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Castro Lacui Pensili

Marcello Romano

GLI APPREZZI E LE PLATEE DELL’ARCHIVIO CARACCIOLO DI TORELLA COME FONTE PER LA RICOSTRUZIONE DEL PAESAGGIO E DELLA “FORMA URBIS” MEDIEVALE DEGLI INSEDIAMENTI DEL

CONSIGLIO REGIONALE DELLA Autorizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Napoli, n. 2658 del 12/03/04. SOMMARIO

PRESENTAZIONE pag. 7

PREFAZIONE pag. 11

INTRODUZIONE pag. 13

CAPITOLO I - CARACCIOLO DI TORELLA pag. 15 La famiglia pag. 15 L’archivio privato di famiglia pag. 19

APPENDICE AL CAPITOLO I pag. 25 Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835 pag. 25

CAPITOLO II - GLI APPREZZI E LE PLATEE DELL’ARCHIVIO CARACCIOLO DI TORELLA E LA BASILICATA pag. 125 La famiglia Caracciolo di Torella e la Basilicata pag. 125 Gli Apprezzi e le Platee come fonte per la ricostruzione del paesaggio e della “forma urbis” medievale degli insediamenti del Vulture pag. 127 Atella pag. 133 pag. 136 pag. 138 Bella pag. 140 Gaudiano pag. 143 pag. 145 pag. 145

5 pag. 149 Monticchio pag. 150 pag. 152 Rionero pag. 156 pag. 157 pag. 160 Santa Maria di Pierno pag. 162 Santa Maria di Vitalba pag. 166 SS. Trinità pag. 167 pag. 171

APPENDICE AL CAPITOLO II pag. 177 Doc. n. 1 Apprezzo di Atella e Rionero del 1615 pag. 177 Doc. n. 2 Apprezzo di Lavello del 1629 pag. 196 Doc. n. 3 Apprezzo di Venosa e Maschito del 1635 pag. 208 Doc. n. 4 Apprezzo di Ripacandida del 1642 pag. 241 Doc. n. 5 Apprezzo di Atella e Rionero del 1642 pag. 249 Doc. n. 6 Apprezzo di Lavello del 1668 pag. 274 Doc. n. 7 Apprezzo di Ripacandida del 1693 pag. 290 Doc. n. 8 Apprezzo di Venosa del 1696 pag. 301 Doc. n. 9 Apprezzo di Venosa del 1713 pag. 333 Doc. n. 10 Apprezzo di Ruvo del Monte del 1740 pag. 354

ALLEGATI pag. 367 Indice delle tavole pag. 369

6 PRESENTAZIONE

La tesi in Storia Medioevale di Marcello Romano “Gli apprezzi e le pla- tee dell’Archivio Caracciolo di Torella come fonte per la ricostruzione del pae- saggio e della “forma urbis” medievale degli insediamenti del Vulture”, di- scussa nell’anno accademico 2001-2002 presso l’Università degli Studi del- la Basilicata, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere Indirizzo Moderno, è tra le vincitrici del Concorso Nazionale per le migliori tesi di laurea sulla Basilicata, indetto dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Basilicata, in base all’apposito giudizio formulato dalla competente commissione. L’Archivio dei Caracciolo di Torella, una delle due grandi linee originarie dei Caracciolo, acquisito dall’Archivio di Stato di Napoli, conserva un ricchissimo patrimonio di notizie storiche che travalica la sto- ria di questa famiglia, fornendo un’utile occasione d’integrazione delle fonti e di materiale non più esistente presso le Cancellerie ufficiali, a seguito della perdita conseguente agli eventi bellici che tra il 1941 e il 1943 manda- rono in fumo parte di quel patrimonio cartaceo sia pubblico che privato. Fu il caso anche dell’Archivio dei Caracciolo di Torella che perse 96 buste del- le iniziali 420 conservate nell’archivio privato del marchese Giacomo Caracciolo presso il Palazzo Marigliano in S. Biagio dei Librai a Napoli (og- gi via Benedetto Croce), colpito dalle incursioni aeree su Napoli. A confer- mare il fondamentale apporto che la scoperta di nuove fonti provenienti da archivi privati di famiglia reca al progresso della conoscenza della storia d’Italia è l’importanza che la famiglia Caracciolo e le singole individualità ebbero nella vita civile e istituzionale. Lo testimoniano le 340 pergamene presenti nell’Archivio Caracciolo di Torella che abbracciano un periodo compreso tra l’inizio del XVI secolo e la fine dell’Ottocento, conservando Bolle e Brevi pon-

7 tifici, documenti ecclesiastici di autorità periferiche della Chiesa, privilegi ed altri documenti pubblici, strumenti notarili. Importanti sono inoltre le car- ti riguardanti le cariche pubbliche dei Caracciolo di Torella, i titoli nobilia- ri e cavallereschi, i servizi di Casa Reale e quelle attinenti Chiese, monasteri, badie e castelli, i fatti e le carriere militari, i monti ed i banchi, il patrimonio di famiglia ed altro. Importante è inoltre la presenza dei documenti in co- pia (la concessione di assensi e privilegi) di cui molti originali sono andati persi. Insomma l’insieme della documentazione dell’Archivio dei Caracciolo di Torella consente di ricostruire quasi integralmente, non solo la storia dei possedimenti di famiglia ma, il più delle volte, di tutte quelle terre che in un modo o nell’altro gravitarono intorno ai Caracciolo, sicché, per l’autore, è pos- sibile “procedere ad uno studio della storia civile sociale ed economica” di molti Comuni della Basilicata e di altre terre e feudi della e del- la Puglia. Marcello Romano riporta la platea generale del principe di Torella in provincia di Basilicata del 1835 che dà conto del sistema organizzativo del- l’amministrazione dei beni con centro a Barile, dove risiedevano l’agente ge- nerale, direttore dell’amministrazione, il cassiere e il razionale e della divi- sione in altri sei amministrazioni riguardanti: Lavello e Venosa, Atella e Rionero, Rapolla, Barile, Ruvo, Baragiano e Bella; ognuna retta da un procuratore spe- ciale quale amministratore addetto al sopralluogo. La famiglia Caracciolo di Torella acquisì e possedette per lungo tempo territori lucani posti nella zona del Vulture-Melfese e di altre zone. Nell’Archivio Caracciolo di Torella sono presenti, infatti, 11 documenti tra apprezzi e platee riguardanti quel- l’area, quasi tutti redatti in occasione della vendita e del passaggio delle città da un signore all’altro. All’originale della platea generale dei territori appartenenti come detto alla casa di Torella si affiancano le copie autentiche e quelle sem- plici degli apprezzi di Atella (1615, 1642), Lavello (1629, 1668), Ripacandida (1642, 1693), Ruvo del Monte (1740), Venosa (1635, 1696, 1713). L’autore, con opera meritoria di trascrizione, traccia attraverso questi documenti (redat- ti tra i due più disastrosi terremoti che interessarono la Basilicata, quello del 5 dicembre 1456 e quello dell’8 settembre 1694) le linee generali riguardanti

8 la struttura degli abitati, addivenendo ad uno studio dettagliato dei centri di Atella, Baragiano, Barile, Bella, del casale di Gaudiano, di Lavello, di Maschito, di Monticchio, di Rapolla, di Rionero, di Ripacandida, di Ruvo del Monte e di Venosa, oltre che delle Chiese e dei Santuari di Santa Maria di Pierno (), di Santa Maria di Vitalba e della Santissima Trinità di Venosa.

Vito De Filippo Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata

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PREFAZIONE

È ben noto come il Mezzogiorno d’Italia registri una consistente dispersione del proprio materiale documentario specialmente di quello relativo al pe- riodo medioevale. Le ragioni sono molteplici e riguardano, tra l’altro, la fra- gilità delle istituzioni, l’incuria nella conservazione, i disastrosi e ricorren- ti eventi tellurici, le rivendicazioni patrimoniali che hanno portato soven- te allo smembramento dei fondi archivistici di rado provvisti di adeguati in- ventari. E quando talvolta tali fondi sono stati ricomposti molto spesso non è stata seguita né l’originaria collocazione topografica né tantomeno è sta- ta rispettata la successione cronologica degli atti. D’altro canto è ormai metodologicamente acquisito che, sempre per l’a- rea meridionale, proprio per i caratteri conservativi che la connotano, ma- teriali di più tarda produzione possono essere utili per riandare indietro nel tempo e contribuire alla ricostruzione di istituzioni e realtà meno conosciute della sua storia. Di qui è nata questa tesi - ma anche altre similari esperienze di disser- tazioni di laurea promosse dalla cattedra di Storia medioevale - di Marcello Romano discussa sotto la direzione di chi scrive nell’anno accademico 2001-2002 e dedicato all’Archivio Caracciolo di Torella depositato presso l’Archivio di Stato di Napoli. Un ceppo aristocratico-feudale di grande importanza, quello dei Caracciolo di Torella per la storia della Basilicata le cui vicende hanno profondamente inciso sul tessuto fondiario, economico e sociale della regione. Comunque le finalità del lavoro del Romano sono contenute nello stesso titolo della tesi e riguardano in particolare la ricostruzione del pae- saggio e della forma urbis medievale verificati negli insediamenti demici del

11 Vulture attraverso due ben mirate serie archivistiche: gli apprezzi e le pla- tee, strumenti di riconosciuta utilità per individuare i segni del territorio sia dal punto di vista viario che insediativo, gli aspetti morfologici e urbanistici, le leggi di persistenza aggregativa e quant’altro. Consentire la pubblicazione di questi materiali mi sembra iniziativa lo- devole e opportuna che esalta la ricerca condotta da Marcello Romano, e con- tribuisce alla conoscenza di una regione per la quale, a scanso di equivoci, si è sempre invocato il “vuoto documentario”.

Massafra, Aprile 2004

Cosimo Damiano Fonseca Ordinario di Storia Medioevale

12 INTRODUZIONE

Oggetto di questo studio è l’archivio Caracciolo di Torella1, depositato presso l’Archivio di Stato di Napoli2. L’interesse nutrito per questo archivio risiede nel fatto che al suo interno sono conservati tutta una serie di documenti inerenti la Basilicata, utili al- la ricostruzione della storia regionale. Infatti, la famiglia Caracciolo di Torella abitò e possedette per lungo tem- po territori della Basilicata, influenzando la storia di alcuni comuni lucani, ed in particolar modo quelli dell’area del Vulture-Melfese. La famiglia Caracciolo partì da Torella, per espandere gradualmente il suo controllo e possesso sui territori dell’attuale alta Irpinia. Di seguito pro- cedette all’acquisizione di molti feudi situati in un immaginario triangolo composto da Avellino-Foggia-. Il nome dei Caracciolo di Torella è legato al controllo di numerosissi- mi centri demici della Basilicata settentrionale, ma anche ad altri comuni che per una ragione od un’altra entrarono in contatto con questa famiglia. La famiglia esercitò sopra i suoi possedimenti un assoluto controllo, tan- to che nell’ACT sono entrati anche quei documenti e quelle carte che pur ri- guardanti la Basilicata non sembrano presentare un rapporto diretto con la famiglia Caracciolo di Torella. Infatti nell’archivio sono presenti anche quelle testimonianze documentarie che risalgono a tempi anteriori all’arrivo dei Torella. Questo lo si deve al contributo di chi nei secoli passati, magari e probabilmente solo per i propri interessi, si preoccupò di salvare e custo- dire la documentazione precedente al loro arrivo.

1 Da ora in poi ACT 2 Da ora in poi ASN

13 Grazie a questa particolarità è possibile risalire indietro nel tempo e ri- costruire la storia di molti comuni lucani, venendo in contatto con documenti che di un luogo ne ricordano i fatti e ne tramandano la storia. Quindi si può essere grati ai Caracciolo di Torella o meglio ancora al lo- ro archivio privato, perché offre tutta quella serie di notizie che se da una parte integrano ed arricchiscono fonti già conosciute e ormai acquisite, dall’altra hanno il potere di far luce o addirittura capovolgere le posizioni e gli studi di chi fino ad oggi si è occupato della storia della Basilicata sen- za seguire un’accreditata documentazione storica. Un doveroso ringraziamento deve essere rivolto al personale dll’Istituto Internazionale degli Studi Federiciani, dipartimento del CNR, collocato all’interno del Castello di Lagopesole, ed in particolare alla Dott. Antonella Pellettieri, per il contributo dato alla realizzazione di questo lavoro.

L’Autore

14 CAPITOLO I CARACCIOLO DI TORELLA

La famiglia

La famiglia Caracciolo è una tra le famiglie più antiche, illustri e nobi- li del Regno di Napoli. Molte sono le ipotesi sull’origine del casato dei Caracciolo e molti anche, se non certi, sono i documenti che lo riguardano. Partendo dall’appellativo Caraczulus, fonia che esisteva già nel medioevo, avutasi dall’unione dei due sostantivi καρα,αζ capo-testa ξυλου,ου legno è possibile sostenere un’origine greca della famiglia1, la cui etimologia riconduce alla figura di un personaggio militare, indomito e forte dal “capo di legno”. Infatti da un passo di Agatarchide di Cnido2 si ha notizia che la famiglia Caracciolo fosse tra le prime e più illustri della Grecia, tanto da vedere un suo esponente, Ambusto Caracciolo, duca di Antiochia, ottenere per i suoi meriti l’acclamazione di Imperatore d’Oriente da parte del popolo essendo stato deposto Michele Strazionico, ma egli rifiutò questa gloriosa carica per la sua moderazione, in favore di Isacco Comneno. Ambusto Caracciolo, inol- tre, fu fondatore di un monastero sul monte Athos che conservò il nome di Caracciolo. Si ha anche notizia di un certo Anastasio, inviato in Sicilia dall’Imperatrice Irene per sedare la ribellione del governatore Elpidio3. Ma quale esponente della famiglia si spostò per primo dall’Oriente a Napoli non è cosa semplice da individuare. Un’ipotesi possibile è che o lo stesso Anastasio o qualche stratega dell’imperatore Giustiniano, nel periodo 535-

1 F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo riveduta ed aggiornata da Ambrogino Caracciolo, Napoli, 1966. 2 Agatarchide di Cnido, Storia Asiatica, libro 9, in Biblioteca di Fozio Grecolatina, Colonia, 1612, fol. 546, e 147. 3 Idem. fol. 546, e 147.

15 553, trovatosi a Napoli per strapparla dal dominio ostrogoto, fondò la stir- pe napoletana dei Caracciolo. Ipotesi che per quanto indimostrabile appa- re la più attendibile se si tiene conto che una nobiltà Caracciolo appariva nell’VIII secolo ben radicata a Napoli. Ma i passi di Agatarchide di Cnido addotti come prova dell’origine bi- zantina dei Caracciolo sono stati falsificati nel XVII secolo nel momento in cui il Principe di Avellino dovette dimostrare il suo diritto al Gran Magistero dell’Ordine Costantiniano4. Il primo riferimento certo sulla famiglia Caracciolo è attestato da una bolla papale del 14445. Da questa bolla di Papa Eugenio IV si evince che fin dall’844 esisteva un ospedale fondato da un certo Pietro Caracciolo, presso la chiesa di S. Maria in Selice, poi detta S. Severo Maggiore o al Pendino. Notizia questa che attesta un evidente prestigio, autorità e buona disponibilità eco- nomica di quel Pietro tanto da fargli fondare un ospedale. Tale avvenimento induce a pensare che questa famiglia occupasse un ruolo di primo piano nel- la scala sociale napoletana appartenendo, probabilmente, al primo ceto della città: quello dei nobiliores homines. In una donazione del 977 fatta da Teodonanda6, figlia di Teodoro Caracciolo nei confronti del monastero di San Sergio e Bacco, sotto gli Imperatori Basilio, Costantino e Giovanni, si fa riferimento ad un monte Caraciuli. Notizia che ritroviamo in un’altra donazione del 1020 fatta da Naraldo7, per berbum et absolutione dei suoi genitori, a Stefano abate del monastero di Santa Maria Vergine madre di Dio di alcuni territori posti sul monte Vesuvio, nel- la cui descrizione dei confini si cita una contrada denominata Caraciuli: l’im- portanza della notizia risiede nel fatto che già all’inizio del XI secolo, un’in- tera contrada portava questo nome e che l’appellativo Caracciolo era noto

4 F. Fabris, op. cit. 5 A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, 1a edizione completa, Napoli, 1581. 6 S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, Fiorenza, appresso Giorgio Marescotti, MDLXXX, pp. 107-110. 7 ASN, Regii Neapolitani Archivii Monumenta edita ac illustrata, Neapoli ex Regia tipographia, MDCC- CLIV, Volumen quartum (1001-1048), pp. 140-142, documento n. CCCXV.

16 e riconosciuto da tutti. Pertanto oltre alla presenza di un cognome Caracciolo ritroviamo anche il toponimo Caracciolo per una contrada posta nei pres- si del monte Vesuvio. Dai figli di Teodoro, Pietro e Gregorio, si sarebbero originati due rami della stessa famiglia, il secondo dei quali estintosi già nell’XI secolo con Anna, monaca in S. Gregorio Maggiore, alla quale sembra risalire un documento del 28 aprile 1099, in onore della Vergine per la salvezza dell’anima sua, con cui si faceva donazione di un possedimento a S. Giulianessa8. Dal primo ramo invece, quello che si rifaceva a Pietro, si sarebbe sviluppata una ricchissima e considerevole progenie. Da lui discenderebbe un altro Pietro, diacono e rettore del monastero ed ospedale di S. Giorgio Maggiore, che ri- sulta acquirente nel 1110 di un possedimento di Arzano; e ancora una sua nipote, la monaca Mira, che nel 1138 compra un fondo a Calvizzano9. Queste notizie, seppur frammentarie, sono testimonianza di una continua e crescente espansione della famiglia Caracciolo in tutto il territorio napoletano, e se a questo si aggiungono gli incarichi di primo piano da loro ricoperti nei più antichi e importanti monasteri partenopei, come S. Giorgio e S. Gregorio, quello che ne esce è il quadro di una famiglia sempre più potente. Rilevante per sottolineare questa tendenza può essere ricordare che nel 1131 Riccardo Caracciolo sposando Marotta di Landolfo avesse ereditato il titolo di Conte di Montemarano, una delle prime acquisizioni di quei tito- li che nella secolare storia di famiglia ne avrebbero arricchito ed accresciu- to il nome. Al contrario delle prime e limitate notizie sull’origine della famiglia, quel- le che cominciano ad aversi dal XIII secolo sono non solo più attendibili e documentate ma anche più numerose. La famiglia Caracciolo sul finire del XIII secolo si divide in quei due gros- si tronconi, Rossi e Pisquizii o del Sole, dai quali sarebbero venuti tutti i di-

8 C. Raso, Le origini della famiglia Caracciolo, in Meridies, periodoco dell’Associazione Italiana per il Mezzogiorno (A.I.M.), Napoli, anno III n° 2 novembre-dicembre 1982, pp. 17-18. 9 Idem., p.17.

17 scendenti conosciuti10. Per la ricostruzione dei Caracciolo di Torella, il cui ar- chivio è oggetto di questa tesi, interessa seguire il ramo dei Caracciolo Rossi. Ed è proprio al capostipite di questo ramo, Giovanni Caracciolo detto Rosso, che bisogna far risalire il privilegio dell’Imperatore Federico II del- l’anno 123811, con cui l’Imperatore riconoscendo il grande valore militare di Giovanni, che si lasciò morire bruciato all’interno del castello d’Ischia piut- tosto che arrendersi ai nemici, concedeva al primogenito Ligorio in perpetuum feudum tutti i beni. Oltre Ligorio, Giovanni ebbe anche altri figli, e a questi ultimi si fanno risalire quei rami che parallelamente ai Rossi si diffusero. È il caso di ricordare i Cancella, i Carafa, i Caracciolo di Capua e di Avellino che ebbero i maggiori riconoscimenti e da cui discesero i Principi di Torella. La terra di Torella dal 1255 fu posseduta dalla famiglia Saraceno12 fino al 1528 quando Giovanni Camillo Saraceno con il fratello Fabrizio si allea- rono con la fazione avversa all’Imperatore Carlo V, ed in seguito il Vicerè di Napoli Filiberto de Chalons sottrasse i possedimenti ai Saraceno per affidarli al commendatore Alfonso la Rosa di S. Giacomo per la Regia Corte, che di- venne Conte di Torella. Ma nel 1551 Alfonso la Rosa vendeva per 31mila ducati la terra di Torella a Domizio Caracciolo13. Il 5 aprile del 1560 Filippo II di Spagna concedeva il titolo di Conte di Torella a Domizio14, che veniva riconosciuto il 22 agosto dello stesso anno dal Vicerè di Napoli Duca di Alcalà. Nel diploma venivano anche ricordati tutti i servigi e la fedeltà che lo zio di Domizio, Marino Caracciolo, aveva dimostrato all’imperatore Carlo V. Da questo momento in poi la ter- ra di Torella fu esclusiva proprietà dei Caracciolo che si tramandarono di pa- dre in figlio possesso e titolo.

10 S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, Fiorenza, appresso Giorgio Marescotti, MDLXXX, pp. 107-110. 11 Idem, p. 109. 12 ACT Fasc.. 68 Inc. 2. 13 F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo riveduta ed aggiornata da Ambrogino Caracciolo, Napoli, 1966. 14 ACT, Fasc. 1.

18 Tommaso Caracciolo, zio e tutore di Francesco Marino, essendo di mi- nore età, vendette per 55 mila ducati la terra di Torella a Giuseppe Caracciolo anche egli zio di Francesco Marino. Giuseppe Caracciolo, ormai conte di Torella, otteneva nel 1638 anche il titolo di principe di Torella dal Re Filippo IV di Spagna. Titolo che si sarebbe conservato per i suoi eredi e successori. Giuseppe II nel 1696 ereditò non solo il principato di Torella ma anche quei beni e feudi che nel tempo avevano arricchito il casato. La famiglia Caracciolo di Torella continuò a ricoprire cariche importanti ancora sul finire del XIX secolo, quando un suo rappresentante, Giuseppe Caracciolo, divenne prima consigliere e poi sindaco di Napoli, rivestendo questa autorevole carica dal novembre 1889 al giugno 1891. La famiglia ancora oggi non si è estinta in quanto si ha notizia di suoi discendenti in diversi paesi d’Europa. Come tutte le famiglie nobili anche quella dei Caracciolo di Torella viene rappresentata araldicamente da uno stemma di famiglia, che, come si è detto di sopra, sono discendenti del ceppo Caracciolo Rossi. Lo stemma che li uni- sce è contrassegnato da un’arma bandata di oro e di rosso col capo d’azzurro15. Quando al contrario è collocato all’interno di un cimiero, lo stemma nel- la sua parte superiore è caratterizzato da una testa di elefante con la proboscide alzata, il cimiero è poi coronato da tre penne di struzzo di tre colori diver- si: oro, rosso e azzurro. Nella parte inferiore due zampe di cavallo ferrate d’ar- gento; e ancora una branca di leone, un drago rosso e un timone di barca.

L’archivio privato di famiglia

L’archivio privato di una famiglia è il luogo in cui veniva lasciato il se- gno tangibile della vita della famiglia stessa, con i privilegi, le prerogative, i titoli, gli atti amministrativi e giudiziari, e i carteggi.

15 V. Sperti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Appendice Parte I, Forni editore, Bologna, 1969.

19 Gli archivi delle famiglie - scrive Riccardo Filangeri, grazie al quale de- cine di archivi privati vennero accolti nell’ASN quando ne era il direttore - hanno tra le fonti storiche l’importanza stessa che nella vita civile ebbero le famiglie che li formarono. Infatti queste famiglie, specie le maggiori, che occuparono i più alti uf- fici dello Stato, i più alti gradi delle gerarchie ecclesiastiche e militari, che eb- bero perfino Sommi Pontefici, Signori di libero stato, Dogi di repubbliche, Cardinali o Vescovi, segretari di stato o ambasciatori, maestri di campo o ca- pitani, lasciavano gli atti ufficiali, spesso, e i carteggi, ordinariamente, nel- l’archivio di famiglia. È per questo motivo che, negli Stati dove queste famiglie acquisirono un’alta importanza politica, le scritture hanno altissimo interesse. Gli archivi sono vibranti di vita concreta di significati reconditi e di ispirazioni, in quei loro appunti, in quelle loro annotazioni a mo’ di diari, in quelle noti- zie minute e apparentemente insignificanti, in quei tanto diligentemente cu- rati libri di conti, in quelle corrispondenze che sotto forma talora sciatta di confidenze scambiate tra parenti si schiudono orizzonti non mai immagi- nati su un mondo che altrimenti ci apparirebbe per sempre chiuso e concluso nelle, a volte, insincere immagini fornite dagli atti ufficiali. Gli archivi privati, quindi, devono essere considerati parte della memoria di una Nazione, parte del patrimonio culturale archivistico nazionale, uno specchio fedele della vita d’ogni giorno, la più concreta testimonianza del- la reale situazione istituzionale, economica e spirituale di una società. Il valore di queste carte travalica la storia della singola famiglia per in- dicare importanti aspetti storici, artistici e culturali di una terra e di un’epoca. Infatti questo patrimonio cartaceo può offrire l’integrazione per fonti e materiale istituzionale. È il caso di quegli atti che dovrebbero trovarsi nei re- gistri delle cancellerie ufficiali ma che invece sono persi, mentre sopravvi- vono nell’archivio del privato cui riguardava. Vi è tutta una mole di scritture negli archivi gentilizi che di loro natu- ra non possono aver riscontro negli archivi degli Stati.

20 Con la scoperta di nuove fonti tratte dai documenti privati, la conoscenza della storia d’Italia consegue sostanziali progressi, i quali si convertono in un effettivo riconoscimento del fondamentale apporto che proprio e parti- colarmente in Italia le famiglie e le singole individualità hanno dato dal- l’affinamento della civiltà e all’evoluzione delle istituzioni. Per questo motivo gli archivi privati hanno specifico valore in un ter- ritorio come l’Italia meridionale in cui il feudalesimo, pur sotto aspetti del tutto precipui, sopravvive fino al XIX secolo, e assai di frequente la storia del- lo Stato finiva col confondersi con la storia di questa o quella famiglia, in que- sto o quel momento, in questa o quella regione, assurgendo a posizione do- minante fino a contendere, talora con successo, le prerogative della sovra- nità al potere centrale. Ma anche al di fuori delle scritture di precipua natura feudale, grande è il contributo che le carte di famiglia e di particolari per- sonaggi o imprese e aziende possono dare agli studi del periodo rinascimentale o ancor meglio sul problema del Seicento, sulla rinascita spirituale settecentesca, sul problema della formazione del nuovo ceto dirigente. Questo è anche il caso dell’ACT, che solo da una quarantina di anni e stato acquisito dall’ASN secondo la forma prevista per il deposito volontario dall’art. 71 del Regolamento degli Archivi di Stato del 1911. Il 3 maggio 1960 l’archivio di famiglia venne depositato nell’ASN per volontà del marchese Giacomo Caracciolo, grazie all’opera di Riccardo Cisternino, funzionario dell’ASN. Il Cisternino era stato sollecitato da una studiosa francese Françoise Mallet, che, trovandosi a studiare la figura di Cristoforo Saliceti dovette consulta- re l’archivio privato dei Caracciolo. Saliceti, ministro di polizia e di guerra dal 1806 prima con Giuseppe Bonaparte e poi ministro delle finanze con Giocchino Murat, era il padre di una certa Carolina che sposò Giuseppe Caracciolo Principe di Torella e Duca di Lavello. Furono proprio le ricerche della Mallet sul ramo dei Caracciolo a metterla in contatto col funzionario Cisternino, e da un loro colloquio nacque l’idea di proporre al marchese Caracciolo di procedere alla donazione dell’archivio di famiglia.

21 In quegli anni l’ACT era conservato presso la dimora del marchese nel palazzo “Marigliano” in S. Biagio dei Librai, oggi via Benedetto Croce. Il pa- lazzo fu duramente colpito durante la seconda guerra mondiale dalle incursioni aeree inglesi e a subire le conseguenze rovinose del bombardamento fu an- che l’archivio di famiglia che trovava posto sugli scaffali lungo la parete di un grande salone. L’archivio era suddiviso in custodie contenenti i documenti, allineate secondo una numerazione progressiva fino al numero 420. Ma i danni subiti in seguito alle incursioni aeree erano evidenti dal mo- mento che si presentavano diversi vuoti fra custodia e custodia e molti fa- scicoli privi della custodia originale erano tenuti alla rinfusa. Primo provvedimento che si presentava agli archivisti era proprio quello di procedere ad una revisione dei documenti sprovvisti di collocazione. Dopo un’accurata analisi del materiale risultò che delle 420 buste ini- ziali ben 96 erano andate distrutte, i più grandi vuoti si presentarono dal nu- mero 252 al 302 e dal 312 al 345. Nel momento dell’acquisizione dell’archivio a quello dello Stato di Napoli, pertanto, le buste presenti di fatto risultano essere 324. Non si procedette tuttavia ad una nuova numerazione, tanto che ancora oggi sul dorso dei fascicoli è presente l’originaria numerazione progressi- va fino a 420. L’ACT conserva un ricchissimo patrimonio di notizie storiche forma- te da atti, privilegi, donazioni, documenti ecclesiastici, Bolle e Brevi ponti- fici, che hanno accompagnato e testimoniato la plurisecolare storia della fa- miglia. In esso sono presenti circa 340 pergamene che abbracciano un periodo molto vasto che va dall’inizio del XIII secolo fino a quasi la fine dell’ottocento. A tal riguardo si possono riconoscere quattro provenienze diverse delle per- gamene: 1) Bolle e Brevi pontifici; 2) Documenti ecclesiastici di autorità periferiche della Chiesa;

22 3) Privilegi ed altri documenti pubblici; 4) Strumenti notarili. Per quel che concerne la parte cartacea sono presenti circa settemila fa- scicoli, per un arco di tempo che comprende quasi mille anni. Anche per le varie carte è possibile fare una distinzione generale: 1) Cariche pubbliche dei Caracciolo di Torella, titoli nobiliari e cavallereschi, servizi di Casa Reale; 2) Chiese, Monasteri, Badie e Castelli; 3) Fatti e carriere militari; 4) Monti e Banchi; 5) Patrimonio di famiglia; 6) Varie; Fondamentale è poi la rilevanza di molti documenti che appaiono in copia. Sono infatti presenti nell’archivio tutta una serie di carte che attestano l’avvenuta concessione di assensi e privilegi, spesso da parte del re nei con- fronti di autorità locali. Ciò avveniva perché i notai di provincia richiede- vano dei documenti conservati nella cancelleria Regia per dimostrare il di- ritto di un loro difeso, spesso principi e duchi, e provvedevano alla stesu- ra in copia dei documenti originali. Col tempo e per svariate vicende molti di questi originali sono andati persi; considerevole, almeno per quel che riguarda l’ASN, è il patrimonio cartaceo andato in fumo in seguito ai già ricordati tristi eventi bellici tra il 1941 e il 194316. Distrutti gli originali quindi, sono le diverse copie dellACT che in molti casi ci forniscono quelle notizie indispensabili per una ricostruzione storica su determinati eventi.

16 L. Mazzarotta – G. Damiano, La ricerca genealogica a Napoli tra il XIX e XX secolo, in L’identità genealogica e araldica, Atti del XXIII Congresso Internazionale di Scienze Genealogica e Araldica (Torino, Archivio di Stato, 21-26 Settembre 1998) Roma 2000, pp. 583-591.

23 L’insieme della documentazione dell’archivio permette di ricostruire qua- si integralmente la storia non solo dei possedimenti di famiglia ma il più del- le volte di tutte quelle terre, che in un modo o nell’altro, gravitarono intor- no ai Caracciolo. Di molti comuni della Basilicata come Atella, Baragiano, Bella, Lavello, Rapolla, Rionero, Ruvo del Monte e Venosa, o della Campania come la stessa Torella, e di altri, è possibile procedere ad uno studio della storia civile, sociale ed economica. Le migliaia di carte sono testimonianza di una situazione che appare di continuo sfruttamento verso questi popoli. Molto spesso i documenti hanno rivelato dei passaggi di possesso di al- cune terre da un padrone ad un altro, da un principe all’altro, per soli sco- pi ed interessi economici. Molti documenti sembrano essere prova di una feu- dalità che in quelle terre comprese tra Avellino, Foggia e Potenza sia di fat- to esistita anche oltre quel termine massimo fissato dagli storici. E la conferma di quanto detto è conservata in tutti quei fascicoli che ri- cordano le contese sull’acquisizione o l’eredità di terre e quasi mai gli im- pegni da parte di duchi e principi di apportare un qualche miglioramento per l’esistenza dei propri “sudditi” magari con dissodamenti, irrigazioni o semplicemente con l’indirizzo di una cultura razionale.

24 APPENDICE AL CAPITOLO I

Platea Generale dell’amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835

La platea redatta nel 1835 è molto interessante. Perchè ci offre la visio- ne generale e completa dei possedimenti della famiglia Caracciolo di Torella in Basilicata. Si apre con un accenno all’origine del casato dei Torella, con i vari pas- saggi che portarono all’acquisizione dei primi titoli in Basilicata. Fu redatta in occasione del riordino dell’Amministrazione, fatta dal Commissario Generale Masci, in quanto questa nel 1827 si trovava in gran disordine e confusione. Infatti non si esigevano più affitti da molto tempo, i registri contabili non erano aggiornati, non esistevano più confini territo- riali le istruzioni generali date dal Principe nel 1817 non erano tenute in nes- suna considerazione. Il centro dell’Amministrazione in quegli anni si teneva a Barile, dove risiedevano l’Agente generale che era il direttore dell’Amministrazione, il Cassiere e un Razionale. L’amministrazione era divisa in sei Amministrazioni: 1. Lavello e Venosa; 2. Atella e Rionero: 3. Rapolla; 4. Barile; 5. Ruvo; 6. Baragiano e Bella.

25 In ognuna di queste sei Amministrazioni vi era un Procuratore Speciale che il Principe aveva assegnato come amministratore sopraluogo. Da questa platea ricaviamo alcune notizie utili per la collocazione di al- cune strutture urbane e anche piccole descrizioni di quelli che erano gli edi- fici più importanti che si trovavano nei grandi paesi, come i Castelli di Atella, Rapolla e Bella. Quindi abbiamo in piccolo una breve storia della famiglia Caracciolo di Torella con i suoi possedimenti in Basilicata.

26 1835, 8 Luglio

Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835

ASN, ACT, Fasc. 52 Inc. 15

PRELIMINARE

Giuseppe Caracciolo figlio di Marino Caracciolo Principe di Avellino è lo stipite della famiglia Caracciolo de’ Principi di Torella. Il detto Giuseppe Caracciolo nel 1632 ebbe Bella, Baragiano, Parete, S. Sofia, Caldano, e Platano. Da quest’epoca la di lui famiglia spaziò le sue possidenze in Basilicata, facendo l’acquisto del feudo di Atella, di quello di Ruvo detto della Montagna, non che di quello di Rapolla. E come si troverà più chiaramen- te spiegato nel testo di ciascuna Amministrazione allorchè di esse distinta- mente sarà parlato nella presente Platea, la cui narrativa qui si omette per evitarne le ripetizioni. Prese D. Giuseppe Caracciolo il titolo di Duca di Lavello e Marchese di Bella. Nel 1647 divenne Principe di Torella, e nel 1654 anche Signore della Città di Rapolla, delle Terre di Ripacandida, de’ Casali di Barile, Ginestra ed Arrinigro, ossia Rionero e come da lapide sepolcrale di S. Maria delle Grazie in Bella, e dall’assicurazione del Cronologista MonSignore Ferrone qui Vescovo di Muro. Attualmente le rendite provvenienti dalle proprietà del Signor Principe di Torella in Provincia di Basilicata, esistono ne’ tenimenti delle Comuni di , Ripacandida, Ginestra, Venosa, Lavello, Rapolla, Barile, Rionero, Atella, Ruvo, Bella, e Baragiano. Percorrere da Melfi a Baragiano, che sono situate ne’ punti estremi di

27 tal vasta proprietà, lo spazio di miglia 32 colla diagonale da Ruvo a Venosa di miglia 22 formando la superficie dell’Amministrazione una figura irre- golare. Oltre all’industria, ossia Masseria de Neri, che al 1 Dicembre 1827 piacque al Signor attual Principe di sgravarne l’Amministrazione di Ripalta in Provincia di Capitanata, e passarla in Basilicata. È divisa la detta proprietà di beni immobili in sei particolari Amministrazioni in ognuna delle quali vi è un Amministratore, che è il Procuratore speciale sopra luogo del Signor Principe. Oltre di ciò risiede in Barile un Cassiere, un Razionale, ed un Agente Generale che è il Direttore dell’Amministrazione in generale. Queste Amministrazioni in Aprile del 1827 furono trovate nel massimo disordine, e languore. La gran parte delle rendite si esigeva a stenti. I debitori d’estagli in maggior numero morosi. Gli affitti minacciati da decadenza. E vi era una smania di contendere ne’ tribunali e Giudicati Regi dalla quale risultava remora alle esigenze e di- spendio all’Amministrazione. I boschi, e terreni erbiferi senza limite divisoriale, per conseguenza sog- getti a delle continue usurpazioni, ed i fondi situati nel tenimento di Bella offrivano per la inducibilità dei coloni e per la incertezza degli atti di Amministrazione grave materia di dubitare della sicurezza, e puntualità di quelle rendite. A un tal corso di cose, si aggiungeva, che le istruzioni generali date dal- lo stesso Signor Principe nel 1817 erano tenute in disprezzo, ed inosservate. I conti annali erano in sommo arretrato. La computisteria era senza registri, e senza titoli, scritture, od elemen- ti di sorte alcuna. Ne primi momenti del suo arrivo in Basilicata, in Aprile 1827, l’Agente Generale conobbe ch’era mestieri mettere un argine ad un sistema cotanto ruinoso, e distruttivo, e quindi s’investi del massimo zelo a trattare gli af-

28 fari dell’Amministrazione con vedute meramente dirette a procurare delle utilità siccome s’accorse, con ottimi risultamenti. Il miglioramento degli affitti relativi ai diversi cespiti di rendite. La regolarità de conti così mensili, che annuali. Le continuate insistenze per le esazioni degli estagli annuali. Le premure per far essere obbligatorie a diversi rami d’impiegarti, le istru- zioni generali del Signor Principe. Particolari istruzioni dallo stesso Agente Generale fatte correre, con mo- delli, stati, ed altre carte. Il ricupero dell’esazione di molti arretrati. L’assicurazione della vacillante, e vasta proprietà di Bella, mediante 108 istrumenti, coll’incamerazione bonaria di 45 territorj, ch’erano dati ad infi- teusi perpetua, ed i cui canoni non si percepivano. Con incessante vigilanza, ed assistenza personale, percorrendo Egli tut- ti i punti dell’Amministrazione assiduamente, è pervenuto a far cessare le usurpazioni, ed a riordinare le Amministrazioni in modo del tutto soddisfacente, ed in fatti. In tutte le Amministrazioni i tanti giudizi in cui trovavasi impegnate so- no tutti terminati, e tolto per opera del medesimo l’occasione a tanti dispendj che i giudizi suddetti cagionavano, e che non si ricuperavano per mancan- za di regolamento; oltre dell’incertezza del risultato delle cause. Il più im- portante ancora è stato questo di far cessare le liti colle limitrofe Comuni e per conseguenza le loro pretensioni di rimisura de’ boschi. In fine all’intero ordinamento di cose, che si avverò a tutto il 1829 si è portata la vigilanza lor fini delicata di rimunire molte carte delle decisioni della Commissione Feudale, e quelle delle decisioni del Commissario Ripartitore Signor Masci, e tante altre che non facevano al buon e perfetto andamento dell’Amministrazione, ed in effetti nella Centrale Computisteria di Barile non v’è scrittura di cui non si ha un soddisfacente registro, non v’è Amministratore, che non senta con rigore i doveri della sua carica. A tutto questo si aggiunge la formata scrittura doppia con i stati di ren-

29 dita, e pesi, che non esistevano, ed in ultimo la presente Platea principiata a 2 Febbraio 1828, e terminata a 9 Luglio 1831. Se in questa non vi si ravvisa la valutazione di molti feudi vi è perché nel- le presenti circostanze di diminuzione del prezzo delle derrate si è creduto po- ter fare un torto al valore de’ territorj, il che può sempre eseguirsi ne tempi d’au- mento, mentre secondo i minuti dettagli, che ora vi si osservano, è conosciuta la possidenza del Signor Principe; come pure si avverte di non aver potuto fa- re elevare tutte le piante; atteso che avrebbero menato ad una ingente spesa, il che era incompatibile collo stato finanziario della rinvenuta Amministrazione poiché avrebbero dovuto farsi venire di contorno degl’Ingegnieri, nulla ostante se ne sono elevate varie, che sono inserite nella presente. Il Signor Principe apprezzerà quanto si è speso di cure, e di travagli per- sonali per la formazione di questa Platea Generale, e pel ben’essere del pa- trimonio.

AVVERTIMENTO

Per un maggior chiarimento leggasi folio, invece di pagine.

DIVISIONE IN AMMINISTRAZIONI

Lavello, e Venosa pag. 1 Atella, e Rionero pag. 15 Rapolla pag. 22 Barile pag. 30 Ruvo pag. 43 Baragiano, e Bella pag. 50 Masseria de Neri, ossia Inforchia pag. 79

N.B. I beni siti in Melfi, Ripacandida, e Ginestra sono stati compresi nell’Amministrazione di Lavello, e Venosa

30 AMMINISTRAZIONE DI LAVELLO E VENOSA

L’ex feudo di Lavello fu conceduto dalla Regia Corte nel 1510 a D. Nicola Maria Caracciolo Marchese di Castellaneta, secondo dietro ricerche da no- tizie avute, appare da una parte. Dall’altra si sa ancora ch’innanzi la Commissione Feudale ed innanzi il Commissario Divisore Signor Masci dedusse la di Lavello gli as- senti, che il fondo del Signor Principe di Torella erano siti nel demanio co- munale, e della detta Comune fu contrastata la qualità feudale deducendo ciascheduno l’assenso prestato dal Vice Re Pietro Toldo a 29 Gennaio 1533 sulle concessioni e grazie accordate da Giacomo del Tufo all’Università di Lavello. Intanto la Commissione Feudale con sentenza del 26 Aprile 1810, ordinò, che il Signor Principe Caracciolo si astenesse di esercitare qualunque drit- to su tutti i fondi demaniali, e difese universali del suddetto Comune di Lavello, e su i territorj de’ Particolari così chiusi, che aperti, e quindi la maggior par- te de’ fondi furono in seguito soggetti a rivela, come si dirà per ciascuno di essi qui appresso.

LAVELLO

BOSCO DELLE ROSE Comunemente chiamato ancora Difesa della Foresta, è un cor- po ex-feudale. Era dell’estensione di moggia 1553 e misure 12. Confina dal la- to di Levante col Tratturello detto della Caccia; dal lato di Ponente confina col Bosco detto Finocchiaro, non che coi ter- reni dell’ex baliaggio di Venosa; dal lato di Tramontana confi- na con l’Isca Rotonda, con la Difesa delle Coste, acqua mediante, e Difesa della Foraggine; dal lato di Mezzogiorno con la stra- da pubblica, che da Venosa conduce a Lampeggiano.

31 Con divisione del Commissario Signor Masci del 1 aprile 1812 fu il detto Bosco soggetto a riseca, per cui nel 26 maggio det- to anno se ne fece il distacco per la quarta parte in favore del- la Comune di Lavello in moggia 388.09; principiando la quo- ta risecata dalla parte rimasta al Signor Principe di Torella, cioè da Ponente che attacca col Bosco del Finocchiaro, e tira verso Levante che confina coll’Isca Rotonda, anche corpo del Principe. Vi esistono in mezzo del Bosco due Cappelle sotto l’invocazione di S. Maria delle Rose, e l’altra la Vergine dei Martiri dell’estensione di moggia 12, che si appartiene alli stessi, e più una vigna piantata in essi con varj alberi di frutta. Quest’estensione non fu compresa nella surriferita divisone. È riportato nel catasto sotto l’articolo del Principe numero 574. Vi gravita un canone pagabile annualmente in ducati___6.15 Al Reverendo Capitolo di Lavello, coll’imponibile di ducati 1048.50. La confinazione fu soggetta a disputa nel 1828. L’Agente Generale del Principe mediante perizia a cui assistette perso- nalmente dal dì 4 al dì 8 maggio detto anno, e che fu presieduta dal Sotto Intendente del distretto, riuscì ad avere le moggia 1165.03 quante avrebbero dovute rimanere al Principe in tempo, come sopra dell’eseguito distacco. Si riportano qui i verbali di apertura, e chiusura della detta pe- rizia, una con la pianta del detto Bosco. Vedi da pag. 81 a 86 Con istromento de’ 7 novembre 1828 fu affittato il predetto Bosco al Signor D. Decio Lordi di Muro per sessennio per annui du- cati 1110.00______1110.00 BOSCO DEL FINOCCHIARO Questo Bosco non fu soggetto a riseca con decisione della Commissione Feudale de’ 26 aprile 1810, confermata con altra del Commissario Signor Masci del 10 aprile 1812, nella quale

32 vien prescritto al Comune di Lavello di dedurre le sue ragio- ni innanzi i tribunali competenti, e di niente rinnovare sullo sta- to di allora, ed intanto i cittadini vi legnano per quanto ne pos- sono portare sulle spalle. È dell’estensione di moggia 950. Confina dal lato di Tramontana con la via pubblica, che mena a Venosa; da quello di Mezzo Giorno con i beni di Carmine Terlizzi; ad Oriente colla Prebenda Penitenziale, e ad Occidente col Bosco delle Rose. È riportato sotto l’articolo del Principe Torella nel catasto al nu- mero 574 con la rendita imponibile di ducati 1428.80. Si trova affittato per un sessennio a tutto il 7 maggio 1832 al Signor D. Domenico Calvini, e D. Emanuele Lauridia di Venosa per an- nui ducati______900.00 BOSCO ISCA ROTONDA Il detto Bosco è anche ex-feudale. Macchioso. Era dell’estensione di moggia 33 e misure 6. Confina dal lato di Levante con la Mezzanella di Lampeggiano, corpo censito dal Tavoliere di Puglia; dal lato di Tramontana con la Difesa delle Coste; dal lato di Ponente col Vallone del Bosco delle Rose, e dal lato di Mezzogiorno an- che col detto Bosco. Fu soggetto a riseca per la quarta parte colla stessa ordinanza de’ 10 aprile 1812 facendosene il distacco in favore della Comune di Lavello in moggia 8, e misure 7 1/2, e principian- do la linea divisoriale dalla parte rimasta al Principe; da Ponente attacca col vallone del Bosco delle Rose, e tira a Levante, attaccando colla suddetta Mezzanella di Lampeggianno. È riportato nel catasto sotto l’articolo Torella Principe 574 e col- l’imponibile di ducati 53.00. È compreso nell’affitto del Bosco delle Rose dato a D. Decio Lordi. Vedi la pianta a pag. 86.

