IL MESSAGGERO VENETO 18 GIUGNO

Il figlio contro Camber, Savino, Riccardi. Berlusconi punta su Balloch «Attacco gli sciacalli Hanno tradito papà» di Giacomina Pellizzari UDINE Il funerale è un atto d'accusa contro Giulio Camber, Sandra Savino, Riccardo Riccardi. Un atto politico violento, gravido di conseguenze. La morte di Ettore Romoli lascia dietro di sé l'invettiva, chiara e pesantissima, che il figlio Andrea ha sollevato in chiesa nella sua orazione funebre paragonando i vertici di agli «sciacalli». Sul banco degli imputati ci sono la coordinatrice regionale di Fi, Sandra Savino, data in difficoltà a Roma dove l'eco del caso è arrivato eccome, il senatore Giulio Camber che sabato mattina all'apertura della camera ardente ha tentato di portare l'ultimo saluto al "leone di Gorizia", ma è stato allontanato da Andrea come pure il fratello Piero, il vice presidente della giunta regionale, Riccardo Riccardi, che, sempre sabato, dopo aver ricevuto la telefonata del sindaco di Gorizia, , è rimasto a Udine. Se si fosse presentato in chiesa avrebbe rischiato i fischi. Dietrofront pure del consigliere regionale Roberto Novelli che ha assistito alla cacciata dei due Camber. Qualcuno scommette che Savino sarà sostituita. E in pole c'è il sindaco di Cividale, Stefano Balloch.È questo il ristretto gruppo di forzisti che, secondo Andrea Romoli, ha cercato di ostacolare l'elezione di Ettore Romoli alla presidenza del consiglio regionale e che a poche ore dalla morte, affidando l'ingrato compito alla coordinatrice regionale Savino, ha minacciato di buttarlo fuori dal partito per aver tenuto Giorgio Baiutti (ex Psi, amico di Ferruccio Saro) a capo di Gabinetto come prima di lui il predecessore, Franco Iacop (Pd). Ma Ettore Romoli aveva un consenso che andava oltre Fi, la gente lo amava per quello che aveva saputo dare a Gorizia, alla Regione e al Paese dai banchi del Parlamento. La telefonata di Silvio Berlusconi, infatti, non si è fatta attendere. Il cavaliere ha composto il numero di Andrea Romoli prima che la salma giungesse al teatro Verdi dove era stata allestita la camera ardente: «Mi ha chiamato, siamo stati mezz'ora al telefono, si è scusato per la sua mancata partecipazione al funerale. Era sincero». Andrea non rivela il contenuto della conversazione. Preferisce tornare sulla figura del padre e oltre al caso Baiutti ricorda anche come il vecchio leone avesse assunto pure Michel Mucci, l'addetto di segreteria licenziato da Fi sette ore dopo dall'ultimo respiro di Romoli. Partendo da questi fatti, Andrea, in chiesa, ha processato i detrattori del genitore. L'ha fatto spiegando perché il padre, quattro mesi prima, non si era voluto sottoporre all'intervento chirurgico che l'avrebbe salvato: «Sapeva che se si fosse mostrato debole e fragile i suoi nemici, gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà, gli si sarebbero buttati addosso». Andrea ha detto che l'unica colpa del papà è stata il «non volersi piegare a meschine logiche di potere. Per Ettore Romoli non c'erano parti politiche, c'erano uomini capaci o meno, c'erano le istituzioni da garantire ad ogni costo e c'eravamo noi la sua famiglia da proteggere e far prosperare». Sabato in tanti l'hanno salutato con una partecipazione commovente. A conferma che la gente coglie l'essenza dell'Uomo che fa della responsabilità la sua bandiera. È proprio quella partecipazione fatta di lacrime, applausi e affetto, a far dire anche ieri, il giorno dopo le esequie, ad Andrea Romoli che «al suo funerale si è fatta politica perché Ettore Romoli non muore neanche da morto». Andrea Romoli ritiene Riccardi responsabile «del licenziamento di Mucci: non vedo Fedriga - spiega ricordando la commozione celata a stento dal governatore in chiesa - capace di fare una cosa del genere. Fedriga ha voluto mio padre al suo fianco perché aveva bisogno di lui». A Camber, invece, Andrea Romoli riconosce di essere «un gigante della politica regionale» un ruolo che, secondo lui, ha esercitato con cinismo indirizzando la scelta della scomunica pronunciata da Savino proprio quando a Ettore restava poco da vivere. «Camber è stato uno dei nemici di mio padre, l'ha tradito 20 anni fa», ripete Andrea, ricordando quando Ettore diceva "con Giulio non posso più parlare". Lo «diceva - insiste Andrea - con il dolore di un amico che era stato pugnalato alle spalle».

l'orazione funebre a gorizia Il passaggio cruciale: non si è operato perché i suoi nemici aspettavano che fosse debole per farlo fuori Sono circolate le voci più assurde riguardo alla reale natura della malattia di mio padre. Questo è il luogo e il momento per fare un atto di verità. La sua affezione era assolutamente curabile, se affrontata nei tempi e nei modi giusti, ma lui aveva una battaglia da combattere, la sua famiglia da proteggere, non poteva mollare e pensare a se stesso. I medici lo avevano supplicato di operarsi 4 mesi fa ma lui sapeva che se si fosse mostrato debole e fragile i suoi nemici, gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà, gli si sarebbero buttati addosso. E così mentre ogni giorno le forze lo abbandonavano, quegli uomini piccoli cercavano di fare il vuoto attorno a lui per farlo crollare. Non avevano fatto i conti con noi, la sua grande famiglia allargata che al momento di scegliere abbiamo fatto capire con l'arma irresistibile del voto come la pensassimo. Solo quando la missione era stata compiuta e onorata dalla più alta assemblea regionale, che con un voto corale lo ha nominato presidente del consiglio, solo allora mio padre ha accettato di farsi curare. Troppo tardi. Conscio ormai dell'aggravarsi della sua situazione, ha voluto però assicurare la continuità dell'ufficio di presidenza confermando alla guida dello staff un uomo retto e capace, colpevole però di non essere della sua stessa parte politica. Per questo gesto di correttezza e responsabilità ha patito l'onta di essere espulso dal partito che aveva contribuito a creare, poche ore prima della sua morte. La sua colpa è stata quella di non volersi piegare a meschine logiche di potere. Per Ettore Romoli non c'erano parti politiche, c'erano uomini capaci o meno, c'erano le istituzioni da garantire ad ogni costo e c'eravamo noi la sua famiglia da proteggere e far prosperare. Ciao Papà.

Il sindaco di Parma ha presentato il suo movimento "Italia in Comune". «Il M5s? Non se la passa bene» L'ex grillino Pizzarotti mette radici in Friuli di Mattia Pertoldi UDINE Italia in Comune, il partito politico fondato dal sindaco di Parma, ed ex grillino, Federico Pizzarotti "sbarca" anche in Fvg. Ieri nella sala conferenze dell'hotel Là di Moret di Udine, infatti, il nuovo gruppo si è presentato ai cittadini. Al momento i due referenti in regione sono Nuto Girotto, consigliere comunale di Ragogna ed Elisa Barbuto, consigliera comunale di Porcia, ma il primo cittadino della città ducale non fa mistero di voler allargare il proprio spettro d'azione puntando, in regione come nel resto del Paese, alle amministrative 2019.Sindaco, da cosa nasce la sua nuova iniziativa politica?«Dall'incontro tra me e Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri, che aveva già fondato Italia in Comune come associazione che si poneva l'obiettivo di mettere in rete le buone pratiche degli amministratori locali. Io, invece, avevo in mente un nuovo soggetto politico e quindi ci è parso inutile duplicare iniziative e sforzi. L'idea era fare evolvere Italia in Comune in un partito vero e proprio. A dicembre, a Roma, abbiamo allargato il progetto aprendolo a contributi di altri soggetti e movimenti. Quindi stilato la nostra carta dei valori e il 15 aprile fondato, ufficialmente, il partito».Recentemente si è incontrato con l'ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis a capo del movimento Diem25. Significa che il vostro obiettivo sono le Europee del prossimo anno?«No, direi piuttosto le Regionali considerato come ci siano cinque territori che vanno al voto nel 2019. Poi, certo, pensiamo pure alle Europee ed è vero che ho visto Varoufakis. Nel gruppo di Diem25, però, non c'è soltanto lui, ma pure tanti amministratori importanti come il sindaco di Barcellona Ada Colau. Loro guardano alla nostra esperienza per crescere. Noi attendiamo la loro bozza di programma e poi decideremo come muoverci».In Friuli Venezia Giulia le Regionali si sono tenute da un paio di mesi, ma il prossimo anno andranno al voto oltre centro Comuni: siete interessati a correre anche qui?«Certamente. In Fvg, come nel resto d'Italia, puntiamo a schierare gruppi di amministratori - non soltanto sindaci, ma anche assessori e consiglieri - capaci e preparati. E vale la pena sottolineare che siamo stati in grado di presentarci, in modo diretto oppure indiretto, nella tornata elettorale appena andata in archivio. E in alcuni Municipi, penso a Segni oppure a Quarto, si stanno già formando gruppi consiliari di Italia in Comune».Senta, ma cosa pensate di avere di diverso rispetto al suo "vecchio" gruppo, cioè il M5s?«Intanto mi pare che il M5s sia diventato, ormai, il partito di Luigi Di Maio e non esista più a livello movimentistico. Noi, invece, ci muoviamo evitando di porci in modo ideologico e scegliendo gli uomini e le donne davvero in base alle singole competenze. Mettendo al centro i programmi e le soluzioni, tanto è vero che, non a caso, abbiamo già stilato la carta dei valori. Allo stesso tempo, però, non abbiamo tradito il concetto di territorialità. Ogni assemblea regionale, ma anche comunale, avrà una propria identità e potrà dettare la sua linea a seconda delle esigenze peculiari e specifiche del territorio. Un esempio? Il concetto di multiutility può funzionare in una città, ma essere deleterio in un'altra. Non ci possono essere soluzioni univoche».Cosa ne pensa dello stato attuale di salute dei suoi ex compagni grillini?«Non mi pare che se la passino bene. A Roma non dico che comandi Matteo Salvini, ma certamente il leghista ha un altro passo, governativo e mediatico, e il M5s è costretto a inseguirlo. Peccato che nessuno si accorga come così facendo si porti acqua al mulino della Lega perdendo, allo stesso tempo, il consenso degli elettori di sinistra».E alle amministrative, inoltre, non sfondano...«Beh, nell'estremo Nord, Emilia Romagna compresa, direi che il M5s ha sempre sofferto, ma in generale mi pare che alle amministrative sia in difficoltà ovunque. D'altronde questo tipo di elezioni è più faticosa, ci sono meno possibilità di visibilità e di guadagno. E nel M5s i gruppi locali attivi sono in netto calo. Alle amministrative, inoltre, si vota la persona, il simbolo e l'ideologia contano poco. E pensare di vincere un'elezione di questo tipo schierando qualcuno raccattato, sempre, all'ultimo momento, e senza il minimo rapporto con i territori, è pura utopia».

