cose al loro posto: nei gialli di “oggetti narrativi non identificati” (U.N.O.), Carofiglio si assiste, sotto mentite spoglie, non codificabili, sfuggenti; il rinvio a una all’apologia del connubio Legge-Ordine, senza dimensione extra-testuale o transmediale. che vengano mai sfiorate le ragioni di sistema A queste caratteristiche io aggiungerei l’at- che producono il migrante/deviante. Al con- tenzione al contesto urbano, e l’essere scrittori trario, ne Il giovane sbirro (Guanda, 2007) di

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Faction, reportage, New Italian Epic

Biondillo appare chiaro che l’eccezione, date flitto di classe, sulle quali si agitano gli scon- le condizioni di sistema, non è il migrante fini- fitti, i reietti, gli esclusi. Nella nota conclusiva to in quei Lager che chiamiamo Centri di per- del suo romanzo ucronico Il signor figlio manenza temporanea: il problema è semmai, (Mondadori, 2007), Alessandro Zaccuri si fa dato un sistema criminogeno che necessaria- vanto di aver violato il precetto di Monaldo mente produce devianza sociale, perché ci Leopardi: «Meglio è tacere una storia, che nar- siano migranti che non sono incarcerati nei rarla ingombrata di fole». In un’Italia che Cpt. Diceva Manchette: nel noir «la lotta di sempre più assomiglia a quella desiderata dal classe non è assente come nel romanzo ad conte Monaldo, la pecora bianca della famiglia enigma; semplicemente, gli oppressi sono stati Leopardi, disobbedire ai suoi precetti, è ben sconfitti e sono costretti a subire il regno del più che un vezzo: è un dovere etico. Male». Il romanzo italiano dell’ultima genera- zione mostra un’esplicita consapevolezza di Intervento al Convegno Internazionale: “Quale questa catastrofe. Basta pensare ad memoria per il noir italiano? Un’indagine plu- Ammaniti: i suoi romanzi sono la descrizione ridisciplinare”, Louvain-la-neuve (Belgio), 15- delle forse irredimibili rovine lasciate dal con- 16 maggio 2008

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Jean-Auguste-Dominique Ingres, Zeus e Teti , 1811 Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 45

Giovanni Maria Bellu, “L’uomo che volle essere Perón”

Giancarlo De Cataldo, l’Unità, 20 maggio 2008

uesto è un gran bel libro. Contiene tre so da quel Perón che spunta dal nulla, già storie. La più antica comincia in adulto e autorevole, per cambiare la storia del Q Sardegna cent’anni fa. È la storia di un suo Paese. Come se qualcuno gli avesse rubato ragazzo di Mamoiada di nome Giovanni Piras l’infanzia. Come se niente prima della presa che s’imbarca sul piroscafo dei sogni e se ne va del potere fosse esistito. Nemmeno il cavaliere in Argentina in cerca di fortuna. La seconda che avrebbe compiuto l’impresa. E tutti e due, comincia anch’essa in Sardegna, non si sa bene Piras e Perón, non sono forse così simili al nar- quando né come né perché, e nemmeno se sia ratore, presto orfano di madre? Tre ragazzi a una vera storia o non, piuttosto, una leggenda. cui il destino ha tolto qualcosa, tre giovani che È la storia di come l’emigrante Giovanni Piras la vita chiama a dure prove, tre progetti sia diventato Juan Domingo Perón, a lungo umani impegnati a decifrare l’oscuro mistero signore e padrone dell’Argentina. La terza e dell’esistenza. Da un certo momento in avan- ultima storia comincia quando il Giornalista, ti, la storia del Perón sardo sembra prendere il l’io narrante di questa seducente avventura, sopravvento sulle altre. Accade quando l’in- sente parlare per la prima volta della faccenda chiesta prende corpo. Quando i testimoni Piras/Perón. squadernano sotto gli occhi dapprima scettici, È la storia delle storie, quella che affascina poi sempre più coinvolti, del narratore, un’im- le altre due sotto il segno del rapporto fra un pressionante catena di coincidenze. Grazie al giovane esploratore della vita, con la sua cari- mito, il narratore riesamina il rapporto con il ca di rabbia, speranza e utopia, e il suo anzia- Vecchio. no padre, il Vecchio, con il suo fardello di scon- Amore e rispetto, ricambiati e condivisi, fitte, delusioni, rassegnazioni. In principio, le certo. Ma alla maniera sarda. Con nobiltà e fie- tre storie scorrono parallele. Qualcosa di pro- rezza, eppure consumandosi nella vana spe- fondamente intimo, una sorta di condivisione ranza che un abbraccio caldo e devastante del dolore che annulla le differenze spaziali e spazzi via il ritroso pudore del “non detto”. Ed temporali, sembra accomunare Piras, Perón e è proprio il “non detto” a cementare il percor- il narratore. A ciascuno di loro la vita ha pre- so indiziario, e a sostanziare l’ipotesi che non sto tolto qualcosa: la madre, la famiglia, la di una leggenda si stia parlando, ma di uno dei possibilità di immaginare una vita “altra”. più riusciti e inquietanti falsi dell’intera Storia Il Piras che abbandona Mamoiada per l’av- contemporanea. ventura argentina, cercando, come tanti di Perché un bel giorno Giovanni Piras scom- quegli emigranti che turbano i sonni dei nostri pare e di lui non si sa più nulla? Perché Perón intellettuali e governanti, un lavoro, una casa, tace del suo passato, o lo mistifica con il con- un amore, una dignità, non è poi tanto diver- corso di compiacenti biografi? Qualcuno, a Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 46