33 CASA DEL FU ARCIPRETE HAUFF Questa denominazione viene da che con testamento il detto Arciprete, come quegli ch’era stato prodotto dalla felice memoria del Principe Giuseppe Caracciolo, avo dell’attuale, volle restituire quel tanto ch’egli possedeva, una con la Vigna a Tristano in fa- vore dell’Eccellentissima Casa di Torella, coll’obbligo alla stes- sa di pagare ducati 283 di legati. Un tal comprensorio di case è riportato nel catasto sotto l’ar- ticolo 31 Torella Principe. Pagansi annualmente di fondiaria ducati 5.52. Vi gravita un canone annuale di ducati 1.05 netto del quinto pa- gabile al Reverendo Capitolo di Lavello. Rende annualmente per affitto verbale, cioè da Gabriele Navazio ducati 25, da Giosuè Biseglia ducati 25, e da Pasquale Salieri ducati 9 cocchè sommano ducati______59.00 ALTRA CASA Ossia sottano, che confina con la Panetteria del Principe sotto la Porta di Lavello, affittata a Lucrezia Carretta per annui du- cati 16______16 È riportata nel catasto sotto l’articolo del Principe 574 coll’im- ponibile di ducati 2. DIFESA DELLA FORAGINE È un corpo macchioso ex-feudale. Era dell’estensione di moggia 332. Confina a Levante con la Difesa delle Coste, vallone median- te, corpo comunale, a Tramontana con li terreni anche comu- nali denominati Fontana Cerasa, ed Acquarossa, ed i terreni del Signor D. Diodati Siniscalchi; a Ponente coi terreni comunali de- nominati il Ripone; a Mezzogiorno col Bosco delle Rose, cor- so d’acqua mediante, detto Primo Vallone. Con ordinanza del Commissario Signor Masci fu anche soggetto

34 a riseca per la quarta parte, e nel dì 26 maggio 1812 se ne fece il distacco in favore della Comune di Lavello, in moggia 83; prin- cipiando la linea divisoriale dalla parte rimasta al Principe; dal lato di Settentrione con i terreni de Signori Siniscalchi detto il Valco, e tirano sino al lato di Mezzogiorno, che attacca col Primo Vallone. È riportato nel catasto sotto l’articolo Torella Principe 574 col- l’imponibile di ducati 112. Viene affittata annualmente, tanto nella stagione autunnale, che rende ducati 110, che nella vernotica rendendo ducati 85, in tut- to ducati 195.00______195.00 DIFESA DELLA STINGETA Riconosciuta anche sotto il nome di Feudo detto la Stingeta. Era dell’estensione di moggia 1727, e misure 12. Confina da Levante coi terreni detti la Posta di S. Giovanni del- le Frondi, e tira accio a Tramontana, ove confina coi terreni del- la Posta del Signor Barone Grella de Casli di Frigento; dal la- to di Ponente coi terreni saldi detta la Posta della Stingitella, e tira sino a Mezzogiorno, ove confina con le due Ische dette del Lupo, e dell’Aquila, corpi comunali. Fu soggetta a riseca per la terza parte con ordinanza del Signor Commissario Masci de 10 Aprile 1810, prima ai 26 Maggio 1812. Se ne fece il distacco in favore della Comune di Lavello in mog- gia 575, e misure 20 principiando la linea divisoriale dalla parte rimasta al Principe; dal lato di Ponente attacca coi terre- ni saldi della Posta della Stingitella, e formando una linea ret- ta va a terminare al lato di Levante, che attacca coi terreni dellla Posta di San Giovanni delle Frondi. S’affitta in Foggia annualmente dall’avvocato Signor Resse, e la rendita vi è variabile seconda il prezzo del pascolo nella sta- gione vernotica. Nell’anno 1827 rende ducati______1092.00

35 Oltre la Stingitella la statonica rende annualmente ducati_25.00 In tutto ducati______1117.00 FORNO Compone due stanze a pian terreno sotto la Porta detta del Forno; è quasi diruto, e non è riportato nel catasto. Confina da un lato colle case del Reverendissimo Capitolo, e l’altro colle case sottane de’ Signori Susanera; inafittato. MASSERIA DI MONTECUGNANO Questa Masseria fu comprata dall’attual Principe a subasta dal Regio Fisco. A 30 Gennaio 1809 per il Regio Notar Emanuele Caputo di Napoli, tra il detto Signor Principe ed il Consigliere di stato D. Andrato Gaetano Intendente della Provincia di Napoli se ne stipulò l’istromento, restando così venduti tutti i fondi compresi nell’istromento d’affitto del Feudo di Montecugnano in Melfi, e Ripacandida, Ginestra, e Venosa nel modo stesso e tali quali per lo addietro anche ad altri erano stati affittati, ed istro- mento d’affitto passato tra Mario e Pasquale della Rotonda del Comune di Rionero, ed il Reverendo Padre D. Gabriele Giordano Cellario del Venerabile Monastero di S. Guglielmo del Goleto, nel dì 5 Agosto 1788 per Notar Baldassarre Fischetti di S. Angelo de Lomabardi in Provincia di Principato Ultra. La detta Masseria è sita in tenimento di Melfi, nel luogo detto Montecugnano; confina verso Mezzogiorno, colla Venerabile Cappella di S. Lorenzo; verso Ponente col fiume ; ver- so Tramontana con li beni della Mensa Vescovile di Rapolla; e verso Levante col Tratturo che si dice la Strada di Napoli. Vi esi- ste una fossata di palmi 3 di larghezza, e 2 di profondità; come pure una pila di fabbrica avanti la fontana di lunghezza palmi 12, e di larghezza palmi 4, e di profondità palmi 3. È di moggia 1026, e misure 13. Vi sono tre selve cedue, con territorj vacantati adjacenti in tre

36 luoghi distinti, cioè una nominata la Macchia alle Proni, con- finata con i beni del Purgatorio verso Levante, ed i beni del- le Monache di detta Comune di Melfi; l’altra nominata le Castagne Bianche; che confina col Carraro di S. Spirito, e va a Melfi verso Levante la terza detta Infantizza confina con i be- ni di Montecanosa verso Ponente, e la via pubblica che mena in Melfi, ed in Monticchio; quale selve sono dell’estensione di moggia 30. Nella detta Masseria vi è ancora una casa rurale. Vi sono i seguenti censi inaffrancabili, e che debbono esigersi nel predetto Comune di Melfi annualmente. Dal Signor Canonico Buono, e per esso da Giuseppe Calintro ducati______0.80 Da Alessandro Selvaggio, e per esso da Antonio Pallone du- cati______0.20 Da Nicola Congiani, e per esso da Giuseppe Pontolillo du- cati______0.25 Dalle Reverende Monache di Melfi ducati______2 Da Andrea Grippo, e per esso da Mauro Grippo, e Signor Canonico Ferrieri ducati______0.50 Da Pasquale Molinaro ducati______0.90 Da Felice Montagna ducati______0.40 Ducati______6.05 IN RIPACANDIDA Una casa a pian terreno sita nel luogo detto Piazza, che confi- na coi Signori Lioy, ed i Signori Baffari. Un territorio seminatorio di tomola 50 luogo detto Murata delle Prascina, giusta i beni della Venerabile Chiesa Maggiore, ed il fiume dalla parte inferiore. Altro territorio di tomola due nel luogo detto Valle, giusta i be- ni de Signori Lioy da un lato, e dall’altro quelli della Chiesa

37 Maggiore di detto Comune. Altro territorio di tomola 8 finato da Giovanni Romaniello, coi beni della S.S. Annunciata di Atella dalla parte destra, vallone mediante coi beni di Maria Maffei dalla parte di sopra, finato da detto Romaniello, beni de detti Lioy da sotto, e da sopra, quel- li della detta Chiesa Maggiore. Altro territorio di tomola 40, nel luogo detto il Picciolo, confi- nante coi beni della S.S. Annunziata d’Atella dalla parte destra, mediante vallone, beni di Maria Maffei dalla parte di sopra. Altro territorio di tomola 8 detto Fontana da Gubbio, confinante col vallone di detta Fontana dalla parte di sotto, e strada che me- na a Rionero. Altro territorio di tomola tre luogo detto San Savino, confinante con la vigna di Francesco Pinto da un lato, dall’altro la vigna di Antonio Martino di Rionero, e da sopra la strada, che mena ad Atella. Altro territorio di tomola due nel luogo detto Fontana di Franco, confinante con la vigna di Guglielmo Quinto a destra, ed a sinistra la vigna di Francesco Anastasio, e Francesco Rizzi. Altro territorio di tomola 4 nel luogo detto Pietrapalomba, confinante co’ i beni della Chiesa Madre da sotto da un lato i beni del Duca Mazzaccora passati al fu D. Carlantonio Mauri, e da sopra la via, che va ad Atella. Più altro territorio di tomola 10, luogo detto la Fontana del Ceraso, confinante coi beni della Chiesa Maggiore a destra; a sinistra i beni di S. Maria, e da sotto il vallone della Lupara. Più altro territorio di tomola 4 nel luogo detto da sopra S. Donato confinato coi beni di Giuseppe di Salvio a destra, a si- nistra D. Giacomo Calandra da sopra la via, che va alla Selva, e da sotto il Vallone della Macchia.

38 Finalmente i seguenti censi inaffrancabili e pagabili annualmente. Dalla vedova Aloisia di Vito per la vigna a S. Pietro ducati__0.85 Da Francesco Antonio del Duca per la vigna a Carsviniello du- cati______0.25 Da Giulio de Blasi per l’altra vigna in detto luogo ducati___0.25 Da Felice Verrillo per il territorio alla Valle Grande duca- ti______0.071/2 Ducati 1.421/2 Dal Dottor Silicio D. Giacomo Calandra per la casa alla Parrocchia di S. Bartolomeo ducati______1.00 Da Domenico Mancuso per la vigna a Panzaculo ducati___1.30 Da Donato Barlovingiero per la casa alla Valle ducati___0.071/2 Da Giovanbattista di Candio per la casa alla Parrocchia di S. Nicola ducati______0.071/2 Da Potenziana di Ponlinio, moglie di Giovanbattista di Salvio per la vigna a Panzaculo ducati______0.25 Da Francesco Anastasio per la vigna in detto luogo duca- ti______2.00 Dal Dottor D. Gioacchino Miccio, e per esso da Berardino del Duca per la casa a S. Bartolomeo ducati______0.25 Ducati______6.371/2 CENSI DI RIONERO Stefano Martiniello ducati______0.56 Gerardo Barba ducati______0.571/2 D. Raffaele Catena ducati______1.05 Antonio Daggina ducati______0.28 Eredi di Carmine Pelosino ducati______0.781/2 Michele La Rotonda ducati______0.231/2 Vito Michele Santomauro ducati______0.28 Donato di Leonardo d’Angelo ducati______0.30 Giovanni Consiglio ducati______0.071/2 Eredi di Pasquale Cassese ducati______0.101/2

39 Andrea Labella ducati______0.25 Giuseppe Maula ducati______0.931/2 Eredi di Gerardo Quaglietta ducati______0.05 Nicola Passanante ducati______0.411/2 Gerardo Brenna ducati______0.121/2 Leonardo Gallucci ducati______0.71/2 Michele Bochicchio ducati______0.151/2 Angelo Consiglio ducati______0.151/2 Michele Occhio ducati______0.40 Giovanni Archetta ducati______0.82 Canio di Leonardo ducati______0.75 Andrea Truono ducati______0.031/2 Eredi di Pasquale Russo ducati______0.50 Da riportare ducati______10.13 Riportato ducati______10.13 Francesco di Lonardo ducati______0.66 Michele Fiano ducati______0.31 Pasquale di Lonardo ducati______0.221/2 Felice Larotonda ducati______0.25 Mastro Giuseppe di Lonardo ducati______0.45 Michele Grieco ducati______0.25 Francesco Grieco ducati______0.25 Donato Grieco ducati______0.25 Entrate ducati______12.771/2 PARTITE CHE NON PAGANO D. Tomaso Carrieri ducati______0.50 Eredi di Domenico Tribuzio ducati______2.30 Eredi di Donato Bochicchio ducati______0.522/3 Eredi di D. Nicola Vitello ducati______0.913/4 Idem Rosiello ducati______0.75 D. Michele La Rotonda______0.15

40 D. Giovanni Granata ducati______0.75 D. Giuseppe Nicola Grieco per Domenico Angelo ducati____0.55 D. Nicola d’Andrea ducati______2.15 Vito Quaglietta ducati______0.45 Angelo Leone ducati______0.05 Canio Brenna ducati______0.121/2 Entrate ducati______9.31 CENSI DI GINESTRA IN GRANO Vito Antonio Ambrase tomola______1.01 Gioacchino Di Palma tomola______0.04 Domenico Di Palma tomola______0.04 Canio Pitagine tomola______1.01.2 Pasquale Gabrione tomola______0.021/2 Mariano Gabrione tomola______0.021/2 Canio Lombardi tomola______1.05.2 Luca Antonio Chiarito tomola______0.031/2 Giuseppe Chiarito tomola______0.04 Saverio Cucumazzo per Gregorio Giampersio tomola___0.04 Saverio Cucumazzo per Antonio Bassari tomola______0.021/2 Saverio Caputo per Guglielmo Caputo tomola______0.03 Detto per la vigna di Domenico di Palma tomola______0.03 Detto per la vigna di Luca Chiarito tomola______0.03 Francesco Mazzucca tomola______0.04 Pasquale Ciriello per Maria Carlucci tomola______0.06 Da riportare tomola______9.7 Riportato tomola______9.7 Pasquale Ciriello per Maddalena Carlucci tomola______0.05 Pasquale Gabrione per la vigna tomola______0.04 Mariano Gabrione tomola______0.04 Gennaro Gabrione tomola______0.01 Domenico Di Palma per Riccardo tomola______0.05

41 Luca Chiarito, e per esso Carmine Salvanto tomola______0.01 Giuseppe Chiarito tomola______0.04 Totale entrate tomola______12.07 CENSI IN DENARO Giovanni Pariso ducati______0.93 Biagio Pariso di Giovanni in parte di Pasquale Pariso ducati___0.43 Carmine Di Ninno per essi a Domenico Gabrione ducati___0.50 Carmine Carbone passata a Mariano Massura ducati_____0.46 Biagio Chiarito di Francesco per Giovanni Giampersio du- cati______0.45 Paolo Pariso per Michele Auciello ducati______0.70 Totale ducati______3.47 VENOSA Un territorio di tomola 98 nel luogo detto Marbano, confi- nante con la Difesa del Principe detta la Marziana, col pezzo det- to Lo Spagnuolo, col territorio nel luogo detto Stivale, e con quel- lo del Capitolo di detto Comune. I suddetti beni sono riportati nel catasto sotto gli articoli del Principe cioè 1393 per quelli siti in Melfi, 1442 per quelli siti in Ripacandida, e Ginestra, e per il territorio in Venosa luogo det- to Marbano articolo 203. Hanno l’imponibile di ducati 918.88 diviso cioè per Melfi du- cati 689.28, per Ripacandida, e Ginestra ducati 115.23 e per Venosa ducati 114.37. Sono affittati a D. Raffaele Colucci, e D. Gabriele Navazio di Melfi sotto il nome di Montecotugno, e beni di S. Guglielmo, ed hanno l’obbligo gli affittatori di riparare a loro spese il fabbri- cato, esistente, ritenendo sull’estaglio annualmente ducati 7.50. Pagano per ogni anno d’affitto ducati 855.00. ORTO DI S. FELICE È burgensatico, dell’estensione di moggia 21, e misure 4, ed è

42 diviso in orto, con alberi di frutta, in seminatorio, ed in canneto. Confina con il Convento de Cappuccini, col Regio Demanio per la Mensa per due lati, e dal quarto lato colla comune di Lavello. Ha l’imponibile di ducati 51.18 sotto l’articolo del catasto 574. È affittato a Raffaele, e Giuseppe Gentile di Lavello per annui ducati______67.00 POSTA DELL’ALVANO D. Domenico Scanzano di Andrettta vendette all’attual Signor Principe nel dì 7 Giugno 1807 carra quindici di terreni di Regia Corte nella locazione di Valle Cannella, con istromento roga- to dal Notar Vincenzo Sorio di Napoli. Il detto Signor Principe con altro istromento per Notar Ferdinando Caristo di Napoli stipulato nel 1° Luglio 1820, cedette sulla Pezza di Camadoro carra cinque, e versure sedici al signor D. Vito Nicola Porro di Andria, per cui la detta Posta rimaneva di carra nove, e versure quattro. Con altro istromento per Notar Raffaele Corsi di Barile de’ 7 Giugno 1820 il lodato Signor Principe permutò col Signor Giuseppe Aquilecchia di Lavello carra quattro, e versure 13 e catene 15 della Pezza del Bandito con carra tre, versure 18, e catene 32 di terre a pascolo della detta Posta dell’Alvano, per cui la stessa rimase di carra 13, versure 2, e catene 32. Intanto questa Posta del 1820 al 1826 fu soggetta ad usurpazioni per es- sere situata nel centro delle tenute speciose dell’Alvano. Nel 1828 venne avanzo: ricorso al Consiglio d’Intendenza della Provincia di Capitanata, il quale destinò per la misura, e titolazione del- la detta Posta i Periti Agrimensori del Regio Tavoliere D. Michele Barisani, D. Stefano Moggi, e D. Domenico Stano elet- to ex ufficio con ordinanza emessa nel dì 11 Giugno 1829, re- gistrato in Foggia al numero progressivo 3496 col dritto a Sabatelli; i quali previo giuramento, ed aggiornamento prestato nelle mani del Consigliere Delegato Marchese D. Tommaso

43 Antonio Celentani, come dal verbale de’ 22 Luglio 1829, regi- strato al numero progressivo 4189 Sabatelli, si portarono alla misura del territorio a pascolo censito dal Signor Principe di Torella nella Posta dell’Alvano nel dì 20 Agosto del 1829, dove trova- rono l’Agente Generale di Basilicata per presiedere alla detta misura, nominato dal Principe all’oggetto suo Vicario Generale. In presenza delle controparti si procedè con tutta diligenza, ed esattezza alla detta misurazione, e si trovò la detta Posta essere di carra 11, versure 18, e catene 27, mancando perciò versure 24, e catene 5 sulle carra 13, versure 2 e catene 32 censite dal Principe di Torella. Per questa non indifferente mancanza al- la presenza delle parti interessate si passò alla misura de’ ter- reni limitrofi per trovar l’intero della cennata Posta dell’Alvano censita di seguito censuari, che si trovarono come appresso. Il Signor Giuseppe Aquilecchia possedeva di terreno a pasco- lo saldo, e parte già dissodato carra 8, versure 13, e catene 27, e perché ne aveva censito dalla Regia Corte giusta il certifica- to del Razionale Corradi, carra 8, versure 6, e catene 4, aveva dippiù versure 7, e catene 23. D. Diego e D. Venanzio Rapolla di Venosa possedevano il saldo a pascolo carra 11, e versure 3, avevano perciò dippiù versure 5. Il Signor D. Vito Nicola Porro di Andria, e per esso D. Riccardo suo figlio possedeva in saldo diffidato carra 5, versure 13, e catene 21, ed in saldo a pa- scolo versure 13, e catene 33, in uno carra 5 versure 7, e cate- ne 18, e perché ne aveva censito carra 5 versure 16, aveva dip- più versure 11, catene 18. Terminata la misura del saldo a pa- scolo, e parte dissodato posseduto come sopra, si trovò, che l’in- tero territorio ammontava a carra 38, e versure 8 quant’era la censuazione fatta da sopradetti Signor Principe di Torella, Aquilecchia, Porro e Rapolla col Regio Fisco, con la sola diffe- renza, che al Signor Principe mancando le cennate versure 24

44 e catene 5, che si possedevano da Signor Aquilecchia, Porro e Rapolla come si è detto di sopra. Del che se ne redige il corri- spondente processo verbale sotto la data del 31 detto mese di Agosto, che fu registrato in Foggia il 2 Novembre detto anno al numero 2052 col dritto a Sabatelli. Il Consiglio d’intendenza di Capitanata con decisone de’ 5 Novembre 1829 ordinò di comunicarsi il detto verbale agl’in- teressati, onde avessero potuto comparire nella discussione e dopo altre controversie, opposizioni, e decisioni, si divenne dal Consiglio suddetto alla diffinitiva in data de’ 5 Novembre 1830, che ordinò la riseca delle cennate versure 24 e catene a re- gola d’arte, a termini del sopradetto verbale, non che la titolazione della Posta del Principe locchè fu eseguito con presenza dell’Agente Generale di Basilicata dal 2 al 5 Dicembre dello stes- so anno 1830, come si rivela dalla pianta correlata, che si alli- ga, e dalla quale si osserva tutto dimostrato colla massima net- tezza, per servire un tal elemento alla consulenza materiale del- la cosa. Vedi pag. 87. Vi gravita un canone pagabile annualmente al Tavoliere di Puglia comprese le Quattro Matine di ducati 949.82. La vernotica si affitta annualmente dall’Avvocato Signor Resse di Foggia per consuetudine antica a seconda del prezzo degli erbaggi da ducati 110 a 150, a carra circa totale circa quanto du- cati______2000.00 La statonica è affittata per un triennio a D. Anselmo Fortunato di Rionero annualmente per ducati______30.00 Ducati______2030.00 È riportato nel catasto all’articolo del Principe di Torella 574 col- l’imponibile di ducati 1662.00. PANETTERIA Sita sotto la Porta di Lavello, confinante con la Porta stessa, e

45 con una casa del Principe affittata a Lucrezia Carretta. Questa Panetteria presentemente serve ad uso di forno, ed è af- fittata a Raffaele Salvatore per annui ducati 60. È riportata nel catasto sotto l’articolo del Principe 574, col- l’imponibile di ducati 6.50. QUATTRO MATINE È un corpo ex-feudale distinto in quattro territorj da dove han preso la denominazione di Quattro Matine, e sono Barca, Scarabattoli, Alvano, e Lampeggiano. Un tal vasto territorio era di moggia 5436, cioè quello denominato Barca di moggia 1200 incolto tenuto per uso di erbe. Scarabattoli di moggia 1356 incolto tenuto per lo stess’oggetto, Alvano di moggia 2280 incolto riserbato per detto uso, e Lampeggiano di moggia 600 incolto anche serbato per uso di erbaggio, le qua- li formano un corpo detto anche la Matina, distinte solo da li- miti naturali di esse, ma non intersecate, ne framezzate da al- tro terreno. Confina dal lato di Levante col fiume detto Lampeggiano; dal lato di Tramontana confina col fiume Ofanto; da Ponente con- fina con varj terreni comunali, ed altri proprii di questi cittadini, che lo circondano sono a Mezzogiorno, dove confina con la stra- da, che conduce a Lampeggiano. Per decisione del Signor Commissario Masci sotto la data del 10 Aprile 1812 fu soggetto questo corpo a riseca per la dodicesima parte facendosene il corrispondente distacco con verbale del dì 28 maggio detto anno nella quota assegnata alla Comune di Lavello di mogggia 453 sulla totale estensione delle Quattro Matine suddette; principiando la linea risecata dalla strada, che con- duce a Lampeggiano, quale strada guarda il mezzodì, e termina al fiume Ofanto a Tramontana. Siccome dalle sopradette Quattro Matine, corpo ex-feudale, Barca,

46 Scarabattoli, Alvano, e Lampeggiano trovasi l’erba vernotica cen- sita al Tavoliere di Puglia, e non la statotica, per la quale se ne risecò a favore della Comune di Lavello il dodicesimo nella esten- sione di moggia 453, il Signore Principe ritrae dal Tavoliere di Puglia per la sopradetta vernotica ducati 1025 da quali spettandone anche il dodicesimo alla Comune sudetta in virtù della preci- sata ordinanza di Masci, così paga annualmente ai rappresentanti pro tempore della citata Comune ducati 85.41 2/3 a titolo di pre- stazione convenuta nel dì 28 maggio 1812. Ritrae dunque il Principe annualmente dal Tavoliere di Puglia sulle predette Quattro Matine per la vernotica censita allo stesso ducati______1025.00 Dedotta la suddetta prestazione______85.412/3 Da riportare ducati______939.581/3 Riportato ducati______939.581/3 Per statonica a Barca di carra 4 versure 4 censite a D. Pasquale Laviano per ducati 5.46 depurati dal quinto, ritrae il Principe ducati______4.37 Idem per carra 11 e versure 3 da D. Venanzio Rapolla sull’Alvano in ducati 14.491/6 depurati del quinto ducati______11.591/7 Idem per carra 26, versure 1 e 3/4 in ducati 32.80, a Scarabattoli depurati dal quinto a D. Giuseppe Aquilecchia ducati____26.24 Idem per carra 4, versure 153/4 in ducati 6.22 1/6 a D. Angiolo Antonio Graziano, ed eredi di Aniello Gentile depurati dal quin- to ducati______4.98 Il Signor Principe ritrae annualmente ducati______986.765/12 È riportato questo corpo nel catasto sotto l’articolo 574 Torella Principe coll’imponibile compreso nell’Alvano. TRAPPETO Sito sotto la predetta Panetteria, e confinante con altro trappeto di D. Giuseppe Aquilecchia e dall’altro lato con Paolo Rasucci.

47 È stato inoperoso più anni, ed è presentemente affittato a Principio Carretta per annui ducati trenta______30 È riportato nel catasto sotto l’articolo Torella Principe 574 col- l’imponibile di ducati 6.50. TERRITORJ DIVERSI NEL LUOGO DETTO ALLA LAVANDARANEL- LA VALLE DI COLANTONIO Sono dell’estensione di tomola 76 e misure 12 e rendono a ter- raggiera circa tomola 50 di grano, e circa tomola 12 d’orzo, se- condo il compasso annuale. In origine il corpo di questi terreni siti in luogo alpestre era bo- scoso. Nicola Muscio di Lavello fu il primo che nel 1799 si fece leci- to di dissodarli in parte, lasciandovi però alcune piante d’oli- vi selvatici, che innestati in oggi sono alberi grandi e produci- bili. Nel 1800 Francesco Galasso dissodò altra porzione, indi Angela Sorrenti, e Giuseppe Lacolla per l’altra parte, e come che i ter- reni sono giudicati incapaci alla semina, meno che alla zappa, s’industriarono di piantarvi anche qualche vite, corrispon- dendo essi il terratico annualmente sempre in grano. Presentemente nella parte dissodata da Nicola Muscio paga- no il terratico i di costui eredi. Per quella di Francesco Galasso, pagano Pasquale Galasso, ed Antonio Terlizzi. E per quelle di Angela Sorrenti, e Giuseppe Lacolla corri- sponde Giuseppe Antonio Cecere. Nel 1812 Donato Di Gia principiò a dissodare in detta contra- da un serro inaccessibile nel punto detto Mezzaquastemma di niun valore . Questi vi piantò poche viti, e principiò a corrispondere il terratico in grano come tuttavia si corrisponde dagli eredi di Donato.

48 Nel luogo detto Cugno della Torre, che attacca con le vigne di cui si parla in seguito vi è altro territorio di tomola 19, e misure 4 affittato a Michele Bavuso per novennio da Agosto 1827 ad agosto 1836 a tomola 6 a versura. VIGNE, ED OLIVETI Sono siti nel luogo detto La Torre; le prime di moggia 40 di cui moggia 24 di seminatorio confinante con la Prebenda Penitenziale e coi beni della vedova Anna Comella, ed i secondi di moggia 48, siti nel luogo detto Tristano, confinanti col Capitolo di Lavello, con i beni di Giovanna Milone col Comune suddetto, e con i beni di Luisa Latino. Vi è un fabbricato per comodo di due cellaj. Più un territorio denominato la Speranza nel luogo detto Tiberio dell’estensione di moggia 60 di cui moggia 10 di can- neto, confinante i beni del Primicerio Masi, con quelli del Canonico D. Domenico Finiguerra, con gli altri di Francesco Misone d’Elia, e con Errico Terlizzi e in tutto d’estensione di mog- gia 148. Sono affittati a Principio Carretta e Nicola Recci per annui ducati______200.00 Vi gravitano tre canoni. Cioè per la vigna a Tristano di ducati 8.10 pagabile annualmente alla Mensa Vescovile di Lavello. Altro canone di ducati 2.2 per la vigna della Speranza netto del quinto pagabile annual- mente al Concordato, ed Arcipretura del predetto comune, e gra- na 90 per la cellaja in favore del Canonico Finiguerra. Sono riportati sotto l’articolo di Torella Principe 574 coll’imponibile di ducati 223.38, cioè ducati 81.50 a Tristano, ducati 105.12 al- la Torre, e ducati 36.76 alla Speranza. Censi minuti Da D. Angelo Antonio Graziano, e socj annui ducati______5.38

49 Da D. Emmanuele Robe idem ducati______0.64 Da fratelli Incarnuti idem ducati______3.60 Insigibili per mancanza de titoli, che non si son potuti rinvenire Totale ducati______9.62

N.B. Il Forno, Trappeto, Panetteria, e case compreso il comprenso- rio provveniente al Principe di Torella dall’eredità del fu Arciprete Hauff furono vendute dal lodato Signor Principe a D. Giuseppe Aquilecchia di Lavello con istromento de’ 2 Luglio 1831 per Notar D. Raffaele Corsi di Barile. Tutte le altre fabbriche, che sono riportate nel catasto sotto l’ar- ticolo di Torella Principe 574, e site nel Comune di Lavello fu- rono vendute ancora dal prelodato Signor Principe allo stesso Signor Aquilecchia con istromento del 7 novembre 1817 per Notar D. Ferdinando Caristo di Napoli, in maniera, che la casa di Torella, attualmente possiede in Lavello verunissima fabbrica di sor- ta alcuna. Bis N.B. Oltre de’ controscritti cenzi minuti inesigibili per mancanza di titoli, vi sono altri seguenti censi, i quali comunque fossero pri- vi di titoli, pure il Signor Principe se ne trova in possesso del- l’esazione. Ed a scanzo di equivoci si spiega, che tanto questi, quanto gli altri innanzi notati sono censi bollari, per quanto se ne conosce vagamente nell’Amministrazione, e qui si riporta- no per memoria, onde non manchi una notizia, che potesse per l’avvenire risultare utile per la ricerca, e rinvenimento de’ titoli, de’ quali ora non si ha notizia. Eredi di D. Antonio Piccione______0.08 Pasquale Lafiamma______0.32 Donato Robbe______0.16

50 Saverio di Sansa______0.392/3 Eredi di Vitantonio Carretta______0.392/3 Nicola Franco______0.193/4 Raffaele Mazzassa______0.96 Vincenzo Papa______0.03.08 Giacinto Faniello______0.80 Eredi di Mauro Carretta______0.195/6 I suddetti per la metà di Nicola Franco______0.395/6 D. Giuseppe Aquilecchia______0.522/3 Totale______0.15.435/12

VENOSA

CASTELLO Sito a poca distanza dal detto Comune di rimpetto la Piazza del- le Chianche a forma di fortezza con un ponte prima di legno a levatojo, ed ora fabbricato. Ha quattro bastioni agli angoli, e per confini tutt’all’intorno una fossata la quale confina a tutti i lati con la strada pubblica. Dichiarato burgensatico nella discussione della divisione demaniale per essere stato comprato dal Principe Gesualdo da cui pervenuto all’attuale, non fu soggetto a riseca. È composto di sedici stanze soprane con piccoli stanzatini. Vi sono due logge, cioè una scoverta, che sporge sul portone d’ingresso del detto Castello, ed un’altra coverta che sporge nel- lo spiazzo dello stesso Castello. Dal cortile si scende in una ma- gnifica stalla a ferro di cavallo, capace per uno squadrone di ca- valleria. Vi sono altre due stalle di cui una piccola per quattro cavalli; in seguito della quale vi è una stanza ad uso di scari- catojo; nel cortile vi sono quattro magazzini, due stanze pel cu- stode. Una taverna, due pagliere, e de’ piccoli giardinetti, in- torno, intorno, ed all’orlo di detto Castello.

51 Dirimpetto al detto Castello nella parte interna di detto Comune di Venosa, e propriamente nella strada, che conduce alla fon- tana, vi sono tre botteghe una delle quali è tenuta ad uso di fer- raria, altra per abitazione, e la terza ad uso di stalla attaccata alla quale v’è un comprensorio di case con sette stanze sopra- ne, e una sottana, con una stalla. Tutte le descritte botteghe, e case danno sullo spiazzo del predetto Castello, al cui affitto il tutto è annesso, e dal quale affitto se ne riscuote annualmen- te da Signori D. Emanuele Lauridia, e D. Domenico Calvini di Venosa ducati______150.00 È riportato sotto l’articolo del catasto del Principe di Torella 203 coll’imponibile di ducati 239.62, compreso le suddette botteghe, e case di sopra descritte. CASE DELL’ORFANOTROFIO DELLE MONACELLE Compongono una specie di parlatoio, una saletta, due stanze di cui una grande a corridojo, una cucina, ed un piccolo giar- dinetto. Confina un tal comprensorio col Seminario vecchio di Venosa, e con D. Girolamo Lioy di Pasquale. Le Monacelle sono a numero di sei, oltre le Maestra. Il Signor Principe ha l’obbligo di mantenere in tal conservato- rio numero dodici orfane venosine. Attualmente paga ducati ottantaquattro annui, e tomola 48 di grano per mantenimento delle stesse. L’Arcidiacono Calvini del Capitolo di Venosa n’è il Direttore. Le stesse in ogni tre anni hanno dal Principe il vestiario, che si compone d’una gonna, e di un corpettino di panno. Questo comprensorio è riportato nel catasto all’articolo 202 del Principe di Torella coll’imponibile di ducati 10.23. In esso vi si ravvisano malamente caricati cinque soprani, che non esistono, e coll’imponibile di ducati 21.51.

52 DIFESA DELLA CACCIA Non fu soggetta a riseca, perché in tempo della divisione de- maniale si provò coll’estratto del cabreo del ex baliaggio ge- rosolomitano d’essere un indistinta difesa dell’abolito ordine gerosolomitano conceduta in perpetuo all’ex Feudatario per l’an- nua prestazione di ducati centodieci pagabili a 15 Agosto di cia- scun anno, siccome consta dagli atti di Notar Giovanni Domenico Amalfitano di Napoli, rogato l’istromento a 15 set- tembre 1545. Confina la detta difesa col patrimonio reale del baliaggio, con Vincenzo Palese, con la via pubblica, e col Bosco delle Rose. È dell’estensione di tomola mille. Vi gravita un canone di ducati 115 pagabile al Capitolo di Venosa ogni Dicembre. È affittato a D. Venanzio Rapolla per annui ducati 1200.00 su de quali ritiene ducati cento pel mantenimento d’un Guardiano in ogni anno. È riportato nel catasto sotto l’articolo Principe di Torella 202 col- l’imponibile di ducati 875.00. DIFESA DEL MONTE, E MARZIANA Era dell’estensione di moggia 13121/2. Confina dal lato di Levante con i terreni, e vigne de’ Comunisti, dal lato di Ponente con i terreni del Balì dati a colonia perpe- tua da naturali di Venosa, e tirando verso Tramontana confina con i terreni del Clero di detto Comune, fiume della Pelosa me- diante, con i terreni di S. Benedetto, di S. Guglielmo, Mensa Vescovile e Santissimo Sagramento. Dal lato di Mezzo Giorno confina col boschetto comprato dai Signori Rapolla da S. Domenico, con li terreni dello stesso, e con quelli di S. Francesco. Per decisione del Signor Commissario Masci de 10 Aprile 1812 fu soggetta a riseca per i cinque ottavi per cui a dì 20 Maggio

53 detto anno se ne fece l’analogo distacco de predetti cinque ot- tavi in favore della detta Comune di Venosa in moggia 820 1/2, principando la linea divisoriale dal lato di Levante; che attac- ca alle vigne già dette de naturali, via mediante, che da Venosa conduce in Ginestra; e tira sino al fiume la Pollosa, formando da un punto all’altro una linea retta. È la natura di detto fondo boscoso, alberato da alberi fruttife- ri, e da costruzione. È affittato ai fratelli D. Girolamo, e D. Filippo Lioy con istromento de’ 30 Maggio 1828 per annui ducati______370.00 È riportato sotto l’articolo del catasto Principe di Torella 203, coll’imponibile di ducati 530.85. ORTO DELLA CAVALLERIZZA Questo corpo fu fatto sparire dall’Amministrazione del Principe tra l’anno 1826, e 1827. Sotto la denominazione di Territorio della Cavallerizza, de- nominazione incognita a venosini, era passato in alienamano, da chi per proprio conto veniv’affittato. Dall’Agente Generale furono sorpresi gli affittatori che nel 13 Giugno 1829 ne stipularono affitto con atto in brevetto di Notar Domenico Maria d’, registrato in Venosa lo stes- so dì al numero progressivo 542 libro 1 volume 21 folio 29 ret- to cartella 3 grana 20 a Sozzi ricevitore, con cui Tommaso Peidicoccia del fu Saverio, e Domenico Zifarone del fu Giuseppe alias Pachiogghia dichiararono, e si obbligarono di prendere in affitto dal Principe di Torella il suddetto corpo sotto la deno- minazione di Orto della Cavallerizza per un triennio ad annui ducati______15.00 È composto il detto stabile di un orto a secco sito alle Coste del Ruscello, e di un canneto annesso. È dell’estensione di moggia 28, cioè 25 di orto e 3 di canneto.

54 Confina col Monistero detto di S. Francesco, coll’orto del fu Sacerdote D. Domenico Solimano, strada mediante, e col val- lone. È riportato nel catasto sotto l’articolo del Principe di Torella 203, coll’imponibile di ducati 14.61, cioè ducati 7.04 per l’orto, e du- cati 7.57 pel canneto. TERRITORIO DETTO IL GIARDINO Era dell’estensione di moggia 41, e stoppelli 4. Con divisione del Signor Commissario Masci de 10 Apriole 1812 fu soggetto a riseca per la parte non piantata, perciò nel dì 20 Maggio detto anno se ne risecarono moggia 18 e stoppelli 6 in favore della Comune di Venosa; quota della parte non ridotta ad ortolizio. Confina a Levante con le Rupi della Fornace e le Grotte vicino al trappeto de’ Signori Rapolla; a Ponente con la strada, che con- duce alle vigne de’ Signori Sozzi, ed altri Comunisti, a Tramontana con la strada, che conduce dalle Fornaci al Comune di Maschito, e con l’orticello della Signora Emmanuela Albanese; principiando la linea divisoriale dal lato di Ponente, ossia dal- la strada, che va alle vigne di S. Giorgio e tira sino a Levante alle Rupi suddette. È affittato a D. Luigi La Vista per annui ducati______37.50 È riportato nel catasto sotto l’articolo Principe di Torella 202 col- l’imponibile di ducati 42.52. TERRITORIO DELLA GROTTA NOVA Sito al luogo detto Zanzaniello, e propriamente al Vallone di S. Anna, sopra la partita delle Ferriere. Confina con Benedetto Di Saverio, con la Parrocchia di S. Pietro, col Seminario di Venosa, e con D. Francesco Paolo Sozzi, ed appartiene a D. Michele Lauridia. Il terreno del Signor Principe è dell’estensione di tomola 6.12

55 sito sopra la Fontana di Zanzaniello, confinante con la Pezza di Cicoria, col Pizzarello di S. Marinella, con D. Benedetto Altruda, e con D. Michele Lauridia, il quale sin dal 1812 ha usur- pato questo territorio, e per mancanza di titoli non vi è potu- to sin ora revindicare, tutto che si sia già limitato dall’attuale Agente Generale di farlo rientrare nella proprietà del Signor Principe, continuandone gli amichevoli maneggi per pervenire allo scopo. È riportato nel catasto sotto l’articolo 202 Caracciolo Signor Principe di Torella coll’imponibile di ducati 7.04. N.B. Non si è pensato di far domanda di passaggio di quota per avere un doppio appoggio nelle ragioni della revindica. TERRITORIO DETTO IL CENTIMOLO Di natura seminatorio: poco fertile. È dell’estensione di moggia 4. Se ne ritrae tomola tre di grano a tacita riconduzione dall’Arcidiacono D. Vincenzo Maria Calvini. Non è riportato nel catasto. TERRITORIO DETTO LE NOCI Di natura seminatorio. È conosciuto ancora sotto la denominazione di Ripa di Potenza. È dell’estensione di moggia sette. Confina con Donato Lesentenze, e Cappella del Purgatorio. È affittato a D. Gerardo Pinto per annui ducati______6.40 È riportato nel catasto sotto l’articolo 203 Principe di Torella col- l’imponibile di ducati 7.16. TERRITORIO DELL’ISCA TRAMONTANA Di natura seminatorio, con varie piante, ed albori di noci. Era dell’estensione di moggia 12. Confina da Levante con la strada che conduce al Molino di S. Francesco; da Ponente con la strada, che mena a Lavello; dal la-

56 to di Tramontana con un corso d’acqua detto il Ruscello; e da quello di Mezzo Giorno con i terreni di S. Pietro, di S. Domenico e S. Cosmo. Con decisione de 10 Aprile 1812 del Commissario Masci fu sog- getto a riseca per la metà, e quindi nel dì 20 Maggio detto an- no se ne fece il corrispondente distacco di moggia sei in favo- re della Comune di Venosa, principiando la linea divisoriale dal lato di Mezzogiorno, e tira verso Tramontana nel corso dell’acqua del Ruscello. È affittato a Nicola Bellasalma per annui ducati 12.00. È riportato nel catasto sotto l’articolo 202 del Principe di Torella coll’imponibile ducati 10.74. CENSI DEPURATI DEL QUINTO Da Capitolo di Venosa ducati______5.05 Da Giuseppe Mantova ducati______0.40 Da Giovanni Alambrese ducati______0.32 Dagli eredi di Nicola Polese ducati______2.00 Da Nicola Rapolla ducati______0.24 Da D. Gianfelice Lauridia ducati______0.12 Totale ducati______8.13

N.B. Non è stato possibile di rinvenire i titoli che si domandano da Censuiti per adempire al pagamento, né si conosce dond’essi abbiano origine. Intanto per l’agro vensosino gravita un canone sulla detta Amministarzione, ed eccone l’origine. I locali di Salsola, e di S Giuliano avevano il dritto prima del- la divisione del demanio, di andar a pascere in ogni anno l’a- gro venosino con trentamila pecore, pagando al fisco per tale dritto più migliaja. La Comune di Venosa con istromento qua-

57 rantiziato d’ogni solennità rinfrancò tale servitù con una tran- sazione col Tavoliere di Puglia, pagando annui ducati 242.44 (che sono pur compresi nello stato discusso) da ripartirsi su i terreni, su cui gravitava tale servitù, i quali sgravati da questa rende- vano quasi il doppio di quel che prima rendevano. Cotal som- ma di ducati 242.44 in ogni anno si ripartisce regolarmente sot- to la direzione del decurionato su i terreni, giusta l’iscrizione distinta da libri dell’attual catasto provvisorio di quella Comune, e tale ripartizione si rimette al Signor Intendente della Provincia per l’approvazione, che rende il ruolo di ripartizione, perfet- tamente esecutivo. Il carico del Signor Principe è come siegue Articolo 203 del catasto per tomola 30.12 terreni di 1° classe ducati 3.66 per tomola 4.12 idem di 2° classe ducati 0.45 per tomola 98 idem di 3° classe ducati 9.061/2 Totale delli tomola 133 totale della tassa ducati 13.171/2 Vi è varietà in ogni anno di poche grana la quale nasce dai fon- di di discarico, che presento il ruolo fondiario per le novità, che annualmente han luogo. Per esempio nell’anno 1827 la tassa fu di ducati 12.93.

AMMINISTRAZIONE DI ATELLA E RIONERO

Il feudo di Atella col Casale di Rionero si vuole congeduto dall’Imperadore Carlo V al suo benemerito Generale Antonio Leyva. Da questi fu tramandato al principe D’Ascoli, da chi nel 1651 fu ven- duto al Principe di Torella, e per quale acquisto la Comune d’Atella vi con- tribuì per ducati 4000 compensati alla Comune colle migliorie fatte dal detto Principe sulla Montagna Volture, che ridusse a castegneto, e che dichiarata malamente di pertinenza dell’Università d’Atella con decisione dell’aboli-

58 to Tribunale della Regia Camera, dove nel 1805 il Principe restituire e con altra decisione della Commissione Feudale de’ 2 luglio 1810 rimasero com- pensati i frutti percepiti dal Principe della detta montagna colle migliorie ch’es- so vi fece. Pende la lite.

AMMINISTRAZIONE DI ATELLA, E RIONERO

ATELLA

CASTELLO Sito a sinistra della Porta d’Atella che mena a Rionero. È diruto, ed è così riportato nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella ex Principe. Non vi gravita imponibile, e vi si trova compreso nell’affitto da- to a D. Lorenzo Saracino, come si vedrà qui sotto, e precisam- nete allorchè si parlerà del territorio detto le Coste del Principe. CASE DIVERSE Sono al numero di quindici, cioè nove site sulla Piazza, e con- finano colle Monache d’Atella, e con Giuseppe Basile. Altri tre bassi sulla stessa Piazza, e confinano con Felice Caruso, e fra- telli Gerardo, e finalmente altri tre siti sulla strada delle due Porte, e confinano con Mauro Taranto, e S. Giovanni. Si affittano verbalmente in Fiera d’Atella, secondo la consue- tudine, rendono circa annui ducati______26.00 Hanno l’imponibile di ducati 63.00. CENSI ATTIVI DEPURATI DEL QUINTO Dagli eredi di Rubino ducati______1.84 Martino Marmora ducati______2.96 Eredi di Sannucci ducati______0.08 Francesco Caruso ducati______0.48

59 Gerardo Satriano ducati______0.80 Pasquale Pompa ducati______1.60 Casa Doria ducati______0.80 Eredi di Felice De Lellis ducati______3.40 Pasquale Pompa sulla Masseria di Lellis sono ducati_____1.15 Sono in attrasso per mancanza di titoli, che non si son potuti rinvenire. Totale______11.96 DECIME DELL’ABBADIA DI PIERNO Dall’Università di Atella nel 1803 furon dedotti presso l’abolito Tribunale della Regia Camera cinque dimande contro il Signor Principe di Torella, ed alcune vennero decise nel possessorio, ed esecutivamente nel 1805. Tre altre domande avanzò la stes- sa Università nella Feudale Commissione, cioè che nel territorio demaniale d’Atella trovavasi posta una vastissima estensione che si voleva del Principe di Torella, e dal Principe D’oria Panfili essere addetta alla Badia di S. Maria di Pierno, della qua- le essi n’erano i possessori, e dopo disputa di confinazione avu- ta fra loro se n’erano diviso il possesso. La Commissione a 2 luglio 1810 trovando l’esclusione degli as- sunti dell’Università nel titolo non meno, che nel possesso antico degli Abati e compratori di S. Maria in Pierno ed aven- do ancor rilevato da un voluminoso processo redatto innanzi a due rispettabili arbitri, prescelte da due Baroni suddetti d’a- versi intieramente divise fra loro la rendita badiale, e di più av- vertendo sul timore d’una stessa dimanda dell’Università di S. Fele, malgrado la renitenza del Comune d’Atella, esercita de dritti di promiscuità sul territorio badiale, determinò la Commissione di lasciare al possessore della Badia la perti- nenza, e l’estensione de fondi badiali, secondo i confini descritti nell’itinerario del Consigliere Sciarava del 1609, e di dare gli usi

60 civici di detti fondi, ad ambedue le popolazioni d’Atella, e di S. Fele, e di servirsi l’ex Barone di esigere il terraggio in ragione non maggiore della decima sopra i generi della principal col- tura di ciascun anno esclusi i legumi. Attenta dunque la convenzione passata tra i due Principi di Torella, e Doria Panfili ciascun anno s’invia un Agrimensore a compassare il detto territorio per servir il compasso da guida all’esazione, la quale vien divisa fra le due Case Eccellentissime, e rende se- condo il compasso circa Tomola di grano______90 idem d’orzo______20 idem di avena______24 ______234 DECIME DEL GAUDO Colla stessa decisione del 2 luglio 1810, presa dalla Commissione Feudale il Signor Principe di Torella esercita il dritto di terrag- giare in ragione non maggiore del decimo sui terreni del Gaudo, e Spineto. Queste decime si trovano affittate a D. Carlo Tedeschi e D. Luigi Severini di Rionero per un sessennio con istromento del 15 maggio 1829 rogato da Notar Corsi di Barile per annui du- cati 610.00. Ciò nonostante la malizia degli uomini ha fatto cambiar di na- tura alcuni terreni ed avenne, alcuni, che per esimersi dal com- passo, e non contribuire la decima del fruttato hanno piantato delle vigne, o canneti, e sono quelli stessi che nel 1827, e pro- priamente quando l’Agente Generale all’arrivo suo in Basilicata fece procedere ad un compasso, che qui si alliga dall’Agrimensore D. Mariano Recci di Barile. Egli l’Agente sarebbe passato alla ini- bizione di tale abuso col mezzo del magistrato se il Signor Principe non avesse ordinato con sua lettera del dì 9 aprile

61 1828 di nulla intraprendere su i terreni a decime per alcuni suoi motivi. Il silenzio però a fatto estendere un tale abuso ad altri contribuenti, lo che col tempo potrebbe progredire. Veggasi il notamento dell’Agrimensore qui inserito pag. 88 FORNO Sito nella strada detta delle Monache, e confinante con Michele Maraldi, e Leonardo Garopoli. È affittato con sinnallagmatica de’ 26 febbraio 1829 per un triennio a Luigi Pica, e Donato Garopoli per annui ducati__ 15.00 È riportato nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella ex Principe coll’imponibile di ducati 110. Vi gravita un canone di ducati 8.00 pagabile annualmente al- la Cappella Laicale di S. Lucia. MOLINI Sono in numero di tre, cioè uno detto del Ponte il quale pren- de una tale denominazione dalla vicinanza del Ponte d’Atella, ed è sito accosto il detto fiume al di sotto della salita dello stes- so Comune, e l’altro detto dell’Abate; sito al di sotto dell’Imporchia del Principe, e de Pasconi di Atella, ed il terzo denominato di Mezzo, perché situato tra il molino dell’Abbate; e la Valchiera del Principe nel luogo detto Crocifisso. Sono riportati nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella ex Principe coll’imponibile di ducati 600. Sono stati affittati ai fratelli Carmine, Gerardo, e Francesco Anastasia di Rionero con istromento de 18 agosto 1830 per Notar Corsi di Barile per annui ducati______1830.00 PESI Sul Molino, Valchiera, Forno e Botteghe vi gravita un canone di annui ducati 31.60 pagabile al Clero d’Atella, che fu paga- to a tutto l’anno 1827. Sulla casa alla Piazza altro canone di ducati 1.12 1/2 e sull’af-

62 fitto verbale del territorio l’Imperatore annui ducati 5.50, in tut- to ducati 58.221/2. Avendo Sua maestà (D. G.) Giuseppe accordato con suo Real decreto de 10 ottobre 1827 un nuovo termine alle Mense, beneficj, e Chiese per la formazione de quadri de debitori di esse, il Clero d’Atella in data de 25 gennaio 1828 fece pubblicare dal Sindaco di Barile a termini dell’altro Real Decreto de’ 2 Maggio 1823 quel- lo era a carico del Principe di Torella. L’Agente Generale di allora sempre diligente, si fece rimettere una copia dal Sindaco del predetto quadro per periontare la sche- de di Notar Francesco Garopoli, che il Clero diceva prender da quella il dritto al canone, con istromento de’ 10 Gennaio 1765. Quindi perquisiti dal Notar Conservatore D. Lorenzo Saraceno i protocolli della scheda di Notar Garopoli non rinvenne alcuna obbligazione che vantar potesse il Clero d’Atella contro il Principe di Torella, e specialmente niuna, che avesse riguardo alla Valchiera, Molino, Botteghe e del che in data de’ 16 Febbraio 1828 a richiesta del lodato Agente Generale ne rilasciò certifi- cato che fu registrato in Rionero li stesso de’ 16 Febbraio al nu- mero progressivo 272 1° volume 23, foglio 6 retto, casetta 1° col dritto di grana 20 al ricevitore D. Luigi Cassa. Portatosi la causa all’udienza del Tribunale Civile di Potenza con sentenza definitiva de’ 28 Maggio 1828 furono rigettate le opposizioni del Principe rappresentato dal suo Agente Generale contro il quadro suddetto per quanto concerneva le prestazioni, ed annui censi sul Molino, Valchiera, Forno, Botteghe, e case si- te sulla Piazza d’Atella, e giudicò interlocutoriamente colla stes- sa a riguardo de’ ducati cinque e grana cinquanta, ch’esso Reverendo Clero pretendea sull’affitto d’un fondo detto l’Imperadore ammettendo lo stesso a provare sommariamen- te con titoli, e testimonj innanzi al Regio Giudice di Rionero al-

63 l’uopo delegato l’epoca in cui fece l’affitto di esso fondo al Signor Principe di Torella, e a ...avente causa, l’annua mercede, che fu stabilita, e la sua durata, colla contro pruova di dritto, e colle spese riservate. Una tale sentenza fu registrata in Potenza li 27 Giugno detto an- no al numero 4189 col dritto di grana 60 Mari. Avverso una tale sentenza l’Agente Generale ne produsse for- male appello, la causa pende tuttavia in giudizio. Frattanto per tal motivo il canone anzidetto di ducati 58.22. 1/2 non si è più pagato al predetto Reverendo Clero. S’inserisce qui l’officio del Sindaco, la copia del quadro, quel- lo del certificato di Notar Saraceno la sentenza del tribunale ci- vile di Potenza non che quella dell’atto d’appello. Vedi pagine da 89 a 95 Altro canone si paga annualmente alle Reverende Monache d’Atella dette di S. Spirito sul Molino ducati______30.24 Altro al Seminario di Melfi per canone dovuto sul Molino an- nualmente ducati______13.60 TAVERNA Sita nel luogo detto Piazza, e confinante con Domenico Bencivenga, e Gerardo Pica. È affittata per un triennio a Luigi Pica con istromento de’ 22 Settembre 1828 per annui ducati______45.00 È riportato nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella Principe coll’imponibile di ducati 110.00. TERRITORIO DETTO D’IMPESA Altrimenti detto Pierro. È dell’estensione di moggia 60. Confina con Francesco De Robertis, e con i beni di S Francesco, di natura seminatorio. È affittato a Vito Santarsuro per annui ducati______0.85 È riportato nel catasto all’articolo 1377 Torella ex Principe col-

64 l’imponibile di ducati 326.00. TERRITORIO S. VITO Di natura seminatorio. È dell’estensione di moggia 20. Confina colla Comune d’Atella da tutti i lati. È affittato a Francesco Verderame per annui tomola 24.12. Non è riportato nel catasto provvisorio. TERRITORIO DETTO AVANTI IL CONVENTO D’ATELLA Altrimenti detto Gaudio di natura seminatorio. È dell’estensione di moggia 24.16. Confina con S. Maria degli Angeli, ad Occidente; con la strada pubblica a Tramontana; con D. Alesio Giannattasio a Mezzo Giorno; con D. Vincenzo Rubino ad Oriente. È affittato a Canio Padula, e D. Angiolo Savino di Rionero con istromento del dì 8 Gennajo 1830 per tomola 5.06 di grano per ogni versura cioè 4 anni pieni, e due vuoti, che sommano an- nui tomola 38.18 misure. È riportato nel catasto all’articolo 1377 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 174.64. TERRITORIO DETTO IL VACCO DELLE VACCHE Altrimenti detto Gavitelle. È dell’estensione di moggia due, e mezzo. Di natura seminatorio, ma sterile per cui è inaffittato da più anni. Confina con Benedetto Petrino, e Gerardo Turro. È riportato nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella ex Principe coll’imponibile di ducati 10.00. TERRITORIO SERRA MARCHESANA Altrimenti detto Margarita. È dell’estensione di moggia 10. Di natura seminatorio. Confina col Capitolo d’Atella, e D. Benedetto Rossi. È affittato a Giovanni Basalisco per tomola due di grano.

