Ed Aggiunte in Margine Ad Una Mostra
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MARIA TERESA CARACCIOLO DISEGNI ROMANI FRA SEICENTO E SETTECENTO NELLE COLLEZIONI PUBBLICHE FRANCESI Considerazioni · ed aggiunte in margine ad una mostra " Era meglio ad un professore di disegno abitar Roma" Anche in questo ambito ben circoscritto, però, l'impo scriveva nel Seicento Filippo Baldinucci " che qualsifusse stazione, o se si vuole il taglio storico dato alla mostra, altra città del mondo ".,) Verità destinata a sopravvivere la scelta dei singoli artisti e dei loro disegni, l'importanza quasi un secolo a chi la formulò, e che appare ancora va riconosciuta ai vari gruppi in relazione al tempo in cui lida al termine di quel periodo che dal Barocco seicen operarono, come nei legami ed influssi reciproci, suscitano t!SCO va fino alla fine del XVIII secolo, un periodo non poche riserve e riflessioni. Ciò che veniva in mente n ~l quale, malgrado il deteriorarsi della situazione eco in primo luogo concludendo la visita della mostra, era che nomica e sociale, la progressiva stanchezza del mecena essa conteneva, in nuce, gli spunti di due mostre diverse e se tismo papale e l'esaurirsi delle capacità creative degli non proprio indipendenti, almeno autonome, prima delle artisti di scuola romana, la città pontificia rimase un quali (e forse più importante delle due) quella dedicata a centro internazionale ed una scuola di autorità indiscussa Pietro da Cortona, ai suoi immediati seguaci e agli altri per i disegnatori europei. esponenti di quel particolare clima .. barocco" della Rispondeva quindi ad un'alta ambizione la mostra Roma seicentesca. Questa prima sezione risultava invece recentemente allestita al Louvre a cura di D. d'Ormes la più sacrificata e inconsistente della mostra del Louvre son-Peugeot e di C. Legrand;2l che attraverso una sele mentre avrebbe potuto essere la più spettacolare, capace zione di 145 disegni, appartenenti per la maggior parte certamente di sedurre, oltre gli amatori e gli studiosi, al museo parigino, ma scelti anche in altre collezioni pub anche il grande pubblico che sempre affolla le sale del bliche della capitale (Fondation Custodia, École des massimo museo francese. Diciamo subito, infatti, che il Beaux-Arts) e della provincia francese (Angers, Besançon, Louvre dispone certamente dei disegni necessari per pro Lille, Rouen), si proponeva di rendere conto dell'evolu porre una tale selezione, con il cospicuo gruppo di fogli zione del disegno a Roma dal Barocco di Pietro da Cor autografi di Pietro da Cortona, quello dei cortoneschi, tona alle molteplici tendenze del Barocchetto della prima ma anche con disegni del Bernini, di Lanfranco, di Pous metà del Settecento, fino agli albori della riforma neoclas sin ... 3) Nella mostra di cui trattiamo ora, Pietro da Cor sica. Se non ho ripreso finora il titolo letterale della tona era rappresentato da uno studio di figura (n. 2), da mostra (e cioè La Rome Baroque de Maratti à Piranèse), un foglio con ogni probabilità non interamente autografo è stato per evitare l'ambiguità e l'inesattezza del suo enun (n. I) e da un disegno palesemente non suo (n. 3). Il ciato: la selezione dei disegni esposti - occorre infatti maestro risulta quindi rappresentato, come Giovanni ripeterlo - iniziava con Pietro da Cortona e con un gruppo Odazzi, da tre opere (di cui una di scuola), mentre di di disegnatori cortoneschi (che avrebbero, appunto, dovuto Pietro de' Pietri ne erano esposte dieci e di Giacinto rendere conto della "Roma barocca "), e si concludeva Calandrucci addirittura sedici, fra studi di mani, piedi e con Mengs. La presenza di due disegni autografi di teste di religiosi: una tale selezione limitativa nella quan Piranesi - due fogli bellissimi, già ben noti al pubblico tità come nella qualità non rende davvero conto dei gran e agli studiosi (nn. 143 e 144) - appare in realtà solo dissimi meriti del Cortona disegnatore e risulta incompren come un episodio periferico, anche se luminoso, nello sibile soprattutto nel quadro di una mostra dedicata alla svolgimento della mostra, che era consacrata esclusiva "Roma barocca ". mente al disegno di figura. Non si può dire infatti che La questione della selezione e dello studio critico dei il tema della veduta, nei suoi stretti legami con il paesaggio cortoneschi è più delicata e complessa. Dopo i disegni del arcadico e classicheggiante, con il capriccio e con il dise Cortona vengono infatti presentati e catalogati disegni di gno di architettura, sia stato realmente trattato attraverso Andrea Sacchi (nn. 4-7), Giacinto Giminiani (nn. 8-12), la ristretta selezione dei due disegni autografi di Piranesi Pier Francesco Mola (n. 13, un disegno che però con ogni e dei cinque fogli di Panini (di cui uno dubbio), mentre probabilità non è di Mola, çome