Fu il responsabile in Regione dell'ufficio creato per la ricostruzione «Verificava che i soldi pubblici fossero spesi bene». Oggi i funerali Addio a Gianesini l'ingegnere che creò il "modello Friuli" di Davide Vicedomini È stato uno dei protagonisti della ricostruzione del Friuli dopo il tragico sisma del 1976. Giovanni Gianesini, "l'ingegnere del terremoto", è morto all'ospedale di Udine venerdì, nel giorno in cui, dopo 42 anni, sono state tolte le impalcature alla facciata del castello di Colloredo di Monte Albano, l'opera alla quale, più di ogni altra, è stato legato il suo nome.Uomo tutto d'un pezzo, rigoroso, "dotato di un grande senso di responsabilità" nei confronti delle istituzioni, Gianesini è stato il responsabile dell'ufficio contabilità speciale della segreteria generale straordinaria, cioè l'ente creato appositamente dalla Regione per curare la ricostruzione dopo il terremoto.Nato a Udine il 6 settembre 1944, secondo di tre fratelli, frequenta il liceo classico Stellini e quindi prosegue gli studi all'Università di Padova alla facoltà di ingegneria. Nel 1973 entra a far parte dell'Enapi, l'Ente nazionale artigianato e piccole industrie, dove diventa responsabile dell'ufficio di Gorizia, e poi anche di Trento e Bolzano, curando la promozione delle imprese all'estero, in particolare durante le fiere in Germania.Nel 1977 sposa Carlina dalla quale ha un figlio, Alessandro. Sono gli anni del terremoto e nel 1981 entra alla segreteria generale straordinaria regionale - l'ente che aveva preso in gestione l'emergenza - con sede in via Vittorio Veneto, prima nell'ufficio tecnico, poi come funzionario e quindi nel ruolo di dirigente. Il suo compito è quello di curare l'esecuzione di tutti i pagamenti e controllare l'operato della direzione lavori.«In parole molto povere - spiegano Carlina e Alessandro -, verificava che i soldi degli appalti pubblici fossero spesi bene, nel rispetto delle normative, in maniera opportuna e trasparente. A tal punto che amava definirsi in maniera scherzosa ingegner ragioniere Gianesini».Un ruolo critico ed essenziale per il successo della ricostruzione del Friuli. «Andava molto fiero del contributo che aveva dato alla ricostruzione - aggiungono -. Aveva ricevuto complimenti e riconoscimenti dalla Regione anche perché l'intero staff aveva dato vita a quello che è diventato per tutti il "Modello Friuli" da seguire dopo questi tragici eventi».Dà il via libera quindi ad alcuni grandi progetti tra i quali anche villa Moretti e il ponte nuovo di Cividale. Fa da cerniera tra i sindaci e le imprese che ricevono in affidamento le opere. Nel 2000 diviene segretario generale straordinario, portando l'ente alla chiusura nello stesso anno, perché la finalità si può dichiarare in sostanza compiuta.Rimane, però, l'ultima grande opera da compiere, il castello di Colloredo. Ne cura personalmente l'affidamento dell'appalto nel 2003, e segue la progettazione preliminare e definitiva dell'opera.«È un vero peccato che sia morto venerdì nel giorno in cui sono stati smontati i ponteggi del maniero - dice la moglie Carlina -. Era il suo sogno vedere quell'opera completata. Mio marito era un uomo che lavorava molto dietro le quinte, laborioso e concreto».«Diceva sempre che le cose dovevano essere fatte bene e nel modo giusto - aggiunge Alessandro -. Era una persona forte e dotata di una grande integrità sul lavoro. Ma in famiglia era molto affettuoso». Il funerale sarà celebrato oggi alle 12, nella chiesa della Beata Vergine del Carmine di via Aquileia.

16 GIUGNO

La scure di Fedriga sui fondi ai migranti accoglienza di Mattia Pertoldi UDINE Una sforbiciata da oltre un milione di euro in due anni, ma soprattutto un chiaro messaggio politico (l'ennesimo in materia in poche settimane) a palesare il cambio di approccio radicale, promesso e mantenuto, sul tema dell'immigrazione. Come ampiamente previsto - per la verità in via informale fino a una manciata di giorni or sono - la giunta di Massimiliano Fedriga ieri ha infatti messo mano al Programma annuale immigrazione - parte di quel Piano triennale degli interventi in materia voluto dall'ex maggioranza di centrosinistra - sopprimendo gran parte delle spese non ancora impegnate. E parallelamente, non a caso, il centrodestra ha invece garantito un primo (mini) finanziamento da 50 mila euro per favorire i rimpatri volontari dei migranti.L'assessore RobertiIl concetto alla base dell'intervento è contenuto nella delibera presentata dall'assessore alla Sicurezza Pierpaolo Roberti e spiega, volgarizzando al massimo il punto di vista, che il programma immigrazione non collima minimamente né con le linee d'azione legislative presentate da Fedriga in Aula «che pongono al centro degli interventi regionali sul fenomeno il contrasto alla clandestinità» né con la generalità di giunta con cui l'esecutivo ha comunicato a Roma la volontà di mettere la parola fine all'esperienza dell'accoglienza diffusa. «Abbiamo ritoccato - ha spiegato Roberti - un piano immigrazione che ci siamo ritrovati e che prevedeva lo stanziamento di risorse per oltre 8 milioni. Riteniamo che, in linea con quanto espresso dal governatore nelle dichiarazioni programmatiche, si debba cominciare a tagliare queste spese per ridistribuire opportunamente risorse ai cittadini». Roberti ha voluto sottolineare «il risparmio di più di un milione in due anni, 600 mila già nel 2018», definendo il provvedimento «soltanto il primo passo della rivisitazione che intendiamo apportare a un sistema di accoglienza diffusa che noi vediamo in maniera completamente diversa. L'unico capitolo in aumento è quello sul rientro volontario assistito che abbiamo trovato a zero. Questi fondi sono destinati ai Comuni a favore delle persone che vogliono rientrare nei rispettivi Paesi di provenienza, ma non hanno le risorse per farlo».I capitoli di spesa cancellatiIl taglio complessivo dei finanziamenti equivale a 1 milione 153 mila 518 euro in due anni, di cui 618 mila 518 a valere già sull'esercizio 2018. La giunta ha deciso di sopprimere innanzitutto i micro e macro progetti per richiedenti o titolari di protezione internazionale per i quali il centrosinistra aveva stanziato, rispettivamente, 200 mila e 120 mila euro focalizzandosi su iniziative nei settori dell'istruzione, dell'integrazione socio-culturale e della formazione professionale. Il potenziamento della rete Sprar così come i progetti di convivenza, in mano agli enti del terzo settore e dedicati soprattutto ai titolari di protezione che escono dal sistema di accoglienza, non potrà più contare sui 150 mila euro originariamente previsti dall'ex assessore Gianni Torrenti. Una sforbiciata da oltre 130 mila euro, inoltre, riguarderà i servizi di orientamento e informazione dei richiedenti asilo e degli operatori interessati dalle inziative stesse, mentre 170 mila saranno "recuperati" tagliando le risorse al programma "Crocicchio 2.0" che prevedeva il coordinamento operativo tra gli aderenti al sistema Sprar regionale. Via, inoltre, pure i 200 mila euro per le iniziative rivolte a facilitare «la convivenza e il confronto costruttivo tra differenti etnie e culture , promuovendo la conoscenza reciproca quale condizione essenziale per l'inclusione delle persone straniere» così come i 150 mila per potenziare le attività di educazione civica e conoscenza del territorio a favore dei migranti.Novità e confermeCome accennato, l'unica novità saliente è lo stanziamento da 50 mila euro per favorire i rimpatri volontari di chi si trova in Fvg. Una cifra che va a integrare quanto dovrebbe mettere a disposizione lo Stato, così come stabilito dalle leggi Minniti che prevedono di attivare interventi di informazione nei confronti dei cittadini stranieri sull'opportunità del rimpatrio assistito, di cooperazione con le associazioni locali che si occupano di migranti e con le comunità nazionali e di collaborazione con le organizzazioni del terzo settore che intendano attivare percorsi di ritorno nei Paesi d'origine dei cittadini stranieri. Tutti confermati, invece, gli altri stanziamenti originariamente previsti a partire dal contributo regionale ai rimborsi garantiti agli enti locali in relazione alle spese sostenute per accogliere i minori non accompagnati. Una cifra che, stando alle previsioni della vecchia giunta, ai aggira sui 4,5 milioni.Le proteste del PdNon si sono fatte attendere le contestazioni alla decisione della giunta Fedriga. La prima a salire sulle barricate, infatti, è stata la dem Chiara Da Giau. «La giunta leghista riesce a dichiarare che toglie risorse dall'accoglienza diffusa dei richiedenti asilo - ha attaccato la consigliera regionale del Pd - quando nel Piano annuale queste risorse non sono ci sono. È una propaganda priva di contenuti quella che Fedriga, per bocca e mano dell'assessore Roberti, fa ancora una volta oggi, dimostrando la totale non conoscenza dei fatti e delle competenze della Regione». Da Giau ricorda che «l'accoglienza diffusa è attività gestita e finanziata dal Governo centrale attraverso le prefetture. La Regione non finanzia accoglienza diffusa. Il piano annuale dell'immigrazione comprende iniziative che si rivolgono agli stranieri che hanno già ottenuto protezione e hanno permesso di soggiorno e mira a risolvere alcune criticità nella loro gestione e inserimento per le quali gli enti locali e le associazioni di categoria hanno lungamente chiesto aiuto alla Regione». Come «le convenzioni per poter far lavorare queste persone, per esempio - cosa chiesta da tutti - o la formazione per favorire gli inserimenti lavorativi e impedire che finiscano nei giri di delinquenza: cosa chiesta da tutti».