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questo punto, potrebbe domandarsi: ma di che suno fra autobiografia, ricostruzione storica, libro si sta parlando? reportage e finzione. Wu Ming 1 ha lucidamen- Di un romanzo, di un saggio, di un’inchie- te parlato di “new italian epic” e di “oggetto sta? Questo Bellu è un giornalista, uno storico narrativo non identificato”. Bellu può a buon o un romanziere? Il galateo culturale, che si diritto far parte della compagnia. sostanzia di una rigida suddivisione per specie Quando affronta temi epici e epocali. Quan- e generi, sconsiglia pericolosi esperimenti. Che do, ignorando gli avvertimenti degli occhiuti gli storici facciano il loro mestiere, vagliando guardiani della soglia, varca il confine e com- gli indizi e verificando la possibilità che si fac- pleta il quadro indiziario immaginando il pos- ciano “prova provata”. Che i giornalisti si sibile esito di una confluenza fra due esistenze, astengano dall’inquinare la ricerca con devia- quella dell’emigrante e quella del Dittatore, zioni narrative. Che gli scrittori si tengano lon- che non avevano nessuna ragione per sfiorarsi. tani dalla Storia, ciascuno pago della propria Non diremo come le tre storie, alla fine, si stia di competenza. Critici astiosi e giannizzeri ricompongano. Né se l’ipotesi sia confermata o dell’ortodossia si incaricano di pattugliare la meno. Bellu si è messo sulle tracce di un segre- “zona rossa”. Ogni sconfinamento esige severa to, lo ha indagato, strada facendo ha ritrovato repressione. Ma da un po’ di tempo si comincia se stesso e le sue radici, e alla fine ci ha conse- a pensare che lo storico, il giornalista e lo scrit- gnato un racconto in forma di mito. Che sia un tore non siano necessariamente tenuti a fer- mito con qualche fondamento o meno, in fondo, marsi sul limitare del regno della congettura. non ha nessuna importanza. Ciò che conta sono Che possano osare di addentrarsi nel terri- le storie che i miti alimentano, la loro qualità, la torio del possibile, e di esplorarlo con la forza ricaduta che hanno sulla vita di ciascuno di noi. della metafora. Un sempre crescente numero di Come scrisse Joseph Campbell, a una sola cosa, autori ha preso ad aggirarsi nella terra di nes- dopo tutto, servono i miti: a vivere meglio.

