Badia Polesine 1855. Storia Di Una Calunnia Del Sangue Nell'italia Dell
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA: CULTURA E STRUTTURE DELLE AREE DI FRONTIERA CICLO XXVIII TESI DI DOTTORATO DI RICERCA Badia Polesine 1855. Storia di una calunnia del sangue nell’Italia dell’Ottocento DOTTORANDO Dott. Emanuele D’Antonio RELATORE Ch.ma Prof.ssa Maddalena Del Bianco Cotrozzi ANNO ACCADEMICO 2015/2016 1 2 Indice Indice delle abbreviazioni p. 5 Introduzione p. 6 Capitolo primo. La costruzione del caso di Badia. Comunità, istituzioni e omicidio rituale in una cittadina polesana a metà Ottocento p. 17 1. Introduzione p. 17 2. Caliman Ravenna, Giuditta Castilliero e la società badiese p. 20 3. Il sangue di Giuditta. L’accusa del sangue nella comunità cittadina p. 29 4. La calunnia del sangue alla conquista della cittadina. Comunità, istituzioni e antisemitismo p. 43 5. L’arresto dell’ebreo assassino p. 58 Capitolo secondo. Il crollo della calunnia del sangue. Aspetti istituzionali, politici e sociali p. 73 1. Introduzione p. 73 2. La caccia agli ebrei assassini. Omicidio rituale, potere giudiziario e polizia fra il Polesine e le Province venete p. 76 3. L’omicidio rituale diventa un affare di Stato. Potere politico, istituzioni amministrative e Comunità ebraiche nel Veneto della terza dominazione austriaca p. 83 4. La normalizzazione del caso. Politica, istituzioni, società p. 99 3 Capitolo terzo. La calunnia del sangue e l’opinione pubblica. Fra politica e cultura p. 120 1. Introduzione p. 120 2. La sfida della propaganda. L’Annotatore friulano e il caso di Badia p. 125 3. La legittimazione del mito dell’omicidio rituale. Cultura ‘alta’, storiografia e il caso di Damasco p. 137 4. Le confutazioni. Comunità ebraiche, poteri politici e giornalismo nel Lombardo-Veneto di metà Ottocento p. 151 Capitolo quarto. Il processo Castilliero. Dall’evento giudiziario all’apologetica ebraica p. 177 1. Introduzione p. 177 2. Una straordinaria opportunità apologetica. Le Comunità ebraiche verso il processo Castilliero p. 179 3. L’evento giudiziario p. 199 4. L’edizione degli atti del Processo Castilliero: dal documento giudiziario all’apologetica p. 212 Conclusioni p. 226 Fonti d’archivio p. 233 Fonti giornalistiche p. 237 Fonti a stampa p. 238 Bibliografia p. 243 4 Indice delle abbreviazioni ACBP: Archivio Comunale di Badia Polesine ACEM: Archivio della Comunità Ebraica di Mantova ACEP: Archivio della Comunità Ebraica di Padova ACEV: Archivio della Comunità Ebraica di Venezia ACFP: Archivio Comunale di Fratta Polesine ACVAR: Archivio della Curia Vescovile di Adria-Rovigo ASPd: Archivio di Stato di Padova ASRo: Archivio di Stato di Rovigo ASV: Archivio di Stato di Venezia ASVGM: Archivio del Sodalizio Vangadicense “Guido Mora”, Badia Polesine BCB: Biblioteca Comunale “Giangirolamo Bronziero”, Badia Polesine BCT: Biblioteca Comunale, Trento CAHJP: Central Archives for the History of the Jewish People, Gerusalemme CB-UCEI: Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Roma PC: Processo Giuditta Castilliero, Supplemento de L’Eco dei Tribunali. Giornale di giurisprudenza civile e penale. Sezione seconda: penale, Venezia, Tipografia de L’Eco dei Tribunali 1856 5 Introduzione L’omicidio rituale è uno stereotipo antiebraico dalla storia complessa e di lunghissima durata, avviatasi nel Medioevo e conclusasi in Europa solo dopo gli orrori della Shoà, nella seconda metà del Novecento.1 Le sue premesse ideologiche e culturali affondano le loro radici in uno sguardo antropologico radicalmente negativo sulla religione ebraica,2 assimilato dalla polemica antigiudaica elaborata e sviluppata dalla teologia cristiana nel corso dei secoli. L’immagine dell’ebraismo maturata in questo contesto si fonda sulla teoria della Chiesa quale verus Israel. Nei tempi biblici, gli ebrei erano stati il popolo eletto da Dio, depositario della rivelazione e del patto d’alleanza dell’Antico Testamento; il loro rifiuto di Cristo, manifestazione di infedeltà alle profezie messianiche, ne avrebbe sancito la decadenza dalla grazia divina e la condanna a vivere nell’abiezione, quale testimonianza vivente della verità del cristianesimo e della Chiesa, sino alla fine dei tempi. Le colpe teologiche della cecità e del deicidio del resto avrebbero prodotto ricadute piuttosto gravi anche sul giudaismo, degenerandolo in una religione superata, caratterizzata da un culto grettamente esteriore e materialista, superstizioso e foriero di odio anticristiano. Lo stereotipo dell’omicidio rituale costituisce la manifestazione più estrema di questa immagine negativa della religione ebraica. Nel corso della storia i suoi elementi accessori, per esempio il presunto modus operandi attribuito all’«ebreo assassino», avrebbero conosciuto una molteplicità di varianti, determinate dalle specificità dei