a sacile

Testa di maiale appesa nella notte davanti a casa dei richiedenti asilo di Chiara Benotti SACILE Una testa di maiale mozzata appesa alla colonna della recinzione di una casa che, in viale San Giovanni del Tempio a Sacile, ospita otto richiedenti asilo pakistani. Per loro, ieri all'alba, è stato un macabro risveglio. Alle 6.20 i profughi hanno scoperto la carcassa e avvisato la Cooperativa sociale Karpos di Porcia, che ha allertato i carabinieri di Sacile e gli operai dell'azienda Ambiente servizi per la rimozione della testa di suino e delle interiora. Le indagini sono in corso per individuare gli autori di quello che i residenti hanno definito «un atto intimidatorio». «Non ci abbassiamo ai livelli di questi sconosciuti e ignoranti del grado di civiltà dell'Islam - ha commentato Samir Abd El Meguid portavoce del Centro culturale islamico di Pordenone -. Il Corano ci insegna a vivere in pace e a non rispondere alle ignoranze. Andiamo avanti con l'integrazione civile: è la prima volta che capita una simile intimidazione a Sacile».I profughiIl brutto risveglio è avvenuto nel giorno della festa di Id-al- Fitr, «che volevamo celebrare in moschea. È stato un "regalo" che non ci aspettavamo. Noi viviamo in pace». È stata una sgradita sorpresa sia per gli islamici sia per i sacilesi che abitano al primo piano della casa: il capo famiglia, B.L., che ha l'accesso in Strada Bassa delle Valli, ha avvisato il suo avvocato di fiducia. «L'atto intimidatorio potrebbe anche essere stato diretto alla mia famiglia - è stata la versione di B.L. -. Da cinque anni subisco pressioni e violenze da chi vuole sfrattarmi». Supposizioni. Altri vicini di casa non si sbilanciano e hanno timore a parlare: «Nel quartiere di San Giovanni del Tempio - ha ricordato l'ex consigliere comunale Rossana Casadio - non ci sono mai stati episodi di violenza razzista».L'accoglienza«Sacile è una città tranquilla che accoglie 30 richiedenti asilo gestiti dall'Ati di otto cooperative assieme a Nuovi vicini e poi ci sono altri 28 accolti nel progetto Sprar nell'area liventina e Aviano». Marta Pajer, vice della presidente Ivana La Trofa della coop Nuovi vicini, ha testimoniato l'altro grado di accoglienza diffusa dei richiedenti asilo: un modello che a suo dire funziona. «Gli stranieri sono coinvolti in corsi di italiano - ha aggiunto Pajer - e percorsi di formazione professionale nel settore gastronomico e manifatturiero. La coop Karpos coordina gli interventi con operatori e il progetto di inserimento per gli immigrati, approvato dalla Prefettura di Pordenone, ha una durata media di 18 mesi». I profughi sono in attesa dello status di rifugiati politici: chi vive nell'alloggio in viale San Giovanni ci spera. «Profonda amarezza - ha concluso Pajer - di fronte a questo gesto: la coop Karpos ha presentato denuncia». Gli accertamenti investigativi per risalire agli autori del gesto potranno stabilire anche le eventuali relazioni con la giornata di fine Ramadan.Le reazioni«Sacile conta circa 20 mila residenti e non ha mai registrato segnali di intolleranza». Il sindaco Carlo Spagnol, alla guida della città con la coalizione di Forza Italia e la civica di centrodestra alla guida della città, non ha dubbi. «Tutti assieme dobbiamo condannare questo gesto nel modo più assoluto - ha aggiunto -. È necessario che i responsabili vengano individuati e siano sanzionati in modo adeguato. Si tratta di un gesto sconsiderato». A Sacile la Lega è all'opposizione, ma ha una forte base di elettori, guidati dall'ex vicesindaco Vannia Gava, parlamentare e neo sottosegretaria all'Ambiente. «Si tratta di gesti inqualificabili, che condanno senza se e senza ma - ha affermato Gava -. Ho visto le immagini e sono scabrose. Un conto è la necessità non procrastinabile di cambiare la politica migratoria del nostro Paese, per la quale stiamo lavorando alacremente. Un altro sono azioni come queste, che non vanno fatte e sono da condannare».«L'animale non è quello in foto, ma chi ha fatto il gesto. Stavano per festeggiare fine #Ramadan richiedenti asilo, gente fragile che spera in futuro diverso. Vergogna!». Così il vicepresidente della Camera dei Deputati, Ettore Rosato (Pd) su Twitter su quanto avvenuto a Sacile.La fotoLa testa di maiale, fotografata da pakistani e sacilesi, è stata postata su Facebook dalla consigliera comunale del Pd di Udine, Eleonora Meloni, del Pd di Udine, che ha stigmatizzato il gesto e ha attaccato «la propaganda politica che quotidianamente ci stanno propugnando». «Quanto successo a Sacile è un fatto gravissimo -ha affermato la consigliera regionale del Pd, Chiara Da Giau, di origini sacilesi -. Questo fatto dimostra come le politiche razziste, urlate dalla Lega ci stiano trascinando indietro in una giungla di egoismi e inciviltà. Ci sono un governo nazionale e uno regionale che stanno smontando non l'operato di chi li ha preceduti ma le fondamenta stesse del nostro essere comunità umane e civili».

Segnali convergenti da Roma a Trieste Obiettivo: mostrare un cambio di rotta La Lega usa il pugno duro anche in Fvg di MARCO ORIOLES Mentre a Roma il ministro dell'Interno Matteo Salvini abbozza un cambio di rotta sull'immigrazione sulla pelle di 600 disperati, guadagnando l'improbabile plauso di Donald Trump, a Trieste si segue la linea. Su proposta dell'assessore alle Autonomie Locali Pierpaolo Roberti, la giunta regionale ieri ha deliberato un taglio milionario al programma sull'immigrazione.Inoltre, per sottolineare il nuovo corso e la sua direzione, è stato deciso simultaneamente uno stanziamento di 50 mila euro per finanziare le operazioni di reimpatrio assistito dei migranti. Da Roma e Trieste giungono dunque segnali convergenti. Che non sono soltanto il frutto della sintonia tra i compagni di partito Salvini e Fedriga, ma rappresentano l'avvisaglia dei tempi nuovi. Tempi in cui i migranti, già oggetto di una lunga campagna di demonizzazione, saranno oggetto di drastiche azioni finalizzate a far recepire loro, e al popolo italiano, che l'aria è cambiata.L'ora della solidarietà, e delle misure concrete per promuovere l'inclusione sociale dei nuovi arrivati, è finita. Al suo posto, prende avvio una fase nuova in cui governo nazionale e regionale, in tandem, faranno tutto quanto in loro potere non solo per disfare il lavoro delle amministrazioni precedenti, ma soprattutto per veicolare un messaggio al mondo: per dirla con le parole di Salvini, «la pacchia è finita».Le scelte fatte in questi anni, a Roma come a Trieste, per affrontare con umanità l'emergenza migranti cedono il posto a misure securitarie che considerano i loro destinatari come un gravame insopportabile per la società. Ogni gesto di attenzione nei loro confronti, ben simbolizzato dal programma dell'immigrazione varato dalla giunta Serracchiani, è definitivamente bandito. Finalmente entrata nella stanza dei bottoni, dopo avervi scacciato i "buonisti" del Partito Democratico, la Lega di governo intende caratterizzare il proprio operato con una linea intransigente nei confronti del fenomeno migratorio.Un fenomeno che il Carroccio ritiene necessario affrontare con pugno duro, evitando lassismi e mettendo al bando ogni sentimentalismo o spirito di solidarietà. Da tempo, la Lega considera l'immigrazione il problema numero uno che affligge il nostro Paese. Poco importa che ci sia un divario tra la percezione del problema, ingigantito da narrazioni antipatizzanti e da una torreggiante mole di luoghi comuni, e le sue effettive conseguenze sul tessuto sociale. La Lega ha deciso che l'immigrazione è il male assoluto e quindi ritiene inderogabile prendere provvedimenti.Ecco, dunque, Salvini chiudere i porti italiani alla nave Acquarius, e il suo luogotenente in Friuli Venezia Giulia cestinare un programma concepito per finanziare progetti finalizzati a favorire l'integrazione. Progetti che coinvolgevano spesso intere comunità, che hanno aperto le porte ai migranti con slancio ed empatia, senza pregiudizi né ostilità. Non è dato sapere se i migranti presenti in Friuli Venezia Giulia abbiano fiutato il cambiamento del vento, vale a dire se abbiano seguito come noi con palpitazione le recenti tornate elettorali. Di certo, con la decisione presa ieri dalla giunta, chi non ha colto il cambio di registro se ne accorgerà molto presto.

