«Il Gioco Irresistibile Della Vita» Ricerche Su Ennio Contini (1914-2006): Poeta, Scrittore, Pittore
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Università degli Studi di Genova Scuola di Scienze umanistiche Dottorato di ricerca in letterature e culture classiche e moderne XXIX ciclo Anno Accademico 2017-2018 «Il gioco irresistibile della vita» Ricerche su Ennio Contini (1914-2006): poeta, scrittore, pittore Relatore: prof. Franco Contorbia Correlatore: prof. Andrea Aveto Candidata: Francesca Bergadano Ai grilli, ai gatti, agli acari della polvere Indice Premessa p.0 1 1. La Liguria, Savona, l’adolescenza e i primi passi nell’ambiente letterario p.0 6 2. Un poeta alla guerra: da Magnolia al fronte e ritorno (1939-1945) p.0 31 3. La condanna a morte: 1945-1947 p.0 64 4. Gli anni di reclusione a Civitavecchia : L’Alleluja, Ezra Pound, la libertà p.0 100 5. Rinascere a nuova vita (1954-fine anni ’60) p.0 168 6. Contini pittore e romanziere ‘céliniano’ p.0 223 Appendice testuale p. 241 Appendice iconografica p. 260 Inventario dell’archivio Contini p. 285 Bibliografia p. 301 Premessa Ennio Contini, chi era costui? Le motivazioni che ci hanno convinto a dedicare una tesi di dottorato a questa dimenticata figura di poeta e scrittore si esplicitano in una frase che il grande poeta americano Ezra Pound aveva scritto in una lettera a Giambattista Vicari: «Caro Vic, tranne tu e Contini c’è tanta perfidia in Italia». Ma chi era colui che Pound annoverava, al pari di Vicari, tra i suoi amici italiani? La figura di Ennio Contini, poeta e scrittore, sardo di origine ma ligure di adozione, è sempre stata avvolta da un fitto alone di mistero. Ferrania, piccolo paese dell’entroterra ligure – celebre per la produzione di pellicole fotografiche e cinematografiche, quest’ultime scelte da registi come Rossellini per il suo Roma città aperta e da Pasolini per Uccellacci e uccellini – è stato la dimora di Contini per oltre cinquantanni e ancora oggi qui vive la sua famiglia ed è custodito il suo archivio personale. Di Ennio Contini si è parlato poco e la sua figura, protetta da un riservato silenzio e segnata da un passato tormentato, è sempre stata associata a un anedotto della sua vita: aver pubblicato un libro di poesie insieme a Ezra Pound. A Ferrania risuonava quasi come una leggenda il binomio Pound-Contini perché in fondo nessuno sapeva davvero che cosa avesse scritto e pubblicato Ennio Contini. Poeta condannato a morte – come avremo modo di approfondire – per fatti legati alla Seconda guerra mondiale Contini aveva scontato, dopo la commutazione della pena, nove anni di detenzione tra le carceri di Savona, Procida e Civitavecchia per i suoi trascorsi legati alla militanza tra le file della Repubblica Sociale Italiana; questo passato così oscuro e drammatico lo aveva di fatto confinato ad una vita solitaria e appartata. Oggi, a distanza di molto tempo dagli anni bui e tragici del nostro dopoguerra e trascorsi ormai dodici anni dalla morte di Contini è forse giunto il momento di dipanare le nebbie che ancora circondano la figura di questo poeta, ingiustamente dimenticato. Ennio Contini nasce in Sardegna nel 1914 ma si trasferisce a Savona all’età di tre anni: qui muoverà i primi passi nell’ambiente letterario. Scoperto da Aldo Capasso che lo aveva definito ‘ungarettiano’ Contini «è un poeta che ha scritto relativamente 1 poco incidendo molto»1: ha pubblicato quattro raccolte in tutto che vanno da Magnolia, del 1939, passando per L’Alleluja con Ezra Pound (1952), Schegge d’anima (1962) e Viaggio nel buio (1969). A metà degli anni ’90 pubblica il suo unico romanzo, No haya cuartel!, notevole prova narrativa dallo stile céliniano e sperimentale. Le quattro raccolte, pur preservando ognuna la propria individuale originalità, rinviano una all’altra in un intenso gioco di rimandi e di riletture che l’autore fa di se stesso e delle proprie parole. Leggere le poesie di Ennio Contini significa sapere che ci si trova di fronte a uno di quei casi in cui vita e arte sono strettamente collegate, lo stesso Contini era solito ripetere che la sua poesia, che ogni sua parola era ‘sentita, scritta con il sangue’ e che nulla aveva di quella fredda composizione a tavolino che ravvisava in tanti altri poeti. Leggere Ennio Contini significa intraprendere un viaggio attraverso la vita di questo sfortunato e dimenticato poeta, che ha conosciuto poca fama e molto dolore. Leggere Contini significa comprendere la storia di un uomo che non ha smesso mai, fino alla fine, di avere fiducia nell’alto valore della letterarura che permette di «credere e sperare nonostante tutto»2. Magnolia3, primo libro di poesie pubblicato nel 1939, raccoglie la produzione degli anni della giovinezza; quella di Contini qui è una poesia per certi versi ancora acerba, ricca di echi e di rimandi ma già capace di esprimere con forza la propria originalità. Il giovane Contini