diremo in seguito) Gian mancava ogni testimonianza circa la produzione di pae Angelo Canini (n. 14), Lazzaro Baldi (n. 15, che però saggisti, vedutisti ed architetti quali (per citare solo alcuni senz'altro non è Baldi, artista, quindi, assente dalla mo nomi) Gaspar van Wittel, Jan Frans van Bloemen, Carlo stra), Carlo Maratta (nn. 16-33), Guglielmo Cortese Marchionni, Ferdinando Fuga, Luigi Vanvitelli ... Occorre (nn. 34-40) e Ciro Ferri (nn. 41 e 42). Ciò equivale a dire, però, che un tema vasto come quello del paesaggio dire che nessuna distinzione viene fatta fra i cortoneschi e della veduta, con il quale l'Italia ha dato forse il suo di stretta osservanza (Ferri e Cortese, ai quali si potevano contributo più alto e poetico all'arte europea fra Seicento avvicinare Lazzaro Baldi, Giacinto Brandi e Pier Fran e Settecento, meritava senz'altro una mostra autonoma cesco Mola, in quanto rappresentanti della corrente neo (che si sarebbe potuta intitolare, per esempio, Il disegno veneta)4) e contemporanei che pur appartenendo anche a Roma da Gaspar van Wittel a Piranesi) e quindi esula loro all'area barocca romana seicentesca rappresentano dalle riflessioni in queste pagine, che renderanno conto però tendenze diverse e per certi aspetti in contraddiz soltanto di quanto la mostra ha proposto e rivelato circa zio ne con il cortonismo: Andrea Sacchi, appunto, e Gia i disegni di figura del medesimo periodo. cinto Giminiani, ai quali sarebbe stato bene aggiungere I03 sione ideale del Bello formulata dagli antichi. Tali inter rogativi, a Roma, in quei tempi, non rispondevano tanto all'esigenza di attenersi ad una dottrina, o a una teoria dell'arte, ma nascevano piuttosto da un'inquietudine, e dall'aspirazione nostalgica ad un bene perduto, eppure sempre presente, ma mai più ritrovato.?) Un simile chiarimento iniziale avrebbe inoltre permesso di spiegare senza alcuna difficoltà il fatto di maggiore ri lievo della storia dell' arte a Roma alla fine del Seicento: e cioè il binomio Gaulli-Maratta, così simili, per certi aspetti, ed ambedue nutriti dalla linfa vitale del Barocco cortonesco e berniniano, eppure divergenti, poi, nelle conclusioni e nelle conseguenze del loro operare. Il primo diede infatti l'avvio alla breve e luminosa stagione del Rococò romano, mentre dal secondo dipende il fenomeno d'accademizzazione del Barocco che si attua nei primi decenni del Settecento, come anche, a più lunga sca denza, quel protoneoclassicismo che orienta la produ zione di scuola romana nei primi tre quarti del XVIII secolo. Anche se ciò non viene espresso chiaramente nello svolgimento del catalogo, Gaulli e Maratta aprono il secondo capitolo della mostra del Louvre, un capitolo denso, ricco di autentiche novità, che avrebbe potuto costituire da solo (con qualche aggiunta e alcuni indispen sabili sviluppi) una mostra autonoma e del tutto valida. In realtà, il quadro della creazione figurativa nella Roma della prima metà del Settecento è molto complesso: ne sono la prova le numerose formule con le quali si tenta attualmente di definire l'arte dei vari maratteschi, come quella delle cosiddette "presenze eccentriche" e degli artisti "in polemica antiaccademica" 8) che com pletano con fondamentali contributi l'insieme della pro duzione pittorica della capitale. Rifuggendo ormai dal termine di "barocco", si è parlato e si parla di "baroc chetto classicista", di "rococò classicista ", di "prima metamorfosi del barocco" e di "accademizzazione del Barocco " .9) Questi vari termini ormai comunemente I - ROMA, CHIESA DI SAN PANTALEO usati aiutano a capire essenzialmente due cose: da un lato SEBASTIANO RICCI: TRANSITO DI SAN GIUSEPPE come la produzione romana sia diversa da quella delle altre scuole europee, la francese o l'austriaca, per esempio, ma anche la veneta, la piemontese e la napoletana; e, d'altro canto, come essa scaturisca dalla osmosi fra il rigore compositivo marattesco - di matrice classicista Pietro Testa, di cui il Louvre possiede un nutrito gruppo propriamente seicentesca - e l'estro, la leggerezza, la di disegni, ed anche Poussin, trattandosi fra l'altro di una libertà d'esecuzione, le forme guizzanti e colorate del mostra allestita in ambito francese e da un museo che s Rococò, ampiamente tributarie nella capitale della pre forse di Poussin possiede alcuni fra i fogli più belli. ) senza del Gaulli. Questi due elementi appaiono così E si sarebbe inoltre potuto valicare, dando prova di un strettamente legati nella produzione romana del primo po' di audacia, i confini strettamente romani del corto Settecento che finiscono col conferire una sorta di unità nismo ed alludere (magari con un ristretto numero di ad una scuola le cui componenti furono, in realtà, estre fogli) a quei disegnatori fiorentini che contribuirono ad mamente varie. L'accademia marattesca