La sovranità appartiene al pubblico di Marco Giudici

Il «popolo televisivo», come espressione in uomini uniti da una stessa storia, è perché in tale quanto tale, non esiste. Anzi a ben vedere, scorrendo accostamento ossimorico i navigatori del web testi e cronache, si direbbe che non è mai esistito. sembrano dissimulare il bisogno di una direzione e di Per converso è vero che oggi si dice il “popolo un senso, come per temperare la percezione spaesante della rete”. Questo matrimonio, tra la parola popolo e di una abbondanza di informazioni che rasenta la parola rete, dev’essere stato celebrato, un giorno, da l’assenza di informazione, una bulimia di dati dove qualche parte, se ne leggiamo di continuo. In ogni capacità di discernimento selettivo rischia di precedenza, il sostantivo popolo aveva accompagnato andare perduta. anche la parola fax: unione di rango inferiore, forse, Ma c’è un’altra spiegazione possibile, meno eppur felice e ricca di speranza partecipativa. In ogni contingente, della difficoltà di chiamare con la parola caso breve. «popolo» il pubblico che siede davanti alla televisione. Quel che è certo è che il popolo, con la tv, non Riguarda la sua natura intrinseca di «platea» e, per ha mai fatto coppia a sé, non è mai assurto a binomio quanto immensa possa essere, di platea di uno significante e simbolico. Nessuno dice «il popolo della «spettacolo». Non conta il genere di programma televisione», mentre semmai tutti abbiamo detto e offerto, che sia un varietà, un film, una fiction, un diciamo, di volta in volta: il pubblico, i telespettatori, talk, un telegiornale o altro: la disposizione alla visione l’audience, l’ascolto, il target. e all’ascolto è di tipo essenzialmente ludico. Una possibile spiegazione va ricercata nel diverso Diversamente da ciò che si intende per «popolo», la contesto storico in cui è nata la televisione. A metà degli massa dei consumatori dello spettacolo televisivo non anni Cinquanta e per un paio di decenni, per quanto è mai stata portatrice di istanze aggreganti dal basso. nobilissima e impressa dai costituenti in apertura della Non istanze sociali, ma nemmeno interessi economici Carta, la parola «popolo» suonava contaminata più o meno definiti. dall’ideologia e spesso partigianamente aggettivata: Dalle tradizionali chiamate alla solidarietà di rimandava, oltre che a un bene per moltissimi prezioso Telethon alle campagne eco-rock di Celentano non si come le case popolari, a parole come unità popolare, può dire che siano mai discese delle forme reali di masse popolari, repubbliche popolari, case del popolo. mobilitazione. Tutto è evaporato in pochi giorni. La tv nasceva in quell’universo semantico e non voleva Bagliori di ascolti milionari, titoli e polemiche sulla c’entrare solo con una parte, voleva rivolgersi a tutti. E stampa del giorno dopo, e stop. Mai nemmeno lo portare tutti nel futuro. straccio di una raccolta di firme, se non proprio una Oggi, se al pulviscolo della rete piace richiamare richiesta di referendum. Quanto agli interessi, è una a sé il termine «popolo», che significa comunità degli fatica senza risultato quella di individuare un La sovranità appartiene al pubblico di Marco Giudici 

denominatore comune – un’ambizione, una speranza, rapida crescita). Solo in rari casi la platea televisiva una richiesta, una protesta – che unisca insieme la muove a una quasi-identificazione emozionale ed gran massa dei telespettatori o anche soltanto una estetica con la totalità del popolo: accade ogni quattro parte di essi. Non si ricorda una rivendicazione o una anni con i mondiali di calcio, accade nei passaggi proposta pubblica che abbia avuto promotori e tragici della vita nazionale (il rapimento e la morte di associati dei cittadini nella loro specifica qualità di Moro, la disgrazia di Vermicino, la scomparsa telespettatori. Nemmeno l’ipotetica battaglia negativa improvvisa di Berlinguer, l’attentato a Wojtyla), accade per eccellenza, quella contro il canone Rai, malgrado per le catastrofi naturali sul nostro territorio. Diverso occasionali ma rumorosi sfidanti, si è fatta mai invece il caso del festival di Sanremo, indubbio bandiera di una collettività e dunque di una qualche paradigma del costume italiano, dove però una porzione di popolo. concentrazione di ascolto così massiccia non ha a che Sicché alla fine, ragionando sempre con vedere con un sentimento unitivo e solidale, ma riferimento