Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e Controllo
Tesi di Laurea
L’Agordino dal 1900 ai giorni nostri: un’economia in evoluzione
Relatore
Ch. Prof. Giovanni Favero
Laureanda
Anna Maria Valt
Matricola 808724
Anno Accademico
2013 / 2014
L’Agordino dal 1900 ai giorni nostri: un’economia in evoluzione
Agli amici che non ci sono più
ma che porterò
sempre nel mio cuore.
Non passa un solo giorno
che io non vi pensi
Sommario Premessa ...... 1 Introduzione ...... 2 Capitolo 1 ...... 7 I 16 Comuni dell’Agordino ...... 7 Agordo ...... 7 Alleghe ...... 8 Canale d’Agordo ...... 10 Cencenighe ...... 11 Colle Santa Lucia...... 12 Falcade ...... 13 Gosaldo ...... 14 La Valle Agordina ...... 15 Livinallongo del Col di Lana ...... 15 Rivamonte Agordino ...... 17 Rocca Pietore...... 18 San Tomaso Agordino ...... 19 Selva di Cadore ...... 20 Taibon Agordino ...... 21 Vallada Agordina ...... 22 Voltago Agordino ...... 23 Capitolo 2 ...... 25 Le vecchie attività economiche in Agordino...... 25 La coltivazione ...... 25 L’apicoltura ...... 31 La produzione di birra ...... 32 La fienagione ...... 32 I fienili ...... 35 Le abitazioni ...... 38 L’allevamento e le malghe ...... 40 Lo sfruttamento del legname ...... 50 L’estrazione mineraria ...... 60
I seggiolai ...... 69 Le serve ...... 73 I carbonai ...... 74 I preparatori di calce viva ...... 75 La produzione di posate ...... 76 Alcune simpatiche figure ormai scomparse ...... 76 Le cooperative di consumo...... 78 L’abbigliamento ...... 80 Le centrali idroelettriche ...... 82 Le vie di comunicazione ...... 83 L’emigrazione ...... 90 Capitolo 3 ...... 91 Il turismo ...... 91 Gli alberghi ...... 93 I rifugi ...... 97 L’alpinismo ...... 101 Una seconda “conquista delle cime” ...... 107 Il turismo invernale ...... 110 Il turismo estivo e in generale ...... 113 Capitolo 4 ...... 123 Luxottica ...... 123 Perché proprio ad Agordo? ...... 123 Un’azienda in continua evoluzione ...... 126 One sight: non solo profitti ...... 129 Focus sugli assunti in Agordino ...... 129 L’influenza di Luxottica sul territorio ...... 132 Capitolo 5 ...... 135 Dati statistici e relativo commento ...... 135 L’andamento della popolazione dal 1901 al 2011 ...... 136 Movimento migratorio ...... 150 Popolazione e occupazione ...... 155 Popolazione e cultura ...... 181 Turismo ...... 198
Capitolo 6 ...... 220 Conclusioni ...... 220 Gli anni 2000 e il futuro ...... 220 Ringraziamenti ...... 225 Bibliografia ...... 226 Sitografia ...... 237
Premessa
E’ il 12 giugno del 2014 e parto da casa presto: alle otto e trenta devo essere a Belluno presso la Camera di Commercio e precisamente nell’Ufficio di Statistica. Mi offrono gentilmente la possibilità di consultare il loro archivio che contiene i vecchi censimenti e i Registri delle Imprese di inizio secolo scorso. Abito in una piccola frazione del Comune di Canale d’Agordo e per arrivare a Belluno devo percorrere buona parte dell’Agordino. Ma questo viaggio è diverso dagli altri… mi sono accorta che sto imparando alcuni aspetti dell’Agordino che prima non avrei nemmeno immaginato. Attraversato Cencenighe e la galleria, arrivo a Listolade e penso tra me e me: ecco questa strada l’hanno costruita nel 1934, prima passava più vicina al Cordevole e per ragioni di sicurezza ne avevano costruita una più a sinistra. Qui c’era anche il “confine” tra i Comuni di Soprachiusa e quelli di Sottochiusa. Dopo Agordo, l’ex strada statale passa vicino alla Val Imperina, dove fino a qualche decennio fa estraevano il rame. Poi raggiungo La Muda, una località del Comune di La Valle Agordina. Un tempo, fino al 1955, c’era una fermata del treno e diversi abitanti. Ora rimane solo qualche casa abitata. L’ex strada statale 203 Agordina, che ho percorso tantissime volte, è l’alternativa più diretta per arrivare a Belluno dall’Agordino. Se devo essere sincera, l’ho sempre considerata un po’ caotica, ma oggi l’ho vista sotto un’altra luce. Finalmente ho avuto l’opportunità di conoscere come si sia evoluta la viabilità per raggiungere quest’angolo di Dolomiti nel XX secolo e di come gli Agordini abbiano duramente lavorato per migliorarla. Il tempo passa, sicuramente ora la vita è più semplice e non è così faticosa come un tempo ma credo sia fondamentale conoscere il passato per comprendere meglio il presente e impegnarsi affinché il futuro sia florido. Avere dimestichezza con il proprio territorio è imprescindibile per poter tramandare le origini alle future generazioni e permettere anche ai molti turisti che giungono nei Comuni agordini di cogliere non
1 solo l’evidente e maestosa bellezza delle Dolomiti ma sapere che dietro a tutto ciò vi è molto di più. Io stessa mi sono stupita di quanto fossero intraprendenti gli Agordini, di come riuscissero a sfruttare le poche risorse che un territorio di montagna impervio come questo può offrire. Non siamo nella rigogliosa Pianura Padana e il clima è rigido con inverni lunghi. Non c’era l’abbondanza dei prodotti della pianura intesa sia come quantità di derrate che come tipologia. Però, come si comprenderà nei prossimi capitoli, la gente fu sempre in grado di adattarsi a ogni situazione e di rimboccarsi le maniche.
Introduzione
L’Agordino è una zona della Provincia di Belluno che comprende 16 comuni, si estende per 66.020 ettari1, che corrispondono al 18% della superficie della Provincia di Belluno. L’Agordino è costituito dalla Valle del Cordevole (torrente che nasce sul Passo Pordoi a quota 2237 metri e che si immette nel Piave a Pagogna2) con le valli laterali dei suoi affluenti: il Pettorina che nasce dal Passo di Forca Rossa; il torrente Fiorentina che nasce sul Pelmo; il Biois che nasce a Malga Col di Mezzo nei pressi del Passo San Pellegrino; il Corpassa che si immette nel Cordevole a Listolade; il Tegnàs che nasce nella Valle di San Lucano; il Sarzana che nasce dal gruppo della Croda Grande; il Rova, il Missiaga e il Bordina che nascono nel territorio di La Valle Agordina;
1 V. Ferrario (a cura di), Tabià: recupero dell’edilizia rurale alpina nel Veneto, San Vendemiano, Grafiche Scarpis, 2006, p. 49 2 M. J. Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, Belluno, Tipografia Piave, 1997, p. 13
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l’Imperina che nasce nell’omonima valle dove sono ancora presenti i resti delle miniere; il Clusa che corrisponde al confine tra Agordino e Bellunese. Un tempo tali territori erano divisi in Soprachiusa e Sottochiusa. La chiusa si trovava a Listolade, dove era stato costruito un forte3 presso il quale veniva controllata la merce e, quando c’erano epidemie, lo stato di salute4 delle persone che transitavano, oltre ad essere un presidio militare nei momenti di tensione. Il territorio di Soprachiusa5 comprendeva le seguenti regole: Cencenighe; San Tomaso; Alleghe (ai tempi non comprendeva anche il paese di Caprile come oggi); Calloneghe (attuale frazione di Rocca Pietore); Vallada; Pettigogno; Forno; Fregona (questi tre territori ora ricompresi nel Comune di Canale d’Agordo); Falcade; Sappade (ora frazione del Comune di Falcade). Mentre il Sottochiusa comprendeva: Agordo; Paré; Tóccolo (queste prime tre regole ora sono comprese nel Comune di Agordo); La Valle; Riva; Gosaldo; Tisèr (ora Comune di Gosaldo);
3 G. Fontanive, L. Cadorin, Taibon, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1990, p. 23 4 G. Fontanive, Alla ricerca di un antico paesaggio: il lago di Listolade, Belluno, Tipografia Piave, 2013, p. 10 5 F. Pellegrini, Memorie agordine, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1983, p. 13
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Voltago; Frassenè (attualmente Comune di Voltago); Taibon; Pèden; Valle; Listolade (ora queste ultime tre regole fanno parte del Comune di Taibon Agordino). Per secoli la vita delle comunità agordine fece capo alle Regole6. Le Regole avevano importanti funzioni sociali in caso di difficoltà nelle famiglie. Ogni Regola aveva un “capo vila”, il quale non aveva poteri maggiori rispetto agli altri ma aveva semplicemente il compito di coordinare il tutto. In ogni Regola si eleggevano quattro deputati7: due per le scelte interne, uno come rappresentante nelle riunioni della Comunità e uno che doveva partecipare alle riunioni del Capitanato di Agordo. La Regola era un esempio di democrazia, in quanto il popolo veniva coinvolto e non era considerato in base ai possedimenti. Le riunioni di Soprachiusa avvenivano presso la Casa delle Regole a Canale d’Agordo, la quale è ancora presente in Piazzetta Tancon. A volte però le riunioni venivano indette a Cencenighe, paese più vicino alle Regole della Val Cordevole. Il sistema delle Regole fu vigente fino al 1797, quando la Repubblica di Venezia cadde e la zona passò nelle mani della Repubblica Cisalpina. Si tratta di comuni di montagna, che hanno visto mutare incredibilmente l’economia nel XX secolo: sono passati da un’economia di sopravvivenza al benessere economico in pochi decenni, anche se attualmente l’economia va un po’ a rilento a causa della più generale crisi economica italiana. Ho pensato che fosse interessante analizzare come si sia evoluta l’economia, trattando sia quelle attività che hanno caratterizzato l’inizio del XX secolo e che poi un po’ alla volta per vari motivi sono state abbandonate, sia le due principali attività di questi
6 L. Dell’Andrea, Selva di Cadore come era: Selva da nosakàn, Belluno, Tipografia Piave, 1993, p. 213 7 G. Tancon, Noi da Canal: storie di Canale d’Agordo e vicende paesane, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2011, p. 56
4 ultimi decenni: il turismo e Luxottica. Il mio elaborato si svilupperà soprattutto attorno a questi due ambiti e alla loro convivenza. Nel primo capitolo illustrerò brevemente i comuni agordini, sottolineando le peculiarità di ciascuno e permettendo così al lettore di calarsi nel contesto agordino. Nel secondo capitolo parlerò delle attività economiche che hanno caratterizzato il XX secolo, di come si sono evolute e in molti casi eclissate. Inoltre, affronterò il tema della viabilità poiché anche lo sviluppo delle vie di comunicazione influenza la vita della gente, la loro facilità a spostarsi da e per altre zone e il commercio. Infine, tratterò brevemente l’emigrazione, fenomeno che ha caratterizzato l’Agordino di fine Ottocento ed inizio Novecento e che è cambiato in base alla mutevole situazione economica locale. Nel terzo capitolo introdurrò una delle due attività vitali per l’Agordino in questi ultimi anni, ossia il turismo. In particolare, parlerò delle sue origini, di come e in quali forme si sia evoluto e dell’attuale offerta turistica agordina. Nel quarto capitolo affronterò l’altro volano dell’economia agordina: Luxottica, un’azienda che ha influenzato fortemente gli ultimi 50 anni. Cercherò di evidenziarne sia gli aspetti negativi che positivi e di trovare una risposta alle seguenti domande: il turismo e l’occhialeria, due attività così diverse, possono coesistere e come si sono influenzate in questi decenni? La presenza in valle di Luxottica ha determinato cambiamenti nelle scelte lavorative e di vita della popolazione e nell’interesse verso il territorio? Nel quinto capitolo, attraverso un’approfondita analisi dei censimenti, prenderò in considerazione l’evoluzione della popolazione e come si è modificata la composizione dei tre settori occupazionali: sarà una sorta di proseguimento del quarto capitolo, in quanto emergeranno altri aspetti interessanti sul binomio turismo-occhialeria. La decisione di analizzare i dati Istat della popolazione agordina non è casuale ma nasce dalla convinzione che i due aspetti citati poc’anzi siano stati influenzati dalla presenza di un’impresa come Luxottica. Si vedrà come abbia contribuito allo spopolamento di alcuni comuni a favore di altri comuni più vicini agli stabilimenti.
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Trattandosi di una comunità piuttosto piccola, emergeranno interdipendenze fra aspetti ritenuti distanti a un primo sguardo. Ho analizzato inoltre come si è evoluto il livello d’istruzione della gente agordina poiché ritengo che la cultura sia una delle risorse principali che può consentire alle persone di puntare ad un futuro migliore. Forse questa scelta può sembrare singolare e non avere nessun legame apparente con il tema principale della mia tesi, ossia l’economia. Ma credo che la cultura, l’intuito e lo spirito imprenditoriale siano i tre elementi che fanno la differenza nell’evitare che una comunità possa andare verso il declino. Infine, partendo da alcuni dati sul turismo, purtroppo non completi, cercherò di analizzarne il trend. Nell’ultimo capitolo, trarrò le mie conclusioni in base a quanto scoperto nell’approfondimento delle varie tematiche.
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Capitolo 1
I 16 Comuni dell’Agordino
Agordo
Agordo rappresenta sicuramente il centro principale dell’Agordino. Si estende per 2367 ettari8. Riguardo all’origine del nome si pensa che derivi dal nome di persona longobardo9 “Agardis” o “Agihard”, perché si ritiene che l’area sia stata popolata da un gruppo di longobardi. Tra gli aspetti più caratteristici di Agordo c’è sicuramente l’area verde chiamata “Il Broi”10, a ricordo della Signora che donò tale prato alla sua morte, affinché rimanesse un posto dove i bimbi potessero giocare tranquillamente, in mezzo al verde. Inoltre ricordiamo Palazzo Crotta, poi de’ Manzoni11. Si tratta della Villa Figura 1 La conca di Agordo Veneta posta più a settentrione12 e soggetta a molteplici interventi nel corso degli anni. Nel XIV secolo al suo posto c’erano abitazioni, stalle e magazzini di due ricche famiglie: i Pietroboni e i Paragatti. In seguito dovettero cedere tutto a un commerciante venuto dalla Lombardia di nome Francesco Crotta, il quale decise di costruire la villa.
8 G. Dal Mas, La conca agordina, Belluno, Tipografia Piave, 2007, p. 221 9 A. Angelini, E. Cason, Oronimi bellunesi, Belluno, Fondazione G. Angelini Editore, 1992, p. 3 10 B. Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1982, p.27 11 Ivi, p. 31 12 Dal Mas, La conca agordina, p. 125
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Alla fine del XVIII secolo, il potere della famiglia Crotta era decisamente in declino e ad Agordo arrivò Giuseppe Manzoni, il quale era amministratore delle proprietà dei Crotta nel Vittoriese. Ben presto, Manzoni entrò in possesso di tutti i beni dei Crotta e nel 1820 ottenne addirittura il titolo nobiliare dall’imperatore d’Austria per l’aiuto conferito durante le guerre. Il cognome venne trasformato così in de’ Manzoni. Ad Agordo, il 17 dicembre del 186813, venne fondata anche la prima Sezione del CAI nelle Alpi Orientali, la quarta in Italia dopo Torino, Aosta e Varallo. A prendere l’iniziativa fu l’ingegnere Nicolò Pellati, direttore della Miniera di Valle Imperina. Dal 2002 la Sezione è intitolata ad Armando “Tama” Da Roit.
Alleghe
Il territorio del Comune di Alleghe si estende per 2985 ettari14 ed è caratterizzato dall’omonimo Lago e dalla visuale sulla stupenda parete Nord-Ovest del Civetta, una delle cime dolomitiche più famose tra gli alpinisti. Il lago si formò in seguito alla caduta15 di una parte del Monte Piz nel 1771. La frana distrusse i paesini di Riete, Marin, Fusine, Peron, Torre, Figura 2 Alleghe e il suo lago dalla Val Civetta Costa, Sopracordevole e Sommariva16.
13 C. Avoscan, F. Francescon, Dolomiti e dintorni, Belluno, Camera di Commercio, 2011, p. 173 14 D. Fontanive, Alleghe e il Civetta, Mestre, Edizioni Turismo Veneto, 1994, p. 5 15 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 57 16 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 86
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Dal Senato di Venezia arrivarono aiuti economici17 per la ricostruzione e la gente fu esente18 da pagare le tasse per 5 anni. Riguardo all’origine etimologica del nome non c’è niente di sicuro19. Alcuni studiosi hanno collegato il nome Alleghe alla parola friulana “àlighe” che significa alga, anche se attualmente non sono presenti alghe. Mentre secondo altre correnti di pensiero potrebbe derivare dal verbo latino “àlligo”, che significa legare sia in senso fisico che metaforico. Lo sport più importante ad Alleghe è sicuramente l’hockey su ghiaccio20. Un tempo la prima pista usata fu sicuramente il lago ghiacciato e già nel 1932 il lago ospitava importanti partite. La frazione principale di Alleghe è Caprile la quale, negli anni in cui erano attivi i forni fusori (1530-1778) che lavoravano il ferro ottenuto dal Fursìl, raggiunse una notevole ricchezza21, visse alcuni decenni di difficoltà e declino per poi riprendersi negli anni in cui il turismo iniziò ad affermarsi nella zona.
17 G. A. Del Negro, Il lago di Alleghe: tragedia e fascino, Belluno, Tipografia Piave, 2007, p. 77 18 Ivi, p. 86 19 A. Case De Toni, Alleghe: antico avamposto bellunese, una scelta di difesa confinaria, Belluno, Tipografia Piave, 1993, pp. 53-56 20 Fontanive, Alleghe e il Civetta, p. 26 21 P. Suzzi Valli, Tra Civetta e Marmolada: Caprile e l’Alto Agordino negli scritti e nelle immagini di Antonio Soia, Ravenna, Lithos Arti Grafiche, 2006, p. 59
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Canale d’Agordo Canale d’Agordo si trova alla confluenza della Valle di Gares con la Valle del Biois. Il territorio di Canale, 4612 ettari22, è circondato da splendide montagne23: l’Altopiano delle Pale di San Martino, la Cima Pape e le Cime dell’Auta. Fino al 1964 si chiamava Forno di Canale24, in relazione ai forni fusori presenti fino al 1748, anno in cui l’alluvione li distrusse, quando ancora si estraeva rame e mercurio dalla Valle di Gares. Mentre il nome Canale è legato alla morfologia del tratto dove scorre il torrente
Figura 3 Canale d'Agordo e la Valle di Gares Biois tra Caviola e Cencenighe. Canale d’Agordo è noto per essere il paese natale di Albino Luciani, ossia Papa Giovanni Paolo I. Prima dello sviluppo turistico della Valle del Biois, Canale d’Agordo era il centro economico25, culturale e religioso della valle. A conferma di questo c’è il fatto che nel XV secolo venne costruito sulla piazza di Canale, di fronte alla chiesa, un ospizio- ospedale26. L’edificio era a due piani e dava ospitalità ai mendicanti ma anche ai valligiani che si recavano a Canale per le più disparate faccende ma non riuscivano a tornare nei rispettivi villaggi in quanto sopraggiungeva la notte. Inoltre, fungeva anche da ospedale, ospitando quei malati che non avevano nessuno che li accudisse. La
22 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, Belluno, C.C.I.A.A., 2001, p. 25 23 B. Pellegrinon (a cura di), Canale d’Agordo: memorandum per una storia, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1979, p. 13 24 S. Pellegrini, I nomi locali della Valle del Biois, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1977, p. 82 25 G. Migliardi O’Riordan, D. Testa Benzoni (a cura di), Archivi nella Provincia di Belluno, Rasai di Seren del Grappa, Tipolitografia Editoria DBS, 2003, p. 69 26 Tancon, Noi da Canal, p. 103
10 struttura era gestita da una persona chiamata “Priore” che veniva scelta ogni nove anni.
Cencenighe Il Comune di Cencenighe è attorniato dalle cime Sanson27, Pelsa, Anime e Spiz de Medodì ed è esteso 1800 ettari28. Cencenighe deriva probabilmente dal nome personale Cincinus29, che significa riccio. Tale comune si trova alla confluenza delle valli del Biois e del Cordevole e per tale motivo 30 dal punto di vista commerciale Figura 4 Il centro di Cencenighe Agordino ha avuto un notevole sviluppo negli anni, essendo un nodo strategico. Ma allo stesso tempo, il fatto di avere un territorio su cui scorrono due torrenti che durante la stagione delle piogge e durante i disgeli primaverili sono impetuosi, ha causato non pochi problemi agli abitanti di Cencenighe. In particolare, si ricordano le alluvioni del 1748, 1757, e 188231 e la più recente del 196632 che causò innumerevoli danni. Il nucleo originale era costituito da alcune case vicino alla chiesa.
27 D. Fontanive, Cencenighe Agordino, Mestre, Edizioni Turismo Veneto, 1993, p. 5 28 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25 29 Angelini, Cason, Oronimi bellunesi, p. 13 30 Ibidem 31 P. Doriguzzi Bozzo, Guida economico turistica della Provincia di Belluno, Treviso, Arti Grafiche Longo & Zoppelli, 1958, p. 124 32 http://www.comune.cencenigheagordino.bl.it/, data di consultazione 8 agosto 2014
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Una delle più importanti strutture presenti è senza dubbio il Circolo Culturale “Nof Filò”, dal 1981 luogo di ritrovo per feste, mostre d’arte, convegni e rappresentazioni teatrali.
Colle Santa Lucia Il più antico nome del paese di cui si ha testimonianza fu Puchberg33 (monte dei faggi). In seguito la prima parte del nome fu unita a Stein che in tedesco significa pietra, ottenendo così Puchenstein, con riferimento al castello di Andràz. Lo stesso nome si trova in alcuni testi con riferimento a un altro comune confinante, ossia Livinallongo. Fu usato anche il nome Fursìl nel periodo medievale, in riferimento al monte dove furono scavate le miniere. Infine, il nome attuale fu utilizzato da quando venne costruita la chiesa nel XIV secolo.
Figura 5 Colle Santa Lucia Il Comune di Colle Santa Lucia si estende per 1524 ettari34. A lungo fu collegato al Comune di Livinallongo sia a livello ecclesiastico che amministrativo, anche se ottenne col tempo una certa autonomia. Questo perché era distante da Pieve di Livinallongo. Inoltre le miniere modificarono col tempo il profilo economico e Colle subì influenze dai territori vicini del Cadore e dell’Agordino.
33 V. Pallabazzer, F. Chizzali, Colle Santa Lucia: vita e costume, Mestre, Edizioni Turismo Veneto, 1994, p. 51-52 34 Ivi, pp. 17
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Il centro amministrativo rimase il castello di Andràz fino al 1801. In seguito costituì con Livinallongo un “Landgericht III Klasse”35 con sede a Pieve. Dal 1868 entrambi i Comuni furono uniti al capitanato distrettuale d’Ampezzo. Colle entrò a far parte dell’Italia solo dal 1923, a seguito del I Conflitto Mondiale. Per quanto riguarda le vie di comunicazione, Colle fu dai tempi remoti collegato sia a Selva di Cadore che a Caprile tramite carrarecce. Per avere strade più moderne verso i paesi limitrofi si dovette aspettare l’intervento del Genio Militare durante la Prima Guerra Mondiale. Da Colle si può raggiungere il Passo Giau36, un punto panoramico da cui si possono ammirare alcune imponenti cime: Pore, Averau, Nuvolau, Gusela, Lastoni di Formin con Cima de Lastoni e Cernera.
Falcade L’origine del suo nome è molto probabilmente legata al concetto di ampio terreno falciativo37, come del resto una delle sue innumerevoli frazioni, Sappade, significa terreno da zappare. Falcade si estende per 5314 ettari38. Figura 6 Falcade e le sue frazioni dalla Cima del Mulaz A fare da sfondo a tale Comune ci sono favolose cime: a Sud le cime del Focobón e del Mulaz, verso Nord Col Bechèr e le Cime dell’Auta e a Est il Gruppo del Civetta e il Pelmo.
35 Corte distrettuale III Classe 36 D. Fontanive, Colle Santa Lucia e il Passo Giau, Mestre, Edizioni Turismo Veneto, 1994, p. 8 37 Pellegrini, I nomi locali della Valle del Biois, p. 131 38 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25
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Tra i tre comuni della Valle del Biois, Falcade è quello più sviluppato a livello turistico, anche se negli ultimi anni c’è una certa stasi, dovuta a diverse cause di cui parlerò nel capitolo sul turismo. Oltre agli impianti di risalita che fanno parte del Comprensorio Trevalli e che permettono di sciare vedendo un panorama mozzafiato, sulla splendida piana di Falcade è possibile praticare lo sci nordico. Mentre d’estate, la piana è il posto perfetto per i grandi che vogliono passeggiare e i bimbi che possono giocare immersi nel verde.
Gosaldo Il Comune di Gosaldo si estende per 4885 ettari39. Anche nel caso del Comune di Gosaldo, come per Agordo, sembra che il nome abbia origine da “Gausoald”40, nome proprio longobardo. In passato Gosaldo è stato il comune degli emigranti per eccellenza, perché le miniere di Vallalta non furono sufficienti per offrire il lavoro a tutti gli uomini. Il Comune di Gosaldo è formato da quattro frazioni: Don (sede
Figura 7 Gosaldo dalla borgata di Masoch comunale), Tiser, Sarasin e Villa Sant’Andrea, anche se le borgate sono molte di più. Gosaldo è circondato dalla Croda Grande (Pale di San Martino) e dai Monti del Sole e il suo territorio è compreso nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
39 Ibidem 40 Angelini, Cason, Oronimi bellunesi, p. 20
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La Valle Agordina Comune situato in un’insenatura orientale della conca di Agordo41, sul quale scorrono due torrenti: il Missiaga e il Bordina. Si estende per 4870 ettari42 ed è attorniato da imponenti cime: la Moiazza a Nord, la Catena del San Sebastiano a Nord-Est (formata da Moschesin, Tamer e Cima Nord di San Sebastiano), il Talvena ad Est e il Celo a Sud. Un tempo il paese si chiamava San Michele in Valle43. La Valle Agordina fa parte del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. A La Muda, una delle frazioni di La Valle, passò per la prima volta il treno44 l’11 gennaio del 1925. La tratta collegava Agordo con
Figura 9 La Valle Agordina fotografata da Rivamonte Bribano. Tale mezzo di trasporto sarà attivo solo fino al 24 Figura 8 La Valle Agordina fotografata da Rivamonte novembre del 195545.
Livinallongo del Col di Lana Il nome deriva dalla parola lavinale46, ossia terreno soggetto a frane e in effetti la conformazione del terreno, estremamente ripida, corrisponde a tale espressione. Si estende per 9978 ettari47.
41 C. Da Roit, Un viaggio nel passato: vecchie immagini di La Valle e lavallesi, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1984, p. 5 42 C. Da Roit, Casère e pascoli, vittime del lavoro e altre “storie” della montagna lavallese, Longarone, Grafiche Longaronesi, 2006, p. 101 43 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 75 44 Da Roit, Un viaggio nel passato, p. 22 45 W. Capraro (a cura di), La lunga sfida: imprese artigiane, vicende storiche e attività di un’associazione nel suo territorio, Santa Giustina, Dolomiti Stampa S.r.l., 2005, p. 35 46 Angelini, Cason, Oronimi bellunesi, p. 21
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Il Comune di Livinallongo ha come confini naturali splendide e famosissime cime: il Nuvolao48 lo divide dall’Ampezzo, il Settsass e il Prelongié dalla Valle di San Cassiano, Sommamont e Forcelle dalla Val Badia, il gruppo del Sella e il Sass Piccié da Gardena e Fassa, la catena del Padon dalla Valle di Penia e dalla Val Pettorina. Sono ancora presenti i resti del Castello di Andràz49, costruito sopra una pietra enorme. Per molti secoli raggiungere Livinallongo fu una vera e propria impresa50 attraverso i valichi o da Caprile. Nel 1906 venne ultimata la famosa “Strada nuova delle
Dolomiti”51 che passava, attraverso il Passo Figura 9 Pieve di Livinallongo Pordoi, anche per Arabba e Pieve e poi verso il passo Falzarego e congiungeva la Valle dell’Adige con la Val Pusteria. Livinallongo fu annesso al Regno d’Italia nel 192352. Fino a quel momento gli abitanti di Livinallongo avevano sempre avuto rapporti con i tirolesi, dai quali erano amministrati ma dai quali godevano comunque di ampia autonomia. L’annessione all’Italia non fu affatto semplice in quanto erano ben poche le affinità con gli Italiani. Non furono rispettate le diversità culturali, religiose, sociali ed economiche. E così per anni Livinallongo, insieme a Colle Santa Lucia e Cortina d’Ampezzo, sperarono di poter essere annesse alla provincia di Bolzano. Soprattutto nei primi anni tutto ciò era
47 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25 48 I. Vallazza, Livinallongo: memorie storiche e geografiche, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1984, p. 17 49 A. Agostinelli, La Rocca di Pietore, Cortina, Tipografia Ghedina, 1999, p. 9 50 G. Loss, Livinallongo e il castello di Andraz, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1991, p. 12 51 Vallazza, Livinallongo, pp. 24-26 52 L. Palla (a cura di), Le minoranze del Veneto: ladini, cimbri e germanofoni di Sappada, Cortina, Tipografia Ghedina, 1998, p. 76
16 considerato dalla politica corale bellunese53 come una pressione separatistica filotedesca rifiutata a priori. Le ferite della guerra conclusa da pochi anni erano ancora aperte. Negli anni ’7054 il contesto cambiò e le autorità politiche divennero maggiormente sensibili alla questione ladina. Ci si rese conto che ottenere un’autonomia per l’intera Provincia avrebbe significato essere più competitivi rispetto alle due Regioni autonome confinanti e inoltre emerse l’interesse a valorizzare le tradizioni locali e non dimenticare il passato.
Rivamonte Agordino Il territorio di Rivamonte è esteso 2321 ettari55, su un versante ripido di montagna, con a valle il torrente Imperina e a monte il Colle Armarolo56. Nei documenti più antichi in cui compare (XIII secolo) viene menzionato come Riva57 e Ripa. Con Decreto del Re Vittorio Emanuele II del 20 aprile del 186758 il nome passò da Riva a Rivamonte, per poi aggiungere “Agordino” solo nel 1964. La storia di Rivamonte fu legata in particolare alle vicissitudini delle miniere di Val Imperina, situate proprio in tale Comune: da esse dipesero l’evoluzione della popolazione e l’impatto sull’ambiente Figura 10 Rivamonte Agordino
53 Ivi, p. 81 54 Ivi, p. 84 55 AA. VV., Rivamonte, Belluno, Tipografia Piave, 1972, p. 25 56 E. Giorgis, Il minatore agordino: l’epopea dei minatori e seggiolai di Rivamonte Agordino nel Novecento, Verona, Cierre Edizioni, 2012, p. 13 57 Ivi, p. 31 58 Ivi, p. 28
17 circostante. Il Comune era attraversato da un certo numero di mulattiere ma nel biennio 1919-2059 venne costruita una strada più ampia tra Ponte Alto, Rivamonte e Forcella Franche.
Rocca Pietore Si tratta di uno dei comuni più vasti dell’Agordino: ben 7603 ettari60. Il suo nome più antico è Roccabruna61 (nel 1290). Tale nome scomparve e probabilmente non fu mai diffuso tra la popolazione, come avvenne con Fursìl nel caso di Colle Santa Lucia. Per quanto riguarda il nome attuale, di più antiche origini è Pietore con un evidente nesso con la Val Pettorina, anche se non è mai comparso nell’uso popolare, a differenza di Rocca. Rocca deriva da un fortilizio62 costruito attorno al 950 durante le invasioni barbariche, Figura 11 Rocca Pietore presso il Sass de la Murada63, un enorme macigno. Già dal 1420 fece parte della Repubblica di Venezia64, anche se godette sempre di una certa autonomia, distinguendosi così dagli altri comuni. Il Comune di Rocca Pietore è ricco di bellezze naturali come la Marmolada65, la cui cima
59 Ivi, p.35 60 D. Fontanive, Rocca Pietore, Mestre, Edizioni Turismo Veneto, 1994, p. 5 61 V. Pallabazzer, La ladinità di Rocca Pietore dalle origini ai giorni nostri, Belluno, Tipografia Piave, 1995, pp. 13-21 62 Agostinelli, La Rocca di Pietore, p. 38 63 F. Tamis, Storia breve dell’Agordino, Belluno, Tipografia Piave, 1989, p. 117 64 Ivi, p. 61 65 Fontanive, Rocca Pietore, p. 21
18 si può raggiungere grazie alla funivia che parte da Malga Ciapela e i Serrai di Sottoguda, una gola profonda lunga un paio di chilometri e larga 8-10 metri tra Malga Ciapela e Sottoguda che si può percorrere grazie alla vecchia strada. L’origine di tale gola66 potrebbe derivare o da un movimento sismico o dalla continua erosione causata dalle acque.
San Tomaso Agordino San Tomaso si estende per 1915 ettari67. Il comune di San Tomaso è prevalentemente montuoso68 e solo una piccola parte delle case si trova a valle, dove scorre il torrente Cordevole. La maggior parte delle frazioni si trovano ad altitudini variabili sulle pendici del Sasso Bianco. Questa conformazione ha fatto sì che in passato le vie di comunicazione siano state difficili. In sostanza le frazioni alte erano collegate alla strada comunale attraverso delle mulattiere. La strada comunale
Figura 12 Le frazioni di San Tomaso ai tempi partiva da Avoscan, arrivava a Celat per poi proseguire fino a Cencenighe. Solo nel 1945, grazie all’impegno e all’idea di un abitante di nome Sebastiano Piaia69 che si recò in bicicletta dal Prefetto a Belluno per proporre il suo progetto, venne
66 G. Mieville, Brevi cenni storici su Rocca Pietore: antichissima magnifica comunità bellunese, Feltre, Castaldi, 1939, pp. 6-7 67 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25 68 L. Sirena, San Tomaso Agordino: balcone sulle Dolomiti, Agordo, Castaldi, 2007, pp. 11 69 Ivi, p. 12
19 costruita una strada più ampia. Anche se il momento non era dei migliori perché stava terminando la Guerra, i lavori iniziarono di lì a poco e furono coinvolti molti abitanti della zona. Le paghe non erano sicuramente alte ma era sempre un aiuto alle ristrette economie familiari del tempo e in pochi mesi la strada venne aperta. Si tratta di un comune sparso e la sede comunale si trova nella frazione di Celat.
Selva di Cadore Il Comune è situato nella Valle Fiorentina70, zona compresa tra le montagne Formin, Rocchetta, Becco del Mezzodì, Pelmo e Fernazza e si estende per 3321 ettari71. Il nome ha un chiaro legame con la parola selvatico. Per secoli questa zona appartenne al Cadore72, nonostante la vicinanza geografica alla Val Cordevole e tale legame rimase stretto per Figura 13 Selva di Cadore e la Val Fiorentina con l'imponente Pelmo sullo sfondo secoli. E’ importante porre l’accento su questo se si pensa al fatto che le comunicazioni tra Selva di Cadore e il resto del Cadore avvenissero attraverso il valico della Forada73, il quale era pericoloso e per nulla agevole. In estate la difficoltà maggiore era la durata della camminata: 4 ore e mezza all’andata e idem al ritorno. Mentre d’inverno, freddo e valanghe facevano diventare quel tragitto una sfida con la morte. La Val Fiorentina si poteva
70 V. Pallabazzer, I nomi di luogo dell’Alto Cordevole, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1971, p. 122 71 AA. VV., Storia, archeologia e geologia della Val Fiorentina, Cortina, Edizioni Printhouse, 2000, p. 101 72 Ivi, p. 123 73 L. Dell’Andrea, La ladinità di Selva di Cadore e gli Statuti comunali, Belluno, Tipografia Piave, 1996, p. 29
20 considerare isolata prima della costruzione di diverse strade74: il collegamento tra Selva e Caprile, poi il Passo Staulanza che permetteva di spostarsi verso lo Zoldano e Longarone, il collegamento a Colle, attraverso il quale si poteva proseguire per Livinallongo, infine il Passo Giau che permetteva scambi tra Selva e Cortina. Solo nel XX secolo75, con la creazione delle Comunità Montane, Selva si integrò con i vicini Comuni agordini. Nel corso degli ultimi decenni anche Selva di Cadore ha raggiunto un notevole sviluppo turistico grazie soprattutto agli impianti di risalita che permettono di far vivere al turista la montagna sia d’estate che d’inverno.
Taibon Agordino Taibon si trova alla confluenza del torrente Tegnàs col Cordevole76, all’imbocco della Valle di San Lucano, valle chiusa tra le pendici delle omonime Pale e la parete settentrionale del Monte Agnèr. Tale territorio è vasto (9020 ettari77) e comprende oltre alla Valle di San Lucano anche la Val Corpassa, vicina al Gruppo della
Civetta. Dal 1994, ogni anno Figura 14 La Valle di San Lucano e Taibon Agordino d’estate viene attribuito il
74 Dell’Andrea, Selva di Cadore come era, p. 79 75 Ibidem 76 Fontanive, Cadorin, Taibon, p. 7 77 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25
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Premio Corpassa78 a persone che si sono distinte per il loro amore e impegno verso la montagna. L’origine del nome Taibon79 è considerata collegata a una parola di origine latina da cui derivò “Tabullo” e poi Taibon. Taibon è uno dei pochi comuni che ha visto la propria popolazione crescere, grazie alla vicinanza con Agordo e lo stabilimento Luxottica.
Vallada Agordina Vallada, uno dei tre comuni della Valle del Biois, corrisponde al termine italiano vallata80 e il suo territorio si estende per 1319 ettari tra il Col di Frena81 a Ovest, le Cime di Pezza e Pianezza a Nord, il Celentone a Est e a Sud il Monte Celat. Vallada è un comune sparso che comprende sette frazioni: Mas, Celat, Sachet, Andrich, Toffol, Cogul e Piaz. Caratteristica è la Chiesa di San Simon82, attestata già nel 1185. Da alcuni anni è riconosciuta come monumento nazionale perché al suo interno vi sono molti affreschi dell’artista Paris Bordone, allievo di Tiziano Vecellio. Anche tra le antiche case e gli splendidi Figura 15 Vallada Agordina
78 G. Dal Mas, B. Pellegrinon, L. Santomaso (a cura di), Corpassa: una valle, un premio, Belluno, Tipografia Piave, 2003 79 Fontanive, Cadorin, Taibon, p. 7 80 Pellegrini, I nomi locali della Valle del Biois, p. 247 81 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 60 82 D. Fontanive, Guida turistica della Valle del Biois, San Vito di Cadore, Grafica Sanvitese, 2005, pp. 30- 31
22 fienili si trovano molti pregiati dipinti.
Voltago Agordino La storia di Voltago Agordino è strettamente legata alla maestosa cima dell’Agnèr, di cui parlerò diffusamente nel capitolo sul turismo. Una leggenda narra che il nome Voltago83 derivi dall’ampia volta fatta in quella zona da un lago che un tempo occupava l’Agordino. Il Comune di Voltago Agordino è formato da 2303 ettari84. A Vich85, località di Voltago, nel 1824 nacque Don Antonio Della Lucia, arciprete per anni a Canale e fondatore delle prime cooperative di consumo e delle latterie sociali. Fu sempre impegnato nel sociale, fondando il primo asilo Figura 16 Voltago Agordino rurale86 per i bimbi dai 4 agli 8 anni nel 1868, affinché potessero imparare a leggere e scrivere prima di iniziare a dare una mano alla famiglia nei lavori. Inoltre creò delle biblioteche circolanti. Amelia Edwards Blanford nel suo celebre libro definì Voltago “il paese dei ciliegi”87.
83 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 51 84 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, p. 25 85 P. Conte, M. Perale, 90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire, Belluno, L’amico del Popolo S.r.l., 1999, p. 83 86 F. Tamis, Don Antonio Della Lucia: il sacerdote del cooperativismo, Belluno, Tipografia Piave, 1972, p. 24 87 D. Bridda, C’era una volta…Voltago il paese dei ciliegi, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1990, p. 8
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La principale frazione di Voltago è Frassenè, la quale nei primi decenni del XX secolo raggiunse un notevole sviluppo turistico. Oltre alla costruzione di parecchi alberghi e pensioni, vennero potenziati i servizi offerti, il centro del paese venne abbellito, i sentieri vennero ripristinati e venne aperto anche un ufficio informazioni. Ciò fu possibile anche grazie al sostegno88 della Sezione Agordina del CAI, in quanto la vicinanza di Frassené al Monte Agnér rendeva tale località un punto strategico di partenza delle ascensioni a tale cima.
88 G. Fontanive, P. Mosca, L. Mosca, Frassené Agordino: un paese, tante storie, Belluno, Tipografia Piave, 2008, p. 16
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Capitolo 2
Le vecchie attività economiche in Agordino.
La coltivazione
Fino a un paio di decenni fa, ogni nucleo familiare aveva un seppur piccolo orto, che veniva recintato con il legno. In primavera si preparava la terra concimandola con il letame e vangandola. Molte erano le piante seminate89: la lattuga, la cicoria, l’assenzio, l’erba cipollina, lo scalogno, le bietole rosse, le zucche, l’aglio, i fagiolini, il sedano, la santoreggia, le patate, il granturco, il frumento, la segale, la canapa e l’orzo. Tra tutti questi sicuramente la patata era uno degli ortaggi più importanti ma anche uno degli ultimi a diffondersi, nel 1800. Coltivare la patata migliorò l’alimentazione in montagna, in particolare quando verso il 1860 fu importata dalla Germania90 una qualità di patate che dava un raccolto più abbondante e coltivabile a qualsiasi altitudine senza problemi. La consuetudine di coltivare un piccolo orto è stata abbandonata da alcuni, soprattutto dalle generazioni più giovani che la ritengono quasi una perdita di tempo, trovando al supermercato ogni ben di dio a prezzi relativamente modici. Ma, allo stesso tempo, molte famiglie in Agordino non rinunciano ad ottenere dalla terra quanto possibile in base al clima e alle condizioni meteorologiche perché l’orto di casa dà la certezza di poter avere prodotti sani. Qui di seguito parlerò di due delle coltivazioni principali: la canapa per ottenere tessuti e l’orzo per l’alimentazione.
89 E. Migliorini, Le dimore rurali del bellunese, Feltre, Libreria Pilotto Editrice, 1989, p. 165 90 Tancon, Noi da Canal, p. 82
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La canapa La coltivazione della canapa ha origini antiche. Proveniente dall’Asia centrale, si diffuse in Italia nel periodo delle Repubbliche Marinare (dal X al XIII secolo)91, quando erano necessari tessuti resistenti per costruire le corde e le vele delle flotte. Nel corso dei secoli la sua diffusione raggiunse anche la montagna bellunese. In Agordino la canapa92 veniva coltivata per ottenere tessuti necessari alla vita di tutti i giorni. Veniva seminata in primavera, possibilmente dove la terra era grassa ed abbondante. La pianta maschile veniva raccolta per prima, la si divideva in manne, le quali venivano portate in un prato e rimanevano lì sotto le intemperie per un paio di mesi. Quando anche la pianta femminile era matura, veniva raccolta. Dopo avere tolto i semi, usati in cucina, le piante femminili venivano unite alle altre. Dopodiché si procedeva a schiacciare i mannelli di canapa con un attrezzo apposito. Siccome si trattava di un lavoro Figura 17 Arcolaio con una matassa di canapa faticoso erano più donne a svolgerlo consecutivamente. Finita questa fase, si doveva separare la stoppa grezza dalla fibra scelta. L’attrezzo apposito93 veniva tenuto fermo in basso con il piede e in alto con la mano. Si facevano passare le fibre tra le punte di ferro: la fibra scelta rimaneva in mano mentre gli scarti finivano a terra.
91 http://www.informagiovani-italia.com/repubbliche_marinare.htm, data di consultazione 19 settembre 2014 92 F. Deltedesco, L’artigianato della lana, della canapa e del cuoio a Fodóm, Cittadella, Bertoncello Artigrafiche, 1995, pp. 96-97 93 Ivi, p. 104
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La parte scartata veniva arrotolata in un pennacchio e serviva a creare grembiuli da lavoro o lenzuola per trasportare il fieno. Con la parte migliore si ottenevano lenzuola, tovaglie, canovacci, asciugamani, camicie e sottovesti. Nel II Dopoguerra94, la coltivazione della canapa venne progressivamente abbandonata.
L’orzo L’orzo, la cui origine secondo alcune fonti è nel Vicino Oriente e per altre in Tibet95, è stato uno dei primi cereali ad essere coltivato. La coltivazione dell’orzo in Agordino era estremamente diffusa poiché era il cereale che si adattava con più facilità96 alle varie condizioni ambientali ed era facile da conservare. Erano preferibili terreni fertili e ben drenati. Essendo un cereale che impoveriva la terra, esso veniva coltivato a rotazione dopo tutti gli altri prodotti. Il terreno veniva arato a 30-40 cm di profondità, togliendo le erbacce e poi passando con l’erpice. L’orzo veniva seminato in primavera97 e in agosto veniva raccolto. L’orzo era maturo quando i chicchi erano color oro e la spiga si frantumava. Veniva ammucchiato in covoni e lasciato sul campo ancora per 3-4 giorni. L’orzo veniva poi messo sui ballatoi dei fienili ad essiccare. In autunno si procedeva alla battitura. La paglia che rimaneva dopo la battitura veniva sfruttata come lettiera per le mucche. I chicchi di orzo rimasti sul pavimento dovevano essere ulteriormente puliti dalle impurità. L’orzo così ottenuto veniva portato nel mulino più vicino per togliere la gluma (orzo perlato). L’orzo aveva vari utilizzi sia per l’uomo che per gli esseri animali.
94 Gruppo Fibranova S.r.l., http://www.gruppofibranova.it/it/canapa2.htm, data di consultazione 19 settembre 2014 95 Wikimedia Foundation Inc, http://it.wikipedia.org/wiki/Hordeum_vulgare, data di consultazione 19 settembre 2014 96 C. Rova, L’orz inte Selva, Belluno, Tipografia Piave, 2005, p. 17 97 Ivi, pp. 33-38
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Nell’alimentazione umana98, l’orzo veniva utilizzato nei seguenti modi: per la minestra d’orzo (un piatto tipico agordino molto nutriente) e altri utilizzi in cucina; come surrogato del caffè, sia a colazione che a cena. L’orzo perlato veniva tostato sul fuoco con un attrezzo chiamato “bàla” in dialetto. Era necessario stare attenti che non si bruciasse e quando raggiungeva un colore marrone scuro era pronto. Si metteva a raffreddare e si macinava. La polvere veniva messa in un recipiente contenente acqua che veniva portata ad ebollizione. Si aggiungeva poi mezzo bicchiere di acqua fredda99 per far depositare la polvere sul fondo: la stessa polvere veniva adoperata più volte;
ridotto a farina poteva Figura 18 La "bala" per tostare l'orzo essere mescolata a quella del frumento e usata per la panificazione. La sola farina di orzo rendeva il pane troppo duro e friabile; per il malto. Esso si otteneva dalla germinazione e successiva essicazione dei chicchi d’orzo da cui si sviluppano gli enzimi che trasformano l’amido in maltosio. Il malto si usa tuttora per produrre la birra e altri alcolici. Come nel caso della canapa, anche la coltivazione dell’orzo venne progressivamente lasciata da parte negli anni ’50 e ’60.
98 Ivi, pp. 39-40 99 E. Bernard, I mestieri nella stalla d’inverno, Vittorio Veneto, Kellermann Editore, 2011, p. 64
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La trebbiatura Le donne sul finire dell’estate raccoglievano le biade, le ammucchiavano in mezzo al campo e le lasciavano là per una giornata. Alla sera poi i covoni venivano portati sui poggioli dei fienili ed appoggiati sui bastoni per farli seccare per bene. In autunno100, nei fienili si procedeva con la trebbiatura. I bambini iniziavano da piccoli ad imparare questa attività: addirittura già a 6-7 anni. La trebbiatura si effettuava al primo piano, nel locale chiamato aia, il quale era piuttosto grande. Per battere le biade si usava un bastone di legno duro leggermente incurvato. La battitura veniva ripetuta alcune volte e poi si raggruppava la paglia in fasci. Ogni granello era importante e prima di iniziare tale lavoro, tramite una serie di cunei, si tappavano le feritoie tra una trave e l’altra del pavimento del fienile.
