Scaricato La Renault, Per Montare Sulla E23 La “Power Unit” Mercedes

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Scaricato La Renault, Per Montare Sulla E23 La “Power Unit” Mercedes PADDOCK PLUS N.4 - DICEMBRE 2015 er il secondo anno di fila il mondiale di Formula 1 è stato terreno di caccia della Mercedes che, con la F1 W06 è riuscita a fare addirittura meglio dello scorso an- no. Difficile trovare dei difetti alle stelle d’argento di Hamilton e Rosberg che, se non ci fosse stata una Ferrari in netta crescita, dopo il disastroso mondiale dello scorso anno, avrebbero potuto mettere a segno un clamoroso en-plein. Invece, si fa per di- Pre, le affermazioni della monoposto anglo-tedesca sono state appena sedici, sulle diciannove gare un programma. Un dato che avrebbe dovuto fare scattare qualche campanello d’allar- me, in una Formula 1 in crisi di identità e con preoccupanti cali di gradimento. Ma non è suc- cesso nulla e, tetragoni, i padroni del vapore hanno deciso di andare avanti con le costosis- sime e complicatissime “power-unit”. Anche se questo vorrà dire condannare la Formula 1 ad altri mondiali a senso unico e ad una probabile emoraggia di team, che saranno costretti ad abbandonare per l’assenza di sponsor e la crescita esponenziale dei costi. Scenari apocalit- tici, che non sembrano però allarmare nessuno. A partire dai grandi costruttori, ostinatamente attaccati alla sopravvivenza delle loro “power unit”. Direzione, PROMIT srl Registrazione Tribunale di Torino Direttore resp. Paolo Vinai Redazione, Amministrazione: Direttore editoriale: n° 4454 del 4/3/1992 Direttore: Bruno Brida C.so Racconigi, 150 Luciano Canobbio © Copyright 2015: Promit S.r.l. 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Testo, immagini e disegni tecnici di: PAOLO D’ALESSIO ell’automobilismo sportivo, e in particolar anni ‘50, come nelle ultime due stagioni, ha avuto un modo in Formula 1, si tenta spesso di sta- solo, imbattibile, protagonista e tanti comprimari, a lot- bilire una graduatoria tra i migliori piloti tare per le briciole lasciate loro dalle stelle d’argento. di tutti i tempi, salvo poi convenire che Vediamo dunque in cosa la W 196 di Juan Manuel ogni epoca ha il sua numero uno ed è Fangio e la F1 W06 di Lewis Hamilton si assomiglia- Npraticamente impossibile stilare una graduatoria credi- no. Dove sono state superiori alla concorrenza e in bile. E se questo assunto vale per i piloti, il paragone quali aree hanno scandito l’evoluzione della specie. diventa ancor più improponibile quando si cerca di mettere a confronto macchine di epoche diverse. A vol- L’AERODINAMICA te però ci sono delle analogie che accomunano mono- Partiamo naturalmente dalla conformazione aerodina- posto di periodi diversi, guidate da campioni di due di- mica della W 196, la monoposto del doppio titolo iri- stinte epoche e frutto di regole dato di Juan Manuel Fangio, nel tecniche anche molto dissimili tra biennio 1954/55. L’arrivo della loro. E’ il caso delle stelle d’ar- vettura tedesca sulla scena mon- gento, che monopolizzarono la diale è a dir poco dirompente: scena all’inizio degli anni ‘50 e alla vigila del Gran Premio di che nelle ultime due stagioni Francia del 1954, gara d’esor- stanno facendo il bello e cattivo dio della prima Mercedes di tempo in Formula 1. Due vetture Formula 1, basta dare una rapi- diversissime tra loro, che pure da occhiata alla W 196, per hanno una serie di denominatori capire che nella categoria regi- comuni, come l’innovazione tec- na dell’automobilismo sportivo si nologica, che è alla base dei rispettivi successi, una è creata una netta, insanabile, frattura. Da un lato i tecnica costruttiva, che rasenta la perfezione, e un dna vecchi dinosauri, le varie Ferrari, Gordini o Maserati, tutto tedesco, che concepisce l’affermazione come an- che derivano dalle monoposto anteguerra, ad anni lu- nientamento della concorrenza. Come azzeramento ce di distanza le stella d’argento, che portano la firma degli avversari in un campionato che, all’inizio degli di Fritz Nallinger e Rudolf Uhlenhaut, ingegnere capo LE DUE MERCEDES W196, VERSIONE “ CARENATA” , DI JUAN MANUEL FANGIO E STIRLING MOSS, INSEGUITE DALLE VETTURE GEMELLE “ SCO- PERTE” DI PIERO TARUFFI E KARL KLING, MONOPOLIZZANO LE PRIME QUATTRO POSIZIONI NEL GRAN PREMIO D’ ITALIA DEL 1955. UNA SCENA D’ALTRI TEMPI CHE E’ TORNATA DI GRANDE ATTUALITA’ NELLE ULTIME DUE STAGIONI. ALL’ ORA, COME OGGI, LA MERCEDES DETTA LEGGE IN F.1. 