Vita Di Metastasio, Dopo La Morte Dell'althann, Avvenuta Nel 1755
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Pietro Antonio Trapassi nasce a Roma il 3 gennaio 1698 da Felice Trapassi di Assisi e da Francesca Galastri, bolognese; abita, nei primi anni di vita, in via dei Cappellari, presso Campo dei Fiori. Il padre era negoziante e aveva destinato il figlio alla professione di orafo. Fondamentale fu l'incontro, nel 1708, con Gianvincenzo Gravina, uno dei fondatori dell'Accademia dell'Arcadia, letterato e avvocato romano che, secondo la testimonianza di uno dei primi biografi, l'Alugi, sentì il ragazzo «cantare all'improvviso», mentre lavorava in un negozio, e decise di adottarlo e educarlo. Nella Ragion poetica, Gravina riconosceva esplicitamente l'importanza dell'educazione che sollecita «fuor di noi quelle verità che nel cupo delle menti nostre stanno quasi addormentate e sepolte». Il nome di Trapassi fu grecizzato da Gravina in quello di Metastasio, secondo «il morbo accademico de' letterati di quel tempo, rigidi imitatori di quelli del cinquecento». La precoce abilità di Metastasio nell'improvvisare era portentosa; a dieci-undici anni sfidava poeti come Rolli ed era conosciuto e rinomato, chiamato in salotti e adunanze; smise a diciassette anni, quando la sua bravura divenne, secondo la sua stessa testimonianza, un «mestiere grave e dannoso», che gli impediva di dedicarsi agli studi e gli minava la salute. Gravina inoltre avversava la pratica dell'improvvisazione e intendeva avviare il discepolo a uno studio sistematico delle discipline giuridiche, filosofiche e letterarie. Nel 1712, a 14 anni, Metastasio scrive la tragedia Giustino, tratta dall'Italia liberata dai Goti di Trissino, fedele anche nel metro, l'endecasillabo, al modello trissiniano, prediletto dal maestro, che nella Ragione poetica, aveva indicato la Sofonisba di Trissino come uno dei principali esempi di tragedia italiana ispirata al modello greco. Nello stesso anno Metastasio viene affidato al filosofo Gregorio Caloprese, cugino di Gravina, che teneva una scuola a Scalea, in Calabria. Qui il giovane rimane alcuni mesi e viene avviato alla lettura di autori come Bossuet, Pascal e soprattutto Cartesio. Ancora anni dopo in una lettera al Mattei, il poeta rievocava con nostalgia i mesi passati in Calabria: «Ho riveduti come presenti tutti quegli che tanto colà allora mi dilettarono. Ho abitata di bel nuovo la cameretta dove il prossimo fiotto marino lusingò per molti mesi soavemente i miei sonni: [...] ho sentita di nuovo la venerata voce dell'insigne Gregorio Caloprese, che adattandosi per istruirmi alla mia debole età, mi conducea quasi per mano fra i vortici dell'allora regnante ingegnoso Renato, di cui era egli acerrimo assertore». Nel 1715 Metastasio si reca prima a Napoli e quindi nuovamente a Scalea. A Napoli compone per l'ultima volta e nonostante l'opposizione di Gravina, in un'adunanza di nobili e letterati, dei versi all'improvviso sul tema La magnificenza dei principi e le sue lodi. Sempre a Napoli viene pubblicato nel 1717 il suo primo volume di versi, le Poesie di Pietro Metastasio che comprende Giustino, Il convito degli Dei, Il ratto d'Europa, La morte di Catone, L'origine delle leggi, Pel Santo Natale. Il giudizio di Metastasio su questi versi giovanili, improntati a un modello eroico-classicista, non fu, anni dopo, positivo; scriveva infatti il poeta, il 22 gennaio 1734, all'editore Bettinelli che si accingeva a pubblicare le sue opere: «Sono composizioni secondo me così deboli ch'io non ho avuto il coraggio di rivederle, per rispiarmarmi la pena di considerare che debbano tornare sotto gli occhi del pubblico, il quale in rileggendole non avrà sempre chi gli ricordi per mia scusa l'età in cui le scrissi». Nel gennaio del 1718 muore il Gravina, che lo lascia erede di un consistente patrimonio di 15000 scudi, presto dilapidato dal poeta; nello stesso anno Metastasio, che aveva fatto parte dei Quirini, gli Arcadi dissidenti graviniani, viene ammesso in Arcadia col nome di Artino Corasio e recita, per commemorare il suo maestro, le terzine La strada della gloria. Nel 1719 compone e recita in Arcadia la canzonetta La primavera, «la prima voce della sua nuova poesia». Si innamora a Roma di Rosalia Gasparini, figlia del compositore Francesco; vengono stilati dei patti matrimoniali, ma l'unione va a monte. Nell'estate il poeta lascia Roma e si trasferisce a Napoli, alla ricerca di un ambiente a lui più favorevole. Così scriveva a Francesco d'Aguirre per motivare la sua partenza da Roma: «I miei domestici interessi mi trasportarono, già molti mesi sono, in Napoli, e mi ci ritenne poi la considerazione del pertinace odio che ancor si conserva in Roma non meno al nome che alla scuola tutta dell'abate Gravina, beata memoria, mio venerato maestro. Qual odio, se non in tutto almeno in parte, si è trasfuso, e come discepolo eletto e come erede, sovra di me». A Napoli trova un impiego nello studio di un avvocato, ma soprattutto entra in contatto con il mondo del teatro, a lui più congeniale, e viene