La molitura Nel 1900 c’erano moltissimi mulini in Agordino, che sfruttavano l’energia dei torrenti. Si deviava parte dell’acqua del torrente con tronchi e pietre101, convogliandola nella gora e infine nel canale di legno fino alla ruota. Se il torrente era in piena si doveva rinforzare la paratoia e d’inverno era necessario togliere il ghiaccio che man mano si formava sulla ruota. I mulini venivano adoperati per macinare il mais, la segale, l’orzo e il frumento. Anche i mulini nel XX secolo furono abbandonati progressivamente, sia perché dipendevano dai momenti di abbondanza102 delle acque sia perché si abbandonò un po’ alla volta l’agricoltura per altre attività più redditizie. I mulini si dividono in quelli con la ruota orizzontale103 e quelli con la ruota verticale. Quelli con la ruota orizzontale sono posti a cavallo della corrente in cui si pone sotto un asse un mozzo con pale. L’asse trascina in cima la macina mobile che frantuma il grano sulla mola fissa.
100 C. Vallazza, Corte: Livinallongo del Col di Lana, Belluno, Tipografia Piave, 1992, p. 67 101 G. B. Rossi, Civiltà agricola agordina, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1982, p. 230 102 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 151 103 Ivi, p. 158
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Invece il mulino con la ruota verticale ha la ruota mossa dal sotto (detta a pale) o dal sopra (a coppedello). La ruota a pale ha un diametro minore rispetto all’altra e in Agordino prevalse la ruota a coppedello, in quanto necessitava di meno acqua per muoversi. Le ruote venivano costruite con il legno di quercia, essendo molto resistente, mentre le pale erano ricavate da legno più leggero. Le ruote potevano essere poste sul corso principale o sul corso secondario dei torrenti. Il proprietario del mulino per la macinatura si faceva pagare in natura il più delle volte e in qualche caso in denaro, a seconda di come si accordava con il cliente che doveva macinare i propri cereali. La macinatura non era un lavoro facile: presentava pericoli104, se il cereale era troppo umido le ruote si inceppavano e all’opposto se c’era troppa poca umidità la crusca diventava polverosa. In Valle del Biois, in località Tegosa nel Comune di Canale d’Agordo, una signora ha continuato a macinare cereali fino a pochi anni fa. Attilia Fabris105, nata nel 1921 a Canale d’Agordo, si sposò nel 1942 con un ragazzo di Tegosa e lì vissero la loro esistenza. Un bel giorno il marito ebbe l’occasione di recuperare la ruota di un mulino e, avendo la casa vicino a un torrente, i due coniugi pensarono di installarlo e sfruttarlo. Tale attività fu portata avanti per tanti anni da Attilia, poiché il marito era via per lavoro. A La Valle Agordina invece è ancora attivo un mulino, appartenente alla famiglia Da Roit, azionato attualmente da un’erede: Mariarosa Da Roit106. Il mulino si trova nella frazione di Lantrago, vicino al ponte sul torrente Missiaga. Il canale che porta l’acqua al mulino è lungo 300 metri. In questo mulino è sempre stato macinato solamente il mais.
104 Vallazza, Corte, p. 69 105 D. Mazzoncini, C’era una volta, Rasai di Seren del Grappa, Tipolitografia Editoria DBS, 2013, p. 7 106 D. De Cassai, Il frumento e il pane nella storia di un paese, Belluno, Tipografia Piave, 2002, p. 22
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L’apicoltura
L’apicoltura era praticata in molti paesi agordini107. Il miele prodotto non era destinato alla vendita ma serviva al consumo familiare. Oltre al miele si utilizzava la cera108 con cui si realizzavano candele e anche un unguento per curare ferite e screpolature. A Cencenighe veniva adoperato in cucina insieme al papavero per cospargere le lasagne la vigilia di Natale. La cera si usava per far scorrere meglio il filo ottenuto dalla canapa, il quale serviva a costruire le pantofole. Alcuni creavano una pomata mescolando miele, resina di larice e burro che curava ferite ed infiammazioni. Attualmente l’apicoltura è praticata a Colle Santa Lucia109, Rivamonte Agordino e Rocca Pietore. In Agordino nel 1998 erano presenti 131 arnie110. La zona è ricca di fiori di ogni tipo e la qualità del miele è alta ma le quantità prodotte sono limitate. Dunque, il miele arriva al consumatore tramite una vendita diretta il più delle volte. A Colle Santa Lucia è attiva la ditta Miele Agostini111, che si occupa di apicoltura dalla fine del XIX secolo ed è arrivata alla quinta generazione. Il Miele Agostini è considerato biologico secondo la legge del 2001. La ditta produce e commercia ben 6 qualità di miele: millefiori di montagna: prodotto in Alto Agordino e in Val Fiorentina; miele di bosco: Alto Agordino, Val Fiorentina e Passo San Pellegrino; miele di rododendro: Monte Pore e Cherz; miele di tiglio: Dolomiti Bellunesi e Pedemontana Veneta; miele di acacia: Val Belluna, Montello e Novara; miele di fiori di melo: Trentino Alto Adige. A Rivamonte c’è la ditta Apicoltura Michele Schena112, che produce miele biologico.
107 Rossi, Civiltà agricola agordina, p. 157 108 Pallabazzer, Chizzali, Colle Santa Lucia, p. 225 109 AA. VV., Api, apicoltori e apicoltura, Rasai di Seren del Grappa, Tipolitografia Editoria DBS, 2011, p. 9 110 Ivi, p. 11 111 Agostini Celestino, http://www.mieleagostini.it, data di consultazione 10 giugno 2014
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Infine, a Rocca Pietore c’è l’Apicoltura “Due Valli”113 di Pezzè Francesco. Il padre di Francesco ha iniziato l’attività nel 1986. In Provincia sono attive quattro associazioni: Apidolomiti, Apat – Apicoltori in Veneto, Apimarca e Associazione Regionale Apicoltori Veneto.
La produzione di birra
Nel 1847 a Canale d’Agordo venne costruita una fabbrica di birra114 dall’avvocato e pubblicista Giovanni Battista Zannini, la quale fu operante fino al 1930. L’avvio di tale fabbrica fu seguita all’inizio da alcuni maestri birrai giunti appositamente dalla Baviera. Nel 1908 una parte della famiglia proprietaria della fabbrica si spostò a Pedavena e aprì quella che divenne negli anni la famosa Birreria Pedavena.
La fienagione
Se al giorno d’oggi tagliare l’erba è un’attività svolta da pochi, solo vicino alle abitazioni e soprattutto per curare il territorio, fino agli anni ‘70 era un’attività fondamentale. Avere una grande scorta di fieno da dare da mangiare alle bestie durante l’inverno era basilare perché rappresentava la sopravvivenza anche della gente. Fino a 50 anni fa l’area vicino ai paesi era completamente coltivata e i prati si trovavano ad altitudini maggiori. La gente tagliava il più possibile, spingendosi fin sotto le stupende pareti dolomitiche. Negli anni furono costruite moltissime teleferiche che permettevano di trasportare a valle il fieno con minore fatica. Le funi, probabilmente
112 Ente Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, http://www.dolomitipark.it/ar/produttori.php?id_produttori=10018, data di consultazione 10 giugno 2014 113 Pezzè Francesco, http://www.apicolturaduevalli.it/, data di consultazione 10 giugno 2014 114 Pellegrinon (a cura di), Canale d’Agordo, p. 21
32 avanzate dalla produzione bellica, furono donate dallo Stato al termine del primo conflitto mondiale per aiutare la popolazione montana particolarmente provata dalle miserie della guerra. Era necessario rialzarsi e l’unica maniera era sfruttare le poche risorse ottenibili dalla terra. Una cosa da sottolineare è il fatto che molti uomini erano all’estero a lavorare ed erano quindi soprattutto le donne ad occuparsi di tale lavoro, aiutate dalle persone anziane ancora in grado di lavorare e dai ragazzini. Mio papà si ricorda ancora le innumerevoli salite intraprese da bambino per aiutare la propria famiglia. La giornata iniziava la mattina presto perché l’erba bagnata di rugiada era più facile da tagliare con la falce. Il fieno era una merce talmente importante che i sentieri più trafficati venivano lastricati con delle lastre in pietra, conficcate nel terreno di taglio per facilitare la salita con i carri ed evitare che gli acquazzoni estivi potessero causare eccessivi danni. Questi lastricati sono stati predisposti così bene da resistere fino ai giorni nostri. Anche i muri a secco in pietra, eretti il più delle volte come confine tra un terreno e l’altro, si sono conservati perfettamente. In primavera115 era necessario ripulire i prati poiché, a causa delle valanghe, erano pieni di fogliame, pietre e rami. Anche i prati, come i campi, venivano concimati con il
Figura 19 Sentiero lastricato che porta sulle letame. Prima di procedere al taglio era pendici delle Cime d’Auta fondamentale preparare la falce116 (fauth) a dovere, battendola con martello e maglio (mai). Periodicamente la lama veniva ravvivata con un passaggio con la pietra molare (piera), la quale si teneva in un contenitore con dell’acqua (codèr).
115 Pallabazzer, Chizzali, Colle Santa Lucia, p. 179 116 P. Rosson, Rivamonte: kela de na òlta, Cittadella, Bertoncello Artigrafiche, 1991, p. 86
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Un primo fieno era il maggengo117, spesso detto anche semplicemente fieno ed era quello di qualità migliore, poi c’era il lugliengo (adòrc) e il terzo fieno infine, il quale veniva tagliato raramente, in particolare alle quote più alte. Quest’ultimo era usato per nutrire capre e conigli. Il fieno veniva trasportato nei fienili o nelle gerle (darlìn) o con il metodo del “fas sulla testa”118: questo consisteva nel fare un gran mucchio di fieno bloccandolo bene con una corda e poi si infilava la testa in un piccolo Figura 20 Gli attrezzi necessari per la fienagione buco creato in mezzo al fieno. Tra il fieno e la testa si metteva un fazzoletto di stoffa per evitare il contatto diretto con il fieno. Il fieno per essere riposto nei fienili doveva essere perfettamente secco, altrimenti c’era il rischio che marcisse e fermentasse con il conseguente pericolo di incendi o la formazione di muffe e in tal caso sarebbe stato rifiutato dagli animali. Il fieno rifiutato dalle mucche veniva tolto dalla loro mangiatoia e dato alle pecore o alle capre. Quando era in arrivo un temporale si portava il fieno al riparo anche se non perfettamente asciutto perché si poteva mettere ad asciugare nei ballatoi. Nel Comune di La Valle119 era diffusa l’abitudine di lasciare il fieno in montagna al riparo dentro alle “scófe” (piccole costruzioni in legno) fino all’inverno. Quando arrivava la neve, il fieno veniva trasportato in paese con le slitte.
117 G. Grava, G. Tomasi, La fienagione nelle Dolomiti venete, Vicenza, Angelo Colla Editore, 2012, pp. 37- 38 118 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 17 119 D. Perco, Malgari e pascoli: l’alpeggio nella provincia di Belluno, Feltre, Libreria Pilotto Editrice, 1991, p. 15
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I fienili
I fienili erano le indispensabili strutture che servivano per conservare le granaglie e il fieno nei mesi in cui le bestie non potevano stare all’alpeggio. Secoli orsono, casa, fienile e stalla erano un tutt’uno ma dal XVI secolo120 si iniziò a costruire separatamente le abitazioni per motivi igienici. In Agordino sono ancora presenti diversi esempi di casa e fienile uno a fianco dell’altro in un corpo unico. I materiali usati per costruire i fienili erano semplicemente quanto si trovava in natura: legno e pietra121. Il ferro122 veniva usato raramente poiché era un materiale costoso. Il fienile veniva costruito sopra la stalla che era di pietra. La stalla aveva una porta doppia in legno. All’interno, in un angolo, c’era il fieno e in un altro si ammucchiavano le foglie123, dette anche strame124, che venivano usate come lettiera per gli animali. Lungo le pareti c’erano le mangiatoie. Sul pavimento c’era la zanella dove confluiva lo stallatico: era leggermente inclinata verso l’esterno. Le finestre e le porte della stalla venivano spesso coperte con gli infissi125 per proteggere anche le bestie dal freddo. Gli attrezzi presenti erano il minimo indispensabile: una piccola seggiola usata mentre si mungeva, il badile, la vanga, la forca per spostare il fieno, le falci, i rastrelli e le gerle. La stalla era anche un luogo di ritrovo nelle lunghe sere invernali: era un ambiente mite grazie al tepore emanato dagli animali. In passato i fienili venivano costruiti “a castello”126 (block bau) con l’uso di grossi tronchi sovrapposti di larice, incastrati negli angoli. Tale sistema di costruzione richiedeva quindi molto legname e nell’Ottocento si cambiò tecnica, creando costruzioni più leggere: prima di tutto si posavano montanti di legno, distanti qualche
120 Ivi, p. 75 121 D. Perco (a cura di), Uomini e pietre nella montagna bellunese, Belluno, Tipografia Nero su Bianco, 2002, p. 111 122 L. Dematteis, Case contadine nelle Valli Dolomitiche del Veneto, Ivrea, Priuli & Verlucca Editori, 1991, p. 40 123 Rossi, Civiltà agricola agordina, p. 96 124 Grava, G. Tomasi, La fienagione nelle Dolomiti venete, p. 84 125 C. Vallazza, R. De Toni, I nostri fienili, Belluno, Tipografia Piave, 2009, p. 28 126 Ferrario (a cura di), Tabià, p. 63
35 metro l’uno dall’altro, poi si univano orizzontalmente con travi interpiano e controventati da travi messi in una determinata angolazione. Le pareti, infine, venivano chiuse con tavole di larice e traforate per arieggiare il fieno e allo stesso tempo decorare il fienile. Il fienile poteva essere composto da uno o due piani127. Al primo piano (in dialetto èra) si poteva accedere dal ponte posteriore e si divideva in una parte chiamata aia dove si battevano i cereali e un’altra parte ad altezza doppia dove si conservava il fieno. La quantità di fieno128 raccolta durante l’estate doveva bastare per tutti i mesi invernali e all’incirca per ogni bestia servivano 50 metri cubi. Sul pavimento del primo piano c’era una botola che serviva a far cadere il fieno necessario agli animali. I ballatoi esterni potevano essere più o meno coperti e percorrevano il fienile su due o tre lati. Il sottotetto era invece chiamato “archèr” e vi si accedeva il più delle volte grazie a una ripidissima scala. Vi si riponevano gli attrezzi e anche il fieno se ai piani inferiori non c’era più spazio. Il tetto era a due falde e ricoperto di scandole129 in legno di larice. Le scandole erano delle tavolette130 dello spessore di due o tre cm e lunghe 60 cm. Venivano disposte sfalsate e sormontate per circa la metà della lunghezza. Poi si passò all’uso dei coppi, i quali venivano adagiati sul tetto in doppio strato: quello inferiore con la concavità verso l’alto e quello superiore con la convessità verso l’alto, entrambi gli strati sfalsati e sormontati.
127 Grava, Tomasi, La fienagione nelle Dolomiti venete, p. 79 128 Dematteis, Case contadine nelle Valli Dolomitiche del Veneto, p. 13 129 Vallazza, Toni, I nostri fienili, p. 10 130 Rosson, Rivamonte, p. 26
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Nel 1944, in piena guerra, molti fienili ed abitazioni in Agordino vennero bruciati dai tedeschi per rappresaglia. Quell’inverno per quella povera gente fu tremendo. Successe anche alla casa e al fienile di mio nonno Benedetto. Lui era prigioniero in guerra e a casa il capo famiglia presente era il bisnonno che, suo malgrado, non potè fare nulla in quanto si trovò davanti un tedesco armato di fucile. E così rimase lì ad assistere ad un vero e proprio inferno, che distrusse il sudore e le fatiche di anni. L’anno scorso, Figura 21 Elenco originale scritto dal bisnonno Giusto rovistando in alcune scatole conservate nel fienile, abbiamo trovato diversi documenti, tra cui un elenco compilato un paio d’anni dopo che riportava quanto andato perso. Sono fatti che toccano il cuore e mi ha colpito la precisione con cui il mio bisnonno, classe 1877, compilò quella lista, speranzoso di ottenere un qualche risarcimento. Con il boom economico e l’abbandono di alcune attività come l’agricoltura e l’allevamento, la maggior parte dei fienili sono stati abbandonati e sfruttati come magazzino e legnaia. Negli ultimi anni si è assistito alla ristrutturazione e al cambio d’uso di molti fienili, trasformati in splendide abitazioni. Se da un lato questo rappresenta un recupero e un modo per non abbandonare la montagna, dall’altro porta ad allontanare sempre più dagli occhi delle Figura 22 Il fienile di famiglia appena ristrutturato nuove generazioni un passato lontano di pochi decenni.
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Le abitazioni
Dopo aver parlato dei fienili, il passaggio successivo e naturale è trattare le abitazioni. Sono giunti ai giorni nostri documenti che attestano con sicurezza la presenza stanziale in Agordino dalla metà del XII secolo. Nel costruire una casa, la gente cercava posti il più possibile soleggiati131 e in effetti le prime case vennero costruite sulle pendici delle montagne. Le case venivano costruite le une vicine le altre per non togliere spazio prezioso per i campi. Non esistevano mattoni e le case venivano costruite con i sassi132 recuperati nei torrenti e la calce veniva prodotta artigianalmente come spiegherò più avanti: tutto questo fino a fine anni ’50, quando si iniziò ad utilizzare materiali industriali. Già allora avere una casa di proprietà era importantissimo, si poteva anche costruire un po’ alla volta mentre essere in affitto era una cosa percepita dalla gente di montagna come umiliante. Al piano terra c’erano le cantine e la cucina. Un tempo non venivano costruite le rotonde e si faceva fuoco sul pavimento, il quale era in terra battuta133: il fumo veniva fatto uscire dalla porta d’ingresso ma in questo modo c’era fuliggine ovunque. Ancora non esistevano i camini, che furono introdotti solo nel XIV secolo134. Col tempo si diffuse l’usanza di costruire una rotonda (chiamata “caminatha” in dialetto) con un camino, esterna al corpo dell’abitazione per evitare che si formasse fumo. Solitamente era dotata di alcune finestre per avere maggiore luce all’interno della cucina e la sua forma135 poteva essere semicircolare, semiquadrata o semiottogonale. Al centro, sul pavimento, c’era una grande pietra (larìn)136 dove veniva acceso il fuoco sia per la cucina che per riscaldare l’ambiente. Attorno al larìn c’era solitamente una panca dove sedersi e sopra, nella cappa vicino all’imbocco del camino, si appoggiavano
131 Ivi, p. 31 132 Dell’Andrea, Selva di Cadore come era, p. 47 133 Rossi, Civiltà agricola agordina, p. 30 134 Tancon, Noi da Canal, p. 69 135 Ivi, p. 72 136 Migliorini, Le dimore rurali del bellunese, p. 7
38 le ricotte per farle affumicare. In cucina137 c’era il minimo indispensabile, qualche piatto, pentole, ciotole, qualche mestolo e alcune posate. I cucchiai erano sempre presenti, le forchette erano già più rare mentre di coltelli in linea di massima ce n’era solo uno. I pasti138 erano due: il pranzo verso le 9 della mattina e la cena verso le 17. In mezzo alla rotonda veniva appesa una catena su cui poi si agganciava il paiolo. Spesso il burro e il lardo venivano conservati in recipienti di pietra139 che si chiudevano con dei coperchi in legno. La “stua”140 era il locale più accogliente della casa, dove c’era la caratteristica stufa in muratura di pietre, chiamata “fornel”. Spesso sulla stufa c’era un soppalco dove i bimbi e gli anziani si potevano sedere e stare al caldo. La stufa veniva alimentata con la legna tramite un’apertura che solitamente dava sulla cucina: alimentato per bene la mattina, sprigionava poi il calore per tutto il giorno. A volte lungo la stufa c’era una panca e davanti un tavolo. Le famiglie più fortunate potevano quindi mangiare vicino a quella eccezionale fonte di calore. Ma la maggior parte mangiava in cucina. Di solito le mura della stua erano rivestite141 di legno e questa isolazione assicurava ancora più benessere. Le camere da letto142 erano dotate dell’essenziale: un letto a una o due piazze e una cassapanca. Raramente c’erano armadi, comò o comodini. Il materasso era formato dalle foglie secche del granturco e ogni mattina doveva essere riassestato. Il bagno era all’esterno dell’abitazione, con le pareti di legno e costituito solo da una latrina sotto la quale c’era una buca che raccoglieva gli escrementi.
137 Rosson, Rivamonte, p. 36 138 Rossi, Civiltà agricola agordina, p. 26 139 Perco (a cura di), Uomini e pietre nella montagna bellunese, p. 205 140 Migliorini, Le dimore rurali del bellunese, p. 33 141 A. Case De Toni, Costruire per vivere: case e fienili di Alleghe e dintorni, vestigia di un mondo remoto, Belluno, Tipografia Piave, 1987, p. 22 142 Rosson, Rivamonte, pp. 38 - 39
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L’allevamento e le malghe
L’allevamento rappresenta l’altra attività che, assieme all’agricoltura, ha caratterizzato l’Agordino fino agli anni ’70. Fino ad allora ogni famiglia aveva almeno una mucca, grazie alla quale era possibile avere il latte fresco tutti i giorni e integrare la povera alimentazione con il formaggio e gli altri derivati del latte. Spesso si usano i termini malga e casèra143 con lo stesso significato. In realtà per malga si intendono i pascoli, i recinti, le stalle e le costruzioni usate per la lavorazione del latte e per il ricovero della gente. La casèra comprende solo gli ultimi due aspetti. L’altitudine media delle malghe agordine era di 1700 m144. Nel Sottochiusa tendevano ad essere ad altitudini più basse. La casèra doveva essere vicina a una ricca sorgente d’acqua, in quanto elemento indispensabile sia per abbeverare le bestie sia per lavorare il formaggio. La casèra era un edificio di pietre che poteva essere a uno o due piani. Al pianoterra il pavimento era di pietra o di cemento. Erano presenti due camini, uno sopra il focolare usato per cucinare e l’altro dove si cuoceva il latte. Inoltre, c’era la cantina dove si conservava il formaggio e il casello del latte, dove si trovava la vasca nella quale venivano adagiati i vasi di metallo contenenti il latte. Al secondo piano si poteva dormire. La stalla (in dialetto “stalón”) era un edificio lungo e stretto, di pietra. Al centro c’era un fosso che percorreva la stalla per la sua lunghezza e di lato due marciapiedi un po’ rialzati. Alle pareti lunghe venivano attaccate delle travi a cui si applicavano le catene delle mucche. A volte era presente una tettoia (teàth) e il porcile (caoth). C’erano poi il letamaio (ledamèr) fatto di pietre o di cemento e una fontana per abbeverare gli animali. A volte, alcuni malgari si appoggiavano a una seconda malga detta “di appoggio”, a un’altitudine maggiore e parecchio distante dalla prima. Questo sistema permetteva di
143 A. Rizzato, Dolomiti Venete: escursioni alle malghe, Trento, Casa Editrice Panorama, 2009, p. 9 144 N. Zeper, Malghe e malgari agordini negli anni 1974 e 1975, Belluno, Tipografia Piave, 2013, pp. 29- 33
40 sfruttare al meglio i pascoli presenti e di non dover fare ritorno alla malga a quota inferiore. L’alpeggio richiedeva sicuramente molta esperienza. Le mucche venivano portate al pascolo la mattina verso le nove. Nei primi giorni di monticazione gli animali venivano fatti pascolare nei pressi della malga, in modo che mangiassero l’erba che era già alta grazie alla concimazione dello sterco dell’anno precedente. Le vacche man mano erano sempre più allontanate dagli edifici, cambiando ogni giorno posto per permettere loro di mangiare sempre erba fresca. Nei periodi più caldi le si portava nelle zone ricche di acqua. Si mungeva due volte al giorno, la mattina presto e nel tardo pomeriggio, in secchi di metallo ma in passato i secchi erano di legno. Le persone per essere più comode durante la mungitura si sedevano su uno sgabello in legno. Il latte veniva versato in alcuni recipienti di metallo facendolo passare per un filtro. Tali vasi erano immersi nell’acqua corrente freschissima, in modo da non fare coagulare il latte: questo sistema è conosciuto come il sistema svedese.
Figura 23 La zangola Al mattino, il casaro scremava il latte e metteva la panna ottenuta nella zangola145, che venendo girata, produceva il burro. Il siero in avanzo veniva usato per nutrire i maiali. Il burro veniva poi manipolato finché non si otteneva un’amalgama compatta, la quale veniva messa negli stampi. Il latte parzialmente scremato veniva poi versato in un grande calderone, il quale era appeso a un gancio di legno e veniva tenuto sopra il fuoco a una temperatura tra i 30 e
145 Ivi, p. 40
41 i 35 gradi. Veniva aggiunto il caglio e si attendeva poi che il latte coagulasse. Il calderone veniva tolto dal fuoco e si mescolava il latte per 15 minuti circa. Quando il latte era coagulato lo si rimetteva sul fuoco per altri 35 minuti, continuando a mescolare. Si voltava la cagliata affiorata, la si rompeva con la lira e la lasciava depositare. Si faceva raggiungere una temperatura tra i 36 e i 40 gradi, mescolando continuamente. Raggiunta la temperatura, veniva tolto dal fuoco e si lasciava depositare sul fondo la pasta. La pasta veniva tolta, manipolata e poi compressa nelle fascere.
Il siero rimasto nel calderone Figura 24 Calderone e lira veniva poi usato per produrre la ricotta o come cibo per gli animali. Le fascere venivano poste una sopra l’altra, dividendole con una tavoletta di legno e una tela leggera. In cima si appoggiavano dei sassi per comprimere bene il tutto. Dopo sei ore146 la pasta veniva tolta dalle fascere e messa nella vasca della salamoia, dove rimaneva per 48-72 ore. Le forme venivano poi messe sugli scaffali e cosparse di sale un paio di volte. La maturazione dei formaggi poteva durare da qualche giorno (formaggi freschi) a oltre un anno. Lo schiz, prodotto molto apprezzato anche ai giorni nostri dai turisti, era una pasta di latte intero che non veniva messo nelle presse e non era salato. La sua conservazione è molto più breve. Per produrre la ricotta invece, dopo aver tolto la pasta casearia, si aggiungeva al siero crudo il latticello. Si portava a 85 gradi e si aggiungeva un aceto di siero. Tale sostanza si otteneva lasciando inacidire del siero vicino a una fonte di calore, al quale si
146 Ivi, p. 42
42 aggiungevano delle erbe selvatiche come l’ortica oppure un po’ di farina di granoturco. Questo liquido si conservava in una piccola botte vicina al fuoco. Si mescolava bene il tutto e all’inizio, con lo stesso mestolo usato per scremare il latte, si toglieva la schiuma. Poi con un mestolo forato si levava la ricotta, che veniva messa in sacchetti di tela. Questi sacchetti venivano appesi, in modo da far scolare via il siero. Quando erano ben colate, le ricotte venivano o consumate fresche o lasciate ad affumicare vicino alla cappa del camino. Le estati piovose147 erano ideali in quanto l’erba cresceva abbondante, anche se i pastori tornavano la sera bagnati fradici. A Livinallongo e a Colle Santa Lucia vigeva il sistema del maso chiuso148, tipico delle popolazioni tirolesi: si evitò di frammentare la proprietà privata ma si mantenne costante il numero dei fuochi. La proprietà privata andava in eredità al primogenito e gli altri figli dovevano trovare un altro mestiere da svolgere oppure stare alle dipendenze del fratello. Così le proprietà permettevano alle famiglie il sostentamento. Era palese il fatto che fosse un’ingiustizia149 verso gli altri figli, ma i benefici derivanti dall’indivisibilità della proprietà erano considerati ben maggiori. Va sottolineato il fatto che nei due comuni agordini la forma di maso chiuso usata era attenuata. Il nucleo principale andava al primogenito ma gli altri possedimenti venivano divisi tra gli altri fratelli. Questo sistema rimase sempre sconosciuto negli altri comuni agordini, i quali infatti tuttora presentano un’altissima frammentazione dei terreni. Con la successione dei terreni da una generazione all’altra capita che un prato possa appartenere anche a un centinaio di eredi.
147 Perco, Malgari e pascoli, p. 216 148 CAI Sezione Agordina, Còl De Lana: adunanza 1996, Cornuda, Grafiche Antiga, 1996, p. 26 149 M. Busatta (a cura di), La montagna oltre il Duemila, Belluno, Tipografia Piave, 1999, p. 88
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Storia delle latterie agordine Il fondatore della Federazione delle Latterie Agordine fu Don Antonio Della Lucia, nato a Frassenè Agordino il 16 maggio del 1824. Fu parroco di San Tomaso Agordino e di Canale d’Agordo. Nel 1872 fondò la prima latteria cooperativa italiana a Forno di Canale e successivamente negli altri paesi. A Canale d’Agordo, in via Roma di fronte alle scuole elementari, è ancora presente la vecchia latteria con le antiche scritte. Don Antonio capì che l’unico modo per salvare la produzione casearia locale era unire le forze. Un impianto unico e più grande era indubbiamente più economico di tanti piccoli impianti casalinghi. I prodotti erano ottenuti più velocemente e con una qualità migliore, inoltre collaborare significava essere più forti ed evitare di finire nelle mani degli speculatori. Per aiutare la popolazione si improvvisò casaro, acquistando il latte e lavorandolo egli stesso. Per questo aspetto venne aspramente criticato e accusato di speculare su tale attività. Dopo qualche tempo chiamò la gente che gli aveva procurato il latte, presentò i conti e disse che i soldi appartenevano a loro ma che a causa delle cattiverie dette sul suo conto se li sarebbe tenuti a meno che non fossero stati disposti a investirli nella costituzione della latteria Figura 25 Libretti originali dei soci di una latteria agordina cooperativa. Nel 1881 le latterie sociali nella Provincia di Belluno avevano raggiunto le 54 unità e tutte parteciparono all’Esposizione Industriale di Milano150. Nel 1884 erano salite a 114 e l’anno dopo a 120: molte latterie parteciparono all’Esposizione di Torino e di esse dieci vennero premiate e addirittura quella di Taibon giunse prima.
150 Tamis, Don Antonio Della Lucia, p. 43
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Le latterie agordine parteciparono ad altre esposizioni151 in giro per l’Italia, ottenendo anche importanti riconoscimenti, tra cui quella di Portici nel 1877, di Palermo nel 1892 e di Milano e di Castelfranco Veneto nel 1930. Nel 1888 venne fondata la Federazione delle Latterie Agordine per evitare che le innumerevoli latterie si facessero concorrenza l’una con l’altra. Come direttore fin dall’inizio fu eletto Raffaele Costa152, un insegnante. Ad Agordo nel 1901 venne costruita la casa madre153 della Federazione, l’attuale sede della Comunità Montana Agordina. I singoli soci portavano ai caseifici il latte munto ogni giorno. Il quantitativo veniva registrato e poi in proporzione a quanto portato ricevevano formaggio, ricotta e siero. Per il burro invece ricevevano del denaro. Il burro di tutte le latterie arrivava ad Agordo, dove veniva poi smerciato ai vari acquirenti. Esso veniva severamente controllato e rifiutato qualora avesse presentato difetti154 e nel caso in cui una latteria fosse stata recidiva nel portare un burro non di qualità sarebbe stata espulsa dalla Federazione. Il burro rimaneva ad Agordo per pochissimo tempo in quanto le richieste superavano di gran lunga la produzione. L’apertura del tratto ferroviario tra Agordo e Bribano permise un trasporto sicuro e veloce per l’apprezzatissimo burro. Nel 2009 è stata pubblicata una copia anastatica di un volume del 1932 che era stato scritto dalla “Cattedra ambulante per la provincia di Belluno” sulla consistenza delle latterie bellunesi in quell’anno. Si trattava di un volume di 281 pagine dattiloscritto. Nel 1932 esistevano 55155 latterie nell’Agordino. Prima di elencare le varie latterie presenti chi ha scritto tale volume ha sottolineato la necessità delle latterie agordine di dotarsi di attrezzatura più all’avanguardia e di riunire i tanti piccoli caselli in organizzazioni maggiori:
151 AA. VV., La scòta – Có se desmonteghea, Belluno, Tipografia Piave, 2005, p. 27 152 C. Boni, Agordo e il suo burro, Agordo, Castaldi, 2010 (Ristampa anastatica), p. 11 153 Tamis, Don Antonio Della Lucia, p. 52 154 Boni, Agordo e il suo burro, p. 30 155 Cattedra Ambulante della Provincia di Belluno, Consistenza delle latterie Soc. Coop. della Prov. nel 1932 – X, Rasai di Seren del Grappa, Tipolitografia Editoria DBS, 2009, p. 186
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Numero di Latte lavorato Periodo di Comune Frazione Numero di soci mucche in q funzionamento Agordo Toccol 75 110 1500 Dal 10/10 al 10/06
Agordo Rif 29 51 517 Dal 15/10 al 15/05
Agordo Broi della Roa 50 60 700 -
Alleghe Alleghe 50 60 650 Dal 15/11 al 01/06
Alleghe Collondel 10 15 300 Dal 15/12 al 15/04
Alleghe Caprile 30 35 350 Dal 01/12 al 31/05
Cencenighe Cencenighe 99 124 1445 Dal 01/11 al 15/06
Cencenighe Pradimezzo 14 18 350 Dal 01/01 al 25/05
Cencenighe Bogo 22 32 415 Dal 01/12 al 15/04
Colle S. L. Colle S. L. - 110 500 Dal 15/02 al 30/06
Falcade Falcade Basso 125 162 3285 Dal 01/10 al 30/06
Falcade Falcade Alto 70 78 1210 Dal 01/11 al 31/05
Falcade Caviola 60 88 1505 Dal 01/10 al 24/06
Falcade Sappade 60 75 835 Dal 01/11 al 31/05
Falcade Valt 25 54 630 Dal 01/11 al 31/05
Forno di C. Forno di C. 140 205 3205 Tutto l’anno
Forno di C. Fregona 28 43 535 Dal 01/10 al 15/06
Forno di C. Gares 28 55 980 Tutto l’anno
Forno di C. Feder 30 50 825 Dal 01/10 al 31/05
Forno di C. Carfon 24 33 540 Dal 01/11 al 30/06
Gosaldo Sant’Andrea 50 58 730 Dal 01/11 al 31/05
Gosaldo Saresin 56 103 1215 Dal 15/10 al 15/06
Gosaldo Tiser 45 60 740 Dal 01/11 al 30/04
Gosaldo Ren 48 60 810 Dal 15/10 al 15/05
La Valle La Valle 180 247 3650 Dal 10/10 al 20/06
La Valle Cancellade 20 45 475 Dal 01/11 al 15/06
Livinallongo Livinallongo 32 84 260 Quasi tutto l’anno
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Rivamonte Villagrande 60 69 1150 Novembre - giugno
Rivamonte Zenich 60 65 1500 Novembre - giugno
Rivamonte Val dei Tos 65 85 850 Dal 15/10 al 15/06
Rocca P. Rocca 22 75 980 Dal 01/12 al 01/05
Rocca P. Palue 23 40 259 Dal 01/12 al 01/05
Rocca P. Sottoguda 37 38 490 Dal 15/11 al 30/04
Rocca P. Le Grazie 12 32 280 Dal 01/12 al 30/04
Rocca P. Caracoi 38 67 600 Dal 01/12 al 30/04
Rocca P. Laste 36 55 530 Dal 01/12 al 15/04
S. Tomaso S. Tomaso 46 49 900 Tutto l’anno
S. Tomaso Pecol 20 38 554 Dal 01/10 al 31/05
S. Tomaso Pianezze 46 59 1180 Dal 01/10 al 31/05
S. Tomaso Avoscan 40 42 1503 Dal 01/12 al 31/05
S. Tomaso Costoia 20 23 280 Dal 01/10 al 31/05
Selva di C. S. Fosca 98 200 1750 Dal 01/01 al 30/08
Selva di C. S. Lorenzo 84 120 950 Dal 01/02 al 15/09
Taibon Taibon 56 68 841 Dal 01/10 al 15/06
Taibon Val 45 50 580 Dal 01/10 al 15/06
Taibon Soccol 30 45 488 Dal 01/11 al 31/05
Taibon Listolade 32 56 590 Dal 01/11 al 31/05
Taibon Peden 36 54 850 Novembre - giugno
Vallada Celat 21 50 1005 Tutto l’anno
Vallada Cogul 22 35 540 Dal 01/10 al 30/06
Vallada Andrich 76 110 1580 Tutto l’anno
Vallada Mas 18 25 365 Dal 01/10 al 31/05
Voltago Voltago 80 115 2100 Dal 15/09 al 15/06
Voltago Digoman 24 35 385 Dal 15/10 al 31/05
Voltago Frassenè 90 195 1632 Dal 31/10 al 01/06
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Fino a qualche decennio fa, quando i pastori tornavano in paese dall’alpeggio, si era soliti fare una festa, adornando con fiori e campanacci soprattutto gli animali più produttivi. Un po’ alla volta tale usanza venne abbandonata perché la gente che teneva bestie era sempre meno e non tutte le amministrazioni comunali nel corso degli anni furono d’accordo col fatto di lasciare transitare gli animali nelle strade del paese. Dal 2005 a Falcade è stata ripristinata quest’antica festa, la desmontegada156, che ogni anno attrae sempre più turisti che vengono ad assistere a questa bella sfilata. Anche ad Agordo dal 2000 è stata ripristinata la “Fiera del bestiam”, che da allora viene organizzata ogni anno il secondo sabato di ottobre in centro.
L’allevamento ovino L’allevamento di pecore era concentrato soprattutto nel territorio di Livinallongo del Col di Lana157. Era un allevamento meno impegnativo di altri: d’inverno le pecore stavano nelle stalle nutrendosi del fieno più scadente mentre d’estate stavano nei pascoli in montagna. Dalle pecore si poteva ottenere la carne, la lana e il latte e derivati dalle razze lattifere. In primavera e in autunno si procedeva alla tosatura. Le zampe venivano legate per fare in modo che la pecora rimanesse ferma e per ognuna ci volevano circa 45 minuti. La lana tagliata doveva poi essere lavata con acqua158 e senza sapone in quanto era importante che mantenesse l’untuosità per non perdere l’impermeabilità. La lana veniva così stesa al sole e girata ogni tanto in modo da farla asciugare omogeneamente. Dopo alcuni giorni al sole, la lana bianca veniva separata dalla nera e in alcuni casi si mescolavano i due colori per ottenere il colore grigio. Si procedeva poi a una cardatura a mano per poi effettuare quella vera e propria. Nella frazione di
156 AA. VV., La scòta – Có se desmonteghea, p. 72 157 Deltedesco, L’artigianato della lana, della canapa e del cuoio a Fodóm, p. 13 158 Ivi, p. 24
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Ornella rimase attiva una cardatrice159 fino agli anni ’70. La lana veniva appoggiata a batuffoli su un nastro mobile che la trasportava verso il primo di alcuni rulli. Nella parte opposta la lana quindi si arrotolava attorno a un’asta. Il passo successivo era la filatura. Si ottenevano due tipi di fili: uno fino che sarebbe diventato poi stoffa e uno più spesso che era utilizzato per confezionare maglioni, calzini, sciarpe, guanti. Questi lavori venivano svolti dalle donne nei mesi invernali.
L’allevamento suino Quasi tutte le famiglie allevavano almeno un maiale, il quale veniva nutrito con gli avanzi della cucina e poi ucciso in inverno e usato per fare gli insaccati. Tale lavoro nel dialetto agordino si chiama “bekarìa”160. Se in Italia i frigoriferi iniziarono ad essere venduti a fine anni ’50 ci volle sicuramente qualche anno ulteriore affinché tale elettrodomestico arrivasse nelle case agordine e avere degli insaccati che si mantenevano per mesi grazie alla stagionatura assicurava una nutrizione molto più ricca. Appena ucciso, l’animale veniva messo in una vasca di legno (motra) riempita con acqua bollente per togliere le setole e cosparso di pece. Veniva poi appeso sottosopra e si procedeva a togliere le interiora. Non veniva più toccato per diverse ore per lasciare che la carne si asciugasse e poi lo si tagliava a pezzi, i quali venivano macinati con una macchina apposita. Si aggiungeva poi sale, pepe e altre spezie come i chiodi di garofano e si procedeva ad insaccare, utilizzando le budella. Si ottenevano così salsicce161 da consumare entro breve, salami da fare stagionare, cotechini, lardo e strutto. I salumi venivano conservati in una stanza fredda. Dal grasso del maiale162 ottenevano lo strutto che veniva usato per insaporire la minestra e friggere le patate.
159 Ivi, p. 27 160 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 81 161 Rosson, Rivamonte, p. 48 162 Rossi, Civiltà agricola agordina, p. 100
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L’usanza di preparare gli insaccati è giunta fino ai giorni nostri ma, se fino a vent’anni fa interessava la gran parte delle famiglie, ora tale consuetudine viene portata avanti da poche famiglie, le quali si limitano ad acquistare in macelleria il maiale macellato o parte di esso.
Lo sfruttamento del legname
La montagna non era ricca di risorse da poter sfruttare e una delle poche presenti era sicuramente il legname. I boschi agordini dal punto di vista forestale possono essere divisi in due fasce163: il piano montano, il quale si divide ulteriormente in inferiore e superiore. Il piano montano inferiore è caratterizzato dalle latifoglie, in particolare il faggio (faghèr), oltre al frassino (frasen), al carpino (carpen), all’acero (l’aier) e all’ontano (auniž). Il piano montano superiore è formato dall’abete rosso (pež) e larice (lares) tra i 1000 e i 2000 metri di altitudine e oltre i 2000 metri il pino cembro (žirm); il piano alpino. I boschi più sfruttati furono sempre quelli della fascia montana superiore. Attraverso il Cordevole e poi il Piave164, il legname veniva condotto fino a Venezia dai boscaioli “dendròfori” (in dialetto menadàs). Per evitare un eccessivo sfruttamento da Venezia furono imposti dei criteri di scelta degli alberi da tagliare, in modo da garantire man mano che quanto tagliato venisse reintegrato. Durante l’occupazione francese ed austriaca tale sistema venne accantonato e iniziò uno sfruttamento intensivo basato sul taglio a scelta165 o a gruppi166.
163 M. Casanova Borca, Il lavoro nei boschi: la tradizione ladina dell’alto bellunese, San Vito di Cadore, Grafica Sanvitese, 2000, p. 20 164 Fino alla Prima Guerra Mondiale, veniva chiamato La Piave. 165 Venivano eliminate le piante malate, mal conformate e quelle mature. 166 Con il taglio a gruppi venivano tagliati alcuni alberi molto vicini tra loro: in tal modo la luce arrivava anche al sottobosco.
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In seguito poi fu lo Stato italiano a regolamentare il taglio delle piante. Il tecnico forestale procedeva alla scelta delle piante da tagliare con l’operazione detta “martellata”. I volumi167 da asportare erano quelli stabiliti dal piano economico: per determinarli era necessario conoscere il volume delle varie particelle che si calcolava misurando il diametro delle piante che superavano i 18 centimetri e la media delle loro altezze. Calcolato il volume, il legname da asportare veniva individuato con delle formule. I diametri venivano misurati a 1 metro e mezzo di altezza dal tecnico forestale e da alcuni operai. All’operazione di martellata nel suo insieme partecipavano oltre al tecnico forestale, un rappresentante del Comune, due guardie boschive o forestali e alcuni boscaioli. Gli alberi da tagliare venivano segnati con due o tre specchiature168 sul fusto. Finita la fase della martellata, il tecnico forestale e i rappresentanti del Comune individuavano un prezzo al metro cubo169 cui vendere il legname, in relazione ai costi a carico del Comune stesso e si procedeva poi a organizzare un’asta in cui le varie squadre di boscaioli potevano proporre un importo per potersi accaparrare il lotto. Vinceva così la squadra che più si era avvicinata all’importo stabilito precedentemente dall’ente locale.
L’abbattimento del legname Era sicuramente una delle fasi più delicate e richiedeva una certa esperienza. Prima di procedere al taglio si doveva stabilire la direzione di caduta della pianta, in quanto era importante non causare danni alle piante vicine. Questi danni venivano sanzionati alla ditta boschiva. Se l’albero presentava una chioma eccessivamente grande e che poteva creare problemi, si eliminavano prima i rami opposti al verso di caduta.
167 Casanova Borca, Il lavoro nei boschi, p. 35 168 Parte di corteccia asportata con un’accetta 169 Casanova Borca, Il lavoro nei boschi, p. 39
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Il più vecchio attrezzo per tagliare le piante è sicuramente la scure (manèra)170. Il taglio veniva spesso effettuato in coppia, sui due lati opposti del tronco. Una volta effettuato un taglio profondo, si spingeva la pianta nella direzione prescelta. Solo negli anni ’40 comparve il segone a due manopole (siegón)171, detto americano perché era stato inventato in Canada. L’abbattimento grazie al segone divenne più facile, veloce e preciso. Veniva usato in coppia e a volte una terza persona dava aiuto. Il taglio veniva fatto perpendicolare alla direzione di caduta scelta. Quando la lama era conficcata per un terzo del diametro della pianta, veniva estratta, si faceva un taglio obliquo 20 centimetri sopra fino a unirlo al primo taglio. Di nuovo con il segone si effettuava un altro taglio opposto al primo. In questo modo la pianta iniziava a Figura 26 Segone perdere stabilità e, per evitare che il vento la facesse cadere nella direzione errata, venivano inseriti dei cunei nella stessa fessura. Si alternavano così il taglio e l’aggiunta di cunei finché il tronco rimaneva attaccato alla radice per pochi cm e, dopo aver tolto una delle due manopole, si procedeva così a sfilare il segone.
L’allestimento Quando l’albero era stato abbattuto si procedeva poi a tagliare i rami rivolti verso l’alto (sramà) e a sezionarlo in tronchi commerciali, ai quali si toglieva la corteccia e si smussavano le testate. Prima di tagliarlo in tronchi, il capo squadra misurava172 la
170 Ivi, p. 43 171 Ivi, p. 45 172 Ivi, p. 51
52 pianta per capire come poterla sfruttare al meglio e tagliarla di conseguenza. Una delle lunghezze più usate è quella di ottenere tronchi lunghi 4 metri (taie), anche se la lunghezza effettiva era qualche centimetro maggiore per compensare i danni del trasporto. In corrispondenza di ogni punto dove sarebbe stato effettuato il taglio si faceva prima un piccolo segno. Se il tronco presentava delle parti marce a un metro circa dal taglio alla base si praticava un’incisione per verificare l’estensione del difetto. Nei punti stabiliti si procedeva col taglio: se la zona era pianeggiante non c’erano particolari problemi ma se il terreno era scosceso la situazione era ben più complicata. Ottenuti i tronchi commerciali, si eliminavano anche i rami rivolti verso il terreno e la corteccia veniva totalmente eliminata. Questa operazione facilitava successivamente lo scivolamento dei tronchi. Finita la fase di allestimento e prima di portare via il legname dal bosco si doveva misurare la quantità di legname ottenuto. Dovevano essere presenti diversi individui: qualcuno che rappresentasse l’ente venditore e la ditta acquirente, una guardia forestale, una guardia boschiva e alcuni operai che avevano lavorato al lotto. Se erano presenti dei difetti veniva semplicemente applicato uno sconto.
L’esbosco Il legname veniva poi portato via dal bosco. Era di gran lunga preferito il periodo autunnale173 o invernale in quanto il terreno ghiacciato facilitava lo scivolamento. Lo strumento adoperato per muovere i tronchi era lo zappino (žapin). I tronchi venivano quindi ammucchiati vicino ai luoghi tattici per la successiva “menàda”: presso gli impluvi, le risine o le teleferiche. Nei boschi vi erano degli avvallamenti (menadór) che facilitavano lo scivolamento, soprattutto se ripidi. La squadra si disponeva lungo il percorso: due uomini trascinavano i tronchi nell’impluvio, alcuni nei punti critici dove c’era la possibilità che i
173 Ivi, p. 62
53 tronchi si bloccassero e altri due aspettavano il legname a valle per poterlo accatastare. Dove il terreno era poco ripido si doveva procedere alla costruzione della risina174, una sorta di scivolo fatto anch’esso di tronchi. Le sponde erano formate da tronchi di un certo diametro, mentre il fondo era formato da 3/4 cimali. All’esterno si piantavano dei pali che fungevano da sostegno e, in prossimità delle curve, le sponde dovevano essere più alte. Tale costruzione richiedeva un lungo lavoro che veniva fatto dai boscaioli più esperti. Prima di far scorrere i tronchi lungo la risina era necessario bagnarla. I tronchi raggiungevano anche una certa velocità e questo causava sia danni alla vegetazione vicina sia infortuni ai boscaioli. Terminato l’esbosco, la risina veniva smontata. Infine, nei luoghi dove non era possibile costruire le risine o dove non era possibile far scivolare i tronchi, si doveva allestire una teleferica175. Installare una teleferica era costoso ed erano necessari operai specializzati. Quindi risultava conveniente solo alle grosse ditte che tagliavano lotti di dimensioni notevoli. Per prima cosa si individuava il tracciato e se c’era della vegetazione di intralcio veniva eliminata. La fune portante, caratterizzata da un diametro notevole, trasportava i carrelli con i tronchi mentre la fune traente recuperava i carrelli vuoti. Per prima cosa veniva trasportata nel luogo prescelto la fune portante che poteva raggiungere una lunghezza di vari chilometri e quintali di peso. Tale trasporto richiedeva l’aiuto di molti uomini: si disponevano in fila indiana e ognuno, a una certa distanza dall’altro, portava alcune spire di fune. Arrivati in cima, la fune veniva stesa lungo il tragitto individuato e messa in tensione. Anche per la fune traente si seguivano gli stessi passaggi. C’era anche un altro mezzo di trasporto per i tronchi, più economico e usato anche dal resto della popolazione. In inverno, il legname veniva trasportato in paese grazie a una grande slitta, avente caratteristiche apposite per tale trasporto. Qualche boscaiolo aveva a disposizione anche i cavalli per trascinare le slitte.