all’uso delle parole, è successo che è squisitamente commerciale: l’acquisto di tutti dello passata, diventando gergo, persino l’espressione stesso gadget/svago nello stesso momento. È materia «popolo delle partite Iva», ma non ci si è mai sognati per i sociologi, non un’occasione consapevole e di sostenere che c’è un «popolo della televisione». Non soggettiva di sentirsi popolo. è strano, è la diretta conseguenza della diversità tra il Sottratti questi pochi passaggi topici, dove in concetto di popolo, che sottintende un corpo vivo, e qualche modo entra in gioco il sentimento di l’audience, che ha attitudini prevalentemente di corpo appartenenza alla medesima comunità nazionale, il passivo. Il popolo (in democrazia) è fatto di cittadini popolo-audience è una quantità enorme di pubblico che decidono se premiare o spedire a casa i propri consumatore che compra o rifiuta quel che offre il rappresentanti, l’audience è fatta di telespettatori che mercato. Da Lascia o raddoppia all’ Isola dei famosi , decidono se guardare un programma o fare zapping. telegiornali e giornalismo di inchiesta inclusi, la Ma la questione vera, sostanziale, è che gli musica è la stessa: si tratta appunto dell’adesione a un individui che formano il popolo sono gli stessi rito prevalentemente ricreativo, di intrattenimento, cui individui che fanno numero nel conteggio quotidiano si accede dietro il pagamento di un canone, o di un dei dati di ascolto. È una sola umanità quella di cui abbonamento, o anche di nulla se il network si parliamo. E il consumatore di quei beni immateriali alimenta solo con la pubblicità. chiamati prodotti televisivi è un cittadino che, anche Il popolo-audience, pertanto, non porta colpe. così, semplicemente preferendo un canale o un Compra. Oppure neppure compra, consuma soltanto. programma e gustandoselo da casa, agisce ben dentro Vedendo e televotando. Constatarlo apre un capitolo il flusso di milioni e milioni di gesti individuali e di riflessione sterminato riguardo a chi opera sul collettivi che contribuiscono allo standard di civiltà e versante dell’offerta. Che si vuole fare con il pubblico? allo spirito di un popolo. Ci si può rivolgere ai telespettatori in molti modi: per Il pubblico della tv è stato, nei decenni, divertire, per informare, per orientare, per convincere, abbeverante e sempre più sterminato. Interclassista (si per manipolare. Di sicuro, chi direttamente o diceva una volta). Generalista (s’è detto dopo, con più indirettamente fabbrica programmi televisivi e li proprietà). Oggi è anche pubblico specializzato (in espone in quella speciale e poliedrica vetrina chiamata AREL la rivista ⁄ 

palinsesto, scommette sul maggior numero di In gioco è quella che potremmo chiamare la acquirenti possibile. scommessa del convincere, assolutamente lecita nel Alla fine, è vero, decide il pubblico se una perimetro dello spettacolo televisivo, spettacolo in trasmissione sarà un flop o un successo, ma in campo senso etimologico di attitudine del farsi «guardare», televisivo più che altrove il consumo è spesso indotto e dal latino spectare . drogato. Lo orienta su scala internazionale il business Il caso di , conduttore delle società produttrici di format, che impongono ai straordinario per padronanza del mezzo, con una game show, a Roma come a Berlino, a Parigi come a chiarezza espositiva scandita da tempi perfetti, Madrid, persino le stesse scenografie e la stessa grafica. volutamente pacata in contrappunto a una cornice E lo distorce, da noi, un mercato condizionato da scenica e narrativa ad alto tasso emozionale, è un decenni di conflitto d’interesse ormai degenerato in modello dichiarato. Il suo modo di fare tv prova a una mostruosità economica, sociale, culturale e intercettare popolo e pubblico, così come da anni è politica senza eguali nel mondo. impegnato a fare Michael Moore nel cinema, Dal bravo presentatore arboriano di Indietro confezionando potentissimi docu-movie. Non che le tutta (un Nino Frassica barocco e danzante) alla candide poltrone di Bruno Vespa non siano luogo maestria comica di un autore come Vaime (che dove analogamente si ragiona e discute riducendo la proprio così titolò una sua trasmissione radiofonica) il distanza tra il sentirsi popolo e l’essere semplicemente refrain de Il programma lo fate Voi è dunque assurto a pubblico. Ma in questo caso l’intenzione persuasiva paradigma di tutte le tele-bugie, quelle