introdotto in circoli artistocratici e salotti nobiliari. Ciononostante il soggiorno napoletano non soddisfa, almeno all'inizio, il poeta che lamenta la mancanza, nella città partenopea, di una corte, ciò che causava la «rozzezza del paese», alla quale Metastasio «educato in una città dominante», stentava ad abituarsi; poco dopo l'arrivo a Napoli comincia quindi già a pensare, per ottenere una sistemazione professionale, a un trasferimento all'estero e in particolare a Vienna, dove lo indirizzano, fin dal 1719, i suoi conoscenti napoletani. Nel frattempo però compone molti versi, in cui, abbandonato l'impianto eroico delle poesie più giovanili, recupera l'esempio di autori poi sempre amati come Tasso e Marino, dando vita a una produzione arcadico-mitologica, prevalentemente encomiastica, in cui sono già riconoscibili alcune modalità espressive musicali e sentimentali che costituiranno il nucleo della poesia più matura. Nel 1721 scrive, per le nozze di Antonio Pignatelli e Anna Pinelli di Sangro, la sua prima azione teatrale l'Endimione, pubblicata l'anno seguente con una lettera di dedica a Marianna d'Althann, sorella dello sposo e dama di corte dell'imperatrice Elisabetta d'Asburgo. Tra il '21 e il '22, Metastasio compone ancora gli Orti Esperidi e Angelica, rappresentati per il compleanno dei reali d'Austria, l'azione teatrale Galatea e i primi lunghi Epitalami, dedicati a esponenti dell'aristocrazia napoletana. Ma è soprattutto il rapporto con il mondo del teatro e della musica che segna una svolta fondamentale nell'esistenza artistica e personale del poeta; determinante è l'amicizia con la cantante Marianna Bulgarelli detta «la Romanina», che aveva interpretato il ruolo di Venere negli Orti Esperidi; incoraggiato da lei, il poeta abbandona l'avvocatura, prende lezioni di musica dal Porpora e, dopo un primo esperimento di riscrittura del libretto non originale Siface, riscuote rapidamente un grandissimo successo con la Didone abbandonata, rappresentata con musica di Domenico Sarro al teatro S.Bartolomeo di Napoli nel carnevale del 1724. A casa della Bulgarelli conosce anche Carlo Broschi detto «Il Farinello», che aveva esordito, come cantante sopranista, nell'Angelica e che sarà successivamente l'amico e confidente fraterno di tutta la vita, il suo «gemello», che morirà nello stesso anno del poeta. Dopo il successo della Didone si aprono al poeta i teatri italiani; i suoi drammi vengono rappresentati oltre che a Napoli, a Venezia (Siroe 1726 interpretato sempre dalla Bulgarelli; Siface 1726), dove il poeta si reca due volte assieme alla Bulgarelli, e a Roma (Per la festività del Santo Natale 1727; Catone in Utica e Ezio, 1728; Semiramide e Alessandro nelle Indie, 1729; Artaserse, 1730). Nel 1729 scrive anche La contesa de'Numi una festa teatrale che celebrava la nascita del delfino di Francia, rappresentata nello stesso anno a Palazzo Altemps a Roma. Nel frattempo il poeta, dal 1727, torna a vivere a Roma, dove l'anno successivo si trasferisce anche la Bulgarelli. Nel 1729 ormai all'apice del successo viene invitato a Vienna come poeta cesareo, in sostituzione di Apostolo Zeno; l'impiego alla corte rappresentava una garanzia di stabilità professionale e economica e costituiva, per un poeta del Settecento, un'opportunità estremamente vantaggiosa, perseguita da molti, perché liberava gli artisti dalla precarietà legata alla loro condizione e dalla dipendenza dagli impresari e dal successo del pubblico. Il poeta concorda un salario di 3000 fiorini annui, meno elevato di quello di Zeno, suo predecessore a Vienna; altri regali e benefici, anche se spesso precari, elargiti dall'imperatore, si aggiungeranno in seguito. Prima di partire dall'Italia compone ancora l'oratorio La passione di Cristo, commissionato da Carlo VI e rappresentato poi a Vienna. Nella capitale austriaca il poeta giunge il 17 aprile 1730, accompagnato da Domenico Bulgarelli, marito della Romanina che si era invece fermata a Venezia. Metastasio non tornerà mai più in Italia. Durante tutto il periodo viennese vive presso la famiglia di Nicolò Martinez, cerimoniere del Nunzio Apostolico presso la corte imperiale, originario di Napoli. A Vienna era stato accolto dalla contessa Marianna D'Althann, dama di corte, che aveva conosciuto il poeta a Napoli e ne aveva sostenuto l'assunzione a Vienna. Un'altra Marianna, figlia di Nicolò Martinez, entrerà in seguito nella vita di Metastasio, dopo la morte dell'Althann, avvenuta nel 1755. La vita di poeta di corte, alle dipendenze fino al 1740 di Carlo VI e poi di Maria Teresa, appare segnata dai ritmi delle celebrazioni e delle feste. Il primo dramma scritto dal poeta e rappresentato al teatro di corte, Demetrio, ebbe, nonostante i timori del poeta dubbioso che un'opera così delicata potesse piacere agli austriaci abituati a drammi più eroici, un successo notevolissimo. Il primo decennio viennese è caratterizzato da un intenso lavoro e da una produzione copiosa; tra il 1730 e il 1735 il poeta compone ogni anno un oratorio sacro oltre a tutti i drammi legati a circostanze particolari.