singoli contesti spazio-temporali di riferimento. La sua idea strutturante appare nondimeno stabile: gli ebrei sarebbero stati chiamati dalla loro religiosità a sacrificare giovani cristiani e a nutrirsi a scopi magici e/o salvifico-rituali del loro sangue all’interno di specifiche cerimonie religiose. La calunnia del sangue proiettava sugli ebrei, in quanto figli della loro tradizione religiosa, una molteplicità di infamanti accuse: criminalità innata, cannibalismo, stregoneria e vampirismo. La calunnia del sangue, nonostante alcuni storici ne collochino le origini nell’età antica, si presentò per la prima volta a Norwich nel XII secolo, in una fase storica attraversata dal profondo deterioramento dell’immagine degli ebrei nei paesi dell’Europa settentrionale.3 Nei secoli a venire, il suo percorso proseguì ridefinendo i significati dello stereotipo dell’omicidio rituale anche in 1 La bibliografia sul tema è sterminata. Per un quadro complessivo R. Taradel, L’accusa del sangue. Storia politica di un mito antisemita, Roma, Editori Riuniti 2008. 2 F. Jesi, L’accusa del sangue: la macchina mitologica antisemita; introduzione di David Bidussa, Torino, Bollati Boringhieri 2008. 3 G.I. Langmuir, Toward a Definition of Antisemitism, Berkely, University of California Press 1990. 6 rapporto alla messa eucaristica e alla dottrina della transustanziazione. La sua propagazione in tutta l’Europa centro-occidentale, a partire dai territori di lingua tedesca,4 si compì in parallelo alla crescente separazione fra ebrei e cristiani, già prima della sua cristallizzazione politica mediante l’istituzione dei ghetti nella prima età moderna. Nel 1475 il caso di Trento segnò l’approdo della calunnia del sangue nella penisola italiana, introducendo a un tempo alcune discontinuità di portata epocale.5 Sino ad allora oppostasi alla sua legittimazione, la Chiesa di Roma mutò gradualmente il proprio atteggiamento: la canonizzazione del preteso martire Simonino, elevato agli altari nell’ultimo scorcio del Cinquecento, fu il segno più tangibile dell’«indiretta sanzione» da parte delle autorità ecclesiastiche.6 Il processo agli ebrei trentini, costretti a confessarsi colpevoli sotto il peso di strazianti torture, sancì ancora il riconoscimento giuridico all’accusa e consentì l’elaborazione di un chiaro modello esplicativo di natura teologica. Gli ebrei sarebbero stati chiamati dalle loro leggi religiose a uccidere infanti cristiani replicando, in odio al cristianesimo, la crocifissione del Messia e a dissanguarli a scopi principalmente rituali, nutrendosi del loro sangue, impastato nelle azime e mescolato al vino, durante il banchetto pasquale. L’epicentro dell’accusa di omicidio rituale, fra il Sei e il Settecento, si spostò nell’Europa centro-orientale, colpendo soprattutto le fiorenti Comunità dell’area sassone e polacca. La fine dei casi nei territori italiani e dell’Europa occidentale non costituisce l’indicatore di un reale declino della credenza, destinata piuttosto a riprodursi e alimentarsi in forma leggendaria. La memoria dei pretesi «martiri dell’odio ebraico», delle loro figure e delle loro storie, giocò un ruolo cruciale in questo processo di radicamento della «leggenda dell’ebreo assassino» nel patrimonio culturale, tanto ‘alto’ quanto ‘basso’, della penisola; a tramandarla contribuirono infatti le pratiche liturgiche e devozionali collegate ai loro culti, le loro rappresentazioni artistico-iconografiche a sfondo religioso e le loro commemorazioni agiografiche di natura erudita o popolare.7 Le storie delle chiese locali, diocesane o anche cittadine, furono un altro spazio particolarmente favorevole alla trasmissione del mito: il ‘martire’, di cui spesso si conservavano le reliquie, conferiva potere e prestigio all’istituzione oggetto di narrazione. L’omicidio rituale non era, né poteva essere una questione puramente teologica e devozionale. Sin dall’età medievale, lo scoppio di una calunnia del sangue manifestava con estrema 4 R. Po-Chia Hsia, The Myth of Ritual Murder. Jews and Magic in Reformation Germany, New Haven & London 1988. 5 A. Esposito e D. Quaglioni, Processi contro gli ebrei di Trento (1475-1478), Padova, Cedam 1990, R. Po-Chia Hsia, Trent 1475. Stories of a Ritual Murder Trial, New Haven & London, Yale University Press 1996. 6 G. Miccoli, Santa Sede, questione ebraica e antisemitismo tra Otto e Novecento, in Storia d’Italia. Annale 11/2. Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, Torino, Einaudi 1997, p. 1525. 7 T. Caliò, La leggenda dell’ebreo assassino. Percorsi di un mito antiebraico dal Medioevo a oggi, Roma, Viella 2013. Cfr. anche V. Perini, Il Simonino. Geografia di un culto, Trento, Istituto Trentino di Scienze Storiche 2013. 7 chiarezza la dirompente politicità intrinseca alla credenza.8 La sua mobilitazione alimentava forti