65 Riportato nel catasto all’articolo 1377 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 49.74. TERRITORIO VIGNA DISCACCIATA Altrimenti detto Pesco. Di natura seminatorio. Dell’estensione di moggia cinque. Confina col Capitolo d’Atella, e con Donato Pricollo. È affittato ad Oronzio Calasuonno per tomola annui 4. Riportato nel catatsto all’articolo 1377 coll’imponibile di du- cati 27. TERRITORIO ACQUISTATO DA CATENACCI Altrimenti detto Macchia. Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola uno e misu- re dodici. Si tiene inaffittato perché vi passa in mezzo la Levata del Molino del Principe, che dicesi al Ponte. Non è stato riportato nel catasto sino all’epoca de’ 2 Aprile 1835 quando dall’Agente Generale se ne fece dimanda, e si otten- ne il passaggio di quota dalla Direzione Generale di Basilicata sotto l’articolo 332 numero 39, sezione C, coll’imponibile di du- cati 1.59. TERRITORIO AL GAUDO Altrimenti detto Magrone. Di natura seminatorio. Dell’estensione di moggia tre. Confina con D. Giovanni Andrea; col Capitolo d’Atella, e con D. Giovanni Carlucci, v’è una casa rustica, ed una d’abitazione. È affittato a Francesco Quaglietta per tomola due, e misure 6. Riportato nel catasto sotto l’articolo 1377 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 17.80. TERRITORIO COSTE DEL PRINCIPE Di natura seminatorio. Dell’estensione di moggia quattro, e mi- sure quattro; ridotto a vigna per tomolo uno, e misure dodici,

66 e mezzo, fermi rimane di seminatorio in tomola 2, e misure 151/2 giusta il compasso de’ 4 Novembre 1828. Confina con Gerardo Maraldi, Benedetto Contristano, Angelo Pollastro, e Saverio Ignocca, con una Neviera diruta, e Castello diruto. Affittato a D. Lorenzo Saracino d’Atella per anni dodici con sin- nallagmatica de’ 17 Novembre 1828 per annui ducati______14.00 È riportato nel catasto all’articolo 1377 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 20.00 VALCHIERA Sita nel luogo detto Crocifisso. Confina con D. Rocco Ceruzzi, e Gerardo Pasquaratta. È affittata a D. Nicola De Rosa di Barile per annui duca- ti______180.00 Riportata nel catasto all’articolo 1377 coll’imponibile di duca- ti 150.

RIONERO

CASE Comprensorio sito nella strada, che dalla Piazza di detto Comune mena a Barile. Confina con D. Francesco Catena, ed Antonio Romaniello di ca- mere numero quattro. È affittato a Biase Crocco per annui ducati______16.00 È riporatto nel catasto sotto l’articolo 1455 coll’imponibile di du- cati 95.04 Altra casa, e basso nel luogo detto Chiancale, affitata a Biase Traficante per annui ducati 6.00 confina con Antonio Romaniello, e Giovanni Battista Santoro coll’imponibile di ducati 26.40.

67 MACCHERONERIA Sita nel luogo detto Forno. È affittata a Donato, e Giuseppe Mininno per annui duca- ti______45.00 V’è un orto a secco con due altre stanze. Confina col Signor Antonio Giansanti, con Giovanni Amorosi. È riportata nel catasto all’articolo 1455 coll’imponibile di du- cati 145.20. TAVERNA Sita nella Piazza. Confina con Michele Piccirillo, e Pasquale Santoro. Affittata a Pasquale Nicoletti con istromento de’ 18 Agosto 1830 per Notar Corsi per un triennio per annui ducati______160 Riportata nel catasto all’articolo 1455 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 660.00. TRAPPETO Sito nel luogo detto Monte. Confina con Silvestro Sione, e Gennaro Grieco. È affittato a D. Luigi Severini per sessennio per annui ducati__30.00 Riportato nel catasto all’articolo 1455 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 85.00. Vi è stato disgravio in ducati 16.00 per dimanda fattane dall’Agente Generale il cui mandato in favore del Principe fu allo stesso esibito come da ricevuta il medesimo al detto Agente Generale rilasciata il 25 Agosto 1831.

AMMINISTRAZIONE DI RAPOLLA

Quando si asserì nella vertenza tra il Comune di Rapolla, e l’ex Feudatario Signor Principe, e si ravvisa nella narrativa della decisione del- la Commissione Feudale del 14 Febbraio 1810, il Feudo di Rapolla perven-

68 ne al Signor Principe di Torella per vendita gliene fece il Signor Principe di Caramanido il quale lo comprò dal Signor Duca di Bruzzano. Quando poi si asserì innanzi al Commissario Masci, e si ravvisa dalla narrativa della decisione dello stesso, sotto la data del 10 Aprile 1812, pare che il feudo di Rapolla fosse stato conceduto da Filippo Secondo all’Illustre Luigi Gomez da chi è pervenuto alla Eccellentissima Casa di Torella. In qualunque modo sia dagli atti, sia dal possesso, è indisticultabile, che il Principe sia l’ex Feudatario, ed il proprietario d’alcuni fondi siano urba- ni, che rustici, siano feudali, o burgensatici.

RAPOLLA

CASTELLO Sito nel piano detto il Castello. Composto d’un piano superiore di 12 stanze, d’un atrio con due stanze sottane, una cisterna ad olio, ed un forno diruto; ma è diruto, tal che viene riportato nel catasto all’articolo 680 coll’imponibile di ducati 20 sotto la de- nominazione di casa. Ciò non pertanto, riuscì dietro maneggi dell’Agente Generale di farne l’affitto del piano superiore col Signor D. Antonio Dardes, con sinnallagmatica di 16 Ottobre 1828 per un novennio, coll’obbligo all’Affittatore d’incaricarsi della covertura di det- to Castello, e compreso una stanza sottana nell’atrio del medesimo paga annui ducati______31.00 Altra stanza si tiene in affitto verbale dal Sig. D. Flaviano Rosati per annui ducati______9.00 Altra è data in affitto ad Alessandro Iodice per annui ducati___6.00 La cisterna ad olio, è affittata a Giuseppe Daniele per un trien- nio con sinnalagmatica de 22 Febbraio 1829, e finiendo a tut- to Decembre 1831 per annui ducati______14.00 Rende annualmente ducati______60.00

69 Confina con Domenico Celano, ed Emidio Antoloni. DECIME DELLA RENDINA In tempo del Commissario Signor Masci si descrisse per feu- dale il fondo Rendina, ed Iscone dell’estensione di versure 30, ossiano tomola 90, ch’era soggetto al pascolo de’ cittadini di Rapolla in tempo di riposo. FORNO Sito nel luogo detto S. Caterina, ed altrimenti detto forno di S. Caterina. Affittato a Biase Catalano per annui ducati_____14.40 Riportato nel catasto sotto l’articolo 680 Principe di Torella col- l’imponibile di ducati______25.00 MOLINI Sono al numero di quattro, cioè uno detto dell’Arcidiaconato, che attualmente si trova in piena attività, ed è di opera per ec- cellenza; il secondo detto Molino del Ponte; il terzo detto il Molinello; ed il 4° detto della Rendina sono diruti. I predetti Molini denominati Molinello, e Ponte non sono riportati in fondiaria, e sono siti nella strada, che dall’Arcidiaconato mena a Melfi do- ve si ravvisano le sole vestigie, e quello della Rendina sito nel luogo appellato Oliventi, ha l’imponibile di ducati__401.00 Tutti i surriferiti Molini sono beni burgensatici. Per quello in at- tività detto dell’Arcidiaconato è provveniente dalla Regia Mensa Vescovile di Melfi, e Rapolla, per la qual causa l’Eccellentissima Casa di Torella paga annualmente alla predetta mensa tomola 115 e misure 5 di grano, valutato a comodo du- cati 1.50 a tomolo per canone, che si corrisponde alla stessa Mensa. Confina con Michele Croce, e Signor Luca Rosati. È affittato a Michele Petrizzo con istromento per Notar Corsi di Barile per un triennio a tutto Agosto 1830 per annui ducati______530.00 È riportato nel catasto provvisorio sotto l’articolo 680 Principe di Torella coll’imponibile di ducati______160.00

70 OLIVETI Sono al numero di due, uno sito nel luogo detto a dritta di San Lorenzo Camadine, e Montagna, dell’estensione di tomola ventisette, e misure quindici. Confina colla comune di Rapolla, Felice Mangino, Biase Funilo, e Raffaele Gregoris. L’altro sito nel luogo detto Mareiano, e volgarmente piano di Croce, del- l’estensione di tomola dodici, e confina con Pasquale Lallo, e Signor Luigi Chiaramonte; con Francesco Oliano, e Mauro Radino. Sono affittati a Biase, e Michele Giammatteo con istro- mento de’ 13 Agosto 1827 per Notar Corsi di Barile per un ses- sennio a tutto Dicembre 1832, con l’annuo estaglio di ducati_170.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 680 Principe di Torella, con l’imponibile di ducati______108.82 ORTO Sito nell’abitato dell’estensione di misure 41/2. Confina con Felice Callitri, e Mauro Rubino. È inaffittato, e si tiene per uso dell’Amministratore, il quale lo ha ceduto per comodo dell’Esattore de Censi, che non è riconosciuto né salariato dall’Eccellentissima Casa. Riportato nel catasto sotto l’artico- lo 680 Principe di Torella coll’imponibile di ducati______1.16 TERRITORY DETTI RENDINA, ED ISCONE Siti nel luogo detto la Rendina. Di natura seminatorio, irriga- torio speciosissimo. Dell’estensione di tomola 42 rimasti al Signor Principe dopo la divisione del Signor Masci de’ 10 Aprile 1812, e della quale si è parlato nella decrizione delle decime della Rendina. Confinano colla Comune di Rapolla, riseca comunale, colla stra- da rotabile, che insieme a Venosa, ed a Lavello, con la Signora Anna Maria Lauriddia, col fiume Olivento. In detto luogo vi è anche una taverna che ha quattro stanze so- prane, e più v’è un comprensorio di grotti dirute; prima servivano

71 per uso di puore con avente un carro di terreno vuoto per uso d’erba, altrimenti detto quadrone, che si pretendono essere sta- te appartenenti alle Venerabili Cappelle Laicali del SS Sagramento, nel luogo detto Imperadore, su del quali vi gravita un canone di ducati 1.60 in favore del Capitolo di Rapolla, che si paga an- nualmente dall’Amministratore. Il tutto è compreso nell’assetto convenuto con istromento del- l’anno 1829, rogato da Notar Corsi di Barile per sessennio a tut- to Agosto 1833, e dato a Domenico per annui duca- ti______220.00 L’aria di detti luoghi è pessima. E a li terreni furono valutati al- la scarsa, a ragione di ducati 1.40 a tomolo. Riportati nel cata- sto sotto l’articolo 680 coll’imponibile di ducati______21.60 TAVERNA Sito nel luogo detto S. Lucia, con un comprensorio di case al …… tre stanze. Confina con Antonio Majorano, e Celestino Pupino, e con la ta- verna di D. Antonio Dardes, non che strada, che mena alla Cattedrale. Affittata ad Antonio Cassano con istromento del 1° Ottobre 1827 per Notar Melchiorre di Barile, e per l’annuo estaglio di du- cati______73.00 Riportati nel catasto sotto l’articolo 680 Principe di Torella con l’imponibile di ducati______158.00 TRAPPETI Sono al numero di quattro. Uno detto di S. Caterina il quale si pretende essere stato in origine del Capitolo Cattedrale di det- to Comune di Rapolla; il secondo detto Trappeto alla Grotta del- l’acqua, ossia Trappeto Nuovo, è di posteriore costruzione alle antiche investiture come eziandio gli altri due detti, cioè uno di S. Biaggio, e l’altro di S. Biaggio Piccolo sono ancora posteriori.

72 Confina il primo, cioè quello di S. Caterina con Giuseppe Lioy, e con Maria Scarpelozza. Confina il secondo, che si denomina Trappeto della Grotta dell’Acqua, e Trappeto Nuovo, ed anche di S. Lucia con gli ere- di di Antonio Lallo, e con gli eredi di Vito Casella. Confinano gli altri due Trappeti di S. Biaggio, e l’altro di S. Biaggio Piccolo, i quali Trappeti si affiancano l’un l’altro, con Francesco Aliano, e gli eredi di Pasquale Croce. Sono affittati a D. Tommaso Picciototi per un sessennio a tut- to Marzo 1835 con istromento de’ 29 Dicembre dello scorso an- no 1828 per annui ducati______150.00 Sebbene prima erano affittati per ducati______100.00 Sono riportati nel catasto sotto l’articolo 680 Principe di Torella coll’imponibile di ducati______40.00 vale a dire coll’imponibile di ducati 10 per ciascun Trappeto; e siccome in seguito della formazione del catasto provvisorio furono dai Signori Casella, Rosati, e Dardes costruiti altri Trappeti così dalla diligenza dell’Agente Generale si fece dimanda di disgravio, che si ottenne in ducati 1.60 giusta la ricevuta del Signor Principe in data de’ 25 Agosto 1831. CENSI Luogo detto dietro il Palazzo Baronale Casa sita nel Palazzo Baronale confinante con la casa di Donato di Croce dalla parte di sopra, la casa del quondam Mauro di sotto. Casa nella città di Rapolla di sopra la Piazza giusta la casa di Mastro Vito di Gregorio Rendente alla Cappella del SS Sagramento via mediante Ius di fabbricare la casa terrana nel luogo detto il Piano del Palazzo Baronale, confinante con la ca- sa del Reverendo D. Pietro Dardes da sotto.

73 AMMINISTRAZIONE DI BARILE

Il Casale di Barile nel 1556 coll’ex feudo di Rapolla fu conceduto da Filippo Secondo a Luigi Gomez da chi pervenne alla Casa di Torella. Nel tempo de reclami sugli usi civici de’ cittadini, tanto il Comune di Rapolla, che quello di Barile avanzarono doman- da al Commissario Signor Masci per quello importava i dritti de proprj cittadini sulla Difesa boscosa denominata Macarico, e sul territorio detto anche Macarico. Veduto il detto Signor Commissario, che le parti convennero, che la Difesa era la par- te boscosa in dove i cittadini di Rapolla avevano in dritto di legnare per uso di fuoco, recidere spine per siepi, e cogliere il frutto de croquali, e nel Demanio erano le adfacenzie tut- te coltivate, e che non si controvertiva il dritto de cittadini di Barile di pascere dopo situate le biade e che non vi esitava- no alcun uso nella predetta Difesa Macarico, decise in Potenza il 16 Aprile 1812 di darsi al Comune di Rapolla un quarto del- la Difesa Macarico, ossia della parte boscosa, ed al Comune di Barile un quarto del Demanio Macarico nelle adjacenze, os- sia nella parte coltivata. Qui è d’uopo parlare della Difesa Macarico, quantunque il quar- to di essa risecato sia andato in beneficio della Comune di Rapolla nella quale il Principe possiede de’ beni, per la ragione che la predetta Difesa è sita nel tenimento di Barile, non solo, ma è com- presa nella anzidetta Amministrazione di Barile del Signor Principe, lo che ha dato luogico al proemio.

74 BARILE

DIFESA DEL MACARICO Siccome si è di sopra articolato fu soggetta a riseca per il quar- to in favore della Comune di Rapolla, ed in esecuzione della de- cisione del Commissario Masci nel dì 1° giugno dell’anno 1812 fu eseguito il distacco, dopo la corrispondente misura, che fu trovata di tomola 196 calcolando il tomolo per passi 900, ed ogni passo per palmi sette, ed un terzo, lasciando così tomola 49 cio beneficio della detta Comune di Rapolla, colla valutazione di ducati 10 a tomolo quale quarta parte occidentale della Difesa stessa, confinante verso mezzo Giorno colla parte anni dietro ridotta a coltura, adjacente alla strada rotabile di Valva; verso Oriente col rimanente del Macarico boscoso di proprietà del Signor Principe di Torella; verso Settentrione co’ terreni ri- dotti a coltura spettante al Signor Giovanni Prete di Barile, e ver- so Ponente confinante colle vigne della SS Annunciata di Barile via pubblica mediante. È affittata la parte rimasta al Signor Principe di tomola 147 a Saverio d’Andrea Piacentino con istromento de’ 18 Luglio 1827 rogato da Notar Corsi di Barile per annui ducati______140.00 È riportata nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______57.60 FORNO Sito al disotto della strada del Palazzo. Confina con Michele Caputo, e Vito Pennasilico. È affittato a Pasquale Grimolizzi con istromento de’ 10 Maggio 1829 per annui ducati______29.20 È riportato nel catasto all’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______20.00

75 MONTE FRUMENTARIO L’Eccellentissima Casa di Torella aveva stabilito un Monte di grano, che distribuiva ad alcuni naturali di Barile, i quali ne cor- rispondevano l’annuo aumento di una misura a tomolo col mez- zo di Matteo, e Stefano di Zio, che n’erano gli Amministratori. Costoro nel 1811 rinunciarono alla carica, consegnando in ve- ce del genere, tante scritture di debitori. Non essendosi provveduto al rimpiazzo di predetti Amministratori, una tale Amministrazione ne rimase in demanio a tutto il 1812. Nel 1813 se ne diede dal Signor Principe l’incumbenza all’Amministratore di Barile Signor Lucino Cittadini Posizione. Era il Monte all’epoca della rinuncia degli Amministratori to- mola______706.19 Dal 1813 al 1827 se n’esigerono tomola______290.05 Era il Monte nel 1827 tomola______416.14 Sino all’anno 1827 si era esatto l’aumento d’una misura a tomolo. Da quest’epoca in considerazione delle partite, che si andavano perdendo per l’importanza de’ debitori, e per la morte di alcuni miserabili si stabilì esigere due misure, e mezzo per ogni tomolo; animendo che i debitori non avessero restituito il capitale. Quindi a tutto il 1829 Il capitale era di tomola______416.14 L’aumento in pendenzia tomola______228.13 Entrate del Monte tomola______645.03 MACCHERONERIA Sita nel luogo detto Chiesa Madre. Confina con Luigi Navazio, e Vincenzo Sanieri. Affittata a Rocco Sicoine per sessennio con istrumento del 22 Agosto 1827 rogato da Notar Corsi di Barile per annui ducati_50.00

76 Riportata nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______20.00 NEVIERE Sono al numero di tre; una, sita nel luogo detto Serra di Costantinopoli, e confina con Giuseppe Giura, ……Sigillito; la seconda è sita nel luogo detto Serra d’Amendole, e confina con Giovanni Busso e Domenico Rossano; la terza nel luogo detto Mancoso, confina con Domenico di Angelo, ed Antonio Eitaro. Sono affittate a D. Francesco Tedeschi di Minervino, ed a D. Nicola Rotondo di Rionero con istromento rogato da Notar Corsi di Barile nel 1829 per un sessennio ad annui ducati______40.00 Riportate nel catasto come sopra, hanno l’imponibile di du- cati______29.05 ORTO SOTTO IL PALAZZO Dell’estensione di tomola 38, cioè tre di giardino, e 36 di canneto. Confina con D. Michele del Zio, e Domenico Traficante, con la strada della fontana sotto il detto Palazzo, e col vallone. É affittato a Vincenzo Rosano, e Nicola Cerzueta con istromento de’ 10 Maggio 1829 rogato da Notar Melchiorre di Barile per un triennio a tutto Ottobre 1832 per annui ducati______25.00 È riportato nel catasto sotto l’articolo 156 coll’imponibile di du- cati 11.59 pel canneto, e ducati 24 pel giardino che summano ducati______39.59 PALAZZO Composto di camere trenta Sottani tre Terrani due Cantine tre Giardini due cioè uno di delizie ed un altro ortolizio dell’estensione entrambi di tomola tre Il tutto confina con Antonio Ricci, Michele Bollettino con

77 Domenicoantonio Ricci, e Domenico Petrizzi. Al di sotto del Palazzo v’è una fontana; che si appartiene al Signor Principe Sono riportati nel catasto all’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella, coll’imponibile di ducati______101.60. Non è affittato perché si tiene per comodo del signor Principe, ed è fornito di mobilio in consegna dell’Amministratore di Barile. CASE DIVERSE Sottani numero tre in un comprensorio sito nella strada del Palazzo e confinano con D. Ignazio Lamorte, e D. Donato di Carlo. Affittati a D. Giuseppe Emma per annui ducati______10.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______6.80 Vi è progetto di ridurlo a carcere comunale per cui dietro l’ap- provazione del Signor Principe se n’è redatta scrittura priva- ta in data de’ 14 Giugno 1830 tra l’Agente Generale, ed il Sindaco di Barile, il quale si compromise dietro l’approvazio- ne del Signor Intendente della Provincia di pagare annui du- cati 30 con una mesata sempre anticipata, coll’obbligo al Proprietario di ridurre a sue spese il locale ad uso di carcere, non dovendo oltrepassare la spesa la somma di ducati______150.00 SOPRANO Sito nella strada delle carceri. É affittato a Rosa Capobianco per annui ducati______4.00 Confina con Domenico Traficante, e Michele Saracino. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella con l’imponibile di ducati______2.50 SOTTANI Numero due siti nella strada delle carceri. Confinano con D. Girolamo Lioy. Affittati a Pellegrino Miele per annui ducati____7.00 Riportati nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di

78 Torella coll’imponibile di ducati______3.60 SOPRANI Numero due nella strada delle carceri. Confinano con altra ca- sa del Signor Principe, e con la strada che mena alla Parrocchia di S. Nicola. Affittati a Battista Mormile per annui ducati______10.00 Riportati nel catasto sotto l’articolo 156 coll’imponibile di ducati______5.00 TERRANO Sito nella predetta strada delle carceri. Confina con D. Girolamo Lioy, e Michelangelo Napoletano. Affittato allo stesso Mormile per annui ducati______20.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______2.50 SOTTANO Sito nella predetta strada. Confina con Antonio Bollettino, e Vincenzo Prezioso. Affittato a Vincenzo Cocola per annui ducati______9.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______2.50 CANTINA Detta del Moscato in dove v’è una neviera assegnati, e com- presi nell’affitto della vigna del Moscato (vedi questa vigna a pagina 35 in dorso) Confina con Donato Resces, ed Ignazio La Morte. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______1.80 SOTTANO Sito nella strada dietro il Palazzo. È attaccato al forno. Confina con D. Michele Caputo, e D. Vito Pennasilico. Lo stesso vi tiene per uso del fontanaro del Signor Principe.

79 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______2.50 Sottani sotto il Palazzo, e compresi nel numero delle stanze ri- portare all’imponibile di ducati______101.60 pel Palazzo, come a pagina 34 in questa; Se ne ritrae annualmente Da Michele, e Domenico Mazzeo pel Corpo di Guardia ducati______8.00 Da Giuseppe Rosa per l’affitto del carcere ducati______650.00 Da Elisabetta Sefir ducati______8.00 Da Felice Falaguerra per l’altro carcere ducati______450.00 Da Vito Calandriello pel carcere delle donne ducati______350.00 N.B. Le due stanze avanti l’atrio del Palazzo in una delle qua- li vi è la cisterna ad olio, sono per uso dell’Amministratore Sono inaffittati Il Carcere Criminale per uso di conservare i legnami. Il magazzino sopra il trappeto coll’imponibile di ducati 3.50 per uso dell’Amministratore. Le tre cantine sotto il Palazzo per uso di riporre il vino, che si ritrae dalla vendemmia della vigna Macarico. L’altra cantina detta di Conqadi, che confina con Donato Resces, ed Ignazio Lamorte coll’imponibile di ducati 1.80. Serve per uso dell’Amministratore. TERRITORIO DETTO ERBA DELL’IMPERADORE Dell’estensione di tomola 40, di natura incolto. Confina con Maria Piacentino, con Mario Antonio Casella, col vallone detto Abatangelo, e con la Difesa del Macarico. È compreso nell’affitto della predetta Difesa. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella col- l’imponibile di ducati______19.61 TERRITORIO DETTO GIARDINO DELLE GELOSIE Dell’estensione di tomola 12, e composto di vigneto ortolizio,

80 e seminatorio. Confina con Conte Mazzucca, Gaetano Curto, e con la via Vecchia, che dalla Madonna di Costantinopoli mena a Rapolla. Vi è una casa rurale. Affittato a Demetrio Stoja con istromento de’ 18 Giugno 1827 per Notar Corsi di Barile per un sessennio a tutt’Ottobre 1832 per annui ducati______85.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______68.70 TERRITORIO DETTO QUERCE DI MARMANTONIO Di natura seminatorio, dell’estensione di tomola dieci. Confina con Vincenzo Caccavo, e Donnato Saldieco. Affittato per una porzione a D. Michele Sialese, e D. Nicolangelo Laos per novennio a tutto Decembre 1839 (rogato in Gennaio 1831 da Notar Corsi) per annui ducati______14.00 In questo territorio vi sono otto misure di riposo e per altra por- zione a Gaetano Citaro per annui ducati______13.50 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______11.78 TERRITORIO DETTO VIGNA DEL MOSCATO Dell’estensione di tomola 25 cioè tomola 15 di seminatorio, to- mola 6 di vigna, e tomola 4 di canneto. Confina con Leonardo Belluscio, e D. Giovan Antonio Bozza, essendo attraversato da un vallone la parte del seminatorio da quella della vigna, e canneto. Affittato all’Arciprete D. Domenico Melchiorre con istromen- to rogato da Notar Corsi di Barile nel dì 23 Marzo 1830 per un sessennio per annui ducati______45.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______47.38

81 cioè ducati18.65 pel seminatorio ducati 17.80 per la vigna e du- cati 10.93 pel canneto. TERRITORIO A PANTANO DI SOPRA Di natura castagneto sito nel luogo detto Napoli. Dell’estensione di tomola 7.08. Confina con Raffaele Crapolicchio, e Felice Urbano, e con’al- tro castagneto del Signor Lucino Cittadini. Affittato ai fratelli Andrea, ed Alfonso Mazzucca per qua- triennio a tutto Novembre 1831 per annui ducati______17.50 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 coll’imponibile di du- cati______1.75 TERRITORIO DETTO A PANTANO DI SOTTO Di natura castagneto sito nel luogo nominato Serra della Levata. Dell’estensione di tomola 8. Confina con Alessandro Zambrella, e con Michele Saluzzo, e con altro castagneto di Mastro Francesco Antonio Cittadini. Affittato a Donato Mazzeo per quatriennio a tutt’Ottobre 1831 per annui ducati______45.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______20.00 TERRITORIO AD OLIVETO Sito nel luogo detto Mancosa del Moscato, di natura oliveto. Dell’estensione di tomola 14. Confina con D. Saverio Giannattasio, e D. Vito Punnasilico Sacerdoti. È affittato a Tiodoro Serozzo per un sessennio con istromento de’ 2 Aprile 1828 per annui ducati______65.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______48.00 TERRITORIO A CANNETO

82 Sito nel luogo detto Fiumara a Colonna. Con cipropriazione for- zata, fu ripigliato da D. Saverio Giannatasio Sacerdote ed è co- nosciuto in Amministrazione sotto il nome di Canneto ripigliato da Giannatasio, oppure Canneto d’Abatangelo È dell’estensione di tomola 5 piantato a canneto in luogo pen- dio. Confina con Domenico Carcigneto, Paolo Rosati, con la strada pubblica, che da Barile mena alla Rendina, e col vallone d’Abat’Angelo. Affittato a D. Raffaele Corsi con scrittura privata de’ 14 Aprile 1829 per triennio a tutto Aprile 1832 per annui ducati______10.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______27.15 TERRITORIO DETTO DELLA CORTE Dell’estensione di tomola 8.14 piantato metà a canneto, e metà a seminatorio. È soggetto a scamarsi a causa degli alluvioni. Delle tomola 8.14, vi è di terra ferma tomola 4.20 e di terra franosa tomola 3.18. É attraversato dalla strada rotabile, che da Barile mena alla Rendina. Confina dalla parte di sotto la Fiumara di Ripacandida, e da quella di sopra col tenimento rapollano. È affittato a Michele Strozza per sessennio a tutto Agosto 1835 con istromento de’ 6 Maggio 1829 per quattro anni pieni, e due vuoti a tomola 7 a versura negli anni pieni Non è riportato nel catasto poiche allo stabilimento delle stes- se si trovava usurpato, ed è stato ricuperato bonariamente. TERRITORIO DETTO ANCORA CANNETO DELLA CORTE Affittato a Biaggio, e Michele Croce di Rapolla ed è attaccato, ed in continuazione di quello si è antecedentemente parlato col- la stessa denominazione, rendendo annui ducati______6.50

83 TERRITORIO RIDOTTO AD ORTILIZIO Sito ne luogo detto Fiumara. Confina col canneto di D. Michele Scalese, e con l’altro canne- to del Signor Principe, essendo questo territorio la metà di quel- lo esistente. É dell’estensione di tomola 2.19 Affittato a Giovanni Turiello, e Nicola Perillo di Rapolla con istro- mento de’ 6 Maggio 1829 per Notar Melchiorre di Barile per an- nui ducati______50.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella. TERRITORIO DETTO CRETA ROSSA Sito nel luogo detto Affitticiello di terra detta risicola, solagna, pendente, e viva; vi è la petriera sopra. Dell’estensione di tomola 7. Confina con Domenico Buccino, e Vincenzo Albano. Affittato a Vincenzo Albano con istromento de’ 4 Settembre 1828 da Notar Melchiorre per un sessennio a tutto Luglio 1834 per annui tomola di grano 8.12 Riportato nel catasto sotto l’ar- ticolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______8.12 TERRITORIO A CASTAGNETO DETTO RUPOLI Sito nel luogo detto Serra delle Amendole dell’estensione di to- mola cinque; di natura piantato a castagneto. Confina con Carmine Belluscio, e Michele de Zio. Affittato a Biaggio Sepe per annui tomola tre di grano. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella col- l’imponibile di ducati______6.09 In coerenza di quanto è detto a pagina trenta, i cittadini di Barile ottennero con decisione del Commissario Masci in data de’ 16 Aprile 1812, il quarto del Demanio Macarico, ossia nella par-

84 te coltivata, per cui nel dì 1° Giugno detto anno se ne fece la mi- sura, e valutazione dagli Agrimensori, e Periti eletti da ambe le parti per la intiera estensione, che fu ritrovata di tomola 226 1/3, calcolando ogni tomolo per ducati 8, e dando il possesso al Sindaco della Comune di Barile in tomola 66 7/2 di quarta par- te, e propriamente la riseca sudetta fu eseguita nella parte più comoda alla Comune, che confina verso Ponente colla vigna di D. Raffaele Corsi, e Giuseppe Rendina, verso Settentrione col vallone di Marcantizio; verso Levante col rimanente del terri- torio del Macarico, e verso Mezzogiorno colle vigne dette le Solagne del Macarico. Della porzione rimasta al Signor Principe di Torella per la maggior facilitazione si affitta in diversi pezzi, che hanno la se- guente denominazione. TERRITORIO DETTO AVANTI LE GROTTI DEL MACARICO Di natura seminatorio infimo. È affittato a Giovanni Stoia per tomola 2.12 di grano. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______27.15 Le grotti sono dirute, e non riporttate in fondiaria. Un’altra porzione di detto territorio detto Sopra le Grotti del Macarico è inaffittato. Il tutto in tomola cinque: sterile. TERRITORIO DETTO MACARICO ACCOSTO LA DIFESA Di natura seminatorio scelto, sito nel luogo denominato Macarico. Dell’estensione di tomola 14. Confina con Marcantonio Colella, e col Comune di Rapolla. Affittato a diversi verbalmente per tomola annui di grano 128.04 1/3 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella con l’imponibile ducati______32.10 Vi è anche compreso un piccolo canneto ricuperato, affittato a

85 Giuseppe del Zio, e Giuseppe Belluscio sotto la denominazione di Noce del Pollastro per annui ducati 6 con sinnallagmatica de’ 24 Maggio 1829, non è riportato nel catasto. TERRITORIO MACARICO DELLA VIGNA Riconosciuto in Amministrazione per territorio Macarico sot- to la Vigna. Di natura seminatorio scelto. Dell’estensione di tomola sette. Confina con Rocco Sepitore, e con Teodoro Sepe. Affittato ad Andrea ed Alfonso Mazzucca con istromento de’ 18 Settembre 1828 per un sessennio da Notar Melchiorre di Barile per annui tomola di grano ducati______44.092/3 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella con l’imponibile di ducati______12..84 TERRITORIO DETTO LE SARDE Di natura seminatorio sito nel luogo detto Macarico. Dell’estensione di tomola 8. Confina con Marcantonio Casella, ed il Comune di Rapolla. Affittato a Donato Vaccaro per quattriennio a tutto Luglio 1831 per annui tomola di grano______7.14 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______5.38 TERRITORIO DETTO FOSSO DI MARUMTEZIO Di natura seminatorio nel luogo detto Macarico. Dell’estensione di tomola 5. Confina con Vincenzo Albano, e Rocco Sepitore. Affittato ad Antonio Pietrangelo per quatriennio sempre in pieno a tutto Agosto 1831 per annui tomola di grano______4.03 TERRITORIO DETTO SBOSCATO LAMPASCIONE Di natura seminatorio. Sito nel luogo detto Macarico della Difesa. Dell’estensione di tomola 8.

86 Confina con la strada, che da quella rotabile passa a Rapolla, e con la Difesa Macarico, riseca della stessa Comune. Affittato a Vincenzo Albano con istromento de’ 12 Agosto 1828 per sessennio a tutto Luglio 1834 per mano di Notar Melchiorre di Barile per tomola sei, a versura, ne 4 anni pieni. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______32.10 TERRITORIO DETTO SBOSCATO DELLE SOLAGNE Di natura seminatorio. Sito nel luogo detto Macarico. Dell’estensione di tomola 33. Confina con Teodoro Sepe, e Rocco Sepitore. Affittato a Francesco Rosano per sessennio a tutto Luglio 1834 con istromento del 29 Agosto 1828 per annui tomola di grano_42.21 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______69.03 TERRITORIO DETTO SBOSCATO VALLE Sito nel luogo detto Mancosa della Difesa. Di natura seminatorio, infimo dell’estensione di tomola 4. Confina con la strada rotabile, che da Barile mena alla Rendina, e con altro territorio del Signor Principe detto Sboscato della Mancosa. Affittato a Leonardo Cirone a tutto Luglio 1831 per annui to- mola di grano______3.08 Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella. TERRITORIO SBOSCATO MANCOSA 1° Conosciuta ancora sotto il nome di Mancosa della Difesa. Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 12.18, cioè tomola 7.12 1/2 di terra fer- ma, ma in pendio, e tomola 5.5 1/2 incolto. Confina con la strada rotabile, che da Barile mena alla Rendina,

87 con Domenico Buccisio, e Vincenzo Albano. Affittato a Domenico Mazzeo per tomola 6 di grano a versura. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______32.20 D’unita alla Mancosa 2° la quale è affittata a Michele Mazzeo di cui si parlerà qui appresso, ed al territorio sboscato valle di cui si è parlato nel territorio antecedente. TERRITORIO SBOSCATO MANCOSA 2° Conosciuta ancora sotto il nome di Mancosa della Difesa. Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 7.06. Confina con i territori del Principe Sboscato Mancosa 1° e sboscato Valle. Riportato nel Catasto come sopra, e coll’impo- nibile antecedente, formando in esso un solo territorio sotto il nome di Mancosa della Difesa. TERRITORIO DETTO SBOSCATO SOPRA COLONNE Questo territorio è anche compreso nella Mancosa della Difesa ad vaidente; ed in continuazione dello stesso. È affittato a Leonardo Cirone, per annui tomola cinque di grano. TERRITORIO DETTO SOLAGNO DEL MACARICO Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola tre. Confina con D. Giovan Antonio Bozza, ed Andrea Guadagna. Affittato ad Antonio Pietrangelo per misure 15 di grano annui. Riportato nel catasto sotto l’articolo 156 coll’imponibile di du- cati______1.17 TRAPPETI Sono al numero di due de quali uno detto del Principe è affit- tato a D. Michele del Zio per sessennio a tutto Aprile 1834 con istromento de’ 2 Decembre 1828 per annui ducati______50.00 Con un soprano, che si tiene per uso di magazzino

88 dall’Amministratore, e confina con Michele Mazzuca, e Pasquale Turiello; l’altro sito nel luogo detto Solagne di S. Nicola, con- fina con Donato Scaringi, e Domenico Basso, è inaffittato per- ché diruto Sono riportati nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati 25 cia- scuno. Dietro dimanda fattane dall’Agente Generale nel 1830 ottenne di sgravio di ducati sei, e 90 annui. VIGNA Detta dello Scescio: scelta. Dell’estensione di tomola 8.18. Confina con Giuseppe Rendina, Domenico Cerzueta, Giuseppe Belluscio. Affittata a fratelli D. Saverio, e D. Vincenzo Piacentino per ses- sennio a tutto Novembre 1834 con istromento degli 11 Febbraio 1828 per Notar Corsi di Barile per annui ducati______125.62 In detta Vigna vi sono 94 Alberi grandi d’Olivi, e Numero 60 di diverse frutta. Riportata nel Catasto sotto l’Articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______62.36 ALTRA VIGNA DETTA DEL MACARICO Sita nel luogo detto Serre dell’Amendole. Dell’estensione di tomola 15. Confina con D. Raffaele Corsi, e Carmine Belluscio. Si tiene in Amministrazione, e rende a seconda delle annate du- cati______668.61 Secondo lo stato ne dà il Signor Lucino Cittadini che n’è l’Amministratore. Riportata nel catasto sotto l’articolo 156 Caracciolo Principe di Torella coll’imponibile di ducati______82.28

AMMINISTRAZIONE DI RUVO

89 Nel mentre, che il feudo di Ruvo si possedeva da D. Fabio, e D. Francesco di Gesualdo vi dovett’essere nomina di Curatore si presentò nel Sacro Regio Consiglio che disse essersi procedu- to alla vendita del feudo di Ruvo appartenente a detto patri- monio comprato da D. Francesco Magri il quale non avendo adem- pito alle leggi dell’offerta per evitare maggiori danni diede in vim executionis, il detto feudo, che da tempo in tempo fu poi affittato a diverse persone sempre con svantaggio dello stesso patrimonio, così è che il Signor Principe di D. Luigi Capece Mimutolo ne fece l’acquisto e lo vendè poi al Signor Principe di Torella al quale ha goduto la giurisdizione sino ai tempi della divisione demaniale, ed ora si possiede i fondi, che qui sotto si descrivono. Questo è quello che si è potuto conoscere sulla provenienza del feudo di Ruvo all’Eccellentissima Casa di Torella, senza poter definire l’epoca dell’acquisto che si crede all’anno 1770.

AMMINISTRAZIONE DI RUVO

Intanto i beni di ruvo sono divisi in due affitti, cioè uno detto affitto generale, che comprende territorj, case, censi, ed altri fon- di dato a Domenico Tita per triennio a tutto agosto 1832 con istro- mento de’ 20 Settembre 1829 per notar ……………..di per annui ducati______800.00 Sebbene nel triennio passato si trovava affittato allo stesso Tita per annui ducati 580 = l’altro affitto contiene gli erbaggi del Bosco di Bucito dato al predetto Domenico Tita, e Ferdinando Errico per triennio a tutto Agosto 1831, con istromento de’ 10 Decembre 1828 nel quale è convenuto la riserva del pascolo per due morre di Neri dell’Eccellentissima Casa di Torella da Gennajo al dì 8 Maggio, e dal 1° Settembre a tutto Decembre di

90 ciascun anno sugli erbaggi, e ghianda, e volendovi da detta Casa Eccellentissima introdurre le capre nel detto Bosco di Bucito deb- ba la stessa pagare la fida a ragione di grana due a pezzo. Rende percio annui ducati______185.00 Nell’affitto generale di cui si è di sopra parlato non è compre- so il Palazzo ex baronale, ossia Castello, giacchè con istro- mento de’ 5 Marzo 1824 per Notar D. Michelangelo Bruno di Bella fu venduto a D. Soccorso Vigilante per ducati 600 = pa- gabile in Decembre dell’anno 1832, e frattanto ne corrisponde il convenuto interesse di annui ducati______40.00 Sebbene sia un pessimo contratto, per essere il compratore in- solvibile, e demente, dal quale con somma difficoltà si esigo- no gl’interessi. Rende l’Amministrazione suddetta annui ducati______1025.00 Oltre quello si ritrae da numero tre territorj devoluti e de’ quali vien parlato in seguito. BOSCO DI BUCITO Il medesimo fu soggetto a riseca con decisione dell’intenden- te D. Nicola Santangelo Commissario del Re per la ripartizio- ne de’ demani della Provincia di Basilicata in data da Potenza de’ 21 Settembre 1813 per la terza parte in ragion di valore, e di estimazione, per cui in esecuzione di tale ordinanza nel dì 6 Novembre 1813 si eseguì la misura del detto Bosco di Bucito, che fu ritrovato dell’estensione di tomola 2610.00 1/2, essendosi adoperato la misura di 900 passi, ed ogni passo di palmi 7 1/3. Fu valutato in totale ducati 12000.00 il cui terzo in ducati 4000.00 ricadè alla Comune di Ruvo. Nel dì 7 di detto mese, ed anno fu distaccato il predetto terzo di Bosco in uno de lati del- la stessa per ragione di valore in beneficio della Comune, e pro- priamente verso le Maurelle, che confina coi Signori Catenacci dalla parte di Mezzo Giorno, e col fiume da Oriente,

91 quale quota assegnata fu dell’estensione di tomola 872, equi- valente al terzo del valore fissato cioè di ducati 4000.00. Il ver- bale fu riuscito di firmarsi dal Sindaco asserendo, che il terzo assegnato alla popolazione era disagioso e discovenevole alla stessa; intanto nel dì 17 Novembre dello stesso anno 1813 die- tro rapporto dell’Agente Ripartitore Signor Pistolese sul rifiuto del Sindaco, il lodato Signor Intendente scrisse di esser dispiacevole di ricevere nuovi quisiti per la ripartizione di Bucito in Ruvo, e che dovendo conoscere l’Agente Ripartitore le sue attribuzioni, ed i mezzi per farsi ubbidire, la concordanza de’ Periti dove- va attendere piuttosto alla valutazione, e misura, e non già a di- segnare la località, mentre il dritto d’elezione a termini della leg- ge si accordava al Sindaco. Or trovando questi che la parte più prossima giovava alla Comune, seguendo il distacco nella quantità corrispondente al valore; avendo anche presente di risecarsi la quota dalla par- te meno coverta di alberi, pel bisogno della legna, che ne ave- va bisogno la popolazione. La quistione suindicata essendo rimasta ammortizzata lungamente sebbene non fu esente da continuate dispute; fu suscitata di nuo- vo sulle grotti ch’esistono in Bucito, le quali si pretendevano com- prese nella riseca comunale, quandi l’Amministartore di Ruvo in data de’ 28 Marzo 1828 con lettera riservata all’Agente Generale gli diede parte della trama ordita tra il Sindaco, e Decurioni , ed il Guardia Generale per fare avvenire una nuo- va confinazione; tra una che fu distolta; e fu allontanato ogni pensiere, che alla stessa potesse condurre, mediante le cure, ma- neggi, previdenze, e diligenze dell’Agente Generale suddetto, il quale per prima cura, ebbe quella di supplire alla mancan- za della pianta, che qui si allega. (vedi pagina 97) Confina il detto Bosco di natura selvaggio, e fruttoso, ossia la

92 parte rimasta al Signor Principe con la Fiumara d’Atella, col de- manio comunale detto i Fronti; con il luogo detto Serre, e con la Riseca Comunale. Vi gravita l’imponibile di ducati 1767 sotto gli articoli del ca- tasto 525, e 1377 Principe di Torella. CASE OSSIANO SOTTANI Al numero di due, site nell’abitato. Una confina con Antonio di Filippo Mucilo, e Domenico Regio. L’altra confina con la Casa Comunale, e con la Cappella dell’Addolorata. Sono riportate nel catasto sotto l’articolo 525 Principe di Torella coll’imponibile di ducati 16.50, cioè ducati 12 per la prima, e du- cati 4.50 per la seconda. FORNI Al numero di due siti benanche nell’abitato. Uno confina con Angeloantonio Pitocche, e Sig. Cesare Chiaja. L’altro con Vito Nicola Blasucci, e con Domenico Greco. Sono riportati nel catasto sotto l’articolo 525 Principe di Torella coll’imponibile di ducati 12, cioè ducati 6 per ciascuno. MOLINI Al numero di due siti sulla strada, che da Ruvo mena a S. Fele dalla parte del fiume Bradano. Confinano con Vincenzo Luca, e Vincenzo Grieco. Sin dall’anno 1822 D. Giuseppe Frascella di S. Fele per irriga- re i suoi territorj, che sono al di sotto della levata de’ molini sud- detti col permesso dell’affittatore d’allora, si serviva dell’acqua, che ………i detti molini, allorchè essi erano inoperosi. Rinnovatosi l’affitto in mano d’altro affittatore, nacque disputa sulla servitù che v’introduceva il detto Frascella, il quale usando di preghiere col primo affittatore si servì della violenza col secondo, stabi- lendo un canale di legno al di sotto della capopresa de’ medesimi

93 molini per deviare l’acqua a suo beneplacito, locchè rendeva le machine inoperose a danno dell’affittatore. Sorse da ciò, corrispondenza dell’Agente Generale nell’anno 1829, per indurre il Signor Frascella con mezzi bonarj a togliere il ca- nale suddetto di legno ch’aveva egli stabilito al di sotto della capopresa per inaffiare i suoi territorj, ma riusciti vani tutt’i ten- tativi, dovette lo stesso Agente udire il tribunale il quale ordinò la pruova delegando il Regio Giudice del circondario. Infinite eccezioni, ed opposizioni furono prodotte dallo stesso Signor Frascella, il quale appellò dalla sentenza, del cui esito favore- vole pel Principe non pare doversi dubitare. S’inserisce qui la pianta che dalla capopresa mena pel canale l’acqua a molini per futura cautela. (vedi pagine…98) Sono riportati nel catasto i detti molini all’articolo 525 col- l’imponibile di ducati 80. TERRITORIO DETTO COSTA DELL’OLIVO Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 5. Confina con D. Tomaso Patrissi, e Giuseppe Vodola. Riportato nel catasto come sopra con l’imponibile di ducati 6. TERRITORIO DETTO CASTELLARA Di natura seminatorio infimo. Dell’estensione di tomola 20. Confina con Nicola de Giorgio e Giuseppe Corridore. Riportato nel catasto come sopra coll’imponibile di ducati 3.00. TERRITORIO DETTE SERRE Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 46. Confina con D. Saverio Caputo, e D. Stefano Donato di Errico. Riportato nel catasto come sopra con l’imponibile di ducati 19.15. TERRITORIO DETTO PIANO MARINO

94 Di natura seminatorio, ed ortolizio. Dell’estensione di tomola 2.08, cioè pel seminatorio tomola 2 e 04, e misure 4 d’ortolizio. Confina con Giuseppe Carnevale, D. Tomaso Cudone da due lati, e Nicola di Vincenzo Armulo. Riportato nel catasto come sopra sotto l’articolo 525 coll’im- ponibile di ducati 3.71, cioè ducati 2.75 pel seminatorio, e du- cati 46 per l’orto. TERRITORIO DETTO VALLONE Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 4. Confina con Giuseppe Sajano, e Domenico Regio. Riportato nel catasto come sopra, coll’imponibile di ducati 2.50. I seguenti due territorj sono siti nel tenimento di S. Fele e riportati nel catasto di quel Comune sotto l’articolo 1129, Torella Signor Principe. TERRITORIO DETTO ISCA DI BRADANO Di natura seminatorio. Dell’estensione di tomola 3.06. Confina coi Signori Quillis, e Santoro. Coll’imponibile di ducati 2.87 compreso nell’affitto generale. TERRITORIO DETTO S. ILLARICO Di nauta seminatorio. Dell’estensione di tomola 92.12. Confina coi terreni di D. Sebastiano De Lucia e D. Giovanbattista Aranco. Coll’imponibile di ducati 56.27 compreso nell’affitto generale. Notamento de censuarj, che non hanno pagato né intendono pagare se non si comunichi loro il titolo, che non è stato pos- sibile di rinvenire, tutto che se ne fosse domandato al Signor Principe in Napoli, il quale con sua lettera de’ 31 ottobre 1827

95 scritta all’Agente Generale dichiarò di non saperne. Da D. Consalvo Di Ferrante tomola______4 Dal Convento di S. Tommaso del Piano tomola______1.06 Da Michele Vetrano sopra la vigna, e territorio alle Coste del- le Noci tomola______1 Da D. Giuseppe Del Monte di S. Fele sul canneto al Bradano du- cati______0.50 Censi minuti in contanti Da Cesare Carnevale ducati______0.30 Donatangelo Passera ducati______0.25 Eugenio Granone ducati______1.00 Giacinto Sacino ducati______1.161/3 Giovanni di Francesco Greco ducati______0.551/3 Giovanni di Giuseppe Ciampa ducati______0.25 Mastro Michelangelo Cositore ducati______0.36 Mastro Paolo Solimena ducati______0.25 Pietro Greco ducati______0.581/2 Tommaso e Domenico Corridore ducati______0.581/6 Cesare Capasso ducati______0.66 Benigno Caputo ducati______0.66 Pietro Antonio Masiello ducati______0.66 Nunzio Grieco ducati______0.66 Francesco di Vito Grieco ducati______0.66 Giantino Savino ducati______0.80 Tommaso Greco ducati______0.10 Totale ducati______9.401/3 Censi minuti in grano Mastro Antonio Mucciolo tomola______0.12 Cesare di Giulio Capasso tomola______1.02 Cesare Carnevale tomola______0.05 Donato Vodola tomola______0.05

96 Donato Sacino tomola______0.01/2 Domenico La Rossa tomola______0.021/2 Francesco e Nunzio di Vito Grieco tomola______0.05 Ferrante Castelgrande tomola______1.00 Francesco Antonio Quaratiello tomola______0.01/2 Giuseppe S. Menna tomola______1.01/4 Il detto Giuseppe per altro territorio tomola______1.02 Giaocchino La Rossa tomola______0.021/2 Nicola Mucciolo tomola______0.01/2 Pietro Papara tomola______1.02 Da riportare tomola______6.051/4 Riportato tomola______6.051/4 Notar Pietrangelo Bitozzi tomola______0.01 Tommaso di Leonardo Vitella tomola______1.02 Mastro Tommaso Papara tomola______0.01 Il suddetto Tommaso Vitella tomola______1.00 Totale tomola______8.09 TERRITORJ PER ENFITENSI, CHE PAGANO IN GRANO Territorio a S. Elia contrada la Valle della Chiesa di tomola 20 circa detto il Pezzo del Signore dato in enfitensi a D. Donato Maselle per tomola 7.12, confinate col Signor D. Tommaso Cudone, via pubblica, ed altri. Territorio al Piano Serra Cerrito Masseria data a D. Donato Errico di tomola 20 confinante dal Signor D. Tommaso Cudone da due lati per natura enfiteutica, ne paga tomola 7 di grano. Territorio al Castellaro di natura enfitentico tenuto da Ferdinando Errico confinante dal Signor Tommaso Cudone, e gli eredi di Pasquale dell’estensione di tomola 10, ne paga tomola 3 di grani l’anno. Territorio alla Isca di Liento di tomola 15, che si tiene per na- tura enfitentica da Francesco Antonio Fasano, ne paga tomo-

97 la 10.06 di grano annui confinato Isca dell’Ospedale, e D. Antonio D’Agostino. Territorj Isca Cersito di tomola 24 tenuti per natura enfitenti- ca da Vincenzo Sisti, e fratelli, confinante difesa comunale, e fiu- mara d’Atella pagano tomola 10 di grano l’anno. Territorio nel luogo detto Calviello, tenimento di di to- mola 16 dato per natura enfitentica a Giuseppe Amendola di Rapone confinante dal fiume Liento, il Signor Nicola Ciampoli, e D. Angelo Maria Pinto pagano tomola 9 l’anno. Istromento per Notar Bianchi dell’anno 1777. Territorio in detto luogo confinante gli eredi del Signor Pietro Pinto ed al Bosco di Rapone, per natura enfitentica, si pagano tomola 3 di grano l’anno. Territorio al Castellaro di tomola 3 confinante coi territorj del Signor Principe, che si tengono in enfitensi dagli eredi di Donato Errico, e D. Michele Maselli, paga tomola 1.12 D. Tommaso Cudone. Territorio al Castellaro di tomola uno confinante con gli eredi del Signor Pasquale Capassi, e gli eredi del Signor Antonio D’Agostino pagano Mastro Francesco Vasli grano misure diciotto. Territorio alla Montagna, infitentico, confinante dal Signor D. Tomaso Cudone, via pubblica paga per Cesare Carnevale Michelangelo Carducci di Giuseppe, Cesare Violella, Francesco Vetrano, e la vedova Teresa Carducci grano tomola 1.12. Territorio infitentico nel Piano Marino, confinante Leonard’Antonio Cuoco, via pubblica, paga Antonio Ricciardella, e gli eredi di Bartolomeo Cappiello tomola = 2.12. Territorio infitentico confinante col Monte Frumentario, e gli eredi di Giuseppe Zaccagnino nel luogo detto i Valloni, paga- no Giuseppe Fabrizio, Michele Buono, e Sebastiano Aquino, e Vincenzo Grieco grano misure 15.