L'assemblea conferma i rinnovi entro ottobre e a novembre primarie aperte. Spitaleri: serve un congresso coraggioso Il Pd cambia i segretari provinciali e di Udine

UDINE «Con l'Assemblea regionale inizia il percorso congressuale del Partito democratico del Friuli Venezia Giulia, che si concluderà a metà novembre con le primarie, aperte a iscritti ed elettori, e l'elezione del nuovo segretario regionale e della nuova Assemblea». È lo schema che il segretario Salvatore Spitaleri ha illustrato ai delegati del partito, dopo che il presidente Franco Codega ha richiesto l'attenzione dei convenuti per commemorare la figura di Ettore Romoli, il presidente del Consiglio regionale scomparso due giorni fa. Spitaleri ha spiegato che «le fasi congressuali sono tre», e che «la prima fase, preparatoria al congresso, si svolgerà da adesso e fino a luglio e agosto, approfittando anche delle occasioni fornite dalle Feste dell'Unità. Ci saranno incontri e iniziative aperte a iscritti ed elettori sui temi di carattere politico di maggior interesse regionale e nazionale per la costruzione di un centrosinistra alternativo in regione e a Roma». «Nei mesi di settembre e ottobre - ha continuato Spitaleri - dopo la presentazione delle candidature si svolgerà una fase di confronto sui documenti programmatici all'interno dei Circoli del partito. Si terrà inoltre l'elezione degli organismi territoriali: verranno in particolare rinnovati i segretari dei coordinamenti territoriali di Gorizia, Pordenone e Udine e quello della città di Udine».«Si entra nel vivo del congresso - ha precisato Spitaleri - da metà di ottobre in poi, quando partirà la fase più prettamente pubblica della competizione, animata dagli incontri e dalle iniziative dei candidati alla segreteria regionale, in preparazione del voto per le elezioni primarie, che si terranno l'11 novembre». Alla carica di segretario regionale possono competere gli iscritti al Pd, mentre il segretario sarà scelto da tutti i cittadini che si dichiareranno elettori nel Pd nei circa 200 gazebo e sedi che verranno allestiti per l'11 novembre. A sovraintendere tutte le fasi, garantire piena partecipazione e correttezza, sarà una Commissione congressuale di nove "saggi" che verrà insediata già nella prossima settimana. Entro fine luglio ci si attende che venga definito il percorso nazionale, e quindi non si esclude che entro la fine dell'anno possa essere celebrato anche il congresso nazionale per l'elezione del successore di Maurizio Martina. «Nel nostro congresso ci giochiamo molto più di noi stessi e - ha sottolineato il segretario - della nostra esistenza come partito, dobbiamo essere coraggiosi. È affidata alla nostra responsabilità la permanenza e il peso specifico di valori fondanti della comunità regionale e nazionale. Di questo dobbiamo essere ben consapevoli».Il segretario regionale ha dato infine lettura dei nominativi dei membri della Commissione dei saggi: Barbara Bertoia (Valvasone e Arzene), Salvatore Dore (Trieste), Franco Lenarduzzi (Ruda), Gabriella Passantino (Fogliano Redipuglia), Claudio Pedrotti (Pordenone), Adele Pino (Trieste), Angiola Restaino (Gorizia), Mariagrazia Santoro (Udine), Renzo Travanut (Udine).

Roberti incontra i sindaci, ribadisce il no ai commissari e il ritorno agli Ambiti «Abbiamo stanziato nuove risorse: nessun taglio, daremo a chi non ha avuto» La giunta premia i ribelli fondi ai Comuni fuori Uti di Maura Delle Case UDINE L'etichetta "ribelli" ha i giorni contati. Al massimo per l'assestamento di bilancio i sindaci che negli ultimi tre anni sono saliti sulle barricate contro la riforma delle Autonomie locali torneranno a essere pari agli altri. Tempi tecnici permettendo, con la manovra finanziaria di mezza estate in Consiglio dovrebbero infatti approdare i primi correttivi. L'ha annunciato ieri mattina, in regione a Udine, l'assessore alle autonomie locali Pierpaolo Roberti incontrando la truppa dei sindaci "ribelli", capitanati dall'ex sindaco di Forgaria, Pierluigi Molinaro. Al primo via-à-vis con la "base", Roberti si è presentato novità alla mano: «Abbiamo appena approvato in giunta una generalità che prevede lo stanziamento di nuove risorse per interventi strategici in favore dei territori che sono rimasti esclusi dai riparti dell'Intesa per lo Sviluppo 2018-2020. Con questi andremo a siglare nuovi patti. Non toglieremo a nessuno, daremo invece a chi non ha avuto». Ai Comuni rimasti fuori alle Unioni, esclusi dai finanziamenti, ma anche limitati nelle assunzioni e tagliati fuori dal Cal. «Storture», così le ha etichettate Roberti, che l'amministrazione regionale sta passando alla lente d'ingrandimento in cerca di altrettante soluzioni. Che arriveranno - parola sua - entro l'anno.Dai nuovi fondi al via libera per le assunzioni di personale, passando per il ritorno ai "vecchi" ambiti socio-assistenziali, fino alla rimodulazione del Consiglio delle autonomie (Cal) che oggi è composto dai soli presidenti delle Uti e rappresenta dunque solo una parte della regione. «In un primo momento allargheremo la composizione del Cal ad alcuni rappresentanti dei Comuni extra Unioni, in ipotesi i capofila dei vecchi ambiti», ha anticipato Roberti chiarendo che si tratterà di una soluzione provvisoria in attesa di riscrivere la composizione del Cal, perché torni a essere autorevole e rappresentativo.Altrettanto transitorio è il destino delle Unioni. Se da un lato Roberti ha respinto l'ipotesi di commissariamento, intenzionato a non «forzare la mano», dall'altro si è detto convinto della futura evaporazione degli invisi enti, come naturale risultato del "liberi tutti". Entro l'anno arriverà in Aula una modifica della legge 26/2014 che lascerà decidere agli enti locali se entrare, uscire o restare in Uti, togliendo la mannaia delle penalizzazioni disseminate nelle norme collegate. Musica per le orecchie dei sindaci che hanno congedato l'assessore con un caloroso applauso. Il secondo della giornata. Il primo è stato il tributo, chiesto dagli ex sindaci di Forgaria e Sacile, Molinaro e Roberto Ceraolo, per ricordare i colleghi Ettore Romoli (Gorizia) e Piero Barei (Morsano al Tagliamento).

Milan confermato direttore generale fino all'agosto 2019 Dal 18 giugno al 1º agosto 2019. Nel segno della continuità. Il governatore Massimiliano Fedriga ha confermato Franco Milan (nella foto) direttore generale della Regione. Nominato dg dall'ex presidente Debora Serracchiani nell'ottobre del 2016, Milan si è guadagnato la riconferma con Fedriga. Che nel proprio decreto di nomina ha indicato la necessità di dare continuità all'azione amministrativa visto l'avvio della nuova legislatura. Milan, 60 anni, è entrato in Regione nel febbraio 2002, come direttore del servizio per l'incentivazione del commercio e del terziario, per diventare direttore centrale alle Attività produttive dal 2003. Laureato in Scienze politiche all'università di Trieste Milan è stato anche direttore dell'Erdisu di Trieste (Ente regionale per il diritto e le opportunità di studio universitario), dal 2008 al 2010. Il suo stipendio, come nella precedente gestione, resta fissato in 150 mila euro lordi l'anno. (m.d.c.)

Bolzonello (Pd) striglia l'esecutivo «Così si creano municipi di serie A e B» Il Consiglio delle autonomie locali ha detto "no" allo slittamento del termine, fissato al 1º luglio, del passaggio di nuove funzioni alle Uti e di quel no «l'assessore Pierpaolo Roberti e la giunta devono tener conto». Il monito arriva dal capogruppo del Pd in Consiglio, Sergio Bolzonello (nella foto), che invita l'assessore a non ignorare «la voce del territorio». «Roberti - afferma il dem, vaticinando Comuni di serie A e serie B - va avanti lo stesso, incitato dai sindaci ribelli che ora vogliono riscuotere il prezzo della loro azione contro la giunta di centrosinistra. Ci chiediamo: dov'è finito il dialogo con il territorio? Vediamo solo una Lega che comanda e Comuni che devono obbedire». (m.d.c.)

vertice con i sindacati

Fvg Strade, spiraglio per i 154 ex dipendenti UDINE Massima apertura ad ascoltare e avviare un confronto costruttivo con i sindacati sulla situazione dei 154 ex dipendenti provinciali del servizio viabilità che dopo essere passati alle dipendenze della Regione sono destinati - per legge - a finire sul libro paga di Fvg Strade. Passando dunque da un datore di lavoro pubblico a una Spa. Motivo di tensione tra la passata amministrazione regionale e le parti sociali che ieri hanno, per la prima volta, incontrato i nuovi titolari delle materie di competenza, gli assessori regionali alla Funzione Pubblica, Sebastiano Callari, e al Territorio, Graziano Pizzimenti. «Abbiamo ascoltato i sindacati e fatto nostre le loro preoccupazioni. Ora ascolteremo anche l'azienda, spero la prossima settimana, dopodiché tireremo le fila», ha assicurato Callari a margine del tavolo con i segretari regionali di Fp Cgil, Fp Cisl, Cisal e Ugl. L'assessore ha liquidato la norma come un provvedimento che «oltre ad aver generato preoccupazione e malcontento tra i dipendenti, ha portato alcune criticità relativamente ai costi, che sono lievitati. Il nostro obiettivo - ha aggiunto Callari - è quindi dare risposte rapide, sia ai lavoratori sia ai cittadini che chiedono servizi di qualità e sostenibili economicamente. L'errore più grave è stato quello di calare l'applicazione della norma dall'alto, senza prima aver dialogato soggetti coinvolti. Siamo al lavoro per individuare la migliore modalità d'azione, porteremo in Consiglio regionale una serie di modifiche alla legge il prima possibile».Dal canto suo, Pizzimenti ha evidenziato «la presenza di evidenti criticità nell'assetto di Fvg Strade che saranno da subito oggetto di valutazione da parte della giunta. Dobbiamo effettuare un'analisi complessiva, che richiederà tempo, per capire se sia meglio mantenere l'attuale assetto o modificarlo sulla base delle sinergie che dovranno essere sviluppate con il riassetto degli enti locali». Rispetto ai dipendenti, l'assessore al Territorio ha precisato che la soluzione del problema passa «dall'armonizzazione della riforma degli enti locali», preliminare all'avvio di una successiva riconsiderazione «dello status della società».(m.d.c.)

