Quaderno Nuovo
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Trimestrale dell’Istituto Gramsci Marche Supplemento al N. 6 Le riviste letterarie delle Marche Indici, 1980 - 1992 a cura di Marco Ferri e Massimo Raffaeli Trimestrale dell’Istituto Gramsci Marche Direttore: Rodolfo Dini Redazione: Valerio Calzolaio, Patrizia Caporossi, Carlo Carboni, Patrizia David, Gabriele Ghiandoni, Massimo Paci, Massimo Papini, Bruna Stefanini Direttore responsabile: Ferdinando Cavatassi Redazione e amministrazione: via Cialdini, 41 60122 Ancona tel.071/2073661 Progetto grafico: Andrea Gentili Studio Asa - Fermo, Stampa : Tecnoprint s..r.l. - Ancona Periodico registrato al Tribunale di Ancona n. 1 - 21/1/1992 Finito di stampare nel mese di novembre 1993 Sommario 5 Presentazione, m.r. 9 Premessa, m.f. 11 Alias 17 Marka 25 Verso 35 Lengua 37 Hortus 41 Cartolaria 43 Profili letterari 45 Pelagos 47 Indice degli autori Presentazione I. Un indice analitico di ben otto riviste letterarie marchigiane (tutte quante di nascita relativamente recente, databili dallo spartiacque degli anni ottanta) sembrerebbe ancora ingiustificabile o addirittura impensabile, ci si fermasse all’im- magine vulgata delle Marche, quella secolare delle piccole pa- trie intatte e periferiche, chiuse per lo più nel silenzio delle col- line, che non troppi anni fa poteva dettare a Carlo Bo una dia- gnosi preoccupata, per certi aspetti sconsolante: « Non ci sono giornali (...), non riviste che non siano puramente accademiche, ci sono scrittori che vivono con i piedi nelle Marche e il cuore altrove, attenti al primo richiamo che venga da Roma o da Mila- no, ci sono soprattutto molti giovani perduti nelle piccole città, nei paesi, gonfi d’amore e di passione per le cose della letteratu- ra ma non fanno mai gruppo, son costretti a lasciar colare la loro storia su un fondo di inerzia e di buio. La cultura vive dilaniata fra questa massa di aspirazioni generose e un terreno irraggiungibile di comprensione e di collaborazione » (1). Ciò implicava, e anzi ne era il sintomo più vistoso, una rigida dialet- tica nazionale di Centri e Periferie che, innervando l’intero pae- se sotto il punto di vista socioeconomico, fissava in regione lo stereotipo di un’opaca marginalità, mentre all’intellettuale (e massime allo scrittore che non avesse alibi e passaporto accade- mico) si proponevano scelte in realtà più secche e ultimative d’un aut aut: o emigrare e obliare verso i centri della nascente indu- 5 Le riviste letterarie delle Marche stria culturale, o rimanere e subire la perfetta desolazione di una terra di nessuno, in una permutabilità di ruoli che (fatte salve le debite, anche grandi, eccezioni) era l’abito fatale d’un identico provincialismo, di chi si sradicasse o accettasse per contro un anacronistico camuffamento. II. Una sensibile inversione di tendenza (naturalmente spiegabile col progressivo ridisegnarsi della società italiana, e dunque anche delle Marche, in senso industriale e neocapitalista) comincia ad avvertirsi a cavallo degli anni ’60 e ’70, quando, irrimediabilmente datate le maschere rusticali ed estinti i fuochi fatui metropolitani, alcuni intellettuali prendono ad interrogarsi (a parlarsi, a scambiarsi comuni esperienze) sul senso e la speci- ficità del dimorare in termini esistenziali e letterari in questa regione, sull’essere/produrre qui e non altrove; cominciano a chiedersi se esista una quidditas, e di quali valenze sia latore l’impatto del paesaggio col percorso storico esterno, se sia pos- sibile rinvenire una prima radice sia d’ordine percettivo che, per così dire, topografico. Ovvio che l’orizzonte d’attesa non è quello del ripiegamento o peggio della gelosa segregazione ma sottin- tende invece l’apertura e la combinazione con l’altro da sé, la scelta consapevolmente radicale dell’ibridazione e dello scam- bio simbolico. Lo testimonia nei pieni anni settanta tutta una bibliografia di fatti ed intraprese che, se pure valutabili nella loro autonomia, assumono in retrospettiva figura di costellazio- ne: lo straordinario, già isolatissimo, lavoro di Carlo Antognini sia in veste di editore (coi preziosi volumi de “L’Astrogallo” di Ancona) sia di critico-selettore (2) che, impostando il problema, di fatto apre la via ad una fortunata sequenza di antologie mili- tanti, quelle di Alfredo Luzi (3), di Guido Garufi e Remo Pagnanelli (4), di Luigi Martellini (5); i convegni monografici, dal ‘79, curati presso l’ateneo urbinate da Umberto Piersanti; l’ampio spazio garantito ad autori allora clandestini o in via di formazione da parte di due periodici non esclusivamente lettera- ri quali “Marche Oggi” e “Il Leopardi”; la fondazione in Ancona 6 Presentazione de “Il lavoro editoriale”, casa editrice che per anni, specie sul versante della narrativa e dei fermenti giovanili, effettuerà un agile cross country. Segnali che se da un lato annunciano la fine della diaspora, dall’altro preludono alla disamina più matura circa un assetto che ormai, negli incipienti anni ottanta, può finalmente dirsi residenziale. E “Residenza” è infatti il titolo di una tra- smissione