174 Ivi, p. 67 175 Ivi, p. 72
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Nel XIX e XX secolo furono costruite parecchie segherie in Agordino, sfruttando l’energia idroelettrica: terminato l’esbosco, si trasportava il legname presso le segherie. La qualità del legname agordino era inferiore rispetto al legname del vicino Cadore e veniva perciò venduto a un prezzo più economico . Da sottolineare è il fatto che nel Comune di Rivamonte176 gli alberi erano pochissimi a causa dei fumi sulfurei sprigionati dall’attività mineraria e anche dopo diversi anni dalla chiusura delle miniere l’ambiente si presentava ancora povero di vegetazione.
Le segherie Fino a qualche decennio fa le segherie in funzione erano numerosissime e sfruttavano l’energia idraulica dei torrenti, grazie a una ruota177 posizionata all’esterno della segheria, sulla quale si deviava una parte dell’acqua del torrente vicino. Di seguito riporto una tabella con le segherie178 che furono attive in Agordino:
Località Comune Corso d’acqua Anno di costruzione
Castello Livinallongo Val Parola 1923
Andraz Livinallongo Rio Castello 1922
Ornella Livinallongo Paracia 1920
Renaz Livinallongo Cordevole 1720
Pian di Salesei Livinallongo Cordevole 1924
Davedino Livinallongo Rio Davedino 1900
Davedino Livinallongo Rio Davedino 1920
Val Fiorentina Colle Santa Lucia Fiorentina 1920
Saviner Laste Rocca Pietore - -
176 Ivi, pp. 24-25 177 C. Da Roit, Usanze agordine, Verona, Cierre Edizioni, 2007, p. 60 178 G. Caniato (a cura di), La via del fiume dalle Dolomiti a Venezia, Verona, Cierre Edizioni, 1993, p. 123
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Pian Molin San Tomaso Ag. Ru delle Calchere 1790
Costoia San Tomaso Ag. Ru delle Calchere 1870
Ponte Mulan Vallada Ag. Biois 1906
Via Roma Cencenighe Biois 1890
Cencenighe Cencenighe Cordevole 1858
Cencenighe Cencenighe Cordevole 1858
Ghirlo Cencenighe Cordevole 1858
Ghirlo Cencenighe Cordevole 1858
Nogarola Taibon Ag. Cordevole 1858
Nogarola Taibon Ag. Cordevole 1858
Valcozzena Agordo Cordevole 1800
Cugnago La Valle Ag. Missiaga 1788
Cugnago La Valle Ag. Missiaga 1788
Cugnago La Valle Ag. Missiaga 1788
La Giova Voltago Ag. Sarzana 1700
Busa dell’a. Voltago Ag. Domadore 1910
Busa dell’a. Voltago Ag. Domadore -
Al Confine Gosaldo Mis 1920
Vecchio Con. Gosaldo Mis 1870
Ai Spagnoli Gosaldo Val dei Molini 1850
Miotte Rivamonte Ag. Val Fontanelle 1933
A Celàt, frazione di Vallada Agordina, i tre fratelli Antonio, Bastiàn e Marco Luchetta179 si misero in proprio assieme a Fioretto Andrìch e dopo l’acquisto di alcuni terreni nel 1913 costruirono un primo fabbricato (chiamato Fabrìch, il nome dei laboratori svizzeri) nel quale avrebbero lavorato il legno. In breve, divenne la più grande
179 C. A. Luchetta, Da Vallada alle battaglie dell’Africa Settentrionale alla regione del Punjab in India, Santa Giustina, Alpinia Itinera, 2014, p. 11
56 falegnameria dell’Alto Agordino. Antonio era il più intraprendente tra i fratelli e si occupava della compravendita del legname mentre Fioretto si distingueva per le sue conoscenze tecniche. Marco si trasferì a Malnate mentre il terzo fratello, che tornò dalla guerra molto scosso, non lavorò più nella falegnameria. Negli anni gli addetti raggiunsero una quarantina di unità. L’attività andò avanti fino al 1965, anno in cui morì Fioretto. Realizzarono i serramenti dei palazzi di alcune importanti città come ad esempio Bolzano e addirittura ricevettero degli ordini dalle colonie italiane in Libia. Durante gli anni della Prima Guerra Mondiale furono impegnati per l’esercito nella realizzazione di assi per i baraccamenti dei soldati impegnati al fronte. Un’altra azienda che merita di essere citata è la Pastalegno, sorta a Taibon nel 1926 e attiva fino al 1980. Prima di tutto venne costituita una società, la quale acquistò la segheria di proprietà della famiglia Gnech180 in località Nogarola, la quale sfruttava l’energia del Cordevole. La ditta produceva pasta di legno per uso industriale e rappresentava un’ottima alternativa di lavoro all’emigrazione per la gente di Taibon. Il ciclo di produzione era continuo nelle 24 ore giornaliere, diviso tra tre squadre di lavoro. Oltre agli operai impiegati in fabbrica c’erano anche gli operai che si occupavano dell’esbosco. La pasta ottenuta veniva venduta come semilavorato alla “Cartiera Burgo”, la quale produceva carta da giornale. Nel 1938 dovettero costruire un’altra centrale idroelettrica sul torrente Tegnàs poiché la Sade aveva ottenuto la concessione delle acque lungo tutto il Cordevole. Nel 1948 iniziarono a produrre cartone per vari usi industriali, il quale fu apprezzato dal mercato. L’apice181, sia per quanto riguarda la produzione che il numero di addetti (un centinaio), fu proprio in quell’anno. Dagli anni seguenti ci fu un continuo calo. Nel 1980 venne venduta a una società di Verona, interessata solo alla centrale elettrica e l’attività venne chiusa.
180 G. Fontanive, Taibon Agordino: breve storia della Pastalegno (1926-1980), Belluno, Tipografia Piave, 1998, p. 8 181 R. Fant, Lo sviluppo industriale della Provincia di Belluno nel dopoguerra, Belluno, Tipografia Piave, 1974, p. 108
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Le menàde Dal XV secolo182 molto legname fu condotto dalle montagne bellunesi fino a Venezia attraverso il Piave. Per la città di Venezia il legname proveniente dalle montagne era indispensabile sia per costruire le palafitte183 su cui erigere la città, sia per l’edificazione stessa di palazzi, abitazioni, ponti, argini ed imbarcazioni. Il sistema della fluitazione venne utilizzato sia lungo il torrente Biois sia lungo il torrente Cordevole. Siccome la quantità dell’acqua non era sempre costante lungo l’arco dell’anno si costruivano degli sbarramenti detti stue184 che all’occorrenza permettevano di aumentare la portata d’acqua. In Valle del Biois c’erano tre stue185: una circa a metà del Rio Valles, una in località Molino dove il Rio Valles si immetteva nel Biois e la terza tra Falcade e Molino, al Pian dei Ort. Gli uomini addetti alle menàde erano chiamati menadàs e si distinguevano per il loro coraggio e destrezza. Per trascinare i tronchi usavano una pertica lunga 3-4 metri. Chi trasportava il legname che proveniva da zone esterne al Distretto di Belluno doveva pagare un dazio per il passaggio. L’impegno finanziario per svolgere tale commercio era notevole a causa di questi dazi quindi erano poche le persone che potevano permetterselo. La manodopera, invece, veniva cercata direttamente in Agordino. Il legname, contrassegnato dai vari proprietari, doveva essere pronto al disgelo. Un piccolo guadagno era previsto anche per le regole, in quanto affittavano alcuni boschi di loro proprietà ai mercanti. Oltre alla “chiusa” di Listolade un altro punto difficile da superare era presso la località Rónch de Bós186, tra Listolade e Taibon. Gli uomini dovevano fermarsi e cercare di districare quelle enormi masse di legname aggrovigliato ed era un lavoro molto pericoloso.
182 http://www.cansiglio.it/biblioteca/Storia/boschi_legname.pdf, data di consultazione 19 settembre 2014 183 Caniato (a cura di), La via del fiume dalle Dolomiti a Venezia, p. 18 184 Ivi, p. 239 185 Ivi, p. 245 186 Fontanive, Alla ricerca di un antico paesaggio, p. 38
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Le menade lungo il Cordevole furono effettuate fino al 1927187. Negli anni ’30 le menàde non furono più effettuate in quanto, col miglioramento delle strade, si iniziò a trasportare il legname con carri trainati dai cavalli e, in seguito, con gli autocarri. Così, una delle attività più difficoltose ed esercitata per più di cinque secoli, fu abbandonata per sistemi più sempici e meno pericolosi.
Il legnatico Oltre al legname destinato alla vendita, una parte chiamata legnatico188 veniva data a ogni famiglia che ne facesse preventivamente richiesta, la quale provvedeva a tagliare le piante ricevute in carico e poi sfruttava la legna durante l’inverno per il riscaldamento. Non esiste un unico termine dialettale per il legnatico: a San Tomaso lo chiamano “presa”189 mentre a in Valle del Biois lo chiamano “part de le legne”. Appena il Comune aveva raccolto tutte le prenotazioni, il guardia boschi comunale provvedeva a scegliere e martellare le piante, indicandovi sopra un numero. L’assegnazione a ciascuna famiglia veniva tirata a sorte per evitare favoritismi e ognuna pagava una piccola somma al comune. Questa usanza è presente anche ai giorni nostri. E’ vero che negli ultimi decenni sono comparsi tipi di riscaldamento molto più comodi (come il gasolio) ma la legna è un combustibile ancora in voga perché ha un costo nettamente inferiore rispetto a tutti gli altri.
187 CAI Sezione Agordina, Malòs, Feltre, Castaldi, 1990, p. 10 188 F. Deltedesco, L’artigianato del legno e del ferro a Fodóm, Cittadella, Bertoncello Artigrafiche, 1995, p. 71 189 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 24
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L’estrazione mineraria
In diverse zone dell’Agordino si estrasse materiale fino al XX secolo e questa risorsa fu, assieme al legname, quella che attrasse maggiormente l’interesse della Serenissima.
La miniera di Val Imperina La più nota e la più longeva tra le miniere è stata sicuramente quella della Val Imperina, zona nel Comune di Rivamonte Agordino e appartenente al Parco delle Dolomiti Bellunesi, in cui l’attività è stata abbandonata nel 1962 per l’ormai scarsa produzione. La miniera di Val Imperina è stata attiva per 5 secoli190 tra il XV e il XX secolo. L’anno esatto in cui venne individuato il giacimento non si conosce poiché un terribile incendio191 nel 1635 distrusse buona parte degli archivi di Agordo. Un forte impulso si ebbe a partire dal 1615-18 grazie agli investimenti di Francesco Crotta192, un imprenditore lombardo. Gli scavi vennero spinti in profondità, scoprendo così la parte più ricca del giacimento minerario. Aumentò quindi l’offerta di lavoro e di conseguenza negli anni seguenti crebbe anche la popolazione della zona. In tale area furono presenti maestranze tedesche e, a testimonianza di questo, sono presenti ancora ai giorni nostri cognomi193 di origine tedesca, tra i quali ricordiamo Bulf, Chenét, Friz, Gaz, Mòttes, Xaiz e Tàzzer ed anche termini dialettali collegati all’estrazione: ad esempio “canòp” (da knappe, ossia minatore) e “stòl” (galleria). Ma la gran parte dei minatori proveniva da Rivamonte194 e solo qualcuno dagli altri comuni limitrofi195 (La Valle Agordina, Gosaldo, Taibon Agordino e Santa Giustina). Anche se
190 F. Spagna, Minatori in Val Imperina: storia e antropologia di una comunità di montagna, Belluno, Tipografia Piave, 1998, p. 5 191 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 92 192 R. Vergani, Miniere e società nella montagna del passato, Verona, Cierre Edizioni, 2003, p. 139 193 D. Della Giacoma, D. G. Fiocco, Le miniere in Valle del Biois, San Vito di Cadore, Grafica Sanvitese, 2007, pp. 92-93 194 Giorgis, Il minatore agordino, p. 18 195 Ivi, p. 66
60 non presente come legge scritta, c’era la consuetudine che i figli degli operai196 che lavoravano in miniera avessero la precedenza sulle future assunzioni. I danni197 alla salute degli uomini che lavorarono nelle miniere furono sempre gravi. Chi lavorava nei cunicoli contraeva malattie all’apparato respiratorio come la polmonite, la pleurite e la tubercolosi mentre per chi lavorava in superficie c’era il rischio di malattie da intossicazione: gastrite, epatite, gastroenterite e colite. La Repubblica di Venezia dava le concessioni a chi presentava richiesta per effettuare esplorazioni minerarie. L’estrazione iniziò negli affioramenti della parte alta198 del giacimento per poi provare verso il sotterraneo ma non in profondità a causa delle infiltrazioni d’acqua del torrente Imperina. A 60 metri di dislivello dagli affioramenti si lavorò nelle zecche Brandolin e al livello S. Barbara agli inizi del XIX secolo. Più tardi si lavorò ai livelli denominati San Francesco e Beneficienza fino al livello Lobkowitz. Fu estratto soprattutto il rame ma anche argento, zolfo e vetriolo. L’argento199 serviva alla zecca veneziana. Lo zolfo200 era utilizzato nelle tintorie mentre il vetriolo per la fabbricazione della polvere da sparo. Il rame invece era impiegato nella produzione di monete, per rivestire le navi e per ottenere il bronzo per i cannoni. Il materiale estratto veniva diviso in 4 categorie201: ottimo (tenore in rame superiore al 4%) ricco (tenore in rame tra il 2 e il 4%) povero (tenore tra lo 0,4 e il 2%) granaglia e minuto (tenore tra lo 0,1 e lo 0,2%)
196 Ivi, p. 17 197 S. Tazzer, Canòpi e nobilomeni, Vittorio Veneto, Kellermann Editore, 2012, p. 104 198 M. Orlandi, Una miniera veneta: Valle Imperina dal 1866 al 1962, Belluno, Tipografia Piave, 1980, p. 13 199 Spagna, Minatori in Val Imperina, p. 12 200 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 95-96 201 Orlandi, Una miniera veneta, p. 14
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La prima categoria andava direttamente ai forni mentre la seconda e la terza passavano alla torrefazione202. Tale operazione consisteva nel creare una cavità di 7 metri di lunghezza per 6 di larghezza e 1 metro e mezzo di profondità, la quale veniva riempita con terra passata in precedenza all’arrostimento e alla lisciviazione, disponendo al centro dei grossi tronchi che dovevano propagare il calore. La
base veniva così ricoperta da Figura 27 Ricostruzione di una rosta carbone e pezzettini di legno e il minerale veniva appoggiato sopra, ottenendo così la rosta. Attorno alla base si appoggiavano delle pietre per trattenere il minerale. La torrefazione di una rosta durava dai 7 agli 8 mesi. Alcune persone erano adibite a controllare che i pezzi non rimanessero crudi e che la combustione non fosse troppo forte finendo per fondere il minerale: non sarebbe più stato possibile procedere a un’ulteriore manipolazione in quel caso. La fase di lisciviazione era effettuata dai “lavatori” e consisteva nel mettere le terre vergini in contenitori di legno per sciogliere nell’acqua solfato di ferro e di rame. Si procedeva ad abbattere il materiale costruendo delle gallerie203 alte circa 2 metri e larghe 3-4 metri, armate con travi di legno. Nel 1898 i forni fusori vennero spenti e finì così il trattamento metallurgico del rame. In quegli anni sfruttarono il giacimento con il sistema detto “a rapina”204, il quale peggiorava il problema delle infiltrazioni di acqua e aumentava quindi il rischio di frane.
202 Ivi, p. 15 203 Orlandi, Una miniera veneta, p. 14 204 Giorgis, p. 19
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Dal 1901 si passò alla frantumazione della pirite. Questo materiale veniva usato in alcuni stabilimenti in pianura per ottenere l’acido solforico, impiegato nella produzione di concimi chimici. Quando subentrò nel 1910, la ditta Montecatini iniziò una serie di lavori che vennero conclusi nel 1921. All’interno delle miniere cambiò il modo di lavorare205. Innanzitutto, furono riempiti man mano i vuoti per evitare altre frane. Venne costruito un nuovo pozzo di estrazione lungo 191 metri a cui venne affibbiato il nome Donegani. Fu adottato un nuovo sistema per estrarre l’acqua e venne introdotta la perforazione meccanica ovunque grazie a due compressori d’aria posizionati all’esterno. Infine, le carriole vennero sostituite con dei vagoni metallici su binario Decauville. Al contempo, all’esterno della miniera fu costruita una centrale idroelettrica per sfruttare le acque del Cordevole e una teleferica che dal 1925, anno in cui fu completata la tratta del treno Bribano – Agordo, permetteva di scaricare direttamente la pirite nei vagoni merce del treno. Nel frattempo erano state costruite le infermerie206, i bagni e gli spogliatoi: c’era un interesse a migliorare la salute e le condizioni di lavoro dei minatori. Nel 1955 furono dotati di guanti, stivali in gomma e casco. La miniera della Val Imperina rimase attiva fino al 1962 e gli operai rimasti furono trasferiti presso altri stabilimenti della
Montecatini. Da quella data la Figura 28 Gli ex forni fusori zona fu completamente abbandonata e soggetta a un progressivo degrado. Negli anni ’80, grazie a una tesi di laurea207 di tre giovani laureandi in architettura, Walter Salton,
205 Ivi, p. 21 206 Spagna, Minatori in Val Imperina, p. 41
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Antonio Pollazzon e Gianni Slompo, si iniziò a pensare a un possibile recupero. L’idea contenuta nella tesi venne presa in considerazione dalla Comunità Montana Agordina. I lavori sono iniziati negli anni ’90208: l’ex magazzino è stato trasformato in ostello della gioventù, gli ex forni fusori sono stati destinati a mostra permanente della metallurgia, anche le ex scuderie sono state restaurate. Lo stabile ex Cral è stato adibito a sede di associazioni culturali della zona e a mostra fissa delle lampade da miniera. Sono stati restaurati anche gli imbocchi della galleria Santa Barbara e della San Francesco e l’edificio vicino al pozzo Capitale. Anche la centrale idroelettrica è stata oggetto di recupero (dove ha sede il centro visitatori del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi) come pure il deposito degli esplosivi. Sono state infine ricostruite delle roste. Non va dimenticato il fatto che nel 1867 ad Agordo fu fondata la “Scuola Montanistico – Forestale”209, con corso biennale210, che in seguito divenne triennale. Inizialmente ebbe sede in via Fadigà, poi presso il Municipio. Nel 1895 sospese l’attività e la riprese nel 1904 come “Scuola Mineraria di Agordo”. Nel 1923 divenne una scuola statale. In seguito cambiò il nome in “Istituto Tecnico Industriale Minerario Umberto Follador”, in memoria di un giovane perito minerario211 che trovò la morte sul Piave durante la I Guerra Mondiale. Lo scopo principale era quello di formare vicino alle miniere del personale esperto e qualificato. Tale scuola ha continuato ad esistere anche dopo la chiusura della miniera di Val Imperina e di altre miniere in Italia, aggiornando man mano i programmi e rimanendo al passo coi tempi. A circa un migliaio ammontano i ragazzi che si sono diplomati presso l’Istituto e che lavorano o hanno lavorato in passato all’estero, facendosi apprezzare per le conoscenze.
207 W. Salton, A. Pollazzon, G. Slompo (a cura di), Il centro minerario di Valle Imperina e il suo recupero, Verona, Cierre Grafica, 1995 208 Dal Mas, La conca agordina, p. 153 209 P. Rossi, Agordino, Bologna, Tamari Editore, 1966, Capitolo “L’Agordino”, Paragrafo “La Scuola Mineraria di Agordo” 210 Doriguzzi Bozzo, Guida economico turistica della Provincia di Belluno, p. 64 211 Dal Mas, La conca agordina, p. 97
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La miniera di Vallalta Un’altra miniera degna di nota fu quella di Vallalta212 (Comune di Gosaldo). Tale miniera iniziò l’attività nel 1700 e proseguì fino al 1963. Le frazioni213 vicine ebbero un discreto impulso. Il giacimento di cinabro e mercurio presente fu sfruttato anche dalla miniera di Sagron del Mis, comune confinante ma trentino. I due territori erano separati dal torrente Pezzea, il quale coincideva con il confine di stato Italia-Austria fino alla I Guerra Mondiale. Le due miniere rimasero sempre separate l’una dall’altra fino al 1922, quando attraverso un sotterraneo furono collegate per migliorare la ventilazione. Gli anni economicamente più interessanti furono quelli del trentennio 1850-1880. Nei primi decenni non fu presente un impianto metallurgico e quanto veniva estratto doveva essere trasportato a dorso di mulo fino a Belluno e da lì fino a Murano per essere poi trattato. Solo nel 1855 fu costruita un’officina metallurgica214 dove il torrente Pezzea confluiva nel torrente Mis. Tali forni presentarono da subito diversi problemi. Il principale fu l’eccessiva grandezza: era necessario avere grandi quantità di minerali a disposizione da poter alimentare man mano i forni e anche spegnendo uno dei forni non si risolveva la questione. Inoltre, il tiraggio era scarso e ciò peggiorava la salute dei lavoratori, poiché si trattava di vapori tossici. Tale aspetto venne in parte migliorato con la riedificazione dei forni nel 1857. La produzione massima si ebbe nel 1858 e, nel 1860, Vallalta era al sesto posto in Europa215 per l’estrazione del mercurio. In seguito, arrivò ad essere al terzo posto dopo Almaden ed Istria216.
212 L. Caneve, Storia delle miniere e della distillazione del mercurio a Vallalta, estratto da “Le Dolomiti bellunesi” Rassegna delle Sezioni bellunesi del C.A.I., 1991, p. 72 213 Ibidem 214 Ivi, p. 74 215 Vergani, Miniere e società nella montagna del passato, p. 242 216 V. Andrich, Aspetti di vita economica e sociale ad Agordo dopo l'unita, tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Storia, a.a. 1989/1990, rel. A. Ventura, pp. 70-71
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Anche a Vallalta, come in Val Imperina, si effettuò l’estrazione a rapina: un’estrazione massiccia senza preoccuparsi di ricercare nuove vene. Già nel 1700, quando venne individuato il giacimento, il mercurio veniva usato in medicina (sia per la cura di malattie come ad esempio la sifilide sia per i termometri e i barometri), come cosmetico, in tintoria, in metallurgia serviva a purificare oro e argento, per effettuare dorature, amalgamandolo con lo stagno si potevano produrre gli specchi. Infine il solfuro di mercurio era adoperato come colorante. Quando il mercurio arrivava a Venezia, i venditori lo smerciavano con facilità, essendo un prodotto ricercato. L’estrazione di mercurio dette impulso anche allo sviluppo dei paesi: nacque l’osteria “Alla California”217, sul greto del torrente Gosalda. Il posto non era dei migliori in quanto il locale era in balìa delle acque in caso di piena. Il nome scelto non era a caso, bensì doveva essere di buon auspicio: in quegli anni in California erano stati scoperti parecchi giacimenti auriferi. Tra fine ‘800 e inzio ‘900 furono costruite diverse case vicino all’osteria, che nel frattempo era stata ingrandita: una scuola elementare, una sartoria, un panificio, un calzolaio, varie botteghe, una canonica con tanto di video proiettore. Era nata la frazione di California del Mis. Purtroppo l’alluvione del 1966 che colpì molte zone italiane portò distruzione anche a California218: gli abitanti non ritornarono più e la zona venne totalmente abbandonata, quasi in simbiosi con la chiusura della miniera tre anni prima. Un particolare degno di nota è che nel 1958, pochi anni prima della chiusura di Vallalta, l’Italia era il principale produttore mondiale di mercurio.
217 G. Fontanive, C’era una volta California, estratto da “L’amico del popolo”, aprile 1996, p. 15 218 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 44
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Miniere secondarie e cave Anche altre zone dell’Agordino furono sfruttate dal punto di vista minerario219 ma l’attività mineraria si fermò ben prima del XX secolo. Ricordiamo le miniere nel Comune di Canale d’Agordo, precisamente in Val di Gares (sul Sass Négher e in località Cesurette) e presso le frazioni di Fregona e Sais. Il materiale veniva poi fuso presso i forni, Figura 29 Sass Négher situati vicino al corso del torrente Biois, che furono distrutti dall’alluvione del 1748. A Falcade ci furono estrazioni presso le cime del Mulàz, del Focobón, del Cimon della Stia e al Passo Valles220, dove venne scoperto ferro nel XVI secolo ma con l’estrazione si smise nel 1609 perché era notevole la concorrenza della prossima miniera che citerò. Nel territorio di Colle Santa Lucia furono sfruttate le miniere di ferro del Fursìl221 per parecchi secoli: i primi documenti risalgono al 1177 e la chiusura avvenne nel 1753. Il processo veniva totalmente svolto in zona222: il ferro era estratto dalle miniere del Fursìl, fuso presso i forni di Caprile (ma anche nei forni di Zoldo e di Valparòla223) e infine lavorato nelle fucine ad Alleghe. Il ferro estratto era particolarmente pregiato224 in quanto la percentuale di manganese era elevata: tale composizione permetteva di avere un materiale resistente agli urti, alla corrosione e flessibile.
219 Della Giacoma, Fiocco, Le miniere in Valle del Biois, 82-83 220 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 103 221 Pallabazzer, Chizzali, Colle Santa Lucia, p. 97 222 Gaiardo, L’Agordino e la sua storia attraverso le carte geografiche, p. 101 223 Pallabazzer, Chizzali, Colle Santa Lucia, p. 106 224 M. Baldin, Il castello di Andraz e le miniere del Fursil, Venezia, Marsilio Editori, 1997, p. 61
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Nel 1923225 la Società Breda di Milano effettuò delle ricerche per individuare i vecchi tunnel e riuscì a trovare alcuni imbocchi. Dopo il crollo dei prezzi dei metalli durante gli anni della Grande Crisi, nel 1938 iniziarono di nuovo le ricerche che vennero sospese poi definitivamente durante la II Guerra Mondiale. Varie miniere furono sfruttate anche nel Comune di Rocca Pietore: sul Monte Schiósa, in località “I Rói” a Nord-Est di Malga Ciapela e lungo il corso del Cordevole. A San Tomaso c’erano dei giacimenti di ferro ma non sono rimasti testi scritti che specificassero la località. A Cencenighe Agordino si estrasse ferro sulle cime d’Ambrusogn. Ad Agordo si sfruttò una miniera di ferro presso il Monte Framónt. A Gosaldo si estrasse dalla Val Paganin e a Tiser. A Rivamonte si sfruttò anche il Colle Armarolo e infine nel Comune di Voltago Agordino la Val di Giàs. A Taibon c’erano due cave: una al Còl de La Véna, nella parte alta del torrente Tegnàs e l’altra tra le frazioni Pónt e Còl di Pra. Per un breve periodo, durante gli anni del fascismo, nel Comune di Taibon venne sfruttato il marmo nero226 ma si smise presto perché si trattava di un tipo di marmo non resistente al freddo, tendente ad opacizzarsi e a scolorire. Il giacimento era situato in località Pont227 e ci furono diversi tentativi sistematici di estrarre il marmo ma solo Mario Dell’Agnola nel 1937 diede il via ad una produzione su scala industriale con la Società Anonima Marmi Bellunesi. Le cave in parte erano a cielo aperto e in parte in sotterraneo. Vicino alla cava era stato costruito anche un dormitorio per gli operai. Nella Val di San Lucano c’era anche un’altra cava (Busa dei Poth) attiva fino agli anni ’70 da cui si estraevano pietre calcaree per la costruzione di fontane ed altri elementi architettonici. Vicino alla Busa dei Poth c’erano le Peschiere, una zona con rocce moreniche usate per costruire i ponti.
225 Ivi, p. 103 226 Fontanive, Cadorin, Taibon, p. 61 227 Perco (a cura di), Uomini e pietre nella montagna bellunese, p. 286
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A La Valle Agordina, tra Forcella Folega e Forcella Pongol, c’era una cava di pietra ornamentale chiamata “piera de Fòlega228”. La cava venne però sfruttata solo fino alla fine dell’Ottocento a causa della difficoltà nel trasportare il materiale a valle. Le pietre estratte da tale cava furono usate nella costruzione di molte case della zona di La Valle e comuni limitrofi e anche nell’edificazione delle colonne della Chiesa Arcidiaconale di Agordo. A Cencenighe, in località Le Fope, si estraevano massi di Dolomia del Serla utilizzati poi per alcune fontane del comune e lo stesso materiale venne scolpito per ottenere i Pop de Crota, le bellissime statue di Palazzo de’ Manzoni ad Agordo.
I seggiolai
La figura del seggiolaio (in dialetto careghéta) nasce nel XVIII secolo a Tiser229, frazione di Gosaldo, per poi estendersi nelle altre frazioni del Comune e a Rivamonte. Con gli anni si diffuse anche nei comuni di La Valle Agordina, Agordo e Cencenighe Agordino. Peculiarità dei seggiolai fu l’uso di un gergo per non farsi capire dagli estranei, chiamato “scapelamént dei còntha”230. Tale linguaggio venne studiato da Ugo Pellis231, linguista e glottologo, che si interessò del gergo dei careghéte e di altri ambulanti e pubblicò il libro “Dizionario furbesco italiano”. Questo lavoro può essere visto in un certo senso come una conseguenza delle miniere poiché i fumi sulfurei232 emanati dai forni fusori rendevano il terreno arido e assolutamente non fertile. Quindi le famiglie che non avevano componenti assunti nelle miniere dovettero ingegnarsi un altro modo di sopravvivere: fu così che iniziò
228 Ivi, pp. 288-289 229 Giorgis, Il minatore agordino, p. 111 230 Ivi, p. 112 231 S. C. Re, E. Sommariva, Seggiolai dell’Agordino, Rasai di Seren del Grappa, Tipolitografia Editoria DBS, 2001, p. 108 232 AA. VV., Rivamonte, p. 43
69 questa forma di emigrazione verso le pianure dell’Italia nord occidentale ma anche centrale e verso la Francia meridionale. I seggiolai partivano a fine agosto233, dopo aver dato una mano con la fienagione, e tornavano a maggio per essere poi presenti alla festa di Sant’Antonio il 13 giugno. Prima che venisse costruita la rete ferroviaria, i seggiolai si spostavano a piedi e trasportavano gli strumenti con un carretto, percorrendo dai 15 ai 20 chilometri al giorno. Poi, con la diffusione dei treni, i viaggi furono molto meno faticosi. Verso il 1910 si diffuse la bicicletta in Agordino ed essa rappresentò un nuovo mezzo di trasporto che consentiva di muoversi molto più velocemente nelle campagne. Si poteva poi attaccare un carretto alla bicicletta o dei semplici portapacchi. I seggiolai lavoravano a gruppi di 2, 3 o 4 persone. I ragazzini iniziavano ad imparare il mestiere verso i 10 anni234 e ci volevano almeno tre anni per imparare discretamente. Questi apprendisti venivano chiamati “gabùri” nel gergo. Erano gli stessi seggiolai che non avevano figli o nipoti a chiedere alle varie famiglie del paese di origine se avevano un ragazzo da affidargli. Per la famiglia che accettava significava dare la possibilità a uno dei numerosi figli di imparare un mestiere mentre a casa c’era una bocca in meno da sfamare. Figura 30 Coltello a petto da seggiolaio Ogni gruppetto di seggiolai portava con sé una cassetta235 con gli attrezzi necessari, una gerla che sarebbe poi servita a trasportare la paglia, una morsa e una valigia con alcuni indumenti di ricambio.
233 Ivi, p. 116 234 Re, Sommariva, Seggiolai dell’Agordino, p. 129 235 Ivi, p. 7
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Dovevano portare con sé la carta d’identità236 e la patente di ambulante, rilasciata dall’Ufficio del Registro da esibire in caso di controlli da parte della polizia, diffusi soprattutto in città. La carta del lavoro (o patente) era richiesta solo al capo. Per recarsi in Francia era invece necessario avere il passaporto e la carta del lavoro gli permetteva di lavorare solo in una certa zona. In uno dei centri principali che frequentavano, cercavano un locale da affittare per pochi soldi da usare come deposito per i bagagli e la paglia. Tramite il fermo posta riuscivano a sentirsi regolarmente con i parenti a casa. Se cambiavano centro di riferimento non facevano altro che comunicare a casa che avrebbero dovuto inviare la lettera al prossimo fermo posta. Spesso in tali centri c’era un albergo o una trattoria frequentata dai seggiolai (nel gergo dei contha veniva chiamato il “lanthìn da cóntha”237). Così avevano modo di vedere i compaesani. Per chi era nuovo della zona passare per quel punto significava ricevere dei consigli preziosi. I careghéte agordini238 non avevano problemi di concorrenza con altri artigiani: era necessario avere di base degli attrezzi precisi e anche una discreta tecnica nel lavorare il legno. Erano ben divise l’attività di ricerca e quella di produzione. La ricerca di clienti in campagna avveniva casa per casa la domenica mattina. I seggiolai annotavano le case in cui c’era bisogno di sistemare sedie vecchie o di acquistarne di nuove e ritornavano poi la settimana successiva a svolgere il lavoro. In città invece urlavano per le strade per offrire il loro lavoro e di solito si limitavano a sostituire la paglia ormai rovinata poiché in città era difficile trovare legno a buon mercato. Inoltre in vendita c’erano le sedie costruite industrialmente. Quando partivano in cerca di lavoro portavano con sé una piccola sedia che serviva a far capire all’istante che lavoro svolgessero e la forma che poi avrebbero assunto le nuove sedie.
236 Ivi, p. 50 237 Ivi, p. 32 238 Ivi, p. 20
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I paiéte239, così chiamati quelli che lavoravano solo in città, riuscivano a trovare una stanza in cui abitare stabilmente e a volte venivano raggiunti dalla famiglia, mentre i careghéte in campagna non avevano mai una dimora fissa. In città c’era parecchio lavoro nei periodi precedenti le feste e le sagre: le padrone di casa non volevano fare brutta figura con sedie malmesse qualora avessero ospitato gente. La giornata del seggiolaio era lunga e faticosa: si alzava presto e lavorava fino alle 23 circa. Vivevano in condizioni igieniche tremende240: raramente riuscivano a farsi un bagno, si lavavano solo viso e mani quotidianamente. I vestiti venivano lavati una volta circa a settimana, o da loro stessi o a pagamento negli alberghi dove a volte si fermavano. Erano in balìa del freddo e delle intemperie. Il lavoro veniva svolto in piazza in quanto in città il lavoro non veniva mai effettuato presso la casa dei clienti. In campagna invece lavoravano direttamente presso i contadini, i quali li ospitavano per la notte. I contadini accettavano volentieri di usufruire dei seggiolai perché praticavano prezzi economici e inoltre, offrendo loro un pasto e l’alloggio, ottenevano anche uno sconto. I careghéte, il più delle volte, venivano trattati benissimo dai clienti: mangiavano ottimi piatti a tavola con tutta la famiglia. Inoltre, il cibo era più ricco241 e vario nelle campagne che in montagna. Lavoravano poi fino a tardi e dormivano nel fienile o nella stalla dove il clima era un po’ più mite. Qualcuno non amava molto dormire nelle stalle per i cattivi odori perciò chiedeva al cliente di poter dormire in qualche capannone o in cucina. Di solito erano i garzoni che preparavano i giacigli per dormire le poche ore in maniera decente. Frequentare le stesse zone nel corso degli anni significava essere conosciuti dai clienti, avere già la loro fiducia, ottenere ospitalità gratuitamente e in alcuni casi imparare anche il dialetto locale. Stare a lungo a contatto con altre realtà a volte portava i seggiolai a spostarsi definitivamente perché ormai erano poche le affinità rimaste con
239 Ivi, p. 20 240 Ivi, p. 38 241 Ivi, p. 28
72 la gente dei luoghi di origine. Ma questo succedeva raramente perché preferivano legarsi e sposarsi a donne dei loro paesi di origine. Durante i mesi lontani era molta la nostalgia verso i paesi natii, soprattutto per i più giovani. Purtroppo per chi era già sposato la lontananza forzata portò col tempo a una separazione definitiva dalla moglie in alcuni casi. Durante la II Guerra Mondiale, pochissimi continuarono a svolgere il lavoro di seggiolaio. La maggior parte fu chiamata alle armi. Chi continuò col lavoro rimase in territorio veneto, tornando a casa dopo un mese o al massimo due. La gente era ovviamente più diffidente vedendo un forestiero. Finita la guerra e per alcuni anni, chi proseguì l’attività guadagnò parecchio perché lavorando soprattutto per i contadini, beneficiò del fatto che questi ultimi in quegli anni vendevano a prezzi abbastanza elevati i prodotti della terra. Dopo il 1975 sono rimasti in pochi a continuare il lavoro e solamente chi aveva aperto una bottega in città: non si trattava più di un lavoro itinerante. L’ultimo ha chiuso il proprio laboratorio nel 1992242. Negli anni tale calo è stato dovuto al fatto che molti nel Dopoguerra emigrarono all’estero con la sicurezza di un lavoro stabile e retribuito, con una dimora fissa. Erano coperti contro la malattia e l’infortunio e potevano ottenere una pensione da vecchi grazie ai contributi. Infine, vennero costruite in diverse parti d’Italia fabbriche243 che producevano sedie di discreta qualità e a prezzi molto convenienti.
Le serve
Un altro lavoro che interessò le giovani donne dall’Ottocento244 fino ai primi anni del Novecento fu quello di andare a fare le governanti presso le famiglie benestanti delle città. Solitamente lo svolgevano nei mesi invernali, quando il loro contributo non era
242 Ivi, p. 157 243 Ivi, p. 163 244 Medea, http://medea.provincia.venezia.it/est/frulli/marginali/serv/serv.htm, data di consultazione 20 settembre 2014
73 necessario a casa. Partivano in autunno245 per poi fare ritorno a casa d’estate. Gli stipendi variavano in base allo status della famiglia presso cui si lavorava. A volte ricevevano regali o accompagnavano la famiglia nei luoghi di villeggiatura. Poteva capitare che qualche donna, appena dopo il parto246, si spostasse in città dai signori per allattare i loro figli. Non si può nemmeno immaginare quanto potessero soffrire quelle donne che dovevano lasciare a casa un piccolo appena nato. Molte andavano a lavorare come operaie nelle filande trevisane.
I carbonai
In natura esistono i carboni naturali o fossili, ma la loro creazione è avvenuta attraverso un processo lungo milioni di anni e non si trovano dappertutto. E’ possibile anche produrre il carbone artificiale: la legna si trasforma in carbone247 attraverso una combustione parziale del legno. Le uniche testimonianze del lavoro dei carbonai rimaste sul territorio sono le “ajal”248, delle aree piane realizzate sui terreni ripidi dai 100 ai 200 metri quadrati dove la legna veniva accatastata. Ancora adesso se ne trovano nei boschi agordini e si riconoscono facilmente perché sul terreno è rimasto il caratteristico terriccio nero. La legna veniva ammucchiata in modo da formare una cupola. Al centro veniva lasciato una sorta di camino che serviva per accendere il fuoco e controllare la quantità d’aria. La cupola (in dialetto “pojàt”) veniva ricoperta da terra e poi si dava fuoco alla legna. Il “pojat” non si doveva spegnere ma nemmeno bruciare: si doveva quindi vigilare giorno e notte. Era quindi fondamentale controllare di frequente la quantità di aria presente. La durata di tale procedimento andava dai quattro ai sei giorni, poi veniva tolta la terra e si lasciava raffreddare il carbone così formato. La durata dipendeva dalla quantità di materiale accatastato.
245 Da Roit, Usanze agordine, pp. 64 - 65 246 Da Roit, Un viaggio nel passato, p. 59 247 L. Dell’Andrea, Carbonaie a Selva di Cadore, Belluno, Tipografia Piave, 1994, p. 15 248 Da Roit, Usanze agordine, p. 61
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La qualità del carbone prodotto dipendeva dal tipo di legno usato: con il legno di quercia o di faggio si otteneva un carbone migliore (detto forte)249 mentre con il legno di salice, ontano o abete si otteneva un carbone di qualità inferiore (detto debole). Il carbone così ottenuto serviva ad alimentare le fucine e nelle lavorazioni metallurgiche ai tempi delle miniere. Da questo si deduce come la figura del carbonaio fosse presente già nel XII secolo quando erano attive le miniere del Fursìl. Nelle fucine i fabbri costruivano quanto necessario in edilizia e in agricoltura. Il carbone serviva anche alle casalinghe250 per alimentare il ferro da stiro. Il carbone prodotto veniva poi trasportato con le gerle o d’inverno con la slitta. Tale lavoro si concentrava in particolare in primavera e in autunno, quando la gente era meno impegnata in altre attività e poteva dare una mano ai carbonai. Con la diffusione e la vendita a prezzi bassi del carbone artificiale “coke”251 e con lo sfruttamento dei giacimenti di carbone si smise un po’ alla volta la produzione artigianale di carbone. Non era più conveniente consumare tanta legna e passare diversi giorni a controllare la combustione.
I preparatori di calce viva
Per produrre la calce si costruiva la cosiddetta “calchèra”252. Era in muratura ed aveva una forma arrotondata. L’accesso era possibile grazie a un’apertura lasciata alla base della parte anteriore. Sopra alla “calchèra” c’erano delle travi per evitare che l’acqua entrasse. Per produrre la calce erano necessari sia una notevole quantità di legna sia sassi calcarei. I sassi venivano messi all’interno, attaccati alla parete per uno spessore di un metro circa e poi veniva acceso il fuoco. Tale processo durava tre giorni interi e quindi richiedeva sempre la presenza di qualcuno sul posto. Quando si era ottenuta la calce viva si spegneva la combustione. La produzione artigianale della calce è andata
249 Dell’Andrea, Carbonaie a Selva di Cadore, p. 17 250 Ivi, p. 22 251 Ivi, p. 19 252 C. Da Roit, Usanze agordine, pp. 58 - 59
75 avanti sino agli anni ’50, quando si smise di utilizzare come materiali edili quanto disponibile in natura e si passò ai prodotti industriali, economici e più comodi.
La produzione di posate
Nei secoli passati il ferro estratto dalla miniera del Fursìl venne utilizzato ad Alleghe anche per la produzione di posate253, spade e addirittura strumenti chirurgici, come i cavadenti. La composizione particolare ferro-manganese aveva come peculiarità il fatto di non arrugginire. La cosa curiosa è che lo storico Alvisi in “Storia di Belluno” nel 1859 scrisse che tali oggetti venivano spacciati per inglesi. La produzione andò avanti sicuramente fino agli anni ’30. Infatti, da un elenco delle ditte industriali e commerciali del 1932 che ho avuto modo di visionare presso la Camera di Commercio di Belluno, ad Alleghe era presente l’unica ditta della Provincia di Belluno che produceva posate. Nel censimento del 1951 non risulta più presente ad Alleghe tale ditta quindi si può dedurre che l’attività si sia conclusa a cavallo delle due Guerre Mondiali. In particolare furono abili a sfruttare i bossoli vuoti delle granate254 rimaste qua e là dopo la I Guerra Mondiale. In quel periodo vennero costruiti oltre a quanto già citato anche strumenti da lavoro come zappe, badili, asce, braccialetti, vasi, mestoli, pentole, schiacciapatate, cavatappi e scaldaletto.
Alcune simpatiche figure ormai scomparse
Qui di seguito parlo di quattro lavori che esistevano quando i miei genitori erano ragazzi, ossia negli anni ’60 e di lì a poco scomparvero totalmente.
253 Case De Toni, Alleghe, pp. 46-47 254 Ivi, p. 56
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Gli stracciaioli Gli stracciaioli, in dialetto “strathéte”255, passavano di villaggio in villaggio a raccogliere stracci, ferro vecchio e altri materiali riciclabili. Chi cedeva loro questi oggetti riceveva in cambio qualche soldo. E’ una delle figure più singolari che abbia trovato nei tanti lavori di un tempo. Nel loro umile pellegrinare di casa in casa individuarono un’attività che ormai fa parte della cultura del Duemila: il riciclaggio e la raccolta differenziata.
Gli stradini La pressoché totale copertura delle strade statali con l’asfalto è stata raggiunta a metà degli anni ’60 e successivamente fu la volta di quelle secondarie. Prima dell’utilizzo dell’asfalto sulle strade, c’erano degli uomini che si occupavano di tenerle in buone condizioni, aggiungendo la ghiaia dove mancante. L’intervento degli stradini256 era particolarmente importante nei periodi di pioggia, siccome dovevano riempire i solchi creati dall’acqua. Inoltre eliminavano le erbacce che crescevano nelle cunette.
Gli stagnini Lo stagnino257 era una delle figure più apprezzate dalle casalinghe poiché con lo stagno era in grado di riparare le pentole, i catini e aggiustava anche altri oggetti come scarpe, cinture, scope e ombrelli. Se al giorno d’oggi appena una cosa si rompe viene gettata nell’immondizia, fino al II Dopoguerra si cercava di tirare avanti con quanto posseduto. Di solito era accompagnato dalla moglie o da qualche altro parente che lo aiutava nei lavori.
255 Da Roit, Usanze agordine, p. 67 256 Ibidem 257 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 119
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Il “moléta” L’arrotino passava un paio di volte l’anno, portando con sé gli arnesi258 necessari: la pietra molare con il treppiede, il contenitore per l’acqua, pinze, tenaglie, lime. Passava casa per casa a chiedere se qualcuno avesse bisogno e poi si metteva in un luogo in vista per svolgere il servizio, affinché fosse facilmente raggiungibile anche da altri clienti.
Le cooperative di consumo.
Nel 1871 Don Antonio Della Lucia fondò a Caviola, frazione di Falcade, la prima cooperativa di consumo259 che aveva come fine quello di acquistare generi di prima necessità per poi rivenderli a prezzi bassi agli abitanti del luogo e quanto guadagnato veniva reinvestito in altre attività utili per la società. L’8 marzo 1901260 venne costituita giuridicamente la “Società Anonima Cooperativa di Consumo” denominata “Unione cooperativa di consumo fra gli operai di Cencenighe”. In realtà, la cooperativa iniziò a funzionare solo nel novembre dello stesso anno. Il numero di soci crebbe negli anni, passando dai 59 soci iniziali ai 192 del 1996, con il picco massimo di 231 nel 1980. La prima sede fu in Via Villagrande al piano terra ma da subito si resero conto che tale spazio non era sufficiente. Fu così che la Società anonima comprò nel 1905261 un’area ampia su cui sarebbe stata costruita la nuova cooperativa con un grande magazzino. L’edificio venne costruito
258 Ivi, p. 118 259 Tamis, Don Antonio Della Lucia, p. 27 260 L. Manfroi, I cento anni della cooperativa di consumo di Cencenighe, Belluno, Tipografia Piave, 1997, p. 7 261 Ivi, p. 13
78 grazie al lavoro e alla fatica dei soci e il comune concesse l’uso di circa 200 metri cubi di materiale. In passato ci fu anche un’altra forma di associazionismo: le società operaie di mutuo soccorso262. In Italia si affermarono nella seconda metà dell’Ottocento. Nel Bellunese e di conseguenza nell’Agordino le associazioni professionali che riguardavano una sola categoria lavorativa erano davvero poche. Una era la Cassa Soccorso Operai della miniera di Val Imperina, la quale prevedeva sussidi per malattie e spese mediche, per vedove e orfani dei soci e per spese funerarie. A fine ‘800 una SOMS venne fondata da alcuni abitanti di Rivamonte Agordino che erano emigrati nel lontano stato dello Utah, negli USA. Bingham Canyon in quegli anni stava emergendo come uno dei più ricchi giacimenti di rame del mondo. Nacque la Società Operaia di Mutuo Soccorso “S. Antonio” di Rivamonte Agordino con loggia nel paese di Bingham Canyon il 26 dicembre del 1905. La società aveva come scopi263 aiutare gli associati in caso di malattie o incidenti momentanei o quegli associati che non fossero più in grado di lavorare. Dal 1908 le riunioni si svolsero a Rivamonte Agordino ed iscritti erano sia gente del luogo che gente rimasta in America. Anche a loro spettavano i sussidi nel momento del bisogno e venivano perciò inviati per posta. I soci aumentarono negli anni e le entrate grazie alle quote di associazione264 erano sempre sicure e i soci erano onesti e presentavano richiesta di sussidio solo nei casi di estrema necessità. Anzi, capitava che alcuni soci, a conoscenza di un momento di difficoltà di qualcuno che non aveva il coraggio di presentare domanda, decidessero di aiutarlo. Durante gli anni del fascismo, e precisamente nel 1926, fu creato in Italia l’Ente Nazionale Fascista della Cooperazione, con l’obiettivo di controllare le varie
262 S.O.M.S. Sant’Antonio, Società operaia di Mutuo Soccorso Sant'Antonio di Rivamonte Agordino : il centenario 1905-2005, Agordo, Castaldi, 2005, p. 5 263 AA. VV., Rivamonte, p. 87 264 Ivi, p. 36
79 associazioni cooperative in Italia e nemmeno la SOMS di Rivamonte potè evitare tali controlli. Anche se dalla chiusura della miniera di Val Imperina nel 1962 i soci sono vertiginosamente diminuiti e le riunioni non avvengono più con cadenza mensile, bensì annuale, l’associazione continua ad essere attiva.