L'assessore Callari: sul Comparto unico le coperture ci sono La prossima dovrebbe essere la settimana decisiva. Corte dei conti e amministrazione regionale si confronteranno sul nodo delle coperture per il rinnovo del contratto dei dipendenti del Comparto unico regionale - poco più di 13 mila lavoratori -, stoppato dalla magistratura contabile che ha eccepito su alcuni punti dell'accordo siglato da sindacato e delegazione trattante di parte pubblica. Le eccezioni sollevate dalla magistratura contabile sono all'esame dell'assessore alla Funzione Pubblica, Sebastiano Callari, che ieri ha annunciato al sindacato di essere al lavoro. «Abbiamo studiato bene come riproporre il contratto alla Corte - ha fatto sapere Callari -, dalla quale ci presenteremo con una nuova proposta, una norma ad hoc che andrà a specificare senza margini d'incertezza dove sono allocate le risorse a copertura del rinnovo. Risorse - ha concluso l'assessore - che ci sono. Se avremo il via libera della Corte, il provvedimento potrebbe essere licenziato prima dell'assestamento». (m.d.c.)

lo scontro

Fedriga conferma: chiederemo a Roma di gestire le Cciaa UDINE «La Regione chiederà allo Stato la piena attuazione dei principi enunciati nel proprio Statuto in materia di economia, con particolare riferimento all'ottenimento della competenza legislativa in tema di ordinamento delle Camere di Commercio».Parola del governatore Massimiliano Fedriga. «Una decisione - spiega Fedriga - che guarda oltre il principio della maggior responsabilizzazione dei territori attraverso la devoluzione di competenze e risorse, a cui rimango comunque profondamente legato, ma che affonda invece le proprie radici negli articoli 4 e 5 del nostro Statuto. Si tratterebbe pertanto semplicemente di dare seguito a quanto già disposto per legge costituzionale: un percorso che, per essere intrapreso, non impone oneri alcuni e i cui adempimenti richiedono esclusivamente il coinvolgimento della Commissione Paritetica».Parole, quelle di Fedriga, pronunciate anche in replica a quanto dichiarato ieri da Michelangelo Agrusti dopo la bocciatura da parte del Tar del Lazio della richiesta di stop alla procedura di accorpamento della Cciaa di Pordenone con quella di Udine. «La battaglia per l'autonomia della Cciaa Pordenone - ha detto - non è una questione di campanile, ma di giustizia, la soluzione non può essere burocratica, ma politica. Pordenone ha lo stesso diritto di esistere di Trieste o di Udine e i tempi sono stretti, massimo tre settimane. Non ci arrenderemo mai, se servirà organizzeremo iniziative clamorose per richiamare tutte le istituzioni, le stesse che qualche settimana fa in campagna elettorale, ma anche dopo, sono venute qui a garantire il proprio impegno. La politica faccia le sue scelte e poi trovi le modalità per porle in essere».Agrusti ricorda che «nella composizione del nuovo Consiglio camerale, a Udine spettano 26 posti e a Pordenone soltanto 4. La logica bulimica degli apparentamenti, di là del Tagliamento, ha contagiato tutti, fors'anche i colleghi di Confindustria. Noi di Unindustria, che di posti ne abbiamo tre, non daremo alcuna disponibilità, alcun nome. E credo che Confartigianato locale farà lo stesso». L'alternativa suggerita è rivolta alla Regione la quale «con una specifica iniziativa attraverso la Paritetica, potrebbe chiedere allo Stato la competenza in materia di ordinamento delle Camere di Commercio». Richiesta che, come accennato, ha trovato immediatamente sponda favorevole nel presidente Fedriga.

IL PICCOLO 18 GIUGNO

L'addio a Romoli fra cacciata di Fi e accuse in chiesa

Gorizia di Diego D'Amelio GORIZIA Un grande abbraccio collettivo ha salutato Ettore Romoli, sabato mattina nella sua Gorizia. A dare l'addio al vecchio leone c'era un'intera comunità cittadina, con migliaia di persone che fino all'ultimo momento possibile hanno reso omaggio al feretro nella camera ardente collocata nel foyer del teatro Verdi. Ma è anche l'intera comunità politica del Friuli Venezia Giulia ad aver portato il proprio ossequio a Romoli, che nella sua carriera è stato senatore e deputato, consigliere e assessore regionale, sindaco e infine presidente del Consiglio regionale. Alleati e avversari, tutti uniti nel rispetto di un uomo delle istituzioni trasversalmente stimato. Tutti uniti, a eccezione di Forza Italia, di cui Romoli è stato tra i fondatori, ma i cui vertici locali non hanno preso parte alla cerimonia. La cacciata degli azzurriGià venerdì i figli Andrea e Francesca avevano fatto sapere alla coordinatrice azzurra, Sandra Savino, il proprio desiderio di non vederla presente al funerale. Dopo la scomunica lanciata da quest'ultima, nonostante Romoli fosse ricoverato da giorni in terapia intensiva, la famiglia considerava un oltraggio alla memoria del padre la volontà di Savino di presenziare ugualmente alle esequie. La deputata non si è vista, ma sabato lo scontro tra i Romoli e lo stato maggiore di Forza Italia è esploso, quando il figlio Andrea ha personalmente cacciato dalla camera ardente, in momenti diversi, prima l'ex senatore Giulio Camber, poi il consigliere regionale Piero Camber e il deputato Roberto Novelli. Saputo dell'accaduto, il vicepresidente della giunta, Riccardo Riccardi, ha cancellato il pur programmato arrivo a Gorizia e lo stesso hanno fatto i senatori Franco Dal Mas e Laura Stabile. Assente anche l'assessore berlusconiana Tiziana Gibelli. Tra i forzisti hanno fatto invece capolino il parlamentare Guido Pettarin, i consiglieri regionali Piero Mauro Zanin, Franco Mattiussi e Mara Piccin, oltre all'ex Bruno Marini e alcuni dipendenti del gruppo regionale. Unico personaggio non locale, l'europarlamentare Elisabetta Gardini. Gli altri partitiAl gran completo si è presentata la delegazione della Lega, capitanata dal presidente Massimiliano Fedriga e dagli assessori Sebastiano Callari, Graziano Pizzimenti, Pierpaolo Roberti, Barbara Zilli e Stefano Zannier. Diversi anche i consiglieri del Carroccio, a cominciare dal capogruppo Mauro Bordin. Fra gli alleati, presenti anche gli assessori Fabio Scoccimarro e Sergio Bini, i deputati Renzo Tondo e Walter Rizzetto. Numerosi i sindaci in fascia tricolore di ogni schieramento, tra cui i primi cittadini di Udine e Monfalcone, e Anna Cisint. Il sindaco di Trieste si è fatto invece rappresentare dal vice Paolo Polidori. Presenti inoltre i vicepresidenti del Consiglio, Stefano Mazzolini e Francesco Russo. Nutrita anche la pattuglia dem, con la senatrice Tatjana Rojc, il segretario Salvatore Spitaleri e svariati consiglieri. Hanno portato il saluto del M5s, il viceministro Vincenzo Zoccano, la deputata Sabrina De Carlo e la consigliera Ilaria Dal Zovo. Il discorso del figlioNell'orazione funebre, Andrea Romoli si è nuovamente scagliato contro i vertici di Forza Italia. «L'affezione di mio padre era assolutamente curabile - ha spiegato - se affrontata nei tempi giusti, ma lui aveva una battaglia da combattere. I medici lo avevano supplicato di operarsi quattro mesi fa ma sapeva che se si fosse mostrato debole i suoi nemici, gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà, gli si sarebbero buttati addosso. E così mentre ogni giorno le forze lo abbandonavano, quegli uomini piccoli cercavano di fare il vuoto attorno a lui per farlo crollare». Non manca il passaggio sulla momentanea conferma del capo di gabinetto, Adriano Baiutti, nonostante la vicinanza al Pd: «Conscio ormai dell'aggravarsi della sua situazione, mio padre ha voluto assicurare la continuità dell'ufficio di presidenza. Per questo gesto di responsabilità ha patito l'onta di essere espulso dal partito che aveva contribuito a creare, poche ore prima della sua morte. La sua colpa è stata quella di non volersi piegare a meschine logiche di potere». Ziberna e FedrigaIn chiesa, un commosso sindaco Ziberna ha ricordato «l'onorevole zio Ettore, maestro di politica ma prima ancora di vita. Mai avrei potuto pensare, quella notte di venticinque anni fa in cui riuscimmo a convincerlo ad accettare la candidatura al Senato nelle liste di Forza Italia, che avremmo percorso insieme un cammino così lungo. La Gorizia di oggi e di domani hanno in sé una importante componente disegnata da Ettore». Il governatore Fedriga ha detto di voler «fare soltanto una promessa a Ettore: quella di riuscire a essere all'altezza dell'insegnamento che ci ha dato con la sua vita». Fedriga lo ha commemorato «non soltanto come sindaco o deputato, ma come persona con grandi doti umane. Sarebbe stato un valido e autorevole presidente del Consiglio regionale. L'aver lavorato al suo fianco in questa mia esperienza alla guida della Regione è stato un grande onore».

Secondo alcuni Berlusconi avrebbe già deciso: Sandra out? Per Silvio la carta Balloch di Marco Ballico TRIESTE Secondo alcuni, Silvio Berlusconi avrebbe già deciso: fuori Sandra Savino, dentro Stefano Balloch. Secondo altri non c'è invece ancora alcun verdetto. Anzi, il siluramento della coordinatrice sarebbe una voce «messa in giro ad arte da chi vuole il male del partito». La certezza è però che il caso ha spaccato il partito: da una parte coordinamento regionale e parlamentari, dall'altra la fronda che spinge per il rinnovamento e ha un motivo in più per chiedere il cambio della guardia dopo il clamoroso caso dell'attacco politico di Savino a Ettore Romoli, ricoverato in ospedale e poi scomparso pochi giorni fa. Un attacco legato alla decisione presa da Romoli di confermare fino a novembre il dem Giorgio Baiutti nella carica di capo di gabinetto della presidenza del Consiglio regionale. Quelle parole inopportune di sicuro come tempistica segneranno la fine del coordinamento Savino-Riccardi? Ieri, il giorno dopo i funerali di uno dei fondatori di Forza Italia in Fvg, si sono diffusi i rumors su un Berlusconi pronto a muoversi in tal senso. Lo avrebbe pure annunciato ad Andrea Romoli, il figlio di Ettore, in una telefonata che il diretto interessato conferma, ma senza far trapelare nulla sui contenuti. Di certo, Berlusconi non avrà gradito la vicenda, tanto più perché ha coinvolto oltre a due esponenti importanti del partito, pure un amico come Romoli, ricordato con un intervento commosso su Facebook. Nessun dubbio dunque che Silvio abbia manifestato solidarietà al figlio. Altrettanto certo è che i vertici nazionali azzurri hanno preso informazioni su quanto accaduto e nei prossimi giorni se ne discuterà. Fosse per lui, Vittorio Sgarbi avrebbe già deciso. Il deputato ferrarese, intenzionato a costruire un gruppo "Rinascimento" in polemica con Fi, spiega di uscire dal gruppo berlusconiano «anche per le vergognose affermazioni di Savino su Romoli». Altra voce è quella che riguarda Balloch. Il sostituito di Savino sarebbe proprio il sindaco di Cividale, tagliato fuori dal coordinamento al momento della composizione delle liste per le politiche. «Non ne sono informato», dice Balloch, senza tuttavia escludere una chiamata. Ma sarà davvero così? Franco Mattiussi, consigliere regionale con contatti di lunga data con Arcore, non ne è così sicuro: «Credo che di quanto successo si parlerà eventualmente dopo i ballottaggi. Ma credo anche che, per quanto il metodo sia stato senz'altro sbagliato, Savino non avesse alcuna intenzione di umiliare Romoli in un momento di difficoltà».

il foyer Ritirati i libri firme per velocizzare il flusso La bara ha varcato il portone della chiesa di Sant'Ignazio alle 12.04. Nonostante l'inarrestabile flusso di cittadini alla camera ardente allestita nel foyer del Teatro Verdi di Gorizia, la messa funebre è iniziata quasi in orario. Sono state così tante le persone che sabato mattina hanno voluto portare il proprio personale saluto a Ettore Romoli che a un certo punto, per rendere più veloce la coda che aveva doppiato l'angolo tra via Garibaldi e corso Verdi, sono stati ritirati i libri delle firme. Le porte della camera ardente sono state tuttavia chiuse con dieci minuti di ritardo rispetto alle 11.30 previste dal cerimoniale.

