S. Salvatore a Basilica - Monte Di Falterona

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S. Salvatore a Basilica - Monte Di Falterona Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ S. Salvatore a Basilica - Monte di Falterona ID: 444 N. scheda: 5560 Volume: 1; 2 Pagina: 285 - 286; 90 - 92 ______________________________________Riferimenti: 24080, 33880 Toponimo IGM: k Monte Falterona - Capo d'Arno Comune: STIA Provincia: AR Quadrante IGM: 107-4 Coordinate (long., lat.) Gauss Boaga: 1716343, 4860753 WGS 1984: 11.69329, 43.86971 ______________________________________ UTM (32N): 716407, 4860928 Denominazione: S. Salvatore a Basilica - Monte di Falterona Popolo: (S. Salvatore a Basilica annesso a) S. Andrea a Gaviserri Piviere: S. Maria Assunta a Stia Comunità: Stia Giurisdizione: Pratovecchio Diocesi: Fiesole Compartimento: Arezzo Stato: Granducato di Toscana ______________________________________ BASILICA (S. SALVATORE A) nel Casentino presso Capo d'Arno . Casale che diede il nome a una parrocchia nel piviere Comunità e circa 3 miglia toscane a settentrione di Stia, Giurisdizione di Pratovecchio, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Arezzo. Riferisce a questa chiesa di S. Salvatore a Basilica l'istrumento di fondazione del monastero di S. Miniato al Monte presso Firenze dell'anno1013, col quale il vescovo Ildebrando assegnò a quella Badia, fra le altre cose, la corte di Lonnano nel Casentino, e la quarta parte della chiesa di S. Salvatore del piviere di S. Maria di Staggia , ossia di Stia. (LAMI, Mon. Eccl. Flor .) - Passò in seguito il padronato dalla chiesa di Basilica nei conti Guidi, i quali nel 1134 la destinarono per costruirvi accosto un asceterio, dove nel ( ERRATA : 1437) 1137 era badessa una loro figlia per nome Sofia.(ANNAL. CAMALD.) In tempi posteriori la chiesa di Basilica fu ceduta in padronato al vescovo di Fiesole, il quale trovandola in rovina, nel 1786, aggregò il suo popolo alla cura di Gaviserri. - Vedere GAVISERRI. FALTERONA (MONTE DI). Mons Falteronae . Una delle più centrali e più elevate montuosità dell'Appennino Page 1/3 Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ toscano, sulla di cui parete australe nasce il fiume Arno, nel fianco occidentale il torrente Dicomano e nella sua schiena i tre Bidenti e il fiume Rabbi: questi tributarj del mare Adriatico, quelli del Mediterraneo. La sua più alta sommità, nel grado 29° 19' di longitudine e 43° 52' 7” di latitudine, fu trovata dal ch. astronomo prof. Inghirami essere 2825 braccia e 8 soldi al di sopra del mare Mediterraneo. Essa è situata nell'estremo confine della Toscana, e dall'Esarcato di Ravenna, sino dove arrivano per varia direzione dalla parte della Toscana le diocesi di Fiesole e di Arezzo, e dal lato della Romagna i vescovati e antichi contadi di Sarsina e di Forlinpopoli. Questa montagna è fra tutte quelle del nostro Appennino la meglio rivestita di annosi faggi che ne ricuoprono la sua folta giogana, mentre le fanno ala intorno ai suoi fianchi maestose schiere di eminentissimi abeti, e a loro servono di base selve continuate di castagni. Da quella sommità della Falterona fra il poggio Mocali , Prato al Soglio e il poggio a Scali , sul giogo onde a Camaldoli si viene , pare che l'Ariosto scuoprisse il mare schiavo e il tosco . Realmente arrivato che uno sia su quella cima si può ripetere con Fazio degli Uberti: Vidi Mugello, e vidi el Casentino A man sinistra, e vidi onde Arno esce, E come vae da Arezzo al Fiorentino. ( DITTAMONDO. Lib. IV, c. 9. ) Fino costassù giunge la macchia estesissima della Faggiola di Strabatenza, ora dell'Opera della cattedrale di Firenze, alla quale dal lato di levante si congiunge l'altra Faggiola di Camaldoli, entrambe già descritte agli articoli BAGNO di Romagna, CORNIOLO nella Valle del Bidente, CAMALDOLI, FAGGIOLA, ec. I primi e più alti contrafforti che si attaccano, o che derivano immediatamente dalla Falterona, consistono, per la parte di Romagna, nell'Alpe delle Celle , in quelle del Corniolo e del Castel dell' Alpi . Dalla parte poi della Toscana sporge verso levante il selvoso monte di Camaldoli, a settentrione l'Alpe e Comunità di S. Godenzo, e a libeccio il monte di Pietrafitta , l'ultimo dei quali collegasi al giogo della Consuma e questo al Secchieto della Vallombrosa e quindi al Prato magno per dividere il Mugello dal Casentino, non