bonarie e (del conduttore o dei partecipanti, la distinzione di digerite universalmente come una fatalità. Anche i ruolo ora non interessa) potremmo dire che risulta reality, frontiera estrema de Il programma lo fate Voi differita, più mediata dai canoni tradizionali del mezzo – a loro volta subentrati a un penultimo, lunghissimo televisivo, dalla sua specificità linguistica. esperimento di rappresentazione della gente comune Per spiegare meglio si può dire così: il talk che recita se stessa, ideato da Costanzo con i suoi talk esordiente di Gian Luigi Paragone sta ad Annozero , dal Teatro Parioli ed evolutosi fino ai talent show come quello di Giovanni Floris sta a Porta a porta . psicodrammatici portati al successo da Maria De Nell’un caso si investe nel sentimento di Filippi – anche i reality, si diceva, hanno disvelato col mobilitazione: vedi il collegamento con la piazza che succedersi delle edizioni quanta macchinazione protesta, così caro a Santoro, e vedi i reiterati autorale li presieda e li renda, in fondo, uno spettacolo riferimenti dell’ex direttore della Padania al popolo di relazioni umane artificiale e programmato. leghista, che L’ultima parola si fregia di avere Il rifiuto del pubblico che cambia canale conta, finalmente sdoganato nel circo della grande ma è più forte il potere di chi decide cosa trasmettere e televisione. Nell’altro caso si investe nella sin dove spingere in alto l’asticella della provocazione tradizionalissima tavola rotonda senza tavolo, dove il visiva, verbale, relazionale. Il genere talk e più in dibattito è perimetrato entro i limiti di un qualsiasi generale il macrogenere che va sotto il nome di convegno. Da una parte ci si lascia con la promessa infotainment , è attualmente il più sollecitato, sia da implicita di ritrovarsi in corteo sotto gli stessi parte di autori e conduttori sia da parte dei striscioni, dall’altra ci si lascia più banalmente con la protagonisti cui di volta in volta viene offerta la scena. buona notte. La sovranità appartiene al pubblico di Marco Giudici 

Peraltro, cosa sia davvero lo specifico televisivo divenuta tale ricorrendo rigorosamente alle forme del non è mai stabilito una volta per tutte. E meno che business televisivo, nel senso che è cresciuta forte dei mai lo è in presenza della dilagante e ossessiva suoi content specifici, non è stata stravolta o piegata invasione di campo della tv e delle telecamere nella con frettolosità a obiettivi politici a breve. vita quotidiana. A questo proposito, vale azzardare una La pedagogia delle reti Fininvest, poi Mediaset, provocazione ulteriore. Guardando a distanza l’intera era ben altra rispetto alla tv del primo e secondo vicenda televisiva italiana, scopriamo che la tv canale, alla tv di un unico network pubblico e fanfaniana di Ettore Bernabei sta alla tv commerciale rudimentalmente pluralista, ma restava strettamente del primo come la tv militante di contigua al mezzo, e alle sue potenzialità di Santoro sta alla tv ideologizzata del Berlusconi ultima contenuto e tecnologia. All’intrattenimento in salsa maniera. cattolica, alla filosofia del consumismo temperato L’eccesso di pedagogia che spesso è stato dalla solidarietà ( ma anche Tv7 , e il imputato (con le lenti di oggi) alla Rai bernabeiana ha Giro d’Italia col Processo alla tappa di Zavoli, e padre rappresentato in quel contesto, primordiale per il Mariano) le emittenti del biscione sostituirono, negli mezzo in quanto tale, un eccellente modo di fare tv. anni dell’ottimismo reaganiano, l’intrattenimento allo Perché ne rispettava interamente le regole narrative ed stato puro di Drive In e Non è la Rai . Fosse dipeso da estetiche. Se fu tv democristiana non lo fu in diretta lui, Berlusconi non si sarebbe imbarcato affatto nella ma in differita, nel messaggio culturale intrinseco, più realizzazione dei telegiornali, cui fu costretto dalla tollerante che indottrinante, con buona pace dei legge Mammì del 1990. grandi critici di una volta, che letti adesso tradiscono Viceversa, i giorni che viviamo sono tutt’altri da l’unilateralità del loro tempo. Come Sergio Saviane, questo lungo passato in cui la tv faceva solo la tv, insuperato smascheratore di ipocrisie catodiche, ma interagendo e influenzando, certo, le abitudini e i che cominciò una sua raccolta di scritti, nel comportamenti collettivi, ma rinunciando relativamente vicino 1977, con un’ostica e improbabile