98 Territorio infitentico al Piano Marino, confinante Cesare Vadò, e Signor Tomaso Cudone paga Francesco Cuoco grano misure 71/2. Territorio infitentico Corvisera, confinante con gli eredi di Pasquale Rotanno, ed Valeria Simone paga per Giuseppe Santomenna Pasquale Suozzi, Giuseppe Suozzi, Rocco La Raster, e Mastro Giuseppe Cannito, Geronimo Cannito, Mastro Giovanni Marangiello grano tomola 2.12. Territorio in detto luogo confinante il sopradetto territorio per Lorenzo Sacino paga l’eredi di Pasquale Rotunno grano misure 12. Territorio Macchia della Corte, confinante con altri territorj del Signor Principe, Francesco Errico, Rocco Santomenna, paga Michelangelo di Federico Simone grano misure 15. Territorio Corvisera confinante l’enfitensa da Giuseppe e Pasquale Suozzi paga Leonardo Pisauro grano misure tre. Territorio Macchia della Corte, confinante col Piano del Medico che si tiene da’ figli di Francesco Maria Maselli eredi di Giuseppe Zaccagnino pagano Donato Laterza, Francesco Errico, Rocco Santomenna grano tomola 3 paga pure Donato Di Ciaccia, Rocco di Giuseppe Simone, Nicola Giuseppe, e Vincenzo Martino. Territorj ch’erano ad infitensi, e che mediante le cure, e diligenzia dell’Agente Generale sono stati devoluti al Signor Principe in via bonaria, avendo per tale modo, lo stesso Agente Generale fatto cessare l’intrapreso giudizio di devoluzione per quello det- to il giudizio, e per gli altri i giudizj ch’erano per intraprendersi. Dallo stesso Agente Generale si ottenne pure il passaggio di quo- ta de’ predetti seguenti fondi. TERRITORIO DETTO IL GIARDINO Dell’estensione di tomola 8.12 1/2 di territorio seminatorio, al- borato da varj frutti come piedi di castagne, pera, mela, viti

99 e canneti. Sito dirimpetto il Palazzo ex Baronale nel luogo detto Piano di S. Nicola fu concesso in enfitensi a Tommaso Suozzo, v’è dentro una casa consistente in un membro sottano, a lamia, e l’altro soprano, e con altra casa, con una fonte, e peschiera di fabbrica. Confina a Oriente colla strada pubblica e a Mezzo Giorno con la Cappella dell’Incoronata, da Ponente con Stefano Muccioli, e strettola della Fontana Vecchia, e da Settentrione colla Fontana Comunale. Passato questo territorio per linea femminile a Michelangelo Rita, costui v’aumentò altra fabbrica. Pagava di annuo canone tomola 8, ed ora c’affittato per duca- ti 18 annui, che si pagano dagli affittatori attuali Francesco Cuoco, e Giuseppe Vodola. Riportato nel catasto sotto l’articolo 525 Torella Sig. Principe, vi gravita l’imponibile di ducati 48.25. Nel Piano S Nicola v’è una casa ch’era con enfitensi col detto territorio compreso, e che si tiene in affitto allo stesso Rita per annui ducati______1.20 e sulla quale gravita l’imponibile di ducati 2.30. TERRITORIO DETTO LAVANGHE SORGENTI Dell’estensione di tomola 30. Seminatorio. Dato ad infitensi a terzia generazione a Donato Cudone sen- za sapersi l’epoca precisa, e con quale istromento sebbene si è saputo esservi la quarta generazione del predetto Donato Cudone, i cui eredi hanno pagato tomola 14 di grano l’anno, ed ora perché devoluto al Sig. Principe di Torella, pagano d’af- fitto tomola 24. Confina il detto territorio con D. Tommaso Cudone, e D. Michele Maselli.

100 Riportato nel catasto come sopra, vi gravita l’imponibile di du- cati 12.36 TERRITORIO DETTO S. ELIA Con masseria di fabbrica per uso di campo. Dell’estensione di tomola 44 dato ad enfitensi dal Principe di Ruoti D. Luigi Capece Minutolo a Vincenzo Capassi a terza ge- nerazione per annui tomola di grano 23.12, con istromento de’ 19 Aprile 1716 rogato dal Notar D. Pietrangelo Bilozzi di Ruvo, e devoluto come sopra al Signor Principe di Torella con istro- mento per Notar Corsi di Barile de’ 2 giugno 1829 una con due tomola di pici d’estensione di territorio non compresi nell’i- stromento enfitentico, ed affittato l’intero territorio, ora di to- mola 46 ai fratelli Franceso, e Giuseppe Capassi, che ne avevano per discendenza del predetto Vincenzo il dominio utile. Devoluto il territorio con tutte le migliorie senza verun paga- mento delle stesse per parte del Principe. Il detto territorio è di sua natura campestre, e non alberato. Confinante con i beni del Reverendo Capitolo di Ruvo, e dé Signori Maselli verso Ponente, con quelli demaniali di detto Comune denominat’i fron- ti verso Barca; con quella della fu Elisabetta Muccioli verso Mezzo Giorno (in oggi posseduti dalla pubblica beneficenza di Ruvo e del soppresso Monistero degli antoniani di detto Comune in oggi assegnati per sopradotazione della Mensa Vescovile di Muro) e verso Levante colla Difesa delle Maurelle in oggi di spettanza de’ Signori Catenacci di S. Fele, e per gli altri due tomola rila- sciati da essi fratelli Capassi in beneficio del lodato Sig. Principe, che non furono compresi nella censuazione, ed attaccati alli ter- ritorj della citata Masseria di Campo, confina colla suddetta Difesa delle Maurelle, e con i terreni di Giuseppe Vodola del fu Pasquale di Ruvo. Ed avendo rinunciato essi fratelli Capassi al dominio utile del

101 fondo censito non che ai due predetti tomola d’estensione non compresi come sopra si è spiegato, nell’istromento di cen- suazione de’ 19 Aprile 1716 dichiararono solidalmente che niun dritto era loro rimasto sul fondo medesimo sia di migliorie, che di compenso, per cui il Signor Principe è rientrato ne suoi dritti dominicali in tutto; ed è divenuto l’assoluto padrone dell’istesso fondo, tanto nel dominio utile, che nel diretto, e tut- to ciò per opera dell’Agente Generale. Tengono dunque i predetti fratelli Francesco e Giuseppe Capassi in affitto il predetto territorio di tomola 46 per un novennio a con- tare dal 1 Settembre di questo corrente anno, fino a tutto Agosto dell’anno 1838 pagando annui tomola trenta di grano. Riportato nel catasto come sopra, vi gravita l’imponibile di ducati 77.50. VALCHIERA Sita a 30 passi dal fiume Bradano. Confina con Vincenzo Luca, e Vincenzo Grieco. Riportata nel catasto sotto l’articolo 525 Principe di Torella col- l’imponibile di ducati 8.

AMMINISTRAZIONE DI BARAGIANO E BELLA

Feudatary di Baragiano e di Bella, o Labella Nicola d’Alamagna nel______1365 Ludovico d’Alamagna nel______1393, e 1397 Giorgio d’Alamagna nel______1431, 1451, 1472 ribelle Giacomo Caracciolo Conte di nel______1474 e Suo figlio Petracone Caracciolo nel______1474, e 1476 Nicola Maria Caracciolo Marchese di Castellaneta altro figlio del detto Giacomo nel______1506, e 1528 ribelle Ferdinando d’Alarcon in detto anno______1528

102 Isabella sua figlia nel______1547 Consalvo di Bernardo nel______1551 Vincenzo Scalera prima del______1558 Suo figlio Luigi Scalera nel______1558 Giulio Carafa nel______1559 Demanio nel______1560 Agostino Rendone nel______1564 Sua figlia Saba vende Baragiano, Bella, ed i feudi di S. Sofia, Caldano, e Platano al Principe d’Avellino Domizio Arcella Caracciolo nel______1596, e Marchese di Bella nel______1600 Così nell’iscrizione sul portone del Castello, ed in una lapide sepolcrale della Chiesa di S. Maria della Pietà, oggi delle Grazie. Camillo Caracciolo, Principe d’Avellino, e Marchese di Bella negli anni______1610, 1611, 1614 e 1616 Marino Caracciolo successe al padre nel______1617 Giuseppe Caracciolo tenne Baragiano, Bella, come S. Sofia, e Parete assegnateli colla giurisdizione da Marino suo fratello primo- genito nel 1632 mentr’Egli era di anni quindici, e fu Principe di Torella nel______1647 Questi è ceppo dell’attual famiglia.

BARAGIANO La Comune di Baragiano per ripigliare un giudizio di gravezze contro il Signor Principe di Torella a cui un tal ex feudo si ap- parteneva, domandò fra l’altro, che oltre i territorj, Boschetto, ed Ischa della Botte, si appartenesse a Lei un altro territorio de- maniale descritto e confinato nell’antico istromento di partito dell’anno 1597. Propostosi la causa in Commissione Feudale nel dì 18 Aprile 1809 la stessa destinò un Ingegniere perché si fosse conferito so-

103 pra luogo e tenendo presente il detto istromento di partito, e la relazione antecedentemente fatta d’ordine dell’abolita Regia Camera dall’Ingegniere Ancalfi, verificoss’i confini anche del- l’ex feudo di S. Sofia limite a questo di Baragiano, ed avesse da- to un sentimento accertato ad istruzione della stessa Commissione per venire alla decisione della controversia. Fu destinato l’Ingegniere D. Giovanni Ragazino il quale a 9 Agosto n1810 diè fuori una sua relazione colla quale risecò an- cora su l’altro specifico con contiguo ex feudo denominato S. Sofia la non indifferente quantità di tomola 2125 di territorio riuniti in allora, sotto l’articolo 980 della matrice di ruolo del- la Comune di Bella. La Commissione Feudale con sua decisione de’ 20 Agosto 1810, rispetto alla confinazione dell’istromento di partito del 1597, ed alla confinazione di S. Sofia, seguendo il sentimento del det- to Ingegniere ordinò di eseguirsi il di costui parere, ed oltre a ciò decise, che tutto il territorio restasse dichiarato Demanio Comunale libero, ed immune da qualunque prestazione di terraggio, censi, ed ogni altro peso in favore dell’ex Feudatario. Quale territorio principia dall’Isca di San Giorgio per linea ret- ta dividendo il territorio seminatorio di S. Sofia che attenta la confinazione del feudo disabitato di Macchiachiana, e termi- ne de beni della stessa S. Sofia, andando ad incontrare la det- ta Macchiachiana, lasciando indietro Castelluccio, gira poi nel Vallone del Rustico, ed attacca coll’Isca del Platano; costeggia tutt’i territorj de particolari, e terminando col Vallone dell’Elice confina coll’istess’Isca di San Giorgio; e così dietro l’esecuzio- ne di tal giudicato, avvenuto nel dì 31 Maggio 1811 la Comune di Baragiano ne prese possesso, ed il Signor Principe di Torella restò privato della totalità dell’ex feudo di Baragiano, e di una parte la più speciosa dell’altro ex feudo di Santa Sofia in

104 tenimento di Bella. In seguito con decisione del Signor Commissario Ripartitore D. Angelo Masci da Potenza li 26 Giugno 1812 venne ordinato a riguardo del Bosco di S. Sofia di darsi al Comune di Bella to- mola 1600, e che nella tenuta detta Castelluccio, Piano di Ciccariello, e Platano si conservassero le Colonie, ed il dippiù si dividesse per metà, cioè una all’ex feudatario, e l’altra alla Comune di Bella. Possiede attualmente il Signor Principe in Baragiano i se- guenti fondi di natura burgensatici. CASE Case rustiche numero due, e cortile con 4 soprani diruti, nel luo- go detto Dogana Vecchia, e che in tempo della giurisdizione ser- vivano per uso di dogana dell’estensione misure 4. Riportate nel catasto all’articolo 780 Torella Principe coll’imponibile di du- cati______2.33 Quantunque di niun uso, sono comprese nell’affitto del terri- torio detto Dogana, come si dirà qui sotto. MOLINI Al numero di tre, uno sito nel luogo detto Vallone di Baldassarre, e conosciuto in Amministrazione sott’il nome di Molino all’Isca. Confina con Francesco Satriano, e Rocco Ciandella. É affittato a Rocco Sapienza, e Nunzio Palumbo per un sessennio a tutto Agosto 1833 con istromento de’ 28 Decembre 1827 ro- gato da Notar Bruno di Bella con l’estaglio annulae di tomola 38 di grano. É riportato nel catasto all’articolo 780 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati 80. Altro Molino detto di S. Sofia diruto. Era riportato sotto lo stesso articolo coll’imponibile di ducati__62.00 Quantunque l’Agente Generale non si fosse trovato in tempo

105 utile a reclamare, pure, dietro sua dimanda, e premure reste- rate con decisione del Consiglio d’Intendenza di Potenza in da- ta de’ 19 Ottobre 1830, ne ottenne l’intiero disgravio come da mandato di bonifica numero 45.472 dalle Reali Finanze speditogli con liberanza del 1° Decembre detto anno. Il terzo Molino detto Isca della Botte, od altrimenti Isca Franciosa era stato venduto dal Signor Principe ai fratelli Sacerdoti Signori Mupo di Baragiano, una col Palazzo ex Baronale, forni, e case quivi esistentino per circa ducati 4000 = ed essendo essi rimasti debitori nel 1827 di ducati 2120.49 pende il giudizio di rejussione; ma intanto l’Agente Generale dopo strepitoso giudizio, ed opposizioni per parte di D. Pasquale, e D. Antonio Mupo, con il favore della legge prese, in persona, possesso del detto molino a nome del Signor Principe con Verbale del Osciere del Tribunale Civile di Basilicata sedente a Potenza a D. Rocco de Carlo, de’ 16 Luglio 1828, registrato in Potenza li 18 detto al numero 3909 libro 4° vol. 44 fog. 59.r.carlini 1° grana 20, e mari, e con istromento de’ 3 Agosto 1828 per Notar D. Michelangelo Bruno di Bella, affittò il detto molino per un triennio a tutto Agosto 1831 per annui tomola 60 di grano, che si corrispondono dagli Affittatori D. Domenico Buccico, e Pasquale Cefalo intervenuti nel predet- to istromento. È riportato nel catasto all’articolo 780 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati______130.00 TERRITORIO DETTO DI DOGANA Sito dirimpetto le fabbriche dirute della Dogana Vecchia di cui di sopra si è parlato, frammezzandosi la via pubblica, che da Bella conduce a Baragiano. Confina con i terreni di D. Antonio Venetucci da un lato, con Angela Maria Panaro dall’altro con Vincenzo Braico dal terzo,

106 e con Rocco Satriano dal 4° lato. È dell’estensione di tomola 40, e misure 4. Di natura seminatorio, sebbene tomola 6.04 prima erano pian- tate a vigna, ma da più anni è tutto in semina. È affittato a Marino Malanga con istromento rogato da Notar Bruno di Bella il dì 24 Novembre 1827 per annui duca- ti______71.30 Riportato nel catasto all’articolo 780 Torella ex Principe col- l’imponibile di ducati______76.99 TERRITORJ DETTI ESPROPRIATI A FRATELLI CICCO Vi fu giudizio d’espropriazione forzata contro i contadini fra- telli germani Arcangelo, e Gerardo de Cicco, e contro il di lo- ro zio Giuseppe de Cicco, i quali non furono opponenti nel giu- dicato per certo debito ch’essi avevano contratto col Signor Principe, al quale si diede ad intendere mediante un atto di pos- sesso ch’Egli era già il Proprietario de fondi ch’ai medesimi si appartenevano. In dritto pareva ch’il Principe ne fosse il possessore, ma in fat- ti i fratelli de Cicco non erano stati rimossi dalla proprietà sin dal 1824. Si fu in via bonaria, che l’Agente Generale per evitare nuovo giudizio, dopo tanti maneggi condivisero i fratelli de Cicco a stipulare con esso lui istromento d’affitto per un triennio a tut- to Decembre 1838, già principiato a decorrere dal 1° Gennaro 1828. Quindi nel dì 29 Ottobre detto anno 1828 per Notar D. Michelangelo Bruno di Bella fu rogato l’istromento nel quale essi dichiararono di prender in affitto quelli stessi fondi siti nel Comune di Baragiano, che furono espropriati dal Signor Principe, e che prima ad essi, ed al di loro zio Giuseppe di Cicco si appartenevano, e che sono i seguenti siti nella Comune di Baragiano e suo tenimento.

107 1° Una casa sita nella contrada del Pascone contenente due mem- bri a pian terreno, confinata da un lato con la casa di Gerardo Russillo, e dagli altri lati con le strade pubbliche. 2° Un’altra casa sita nella contrada detta le Manche conte- nente 4 membri, uno a pian terreno, e tre soprani confinata coi beni di Arcangelo Margiotta, Giuseppe Losassi, e con la strada pubblica. 3° Una vigna con territorio seminatoriale sito nella contrada di S. Giovanni con entro una casa rurale dell’estensione di tomola 9, che confina da un alto con i beni degli eredi di Gerardo Mupo, e dall’altro con quei di S. Giuseppe, e Margiotta. 4° Un territorio con quercieto sito nella contrada detta Isca Rotonda di tomola 4 tenendo per confini i beni di Giuseppe di Valle, e quei di Antonio Tanella. 5° Un territorio seminatoriale di tomola 2 sito nella contrada det- ta Lagariello, che confina con i beni di Gerardo Macchiella, e degli eredi di D. Gerardo Muco. 6° Una vigna sita nella contrada di S. Giovanni dell’estensio- ne di un tomolo confinato con i beni di Nicola Satriano, Gerardo Vulture, e con la strada pubblica. 7° Un territorio di misure 6 sito nella contrada detta il Tufo, con- finato coi beni di Gerardo Capillo, e con la strada pubblica. 8° Un altro territorio sito nella contrada della Fonte Viva del- l’estensione di tomola due e stoppelli 6 confinante coi beni di Gennaro di Cicco, con la strada pubblica, e col fiume. Questo territorio è piantato a starse. 9° finalmente un orto a secco di una misura sito nella contra- da detta le Vestre confinato coi beni di Felice Cioglia, e con la strada pubblica. Si obbligarono pure di pagare l’arretrato dovuto a tutto Decembre 1827 per affitto tenuto de stessi fondi, senza scrittura

108 legale, nella somma di ducati 62.11 come di soddisfare il con- tributo fondiario, che gravita sugli stessi fondi bimestralmen- te a pena di soffrire le coazioni, e danni, che il Signor Principe verrebbe soffrire se puntualmente non soddisfacessero il det- to pagamento. Similmente si obbligarono di soffrire tutte le riparazioni annuali così de fondi rustici, che degli urbani tanto locativi, che di pri- mo stabilimento, meno che se vacillassero le fabbriche. É finalmente col detto istromento d’affitto si obbligarono di pa- gare annualmente ducati 35 d’affitto. I predetti fondi hanno l’im- ponibile di ducati______44.64

BELLA L’Amministrazione di Bella scissa nell’anno 1827 tanto dalle ren- dite emergenti dall’esazione delle fide di erba, e legname sec- co, e selvaggio nel Bosco di S. Sofia quanto da territorj in tenimento di Bella, offeriva un cespite incerto, e vacillante. La rendita ritraevasi da diversi coloni, che dissodavano i mol- teplici fondi del Signor Principe di Torella da tempo remotis- simo, ed immemorabile, senza essere obbligati da alcun con- tratto scritto od infitentici, o di affitto, ne esistendovi neppu- re uno stato di rendita. Le pretensioni di Bella avevano di mira vantar dritto di colo- nia su quelli terreni, potendosi giovare dell’inveterato imme- morabile possesso, e di non poter essere legalmente convinti per nulla, ne come affittatori, ne come conduttori, per non esistervi affatto istromenti di simil natura, di cui era spoglia- ta del tutto l’Amministrazione. A tutto ciò metteva il suggel- lo l’intestazione, che alcuni naturali bellesi avevano fatto da- re nel ruolo fondiario a loro beneficio delle tenute medesime, come il colono Margiotta all’articolo 1134 sezione Q aveva

109 dato la denominazione Margiotta al territorio dell’estensione di tomola 150 riportato nel catasto coll’imponibile di ducati 49.96. Il colono Seppariello aveva fatto lo stesso col territorio dell’e- stensione di tomola 137 dell’imponibile di ducati 100.52. I co- loni fratelli Anzioloni avevano praticato lo stesso pel territorio di tomola 44.48 coll’imponibile di ducati 40.80, e finalmente i fratelli Marchese, Perrotta, e tanti altri avevano tenuto li stes- so sistema, e tutti avevano fatto cambiar denominazione ai ter- reni, o dati ai medesimi moltiplici nomi. In siffatta terribile posizione dall’Agente Generale si pensò ad ovviare a delle circostanze così triste, che attaccavano di fron- te i dritti di proprietà del Signor Principe, che debbono dirsi i più vistosi di quanti ne possiede in tutte le Amministrazioni di Basilicata, e superando egli ogni ostacolo, con mezzi non da al- tri praticati venne a capo di obbligare tutt’i vendenti a riconoscere il Principe per lo Padrone de fondi medesimi coltivati colla sti- pulazione di 108 istromenti ne quali ebbe l’accortezza e riuscì ad includere tanti arretrati, ch’andavano ad ammortizzarsi per effetto dell’articolo 2183 delle Leggi Civili in vigore. Per qua- le effetto nell’anno 1828, malgrado l’abituale conosciuta morosità de debitori l’esazione superò quella degli anni antecedenti, e de tempi della privativa baronale. Erano in titolo infiteutico posseduti alcuni territorj da persone, che trovaronsi animate dal più deciso disegno di opporsi nella parte di dominio diretto, ciò nonostante riuscì all’Agente Generale di ripigliare la possidenza vacillante di 45 fondi, e di far cessare in conseguenza, i giudizi ch’erano incominciati per mol- ti di essi e di alcuni altri, per i quali mancava l’appoggio delle scrit- ture non che di altri di cui se ne ignorava il dominio. Di vantaggio fu rianimata la riscussione della rendita provveniente dalle fide erbifere e del legnare a secco, è selvaggio del bosco

110 di S. Sofia coll’assicurazione anche dell’esazione arretrata me- diante sistema, che fu dato con modelli, stati, ed altre carte per regole, norma degl’impiegati per far rompere quella prestazione, che minacciavasi di affacciare per causa dell’importo delle fi- de suddette terminato appena il quinquennio, giusta il testè ci- tato articolo, tanto più che si aveva principiato ad avere da al- cuni reddenti di buon esiti giudiziarj. I coloni della detta Amministrazione sono de Comuni di Baragiano, Bella, , e Ruoti, e per le fide nel bosco di S. Sofia, vi concorrono anche i naturali della Comune di S. Fele. BOSCO DI SANTA SOFIA S. Sofia, S. Cataldo, Caldane, Parete, Platano sono denomina- zioni sinonime per la gente del volgo. S. Cataldo è compreso nell’ex feudo detto le Caldane, e la denominazione, che se gli dà è derivata dalla Cappella di detto Santo quivi edificata per comodo de’ coloni, e tuttavia esiste, pagando l’Eccellentissima Casa ad un Cappellano annui ducati 10, oltre quello gli si cor- risponde dagli stessi coloni per aver celebrata la S. Messa in ogni dì festivo. Vi si celebra ancora ai 10 Maggio d’ogni anno la fe- sta di questo Santo. Dista S. Cataldo dieci miglia dalla Comune di Bella. Non v’è nessuna confinazione di S. Cataldo, Caldane, Parete e Platano, essendo una continuazione di bosco, e di territorio compresi nell’ex feudo di S. Sofia, il quale divenuto bosco è in parte disboscato, ed i coloni vi hanno stabilito delle capanne, ed alcuni di essi delle case di fabbriche. Era S. Sofia dell’estensione di tomola 5435 parte boscoso, e par- te macchioso. Confina con la Difesa di Serradenti dalla parte del Comune d’Avigliano, dall’altro lato con la fiumara di Ruoti, e gira dirimpetto questo Comune verso il luogo detto Sciamorricchio, e Torrione

111 dall’altro lato, lasciando a sinistra le Cesine, che menano al Martiniglio terreni anche del Signor Principe, e finalmente dal quarto lato gira pel Casale di S. Ilario, e ritorna a Serradenti. Con decisione del Signor Commissario D. Angelo Masci in da- ta de’ 26 Giugno 1812, quantunque il detto bosco era riporta- to nel catasto per tomola 3000, pure fu soggetto a riseca per to- mola 1600 giusta le espressioni della decisione suddetta, e quindi nel dì 7 Luglio dello stesso anno 1812 se ne fece il distacco de predetti tomola 1600 in favore della Comune di Bella, co- minciando la parte risecata dal luogo denominato Fiumicello verso Ponente, la cui linea quadrante costa di passi 949, ed ogni passo di palmi 7 1/3, acqua sonante, e bosco della Comune ver- so Tramontana, orto di Pierno a Levante; la cui linea qua- drante costa di passi 476, lato del taglio a Mezzo Giorno, che và a terminare al suindicato Fiumicello nel luogo detto Macchia Serosa, ne quali punti si fecero sugli alberi, lungo il confine, le sfacciatore. Dall’epoca precitata de’ 7 Luglio 1812, che avvenne il distacco sino al 1826, furono involati gli alberi colle sfacciatore, locchè diede motivo alla Comune di Bella di voler rimisurare il det- to bosco di S. Sofia, e ne reclamò al Signor Intendente della Provincia; il quale in data del dì 8 Febbraio 1827 sotto il numero 2040 approvò la nomina della Commissione Direzionale, ed or- dinò la circoscrizione delle Difese Comunali prevenendo d’av- vertirne gl’interessati. Questa operazione interessantissima, e che teneva il Signor Principe nella massima inquietudine fu trac- cheggiata dall’Agente Generale ch’appena era giunto in Basilicata per aver Egli agio d’acquistare delle relazione che po- tessero esser favorevoli all’esito della causa. Siccome ancora dal- l’attuale Signor Principe si desiderava, e per aver il tempo d’interarsi del merito della quistione.

112 Agli 8 Settembre 1828 sotto il numero 460 il Sindaco di Bella co- municò una disposizione del Sott’Intendente del Distretto de- gli 11 Agosto detto anno relativamente agli ordini del Signor Intendente del dì 8 Agosto medesimo, per la misura e confinazione, e del distacco di quel bosco. A 3 Novembre dello stesso anno trovandosi di passaggio il Signor Principe per Bella, la Comune con atto dell’Osciere Panaro nel comunicare al Principe l’anzidetta disposizione del Signor Intendente lo citò a comparire nel dì 26 Novembre stesso so- pra luogo per assistere all’operazione, ed il Signor Principe es- sendosene partito ne diede l’incarico al suo Agente Generale, il quale mediante due atti protestativi, cioè uno de’ 20 detto per l’Osciere Nicola Cardone registrato al numero 971 grana 10 De Falco, e l’altro per Osciere Nicola Panaro del dì 21 detto regi- strato al numero 976 in Bella con grana 10 a De Falco, ed un’informo avanzato personalmente al Signor Intendente ot- tenne di rimanersi l’antica confinazione, siccome si vede dal cer- tificato legale dell’Intendenza di Basilicata, che qui s’inserisce cogli altri indicati atti, o documenti una colla pianta della par- te risecata in favore della Comune di Bella per futura cautela. Vedi da pagine 99 a pagine 105. La parte rimasta al Signor Principe è di tomola 3835, cioè 2557 di bosco, e tomola 1278, è macchioso. Vi sono framezzati de seminatorj, e de terreni a pascolo, oltre la difesa di Serradenti, e quella di Sciamorricchio, che sono la- terali, e contigue al detto bosco. Tutt’all’intorno dalla parte delle Cesine vi sono ancora de ter- reni seminatorj, che si additano come Masserie dello stesso Signor Principe e delle quali sarà parlato più appresso. Vi è nel bosco un taglio d’alberi di faggio e più ancora di cer- ro, che rende annualmente ducati 4000.00 e pel miglioramen-

113 to del quale come per la conservazione del bosco stesso a 30 Giugno 1829 l’Agente Generale diede delle istruzioni, e modelli che furono approvati dal Signor Principe in data de’ 15 Agosto 1829, e respinse i modelli in istampa in data de’ 23 Settembre detto anno e qui s’inseriscono le istruzioni per futura norma. Vedi pag. 106 e 107. Fu l’opera dell’Agente Generale suddetto di rianimare la ri- scussione delle fide, ricuperando con istromento stipulato a 13 Novembre 1828 per Notar Bruno di Bella la D. Guglielmo Sansone per la fida tenuta dal 1819 al 1824 ducati 405.37.3 coll’interesse all’8 per % sino all’intiera soddisfazione del suo debito, giacchè per l’arretrato pagamento delle fide dal 1812 al 1818 fatto da Nicola Cardone di Bella ne pende il giudizio in appello nella Gran Corte Civile di Napoli. Da Gennaro Doino con scrittura privata de’ 16 Gennaio 1828 duca- ti______1080.10 Registrata a Barile li 14 Aprile 1829 numero 77 libro 2° volume 6° foglio 38 retto carlini 2° grana 30 a Mazzucca col visto del Regio Giudice Pierro; e da D. Ferdinando Maria con scrittura priva- ta del 10 Gennaio 1828 ducati______22432.00 Registrata a Barile il dì 8 Novembre 1828 al numero 92 libro 1° volume 6° foglio 21 retto carlini 4° grana 20 al ricevitore Mazzucca col visto del Regio Giudice, e con altra scrittura privata del 1° Luglio 1829 da Ruoti, e registrato a Barile li 30 det- to al numero 41 libro 2° volume 6° foglio 49 retto carlini 5 gra- na 20 a Mazzucca parimenti col visto del Regio Giudice colla quale il Signor Ilario si compromise di pagare la residual som- ma di ducati 174.82 tanne a scalare coll’interesse al 6 per %. La fida a legnare, che a pascere, che pria rendeva ducati 600 nu- merali, oggi rende effettivi annui ducati______1224.47 Oltre gl’interessi che si fanno da Guardiani, e che ammontano

114 annualmente a ducati______100.00 La Difesa di Serradenti dell’estensione di tomola 360, si rattrova affittata a D. Nicola Maria Corbo con istromento de’ 10 Aprile 1831 rogato da Notar Melchiorre di Barile per sessennio per an- nui ducati______605.00 V’è una mandra con scalinata, e stanza soprana di fabbrica. Confina coi così detti bugni di Cefalone da un lato, S. Sofia da due lati, e col tenimento di Avigliano al quarto lato. Vi gravita l’imponibile di ducati______336.00 La difesa di Sciamoricchio, è affittata per sessennio a D. Flaiano Rosati, e D. Antonio Dardes di Rapolla con istromento rogato da Notar Corsi di Barile per un triennio a tutto il 1831 per an- nui ducati______170.00 È dell’estensione di tomola 140, e confina con S. Cataldo, e S. Sofia stessa da tutt’i lati. Vi gravita l’imponibile di ducati______132.00 Oltre alla Cappella, già detta coll’imponibile di grana 33, v’è in S. Cataldo un Casino composto d’un magazzino sottano per ri- porre grani, una stalla, e tre camere soprane di cui una è per uso di cucina, per comodo dell’incaricato del bosco; non è riportato in fondiaria. A poca distanza della Cappella nello stesso piano v’è un Casino di quattro stanze superiori con corridoio, e con sotta- ni relativi per ricovero di coloro, che nella stagione estiva, e pro- priamente dal 21 Luglio a tutto Agosto di ciascun anno vi si ren- dono a prendere i bagni minerali detti di S. Cataldo; le cui va- sine al numero di tre per tuffarvisi in blocco distano dal predetto Casino circa 20 passi dalla parte di Grec-Tramontana al di sot- to d’un piano inclinato al principio d’una valle formata da due colline, dove nascono in mediocre abbondanza le acque minerali sulfuree, da due sorgenti poco fra loro discoste.

115 In ogni anno se ne fa l’affitto, ed in quest’anno sono stati affittati a D. Giuseppe Aquilecchia per ducati______160.00 Di questi bagni sene potrebbe ritrarre maggior vantaggio atteso gli effetti mirabili, che producono le acque minerali, mentre in altri sono di nocimento. Ciò evidentemente nasce, che siffatte acque minerali non sono una panciuca universale per guarire tutt’i morbi di cui è afflitta l’umanità, e nacque anche l’idea, che la mancanza de’ comodi alla gente aguita non avvezza a sta- re sotto le tende, allorchè il Casino è pieno di forestieri, sia la causa ch’in altri si ravvisa. Sia per l’uno, che per l’altro motivo pel lo doppio scopo di ren- dere un utile all’umanita, che per vantaggio della proprietà del Principe dall’Agente Generale nel 1829 si fecero anallizzare le acque minerali di S. Cataldo dal Dottor Chimico d’Avigliano D. Raffaele Velliosi reputato il migliore della Provincia, e dal Dottor Fisico D. Michele Scalese di Barile, e nell’istesso tempo dall’Ingegniere Locuratolo si fece fare altro progetto per mag- gior comodità, e spazio degl’infermi. Dall’analisi fattane risultarono termali le acque del bagno su- periore e semi termali quelle del bagno inferiore pregne ambedue di gas, ossia di fluido aeriforme, ed altro, e si descrissero le ma- lattie curabili da siffatte acque. S’inseriscono qui tanto la pianta del nuovo progetto de bagni, che quella dell’Albergo ossia Casino, unita alla relazione chi- mica-medica sulla natura, ed efficacia medicinale delle previ- tate minerali acque. Vedi pagine 109 a 119. Riportati nel catasto sotto lo stesso articolo vi gravita l’impo- nibile di ducati______18.00 In S. Cataldo ancora vi sono numero 4 molini, ed una valchiera, la quale era diruta, come lo sono ancora due di essi molini. Con istromento de’ 12 Ottobre 1827 furono i predetti due molini ma-

116 cinanti affittati a tutto Agosto 1835, a Donato, e Vito Nicola fra- telli Rinaldi alias Marchese, e Gerardo Canciello coll’obbligo agli stessi di riedificare la valchiera, a loro spese senz’aumento d’estaglio durante l’affitto; sotto pena d’una multa di ducati 100 = Una tale macchina è stata ristaurata. Pagano annualmente di grano tomola 5, ed in costante duca- ti______160.00 Sotto lo stesso articolo del catasto vi gravita l’imponibile di du- cati______84.00 Vi è ancora a pochi passi della Cappella di S. Cataldo un bras- sicale di castagne dell’estensione di tomola 1 1/2, e che confi- na con una viottola, che mena al Casino da una parte, e dall’altra colla Difesa di Sciamoricchio. Serve il detto brassicale per nu- trire uno specioso castagneto del Signor Principe sito alle Casine, del quale si parlerà a suo luogo. CASTAGNETO ALLE CASINE Sito su di due colline da una parte delle quali si scende nella fiumara di Baragiano nel luogo detto, Acqua del Barone, e da due altri lati confina con i territorij del Signor Principe, e col- la strada ancora, che da S. Sofia mena a Bella, pel quarto lato. É dell’estensione di tomola 144. In fruttuosamente il Signor Principe vi aveva fatto piantare 29331 piante dal 1817 al 1824 e vi aveva speso durante la detta epo- ca ducati 1198. 53 1/2 oltre le piante messevi, e la spesa occor- sa dal 1824 al 1827. Dall’Agente Generale si pensò di farvi fare una verifica alla qua- le assistette personalmente onde conoscere se il terreno fosse stato atto alla vegetazione, e projezione, e se il coltivo era sta- to fatto a regola d’arte per indagare i motivi del ritardo della produzione di siffatto castagneto. Si trovò dal perito esperto delle selve cedue, e de castagneti in

117 una con altre persone, ch’in alcuni siti il terreno era del tutto negativo per essere di natura argillosa, soggetto a soverchio cal- do in tempo estivo, ed a moltissime gelate nell’inverno; in al- tri siti si vide, che il terreno, era mediocre, e di natura appun- to come quello, che dal volgo si dice terrafonadata; e che gli al- beri nella contrada detta Acqua del Barone erano in più vege- tazione, ed in altri punti si osservò, che nel giro di anni quat- tro le piante si erano messe quasi a livello di quelle piantate da circa anni sette a dieci, e che l’estensione in qualche modo buo- na era ben poca, contenente appena 1500 piante sopra circa 50000. Che perciò ne risultò ch’il prodotto delle castagne in vece di ot- tenersi nel periodo di 12 anni, si avrebbe avuto dopo l’elasso di molti anni, ed in pochissima quantità. Ai sopra descritti inconvenienti si aggiungeva che i coltivi non erano stati eseguiti a regola d’arte, ne fatti a tempo debi- to, che lo svellimento delle piante non era stato fatto in età giu- sta, e matura, e che la puta non era stata eseguita nel mese di Aprile e quindi si scelse in continuazione di tal castagneto un luogo alpestre nel luogo detto Mancosa della Serra del Lago. Dell’estensione di tomola 40 per formarvi una selva cedua. Questo castagneto in oggi è ben altro; oltre la detta selva cedua già in vegetazione vi si sono piantate con pochissima spesa, co- me dai conti, trentaduemila piante. Vi esiste ancora un brassicale in vegetazione. Si diede dall’Agente Generale un regolamento per la buona riuscita del castagneto, ed in fatti lo stesso si rattrova in piena vegetazione, ed è di pie- na soddisfazione del Signor Principe. CASTELLO Sito nell’abitato della Comune di Bella in luogo elevato all’e- stremità della detta Comune, ed in un piano alquanto inclinato. È composto d’un cortile con due magazini, ed una stalla per set-

118 te cavalli. Nel primo piano v’è altro magazzino, ed un giardino in pendio. Nel 2° piano vi sono nove stanze, compreso un salone, ed una cucina. Il terzo piano fu demolito dopo le scosse de tremuoti. All’entrata del cortile vi sono due stanze, una alla sinistra, e l’al- tra a dritta dell’entrata, che sono affittate alla Comune per uso di carcere, e ciò per annui ducati______12.00 Vi è un orto in pendio di misure 7. Questo Castello si tiene per abitazione dell’Amministratore, e per riporre i grani, che si ricevono da coloni. È riportato nel catasto sotto l’articolo 1134 Torella Signor Principe coll’imponibile di ducati______20.00 Diagonalmente al detto Castello vi è a pian terreno un magazzino ch’è affittato a D. Donat’Antonio Pascale per annui duca- ti______7.00 con sinnalagmatica de’ 10 Luglio 1828. Accosto a detto Castello v’è una casa detta Torrione affittata ad uso di Ferreria per annui ducati______6.00 e confina col predetto Castello, e con Nicola Cardone. CASE DIVERSE Casa nel luogo detto Fosso, confinante con Giuseppe Pignataro, e con Graziano Graziano del fu Antonio. È affittata a Vincenzo Margiotta con atto in brevetto de’ 3 Ottobre 1827 rogato da Notar Bruno di Bella per annui du- cati______5.00 Riportato nel catasto all’articolo 1134 vi gravita l’imponibile di ducati______4.00 Comprensorio di case sito nel luogo detto Forno Nuovo affit- tato verbalmente dall’Amministratore a Salvadore Cutillo per annui ducati______15.00

119 Comprende numero 4 stanze, e confina con Vincenzo Petromile, e Michelangelo Panaro. Vi gravita l’imponibile di ducati______5.00 Altra casa che prima era forno, ed ora e per uso d’abitazione sita nel luogo detto il Castello affittata a Pasquale Caldano per annui ducati______5.00 Confina con Felice Mastrone, e Gennaro Massaro. Vi gravita l’imponibile di ducati______9.00 CASE ESPROPRIATE A BRANCUCCI Sono così denominate perché pervennero alla Casa di Torella dietro espropriazione forzata in danno dello stesso Brancucci: sono al numero di cinque stanze affittate. A Vito Antonio Martone per annui ducati______2.00 A Giuseppe Corso per annui ducati______7.00.15 Ad Antonio Gruosso per annui ducati______6.00 FORNI Sito nel luogo detto Salvedonne, e conosciuto in Amministrazione sotto il nome di forno alla Lavanga. Confina con Domenico fu Carmine Lioya e Lorenzo Celentano. Affittato a Saverio Gorga con istromento de’ 24 Novembre 1827 rogato da Notar Bruno di Bella per annui ducati______37.50 Riportato nel catasto sotto l’articolo 1134 Torella Signor Principe coll’imponibile di ducati______34.00 ALTRO Sito nel luogo detto Castello. Confina con Cesare di Michele Lioya, e D. Francesco Sansone. Affittato a Maria Sofia con atto in brevetto del dì 8 Ottobre 1827 per Notar Bruno di Bella per annui ducati______11.00 Riportato nel catasto come sopra vi gravita l’imponibile di ducati______11.00

120 ALTRO Conosciuto in Amministrazione sotto il nome di forno al Muriello, perché sito nella contrada così denominata. Confina con Felice fu Lorenzo Mastrone e Gennaro Massaro. Affittato a Donat’Antonio Pascale con sinnallagmatica de’ 10 Luglio 1828 per annui ducati______7.20 Riportato nel catasto come sopra vi gravita l’imponibile di ducati______9.00 ALTRO Sito nel luogo detto al di sopra della Piazza e conosciuto in Amministrazione colla indicazione di forno sotto la Cappella de’ Morti. Confina con Giuseppe di Domenico Doino ed il Monte de Morti. È affittato a Vito Tarantino con istromento de’ 7 Settembre 1828 rogato da Notar Bruno di Bella per annui duca- ti______6.00 Riportato nel catasto sotto lo stesso citato articolo coll’imponibile di ducati______11.00 N.B. Il forno Nuovo è affittato ad uso di casa a pagina 59. GUALCHIERA Sita nel luogo detto Castelluccio. Confina con la Badia di Pierno; e con Canio Bitacola. Con istromento de’ 5 Ottobre 1827 rogato da Notar Bruno di Bella fu affittata a tutto Agosto 1833 a Giuseppe, e Michelangelo Panaro per annui ducati 20 e con atto in brevetto de’ 12 Decembre 1827 redatto dallo stesso Notajo, riconobbero essi l’arretrato da me- desimi dovuto a tutt’il 1815 di ducati 43 che si obbligarono di pagare metà in Giugno del 1829, e metà in Gennaio del 1830 Riportato nel catasto sotto l’articolo 1134 Torella Signor Principe, vi gravita l’imponibile di ducati______16.00

121 MOLINI VICINO L’ABITATO Sono al numero di due, siti nel luogo detto Canale. Come ap- pare dalla pianta della Levata, che qui s’inserisce. Vedi pagina 120. Sono affittati a Lorenzo Franco, e D. Nicola Santarsiero con istro- mento de’ 13 Decembre 1827 rogato da Notar Bruno di Bella per annui ducati______197.45 Confina il primo cioè quello della parte superiore con lo stes- so Principe, e Vincenzo Tiriello, ed il secondo cioè quello del- la parte inferiore confina anche col Principe di Torella, e Cataldo Massaro. Vi gravita l’imponibile per ciascun molino di ducati 120 = cioè per entrambi ducati______240.00 Sono riportati nel catasto all’articolo 1134 Torella Signor Principe. TERRITORIO DETTO ISCA COMPRATA Prende una tal denominazione dall’acquisto ne fece il Principe di Torella dal Signor Duca di Sovene di . Fu soggetto questo territorio a disputa nel 1812 giacchè i bel- lesi opinavano che facesse parte di Platano, e che fosse situa- to nel demanio comunale: i Periti essendo stati discordi di parere, il Signor Commissario Ripartitore Masci con decisione de’ 26 Giugno 1812 disse che vista la perizia de’ 19 Maggio det- to anno sul disparere tra i Periti, se Isca Comprata avesse o no fatto parte di Platano, e considerando doversi rispettare il possesso nell’ex Barone, ogni altro dritto della Comune se gli competeva dovesse esperimentarlo ne tribunali ordinarj, ed è perciò, che il detto territorio rimase interamente al Signor Principe. È dell’estensione di tomola 158 seminatorio. Confina con Antonio Grieco di Lorenzo, con Antonio Fuccella,

122 con Aniello Alvino, e con Carmine Angrisani. È affittato a D. Gerardo Pepe di Muro a tutto Agosto 1833, con istromento rogato da Notar Bruno di Bella per annui ducati_206.00 Riportato nel catasto sotto l’articolo 1134 Torella Signor Principe coll’imponibile di ducati______268.00 MASSERIE i cui affitti oltre a quelli già indicati sono stati as- sicurati dall’Agente Generale con pubblici istromenti rogati dal Notar D. Michelangelo Bruno di Bella tra l’anno 1827 e 1828 sic- come qui sotto si ravvisa, ed i cui terreni principiando dal bo- sco di S. Sofia costeggiando ancora la parte superiore della fiu- mara di Ruoti da un lato, e dall’altro toccando le colline teni- mento di Bella vanno a terminare al Martiniglio passando per le Cesine, e la Cappella di S. Antonio de’ Casaleni di pertinenza del Signor Principe di Torella nella quale a spesa de coloni vi si celebra la S. Messa ne dì festivi. Terminiamo tali affitti ai 31 Agosto 1833. Questi terreni sono in una continuazione senza distinzione di confinazione fra loro, ed hanno l’estensione di tomola 4400 Riportati nel catasto sotto l’articolo 1134 Torella Signor Principe, vi gravita l’imponibile di ducati______4163.40 PESI Vi gravita su quest’Amministrazione un canone di annui ducati 31.14 depurati del decimo che si pagano alle Venerabili Cappelle del Sagramento, di S. Maria delle Grazie, di S. Croce, del Rosario, e S. Rocco per interesse al 5 per % su ducati 692 capitali, e prez- zo di alcune vacche, che a tali Reverende Cappelle si appartenevano, e che furono comprate dagli antenati del Signor Principe giusta l’istromento di Notar D. Guglielmo Pinto di S. Fele.