Dal Verdi fino a Sant'Ignazio una città dietro il suo sindaco la partecipazione di Marco Bisiach GORIZIA Un'impressionante testimonianza di affetto, di stima, di vicinanza. È stata tutto questo la partecipazione, sabato, al lungo addio ad Ettore Romoli. Un'intera città, Gorizia, si è stretta accanto alla famiglia e alle persone più vicine all'ex sindaco e presidente del Consiglio regionale, in un modo che, per numeri e commozione collettiva, non si ricorda nel capoluogo isontino. La gente - persone comuni assieme ad autorità, figure istituzionali, esponenti di associazioni, giovani e meno giovani - ha iniziato a radunarsi di fronte al Teatro Verdi, dov'era stata allestita la camera ardente, già prima delle 8, attendendo in composto silenzio l'apertura, dopo le 8.30. Da quel momento, e per oltre tre ore, in via Garibaldi l'afflusso di persone che volevano omaggiare per un ultima volta Romoli è stato incessante, e alla fine sono stati quasi cinquemila coloro che sono passati nel foyer del teatro, lasciando un messaggio o anche semplicemente una firma sui registri predisposti per l'occasione. Il feretro ha trovato posto in mezzo a decine di corone e mazzi di fiori, accanto ai picchetti d'onore di polizia, carabinieri, polizia locale, guardia di finanza e alpini. Alle sue spalle, quel manifesto e quella foto che avevano accompagnato le ultime campagne elettorali e che a Romoli, rimasto fino all'ultimo uomo di politica e per la politica, piacevano tantissimo. Mentre il sole iniziava a scottare sulle spalle di chi attendeva nella fila (che si è ben presto allungata fino a corso Verdi), nel cuore di Gorizia si mischiavano le lacrime, tantissime, di chi piangeva l'ex primo cittadino, e pure qualche sorriso malinconico, di chi, con amici o colleghi, ne ricordava quella tal battuta di spirito, quel modo di fare o di dire. Tante le associazioni, sportive o culturali, che hanno voluto essere presenti, portare il loro messaggio di cordoglio. Come quello espresso, poche ore prima dal palco dell'auditorium di via Roma, dal coro Monte Sabotino: Romoli, aveva voluto concedere il patrocinio del Consiglio regionale proprio perché il coro, tanto caro a Gorizia, potesse esibirsi senza dover affrontare le spese per l'affitto della struttura. E il gruppo lo ha ricordato dedicandogli il concerto e soprattutto l'ultima canzone, la celeberrima "Signore delle cime". Ma tantissime, davvero, sono le immagini destinate a rimanere impresse nella memoria dei goriziani, della lunga mattinata d'addio. I due vicesindaci dei mandati a Gorizia, Fabio Gentile e Roberto Sartori, si sono attesi l'un l'altro per entrare assieme nell'atrio del teatro, e ne sono usciti affranti, in lacrime. Provata anche Anna Maria Cisint, oggi sindaco di Monfalcone e ieri una delle colonne della "macchina" comunale di Romoli, come dirigente. L'ex consigliere comunale Livio Bianchini, fiero oppositore da un punto di vista prettamente politico, uscendo dalla camera ardente ha incrociato il sindaco Rodolfo Ziberna, che arrivava con la famiglia, e si è lasciato andare ad un inconsolabile «ho perso un vero amico». E ancora, primi cittadini in fascia tricolore ed esponenti politici di oggi e di ieri, che poco dopo le 11.30 (quando per riuscire a celebrare in orario le esequie si è dovuto procedere alla chiusura della camera nonostante ci fossero ancora centinaia di persone in attesa) si sono uniti alla folla nel lungo applauso che ha accompagnato l'uscita del feretro, accolto sul carro funebre. Una Jaguar, probabilmente non a caso, visto che Ettore Romoli in vita era stato appassionato ed estimatore del marchio automobilistico britannico. Poi, il corteo, quasi mille persone che, lentamente, hanno accompagnato Romoli fino alla chiesa di Sant'Ignazio, passando davanti al Municipio, la sua casa per dieci anni, dove è stata effettuata una breve sosta sottolineata da un applauso spontaneo, e poi lungo via De Gasperi e via Roma. Ai lati della strada sfilavano le vetrine dei negozi e dei locali, sulle quali gli esercenti avevano appeso già dal giorno precedente un semplice cartello con un altrettanto semplice scritta, "Ciao Ettore". Il tutto mentre già sulle pagine dei social network le foto di quella folla silenziosa e commossa venivano condivise e commentate da chi non poteva essere presente sul posto, ma c'era con il pensiero. Infine l'arrivo in piazza Vittoria, con tante persone che hanno dovuto seguire la messa all'esterno, attraverso gli altoparlanti, visto che in chiesa non c'era più un posto libero. Seduti tra i banchi o in piedi lungo le navate, in centinaia hanno ascoltato l'omelia del vescovo Redaelli e soprattutto i ricordi, i saluti commossi del governatore Fedriga, del sindaco Ziberna, dell'arcivescovo emerito De Antoni e soprattutto del figlio dello stesso Romoli, Andrea. La cerimonia è stata accompagnata dal violino del maestro Magnarin e, tra le letture, da segnalare anche quella in lingua slovena che - come ha voluto sottolineare ieri Andrea Romoli - ha fatto «enormemente piacere alla famiglia», come testimonianza dell'importanza del lavoro svolto dall'allora sindaco di Gorizia per il superamento dei confini, per il Gect, per la collaborazione transfrontaliera. Ma, sicuramente, oltre che per i risultati amministrativi, e più che per il politico, erano tutti per l'uomo anche gli applausi che hanno salutato la bara all'uscita di Sant'Ignazio - portata a spalla da Andrea Romoli, Ferruccio Saro, Rodolfo Ziberna, Massimiliano Fedriga e Michel Mucci, storico portavoce di Romoli - nel suo allontanarsi lento verso il cimitero centrale, con il sole a picco su piazza Vittoria. Ma con la sensazione di un tramonto, quello di una fase della storia recente della città.

la fila L'affetto della gente che ha colpito i familiari «Era mio padre». Prima dell'invettiva contro «gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà», Andrea Romoli ha mostrato tutto l'affetto del figlio nei confronti del genitore. Senza nascondere gli attriti che hanno caratterizzato il loro rapporto nel corso degli anni, nella sua orazione funebre ha parlato di un sentimento di gelosia nei confronti della città di Gorizia, tanto amata dal padre. La mole di messaggi ricevuti gli ha però fatto capire che di fronte aveva tanti fratelli e sorelle che non sapeva di avere. «Ho finito per realizzare - ha detto - che Ettore Romoli era padre non solo mio, ma di un popolo che in lui aveva trovato un punto di riferimento».

gli amici politici Il ricordo dell'europarlamentare Gardini Un destino epico nel nome. Andrea Romoli ha paragonato il padre Ettore all'omonimo personaggio di Omero, «l'eroe che nell'Iliade sacrifica la sua vita per proteggere la sua città». In questo modo ne ha, di fatto, scritto la leggenda. Contro il parere dei medici, l'ex sindaco di Gorizia aveva, infatti, trascurato la propria salute. Sicuro che una sua vittoria avrebbe reso più forte il capoluogo isontino aveva rinviato le cure a dopo le elezioni, ma questo gli è stato fatale. «Ettore, come tutti lo chiamano, era un amico, una persona davvero speciale, un po' come l'eroe di Troia» ha poi aggiunto la capogruppo di Fi al Parlamento Ue, Elisabetta Gardini (foto), invitando tutti a raccoglierne degnamente l'eredità.