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Vittorio Giacopini:“Re in fuga”

Letizia Muratori, www.carmillaonline.com, 26 maggio 2008

Documentare vite alternative, fare storia alternativa

el saggio New Italian Epic Wu Ming 1 Giacopini si inventa tutto, senza inventare segnala tre esempi di mockbiopic, cioè niente. Per tutto si intende l’invenzione di un Nbiografie deviate e alternative rispetto rigoroso spazio mentale, dove il Fischer perso- ai fatti storici: Il signor figlio di Alessandro naggio conta quanto ciò che lo circonda. Siamo Zaccuri, L’uomo che volle essere Perón di in uno spazio-scacchiera. E questo mockbiopic Giovanni Maria Bellu e si approssima con grande effi- Havana Glam di Wu Ming 5. cacia alla realizzazione lette- Ovvero Leopardi a Londra raria del desiderio impossibile dopo il 1837, Perón sardo, e del vero Fischer: “voglio sol- David Bowie simpatizzante tanto giocare a scacchi, non comunista. Su necessità e mi importa di nient’altro”. importanza del lavoro di Giacopini lo prende in parola. WM1 tornerò al più presto e Leggendo si delinea subito con l’attenzione che merita. un preciso profilo tattico, una Al momento ne approfitto per specie di intermittenza o eco- ragionare su Re in fuga di nomia della presenza del per- Vittorio Giacopini, libro che sonaggio in scena. A volte per certi versi rientra nella Fischer è visto, altre si rac- categoria dei titoli appena conta da sé, altre ancora è citati. Si tratta della vita di tutt’uno con un luogo di cui Bobby Fischer. Anche in que- magari avverte solo il clima. sto caso siamo in territorio Spesso si dà alla macchia e mock. Attenzione però, in lascia spazio alle interpreta- scena non c’è un Fischer zioni, ma il vuoto resta e sen- “parallelo” che continua a gio- tirlo è un bene. care via Internet. Ipotesi che per anni ha ecci- D’accordo, il “riappari, poi scompari” di tato scacchisti telematici e cultori della strate- Dylan è citato spesso da Giacopini. C’è un espli- gia sovversiva del campione americano. Non c’è cito tentativo di collocare Fischer nella repub- nemmeno un: cosa sarebbe accaduto se Fischer blica invisibile dei ribelli che hanno spezzato il avesse perso contro Spassky? Il racconto di ritmo degli anni Sessanta sottraendosi al flusso, Giacopini prende un’altra strada, non sceglie il nel momento giusto: Mingus che lascia il jazz “what if ” potenziale, segue la traccia dei docu- per dedicarsi alla fotografia, Ornette Coleman menti, mezzo secolo di presunta storia vera. blindato nel seminterrato di Prince Street alla Così, riposizionando in pagina dettagli reali, ricerca di nuovi suoni, lo stesso Dylan recluso Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 48

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nella casa rosa. Ma l’intermittenza di Fischer, Regina, la madre braccata dalla Cia, Spassky il asceta della rinuncia, è molto più che un segno perfetto doppio sovietico, i primi maestri, la dei tempi in questo libro, è qualcosa di fisico tana di Lincoln Place. Infine la rapida violenza che si sente come fosse l’incarnazione perfetta di certe partite. Un’opera di ampio respiro, squi- di un sospetto: stare al mondo non è cosa che va sitamente mock perché la beffa rivelatoria riesce. data per scontata, soprattutto non è naturale. Un ottimo esempio di scherzo creativo intentato Non tanto perché esiste la morte, piuttosto per- dall’autore al suo personaggio, prima ancora che ché esiste la vita. Re in fuga va letto alla luce di al lettore: Vuoi soltanto giocare a scacchi? Eccoti questo paradosso. pezzi di vita. Ci sei anche tu in mezzo. Avanti: Dichiarazioni, fisime, manie, genialità, vezzi gioca. Altrettanto mock è il destino di Re in fuga e cialtronerie del vero Fischer sono raccontate in libreria. Alla Feltrinelli è inutile andarlo a cer- non tanto con pudore, come si legge in bandella, care dove dovrebbe stare, tra le uscite di narrati- forse non sono nemmeno raccontate, ma direi va, poiché svetta sugli scaffali della sezione registrate, messe a disposizione del racconto. Tempo libero, accanto a un manuale di bridge, Scorrono stralci di vita documentata e resuscita- prossimo ai segreti utili a realizzare banchetti ta attraverso l’esorcismo della scrittura, scorro- veloci e cene fredde. Non so se lo abbia fatto ma, no proiettati su un fondale d’invenzione della mock a parte, Giacopini ha tutto il diritto di realtà. Contrappuntata da figure memorabili: incazzarsi per questo, ci mancherebbe altro.