IMPORCHIA Nella pianura tra Atella, e Rionero, e propriamente al pendio

123 della stessa in un vallone è sita la detta Imporchia per la Masseria de Neri del Signor Principe. È dell’estensione di tomola 16, e misure 12, cioè tomola 5 di sal- do, tomola 2.10 compongono il sito le grotti, strade, ambito e letto del vallone, e tomola 9.02 sono di territorio censito dal ter- ritorio di Atella. Confina col territorio di Lorenzo Contessa, con quelli del Reverendo Capitolo di Atella, e con l’aia e masseria di D. Tommaso d’Andrea; col Regio Tratturo detto di Venosa, e fi- nalmente con la fontana detta dell’Imperadore. Quando piacque al Signor Principe di sgravarne l’Amministrazione di Ripalta in Provincia di Capitanata, e pas- sarla in Basilicata al 1° Decembre 1827 era di 840 Neri, ora pro- gredisce con altre regole, e sotto buoni, e soddisfacenti auspicj.

124 CAPITOLO II GLI APPREZZI E LE PLATEE DELL’ARCHIVIO CARACCIOLO DI TORELLA E LA BASILICATA

La famiglia Caracciolo di Torella e la Basilicata

La famiglia Caracciolo di Torella possedette per lungo tempo territori posti nella parte settentrionale della Basilicata, in particolare nella zona del Vulture-Melfese. Il primo esponente di casa Torella a legarsi alla Basilicata fu Domizio Caracciolo, che nel 1550 comprò la terra di Torella e il feudo di Girifalco per 31mila ducati. Dieci anni dopo con un diploma di Filippo II divenne conte. E già nel 1638 l’erede di famiglia Giuseppe, divenne Principe di Torella, con un privilegio di Filippo V.1 Infatti fu proprio questo Domizio che nel 1596 acquistò dal Principe di Avellino le terre di Bella e Baragiano2 e a soli due anni da questo acquisto Domizio divenne marchese di Bella.3 È dopo circa cinquant’anni dalle prime acquisizioni che un altro espo- nente di casa Caracciolo prese possesso di un altro territorio. Giuseppe Caracciolo acquistò nel 1643 Ripacandida e Monteverde per 32mila ducati dal Principe di Caramanico D. Bartolomeo d’Aquino.4 Oggi soltanto la prima rientra nel territorio della Basilicata, ma quando nel 1643 Giuseppe Caracciolo le acquistò il loro destino era comune. Intorno alla metà del XVII secolo si devono le acquisizioni più rilevanti fatte dalla famiglia in Basilicata. Si iniziò nel 1643, sempre con Giuseppe Caracciolo e il Principe di

1 ASN, ACT, 1/15. 2 Idem, 25/4. 3 Idem, 1/11. 4 Idem, 220/63.

125 Caramanico, con l’acquisto di Rapolla e del Casale di Barile per 40mila du- cati5 con tutti i diritti annessi ovvero prime e seconde cause, bagliva, por- tolania e zecca. Nel 1647, poi, si passò sempre con Giuseppe all’acquisto di Atella con il suo Casale di Arenigro, poi Rionero, per 56mila ducati dal Principe d’Ascoli Carlo Filomarino. Ma il riconoscimento ufficiale dell’acquisto ar- rivò solo nel 1663,6 perché l’acquisto fatto regolarmente sub hasta S. Consilij non fu registrato nei quinternioni per il fatto che c’erano ancora alcune pre- tensioni del Regio Fisco, in particolar modo nei riguardi del casale di Rionero. Quest’ultimo infatti era stato eretto senza licenza della Regia Camera, la quale pretendeva la multa dal possessore. Il riconoscimento uf- ficiale giunse attraverso l’executoriale Regio del Re Filippo in cui venivano rese note condizioni e prezzo di acquisto. Dopo Giuseppe è Marino Caracciolo, duca di Parete, che proseguì queste acquisizioni entrando in possesso nel 1677 di Lavello venduta dal Principe di Minervino Muzio Pignatelli, con il trasferimento del titolo di duca di Parete a quello di Lavello.7 Anche l’acquisizione di questa terra si dimostrò piut- tosto prolungata perché Lavello fu messa in vendita dal Sacro Consiglio nel 1674 e come si è visto, solo nel 1677 Marino Caracciolo ne entrò in posses- so. Infatti Marino da una parte mise in vendita il suo possedimento di Parete, dall’altro si propose per l’acquisto di Lavello. Così, se la vendita di Parete fosse andata in Maggiorato al Principe di Avellino, Marino poteva tra- sferire il Maggiorato e le ipoteche su Lavello. In questo modo Marino si cau- telava in quanto se la vendita di Parete non fosse riuscita anche l’acquisto di Lavello sarebbe stato annullato. Una nuova acquisizione si ebbe nel 1698 quando il figlio di Marino, Giuseppe Caracciolo duca di Lavello, oltre ad ereditare il già consistente pa- trimonio di famiglia, ormai tramandato di generazione in generazione con

5 Idem, 182/6. 6 Idem, 124/17. 7 Idem, 1/22.

126 tutti i suoi titoli connessi, acquistò dal Principe di Piombino le due città di Venosa e Conza8; due città di una notevole rilevanza come la storia prece- dente e futura avrebbe dimostrato. L’ultimo territorio in ordine di tempo acquisito dalla famiglia sembra essere Ruvo della Montagna nel 1764 o per meglio dire al primo pagamen- to di 395409 ducati che solo dopo quattro anni portò il Principe di Torella Giuseppe Caracciolo alla compra della detta Terra. Dopo Ruvo della Montagna non si ha notizia di altre acquisizioni, anche se è ipotizzabile che per un motivo od un altro la famiglia Caracciolo di Torella si sia legata ad altri comuni della Basilicata, come può essere il pos- sesso di piccole proprietà che ebbero in località diverse o il fatto che molti degli attuali comuni non erano che piccoli agglomerati o comunque dei ca- sali che dipendevano dal più vicino e grande centro.

Gli Apprezzi e le platee come fonte per la ricostruzione del paesaggio e della “forma urbis” medievale degli insediamenti del Vulture

In origine le platee erano la raccolta dei privilegi e delle prerogative del- la monarchia castigliana fatte dal re Alfonso XI. Successivamente il nome fu esteso ad indicare gli elenchi dei beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o signorili, ricca fonte di notizie per lo studio della storia eco- nomica. L’uso di tali elenchi rimonta all’epoca romana.10 Mentre per quan- to riguarda il Regno di Napoli questi elenchi cambiano nome diventando apprezzi, cioè la stima dei beni per la formazione dell’onciario o del catasto.11 In buona sostanza gli apprezzi sono documenti di tipo economico legati al- la vendita di un feudo che permettono di costruire la storia sociale, artisti-

8 Idem 222/27. 9 Idem, 226/1. 10 Lessico Universale Italiano, Parigi 1969, Vol. III. 11 Idem, Vol. II.

127 ca e religiosa collegata a quel territorio.12 Gli apprezzi venivano redatti per operazioni economiche, fallimenti o estinzioni familiari ma per la maggior parte in occasione della vendita del- la città, ed in essi veniva descritta la città stessa, con le vie i suoi edifici più importanti, i luoghi di una certa utilità sociale come forni, botteghe e fon- tane, per lo più finendo con una stima in denaro della città e del suo terri- torio. Essi venivano stilati dai cosiddetti Tavolari Regi, alti funzionari appartenenti ad un corpo speciale del Sacro Regio Consiglio.13 Per quanto riguarda il periodo tardo antico o quello medievale si sa ben poco o quasi nulla della struttura urbana di queste cittadine della Basilicata. Delle strutture urbane di quei secoli sono rimasti pochi episodi isolati ed è quasi impossibile ricostruirne la totalità: sono disponibili scarsi dati sicuri e collocabili cronologicamente, con un minimo di certezza.14 Se a questo si aggiunge la scarsa presenza di fonti documentarie attendibili, la situazio- ne si fa sempre più complicata. Ma grazie agli apprezzi e alle platee risalenti all’epoca moderna, fa- cendo un percorso a ritroso nel tempo e con molta cautela, con l’ausilio di quei pochi documenti esistenti, si riesce a grandi linee ad arrivare ad un ri- sultato attendibile per la ricostruzione urbanistica, in quanto è molto diffi- cile che una città cambi notevolmente aspetto a meno che non cambi com- pletamente sito o sia soggetta ad un cataclisma. Infatti una costante fondamentale per lo studio della forma urbana è la permanenza di alcuni segni quali le strade, gli isolati urbani, i limiti in- sediativi naturali come un fiume, un versante o creati dall’uomo, come la cinta muraria. La permanenza di tali segni rappresenta una delle poche re- gole a cui fare riferimento, ancorché gli elementi che si manifestano sot- to forma di segni, arrivino a noi modificati nei materiali, nelle funzioni e nei dettagli formali.

12 G. Labrot, Quand l’histoire murmure, Ecole Francaise de , Palais Farnese, 1995, p. 3. 13 Idem. 14 M. Sanfilippo, Medioevo e Città nel Regno di Sicilia e nell’Italia Comunale, Messina 1991, pag 55.

128 Una via urbana potrà cambiare il tipo di pavimentazione, subire loca- lizzate variazioni morfologiche in seguito alla costruzione di nuovi tipi di fabbrica, o una cinta muraria, quanto questa ultima è ancorata al rilievo al- timetrico dopo un secolo, un millennio, se non intervengono altri fattori che generano effetti di grosso impatto sul tessuto urbano, hanno molte possibilità di conservare, in linea generale, il loro tracciato. Tale fenomeno viene chiamato dagli umanisti legge di persistenza del piano, per cui una città dopo un cataclisma, se non è spostata di sito o non interviene un piano di ricostruzione razionalizzante, praticamente si rico- struisce su se stessa, in genere rispettando i vecchi confini.15 Studiare l’architettura di un’epoca storica significa conoscere uno spac- cato della cultura, dell’arte, della tecnologia e della società. Infatti per la stesura di questo lavoro sono stati ricercati nell’ACT tut- te quelle notizie e quei documenti utili per la stesura della storia dei paesi soggetti alla famiglia Caracciolo di Torella. Nell’ACT sono presenti 11 documenti tra apprezzi e platee riguar- danti il Vulture-Melfese, quasi tutti redatti in occasione della vendita del- la città da un Signore ad un altro.

Originale: Platea generale dei territori appartenenti alla casa di Torella del 1835 (appendice) Copia autentica: apprezzo di Atella del 1615 stilato dal Grasso (documento n. 1) Copia semplice: apprezzo di Lavello del 1629 (documento n. 2) Copia semplice: apprezzo di Venosa del 1635 redatto dal Tango (documento n. 3) Copia semplice: apprezzo di Ripacandida del 1642 redatto dal Tango (documento n. 4)

15 M. Sanfilippo, op. cit., p. 11.

129 Copia semplice: apprezzo di Atella del 1642 stilato dal Tango (documento n. 5) Copia semplice: apprezzo di Lavello del 1668 redatto dal Tango (documento n. 6)16 Copia semplice: apprezzo di Ripacandida del 1693 redatto dal Galluccio (documento n. 7) Copia autentica: apprezzo di Venosa del 1696 (documento n. 8)17 Copia autentica: apprezzo di Venosa del 1713 redatto dal Di Gennaro (documento n. 9) Copia apprezzo: di Ruvo del 1740 redatto dal Caputo (documento n. 10)

Un’altro motivo che ci fa percepire l’importanza di questi documenti risiede nel fatto che, la maggior parte di essi, fu stilata nel periodo compreso tra due dei più disastrosi eventi tellurici a cui fu soggetta la Basilicata: quello dell’5 dicembre 1456 e quello dell’8 settembre 1694. Per quanto riguarda i paesi del Vulture-Melfese è possibile tracciare del- le linee generali riguardanti la struttura degli abitati. Arroccati sulla cima del- le alture si snodano su uno dei pendii della stessa, circondati da torrenti e fiumi ai piedi dei rilievi, e trovano nel castello e nella chiesa madre i poli dai quali si dipartono le strade più importanti. Infatti nel medioevo i cantieri nei quali si investivano le maggiori risorse e che vedevano la partecipazione delle maestranze più qualificate erano quel- li della cattedrale e del castello. Il castello all’epoca era legato ad una funzione vitale: la difesa e il con- trollo di un’area geografica o di un regno. Esso veniva eretto spesso al limite

16 Anche in A. Capano, Venosa Lavello Spinazzola Minervino in età moderna, Tarsia n. 1, , 1998, pp. 71-81. 17 Anche in A. Capano, Note storiche su Venosa in margine ad un apprezzo del 1696, in Bollettino Storico della Basilicata n. 7 del 1991, p. 33 e sgg.

130 della cinta muraria, ad esempio Venosa, perché veniva considerato un ele- mento di difesa per la città ma anche un simbolo accentratore che limitava l’autonomia della popolazione. Per svolgere tale ruolo si sceglieva una posizione topografica soprae- levata che consentisse di poter osservare dall’alto un vasto territorio. Il ca- stello doveva trovarsi, inoltre, ad una distanza ragionevole da un altro per poter osservare e codificare i messaggi di fumo di giorno, e fuoco di notte provenienti da quest’ultimo e che servivano a trasmettere informazioni da un luogo ad un altro. Un’opera fortificata entrava, dunque, a far parte di una rete di punti di vedetta che assolveva al compito fondamentale di garantire il controllo e la difesa militare. Per tale ragione essi sorgevano nelle vicinanze di una stra- da, di un fiume o di un confine. Ma il castello costituiva anche la ragione di esistere di una città. Il ca- stello beneficiava da una parte della collaborazione dei cittadini nell’orga- nizzazione della difesa, dall’altra della resistenza delle mura di cinta alle sol- lecitazioni offensive delle truppe assedianti. Quando il castello e la cinta mu- raria si integrano e costituiscono un unico sistema di difesa urbana, allora la città nel suo complesso era difficilmente espugnabile. Per quanto riguarda il territorio del Vulture il fenomeno dell’incastel- lamento trova il suo pieno sviluppo in età normanna tra l’XI e il XII secolo. La tipologia più ricorrente è la torre, quella cosiddetta a donjon, ossia tor- ri a pianta quadrata di lato variabile, che si articolavano su due o tre livel- li fuori terra, più un piano seminterrato, in cui era ubicata la cisterna. In quest’area, purtroppo, la gran parte della strutture di epoca normanna col tempo o viene distrutta o inglobata dai nuovi corpi di fabbrica. A partire dal XIII secolo l’impianto castellano si perfeziona dal punto di vista dei criteri distributivi degli spazi. La torre-castello viene circonda- ta da corpi di fabbrica che si sviluppano in maniera concentrica. Pertanto a partire dall’epoca federiciana una nuova concezione architettonica e mili- tare prende piede. Il castello si articola intorno ad uno spazio centrale,

131 questa volta non costituito da un volume, quale la torre, ma da una corte che diventa l’elemento connettivo tra i corpi di fabbrica che la delimitano. Spesso vicino al castello o al palazzo del signore, era costruita la catte- drale, ad esempio a Lavello, in modo da far diventare anche questo edificio il simbolo di un altro potere con il quale il cittadino si doveva confrontare. La cattedrale rappresenta l’elemento cardine del tessuto urbano, il ful- cro dal quale si diparte ogni elemento della città. La centralità dell’edificio sacro nell’ambiente urbano corrispondeva alla centralità che la teologia e la spiritualità avevano nell’ambiente sociale. La cattedrale diventa il simbolo della città che la ospita e dona ad essa prestigio e ricchezza. La cattedrale dun- que diventa anche simbolo di difesa ubicata in posizione strategica quan- to un edificio difensivo. Nell’area del Vulture-melfese, le cattedrali sono state oggetto, da par- te dei vari signori feudali o delle comunità religiose in esso insediate, di con- tinui restauri o ampliamenti, in alcuni casi ristrutturate sia nell’impianto pla- nimetrico che nel disegno architettonico, sconvolgendo irreversibilmente la facies originaria. Ma la facies territoriale della Basilicata era caratterizzata non solo dal- le grandi città ma anche da piccoli villaggi, detti casali. Essi erano nati per lo più nel corso dell’XI secolo, erano insediamenti demici di piccole dimensioni, provvisti, ad esempio Monticchio dei Normanni, o sprovvisti, ad esempio Maschito, di una cinta muraria, di solito ubicati vicino ai paesi più popolati dai quali dipendevano. Avevano una struttura abitativa con una tipologia costruttiva molto semplice.18 La loro maggiore possibilità di sopravviven- za durante un assedio nemico, era data dalla presenza e resistenza passi- va di una fortezza, presente all’interno dell’abitato magari in posizione de- centrata, e sulla preparazione all’arte militare delle guarnigioni ivi alloggiate.

18 A. Pellettieri, Castelli e nuclei demici della regione del Vulture tra Normanni, Svevi e Angioini, in Castra ipsa possunt et debent reparari, Atti del Convegno Internazionale di studio promosso dall’Istituto Internazionale di Studi Federiciani Consiglio Nazionale delle Ricerche, Castello di Lagopesole, 16-19 Ottobre, pp. 41-57.

132 La loro importanza, spesso, risiedeva nell’essere centri sui quali si basa- va lo sviluppo agricolo, quindi economico, della città da cui dipendeva- no. Ma la grave crisi demografica che attanagliò l’intera Europa non risparmiò certo queste contrade che si spopolarono, provocando in molti casi la mor- te di questi casali. Dopo questa panoramica generale delle strutture urbane degli abitati del- l’area Vulture-Melfese, passiamo allo studio particolareggiato dei vari paesi.

Atella

La terra di Atella (Tav. 1) nacque e progredì in un momento in cui l’in- tero Regno di Napoli viveva una fase di crisi profonda da ogni punto di vi- sta: denatalità, mortalità infantile, guerre ed epidemie, quali la peste. La data di rifondazione della città è quella del 1330 fissata dalla tradi- zione storica19. Nel giro di pochi anni Atella divenne la terra più grande e più popolata della Basilicata raggiungendo il massimo sviluppo nel 1400, assunse la funzione di “capoluogo” della Valle di Vitalba assolvendo tutti i compi- ti di centro coordinatore di quella zona con il dovere di ridare una nuova sta- bilità politica ad una zona che per troppo tempo aveva subito usurpazioni e violenze da parte dei feudatari locali.20 La sua struttura urbana è caratterizzata da alcuni tratti che si ritrova- no in tutte le città di fondazione. Presenta una cinta muraria lunga circa 2 Km e mezzo, su cui si aprivano quattro porte di accesso denominate Porta Melfi o Porta del Capo, Porta Potenza o Porta di San Leonardo o la Fontana, Porta Napoli o Porta di Piedi e il Portello, che venivano a nascere alle estre-

19 G. Fortunato, I Feudi e i Casali di Vitalba ne’ secoli XII e XIII, Trani 1898. 20 A. Pellettieri, Dai casali della valle di Vitalba alla nascita della Terra di Atella: territorio, storia feu- dale, sviluppo urbano e sociale tra medioevo ed età moderna, in Dal Casale alla Terra di Atella. Venosa, 1998.

133 mità di due strade principali che formavano una croce suddividendo la città in quartieri ben squadrati. 21 “…All’entrare di detta Terra, quando si và da Melfi, si ritrova una porta, che è la principale vicino il Castello, quale corrisponde ad un’altra dove si và a Santo Fele, ed altri luoghi, e dalla parte di Oriente si ritrova un’altra porta per la quale si và a Potenza, ed altre Terre, la quale corrisponde ad un’altra porta verso Occidente, da dove si và alla Città di Napoli, ed altre Terre. Dentro poi la detta Terra di Atella vi sono quattro strade principali larghe, magnifiche, e piane, per le quali si può andare con Carozza, come quasi per tutta la maggior parte dell’intiero territo- rio, oltre altre strade per dentro similmente piane. E caminando da detta strada prin- cipale, si và ad incontrare la piazza, quale è molto grande, e quadra, ornata con tre piedi grandi di olmi, ed intorno vi sono molte tittate, sotto le quali si può andare, e starvi, ed in particolare serveno per boteche di Mercanti nelli tempi delle Ferie…”22 Il punto centrale della città è rappresentato dalla Piazza Grande, det- ta anche dell’Olmo, dove di solito si svolgevano i mercati, sorgeva l’edifi- cio politico-amministrativo più importante, si affacciava la Chiesa Madre23. Sulla via principale nascevano le botteghe e le case degli artigiani e si svol- gevano tutte le operazioni economiche più importanti.24 Nella parte nord della cinta muraria vi era un castello, che oggi purtroppo si presenta in un pessimo stato di conservazione ed andrebbe completamente restaurato. Ma una fonte del 1615 ci offre la descrizione in ogni suo particolare: “…Avanti, che si entra in detto Castello, quale è monito di fossi con quattro Torrioni intorno, si ritrova un largo detto la Cittadella murata, et si entra da un pon- te di tavole a levatura, sopra il quale vi è una porta con le arme del detto Signor Principe, e caminando si ritrova un’altra porta con la guarda porta, con Cortiglio e due ci-

21 M. Saraceno, Considerazioni su “La capitolazione di Atella del 1496 –Nota cronologica” di G. Racioppi, in “Radici” 9, 1991, p. 119. 22 ACT, ASN, Apprezzo di Atella del 1615 (Documento 1). 23 A. Pellettieri, Ubicazione dedicazione delle Cattedrali lucania dalle origini al XII secolo, in “Città Cattedrali e Castelli in età normanno-sveva: storia territorio e tecnica di rilevamento”, a cura di A. Pellettieri e N. Masini, Tarsia 19 numero speciale, Rionero in Vulture 1996, pp. 31-48. 24 A. Pellettieri, Dai casali della …, op. cit.

134 sterne atte a tener acqua, et in piano di detto Cortiglio una cocina grande con for- no, con una dispenza, et saglituro, che serve per portare le vivande coperte sopra il Castello, con stalla grandissima con le balaustri intorno. Vi è un’altra stalla appresso in piano, dai lochi da tener paglia, e nel medesimo Cortiglio dall’altro lato si ritro- va un Cellaro, et tre altre stanzie terrane, in una delle quali vi è un forno grande per cocere il pane, et un’altra porta dalla quale si và alla Cittadella per ponte, et sagliendo per una grata si ritrova una loggetta coverta, da dove si entra in uno salone, et una cappella in piano di detto Salone, et da un braccio si ritrovano quattro camere in pia- no, et in fronte de detto salone un’altra camera a lamia dentro uno di detti Torrioni da un altro lato di detto Salone, si ritrova un camerone con una loggia coverta, qua- le si chiama belvedere. In capo della quale vi è una cammeretta, et appresso segue un’altra Sala, la quale serveria per l’altro abitamento, et sequitando detta Sala, si ritrovano sette altre Camere in piano, quale Castello ut supra descritto, hà bisogno di alcune reparazioni, et saria habitazione molto comoda…”25. Atella era dotata di chiese sia all’interno della cinta muraria che nel ter- ritorio extraurbano. La chiesa di S. Nicola, oggi sconsacrata e sede della bi- blioteca comunale, la Chiesa Madre, dedicata a Santa Maria che oggi si pre- senta con una struttura ad una sola navata, e S. Eligio, oggi non più esistente, dividevano la città in tre giurisdizioni parrocchiali affidate a tre diversi or- dini: i francescani26, i domenicani27 e gli agostiniani. Le loro comunità nascevano molto distanti fra di loro e in tre diverse circoscrizioni parrocchiali in mo- do tale da avere un campo d’azione ben suddiviso visto che vivevano di ele- mosina e predicazione garantendosi così la loro sopravvivenza.28 Le altre chiese nascevano sulle strade principali: la chiesa di S. Caterina, la chiesa di S. Benedetto e dello Spirito Santo, la chiesa di S. Giovanni Battista.29

25 ASN, ACT, Apprezzo di Atella del 1615 (documento n. 1) 26 E. Bertaux, I monumenti medievali della Regione del Vulture, in “Napoli Nobilissima”, supple- mento, anno VI 1897, pp. XVII-XVIII. 27 L. Guglielmo Esposito O.P., I domenicani in Basilicata. Ricerche e documenti, in AFP, pp.391-392 28 A. Pellettieri, Dai casali della…, op. cit. 29 Idem.

135 Atella, inoltre, annovera la presenza di alcuni importanti monasteri tra cui quello femminile di S. Benedetto che il tavoliere Honofrio Tanga definisce: “…an- tichissimo… il quale è loco grande con giardino cinto d’alte mura. In piano vi è uno claustro coverto intorno in piano vi è il refettorio, cocina dispensa et altre stan- ze per comodità e per grada di fabrica si sale a due dormitorij, dove sono più ca- mare capaci al numero di 33 Monache coverte con tetti…”30. Rimane da segnalare la Chiesetta di San Martino situata nei pressi del Castello vicino il Palazzo Badiale e la Chiesa di Santa Maria di Pierno31 che le fonti non permettono di ubicare.32 Nel territorio extraurbano sono elencate la chiesa con l’annesso convento di S. Maria degli Angeli, S. Maria di Pierno e S. Maria di Vitalba, di cui par- leremo nei paragrafi seguenti. A differenza di altre città, Atella si sviluppò fino alla fine del XVI secolo incurante di tutti i problemi che invece attanagliavano il Regno.

Baragiano

Alla confluenza nel Platano delle fiumare Isca e Marmo sorge Baragiano arroccato su una collina rocciosa a forma di triangolo e circondato da montagne. L’origine del suo toponimo è da far risalire al medioevo, esso stava ad indicare il barragium cioè il diritto di pedaggio che era pagato alle barre di una città, o ponte o via sbarrata dal feudatario al transito delle greggi o dei mercanti. Da barragium è derivato Barragianum in significato di luogo pro- prio o destinato a pagare il pedaggio. A questo Barragiano pagavano il pas- so le greggi che dalla valle del Sele risalivano ai pascoli degli Appennini, det-

30 ASN,ACT, Apprezzo di Atella del 1642 (documento n. 5) 31 V. Verrastro, Il santuario di Perno fra XVI e XVII secolo, in “Concilio di Trento nella vita spiri- tuale e culturale del Mezzogiorno tra XVI e XVII secolo”, Atti del Convegno di (19- 21 giugno 1986), a cura di G. DE ROSA e A. CESTARO, Venosa 1988, pp. 593-616. 32 A. Pellettieri, Dai casali della…, op. cit.

136 ti i Foi, tra e Potenza. A testimonianza di tale fatto, vicino al paese vi è un piano detto proprio Piano della Dogana,33 la cui presenza è testimoniata dai seguenti passi: “Case rustiche numero due, e cortile con 4 soprani diruti, nel luogo detto Dogana Vecchia, e che in tempo della giurisdizione servivano per uso di dogana dell’esten- sione misure 4.”34 Ed ancora: “Sito dirimpetto le fabbriche dirute della Dogana Vecchia di cui di sopra si è parlato, frammezzandosi la via pubblica, che da Bella conduce a Baragiano.”35 Non è semplice ricostruire la sua storia urbana in quanto non vi è un continuum storico, ma solo nomi di feudatari o notizie di tassazioni che non permettono di avanzare nessuna ipotesi. Uno dei suoi Feudatari fu Riccardo di Santa Sofia che nel 1187 raccoglieva truppe per esigenza della III crociata tra i suoi feudi di Baragiano, Santa Sofia, Marmo e Muro.36 Nella Cedula taxationis, cioè nel registro delle tasse, Baragiano compa- re nel 1275 per un ammontare di once 4 tarì 25 e grana 4.37 Per quanto riguarda la diocesi di appartenenza, Baragiano era sottoposta nel 1310 alle pertinenze del Vescovo di e venne tassata dalla Camera Apostolica per 7 tarì essa aveva una pieve ovvero un’arcipretura.38 Ma dopo solo 14 anni essa è sotto la pertinenza del Vescovo di Potenza quan- do venne tassata per 7 tarì e 10 grani.39 A dominare l’abitato di Baragiano nel medioevo vi erano la Chiesa Madre ed il Castello da cui si diramavano le varie strade.

33 G. Racioppi, Popoli della Lucania e della Basilicata, Matera 1970, Vol II, p. 36. 34 ASN, ACT, Fasc. 52 Inc. 15, Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835 (appendice al capitolo primo). 35 Idem. 36 E. Jaminson, Catalogus Baronum, Roma 1972, n. 472. 37 Registri della Cancelleria Angioina ricostituiti…, XIII, Napoli 1959, p. 310. 38 Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, -Lucania-, Città del Vaticano 1939, p. 155. 39 Idem, p. 170.

137 Non è possibile stabilire la dedicazione medievale della Chiesa Madre, oggi intitolata all’Assunta, in quanto le prime notizie sul cristianesimo a Baragiano risalgono al XVI secolo quando furono redatti i primi registri par- rocchiali e composte le iscrizioni della cappella dell’Annunziata.40 Baragiano era divisa nei quartieri Chiesa-Castello, Sant’Angelo e Dietro Barile, notizia ricavabile dal catasto conciario del 1753.41 Notizia che fa pensare che anche nel medioevo vi era questa divisione. Si può presumere che la città fosse cinta da mura, notizia ricavabile da una visita ad limina del 1679, nella quale si parla che Baragiano aveva in quel- l’anno tre cappelle poste extra et intra moenia.42 La presenza del Castello è testimoniata in un documento delle fonti ara- gonesi, vol. III del Quaternus Sigilli pendentis di Alfonso I (1452-1453)43 in cui si parla di un castello ubicato nella parte alta e dominante dell’abitato di cui si scorgono i ruderi di una massiccia costruzione a forma rettangolare, le cui mura sono state costruite con pietre di arenaria a forma di parallelepipedo con incise alcune lettere greche, che fanno pensare alle mura pelagiche. Le stesse pietre furono usate per la costruzione del pianterreno ed il primo pia- no del campanile della chiesa.44

Barile

Situato su una collina in mezzo a due torrenti, Barile esisteva nel XII se- colo come casale di Rapolla. La più antica testimonianza pervenutaci è un breve pontificio di Papa Eugenio III del 1152 che elenca i casali e le parroc- chie comprese nella giurisdizione ecclesiastica del vescovo di Rapolla; tra

40 G. F. D’Andrea, Baragiano Sacra, in Baragiano, Muro Lucano 1983. 41 Idem, p. 30. 42 Idem, p. 39. 43 F. Lizzadro, La Storia di Baragiano, in Baragiano, Muro Lucano 1983, p. 289. 44 G.F. D’Andrea, op. cit, p. 38.

138 esse è nominata la chiesa di Santa Maria di Barile, con Casale.45 Certamente il casale era popolato da qualche tempo, visto che quel breve si richiama a precedenti sanzioni e conferme di pontefici a partire dal Alessandro III che fu Papa dal 1061 al 1073. La chiesa di Santa Maria è forse una delle tante Santa Maria di origine bizantina, che rimanda ad una prima fase di colonizzazione del territorio che vedeva intorno a cappelle subdivali aggregazione e raccolta di nuclei abi- tativi secondo il costume grecanico.46 Nella Platea Generale dei beni appartenenti al Principe di Torella rica- viamo la descrizione di un Palazzo, che probabilmente è la ricostruzione in forme ampliate della masseria di Federico II, della cui esistenza apprendiamo dallo Statutum de Reparatione Castrorum: “…composto di camere trenta sottani tre terrani 2 cantine 3 giardini due cioè uno di delizie ed un altro ortolizio dell’estensione entrambi di tomola tre..”47 Dal 1152 non ci sono più notizie di Barile e si deve arrivare al 1275 quan- do di nuovo compare in un registro angioino in cui è nominato un feuda- tario di Barile, un certo Taddeo che fu privato del feudo all’arrivo di Carlo I d’Angiò.48 Poi compare nuovamente in un documento del 1314, col quale Carlo, figlio di re Roberto, riconosce, ad istanza del vescovo di Rapolla Pietro, il di-

45 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani 1898. 46 S. Tranghese, Itinerario storico-critico sulle cripte vulturine, in Radici, rivista lucana di storia e cultura del Vulture, n. 5, 1990, p. 29. 47 ASN, ACT, Fasc. 52 Inc. 15, Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835 (appendice). 48 L. Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, ristampa anastatica Bologna 1987.

139 ritto di pascolo nella valle di Vitalba agli abitanti di Barile e Rionero.49 Dal breve di Papa Eugenio III passano circa centosessantadue anni nel corso dei quali di Barile non vi è traccia. Con il 1325 la Ecclesia casalis Barilis è nell’elenco delle dipendenze di Rapolla che pagano decime alla chiesa di S. Pietro a Roma.50 Infine il casale di Barile è citato dal vescovo Bernardo nella richiesta di fondazione di Rionero nel 1332 intorno alla chiesa di Sant’Antonio.51 Dopo quest’ultima notizia di Barile si perdono le tracce e non sappia- mo se soffrì le angherie del vescovo-feudatario di Rapolla o continuò a vi- vacchiare fino alla venuta degli albanesi, avvenuta tra la fine del 1477 e la primavera del 1478.52 Gli scuteriani, che lasciarono Venezia dove si erano rifugiati per man- tenere la loro fede religiosa, trovarono Barile quasi deserto, sebbene è pro- babile fossero ancora visibili le tracce di un preesistente insediamento uma- no. Ancora aggi una parte dell’abitato è chiamato scurdiani o scuteriani. E sono rimaste le loro prime abitazioni incavate nel tufo della collina.53

Bella

Caso isolato per quanto riguarda la struttura urbana dei paesi della Basilicata è Bella. Essa sorge su una dorsale tra due torrenti del bacino del Sele. È protetta da tre lati da montagne, l’unica parte aperta si trova a sud. Per questa sua particolare conformazione, in Bella si è sviluppato un cri- terio costruttivo basato sulla centralità di una torre, che veniva protetta sui

49 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani, 1898, p. 12. 50 Rationes decimarum italiane sec XIII e XIV, Citta del Vaticano, 1939. 51 G. Fortunato, Rionero Medievale, Trani 1899. 52 A. Pellettieri, Gli insediamenti albanesi nel territorio del regno di Napoli tra XV e XVII secolo, con- vivenza ed integrazione, in Annali della Facoltà di Letetre e Filosofia, 1992-1993, Potenza 1995. 53 Idem.

140 lati nord, est ed ovest da una cinta muraria e sul lato sud da una cortina di case. Ma a sbarrare ulteriormente la strada a chi veniva da sud vi era una collina su cui si costruì una torre di vedetta. Queste due torri erano quasi una di fronte all’altra.54 L’alto muro continuo che cingeva la torre racchiudeva un vasto spazio che fu chiamato Giardino del Castello. Nessun indizio porta a credere che il citato muro di cinta, detto del Giardino, si prolungasse ai lati e sul davanti. È evidente la funzione difensiva della case costruite davanti la facciata sud del castello e il saldarsi di essa ad est ed ovest alla cinta del Giardino, con la chiusura all’interno di un ampio spazio rettangolare, detto in segui- to Piano del Castello.55 Ma l’abitato di Bella fu sempre in continua espansione, espansione che possiamo leggere con l’esame delle tre diverse cinte di case, pressoché con- centriche, costruite a cingere la collina. Le direttrici di queste ultime ri- specchiavano un certo ordine: la strada a monte di ogni cinta faceva sì che le case di questa fossero intus, quella a valle era sempre extra moenia.56 Ogni cinta comunicava con l’esterno e con le altre per mezzo di porte, le quali, poste in punti nodali erano sempre in perfetta corrispondenza fra lo- ro. Ovviamente, vi erano case sotto e sopra l’arco di queste porte. I portelli del- l’ultima cinta, che era sempre la più recente, chiuedevano le vie di accesso al- la “Terra” ed erano spesso genericamente chiamati “Porte della Terra”.57 Il centro del paese si trovò da sempre all’interno della prima cinta; lì si collocarono il castello, il magazzino del grano, la corte Marchesale, un for- no ed una cisterna. Mentre a valle, sul torrente Pisciolo, vi era il mulino Baronale.58 Una bolla del 1442 attesta la presenza in Bella di una chiesa intitolata a San Michele Arcangelo, chiesa data in concessione dal vescovo di Muro, Giovanni

54 M. Martone, Incastellamento ed evoluzione urbanistica del centro storico di Bella, p. 21. 55 Idem, p. 31. 56 Idem, p. 32. 57 Idem, p. 34. 58 Idem, p. 37.

141 di San Felice, a don Enrico, a don Tommaso e al diacono Pietro. Ma dalla bol- la si evince che probabilmente questa chiesa è la chiesa di S. Angelo in Perni concessa da Papa Pasquale II alla diocesi di Muro, ed essendo egli Papa dal 1099 al 1118 potremmo affermare che essa è una chiesa medievale.59 Ma al periodo medievale potrebbero appartenere anche le chiese San Lorenzo, Santa Maria della Pietà, San Rocco, Santa Croce, San Pietro e San Nicola essendo questi santi martiri dei primi secoli del cristianesimo.60 Il castello, che in origine era soltanto una grande torre, nel 1567 venne ampliato da Agostino Rondone di Melfi, signore di Bella e del feudo di S. Sofia.61 Dalla Platea Generale ricaviamo un’utile descrizione di questo castello visto che per effetto dei terremoti esso crollò quasi del tutto62: “Sito nell’abitato della Comune di Bella in luogo elevato all’estremità di det- ta Comune, ed in un piano alquanto inclinato. È composto d’un cortile con due ma- gazini, ed una stalla per sette cavalli. Nel primo piano v’è altro magazzino, ed un giardino in pendio. Nel 2° piano vi sono nove stanze, compreso un salone, ed una cucina. Il terzo piano fu demolito dopo le scosse dei tremuoti. All’entrata del cor- tile vi sono due stanze, una alla sinistra, e l’altra a dritta dell’entrata, che sono af- fittate alla Comune per uso di carcere, e ciò per annui ducati 12.00”.63 Di notevole interesse risultano essere anche le piantine, di seguito riportate, del Casino e dei Bagni di San Cataldo (Tav. 2 e 3) che si trovavano nella Comune di Bella.64

59 Idem, p. 23. 60 Idem, p. 24. 61 Idem, p. 28. 62 Idem, p. 30. 63 ASN, ACT, Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835, (appendice al capitolo primo). 64 Idem.

142 Gaudiano

Per meglio conoscere la zona circostante Lavello in epoca medievale bi- sogna parlare del casale di Gaudiano. In località S. Paolo, non molto lontano dall’ex Masseria Fortunato, si so- no trovate le strutture murarie e resti ceramici di una villa romana risalen- te all’età imperiale.65 Quest’antica villa romana fra i secoli VI e VII si trasformò in massericia, cioè un importante centro di sviluppo agricolo ed economico.66 Ed è proprio in seguito a questo mutamento che sulla collina di Posta Scoscia sorse l’insediamento longobardo-bizantino su cui si fonderà la Gaudiano mediaevale. Grazie alla sua funzione di masseria, Gaudiano risulta uguagliata ad altre città di notevoli dimensioni sia come guadagni che come prodotti della terra. Paragonando i versamenti, che avvenivano almeno una volta a settimana, di una certa quantità di prodotti al Secreto Apulie su richiesta del sovrano del 1269 questo paragone viene posto in evidenza: infatti Gaudiano doveva ver- sare 100 pezzi di pane e 25 salme di orzo; 200 pezzi di pane , 4 salme di or- zo e 30 salme di vino da parte di Melfi; 1550 pezzi di pane, 40 salme di or- zo e 20 salme di vino da parte di Venosa.67 Un altro paragone si potrebbe fare con la città di Lavello. Infatti da un documento del 1270 si evince che la masseria regia di Gaudiano aveva prodotto 4 salme e 6 tomoli di biade, 67 salme e 2 tomoli di orzo, 72 salme di grano, 1 salma e 2 tomoli di fave. A differenza della masseria di Lavello che aveva prodotto 3 salme di biade, solo 39 salme di orzo (la metà rispet- to a Gaudiano), 53 salme di grano e 1 salma di fave.68 Il feudatario di questo casale era il vescovo di Melfi e, visto che nell’anno

65 M. Salvatore, Venosa: un parco archeologico ed un museo. Come e perché, Taranto 1984, p. 27. 66 M. Carretta, Gaudiano, in Radici, 11, 1992, pp. 101-135. 67 G. Fortunato, La badia di Monticchio, Trani, 1904. 68 Idem.

143 1269 ne venne riconfermato il possesso69, si può dedurre che anche in anni precedenti l’appartenenza era la stessa. Ma è proprio in questi anni che i vassalli di Gaudiano si ribellano in una manifestazione contro il vescovo di Melfi, loro feudatario, che chiede il le- gnatico e non rispetta la proprietà altrui. Ingiuriato, il vescovo intende pu- nire i suoi vassalli e si rivolge al Giustiziere di Basilicata Riccardo di Clermont, il quale ascoltate le parti condanna l’università di Gaudiano nel 1271 al pagamento di 200 once a titolo di risarcimento del danno morale.70 Da una tassazione del 1320 abbiamo che Gaudiano era tassata per 350, a differenza di Lavello che ne aveva 89, solo 1/4 del vicino Casale. Di Gaudiano sappiamo le sue rendite, i suoi prodotti i suoi abitanti ma nelle fonti manca qualsiasi riferimento che possa aiutarci a capire la distri- buzione degli spazi e delle relative funzioni. Ma da una pietra arenaria con un’epigrafe in caratteri gallo-franchi po- sta come architrave all’interno di una chiesa nella Masseria di Gaudiano fatta edificare dai fratelli Fortunato di Rionero nel 1899, si ha notizia del- l’esistenza a Gaudiano di una chiesa di S. Paolo, fatta costruire per vole- re del vescovo di Melfi, Saraceno, feudatario del casale di Gaudiano, nel- l’anno 1310,71 certamente posta in un’area centrale intorno a cui si sviluppò il casale. Con la metà, però, del 1300 e la crisi demografica il casale nato intor- no alla masseria rimase deserto. La masseria, invece, continuò ad essere uti- lizzata come deposito di prodotti agrari e col tempo perse il ruolo determinante per l’economia del territorio. Di questo casale è stata ritrovata una pianta (Tav. 4), risalente certamente al 1771 che delimita i territori e colloca la masseria, probabilmente quella di Federico II, e una fattoria.72

69 Idem. 70 Idem. 71 A. Rosucci, L’azienda dei Fortunato in agro di Lavello…, pp. 99-100. 72 ASN, ACT Fasc. 51 Incart. 10.

144 Ginestra

Casale di Ripacandida, edificato su un colle che il Principe di Melfi Troiano II Caracciolo nel 1478 concesse alla famiglia Mazzacaradei duchi di Castelgaragnone per la sistemazione della popolazione albanese in fuga dai loro territori. Il nome originario era Massa Lombarda, che poi mutò topo- nimo in Ginestra. Questo nome lo ritroviamo comunque compresente ancora nell’apprezzo del 1642 in appendice “…Distante detta Terra un miglio dentro il territorio ver- so Levante vi è il Casale, quale và incluso a detta Terra, detto della Genestra alias Lombarda…”.73 Quindi questo può far presumere che per ricercare documenti o notizie su Ginestra dobbiamo cercare il toponimo di Massa Lombarda. Ginestra a distanza di anni dalla sua fondazione era solo un piccolo ag- glomerato di poche case con una trentina di abitanti, ma era comunque do- tata di una chiesa con il suo prete.

Lavello

Lavello nasce nel neolitico sui monti dirimpetto la valle dell’Ofanto ed il corso dell’Olivento grazie alle migrazioni ed agli spostamenti delle popolazioni. La sua presenza sul territorio e le sue attività sono state in continua espan- sione come dimostrano i numerosi reperti archeologici ed il grande nume- ro di tombe disseminate intorno all’attuale cittadina.74 Nel periodo VI-VIII secolo inizia una nuova ridefinizione di Lavello e del suo territorio. Infatti con l’abbandono degli insediamenti intorno al- la città e con la formazione del ducato longobardo di Benevento il territo- rio di Lavello viene incluso nel dominio longobardo. Ma l’assenza documentaria

73 ASN, ACT, Apprezzo di Ripacandida del 1642 (documento n. 4). 74 A. Rosucci, Da Forentum a Lavello, in Radici 14, Rionero in Vulture, 1994, p. 5. 75 A. DI Chicco, L’insediamento sul Pescarello di Lavello (Labellum), in Radici 13, 1993

145 di fonti molto antiche non permette di avere un chiaro riferimento su come la vita è proseguita nell’altomedioevo. Sulla collina chiamata Pescarello sorge la Labellum medievale75 il cui abi- tato si stabilizza alla fine dell’VIII secolo. Il ritrovamento su questa collina di una grande quantità di materiale epigrafico di una colonia ebrea fa pre- sumere la preesistenza di un insediamento urbano consistente,76 docu- mentato ancora nel X e XI secolo. 77 Lavello è un importante centro bizantino alla fine del X secolo e nel 1025 diviene sede vescovile appartenente all’arcivescovo di Canosa.78 Il suo sviluppo è ulteriormente confermato dalla decisione presa dai Normanni, di creare a Lavello nella metà dell’XI secolo una delle loro pri- me contee, dopo la cacciata dei Bizantini dalla Puglia e dalla Lucania.79 Essi ne ridefinirono la struttura urbana: sotto il conte Attolino, ampliarono e ri- pararono la cattedrale e la dotarono di una cinta muraria80 perché da quel periodo in poi viene indicata con il termine di castrum Labelli.81 Nella cinta muraria si aprivano le porte di ingresso alla città, notizia che apprendiamo dall’apprezzo del 1629 “…Tiene essa due Porte principali, una come ho detto di sopra verso Ponente, nominata la Porta della Barra, dove da là intesi al Palazzo è una bella strada drit- ta, e larga mattonata, et da detta Porta similmente si và a spasso alla Chiesa de Zoccolanti, e poi Cappuccini. L’altra Porta stà a Levante in luogo di Pennice dalla quale si và a Canosa, Montorvino et altre parti, e sono altre Porte piccole, delle quali si servo- no per cacciare l’immunditie fuora, e per uscir da quelle quando li cittadini non vo- gliono passare per le strade maestre.”82

76 A. Rosucci, Da Forentum... op. cit., p. 13. 77 G. Fortunato, Badie, feudi, baroni della valle di Vitalba, Mandria 1968, vol. II, p. 174. 78 Idem, p. 172. 79 A. Rosucci. Op. cit. p. 13. 80 C. Beguinot, Il Vulture- Ritratto di un ambiente, Napoli 1960, p. 116. 81 Idem, vol. III, p. 218. 82 ASN, ACT, Apprezzo di Lavello del 1629 (documento n. 2).

146 Le aree edificate tra XI e il XIII secolo sono comprese tra la chiesa di S. Giovanni, punta estrema del Pescarello, e la zona del palazzo feudale, cioè l’attuale piazza del Plebiscito.83 Dopo la repressione della rivolta ghibellina, il feudo di Lavello venne assegnato da Carlo d’Angiò a Riccardo di Bisaccia84, poi nel 1269 alla Curia in sostituzione del casale di Carbonara85 ed infine nel 1271 a Galerano d’Ivry, siniscalco del regno di Sicilia.86 L’abitato di Lavello fra il Duecento e il Trecento deve avere interessato una modesta area compresa tra il palazzo feudale e la cinta muraria po- sta sul versante occidentale. Il nucleo antico rimaneva sul Pescarello e nel quartiere Civita, la cattedrale di S. Mauro, l’attiguo vescovado e il palaz- zo feudale (Tav. 5, 6, 7 e 8) erano spostati più ad occidente87. All’interno del- l’abitato erano presenti le chiese parrocchiali di S. Giovanni, dell’Annunziata e di S. Lorenzo.88 Quest’ultima era situata vicino al muro della città come si evince da una pergamena del 1391 conservata nell’Archivio Capitolare di Lavello. 89 Con il Quattrocento si deve aver avuto un arresto dello sviluppo edi- lizio suburbano, venendo riempiti i vuoti nell’area medievale. Infatti tutta la zona posta intorno all’attuale Chiesa del Carmine era nella prima metà del Quattrocento ancora non edificata e in tale area era situata una zona che veniva utilizzata per la discarica dei rifiuti urbani.90 Lo sviluppo urbano notato fin qui è riscontrabile anche con un aumento della popolazione. Infatti si passa dai 108 fuochi del 127791 ai 151 fuochi del

83 A. Rosucci, op. cit., p. 14. 84 T. Pedio, Per la storia del Mezzogiorno d’Italia nell’età medievale, Matera, , 1968, p. 134. 85 Idem. 86 Idem. 87 A. Rosucci, op. cit., p. 14-15. 88 Idem. 89 G. Solimene, La chiesa vescovile di Lavello, Melfi 1925, p. 173. 90 A. Rosucci, op. cit., p. 15. 91 T. Pedio, op. cit., p. 154.

147 1447. 92 Ma tale aumento non è dovuto ad un incremento demografico, ben- sì al probabile trasferimento verso la fine del Trecento di parte della popo- lazione dei villaggi sparsi nelle campagne verso il vicino abitato di Lavello, come il caso di Gaudiano.93 Per quanto riguarda il territorio circostante la città, esso era disseminato di casali, masserie e domus. Casi esemplari sono il Casale di Bassano, situato nei pressi della difesa regia di Lavello, nell’area ofantina, proprietà della Trinità di Venosa;94 il casale denominato Finocchiaro, Fenuclarium, di cui l’attuale to- ponimo della contrada posta a circa 3 Km a sud-est di Lavello conserva il no- me medievale presente alla fine della dominazione sveva ed all’inizio di quel- la angioina; 95 o il casale denominato S. Eustachio, sorto intorno all’omoni- ma chiesa per la coltivazione delle terre di proprietà dell’abbazia di S. Maria del Goleto.96 Caso a se è la masseria di Lavello, ubicata nell’area a ridosso del torrente Lampeggiano, che attualmente viene denominata con il toponimo di Piani di Federico. Essa probabilmente fu voluta dall’Imperatore Federico II. Nelle pertinenze di Lavello ricadeva anche l’antica foresta detta Bosco delle Rose. Questa foresta era un “centro” molto attivo se apprendiamo che, da un documento del 12 aprile 1279, nella foresta di Lavello furono costruite duas calcarias, ovvero due fornaci rustiche in cui si facevano cuocere le pie- tre calcaree per ricavarne la calce. Queste due calcare costruite in epoca an- gioina erano in ruderi e in disuso fino a 30 anni fa. La prima situata, nel ter- ritorio di Lavello in località Finocchiaro, è stata distrutta e sepolta durante i lavori per la costruzione della discarica comunale dei rifiuti solidi. La se- conda era situata nel Vallone di Chiatroguarnieri a poca distanza della via della Foresta.

