Rosai Un Pensiero Sul Grande Poeta Che, Del “Portolano” Fu Tra I Primissimi Collaboratori, Mallevadore E Ami- Co Carissimo
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il Portolano A. XII - Luglio / Dicembre 2006 PERIODICO TRIMESTRALE DI LETTERATURA N. 47/48 - € 8,00 Mentre questo numero era “in bozze”, se n’è andato Alessandro Parronchi. Da qui la necessità di anteporre all’apertura su Rosai un pensiero sul grande poeta che, del “Portolano” fu tra i primissimi collaboratori, mallevadore e ami- co carissimo. Inutile dire che gli dedicheremo quanto prima un adeguato numero monografico. In queste pagine, col suo ama- ROSAI to Rosai, sono proposti due ultimi Cinquant’anni dopo (Firenze 1895 - Ivrea 1957) frammenti del suo pensiero. Con Parronchi si spenge l’ultimo degli “ermetici” e la poesia europea per- de una delle voci più autorevoli. EDITORIALE Quel Rosai che Cesare Brandi non capì f.g. Ancora tra “poetica della solitudine” ed “espressionismo europeo” o auto- noma “testimonianza esistenziale” di un eroe del Novecento? el 1982, la Galleria Pananti, con Nun saggio introduttivo di Ales- sandro Parronchi, ricordò i venticin- que anni della scomparsa di Ottone Rosai (alla vigilia della grande anto- logica che gli aveva curato Pier Carlo Santini) nel catalogo della mostra, co- struita, pour cause, con sole opere ap- Raul Magni, Rosai partenute agli amici (da Betocchi a Bi- lenchi, da Contri a Giampieri, da Par- che furono a mio vedere, assieme a ronchi a Vallecchi ed altri). Morandi, i più grandi disegnatori ita- Sono passati altri venticinque liani della prima metà del nostro se- ROSAI / CAVALLO, FACCENDA, FAGIOLI, anni, ma Rosai non ha avuto ancora colo, non sia stata conservata e pub- GURRIERI, NICOLETTI, SANTI, SANTINI: quella giustizia dalla critica d’arte che blicata, ma invece sparpagliata e di- Parronchi, opportunamente, invocava: spersa”. Testimonianze di: Barni, Bellini, Di Taranto, “…c’importerà meno – scriveva, ap- Parronchi è stato tra i più fedeli Farsetti, Gherardini, Guasti, Marini, Parenti punto, Parronchi – che il Beaubourg difensori dell’opera rosaiana, testimo- non abbia incluso Rosai nella rappre- ne ininterrotto e trepido come nessun sentanza italiana del periodo del Rea- PARRONCHI / altro, interprete attento della poetica Frammenti inediti lismo novecentesco. Vuol dire che Ro- dell’amico e maestro, difensore del sai avrà in quell’occasione condiviso suo personalissimo profilo umano ed con Scipione la sorte riservata a chi, artistico che non volle contaminato VERONESI / GURRIERI quel periodo, soffrì più duramente e con altri e nemmeno con quel Francis tese a redimere opponendogli la vio- Bacon, suggerito da alcuni quale pos- lenza del segno e quella dell’immagi- sibile compagno di viaggio. OJETTI / MELONI nazione sfrenata. Ed è anche un de- stino che l’opera grafica di questi due, (segue a pag. 2) 2 IL PORTOLANO - N. 47-48 circostanze in cui si determinò la sua adesione, una via, un modo di crearsi un linguaggio, con la con- correnza di tutti quei fattori che abbiamo cercato di chiarire”. Brandi, non dimentichiamo, era già allora “uomo di potere ministeriale” che, salvo qualche eccezione, ce l’aveva con l’ambiente fiorentino, come ha poi dimostrato per tutta intera la sua vita, prima alle “Belle Arti”, poi all’Università. Non sarebbe stata né la prima né l’ultima volta che Brandi giudicava con fretta e, soprattutto, senza vedere le opere, basandosi solo su sommarie ripro- duzioni: lo avrebbe fatto più tardi col ricovero delle formelle di Donatello del Pulpito di Prato, e con i “mammozzi” dei falsi Modigliani del Black & Deker. Dunque, nessuna paura, ora che quella ge- nerazione se ne è andata, esauriti i rispetti reveren- ziali per il potere che non mancava di esercitare da quel “Consiglio superiore delle Belle Arti” (“Con- siglio Inferiorissimo”, come lo definiva Piero San- paolesi, i cui membri conosceva benissimo), è ora di dire, il più definitivamente possibile delle palesi contraddizioni critiche brandiane. Ciò lo dobbiamo, anche per onorare la discrezione dell’amico Santini. “L’existentialisme est-il un humanisme”? ci si chiedeva a proposito di Sartre: un interrogativo la cui valenza potrebbe valere benissimo anche per Rosai. Ed anche quel suo sfogo, la cui essenza si ritrova in Ottone Rosai, Al tavolo (1921) inedito (per cortese concessione di Marcello Guasti) tante di quelle lettere diligentemente raccolte da Vit- toria Corti (V.C., Ottone Rosai, lettere 1914-1957, QUEL “BARBANERA” CONTAMINATO DA CÉZANNE, CARRÀ Prato): “Nous sommes des sous-hommes à la re- E DA SOFFICI CHE CESARE BRANDI NON CAPÌ cherche de notre humanité”. E allora non sorprenda se si vuol tornare su uno dei soprassalti rosaiani giudicati esagerati e intolle- (segue da pag. 1) rabili – “L’arte metafisica l’ho inventata io”!: per- “Dalla più alta e più austera tradizione – dirà aggiungere che nel 1947, quand’egli scriveva, la ché se metafisica – in generale – è l’oltrepassamen- ancora Parronchi – ecco nascere allora l’incolto, tor- conoscenza dell’artista era per tutti piuttosto im- to dell’esperienza sensibile; se, più