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La rinascita dell’epica italiana? “È soltanto autopromozione”

Francesco Borgonovo, Libero, primo giugno 2008

Evangelisti, Genna, Lucarelli,Wu Ming, De Cataldo: con noi è tornato il romanzo storico impegnato. Ma i critici li bacchettano: «Inconsistenti»

e donne, i cavallier, l’arme, gli amori, Wu Ming 1 è stato invitato anche in alcune le cortesie, l’audaci imprese loro università americane (compreso il prestigioso L vogliono cantare. “Loro” sono un MIT) per dare conto dello stato dell’arte. gruppo di scrittori italiani che sta animando Ma che cos’è, in concreto, la NIE? Wu Ming un dibattito sui quotidiani (in primis 1 spiega innanzitutto quando è nata. I primi Repubblica), su internet (in siti come Car- sentori ci sono stati nel 2001, nei pressi di due milla, Lipperatura di Loredana Lipperini, «eventi chiave» come il G8 di Genova e l’11 set- wumingfoundation.com), in riviste “alterna- tembre. In quel periodo uscivano i romanzi 54 tive” come Tabard e in qualche università. degli stessi Wu Ming e Black Flag di Ecco i nomi: Wu Ming, Giuseppe Genna, Va- Evangelisti. Wu Ming 1 ha sentito che in questi lerio Evangelisti, Carlo Lucarelli, Alessandro libri c’erano delle affinità. Le stesse che rintrac- Bertante, Giancarlo De Cataldo e altri. Gli ciò, cinque anni dopo, nel lavoro di Giancarlo autori in questione discutono di una nuova De Cataldo Nelle mani giuste. tendenza della narrativa italiana che – per definizione di Wu Ming 1 – si chiama “New La «prosa poetica» di De Cataldo Italian Epic”, nuova epica italiana. «Nelle lettere italiane» prosegue Wu Ming 1 Tutto ha avuto inizio con un articolo di «sta accadendo qualcosa. Parlo del convergere Wu Ming 1 inserito in rete alla fine di aprile e in un’unica – ancorché vasta – nebulosa narra- intitolato “New italian epic. Memorandum tiva di parecchi scrittori». Ma che cos’è questa 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritor- nebulosa? Leggendo ancora Wu Ming 1 capia- no al futuro”. Diciotto pagine che hanno mo che è «una sorta di campo elettrostatico» prima identificato, poi dato alla luce e bat- capace di attirare a sé «opere in apparenza dif- tezzato la “NIE”. Poco tempo dopo, una ver- formi, ma che hanno affinità profonde». Ci sione ridotta dell’intervento è comparsa sulle sono, innanzitutto, i produttori di «romanzi pagine di Repubblica. Il 3 maggio, sempre su storici “mutanti”». Cioè Andrea Camilleri, Repubblica, è sceso in campo anche Carlo Carlo Lucarelli e Massimo Carlotto e, per certi Lucarelli. Il 6 dello stesso mese, sull’Unità,è aspetti, Pino Cacucci. Poi, ci sono quelli che stato il turno di Valerio Evangelisti. L’8, su «hanno masticato crime novel con in testa l’epi- Liberazione, ha detto la sua Alessandro ca narrativa e cavalleresca», come Giuseppe Bertante, seguito il 15 da Girolamo De Genna e Giancarlo De Cataldo, che si collocano Michele. A tenere il bilancio della discussione nella NIE per aver affrontato «narrazioni mae- ci ha pensato la rivista on line Carmilla stose e indefinibili» (i romanzi Dies Irae e Hitler (curata da Evangelisti e Genna) che ha rac- per Genna, e «l’esperimento di prosa poetica» colto ciascun intervento. Nelle mani giuste per De Cataldo). Infine, c’è Rassegna_Palmieri_Trabalzi_maggio08.qxp 16/06/2008 10.59 Pagina 50