L’abbigliamento
Un discorso a parte deve essere fatto per l’abbigliamento. Anche se non rientra propriamente tra le attività economiche merita sottolineare come i vestiti e le calzature fossero per la gran parte realizzati in casa. Le donne265 indossavano una camicia a maniche lunghe e con i polsini. Sopra erano solite portare un corpetto, abbottonato davanti. Attorno alla vita adoperavano una cintura di tessuto, su cui erano cucite due tasche. La gonna aveva due tasche ai lati e sopra di essa usavano un grembiule. Sul capo portavano un fazzoletto con le frange. Le calze erano di lana o di cotone e venivano rinforzate affinché durassero il più a lungo possibile. L’abbigliamento degli uomini era più essenziale: cappello, camicia, pantaloni di fustagno, il panciotto e una giacca. A Livinallongo del Col di Lana266, appartenente all’Impero Asburgico fino agli anni ’20 del secolo scorso, le donne abbandonarono il vecchio costume femminile chiamato “mesalana” (il nome derivava dal fatto che la gonna fosse sia di lana che canapa) e iniziarono ad adoperare il “guànt da fodóma”, molto più pratico. Fino agli anni ‘50 le persone più facoltose potevano acquistare abiti su misura nelle sartorie, ma tale usanza era sicuramente più in voga nelle città. In montagna, le possibilità economiche delle famiglie erano limitate e si preferiva realizzare abiti e calzature in casa. Nel corso degli anni ’60 iniziò il boom della vendita di abiti prodotti
265 D. Perco, L’abbigliamento popolare tradizionale nella provincia di Belluno, Cornuda, Grafiche Antiga, 1993, p. 55 266 Ivi, p. 89
80 dall’industria tessile e così gli abiti tradizionali vennero soppiantati da abiti più comodi e modaioli. Le scarpe più utilizzate in Agordino e in altri territori montani fino agli anni ’50 furono sicuramente le pantofole267 (in dialetto “scarpét”). Erano delle pantofole di velluto con le suole formate da tanti strati cuciti per bene. Man mano che la suola si induriva era necessario usare la pinza per riuscire a far passare l’ago. La tomaia268 era costituita da due pezzi di stoffa, solitamente di velluto che venivano cuciti alla suola. I primi “scarpét” erano preparati per quando i bimbi iniziavano a fare i primi passi. Da ragazzini continuavano ad usarli Figura 31 Scarpét originali e le mamme raccomandavano loro di farne un buon uso perché dovevano durare il più possibile. E poi da adulti: molto spesso le persone ne avevano due paia, uno da lavoro e uno per le giornate di festa. Negli ultimi vent’anni sono stati organizzati vari corsi in Provincia e fuori da Paola Soppelsa269, una dei due autori del libro “Scarpét: una vita… una storia…” per imparare a confezionarli e impedire che un’arte così antica vada perduta. La Signora Soppelsa ha imparato a confezionarli da una compaesana, la Signora Angela De Zaiacomo, la quale aveva continuato a produrli per la famiglia.
267 P. Soppelsa, A. Zas Friz, Scarpét: una vita…una storia…, Cornuda, Grafiche Antiga, 2004, p. 13 268 Deltedesco, L’artigianato della lana, della canapa e del cuoio a Fodóm, p. 79 269 Ivi, p. 219
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Le centrali idroelettriche
Lungo i corsi dei torrenti agordini sono state costruite diverse centrali idroelettriche per sfruttare le acque di cui il territorio agordino è ricco. I primi due sbarramenti270 si trovano sul Pian della Fedaia: uno ai piedi della Marmolada ad Ovest, che consiste in una diga nella parte centrale e due muri laterali e l’altro ad Est è costituito da un diaframma a pali incastrati. Questo serbatoio viene alimentato dalla parte più alta del torrente Avisio (affluente dell’Adige), dal ghiacciaio della Marmolada e dal torrente Ombretta, le cui acque devono essere pompate per farle risalire fino alla Fedaia. La successiva si trova a Malga Ciapela271 (è in servizio dal 1956) ed è alimentata dal serbatoio della Fedaia attraverso una galleria di derivazione in pressione. La centrale di Saviner dal 1953 accoglie le acque di scarico della centrale di Malga Ciapela e quelle dei torrenti Pettorina e Arei. Passando alla Valle del Biois, nel 1941272 è stata concessa l’autorizzazione a costruire la diga del Cavia (Comune di Falcade), le cui acque alimentano le centrali di Cavia e Molino. Nel 1943 è entrata in servizio la centrale di Molino e nel 1948 la centrale di Cavia I. Per alimentare tali centrali è stato necessario sbarrare il Rio del Lago in località Zingari Alti. Nel 1952 è stato costruito un altro sbarramento in località Zingari Bassi, lungo la strada che da Falcade porta al Passo San Pellegrino. Lo scarico della centrale del Cavia alimenta quella di Molino, i cui scarichi vengono immessi nel torrente Biois. La Centrale di Cencenighe273 è alimentata sia dalle acque che provengono da Alleghe attraverso una galleria in pressione sia da una condotta forzata metallica che raccoglie l’acqua di una presa sul Biois e una presa sul torrente Liera, un suo piccolo affluente. All’altezza di Listolade, sulla destra orografica del Cordevole, venne costruita una centrale elettrica temporanea274, la quale serviva alla realizzazione della galleria di
270 Enel Società per azioni, Gli impianti idroelettrici tra il Piave ed il Brenta, Vittorio Veneto, Grafiche De Bastiani, 1993, p. 13 271 Ivi, p. 18 272 Ivi, p. 21 273 Ivi, p. 27
82 adduzione Cencenighe-Val Corpassa e Val Corpassa-Agordo. Il lavoro fu completato con la presa intermedia alimentata dalle acque della Civetta e della Moiazza. Nel 1955 è stata costruita una centrale nel Comune di Taibon, lungo il torrente Tegnàs. La centrale di Agordo, in funzione dal 1940, si trova nella frazione di Toccol ed è alimentata da una galleria in pressione che parte da Cencenighe e nella quale si immettono anche le acque del torrente Corpassa, a Listolade.
Le vie di comunicazione
Fino al XIX secolo le strade agordine erano strettissime e venivano percorse a piedi. La strada che collegava l’Agordino a Belluno era stata costruita solo nel 1830275. Nell’Ottocento viaggiare tra Belluno ed Agordo era un evento raro e pieno di pericoli. Addirittura capitava che chi dovesse intraprendere tale strada facesse prima testamento276. Tra lo sbocco del Cordevole nella Val Belluna e la Muda c’erano ben 5 ospizi277: Vedana, San Gottardo, Peron, San Giacomo di Candaten e San Bartolomeo d’Agre (La Muda). In località La Stanga era presente un piccolo albergo: il nome di questa località ha origine dal fatto che ancora prima della locanda lì ci fosse un posto di blocco dove si doveva pagare un pedaggio. Qualcuno si muoveva a dorso di un mulo perché era un animale più docile del cavallo e quindi più sicuro sulle impervie strade del tempo. Le strade seguivano i corsi d’acqua e per questo motivo erano spesso soggette alle piene dei torrenti. La strada tra Canale d’Agordo e Cencenighe fino all’Ottocento278 non si trovava come ora sulla sinistra orografica del torrente Biois bensì sulla destra e passava per l’antico abitato ai “Forn”, dove erano presenti i forni fusori per i minerali estratti. Dopo l’alluvione del 1882, fu Don Antonio Della Lucia uno dei promotori della costruzione
274 Fontanive, Alla ricerca di un antico paesaggio, p. 21 275 G. Dal Mas, Una comunità e le sue bandiere, Belluno, Tipografia Piave, 2002, p. 39 276 CAI Sezione Agordina, Sass De S. Martin, Cornuda, Grafiche Antiga, 1993, p. 23 277 Ivi, p. 29 278 Della Giacoma, Fiocco, Le miniere in Valle del Biois, p. 155-
83 della nuova strada sulla sinistra279 del Biois, rassicurando la popolazione del fatto che tale cambiamento non avrebbe influito negativamente sull’economia dell’allora paese di Forno di Canale. Per farsi un’idea delle condizioni delle strade e dei mezzi disponibili in quel periodo riporto di seguito il tariffario in lire applicato da Angelo Zanella280, noleggiatore di cavalli di Agordo e consigliato dalla Sezione CAI di Agordo:
Prezzo per Luogo di Distanza Prezzo per Trasporto con vetture cavallo da sella e A 2 cavalli garzone A 1 cavallo Partenza Arrivo Km Ore e 4 e 2 viaggiatori accompagnatore viaggiatori
Agordo Canale 14 2 8 14 -
“ Caprile 26 3 12 20 -
“ Cencenighe 10 1 6 10 -
“ Belluno 30 3 e 1/2 12 20 -
“ Feltre per Gron 42 5 18 30 -
“ La Valle 4 3/4 3 5 -
“ Valle Imperina 4 1/2 3 5 -
“ Forno di Zoldo - 5 - - 16
“ Fiera di Primiero - 6 - - 18
“ San Lucano ai Prà 10 1 6 10 -
Nel 1865 un ingegnere friulano di nome Giovanni Battista Locatelli281 fu incaricato di predisporre uno studio sull’opportunità e gli eventuali costi di una strada ferrata che avrebbe collegato Venezia con le valli bellunesi e tirolesi in direzione del Lago di
279 Tamis, Don Antonio Della Lucia, p. 27 280 O. Brentari, Guida alpina di Belluno – Feltre – Primiero – Agordo – Zoldo, Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 1973 (ristampa anastatica dell’edizione del 1887), p. 264 281 G. B. Locatelli, Strada ferrata bellunese (riproduzione anastatica), Belluno, AICS Editore, 2006
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Costanza. Creare una ferrovia verso l’Europa centrale significava incrementare il commercio veneto verso zone ampie e diversificate. Furono prese in considerazione diverse possibili tratte, considerandone la fattibilità tecnica ed economica e l’ingegnere le percorse tutte a piedi per effettuare un lavoro serio ed approfondito. Come si vedrà in seguito, tale idea verrà accantonata. Al termine della Prima Guerra Mondiale, il Genio Militare282 sistemò molte strade in Agordino. I danni causati dalla guerra erano davvero ingenti e per permettere la ripresa delle zone teatro degli avvenimenti bellici furono stanziati dei fondi. L’unica autorità statale ancora funzionante in quel momento era l’esercito, il quale era l’unico che poteva aiutare la gente nella ricostruzione.
Tipo Comune Strada Tipo Lunghezza Larghezza Pendenza lavori Agordo - Passo Agordo Militare 21 km 4,5 m 8% Manut. Cereda
Agordo Agordo - Caprile Consorzio 25 km 6 m 4% Manut.
Agordo Agordo - La Valle Comunale 4 km 4,5 m 7% Manut. Cencenighe - Passo Cencenighe Consorzio 20 km 4,5 m 8% Manut. Valles Selva di Caprile - Selva - P. Comunale 14 km 4,5 m 8% Manut. Cadore Staulanza Selva di Selva - Saleni - Passo Militare 37 km 5 m 6% Manut. Cadore Pordoi Caprile – Colle Santa Caprile Militare 20 km 5 m 7% Manut. Lucia
Caprile Caprile - Sottoguda Consorzio 14 km 4,5 m 7% Manut.
Caprile Caprile - Saleni Militare 20 km 4,5 m 7% Manut.
Rova - Scuola Agordo Comunale O,5 km 5,5 m 4% Costr. Mineraria
282 A. Dal Fabbro, I. Dal Fabbro, L. Malatesta, L’Agordino dal 1915 al 1925: tra guerra e ricostruzione, Feltre, Graphic Group, 2005, p. 159
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Agordo Brugnac - Valcozzena Comunale 1,2 km 4 m 3 % Costr.
Forno di C. Forno - Gares Comunale 3 km 2,5 m 9% Costr.
Forno di C. Fregona - Carfon Comunale 2,5 km 2,5 m 19% Costr.
Taibon Val del Nare - Taibon Comunale 2 km 2,5 m 17% Costr.
San Tomaso Avoscan - San Tomaso Comunale 4 km 4 m 10% Costr.
Voltago Ag. Agordo - Frassenè Militare 1 km 5 m 5% Costr.
Gosaldo Frassenè - Gosaldo Militare 0,6 km 5 m 6% Costr.
Moena Falcade - Moena Militare 15 km 5,5 m 6% Costr.
Ponte Muda - Ponte La Valle Provinciale 1,45 km 8 m 3% Costr. San Martino Ponte del Cristo - La Valle Provinciale 1,45 km 8 m - Costr. Ponte Alto Ponte San Martino - La Valle Provinciale - - - Costr. Ponte del Cristo Stanga - Ponte della La Valle Provinciale - - - Costr. Muda Gosaldo e Strada del Canal del - 22 km 3 - 5 m 1 - 5 % Costr. Sospirolo Mis
Nel 1919 fu costruita per opera del Genio Militare la strada di Canal del Mis283, valle parallela al torrente Cordevole. Oltre a facilitare i viaggi per gli abitanti di Gosaldo, essa rappresentava una via di comunicazione tra le miniere di Vallalta e la Val Belluna. Nei progetti originali addirittura era prevista una prosecuzione della strada verso Sagron e il Primiero, ma non fu in seguito realizzata. Nel 1919 vennero iniziati i seguenti lavori284 sulla strada tra Belluno ed Agordo e portati a termine nel 1920: la prima galleria dei Castei con imbocco in località Tornèr (230 metri di lunghezza per 8 di larghezza); la seconda galleria dei Castei (200 metri di lunghezza);
283 P. Casanova (a cura di), Una storia, tante storie, Belluno, Tipografia Piave, 1999, p. 61 284 G. Fontanive, La Muda – Pont’Alt, Verona, Cierre Edizioni, 1996, p. 18
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la terza galleria dei Castei (50 metri di lunghezza); la realizzazione del percorso in sinistra idrografica nella tratta Ponte del Cristo – Pont’Alt; l’abbattimento del vecchio Pont’Alt e sua ricostruzione in pietra.
La ferrovia Agordo-Bribano I lavori285 per la costruzione della tratta ferroviaria tra Bribano ed Agordo vennero iniziati nel giugno del 1922 e terminati nell’autunno del 1924. La stazione di partenza era adiacente a quella delle Ferrovie dello Stato di Sedico- Bribano. La seconda fermata era Sedico-Landris. La linea, poi, si accostava al corso del torrente Cordevole sulla sinistra orografica e continuava fino a Le Roe. Dopo tale località, la ferrovia affiancava la provinciale Figura 32 Il locomotore restaurato Belluno-Agordo giungendo così alla stazione di Mas-Sospirolo. Poi si giungeva alla fermata al Perón per poi imboccare l’angusta Valle del Cordevole. In questa valle si raggiungeva dapprima la fermata de La Stanga e poi quella de La Muda. Presso la successiva fermata La Valle-Rivamonte veniva caricato il materiale estratto dalle miniere e infine la ferrovia giungeva nella conca di Agordo. Sfogliando la “Relazione sull’andamento economico della Provincia nell’anno 1928”286, edito dal Consiglio Provinciale dell’economia di Belluno si scopre che i viaggiatori
285 Locatelli, Strada ferrata bellunese (riproduzione anastatica), Appendice, p. 1 286 Consiglio Provinciale dell’economia di Belluno, Relazione sull’andamento della Provincia nell’anno 1928, Treviso, Arti Grafiche Longo & Zoppelli, 1930, p. 81
87 partiti in quell’anno su questa tratta furono 3756 in prima classe e 61366 in seconda classe, per un totale di 65122. La ferrovia, come detto in precedenza, fu funzionante dal 1925 al 1955 e permise il trasporto di merci, persone e animali e venne gestita dalla S.A.I.F (Società Anonima Industrie Ferroviarie), una società dipendente dalla Montecatini, la stessa ditta che in quegli anni gestiva le miniere di Val Imperina. Le tratte287 per la gente erano tre al giorno i primi anni e in seguito divennero quattro. D’estate, il servizio ferroviario veniva intensificato. Fino agli anni ’50 furono numerosi i progetti di prolungamenti della rete ferroviaria oltre Agordo: dalla Val Cordevole la linea ferroviaria si sarebbe spinta fino a giungere in Val Badia e poi verso la Valle Aurina per poi superare il confine e giungere fino in Baviera. Di tutto questo non venne più fatto nulla e anzi la chiusura della linea ferroviaria fu probabilmente determinata dall’antagonismo manifestato dalla ditta Buzzatti288, la quale faceva servizio di trasporto tra Agordo e Belluno ancora prima che venisse costruita la ferrovia. Con il servizio ferroviario il lavoro per la Buzzatti subì indubbiamente una notevole diminuzione e perciò aveva tutto l’interesse affinché la concorrenza smettesse. Inoltre, la chiusura delle miniere di Val Imperina era ormai prossima ed esse erano il principale cliente della linea ferroviaria. Nel 1934 venne realizzata la tangenziale289 di Listolade. Con la Legge n. 1288 del 17 dicembre 1957 la strada Sedico – Cernadoi venne classificata come statale290 assegnandole il numero 203 e da allora non pesò sulle magre risorse della Provincia di Belluno. Attualmente, l’ex strada statale 203 Agordina291 segue all’incirca il percorso del torrente Cordevole e nel 1991 vennero iniziati i lavori per la costruzione della galleria dei Castei292, la quale permetteva di evitare un tratto di strada sempre soggetto ai
287 Dal Mas, La conca agordina, pp. 144-145 288 E. Da Rold, Turismo e sport nella Provincia di Belluno durante il Fascismo, Belluno, Tipografia Piave, 1994, p. 38 289 Ivi, p. 45 290 Fontanive, La Muda – Pont’Alt, p. 21 291 Dal Mas, La conca agordina, pp. 67-72 292 Fontanive, La Muda – Pont’Alt, p. 22
88 pericoli causati dalla pioggia e di rendere la 203 molto più scorrevole nel tratto tra Agordo e La Muda. Ad Agordo la 203 si interseca con la ex strada statale 347 che da un lato collega Agordo con la Valle di Zoldo attraverso La Valle Agordina e il Passo Duràn e dall’altro lato lo collega al Primiero attraverso Voltago, Frassené e il Passo Cereda. La Valle del Biois, sulla destra orografica del Cordevole, è percorsa dalla ex S.S. 346 che prosegue poi verso il Passo San Pellegrino e la Provincia di Trento. Poco dopo Falcade Alto, anziché proseguire per la 346 si può imboccare la strada che conduce al Passo Valles. San Tomaso Agordino si può raggiungere sia da Cencenighe Agordino che da Avoscan, località sulla 203 verso Alleghe. Nei pressi di Caprile parte una strada che raggiunge Selva di Cadore, la quale a un certo punto si dirama e a destra prosegue verso il Passo Staulanza (ex S.S. 251) mentre a sinistra continua verso Colle Santa Lucia immettendosi nella 203 che sale da Caprile e arriva fino al bivio di Cernadoi. Prima di giungere a Colle si dirama una strada che porta al Passo Giau. Se da Caprile non si prosegue per la 203, la quale svolta a destra ma si prosegue dritti lungo la ex S.S. 641 tra Saviner e Rocca Pietore una strada sulla destra porta a Digonera e Pian di Salesei la quale si immette sulla Strada delle Dolomiti mentre un’altra sulla sinistra verso Pieve di Livinallongo. La 641 porta a Rocca Pietore, Col di Rocca, Sottoguda e Malga Ciapela. Negli anni ’60 era in progetto la costruzione dell’autostrada Venezia-Monaco293, la quale anche se non avrebbe interessato direttamente l’Agordino poiché era previsto che passasse per il Cadore ma avrebbe comunque facilitato l’arrivo di turisti stranieri per l’intera Provincia di Belluno, dando una notevole spinta al turismo. Purtroppo tale progetto è finito nell’oblio e l’autostrada finisce a Belluno e continua come superstrada ancora per un tratto verso il Cadore.
293 Ente Provinciale per il Turismo di Belluno, Studio sui problemi riguardanti le comunicazioni ferroviarie, stradali ed aeree in Provincia di Belluno, Feltre, Castaldi, 1965, p. 17
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L’emigrazione
L’emigrazione è un fenomeno che ha interessato tutti i paesi agordini, in particolare da fine ‘800 fino agli anni ’70. Una moltitudine di agordini dovette lasciare la propria casa per recarsi all’estero in cerca di un futuro migliore. Nei primi decenni la gente si indirizzò verso l’America del Nord, l’America Latina (in particolare verso Brasile e Argentina) e addirittura l’Australia. Chi si diresse così lontano il più delle volte non fece più ritorno in Italia se non dopo tanti anni per fare visita ai parenti rimasti in patria, mentre qualcuno tornò dopo molti anni con un certo gruzzolo. Intraprendere un lungo viaggio con il proprio nucleo familiare, lasciando tutti gli altri parenti e amici nella terra d’origine, sicuramente non era facile e causava molti dispiaceri. Ma la voglia di sperare in un futuro migliore per i propri figli era maggiore. Mentre dal II Dopoguerra l’emigrazione interessò soprattutto alcuni paesi europei294 come la Svizzera, la Francia, la Germania e il Belgio e si trattò di un’emigrazione stagionale. Nei mesi invernali la gente, soprattutto uomini, ritornava a casa. A prova di questo c’è il fatto che in quegli anni i matrimoni avvenissero soprattutto d’inverno. Negli anni ’70 l’economia italiana era in ripresa e l’emigrazione diminuì moltissimo. Si trattava di spostamenti all’interno dell’Italia verso regioni più ricche di opportunità e se la località era vicina al luogo di origine si ritornava a casa nel weekend. Senz’altro la ditta che ha contribuito maggiormente a diminuire il fenomeno dell’emigrazione negli anni è Luxottica: grazie a un incremento esponenziale di assunzioni negli anni ha offerto agli agordini un lavoro fisso, sicuro e vicino a casa.
294 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 52
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Capitolo 3
Il turismo
Il turismo nelle Dolomiti e quindi nell’Agordino è nato nell’Ottocento quando alcuni nobili inglesi e tedeschi iniziarono a frequentare le splendide cime. Molti inglesi visitarono le Dolomiti, documentando il loro viaggio con un libro. Nel 1864
Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill pubblicarono il libro “Le montagne dolomitiche”. Gilbert era un pittore di professione ma si dilettava anche come scrittore mentre Churcill era appassionato di botanica e geologia. In compagnia delle rispettive mogli compirono tre viaggi nelle Dolomiti, nel 1861, 1862 e 1863. Per quanto riguarda l’Agordino, essi visitarono la zona di Rocca Pietore295, di Caprile296 (Comune di Alleghe) e di Colle Santa Lucia297. Un altro testo famoso è “Cime inviolate e valli sconosciute” scritto da Amelia Edwards Blanford, una donna inglese che assieme a un’amica nel 1872 esplorò le Dolomiti. Quando le due donne effettuarono il viaggio, nella loro patria le Dolomiti erano già molto conosciute298 grazie agli scritti di altri avventurieri ma il loro caso fu singolare giacché le due donne viaggiarono senza una scorta maschile. Nel 1871 il naturalista italiano Antonio Stoppani299 visitò l’Agordino e ne parlò nella sua famosa opera “Il bel Paese”300. Stoppani partecipò al quarto congresso301 degli alpinisti italiani organizzato ad Agordo il 17 settembre del 1871.
295 J. Gilbert, G.C. Churcill, Le montagne dolomitiche, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2002, p. 126 296 Ivi, p. 131 297 Ivi, p. 135 298 A. Edwards Blanford, Cime inviolate e valli sconosciute: vagabondaggi di mezza estate nelle Dolomiti - 1872, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2002, p. 5 299 Pallabazzer, Chizzali, Colle Santa Lucia, p. 227 300 A. Stoppani, Il bel paese: conversazioni sulle bellezze naturali, Milano, Tipografia e Libreria Editrice Giacomo Agnelli, 1878
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Nel 1887 venne pubblicata una guida302 sul bellunese scritta da Ottone Brentari. La guida di Brentari è un testo ben curato che non ha nulla da invidiare alle guide del Duemila e anzi venne elaborata in maniera egregia descrivendo i vari comuni e le relative frazioni, approfondendone sia la storia che le attività economiche, le strade per raggiungere le località, i negozi e le cose interessanti da visitare, i dialetti parlati, il livello d'istruzione della gente. Quando il via vai di turisti raggiunse una dimensione ragguardevole, divenne necessario creare un ufficio informazioni nel capoluogo Agordino. Così nel 1868 fu fondata la Sezione Agordina del CAI che diede ulteriore impulso al turismo, favorendo la pubblicazione di libri, fornendo informazioni sulle guide alpine locali e sui mezzi di trasporto disponibili e incentivando l’apertura di nuovi alberghi. Appena tre anni dopo furono in grado di organizzare proprio ad Agordo l’adunanza straordinaria303 del CAI. La Sezione creò un “Corpo delle guide” ma dopo alcuni anni l’associazione si sciolse. La Sezione di Agordo si distingueva da altre per il fatto che notevole importanza veniva data alla cultura304 e venivano presi in considerazione anche gli apporti che provenivano dall’esterno. Nel frattempo stava emergendo la superiorità delle guide oltre confine. Alcune Sezioni si riunirono in un Consorzio per arginare questo fenomeno e occuparsi dell’addestramento delle nuove guide e dei portatori. L’unica Sezione veneta a non aderire fu quella di Agordo, per una serie di dissapori interni. A fine secolo comparvero anche i primi turisti italiani. Una delle prime guide turistiche scritte da un agordino fu “La Valle del Biois”305 di Silvio De Biasio, pubblicata nel 1926. Ho avuto la fortuna di poter sfogliare una copia originale di proprietà di Giuseppe Della Zassa di Vallada, grande appassionato della storia locale. Devo sottolineare il fatto che la guida è davvero minuziosa: illustra i tre comuni della Valle del Biois, parlando delle vie di comunicazione per raggiungerli, delle
301 G. Angelini, Civetta per le vie del passato, Crocetta del Montello, Grafiche Antiga, 2009, p. 95 302 Brentari, Guida alpina di Belluno – Feltre – Primiero – Agordo – Zoldo, p. 270 303 Dal Mas, Una comunità e le sue bandiere, p. 50 304 Da Rold, Turismo e sport nella Provincia di Belluno durante il Fascismo, p. 87 305 S. De Biasio, La Valle del Biois, Belluno, Arti Grafiche F. Cavessago & Figlio, 1926
92 molte frazioni, delle attività presenti sul territorio e delle innumerevoli passeggiate che sono effettuabili. Questo testo, seppur costituito solamente da una trentina di pagine, rappresenta uno dei primi tentativi di pubblicizzare le bellezze naturali del luogo.
Gli alberghi
Uno dei primi alberghi fu sicuramente l’Albergo Alle Miniere306 di Eugenio Tomè sulla piazza di Agordo. Al pian terreno c’era a destra l’omonimo caffè307 e a sinistra la sala di lettura del CAI. A Frassené, frazione di Voltago Agordino, nel 1902 venne costruito per primo l’Hotel Venezia308, il quale diede il via allo sviluppo turistico della località. Dopo la Prima Guerra Mondiale vennero costruite altre strutture ricettive: Dolomiti, Col di Luna, Frassené, Posta, Trieste, Villa Alpina, Villa Ida e Villa Elda. A Cencenighe i primi furono l’Albergo Stella309, vicino alla chiesa e l’Albergo Al Viandante310 nella frazione di Veronetta. A Canale d’Agordo i primi furono l’Albergo Al Gallo (della famiglia Dartora) e “Al Cavallino”311. L’Albergo Al Gallo312 ospitò moltissimi alpinisti, in particolare a fine ‘800: la traversata dell’Altopiano delle Pale313 da Gares a San Martino e viceversa era molto frequentata ai tempi. A Caviola, a fine ‘800, aprì l’Albergo Alla Corona314 della famiglia Tognetti e negli anni ’20 un punto di ritrovo per i turisti divenne il “Caffè Basso”315.
306 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 26 307 G. Fabbiani, G. Sorge, Belluno e provincia nelle vecchie cartoline,Treviso, Edizioni Canova, 1975 308 Fontanive, Mosca, Mosca, Frassené Agordino: un paese, tante storie, p. 17 309 Ivi, p. 57 310 I .Chenet, L. Manfroi, La nostra storia: Cencenighe e la sua gente nelle immagini del passato, Belluno, Tipografia Piave, 1998, p. 16 311 Ivi, p. 67 312 B. Pellegrinon, Falcade attraverso i secoli, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1983, p. 156 313 E. Dematté, L. Serafini, I colmiei e le vile di Canale d’Agordo, Cornuda, Grafiche Antiga, 2005, p. 20 314 B. Pellegrinon, Alle soglie del cielo, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2007, p. 11
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A Falcade i primi alberghi furono il Fioccobon di Emanuele Murer e l’Albergo Falcade316 dei fratelli Augusto e Giuseppe Bez. Murer317 fu un vero e proprio pioniere del turismo falcadino. Inizialmente, appena sposato, gestì per un periodo l’Albergo Al Gallo a Forno di Canale ma il suo obiettivo era creare un’attività nella natìa Falcade. Nel 1900 acquistò un terreno con lo scopo di erigere un hotel nel centro di Falcade ed iniziò subito i lavori. Nel novembre del 1902 i lavori erano ultimati: al piano terra c’era una veranda e la cucina mentre al piano superiore le camere dotate di una ventina di letti. Il nome mutò dopo qualche anno in Albergo Focobón al Mulaz e poi semplicemente Albergo Focobón. A San Tomaso il primo albergo con annessi ristorante e bar fu il Bellavista318, aperto nel 1950 vicino alla chiesa di San Tomaso ma chiuso nel 1983. Verrà riaperto qualche anno dopo e sarà chiamato Albergo Ristorante San Tomaso. Ad Alleghe due dei più vecchi sono sicuramente il Monte Civetta e l’Albergo Margherita319, nella frazione di Masarè. A Caprile l’Albergo Pezzè320 o Alle Marmolade gestito dalla signora Giovanna Pezzè fu sempre un punto d’incontro per gli alpinisti. In precedenza era stato di proprietà della famiglia Tommasi321, con il nome di “Albergo e Stallo alla Corona d’Oro”. In questo paese aprirono in seguito anche l’Albergo Alle Alpi322 gestito da Caterina Callegari Della Santa, che ebbe l’onore di ospitare nel 1886 Giosuè Carducci, e l’Albergo Posta323 la cui data di costruzione esatta non si conosce ma è attestato già nel 1866. A Sottoguda (Comune di Rocca Pietore) c’era l’Albergo Ai Serrai324.
315 Ivi, p. 69 316 Ivi, p. 75 317 Pellegrinon, Alle soglie del cielo, p. 19 318 Sirena, San Tomaso Agordino, pp. 99-101 319 Ivi, p. 87 320 Dal Mas, Una comunità e le sue bandiere, p. 48 321 Baldin, Il castello di Andraz e le miniere del Fursil, p. 87 322 Ivi, p. 65 323 G. Dal Mas, Caprile: storia di un paese, del suo albergo e della famiglia Pra, Belluno, Tipografia Piave, 2000, p. 45 324 Pellegrinon, Un ricordo dall’Agordino, p. 106
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Ad Arabba (Comune di Livinallongo) uno dei primi fu l’Albergo Posta325. Seguì poi l’Albergo Pordoi326. A Colle Santa Lucia, il primo fu l’Albergo Finazzer327 nel 1880, seguirono poi il Posta nel 1903 e l’Alto Cordevole nel 1922. A Selva di Cadore c’erano l’Albergo Val Fiorentina328, l’Albergo Pelmo e la Trattoria con alloggio e panificio. Negli anni 1957-58 a Listolade venne costruita la Locanda Monte Civetta329 da Attilio Ben e la moglie Silvana: la coppia gestì la struttura per ben 43 anni e rappresentò il punto di partenza ideale per le innumerevoli escursioni sul Gruppo della Civetta. Per avere uno spaccato sulla situazione alberghiera dopo la Seconda Guerra Mondiale e quindi negli anni in cui l’Italia stava risorgendo dalle proprie ceneri, riporto di seguito il numero di alberghi e pensioni presenti nel 1958330 in Agordino:
Numero di Numero di Numero di Numero di Numero di bar Comuni appartamenti in camere in locande e alberghi e pasticcerie affitto affitto osterie
Agordo 3 - 95 5/14 20
Alleghe 13 84 27 2/3 13
Canale 3 - 111 3/9 3 d’Agordo
Cencenighe 1 - - 2/6 3 Colle Santa 3 5 - - 1 Lucia 313 (camere + Falcade 7 - 2/8 15 appart.) Gosaldo 6 - - 1/15 6
La Valle 1 11 14 1/6 -
Livinallongo 17 4 11 3/ 6
325 Ivi, p. 122 326 G. Sorge, Caprile, Belluno, Tipografia Piave, 1976, p. 114 327 Ivi, p. 129 328 Dell’Andrea, Selva di Cadore come era, pp. 98-99 329 Ivi, p. 23 330 Doriguzzi Bozzo, Guida economico turistica della Provincia di Belluno, pp. 59-513
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Rivamonte - - 13 11 1
Rocca Pietore 10 - 63 5/12 3
San Tomaso - - 1 2/6 2
Selva di Cadore 3 27 8 2/1 -
Taibon - - 24 5/5 3
Vallada 1 - 34 -/4 -
Voltago 7 - 93 -/4 7
Dagli anni ’60 in poi si diffuse in montagna un'altra forma di soggiorno, alternativa all’albergo: sempre più turisti costruirono o acquistarono da altri le seconde case. In Valle del Biois, dove io abito, il fenomeno ha raggiunto negli anni dimensioni notevoli. Questo, se da un lato, assicura un buon numero di presenze, soprattutto in determinati periodi dell’anno con il conseguente maggiore lavoro per i negozi, gli artigiani in caso di manutenzioni e per gli impianti di risalita, dall’altro diminuisce il lavoro per gli albergatori e si assiste ad interi quartieri fantasma per molti mesi l’anno. Oltre alle seconde case vanno ricordati gli appartamenti e le camere affittati ai turisti, un aiuto prezioso per le famiglie di montagna. Negli anni accanto ad alberghi e pensioni sono emerse nuove tipologie di ospitalità, quali bed&breakfast, residence e case per ferie. Nell’insieme, queste tre tipologie rappresentano l’offerta ricettiva delle località agordine. Se nel 2003 a Falcade c’erano 34 alberghi aperti331, 11 anni dopo troviamo una situazione che è involuta essendo diminuito il numero a 27. Complice la crisi, 7 attività in poco più di dieci anni hanno chiuso. Ciò significa offrire una minore ricettività dell’ordine di circa 170 posti letto.
331 P. Garna, Il potenziale turistico della stazione di Falcade, Università degli Studi di Trento, Facoltà di Economia, Corso di laurea in Economia e Commercio, a.a. 2002/2003, rel. P. Nervi, p. 79
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I rifugi
Negli anni vennero costruiti diversi rifugi332 che servivano da base d’appoggio per le innumerevoli escursioni: nel 1904 il Rifugio “In som le Creppe”(Gruppo Croda da Lago - Cernera, Comune di Colle Santa Lucia) il quale dopo la II Guerra Mondiale non venne più riaperto; nel 1905 il Rifugio Coldai (Gruppo della Civetta - Comune di Alleghe) dalla sezione di Venezia del CAI che sarà dedicato nel 1932 alla memoria di Adolfo Sonino, un alpinista caduto a Punta Fiames. Sarà poi ampliato varie volte; 333 nel 1907 il Rifugio Mulàz Figura 33 Il Rifugio Mulàz (Gruppo delle Pale di San Martino – Mulàz, Comune di Falcade) per iniziativa del Cai di Venezia. Nel 1960 sarà dedicato a Giuseppe Volpi334; nel 1911 apertura del Rifugio Ombretta (Gruppo della Marmolada – Sass Becè, Comune di Rocca Pietore) per iniziativa del Cai di Venezia. Andò distrutto nella Prima Guerra Mondiale. Intitolato nel 1939 a Onorio Falier335, la cui sorella in punto di morte lasciò parte dei suoi averi alla ricostruzione di tale rifugio, a ricordo del fratello, socio della Sezione veneziana e grande amante delle montagne. Sia il
332 Avoscan, Francescon, Dolomiti e dintorni, pp. 177-207 333 Il rifugio venne costruito dall’imprenditore edile Emanuele Murer, lo stesso che aprì l’Albergo Focobon a Falcade e che realizzò 4 anni dopo il Rifugio Ombretta alla Marmolada. 334 Giuseppe Volpi (1877-1947), industriale e uomo politico veneziano, fondatore della SADE, ideatore e realizzatore di Porto Marghera 335 B. Pellegrinon, Ai piedi della parete d’argento, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2011, p. 25
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Rifugio Ombretta che il Mulàz furono costruiti dalle abili mani di Emanuele Murer336, colui che seppe dare il via al turismo falcadino; nel 1929 venne ultimato il rifugio Vazzoler a quota 1714 (Gruppo della Civetta, Comune di Taibon Agordino) dalla Sezione di Conegliano del CAI dedicato a un socio morto anni prima, Mario Vazzoler337. Nel 1934 ci fu già un ampliamento; nel 1934 a Punta Rocca (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore) costruito il rifugio “Capanna Marmolada” su iniziativa dello Sci Club Sat di Trento. Rimarrà aperto fino agli anni ’60; nel 1934 il Rifugio Tabià Palazza sul Gruppo della Marmolada, il quale però venne distrutto negli anni ’50 da un incendio e mai più ricostruito; nel 1935 il Rifugio Plan da la Lasta per iniziativa di privati, danneggiato durante la Guerra, in seguito usato come colonia estiva e infine trasformato nel 1994 in “Museo della Grande Guerra”; nel 1936 il Rifugio Valparola nel Gruppo del Col di Lana, ampliato nel 1972 e poi ristrutturato nel 1995/96; nel 1938 il Rifugio Passo Giau (Gruppo del Nuvolao, Comune di Colle Santa Lucia) aperto fino al 1993 e poi demolito per essere sostituito dall’Hotel Passo Giau; nel 1937 venne costruito il Rifugio Maria Vittoria Torrani338, pochi metri sotto la cima della Civetta; Nel 1938 il Rifugio Zingari Bassi nei pressi del Passo San Pellegrino, chiuso nel 1977 è stato riaperto come Ristorante Fior di Roccia negli ultimi anni; nel 1939 il rifugio Enrico Scarpa339 (Gruppo delle Pale di San Martino - Monte Agnèr, Comune di Voltago Agordino). Nel 1985 venne aggiunto il nome Ohannes
336 Ivi, p. 21 337 Ivi, p. 15 338 Alpinista milanese travolta da una valanga assieme a tre amici durante una salita di scialpinismo in Svizzera nel 1935 339 Pittore e paesaggista veneziano
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Gurekian340. In realtà, lo stabile era stato dapprima costruito nel 1912 come studio “Eremo Resele”341 di Enrico Scarpa; nel 1950 il rifugio Bruto Carestiato (Gruppo della Moiazza, Comune di Agordo) per iniziativa della Sezione Agordina del Cai, ampliato nel 1971/72 e poi ricostruito tra il 2005 e il 2007; nel 1952 al Passo Duran (Gruppo della Moiazza, Comune di La Valle) il Rifugio Cesare Tomè342 per iniziativa della Sezione Agordina del Cai. Ampliato più volte, nel 2000 è stato ceduto alla guida alpina Soro Dorotei; nel 1962 il Rifugio Negritella (Gruppo della Marmolada – Padon, Comune di Livinallongo del Col di Lana), dagli anni ’70 il nome è stato modificato in Rifugio Sass Becè; nel 1962 il Rifugio Piz Boè (Gruppo del Sella, Livinallongo) su iniziativa di privati, il quale rimane aperto fino al 1973 e nel 1993 riapre con il nome Rifugio Burz; nel 1963 il Rifugio Attilio Tissi343 sulla Civetta (Alleghe) su iniziativa della Sezione di Belluno del CAI. Ampliato negli anni ’80, è stato ristrutturato nel 2005; nel 1963 il Rifugio Flora Alpina (Gruppo della Marmolada, Comune di Falcade); nel 1964 il rifugio “Capanna Trieste” in Val Corpassa da Giorgio Dai Pra e la moglie Liliana Decima, ricostruito nel 1981; nel 1966 il Rifugio Lagazzon nei pressi dell’omonima forcella (Gruppo della Marmolada – Cime d’Auta, Comune di Canale d’Agordo). E’ stato ristrutturato nel 1994; nel 1968 il Rifugio Capanna Bill (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore). Ampliato negli anni ’80; nel 1969 il Rifugio Passo Fedaia (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore);
340 Ingegnere e alpinista di origini armene 341 Fontanive, Mosca, Mosca, Frassené Agordino, p. 17 342 Cesare Tomè (1844-1922), agordino e primo salitore di alcuni monti locali (Agnèr, Moiazza e Piz Sagron) 343 Attilio Tissi (1900-1959), imprenditore agordino, fortissimo scalatore in particolare nel Gruppo della Civetta
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nel 1969 il Rifugio Punta Rocca (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore); nel 1969 il Rifugio Pradazzo (Gruppo Cima Bocche – Comune di Falcade). Nato come prefabbricato, è stato spostato nel 1973 nella vecchia stazione di arrivo della telecabina Molino – Laresei per essere infine ristrutturato nel 1994; nel 1969 il Rifugio del Gigio (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore). Nel 1977 è stato trasformato in ristorante e affittacamere e nuovamente in rifugio nel 2006; nel 1970 il Rifugio Serauta (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore); nel 1970 il Rifugio Caiada (Comune di Falcade), aperto fino ai primi anni ’90; nel 1970 il Rifugio Baita dei Cacciatori (Gruppo della Marmolada – Cime d’Auta, Comune di Falcade). E’ rimasto chiuso per alcuni anni nell’ultimo ventennio ed è poi stato ampliato e riaperto circa 6 anni fa; nel 1970 il Rifugio Piezza (Gruppo del Nuvolao, Comune di Colle Santa Lucia) più volte soggetto a lavori; nel 1970 il Rifugio Fedare (Gruppo del Nuvolao, Comune di Colle Santa Lucia), ampliato nel 1988 e nel 2008; nel 1971 il Rifugio Portavescovo (Gruppo della Marmolada – Catena del Padon, Comune di Livinallongo; nel 1971 il Rifugio Barezze (Gruppo della Marmolada – Monte Vallesella, Comune di Falcade) aperto fino al 1992; nel 1972 il Rifugio Baita Dovich (Gruppo della Marmolada, Comune di Rocca Pietore) aperto fino al 1977; nel 1972 il Rifugio Malga ai Lach (Gruppo della Marmolada – Sass de la Palaza, Comune di Falcade). E’ stato ristrutturato nel 1989 e nel 2006; nel 1972 il Rifugio Lorenzo Bottari344 (Gruppo Pale di San Martino – Mulaz, Comune di Falcade) su iniziativa della Sezione CAI di Conegliano, Sottosezione di Oderzo; nel 1972 il Rifugio Pian della Sussistenza (Gruppo Cima Bocche – Monte Pradazzo, Comune di Falcade), attestato però fino al 1977;
344 Lorenzo Bottari, giovane alpinista morto nel 1968 durante una scalata sulle Tre Cime di Lavaredo
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nel 1973 il Rifugio Bosch Brusà (Gruppo della Marmolada – Sass de la Palaza, Comune di Falcade), dal 1982 trasformato in agriturismo; nel 1974 il Rifugio La Viza (Gruppo del Col di Lana, Comune di Livinallongo) per iniziativa di privati, ristrutturato nel 1998; nel 1976 il Rifugio Cherz (Gruppo del Col di Lana, Comune di Livinallongo) nei pressi dell’arrivo degli impianti di risalita per iniziativa di privati. E’ stato poi rilevato da un’altra società e ampliato nel 1986; nel 1977 il Rifugio Passo Incisa (Gruppo del Col di Lana, Comune di Livinallongo), ammodernato nel 1995 e nel 2002; nel 1982 il Rifugio Padon (Gruppo della Marmolada – Catena del Padon, Comune di Rocca Pietore) per iniziativa della Società Padon Marmolada S.p.a. di Rocca Pietore; nel 1984 il Rifugio Migon (Gruppo della Marmolada – Migogn, Comune di Rocca Pietore) per iniziativa di privati; nel 1986 il Rifugio Sasso Bianco (Gruppo della Marmolada – Sasso Bianco, Comune di San Tomaso Agordino) da privati, inizialmente come ricovero venatorio e solo dal 1993 come Rifugio vero e proprio. E’ stato ingrandito nel 2002; nel 1987 il Rifugio Plan Boè (Gruppo del Sella, Comune di Livinallongo) per iniziativa di privati, ampliato poi nel 2003; nel 1987 il Rifugio La Ciasota (Gruppo del Col di Lana, Comune di Livinallongo) da privati, ampliato nel 2004; nel 1988 il Rifugio Béč de Ròces ( Gruppo del Sella, Comune di Livinallongo) per iniziativa della Società Impianti Turistici Boè S.p.a. di Arabba;
L’alpinismo
Un discorso a parte lo merita sicuramente l’alpinismo in Agordino, sviluppato negli stessi anni in cui iniziava il turismo: si può tranquillamente affermare che si sono sviluppati e sostenuti a vicenda.
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Fino al XIX secolo gli abitanti della montagna erano talmente impegnati nei loro lavori da non avere molto tempo libero. Andavano in alta montagna ma per far pascolare il bestiame o per tagliare l’erba. Come detto in precedenza, verso fine ‘800 i primi a scalare le montagne agordine furono nobili inglesi e tedeschi e anche per questo motivo comparvero le prime guide alpine locali: giovani ragazzotti abituati allo sforzo fisico che avevano la possibilità di guadagnarsi il pane accompagnando quegli avventurieri venuti da lontano. Molte furono le guide a distinguersi per le proprie capacità. Ricordiamo, in Valle del Biois, Giovanni De Dorigo “Fumàs”345, nato nel 1859 a Canale d’Agordo. Appassionato di montagna e di caccia, accompagnò vari alpinisti dal 1893 in poi, alternando l’attività di guida con quella di funaro346. A Garés di Canale d’Agordo nacque Manfredo Vedova “Galìna”, grande conoscitore della sua valle. A Falcade si distinsero Abramo Murer “Ravère” nato nel 1876 e Beppi Murer del 1908, figlio di un’altra importante guida, Agostino “Beda”, il gestore per diversi anni del Rifugio Mulaz. Di Rocca Pietore, erano le guide347 Pellegrino Pellegrini, il cui figlio e poi nipote seguirono le sue orme e Gasparo Da Pian. Clemente Callegari di Caprile (Comune di Alleghe) fu una valida guida e conquistò il Pelmo d’oro, un premio attribuito ogni anno a persone che si sono distinte nell’ambito della montagna. Sempre di Caprile fu Giovan Battista Della Santa, il quale collaborò spesso con Pellegrini. Ambrogio Nicolao di Rocca Pietore e genero di Pellegrini, imparò il mestiere da quest’ultimo. Infine, sempre della zona della Val Pettorina e Fiorentina ci fu Nepomuceno Del Buos. La prima conquista di queste cime rimarrà sempre nella memoria.