17 GIUGNO

Il giorno dell'addio al presidente Romoli In migliaia a Gorizia La scomparsa di Marco Bisiach GORIZIA È il giorno del lutto e dell'estremo saluto di Gorizia e della regione a Ettore Romoli, presidente del Consiglio regionale e per due mandati sindaco del capoluogo isontino, scomparso nella notte tra mercoledì e giovedì all'ospedale di Udine dov'era ricoverato e dove era stato sottoposto a due interventi per tentare di risolvere i problemi di salute che l'avevano colpito. Per i funerali sono attesi in migliaia, oggi, a Gorizia. Autorità, locali e non solo (anche se non sono arrivate conferme sulla ventilata presenza di alcuni big della politica nazionale), ma soprattutto gente comune, goriziani che indipendentemente dalla loro appartenenza e dalle loro scelte alle urne tributeranno l'omaggio che si deve a un uomo che ha segnato una lunga epoca della città. Anche in previsione di una partecipazione tanto massiccia, dunque, si è pensato a misure particolari, come ad esempio quella di predisporre un impianto audio fuori dalla chiesa di Sant'Ignazio - dove saranno celebrate le esequie - per permettere alle persone che rimarranno all'aperto, in piazza Vittoria, di seguire la cerimonia. Ieri mattina l'Ufficio di presidenza regionale era a Gorizia per definire tutti i dettagli istituzionali della celebrazione, confrontandosi prima con la famiglia e con la Curia (visto a che ad officiare la messa sarà personalmente l'arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli), poi con il sindaco Ziberna in municipio. Il Comune ha messo a disposizione il teatro Verdi per la camera ardente che sarà allestita nel foyer, omaggiata dai picchetti di Polizia locale, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, e aperta alla cittadinanza dalle 8.30 fino alle 11.30. A quell'ora partirà da via Garibaldi il corteo funebre con i gonfaloni della Regione e del Comune di Gorizia che dietro al feretro e con i membri della famiglia di Ettore Romoli sfileranno precedendo le autorità del territorio e i cittadini. Si passerà, dopo poche decine di metri, davanti al Municipio, e qui il corteo effettuerà una breve sosta, per poi riprendere la sua strada lungo via De Gasperi e via Roma, fino in piazza Vittoria e alla chiesa di Sant'Ignazio. Ci saranno sicuramente il presidente della Regione Fedriga, i parlamentari dell'Isontino, il prefetto, i tre sindaci del Gect Go (quelli di Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba), molti primi cittadini della provincia e i rappresentanti delle forze dell'ordine. A ricordare Romoli durante la cerimonia saranno le parole del figlio Andrea, quelle del governatore Fedriga e del sindaco Ziberna, mentre ad accompagnare i funerali, in chiesa, sarà il violino del maestro Giorgio Magnarin, con un coro che probabilmente attenderà il feretro all'uscita. A quel punto ci sarà ancora tempo per l'ultimo abbraccio della città, e per il viaggio fino al cimitero centrale, dove Ettore Romoli riposerà nella tomba di famiglia.

I figli vietano a Savino l'ingresso in chiesa il retroscena di Diego D'Amelio TRIESTE È giunto il momento dell'estremo saluto al leone di Gorizia, ma mentre Ettore Romoli consuma il suo ultimo atto su questa terra, i fili della politica si intrecciano attorno alle molte partite aperte dalla scomparsa del presidente del Consiglio regionale. E se nella comunità azzurra tiene banco la discussione locale e nazionale sul futuro politico della coordinatrice di Forza Italia Fvg, Sandra Savino, in Regione è difficile non domandarsi chi verrà scelto per subentrare a Romoli sullo scranno più alto dell'aula di piazza Oberdan, dove si registra intanto l'interruzione del rapporto di lavoro del segretario particolare del presidente, avvenuto con tempistica quanto meno singolare dato che la lettera di licenziamento è partita soltanto poche ore dopo la morte dell'ex sindaco di Gorizia. Savino assente al funerale?Da quanto si dice negli ambienti berlusconiani, la coordinatrice di Fi avrebbe in un primo momento voluto partecipare alle esequie di Romoli, nonostante la polemica che l'ha investita dopo la sostanziale messa al bando dal partito spiccata nei confronti di uno dei fondatori di Forza Italia in Fvg, reo a suo dire di aver rinnovato per alcuni mesi la posizione del capo di gabinetto uscente, Giorgio Baiutti, invece di accettare l'indicazione della segretaria particolare di Riccardi, Fanny Codarin, come proposto appunto da Savino. Non appena saputo delle intenzioni di quest'ultima, i figli Andrea e Francesca Romoli hanno chiesto allo stesso Baiutti di comunicare a Savino che la sua presenza non sarebbe gradita e anzi verrebbe considerata un oltraggio alla memoria paterna, il cui ricordo sarà affidato alle orazioni del figlio Andrea, del governatore Massimiliano Fedriga e del sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna.L'editoriale di SgarbiVittorio Sgarbi commemora nel frattempo Romoli in un corsivo pubblicato sulla prima pagina del Giornale, mettendo a sua volta nel mirino la polemica sollevata dalla coordinatrice regionale. «Onore a Ettore Romoli. Oggi è morto - scrive il parlamentare di Forza Italia - ma non in pace, esiliato dalle sue stesse idee con un gesto ingeneroso, e che la morte stigmatizza. Romoli continua a vivere, altri non sono mai stati vivi. Sembra incredibile che chi non ha mai fatto nulla se non confusione abbia infierito con crudeltà e insensatezza su personalità grandi e di antiche radici come Romoli». Sgarbi parla di «inutile e barbara violenza del tutto estranea alla sensibilità e ai metodi di Silvio Berlusconi (che certamente contrasterà la decisione di esponenti inconsistenti e prepotenti del suo partito, andando ai funerali di Romoli). Il Pd non ha cacciato il ribelle Emiliano, Forza Italia ha cacciato Romoli. Uno strano segnale per la casa delle libertà».Le decisioni del CavGli interrogativi su Berlusconi riguardano tanto la sua possibile venuta al funerale di Romoli, quanto la decisione finale che il capo di Forza Italia assumerà su Savino. Sulla presenza alle esequie è mistero fitto, mentre fra gli azzurri circola ormai insistente la voce che il presidente sarebbe pronto alla defenestrazione della coordinatrice. Le pressioni arrivano infatti ormai non solo da una parte dei berlusconiani del Fvg, ma anche da personaggi come Gianni Letta e dal responsabile dell'organizzazione di Fi, Gregorio Fontana, che stigmatizza «l'uso di parole sbagliate in una polemica politica». Il tutto si inserisce peraltro nel disegno del Cavaliere di attuare un consistente ricambio fra i propri coordinatori regionali, per rianimare un partito che non vive certo la sua stagione più felice. Ziberna, amico fraterno di Romoli, è stato il primo a tuonare per ottenere le dimissioni di Savino e sarebbe a disposizione per gestire una fase di transizione. L'idea potrebbe materializzarsi nella creazione di un quadrumvirato che rappresenti i diversi territori del Fvg e conduca il partito a un'assemblea in cui gli eletti, dai consiglieri comunali ai parlamentari, trovino l'intesa su un nuovo nome. Ma in un partito monarchico come Forza Italia ogni decisione spetterà a Berlusconi. L'enigma della successioneTutto da sciogliere resta anche il nodo dell'eredità del presidente del Consiglio. A palazzo i più erano convinti che Romoli avrebbe lasciato l'incarico a metà legislatura per dare spazio e visibilità a un elemento più giovane, ma la sua morte improvvisa ha mutato gli scenari. La poltrona era andata a Forza Italia in nome degli equilibri tra le diverse componenti dell'alleanza, ma la scelta non sarebbe stata così scontata in assenza di Romoli, che garantiva sufficiente distanza dalla linea di Savino da sempre contraria alla candidatura di Fedriga. Resta dunque da capire se i giochi interni alla coalizione vedranno la riconferma del colore azzurro per questa casella o se si opterà ad esempio per promuovere il vicepresidente leghista Stefano Mazzolini, primo per preferenze nel suo partito. L'unica cosa certa al momento è l'immediata cancellazione dal ruolo del segretario particolare del presidente Romoli, Michel Mucci, sollevato dall'incarico già nella mattinata in cui si è diffusa la notizia della morte dell'ex sindaco di Gorizia.

Tra dieci giorni la commemorazione in Consiglio Non si esaurirà nella giornata di oggi il cordoglio del mondo della politica per la scomparsa di Ettore Romoli. Il Consiglio regionale commemorerà infatti nel corso della seduta in programma il prossimo 25 giugno la figura dell'ex presidente, ricordato anche ieri con parole di grande stima e affetto da molti esponenti di mondi diversi. «Romoli era una persona autentica e ne ho potuto apprezzare personalmente le doti - afferma il presidente di Legacoop Enzo Gasparutti -. Si è sempre dimostrato attento ed efficace alle istanze della cooperazione e, nella sua lunga carriera politica, è stato un grande esempio di impegno a favore della comunità. Il Fvg perde un uomo di spessore umano e professionale». «Romoli ha lasciato alla realtà goriziana e regionale un importante lascito, che è frutto del suo impegno professionale, umano e politico - commenta Igor Gabrovec della Slovenska Skupnost -. La comunità slovena gli riconosce un ruolo importante per lo sviluppo della collaborazione transfrontaliera tra i comuni di Gorizia e Nova Gorica. Ricordoil suo sostegno all'uso dello sloveno in Consiglio comunale di Gorizia. Rimarrà nei nostri pensieri come un politico coerente e onesto, interlocutore colto e vivace». il ricordo «Era un vero amico degli esuli» «Con la scomparsa di Ettore Romoli viene a mancare un grandissimo amico degli esuli istriani, fiumani e dalmati non solo suoi concittadini a Gorizia, ma in tutta Italia». Così Renzo Codarin (in foto), presidente dell' Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ricorda il politico morto giovedì mattina all'età di 80 anni. «Romoli, per un quarto di secolo uomo delle istituzioni, non aveva collegamenti famigliari diretti con la comunità dell'Esodo adriatico, tuttavia la grande amicizia con Edo Apollonio prima e Rodolfo Ziberna in seguito, pilastri dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia nel capoluogo isontino, gli hanno consentito di diventare un appassionato e convinto sostenitore delle rivendicazioni dei diritti e delle tutele dei giuliani e dalmati.Durante i suoi mandati parlamentari - prosegue Codarin -, fu relatore al Senato nel dibattito sull'istituzione del Giorno del Ricordo e, da sindaco di Gorizia, ebbe sempre una particolare attenzione per la cospicua comunità degli esuli e dei loro discendenti suoi concittadini».