osserva la natura che lo circonda e ne coglie attimi essenziali, riproponendoli al lettore come paesaggi interiori: «A luna piena, parlò più forte/ al silenzio l’argentea voce dei rivi./ Poi, sospirava suo fresco languore, / sui docili fili dell’erba, / muta la rugiada. / All’alba / fiorirà sul prato lo smeraldo». Gli echi e i rimandi vanno all’amato Ungaretti, a Montale e Sbarbaro, maestri indiscussi della sua giovinezza. In Magnolia c’è la Liguria – sua terra d’adozione – ma è una Liguria lontana dalla riarsa e desolata terra montaliana, più vicina alla natura cantata da d’Annunzio, quasi panica. Giannino Balbis fa notare come in Contini non si trovi quel «male di vivere che è quasi un segno distintivo della scuola ligure, da Sbarbaro a Barile, da Montale a Caproni. Contini, d’altronde, è un ligure sui generis» ma come i suoi paesaggi restituiscano piuttosto un messaggio di positività. Qui il ricordo viene in soccorso come un’ancora di salvezza, il mare è «limpido», i giardini sono «aperti», il «tuffo» è «felice» e la malinconia riporta alla memoria immagini serene di «marini compagni / vocianti tra reti salmastre e lampàre». Un abisso separa le poesie di 1 Giannino Balbis, Ennio Contini e il poema della speranza, in «Val Bormida. Storia e cultura», IV, 1988, pp. 127-129. 2 Giannino Balbis, Ennio Contini e il poema della speranza, cit., p. 129. 3 Ennio Contini, Magnolia, Genova, Emiliano degli Orfini, 1939. 2 Magnolia da quelle dell’Alleluja4, pubblicate nel 1952. Un abisso fatto di dolore, di tragedie, di sofferenze ma anche di letture e di profondi cambiamenti. Travolto da «passioni politiche e da una vita irrequieta e avventurosa», come ha scritto l’amico Bonaventura Tecchi, Contini conosce nel 1945 quella che Renzo Laurano ha definito la sua ‘morte civile’: incarcerato e condannato a morte per collaborazionismo ha scontato – come abbiamo visto – nove anni di reclusione tra i penitenziari di Savona, Procida e Civitavecchia. Il carcere lo aveva segnato profondamente, come uomo e come poeta, marchiando a fuoco la sua vita indelebilmente. In questi anni Contini legge Eliot, Joyce, Pound ma anche Gide, Mauriac e Godoy, ripensa i classici e la Bibbia. La fede e la poesia sono unico conforto: «il lavoro è l’unica mia risorsa, la poesia è la mia anima, la lettura il mio pane» scrive nel suo diario. Sono questi gli anni delle lettere a Ezra Pound che porteranno poi alla pubblicazione del volume in silloge; le poesie dell’Alleluja vengono infatti pubblicate insieme alla prima decade dei Cantos del grande poeta americano e costituiscono un unicum nella storia poetica di Contini5. Il carteggio che fa da corollario a questo amichevole sodalizio rimane un’importante testimonianza (ironia della sorte Contini – rinchiuso nel carcere di Civitavecchia – scrive al maestro Ezra Pound, segregato a sua volta nel manicomio di St. Elizabeth a Washington negli Stati Uniti) e proprio al poeta maestro Contini dedica la poesia che apre il volume Signore il muro è cresciuto: «Da cinque anni non vedo il verde delle querce / da cinque anni, Signore […] Signore, il muro è cresciuto e vedo solo il cielo / le querce son sepolte nel mio cuore / Signore, se vuoi / gli occhi diverranno verdi / come il cielo». Con la raccolta, o meglio, con la breve antologia Schegge d’anima6 (1962) – che comprende poesie tratte da Magnolia e L’Alleluja unite a poesie mai pubblicate – Contini rinasce come uomo e come poeta e inaugura quella fase di rilettura di se stesso che caratterizzerà le ultime fasi della sua poesia. In Schegge d’anima ripercorriamo le tappe che Contini ha attraversato fino a questo momento e continuiamo con lui sulla nuova strada intrapresa; alle spalle si lascia la giovinezza e il dolore e si guarda avanti. Il carcere però è una ferita dolorosa che continua in un 4 Ennio Contini e Ezra Pound, L’Alleluja, Mazara, Società Editrice Siciliana, 1952. 5 In un’intervista a Graziella Vallero del novembre 2002 pubblicata sulla rivista locale «Alta Val Bormida» (XLIII, 11, novembre 2002, pp. 12-13, citazione a p. 13) Ennio Contini ci tiene a precisare di essere stato l’unico al mondo a pubblicare insieme al padre della poesia anglo-americana: «Il libro L’Alleluja conteneva oltre alle mie poesie – d’accordo con il grande Ezra Pound – anche la Prima Decade dei Cantos. Il libro ebbe successo nonostante i tempi burrascosi». 6 Ennio Contini, Schegge d’anima, Sarzana, Carpena, 1962. Il titolo di questa raccolta era stato suggerito a Contini dal poeta Adriano Grande, che ne aveva firmato la lusinghiera prefazione. 3 qualche modo a segnare il presente del poeta «il ricordo è una diga / che duole»; ma Contini sa andare oltre e riesce a trarre maggiore ispirazione dalla nuova realtà che lo circonda. Non a caso la dedica che apre la raccolta è «A Maria»7, la compagna di tutta una vita che Contini aveva conosciuto negli anni seguiti alla sua scarcerazione.