345 Pellegrinon, Alle soglie del cielo, pp. 95-98 346 CAI Sezione Agordina, Còl De Fargóna: adunanza 2012, Belluno, Tipografia Piave, 2012, p. 20 347 P. Rossi, Marmolada, Bologna, Tamari Editore, 1968, p. 45
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Iniziamo dalla montagna dolomitica per eccellenza, la Marmolada. La prima ascensione348 sulla Marmolada a Punta Rocca (3309 m) risale al 1856 e fu intrapresa da un gruppo composto da don Pietro Mugna, don Lorenzo Nicolai, il maestro Antonio Marmolada, il nobile Giannantonio de Manzoni accompagnati dalle guide di Rocca Pietore Pellegrino Pellegrini e Gasparo Da Pian. Punta Penia (3343 m) fu conquistata invece nel 1864 da Paul Grohmann349, assistito
dalle guide ampezzane Angelo e Figura 34 La parete Sud della Marmolada fotografata dalla sommità del Mulaz Fulgenzio Dimai. Da quando Punta Penia350 fu conquistata, divenne la meta dei più grandi alpinisti e Punta Rocca passò in secondo piano per essere poi rivalutata molti decenni dopo con la costruzione della funivia. La parete Sud della Marmolada fu scalata nel 1897 da Cesare Tomè e Sante De Toni.Il Cimon della Pala351 fu asceso nel 1870 dall’inglese E.R. Whitwell con le guide Santo Siorpaes e Christian Lauener mentre la vicina Cima Vezzana un paio d’anni dopo da Douglas William Freshfield e C. Tucker. La cima del Mulàz (2906 m) fu scalata ufficialmente per la prima volta nel 1900 da Alfred von Radio – Radiis con il fratello, i quali rinvennero sulla cima alcuni bigliettini lasciati da precedenti scalatori. La cima del Focobón352 (3054 m) venne conquistata da Giuseppe d’Anna assieme alla guida fassana Giorgio Bernard.
348 Dal Mas, Una comunità e le sue bandiere, p. 48 349 Ivi, p. 67 350 Rossi, Marmolada, p. 44 351 Pellegrinon, Alle soglie del cielo, p. 24 352 Ivi, p. 25
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L’Agnèr (2872 m) venne conquistato dai primi scalatori nel 1875353: si trattava di Cesare Tomè, Martino Gnech e Tomaso Dal Col, quest’ultimo guida alpina. Nel 1921 Francesco Jori (fassano)354, Arturo Andreoletti (milanese), e Alberto Zanutti (triestino) salirono per primi la parete Nord dell’Agnèr. Nel 1930 Attilio Tissi e Giovanni Andrich, agordini, scalarono la parete Sud355. Nel 1932 Giovanni Andrich, agordino e Ernani Faè, bellunese, conquistarono lo spigolo Nord356. La parete Ovest venne scalata per la prima volta nel 1933 da due alpinisti di Como357, Alfonso Vinci e Gianelia Bernasconi. La sommità del Pelmo358 fu raggiunta nel 1857 da John Ball, partendo dallo Zoldano mentre per scalare la parete Nord ci vorranno altri 40 anni e il coraggio degli inglesi Phillimore e Raynor, accompagnati da due guide ampezzane. In Valle del Biois furono diversi gli uomini che si distinsero per la loro eccelsa capacità di scalare. Figura 35 Il Pelmo Uno dei più noti fu Attilio Tissi, il quale nacque a Vallada Agordina nel 1900 da un’umile famiglia. Si trasferì a Belluno all’età di 12 anni per frequentare la scuola industriale359. Gestì un’impresa di lavori
353 B. Pellegrinon, Agnèr: il gigante di pietra, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1983, p. 27 354 Ivi, p. 50 355 B. Pellegrinon (a cura di), Attilio Tissi: quei giorni quelle montagne, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2000, p. 50 356 Ivi, p. 81 357 Ivi, p. 91 358 G. M. Longiarù, L. Nicolai, Selva di Cadore: notizie storiche, Treviso, Tipografia Editrice Trevigiana, 1943, p. 88 359 Pellegrinon (a cura di), Attilio Tissi, p. 13
104 edili, la quale nei momenti di maggiore attività arrivò ad avere anche 700 dipendenti360 e aprì una segheria a Cencenighe. Iniziò ad arrampicare relativamente tardi, a 30 anni e fece coppia di cordata soprattutto con Giovanni Andrich. Nel 1930 salirono alla Civetta dalla parete Nord- Ovest: era il primo tentativo da parte di arrampicatori italiani e senza bivaccare. In precedenza era stata una conquista dei tedeschi ed era stata ripetuta da quattro cordate appoggiandosi però a un bivacco. Quel giorno Tissi ed Andrich partirono all’una e trenta della notte per giungere sulla cima alle 18. Tissi fu sempre modesto e riservato. Non fu mai egli stesso a raccontare verbalmente o con scritti le sue prodezze. Nel 1930 assieme ad Andrich e Attilio Bortoli salì la Cima dell’Auta orientale361(Gruppo della Marmolada) per la prima Figura 36 Civetta e Pelsa volta dalla parete Sud. Inoltre salì per primo la cima Maria Josè (Gruppo delle Pale di San Lucano) con il fedele Andrich. Il 1931 fu un anno intenso: prima ripetizione italiana della Stieger del Catinaccio, prima ripetizione della direttissima di Videsott-Rittler-Rudatis sullo spigolo Sud-Ovest della Busazza. Tissi con la sua cordata aprì una via nuova direttissima sulla Tofana di Roces (Gruppo delle Tofane) e un mese dopo affrontò la Torre Trieste (Gruppo della Civetta) dalla parete Ovest con Rudatis e Andrich. Nel 1932 gli stessi arrivarono in cima al Pan di Zucchero (Gruppo della Civetta).
360 Fant, Lo sviluppo industriale della Provincia di Belluno nel dopoguerra, p. 135 361 Ivi, p. 48-60
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Nel 1933 fu la volta della Torre Venezia (Gruppo della Civetta) dalla parete Sud e del Campanile di Brabante (Gruppo della Civetta), prima salita in assoluto. Dopo un mese salì di nuovo la Torre Venezia ma dalla parete Nord-Est. Nel 1936 salì la Prima Torre di Sella per lo spigolo Sud-Ovest. Qualche anno dopo si fece notare Antonio Serafini “Toni Croda362”. Serafini in 50 anni di vita conquistò le più imponenti cime assieme ad altre figure di spicco della zona, tra le quali Giorgio Ronchi363, Luciano Luciani, Armando Da Roit, Carlo Andrich, Livio De Bernardin, Adriano Strim, Augusto Allegranzi, Bepi Pellegrinon, Edoardo Serafini e molti altri. Oltre alle sue prodezze in montagna fu sempre attivo nelle varie associazioni locali, aiutando il prossimo. Anche a Voltago Agordino alcuni uomini si distinsero per le loro prodezze sulle cime. Tra di essi ricordiamo: Giovanni De Col364, Angelo Miana, Mariano Da Campo, Liberale Santomaso e Dino Soppelsa. Nel 1952 venne fondato il Gruppo Rocciatori Val Biois365: era necessario unire le forze per poter acquistare materiale sicuro per le arrampicate e aiutare chi si approcciava all’arrampicata per la prima volta. Negli anni molti altri uomini si dedicarono alle loro amate montagne e in tempi più recenti ricordiamo le prodezze di alcuni ragazzi di Cencenighe che costituirono il “Gruppo Amici della Montagna”366: Ilio De Biasio e il fratello Ettore, Franco Schiavinato, Sandro Soppelsa, Giacomo Lazzarini, Roberto Vanz, Tullio Manfroi e Silvio De Biasio. Essi dagli anni ’80 si sono dedicati in particolar modo a scalare le Pale di San Lucano.
362 AA. VV., Toni Serafini: la cordata dell’infinito, Belluno, Nuovi Sentieri Editore,1993, p. 7 363 Ivi, 23 364 AA. VV., Malghe Agnèr: adunanza 1999, Belluno, Tipografia Piave, 1999, p. 6 365 CAI Sezione Agordina, Còl De Fargóna, p. 27 366 CAI Sezione Agordina, Pónt: Valle di San Lucano, Cornuda, Grafiche Antiga, 1995, p. 14
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Una seconda “conquista delle cime”
Dagli anni ’60 in poi si è assistito in molti comuni dell’Agordino alla costruzione di importanti impianti di risalita che hanno dato una netta spinta all’offerta turistica. Gli impianti di risalita sono un volano per l’economia montana, sia estiva che invernale. In realtà, già nel 1956 a Frassenè venne costruita una seggiovia che permetteva di raggiungere Malga Lósch367: era il primo impianto di tutto l’Agordino, questo a testimonianza del fatto che Frassenè in quegli anni era davvero un precursore del turismo. Nel Comune di Falcade i primi impianti costruiti furono due skilift368: uno in località Laresei a Caviola e l’altro in località Fioita a Falcade. Questi due skilift vennero costruiti e gestiti dalle Pro Loco locali. Uno dei due venne danneggiato da una valanga. Quando, nel 1958, l’AAST Falcade Caviola subentrò alle pro loco, ne vennero costruiti altri due: a Caviola in località Salpian e a Falcade, alle Brustolade. Tra il 1966 e il 1967 fu costruita la telecabina in due tronchi Molino-Le Buse e Le Buse- Laresei dalla stessa società che l’anno prima aveva costruito l’Hotel San Giusto, la 3SP. Nel frattempo, sempre nel comprensorio di Falcade, vennero costruiti due nuovi skilift: lo skilift “Le Buse”369 alle Buse e lo skilift “Valles-Cima Pradazzo” al Passo Valles. Nelle stagioni 1967/68 e 1968/69 vennero costruiti da privati ancora due skilift, in Valfredda e in località Costazza. Nel 1970 alla 3SP subentrò la società “Val Biois S.p.a.”. Nel 1967 fu costruita la funivia370 in due tronchi che collegava Malga Ciapela a Punta Serauta fino a Punta Rocca. Merita sottolineare il fatto che sulla Marmolada avessero iniziato a praticare lo sci alpino371 ben prima della costruzione degli impianti di risalita e precisamente verso il 1910. Dopo una salita lunga ed estenuante quei primi temerari
367 Fontanive, Mosca, Mosca, Frassené Agordino, p. 22 368 C. Costa, Falcade dal secondo dopoguerra ad oggi: evoluzione socioeconomica, demografica e politico-amministrativa di una comunita alpina,1945-1995, tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Scienze Politiche, Indirizzo storico-politico, a.a. 1996/1997, rel. A. Lazzarini, p. 93 369 Garna, Il potenziale turistico della stazione di Falcade, p. 156 370 Capraro (a cura di), La lunga sfida, p. 63 371 Rossi, Marmolada, pp. 68-69
107 sciatori potevano godere dell’adrenalina della discesa e verso gli anni ’30 disputarono anche le prime gare di discesa libera e di slalom gigante. Nel 1970 iniziarono i lavori per costruire la funivia Arabba – Porta Vescovo372. Nel 1973 a Falcade la telecabina “Le Buse-Laresei” venne sostituita da una seggiovia monoposto e venne costruito lo skilift “Saline destra”. Nel 1974 furono inaugurati gli impianti sul Monte Cherz, i quali permettevano il collegamento del Passo Campolongo con gli impianti della Val Badia. Nel 1976 a Falcade venne realizzata la sciovia “Laresei”, il campo scuola e lo skilift “Campo scuola”. Nel 1979 fu la volta di Alleghe che costruì gli impianti nel 1979373, con l’idea di collegare Alleghe con Selva di Cadore e gli impianti di Zoldo. Nel 1980 venne costruita la funivia del Col Margherita al Passo San Pellegrino e nel 1984 alla precedente società che gestiva gli impianti subentrò il “Consorzio Ski Area Trevalli”. A Falcade nel 1981 vennero costruiti altri due skilift: Saline Sinistra e Zingari, nel 1983 la sciovia Le Buse venne sostituita dalla sciovia Le Buse Sinistra e nel 1985 venne costruita la Figura 37 La stazione di arrivo della Funivia del Col Margherita sciovia “Col Margherita”, poi smantellata nel 1990. Nel 1986 la vecchia bidonvia venne rimpiazzata dalla seggiovia quadriposto ad agganciamento automatico Molino – Le Buse374.
372 Sorge, Caprile, p. 117 373 Dal Mas, Caprile, p. 113 374 B. Pellegrinon (a cura di), Neve & Sci: una dinastia di campioni fra le Dolomiti, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 2008, p. 34
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Nello stesso anno venne costruito lo skilift “Caviazza”, che verrà demolito solo sei anni dopo. Nel 1990 fu la volta della seggiovia Le Buse – Laresei. Inoltre venne realizzata una manovia in Località Le Buse. Nel 1995 venne costruita Le Buse Destra, un’altra sciovia. Nel 1999 venne costruita la seggiovia quadriposto ad agganciamento automatico e coperta Lago Cavia – Col Margherita, nel 2003 la seggiovia Lago Cavia – Laresei e nel 2005, infine, fu la seggiovia Saline – Laresei. La tendenza che accumuna i comprensori sciistici negli ultimi anni è quella di offrire grandi caroselli nei quali poter sciare passando da una valle all’altra con gli sci ai piedi: ben noto è il caso del Sellaronda o anche chiamato “giro dei quattro passi”, in quanto si transita per i Passi Pordoi, Gardena, Sella e Campolongo. Dei comuni dell’Agordino l’unico che fa parte di tale giro è Livinallongo del Col di Lana, con la località di Arabba. Il numero di persone che ogni anno durante la stagione invernale effettua tale tour è impressionante e garantisce un’eccezionale mole di lavoro per i paesi coinvolti. I turisti ormai non si accontentano di piccoli comprensori dove ci sono solo poche piste ma ormai sono abituati a zone che offrono ogni livello di difficoltà di discesa, con un occhio di riguardo per le nuove discipline quali il freeride, il freestyle e lo snowboard acrobatico. Da molti anni vi sono alcuni progetti per effettuare dei collegamenti tra comprensori limitrofi e ampliare così il bacino della clientela. Uno dei più noti è il collegamento tra Malga Ciapela, 1481 m (Comune di Rocca Pietore) e il Passo San Pellegrino (Comune di Falcade) attraverso il Forca Rossa, 2481 m375. Malga Ciapela è collegata ad Arabba attraverso Passo Padon e Porta Vescovo mentre gli impianti del Passo San Pellegrino, facenti parte del Comprensorio Trevalli sono
375 M. Chenet, Piano territoriale di coordinamento per la località di Malga Ciapela in comune di Rocca Pietore. Prospettive di inserimento della località nel comprensorio sciabile di Passo San Pellegrino – Marmolada – Arabba, tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Ingegneria, Corso di laurea in Tecnica Urbanistica, a.a. 1989/1990, rel. C. Giorgetti, p. 60
109 collegati sia a Falcade che all’Alpe Lusia (Moena). Questo progetto, molto discusso negli anni ’80 e oggetto di una tesi di laurea di Maurizio Chenet nell’anno accademico 1989/90, è rimasto tale sia per ragioni economiche sia per l’opposizione delle associazioni che tutelano l’ambiente. Non si può negare il fatto che la costruzione di un impianto di risalita modifichi la conformazione del terreno e rovini in parte il panorama, togliendo quelle caratteristiche di incontaminatezza, tipiche della montagna. Ma è anche innegabile il fatto che per la sopravvivenza delle economie montane lo sci è fondamentale.
Il turismo invernale
Lo sci alpino Se negli ultimi decenni lo sci, alpino e nordico, ha rappresentato uno degli aspetti più importanti del turismo, quando fecero la comparsa i primi sci il loro scopo era ben diverso. Servivano a spostarsi da un paese all’altro e i primi furono costruiti artigianalmente. Il problema era trovare un sistema per costruire gli attacchi376 e qualcuno addirittura per non sbagliarsi inchiodò letteralmente gli scarponi agli sci: così non si sarebbero di certo persi gli sci. Nel 1926 a Canale d’Agordo fu organizzato il primo corso di sci377. Nel 1946 venne fondato a Falcade lo Sci Club Val Biois e nel 1949 lo Sci Club Forno di Canale. Nel 1969 a Falcade venne fondata la Scuola maestri di sci Val Biois - Falcade. Il livello delle piste da sci non era il medesimo di adesso. I battipista furono dotati prima di una lama e in seguito di una fresa solo a inizio anni ’80. Prima di allora i battipista passavano solo quando nevicava e il manto nevoso rimaneva ben più sconnesso rispetto alle perfette piste attuali.
376 A. Cagnati, B. Pellegrinon, Una valle sugli sci, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1990, p. 10 377 Ivi, p. 9
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Ogni comprensorio nei decenni crebbe. Basta pensare al fatto che fino al 1980 chi saliva con gli sci da Molino di Falcade poteva sciare solo sul versante di Falcade e il collegamento con il Passo San Pellegrino fu reso possibile solo dal marzo del 1981 con l’apertura della funivia del Col Margherita.
L’hockey Patria dell’hockey per quanto riguarda l’Agordino è sempre stato il paese di Alleghe. Nel 1930 grazie all’impegno e al carisma di un giovane di nome Pio De Toni378 si costituì una società sportiva e un altro giovane di nome Giuseppe Checchini andò a Milano 4 giorni per imparare quanto più possibile sull’hockey e condividerlo con gli altri ragazzi del luogo e poi fece richiesta alla Federazione Italiana Sport Ghiaccio affinché fosse disputato ad Alleghe un incontro ufficiale. E fu così che nel 1932 fu giocata la prima partita ufficiale di hockey tra il Cortina e la seconda squadra del Milano. Ai tempi si giocava sul lago ghiacciato e la preparazione era davvero difficoltosa in quanto legata agli eventi atmosferici. L’hockey si diffuse ben presto come hobby tra i giovani del luogo e fino alla II Guerra Mondiale molti si dedicarono all’hockey. Nel 1945 fu presentata richiesta alla Federazione Italiana Hockey su ghiaccio di iscriversi alla Serie A col nome di H.C. Alleghe. In quell’anno non riuscirono a disputare il campionato perché c’erano ancora problemi dovuti alla guerra appena finita ma dalla stagione 1946-47 iniziarono a giocare. In pochi anni però emersero delle difficoltà economiche e fu costituita una nuova società, la H.C. Monte Civetta-Alleghe per giocare in serie B, con gli stessi giocatori dell’altra squadra. La Federazione continuò a riconoscere anche la prima squadra, perché si era ritirata dalla serie A non per demeriti sportivi ma proprio per le sopraggiunte difficoltà economiche.
378 L. Soppelsa, Cinquant’anni di hockey, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1983, p. 17
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Nella stagione 1964-65 furono promossi in Serie A ma non fu facile in quanto si scontrarono con un livello superiore. Negli anni si alternarono momenti di gloria e momenti difficoltosi. Nella primavera del 1972379 iniziarono i lavori per la costruzione dello stadio del ghiaccio artificiale380, i quali furono ultimati nel novembre dello stesso anno: esso rappresentava non solo il fatto di avere un campo da hochey valido ma anche un’offerta di svago sia per la gente del posto che per i turisti.
Altri sport invernali Oltre allo sci alpino ci sono altri sport praticati in Agordino. Va ricordato innanzitutto lo sci nordico. In Valle del Biois si può praticare sia a Falcade sulla Piana presso il centro fondo Pietro Scola con 8 km di piste, sia al centro fondo Franco Manfroi in Val di Gares (Comune di Canale d’Agordo) che offre 5 km di piste. A Malga Ciapela sono presenti 3 anelli381: la pista dell’orso di 8 km, la pista delle aquile, 5 km, e la pista delle marmotte, 3 km. A Selva di Cadore c’è il centro fondo Peronaz,382 ai piedi del Monte Pelmo. A Forcella Aurine, Comune di Gosaldo, c’è una pista da fondo di limitata difficoltà mentre nel Comune di La Valle Agordina, ci sono tre percorsi di varie difficoltà che attraversano il paese. Chi non ama la confusione delle piste da discesa e da fondo ha come alternativa lo sci alpinismo: una disciplina che prevede la salita con gli sci ai piedi sulla cui soletta viene applicata la pelle di foca per permettere l’aderenza e la successiva discesa in neve
379 P. Callegari, Storia dell’Alleghe: 73 anni di storia in riva al lago, Milano, Edizioni Libreria dello sport, 2007, p. 58 380 Ivi, p. 72 381 Dolomiti Superski, http://www.dolomitisuperski.com/it, data di consultazione 13 agosto 2014 382 Dolomiti Nordicski, http://www.dolomitinordicski.com/it/regioni/pelmoskicivetta.html, data di consultazione 13 agosto 2014,
112 fresca senza le pelli. Questo sport richiede una discreta esperienza sia nella sciata che nella conoscenza delle montagne. Questo perché è fondamentale decidere dove fare l’escursione, evitando zone che presentano un rischio valanghe elevato e scegliendo le giornate con le condizioni climatiche ideali: da evitare le pareti molto esposte al sole nelle calde giornate primaverili, le quali sono facilmente soggette a valanghe. Negli ultimi decenni stanno emergendo delle discipline che danno la possibilità anche a chi non sa sciare di stare a contatto con la natura anche nei mesi invernali, come ad esempio le passeggiate con le racchette da neve, un articolo non costoso e facile da adoperare.
Il turismo estivo e in generale
Il turismo enogastronomico Una delle offerte turistiche presenti riguarda sicuramente l’enogastronomia. Molte malghe, un tempo sfruttate per l’alpeggio, sono state trasformate negli ultimi anni in malghe agrituristiche o semplici bivacchi presso cui ripararsi in caso di cambi repentini di tempo. In qualche raro caso si trovano anche malghe che non offrono un punto di ristoro ma che si occupano ancora dell’attività originaria. La Provincia di Belluno con la Camera di Commercio, nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Interreg IIIA Italia – Austria, ha realizzato in collaborazione con la Regione Veneto “La strada dei formaggi delle Dolomiti Bellunesi: un itinerario alla scoperta del territorio e dei suoi sapori”. Esso rappresenta un modo di promuovere e valorizzare i prodotti tipici di montagna. Hanno aderito al progetto ben 72 imprese383 che lavorano il latte e 38 ristoratori che utilizzano nelle loro ricette formaggi tipici locali.
383 Associazione Strada dei Formaggi della Provincia di Belluno, La Strada dei Formaggi delle Dolomiti Bellunesi, Dosson di Casier, Arti Grafiche Zoppelli dal 1853, p. 5
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Il turismo naturalistico Il centro ARPAV di Arabba nell’ambito del Programma Comunitario Leader II – azione nr. 14 del Piano di azione locale del G.A.L. “Alto Bellunese”384 ha studiato 15 biotopi nell’Alto Bellunese. I biotopi sono dei luoghi che hanno conservato intatte le caratteristiche naturali. Uno di essi è il Laghetto di Gares, localizzato nell’omonima valle nel Comune di Canale d’Agordo. Si tratta di un laghetto presente dal disgelo primaverile385 fino all’inizio dell’inverno che è habitat per piante idrofitiche e per anfibi. L’ambiente presenta dei micro climi molto vari tra loro. Nelle buche la neve dura per un maggior periodo di tempo e inoltre sono presenti delle correnti d’aria fredda che limitano la crescita della vegetazione. Mentre sui massi la crescita è maggiormente facilitata. Sono stati installati dei covatoi prefabbricati, nei quali gli uccelli possono nidificare per sopperire alla sempre maggiore rarità di cavità adatte. Per permettere ai turisti di conoscere questo biotopo è stato realizzato un breve percorso386 (370 m) che dalla strada comunale porta al laghetto.
Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi è un parco riconosciuto di recente (1993) che ingloba anche alcune zone dell’Agordino meridionale: parte dei Comuni di Gosaldo, Rivamonte Agordino e La Valle Agordina. Il Parco include i gruppi montuosi387 della Schiara-Talvena, dei Monti del Sole e delle Alpi Feltrine.
384 A. Andrich, A. Crepaz (a cura di), Il laghetto di Gares: visita al biotopo, Santa Giustina, Promoduck, 2001 385 Ivi, p. 8 386 Ivi, 19 387 Dal Mas, La conca agordina, p. 171
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Quando il Parco era ancora solo un sogno, un signore di nome Piero Rossi scrisse un libro nel 1976, intitolato “Il Parco Nazionale delle Dolomiti”388. Nel volume spiegava quanto sarebbe stato importante per la Provincia di Belluno e, più in generale, per
il Veneto la creazione di un parco Figura 38 Il fiore simbolo del Parco, la Campanula morettiana naturalistico. Rossi fu in un certo senso l’erede di Giovanni Angelini389, un udinese che si distinse per il suo amore verso la montagna. Di professione era medico, ma il tempo libero lo passava tra le montagne bellunesi, in particolare quelle zoldane, terra d’origine della madre. I due si trovavano spesso a chiacchierare e Angelini coinvolse Rossi parlandogli di quanto sarebbe stato importante creare un Parco. L’istituzione del Parco si basa su tre fattori390: la flora e la fauna estremamente ricche; l’ottima conservazione dei vari ecosistemi; le testimonianze dell’antica presenza di esseri umani. Dal 1993 in poi molto è stato fatto, come la creazione di strutture turistiche e culturali; la realizzazione di 6 itinerari tematici per un totale di 150 km e due sentieri natura; le escursioni d’autore391 con autori di testi scientifici e guide del Parco; la ristrutturazione di quattro malghe che ha reso possibile lo sfruttamento dei pascoli per il 97%, risultato notevole se fuori dal Parco si parla del 50%; l’uso di fonti energetiche rinnovabili
388 P. Rossi, Il parco nazionale delle Dolomiti, Belluno, Nuovi Sentieri Editore, 1976 389 G. Dal Mas, Ritratti, volti, storie di Bellunesi, Belluno, Libreria Campedèl Editrice, 2012, p. 9 390 AA. VV., Come contrastare lo spopolamento delle zone montane, Belluno, Tipografia Piave, 2009, p. 109 391 D. Marini, S. Oliva, Belluno 2003: sfide e opportunità per la società e l’economia, Belluno, Tipografia Piave, 2003, p. 79
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(pannelli fotovoltaici, centraline microidroelettriche, centrali di riscaldamento a biomassa) e una massiccia campagna di comunicazione. Il Parco è inoltre attraversato dalle Alte Vie delle Dolomiti 1 e 2.
Il turismo religioso e artistico Una forma di turismo che sta prendendo piede in questi ultimi anni è sicuramente quello religioso. In Valle del Biois, a Canale d’Agordo, è nato Albino Luciani, meglio conosciuto come Papa Giovanni Paolo I. Il suo pontificato è durato pochissimo: solo 33 giorni, dal 26 agosto al 28 settembre del 1978. Luciani nacque nel 1912 da un’umile famiglia. Il padre Giovanni392 lavorò soprattutto all’estero come operaio mentre la mamma Bortola Tancon era casalinga. Il padre prima di conoscere Bortola era rimasto vedovo giovanissimo e aveva due figlie sordomute, Amalia e Pia, che Bortola trattò sempre come figlie sue. Nel 1935393 venne ordinato parroco nella chiesa di San Pietro a Belluno e nel 1958394 venne nominato vescovo di Vittorio Veneto. Nel 1970395 diventò patriarca di Venezia. Moltissimi turisti vengono a visitare Canale d’Agordo per ammirare questo piccolo paese di montagna che ha dato i natali a un Papa. Sulla piazza del paese si stanno ultimando i lavori presso lo stabile che diventerà il Museo di Papa Luciani. Nell’ambito del Programma Interreg IIIA Italia – Austria396, che ha l’obiettivo di sostenere la cooperazione nel turismo e di promuovere e riqualificare le province di Bolzano, Belluno e Udine per l’Italia e i Länder Tirolo, Salisburgo e Carinzia, i Comuni di Canale d’Agordo e Vallada Agordina hanno creato un itinerario a tema che riguarda i
392 S. Falasca, Mio fratello Albino: ricordi e memorie della sorella di Papa Luciani, Roma, 30 giorni Editore, 2003, p, 15 393 Ivi, p. 55 394 Ivi, p. 75 395 Ivi, p. 78 396 AA. VV., La valle con i santi alle finestre, Castelfranco Veneto, Tipolitografia Linea Grafica, 2004, pp. 10-11
116 vecchi dipinti sui muri delle più antiche case della Valle del Biois, raffiguranti immagini religiose. Tale valle è conosciuta anche come la “Valle con i Santi alle finestre”. Il progetto397, intitolato “ Realizzazione di un itinerario tematico, di interesse storico- artistico, delle pitture murali di arte popolare a sfondo religioso, con interventi di restauro e valorizzazione, nei Comuni di Canale d’Agordo e Vallada Agordina (Valle del Biois), si divide in alcune fasi: rilevazione e catalogazione dei dipinti; piano di conservazione degli affreschi; esecuzione degli eventuali restauri necessari; predisposizione dell’itinerario mediante cartelli; divulgazione del risultato. Una prima catalogazione era stata già effettuata nel 1997 da Adriano Salvoni e Angela Mura.
I musei
Centro Minerario Valle Imperina Inizio la carrellata dei musei agordini partendo da Sud e più precisamente nel Comune di Rivamonte Agordino, in località Le Campe, con il Centro di Valle Imperina. Visitando tale centro si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo di alcuni secoli, entrando in contatto con una realtà che ha dato ma anche tolto alla gente. Grazie al recupero effettuato negli ultimi 20 anni è possibile visitare: i forni fusori, l’ex centralina idroelettrica che
Figura 39 Le miniere come appaiono oggi 397 Ivi, p. 12
117 ospita il Centro Visitatori del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e il resto del villaggio.
Museo dei seggiolai A Tos398, frazione di Rivamonte Agordino, presso l’ex edificio scolastico sono stati raccolti fotografie ed oggetti dai volontari del Club Unesco Agordino a testimonianza del lavoro del seggiolaio.
Museo etnografico del seggiolaio A Gosaldo è presente questo museo che raccoglie abiti399, biancheria intima, pentole, stoviglie varie e strumenti da lavoro. Vicino agli oggetti vi sono innumerevoli fotografie che li contestualizzano. Oltre a tutto ciò è stato dato ampio spazio al lavoro del seggiolaio.
Museo La Valle Nel museo di La Valle, aperto da pochi anni e situato al secondo piano del Municipio, vengono trattati temi attinenti all’economia di un tempo, al territorio e all’architettura rurale della zona. E’ stato inoltre analizzato come le attività dell’uomo abbiano modificato il territorio nel corso degli ultimi due secoli.
Museo Geologico Paleontologico di Agordo Questo museo è stato inaugurato nel 2006 e si trova presso l’ex lavatoio pubblico coperto costruito nell’Ottocento.
398 Amministrazione Provinciale di Belluno, www.infodolomiti.it, data di consultazione 19 agosto 2014 399 Ivi
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E’ sviluppato su due piani: al piano terra400 si trova la parte centrata sulla geologia e paleontologia dell’Agordino mentre al primo piano si trova una parte dedicata alla mineralogia.
Museo Mineralogico Paleontologico di Agordo Il museo si trova presso l’edificio che fino al 2009 ospitava l’Istituto Tecnico Industriale Minerario “Umberto Follador” e raccoglie circa 5000 campioni di rocce e minerali provenienti sia dall’Italia che dall’estero.
Museo Collezioni Ottiche e Occhiali Il Museo, di proprietà di Luxottica, raccoglie una preziosa collezione composta da più di 1500 occhiali di varie tipologie, forme ed epoche. E’ aperto dal 1991.
Museo dei Vigili del Fuoco Nella vecchia sala dei pompieri401 a Taibon Agordino dal dicembre 2008 sono conservate una serie di fotografie storiche ed attrezzature da pompiere. Il museo è gestito dai volontari del distaccamento di Agordo.
Museo etnografico di Taibon Aperto nel 2009, questo museo è ospitato in una vecchia abitazione detta “della Maria del Pacifico”402, donata al Comune dai proprietari. Grazie alla preziosa collaborazione
400 Regione del Veneto, https://myportal.regione.veneto.it, data di consultazione 19 agosto 2014 401 GAL Alto Bellunese, http://www.galaltobellunese.com/, data di consultazione 20 agosto 2014 402 Ibidem
119 dei volontari della pro loco locale è stato recuperato diverso materiale (oggetti di uso comune nelle case di un tempo) e sicuramente ne verrà aggiunto ancora negli anni.
Museo civico Val Fiorentina “Vittorino Cazzetta” di Selva di Cadore Il museo di Selva di Cadore è stato aperto nel 1982403. L’amministrazione comunale nel 1980 mise a disposizione della comunità un locale in cui si potevano conservare i vecchi strumenti utilizzati un tempo dalla gente, evitando di perdere parte della storia locale. Alcune persone del luogo misero a disposizione delle collezioni personali di fossili, tra cui Vittorino Cazzetta e Ugo Lorenzini. Anni dopo, Cazzetta segnalò la presenza di strane impronte su un masso che si era staccato dal Monte Pelmetto: in seguito si appurò che si trattava di impronte di dinosauri. Inoltre, nel 1985, segnalò anche alcuni strumenti litici nella zona di Mondeval de Sora. Il museo è suddiviso in tre sezioni404: geologica, archeologica e storica.
Studio Museo Augusto Murer A Falcade è presente lo Studio Museo Augusto Murer che raccoglie le opere del famoso artista falcadino. Murer nacque a Falcade nel 1922 e grazie al nonno materno che era falegname si appassionò al legno. Svolse l’apprendistato presso la Scuola d’arte di Ortisei in Val Gardena e visse a Venezia per un periodo. Nel 1943 tornò a Falcade e portò avanti la sua passione per la scultura e la pittura. Nel 1972 venne inaugurato il suo nuovo studio, opera dell’architetto D’Avanzo.
403 AA. VV., Storia, archeologia e geologia della Val Fiorentina, p. 106 404 Museo Vittorino Cazzetta, www.museoselvadicadore.it, data di consultazione 18 agosto 2014
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Museo della latteria A Feder, frazione di Canale d’Agordo, la vecchia latteria del paese da alcuni anni è stata recuperata e il pubblico la può visitare e conoscere gli strumenti utilizzati per produrre i vari derivati del latte. La gestione è a cura di alcuni volontari del luogo.
Centro astronomico provinciale “Emigranti” di San Tomaso Agordino A San Tomaso vale la pena visitare il centro astronomico405 in località Celat. Aperto nel 2004, l’osservatorio si trova nell’ex municipio. E’ costituito da una stanza ampia con una cupola in alluminio con attorno dei posti a sedere. All’interno della cupola è disegnato un cielo azzurro con i profili delle montagne che da San Tomaso si possono ammirare. C’è poi un’altra stanza dove è stato installato un telescopio e il tetto viene aperto elettronicamente. Tramite delle tecnologie complesse è possibile proiettare il cielo con le stelle, i pianeti, la galassia in rotazione, la via Lattea all’alba e al tramonto, la nascita di alcune stelle, le eclissi di sole e di luna e le esplosioni di un super nova.
Museo della Grande Guerra in Marmolada A 2950 metri, in località Serauta, si trova questo museo che ricorda il conflitto combattuto sulla Marmolada. Sono esposti moltissimi reperti trovati nel corso degli anni sul ghiacciaio della Marmolada, oltre a parecchie fotografie e riproduzioni di documenti. Inoltre ci sono anche delle interessantissime vecchie carte geografiche originali del tempo.
405 Sirena, San Tomaso Agordino, p. 101
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Museo di storia, usi, costumi e tradizioni della gente ladina – Centro Culturale Dolomiti A Livinallongo del Col di Lana, al secondo piano del Centro Culturale Dolomiti, nel 1996 è stato aperto questo museo che racchiude buona parte della vita di un tempo nella zona di Livinallongo. Il museo si divide in quattro zone tematiche: la gestione del territorio e l’organizzazione all’interno delle famiglie, la natura, l’economia e la Grande Guerra.
Il Castello di Andràz Il Castello di Andràz è stato oggetto di recupero406 tra il 1986 e il 2002 e da alcuni anni è possibile visitarlo. Si tratta di un castello singolare in quanto è stato realizzato sopra un enorme masso trasportato nel corso dell’ultima era glaciale in un punto strategico per poter controllare le strade provenienti sia da sud che da nord.
Figura 40 Il Castello di Andràz
406 Castello di Andràz, http://www.castellodiandraz.it/, data di consultazione 20 settembre 2014
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Capitolo 4
Luxottica
Luxottica è un’azienda che ha da poco compiuto i 50 anni407. Leonardo Del Vecchio408, il patron, nacque a Milano nel 1935, già orfano di padre e la vita non fu semplice per la madre che dovette crescere Leonardo e i quattro fratelli. Leonardo iniziò a lavorare per la ditta Johnson, la quale produceva medaglie e marchi in metallo. Si fece notare per il suo impegno dai titolari, i quali ritennero opportuno mandarlo all’Accademia Brera affinché potesse imparare il disegno e l’incisione. Verso i vent’anni si trasferì a Pieve Tesino (Provincia di Trento) e lavorò per la ditta Granero e in poco tempo divenne caporeparto. In quel paese conobbe la futura moglie, Luciana Nervo, e in breve tempo si sposarono e misero su famiglia. Si trasferirono a Milano: di giorno egli lavorava come dipendente mentre di sera come committente. Poi decise di mettersi in proprio producendo medaglie e componenti industriali, con l’aiuto della moglie e di un fratello. Una delle ditte per cui lavorava, la Metalflex, l’apprezzò particolarmente e gli propose di aprire insieme una piccola fabbrica ad Agordo.
Perché proprio ad Agordo?
Agordo era una cittadina che vedeva molta gente emigrare in quanto in quegli anni stavano chiudendo anche le miniere di Val Imperina, uno dei pochi sbocchi lavorativi. Il Comune nel 1961 aveva deciso di offrire un terreno409 vicino al torrente Cordevole e un aiuto economico a fondo perduto ammontante a 9 milioni di lire a chi fosse stato in
407 AA. VV., Luxottica: 50 anni di eccellenza, Mantova, Corraini Edizioni, 2011, p. 11 408 L. Goldoni, Un uomo che vede lontano, Treviso, Grafiche Vianello, 1994, p. 9 409 G. Brunetti, A. Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, Torino, Utet Libreria S.r.l., 2000, p. 12
123 grado di creare nuovi posti di lavoro. Del Vecchio e i due soci della Metalflex colsero la palla al balzo e aprirono un piccolo laboratorio che creava timbri, stampi, accessori e componenti per occhiali per terzi con 14 dipendenti410. Del Vecchio in un’intervista ricorda come si fosse trovato davanti un paese che lavorava col turismo un paio di mesi l’anno, mentre il resto dell’anno era praticamente deserto a causa dell’emigrazione. In Agordino non erano presenti occhialerie come nel vicino Cadore411, dove erano nate le prime botteghe artigiane di occhialeria già a fine Ottocento, quindi trovarono un terreno fertile, che offriva manodopera a basso costo. Il tempo darà ragione a quella scelta: precise ed oculate politiche di fidelizzazione del dipendente, dal punto di vista della gestione delle risorse umane, eviteranno il fenomeno massiccio del turnover che caratterizza la concorrente zona cadorina, creando così un rapporto stretto con i dipendenti e una sorta di forma di riconoscenza negli stessi. Inoltre, la conca agordina non si presentava facilmente accessibile attraverso reti autostradali o ferroviarie. La zona era piuttosto isolata e non attraeva l’entrata di altri concorrenti. Il territorio agordino, seppur esteso, era ed Figura 41 Lo stabilimento di Agordo è caratterizzato da una bassa densità abitatativa e un nuovo concorrente non avrebbe trovato nella valle una sufficiente domanda di lavoro e i dipendenti di Luxottica difficilmente avrebbero abbandonato la ditta che per prima offrì loro un lavoro stabile, a pochi chilometri da casa.
410 AA. VV., Viaggio intorno a una provincia, Belluno, Tipografia Piave, 1989, p. 153 411 Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 50
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Infine, l’impero creato negli anni da Luxottica era caratterizzato da notevoli barriere all’entrata412 poiché era difficile raggiungere gli stessi investimenti in marketing e la stessa integrazione verticale che permetteva di gestire sia la fase di produzione che quella di vendita. Le parti di montature prodotte erano vendute in particolare alle ditte del Cadore. I soci di questa s.a.s. erano tre: Del Vecchio e due soci della Metalflex, il primo era addetto alla gestione mentre gli altri due curavano i rapporti con le banche. Ben presto sorsero degli attriti e, quando Del Vecchio espresse l’idea di produrre l’occhiale in ogni sua parte ma sempre per conto terzi, gli altri due lo abbandonarono e bloccarono i fidi. Non si perse d’animo e riuscì a trovare un’altra banca disposta a finanziarlo. Nel 1967 i dipendenti erano saliti alle 54 unità. Nel 1969 passò all’assemblaggio delle varie parti dell’occhiale per poi, infine, proporre al mercato degli occhiali marcati Luxottica. Questo cambiamento rappresentava un rischio ma secondo Del Vecchio era l’unico modo per controllare tutte le fasi ed eliminare le eventuali inefficienze. Del Vecchio continuò il suo lavoro pieno di entusiasmo ma subito si trovò di fronte a un problema: i due soci della Metalflex non intendevano più proseguire la collaborazione e chiesero una liquidazione di 90 milioni di lire, che ai tempi era una cifra notevole. Del Vecchio trovò i soldi necessari grazie a un industriale mantovano che gli propose di partecipare alla realizzazione di una nuova fabbrica di occhiali a Mantova. In cambio, Del Vecchio gli propose il 50% di Luxottica contro 90 milioni, lo stesso importo che gli serviva per chiudere l’altra questione in sospeso. Per Del Vecchio significava lavorare durante il giorno a Mantova e di sera ad Agordo. In soli otto mesi riuscì a mettere da parte il denaro necessario per riacquistare l’altro 50% di Luxottica.
412 Camuffo Arnaldo, www.woa.sistemacongressi.com/web/woa2002/.../Rev.%20camuffo.doc, data di consultazione 29 agosto 2014
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Un’azienda in continua evoluzione
Nel 1971, Luxottica partecipò al Mido413(Mostra Internazionale Dell’Ottica), la prima fiera internazionale dell’occhialeria. L’occasione era importante perché vi partecipavano le principali aziende del mondo. In quell’occasione era accompagnato da Luigi Francavilla, colui che sarà sempre il braccio destro di Del Vecchio. Gli affari in fiera andarono per il verso giusto e Luxottica attirò l’attenzione di molti clienti. Nel 1974 Del Vecchio rilevò la Scarrone S.p.A., la ditta che fino ad allora si era occupata della distribuzione dei suoi occhiali: il suo scopo era raggiungere la completa integrazione verticale. La scelta di acquistare proprio la Scarrone non fu affatto casuale: era ben inserita sul mercato, trattava altri marchi importanti e conosceva bene le dinamiche del mercato. Nel 1978 la società venne trasformata414 da S.a.s. in S.p.a. e il capitale sottoscritto passò da 95 a 950 milioni di lire. Nel 1981 fu fondata la consociata Luxottica Fashion Brillen Vertriebs Gmbh415, espandendosi in Germania perché in quegli anni era il paese leader nel settore dell’occhialeria. Nello stesso anno comprò la Sferoflex416 di Rovereto, in difficoltà da tempo. Nel 1982 Luxottica acquisì il 50% del gruppo americano Avant-Garde Optics, il maggiore distributore di occhiali degli USA e a New York creò un’altra società commerciale, la Bardel Inc. Nel 1983 fondò a Barcellona la Luxottica España Sa e nel 1984 a Londra la Luxottica Uk. Nel 1985 fu costituita la Luxottica France Sarl a Valbonne e la Luxottica Canada Inc a Toronto e a fine anno acquisì anche il restante 50% della Avant-Garde Optics. Nello stesso anno venne costruito lo stabilimento di Sedico mentre due anni dopo quello di Cencenighe Agordino.
413AA. VV., Luxottica, p. 19 414 Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 56 415 Ivi, p. 33 416 Goldoni, Un uomo che vede lontano, p. 76
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Nel 1988 fu acquistata un’importante società commerciale svedese e così fu fondata la Luxottica Sweden AB. Nel 1990 furono aperte nuove filiali in Portogallo e in Giappone. Nel 1990 raggiunse anche un’altra fondamentale tappa: la quotazione alla borsa di New York417, la prima ditta italiana a farcela. Tutto iniziò con una visita presso la sede di Agordo di alcuni rappresentanti di fondi d’investimento che stavano cercando in Italia delle aziende con requisiti di trasparenza gestionale. Rapportarsi con degli individui così qualificati fece capire a Del Vecchio il fatto che la quotazione a New York non fosse un’idea poi così irrealizzabile. Con la quotazione in borsa e il relativo rigore418 richiesto all’azienda, il management dovette impegnarsi ulteriormente e secondo il patron questo dette un nuovo impulso all’impresa. Nel 1990 acquisì il marchio Vogue Eyewear e nel 1995 Persol. Nel 1991 Luxottica costituì con un socio belga la Luxottica Belgium NV419 e nel 1992 la Luxottica Hellas AE in Grecia. Un altro passo decisivo fu l’entrata della maggiore catena di negozi di ottica, la LensCrafters, nel gruppo Luxottica. Nel 1993 nacquero la Luxottica AG in Svizzera e la Luxottica Nederland BV in Olanda. Nel 1994 fu la volta della OY Luxottica Finland AB e della Luxottica Vertriebsgesellschaft MBH, filiale austriaca. Dal 1997 Luxottica iniziò a realizzare una linea di occhiali per Bulgari e dal 1999 per Chanel. Nel 1999 Luxottica acquistò il marchio Ray-Ban: fu un cambio di rotta poiché Luxottica fino ad allora aveva centrato la sua attività attorno agli occhiali da vista e ora con questo nuovo brand apriva le proprie porte anche al settore degli occhiali da sole, più modaiolo. In realtà negli anni precedenti aveva già stretto accordi con Armani e Bulgari per ideare delle linee di occhiali. Ha continuato poi con marchi più sportivi come Arnette e Revo.
417 AA. VV., Luxottica, p. 37 418 Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 26 419 Ivi, p. 64
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Nel 2000 avviene la quotazione anche presso la borsa di Milano. Nel 2001 è stata rilevata la Sunglass Hut420, la più grande catena di occhiali da sole, presente negli Stati Uniti in particolare ma anche nel resto del mondo. Nel 2003 acquisì altre catene: OPSM, Laubman & Pank e Budget Eyewear e nel 2004 la Cole National, che comprendeva Pearle Vision, Target Optical e Sears Optical. Ormai non si trattava solo di occuparsi direttamente della vendita ma di fidelizzare ancora di più il cliente, offrendo la possibilità ai clienti di effettuare direttamente nei negozi la visita oculistica. Nel 2007 è stata la volta della Oakley, brand che si dedica al settore sportivo con occhiali da sole e mascherine per lo sci. Luxottica è riuscita a creare una grande sinergia con la Oakley, non modificandola. Molte grandi case di moda hanno affidato a Luxottica la progettazione, la realizzazione e la commercializzazione di una linea di occhiali: nel 2003 Versace e Prada, nel 2005 Donna Karan, nel 2006 Dolce e Gabbana e Burberry, nel 2007 Paul Smith, Polo Ralph Lauren, Tiffany nel 2008, Stella Mc Cartney e Tory Burch nel 2009, Coach nel 2012, Armani nel 2013 e Michael Kors nel 2014. Se Luxottica e i suoi manager hanno visto lontano, espandendosi in moltissime parti del mondo, non hanno però perso di vista i loro dipendenti in Italia, applicando dal 2009 uno speciale programma di welfare aziendale421, che sottolinea l’attaccamento verso il territorio e coinvolge le rappresentanze sindacali. Nel 2013 è stato effettuato un aggiornamento al programma che prevede la tutela della salute, l’impegno nell’istruzione e sostegno della gioventù e una maggiore assistenza sociale.
420 AA. VV., Luxottica, p. 67 421 Luxottica Group, www.luxottica.com/it/company/about-us/storia/history-explained, data di aggiornamento 19 maggio 2014, data di consultazione 30 agosto 2014
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One sight: non solo profitti
L’impero Luxottica non si distingue solo per quanto riesce ad offrire ai propri dipendenti in termini di paghe, benefits e ogni possibile forma di tutela ma anche per una profonda sensibilità verso chi è più bisognoso. Nel 1988 Luxottica ha creato One Sight422, una fondazione che ha come obiettivo migliorare la vista a bimbi ed adulti che non hanno il denaro per pagare una visita oculistica e per acquistare occhiali. Da quando è attiva, One Sight ha aiutato 8 milioni di persone in 40 Paesi del mondo. Luxottica in questa generosa attività coinvolge anche i suoi dipendenti, affidando loro la produzione di occhiali destinati ai poveri e mandando gli stessi lavoratori direttamente nei vari Paesi per occuparsi delle visite oculistiche. L’obiettivo di One Sight è anche aiutare le comunità a creare dei centri oculistici stabili ed autonomi, che possano operare con continuità nei territori dei Paesi in via di sviluppo.
