IL MESSAGGERO VENETO 18 GIUGNO Il figlio contro Camber, Savino, Riccardi. Berlusconi punta su Balloch «Attacco gli sciacalli Hanno tradito papà» di Giacomina Pellizzari UDINE Il funerale è un atto d'accusa contro Giulio Camber, Sandra Savino, Riccardo Riccardi. Un atto politico violento, gravido di conseguenze. La morte di Ettore Romoli lascia dietro di sé l'invettiva, chiara e pesantissima, che il figlio Andrea ha sollevato in chiesa nella sua orazione funebre paragonando i vertici di Forza Italia agli «sciacalli». Sul banco degli imputati ci sono la coordinatrice regionale di Fi, Sandra Savino, data in difficoltà a Roma dove l'eco del caso è arrivato eccome, il senatore Giulio Camber che sabato mattina all'apertura della camera ardente ha tentato di portare l'ultimo saluto al "leone di Gorizia", ma è stato allontanato da Andrea come pure il fratello Piero, il vice presidente della giunta regionale, Riccardo Riccardi, che, sempre sabato, dopo aver ricevuto la telefonata del sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, è rimasto a Udine. Se si fosse presentato in chiesa avrebbe rischiato i fischi. Dietrofront pure del consigliere regionale Roberto Novelli che ha assistito alla cacciata dei due Camber. Qualcuno scommette che Savino sarà sostituita. E in pole c'è il sindaco di Cividale, Stefano Balloch.È questo il ristretto gruppo di forzisti che, secondo Andrea Romoli, ha cercato di ostacolare l'elezione di Ettore Romoli alla presidenza del consiglio regionale e che a poche ore dalla morte, affidando l'ingrato compito alla coordinatrice regionale Savino, ha minacciato di buttarlo fuori dal partito per aver tenuto Giorgio Baiutti (ex Psi, amico di Ferruccio Saro) a capo di Gabinetto come prima di lui il predecessore, Franco Iacop (Pd). Ma Ettore Romoli aveva un consenso che andava oltre Fi, la gente lo amava per quello che aveva saputo dare a Gorizia, alla Regione e al Paese dai banchi del Parlamento. La telefonata di Silvio Berlusconi, infatti, non si è fatta attendere. Il cavaliere ha composto il numero di Andrea Romoli prima che la salma giungesse al teatro Verdi dove era stata allestita la camera ardente: «Mi ha chiamato, siamo stati mezz'ora al telefono, si è scusato per la sua mancata partecipazione al funerale. Era sincero». Andrea non rivela il contenuto della conversazione. Preferisce tornare sulla figura del padre e oltre al caso Baiutti ricorda anche come il vecchio leone avesse assunto pure Michel Mucci, l'addetto di segreteria licenziato da Fi sette ore dopo dall'ultimo respiro di Romoli. Partendo da questi fatti, Andrea, in chiesa, ha processato i detrattori del genitore. L'ha fatto spiegando perché il padre, quattro mesi prima, non si era voluto sottoporre all'intervento chirurgico che l'avrebbe salvato: «Sapeva che se si fosse mostrato debole e fragile i suoi nemici, gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà, gli si sarebbero buttati addosso». Andrea ha detto che l'unica colpa del papà è stata il «non volersi piegare a meschine logiche di potere. Per Ettore Romoli non c'erano parti politiche, c'erano uomini capaci o meno, c'erano le istituzioni da garantire ad ogni costo e c'eravamo noi la sua famiglia da proteggere e far prosperare». Sabato in tanti l'hanno salutato con una partecipazione commovente. A conferma che la gente coglie l'essenza dell'Uomo che fa della responsabilità la sua bandiera. È proprio quella partecipazione fatta di lacrime, applausi e affetto, a far dire anche ieri, il giorno dopo le esequie, ad Andrea Romoli che «al suo funerale si è fatta politica perché Ettore Romoli non muore neanche da morto». Andrea Romoli ritiene Riccardi responsabile «del licenziamento di Mucci: non vedo Fedriga - spiega ricordando la commozione celata a stento dal governatore in chiesa - capace di fare una cosa del genere. Fedriga ha voluto mio padre al suo fianco perché aveva bisogno di lui». A Camber, invece, Andrea Romoli riconosce di essere «un gigante della politica regionale» un ruolo che, secondo lui, ha esercitato con cinismo indirizzando la scelta della scomunica pronunciata da Savino proprio quando a Ettore restava poco da vivere. «Camber è stato uno dei nemici di mio padre, l'ha tradito 20 anni fa», ripete Andrea, ricordando quando Ettore diceva "con Giulio non posso più parlare". Lo «diceva - insiste Andrea - con il dolore di un amico che era stato pugnalato alle spalle». l'orazione funebre a gorizia Il passaggio cruciale: non si è operato perché i suoi nemici aspettavano che fosse debole per farlo fuori Sono circolate le voci più assurde riguardo alla reale natura della malattia di mio padre. Questo è il luogo e il momento per fare un atto di verità. La sua affezione era assolutamente curabile, se affrontata nei tempi e nei modi giusti, ma lui aveva una battaglia da combattere, la sua famiglia da proteggere, non poteva mollare e pensare a se stesso. I medici lo avevano supplicato