5 REGINE A CONFRONTO del reparto corse Mercedes dal I settembre 1936 e successivamente a capo del dipartimento prove della Casa tedesca. Alle dipendenze di Uhlenhaut un team di tecnici altamente qualificati, come Hans Scherenberg, Ludwig Kraus, Manfred Lorscheidt, Hans Gassmann, e Karl-Heinz Göschel. Il lavoro di questi straordinari pro- gettisti si concretizza nella W196, un’auto da Gran Premio che relega nel dimenticatoio le forme arroton- date e obsolete delle sue concorrenti, che altro non era- no se non le discendenti delle macchine che aveva ga- reggiato alla vigilia della seconda guerra mondiale. Al posto di queste vecchie tipologie costruttive la W196, un’auto con forme e dimensioni del tutto nuove, con una carrozzeria più profilata e larga e un baricentro decisamente più basso. Non solo. Tanto per non lasciare nulla al caso al suo debutto in Formula 1, sulla pista di Reims, dove si corre il Gran Premio di Francia del 1954, la Mercedes si presenta con due opzioni: un modello per i circuiti misto-lenti ed uno per le piste da alta velocità. Per questo tipo di trac- ciati, sfruttando il regolamento dell’epoca, più permis- sivo di quello attuale, la Mercedes appronta una vettu- ra completamente carenata, o “tipo Monza”, con car- rozzeria in alluminio che ingloba le quattro ruote e ter- mina con una lunga coda, non dissimile da quella uti- lizzata all’epoca dalle biposto che partecipavano alla 24 ore di Le Mans. Unico neo di questa seconda ver- sione l’incremento di peso, prossimo ai 100 chili, che all’epoca ne sconsigliò l’utilizzo sui circuiti più tortuosi, tipo Montecarlo. Sempre in tema di aerodinamica fac- ciamo un salto di 60 anni, e veniamo alla F1 W06. I tempi sono cambiati così come gli avversari e i rego- lamenti, che concedono molta meno libertà ai progetti- sti. Ma anche di fronte a tutti questi vincoli, la confor- mazione aerodinamica delle stelle d’argento rappre- senta uno dei punti di forza della monoposto bi-cam- pione del mondo con Lewis Hamilton. A partire dal mu- setto. Fin dallo scorso anno Goeff Willis, l’aerodinami- co del team, non si è fatto condizionare dalla regola che imponeva l’abbassamento del musetto da 525 mm a 185 mm e non ha neppure inseguito i suoi colleghi, che nel 2014 si ispiravano al regno animale, appli- cando alla parte terminale della monoposto probasci- di, becchi o protuberanze di varia natura. Sulla F1 W05, campione del mondo 2014, e sulla successiva F1 W06 di quest’anno il tecnico inglese ha semplice- mente arretrato il musetto, ancorandone la parte termi- nale al bordo d’attacco dell’ala anteriore. Una confor- QUANDO, ALL’ INIZIO DEGLI ANNI ‘ 50, LA MERCEDES DECIDE DI TOR- NARE ALLE COMPETIZIONI, LO FA IN GRANDE STILE. INGAGGIA JUAN MANUEL FANGIO (IMMAGINI A SINISTRA), IL MIGLIOR PILOTA IN CIRCO- LAZIONE E ALLESTISCE DUE DIVERSE VERSIONI DELLA W196. AL CENTRO IL PROPULSORE DELLA MONOPOSTO TEDESCA, UN 8 CILINDRI DI 2.500 CC. 6 NEL BIENNIO 1954/55 LA MERCEDES SCHIERA DUE 1954-55: LA MERCEDES W196 DI JUAN MANUEL FANGIO DIVERSE VERSIONI DELLA W196: LA MACCHINA PER PISTE VELOCI, INTERAMENTE CARENATA (DISEGNO IN ALTO A DESTRA) E LA MONOPOSTO ADATTA AI CIRCUITI MEDIO LENTI (NELLO SPACCATO IN BASSO). NEI DUE DISEGNI IN BASSO IL FRONTALE DELLA MERCEDES W196 NELLA VERSIONE CARENATA (N.1) E QUELLA PER PISTE MEDIO LENTE, A RUOTE SCOPERTE (A SINISTRA). 7 REGINE A CONFRONTO mazione meno esasperata di altre, che consente tutta- via di incanalare un sufficiente quantitativo di aria che investe le fiancate e il fondo vettura. Discorso analogo va fatto per le fiancate, tra le più compatte del lotto, che terminano con un retrotreno tra i più rastremati nel- la storia della Formula 1. E, come noto, rastremazione posteriore sulle attuali monoposto da Gran Premio vuol dire anche maggiore deportanza e uno sfruttamento ot- timale delle coperture. Quello che, tanto per fare un esempio, manca ancora alla Ferrari, per battersi alla pari con le vetture anglo-tedesche. IL TELAIO Una volta sollevata la carrozzeria ecco il telaio, altra carta vincente sia della monoposto di Fangio, che del- la più recente F1 W05 e 06. Nel caso della W196 si trattava di una inedita struttura reticolare in tubi di ma- gnesio saldati, molto rigida, ma anche estremamente leggera. Un telaio rivoluzionario, per l’epoca, che pe- sava appena 36 kg, ed al quale, sui due assi, veniva- no ancorate le altrettanto innovative sospensioni a ruo- te indipendenti. Soprattutto quella posteriore, che sfrut- tava lo schema brevettato dall’ingegner Scherenberg, con semiassi oscillanti, un cinematismo che nell’arco di pochi anni sarebbe poi stato introdotto sulle vetture stra- dali.
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