Focus sugli assunti in Agordino
La presenza di Luxottica in Agordino diede l’input423 per la creazione di altre aziende e dal 1971 al 1981 le unità locali che si occupavano di occhialeria aumentarono da 4 a 68 mentre gli addetti passarono da 189 a 853. Nello stesso periodo va però sottolineato il fatto che la zona del Cadore rappresentasse una percentuale sia di unità locali che di addetti rispetto al totale provinciale enormemente maggiore:
1971 1981 Zona Unità locali % Addetti % Unità locali % Addetti %
Agordino 4 2,9 189 7,2 68 12,9 853 19,2
Cadore 115 84,5 2173 83,1 414 78,7 3128 70,7 Provincia di 136 100 2613 100 526 100 4421 100 Belluno
Fonte: Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 112
422 Ibidem 423 Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 112
129
1991 2001 Zona Unità locali % Addetti % Unità locali % Addetti %
Agordino 53 5,6 1747 18,7 49 5,9 3016 29,9
Cadore 572 60 4905 52,6 445 54 3977 39,4 Provincia di 953 100 9327 100 824 100 10094 100 Belluno
Fonte: Camuffo Arnaldo, www.woa.sistemacongressi.com/web/woa2002/.../Rev.%20camuffo.doc, data di consultazione 29 agosto 2014
E’ necessario evidenziare il fatto che molte delle aziende che comparvero nella conca agordina furono strettamente legate a Luxottica, lavorando soprattutto come terziste per la medesima. Fu lo stesso Del Vecchio ad incentivare ed aiutare ex dipendenti a mettersi in proprio concedendo loro macchinari in comodato. Questo se da un lato era di stimolo all’iniziativa imprenditoriale locale, dall’altro era anche un modo per Luxottica di raggiungere una maggiore flessibilità. Purtroppo in questi ultimi anni, una dopo l’altra, queste piccole realtà hanno chiuso. La concorrenza dall’estero è massiccia perché i costi del lavoro e di produzione in generale sono nettamente inferiori rispetto a quelli in Italia. E così tutte queste attività sono state reinglobate in Luxottica. Non sono riuscita ad avere il numero di dipendenti anno per anno ma ho recuperato solo alcuni dati parziali, che permettono comunque di percepire la crescita esponenziale degli addetti:
Anno 1963424 1964 1965 1966 1967 1968 1973 1978 Nr. 15 23 29 38 54 63 299 457 addetti
424 A. Serafini, L’industria dell’occhialeria, Feltre, Libreria Pilotto Editrice, 1973, p. 51 (dal ’63 al ’68)
130
Anno 1983 1980425 1981 1982 1983 1984 1985 1986 Nr. 726 tot 96 375 422 482 512 475 525 addetti Anno 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 Nr. 580/148 696/164 690/166 916/199 1033/204 1141/205 1342/208 1551/235 addetti Anno 1995 1996 1997 1998 1999 Nr. 1613/249 1641/257 1788/268 1827/268 1988/282 addetti
La cifra aggiunta a destra nelle celle è riferita allo stabilimento di Cencenighe mentre l’altra riguarda lo stabilimento di Agordo. Al 2004426 i dipendenti nei tre stabilimenti in Provincia di Belluno sommati ad altri 4 stabilimenti (Pederobba (TV), Rovereto (TN), Lauriano (TO) e Gazzada (VA)) ammontavano in totale a 5700. A Cencenighe c’erano 320 dipendenti, ad Agordo 2716 e a Sedico 1142. Nel 2004 gli occupati in Luxottica erano residenti in Agordino per il 53,5%. Al 31/12/2007 i dipendenti in Europa, secondo le relazioni sulla gestione conservate nel sito www.borsaitaliana.it, risultavano più di 8000, nel 2008 9423, nel 2009 9231, nel 2010 9600, nel 2011 9642 nel 2012 9707 e nel 2013 9600. Al 31/03/2014, grazie a quanto mi è stato comunicato dalla Camera di Commercio, risultano i seguenti assunti per stabilimento: Cencenighe 268 Agordo 3010; Sedico 2110; Rovereto 623; Lauriano 612; Pederobba 624.
425 Brunetti, Camuffo, Del Vecchio e Luxottica, p. 133 426 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Rapporto sull’economia locale, Atti della 2a Giornata dell’Economia 10 maggio 2004, Belluno, 2004, p. 27
131
L’influenza di Luxottica sul territorio
Sullo sfondo della crescita esponenziale di Luxottica negli ultimi 50 anni, anche la realtà agordina è profondamente cambiata e ne è risultata assolutamente influenzata. Un po’ alla volta molte delle attività di una volta vengono abbandonate e la maggior parte delle persone passa dal settore primario al secondario. Lavorare in Luxottica significa avere una paga sicura a fine mese e essere tutelati in caso di malattia o infortunio. Niente a che vedere con la precarietà dei raccolti nei campi, dipendenti dagli eventi atmosferici o con la vita nomade dei “careghete”. Il lavoro in fabbrica non crea problemi alla salute come il lavoro nelle miniere. La gente agordina, eccetto i piccoli commercianti e gli artigiani, vede come possibile sbocco lavorativo il lavoro in fabbrica o il turismo. La seconda opzione sicuramente è più faticosa, non assicura lavoro tutto l’anno ma nei mesi estivi ed invernali. Non esistono festività e week end a casa. Così l’opzione Luxottica attrae molto, anche i giovani che, dopo aver concluso il loro percorso scolastico, si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Io faccio parte di chi ha sempre lavorato nel turismo, so quanta fatica costa ma so anche la soddisfazione che può offrire sia dal lato umano che da quello lavorativo. Se da una parte Luxottica ha portato indubbiamente benessere in Agordino dall’altra ha portato molte persone a non interessarsi per niente al turismo. Alcuni esprimono quasi fastidio quando c’è più traffico nelle strade. Eppure, io sono convinta che le due realtà debbano convivere e che non ci si possa permettere di abbandonare il turismo. Appoggiarsi a un solo tipo di attività è davvero rischioso, in quanto c’è sempre una remota possibilità che la produzione di occhiali venga spostata in altri luoghi dove il costo del lavoro è inferiore: si tratta di uno scenario che veramente spaventa e semmai dovesse realizzarsi la gente dovrebbe rimboccarsi le maniche ed iniziare daccapo. Come ha ben illustrato Francesco Spagna427 in un suo articolo, la storia di Luxottica, seppur con condizioni mille volte migliori e paghe ben più alte, ripete il concetto di
427 F. Spagna, Dalla miniera alla luxottica: rischi del modello unico di sviluppo delle comunità agordine, Estratto da: SM Annali di San Michele, n.15/2002
132 affidarsi ad un unico modello occupazionale, la stessa cosa che era avvenuta ai tempi delle miniere di Val Imperina. Quando sono state chiuse, la gente anche se un po’ sollevata dal fatto di non dover più lavorare in quei cuniculi angusti, ha dovuto cercare altri sbocchi e ce l’ha fatta ad andare avanti. Ma erano altri tempi, la società non era consumistica come quella attuale ed era abituata a tirare avanti con il minimo indispensabile. Se la conclusione dovesse ripetersi, che impatto avrebbe sulla gente al giorno d’oggi? Questi giovani che entrano ventenni in Luxottica, con l’idea di rimanerci fino alla pensione, riuscirebbero ad adattarsi al cambiamento? Per fortuna Luxottica è ancora una solida azienda e si spera che così possa andare avanti per molto e che un problema di così grande portata non si debba mai presentare. Ma è proprio per questo che ritengo sia importante trasmettere alle future generazioni il passato, stimolarle al desiderio di studiare e ad avere una mente aperta, duttile, che permetta loro di adattarsi ad ogni situazione, anche a quelle che richiedono qualche sacrificio in più. E’ normale tendere ad adagiarsi quando si ha la prospettiva di un lavoro sicuro e ciò porta a non continuare gli studi, a non avere altri interessi dopo le 8 ore lavorative. Come si vedrà nel capitolo 5, se il livello di istruzione è sicuramente migliorato nel corso del XX secolo, è pur vero che una bassa percentuale di Agordini prosegue gli studi dopo il diploma. Un tempo le possibilità erano poche e allora la gente era costretta ad usare l’inventiva e a tenere la mente viva. Si inventava qualsiasi piccolo lavoretto per sopravvivere e sfruttare quel poco che c’era. Conoscere profondamente il proprio territorio significa apprezzarlo e capire quale valore possa avere e questo porta, secondo la mia opinione, ad averne ancora più rispetto e a sfruttarlo in maniera positiva. Molti, soprattutto i giovani, percepiscono le loro montagne come una gabbia, un posto in cui non c’è nulla. Ma non è il luogo che deve dare serenità, quella la si può trovare in se stessi. Per come vivo io le “mie” montagne, credo che non potrei immaginarmi in un posto diverso.
133
In un contesto simile emerge l’importanza di salvaguardare il territorio, fermando quell’abbandono sempre più degradante perché l’unica risorsa davvero sicura in Agordino non è Luxottica, la quale non può concentrarsi solamente sui problemi locali. Essa lavora in un ambito ormai planetario e se la situazione in Italia dovesse peggiorare ulteriormente potrebbe arrivare anche all’estrema decisione di smantellare i vari stabilimenti italiani e spostare tutto all’estero. L’unica risorsa davvero sicura per noi agordini è il territorio e la sua salvaguardia, il miglior biglietto da visita che si può offrire a chi arriva in Agordino.
134
Capitolo 5
Dati statistici e relativo commento
Ho preso in considerazione alcuni aspetti trattati nei censimenti: la popolazione, l’occupazione e la cultura. I dati non sono perfettamente confrontabili tra i vari decenni poiché col tempo i sistemi di rilevazione sono mutati. Troviamo, nel caso dei dati concernenti la popolazione, nel 1901 una specificazione del luogo in cui si trova la popolazione assente in Italia divisa per circondari. Dal 1911 in poi i dati sono abbastanza omogenei ma dal 1971 i censimenti entrano meno nello specifico, omettendo alcuni aspetti, probabilmente ritenuti non più così importanti. Nel caso dell’occupazione, i dati sono abbastanza omogenei. Negli anni, sono state introdotte alcune nuove classi nel settore terziario in quanto il mercato del lavoro è sempre in evoluzione e con il cambiamento della società a volte compaiono nuovi tipi di lavoro mentre altri (come agricoltura e allevamento) quasi scompaiono. I dati riportati provengono dal sito internet dell’Istat428 e da materiale avuto grazie al Centro di Informazione Statistica di Mestre. Ci tengo a sottolineare il grande lavoro che in questi anni è stato svolto dall’Istat. Rendere disponibile a tutti le statistiche Istat, attraverso internet, significa offrire a chi effettua ricerche una fonte di informazioni eccezionale. Inoltre, per quanto riguarda il materiale a me fornito dalla sede di Mestre, è doveroso porre l’accento sul fatto che siano state scannerizzate migliaia di pagine di vecchi censimenti.
428 Istat, www.istat.it, innumerevoli consultazioni nell’estate 2014
135
L’andamento della popolazione dal 1901 al 2011
Anno 1901
Popolazione presente o di fatto Pop. Temporaneamente assente
Ripartita secondo che si trovava Popolazion Comuni e residente In Qualità della In Densità o legale compl dimora compl In altri esso esso comuni All’estero Agglo Abitu occasi sparsa del Regno m. ale onale
Agordo 2862 2253 609 2844 18 461 3305
Alleghe 1483 1333 150 1474 9 341 1815
Canale 1772 1435 337 1754 18 102 1856 d’Agordo
Cencenighe 1844 865 979 1832 12 249 2081
Colle Santa ------Lucia
Falcade 3028 2757 271 3020 8 159 3179
Gosaldo 2282 711 1571 2255 27 901 3156
La Valle 1545 1314 231 1543 2 617 2160
Livinallongo ------
Non disponibili Non disponibili Non Rivamonte 1808 1149 659 1794 14 226 2020
Rocca 2486 2242 244 2467 19 276 2743 Pietore
San Tomaso 1761 1170 591 1749 12 169 1918
Selva di 875 214 661 860 15 92 952 Cadore
Taibon 1994 1606 388 1993 1 186 2179
Vallada 1102 1063 39 1094 8 152 1246
Voltago 1063 865 198 1060 3 235 1295
136
Anno 1911
Popolazione presente o di fatto Pop. Temporaneamente assente Ripartita secondo che si trovava Popolazione Comuni In Qualità della In residente o Densità In altri compl dimora compl legale esso esso comuni All’estero Agglo Spars Abitu Occasi del Regno m. a ale onale
Agordo 3498 1302 2196 3259 239 179 87 92 3438
Alleghe 1376 1299 77 1347 29 609 135 474 1956
Canale 1454 1252 202 1438 16 595 75 520 2033 d’Agordo
Cencenighe 1469 631 838 1461 8 401 67 334 1862
Colle Santa ------Lucia
Falcade 2377 2106 271 2368 9 1016 28 968 3384
Gosaldo 2579 723 1856 2555 24 512 271 241 3067
La Valle 1774 1385 389 1745 29 556 135 421 2301
Livinallongo ------
Rivamonte 1796 1221 575 1776 20 259 177 82 2035
Rocca 2091 1768 323 2054 37 807 113 694 2861 Pietore
San Tomaso 1396 459 937 1387 9 808 64 744 2195
Selva di 914 244 670 880 34 60 25 35 940 Cadore
Taibon 1691 1334 357 1658 33 562 109 453 2220
Vallada 941 530 411 937 4 331 43 288 1268
Voltago 1138 992 146 1105 33 321 109 212 1426
137
Anno 1921
Pop. Temporaneamente Popolazione presente o di fatto assente Ripartita secondo che si trovava Popolazione Comuni In Qualità della In residente o Densità In altri legale compl dimora compl All’ester comuni esso Agglo Abitu Occasi esso o Sparsa del Regno m. ale onale
Agordo 3105 2456 649 3011 94 304 258 46 3315
Alleghe 1783 941 842 1773 10 315 275 40 2088
Canale 1762 1675 87 1750 12 273 212 61 2023 d’Agordo
Cencenighe 2048 981 1067 2030 18 286 278 8 2316
Colle Santa ------Lucia
Falcade 2959 2841 118 2948 11 438 223 215 3386
Gosaldo 2169 1090 1079 2157 12 888 823 65 3045
La Valle 1748 1608 140 1744 4 516 340 176 2260
Livinallongo ------
Rivamonte 1646 1206 440 1602 44 614 523 91 2216
Rocca 2760 2278 482 2731 29 338 267 71 3069 Pietore
San Tomaso 2143 1465 678 2136 7 313 256 57 2449
Selva di 855 146 709 833 22 99 92 7 932 Cadore
Taibon 2012 1857 155 2008 4 449 354 95 2457
Vallada 1126 1113 13 1122 4 266 167 99 1388
Voltago 1107 755 352 1091 16 387 276 111 1478
138
Anno 1931
Popolazione presente o di fatto Pop. Temporaneamente assente
Ripartita secondo che si trovava Popolazione Comuni In In residente o compl Qualità della dimora compl In altri legale esso esso comuni All’estero Abituale Occasionale del Regno
Agordo 3106 2967 139 387 364 23 3354
Alleghe 1574 1546 28 245 188 57 1791
Canale 1498 1480 1418 302 168 134 1782 d’Agordo
Cencenighe 1611 1581 30 432 308 124 2013
Colle Santa 651 646 5 73 67 6 719 Lucia
Falcade 2234 2218 16 597 387 210 2815
Gosaldo 2258 2219 39 536 427 109 2755
La Valle 1570 1560 10 460 269 191 2020
Livinallongo 1980 1944 36 92 88 4 2036
Rivamonte 1434 1416 18 530 433 97 1946
Rocca 2389 2370 19 570 276 24 2940 Pietore
San Tomaso 1495 1486 9 488 281 207 1974
Selva di 799 770 29 100 92 8 870 Cadore
Taibon 1742 1719 23 279 227 52 1998
Vallada 884 877 7 157 102 55 1034
Voltago 1204 1189 15 194 173 21 1383
139
Anno 1936
Popolazione presente o di fatto Pop. Temporaneamente assente Ripartita secondo che si trovava Popolazione Comuni In In residente o Qualità della dimora In altri compl compl legale esso esso comuni All’estero Abituale Occasionale del Regno
Agordo 3010 2918 92 387 364 23 3119
Alleghe 1572 1556 16 16 188 57 1738
Canale 1543 1534 9 119 86 33 1653 d’Agordo
Cencenighe 1608 1578 30 172 125 47 1750
Colle Santa 623 623 - 41 33 8 664 Lucia
Falcade 2301 2279 22 283 235 48 2562
Gosaldo 2154 2109 45 430 292 138 2539
La Valle 1462 1441 21 152 119 33 1593
Livinallongo 1973 1921 52 101 80 21 2022
Rivamonte 1388 1342 46 209 184 25 1551
Rocca 2418 2407 11 133 96 37 2540 Pietore
San Tomaso 1372 1366 6 246 208 38 1612
Selva di 724 717 7 46 38 8 763 Cadore
Taibon 1633 1624 9 115 80 35 1739
Vallada 862 856 6 70 56 14 926
Voltago 1179 1156 23 185 155 30 1341
140
Anno 1951
Popolazione presente o di fatto Pop. Temporaneamente assente Ripartita secondo che si trovava Popolazione Comuni In In residente o Qualità della dimora In altri compl compl legale esso esso comuni All’estero Abituale Occasionale del Regno
Agordo 3313 3156 157 360 159 201 3516
Alleghe 1722 1662 60 248 182 116 1910
Canale 1558 1546 12 272 107 165 1818 d’Agordo
Cencenighe 1651 1629 22 367 201 166 1996
Colle Santa 618 610 8 67 52 15 677 Lucia
Falcade 2217 2183 34 618 215 403 2801
Gosaldo 2143 2092 51 646 346 300 2738
La Valle 1538 1527 11 256 102 154 1783
Livinallongo 1778 1739 39 124 104 20 1863
Rivamonte 1289 1265 24 384 215 169 1649
Rocca 2192 2136 56 518 185 333 2654 Pietore
San Tomaso 1377 1368 9 362 202 160 1730
Selva di 711 681 30 48 29 19 729 Cadore
Taibon 1682 1657 25 222 82 140 1879
Vallada 886 870 16 134 46 88 1004
Voltago 1260 1209 51 234 140 94 1443
141
Anno 1961
Pop. Temporaneamente Popolazione presente o di fatto assente Popolazione Ripartita secondo che si trovava Comuni In In residente o Abitazioni In altri compl compl All’ester legale comuni esso esso o Numero Di cui occupate del Regno
Agordo 3350 1138 994 403 216 187 3522
Alleghe 1485 671 510 426 201 225 1862
Canale 1442 687 524 380 140 240 1786 d’Agordo
Cencenighe 1388 673 501 545 325 220 1929
Colle Santa 533 143 131 100 74 26 623 Lucia
Falcade 2026 1217 872 865 284 581 2834
Gosaldo 1763 775 638 649 221 428 2373
La Valle 1312 509 462 341 156 185 1628
Livinallongo 1771 448 403 189 144 45 1880
Rivamonte 1148 604 451 240 111 129 1484
Rocca 1982 762 695 600 230 370 2507 Pietore
San Tomaso 1079 485 839 448 235 213 1508
Selva di 899 330 228 110 69 41 748 Cadore
Taibon 1579 628 545 265 117 148 1824
Vallada 728 399 295 225 96 129 962
Voltago 1040 478 387 363 129 234 1358
142
Anno 1971
Comuni Popolazione Popolazione Pop assente in altri Pop assente residente presente comuni all’estero
Agordo 3703 3780 200 45
Alleghe 1691 1536 138 79
Canale d’Agordo 1684 1421 151 131
Cencenighe 1730 1552 146 35
Colle Santa Lucia 603 522 60 21
Falcade 2355 2270 152 25
Gosaldo 1825 1306 223 305
La Valle 1263 1194 70 19
Livinallongo 1718 1600 129 18
Rivamonte 1039 903 100 53
Rocca Pietore 1971 1787 148 47
San Tomaso 1218 1033 124 61
Selva di Cadore 617 635 44 6
Taibon 1743 1679 61 15
Vallada 722 618 62 43
Voltago 1210 1070 114 55
143
Anno 1981
Popolazione Popolazione Pop assente in altri Pop assente Comuni residente presente comuni all’estero
Agordo 4315 4217 280 67
Alleghe 1569 1487 57 58
Canale d’Agordo 1472 1328 73 81
Cencenighe 1604 1502 70 48
Colle Santa Lucia 556 482 38 44
Falcade 2401 2262 107 58
Gosaldo 1192 1078 93 27
La Valle 1321 1222 79 55
Livinallongo 1576 1472 106 14
Rivamonte 914 812 65 53
Rocca Pietore 1772 1693 96 22
San Tomaso 1038 954 68 25
Selva di Cadore 586 565 40 3
Taibon 1811 1838 70 34
Vallada 379 361 37 17
Voltago 1087 999 70 30
144
Anno 1991
Popolazione Popolazione Pop assente in altri Pop assente Comuni residente presente comuni all’estero
Agordo 4343 4409
Alleghe 1480 1391
Canale d’Agordo 1285 1248
Cencenighe 1554 1499
Colle Santa Lucia 480 411
Falcade 2270 2207
Gosaldo 1034 990
i i
La Valle 1197 1150
Livinallongo 1440 1416
Non disponibil Non disponibil Non Rivamonte 739 705
Rocca Pietore 1603 1531
San Tomaso 877 840
Selva di Cadore 604 567
Taibon 1705 1811
Vallada 596 562
Voltago 1017 986
145
Anno 2001
Pop che si sposta Pop che si sposta Popolazione Comuni Popolazione presente giornalmente in giornalmente nello residente altri comuni stesso comune
Agordo 4281 4399 470 1801
Alleghe 1408 1297 256 334
Canale d’Agordo 1236 1219 367 239
Cencenighe 1484 1441 344 380
Colle Santa Lucia 418 394 117 40
Falcade 2207 2119 467 492
Gosaldo 884 848 268 115
La Valle 1208 1226 483 120
Livinallongo 1417 1397 141 397
Rivamonte 688 666 235 88
Rocca Pietore 1451 1378 276 228
San Tomaso 812 786 253 91
Selva di Cadore 563 546 69 121
Taibon 1772 1817 600 333
Vallada 556 524 185 42
Voltago 991 949 349 95
146
Anno 2011
Pop che si sposta Pop che si sposta Popolazione Popolazione Comuni giornalmente in altri giornalmente nello residente presente comuni stesso comune
Agordo 4249 4399 521 1733
Alleghe 1331 1297 256 330
Canale d’Agordo 1172 1219 401 207
Cencenighe 1402 1441 329 372
Colle Santa Lucia 391 394 128 43
Falcade 2055 2119 552 469
Gosaldo 723 848 228 84
La Valle 1150 1226 349 240
Livinallongo 1384 1397 133 503
Rivamonte 666 666 276 59
Rocca Pietore 1322 1378 330 226
San Tomaso 683 786 241 72
Selva di Cadore 517 546 67 137
Taibon 1788 1817 603 433
Vallada 514 524 174 55
Voltago 914 949 340 119
147
Dopo aver riportato i censimenti sulla popolazione dal 1901 in poi e focalizzandomi solo sulla popolazione residente, vorrei esprimere alcune considerazioni al riguardo, riassumendo in un’opportuna tabella gli aumenti o le diminuzioni:
1901 1951 1971 1991 2011 Comuni Var. Pop. Pop. Var. % Pop. Var. % Pop. Var. % Pop. Var. % %
Agordo 3305 - 3516 + 6,38 3703 + 12,04 4343 + 31,41 4249 +28,56
Alleghe 1815 - 1910 + 5,23 1691 - 6,83 1480 - 18,46 1331 - 26,67 Canale 1856 - 1818 - 2,05 1684 - 9,27 1285 - 30,76 1172 - 36,85 d’Agordo Cencenigh 2081 - 1996 - 4,08 1730 - 16,87 1554 - 25,32 1402 - 32,63 e Colle Santa *719 - 677 - 5,84 603 - 16,13 480 - 33,24 391 - 45,62 Lucia Falcade 3179 - 2801 - 11,89 2355 - 25,92 2270 - 28,59 2055 - 35,36
Gosaldo 3156 - 2738 - 13,24 1825 - 42,17 1034 - 67,24 723 - 77,09
La Valle 2160 - 1783 -17,45 1263 - 41,53 1197 - 44,58 1150 - 46,76 Livinallon *2036 - 1863 -8,5 1718 - 15,62 1440 - 29,27 1384 - 32,02 go Rivamont 2020 - 1649 -18,36 1039 - 48,56 739 - 63,42 666 - 67,03 e Rocca 2743 - 2654 - 3,24 1971 - 28,14 1603 - 41,56 1322 - 51,80 Pietore San 1918 - 1730 - 9,8 1218 - 34,5 877 - 54,28 683 - 64,39 Tomaso Selva di 952 - 729 - 23,42 617 - 35,19 604 - 36,55 517 - 45,69 Cadore Taibon 2179 - 1879 - 13,77 1743 - 20,01 1705 - 21,75 1788 - 17,94
Vallada 1246 - 1004 - 19,42 722 - 42,05 596 - 52,17 514 - 58,75
Voltago 1295 - 1443 + 11,42 1210 - 6,56 1017 - 21,47 914 - 29,42
* Per quanto riguarda Colle Santa Lucia e Livinallongo tengo come anno base il primo di cui ho il dato, ossia il 1931. I due comuni sono entrati a far parte dell’Agordino nel 1923, quando il censimento del 1921 era già stato effettuato. Dal prospetto elaborato è chiaro il trend che accomuna tutti o quasi i Comuni agordini: la popolazione in 110 anni è diminuita in un range compreso tra il 17,94% e il 77,09%
148 con una media complessiva del 39,97%. L’unico comune cha ha visto la sua popolazione aumentare è Agordo. Taibon, tra tutti gli altri comuni con trend negativo, è quello che ha vissuto il calo minore. E’ inevitabile leggere in questo un’influenza di Luxottica. Grazie alla presenza dello stabilimento di Luxottica ad Agordo, quest’ultimo è cresciuto, probabilmente sia a causa degli spostamenti di alcuni abitanti degli altri Comuni agordini verso Agordo sia per l’arrivo di gente dal resto della Provincia di Belluno e anche da fuori Provincia. Per il paese di Agordo questo è stato davvero un beneficio, ma per gli altri Comuni lo spopolamento raggiunge cifre drammatiche. Fanno davvero impressione i cali di Gosaldo (- 77,09) e di Rivamonte (- 67,03), evidenziati in rosso: vedere la gente diminuire di 2/3 significa assistere a un’infinità di abitazioni disabitate e all’inevitabile chiusura di quelle piccole attività come negozi e bar che non possono proseguire se la popolazione è sempre minore. Questo fenomeno si può leggere da un lato positivamente, dal momento che Luxottica ha segnato un’espansione per Agordo ma per gli altri comuni agordini ha contribuito assieme ad altre problematiche ad un sempre maggiore abbandono. La situazione agordina si distingue dal trend che caratterizza la popolazione italiana, che ha visto un aumento costante dal 1901. Ma vediamo nel dettaglio l’andamento italiano429:
Anno Popolazione Variazione
1901 32.963.316 -
1951 47.515.537 + 44,15
1971 54.136.547 + 64,23
1991 56.778.031 + 72,25
2011 59.433.744 + 80,30
Senza riportare anche i dati a livello regionale e provinciale, posso giungere alla conclusione che il trend veneto si avvicina a quello italiano mentre l’andamento della Provincia di Belluno, seppur in maniera non così drammatica, è simile a quello
429 Gwind S.r.l., http://www.tuttitalia.it/statistiche/censimenti-popolazione/, data di consultazione 30 agosto 2014
149 dell’Agordino. L’andamento è comune a molte altre realtà di montagna che hanno assistito ad esodi massicci della popolazione verso centri che offrono maggiori servizi e comodità.
Movimento migratorio
Lo studio del movimento migratorio430 permette di conoscere gli aumenti e le diminuzioni della popolazione dovuti a trasferimenti da e per altri comuni e da e per l’estero, permettendo di comprendere quale dei fenomeni è prevalso.
1965 1970 Saldo Saldo Iscritti Cancellati Iscritti Cancellati Comuni Per Con Dal- Per Da altro Dal- Per Tra Da altro Per altro Tra Con altro l’ester l’ester l’ester comune l’estero l’estero comuni comune comune comuni l’estero comune o o o
Agordo 107 3 117 9 -10 - 6 125 6 116 12 + 9 - 6
Alleghe 13 3 57 0 - 46 + 3 38 1 51 1 - 13 0
Canale 24 1 43 0 - 19 + 1 29 4 51 0 - 22 + 4 d’Agordo
Cencenighe 41 1 28 0 + 13 + 1 36 11 56 0 - 20 + 11
Colle 5 0 9 13 - 4 - 13 8 0 15 0 - 7 0
Falcade 40 2 52 44 - 12 - 42 49 39 61 5 - 12 + 34
Gosaldo 20 0 46 0 - 26 0 17 0 113 0 - 96 0
La Valle 29 2 34 7 - 5 - 5 16 13 58 23 - 42 - 10
Livinallongo 40 0 38 0 + 2 0 11 0 53 7 - 42 - 7
Rivamonte 11 1 59 1 - 48 0 13 0 31 0 - 18 0
Rocca 28 0 39 34 - 11 - 34 35 14 78 22 - 43 - 8 Pietore
San Tomaso 8 0 25 2 - 17 - 2 9 0 40 20 - 31 - 20
Selva di 6 0 8 3 - 2 - 3 8 3 13 0 - 5 + 3 Cadore
430 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Compendio statistico della Provincia di Belluno, pp. 52-60
150
Taibon 16 3 41 14 - 25 - 11 35 3 55 11 - 20 - 8
Vallada 11 1 21 0 - 10 + 1 8 1 12 0 - 4 + 1
Voltago 14 0 27 1 - 13 - 1 26 8 27 0 - 1 + 8
Gli anni 1965 e 1970 presentano andamenti simili in tutti i comuni con saldi piuttosto negativi soprattutto per quanto riguarda i movimenti da e per altri comuni. Cencenighe, l’unico che nel 1965 aveva un saldo positivo, cinque anni dopo presenta lo stesso trend.
1975 1980 Saldo Saldo Iscritti Cancellati Iscritti Cancellati Comuni Per Con Dal- Per Da altro Dal- Per Tra Da altro Per altro Tra Con altro l’ester l’ester l’ester comune l’estero l’estero comuni comune comune comuni l’estero comune o o o
Agordo 161 7 90 0 + 71 + 7 110 3 103 2 + 7 + 1
Alleghe 34 1 41 8 - 7 - 7 50 3 41 0 0 + 3
Canale 17 2 39 1 - 22 + 1 38 2 33 0 + 5 + 2 d’Agordo
Cencenighe 26 13 35 0 - 9 + 13 23 6 41 3 - 18 + 3
Colle Santa 8 2 2 5 + 6 - 3 4 0 21 2 - 17 - 2 Lucia
Falcade 37 18 33 3 + 4 + 15 45 14 46 5 - 1 + 9
Gosaldo 16 0 60 0 + 44 0 17 0 55 0 - 38 0
La Valle 7 12 17 0 - 10 + 12 25 2 34 0 - 9 + 2
Livinallongo 29 0 37 0 - 8 0 20 0 41 0 - 21 0
Rivamonte 7 3 45 0 - 38 + 3 18 0 14 0 + 4 0
Rocca 17 9 38 1 - 21 + 8 25 10 45 0 - 20 + 10 Pietore
San Tomaso 12 9 20 0 - 8 + 9 5 0 30 0 - 25 0
Selva di 8 0 17 0 - 9 0 12 0 21 3 - 9 - 3 Cadore
Taibon 51 13 29 1 + 22 +12 49 7 66 1 - 17 + 6
Vallada 13 3 9 1 + 4 + 2 15 4 16 0 - 1 + 4
Voltago 22 4 25 0 - 3 + 4 27 0 28 1 - 1 - 1
151
Nel 1975 c’è un’inversione di tendenza ma solo per i Comuni di Agordo, Gosaldo e Taibon. Va sottolineato che il saldo con l’estero presenta valori positivi: leggerei questo dato come un ritorno a casa di una parte di chi si era trasferito all’estero per lavoro e in quel periodo vedeva nuove opportunità in Italia. Sono gli anni in cui era iniziata l’ascesa di Luxottica e un futuro per gli agordini con maggiori garanzie. Nel 1980 i saldi tra comuni sono quasi tutti negativi, con qualche eccezione positiva ma non degna di nota. I saldi con l’estero sono più contenuti del 1975 ma pur sempre positivi.
1985 1990 Saldo Saldo Iscritti Cancellati Iscritti Cancellati Comuni Per Con Dal- Per Da altro Dal- Per Tra Da altro Per altro Tra Con altro l’ester l’ester l’ester comune l’estero l’estero comuni comune comune comuni l’estero comune o o o
Agordo 93 4 96 3 - 3 + 1 143 9 137 3 + 6 + 6
Alleghe 32 3 29 0 + 3 + 3 23 5 31 0 - 8 - 5
Canale 13 0 48 5 - 35 - 5 13 0 20 0 - 7 0 d’Agordo
Cencenighe 31 1 41 3 - 10 - 2 12 6 37 0 - 25 + 6
Colle Santa 7 0 13 0 - 6 0 5 0 8 0 - 3 0 Lucia
Falcade 39 13 42 7 - 3 + 6 36 6 42 6 - 6 0
Gosaldo 20 4 22 0 - 2 + 4 18 4 10 0 + 8 + 4
La Valle 32 3 20 2 + 12 + 1 18 1 11 0 + 7 + 1
Livinallongo 16 2 24 3 - 8 - 1 13 0 23 0 - 8 0
Rivamonte 12 1 10 0 + 2 + 1 19 0 11 0 + 8 0
Rocca 26 9 32 2 - 6 + 7 19 0 30 2 - 11 - 2 Pietore
San Tomaso 7 0 34 0 - 27 0 9 1 15 0 - 6 + 1
Selva di 7 1 7 1 0 0 6 2 6 0 0 + 2 Cadore
Taibon 24 4 34 2 - 10 + 2 34 0 50 0 - 16 0
Vallada 10 2 15 1 - 5 + 1 18 1 15 1 + 3 0
Voltago 16 0 20 0 - 4 0 22 3 26 0 - 4 + 3
152
Nel 1985 l’unico comune agordino con saldo positivo tra comuni è La Valle Agordina. Nel 1990 diversi comuni presentano saldi positivi tra comuni. In entrambi gli anni considerati, i saldi con l’estero sono pressoché nulli.
1995 1999 Saldo Saldo Iscritti Cancellati Iscritti Cancellati Comuni Per Con Dal- Per Da altro Dal- Per Tra Da altro Per altro Tra Con altro l’ester l’ester l’ester comune l’estero l’estero comuni comune comune comuni l’estero comune o o o
Agordo 90 10 90 7 0 + 3 90 14 133 10 - 43 + 4
Alleghe 28 3 27 0 + 1 + 3 18 2 22 1 - 4 + 1
Canale 23 1 24 0 - 1 + 1 13 14 15 0 -2 + 14 d’Agordo
Cencenighe 32 10 26 0 + 6 + 10 28 7 32 2 - 4 + 5
Colle Santa 2 0 9 0 - 7 0 10 0 4 6 + 6 - 6 Lucia
Falcade 31 7 29 2 + 2 + 5 45 11 34 9 + 11 + 2
Gosaldo 9 1 21 0 - 12 + 1 14 0 17 0 - 3 0
La Valle 39 0 15 2 + 24 - 2 21 9 28 14 - 7 - 5
Livinallongo 12 0 20 0 - 8 0 13 6 10 0 + 3 + 6
Rivamonte 11 2 9 0 + 2 + 2 19 4 8 2 + 11 + 2
Rocca 53 10 26 0 + 27 + 10 14 11 24 3 - 10 + 8 Pietore
San Tomaso 10 1 7 0 + 3 + 1 17 1 15 0 + 2 + 1
Selva di 9 1 11 0 - 2 + 1 10 4 4 3 + 6 + 1 Cadore
Taibon 46 8 30 2 + 16 + 6 44 13 30 2 + 14 + 11
Vallada 30 0 12 4 + 18 - 4 2 1 7 0 - 5 + 1
Voltago 18 1 19 2 - 1 - 1 12 2 12 2 0 0
153
Nel 1995 diversi Comuni presentano saldi positivi tra comuni: La Valle Agordina, Rocca Pietore, Taibon Agordino e Vallada Agordina. Relativamente ai saldi con l’estero gli unici due comuni con un discreto saldo positivo sono Cencenighe Agordino e Rocca Pietore. Nel 1999, Agordo presenta un notevole saldo negativo tra comuni: un dato che si scontra con il suo andamento demografico.
154
Popolazione e occupazione
Agricoltura serie storiche: numero di aziende
Comuni 1982 Var. % 1990 Var. % 2000 Var. % 2010 Var. %
Agordo 104 - 70 -32,69 50 -51,92 36 -65,38
Alleghe 87 - 17 -80,46 3 -96,55 6 -93,10
Canale 88 - 49 -44,32 8 -90,91 6 -93,18 d’Agordo
Cencenighe 55 - 16 -70,91 6 -89,09 7 -87,27
Colle Santa 60 - 36 -40,00 29 -51,67 10 -83,33 Lucia
Falcade 100 - 42 -58,00 14 -86,00 14 -86,00
Gosaldo 126 - 58 -53,97 33 -73,81 9 -92,86
La Valle 60 - 25 -58,33 22 -63,33 26 -56,67
Livinallongo 138 - 90 -34,78 65 -52,90 35 -74,64
Rivamonte 88 - 26 -70,45 17 -80,68 11 -87,50
Rocca 94 - 27 -71,28 13 -86,17 14 -85,11 Pietore
San Tomaso 106 - 13 -87,74 7 -93,40 2 -98,11
Selva di 43 - 26 -39,53 9 -79,07 5 -88,37 Cadore
Taibon 89 - 44 -50,56 35 -60,67 17 -80,90
Vallada 54 - 10 -81,48 7 -87,04 3 -94,44
Voltago 76 - 13 -82,89 8 -89,47 7 -90,79
In questa tabella è evidente la notevole diminuzione di aziende che si occupano del settore primario: in alcuni comuni, in 30 anni, il numero è calato di oltre il 90% rispetto al 1982. Questo è un risultato che in maniera lampante evidenzia come il settore primario abbia perso aziende e relativi addetti.
155
Superfici agricole Anno 1961
Sup. agraria attuale ettari Sup. futura
Semin. e semin. Prati e prati Comuni Pascolo e arborato arborati Totale Seminativi e Pascoli pascolo 3-4-5 ettari prati ettari ettari 1-2 1-2 3-4 cespugl. reg
Agordo 91 44 148 587 870 60 200 365
Alleghe 45 24 40 531 640 394 - -
Canale 68 - 167 600 835 231 120 220 d’Agordo
Cencenighe 27 13 85 259 384 27 - -
Colle Santa 53 - 103 156 312 67 200 365 Lucia
Falcade 76 - 236 661 973 279 200 365
Gosaldo 31- - 314 640 985 129 200 365
La Valle 59 14 209 425 707 131 200 180
Livinallongo 104 28 279 2629 3040 2021 1400 1630
Rivamonte 19 - 273 126 418 4 - -
Rocca 70 28 98 1145 1341 868 240 365 Pietore
San Tomaso 65 - 123 433 621 3 - -
Selva di 38 - 189 270 497 532 200 365 Cadore
Taibon 59 28 148 232 467 221 160 290
Vallada 61 - 71 401 533 - 60 110
Voltago 49 11 165 397 622 54 240 660
Totale 915 190 2648 9492 13245 5021 3420 5280
Fonte: Amministrazione Provinciale (a cura di), Indagine sulla situazione economica della Provincia di Belluno, Feltre, Stabilimento Tipografico Panfilo Castaldi, 1966
156
Anno 1971
Superficie agricola utilizzata
Prati Superficie Altra Superficie Comuni Colt. permanenti Seminativ permanen a boschi superficie Totale Totale i Legnose Altre ti e agrarie pascoli
Agordo 14,97 1,25 - 551,46 567,68 1178,54 714,59 2460,81
Alleghe 19,55 - - 370,49 390,04 1082,04 484,98 1957,06
Canale 8,01 - - 412,24 420,25 2024,13 235,46 2679,84 d’Agordo
Cencenighe 11,24 - - 140,78 152,02 578,65 432,71 1163,38
Colle Santa 5,25 0,03 - 362,18 367,46 407,36 362,85 1137,67 Lucia
Falcade 10,62 - - 787,52 798,14 1280,42 767,36 2845,92
Gosaldo 80,38 - - 680,24 760,62 1377,65 145,49 2283,76
La Valle 11,98 - - 570,29 582,27 1560,34 1270,6 3413,21
Livinallongo 41,34 - - 3269,65 3310,99 2577,92 2035,49 7924,4
Rivamonte 10,68 - - 178,64 189,32 1525,61 176,57 1891,5
Rocca 9,40 - - 1080,65 1090,05 1817 588,85 3495,9 Pietore
San Tomaso 11,25 - - 179,96 191,21 770,59 391,47 1353,27
Selva di 6,73 - - 586,73 593,46 1259,27 900,94 2753,67 Cadore
Taibon 11,51 - - 651,52 663,03 3772,66 119,86 4555,55
Vallada 3,28 - - 282,4 285,68 637,98 420,18 1343,84
Voltago 11,46 - - 389,19 400,65 806,55 371,31 1578,51
157
Anno 1991
Superficie agricola utilizzata Superficie a Altra Superficie Comuni Prati Seminativ Colt. SAU boschi superficie totale permanenti i permanenti e pascoli totale
Agordo 1,97 0 578,35 580,32 923,1 2383,38 3886,8
Alleghe 0,79 0 128,5 129,29 891,81 676,98 1698,08 Canale 1,62 0 712,34 713,96 1335,52 566,29 2615,77 d’Agordo Cencenighe 0,36 0 64,69 65,05 463,79 494,42 1023,26 Colle Santa 2,04 0 256,87 258,91 467,78 308,09 1034,78 Lucia Falcade 0,05 0,25 930,82 931,12 1211,5 1051,56 3194,18
Gosaldo 1,67 0 455,39 457,06 1302,41 409,66 2169,13
La Valle 1,05 0 270,28 271,33 1813,09 22,44 2106,86
Livinallongo 3,88 0 2500,24 2504,12 2541,1 1658,11 6703,33
Rivamonte 0,65 0 107,67 108,32 828,07 583,67 1520,06 Rocca 1,37 0 432,43 433,8 2930,69 308,64 3673,13 Pietore San Tomaso 0,89 0 22,67 23,56 724,98 268,33 1016,87 Selva di 1,46 0 497,89 499,35 1225,2 661,06 2385,61 Cadore Taibon 0 0 238,36 238,36 1425,33 4042,08 5705,77
Vallada 0,3 0 503,71 504,01 724,96 130,29 1359,26
Voltago 0,4 0 334,77 335,17 590,26 151,89 1077,32
158
Anno 2000
Superficie totale Sup. agr. non Sup. agricola utilizzata
utilizzata
da da
Superfic
Comuni
ie totale
legno
Boschi
utilizzata
Prati Prati
Totale
Sup. agricola agricola Sup.
pascoli
agrarie
Legnose
Altra superficie Altra
ricreative
Arboricoltura Arboricoltura attività ad
Seminativi
Coltivazioni Coltivazioni
permanenti e permanenti Di cui destinata destinata cui Di
Agordo 2675,10 335,23 0,73 0,06 334,44 - 797,32 1536,81 - 5,74
Alleghe 290,62 123,87 - - 123,87 - 58,60 104,79 - 3,36 Canale 2869,64 510,26 0,16 - 510,10 - 1477,19 882,04 - O,15 d’Agordo Cencenighe 522,76 82,17 - - 82,17 - 439,12 - - 1,47 Colle Santa 12,0 713,70 188 0,21 - 187,79 - 452,27 61,42 - Lucia 1 Falcade 1694,27 405,69 0,21 - 405,48 - 1229,63 50,45 - 8,50
Gosaldo 2076,18 192,61 0,07 - 192,54 - 1270,20 610,53 - 2,84 27,4 La Valle 1760,31 228,32 0,26 - 228,06 - 1504,52 0,04 - 3 Livinallongo 4060,68 1462,62 0,70 - 1462,92 - 2230,05 362,25 0,04 4,76
Rivamonte 658,75 77,53 0,06 - 77,47 - 578,66 0,49 - 2,07 Rocca 919,50 459,75 1,68 - 458,07 - 441,72 12,91 - 5,12 Pietore San Tomaso 764,73 6,93 0,2 - 6,73 - 755,60 - - 2,20 Selva di 1823,86 127,40 0,14 - 127,26 - 1696,16 - - 0,30 Cadore 533, Taibon 3900,94 346,90 0,44 0,09 346,37 - 1567,27 1453,44 - 33 Vallada 1364,81 332,01 0,16 - 331,85 - 581,06 451,13 - 0,61 226, Voltago 985,51 96,23 0,05 - 96,18 - 663,27 - - 01
159
Anno 2010
Superficie totale
Sup. agricola utilizzata
utili e utili
Superf
Comuni icie
non non
totale
Vite
utilizzata
epascoli
Sup. agricola agricola Sup.
Seminativi
altra superficie altra
Coltivazioni Coltivazioni vite escluso
aziende agricole aziende agricole aziende
Ortifamiliari da Arboricoltura
legno annessa ad ad annessa legno
Boschi annessi ad annessi ad Boschi
Sup. agr. Sup.
Legnose agrarie, Legnoseagrarie, Prati permanenti permanenti Prati
Agordo 49 46 1 - 1 10 46 1 32 38
Alleghe 13 12 2 - - - 10 - 3 7
Canale 15 14 1 - - - 13 - 3 6 d’Agordo Cencenighe 8 8 1 - 1 1 8 - 4 7
Colle Santa 10 10 1 1 1 - 8 - 3 8 Lucia Falcade 18 15 - - - 1 15 - 4 14
Gosaldo 15 14 6 1 - 4 10 - 8 8
La Valle 43 41 - - 1 7 40 - 20 20
Livinallongo 51 49 1 - 1 2 48 - 12 39
Rivamonte 13 12 1 - 1 2 11 - 5 8
Rocca 20 19 3 - - 2 17 - 3 14 Pietore San Tomaso 5 5 - - 1 1 4 - 1 1
Selva di 15 14 - - - - 14 - 6 9 Cadore Taibon 26 24 4 - - 8 22 - 9 21
Vallada 9 7 - - - - 7 - 2 5
Voltago 16 12 - - - 3 12 - 7 7
Dalle tabelle emerge una superficie agricola utilizzata in costante diminuzione. Tale andamento va di pari passo con l’andamento del settore primario.
160
Occupazione per settore
Anno 1936
Popolazione presente di fatto
Attiva
legale
Comuni
Pop resid. resid. Pop
Totale
In complesso In
Industria
Commercio
Amm. privata Amm.
addetti al culto al addetti pubblica Amm.
Totale terziario Totale
Trasporti e com. Trasporti
Credito ed assicur. ed Credito
Agr., caccia e pesca caccia Agr.,
Economia domestica Economia Liberi professionisti e professionisti Liberi
Agordo 3119 3010 557 370 82 197 15 16 92 - 121 523 1450
Alleghe 1738 1572 234 282 16 83 - 2 28 - 26 155 671 Canale 1653 1543 336 262 6 27 - 3 19 1 12 68 666 d’Agordo Cencenighe 1750 1608 171 324 6 47 1 2 20 1 70 147 642 Colle Santa 664 623 254 24 3 8 - 2 9 - 8 30 308 Lucia Falcade 2562 2301 502 366 14 57 - 5 20 - 21 117 985
Gosaldo 2539 2154 744 211 9 51 - 4 19 1 25 109 1064
La Valle 1593 1462 474 181 19 12 - 2 15 4 26 78 733
Livinallongo 2022 1973 829 84 14 104 2 13 49 - 21 203 1116
Rivamonte 1551 1388 410 171 7 25 - 1 13 - 26 72 653 Rocca 2540 2418 587 510 15 66 - 3 15 - 28 127 1224 Pietore San Tomaso 1612 1372 243 201 8 21 - 2 14 - 43 88 532 Selva di 763 724 411 26 5 13 - 4 11 - 7 40 477 Cadore Taibon 1739 1633 445 248 11 23 2 3 14 - 758 811 56
Vallada 926 862 103 190 3 12 - - 9 - 3 27 320
Voltago 1341 1179 267 143 6 41 - 5 11 - 21 84 494 657 359 22 121 267 Totale 28112 25822 787 20 67 358 7 12839 5 3 4 6 9
161
A livello aggregato, in Agordino nel 1936 abbiamo, su un totale di 11.391 occupati, 6.575 persone occupate nel settore primario (il 51,15%) , 3593 nel settore secondario (il 27,98%) e 2679 nel terziario (il 20,87).