92 G. Da Molin, La popolazione nel Regno di Napoli a metà Quattrocento, Bari 1971, p. 71. 93 A. Rosucci, op. cit, p. 16. 94 Reg. Canc. Ang., Ricost. vol. V, pag. 104, n. 19. 95 T. Pedio, Centri scomparsi in Basilicata, Venosa, 1985, p. 58. 96 G. MongelliI, Storia del Goleto, Lioni 1983, p. 336.

148 Ma l’antico Bosco delle Rose racchiudeva in sé anche una chiesetta, in- titolata a S. Maria delle Rose, chiesetta medievale che ha preso il nome pro- prio da questa foresta, di cui oggi si conservano i ruderi dei muri perime- trali. Essa era nota più propriamente con il titolo di Santa Maria della Foresta. Fortunato riporta il testo di una lastra di argilla murata, fino al 1980, sulla facciata della chiesetta, in cui si leggeva: ECCLESIAM HANC DEIPARE V DE ROSIS VULGO DELLA FORESTA NONCUPATAM…97 “ Vi esistono in mezzo del Bosco due Cappelle sotto l’invocazione di S. Maria delle Rose, e l’altra la Vergine dei Martiri dell’estensione di moggia 12, che si ap- partiene alli stessi, e più una vigna piantata in essi con varj alberi di frutta.”98 Anche il mulino era situato nel territorio extraurbano. Esso si trovava in contrada Scarabattoli, e se ne ha notizia dal 1284 quando si dà ordine ad Egidio de Dola di pagare le decime arretrate al vescovo di Lavello.99 Esso fun- zionava con la forza dell’acqua del fiume Oliveto e risultava in buono sta- to fino alla metà dell’Ottocento.100

Maschito

Maschito potrebbe avere origine in epoca medievale, ma forse solo co- me sede di una chiesa qui costruita. Casale nelle pertinenze di Venosa ad es- sa sottoposto sicuramente fino al 1635 come si evince dall’apprezzo in ap- pendice.101 Ma già nel secondo apprezzo del 1696, a distanza di circa 60 an- ni esso diventa autonomo e non soggetto più a Venosa. Abitato da una colonia di albanesi, insediatisi in questo luogo ad ope-

97 G. Fortunato, La badia di Monticchio, Trani, Vecchi, 1904, p. 343. 98 ASN, ACT, Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835 (appendice). 99 G. Solimene, Frate Ruggiero da Lavello…, Melfi 1919, p. 35. 100 ASP, fondo “Intendenza di Basilicata”, cartella 1011, anni 1817-1832. 101 ASN, ACT, Apprezzo di Venosa del 1635 (documento n. 3).

149 ra di Lazzaro Mathes per ripopolare questo piccolo centro all’inizio del 1500.102 Come tutti questi piccoli casali, e in special modo quelli popolati da al- banesi, esso non presenta una cinta muraria, o una qualche tipo di palazzo feudale o padronale. Al suo interno vi erano due chiese una di San Nicola e l’altra di S. Elia, due chiese di diverso rito, una greco e una latino, segno di comunione e con- vivenza di due popolazioni con diverse culture.

Monticchio

Alcuni eremiti dell’ordine di San Benedetto scelsero, nell’alto medioe- vo, la zona dei laghi di Monticchio per organizzare un loro convento dedi- candolo a San Michele. Con i longobardi prima e con i normanni poi que- sto santuario, posto in una grotta sospesa sulla parete della montagna qua- si a picco sui laghi, diviene meta di un culto popolare molto osservato.103 Il complesso abbaziale, invece, dedicato a S. Ippolito, è stato costruito sull’istmo dei due laghi, la cui intitolazione nel X secolo passa a San Michele Arcangelo.104 La stessa intitolazione all’Arcangelo dei due insediamenti, la grotta di culto e il monastero tra i due laghi, è attestabile dal diploma di Ottone II del 982.105 Ma una donazione dell’800 di beni nel Vulture fatta all’abbazia di Montecassino porta a ipotizzare che già nei primi decenni del IX secolo era presente un sito di culto a Monticchio.106

102 A. Pellettieri, Gli insediamenti albanesi nel territoriodel regno di Napoli tra XV e XVII secolo, con- vivenza ed integrazione, in Annali della Facoltà di Letetre e Filosofia, 1992-1993, Potenza 1995 103 C. Carletti-G. Otranto, Culto e insediamenti micaelici nell’Italia meridionale fra tarda antichità e medioevo, Bari 1994. 104 L. Bubbico - F. Caputo, Un’ipotesi sulle fasi e l’impianto di S. Ippolito a Monticchio, in Monasteri italogreci e benedettini in Basilicata, II, Matera 1996 p. 14. 105 G. Fortunato, La Badia di Monticchio con 71 documenti inediti, Trani 1904, pp. 28-30. 106 L. Bubbico, Il Santuario di San Michele sul Vulture, in Itinerari del Sacro in Terra Lucana, Basilicata Regione, 1999, n. 2, p. 163.

150 La prosperità e l’espansione del monastero dovrebbero essere connes- se all’appartenenza del santuario ai benedettini. Dal cartulario dell’abbazia, di cui alcuni documenti in copia si trovano nell’ACT, si evince che le donazioni dei longobardi e dei normanni, fatte in nome di San Michele dall’XI secolo, accrescono il patrimonio dell’abbazia.107 Possessi di Monticchio sono stati rintracciati a Spinazzola, Bari, Molfetta, Pacciano, Barletta, Andria, Noicattaro, Lagopesole, Lavello, l’abitato scomparso di Cisterna, Melfi e Rapolla. Tra l’XI e il XII secolo l’influenza del monastero si estende in alcuni im- portanti centri della limitrofa Puglia e su tutta l’area del Vulture che appa- re quasi interamente sottoposta alla giurisdizione dell’abbazia-santuario. Ma i primi possedimenti della comunità benedettina erano i centri di S. Andrea di Statigliano e Monticchio dei Normanni, i cui abitanti fornivano gli armati preposti alla sicurezza del monastero.108 I due centri sorgevano su i due versanti della montagna. Sant’Andrea era un casale diviso in frazioni, vi era una chiesa dedicata a Santa Maria sul- la sinistra, l’ala di una torre a destra, una fonte o una peschiera nel mezzo. Monticchio, a differenza, era un castrum, centro munito di torri e di muro di cinta, con molti fabbricati racchiusi ad anfiteatro ai piedi del castello. Pertinenza di detto casale era la cappella di Santa Maria di Luco, il cui sen- tiero era passaggio unico sia per Sant’Andrea che per Monticchio come ac- cesso al mulino dell’Iscone di uso comune ai due casali. Giù nel vallone, al guado dell’Ofanto, sono ancora visibili i pilastri di due ponti medievali che servivano a collegare Monticchio con il borgo di Carbonara.109 L’abbazia sui laghi ed il santuario sulla montagna erano collegati da un percorso ripido che terminava in una scala ed attuavano un rapporto di col- laborazione per la gestione dei pellegrini e delle attività dell’area. La struttura abbaziale sui laghi era formata da una chiesa ad una sola navata con campanile di forma quadrata con annesso il cenobio, e dove è an-

107 Idem, p. 164. 108 Idem, p. 164. 109 G. Fortunato, La Badia..., op. cit., pp. 49-51.

151 cora visibile il progetto della chiesa a tre navate con doppia abside ma che non fu mai compiuto.110 Anche per l’abbazia con le guerre tra Svevi e Angioini inizia un periodo di decadenza che si manifesta con l’abbandono del sito e della chiesa, la quale venne ricostruita intorno alla metà del secolo XIV. La piccola chiesa in grotta non era più adatta ad accogliere l’eccezionale numero di pellegrini che dovevano riversarsi a Monticchio nelle ricorren- ze delle apparizioni, le cui date apprendiamo nell’apprezzo di Atella del 1642 “…si fanno due feste l’anno, una alli 8 di maggio, et l’altra alli 28 di settembre.”111 Quindi tra l’XI e il XII secolo si avviano una serie di avanzamenti del santuario con la costruzione di un’ampia piattaforma sottostante l’edicola dell’Arcangelo. L’avanzamento del corpo della chiesa lungo il pendio del- la montagna determina l’inglobamento nella fabbrica delle grotte sottostanti il santuario, usate come rifugio dei pellegrini o come sepolture, e dell’ulti- mo tratto della scala che conduceva verso i laghi. Gli ambienti realizzati so- no utilizzati dai monaci benedettini come una piccola foresteria per l’alloggio degli addetti al santuario. La struttura usata successivamente dai frati ago- stiniani quando nel XVI secolo si trasferiranno, abbandonando il comples- so sui laghi, presso la chiesa rupestre, che sarà il primo nucleo del nuovo convento francescano eretto a partire dal secolo XVII.112

Rapolla

Rapolla è posta su uno strategico crocevia che dalle terre pugliese por- ta alle zone interne della Basilicata. Essa sorge su un colle roccioso alla con- fluenza e sbocco di alcune valli del Vulture. In epoca bizantina diviene il centro propulsore dell’organizzazione

110 L. Bubbico, Il Santuario, op. cit. p. 164. 111 ASN, ACT, Apprezzo di Atella del 1642 (documento n. 5). 112 L. Bubbico, Il Santuario, op. cit. pp. 164-165.

152 ecclesiastica basiliiana scelto da San Vitale113 e Sant’Elia. I monaci si insediano in alcune grotte scavate nella montagna a formare dei punti di controllo sul- la strada che collega Rapolla e Melfi. Il vescovo di Rapolla per estendere la sua giurisdizione deve rivolgersi verso le zone interne della Valle di Vitalba, perché bloccato da un lato da Melfi e dall’altro da Lavello. Ecco spiegato il motivo perchè già in epoca normanna i casali di Barile e Rionero sono sot- toposti al vescovo di Rapolla.114 La città, anche se risulta essere un piccolo centro ed un feudum pauper- rimum115, ha una propria sede vescovile dal 1037 con un certo vescovo Nando,116 e venne sottoposta direttamente alla Sede Apostolica anche dopo la costituzione di una nuova provincia ecclesiatica voluta in epoca Normanna dal papa Alessandro II117, come segno di stima per i vescovi Oddone e Arsone, stretti collaboratori di Roberto il Guiscardo.118 Rapolla vive un rapporto conflittuale con la vicina Melfi, causato sia da contrasti di tipo economico e di supremazia territoriale sia proprio per uno schieramento politico. Infatti mentre Rapolla è di chiara matrice guel- fa, Melfi invece parteggia per la parte ghibellina. Questo divario porta a scon- tri e a continue distruzioni subite da Rapolla come quella del 1183,119 che però portò alla costruzione del Duomo ad opera di Sarolo da Muro. Come tutti i paesi della zona anche Rapolla con gli Svevi subisce i destino di passare da un feudatario all’altro fino ad arrivare al 1254 quando ne diventa feudata-

113 E. Navazio, Rapolla, in Il Turismo educativo, Vol. Itinerario storico nel vulture Melfese, Lavello, 1992, p. 103. 114 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani, 1898, p. 9. 115 G. Fortunato, Rionero Medievale, Trani, 1899, p. 10. 116 C.B. Nitto De Rossi- F. Nitti Di Vito, Le pergamene del Duomo di Bari (952-1264), in Codice Diplomatico Barese, 1, Bari 1979, doc. XX, p. 34 e seg. 117 C.D. Fonseca, L’organizzazione tra il XI ed il XII secolo: i nuovi assetti istituzionali, in Particolarismo istituzionale ed organizzazione ecclesiastica nel Mezzogiorno d’Italia, Galatina 1987, pp. 92-93. 118 H. Houben, Melfi, Venosa, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo, Atti del- le decime giornate normanno-sveve (Bari 21-24 Ottobre 1991), a cura di G. Musca, Bari 1993, pp. 318-319. 119 E. Navazio, Rapolla, op. cit., pp. 103.

153 rio Galvano Lancia, sotto cui subisce un’altra distruzione.120 Sulla fine del XIII secolo, Rapolla contava 2500 abitanti.121 Essa era circondata da mura bastionate con quindici torri e fornita di un castello con fossato anche prima della ar- rivo dei normanni. Il castello di Rapolla è attestato sia nel 1059, perchè Roberto il Guiscardo fece tenere prigioniero il nipote Ermanno catturato a Cisterna, sia nel 1203, quando papa Innocenzo III invitava suo cugino Iacopo a sorvegliare i castelli di Bari, Melfi e Rapolla se non voleva andare in Sicilia. 122 Grazie alla platea redatta nel 1835, posta in appendice, riusciamo a col- locare questo castello, posto nel piano detto il Castello. Di esso abbiamo una piccola descrizione: composto certamente da due piani, di cui il piano su- periore era diviso in dodici stanze. Fornito di un atrio, su cui si affacciano due stanze, di una cisterna, e di un forno malandato. Alcune delle stanze era- no affittate, ciò ci fa capire che nel 1835, questo castello era ancora in piedi e che certamente rivestiva un ruolo centrale nell’assetto urbanistico della città. “Sito nel piano detto il Castello. Composto d’un piano superiore di 12 stanze, d’un atrio con due stanze sottane, una cisterna ad olio, ed un forno diruto; ma è di- ruto, tal che viene riportato nel catasto all’articolo 680 coll’imponibile di ducati 20 sotto la denominazione di casa.”123 Gli Angioini portarono nuovi feudatari, nuove tasse e revisione dei re- ditti, così Erveo di Chevreuse nel 1271 ne diventa nuovo feudatario, nel 1276 inquisisce e rivendica alcuni beni feudali da alcuni cittadini da cui si ap- prende che la città era divisa in sei parrocchie, cioè l’Episcopio, Santa Lucia, San Nicola, San Giovanni, Sant’Angelo e San Biagio. Sotto la cinta mura- ria, lungo il fossato, si aprivano grotte e cantine dotate di botti, il territo-

120 N. Jamsilla, De rebus gestis Friderici II. Imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi, Apuliae et Siciliae regum, in G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni napoletani, II, rist. Bologna 1975. pp. 156-157. 121 G. Racioppi, Geog. e dem. della provincia di Basilicata ne’ sec. XIII e XIV (Arc. Stor. per le prov. Nap., an. XI, fasc. III). 122 G. Fortunato, Rionero..., op. cit., Trani, 1899, p. 28. 123 ASN, ACT, Platea Generale dell’Amministrazione del Principe di Torella in Provincia di Basilicata del 1835 (appendice).

154 rio circostante era piantato ad oliveti e castagneti su per il monte, mentre nel vallone vi erano le vigne. 124 Erveo di Chevreuse non aveva eredi così nel 1278 il feudo passò a Giovanni Roux di Sully, sino a che nel 1335, Re Roberto assegna alla Regina Sancia 69 once d’oro dei redditi di Rapolla.125 Il periodo tra il 1310 ed il 1314 vede la definitiva sistemazione della cat- tedrale ad opera del vescovo Pietro di Catalogna, il quale ristabilisce la pro- pria autorità sulla Valle di Vitalba fissando sia la decima sulla Bagliava di Armaterra e di Vitalba sia una tassa sulla raccolta della legna delle terre del Guado. 126 Per Rapolla questi sono gli anni di una ridefinizione della sua posizione che parte sia dai suoi feudatari che dagli stessi cittadini che approvano i ca- pitoli e dazi delle merci che entrano nel territorio comunale.127 Con l’arrivo dei fiorentini nel Regno, che portarono le compagnie ban- carie e mercantili dei Bardi e degli Acciaioli, Rapolla subisce una nuova ri- presa con l’avvento di nuovi soggetti sociali che diedero nuovo impulso al- l’economia della città. Ma da semplici mercanti essi si trasformarono con il passare del tempo in feudatari di Rapolla e delle altre zone del Vulture. Zone che diventarono teatro degli scontri tra Angioini, con la regina Giovanna, e il re d’Ungheria, che subirono distruzioni, assedi saccheggi e la stessa Rapolla venne devastata ed incendiata dal Lanzi di Corrando Lando nel 1335.128 Ma l’alternanza dei feudatari stranieri di Rapolla durò ancora per lun- go tempo quando passò dalle mani di Gianni Caracciolo al duca di Eboli del- la famiglia Leyva, per poi tornare di nuovo sotto i Caracciolo col ramo di Torella. Sotto questi feudatari Rapolla subisce lo sfruttamento feudale, come tutti gli altri paesi del Vulture.

124 G. Fortunato, Rionero, op. cit., p. 31. 125 Idem, pp. 32-33. 126 Idem. 127 Idem. 128 G. Fortunato, La badia, op. cit.

155 Rionero

Il casale di Santa Maria de Arenigro o de Rivonigro appartenente alla mensa vescovile di Rapolla129, chiude a nord fin dall’epoca medievale la val- le di Vitalba. Esso fornisce, in età sveva, legna e legnaioli per il taglio delle foreste del Gualdo, manodopera per gestire e riparare il ponte e relativa ca- sa di San Nicola sull’Ofanto.130 Dopo queste scarse e frammentarie notizie bisogna passare all’età angioina quando si manifesta un notevole incremento demografico che però non corrisponde ad una crescita sociale, tanto che il casale non possiede strutture amministrative necessarie, neanche per la stesura di un atto per il conferimento della carica di mastro giurato visto che si fa arrivare il notaio da Rapolla.131 La corte negli anni successivi cerca di fornire condizioni idonee al ca- sale per un maggiore sviluppo ma, nonostante queste, Rionero nel 1281 non è che un povero villaggio di poche centinaia di abitanti, carpentieri e vigniaiuoli, le cui donne coltivavano, maceravano e filavano il lino.132 Le loro attività era- no finalizzate solo all’autoconsumo se pensiamo che dal 1294 fino al 1316 gli abitanti chiedevano di anno in anno la supplica al re di ridurre le imposte tanto che Carlo II ridusse a sei once d’oro, la metà, la generalis subventio che Rionero doveva versare.133 Per un altro breve periodo Rionero conosce un’ulteriore crescita demografica facilitata dai diritti di fida sulle terre del Gualdo e dalla praticità dei pascoli, a cui segue un periodo, che va dal 1310 al 1330, in cui gli ufficiali pretendono l’intera colletta annuale nonostante gli sgravi assegnati dai vari re, i vescovi di Rapolla pretendono un aumento delle decime e delle spettanze e i ceti emer- genti si rifiutano di partecipare ai pagamenti delle tassazioni collettive.134

129 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani, 1899, p. 25. 130 E. Navazio, Rapolla, op. cit., p. 129. 131 G. Fortunato, Rionero, op. cit., p. 70. 132 Idem, p. 45. 133 Idem, p. 49. 134 Idem, pp. 49-55.

156 Agli abitanti di Rionero di fronte a questa situazione non restò che tra- sferirsi intorno al 1330 nella nuova città di Atella sgravata per dieci anni dal pagamento delle tasse.135 Il vescovo di Rapolla Bernardo tentò invano di rifondare alcuni anni do- po il casale portandolo più in alto presso la chiesa di S. Antonio Abate, chie- sa probabilmente fondata dai benedettini di Monticchio nella prima metà del XIII secolo, 136 che rimane deserto fino alla metà del XVI secolo quando un gruppo di albanesi vi si insediò.137 Ma bisogna aspettare il 1615 per ritrovare una struttura sociale organizzata.

Ripacandida

Ripacandida, il cui primitivo sito si trovava in area La Macchia, fu rifon- data da alcuni superstiti dopo l’occupazione romana sulla collina dove oggi è attualmente situata, a 6200 metri sul livello del mare, a guardia del- la sottostante fiumara Olivento.138 Le più antiche testimonianze scritte risalgono ai secoli XI e XII. Infatti, Ripacandida compare nel Catalogo dei Baroni del 1089. La città dipendeva dalla comestabilia, il supremo comando delle armi, di Tricarico e faceva parte del principato di Taranto. Dai conti e dai contestabili dipendevano i feudatari di ciascuna regione. Ogni feudatario era tenuto al servizio militare, che consisteva nella corrispezione di un certo numero di militi secondo il va- lore del feudo.139 Il feudo di Ripacandida era tutto nelle mani di Rogerius Marescalcus che era tenuto a fornire un servizio militare di tre militi, che diventavano quat-

135 G. Fortunato, I Feudi e i Casali di Vitalba, Trani, 1898, p. 21. 136 G. Fortunato, Rionero..op. cit., p. 63. 137 Idem, p. 64. 138 R. Rizzo, Ripacandida, op. cit., p. 147. 139 G. Fortunato, Badie, Feudi e Baroni della Valle di Vitalba, a cura di T. Pedio, vol. III, Mandria ,1968, p. 102.

157 tro con l’augumentum. Ma altri quattro titolari possedevano un feudo ciascuno a Ripacandida anche se più piccoli e poveri di quello di Rogerius Marescalcus; Mateo nepos presbiteri Leonis, Roberto Guismodi, Joczolinus e Pantalinus. Questi quattro signori erano tenuti a mandare un milite ciascuno. Ma Ripacandida comprendeva altri piccoli feudi che per la loro scarsissima rendita non era- no tenuti a nessuna prestazione militare, anzi i loro stessi signori si offrivano in uno slancio di generosità e devozione al proprio sovrano.140 Certamente Ripacandida era cinta da mura, inframmezzate da torri, di cui sono ancora visibili alcuni resti descritti nell’apprezzo del 1642 “…Stà detta terra edificata unita, et dimostra essere stata murata intorno con molti torrioni li quali sono parte di essi diruti, tiene detta Terra due Porte, una detta della Valle dalla parte di Ponente, et l’altra da Levante.”141 Al centro della città vi era la Piazza con un seggio posto sotto un porticato “…nel mezzo di detta Terra si trova la Piazza con un seggio, con due archi coverto con lamia, qual è dell’Università.”142 Nella parte più alta orientale vi era una castello certamente di più pia- ni, con diverse camere e stalle, “…In detta Terra dalla parte di Levante nella te- sta di detta Terra vi è un Castello si entra per una dolce salita, dove si trova una por- ta in piano, uno cortiglio dove si trova una cisterna in piano et la stalla sotto la sa- la con pagliera, et per una salita si sale alla sala grande con l’affacciata a Levante da una parte sono quattro camare, et dall’altra parte sono due camere coverte con tetti, vi è un torrione diruto,…”143 Dall’apprezzo del 1693 veniamo a conoscenza che la porta d’Oriente,l’in- gresso principale della città, si chiamava S. Domenico da cui si arrivava al centro della città dove vi era il seggio “…L’ingresso principale a detta Terra è dalla parte di Levante per la Porta che chiamano di S. Domenico, dalla quale si ri- trova la Piazza, con uno coperto a lamia con due archi, che chiamano il Seggio do-

140 A. Bozza, Il Vulture, Rionero 1899 e G. Rossi, Vita del gran Servo di Dio G.B. Rossi arciprete di Ripacandida, Napoli, 1752 “…nihil tenet, sed pro ausilio magne expeditionis obtulerunt se ipsum…”. 141 ASN, ACT, Apprezzo di Ripacandida (documento n. 4). 142 Idem. 143 Idem.

158 ve si congregano li cittadini…” 144 Un altro documento che attesta l’esistenza di Ripacandida è nel breve pontificio di Eugenio III del 1152. In quest’ultimo vengono elencati i casa- li e tutte le chiese soggette all’autorità del vescovo di Rapolla. Tra esse so- no ricordate le chiese di Ripacandida: S. Donato, S. Zaccaria, S. Pietro e S. Giorgio.145 La presenza di ben quattro chiese fa supporre che il paese era ben sviluppato già nel XII secolo ed il suo feudo molto ambito. Nei secoli XIII e XIV Ripacandida compare più volte nei documenti re- gi, oggi raccolti nei volumi della ricostruita Cancelleria Angioina. Sappiamo così che nel 1267 re Carlo decise di concedere in custodia a Giovanni suo nun- zio il castello di Ripacandida.146 Quattro anni dopo era signore di Ripacandida Gaufrido Gazarello.147 Ripacandida compare più volte nei registri delle popolazioni tenute a versare somme in denaro per la ristrutturazione dei castelli della regione: nel 1278 è tenuta a provvedere alla manutenzione ordinaria del fortilizio di San Nicola dell’Ofanto insieme ad Armaterra e Rionero. Nel 1280 è chiamata a contribuire ai lavori straordinari per l’ampliamento del Castello di Melfi e a versare 5 once d’oro, 22 tarì e 10 grana.148 Nel 1281 è chiamata a fornire quattro salme di legname per i lavori di costruzione del medesimo castel- lo, insieme a Venosa, Rapolla, e Gaudiano.149 Nel 1283 a Lorenzo Rufolo, procuratore e maestro del sale della Puglia, viene affidato il baliato dei piccoli figli del quondam Goffredo di Terravilla, soldato, possessore delle terre di Santa Sofia, Ruoti e Ripacandida.150 Dopo questa notizia abbiamo un vuoto di circa un secolo e mezzo e ar- riviamo al 1494, quando Alfonso II confermò a Troiano Caracciolo il feudo

144 ASN, ACT, Apprezzo di Ripacandida del 1693 (documento n. 7). 145 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, op. cit., p. 25. 146 Reg,. Canc. Ang. Ricost., vol. II, p. 58. 147 Reg,. Canc. Ang. ricostit, vol. VII, p. 138. 148 T. Pedio, Il Castello di Melfi ricostruito sull’antico fortilizio Normanno Svevo, in Radici, rivista lucana di storia e cultura del Vulture, n. 1, p. 7 e ss. 149 Reg,. Canc. Ang. ricostit, vol. XXIV, p. 57. 150 Reg,. Canc. Ang. ricostit., vol. XXVI, pag. 5; vol. XXVII/1, pp. 142 e 229.

159 di Forenza con il titolo di conte con le terre di Ripacandida e Rapolla. Dopo poco tempo Ripacandida venne ad essere coinvolta nelle vicende belliche che si svolsero nella regione del Vulture per decidere la spartizione del Regno di Napoli fra francesi e spagnoli.151

Ruvo del Monte

Ruvo del Monte è posto in un’area interna di passaggio dalla valle di Vitalba e dalle sorgenti del Bradano all’alta valle dell’Ofanto per il passo di Ruvo. Questo luogo fu abitato fin dai tempi lontani del Paleomesolitico, co- me confermano tutta una serie di strumenti e di scheggie rinvenute e rin- venibili soprattutto nella valle del Liento che si apre sull’Ofanto. Fu posseduto dai romani e molte sono le testimonianze materiali e lin- guistiche del lungo dominio di Roma, fino all’estrema decadenza dell’Impero. Poi l’abitato messo già a terra dalle gravi conseguenze della lunga guerra greco-gotica, si ridusse praticamente a niente nel 591, quando Adaloaldo o Adualdo, detto “Il Crinuto”, figlio di Agilulfo, re dei Longobardi, mosse da Benevento alla volta della valle dell’Ofanto, per pervenire finalmente al do- minio di Conza e del suo Municipio, confinante nella valle di Atella. Tutto il sito si ridusse allora a campagna del Castaldato e della Contea di Conza, con una fara germanica a guardia del luogo, dedita principalmente al gran- de allevamento dei cavalli.152 E, proprio per far fronte a tutte queste drammatiche evenienze, fu eretto, fra gli altri, il castello di Ruvo: quello che fece allora di questo anti- co sito una valida roccaforte longobarda della contea di Conza contro Mussulmani e Bizantini: “…In fine della Terra dalla Parte di sopra vi è il Castello in cui si ha l’adito da due parti, una sita dalla parte di sopra di rimpetto

151 R. Rizzo, Ripacandida, op. cit. p. 147. 152 M. Di Napoli, Ruvo del Monte, op. cit. p. 159.

160 la fontana e l’altra dalla parte della Terra…”153 Ma ebbero la meglio i Normanni dei fratelli Altavilla; dopo l’unificazione del Regno da parte di Ruggiero II, Ruvo tornò a costituirsi come abitato in- torno ad una primitiva chiesa benedettina di S. Tommaso come Casalis Sancti Thome de Rubo nell’area religiosa del Goleto voluta dal santo romito Guglielmo da Vercelli.154 Tuttavia Ruvo medievale andò incontro ad una sicura distruzione av- venuta quasi certamente nel 1348 ad opera degli ungheri di re Luigi, venuto nel Meridione d’Italia per vendicare la morte del fratello Andrea, provoca- ta con subdole arti e con trame ordite a corte dalla regina Giovanna I di Napoli. Allora l’abitato fu rifondato ex novo sul colle opposto di S. Nicola e dotato dai signori Gesualdo di un nuovo castello, il quale, però fu anch’esso distrutto e dato alle fiamme insieme al paese dall’ufficiale Caldora, angioino, nel 1435, in odio allo scaltro barone Antonello Gesulado che alla corte di Napoli consigliava la regina in favore degli Aragonesi. 155 Comunque in questa nuova fase della sua esistenza, e già dopo la pri- ma distruzione del XIV secolo, Ruvo tese ad organizzarsi civilmente e reli- giosamente intorno alla chiesa dell’Assunta, eretta in basso sul poggio dell’Ulmo, sul versante opposto dello scomparso insediamento medievale, vicino ad un’antica via di transito che dal passo di Ruvo portava verso il pia- noro più alto; la chiesa divenne da allora la nuova chiesa Madre per la na- scita e la sepoltura di tutti gli abitanti del luogo. Questa chiesa era costituita “…in una nave coverta a tetti con sette Cappelle collaterali, ed in testa vi è l’alta- re maggiore con la statova di legno posta in oro dell’Assunta, dietro del quale vi è il coro per officiare: tiene sacrestia, ove si conservano l’utensilij.”156 Non è da escludere che tale chiesa fosse stata eretta già alla fine del pri- mo millennio dal nucleo bizantino presente nel luogo, e poi utilizzata come

153 ACT, ASN, Apprezzo di Ruvo del 1740 (documento n.10). 154 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, p. 25. 155 M. Di Napoli, op. cit., p. 160. 156 ASN, ACT, Apprezzo di Ruvo del 1740 (documento n. 10).

161 chiesa madre del gruppo misto di questo abitato a partire dalla seconda metà del trecento, dopo la distruzione del primo agglomerato medievale sorto in- torno alla primitiva chiesa di S. Tommaso.157 Nel corso del Cinquecento in occasione di pesti e terremoti, che richie- devano il loro positivo soccorso, vennero ad insediarsi a Ruvo i frati mino- ri conventuali sullo stesso sito dell’antica chiesa di S. Tommaso del Piano, chia- mando il loro monastero con lo stesso nome. Allora lasciti e donazioni da par- te di fedeli possidenti fecero si che gran parte della proprietà del sito si con- centrasse intorno ai due poli ecclesiastici del tempo. E da allora gli uomini di Ruvo si coinvolsero in tutta una serie di lotte e tensioni interne, che era- no quasi sempre il riflesso di malcelati dissidi di potere fra Capitolo e Convento.158

Santa Maria di Pierno

Su un alto pianoro ubicato a circa dieci km dall’abitato di S. Fele, a ri- dosso dell’incombente masso roccioso del monte Pierno, si trova un’antica abbazia benedettina sotto il titolo di Santa Maria. Anche se non esistono fonti documentarie, molti sono gli indizi che fan- no supporre la presenza di un cenobio prenormanno, forse legato a mona- ci basiliani che, in fuga dalla Calabria e dalla Sicilia, si stanziarono in que- sto sito per le caratteristiche ambientali come l’amenità, la posizione pede- montana, la ricca dotazione di boschi e di sorgenti.159 La chiesa risulta concessa dal 1141 dal vescovo di Rapolla, Ruggero I, all’abbazia di S. Salvatore al Goleto, importante monastero femminile fon-

157 M. Di Napoli, op. cit., p. 161. 158 Idem, p. 161. 159 F. Caputo, Il monachesimo italogreco e benedettino in Basilicata, in Ministero per i beni Culturali e Ambientali, Soprintendenza per i beni Ambientali e Architettonici della Basilicata, Matera, 1996 vol. I pp. 137-143.

162 dato dal S. Guglielmo presso S. Angelo dei Lombardi160. La comunità mo- nastica di Pierno era invece costituita da un certo numero di oblati che ri- siedevano nelle strutture annesse all’edificio ecclesiale. La chiesa medievale è costituita da quattro campate suddivisa in tre na- vate con colonne che hanno alla sommità capitelli a stampella. Sulle parti al- te delle pareti della navata centrale, in corrispondenza delle colonne, sono poste sei mensole lapidee, sulle quali erano in origine impostate tre arcate. Le mensole presentano decorazioni scultoree rappresentanti figure umane alternate a quelle di animali.161 Sul grande spiazzo esterno al lato della chiesa può essere individuata la struttura abbaziale. L’abbazia si sviluppava su due livelli, sfruttando al meglio la morfologia del sito. Il piano seminterrato costituito da volte, arcate interne e impalca- ti lignei, veniva usato come deposito. Il piano superiore, in piano alla chie- sa, costituiva il vero e proprio convento. Questo era collegato alla chiesa me- diante un corridoio porticato che portava al protiro, ambiente di congiun- zione con volta a crociera per gli ingressi fra essi ortogonali, della chiesa e del convento. Antistante il protiro vi era la torre campanaria a pianta qua- drangolare. Come tutti i monasteri era dotato di un cortile o giardino che ve- niva usato anche come luogo di sepoltura di monaci, visto che, durante le ultime campagne di scavi, si sono ritrovate due tombe, una delle quali può essere datata alla fine del XIII secolo.162 A capo vi era un priore nominato dalle badesse del Goleto e da queste scelto nell’ambito della comunità maschile adiacente il loro monastero. Non è noto il numero di questi oblati o di serventi che risiedevano a Pierno ma è certo che esso aumentò in modo considerevole con la progressiva cre- scita della rilevanza economico-religiosa man mano assunta dalla primiti-

160 G. GIORDANO, Croniche di Monrevergine, Napoli, 1669. 161 L. Cappiello e S. Pagliuca, Santa Maria di Pierno: il santuario e i resti della badia, in Itinerari…op. cit. p. 142. 162 Idem, p. 143.

163 va grancia verginiana. Fondamentale per lo sviluppo della comunità fu lo stretto legame che la chiesa ebbe fin dall’inizio con la potente famiglia dei Balvano, feudatari delle terre di Armaterra e di Vitalba nel cui tenimento la badia ricadeva. I suoi esponenti non solo fornirono le risorse necessarie alla sussistenza del- la comunità religiosa, ma la dotarono di estesi possedimenti terrieri che già prima della fine del XIII secolo raggiunsero le dimensioni di un vero e proprio feudo.163 Le prime più consistenti donazioni patrimoniali attestate risalgono al 1174 e al 1187 e furono fatte da Riccardo di Balvano, giustiziere e contesta- bile del regno, nelle mani del priore Angelo e del sacerdote Bartolomeo i qua- li a quel tempo erano a capo della comunità religiosa.164 Il figlio di Riccardo, Gilberto II, fu invece il promotore ed il finanziatore dei lavori di ristruttu- razione della chiesa effettuati tra il 1189 e il 1197 dai valenti maestri lapici- di di Muro Lucano facenti capo ai famosi fratelli Sarolo. A questi bisogna far risalire il portale di accesso alla chiesa. Inserito tra le due lesene del proti- ro, il portale contrasta con la sobria composizione architettonica della chie- sa, in quanto esso è ricco di decorazioni artistiche, costituite da piccole figure in rilievo raffiguranti rosette, foglie, fiori vasi, mani, animali antropomor- fi e alcune teste umane raffiguranti il volto di Gilberto di Balvano o dello stes- so Sarolo. A questo interesse artistico va aggiunto l’interesse storico derivante dalle copiose iscrizioni latine che sono scolpite su di esso. Sia l’archivolto ester- no che la lunetta sottostante e l’architrave presentano infatti iscrizioni atti- nenti la chiesa nonché preziose notizie per la ricostruzione del sito. Infatti tra le iscrizioni si legge la data di inizio e della fine dei lavori: il 1189 e il 1197; il nome del signore che sostenne la spesa: Gilberto di Balvano; e il nome del maestro che attese alla lavorazione della chiesa: Sarolo. Questa ultima no-

163 G. Fortunato, Santa Maria di Perno, Trani 1899, p. 12. 164 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani 1898, p. 45. 165 G. Fortunato, Santa Maria di Perno, op. cit., p. 12.

164 tizia è molto importante anche perché è l’unico manufatto firmato e data- to dall’autore e quindi rappresenta un sicuro riferimento per l’attribuzione e la datazione di altre opere dell’artista ed in generale per lo studio dell’arte medioevale in Basilicata.165 Nell’ACT di questo portale ne è stato rinvenuto un disegno (Tav. 9), che riporta sommariamente le forme delle decorazioni, e i resti delle scritte che vi si possono leggere. Esso era posto nella cartella 8 del fascio 141 insieme ad altre carte sparse, ed è posto in questo lavoro in allegato. Alle donazioni del 1174 e del 1187 seguirono le ripetute donazioni da parte di Margherita, vedova di Gilberto II e ultima esponente della famiglia normanna dei Balvano. La nobildonna, consenzienti i figli e le figlie, donò tra il 1198 e il 1200 diversi appezzamenti di terra nel tenimento di Vitalba of- ferti a Pierno per l’avvenuta monacazione della figlia Mansella presso il mo- nastero del Goleto.166 Intanto il vescovo di Rapolla Uberto, su richiesta della badessa Marina, aveva concesso nel 1183 a Pierno il privilegio dello Ius pontificale che svin- colava la chiesa dall’autorità vescovile. Grazie a questa concessione confermata poi da papa Lucio III e da Ruggiero, la chiesa rimase per lungo tempo di- pendente solo dal monastero del Goleto.167 L’unico debole legame che restava tra la chiesa e il vescovo locale era la corresponsione, espressamente riconfermata nella concessione, della tas- sa di sedici ducati usualmente pagata nel giorno della festa della Madonna dal priore di Pierno. Per tutto il XIII secolo si susseguono continue donazioni e lasciti da par- te degli esponenti dell’aristocrazia dominante ma anche di benestanti pri- vati, ad ulteriore riprova del grande prestigio religioso assunto a quel tem- po dal priorato. Fra i beni donati a Pierno compaiono anche le chiese con i

166 Idem, p. 13. 167 Idem. 168 F. Caputo, Il monachesimo italogreco e benedettino in Basilicata, in Ministero per i beni Culturali e Ambientali, Soprintendenza per i beni Ambientali e Architettonici della Basilicata, Matera, 1996 vol. I p. 154.

165 relativi tenimenti e rendite. Tra le prime la chiesa di S. Eustachio a Lavello donata nel 1207 da Bernardo, conte di Loreto e di Conversano, mentre nel 1223 Filippo di Balvano concesse il tenimento e il monastero di S. Tommaso al Cerrutolo presso Ruvo del Monte. Attestati possessi dell’abbazia di Pierno erano già le chiese di S. Maria di Capodigliano a Muro Lucano e di S. Maffeo a S. Fele. Incerta invece è la dipendenza da Pierno delle chiese di S. Pietro a Piagoro e S. Pietro in Aquilone nel territorio di Muro Lucano.168 Pierno divenne per la consistenza patrimoniale, acquisita alla fine del XIII secolo, il più importante possedimento del Goleto tanto che è sempre più difficile per la casa madre, investita da un lento processo di decadenza protrattosi per tutta la metà del XIV sec. e legato alla perdita della prezio- sa protezione accordata dai sovrani angioini, mantenere il controllo sul priorato.

Santa Maria di Vitalba

All’inizio dell’XI secolo, nella valle di Vitalba, poco lontano da Atella, su un poggio, esisteva una delle più antiche sedi vescovili del Vulture, suf- fraganee di Canosa,169 che nel secolo XII veniva considerata il centro politi- co e geografico del Vulture: Santa Maria di Vitalba. Infatti l’antica diocesi di Vitalba, annessa alla chiesa di Rapolla, sino al regno di re Ruggero, doveva comprendere una buona parte della valle ed estendersi come oggi si estende la diocesi di Melfi. Essa era un feudo tenuto in demanio da Riccardo di Balvano, padre di Gilberto costruttore della chiesa di Santa Maria di Pierno.170 Intorno al- la chiesa, probabilmente dedicata a San Marco si sviluppò un centro abi- tato, un piccolo villaggio che costituiva un polo aggregante per tutta la Valle.

169 Cod. Dipl. Bar. Vol. I, a pp. 21, 42, 61. 170 Di Meo, Annali, vol X, pp. 270, 364, 401.

166 Dall’apprezzo del 1642 apprendiamo che “…Fuori detta Terra dalla parte di Mezzo Giorno verso il fiume vi è una Chiesa grande coverta con tetti sotto tito- lo di Santa Maria Vitalba la quale era dell’Ordine de Zoccolanti, poi Carmelitani al presente è disabitata in essa si celebra il giorno di Santo Marco con la proces- sione solenne con concorso di tutto il popolo, e fà una bella festa.”171 Il centro doveva essere abbastanza grande se consideriamo la presen- za di ben tra chiese: San Nicola de Campis, su cui aveva diritto la badia di Monticchio, Santa Cristina e San Zaccaria.172 Nel suo territorio “extraurbano” aveva una serie di mulini della cui ope- ra se ne servivano gli uomini di tutta la valle,173 nel 1278 il valore di questo centro era di ben 62 once d’oro, una gran cifra se si considera ad esempio che il valore di Rapone era di solo 18 once.174 Tra le prime inchieste angioine (1273-1279), essa non compare più co- me centro abitato; unita al vicino feudo di Armaterra è posseduta da Giovanni Laulart, soldato e familiare di Carlo I, perché sposa Altruda di Dragone. Ma la storia di Santa Maria di Vitalba, come tutti i casali, feudi e mas- serie nasce e muore nell’epoca medioevale a causa di pesti, carestie, ma an- che per la nascita di vicine e più grandi città. Su quello stesso poggio, dove è possibile vedere la pianta della Chiesa di San Nicola, nel 1439 venne fondato dalla Comunità di Atella l’ospizio dei frati minori osservanti, dove moriva frate Antonio da Bitonto.175

SS. Trinità

L’arrivo dei monaci benedettini a Venosa segna, nella storia comples- siva della città, una tappa fondamentale, perché determina una sensibile ri-

171 ASN, ACT, Apprezzo di Atella del 1642 (documento n. 5). 172 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, op. cit., p. 9. 173 Idem, p. 12. 174 G. Fortunato, Santa Maria di Vitalba, Trani 1898, pp. 72-76. 175 G. Urbano, Lorenzo Valla e fra Antonio da Bitonto, Trani 1898, p. 30.

167 presa urbana di cui l’episodio più significativo è rappresentato dalla costruzione dell’abbazia della SS. Trinità 176 “…Vi è anco fora di detta Città, sotto la fera, verso Tramontana distante due tiri di moschetto la Chiesa della Santissima Trinità Chiesa grande, et an- tica coverta a tetti a tre navi mantenute da archi con grossi pilastri, e fabbrica di pietre vive, e mattoni…”177 Il principe longobardo Gisulfo di Salerno fece costruire nel 942 un ce- nobio benedettino affidandone la conduzione a Iudulfo, congiunto del principe e primo monaco del monastero venosino, notizia ricavabile dal Chronicon Cavense, documento in cui per la prima volta si trova citata l’abbazia della SS. Trinità. 178 A questa iniziativa deve ricondursi l’istituzione del monaste- ro e la costruzione del primo nucleo del complesso architettonico che am- pliò la primitiva chiesa paleocristiana a tre navate sul davanti prolungan- do la navata centrale e quella di destra con due intercolumni.179 La Chiesa dovette ricevere la dedicazione alla SS. Trinità, lasciando quella a S. Felice, divenendo l’antesignana di questo culto tipicamente longobardo.180 Due se- coli più tardi su iniziativa degli stessi Longobardi, alla restaurata chiesa del- la SS. Trinità verrà annesso il primo nucleo del monastero benedettino. Nel 1041 da Aversa, giungono a Melfi i primi Normanni che muovono alla conquista della regione. Nella spartizione delle terre conquistate, Dragone membro della famiglia Altavilla, ottiene nel 1043 il possesso del- la città di Venosa, diventandone signore assoluto e tenendola in allodium cioè come patrimonio familiare, il cui interesse si concentra sul monastero del- la SS. Trinità.181

176 L. Mumford, La città nella storia, Milano, 1990, p. 326 e sgg.. 177 ASN, ACT, Apprezzo dio Venosa e Maschito (Documento n. 3). 178 H. Houben, Una grande Abbazia nel Mezzogiorno medievale: la SS. Trinità di Venosa, in Bollettino storico della Basilicata, n. 2, 1986. 179 G. D. Mezzina, Radiografia di un monumento: La chiesa della SS Trinità in Venosa, Bari, 1977 p. 30. 180 M. Salvatore, Venosa: un parco archeologico e un museo. Come e perché, Taranto, 1984, p. 76. 181 M. Salvatore, Venosa tra tardo antico ed alto Medioevo, tra destrutturazione e riorganizzazione ur- bana, in Il Museo Archeologico Nazionale di Venosa, Matera 1991, p. 62.

168 Da questo momento la permanenza dei Normanni a Venosa va letta prin- cipalmente nella loro funzione di protettori dell’abbazia della SS. Trinità la quale diviene in breve tempo una delle istituzioni religiose più potenti e in- fluenti del sud. Essi operano una autentica rifondazione del monastero benedettino, infatti lo ricostruiscono in forme aggiornate. E a testimonian- za della loro devozione e del loro particolare attaccamento, i Normanni de- stinano l’edificio religioso a luogo di sepoltura dei membri della famiglia Altavilla. La decisione determina il decisivo accrescimento del valore simbolico del com- plesso monumentale. Da questo momento la SS. Trinità acquista non solo il significato di massimo centro del potere religioso, ma il valore di alta di- gnità di monumento in cui è custodita la memoria storica di Venosa.182 Nel 1069 nella SS Trinità verranno sepolti i corpi dei primi tre conti Normanni del ducato di Puglia: Guglielmo, Dragone e Umfredo, ai quali si aggiungerà nel 1085 il corpo dello stesso Roberto il Guiscardo.183 L’abbazia, ubicata nel 1082 “…intra moenia Venusiane civitatis…”,184 era il più importante e vitale centro culturale dell’area, il luogo da dove i benedettini propagavano nel mezzogiorno, ancora bizantinizzato, le istanze culturali pro- venienti dal nord latino. In più era centro del potere civico poiché per vo- lontà dei Normanni, il vescovo della città veniva scelto tra gli abati prepo- sti alla guida del monastero. Lo stato di floridezza e di prosperità dell’abbazia raggiunge il culmi- ne sul finire del XII secolo, quando i monaci benedettini, sull’onda dell’af- fluenza economica, decidono di intraprendere il grandioso progetto di co- struire una nuova chiesa che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto sfondare il coro della vecchia chiesa allo scopo di creare un organismo architettonico unitario sul modello delle grandi cattedrali romaniche. Le dimensioni del progetto erano ragguardevoli: 24 metri di larghezza che diventavano 48 nel transetto e una lunghezza che avrebbe toccato i 125 metri. Ma, forse, l’eccessiva

182 H. Houben, Una grande…, op. cit. 183 M. Salvatore, Venosa, op. cit. p. 78. 184 Ughelli, Italia Sacra, Venezia, 1721, t. VII, p. 170.

169 grandiosità del progetto e la crisi in cui precipitò il monastero benedettino, subito dopo l’inizio dei lavori, causarono l’interruzione dell’impresa costruttiva che non venne mai portata a termine. Della costruzione restano i muri pe- rimetrali, nella cui elevazione vennero reimpiegati molti conci di pietra pro- venienti dal vicino anfiteatro romano, e la fila di colonne della navata de- stra con i possenti pilastri compositi di crociera.185 L’impianto della chiesa nuova, detta anche l’Incompiuta, è a croce la- tina con transetto molto sporgente nei cui bracci furono ricavate due absi- diole orientate. La parte presbiteriale, caratterizzata da un coro molto profondo, con deambulatorio e cappelle radiali, appare ispirata a modelli francesi borgognoni. Con la titanica impresa dell’ampliamento della SS. Trinità si esaurisce, a Venosa, la parabola costruttiva del maggiore complesso monumentale cit- tadino. L’interruzione dei lavori dovette influenzare negativamente anche il processo di crescita della città e l’incompiuta chiesa nuova, dovette segnare emblematicamente il culmine della potenza e l’inizio della decadenza di una abbazia e di una città.186 Nel 1297 papa Bonifacio VIII sottrae il monastero all’ordine benedettino e ne affida la conduzione all’ordine Gerosolimitano di S. Giovanni il quale non riesce a produrre alcun avanzamento dei lavori. Dando inizio al processo di abbandono del monastero, i Gerosolimitani preferiscono stabilire la loro sede all’interno dell’area urbana. Allo scopo costruiscono, lungo il percor- so principale dell’insediamento, il primo nucleo dell’edificio che sarà det- to casa del Baliaggio, cioè la residenza del Balì governatore provinciale del- l’ordine Gerosolimitano.187 Con l’ultima crociata e la partenza dei monaci benedettini l’abbazia del- la Trinità inizia il suo progressivo decadimento, che con l’arretramento della città medievale, venne addirittura a trovarsi extra moenia.188

185 G. D. Mezzina, Radiografia di un monumento: la chiesa della SS. Trinità di Venosa, Bari, 1977, p.45. 186 Idem. 187 Ughelli,op. cit., t. VII. 188 Idem, p. 46.