radiofonica (ideata e diretta da Franco Scataglini, re- datta fra gli altri da due poeti della generazione ultimissima, Gianni D’Elia e Francesco Scarabicchi) che la RAI delle Marche produce in due cicli fra l’inizio dell’'80 e la primavera dell’'81 (6): pensata come luogo di confronto e verifica fra la tradizione nazionale e gli specifici di quella regionale, non solo cerca di tradurre la perentoria intuizione di Scataglini ma anche di resti- tuire il senso di un’annosa condizione generale. Scriverà al ri- guardo il poeta anconetano: « (...) Io ho cercato di mettere come si suol dire a punto la premonizione che portavo in me dell’idea di residenza, e che mi viene da un passo di Adorno in cui esplici- tamente si parla di intellettuale residenziale in relazione al rap- porto di Kant con la sua piccola Königsberg prefigurante, come in una miniatura, il sogno della conciliazione. Per inverarsi la conciliazione deve investire il piano della praxis e liberare dalla rimozione ciò che la ratio dominante lascia cadere fuori di se stessa perpetuando la struttura alienante dell’uomo. Ora, il tema della residenza ritaglia ed enuclea metaforicamente solo un par- ziale (almeno in apparenza) di tale vasta ed impervia questione ridomandando il senso del luogo per illuminare il senso del rap- porto dell’uomo con il mondo. Dove vivi ogni giorno e ciò di cui vivi che costituisce con il tuo corpo la tua identità profonda: un luogo alienato, si capisce, come tutti i luoghi della terra, senonché l’alienazione è dell’uomo e, nei luoghi, anche i più desolati, c’è sempre un’ombra di beatitudine immemore» (7). III. Nel giro di pochi mesi, come sorti da una materia agglutinante, prendono corpo i primi gruppi redazionali autono- mi e autoctoni. Se il fenomeno non può dirsi inopinato, imme- 7 Le riviste letterarie delle Marche diatamente colpisce per almeno un triplice ordine di motivi: la dislocazione delle sedi, in sintonia con la scansione al plurale della regione, ma con il vuoto clamoroso di Ancona; l’articola- zione e relativa specializzazione delle problematiche in oggetto; la particolare fisionomia dei responsabili e dei redattori, nella maggior parte dei casi giovani poeti/scrittori/critici d’esordio recente, spesso in intersezione fra una testata e l’altra. E ai pre- cedenti andrebbe aggiunto un altro e decisivo fattore, cioè la collaborazione, nel senso della disponibilità e del dialogo alla pari, subito accordata (e presto sollecitata) da parte di numerose figure di punta della letteratura nazionale tout court, come del resto i seguenti indici denotano a oltranza. E’ il caso della fermana “Alias” (1980) che si caratterizza per una serrata visitazione delle avanguardie storiche e dell’ascolana “marka” (1980, di Claudio Pizzingrilli) che muovendo da tematiche schiettamente residen- ziali perviene negli anni a soluzioni di monografismo raffinato e cosmopolita, cui seguono entro un biennio la maceratese “Ver- so” (di Guido Garufi e Remo Pagnanelli) attenta in particolare ai problemi tecnici della testualità e la pesarese “Lengua” (di Gianni D’Elia) che si motiva per uno spiccato interesse alle lingue e agli idiomi della poesia. A integrare la complessità e la ricchez- za di quello che già si configura un fenomeno di rilievo naziona- le, fra l’ ’87 e l’'88 nascono a Grottammare “Hortus” (di Giorgio Voltattorni e Luciano Bruni, poi di Eugenio De Signoribus e Riccardo Lupo) fondata sul raccordo esplicito di letteratura e arti figurative, e a Fano “Cartolaria” (di Ercole Bellucci, Marco Fer- ri e Gabriele Ghiandoni) un almanacco dei lavori in corso che riserva uno spazio privilegiato alla fattispecie delle traduzioni. Chiudono la serie, al momento, due riviste entrambe sorte nel ’91 ed afferenti all’urbinate: “Profili letterari” (di Marco Alloni) vocata a un’opera di recensione e fitta documentazione delle nuove uscite e “Pelagos” (di Umberto Piersanti) che procede di- rettamente dai laboratori del “Centro di Poesia della Metamor- fosi”, sorto a Fano. 8 Presentazione IV. Essendo, ad eccezione di “Alias”, le riviste censite tutte ancora attive e anzi in via di ulteriore precisazione sarebbe pre- maturo dedurne altro che non sia un primo spoglio analitico, ine- vitabilmente perfettibile ma sperabile premessa a future indagi- ni storiografiche e filologiche. La struttura essenziale, crudamen- te documentaria, degli indici mostra in ogni caso una produzio- ne che non è affatto esagerato definire imponente, un’humus di singolare fertilità, una tramatura infine di percorsi (tra residenza e nuovo, virtuale, pendolarismo) da cui è dato sorprendere di scorcio la letteratura italiana al lavoro. m.r. Note (1) Le Marche e la cultura, in “L’Approdo Letterario”, n.14-15, 1961. (2) Poeti marchigiani del Novecento, Ancona, Bucciarelli, 1965 e Scrittori marchigiani del Novecento, 2 voll., Ancona, Bagaloni, 1971. (3 ) Marche : poeti d’oggi, Urbino,Bramante, 1979. (4) Poeti delle Marche, Forlì, Forum,1981. (5) La poesia delle Marche, Forlì, Forum, 1982. (6) I materiali del settimanale sono integralmente inediti. (7) L’aliquid della Residenza, in AA.VV.