all’ingordigia, all’antropofagia che la porta a divorare sentenza: «La storia della televisione in Italia è la storia la vita intera degli essere umani e a concepirli tali solo della repressione». Del popolo pareva intendere, non se seduti davanti al teleschermo. Il doppio ruolo di solo del pubblico. proprietario e di governante impersonato dal maggiore Quanto a Berlusconi, avranno pure il loro peso imprenditore italiano ha avuto un’importanza decisiva i racconti del compagno di gioventù Fedele in questa accelerazione tutta italiana della primazia Confalonieri, e sarà che il dottore (dottore prima che catodica rispetto alla complessità del vivere cavaliere e presidente), dopo l’edilizia si è avventurato quotidiano. Il mondo intero partecipa della nel settore per l’abbondanza di gentil sesso che i set transizione tecnologica dall’analogico al digitale, della della tv erano in grado di promettere… all’impresario. conseguente moltiplicazione e specializzazione Ma dal momento che sono note a tutti le sue illimitate dell’offerta, della contaminazione crescente tra ambizioni di leadership, qualche retro pensiero sul televisione e internet, ma nessun paese produce i corto proprio destino, diciamo prospettico, deve averlo circuiti comunicativi che vedono coinvolti gli italiani, nutrito da lontano. Ciò porta a dire che va a suo onore e che questi sopportano per assuefazione, come popolo aver edificato una macchina comunicativa ciclopica e come semplice pubblico della tv. AREL la rivista ⁄ 

Succedono cose mai successe, per niente a intendere che può crescere in spirito e libertà e normali, ma che isolate come episodi singoli e condizioni di vita se adotta principi regolatori della transitori si lascia intendere siano decisioni più o convivenza più simili alle leggi della televisione. Al meno qualunque (quante volte abbiamo sentito dire: posto dei partiti e dei sindacati i gazebo, al posto delle «E che sarà mai, si vive lo stesso…»): un’aspra urne e dei voti i televoti, al posto della pazienza campagna elettorale passata per i soli telegiornali e democratica la risolutezza dei sondaggi. totalmente zittita nei luoghi dove si misurano opinioni L’idea di sovrapporre e far coincidere popolo e diverse; una campagna in cui il leader della audience è una cattiva idea, ma più che venire dal maggioranza irride quello dell’opposizione e rifiuta basso, da un uso incauto e superficiale che il pubblico unilateralmente la discussione diretta e contestuale con fa della tv, sembra suggerita dall’alto. È parsa fare lui (come avviene in tutti i paesi civili del mondo), capolino persino dietro il sorriso pro-inquadratura che dichiarando spavaldo che al confronto in tv non ci il nostro vulcanico presidente del Consiglio ha inviato pensa nemmeno; la denuncia continua e sguaiata della nelle case di tutti mentre si chinava a confortare la presunta indecenza di un servizio pubblico che, chissà povera Sandra Mondaini rimasta orfana di Raimondo perché, non dovrebbe dar voce a chi dissente dal Vianello. Il popolo italiano e il pubblico delle sue governo, in quanto «è un servizio pagato coi soldi dei trasmissioni come la stessa cosa. Di sbagliato c’è lo cittadini». Chissà perché, se c’è mezzo paese che il scambio della parte per il tutto, per lo meno. premier in carica non lo vota e il canone è richiesto Eppure la contaminazione avanza quasi senza per legge a tutti; i tentativi tramanti ed espliciti, che ce ne accorgiamo, e si insinua dappertutto, pure confermati da prove inoppugnabili, di mettere a tacere nel lessico. Capita infatti che qualcuno scivoli proprio le trasmissioni televisive sgradite. Non sospendendole lì, sulle parole. Come l’allegra e solare e biondissima per un po’, proprio abolendole. Antonella Clerici che, avvolta dai fiori della riviera e L’elenco potrebbe continuare, ma non è un bersagliata dagli spartiti strappati degli orchestrali, singolo esempio che aggiunge. Il fatto nuovo è dato nella finalissima dell’ultimo Sanremo si è appellata dal progressivo franare del terreno, uno smottamento solennemente al «pubblico sovrano». Già, la sovranità generale per cui al «popolo» di cui s’è detto, al popolo che appartiene al pubblico. Tra un po’, come per lo italiano con la sua ricchezza, che va ben oltre l’essere di sbiadire dei congiuntivi, di assonanza in assonanza ci volta in volta anche spettatore della tv, si vorrebbe dare sbaglieremo anche citando la Costituzione.