170 Venosa

Venosa, posta sulla confluenza dei valloni del Reale e del Ruscello, co- stituisce nell’area nord della Basilicata un punto di incontro tra l’Irpinia, la Lucania e la Puglia. Essa nasce nel III secolo a.C. quando sull’altopiano circondato dai due fiumi, i Romani vi fondano un municipio racchiuso da un grosso circuito mu- rario, che raggiunge la sua massima estensione urbana fino ai confini naturali del sito. 189 Ma nel corso del V e VI secolo, mentre la religione cristiana acquista au- torità, Venosa vede arretrare sensibilmente i suoi confini nord-orientali e quin- di ridursi il suo perimetro urbano. Di conseguenza la popolazione si con- centra nel punto più alto e meglio difeso del promontorio, mentre il resto del- l’area racchiusa nella cinta muraria si ruralizza.190 Dall’apprezzo del 1696 apprendiamo che nella cinta muraria si aprivano le porte per l’accesso alla città. La prima porta, forse la cosiddetta Porta del- la Terra, era posta vicino alla fontana angioina, la seconda porta, quella del- la Città, era posta nelle vicinanze del Castello. La terza porta, quella ad orien- te era detta la porta della Trinità. La particolarità della presenza di due por- te nella stessa area una prima dell’altra è da ricercarsi nella conformazio- ne del sito, in quanto quella parte non era certo una delle più adatte alla si- curezza della città, perchè non presentava difese naturali come pendii o val- loni a differenza degli altri lati. Quindi le due porte dovevano servire ad una maggior difesa di questa parte della città. “…Nell’entrare in detta Città si ritrova la prima Porta con fontana d’acqua viva, con due leoni alli lati, e pila grande di pietra fra mezzo di leoni, e con un’po- co di largo, si passa alla seconda Porta e da essa si và ad un’ vacuo, seù largo gran- de, a sinistra del quale si ritrovano alcuni archi di fabbrica, e sopra di lui in alcu- ne parti, vi sono camere per habitare , e sotto detti archi, vi sono molte botteghe di

189 E. Masiello Venosa Storia Città Architettura, Lavello, 1994 p. 39. 190 Idem.

171 diverse specie, et il spatio, che vi è fra detti archi e botteghe è pubblico, e viene co- verto a tetti, ed’anco sotto detti archi vi sono due taverne con un’altra fuora detti archi con stalle, e camere per alloggio de forestieri, una delle quali è il Barone, a de- stra di detto largo, si trova il Palazzo Baronale in forma di Castello, che si descri- vera fra li corpi feudali, cossì pure detta Città tiene un’altra Porta dalla parte d’Oriente, detta la Porta della Trinità, alla quale si và per mezzo di detta Città con strada brec- ciosa, piana e carrozzabile.”191 Il tracciato viario regolare della città romana si modifica sensibilmen- te: le strade larghe e rettilinee tendono a trasformarsi in stradine strette ad andamento curvilineo. Fanno eccezione i decumani, che rimangono i per- corsi principali forti elementi di permanenza.192 In questo periodo Venosa si ritrova ad essere governata da un conte che esercita il suo potere su delega del gastaldo di ed è una delle po- che città che controllavano l’unico sbocco al mare Adriatico dei Longobardi.193 Tra il VII e VIII secolo si collocherebbe la costruzione di un presunto ca- stello ubicato sull’area dell’attuale Istituto dei Padri Trinitari (già conven- to di Sant’Agostino), i cui resti sono venuti alla luce durante alcuni lavori di restauro.194 La decisione di costruire una fortificazione nell’area nord-orien- tale della città romana fa supporre che in questo periodo essa fosse ancora densamente edificata e non ancora ridotta ad un ammasso di ruderi, anche perché al suo interno sorgeva la sede episcopale con la prima cattedrale di Venosa, dedicata a S. Felice, che è difficile immaginare isolata e fuori del con- testo urbano.195 Intorno al Mille la città antica viene cancellata, pur permanendo il pe- rimetro murario e i percorsi viari principali, nascono le chiese che costituiscono i primi poli funzionali e di riferimento nel tessuto urbano. Alcune di esse cam-

191ASN, ACT, Apprezzo di Venosa del 1696 (documento 4). 192 E. Masiello, op. cit., Lavello, 1994 p. 50. 193 M. Sanfilippo, Dalla crisi urbana del periodo tardoantico alla città-stato tardomedievale, in T.C.I., Le città, Milano, 1978, p. 58. 194 M. Bonifacio, Monastero di S. Agostino, in M. Salvatore (a cura di), Venosa: un parco…, p. 67. 195 A. Pellettieri, Venosa, in AA.VV., Cattedrali di Basilicata, a cura della Coop. Imago e dell’Istituto Internazionale di Studi Federiciani, Lavello, 1995 pp. 107-114.

172 biano la loro dedicazione, altre sono ricostruite o ingrandite più volte ma sem- pre sullo stesso luogo, altre sono inglobate nelle strutture conventuali. Esse sono costituite da un unico ambiente distinto solo dalla cella campanaria o da qualche elemento decorativo inserito nella facciata. 196 In coin- cidenza di queste chiese, accanto ad orti ed aree incolte, si aprono degli slar- ghi, il sagrato delle chiese, che svolgono la funzione delle piazze. Grazie all’apprezzo del 1635, conservato nell’ACT, documento n. 3, in appendice riusciamo a collocare altre chiese presenti nella città. Ad esem- pio “…La chiesa di Santa Maria Pallagano accosto le muragli di detta città…” “…chie- sa parrocchiale sotto titolo di Santo Cosmo nel mezzo di detta città…” “…la Chiesa parrocchiale di S. Biase, vicino la Piazza Maestra…”197 In epoca normanna, Venosa vive una stagione di notevole crescita ur- bana che si traduce nell’espansione e nella ricostruzione dell’insediamen- to spontaneo formatosi nei secoli precedenti nell’area sud-occidentale del promontorio, determinato dalla costruzione della nuova cattedrale nei pressi del castellum acquae romano, dove in epoca aragonese sorgerà il castello di Pirro del Balzo. La nuova cattedrale di S. Felice funge da nuovo e opposto polo religioso di attrazione, in un processo di formazione urbana nel qua- le i nuovi quartieri medievali andranno ad assieparsi ai suoi piedi.198 È dunque in epoca normanno-sveva che Venosa acquisisce l’assetto ur- banistico tuttora conservatosi con la costruzione dei grandi complessi reli- giosi, che strutturano la crescita fisica della città medievale. Nel corso del Duecento, gli ordini mendicanti promuovono la costruzione di grandi com- plessi conventuali che vengono localizzati nel settore centrale del pro- montorio. La tipologia conventuale è costituita da una serie di corpi di fab- brica, articolati unitariamente intorno ad un chiostro avente funzione di cen- tro della vita comunitaria. Agli ambienti destinati ad accogliere le funzio-

196 A. Capano, Aspetti del periodo medievale in Venosa e nel suo territorio, in Radici n. 10, 1992, p. 117. 197 ASN, ACT, Apprezzo di Venosa del 1635 (documento n. 3). 198 A. Capano, Aspetti…., op. cit.

173 ni di convento era annessa la chiesa che al pari delle chiese parrocchiali, era al servizio della comunità. I Francescani fondano, nella prima metà del XIII secolo, forse nel 1223, il loro convento.199 Qualche decennio più tardi, for- se sui resti di un edificio preesistente donato ai Domenicani da Re Carlo d’Angiò200, viene fondato il convento di San Domenico il quale andò ad oc- cupare un’area centrale posta lungo il percorso urbano principale. Intorno al 1280 gli Agostiniani iniziano a costruire il loro convento sui resti del- l’antico castello longobardo, in un’area che in quel tempo doveva essere scarsamente edificata. Nel corso dei primi decenni della dominazione angioina, Venosa resi- ste all’infeudamento, anzi, ottiene la riconferma dei privilegi concessi dai so- vrani normanni e svevi.201 Grazie ad una serie di privilegi sovrani concessi alla città a cavallo dei secoli XIII e XIV, si costruirono le fontane pubbliche: 202 la fontana tuttora det- ta Angioina o dei Pilieri, viene costruita nel 1298 e viene ubicata nelle vici- nanze della porta occidentale; nel 1313-14 si costruisce la seconda fontana pubblica di Venosa, quella detta di Messer Oto, la quale viene ubicata lun- go la strada principale dell’insediamento; la fontana di S. Marco, omonima della chiesa vicino alla quale sorgeva, e quella posta nei pressi del presun- to palazzo di corte. Nello stesso 1313 viene istituita la fiera della SS. Trinità.203 Essa era una fiera molto importante e grande che durava circa due settimane, a cui par- tecipavano molti mercanti stranieri e vi accorreva molta gente dei paesi vi- cini. Era un forte introito per l’economia della cittadina. “…Si fà in detta Città nella larga, e spatiosa campagna fuori la Porta della Santissima Trinità la fiera grande, che principia il Sabato Santo di Pentecoste per

199 G. Fortunato, Riccardo da Venosa e il suo tempo, Trani 1918 (rist. anastatica Venosa Osanna, 1983) p. 39. 200 Idem. 201 L. Mumford, La città nella storia, Milano 1967. 202 G. Cenna, Cronaca Venosina, (ristampa anastatica, Venosa, 1982), p. 295 e sgg.. 203 L. Mumford, op. cit. pp. 326-331.

174 tutto il giorno del Corpus Domini in cui concorrono moltissimi Mercanti forastieri a comprare, a vendere moltissimi generi mercantili, e tutte sorti d’animali di cui è l’incetta maggiore della fiera sudetta.”204 Nella confusione di questi avvenimenti, nel 1345, la contea di Venosa vie- ne assegnata a Roberto principe di Taranto il quale inaugura la lunga serie di feudatari che si succedono, con alterne vicende, nel possesso del feudo. Nei decenni finali del XV secolo, la storia di Venosa è incentrata sulla figura di Pirro del Balzo. Come si ricava dai cartolari dell’archivio Caracciolo, nel 1453 Maria Donata Orsini, moglie del citato Pirro, riceve in dote dal pa- dre Gabriele, signore di Venosa, il feudo della stessa città.205 Nel 1460, ufficialmente per ricostruire la città dopo i gravi danni cau- sati dal terremoto del 1456 ma, forse per difendersi dagli assalti del cogna- to, il principe di Taranto, che accampava pretese su Venosa, Pirro dà inizio ai lavori per la costruzione del castello. Allo scopo si procede alla demoli- zione dell’antica cattedrale di S. Felice e allo spianamento di un brano co- spicuo di tessuto urbano gravitante intorno ad essa, spostandola al centro della città sulla chiesa di S. Basilio, edificando l’attuale cattedrale dedicata a S. Andrea. Vennero così cancellati più mille anni di storia.206 Il castello è posto nel punto più vulnerabile del sistema difensivo che consente a Pirro di controllare i principali percorsi extraurbani che da qui si diramano in più direzioni naturali, dove è anche possibile controllare i flus- si di traffico che interessano la viabilità urbana. Al di fuori della cinta muraria si incontrano gli edifici religiosi fondati dai monaci basiliani e benedettini, ubicati preferibilmente lungo i princi- pali percorsi extraurbani come quello di S. Nicola e di S. Benedetto, quel- li di S. Giorgio e di S. Pietro.207 Questi insediamenti religiosi sono impor- tanti centri produttori, la cui attività è determinante per lo sviluppo del-

204 ASN, ACT, Apprezzo di Venosa del 1713, (documento n. 9). 205 A. Capano, Venosa ed i suoi feudatari. Note storiche, in Radici n° 6, 1990, p. 146. 206 Idem. 207G. Crudo, Venosa e i suoi vescovi. Serie cronologica.storica dei pastori della chiesa venosina, Salerno, 1894, p. 75.

175 l’economia agricola. Nel contado venosino si incontrano comunità che si raccolgono intor- no agli insediamenti religiosi più antichi, le quali danno vita alla formazione dei casali. Tra questi vi sono Maschito, Boreano, S. Maria in Pascale, Acquavella, S. Chirico, S. Leonzio e Musanna.208 Lungo la direttrice extraurbana che collegava Venosa con le aree interne della Basilicata e che insisteva sull’antico tracciato della romana Via Herculea, si incontrano le comunità monastiche di S. Giorgio, non distante dalla Chiesa di S. Maria di Montalbo, e di S. Nicola di Morbano. Dalla chiesa di S. Maria di Montalbo abbiamo una descrizione del 1696 “…Fuori di detta Città distante un miglio verso Ponente, si trova un’altra Chiesa grande, sotto titolo di Santa Maria Montalbo, quale è coperta a tetti con una campana piccola, in testa vi è l’al- tare maggiore coll’ossatura di rilievo di Nostra Signora, vi si fà la festa il dì di Pasca di Resurrettione e tiene poche entrade.”209 Lungo la strada che conduceva a Melfi, sul piano delle Zoccolanti, vi era l’antica chiesa di S. Maria della Pace che nel XV secolo Pirro farà ampliare ed abbellire per ospitare la tomba di sua moglie Maria Donata Orsini. Questa chiesa “…consiste in una nave grande coperta a tetti a due penne, con tem- piatura piana di tavole, in testa vi è l’altare maggiore con custodia, ed a destra, et a sinistra di detta nave, vi sono molte Cappelle con cone di legname dorate, e con quadri ad oglio, vi è la sagrestia con coro, ed apparati bastanti, vi sono tre calici, e croce d’argento, e vi sono due campane con picciolo campanile,”210 Non va dimenticata la presenza lungo i corsi d’acqua principali, di nu- merosi mulini ad acqua che trasformano in farina le messi di frumento pro- dotte in gran quantità dalla campagna.211

208 G. Cenna, op. cit., pp. 220-224. 209 ASN, ACT, Apprezzo di Venosa del 1696 (documento n. 8) 210 Idem. 211 G. Cenna, Cronaca…., op. cit.

176 APPENDICE AL CAPITOLO II

Documento n. 1

1615, 4 Aprile

Apprezzo della Terra di Atella e del suo Casale Rionero redatto dal Tavolario Orazio Grasso su istanza del Sacro Consiglio, non accettato dal Duca di Ascoli, in quanto si sentiva leso nei suoi interessi.

ASN, ACT, Fasc. 121 Inc. 11

Primo Apprezzo della Terra di Atella Fatto Dal Regio Tavolario Orazio Grasso In anno 1615

Per decreto di Vostra Signoria mi è venuto commesso l’apprezzo del- la Terra di Atella con tutte sue contrade, giurisdizioni, e vassalli: e volendo al detto apprezzo procedere, avendo prima monite le parti in scriptis, mi so- no personalmente conferito nella detta Terra di Atella sopra della quale vi è il sopradetto Marchese, la quale stà situata nella Provincia di Basilicata in una pianura con montagne intorno, come sono Santo Angiolo, dove sono due laghi notabili, nelli quali si ci pescano tenche in abundanza, e perfette, e con- fina colla Città di Melfi distante dieci miglia in circa, con il fiume Ofanto, di- stante da detta Terra miglia quindeci in circa, colla Terra di Barile distante cinque miglia, ed la Terra di Ripacandida distante tre miglia, col feudo di

177 Lagopesole distante sei miglia, colla Terra di Bella distante miglia dodeci, colle Terre di Santo Fele, e Ruvo distante sei miglia, cola Città di Muro mi- glia quattordeci, con la Terra di Rapone miglia sette, e con altre Terre covi- cine; distante dalla Città di Salerno miglia quaranta in circa, e dalla Città di Napoli miglia settanta in circa. All’entrare di detta Terra, quando si và da Melfi, si ritrova una Porta, che è la principale vicino il Castello, quale corrisponde ad un’altra dove si và a Santo Fele, ed altri luoghi, e dalla parte di Oriente si ritrova un’altra Porta per la quale si và a Potenza, ed altre Terre, la quale corrisponde ad un’altra Porta verso Occidente, da dove si và alla Città di Napoli, ed altre Terre. Dentro poi la detta Terra di Atella vi sono quattro strade principali larghe, magni- fiche, e piane, per le quali si può andare con carozza, come quasi per tutta la maggior parte dell’intiero territorio, oltre altre strade per dentro similmente piane. E caminando da detta strada principale, si và ad incontrare la Piazza, quale è molto grande, e quadra, ornata con tre piedi grandi di olmi, ed in- torno vi sono molte tittate, sotto le quali si può andare, e starvi, ed in par- ticolare serveno per poteche di Mercanti nelli tempi delle ferie. Vi sono anche in detta Terra l’infrascritte Chiese, cioè la Chiesa Maggiore nominata Santa Maria soggetta al Vescovato di Melfi, quale stà in mezzo di detta Terra vicino la detta Piazza, servita da venti Sacerdoti in circa con al- tri dieci Diaconi, e Subdiaconi, e da Clerici quattordeci con coro, ed organo. Due altre Ecclesie Parrocchiali sotto nome di Santo Eligio, e Santo Nicola; e di più uno Monistero di Moniche da trenta in circa, e vivono commoda- mente con intrade. Un Convento di S. Francesco della Scarpa facoltoso, con Chiesa ove so- no molte Cappelle, ed organo, servita da sei Padri Sacerdoti, ed altri quat- tro Servienti. Un altro Convento dell’ordine di Santo Agostino, chiamato Santo Vito similmente commodo, e servito da quattro Padri Sacerdoti. Uno Ospedale sotto il titolo di S. Lonardo per li poveri, e pellegrini. Una Congregazione di Secolari nella Chiesa di Santa Caterina, e diverse altre Ecclesie dentro detta Terra di divozione. Fuera della quale, e vicino detta Porta del

178 Castello vi è un altro Convento dell’Ordine di Santo Domenico con quattro Padri Sacerdoti, e di più poco lontano vi è il Convento di Santa Maria de- gli Angioli delli Padri Zoccolanti al numero di otto in circa; e tre miglia di- stante da detta Terra vi è il Convento de Padri Cappuccini nella detta mon- tagna di Santo Angiolo; et anco fora di detta Terra vi è il Convento di Carmelitani sotto titolo di Santa Maria di Perno, la quale è Abbatia. La detta Terra di Atella nell’ultima numerazione fù numerata fochi 573, al presente è da fochi 280 in circa. Tiene uno Casale detto Arenigro, distan- te da detta Terra circa tre miglia, dove abitano da quaranta cinque persone altri fuochi di Albanesi in circa; oltre li detti fochi 280, che fà la detta Terra di Atella, quali abitano dentro grotte accomodate con fabrica, e vicino det- to Casale vi è una Ecclesia detta Santo Antonio, il quale Casale si può au- gumentare, come tuttavia si và augumentando. Nella quale Terra di Atella vi sono alcune famiglie nobili, et suffeuda- tarij di detto Signor Principe, uomini d’arme, cavalli leggieri, e piazze mor- te, sei Dottori di Legge, un altro in Canonica, un Teologo, due Fisici, due Professi in Chirurgia, tre Notari, uno Giodice a contratto, uno Speziale di Medicina, cinque Barbieri, cinque Calzolari, uno Manescalco, e tre Terrari; quattro po- teche di Sartori, tre poteche lorde, due chianche, e sei taverne, e gli altri so- no Massari di campo, e fatigatori, quali vivono mediocremente al genera- le; e la detta Università tiene di debito, come mi sono informato da docati ventiseimila in circa di capitale, oltre cinque, o sei milia docati di terze. La quale Terra, oltre d’essere antiqua, come è notorio, per quello, che mostra è stata molto grande come si conosce dal circuito delle muraglie, e torrioni. Il territorio di detta Terra di Atella è di circuito da miglia trenta in cir- ca, con territorij fertili, et atti a coltura, ove sono boschi da legnare, erbag- gi sì d’estate, come d’inverno, dove si possono fare molte industrie di ani- mali, come sono porci, capre, pecore, vacche, ed altri, per essere in detto ter- ritorio abundanza di detti erbaggi, gliande, e fontane di acque bellissime, e bone; ed in particolare vi è una fontana, che si dice la Francesca, la quale sca-

179 turisce da un montetto con molti cannonetti, e distillazioni fatti dalla natu- ra, tutta piena di capilli veneri, et altre erbe, che fanno una bellissima, e de- liziosa vista, dalla quale esce tanta acqua, che macina undeci molini poco l’u- no distante dall’altro, delle quali ne sono due di detto Signor Principe, et le altre di altri particolari di detta Terra. Vi sono anche altre fontane dette l’Imperatore, le Gavitelle, l’Imbrici, et altre vicino detta Terra; et mezo mi- glio in circa lontano vi è il fiume chiamato Triepe abundante di pesce, et an- guille. Vi è anco commodità nelli detti boschi, et campagne di caccia di por- ci, caprij, lepri, et altri animali selvaggi. Nella detta Terra si vive bene, et grassoso per esserci abundanza di pa- ne molto buono, et bianco, così anco vini esquisiti, si bianchi, come cera- soli, con abundanzia di foglie cappuccie, et altre fogliame, carne, for- maggi et latticinij. L’Università, per quello, che mi sono informato, stà oppressa di de- biti, e tiene d’intrade da docati quattromilia in circa consistentino in di- verse gabelle. Nella detta Terra vi si fanno due fiere principali l’anno, dove vi è gran concorso di negozianti, e bestiame di ogni sorte da diverse parti del Regno, et in particolare da Calabria. Una di esse nel principio del mese di Settembre, e l’altra nel mese di Giugno detta di Santo Vito. Il Signor Principe tiene in detta Terra di Atella la giurisdizione di pri- me, e seconde cause con deputarsi il Capitanio a suo beneplacito, che stà Dottore, o Coppa, e Spada et il Giudice delle seconde cause tiene anche autorità di depritare due volte l’anno l’officio di Mastro Mercato nelli tempi detti di so- pra; et di più tiene il Ius Eligendi il Mastro Giurato, et Sindaco di detta Terra, la quale tiene obbligo di nominare tre persone per Mastro Giurato, e Sindaco, et l’elezzione spetta a chi piace a detto Signor Principe. Cossì an- che l’Università è obligata, nominarli ogn’anno un Erario; il quale tiene pen- siero d’affittare, et esiggere l’entrade, et uno Terraggiero, quale hà pensie- ro di esigere il terraggio delle vittovaglie, et anco un Esattore delli proven- ti, et questo senza salario.

180 Nel detto Casale di Arenigro deputa il Locotenente, et dal detto Casale si paga ogni anno docati settanta, come più appresso si dirà. Vi è anche in detta Terra il Castello, consistente. Avanti, che si entra in detto Castello, quale è monito di fossi con quat- tro torrioni intorno, si ritrova un largo detto la Cittadella murata, et si en- tra da un ponte di tavole a levatura, sopra il quale vi è una porta con le ar- me del detto Signor Principe, e caminando si ritrova un’altra porta con la Guarda Porta, con cortiglio e due cisterne atte a tener acqua, et in piano di detto cor- tiglio una cocina grande con forno, con una dispenza, et saglituro, che ser- ve per portare le vivande coperte sopra il Castello, con stalla grandissima con le balaustri intorno. Vi è un’altra stalla appresso in piano, dai lochi da tener paglia, e nel medesimo cortiglio dall’altro lato si ritrova un cellaro, et tre altre stanzie terrane, in una delle quali vi è un forno grande per cocere il pane, et un’altra porta dalla quale si và alla Cittadella per ponte, et sagliendo per una grata si ritrova una loggetta coverta, da dove si entra in uno salo- ne, et una Cappella in piano di detto salone, et da un braccio si ritrovano quat- tro camere in piano, et in fronte de detto salone un’altra camera a lamia den- tro uno di detti torrioni da un altro lato di detto salone, si ritrova un came- rone con una loggia coverta, quale si chiama belvedere. In capo della qua- le vi è una cammeretta, et appresso segue un’altra sala, la quale serveria per l’altro abitamento, et sequitando detta sala, si ritrovano sette altre camere in piano, quale Castello ut supra descritto, hà bisogno di alcune reparazio- ni, et saria habitazione molto commoda. Sopra la quale Terra di Atella il detto Signor Principe ci tiene, e possiede l’infrascritte entrade feudali, quali sono state da me calculate da dieci anni in qua, et questo per fare una compensazione, poiche dette entrade quan- do sono basciate, e quando alzate, et anco per il prezzo del grano, orgio, et altre legume, così come hò visto dalli libri d’inventario, et esito fatti anno per anno dall’Erarij, et a me presentati, alle quali entrate anno per anno se ci è allumata la candela, e sono rimaste allo più offerente, delle quali esazzioni d’entrade anno per anno se n’è fatto inventario, e dopi se n’è dato esito, co-

181 me hò visto da detti libri, et incominciando a calcolare le dette entrade dal- l’anno 1604, et 1605 nel quale anno fù Erario Giovanni Battista Donnella nel Governo del D. Marcello Lettiero, la detta Terra di Atella hà renduto al Signor Principe l’infrascritte entrade in denari.

Intrade in denari della Terra di Atella dell’anno 1604, et 1605 nello Erariato di Giovanni Battista Donnella, sono Per l’affitto della portolania, zecca, e bagliva docati mille, et cin- quecento cinquanta______1550 Pervenuti dalla mastrodattia esercitata in demanio da Vito Gamba docati sessanta cinque, tari uno, e grana diecenove, e mezzo______65 : 1/2:19 E per la mastrodattia sudetta di detto anno finito detto dema- nio altri docati cento settanta______170 Dall’affitto dell’erbaggio di Marotto, e Margarito docati cento__100 Dall’erbaggio della Civita, e Maurelle docati ciquanta______50 Dalla spica, et erba statonica di tutte dette tre difese, seù terzi docati cento______100 Dall’affitto della taverna docati quaranta cinque______45 Dalla rendita dell’erba della Cittadella docati otto______8 Per l’affitto di Bocito docati quattrocento trenta______430 Per le fide di bovi, e bacche nelle dette tre difese, seù terzi do- cati trenta sette______37 Dall’Università di Atella per subsidio dell’Officiali, et per la di- fesa di Montesirico docati cinquant’otto______58 Per la decima dello lino della Corte docati tredici, tarì uno, e gra- na quindeci, ch’è la metà di docati ventisei, tarì tre, e grana die- ci, de quali si fà inventario Iacobo Bencivenga Erario nell’an- no da venire 1605, et 1606, poiche nel presente anno non ci è in- ventario de lino, e perciò mi hà parso di fare detta compensa- zione______13: 1:15

182 Che in tutto dette intrade di detto anno in denari unite fanno la somma di docati duemilia seicento ventisei tarì tre, e grana quattordeci, e mezo______2626: 3:14 ./.

Seguono l’infrascritte altre intrade in vittuaglie del detto anno, e sono Per l’affitto dei molini di grano tomoli cento quarantacin- que______145 Et più per li terraggi grano tomoli due cento trenta______230 Che sono in tutto grano tomoli______375 Da orgio per l’affitto del terraggio tomoli trecento settanta_370

Dell’Anno 1605, et 1606 in denari nello Erariato di detto Iacobo Bencivenga Per lo cenzo solito dell’Università di Atella docati cin- quant’otto______58 Dalla bagliva, portolania, e zecca docati mille, et cinquecento settanta sette, tarì due, e grana quindeci______1577: 2:15 Dalla mastrodattia docati trecento cinquanta______350 Dall’affitto di Bocito docati quattro cento trenta______430 Dall’affitto dell’erbaggio delli terzi, seù difese di Armatiero del- l’inverno docati cento quaranta cinque______145 Per la spica, et erbaggio dell’estate di detti terzi altri docati cen- to quaranta cinque______145 Per le fide di diversi particolari delli loro animali nelli detti ter- zi docati settant’otto, tarì quattro, e grana sei______78: 4:06 Per la fida delle legne secche, e selvaggie di Bocito fatta a Particolari docati venti nove, e tarì quattro______29: 4 Per l’affitto della taverna docati quaranta cinque______45 Per la rata dello lino, secondo la compensazione fatta docati tre- deci, tarì uno, e grana quindeci______13: 1:15 Che in tutto dette intrade in denari di detto anno unite fanno

183 la somma di docati due milia, otto cento settanta due, tarì due, e grana sedici ______2872: 2:16

Seguono l’infrascritte altre intrade in vittuaglie di detto anno, e sono Dall’affitto delli molini di grano tomoli cento quaranta cinque__145 Dalli terraggi di grano tomoli cinque cento settan’otto______578 Che unite sono di grano______723 Di orgio dalli terraggi tomoli quattro cento ottanta quattro, et un quarto______4841/4 Di germana dalli terraggi tomoli nove______9 Di fave dalli terraggi tomoli cinquantasei______56 Di miglio dalli terraggi tomoli quaranta cinque______45 Di nemiccole tomoli due______2

Intrade in denari dell’anno 1606, et 1607 nell’Erariato di Cola Risuccio Per lo solito cenzo dell’Università di Atella docati cin- quant’otto______58 Dalla bagliva, portolania, e zecca docati mille, et seicento__1600 Dalla mastrodattia docati trecento cinquanta cinque______355 Dalla taverna docati cinquanta due______52 Dalla decima del lino docati trenta tre, e grana sei____33: 0:06 Dall’affitto dell’erba delli terzi, per passata dell’animali doca- ti settanta______70 Dall’affitto dell’erba dell’inverno di detti terzi docati cento trenta______130 Dalla spica di detti terzi docati cento venti______120 Dall’affitto di Bocito docati quattro cento trenta______430 Dall’affitto delle fide di animali, et taglio di legne secche in Bocito docati cento quaranta due______142 Che in tutto dette entrade in denaro di detto anno unite ascen- dono alla summa di docati due milia nove cento novanta, e gra-

184 na sei______2990: 0:06 Seguono l’infrascritte altre intrade in vittuaglie di detto anno, e sono Dall’affitto delli molini di grano tomoli cento quaranta quat- tro______144 Et dal teraggio, e compasso tomoli sei cento cinquanta sei____656 Che unito detto grano sono tomoli otto cento______800 Di orgio tomoli quattro cento novant’uno______491 Di germana tomoli venti quattro, e tre quarti______243/4 Di legume tomolo uno, et un quarto______11/4 Di fave tomoli quaranta, e mezo______40 ./. Di miglio tomoli sei______6

Intrade in denaro dell’anno 1607, et 1708 nell’Erariato di Paolo Maralbo Dalla bagliva docati mille settecento trenta______1730 Dall’affitto di Bocito docati quattro cento, e dieci______410 Dalli terzi docati cento sessanta tarì tre, et grana sei, et un ter- zo______160: 3:061/3 Dalla taverna docati cinqua due______52 Dall’erbaggio della statonica delli terzi docati trenta cinque__35 Dalla spica docati ottanta______80 Dalla mastrodattia docati trecento settanta______370 Dalla fida fatta a legnare docati cinquanta tre, e tarì due_53: 2 Dalla fida di bovi, e bacche fatta alli terzi docati novanta set- te tarì uno, e grana dieci______97: 1:10 Dallo cenzo solito della Terra docati cinquant’otto______58 Dalla decima del lino docati dodeci, tarì tre, et grana die- ci______12: 3:10 Dall’adoho di Giovanni Carlo Ameruso docati due______2 Che in tutto dette intrade in denaro di detto anno ascindono al- la summa di docati tre milia sessant’uno, grana sei, et un ter-

185 zo______3061: 0:061/3 Seguono l’infrascritte altre intrade di detto anno in vittuaglie Di grano dall’affitto delli mulini tomola cento quarant’ot- to______148 Dal compasso di grano tomola quattro cento cinquanta quat- tro______454 Che unite sono di grano tomola sei cento, et due______602 Di orgio per il compasso tomola cinque cento, et quattro, e me- zo______504 ./. Di fave per il compasso tomola trenta sette______37

Intrade in denaro dell’anno 1608, et 1609 nell’Erariato di Ferrante di Lello Dall’affitto della bagliva, portolania, et zecca docati mille set- te cento trenta______1730 Dalla mastrodattia docati trecento settanta______370 Dalla taverna docati cinquanta tre______53 Dall’Università per il cenzo solito docati cinquant’otto______58 Dall’affitto dell’erbaggio delli terzi, seù difese docati cento settanta______170 Dalla vendita dell’erbaggio statonico di detti terzi docati tren- ta______30 Dalla vendita della spica di detti terzi, seù difese docati qua- ranta______40 Dall’affitto del feudo di Bocito, conforme la cautela, seù offerta docati quattro cento sessanta sei, tarì tre, grana sei, e due ter- zi______466: 3:062/3 Dalla fida delli bovi, e bacche delli detti terzi docati cento venti quattro, e mezo______124: 2:10 Dalla fida fatta a lignare nel bosco del Bocito docati cinquan- ta cinque, ed un tarì______55: 1 Dalla decima dello lino docati quattordeci, tarì quattro, e gra-

186 na cinque______14: 4:05 Dall’adoho di Ameruso docati due______2 Che in tutto dette entrate in denaro di detto anno in unum ascen- dono alla summa di docati tremilia cento, e quattordeci, tarì uno, grana uno, e due terzi ______3114: 1:012/3

Seguono l’entrade in vittuaglie di detto anno, e sono Dall’affitto delli molini tomola cento quaranta cinque di gra- no______145 Dalli terraggi, e compassi di grano tomola trecento settanta due______372 Che unite sono di grano tomola cinque cento, e diciasette__517 Dalli terraggi di orgio tomola quattro cento, et quattro______404 Di fave tomoli venti cinque______25 Di miglio tomoli undeci______11 Di germana tomoli diecessette______17

Intrade dell’anno 1609, et 1610 in denaro nell’Erariato di Giuseppe Compagno sono Dalla bagliva, zecca, e portolania docati mille settecento qua- ranta______1740 Dalla mastrodattia docati quattro cento novanta______490 Dall’affitto dell’erbaggio delli terzi, per la passata delle peco- re docati sessanta______60 Dall’affitto dell’erba dell’inverno di detti terzi docati cento, e sedici, tarì uno, e grana quindeci______116: 1:15 Dall’erba statonica di detti terzi docati trenta sei______36 Dalla spica di detti terzi docati settanta cinque______75 Dalla fida di bovi, e bacche di detti terzi docati sessanta nove, tarì due, e grana dieci______69: 2:10 Dall’affitto di Bocito docati quattro cento sessanta sei, tarì tre,

187 grana sei, e due terzi______466: 3:062/3 Dalla fida del legnare in detto bosco, e feudo docati settant’otto, e grana cinque______78: 0:05 Dalla taverna docati cinquanta quattro______54 Dalla decima del lino docati quindeci, tarì quattro, e grana di- ciotto______15: 4:18 Dall’Università di Atella per il cenzo solito docati cin- quant’otto______58 Che in tutto dette intrade in denaro di detto anno ascendono alla summa di docati tre mila duecento cinquanta nove, tarì due, grana quattordeci, e due terzi______3259: 2:142/3

Seguono l’entrade in vittuaglie di detto anno, e sono Di grano dallo terraggio, e compasso tomola cinque cento e set- te ______507 Di grano dall’affitto delli molini tomola cento cinquanta_____150 Che unite sono di grano tomola seicento cinquanta sette_____657 Di orgio tomola quattro cento cinquanta due______452 Di fave tomola otto, et un quarto______81/4 Di germana tomola sette______7 Di miglio tomola nove______9 Di cicerchie tomola due, e mezo______2 ./.

Intrade in denaro dell’anno 1610, et 1611 nell’Erariato di Gasparro Provenzale, e sono Dalla bagliva, portolania, e zecca docati mille, e sei cento__1600 Dalla fida di particulari di Barile fidati nel demanio di Atella docati cinquanta, tarì quattro, e grana dieci______50: 4:10 Dall’Università di Atella per il cenzo solito docati cin- quant’otto______58 Dall’affitto dell’erba dell’inverno delli terzi docati cento qua-

188 rant’otto, e grana sei______148: 0:06 Dalla statonica di detti terzi docati quaranta______40 Dall’affitto della mastrodattia docati quattro cento, et undeci___411 Dall’affitto della spica di detti terzi docati settanta cinque_____75 Dall’affitto del feudo di Bocito docati quattro cento sessanta sei, tarì tre, grana sei, e due terzi______466: 3:062/3 Dalla taverna docati quaranta due______42 Dalla vendita dello lino docati sette, tarì quattro, e grana die- cesette______7: 4:17 Dalle fide di detto bosco di Bocito docati trenta sette, e tarì due______37: 2 Dalle fide nelli detti terzi di Armatiero docati novanta no- ve______99 Che unite dette intrade in denaro di detto anno fanno la sum- ma di docati tremilia trenta cinque, tarì quattro grana diecen- nove, e due terzi______3035: 4:192/3

Seguono l’entrade in vittuaglie di detto anno, e sono Dal terraggio, e compasso tomola quattro cento settanta tre di grano______473 Dalli mulini grano tomola cento quaranta______140 Che unite sono tomola sei cento, e tredeci______613 Di orgio tomoli cinque cento, e quattro______504 Di germana tomoli trent’uno, e mezo______31 ./. Di miglio tomoli trent’uno, e mezo______31 ./. Di fave tomola trenta tre, e tre quarti______333/4 Di cicerchie tumulo uno, e mezo______1 ./.

Intrade in denaro dell’anno 1611, et 1612 nell’Erariato di Vincenzo Graziola, sono Dalla bagliva, zecca, e portolania docati mille, e cinque cento__1500

189 Dall’affitto della mastrodattia docati quattro cento______400 Dall’Università di Atella per lo cenzo solito docati cin- quant’otto______58 Dall’affitto di Bocito docati duecento quaranta______240 Dalla fida di Bocito docati cinquanta______50 Dall’affitto dell’erba statonica delli terzi di Armatiero docati due cento ottanta______280 Dalla fida di bovi, e bacche in detti terzi docati sessanta sei, e mezo______66: 2:10 Dalla spica di detti terzi docati ottanta cinque______85 Dalla fida di Barile riservata nell’affitto della bagliva, docati cen- to, e sette, tarì quattro, e grana sei______107: 4:06 Dall’affitto della taverna docati quaranta due______42 Dall’adoho di Ameruso docati due______2 Che unite dette intrade in denaro di detto anno, fanno la sum- ma di docati due milia otto cento trent’uno, tarì uno, e grana sedeci______2831: 1:16

Seguono l’infrascritte altre intrade di detto anno in vittuaglie, e sono Dal terraggio, e compasso tomoli di grano cinque cento ottanta nove______589 Dall’affitto delli molini tomola cento venti______120 Che in tutto il grano unito sono tomola sette cento, e nove_709 Dal terraggio, e compasso di orgio tomola due cento novanta sette______297 Di fave dal terraggio, e compasso tomola diecidotto______18 Di germana dal terraggio, e compasso tomola undeci, e tre quar- ti______113/4 Di legume dal terraggio, e compasso tomola due, e tre quar- ti______23/4 Di miglio dal terraggio, e compasso tomola venti sei______26

190 Intrade della Terra di Atella in denari dell’anno 1612, et 1613 nell’Erariato di Paliano delli Franci, sono Dalla Terra di Atella per il cenzo solito docati cinquant’ot- to______58 Dalla bagliva, e portolania docati mille, e sei cento______1600 Dalla mastrodattia docati quattro cento______400 Dalla taverna docati quaranta______40 Dalla spica delli terzi docati sessanta______60 Dalle passate delli terzi docati due______2 Dalle fide de cittadini docati quattordeci, e mezo______14: 2:10 Dalle fide de forestieri in detti terzi docati quattordeci, e tarì quat- tro______14: 4 Dal pascolo di Bocito docati cento, e dieci______110 Dalla fida del secco, e selvaggio docati sessanta tre, tarì tre, e grana dieci______63: 3:10 Dall’adoho di Ameruso docati due______2 Che unite dette intrade in denaro di detto anno fanno la sum- ma di docati due mila trecento, sessanta cinque______2365

Seguono l’infrascritte altre intrade in vittuaglie del detto anno, e sono Dal terraggio, e compasso di grano tomola sei cento no- vant’otto, e mezo______698 ./. Dall’affitto delli mulini tomola cento trenta______130 Che unito detto grano sono tomola otto cento vent’otto, e me- zo______828 ./. Di orgio dal terraggio, e compasso tomola cinque cento quaranta quattro______544 Di fave, e legumi dal terraggio, e compasso tomola sessanta quat- tro 64 Di miglio tomola diecesette, e mezo______17 ./. Di germana tomola diecidotto______18

191 Intrade in denaro dell’anno 1613, e 1614 nell’Erariato di Antonino Salenzio, sono Dalla bagliva, zecca, e portolania docati mille, e sei cento__1600 Dalla mastrodattia docati quattro cento sessanta______460 Dalla taverna docati sessanta______60 Dall’Università per il cenzo solito docati cinquant’otto______58 Dall’erbaggio delli terzi docati cento venti______120 Dalla spica di detti terzi docati ottanta sei______86 Dalle fide di detti terzi docati trenta quattro______34 Dall’affitto di Bocito docati cinquecento______500 Dalla fida di legnare a Bocito docati cinquanta______50 Dall’adoha di Ameruso docati due______2 Che unite dette intrade di detto anno in denaro sono docati due milia nove cento settanta______2970

Seguono l’infrascritte altre entrade di vittuaglie del detto anno, e sono Di grano dalli mulini tomola cento, e cinque______105 Dal terraggio, e compasso di grano tomola sette cento ses- santa tre______763 Che unite sono di grano tomola otto cento sessant’otto______868 Di orgio tomola quattro cento settanta cinque______475 Di legume tomola quaranta due______42 Et così calculando dette entrade in denaro per detti dieci anni, et unitele insieme fanno la somma di docati venti nove milia, cento venti sei, tarì due, grana quattordeci, e cinque se- sti______29126: 2:145/6 La cui decima parte sono docati due mila novecento, e dode- ci, tarì tre, grana quattro, ed un sesto______2912: 3:041/6 Talche la detta Terra di Atella, avendo calculata l’entrade di es- sa in denari per detti dieci anni, e fatta detta compensazione per dieci anni, viene compensata a rendere l’anno docati due mi-

192 lia nove cento, e dodeci, tarì tre, grana quattro, et un se- sto______2912: 3:041/6 Alli quali docati due milia nove cento, e dodeci, tarì tre, grana quattro, et un sesto si ci devono aggiungere docati settanta l’an- no, che pagano l’Albanesi, che abitano nel detto Casale di Arenigro, cioè docati quaranta per li focaggi, docati quindeci per la portolania, et altri docati quindeci per la piazza, così co- me ultimamente hò visto nelli detti ultimi anni di detti Erariati, poiché per prima erano franchi, acciò avessero venuti ad abi- tare in detto Casale______70 Viene a rendere in denaro detta Terra di Atella servata la for- ma di detta compensazione docati due milia nove cento ottanta due, tarì tre, grana quattro, ed un sesto______2982: 3:041/6 Alli quali docati due milia nove cento ottanta due, tarì tre, gra- na quattro, ed un sesto aggiuntoci docati settanta due, tarì quat- tro, e grana cinque, et un sesto per li emulumenti delle due fe- rie, che sono ogni anno in detta Terra avendole calculate per det- ti dieci anni, e fatta la detta compensazione, come hò fatto al- le dette______72: 4:051/6 L’intrade in denaro ascendono alla summa di docati tre milia cinquanta cinque, tarì due, grana nove, et un ter- zo______3055: 2:91/3 Et anco calculando le dette vittuvaglie per detti dieci anni, hò ritrovato, che detta Terra di Atella viene a rendere compensa- tamente ogn’anno. Di grano tomola seicento sessanta nove, che avendo conside- rato le rendite fatte anno per anno di detti grani per spazio di dieci anni, l’apprezzo al tempo della ricolta compensatamen- te ad un ducato il tomolo, che sono il prezzo di esse docati sei- cento sessanta nove______669 E di orgio tomola quattro cento cinquanta due, qual avendo con-

193 siderato le vendite fatte di detto orgio per spazio di detti die- ci anni, l’apprezzo al tempo della raccolta alla ragione di car- lini cinque il tomolo, che sono docati due cento venti sei______226 Di germana tomola sedeci, quali apprezzo a carlini cinque il to- molo, sono docati otto______8 Di______903 Riportato______903 Di miglio tomola quindeci, quali apprezzo similmente a carli- ni cinque il tomolo, sono docati sette, e mezzo______7: 2:10 Di fave, e memiccole tomola vent’otto, quali apprezzo alla ra- gione di carlini sei il tomolo, che sono docati sedeci, e tarì quattro______14: 4 Che il tutto il prezzo di dette vittuvaglie ascende a docati no- ve cento venti sette, tarì uno e grana dieci______927: 1:10 Quali docati novecento venti sette, tarì uno, e grana dieci giunti con li detti docati tre milia cinquanta cinque, tarì due, e grana nove, e mezzo, fanno la summa di docati tre milia nove cento ottanta due, tarì tre, grana diecennove, et un ter- zo______3982: 3:191/3 E tanto compensatamente ogni anno rende detta Terra di Atella. Dalle quali intrade non se ne deduce l’adoha, poiche mi anno detto li Ministri di detto Signor Principe, che esso Signor Principe, ne li suoi antecessori anno mai pagato adoha, ma l’an- no posseduto, et possedono franco di adoha; però quando apparesse il contrario si dovria dedurre detta adoha. Quali entrade di docati tre milia novecento ottanta due, tarì tre, e grana diecennove, et un terzo, avendo considerazione alla qua- lità, et quantità di vassalli, territorij, e sito di detta Terra, et al’al- tre considerazioni sopra di ciò necessarie, l’apprezzo alla ragione di quattro, et un quarto per cento, che il prezzo di esse ascede

194 a docati novanta tre milia sette cento dodeci, tarì tre, e grana dieci______93712: 3:10 Et per tanto apprezzo detta Terra di Atella con le sopradette entrade, e di questo fò relazione a Vostra Signoria, rimettendomi sempre del tutto al suo prudentissimo giudizio, la cui persona Nostro Signore Iddio esalti, co- me desta. Da casa di Napoli oggi 4 di Aprile 1615. Et di più fò relazione a Vostra Signoria, come il detto Casale di Arenigro stà per andare in augumento di fochi per stare situato in bueno aere, poiche l’Albanesi, che abitano in detto Casale sono persone faticose, et fanno il cam- po, et vanno tutta via, tanto detti Albanesi, quanto li altri cittadini di Atella sempre disboscando territorij, et si andarà anche augumentando l’entrade delle vittuvaglie, et tanto più si augumentaria, quando li vassalli fussero ajiu- tati dal Padrone di denari, acciò potessero seminare più di quello, che seminano, poiché vi sono teritorij in gran quantità, quali sono molto fertili.

Horazio Grasso Tabolario Napoletano

Procurator Principis Asculi producendo appretium, et illud acceptan- do sic, et in quantum pro suo principali facit, et non aliter, dicit amplius quod eius principalis est laesus ex quo debebat fieri ad summum ad ratione qua- tuor per centum, et amplius specifice debet appretiari augumentum introituum non certum ex illis, occasione nemorum, quibus consideratis pretium dic- tae Terrae ascendit ad ducatos 120 milia, et ita pro nunc dicit. Praesens copia unius manus scripta cartarum numero viginti, est extracta ab originali processu inter filios, et haeredes quondam D. Martini de Leyna cum Illustre Principe Asculi remisso a Sacro Regio Consiglio in Regia Camera Summaria vigore ordinis S. Excae paenes subscriptum Actuarium, cum quo facta collaterane concordat, et in fidem subscriptis Magnificus Magister Actorae se subscripsit, et sigillum solituum, et consuetum apposuit. Datum Neapoli in Regia Camera Summaria die 23 Octobris 1653 = Ianuarius Cusolla = Adest Sigillum = Perpius = Carolus de Maria Actoris

195 Documento n. 2

1629

Apprezzo della Città di Lavello redatto per ordine del Sacro Regio Consiglio nel 1629.