Anno 1951 Addetti
Popolazione presente di fatto
Attiva
Comuni
vari
Pop resid. legale resid. Pop
acqua
Totale
In complesso In
Pubblica Pubblica
Trasporti e Trasporti
comunicazioni
manifatturiere
Totale terziario Totale
amministrazione
Credito ed assicur. ed Credito
Agr., caccia e pesca caccia Agr.,
Commercio e servizi Commercio
Industrie estrattive e Industrie
Costruzioni e impianti Costruzioni Energia elettrica, gas e Energia elettrica,
Agordo 3516 1535 329 410 172 56 87 310 18 153 568 1535 Alleghe 1910 709 101 170 199 11 30 136 4 58 228 709 Canale 1818 761 259 145 225 14 6 63 - 49 118 761 d’Agordo Cencenighe 1996 735 34 135 398 27 13 101 - 27 141 735 Colle 677 268 164 24 5 - 2 58 - 15 75 268 Falcade 2801 1039 28 203 581 10 32 139 - 46 217 1039 Gosaldo 2738 1054 132 667 68 3 20 128 - 36 184 1054 La Valle 1783 788 346 223 128 6 17 40 - 28 85 788 Livinallongo 1863 929 677 69 18 3 19 92 1 50 162 929 Rivamonte 1649 774 229 411 39 2 9 51 1 32 93 774 Rocca 2654 858 29 153 531 11 17 90 2 25 134 858 Pietore San Tomaso 1730 591 34 122 350 4 14 46 - 21 81 591 Selva di 729 375 223 36 37 2 10 48 - 19 77 375 Cadore Taibon 1879 656 149 229 181 19 15 40 1 22 78 656 Vallada 1004 317 36 117 115 - 4 26 - 19 49 317 Voltago 1443 783 340 237 63 8 7 94 1 33 135 783 311 311 146 Totale 30190 12172 3351 176 302 28 633 2425 12172 0 0 2
162
Nel 1951 su un totale di 12172 occupati, 3110 facevano parte del settore primario (il 25,55%), 6637 del secondario (il 54,53%) e 2425 del settore terziario (il 19,92%). Possiamo già trarre alcune considerazioni. Dopo il II Conflitto mondiale, gli occupati nel settore primario erano dimezzati rispetto a 15 anni prima mentre quelli impegnati nel secondario erano raddoppiati. Nel terziario non c’erano state variazioni. Gli spostamenti erano avvenuti quindi tra settore primario e secondario. Questo segna già un certo abbandono di attività come agricoltura e allevamento.
163
Anno 1961 Addetti
Popolazione presente di fatto
Attiva
Comuni
acqua
Totale
Servizi
Pubblica Pubblica
In complesso In
Pop resid. legale resid. Pop
Trasporti e Trasporti
Costruzioni
Commercio
comunicazioni
manifatturiere
Totale terziario Totale
amministrazione
Credito ed assicur. ed Credito
Agr., caccia e pesca caccia Agr.,
Industrie estrattive e Industrie Energia elettrica, gas e Energia elettrica, 124 Agordo 3522 97 348 178 46 231 63 17 116 143 570 1239 4 Alleghe 1862 764 109 160 241 7 138 22 2 45 40 247 764 Canale 1786 741 172 106 300 12 70 4 - 38 39 151 741 d’Agordo Cencenigh 1929 805 57 115 424 18 90 12 - 59 30 191 805 e Colle Santa 623 338 189 23 11 - 80 1 - 26 8 115 338 Lucia 118 Falcade 2834 101 218 599 18 117 32 1 61 35 246 1182 2 Gosaldo 2373 916 113 309 280 7 67 25 2 90 23 207 916
La Valle 1628 777 253 157 240 11 50 9 - 37 20 116 777 Livinallon 1880 734 405 77 55 2 90 19 2 54 30 195 734 go Rivamont 1484 369 47 191 50 9 24 3 2 33 10 72 369 e Rocca 2507 953 46 165 493 13 161 15 - 44 16 236 953 Pietore San 1508 645 67 116 311 2 73 19 - 47 10 149 645 Tomaso Selva di 748 357 147 42 50 - 43 10 - 54 11 118 357 Cadore Taibon 1824 783 170 198 232 27 71 22 - 46 17 156 783
Vallada 962 364 67 85 149 - 25 5 - 19 14 63 364
Voltago 1358 598 100 139 189 6 70 10 - 54 30 164 598 115 214 244 380 17 140 299 Totale 28828 271 26 823 476 11565 70 0 9 2 8 0 6
164
Nel 1961, su 11565 lavoratori, 2140 erano attivi nel settore primario (il 18,50%), 6429 nel settore secondario (il 55,59%) e 2996 nel settore terziario (il 25,91%). Da questi dati si nota che gli occupati nel settore primario sono ulteriormente diminuiti in 10 anni, passando dal 25,55% al 18,50%. I lavoratori del settore secondario in questo decennio sono rimasti stabili mentre, per quanto riguarda il settore terziario, c’è stato un incremento del 6% circa. Questa tendenza caratterizzerà gli ultimi decenni del XX secolo e i primi anni del XXI secolo.
165
Anno 1971 Addetti
Popolazione presente di fatto
Attiva
Comuni
acqua
Totale
Servizi
Pop resid. legale resid. Pop
impianti
Pubblica Pubblica
In complesso In
Credito e Credito
Trasporti e Trasporti
Commercio
costruzioni e costruzioni
assicurazione
caccia e pesca caccia
Industrie delle delle Industrie comunicazioni
manifatturiere
Totale terziario Totale
amministrazione
dell’installazione di dell’installazione
Agricolutra, foreste, Agricolutra,
Industrie estrattive e Industrie Energia elettrica, gas e Energia elettrica,
378 130 Agordo 3703 37 385 187 67 218 52 17 263 76 626 0 2 153 Alleghe 1691 50 109 175 8 183 24 8 54 16 285 627 6 Canale 142 1684 20 73 191 14 76 7 - 68 42 193 491 d’Agordo 1 Cencenigh 155 1730 45 97 264 16 127 10 2 54 20 213 635 e 2 Colle Santa 603 522 49 41 2 - 94 - - 13 14 121 213 Lucia 227 Falcade 2355 26 100 265 15 189 24 1 67 34 315 721 0 130 Gosaldo 1825 91 166 231 6 94 13 4 56 27 194 688 6 119 La Valle 1263 105 118 132 9 37 9 - 39 8 93 457 4 Livinallon 160 1718 236 81 69 2 192 34 - 37 40 303 691 go 0 Rivamont 1039 903 8 152 52 - 47 10 - 31 10 98 310 e Rocca 178 1971 13 99 255 13 203 30 - 40 18 291 671 Pietore 7 San 103 1218 7 63 200 4 95 13 3 26 5 142 416 Tomaso 3 Selva di 617 635 86 25 44 2 82 6 - 34 10 132 289 Cadore 167 Taibon 1743 68 186 129 23 99 21 2 54 18 194 600 9 Vallada 722 618 5 38 96 2 32 1 - 35 9 77 218 107 Voltago 1210 44 106 106 10 55 5 - 65 17 142 408 0 229 183 19 182 341 873 Totale 25092 890 2398 259 37 936 364 06 9 1 3 9 7
166
Ecco lo scenario presente nel 1971: gli occupati nel settore primario (890 persone) sono il 10,19% dei lavoratori occupati. Ciò significa che in 35 anni gli addetti di tale settore sono calati del 41%. Nel settore secondario c’è una certa stabilità con gli addetti ammontanti a 4428 (il 50,68%). Infine, nel settore terziario gli addetti sono 3419 (il 39,13%). L’aspetto più interessante che emerge è l’incremento di addetti nel settore terziario, un trend presente già nel 1961 ma aumentato in maniera spiccata in un decennio.
167
Anno 1981 Addetti prima parte
i
Comuni
connessi
consumo
di energia di
silvicoltura
Costruzioni
Totale primario Totale
ecomunicazioni
Totale secondario Totale
Agricoltura, caccia e caccia Agricoltura,
Alberghi e ristorant Alberghi
autoveicoli e beni di e beni autoveicoli
Estrazione di minerali di Estrazione
Attività manifatturiere Attività
Commercio, riparazione Commercio,
Trasporti, magazzinanggio magazzinanggio Trasporti,
Produzione e distribuzione Produzione Pesca, piscicoltura e servizi piscicoltura Pesca,
Agordo 10 10 1037 154 1191 252 86 17
Alleghe 0 41 90 131 107 91 10 Canale 0 38 37 75 28 21 1 d’Agordo Cencenighe 1 1 120 96 216 62 24 2 Colle Santa 0 10 11 21 10 16 Lucia Falcade 0 59 122 181 105 126 14
Gosaldo 0 44 21 65 28 22 7
La Valle 0 42 36 78 22 5 4
Livinallongo 0 30 16 46 51 94 18
Rivamonte 0 117 7 124 19 10 Rocca 0 37 68 105 52 131 59 Pietore San Tomaso 0 14 32 46 51 16 2 Selva di 0 17 41 58 18 32 3 Cadore Taibon 7 7 185 6 68 259 57 19 9
Vallada 4 4 5 18 23 23 3
Voltago 0 44 24 68 24 55 1
Totale 5 0 17 22 1840 6 841 2687 909 751 147
168
Addetti seconda parte
Comuni
territoriali
sociali
Totale
organismi organismi
Istruzione
finanziaria
convivenze
monetaria e monetaria obbligatoria
P.A. e difesa, e difesa, P.A.
ricerca e altro ricerca
Totale terziaro Totale
extra
Intermediazione Intermediazione
Servizi domestici domestici Servizi
presso famiglie e pressofamiglie
Organizzazioni ed ed Organizzazioni
Affari immobiliari, immobiliari, Affari
sociali e personali sociali
Sanità e altri servizi e altri Sanità
Altri servizi pubblici, servizi pubblici, Altri
Assicurazione sociale sociale Assicurazione noleggio, informatica, informatica, noleggio,
Agordo 6 29 27 417 1618
Alleghe 9 10 227 358 Canale 2 3 55 130 d’Agordo Cencenighe 7 6 101 318 Colle Santa 2 28 49 Lucia Falcade 6 9 260 441
Gosaldo 1 58 123
La Valle 1 32 110
Livinallongo 3 2 5 173 219
Rivamonte 2 31 155 Rocca 7 249 354 Pietore San Tomaso 69 115 Selva di 4 8 65 123 Cadore Taibon 4 89 355
Vallada 26 53
Voltago 1 2 2 85 153
Totale 7 62 0 0 2 87 0 0 1965 4674
I dati del censimento del 1981 confermano il trend emerso nei decenni precedenti. Il settore primario ha ormai un numero di addetti estremamente ridotto: 380, che formano un 4,33%. Il settore secondario presenta una leggera flessione rispetto ai decenni precedenti e, con 4290 addetti, comprende il 48,82%.
169
Il settore terziario continua, invece, la sua crescita inarrestabile, con 4117 addetti (il 46,85%).
Imprese prima parte
nanggio nanggio
Comuni
connessi
consumo
di energia di
silvicoltura
Costruzioni
piscicoltura e servizi piscicoltura
Totale primario Totale
ecomunicazioni
Totale secondario Totale
Agricoltura, caccia e caccia Agricoltura,
Alberghi e ristoranti Alberghi
autoveicoli e beni di e beni autoveicoli
Estrazione di minerali di Estrazione
Attività manifatturiere Attività
Commercio, riparazione Commercio,
Trasporti, magazzi Trasporti,
Produzione e distribuzione Produzione Pesca, Pesca,
Agordo 1 1 74 30 104 88 34 14
Alleghe 0 15 21 36 44 36 2 Canale 0 19 13 32 19 13 1 d’Agordo Cencenighe 1 1 21 37 58 31 15 1 Colle Santa 0 7 6 13 5 7 Lucia Falcade 0 20 32 52 54 45 6
Gosaldo 0 17 11 28 20 16 4
La Valle 0 26 12 38 11 4 4
Livinallongo 0 19 8 27 25 45 5
Rivamonte 0 24 2 26 11 5 Rocca 0 18 30 48 30 38 3 Pietore San Tomaso 0 8 17 25 16 10 2 Selva di 0 6 16 22 9 13 2 Cadore Taibon 1 1 35 1 16 52 36 14 4
Vallada 1 1 4 10 14 9 2
Voltago 0 15 20 35 17 15 1
Totale 2 0 2 4 328 1 281 610 425 312 49
170
Imprese seconda parte
Comuni
sociali
Totale
organismi organismi
Istruzione
finanziaria
convivenze
monetaria e monetaria obbligatoria
P.A. e difesa, e difesa, P.A.
ricerca e altro ricerca
Totale terziaro Totale
extraterritoriali
Intermediazione Intermediazione
Servizi domestici domestici Servizi
presso famiglie e pressofamiglie
Organizzazioni ed ed Organizzazioni
Affari immobiliari, immobiliari, Affari
sociali e personali sociali
Sanità e altri servizi e altri Sanità
Altri servizi pubblici, servizi pubblici, Altri
Assicurazione sociale sociale Assicurazione noleggio, informatica, informatica, noleggio,
Agordo 5 8 13 162 267
Alleghe 4 6 92 128 Canale 2 2 37 69 d’Agordo Cencenighe 2 6 55 114 Colle Santa 2 14 Lucia Falcade 3 8 116 168
Gosaldo 1 41 69
La Valle 1 20 58
Livinallongo 2 1 4 82 109
Rivamonte 1 17 43 Rocca 3 74 122 Pietore San Tomaso 28 53 Selva di 1 3 28 50 Cadore Taibon 2 56 109
Vallada 11 26
Voltago 1 2 2 38 73
Totale 6 24 0 0 1 54 0 0 871 1485
171
Anno 1991 Addetti prima parte
Comuni
connessi
consumo
di energia di
silvicoltura
Costruzioni
Totale primario Totale
ecomunicazioni
Totale secondario Totale
Agricoltura, caccia e caccia Agricoltura,
Alberghi e ristoranti Alberghi
autoveicoli e beni di e beni autoveicoli
Estrazione di minerali di Estrazione
Attività manifatturiere Attività
Commercio, riparazione Commercio,
Trasporti, magazzinanggio magazzinanggio Trasporti,
Produzione e distribuzione Produzione Pesca, piscicoltura e servizi piscicoltura Pesca,
Agordo 12 - 30 42 763 30 156 949 191 96 41
Alleghe 6 - 3 9 140 4 83 227 86 126 33 Canale 5 - 1 6 123 7 93 223 63 50 12 d’Agordo Cencenighe 3 - 5 8 233 6 164 403 77 71 11 Colle Santa 9 - 1 10 39 - 25 64 18 67 9 Lucia Falcade 24 - 11 35 146 8 227 381 96 147 26
Gosaldo 11 - 3 14 202 - 42 244 31 24 12
La Valle 10 - 8 18 230 2 70 302 37 14 10
Livinallongo 52 - 2 54 57 2 66 125 80 203 80
Rivamonte 3 - 2 5 148 3 24 175 23 12 16 Rocca 5 - 3 8 86 3 136 225 84 207 46 Pietore San Tomaso - - 3 3 106 4 102 212 18 43 8 Selva di 10 - - 10 30 2 45 77 21 79 21 Cadore Taibon 13 - 12 25 322 19 94 435 76 31 16
Vallada 2 - - 2 76 2 42 120 12 22 7
Voltago 8 - 9 17 218 2 60 280 20 21 14 142 Totale 173 0 93 266 2919 94 4442 933 1213 362 9
172
Addetti seconda parte
Comuni servizi altri
sociali
Totale
organismi organismi
Istruzione
finanziaria
convivenze
monetaria e monetaria obbligatoria
P.A. e difesa, e difesa, P.A.
ricerca e altro ricerca
Totale terziaro Totale
extraterritoriali
Intermediazione Intermediazione
Servizi domestici domestici Servizi
presso famiglie e pressofamiglie
Organizzazioni ed ed Organizzazioni
Affari immobiliari, immobiliari, Affari
sociali e personali sociali
Sanità e Sanità
Altri servizi pubblici, servizi pubblici, Altri
Assicurazione sociale sociale Assicurazione noleggio, informatica, informatica, noleggio,
Agordo 29 81 127 159 147 50 6 - 927 1918
Alleghe 6 21 33 27 17 27 3 - 379 615 Canale - 19 48 38 25 8 1 - 264 493 d’Agordo Cencenighe 4 22 34 16 20 10 3 - 268 679 Colle Santa 1 3 14 8 4 4 1 - 129 203 Lucia Falcade 6 37 49 74 28 18 - - 481 897
Gosaldo 1 3 52 11 4 4 - - 142 400
La Valle 2 20 14 11 32 6 1 - 147 467
Livinallongo 2 7 47 18 8 11 3 - 459 638
Rivamonte 3 11 23 16 13 4 - - 121 301 Rocca 5 15 27 16 18 21 1 - 440 673 Pietore San Tomaso 2 3 15 9 18 - - - 116 331 Selva di - 8 17 2 7 3 1 - 159 246 Cadore Taibon 1 22 35 24 57 10 - - 272 732
Vallada 1 6 22 18 23 3 - - 114 236
Voltago 5 13 33 13 11 5 - - 135 432
Totale 68 291 590 460 432 184 20 0 4553 9261
Il settore primario nel 1991 conferma la tendenza alla decrescita, con 266 addetti che corrispondono al 2,87%. Il settore secondario, formato da 4442 addetti, raggiunge il 47,96%: un risultato stabile rispetto a 10 anni prima.
173
Il terziario, con 4553 addetti, supera il settore secondario e arriva al 49,16% di addetti. In una società postindustriale è inevitabile che sempre meno persone lavorino nel primario e nel secondario. Il settore emergente è il terziario. In particolare, dal censimento del 1991 le varie tipologie di attività che formano il settore terziario aumentano da 5 a 11. Questo approfondimento sottolinea il sempre maggiore peso attribuito alle attività del terziario.
Imprese prima parte
Comuni
secondario
connessi
consumo
di energia di
silvicoltura
Costruzioni
Totale primario Totale
ecomunicazioni
Totale Totale
Agricoltura, caccia e caccia Agricoltura,
Alberghi e ristoranti Alberghi
autoveicoli e beni di e beni autoveicoli
Estrazione di minerali di Estrazione
Attività manifatturiere Attività
Commercio, riparazione Commercio,
Trasporti, magazzinanggio magazzinanggio Trasporti,
Produzione e distribuzione Produzione Pesca, piscicoltura e servizi piscicoltura Pesca,
Agordo 1 1 51 31 82 84 34 7
Alleghe 1 1 11 1 30 42 49 43 3 Canale 0 11 33 44 33 15 2 d’Agordo Cencenighe 0 6 4 10 5 9 1 Colle Santa 1 1 20 44 64 55 56 6 Lucia Falcade 1 1 7 21 28 18 17 2
Gosaldo 0 8 5 13 13 50 1
La Valle 0 20 11 31 6 5
Livinallongo 1 1 13 8 21 29 51 7
Rivamonte 0 12 2 14 7 6 Rocca 0 11 35 46 30 43 6 Pietore San Tomaso 1 1 4 14 18 10 6 Selva di 0 7 11 18 10 19 2 Cadore Taibon 2 2 4 31 15 46 30 12 3
174
Vallada 0 4 10 14 8 5 2
Voltago 1 1 16 17 33 13 9 1
Totale 8 0 3 11 232 1 291 524 400 380 43
Imprese seconda parte
Comuni
sociali
Totale
organismi organismi
Istruzione
finanziaria
convivenze
monetaria e monetaria obbligatoria
P.A. e difesa, e difesa, P.A.
ricerca e altro ricerca
Totale terziaro Totale
extraterritoriali
Intermediazione Intermediazione
Servizi domestici domestici Servizi
presso famiglie e pressofamiglie
Organizzazioni ed ed Organizzazioni
Affari immobiliari, immobiliari, Affari
sociali e personali sociali
Sanità e altri servizi e altri Sanità
Altri servizi pubblici, servizi pubblici, Altri
Assicurazione sociale sociale Assicurazione noleggio, informatica, informatica, noleggio,
Agordo 10 43 7 13 198 281
Alleghe 3 13 1 9 121 164 Canale 1 6 2 6 65 109 d’Agordo Cencenighe 1 16 26 Colle Santa 6 1 11 135 200 Lucia Falcade 4 2 5 48 77
Gosaldo 3 3 70 83
La Valle 3 1 15 46
Livinallongo 2 5 94 116
Rivamonte 1 14 28 Rocca 2 6 2 5 94 140 Pietore San Tomaso 2 1 19 38 Selva di 8 1 1 41 59 Cadore Taibon 5 1 3 54 104
Vallada 4 19 33
Voltago 4 1 3 31 65
Totale 16 109 0 0 19 67 0 0 1034 1569
175
Anno 2001 Addetti
pubblici pubblici
Comuni
Totale
esercizi
Industria Industria
riparazioni
Trasporti e Trasporti
Altri servizi Altri
Costruzioni
Commercio e Commercio
comunicazioni
manifatturiera
Totale terziario Totale
Totale secondario Totale
Alberghi e Alberghi
Agricoltura e pesca Agricoltura
Industria estrattiva Industria
Energia,gas e acqua Credito e assicurazioni Credito
Agordo - 18 3101 39 98 3256 247 121 51 76 227 722 3978
Alleghe - - 30 1 80 111 76 100 36 15 57 284 395
Canale - - 10 - 17 27 30 35 8 2 12 87 114 d’Agordo
Cencenighe - - 335 1 68 404 73 29 7 10 29 148 552
Colle Santa 1 - 11 - 12 23 5 24 4 - 6 39 63 Lucia
Falcade 1 - 32 - 92 124 80 114 39 8 72 313 438
Gosaldo - - 13 - 12 25 13 12 5 1 4 35 60
La Valle - - 61 - 32 93 17 10 1 1 7 36 129
Livinallongo - - 35 - 39 74 51 177 53 9 20 310 384
Rivamonte - - 65 - 10 75 6 6 3 1 6 22 97
Rocca - - 37 1 45 83 39 110 35 3 13 200 283 Pietore San - - 6 - 36 42 25 12 4 - 1 42 84 Tomaso Selva di 8 - 13 - 29 42 20 47 15 1 14 97 147 Cadore
Taibon 1 - 311 4 85 400 55 45 13 2 29 144 545
Vallada - - 6 - 40 46 10 2 2 1 6 21 67
Voltago - - 36 - 30 66 12 7 6 1 14 40 105
Totale 11 18 4102 46 725 4891 759 851 282 131 517 2540 7441
176
Nel 2001, il primario è praticamente inesistente (11 addetti su 7441, lo 0,14%). Il settore secondario recupera parecchio rispetto al terziario, con rispettivamente il 65,73% e il 34,13%. E’ davvero singolare questo cambio di rotta, con molta meno gente impegnata nel settore terziario.
Imprese
Comuni
Totale
esercizi
Industria Industria
riparazioni
Trasporti e Trasporti
Altri servizi Altri
Costruzioni
Commercio e Commercio
comunicazioni
manifatturiera
Alberghi e pubblici e pubblici Alberghi
Agricoltura e pesca Agricoltura
Industria estrattiva Industria
Energia,gas e acqua Credito e assicurazioni Credito
Agordo - 1 41 - 42 86 30 4 21 84 310
Alleghe - - 7 1 26 38 40 3 - 36 151
Canale - - 6 - 13 17 15 4 1 9 65 d’Agordo
Cencenighe - - 10 - 24 28 13 1 - 18 94
Colle Santa 1 - 5 - 7 3 11 2 - 5 34 Lucia
Falcade 1 - 16 - 43 39 52 7 1 44 203
Gosaldo - - 4 - 11 12 9 1 - 3 40
La Valle - - 17 - 13 6 5 - 1 6 48
Livinallongo - - 18 - 17 24 50 5 2 14 130
Rivamonte - - 6 - 8 4 3 - - 5 26
Rocca - - 11 1 23 22 49 4 1 9 120 Pietore
San Tomaso - - 3 - 18 5 8 1 - 1 36
Selva di 1 - 8 - 13 11 23 2 - 10 68 Cadore
Taibon 1 - 28 - 24 26 10 4 1 16 110
Vallada - - 6 - 12 3 1 - - 5 27
Voltago - - 14 - 9 10 6 3 - 11 53
177
2011 Addetti prima parte
Comuni
Costruzioni
comunicazione
Totale secondario Totale
Agricoltura e pesca Agricoltura
Industria estrattiva Industria
Energia,gas e acqua
Industria manifatturiera Industria
Commercio e riparazioni Commercio
Servizi di informazione e informazione di Servizi
Trasporti e comunicazioni Trasporti Alberghi e pubblici esercizi e pubblici Alberghi
Agordo 6 - 3402 29 107 3538 366 148 63 16
Alleghe - - 24 2 52 78 107 289 59 -
Canale - - 7 - 12 19 35 55 2 - d’Agordo
Cencenighe - - 394 1 32 427 82 36 4 1
Colle Santa 1 - 5 - 9 14 10 58 3 - Lucia
Falcade - - 30 - 77 107 85 355 45 16
Gosaldo - - 10 - 13 23 13 6 4 -
La Valle - - 23 - 15 38 24 11 1 -
Livinallongo - - 24 3 37 64 54 489 156 1
Rivamonte - - 26 - 11 37 13 10 3 -
Rocca 2 - 4 4 20 28 52 227 54 2 Pietore
San Tomaso - 2 6 - 26 34 19 6 2 -
Selva di 1 - 12 - 18 30 26 109 29 - Cadore
Taibon - - 155 7 88 250 59 344 7 6
Vallada - - 5 - 12 17 6 - 1 -
Voltago - - 23 - 14 37 14 9 3 -
Totale 10 2 4150 46 543 4741 965 2152 436 42
178
Addetti seconda parte
Totale
Sanità e Sanità
Istruzione
sportive, di di sportive,
assicurative
divertimento
ttività artistiche, artistiche, ttività
Totale terziario Totale
re attività di servzi di reattività
viaggio, servizi di servizi di viaggio, sociale assistenza
intrattenimento e intrattenimento
A
Attività immobiliari Attività
Noleggio, agenzie di agenzie di Noleggio,
Attività finanziarie e finanziarie Attività
Alt
Attività professionali, professionali, Attività
supporto alle imprese supporto scientifiche e tecniche scientifiche
55 26 79 8 3 34 8 39 845 4389
14 15 14 16 22 6 5 13 560 638
- 0 3 - - 1 2 4 102 121
6 6 16 1 1 8 - 10 171 598
- 2 1 1 1 - - 4 80 95
9 35 40 1 12 7 9 10 624 731
- 1 5 - - 1 1 - 31 54
1 1 2 8 - 3 - - 51 93
7 9 2 17 26 1 1 4 767 832
- - 4 2 1 - - - 33 70
2 6 2 6 12 2 1 3 369 399
- 3 3 2 - - - - 35 69
- 9 4 11 12 - - 1 201 232
2 0 9 2 - 9 - 9 447 387
- - 3 1 - 1 - - 12 29
1 1 6 9 - 2 - 1 46 83
97 114 193 85 90 75 27 98 4374 9125
L’ultimo censimento ribadisce la situazione per il settore primario con 10 addetti su 9125. Il settore secondario e terziario sono più omogenei tra loro rispetto al 2001 e ammontano a 4741 (51,96%) e 4374 addetti (47,93%).
179
Imprese
Comuni
Totale
tecniche
Istruzione
Costruzioni
comunicazione
Agricoltura e pesca Agricoltura
Industria estrattiva Industria
Attività immobiliari Attività
Energia,gas e acqua
Altre attività di servzi di attività Altre
supporto alle imprese supporto
Industria manifatturiera Industria
Commercio e riparazioni Commercio
Servizi di informazione e informazione di Servizi
Trasporti e comunicazioni Trasporti
Sanità e assistenza sociale e assistenza Sanità
Alberghi e pubblici esercizi e pubblici Alberghi
attività artistiche, sportive, di di sportive, artistiche, attività
intrattenimento e divertimento intrattenimento
Attività finanziarie e finanziarie assicurative Attività
Attività professionali, scientifiche e scientifiche professionali, Attività Noleggio, agenzie di viaggio, servizi viaggio, agenzie di di Noleggio,
Agordo 2 - 31 3 48 91 37 4 4 20 18 43 6 1 19 6 16 349
Alleghe - - 11 1 22 39 40 5 - 4 7 10 8 1 2 2 9 161
Canale - - 5 - 10 18 12 2 - - 1 3 - - 1 2 4 58 d’Agordo
Cencenighe - - 8 1 23 32 13 2 1 3 4 11 1 1 3 - 7 110
Colle Santa 1 - 5 - 7 5 9 2 - - 3 1 1 1 - - 2 37 Lucia
Falcade - - 13 - 36 35 57 5 6 2 11 28 1 1 5 8 8 216
Gosaldo - - 4 - 10 11 5 3 - - 1 3 - - 1 1 - 39
La Valle - - 7 - 11 8 3 1 - 1 1 2 3 - 3 - - 41
1 Livinallongo - - 13 3 25 22 65 1 2 5 2 4 2 1 1 4 163 2
Rivamonte - - 6 - 10 5 4 2 - - - 4 2 1 - - - 34
Rocca 1 2 - 4 3 13 22 48 2 2 6 2 4 1 2 2 3 126 Pietore 0 San - 1 3 - 18 5 5 2 - - 1 3 1 - - - - 39 Tomaso Selva di 1 - 5 - 11 9 24 4 - - 7 4 2 1 - - 1 69 Cadore
Taibon - - 19 1 38 27 14 3 1 2 1 8 1 - 4 - 3 122
Vallada - - 4 - 10 4 - 1 - - - 3 1 - 1 - - 24
Voltago - - 11 - 10 11 6 2 - 1 1 6 1 - 2 - 1 52
180
Popolazione e cultura
Per quanto riguarda l’istruzione c’è da evidenziare il fatto che, a causa del basso tasso di scolarizzazione431 nel Regno d’Italia nei primi censimenti, l’unico accenno alla cultura era riferito al fatto che le persone fossero o meno in grado di scrivere. Addirittura, nel ridotto censimento del 1936, non ci fu nemmeno quello. Si dovette quindi aspettare il censimento del 1951 per conoscere la situazione scolastica degli italiani.
Anno 1921
Abitanti con età sup. ai 6 anni Su 100 abitanti di età sup. ai 6 Comuni In complesso Che sapevano legg. anni sapevano leggere MF M F MF M F MF M F
Agordo 2692 1270 1422 2554 1216 1338 95 96 94
Alleghe 1546 729 817 1483 705 778 96 97 95
Canale d’Agordo 1528 721 807 1334 647 687 87 90 85
Cencenighe 1776 837 939 1641 776 865 92 93 92
Colle Santa Lucia ------
Falcade 2611 1221 1390 2398 1116 1282 92 91 92
Gosaldo 1831 758 1073 1694 695 999 93 92 93
La Valle 1476 611 865 1417 560 857 96 92 99
Livinallongo ------
Rivamonte 1389 575 814 1252 527 725 90 92 89
Rocca Pietore 2349 1129 1220 2215 1084 1131 94 96 93
San Tomaso 1809 749 1060 1585 672 913 88 90 86
Selva di Cadore 754 343 411 676 310 366 90 90 89
431 G. Larese, M. Sandi (a cura di), La società e l’economia bellunese nei primi decenni del Novecento, Belluno, Tipografia Piave, 2012, p. 84
181
Taibon 1698 703 995 1533 666 867 90 95 87
Vallada 950 393 557 798 329 469 84 84 84
Voltago 934 387 547 885 370 515 95 96 94
Anno 1931
Abitanti con età sup. ai 6 anni Su 100 abitanti di età sup. ai 6 Comuni In complesso Che sapevano legg. anni sapevano leggere MF M F MF M F MF M F
Agordo 2697 1184 1513 2630 1153 1477 98 97 98
Alleghe 1381 601 780 1359 591 768 98 98 98
Canale d’Agordo 1271 527 744 1211 510 701 95 97 94
Cencenighe 1368 583 785 1318 571 747 96 98 95
Colle Santa Lucia 543 253 290 539 250 289 99 99 100
Falcade 1924 752 1172 1814 722 1092 94 96 93
Gosaldo 1894 718 1176 1784 686 1098 94 96 93
La Valle 1337 519 818 1258 501 757 94 97 93
Livinallongo 1728 840 888 1723 839 884 100 100 100
Rivamonte 1230 448 782 1143 422 721 93 94 92
Rocca Pietore 2048 822 1226 1973 804 1169 96 98 95
San Tomaso 1287 514 773 1210 492 718 94 96 93
Selva di Cadore 715 299 416 692 294 398 97 98 96
Taibon 1484 625 859 1438 614 824 97 98 96
Vallada 798 337 461 770 332 438 96 99 95
Voltago 1000 398 602 968 394 574 97 99 95
182
Anno 1951
Forniti di titolo di studio
Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare
MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 28 26 161 99 234 139 2138 925 2561 1189
Alleghe 6 5 25 14 31 19 1060 530 1122 568
Canale 2 2 43 26 24 12 1253 602 1322 642 d’Agordo
Cencenighe 2 2 16 7 19 16 1386 684 1423 709
Colle Santa 1 1 11 6 14 10 533 252 559 269 Lucia
Falcade 5 3 35 18 24 19 2024 988 2088 1028
Gosaldo 2 2 24 14 24 22 1665 832 1715 870
La Valle - - 26 21 43 37 1232 565 1301 623
Livinallongo 2 2 17 13 28 21 1436 707 1483 743
Rivamonte 5 5 37 25 41 29 1094 549 1177 608
Rocca 3 3 30 21 22 18 2028 1002 2083 1044 Pietore San 1 1 11 8 9 6 1122 572 1143 587 Tomaso Selva di 2 2 14 9 11 4 564 264 591 279 Cadore
Taibon - - 22 17 36 33 1312 611 1370 661
Vallada - - 21 12 10 6 638 304 669 322
Voltago 4 4 32 22 33 21 1096 509 1165 556
Totale 63 58 525 332 603 412 20581 9896 21772 10698
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
0,29 0,54 2,41 3,10 2,77 3,85 94,53 92,51
183
Analfabeti Pop. Residente dai 6 anni in poi Alfabeti privi di In età di obbligo Di cui dai 6 ai titolo di studio Totale Totale Comuni scolastico 14 anni MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 535 247 62 31 12 7 3158 1467 456 243
Alleghe 524 225 48 19 17 7 1694 812 265 122
Canale 246 103 33 16 5 2 1601 761 229 114 d’Agordo
Cencenighe 340 165 23 13 4 2 1786 887 299 153
Colle Santa 49 18 10 5 7 3 618 292 119 59 Lucia
Falcade 385 180 56 18 3 1 2529 1226 372 189
Gosaldo 697 370 54 15 12 6 2466 1255 361 183
La Valle 241 112 37 20 5 4 1579 755 245 128
Livinallongo 172 75 5 3 2 1 1660 821 258 122
Rivamonte 288 129 36 16 10 5 1501 753 221 108
Rocca 294 129 21 7 3 2 2398 1180 323 169 Pietore
San Tomaso 376 200 41 16 1 1 1560 803 276 154
Selva di 61 32 6 3 1 1 658 314 78 40 Cadore
Taibon 310 137 14 6 2 2 1694 804 266 118
Vallada 201 84 14 4 2 1 884 410 137 72
Voltago 135 71 14 5 1 1 1314 632 197 107
Totale 4854 2277 474 197 87 46 27100 13172 4102 2081
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
80,34 81,22 17,91 17,28 1,75 1,50 100 100
184
Anno 1961
Comuni Forniti di titolo di studio Laurea Diploma Licenza media Licenza Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 41 31 207 130 348 203 1639 714 2235 1078
Alleghe 6 4 33 20 92 57 1210 587 1341 668 Canale 3 3 36 21 75 50 1303 607 1417 681 d’Agordo Cencenighe 5 4 28 13 55 38 1444 715 1532 770 Colle Santa - - 14 9 21 12 459 223 494 244 Lucia Falcade 10 8 44 23 90 58 2048 972 2192 1061
Gosaldo 9 6 21 12 48 35 1580 787 1658 840
La Valle 2 2 41 34 107 73 1124 520 1274 629
Livinallongo 5 5 18 12 48 28 1379 674 1450 719
Rivamonte 8 4 34 23 57 37 1055 447 1154 511 Rocca 6 6 34 23 85 51 1968 906 2093 986 Pietore San Tomaso 1 1 14 7 26 18 1073 554 1114 580 Selva di 6 6 13 6 41 18 545 256 605 286 Cadore Taibon 1 1 21 12 64 49 1030 466 1116 528
Vallada 1 1 15 5 29 16 744 333 789 355
Voltago 4 4 52 25 84 54 1021 477 1161 560
Totale 108 86 625 375 1270 797 19622 9238 21625 10496
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
0,50 0,82 2,89 3,57 5,87 7,59 90,74 88,02
185
Analfabeti Pop. Residente dai 6 anni in poi Alfabeti privi di In età di obbligo Di cui dai 6 ai Comuni titolo di studio Totale Totale scolastico 14 anni MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 925 399 42 20 5 4 3202 1497 397 203
Alleghe 358 175 14 8 2 2 1713 851 227 125 Canale 204 85 13 5 1 1 1634 771 237 110 d’Agordo Cencenighe 235 109 13 5 1 1 1780 884 241 121 Colle Santa 47 22 8 5 4 3 549 271 67 36 Lucia Falcade 384 187 15 5 2 1 2591 1253 323 155
Gosaldo 536 274 26 8 6 3 2220 1122 282 144
La Valle 222 97 26 10 2 1 1522 736 189 89
Livinallongo 246 118 5 3 5 3 1701 840 277 137
Rivamonte 185 82 32 19 3 3 1371 612 178 91 Rocca 215 111 14 8 5 4 2322 1105 308 151 Pietore San Tomaso 279 124 20 8 - - 1413 712 190 99 Selva di 75 41 8 3 - - 688 330 88 50 Cadore Taibon 540 265 7 4 1 1 1663 797 221 127
Vallada 98 50 8 4 2 2 895 409 124 63
Voltago 94 36 10 4 2 - 1265 600 150 72
Totale 4643 2175 261 119 41 29 26529 12790 3499 1773
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
81,51 82,06 17,50 17,01 0,99 0,93 100 100
186
Anno 1971
Forniti di titolo di studio Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 63 44 363 231 540 278 1361 600 2327 1153
Alleghe 13 10 72 49 203 108 1043 496 1331 663 Canale 4 3 67 44 197 91 1116 509 1384 647 d’Agordo Cencenighe 13 11 51 27 197 109 1125 525 1386 672 Colle Santa 4 4 14 8 67 39 369 174 454 225 Lucia Falcade 10 4 100 61 224 123 1555 704 1889 892
Gosaldo 6 4 51 30 177 101 1332 642 1566 777
La Valle 1 1 52 45 161 85 581 254 795 385
Livinallongo 4 4 37 23 202 104 752 391 995 522
Rivamonte 3 3 58 41 115 58 571 244 747 346 Rocca 10 7 58 41 215 130 1397 631 1680 809 Pietore San - - 25 15 100 53 681 329 806 397 Tomaso Selva di 3 3 27 12 66 37 412 197 508 249 Cadore Taibon 1 1 52 37 168 98 1077 487 1298 623
Vallada 2 2 33 20 61 25 537 240 633 287
Voltago 6 4 90 61 128 67 767 331 991 463
Totale 143 105 1150 745 2821 1506 14676 6754 18790 9110
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
0,76 1,15 6,12 8,18 15,01 16,53 78,11 74,14
187
Analfabeti privi Analfabeti Pop. Residente dai 6 anni in poi di titolo di Di cui dai 45 Di cui dai 6 ai 13 Comuni Totale Totale studio anni in poi anni MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 1048 435 11 7 7 4 3386 1595 505 272
Alleghe 226 106 5 3 2 - 1562 772 190 106 Canale 143 69 4 3 4 3 1531 719 209 117 d’Agordo Cencenighe 191 93 7 4 4 2 1584 769 175 93 Colle Santa 89 52 2 - - - 545 277 114 67 Lucia Falcade 262 134 6 4 4 3 2157 1030 313 172
Gosaldo 148 78 6 2 3 - 1720 857 185 94
La Valle 372 153 8 4 6 3 1175 542 126 68
Livinallongo 582 275 2 1 - - 1579 798 226 125
Rivamonte 219 106 9 6 2 1 975 458 93 52 Rocca 149 83 7 2 3 1 1836 894 192 101 Pietore San Tomaso 319 160 2 - 2 - 1127 557 131 57 Selva di 58 37 4 1 3 - 570 287 65 44 Cadore Taibon 297 134 4 1 2 1 1599 758 207 109
Vallada 43 23 4 1 2 1 680 311 60 33
Voltago 124 69 3 1 3 1 1118 533 126 70
Totale 4270 2007 84 40 47 20 23144 11157 2917 1580
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
81,19 81,65 18,45 17,99 0,36 0,36 100 100
188
Anno 1981
Forniti di titolo di studio Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 132 83 573 351 1106 542 1527 645 3338 1621
Alleghe 22 10 147 92 312 165 831 383 1312 650 Canale 13 7 110 70 336 163 719 315 1178 555 d’Agordo Cencenighe 8 7 94 58 317 152 713 344 1132 561 Colle Santa 8 6 29 16 148 84 304 146 489 252 Lucia Falcade 20 10 167 82 522 287 1225 533 2313 1063
Gosaldo 5 3 62 36 219 126 698 310 984 475
La Valle 4 3 99 71 258 142 591 257 952 473
Livinallongo 14 11 71 49 379 198 892 431 1356 689
Rivamonte 6 3 119 81 147 77 416 180 668 341 Rocca 14 10 130 85 342 190 1014 441 1500 726 Pietore San 1 1 50 26 180 95 494 257 725 379 Tomaso Selva di 4 3 25 10 124 87 352 158 505 258 Cadore Taibon 13 10 141 94 366 182 863 391 1383 677
Vallada 15 12 34 16 142 72 355 153 546 253
Voltago 10 6 97 58 239 127 549 229 895 420
Totale 289 185 1948 1195 5137 2689 11543 5173 18917 9242
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
1,53 2 10,3 12,93 27,16 29,10 61,02 55,97
189
Alfabeti privi di titolo Analfabeti Totale Comuni di studio Totale Di cui dai 55 anni in poi MF M MF M MF M MF M
Agordo 679 248 8 4 4 1 4025 1873
Alleghe 141 64 7 4 2 1 1460 718 Canale 210 79 2 1 2 1 1390 635 d’Agordo Cencenighe 383 153 2 1 - - 1517 615 Colle Santa 29 17 1 - - - 519 269 Lucia Falcade 325 143 8 4 3 - 2267 1059
Gosaldo 152 67 4 1 2 - 1140 543
La Valle 282 104 3 2 1 1 1175 1237
Livinallongo 112 53 3 - - - 1471 742
Rivamonte 177 66 5 3 1 1 870 410
Rocca Pietore 185 73 3 1 - - 1688 800
San Tomaso 260 93 3 1 1 - 988 473 Selva di 306 110 7 2 3 - 547 275 Cadore Taibon 297 134 4 1 2 1 1696 789
Vallada 43 23 4 1 2 1 680 311
Voltago 124 69 3 1 3 1 1118 533
Totale 3705 1496 67 27 26 8 23048 10916
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
83,63 86,05 16,08 13,70 0,29 0,25 100 100
190
Anno 1991
Forniti di titolo di studio Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 159 97 1006 567 1217 578 1287 493 3669 1735
Alleghe 21 16 231 126 401 211 618 263 1271 616 Canale 18 9 231 124 306 158 559 230 1114 521 d’Agordo Cencenighe 10 8 225 120 435 214 728 326 1398 668 Colle Santa 8 6 53 28 162 96 221 99 444 229 Lucia Falcade 8 7 295 142 652 357 1042 446 1997 952
Gosaldo 4 2 83 47 268 145 442 196 797 390
La Valle 7 6 231 153 295 131 492 212 1025 502
Livinallongo 12 9 136 73 470 251 615 277 1233 610
Rivamonte 7 5 117 64 176 93 350 146 650 308 Rocca 22 14 210 120 389 204 836 367 1457 705 Pietore San Tomaso 4 3 84 49 212 111 445 212 745 375 Selva di 4 3 64 34 171 93 263 115 502 245 Cadore Taibon 14 9 306 177 417 201 694 309 1431 696
Vallada 17 13 87 38 135 76 291 123 530 250
Voltago 14 9 176 114 260 123 432 169 882 415
Totale 329 216 3535 1976 5966 3042 9315 3983 19145 9217
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
1,72 2,34 18,46 21,44 31,16 33 48,66 43,21
191
Alfabeti privi di titolo di studio Analfabeti Di cui dai 65 Di cui dai 65 Totale Comuni Totale anni in poi Totale anni in poi MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 423 158 165 38 11 5 2 0 4103 1898
Alleghe 132 48 53 11 8 4 3 1 1411 668 Canale 89 34 42 1 4 3 2 0 1207 705 d’Agordo Cencenighe 77 10 10 0 5 0 0 0 1480 239 Colle Santa 16 65 2 16 2 5 0 0 462 1022 Lucia Falcade 153 35 54 11 12 3 0 1 2162 559
Gosaldo 187 73 116 37 4 3 0 0 988 466
La Valle 114 45 55 14 1 0 0 0 1140 547
Livinallongo 121 47 46 12 3 0 0 0 1357 657
Rivamonte 51 17 22 6 5 3 1 1 706 328 Rocca 80 47 13 2 4 1 1 0 1541 753 Pietore San Tomaso 92 38 51 11 2 0 1 0 839 413 Selva di 56 26 8 2 1 0 1 0 569 271 Cadore Taibon 177 62 80 20 5 3 1 1 1613 761
Vallada 43 15 23 5 3 0 0 0 576 265
Voltago 87 32 36 9 0 0 0 0 969 447
Totale 1898 752 165 195 70 30 12 4 21123 9999
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
90,68 92,18 8,99 7,52 0,33 0,3 100 100
192
Anno 2001
Forniti di titolo di studio Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 257 126 1311 690 1151 559 1054 388 3773 1763
Alleghe 41 21 349 179 366 187 495 188 1251 575 Canale 36 14 320 175 290 151 407 171 1053 511 d’Agordo Cencenighe 37 23 324 162 425 227 525 221 1311 633 Colle Santa 17 8 81 40 130 80 143 60 371 188 Lucia Falcade 76 36 567 280 540 289 781 307 1964 912
Gosaldo 14 4 203 109 208 116 337 133 762 362
La Valle 31 15 318 192 331 154 329 135 1009 496
Livinallongo 30 17 250 127 475 253 482 203 1237 600
Rivamonte 21 10 179 98 156 80 245 95 601 283 Rocca 36 17 273 152 452 251 578 236 1339 656 Pietore San Tomaso 11 4 152 87 227 118 336 148 726 357 Selva di 15 7 124 61 165 90 192 73 496 231 Cadore Taibon 44 22 472 259 458 231 531 215 1505 727
Vallada 25 13 138 60 107 63 221 87 491 223
Voltago 34 19 237 132 268 138 334 130 873 419
Totale 725 356 5298 2803 5749 2987 6990 2790 18762 8936
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
3,86 3,98 28,24 31,37 30,64 33,43 37,26 31,22
193
Alfabeti privi di titolo di studio Analfabeti Di cui dai 65 Di cui dai 65 Totale Comuni Totale Totale anni in poi anni in poi MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 300 130 95 25 3 1 1 0 4076 1894
Alleghe 79 34 16 1 4 3 2 2 1334 612 Canale 118 60 36 12 3 0 1 0 1174 571 d’Agordo Cencenighe 93 41 33 8 5 3 1 1 1409 677 Colle Santa 17 6 1 0 2 0 2 0 390 194 Lucia Falcade 125 55 18 3 4 2 1 0 2093 969
Gosaldo 92 38 58 20 0 0 0 0 854 400
La Valle 145 48 86 22 3 1 0 0 1157 545
Livinallongo 100 48 31 11 2 0 0 0 1339 648
Rivamonte 56 27 21 4 3 2 0 0 660 312 Rocca 61 29 11 2 2 0 2 0 1402 685 Pietore San Tomaso 53 16 23 6 1 0 0 0 780 373 Selva di 41 13 11 1 1 1 0 0 538 245 Cadore Taibon 164 64 80 21 4 3 1 0 1673 794
Vallada 35 18 14 4 2 0 1 0 528 241
Voltago 61 28 25 9 0 0 0 0 934 447
Totale 1540 655 559 149 39 16 12 3 20341 9607
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
92,24 93,02 7,57 6,82 0,19 0,16 100 100
194
Anno 2011
Forniti di titolo di studio Licenza media Licenza Comuni Laurea Diploma Totale inferiore elementare MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 379 182 1465 762 1144 551 839 307 3827 1802
Alleghe 96 37 383 191 374 184 359 144 1212 556 Canale 52 23 392 207 324 169 296 112 1064 511 d’Agordo Cencenighe 74 34 404 202 412 210 379 151 1269 597 Colle Santa 16 4 102 59 129 75 103 44 350 182 Lucia Falcade 130 52 678 343 493 255 541 224 1842 874
Gosaldo 26 14 211 115 188 103 203 84 628 316
La Valle 67 24 381 216 334 162 254 100 1036 502
Livinallongo 59 22 377 195 442 232 353 146 1231 595
Rivamonte 38 16 228 139 176 100 162 55 604 310 Rocca 74 35 360 195 398 210 375 149 1207 589 Pietore San Tomaso 20 9 181 94 197 98 235 109 633 310 Selva di 26 12 165 75 143 84 139 54 473 225 Cadore Taibon 82 35 589 321 444 213 429 178 1544 747
Vallada 33 16 154 71 113 62 155 67 455 216
Voltago 49 22 292 180 258 127 242 85 841 414
Totale 973 483 280 62 40 16 14 5 18216 8746
% Laurea % Diploma % Licenza media inferiore % Licenza elementare
MF M MF M MF M MF M
6,7 6,14 34,93 38,47 30,57 32,41 27,80 22,97
195
Alfabeti privi di titolo di studio Analfabeti Di cui dai 65 Di cui dai 65 Totale Comuni Totale Totale anni in poi anni in poi MF M MF M MF M MF M MF M
Agordo 226 107 68 16 8 2 3 1 4061 1911
Alleghe 63 30 6 1 2 2 1 1 1277 588 Canale 50 24 6 2 - - - - 1114 535 d’Agordo Cencenighe 72 28 12 2 3 1 - - 1344 626 Colle Santa 21 15 - - 3 1 2 - 374 198 Lucia Falcade 106 45 22 5 5 2 - - 1953 921
Gosaldo 67 25 41 10 2 2 - - 697 341
La Valle 65 32 22 4 1 - - - 1102 534
Livinallongo 77 34 6 2 - - - - 1308 629
Rivamonte 34 17 13 4 1 1 1 1 639 328 Rocca 55 28 6 2 3 1 2 1 1265 618 Pietore San Tomaso 28 9 8 1 1 - 1 - 662 319 Selva di 139 14 26 1 5 1 1 - 500 240 Cadore Taibon 126 51 35 7 5 3 2 1 1675 801
Vallada 26 9 4 3 1 - 1 - 482 225
Voltago 44 15 5 2 - - - - 885 429
Totale 1199 483 280 62 40 16 14 5 19455 9245
% Forniti di titolo di % Alfabeti privi di titolo di % Pop. Residente dai 6 % Analfabeti studio studio anni in poi
MF M MF M MF M MF M
93,63 94,60 6,16 5,22 0,21 0,17 100 100
196
L’aspetto che appare dai primi studi sull’istruzione degli Agordini è che nei primi decenni del XX secolo ci fosse già un altissimo livello di alfabetizzazione. Dal 1951 in poi, si possono fare delle considerazioni più approfondite giacché è specificato il titolo di studio massimo che la popolazione ha conseguito. Nel 1951 più del 90% degli Agordini aveva come titolo la licenza elementare, mentre il resto dei titoli erano stati conseguiti da pochissimi. Nel 1961 e nel 1971 si nota una diminuzione di licenze elementari a favore della licenza media e un leggero aumento nel conseguimento del diploma. Nel 1981 le licenze elementari calano al 60% circa, il diploma di scuola inferiore arriva al 27% e il diploma di scuola superiore al 10%. Nel 1991, le licenze elementari risultano diminuite al 48%, aumentano i diplomi di scuola inferiore e superiore. Nel 2001, le licenze elementari sono ulteriormente diminuite arrivando al 37%. I diplomi di scuola inferiore sono abbastanza stabili mentre i diplomi di scuola superiore sono aumentati di un 10%. E’ cresciuta leggermente anche la percentuale di chi ha conseguito la laurea. Infine, nel 2011 le licenze elementari hanno confermato il loro trend in diminuzione giungendo al 27%. I diplomi di scuola inferiore sono stabili. Sono aumentati i diplomi di scuola superiore e le lauree. Un dato che a mio parere deve far riflettere è che, anche se il conseguimento della laurea negli ultimi anni è aumentato, non sono molti gli Agordini che si iscrivono all’università. Questo è in parte dovuto al fatto che la montagna agordina sia parecchio lontana dai grandi centri universitari. I ragazzi che frequentano l’università devono affrontare lunghi spostamenti tramite bus per quanto riguarda le università trentine e tramite treno per chi è iscritto agli atenei veneti e friulani. Ma credo che questa non sia l’unica spiegazione. Se da un lato sempre più ragazzi frequentano la scuola fino al diploma, dall’altro non si iscrivono all’università. Forse è dovuto in parte all’attrattiva che una realtà come Luxottica può suscitare in loro. Senza
197 faticare ancora anni sui libri, vedono in Luxottica l’opportunità di entrare nel mondo del lavoro con una certa facilità. L’altra alternativa può essere il turismo ma per mia esperienza non mi sembra che siano poi molti i ragazzi che, finite le superiori, manifestino interesse verso questo settore.