di operarsi 4 mesi fa ma lui sapeva che se si fosse mostrato debole e fragile i suoi nemici, gli sciacalli che non aspettavano altro che vedere il vecchio leone in difficoltà, gli si sarebbero buttati addosso. E così mentre ogni giorno le forze lo abbandonavano, quegli uomini piccoli cercavano di fare il vuoto attorno a lui per farlo crollare. Non avevano fatto i conti con noi, la sua grande famiglia allargata che al momento di scegliere abbiamo fatto capire con l'arma irresistibile del voto come la pensassimo. Solo quando la missione era stata compiuta e onorata dalla più alta assemblea regionale, che con un voto corale lo ha nominato presidente del consiglio, solo allora mio padre ha accettato di farsi curare. Troppo tardi. Conscio ormai dell'aggravarsi della sua situazione, ha voluto però assicurare la continuità dell'ufficio di presidenza confermando alla guida dello staff un uomo retto e capace, colpevole però di non essere della sua stessa parte politica. Per questo gesto di correttezza e responsabilità ha patito l'onta di essere espulso dal partito che aveva contribuito a creare, poche ore prima della sua morte. La sua colpa è stata quella di non volersi piegare a meschine logiche di potere. Per Ettore Romoli non c'erano parti politiche, c'erano uomini capaci o meno, c'erano le istituzioni da garantire ad ogni costo e c'eravamo noi la sua famiglia da proteggere e far prosperare. Ciao Papà. Il sindaco di Parma ha presentato il suo movimento "Italia in Comune". «Il M5s? Non se la passa bene» L'ex grillino Pizzarotti mette radici in Friuli di Mattia Pertoldi UDINE Italia in Comune, il partito politico fondato dal sindaco di Parma, ed ex grillino, Federico Pizzarotti "sbarca" anche in Fvg. Ieri nella sala conferenze dell'hotel Là di Moret di Udine, infatti, il nuovo gruppo si è presentato ai cittadini. Al momento i due referenti in regione sono Nuto Girotto, consigliere comunale di Ragogna ed Elisa Barbuto, consigliera comunale di Porcia, ma il primo cittadino della città ducale non fa mistero di voler allargare il proprio spettro d'azione puntando, in regione come nel resto del Paese, alle amministrative 2019.Sindaco, da cosa nasce la sua nuova iniziativa politica?«Dall'incontro tra me e Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri, che aveva già fondato Italia in Comune come associazione che si poneva l'obiettivo di mettere in rete le buone pratiche degli amministratori locali. Io, invece, avevo in mente un nuovo soggetto politico e quindi ci è parso inutile duplicare iniziative e sforzi. L'idea era fare evolvere Italia in Comune in un partito vero e proprio. A dicembre, a Roma, abbiamo allargato il progetto aprendolo a contributi di altri soggetti e movimenti. Quindi stilato la nostra carta dei valori e il 15 aprile fondato, ufficialmente, il partito».Recentemente si è incontrato con l'ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis a capo del movimento Diem25. Significa che il vostro obiettivo sono le Europee del prossimo anno?«No, direi piuttosto le Regionali considerato come ci siano cinque territori che vanno al voto nel 2019. Poi, certo, pensiamo pure alle Europee ed è vero che ho visto Varoufakis. Nel gruppo di Diem25, però, non c'è soltanto lui, ma pure tanti amministratori importanti come il sindaco di Barcellona Ada Colau. Loro guardano alla nostra esperienza per crescere. Noi attendiamo la loro bozza di programma e poi decideremo come muoverci».In Friuli Venezia Giulia le Regionali si sono tenute da un paio di mesi, ma il prossimo anno andranno al voto oltre centro Comuni: siete interessati a correre anche qui?«Certamente. In Fvg, come nel resto d'Italia, puntiamo a schierare gruppi di amministratori - non soltanto sindaci, ma anche assessori e consiglieri - capaci e preparati. E vale la pena sottolineare che siamo stati in grado di presentarci, in modo diretto oppure indiretto, nella tornata elettorale appena andata in archivio. E in alcuni Municipi, penso a Segni oppure a Quarto, si stanno già formando gruppi consiliari di Italia in Comune».Senta, ma cosa pensate di avere di diverso rispetto al suo "vecchio" gruppo, cioè il M5s?«Intanto mi pare che il M5s sia diventato, ormai, il partito di Luigi Di Maio e non esista più a livello movimentistico. Noi, invece, ci muoviamo evitando di porci in modo ideologico e scegliendo gli uomini e le donne davvero in base alle singole competenze. Mettendo al centro i programmi e le soluzioni, tanto è vero che, non a caso, abbiamo già stilato la carta dei valori. Allo stesso tempo, però, non abbiamo tradito il concetto di territorialità. Ogni assemblea regionale, ma anche comunale, avrà una propria identità e potrà dettare la sua linea a seconda delle esigenze peculiari e specifiche del territorio. Un esempio? Il concetto di multiutility può funzionare in una città, ma essere deleterio in un'altra.
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