l'iniziativa "Ciao Ettore" in vetrina E quel semplice saluto contagia i negozianti GORIZIA Le bandiere a mezz'asta, nell'aria calda di queste meste giornate goriziane, non sono l'unico segno di lutto espresso dalla città. Dall'alto del Municipio, così come da quel Teatro Verdi che per tutta la mattinata di oggi ospiterà la camera ardente di Ettore Romoli, le bandiere paiono osservare i goriziani commentare la notizia che ha scosso la città. Ma, da ieri, chi passeggiava in centro non poteva non notare anche il segno che tutto il mondo del commercio cittadino ha pensato per salutare Romoli. Un segno di vicinanza, più che di lutto, perché il dolore di queste ore, si è pensato, non doveva comunque tradire lo spirito positivo che l'ex sindaco ha sempre palesato. Un po' alla volta, prima timidamente poi più diffusamente, commercianti ed esercenti hanno appeso alle loro vetrine dei cartelli, dei piccoli manifesti. Alcuni più curati ed elaborati, altri più semplici, ma non per questo banali. Visto che a contare è il messaggio. "Ciao, Ettore". Parole che raccontano del sentimento di stima che tanti operatori del settore nutrivano nei confronti dell'ex sindaco. In un primo momento, riflettendo sulle iniziative da adottare in questi giorni di lutto cittadino, e in particolare nella giornata dedicata ai funerali, i commercianti avevano addirittura pensato di abbassare le serrande, di fermarsi per rispetto. Ben presto, però, si è capito che non avrebbe avuto senso, che quel gesto, in fondo, sarebbe andato contro ciò che lo stesso Romoli avrebbe voluto, proprio lui che durante i suoi due mandati da sindaco aveva sempre cercato di spronare il mondo del commercio a rialzare la testa di fronte alla crisi. Il tutto provando a immaginare una Gorizia capace di riprendersi e rilanciarsi anche grazie alle sue attività, ai suoi locali e ai suoi negozi. Niente chiusure, allora. Così come niente simboli, coccarde nere o immagini luttuose. Anche queste assolutamente non in linea con un uomo che preferiva sdrammatizzare e dissacrare, con fatalismo, piuttosto che lasciarsi andare alla malinconia. Allora ecco quei semplici cartelli e quelle semplici due parole "Ciao Ettore", che sanno di saluto affettuoso, di commiato amichevole. Come sarebbe piaciuto a Romoli. Li vedranno, quei cartelli, i tanti che oggi riempiranno la città per il corteo funebre e il funerale. Per i quali, tra l'altro, il Comune ha messo a disposizione due aree parcheggio supplementari in via Barzellini: quella dietro al Municipio per le autorità, quella dell'ex scuola Pitteri per la cittadinanza.(m.bi.)

Cancellati finanziamenti per oltre un milione. Roberti: «È solo l'inizio». Torrenti: «Quei progetti risalivano all'era Tondo» Taglio ai fondi per l'accoglienza diffusa di Marco Ballico TRIESTE Dopo le Uti, i migranti. Pierpaolo Roberti, l'assessore sin qui più controcorrente rispetto alla scorsa legislatura, piazza un altro segno del nuovo corso. Cancella, via delibera, alcuni interventi previsti dal Programma immigrazione 2018, approvato dalla giunta Serracchiani e sostenuto da oltre 8 milioni. Azioni destinate a servizi territoriali, accoglienza, inserimento abitativo, istruzione, educazione, intercultura e formazione professionale per un totale di 1.153.518 euro. Contestualmente, Roberti finanzia con 50.000 euro il capitolo del rientro volontario assistito. Di fatto sono soppresse 9 delle 20 azioni del Programma immigrazione: "Servizi informativi, " Crocicchio 2.0", "Potenziamento Sprar", "Progetti di convivenza", "Micro e Macro Progetti locali per richiedenti e titolari di protezione internazionale", "Progetti Interculturali, "Progetti pilota settoriali" e "G. Guida ai servizi", per un totale superiore a 1,1 milioni, di cui 618.518 a valere sull'esercizio 2018 e 535.000 sul 2019. In delibera viene peraltro prevista una maggiore promozione di temi inerenti legalità, educazione civica e parità di genere e appunto un contributo per favorire il rientro volontario. «Fondi destinati ai Comuni - spiega Roberti - a favore delle persone che vogliono rientrare nei rispettivi Paesi di provenienza, ma non hanno le risorse per farlo». «Riteniamo che, in linea con quanto espresso dal governatore Fedriga nelle dichiarazioni programmatiche - osserva più in generale l'assessore -, bisogna cominciare a tagliare queste spese per ridistribuire opportunamente risorse ai cittadini». Ma non ci si fermerà qui: «Il provvedimento è solo il primo passo della rivisitazione che intendiamo apportare a un sistema di accoglienza diffusa che noi vediamo in maniera completamente diversa». Stop dunque sin d'ora tra l'altro a "Crocicchio 2.0", che prevede percorsi di integrazione per persone prive di mezzi di sostentamento, informazione e orientamento legale, seminari di formazione per il personale Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e delle pubbliche amministrazioni, e ancora altolà al monitoraggio del sistema di accoglienza e al censimento delle reti territoriali da indirizzare alla progettazione Sprar, ma anche al coinvolgimento dei migranti nella cura del patrimonio pubblico (dallo sfalcio alla manutenzione piste ciclabili, dalla pulizia strade alla tinteggiatura edifici) e ai corsi di formazione sulla sicurezza, di italiano e sulle regole del mondo del lavoro.Tutti motivi per cui l'ex assessore Gianni Torrenti e più ancora Gianfranco Schiavone, presidente dell'Ics-Consorzio italiano di solidarietà, considerano «paradossale e controproducente» l'operazione taglio. «Più della metà delle azioni soppresse sono rivolte agli stranieri regolari e risalgono alla giunta Tondo, la Lega le aveva pure approvate - dice Torrenti -. Crocicchio 2.0, in particolare, è pensato per le persone fragili, ma non c'è nulla che riguardi l'accoglienza diffusa, che rimane un costo a carico della Stato. Quanto ai "Micro e Macro Progetti", si tratta di iniziative apprezzate dai Comuni e condivise con le prefetture». Tanto che, secondo Schiavone, «il risultato sarà di un sistema di accoglienza che rimane assolutamente lo stesso di prima, con un danno invece per la collettività, dato che i Comuni si ritroveranno con soldi in meno per l'integrazione sociale dei rifugiati già riconosciuti e rischieranno di tirarli fuori di tasca loro per non ostacolare il percorso di integrazione». Sulle modifiche al Programma serviranno ora i pareri della commissione consiliare e del Cal (che quello stesso Programma approvò). Nella seduta di giunta, sempre su proposta di Roberti, è stato inoltre approvato in via definitivo lo schema di ddl che elimina la scadenza del 1 luglio per l'obbligatorio completamento dell'esercizio associato di funzioni comunali. La giunta ha tirato dritto dopo che giovedì in Cal non si era raggiunta la maggioranza utile all'intesa (Roberti ieri ha poi ribadito ai sindaci dei Comuni non aderenti alle Uti e a quelli che hanno deciso di uscirne, Bertiolo, Monfalcone e Paularo, la filosofia che intende portare avanti). Deliberato infine, a seguito delle dimissioni di Diego Bernardis e Giampaolo Bidoli, eletti in piazza Oberdan, lo scioglimento dei consigli comunali di Dolegna del Collio e Tramonti di Sotto.

Definito il percorso congressuale. Una commissione di nove saggi per garantire la partecipazione Le primarie del Pd regionale il 2 dicembre

TRIESTE C'è già una data per le primarie del Pd in regione: domenica 2 dicembre. Lo ha deciso l'assemblea democratica di ieri pomeriggio a Udine, occasione per l'avvio del percorso congressuale. Lo schema, con la precisazione che le primarie saranno aperte a iscritti ed elettori, è stato illustrato dal segretario Fvg Salvatore Spitaleri. Aperta dal presidente Franco Codega con la richiesta di attenzione per commemorare la figura di Ettore Romoli, l'assemblea è servita a condividere le tre fasi dei prossimi mesi. La prima, ha spiegato Spitaleri, si svolgerà da fine giugno a settembre, approfittando anche delle occasioni fornite dalle Feste dell'Unità: un mix di incontri e iniziative sui diversi temi di carattere politico da Roma a Trieste. Quindi, fra settembre e ottobre, il confronto sui documenti programmatici all'interno dei circoli del partito e l'elezione degli organismi territoriali: verranno in particolare rinnovati i segretari provinciali di Gorizia, Pordenone e Udine e quello del comune di Udine. Infine, l'appuntamento clou delle primarie, con una commissione di nove saggi - Barbara Bertoia, Salvatore Dore, Franco Lenarduzzi, Gabriella Passantino, Claudio Pedrotti, Adele Pino, Angiola Restaino, Mariagrazia Santoro, Renzo Travanut -, insediata già la prossima settimana, «a garantire piena partecipazione e correttezza». «Mai come adesso - sottolinea Spitaleri - c'è bisogno di un congresso regionale coraggioso, aperto e franco, che abbia radici e ali, che sappia ordinare ciò che sta dentro e dialogare con chi sta fuori, che riconosca il contributo degli iscritti e tracci una alternativa ai governi regionale e nazionale, ricercando alleanze sperimentate e costruendo schemi nuovi». Proprio per questo la stessa assemblea ha deciso di cambiare la data inizialmente decisa, l'11 novembre, in quella del 2 dicembre.Intanto l'orlandiana Caterina Conti, membro della direzione nazionale, racconta di una seduta «deserta» sull'approvazione del bilancio 2017, «che ha avuto il via libera per il senso di responsabilità delle minoranze, che si sono astenute, con l'assenza pure del presidente Orfini». Per Conti il nodo è ora quello dei dipendenti: «È prolungata la cassa integrazione per altri 12 mesi, ma un centinaio di persone rischiano il lavoro. E peserà molto il dimezzamento dei parlamentari». (m.b.)

I dem bocciano il ritorno di Riccardi in A4 «Riccardi prenda atto che la sua stagione alle infrastrutture è finita e che adesso deve fare l'assessore alla Sanità». Il dem Roberto Cosolini commenta così l'ipotesi di un ritorno del vicepresidente nel ruolo di soggetto attuatore della terza corsia. «Riccardi lasci perdere - continua - e d'altra parte sarebbe facile fare ora il soggetto attuatore, con tutta l'opera finanziata dalla giunta precedente. In periodo pre elettorale andava dichiarando di essere a disposizione solo per fare il presidente . Poi, con le spalle al muro, ha fatto marcia indietro. Sarà ricondotto nei ranghi anche stavolta». Duro anche Salvatore Spitaleri: «Se mettere Riccardi sulla terza corsia è stato un errore, farcelo tornare sarebbe diabolico. In passato ha lasciato contratti senza copertura finanziaria: sulle grandi infrastrutture, non è tempo di "scherzi a parte"». (d.d.a.)

IL GAZZETTINO

VEDI ALLEGATI