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l’aspetto più rivoluzionario della questione, gli noti di darci un parere sulla NIE, sugli UNO, UNO, cioè gli «Unidentified Narrative sulle nebulose e i campi elettrostatici. Objects», oggetti narrativi non identificati. I Filippo La Porta affronta un ragionamento quali sono «indifferentemente narrativa, saggi- sugli scrittori che compongono la nuova epica: stica e altro. Ovvero Gomorra di Roberto «Tutti quanti, in modo più o meno mascherato, Saviano, Sappiano le mie parole di sangue di aspirano a essere degli stilisti. Nonostante le Babsi Jones, alcuni libri di Marco Philopat e di dichiarazioni di poetica, alla fine ritorna quello Helena Janeczeck. spettro della letteratura italiana che è lo stile, Ma in che senso si parla di epica? Spiega Wu che viene isolato e privilegiato a scapito di tutti Ming 1: «Queste narrazioni sono epiche perché gli altri elementi. In Genna che si confronta con riguardano imprese storiche o mitiche, eroiche Hitler e in Wu Ming 2 che parla di Lawrence o comunque avventurose». Inoltre sono «gran- d’Arabia (in Stella del mattino, ndr) la preoccu- di, ambiziose, “a lunga gittata”, “di ampio pazione per lo stile domina e soppianta tutto il respiro”». resto. Lo stile è lo status symbol. A questi scrit- Non è facile raccapezzarsi. Carlo Lucarelli tori meglio intenzionati e temerari preme paragona gli scrittori della NIE agli autori del soprattutto passare per gran signori della lin- Grande Romanzo Americano. Girolamo De gua e della cultura: fanno le citazioni giuste, Michele fa riferimenti all’Odissea, a Hegel, a vogliono essere rispettabili». Per Alfonso Zygmunt Bauman, Timothy Garton Ash e Berardinelli «gli scrittori italiani non vogliono Jacques Attali. Claudia Boscolo, dottore di ricer- essere scrittori italiani, soprattutto i più giova- ca in Italianistica alla università di Londra, spie- ni. Vogliono essere internazionali. Il primo ga che la NIE non è «historiographic metafic- imperativo è che la letteratura non deve puzza- tion» e fa paragoni con i capolavori di Ludovico re di letteratura. Deve impadronirsi di altri vei- Ariosto, spiegando che l’epica «continua ad esse- coli culturali. Quello che vedo è che questa re il genere politico per antonomasia». apparente e spericolata spavalderia è in realtà una forma di parassitismo in cui si lavora sul Pareri discordi e pubblicità già inventato. Cioè su luoghi comuni che altri Per fare un po’ di chiarezza abbiamo chiesto media hanno già elaborato e diffuso. Questo aiuto ad Alessandro Bertante, di cui è appena non significa che qualche singolo autore non uscito il romanzo Al Diavul per Marsilio. «Per possa trovare il modo di superare con il linguag- come intendo io la NIE, il mio romanzo vi gio verbale la cultura di massa non verbale. rientra appieno nell’affrontare il grande sogno Però è illusorio, credo, cercare di vincere la rivoluzionario di inizio secolo nella sua realtà sfida con il linguaggio visivo, il cinema, i video più mitica attraverso le vicende di un uomo e la rock e pop music: le parole non ce la fanno comune», dice. «La NIE è una tendenza non in un campo da gioco che non è il loro. Va a fini- facilmente sistematizzabile di nuovi autori ita- re che questi autori si sentono molto terribili, liani che affrontano il mito per liberarsi dallo dei lottatori di catch o di full contact, se con- sconfinamento della realtà quotidiana in tutti frontati con la silhouette dello scrittore tradi- i campi, dall’urgenza della cronaca quotidiana zionale, ma in confronto ai veri media di massa che diventa l’unica forma di comunicazione». sono delle pulci». Il giudizio più tranciante, La questione continua ad essere complessa. sulla NIE, è di Carla Benedetti: «È una baggia- Abbiamo chiesto allora ad alcuni critici molto nata. È solo autopropaganda».

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