che dalla Valle dell'Arno superiore; nella stessa guisa che il giogo di Camaldoli con le sue propagini del monte Calvano e del Bastione divide il Val d'Arno casentinese dalle Valli del Bidente e del Savio, e le Comunità di Poppi e di Stia da quelle di Bagno, di S. Sofia e di Premilcore. La natura del suolo costituente l'ossatura della Falterona appartiene per la massima parte alle rocce stratiformi di grés antico ( macigno ) e di argilla schistosa ( bisciajo ); mentre di rado s'incontra la calcarea appenninica ( pietra albarese e colombina ), la quale però talvolta si affaccia in qualche insenatura di monte, e precipuamente nei valloni della Consuma. Più spesso suole trovarsi nell'uno e nell'altro fianco della Falterona lo schisto galestrino, alterato da filoni metalliferi di ferro e di manganese. A questa qualità di roccia argillosa e friabile sono appunto da attribuirsi le frane che ogni tanti anni subissano nelle valli da qualche falda dello stesso monte, e specialmente dalla parte occidentale fra l'Alpe di S. Godenzo e la cima della Falterona; delle quali rovine si contano da pochi secoli tre esempi solenni già stati consegnati alla storia. Il primo è una rovina del monte accaduta ai 15 maggio del 1335, e raccontata da Giovanni Villani nella sua Cronica Page 2/3 Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana (E. Repetti) http://193.205.4.99/repetti/ fiorentina, al lib. XI capitolo 26; quando uno sprone della montagna di Falterona, dalla parte che discende verso il torrente Dicomano in Mugello, scoscese più di quattro miglia toscane infino alla villa del Castagno, e quella con tutte le case e persone e bestie selvatiche e dimestiche e alberi subissò con assai di terreno intorno, gittando abbondanza d'acqua ritenuta, oltre all'usato modo torbida come di lavatura di cenere. Quella stessa melletta discese col torrente Dicomano , e tinse il fiume della Sieve; e la Sieve tinse l'acqua del fiume d'Arno infino a Pisa; e durò così torbido per più di due mesi. ( loc. cit .) Il secondo scoscendimento improvvisamente accadde dopo 306 anni, nello stesso fianco della montagna e nel mese medesimo; cioè, a dì 18 maggio dell'anno 1641. Se credere dobbiamo alle parole di Benedetto Buonmattei, che descrisse una cotal frana in una lettera a Pie Francesco Renuccini, la prima volta messa alla luce dal can. Domenico Moreni (Firenze 1827), ivi si racconta, che il primo scoscendimento, già descritto da Giovanni Villani, lasciò a pié della franata piaggia un profondo laghetto, che si chiamava la Gorga nera . Il qual gorgo appunto, nel giorno sopra indicato, spaccandosi nella larghezza di un mezzo miglio toscano il soprastante poggio di Montefaino , non solo fu riempito dal monte franato, ma trascinando al basso col terreno centinaja di faggi, tutto il valloncello ingombrò di macerie e un monticello nuovo si formò, scappando fuori da quella colmata laguna molti pesci colla pelle nera, ma di carne bianchissima, ivi rimasti a secco. Nel tempo stesso che dalla Falterona subissava verso il Mugello sopra le sorgenti del Dicomano il Montefaino, dalla banda del Casentino si sfacellava un'altra plaga terribilissima, che da Capo d'Arno sino sopra a Porciano trascinò nella caduta una gran tenuta di castagni. Né è da credere che cotesta smotta dal lato della Falterona casentinese fosse la prima fra quelle accadute nei secoli trapassati, mentre una simile rovina era successa circa 80 anni innanzi, quando si svelsero e restarono atterrati fra quelle ruine infiniti abeti, trovati quasi incarboniti nel 1641, allorché essi restarono scoperti e trascinati al basso con la falda del terreno che gli aveva accolti. Il più moderno scoscendimento dal lato di San Godenzo seguì nel dì 15 maggio dell'anno 1827, nel giorno medesimo, in cui era accaduta, ( ERRATA : nel 1355) nel 1335, la rovina raccontata da Giovanni Villani. Sennonché la più moderna frana caduta nel pian di Cancelli presso Montefaino, portò nella fiumana del Dicomano , e di là per la Sieve in Arno tale quantità e qualità di argilla color cinabrese, che le acque fluenti sino al mare si mantennero per più settimane tinte di rossigno, in grazia forse degli ossidi di ferro e di manganese diffusi nella roccia argillosa e nel galestro costituenti il suolo franato. - Vedere DICOMANO fiume e SAN GODENZO, Comunità . Page 3/3.
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