specificamente, bido, violento Rosai, ma capace di lampi d’intelli- perfetta, e lacunosissima, certo anche per coloro in arte si vuol accettare per espressione qualcosa genza profonda, di generosità incondizionate, di cri- che lo avevano in un periodo o nell’altro seguito da che prescinde dalla realtà della natura per crearne stiano slancio di pentimento e d’umiliazione, ecco vicino – Brandi, tra l’altro, non era stato di questi un’altra, fuori dall’ambiente consueto o perché ac- sorgere e giganteggiare il medievale Rosai: uomo se – mancando la possibilità di una qualsiasi pro- costato al di fuori di ogni logica realistica acqui- mai ve ne furono del suo tempo, in attrito col quale spettiva di fronte ad un catalogo interamente da stando nuovo e suggestivo significato, ciò, allora, venne affilandosi il taglio del suo lapis e la carezza rivedere, da sistemare, da completare di opere fon- può valere benissimo per la “Via Toscanella” del del suo pennello”. damentali). Come avrebbe potuto scrivere altri- ’22, fino a “via San Leonardo” del ’35. Del resto, se menti, Brandi che ‘dopo una breve risonanza futu- la pittura metafisica fu anche una reazione al futuri- E bisogna pur far cenno alla “stroncatura” di Ce- rista e cubista, che era un modo di mettersi provvi- smo (che vede brevissimamente presente Rosai, sare Brandi (C.B., Europeismo e autonomia di cul- soriamente à la page, ma non di conquistarsi un’au- cone si può ricordare nel suo “Dinamismo Bar San tura nella pittura moderna italiana, in “L’immagi- tonomia di cultura, Rosai subì l’attrazione della Marco” (1914), anche in ciò Rosai ha le carte in re- ne”, n. 3, luglio-agosto 1947) che, con la consueta cosiddetta arte popolare, ma come simili attrazio- gola. Certo, la metafisica di De Chirico è popolata da frettolosa protervia che talvolta diventava in lui irre- ni subiscono gli intellettuali, sicché ne venne fuori accostamenti inconsueti, di oggetti e persone e ma- frenabile, delle opere di Rosai ebbe a dire del “chia- una specie di Barbanera contaminato da Cézanne, nichini che evocano miti antichi in piazze deserte e roscuro riempitivo e pleonastico, inquinato da falsa da Carrà e in seguito da Soffici”? Come avrebbe rarefatte; ma la metafisica di Carrà fu altra cosa, atmosfera di Soffici, sicché ha aggiunto all’equivoco potuto sostenere che Rosai è come un intellettuale perché già nel momento sorgivo portava i sintomi di di un plasticismo descrittivo e non ritmico, quello di “che guarda il popolo con repulsione e nostal- quelle forme pure e di quella diversa ricerca che lo un presupposto atmosferico del tutto estraneo ai dati gia…”? Non è questione di apprezzare o respinge- avrebbe portato verso il movimento dei “valori pla- dell’immagine”. re i risultati per la loro intrinseca qualità: a pre- stici”. Ecco, a suo modo, forse, anche Rosai ha un Pier Carlo Santini, nella sua monumentale mo- scindere da quella incompatibilità che dimostra nei suo autonomo percorso che lo accompagna alla sua nografia sul maestro (1960), ebbe a sfiorare l’argo- confronti dell’arte di Rosai, Brandi equivoca sui vigorìa espressiva – epica e popolare –, che si è vo- mento con molto garbo, minimizzando l’episodio caratteri basici dell’artista, si ostina a non volerne luto chiamare “realismo rosaiano” o, per l’appunto, ed ipotizzando che Brandi non conoscesse a fondo anzitutto riconoscere la sorgività e il temperamen- “realismo esistenzialistico”, dal destino tragico e Rosai e la sua opera. to anti-intellettuale per eccellenza, a non ricono- non redimibile. “Noi sospettiamo – scriveva Santini – che l’e- scere ad esempio come il futurismo di Rosai non ri- Ma Rosai è un maestro del disegno italiano del minente studioso non conoscesse Rosai; non lo co- sponde al desiderio di essere à la page, ma soltan- Novecento (secondo Luigi Baldacci, il maggiore): ne noscesse a fondo, non amandolo. (Ed è del resto da to alla necessità di trovare, in quelle particolari sono convinti tutti, da Russoli a Cavallo, da Parron- chi a Ragghianti. “E proprio nei disegni – scriverà IL PORTOLANO - N. 47-48 3 Franco Russoli nel ’66 – è dato cogliere e verifica- re in ogni sua fase il procedimento di formulazione dell’immagine, dal suo proporsi cone oggetto reale e spunto necessario ad ogni interpretazione poetica – dato di vita, sempre, e termine ineliminabile di un rapporto che non può essere altro che un rapporto ‘realistico’ –, alla sua trasposizione in termini di lin- guaggio e di cultura – che saranno, sempre, scan- dagli del suo complesso significato di simbolo pri- vato, dei suoi echi psichici e morali, Nel disegno di Rosai avviene subito la definizione essenziale di quei caratteri fondamentali, dalla enucleazione del- l’elemento realistico particolare alla impaginazione d’uno spazio che ha valore di collocazione emotiva e fantastica, che saranno la base di variazioni sotti- li, e sempre rispondenti a stati d’animo, a situazio- ni soggettive, nelle diverse traduzioni pittoriche del- lo stesso tema”. “Nell’arte disadorna e spietata di Rosai – dirà Vittoria Corti – il disegno sta al principio: tutto na- sce da lì.