Turismo
Prima di iniziare ad illustrare quanto da me raccolto, devo fare una precisazione. A differenza dei censimenti sulla popolazione e sull’occupazione, per quanto riguarda il turismo non sono purtroppo riuscita a trovare una continuità nei dati. Dal 1997 è la Provincia di Belluno che si occupa di raccogliere e conservare i dati su arrivi e presenze turistiche. Per quanto riguarda gli anni antecedenti al 1997, ho trovato solo alcuni dati parziali, non per tutti gli anni e nemmeno per tutti i comuni. Da quanto mi è stato detto nel corso dei decenni varie istituzioni si sono succedute l’una con l’altra nella raccolta e conservazione dei dati sul turismo. Allo stesso tempo credo valga la pena sottolineare il fatto che, avendo avuto la possibilità di sfogliare alcune Relazioni sull’andamento economico della Provincia edite negli anni ’20-30, mi sono resa conto che già allora, accanto all’agricoltura, all’allevamento e poche altre attività produttive, il turismo era già considerato importante per l’intera Provincia e il fenomeno studiato con dovuta attenzione. In quegli anni la località di cui si parlava maggiormente nelle relazioni era Cortina d’Ampezzo, mentre nessuno dei Comuni agordini era contemplato, sottolineando quindi una certa arretratezza della zona. Per dare un’idea della differenza abissale tra Agordino e altre zone si pensi che nel 1931 gli arrivi italiani in Agordino furono 4124 e nel 1932 3544 mentre nel vicino Cadore furono 32892 e 36193. Nel caso degli arrivi stranieri, in Agordino furono 654 e 441 e nel Cadore 25682 e 26482.
198
Relazione del 1932
Italiani Stranieri
Comuni 1931 1932 1931 1932
Arrivi Giornate Arrivi Giornate Arrivi Giornate Arrivi Giornate
Agordo 550 10000 500 9000 45 60 50 85
Alleghe 2096 21457 1592 20972 493 1064 241 684
Cencenighe 35 55 42 70 15 15 13 30
Colle 238 2992 209 2172 103 370 65 216
Falcade ------Forno di 50 500 45 480 5 40 4 35 Canale Gosaldo 192 nl nl 3120 nl nl nl nl
La Valle 76 nl nl 1176 nl nl 4 40
Livinallongo 1914 2373 4015 8013 2947 3353 3489 5702
Rivamonte 59 2324 nl 2100 nl nl 2 2
Rocca Pietore 527 5200 nl 3500 nl nl - -
San Tomaso 10 20 8 20 - - 114 114 Selva di ------Cadore Taibon ------
Vallada 76 1559 93 1847 6 7 6 6
Voltago 453 15100 600 16300 8 806 7 514
Purtroppo alcuni dati non erano leggibili (nl) poiché si tratta pur sempre di una stampa di più di 80 anni fa. E’ davvero interessante come la situazione rispetto ad oggi fosse totalmente diversa. Località come Falcade e Selva di Cadore, ora all’avanguardia nel turismo, non erano nemmeno contemplate in questa relazione. Si notano i buonissimi risultati di Voltago che come detto in precedenza ha vissuto anni d’oro tra le due
199 guerre. Alleghe già allora era molto sviluppato mentre stupiscono le innumerevoli presenze ad Agordo. Questa località se è sempre stata il centro maggiore dell’Agordino, è uno dei paesi che in questi ultimi decenni ha vissuto meno di turismo. Questo aspetto denota proprio uno degli effetti più diretti del “fenomeno Luxottica”, il quale ha distolto la gran parte della gente di Agordo dall’interesse verso il turismo. E questo deve far riflettere se si pensa che il turismo agordino è nato a fine ‘800 proprio in questa cittadina che fu in grado di organizzare la quarta sezione CAI in Italia in ordine temporale. Evidentemente Agordo è il comune che più ha giovato del benessere apportato dall’intuito e la bravura di Del Vecchio, ma è anche quello che più si è esposto a questa forma di modello occupazionale unico e potrebbe più risentirne di un’ipotetica crisi dell’occhialeria.
Presenze turistiche432 negli esercizi alberghieri nelle aziende autonome di soggiorno e turismo negli anni 1961, 1966 e 1971
1961 1966 1971 Aziende Numero % Numero % Numero % Alleghe 21.331 2,0 25.605 2,0 66.825 3,8 Rocca Pietore Falcade Caviola 13.111 1,3 30.927 2,3 47.519 2,7
Livinallongo 25.183 2,4 30.578 2,4 45.652 2,6
Provincia di Belluno 1.041.864 100,00 1.297.864 100,00 1.767.646 100,00
Emerge in maniera lampante come le presenze siano cresciute moltissimo, sia a livello provinciale che nelle AAST, ma anche il fatto che le località considerate abbiano un peso limitato a livello provinciale.
432 I.R.S.E.V., Situazione socio-economica e prospettive della Provincia di Belluno, Belluno, Tipografia Piave, 1997, pp. 111-116
200
Presenze turistiche negli esercizi extralberghieri nelle aziende autonome di soggiorno e turismo negli anni 1961, 1966 e 1971
1961 1966 1971 Aziende Numero % Numero % Numero % Alleghe 55.683 1,9 76.279 2,1 109.470 2,5 Rocca Pietore Falcade Caviola 98.042 3,3 235.297 6,6 345.573 7,8
Livinallongo 17.573 0,6 29.310 0,8 22.317 0,5
Provincia di Belluno 2.955.908 100,00 3.559.908 100,00 4.435.533 100,00
Anche qui c’è stato un aumento notevole, ad eccezione di Livinallongo dove c’è stata una flessione tra il 1966 e il 1971.
Relazioni anni ‘60 Si tratta di alcune relazioni433 redatte annualmente dall’E.P.T (Ente Provinciale per il Turismo) di Belluno, l’ente che in quegli anni si occupava di turismo nei suoi vari aspetti. Non sono riportati tutti e 16 i Comuni agordini ma tali relazioni aiutano a comprendere la situazione di quegli anni.
Anni 1963 e 1964
Arrivi Presenze Zona 1963 1964 Differenza 1963 1964 Differenza
Alto Ag. 11259 10392 -867 65404 62124 -3280
Basso Ag. 4870 4454 -416 58337 57261 -1076
433 Ente Provinciale per il Turismo di Belluno, Relazione sull’andamento statistico-economico del movimento turistico in Provincia di Belluno e sull’attività dell’ente, anni 1964, 1965, 1966, 1967, 1968, 1969, 1970, 1971
201
Anno 1964
Comuni Presenze
Agordo 27504
Alleghe Con Rocca 108943
Canale d’Agordo 68957
Cencenighe 7251
Colle Santa Lucia 7203
Falcade 298368
Gosaldo 42147
La Valle 5452
Livinallongo 64236
Rivamonte 1313
Rocca Pietore Con Alleghe 108943
San Tomaso 397
Selva di Cadore 71943
Taibon 11328
Vallada 5896
Voltago 58613
Anno 1965
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 10472 71 16800 161
Canale d’Agordo 2216 30 66677 34
Colle Santa Lucia 2957 1275 2901 70
Gosaldo 7517 75 34535 20
202
La Valle 645 - 4807 -
Selva di Cadore 3532 55 68191 165
Taibon 992 89 8547 -
Vallada - - - -
Voltago 9598 111 48804 -
Anno 1966 Movimento nelle località sede di Pro Loco
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 10046 261 37224 92
Canale d’Agordo 2109 11 78281 270
Colle Santa Lucia 3544 547 3096 108
Gosaldo 6565 45 17778 -
La Valle 756 1 5559 -
Selva di Cadore 3836 129 75243 160
Taibon 1187 107 9280 291
Vallada 1033 - 6882 -
Voltago 9611 146 39590 -
203
Anno 1967 Movimento raffrontato con il 1966
Totale Zone Differenze A.A.S.T. Arrivi Presenze Arrivi % Presenze % Alleghe- 5653/4551 101884/75450 -1102 -19,5 -26434 -25,9 Rocca Falcade- 8158/8603 265594/264292 +445 +5,5 -1302 -0,5 Caviola
Livinallongo 7794/7913 59888/50666 +119 +1,5 -9222 -15,4
Movimento nelle località sede di Pro Loco 1967
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 12289 472 77061 16
Canale d’Agordo 2161 16 73367 340
Colle Santa Lucia 3772 572 2856 59
Gosaldo 2717 61 10455 -
La Valle 663 39 2902 -
Selva di Cadore 4290 165 62158 -
Taibon 1406 62 6194 428
Vallada 1316 21 8401 -
Voltago 9431 88 45675 201
204
Anno 1968 Movimento raffrontato con il 1967
Totale Zone Differenze A.A.S.T. Arrivi Presenze Arrivi % Presenze %
Alleghe- 4551/10733 75450/112047 +6182 +235 -6393 -3,3 Rocca Falcade- 8603/9260 264292/295661 +657 +7,6 +31369 +11,9 Caviola
Livinallongo 7913/8638 50666/ 54879 +725 +9,2 +4213 +8,3
Movimento nelle località sede di Pro Loco 1968
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 16799 461 76103 49
Canale d’Agordo 2165 - 83485 230
Colle Santa Lucia 4483 371 5441 105
Gosaldo 4074 175 12682 -
La Valle 902 4 6402 -
Selva di Cadore 3473 304 55223 -
Taibon 1619 83 9083 607
Vallada np np 10811 -
Voltago 10640 70 36583 54
205
Anno 1969 Movimento raffrontato con il 1968
Totale Zone Differenze A.A.S.T. Arrivi Presenze Arrivi % Presenze % Alleghe- 10733/14478 112047/130647 +3745 +34,9 +18600 +16,6 Rocca Falcade- 9260/10945 295661/302938 +1685 +18,2 +7277 +2,5 Caviola
Livinallongo 8638/10285 54879/54486 +1647 +19,1 -393 -0,7
Movimento nelle località sede di Pro Loco 1969
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 12495 572 80906 67
Canale d’Agordo 1791 - 76550 163
Colle Santa Lucia 3796 503 5854 50
Gosaldo 4987 49 14591 -
La Valle Np Np 4864 -
Selva di Cadore - - - -
Taibon 2390 102 10090 542
Vallada Np np 10203 -
Voltago 9519 223 27526 131
206
Anno 1970 Movimento raffrontato con il 1969
Totale Zone A.A.S.T. Arrivi Presenze Differenze Arrivi % Presenze %
Alleghe-Rocca 14478/13743 130647/145392 -735 -5,1 +14745 +11,3 Falcade- 10945/12762 302938/344986 +1817 +16,6 +42048 +13,9 Caviola
Livinallongo 10285/9922 54486/57074 -363 -3,5 +2588 +4,7
Movimento nelle località sede di Pro Loco 1970
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 13877 444 80670 49
Canale d’Agordo 1476 21 80593 320
Colle Santa Lucia 6353 413 3948 -
Gosaldo 4280 9 8153 -
La Valle Np Np 4695 -
Selva di Cadore 4294 88 57112 6
Taibon 1271 24 11473 538
Vallada Np Np 11909 -
Voltago 12654 31 32134 279
207
Anno 1971 Movimento raffrontato con il 1970
Totale
Zone A.A.S.T. Differenze Arrivi Presenze Arrivi % Presenze %
Alleghe- 13743/16225 145392/176295 +2482 +18,1 +30903 +21,3 Rocca Falcade- 12762/12429 344986/393092 -333 -2,6 +48106 +13,9 Caviola Livinallongo 9922/11743 57074/67969 +1821 +18,4 +10895 +19,1
Movimento nelle località sede di Pro Loco 1971
Presenze es. alberghieri Presenze es. extralberghieri Comuni Italiane Straniere Italiane Straniere
Agordo 14539 340 90863 158
Canale d’Agordo 2078 - 95732 240
Colle Santa Lucia 7641 566 4403 175
Gosaldo 6353 34 8523 -
La Valle np np 5708 16
Rivamonte np np 4144 423
Selva di Cadore 6158 141 56808 223
Taibon 1863 13 14215 461
Vallada Np Np 12876 281
Voltago 14378 120 41584 152
208
Per gli anni ’80 non sono riuscita a recuperare dati comunali ma solo aggregati per Provincia di Belluno434:
Esercizi alberghieri Esercizi extralberghieri
Anni Arrivi Presenze Arrivi Presenze Di cui Di cui Di cui Di cui Totale Totale Totale Totale stranieri straniere stranieri straniere 1980 350873 75898 1818048 316050 293648 35437 5278472 178995
1981 334237 58030 1712037 201648 284382 28405 5328936 132089
1982 361771 62140 1833366 213884 307063 33455 5474631 144547
1983 341011 53884 1753560 174363 305080 31539 5366507 123817
1987 392834 95216 tot 1896091 333498 tot 298122 / 4634464 /
Ricettività dei comuni agordini nel 1989
Esercizi alberghieri Esercizi extralberghieri Comuni Numero Letti Numero Letti
Agordo 7 156 141 568
Alleghe 22 814 216 1080
Canale d’Agordo 4 80 312 1836
Cencenighe 2 46 97 437
Colle Santa Lucia 4 122 47 279
Falcade 27 1175 889 4602
Gosaldo 3 108 54 391
La Valle 1 22 21 80
Livinallongo 32 1030 55 635
434 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Belluno, Rassegna economica, Gennaio Aprile 1984, Belluno, Tipografia Silvio Benetta, 1984
209
Rivamonte 1 16 23 98
Rocca Pietore 24 972 204 2341
San Tomaso - - 7 78
Selva di Cadore 11 551 112 1204
Taibon 4 34 88 419
Vallada 1 22 106 564
Voltago 8 184 154 888
Totale C.M.A. 151 5332 2530 15500
Fonte: M. Chenet, Piano territoriale di coordinamento per la località di Malga Ciapela in comune di Rocca Pietore. Prospettive di inserimento della località nel comprensorio sciabile di Passo San Pellegrino, p. 47
La tabella sulla ricettività a fine anni ’80 permette di cogliere come alcuni paesi vivano sempre più di turismo e siano quindi maggiormente attrezzati dal punto di vista dell’offerta ricettiva. Per quanto riguarda i comuni del basso agordino, l’unico che presenta ancora una certa ricettività è Voltago Agordino, in particolare con la località Frassené. Il basso agordino, sia per la conformazione del terreno che rende difficoltosa la costruzione di impianti di risalita sia per la vicinanza a Luxottica, ha pochissimi alberghi. La situazione in Alto Agordino è ben diversa, con la maggior parte dei comuni dotati di parecchi hotel. In Valle del Biois, a tenere le redini del turismo è indubbiamente Falcade, mentre Vallada con un albergo e Canale con quattro sono meno sviluppati. In Val Cordevole, i comuni con un numero notevole di hotel sono Alleghe, Livinallongo, Rocca Pietore e Selva di Cadore.
210
Presenze turistiche nei comuni della C.M.A. 1989
Comuni Estive Invernali Totali Estive su Invernali
Agordo 35325 8988 44313 3.93
Alleghe 111021 68158 179179 1.63
Canale d’Agordo 99703 24587 124294 4.06
Cencenighe 16870 4208 21078 4.01
Colle Santa Lucia 18719 7604 26323 2.46
Falcade 262560 140898 403458 1.86
Gosaldo 27944 978 28922 28.57
La Valle 7909 270 8179 29.23
Livinallongo 83658 70613 154271 1.18
Rivamonte 4296 1590 5886 2.70
Rocca Pietore 165390 106782 272172 1.55
San Tomaso 1365 81 1446 16.85
Selva di Cadore 111744 60574 172318 1.84
Taibon 13608 219 13827 62.14
Vallada 26353 3477 29830 7.58
Voltago 40184 4170 44354 9.64
Totale C.M.A. 1026653 503174 1529850 2.04
Fonte: M. Chenet, Piano territoriale di coordinamento per la località di Malga Ciapela in comune di Rocca Pietore. Prospettive di inserimento della località nel comprensorio sciabile di Passo San Pellegrino, p. 48
211
Impianti di risalita nei caroselli della C.M.A.
Funivia Seggiovie Skilift Totale Comuni n. p/h n. p/h n. p/h n. p/h
Livinallongo 1 650 8 9324 11 9171 20 19145
Rocca Pietore 3 1500 2 1748 6 4718 11 7966
Falcade - - 2 2400 12 8139 14 10539
Alleghe - - 3 5828 5 4320 8 10148
Selva di Cadore - - 1 500 5 3589 6 4089
Colle Santa Lucia - - 1 700 4 2511 5 3211
Gosaldo - - - - 2 1130 2 1130
Voltago - - 1 950 1 720 2 1670
Totale C.M.A. 4 2150 18 21450 46 34298 68 57898
Fonte: M. Chenet, Piano territoriale di coordinamento per la località di Malga Ciapela in comune di Rocca Pietore. Prospettive di inserimento della località nel comprensorio sciabile di Passo San Pellegrino, p. 49
212
Arrivi e presenze dal 1997 al 2013 Per gli ultimi anni sono riuscita a recuperare i dati completi, per ciascun Comune, di arrivi e presenze divisi tra turisti italiani e stranieri. Le tabelle che seguono offrono una panoramica degli ultimi 16 anni.
1997 1998 1999 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri Comuni Presenz Presenz Presenz Presenz Arrivi Arrivi Arrivi Presenze Arrivi Arrivi Presenze Arrivi e e e e
Agordo 4.790 28.633 1.542 2.718 4.968 27.515 1.605 3.052 5.517 21.416 1.876 3.320
Alleghe 27.167 174.236 4.173 20.301 27.318 167.557 4.293 21.053 26.052 146.134 4.811 22.960
Canale 10.494 89.162 907 5.549 10.099 82.066 308 1.960 8.652 75.296 550 3.204 d’Agordo
Cencenighe 1.451 12.875 80 272 1.261 11.271 56 208 1.035 10.601 60 190
Colle Santa 1.550 11.828 369 1.909 2.286 14.191 437 2.186 1.908 10.058 566 2.183 Lucia
Falcade 42.022 459.636 6.722 43.747 39.855 433.963 6.946 43.034 36.012 377.369 7.426 44.489
Gosaldo 1.484 14.374 37 44 1.251 11.407 28 134 1.132 13.248 60 209
La Valle 480 4.668 108 935 551 4.784 121 706 484 4.898 248 1.841
Livinallongo 23.757 125.161 22.403 122.580 25.141 134.579 21.341 115.484 23.693 129.519 23.423 120.177
Rivamonte 390 3.303 106 590 428 3.726 96 589 242 2.330 78 359
Rocca 32.869 216.389 7.698 45.645 33.107 221.397 6.760 34.873 30.844 208.821 6.887 32.870 Pietore
San Tomaso 267 4.231 13 118 280 2.453 10 234 284 1.593 49 328
Selva di 15.322 110.240 2.558 15.969 14.614 101.226 2.941 17.930 13.571 96.644 3.075 17.382 Cadore
Taibon 1.156 5.558 904 1.178 1.799 5.152 451 505 1.029 5.028 733 924
Vallada 1.674 18.645 49 391 1.643 17.606 46 432 1.619 16.868 49 235
Voltago 1.708 19.766 167 379 1.682 21.240 146 282 1.548 18.387 201 359
1.298.7 Totale 166.581 47.836 262.325 166.283 1.260.133 45.585 242.662 153.622 1.138.210 50.092 251.030 05
Variazioni % - - - - -0,18 -2,97 -4,71 -7,50 -7,78 -12,36 4,72 -4,31
213
2000 2001 2002 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri Comuni Presenz Presenz Presenz Presenz Arrivi Arrivi Arrivi Presenze Arrivi Arrivi Presenze Arrivi e e e e
Agordo 5.367 18.935 1.741 3.122 4.839 20.761 1.714 2.954 4.587 18.540 1.699 2.938
Alleghe 26.791 151.048 5.782 26.393 28.868 149.488 5.754 26.684 24.678 129.988 5.256 24.669
Canale 8.790 81.050 346 2.340 7.020 94.119 470 2.901 8.206 72.057 529 3.133 d’Agordo
Cencenighe 1.092 9.732 91 398 1.036 9.526 61 323 1.086 10.517 48 227
Colle Santa 1.721 9.018 613 2.322 1.589 9.061 636 2.785 1.305 7.642 492 1.882 Lucia
Falcade 33.896 338.377 7.225 39.573 33.176 291.650 7.572 43.773 36.477 349.039 7.635 43.484
Gosaldo 1.022 10.484 30 46 963 8.907 45 211 855 9.875 3 13
La Valle 729 8.472 118 483 851 8.920 171 590 727 5.370 160 430
Livinallongo 26.033 139.201 24.593 118.450 26.899 154.109 30.005 164.936 25.215 150.885 30.643 183.585
Rivamonte 270 2.568 62 365 392 2.602 241 550 615 2.759 241 600
Rocca 31.590 197.409 9.348 50.057 30.305 205.136 9.859 59.903 27.363 177.779 10.695 57.973 Pietore
San Tomaso 995 5.467 78 221 869 8.679 196 1.025 810 5.575 58 251
Selva di 14.420 95.843 3.865 22.230 13.490 126.453 3.761 22.363 14.435 94.395 3.779 21.115 Cadore
Taibon 961 6.711 647 1.456 1.291 10.810 275 1.703 776 5.613 409 534
Vallada 1.378 16.178 66 315 1.258 13.600 95 352 1.066 16.840 47 199
Voltago 1.489 15.651 195 339 1.587 18.907 192 598 1.656 21.860 256 499
1.106.1 Totale 156.544 44 54.800 268.110 154.433 1.132.728 61.047 331.651 149.857 1.078.734 61.950 341.532
Variazioni % -6,03 -14,83 14,56 2,21 -7,29 -12,78 27,62 26,43 -10,04 -16,94 29,50 30,19
214
2003 2004 2005 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri Comuni Arrivi Presenz Arrivi Presenz Arrivi Presenze Arrivi Presenz Arrivi Presenze Arrivi Presenz e e e e
Agordo 4.732 17.050 1.660 2.884 4.296 18.300 1.324 2.193 5.380 18.877 1.179 2.510
Alleghe 28.750 149.550 5.955 24.950 28.465 142.889 5.512 25.536 27.150 139.710 7.228 30.165
Canale 9.716 80.843 962 6.311 8.263 68.918 1.048 7.317 8.703 63.414 976 7.122 d’Agordo
Cencenighe 870 8.061 67 158 816 6.360 101 386 793 6.591 80 337
Colle Santa 1.922 13.111 530 1.681 1.255 9.765 424 1.349 1.550 11.399 784 3.361 Lucia
Falcade 41.075 381.688 8.383 50.108 42.333 347.034 8.091 44.231 41.938 323.079 8.687 47.978
Gosaldo 753 10.023 0 0 1.354 14.537 2 2 1.149 8.622 37 100
La Valle 652 5.515 179 747 708 6.262 149 655 333 876 149 195
Livinallongo 30.908 148.703 33.602 171.112 29.641 161.884 37.766 196.198 30.266 154.308 40.712 209.433
Rivamonte 614 2.972 325 815 624 3.060 358 888 737 3.137 335 840
Rocca 30.164 190.897 11.634 60.652 28.467 180.065 10.832 56.102 29.165 168.937 13.033 64.515 Pietore
San Tomaso 1.006 5.381 80 488 1.094 5.309 75 398 827 4.037 191 739
Selva di 16.191 103.042 5.044 29.868 15.396 94.164 4.538 24.442 16.970 96.116 4.822 25.269 Cadore
Taibon 986 7.000 385 1.163 1.043 6.512 698 930 1.092 6.114 836 1.662
Vallada 1.300 16.417 46 111 1.081 13.092 32 111 908 14.109 32 115
Voltago 1.641 23.181 310 765 1.808 17.316 161 610 1.612 14.114 219 456
1.163.4 Totale 171.280 69.162 351.813 166.644 1.095.467 71.111 361.348 168.573 1.033.440 79.300 394.797 34
Variazioni % 2,82 -10,42 44,58 34,11 0,04 -15,65 48,66 37,75 1,20 -20,43 65,77 50,50
215
2006 2007 2008 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri Comuni Arriv Presen Arriv Pres Arriv Presen Pres Presen Arriv Pres Arrivi Arrivi i ze i enze i ze enze ze i enze 4.68 1.19 2.39 5.44 3.04 1.37 2.33 Agordo 16.147 16.820 1.440 4.981 13.781 8 7 1 3 9 0 2 25.8 132.88 7.18 30.5 25.2 123.97 30.3 125.14 8.08 34.5 Alleghe 7.268 26.269 90 6 1 47 18 2 64 9 1 93 Canale 9.16 1.08 6.14 8.95 7.66 4.42 62.377 65.366 1.612 8.240 55.703 903 d’Agordo 0 5 3 8 3 0
Cencenighe 773 4.378 133 412 716 4.282 99 458 838 3.783 82 239
Colle Santa 1.32 1.15 1.28 1.93 2.57 10.417 384 6.460 721 1.480 6.431 697 Lucia 6 0 2 0 1 42.5 314.62 6.75 45.4 39.8 302.92 42.6 286.00 9.63 52.2 Falcade 7.963 39.826 78 1 5 57 54 3 90 0 6 99
Gosaldo 877 7.389 9 61 919 7.218 23 211 806 7.941 13 39
1.47 1.69 1.11 La Valle 366 1.862 275 122 819 316 178 1.050 215 6 4 9 30.9 146.88 39.6 197. 30.9 146.18 224. 145.91 45.2 231. Livinallongo 44.822 31.330 24 4 81 337 07 5 354 1 37 489
Rivamonte 615 2.580 252 533 609 2.334 290 681 443 1.754 218 705
Rocca 29.6 168.35 13.3 68.1 28.5 165.21 73.6 151.32 15.4 79.3 14.387 28.202 Pietore 20 2 52 07 26 7 84 1 25 93 San 1.01 1.27 925 4.296 151 784 586 2.695 236 688 2.210 283 Tomaso 6 6 Selva di 15.7 5.09 27.3 17.5 27.1 5.87 30.1 89.478 88.985 5.070 17.637 90.982 Cadore 84 7 64 18 33 1 91 1.38 1.87 1.80 1.83 1.09 1.23 Taibon 5.968 931 7.566 1.097 1.945 8.003 4 1 5 6 9 9
Vallada 733 10.385 29 122 617 8.123 21 61 694 8.474 13 14
1.29 1.33 Voltago 10.827 137 407 10.134 188 450 1.895 10.261 210 638 9 3 166. 988.84 76.6 384. 164. 959.09 417. 165.45 918.75 89.3 442. Totale 85.553 942 7 49 162 413 9 274 2 4 53 557 Variazioni 60,2 46,4 59,0 86,7 68,7 0,22 -23,86 -1,30 -26,15 78,85 -0,68 -29,26 % 3 5 7 9 1
216
2009 2010 2011 Italiani Stranieri Italiani Stranieri Italiani Stranieri Comuni Arriv Pres Arrivi Pres Arriv Presen Arrivi Pres Arrivi Presen Arriv Pres i enze enze i ze enze ze i enze 4.48 12.0 2.02 4.94 2.94 1.73 3.06 Agordo 1.155 13.375 1.544 5.339 13.718 3 14 3 6 9 0 2 24.6 113. 39.8 22.7 109.08 34.0 110.86 9.30 38.7 Alleghe 9.159 8.756 23.169 17 465 48 09 2 25 7 1 45 Canale 8.32 61.5 4.44 7.31 3.53 3.80 779 50.772 642 7.641 48.756 781 d’Agordo 7 48 5 5 5 7 4.54 Cencenighe 868 79 200 879 4.597 129 274 685 4.849 146 599 2 Colle Santa 1.43 6.03 2.03 1.27 1.65 1.09 2.39 696 5.027 572 2.245 6.580 Lucia 8 1 0 9 1 0 9 39.1 293. 46.7 38.3 290.30 53.2 286.85 10.8 59.9 Falcade 8.420 9.529 35.787 93 367 48 90 4 99 3 01 77 6.28 Gosaldo 897 23 111 591 4.850 7 77 848 6.342 21 110 6
La Valle 128 457 66 95 155 909 96 151 102 471 99 124
33.5 148. 224. 31.9 142.40 226. 128.83 42.1 206. Livinallongo 45.225 45.395 29.488 35 251 374 93 5 858 2 95 213 2.09 Rivamonte 582 242 463 762 2.859 122 201 667 2.150 85 141 6 Rocca 26.2 145. 77.2 27.0 143.54 79.1 130.71 16.2 74.1 15.265 16.886 26.248 Pietore 61 266 50 93 8 29 2 93 49 San 2.16 569 118 640 260 1.500 43 247 187 918 50 470 Tomaso 6 Selva di 17.7 94.7 29.5 17.2 25.6 6.32 32.1 5.263 91.735 5.261 17.237 88.702 Cadore 32 95 19 10 30 6 58 1.92 5.94 1.43 2.10 1.29 1.01 Taibon 835 6.950 822 2.363 8.050 472 1 1 8 9 9 3 6.39 Vallada 557 0 0 431 5.249 0 0 613 9.178 2 60 1 1.98 12.6 1.80 Voltago 221 691 10.131 183 494 2.130 10.348 241 560 6 00 3 163. 915. 87.54 429. 157. 883.2 89.98 429. 154.7 857.3 89.6 423. Totale 094 216 6 875 925 93 7 819 49 26 33 587 - Variazioni 63,8 63,8 87,3 61,4 -2,09 29,5 83,01 -5,20 -31,99 88,12 -7,10 -33,99 % 7 5 8 7 3
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2012 2013 Comuni Italiani Stranieri Italiani Stranieri Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze
Agordo 4.694 12.142 2.047 3.381 4.722 11.726 1.633 3.253
Alleghe 22.749 102.839 9.875 39.334 21.068 95.309 11.122 43.861
Canale d’Agordo 7.880 48.377 796 3.264 7.373 45.899 966 5.271
Cencenighe 738 3.445 138 323 725 3.145 85 383
Colle Santa Lucia 2.550 6.585 1.524 2.992 2.259 5.481 1.760 3.242
Falcade 35.902 270.193 11.472 61.887 32.462 247.285 10.992 57.041
Gosaldo 435 6.240 14 180 391 3.036 19 99
La Valle 161 908 28 56 31 31 83 93
Livinallongo 27.890 121.920 43.932 217.275 26.951 118.261 44.729 223.685
Rivamonte 518 1.855 242 596 15 241 2 110
Rocca Pietore 25.082 115.539 19.138 86.122 27.335 119.585 19.258 80.695
San Tomaso 212 667 45 134 131 401 19 55
Selva di Cadore 17.401 89.814 6.525 32.928 16.269 77.414 5.352 25.251
Taibon 2.247 7.163 827 1.811 2.102 4.146 766 1.348
Vallada 561 6.966 6 126 463 4.769 0 0
Voltago 1.327 7.885 142 275 1.267 8.148 160 296
Totale 150.347 802.538 96.751 450.684 143.564 744.877 96.946 444.683
Variazioni % -9,75 -38,20 102,26 71,80 -13,82 -42,64 102,66 69,52
218
Il primo aspetto che emerge è l’aumento di arrivi e presenze di turisti stranieri dal 2000 in poi, con un incremento tra il 1997 e il 2013 del 102,66% di arrivi e del 69,52% di presenze. Ma ancora più interessante è quanto risulta dai dati sugli italiani: il trend è negativo ma soprattutto per quanto riguarda le presenze. Questo significa che se gli italiani che vengono in Agordino sono diminuiti rispetto al 1997, chi frequenta la zona ha diminuito le giornate di permanenza (le presenze sono diminuite del 42,64%). Confermo anch’io questo trend. Lavoro in un noleggio sci a Falcade da dieci anni e la tendenza per quanto riguarda gli italiani è nettamente cambiata. Se fino a qualche anno fa, la durata media della settimana bianca era di 5/6 giorni, in questi ultimi tre inverni la permanenza è sull’ordine di 2/3 giorni. Tutto questo riflette gli effetti della crisi economica sulle abitudini di vita degli italiani.
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Capitolo 6
Conclusioni
Gli anni 2000 e il futuro
In uno studio pubblicato all’interno del libro “Montagna & Montagne” del 2002 è stata elaborata una classificazione435 dei comuni bellunesi e quindi anche agordini: la montagna abbandonata, di cui fa parte Gosaldo e si tratta di un comune dove c’è una grave crisi demografica, con pochissimi nati e indici di vecchiaia alti; la montagna in forte declino demografico, nel caso di Canale d’Agordo, Rivamonte, San Tomaso Agordino, Vallada Agordina e Voltago; la montagna del turismo in declino demografico (con caratteristiche simili al precedente raggruppamento ma con una marcata tradizione turistica), quali Alleghe, Falcade e Rocca Pietore; la montagna dell’eccellenza turistica, dove moltissimi lavorano nel commercio e nei servizi e le presenze annue dei turisti sono di rilievo, nel caso dell’Agordino solo Livinallongo del Col di Lana e Selva di Cadore; la montagna rurale del turismo minore, dove ci sono meno persone impiegate nel terziario ma la presenza turistica è discreta e ne fa parte solo Colle Santa Lucia; la montagna giovane delle piccole realtà agricole e industriali e la montagna agricola demograficamente equilibrata, le quali non interessano nessun comune agordino; la montagna dei comuni medi del terziario; la montagna dei centri industriali bellunesi in declino demografico come Agordo, Cencenighe e La Valle Agordina;
435 M. Busatta (a cura di), Montagna & Montagne, Belluno, Tipografia Piave, 2002, pp. 23-29
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la montagna mediamente sana sia a livello economico che demografico, come Taibon Agordino. A livello locale oltre agli IAT sono presenti dei Consorzi turistici. Nel 2001 è stato fondato il Consorzio Dolomiti Stars436, il quale è nato per riuscire ad essere concorrenziali rispetto ad altre realtà vicine ed ingloba 4 comprensori sciistici: Arabba-Marmolada, Ski Civetta, Falcade. Una delle manifestazioni maggiormente d’atmosfera è sicuramente i “Suoni delle Dolomiti”437, la quale dal 1995 porta la musica nelle Dolomiti, con una serie di date durante l’estate. Famosi e eccezionali artisti si esprimono nei momenti più magici della giornata, ossia all’alba o al tramonto. Anche se l’organizzazione è trentina, dal 2010 una data interessa gli impianti del Comprensorio Falcade – Passo San Pellegrino, per la precisione al Col Margherita. E’ un modo per far avvicinare Figura 42 Le prime luci dell'alba dal Col Margherita due mondi apparentemente lontani come le cime dolomitiche e la musica, il teatro e l’arte in generale e richiama ogni anno migliaia di turisti. Dal 2009 le Dolomiti sono patrimonio mondiale dell’Umanità. Questo traguardo non pone dei vincoli ma per l’Unesco438 sono fondamentali due aspetti: la popolazione deve partecipare attivamente e la cultura deve essere valorizzata; i patrimoni culturali devono essere identificati, protetti, tutelati e trasmessi alle future generazioni.
436 AA. VV., Come contrastare lo spopolamento delle zone montane, p. 57 437 S. Zardini Lacedelli, Incantare Dolomiti, Belluno, Tipografia Piave, 2012, p. 51 438 Ivi, p. 12
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Nel 2011 è stata fondata la Fondazione Dolomiti Unesco, composta dagli Assessori delle cinque province, la Segreteria generale, il Comitato scientifico e un Collegio di sostenitori, ossia soggetti coinvolti direttamente come comuni, comunità montane, musei, enti di ricerca, università, associazioni e operatori nel turismo. E’ fondamentale fare comprendere alla popolazione quanto sia importante tutelare le Dolomiti, conoscendo intimamente il loro valore, valorizzandolo e coinvolgendo quanti verranno negli anni a venire a visitare le Dolomiti e su questo punto sono d’accordo anch’io ed è lo stesso motivo per cui mi sono cimentata in questo elaborato: conoscere a fondo la realtà agordina. Il turismo è occasione di scambio439, di confronto e di miglioramento. Chi viene da fuori riesce a volte ad apprezzare il ricco patrimonio della montagna più dei residenti e questo feedback può essere un incentivo a sfruttare meglio le risorse da offrire. In realtà indagare il turismo come fenomeno440 non è semplice in quanto non include la sola componente economica, attorno a cui ho elaborato la mia tesi ma comprende anche altri aspetti: la vacanza è una prerogativa di chi ha il denaro e il tempo per allontanarsi per un periodo più o meno lungo da casa. Notevole importanza ha l’aspetto psicologico: andare in vacanza per qualcuno significa evadere dalla quotidianità cercando nuovi stimoli e per altri è la ricerca del meritato riposo. Il turismo è sempre più globale: in poche ore con un aereo si possono raggiungere località lontane, di altri continenti. Proprio perché l’offerta è ricchissima diviene fondamentale sapersi differenziare dagli altri e offrire qualcosa di nuovo e unico, cercando di andare incontro ai vari segmenti di mercato. Se in Agordino siamo fortunati grazie alla presenza delle maestose Dolomiti, una delle catene montuose al mondo più celebrate, non possiamo permetterci di sederci sugli allori ma dobbiamo giocare le carte che abbiamo. A nostro svantaggio c’è sicuramente il fatto di confinare con le due Province Autonome del Trentino e dell’Alto Adige. Grazie a una diversa gestione delle risorse queste due
439 M. Zucca, Le Alpi. La gente, Trento, Centro di Ecologia Alpina, 2006, p. 94 440 A. Tibolla, Aspetti qualitativi del turismo invernale nell’Alta Provincia di Belluno, Cortina, Tipografia Ghedina, 1996, p. 9
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Province rendono possibile un’offerta a livello turistico incomparabile rispetto a quella bellunese. Ma le montagne sono le medesime. Dal punto di vista economico partiamo svantaggiati ma è importante per il futuro riuscire a far risaltare i nostri punti di forza. Questa tesi è la seconda nella mia carriera di studentessa universitaria che tratta dei luoghi in cui vivo e grazie a quanto appreso sono fermamente convinta che solo il fatto di permettere anche ai turisti che soggiornano in queste zone di conoscere il passato e le attività economiche che hanno caratterizzato il XX secolo è un valore aggiunto. Musei ce ne sono parecchi, io stessa ne conoscevo forse la metà e con una maggiore e più incisiva campagna pubblicitaria davvero si offrirebbero saperi con cui al giorno d’oggi raramente si entra in contatto. Appena possibile, frequento ben volentieri le mie montagne e mi rendo conto che i sentieri non sempre sono curati e buona parte dei cartelli andrebbero sostituiti. Io lavoro nel turismo da quando ho 16 anni e conosco bene la realtà della Valle del Biois, in particolar modo di Falcade. Ritengo che sia auspicabile cercare di evitare il declino che ad esempio è avvenuto a Frassené Agordino. Con la chiusura dell’obsoleta seggiovia Frassené-Malga Lósch, negli anni ’80 gli abitanti si rimboccarono le mani e, investendo direttamente del denaro ma anche grazie a dei contributi regionali, riuscirono a costruirne una nuova. Complici però alcune stagioni non propizie dal punto di vista meteorologico e una sempre maggiore concorrenza di altri comprensori ben più attrezzati, il paese finì in un vicolo cieco. Senza un’accorta gestione e un profondo impegno da parte di tutta la comunità c’è il rischio concreto che altre aree possano andare verso lo stesso destino di Frassené. Con l’abbandono delle attività del settore primario (allevamento ed agricoltura) anche il territorio ne ha risentito in maniera negativa: ormai pochissimi prati vengono sfalciati e così il bosco441 è avanzato in maniera esponenziale negli ultimi 20 anni. Purtroppo si soffre la crisi che ha interessato in generale l’Italia. Ho letto un’interessante ricerca realizzata da Francesco Mantino442 per conto del CNEL in
441 Busatta (a cura di), La montagna oltre il Duemila, p. 139
223 occasione del convegno intitolato “La crisi nascosta: quali strategie e fabbisogni di politiche nelle montagne italiane”, organizzato a Roma l’8 luglio del 2010. L’indagine di Mantino aveva tre scopi: valutare quali effetti ha determinato la crisi in alcune aree di montagna; analizzare se sono state intraprese delle azioni per contenere la crisi; individuare alcuni meccanismi di sostegno per le zone montane colpite dalla crisi. Una delle tre aree analizzate è stato l’Alto Bellunese, non l’Agordino ma alcune zone vicine che presentano situazioni molto simili (Cortina, Cadore e Comelico). Anche se non è stato considerato direttamente l’Agordino è possibili trarre alcune conclusioni a riguardo. Nella zona del Cadore, dove Mantino sottolinea che si è puntato all’industria dell’occhialeria, il turismo443 è stato accantonato in gran parte ma questa scelta col tempo si è rivelata errata. Il boom nell’occhialeria degli anni ’70 e ’80 ha attratto molte persone che si sono improvvisate imprenditori, in un mercato che in quegli anni era florido. Le tante piccole industrie del settore dell’occhialeria non sono riuscite a rinnovarsi, mutando sistemi di produzione e strategie di marketing. La loro crisi è stata quindi precedente a quella avvenuta a livello globale nel 2008. Mantino analizza poi il calo avvenuto non solo nel settore secondario ma anche nel terziario, in particolare nel turismo. Concludo il mio lavoro auspicando che in futuro la popolazione agordina esprima un maggiore interesse verso il turismo e sia più consapevole del patrimonio inestimabile presente, il quale deve essere rispettato e valorizzato il più possibile, non solo per motivi economici ma anche per non dimenticare i sacrifici delle precedenti generazioni.
442 F. Mantino (a cura di), Innovazione nella crisi economica: strategie e fabbisogni di politiche nelle aree montane italiane (Rapporto di ricerca), Roma, CNEL, 2010 443 Ivi, p. 28
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Ringraziamenti
Questo percorso di studi non è stato semplice non avendo mai frequentato le lezioni per motivi di lavoro ma ho avuto la fortuna di avere accanto una famiglia e degli amici meravigliosi che hanno sempre creduto in me: grazie di cuore. Mi sembra doveroso ringraziare tutti coloro i quali hanno reso possibile il mio elaborato. Innanzitutto, vorrei ringraziare dipendenti e volontari delle Biblioteche di Agordo, Alleghe, Belluno (Biblioteca Civica e Fondazione Angelini), Canale d’Agordo, Cencenighe Agordino e Falcade: senza il loro supporto non avrei trovato così tanti testi. Ringrazio alcuni amici che mi hanno prestato ulteriori volumi: Daniela Mezzacasa, Giuseppe Della Zassa, Luigi De Toffol, Mario Lino Valt e Sveva Murer. Inoltre, sono grata alla guardia comunale di Canale d’Agordo, nonché amico, John Francis Della Pietra per aver condiviso con me alcune informazioni davvero interessanti e che fanno parte di quei saperi che non devono andare perduti. Un grazie speciale va a Monica Sandi dell’Ufficio Statistica della Camera di Commercio di Belluno e a Giovanni Larese della Biblioteca della Camera di Commercio di Belluno per la loro grande disponibilità nel cercare materiale negli archivi e per avermi concesso la possibilità di sfogliarlo per ore. Ringrazio anche gli operatori del Centro di Informazione Statistica di Mestre, per avermi fornito i censimenti non disponibili sul sito web dell’Istat. Un ringraziamento va anche al Professore Francesco Spagna che mi ha inviato via mail la sua ricerca sul tema del modello di produzione unica. Infine, ma non ultimo, ringrazio per la disponibilità e la professionalità il mio relatore, il Professore Giovanni Favero.
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Abstract
Nome: Anna Maria
Cognome: Valt
Matricola: 808724
Titolo della tesi: L’Agordino dal 1900 ai giorni nostri: un’economia in evoluzione
Abstract della tesi: L’elaborato tratta dell’Agordino, un territorio in Provincia di Belluno che comprende 16 comuni. Questi comuni vengono studiati brevemente nel primo capitolo. Nel secondo capitolo, partendo dal 1900, si parla di come l’economia si sia evoluta e delle attività tradizionali. Nel terzo capitolo si illustra l’evoluzione del turismo agordino. Nel quarto capitolo si parla dell’impresa Luxottica e di come nel bene e nel male abbia influenzato la realtà agordina. Nel quinto sono stati riportati i censimenti sulla popolazione, sull’occupazione e sulla cultura e gli unici dati disponibili trovati sul turismo. Infine, nel sesto capitolo si traggono alcune conclusioni.
Lingua della tesi: italiano
Parole chiave: Agordino, Turismo, Luxottica, Sviluppo economico
Modalità di consultazione della tesi: openaccess
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