ASN, ACT, Fasc. 49 Inc. 9 Fol. 53

Copia

…La Città de Lavello della quale è utile Signore Don Francesco del Tufo col titolo di Marchese per essecutione del decreto del Sacro Regio Consiglio ci semo conferiti per apprezzarla, la quale è posta nella fine della Provincia di Basilicata, et vicino alle Provincie di Capitanata, et Terra di Bari, et si di- scosta da questa Città Capo del Regno per la strada nova miglia cento per la strada delle montagne miglia 84, da Salerno, dove risiede l’Audienza al- la quale è soggetta miglia 70. Da Foggia dove risiede la Regia Dogana mi- glia 30. Da Lucera miglia 40. Dalla Marina di Barletta miglia 30. Confina con la Città di Canosa distante miglia 18, con Mendorvino distante miglia 14, miglia nove. Da Mezzogiorno la Città di Venosa miglia 5, da Ponente la Città di Melfi distante miglia nove, da Tramontana la Cirignola miglia 14. Stà detta Città nell’ultima numeratione fuochi 702; hora fuochi effetti- vi secondo la forma del catasto cinquecento trentadue, oltre li fuochi delli soldati e persone privilegiate. Siede detta Città sù una collina circundata d’altri un poco maggiori et per tale effetto l’occupano devista in essa riguardata da lungo fronde da Levante. Stà circundata da valle da tutti li lati, fuorche da Ponente. Stà esposta a Mezzo Giorno, et è di bonissimo aere, sì per la sua tem- perie come perche il sole la possiede dal nascere al tramontare et è agitata

196 da tutti i venti, sì bene da Tramontana ci è una collina al quanto superiore ma non per questo la può totalmente difendere. Non è altramente detta Città murata, ma dalla parte di Levante stan- no li spesse, et attaccate insieme, l’habitationi che la rendono quasi come fus- se murata dalla parte di Ponente. Le case non stanno cosi unite. Si discorre per essa cosi a piedi, come a cavallo per esseno strade pia- ne, ma strette. È divisa in tre quartieri, una parte del Palazzo del Padrone il quale stà quasi in mezzo la detta Città verso Levante si dice la Civita del Palazzo ver- so Ponente insino la Porta nominata la Barra, un’altra parte da quello poi si- milmente verso Ponente si chiama il Burgo dove sono molte case matte, po- che con camere le quali sono habitate dalla povera gente. Tiene essa due Porte principali, una come ho detto di sopra verso Ponente, nominata la Porta della Barra, dove da là intesi al Palazzo è una bel- la strada dritta, e larga mattonata, et da detta Porta similmente si và a spasso alla Chiesa de Zoccolanti, e poi Cappuccini. L’altra Porta stà a Levante in luogo di Pennice dalla quale si và a Canosa, Montorvino et altre parti , e sono altre Porte piccole, delle quali si servono per cacciare l’immunditie fuora, e per uscir da quelle quando li cittadini non vogliono passare per le strade maestre. Sono l’habitationi in detta Città tutte senza cortile, et tutti sono basci con cantine sotto, e camere sopra, et alcune a due solari coverte poi a tetti. Il territorio di detta Città si distende insino alli confini delle suddette Città, ma non è tutto il suo, per haverci li territorij la Regia Dogana, et altri territorij del Vescovo di Melfi, fuorche quelli hà poi la detta Città, cittadini, habitanti, et il Padrone assai territorij si de colline, come de pianure, boschi, difese, pascoli per ogni sorte di animali et caborandini, dove si contengono fiumi, acque sorgenti, rivoli fontane, vigne, hortolitij, territorij fruttosi et al- tri, dove nascono quantità de vini bianchi, e rossi grati al gusto, e de mediocre gagliardia, assai quantità dei grani, orgio, fave, ciceri, foglia, agli, cepolle, et ogni sorte di hortolitij, vicino al fiume dove li danno l’acque nelli bisogni,

197 frutti d’estate a bastanti, et lini rustici. Detta Città ancorche stà nella Provincia de Basilicata tutta volta in quanto alle saldezze del Paese e qualità de territorij, partecipano assai del- la Puglia, però hanno acque dolci, due fontane belle, et acque de cisterne. Delli cittadini d’essa ne sono molti che vivono nobilmente ancorche non ci sia separatione di nobiltà, o leggi, e sono li Ricciardi, Quattr’oculi, Litta et altri, et questi sono quelli che mantengono il decoro di quella vivendono d’intrade et industrie. Sono poi assai massari, li quali fanno, altri fanno fare campi seminatorij, massarie, bacche, bovi, giomente, pecore, capre, porci, et altri, la povera gen- te con la zappa, arato, falce, altri alla custodia d’animali suddetti. Era l’anni passati essa Città molto celebre per le ricchezze de cittadini, et hora è dismessa assai, si nel generale come nel particulare, il tutto prima, perche ogni cosa vien da Dio, appresso cosi come sono diminuite le maggiori parte del Regno per alloggiamenti, contribuzioni, Commissarij Fiscali Regia Dogana, com’ancora per portoro essi cittadini non solo li pesi loro, ma an- co li pesi delli fuochi dismessi et mancati, e per star in basso prezzo il gra- no, et orgio da dove non hanno il ritratto della metà della spesa. Stanno anco in bassa fortuna, per haverno persi li seminati l’anno pas- sati mangiato dalla gran quantità de funci sono abbondanti nella Terra. Li huomini e donne da fanciullezza beveno vino e sono amorosi, e pia- cevoli tra essi et, con forastieri ancora. Vesteno li nobili al grado loro, e bene, l’altri poi alla foresa. Le donne all’usanza del Paese, li nobili alla napolitana è vero l’hanno del moderato, senza farsi grandezze esorbitanti; attendeno tutte le donne di rispetto al cusire, tessere, filare, et altri affari di donne, la povera gente, tan- to di casa, quanta fuora a campi, a boschi, et altri affari, et a lavar panni al fiume, altri a fare pane, a vendere, e portar fogliame alla Piazza, la quale sta avanti il Palazzo. Per l’industria, che si fà de grani si nelli campi, como in mercanti, e da dove a tempi di carestie, si sogliono arricchire, è caggione, che a quello at-

198 tendano, et non andanno se non pochi a studiare, o vero caminar il mondo per portar a loro case guadagni, ma solo de denari, ma de grandezze et ho- nori se sogliono acquistare con le vigilie delle lettere, e fatiche per l’armi nel Servitio Regio nelle guerre, sono si ben vero huomini da bene, e pacifici. É detta Città grassosa et abondante de grani, orgi, legume, carne, lat- te, aglio, si per quello poco si fà in territorio, come per quello si fà ne luo- ghi convicini, de fogliami d’ogni sorte et a buon mercato et anco abondan- te di cacce d’ogni sorte d’animali quadrupedi, come sono caprij, cervi, lepri, volpe, porci et altri simili animali et d’ogn’ sorte d’aucelli volatili, e d’acqua, anco di caccia, di pesci nel fiume Ofanto. Sono in quella cinque Dottori di Legge. Un Medico Fisico forestiero as- salariato in ducati 1000 per tre anni, tre Notari, due Giodici a contratto, uno Spetiale de Medicina, e manuale, lo quale stà accanto lo Palazzo del Padrone, quattro Barbieri, sono poi Sartori, Scarpari, a bastanza, tre Fundici di pan- ni de lana, e seta, Mastri d’ascia, Scalpellini, Fabricatori e sei boteghe lorte, altri a salnitro per servitio della Regia Corte, et altri a far tetti, mattoni, et va- si belli di creta bianca come quelli di Taranto le quali fornace per cocere la creta e far il salenitro che stà fuori la Città dalla parte di Mezzo Giorno, do- ve è la commodità di un’acqua viva, la quale ne scaturisce salemastra. Oltre le predette tiene anco detta Città due fonte d’acqua viva, una da sotto la Porta com’hò detto da Levante de pietra con abeveraturo et è un’ac- qua perfettissima della quale li cittadini mandano a pigliare per loro crea- ti, et create per bere e cucinare. L’altra da sotto il Casale a burgo similmen- te con abeveraturo, della quale poco si serveno, per haver quella maggior perfettione hà la suddetta. Le biancherie poi mandano per le create le donne de rispetto, altre van- no esse, altre danno a lavare, a lavandare li panni, li quali lavano in alcuni rivoli vicino la Terra, e poi li spandono su le herbe, perche in detta Città non hanno artricoli a modo di Terra di Lavoro. Hanno li cittadini, et habitanti in detta Città 879 bovi aratorij per l’uso de campi, bacche 220, cavalli 65, giomente de razza 110, asini 300, muli 6, pe-

199 core 2500, capre 184, porci 3000. Sogliono nascere in territorij sogliono seminare li detti cittadini da 9000 tomola di grano in circa tomola 4000 d’orgio, fave, tomola 1000. Delli quali parte serve per il vitto, parte per seminare, e parte si vendeno per pagare li affitti alla Corte, et altri loro debiti e pagamenti. Li cittadini di quella usano fare molte belle feste, dopoi Pasca avanti. La prima è la festività di Santo Marco Evangelista, l’altare del quale stà dentro l’Ecclesia nominata Santa Maria del Principio, la quale stà un quarto di mi- glio discosta dalla Città, dove la Confraternita Frati e Preti della Catedrale Ecclesia vanno in processione et ivi si lotta ad uso del paese. Per il dì de Santo Mauro per loro protettore, in nome del quale stà fon- data l’Ecclesia Maggiore, dove si fà musica, se lotta, e corse a piedi, et a cavallo, et alli vincitori si donano belli palij si di velluto, come di seta, e panni fini. La prima è il corso de cavalli, di sella, e se guadagna una canna di vel- luto piano, poi cavalli de barda, poi di borrieli, seù asini, poi d’huomini al- l’ignuda, poi di figlioli similmente all’ignuda, poi se lotta appresso si balla in Palazzo, e poi comedia che si suol fare ogni anno. La Città si governa per un Sindico, e sett’eletti, quali s’eliggono nel pu- blico parlamento nominati per lo Sindico, et eletti vecchi, et nel medesimo tempo crea il Casciero, il quale hà peso d’essigere per pagare l’ordini se li fanno per il Sindico, et eletti per la maggior parte d’essi, ben vero si, che se nell’ordine non ci fusse la firma del Sindico, ancorche fussero tutti eletti, il Casciero non è obbligato pagarlo, essendo il Sindico compagno, et li eletti coadiutori, il quale parlamento si fà su la Casa della Corte. Hanno effetto però la dett’elettione quando haveranno la confirma del Padrone ch’altramente quando al Padrone non piace fà et ordina, che fiat nova electio, e così è forzata tacitamente l’Università far huomini aderenti al Padrone. Gubernano essi, e reggeno conforme il stato datoli per il Regente Tappia.

200 Hà li suscritti corpi d’intrade. Gabella della farina stà al presente venduta a ragione di carli- ni quattro per tomolo______3920 Gabella del vino, ch’esigge per il quarto del prezzo si vende la carrafa del vino stà al presente______740 Catasto di teste di quello s’esigge per ogn’animale, bovi, vac- che, muli, cavalli, asini, pecore, capre, porci, respettive un dal’altro stà hora______1400 Dall’affitto della defesa della Mezzana di detta Città ho- ra______700 ______6760

Pagamenti si fanno per detta Città Alla Regia Corte per li fiscali______2862. 4.18 Arrendatore delle saline______130 A diversi creditori histromentarij annoi______1551. 2.10 Per la camera riserbata______300 Al Monasterio di Santa Maria di Loreto de Padri Zoccolanti per il legato a loro beneficio fattoli per il Santo Mauro de Ninna per capitale de ducati 1500 annui______105 Al medesimo il quale stà approvisionato dall’Università______200 Bagliva per la statonica______12 Alli Giurati e Servienti della Corte______24 Cancelliero, Procure, e Notaro______30 Advocato in essa______24 Al Carceriero______6 Luocotenenete per la custodia la notte và arrondando______9 Copia et numero d’atti per l’atti______18 Affitto della casa, dove stà l’Officiale______15 Casa e letto al Medico______27 Orologio______6

201 Case per alloggiamento di campagne, e Commissarij______40 Guardiano dell’erbaggi______60 Torsidio a doi Conventi di Capuccini et Zoccolanti______150 Offerta al Padrone______100 Alla festa di Santo Mauro______50 Al Sindico per libro, e carta______8 Al Predicatore______60 Al Rationale______20 Subsidio d’infermi dell’hospedale______20 Spese minute______30 Elemosine a diverse Chiese______15 Reparatione di Chiese, carrere, strade, fontane______100 Esposite______20 Cera, et oglio al Santissimo Sacramento______50 Oglio a chiese povere______10 Corrieri in Napoli, et altri luochi______20 Reali alle feste solenne al Padrone______50 Alli………..della defesa______40 Compagnie transito______60 Sumano in tutto______6223. 2. 8 L’avanzano d’intrada il presente anno 1628 et 1629__536. 2.12

Hà detta Città la Vescoval Chiesa sotto titolo di Santo Mauro, dove re- siede il suo Vescovo con quattro dignità, cioè Arcidiacono, Arciprete, Cantore e Primicerio, li quali haveranno da ducati mille cento a basso d’en- trada, sono poi dodici Canonici per li quali haveranno ducati mille cinquanta ciascheduno oltre li proventi il Vescovo haverà ducati 400 in circa, l’altri cle- rici poi poca cosa. La detta Chiesa è adornata di più Cappelle dal’uno e l’altro lato con pul- pito et organo, la quale Chiesa hora s’è voltata la lamia. É detta Chiesa commune a tutti per il servitio di confessare, et andar il

202 Santissimo Sacramento all’infermi. Vi sono in quella molte Confraternite sotto diversi titoli de Santi. Ci è anco l’Ecclesia sotto titolo della Santissima Annuntiata la quale stà povera senz’intrada e si celebra a devotione. Cosi ancora all’Ecclesia sotto titolo di Santo……….. Vi sono altre Cappelle dentro la Città, fuori poi ci è un’Ecclesia de Padri Zoccolanti, sotto titolo de Santa Maria de Loreto, dove stanno nove Frati tra Sacerdoti, e Laici molto devota. Vi è poi l’Ecclesia sotto titolo di Santa Maria del Principio dove la bon’anima di Monsignor passato havea formato alcune camere per posser stare a diposto per star un poco solitario, e di bella vista e buon aere. Il Padrone tiene un Palazzo posto quasi nel mezzo della Città, quasi at- taccato alla Vescoval Ecclesia, posto nel più eminente luogo, dove per una scarpa dolce inselicata si saglie, e si trova uno larghetto al’incontro, le car- cere a sinistra, uno intrado grande de marmo bianco, che riguarda a Ponente, una porta poi di piastre di ferro massiccio inchiodata con supportico a la- mia con l’arme del Tufo, con li poggi attorno, a destra sagliendo per quat- tro grate di marmo si trovano due camere a lamia e doi camerini, a sinistra similmente sagliendo per alcuni gradini, si trovano altri due camerini a la- mia, più avante un cortiglio mattonato con una cisterna in mezzo con la boc- ca d’essa de marmo bianco con doi colonne, è detto cortiglio bello, e gran- de, e aeroso, tiene una stalla de capacità de più de sessanta cavalli oltre l’al- tre piccole stanze al piano del cortile per servitori, mastri di scala, dispen- se, granaro, de molta capacità a lamia, con cantine pagliere, cocina, tinello, uno vacuo, dove hà cavato la Cappella, e altre comodità, si saglie, per sca- la di marmo bianco a lamia bella, et grande et alla terza tesa si trova una log- gia coverta, et primo una sala con quattro camare alla parte della strada pu- blica và al Vescovato dalla parte del cortiglio altre camere tre, più apresso a detta loggia una sala grande, dove stà una grada a lumaca, che scende al- la cocina, e saglie sopra uno balcone, dove siede il Padrone; quando si fan- no balli, comedie, et altri festini, la quale sala è lunga palmi 85 in circa, et lar-

203 ga 35 e poi camere cinque lunghe palmi 35, larghe palmi 32, e doi cameri- ni, vi è la loggia grande scoverta, che viene a star sopra le carcere di bella vi- sta; in testa poi di dette cinque camere una cocinetta con una camera, e ca- merino, et continuando detta grada si saglie al secondo appartamento simile al sudetto similmente intempiate a detta fabbrica, molto forte, poiche a ba- scio è più d’otto palmi, alla sala sei, le mura dalla parte della strada con cor- tiglio palmi cinque, et simile le mura di mezzo, da sopra del quale palazzo si gode bella vista di monte e pianure, valle, et Terre convicine. Il Padrone hà il Jus Pasculandi come primo cittadino, ma non può ec- cedere di tenerne più di quelli ne tiene il maggior cittadino. É franco delli carlini quattro a tomolo se paga della farina per esso et serviti, benvero se tiene cittadini, per quelli è obbligato pagare, perche li cit- tadini hanno da portare il peso delle gabelle. È franco del datio del vino, ma volendolo vendere a cittadini è obbli- gato pagare come l’altri. É franco anco per il pagamento dei bovi, muli, asini, pecore, et altri ani- mali che tiene. Il Padrone hà prime, e seconde cause con li privilegij in forma cioè giu- risditione de vassalli, cognitione de prime et secunde cause ut supra civile, criminali e miste, banco de giustitia, e giurisditione de portulania per ter- ra, zecca, pesi e misure. E così anche l’infrascritti corpe d’intrade feudali, e burgensatici cava- ti dall’informationi per un processo a parte per me D. Thomase, e poi compensatamene l’hò liquidati, che vengono ogni anno da fertile ad infertile per quattr’anni l’infrascritte quantità come qui di sotto si riferisce, e per det- te quantità d’intrate hò ordinato al suddetto Tabolario, che quelle apprez- zi quali sono. Li censi nominati casalinatici, li quali nella platea stanno du- cati 56.1.14 stanno liquidati hora solo in ducati 28.1.14 atteso l’al- tri mancano come per informatione appare______28. 1.14 Duemila canne annue di carlini otto il migliaro, et uno polla-

204 stro annuo grana sette sono in tutto______1. 3. 7 Delle cinque defese tiene l’anno la Regia Corte paga a detta Marchionale Corte o la Cassa di Foggia annui di censo duca- ti mille et vinticinque______1025 La bagliva del qual affitto si hà perceputo per quattr’anni du- cati settecento sessanta due e mezzo, nel quale affitto và incluso la portolania, zecca, danni dati, et altri______762. 2.10 La mastrodattia coacerbati per quattr’anni ne viene ogn’anno ducati duecento settanta dui tarì 1 e grana 5______272. 1. 5 Le forne coacerbati per quattr’anni, ne vengono ducati cento novanta due e mezzo______192. 2.10 L’affitto della taverna con il trappeto stà per quattr’anni affit- tata ducati ducento, e diece l’anno______210 Lo molino detto Scaravottilo coacerbati per quattr’anni vengono ogn’anno d’affitto tomola mille cento ottanta e mezzo di gra- no, e coacerbati li prezzi di essi per detti anni quattro viene ogn’an- no ducati ottocento cinquanta cinque tarì 4 e grana 6______855. 4. 6 Dall’affitto dell’orto detto di Santo Felice fruttato d’ogni sor- te di frutti con vigna, cannito, acque sorgenti, e distillanti al quan- to delitioso annui ducati vintisette______27 Dalla fida del pescare al fiume Ofanto, e Levantu annui duca- ti diece______10 Dalla defesa detta la Strinceta, la quale la mittà và ad uso d’herba a grana dieceotto il carro a ducati cinquanta cinque il carro, coacerbati per annui quattro viene ducati settecento no- vanta tarì uno, e grana cinque______790. 1. 5 Dal bosco delle Rose tirato per anni sette, cioè con darli la ren- dita per annui sei a ducati setticento cinquanta il settimo an- no a ducati trecento cinquanta dandoseli la mettà per il detto settimo anno, perche in quello sole venire la zecca amona,

205 che non s’affitta con volentieri per il patimento dell’animali bac- cini, coacerbati vengono ducati seicento novantasei, 2.3 ______696. 2. 3 Dalla defesa del Fenocchiaro de carra 18 delle quali se ne tira- no sei a coltura a ducati 55 il carro, carra sei ad uso d’herba a ducati 18 il carro, et l’altra carra sei de balloni e boschi quali ser- veno per pascolare ne viene ogn’anno ducati quattro cento tren- totto______438 Dall’affitto della spica liquidata viene ogn’anno ducati cin- quecento______500 Dalli proventi civili in quattr’anni perceputo ducati ducento ot- tanta sei, tarì 4 et grana 4 ne viene ogn’anno ducati settanta uno tarì tre, e grana 11______71. 3.11 Dall’inferta che paga ogn’anno la Città di Lavello nel Capo d’Anno ducati cento______100 Summano in tutto dette entrate feudali così liquidate per det- to Regio Consigliero ducati cinquemilia novecento, ottant’uno, tarì 2 et grana 11______5981. 2.11 Dalli quali deducendone annui ducati novecento cinquanta tre et grana tre, quali si pagano conforme dice detto Regio Consigliero all’infrascritti 18 Al molino dello Scaravottolo ogn’anno per la palata et altre spe- se ducati cinquecento______500 Alla Regia Corte per adoho annui ducati trecento settanta cin- que e grana tre______375.00. 3 Per reparatione della taverna annui ducati cinque______5 Per accomodatione delle forna annui ducati diece______10 Per accomodatione del Palazzo annui ducati quindeci______15 Per li guardiani delle defese di detta Marchional Corte annui ducati quarant’otto______48 Li quali ducati 953.00.3 dedutti da detti ducati 5981.2.11 restano

206 dette entrate feudali ducati cinquemilia, e vent’otto, tarì 2.8______5028. 2. 8 Quali intrate così liquidate, e Città di Lavello ut supra de- scritta, e confinata, stante la dispositione del suo sito, aere, di- stanza da detta Città di Napoli et altre parti, qualità di territorij et vassallaggio, e rendite così liquidate ut supra cognitione de prime, e seconde cause civili, criminali, e miste, banco di giu- stitia, mero, e misto imperio, portulania, per terra, zecca, pesi, misure con tutte sue raggioni attioni, preleminente, ad essa Marchional Corte, tanto in virtù de suoi privilegij, quanto di con- suetudine antiqua ad essa spettantino qualità del sudetto Palazzo, e proventi criminali, et considerato quanto sopra di ciò si deve etiam alla dispositione delli tempi che correno, apprezzo di detta Città ducati cento vinticinque milia settecento diciesette, che viene a ragione di quattro per cento dico______125717

Burgensatici Dalla botega, dove si fà la bucciaria se ne percepe ogn’anno d’af- fitto annui ducati diciotto______18 Dalla botega piccola vicino la taverna annui ducati tre______3 Due altre boteghe contigue una mettà con l’affitto della bagli- va, dell’altra un’hà annui ducati diece______10 Dalla vigna detta di Tristano una di territorij contigui, dove è palmento, e torcituro de marmo bianco, vista la liquidatione fat- ta per detto Regio Consigliero le tira per annui ducati vinte_____20 Summano in tutto dette annue entrate burgensatiche ducati cin- quant’uno li quali valuto ducati mille, e diece a ragione de cin- que per cento dico______1010 Il cellaro cavato a ponta di scarpello con archi di fabrica in mez- zo e diece fusti per reponer vino l’apprezzo in ducati ducen- to______200

207 Documento n. 3

1635

Copia estratta dalla Regia Camera il 12 Gennnaio 1695 dell’apprezzo del- la Città di Venosa e Terra di Maschito redatto dal Tavolario Onofrio Tango nel 1635.

ASN, ACT, Fasc. 190 Inc. 15

Copia

Al Signor Presidente Casanatte Commissario

Città di Venosa, e Casale di Maschito

La Città di Venosa, sita in Provincia di Basilicata, distante dalla Città di Napoli miglia novantaquattro per la strada di Cantri vecchia, ch’è d’estate buona a cavallo, et a piedi, ma d’inverno fangosa per essere Paese cretoso, e per la strada nuova, che si ripiglia dal Ponte di Boccino, dalla quale si giun- ge in essa, però più longa, e vi sono miglia cento, e quindici con carrozza, et a cavallo distante dalla Città di Melfi miglia otto, da Laviello miglia quattro, da Rapolla miglia cinque, da Forenza miglia sei, e da Ripacandida miglia cinque. Stendono li suoi territorij da Levante a Ponente miglia nove, e da Settentrione a Mezzogiorno oltre miglia nove, confinando con li territorij di Spennazzicola dalla parte dell’Oriente, con Rapolla dalla parte dell’Occidente, con Ripacandida, e Forenza dalla parte di Mezzogiorno, e con Laviello dalla parte di Tramontana. Sono territorij fertili de grani, e frutti, de vini un’ poco scarsi, ma buo- ni, provedendosi l’habitatori in essa per luoghi convicini, sono abbondan-

208 ti di buone, e fresche acque, cosi da fuora di essa Città, come da dentro. É posta la Città predetta in una piana, e spatiosa campagna circuita da fossi naturali, e per essi si rende forte il suo sito, et è cinta di muraglie, ben- che in alcune parti siano dirute, e guaste dal tempo. É la Città predetta di forma quadrata, lunga da mezzo miglio in circa, e larga d’un’ tiro d’archibuggio. Entrasi in essa per due parti, una delle quali guarda all’Oriente, e l’al- tra all’Occidente, e viene divisa essa Città con più strade, vichi, et in parti- colare da due, che sono le strade maestre, una delle quali piglia dal largo, che stà avanti del Castello a prospettiva della sua porta, e camina verso Settentrione, et Oriente, ch’è da mezzo miglio in circa, nel fine di essa si ri- trova la Piazza della fiera, e vi si và fora per la Porta della Trinità, dove si ri- trova un’ spatioso largo per servitio dell’animali, a tempo della fiera, che si fà la terza festività di Pasca Rosata, con gran’ concorso di Mercandanti, e di lontani Paesi, con diversi animali, e robbe mercantili, et altri, che compra- no, e vendono. Sono l’habitationi in essa Città in primo, e secondo ordine, e ve ne so- no molte palatiate di fabrica di pietre vive, e lavorate con base, e mattoni an- tichi coverti al generale a tetti, e vi sono molti vacui con casaline dirute, che per prima erano habitate. Fù la Città predetta anticamente fuorche quindecimila, e nell’ultima nu- meratione fù tassata in fuochi mille, e cinquanta, e poi disgravata, e rima- sta in fuochi settecento, et è mediocramente populata. É la Città predetta d’aere più presto cattivo, che buono, mantenendo- si l’habitatori di poca buona complessione, per esser’ il sito di detta Città fos- sato, e sono di mediocre aspetto, cossi l’huomini, come le donne. Nel mezzo della Città predetta è la Chiesa Vescovale, sotto titolo di S. Andrea Apostolo, e Chiesa grande a tre navi, coverta a tetti con il suo cam- panile grande di pietre vive con quattro campane, due grandi, e due piccole, entrasi in essa con due porte, et in testa d’essa vi è l’altare maggiore et cu- stodia sontuosa e grande di legno dorato, dove di continuo assiste il

209 Santissimo dietro d’esso altare vi è il coro grande con seditori, e spallere di noce intagliato. Al sinistro, e destro d’esso altare vi sono molte Cappelle sfondate, et al- tari con belle cone, e di buona pittura, e parte guarnite di legno dorato, et a tutte si celebra e vi sono molti Ius Padronati de Particolari di detta Città. Sotto l’altare maggiore è il Ius in Corpo, calandosi in esso con poche gra- de coverte con lamioni. Nel mezzo si ritrova un’ altare dedicato a S. Carlo con cona di buona pittura, e con legname dorato. Vi è la sua sacrestia, dove si conservano l’apparati, e vesti sacerdotali, delle quali ve ne sono a bastanza, e secondo il rito di Santa Chiesa. Vi sono calici a sufficienza, e sfera per esporre il Santissimo, croce, in- censiero, e navetta d’argento. Vi sono anco tre palij per l’uscita del Santissimo di broccato, velluto, e teletta colorati, e lo stendardo, conservantesi anco in detta Chiesa alcune re- liquie, come sono una particella di S. Vito, il deto di S. Andrea Apostolo, et altre reliquie in vasi d’argento, e di legno dorati, vi è anco la mettà d’una mi- tria di S. Carlo, due delle spine della corona di Nostro Signore, et una par- ticella del legno della Santa Croce. Sono dette reliquie riposte in una Cappella a sinistro dell’altare mag- giore, e rinchiuse con cancellata di ferro, e portella di legname. É anco alla Chiesa predetta il Trono Vescovale, il pulpito, organo, et il fonte battesimale. Vien’ servita detta Chiesa dall’Arcidiacono con quattro Dignità, vinti Canonici con li cappucci, quattro Cappellani, quattro Diaconi, e Subdiaconi, e da sessanta Clerici in circa con la residenza del suo Vescovo, che tiene l’ha- bitationi accosto la detta Chiesa con intrada d’annui docati quattrocento, e docati venticinque per ciasched’uno Sacerdote, oltre delli loro patrimonij, sono in essa Città gran’ quantità de Clerici, che per sfuggire li travagli de Commissarij ogni casa fà il suo Clerico. Dentro della Città predetta vi sono sett’altre Chiese Parrocchiali, ma del

210 modo, che seguono, come sono. La Chiesa Parrocchiale, sotto il titolo di Santa Maria Pallagano accosto le muraglia di detta Città, Chiesa piccola coverta a tetti con un altare, in te- sta di essa, dove ogni domenica, e le feste si celebra con apparato per una messa, campana piccola, e vien servita dal suo Paroco, sotto titolo d’Arciprete solo con poca intrada. Un’altra Chiesa Parrocchiale sotto titolo di Santa Maria accosto l’altra muraglia di detta Città, Chiesa piccola coverta a tetti con apparato per una messa, vi è campana, dove si celebra le feste, e vien servita dal suo Paroco con poche intrade. Segue l’altra Chiesa Parrocchiale accosto il Monastero delle Monache, sotto titolo di S. Pietro, Chiesa piccola coverta a tetti con apparato per una messa con campane, dove si celebra ogni festa servita dal suo Paroco, la qua- le Parrocchia và unita con quella di S. Giorgio Parrocchia antica. La Chiesa Parrocchiale sotto titolo di Santo Cosmo nel mezzo di detta Città, Chiesa piccola coverta a tetti, e con campana con un’ solo altare, et ap- parato per una messa, e servita dal suo Paroco. La Chiesa Parrocchiale di S. Biase, vicino la Piazza Maestra, Chiesa pic- cola coverta a tetti con apparato per una messa, vi si celebra ogni Domenica dal suo Paroco con poca intrada. La Chiesa Parrocchiale, sotto titolo di S. Martino, Chiesa piccola coverta a tetti, vi è campana, et apparato per una messa, si celebra in essa la Domenica dal suo Paroco. La Chiesa Parrocchiale di Santo Nicola piccola coverta a tetti con uno altare, apparato, ut supra si celebra la Domenica, e feste dal suo Paroco, e con poche intrade. Accosto la Porta della Città detta la Trinità vi è la Chiesa di S. Agostino della Scarpa, Chiesa grande all’antica, coverta a tetti, con il suo altare mag- giore con custodia grande indorata, dove di continuo assiste il Santissimo, e dietro di essa vi è il coro, in detta Chiesa sono due altre Cappelle, una di esse con una cona all’antica di S. Maria del Popolo, l’altra di Santa Maria del

211 Soccorso, et altri Santi pittati a fresco, vi è campanile con due campane gran- di, et una piccola, vi sono quattro calici, apparati a sufficienza per la celebratione, da sopra di detta Chiesa vi è il Convento per l’habitatione di essi Padri, do- ve è claustro con qauttro ale, nel mezzo di esso è la cisterna grande, in pia- no di detto claustro vi è la cocina, refettorio, dispenza, et altre stanze per com- modità de Frati, e con scala di pietra viva, s’ascende ad uno dormitorio dop- pio con cinque celle per parte; dentro di detto Monasterio vi è la vigna, e fuo- ri di esso altre possessioni. In detto Convento risiede il Priore, cinque Sacerdoti, e tre Laici vivono con intrade, e con alcune limosime. All’entrar la Porta della detta Città, dalla parte della Fiera, vi è la Chiesa, sotto titolo della Santissima Annuntiata coverta a tetti con campa- nile, con due campane grandi. In testa di essa vi è il suo altare maggiore con custodia piccola, dove di con- tinuo assiste il Santissimo con cona della Santissima Annuntiata all’antica. Vi sono altre Cappelle, e dietro l’altare maggiore predetto è il coro con la sagrestia, dove si conservano due calici, e le vesti sacerdotali, ce sono a suf- ficienza per la celebratione. Accosto di detta Chiesa vi è la porta battitora, dove si entra nel Convento, dov’è il corritoro coverto, dal quale si và al refettorio, alla dispenza, et altre stanze per uso di essi Padri, e per grada di fabrica di pietra viva s’a- scende al dormitorio di cinque celle, e di sotto un camerone. Risiede in detto Convento il Priore, e tre altri Sacerdoti con due Conversi dell’ordine Carmelitano con intrada d’annui docati cento, et altre possessioni oltre della cerca per la Città predetta. Dentro di detta Città vi è anco un Conservatorio di venti figliole orfa- ne, sotto titolo di S. Carlo, e vi è il suo Governatore, benche sia luogo pic- colo con una Cappella, dove si celebra alcune volte, et in detto luogo vi è il parlatorio, e rota per commodità d’esse figliuole, le quali vivono d’elemo- sina. E anco dentro detta Città la Chiesa sotto titolo di S. Domenico, Chiesa

212 grande coverta a tetti, in testa della quale è l’altare maggiore con custodia di legno dorata, dove di continuo assiste il Santissimo. A sinistro, e destro di esso sono più Cappelle, et altre di buona pittura, e parte guarnite con cone, fra le quali vi è la Cappella del Santissimo Rosario, dietro dell’altare maggiore vi è il coro, dal quale s’entra nella sagrestia, dove si conservano molti apparati per la celebratione de quali ve ne sono a sufficienza. Vi sono né calici, tabernacolo per esporre il Santissimo, incenziero, navetta, croce d’argento, vi è anco l’organo. Accosto della porta di detta Chiesa vi è la porta battitora, dalla quale si entra in un claustro grande, nel mezzo del quale vi è una cisterna, e nel medesimo piano vi è una stanza grande coverta a lamia, con seditori d’in- torno con spalliere di legno, dove si fà capitolo. Al detto piano è anco refettorio, cocina, dispenza, et altre stanze per com- modità de Padri, e da esso claustro si và ad un giardinetto fruttato, e salendo per una scala di fabrica con tre tese, s’ascende al dormitorio con due corri- tori e con sei celle per ciasched’uno. La sopradetta Chiesa vien servita dal suo Priore dell’ordine di S. Domenico della Provincia di S. Tomase di Puglia con cinque Sacerdoti. Vi è il Novitiato con quattro Novitij, due Laici, e due creati per la mas- seria, quali risiedono in detto Convento con intrada di docati duecento cin- quanta in circa l’anno, extra li territorij, che li danno grano, e vino, oltre del- la cerca, che fanno per la Città predetta. Vi è anco la Chiesa con Convento, sotto titolo di S. Francesco della Scarpa, Chiesa grande coverta a tetti con campanile con due campane. In testa di essa Chiea vi è l’altare maggiore, sopra il quale è la custodia, dove di continuo assiste il Santissimo, dietro del detto altare maggiore vi è il coro con spallere, e seditori di noce intagliato, vi è cona grande all’antica, et al sinistro, e destro di detta Chiesa vi sono molte Cappelle con buone co- ne di buona pittura, parte d’esse sono guarnite con legnami dorati, e fra di esse Capelle è quella di S. Antonio di Padua di Gilieno (in pietra viva con

213 ornamenti), vi è pulpito, sagrestia, organo grande, nella sagrestia vi si con- servano l’apparati per la celebratione, vi sono tre calici, incenziero, navet- ta, croce, e tabernacolo d’argento per esporre il Santissimo con molti appa- rati di drappi fini, e con guarnitione di trene d’oro. In detta Chiesa sono anco molte reliquie riposte in un reliquiario d’a- vorio, dov’è il gubito di S. Francesco d’, in un’ altro d’argento vi e il pezzo del legno della Croce di Nostro Signore, in un vaso di cristallo si con- serva la mola di Santa Apollonia. Accosto la porta maggiore della sudetta Chiesa vi è la porta battitora di detto Convento, dalla quale si và ad un claustro coverto a quattro ali del suo discoverto, e cisterna, e nel medesimo piano e refettorio, cocina, dispenza, e cellaro con altre stanze per la commodità de Padri, e per grada di fabrica s’ascende al dormitorio, nel quale vi sono molte celle commode. Accosto al predetto Convento vi è una vigna con tre altre possessioni. Viene servita, et officiata la Chiesa predetta dal suo Padre Guardiano, con cinque altri Sacerdoti, e quattro Laici Francescani della Scarpa con in- trada d’annui docati trecento in circa, oltre delli loro territorij. Nella strada maestra di detta Città vi è un Monasterio di Monache clau- strato, et isolato sotto titolo di S. Benedetto, nel quale vi è un intrato cover- to con parlatorio, e rota. In testa vi è la seconda porta, della quale s’entra nel Monasterio predetto, quale dicono sia claustro coverto, e discoverto, e sopra due dormitorij, so- novi venticinque Monache con la loro Illustre Abbadessa, e Vicaria, et altre venticinque figliuole educande, quale è numero prefisso, e non vi può en- trare altra, eccetto, che vacando il luogo, e monacandosi alcuna essendo cit- tadina di dote di docati ducento, e per forastiera di docati 400. Accosto a detto Monasterio è la loro Chiesa, sotto titolo di S. Benedetto, e sonovi in essa Chiesa alcune Cappelle con belle cone di buona pittura, e con guarnimenti di legno dorati, oltre all’altare maggiore, con cona di S. Maria della Gratia. Vi è il coro, dove le Monache ascoltano la messa, et officiano.

214 Vi è il communicatorio, il confessionario, et il pulpito. Viveno con intrada d’annui docati cinquecento in circa, oltre delle ter- ritorij, che tengono. Fuora di detta Città distante un tiro di moschetto verso Ponente vi è la Chiesa sotto titolo di S. Maria della Scala, Chiesa grande coverta a tetti con tempiatura ben fatta. E nell’altare maggiore vi è un’imagine di Nostro Signore di Gelieno, et altre belle Cappelle con cona di buona pittura. Vi è campana, et apparato per una messa, e vi si celebra per due volte la settimana, vi è anco la stanza per l’habitatione del Cappellano, che la serve. Si governa per il Monasterio delle Monache di (S. Benedetto) S. Maria della Scala con intrada d’annui docati cento cinquanta con alcuni territorij. Distante da essa Città un quarto di miglio, si trova la Chiesa di Cappuccini con titolo di S. Sebastiano, Chiesa piccola coverta a lamia. In testa di essa vi è l’altare maggiore con custodia, dove di continuo as- siste il Santissimo con una cona grande dell’Assuntione con altri Santi guarnita, e vi sono anco altre Cappelle con belle cone di buona pittura, d’ap- parati ne tiene a bastanza per la cebratione, e si conservano in poca sagre- stia, vi è anco la campana. Accosto vi è un poco di largo, dov’è la porta battitora, dalla quale si entra in un claustro coverto, e scoverto, in piano vi è (la cisterna) sorgen- te, refettorio, dispenza, cellaro, et altre stanze, e con grada di fabrica s’a- scende al dormitorio nel quale vi sono quindeci celle coverte (a tetti) a la- mia, et sopra a tetti. In detto Convento vi risiedono il Guardiano con tre Sacerdoti, e sei Laici, tengono un bello giardino, e vivono di carità, tanto dalla detta Città, quan- to per le terre, e Città convicine. Poco distante dal Convento de Cappuccini vi è il Convento dei Padri Zoccolanti dell’Osservanza con la loro Chiesa, sotto titolo di Santa Maria del- la Pace, Chiesa grande coverta a tetti con tempiatura di tavole semplici, e pia- ne, vi sono due campane.

215 In testa di essa vi è l’altare maggiore con custodia, dove di continuo as- siste il Santissimo, al sinistro, e destro vi sono molte Cappelle con belle co- ne di buona pittura, e guarnite di legno dorati, vi è la sagrestia, e coro con apparati bastanti, sonovi ne calici, e croce d’argento. Accosto di detta Chiesa vi è il Convento col claustro coverto, e scover- to con cisterna in piano, vi è refettorio, cucina, dispenza, e cellaro con altre stanze per servitio di detto Convento, e sopra di esso vi è il dormitorio con corritoro, nel quale sono sedici celle. Nel predetto Convento risiede il Padre Guardiano con tre Sacerdoti, e sei Laici. Vivono d’elemosina per le Terre, e Città convicine, e con alcuni loro po- co territorij proprij. Fuori della Città sudetta distante un tiro di moschetto vi è una Cappella sotto titolo di S. Marina, nella quale è l’altare con l’effigie di rilievo di det- ta Santa, et è detta Cappella coverta a tetti, vi è una campana piccola, et è gran- cia delle Religioni di Malta, vi si celebra solo le feste, e l’intrada, che ne pre- viene è della sudetta Religione di Malta. Distante un miglio di detta Città verso Ponente, vi è una Chiesa nominata Santa Maria Montalbo, Chiesa grande coverta a tetti, in detta Chiesa è l’al- tare con l’effigie di relievo di Nostra Signora, vi è una campana piccola, e si celebra in essa alcune volte, celebrandosi la sua festa il dì di Pasca di Ressurettione, e tiene poche intrade. Fuora della Città predetta distante un quarto di miglio verso Mezzo Giorno vi è la Cappella di Santa Maria delle (Patrie) Grazie coverta a (lamia) tetti, dove sono due campane. Vi è l’altare con l’effigie di Nostra Signora, nella quale si celebra la sua festa, che viene alli (tre) 7 di Maggio, dove si corrono molti palij a piedi, et a cavallo, correndo in essa molte persone delle Terre convicine, e vi si cele- bra ogni giorno, e vi è l’apparato necessario per una messa, e viene servita dal Clero del Vescovato. Vi è poi la Cappella di Santo Rocco, la quale è distante dalla Città pre-

216 detta verso Tramontana coverta a tetti con uno altare con l’effigie di relievo di detto Santo, e si celebra in essa il dì della sua festività, ne vi e beneficio. Vi è anco fora di detta Città, sotto la fera, verso Tramontana distante due tiri di moschetto la Chiesa della Santissima Trinità Chiesa grande, et anti- ca coverta a tetti a tre navi mantenute da archi con grossi pilastri, e fabrica di pietre vive, e mattoni. Vi sono (due) 3 campane, e s’entra in essa prima con poco di atrio coverto, e da esso in detta Chiesa, in testa della quale è l’altare maggiore (con custo- dia, dove di continuo assiste il Santissimo Sacramento) e vi è una cona grande antica, e con buona pittura guarnita di legnami dorati, a destro, et a sinistro di esso altare maggiore vi sono più Cappelle, dove anco si celebra. Vi si conservano nella Chiesa predetta (tre) 4 corpi di Santi Martirizzati in detta Città l’anno 1508, oltre del corpo di Santo Attanasio dentro d’una cassa di marmo di sotto la sagrestia d’essa Chiesa, nella quale Chiesa è se- polta la Regina Bianca, e nella Chiesa predetta, pulpito, coro dietro l’altare maggiore, con la sagrestia dove si conservano l’apparati per celebrare, che sono a sufficienza, con quattro calici, croce, incenziero, et altro da detta sa- grestia con una porta piccola, salendo con poche grade s’accede ad un’altra Chiesa grande, della quale e finito il primo ordine portata con bellissimi pen- sieri d’architettura, e sarebbe di molta spesa portarlo a fine. Vien servita, et officiata la Chiesa predetta da un Sacerdote Priore, e (quat- tro) 8 altri fra Cappellani con l’habito della Religione di Malta con Subdiaconi, e Clerici in numero de (quindeci) 5. É la Chiesa predetta commenda della Religione predetta di Malta, con la residenza del suo Governatore Cavaliero di Giustitia, e con intrada di do- cati cinquemila l’anno, vi è il Palazzo, dentro della Città predetta per l’ha- bitatione d’esso Governatore. Di sotto la Chiesa della Santissima Trinità vi è la Cappella, sotto titolo di S. Maria della (Neve) Rena, et è distante da detta Chiesa un miglio, e mez- zo vicino le molina (coverta a tetti) cavate dentro monte, grancia del Cardinal Gaetano, nella quale vi è l’altare con l’effigie di Nostra Signora pit-

217 tata a fresco, si celebra alcune volte in essa, con intrada di docati ducento. Dentro della Città predetta dalla parte di Ponente vi è un’ altro Monasterio di Monache claustrato, sotto titolo di S. Maria della Scala del- l’ordine di S. Bernardo. Nel suo entrare si trova un camerone, dov’è parlatorio, rota con la por- ta, dove si entra in detto Monasterio, nel quale dicono vi sia claustro coverto, e scoverto con giardino al suo piano sono alcune stanze necessarie per lo- ro commodità, sopra di esse vi sono due dormitorij, et altre stanze, vi re- siedono trenta Monache velete di negro, et altre figliole poste per educatione, e parte non velate, e sono governate dalla loro Madre Abbadessa, Vicaria, et altre. Le Monache ch’entrano in detto Monasterio essendo cittadine pagano di dote docati 200; le forastiere docati 400. Tiene detto Monasterio d’intrada docati cinquecento, oltre li terraggi, che possedono per loro bisogno. Tieneno la Chiesa di commoda grandezza coverta a tetti con due campane. Nell’entrar di essa nella sinistra, vi sono due Cappelle, in una di esse vi è S. Michele Arcangelo di relievo dorato, alla destra due altre Cappelle, una di S. Maria della Gratia, e l’altra di S. Lucia con cona di buona pittura. In testa di essa Chiesa vi è l’altare maggiore con una bellissima cona di Nostra Signora con ornamento dorato. Vi è pulpito, otto calici con patene per la celebratione, una croce, d’ar- gento, buoni apparati per celebrare a bastantino, all’incontro l’altare mag- giore vi è coro delle Monache, dove ascoltano la messa, et officiano. Sono in essa Città molte persone civili, come sono tre Dottori di Legge, et un’altro Fisico, tre Notari, due Giudici a contratto, e molte altre persone, gentil’huomini, e tra esse vi sono alcune persone commode con commodità, e facultà de docati cinque, e sei mila in circa consistentino in territorij, et al- tri stabili. Del rimanente poi sono tutti bracciali, che vivono alla giornata con di-

218 versi esercitij foresi con aggiunto anco delle loro donne, et altre in casa a fi- lare, tessere, cuscire, et in altri esercitij feminili nelle loro case. Vivono al generale parcamente con carne de castrati, asini, et alle vol- te di baccine, e le persone commode con pulli, et altre carni delicate. Nella Piazza Maestra avanti il Castello vi sono molti magazzeni, e botteghe per commodità de Curatori a tempo di fiera. Vi sono tre botteghe lorde, due di fogliame, bocceria, ferraria, et oste- ria, oltre che nella Piazza di essa vi sono due altre botteghe lorde, e si ven- de in abbondanza di pane bianco, e commune, e de frutti, vi sono tre bot- teghe de Barbieri, sei de Scarpari, tre de Sartori, due spetiarie di medicina, e vi è anco ordinariamente un Fundaco de panni grossi, e fini con alcuni po- chi drappi di seta, drogherie, et altre merciarie per servitio de cittadini. Vestono le persone civili, e facoltose con panni fini, e sete cossì ancora le loro donne. Del rimanente vestono tutti di grossi panni alla pugliese, cossì l’huomini, come le donne, provedendosi di essi per la fiera, che si fà in detta Città, et altre fiere convicine, fandoseli anco in casa. Dormono le persone commade su matarazzi di lana con altre commo- dità nelle loro case. Del rimanente, et al generale dormono su poveri pagliaricci de capizzi. Nella Città predetta vi sono molti animali quadrupedi de diversi Particolari, come sono ducento bovi aratorij, con alcune poche vaccine, pe- core quattrocento, porci cinquecento, cavalli cinquanta, e somarini quaranta per commodità delli detti cittadini. Et anco per commodità delli medesimi sono in essa Città quattro trap- piti d’oglio, cinque molina d’acqua ne i proprij territorij distante uno, e due miglia in circa ciasc’uno d’essi, e sono di diversi particolari. Vi sono anco alcune fornaci di Vasari di Faenza, che le smaltiscono tan- to in detta Città, quanto per le terre convicine. Governasi la predetta Città per il Mastro Giurato, quattro eletti, e un Sindaco, l’elettione de quali si fà in publico parlamento nominando otto eletti, e due

219 Sindici, e poi il Padrone n’eligge quattro, et un Sindico, un Mastro Giurato, et un Algozziero. E l’istessi del Governo esercitano l’officio di Grassiero, e quelli del Governo eliggono l’Officiali, Procuratore, e Mastri per il Governo de Monasterij di donne, che sono in essa Città. Tiene l’Università predetta le sue carceri civili, e criminali per le sue cau- se occorrentino, oltre d’un’ altro carcere civile separato per servitio della fie- ra, et è assolutamente dell’Algozzino. L’Università predetta tiene d’introito annui docati settemila, e cinque- cento, quali pervengono dalla gabella del vino, grano, difese, e catasto. L’esito ne tiene docati novemila ottanta, che se ne pagano fiscali, istru- mentarij, e spese ordinarie, et estraordinarie. Nell’entrare alla Città predetta dalla parte d’occidente si trova un’ bel- lo, e forte Castello, di forma quadro, rassembrando assai al Castello Novo della Città di Napoli con quattro grosse torre con bastione, e reviglini, che defendono le cortine di esso Castello, oltre d’un largo, e profondo fosso, che lo circuisce murato attorno, e dentro di esso e commodità di fontana. Entrasi in esso Castello per ponte di fabrica, e nel fine è di legname le- vatore, dov’è una bella porta tonda, e pietre vive, e di legname doppia con catenacci, e con l’armi del Padrone di sopra. Da essa si entra in un cortile coverto a lamia, a destro di esso è una stan- za a lamia, che vi si sale con poche grade, e per essa per una parte si entra al piano d’uno baluardo corrispondendo all’altre torri attorno senza offesa della parte di fora. E ritornando al cortile coverto, sotto detta stanza ve n’è un’altra coverta a lamia, e dal suo piano s’entra sotto della connoscarpa di esso baluardo con le sue saettere per difesa, e dalla detta stanza con grada secreta di pietra vi- va si cala nel fosso sudetto. Ritornando al detto cortile, al sinistro dell’entrare nel medesimo piano sono tre stanze coverte a lamia, e sono per uso di carceri di donne, quali so- no nel primo piano d’una delle sopradette torri, sopra de quali viene a star

220 parte della scala del quarto novo di detto Castello, e del detto cortile coverto si và ad’un largo, e spatioso cortile discoverto, e quadro. A sinistro vi è la commodità del pozzo sorgente, et a sinistro dell’entrare di detto cortile è la terza torre nel fondo di essa, e gran’ parte della stalla, ch’è in detto Castello, e sopra vi è un angusta, et oscura carcere criminale, e ca- minando per la cortina di detto Castello si trova una quarta torre, qual è per uso della carceri civili, ma molto angusta, ascendendosi ad essa con una gra- da a lumaca insino alla summità di essa torre, dalla quale hanno ricreatio- ne li poveri carcerati, godendosi una spatiosa, e piana campagna con poche colline, che la circuiscono. Accosto di essa nel cortile discoverto con poche grade si cala a tre stanze terragne a lamia per uso di cantina. Et in piano del detto cortile scoverto si trova a destro del suo entrare un quarto con una saletta, e quattro camere divise a due per due coverte a la- mia ben fatte, e sotto di esse vi è un’altra cantina. Accosto di detto quarto a detto piano si trova una stanza grande, e mol- to commoda coverta a lamia pe uso della cocina, con commodità de forni, et in testa vi è il paniglione grande per uso della cocina predetta, non vi è commodità d’acque, ma si piglia dal pozzo, ch’è dentro del cortile, e dalla fontana di dentro del fosso di detto Castello, accosto di essa vi sono due al- tre stanze divise coverte a lamia. E dal detto cortile con una tesa di grada di fabrica discoverta si sale al quarto vecchio, ch’è sopra le sudette stanze consiste in una sala, al destro del- la quale vi sono quattro stanze divise due per due, e tutte coverte a lamia, le quali pigliano il lume, la sala predetta con due camere dalla parte del cor- tile, e due altre dalla parte del Ponente. Al sinistro di detta sala si trovano né camerine coverte a lamia, l’una den- tro l’altra, il primo è diviso con l’intelatura di fabrica, con il quale si forma una dispenza, et in testa di detta saletta vi è un camerino, pigliano le dette camere il lume dalla parte del cortile, et anco dalla parte di Ponente, e la det- ta habitatione è appoggiata alle muraglie di detto Castello, che sono di gros-

221 sezza di otto palmi, e dalla parte del cortile con mura di quattro palmi. E ritornando al medesimo cortile scoverto si trova a sinistro del suo in- gresso la grada maggiore scoverta, e larga con due tese di pietre vive, in te- sta della quale vi è una loggetta coverta a lamia con balaustrata di pietre vi- ve, e da essa si entra nella sala, che dicono sia lo quarto novo grande coverto a lamia. A destro dell’entrar di essa vi è una Cappella con porta di noce lavorata, appresso vi sono due cammarini, che li devide un corritoro coverto a tetti, che vengono a stare accosto ad una delle torri, che guardano alla Città, et in testa di detta sala vi è un’anticamera grande, et appresso li seguono tre al- tre camere grandi, l’una dentro l’altra, e nella prima vi è una loggetta, che viene a stare sopra la porta del detto Castello, et in testa dell’ultima came- ra è uno camerino, che corrisponde ad una delle dette torri, dov’è grada a lumaca, per la quale si sale sopra della torre predetta, dal quale quarto il lar- go ch’è avanti la porta di esso Castello, et anco la Città predetta oltre delle campagne li sono d’intorno, e l’anticamera predetta è pittata a fresco, e so- no tutte le dette stanze coverte a tetti, e sono d’edificio nuovamente fatte. Seguono li corpi d’entrade feudali, e burgensatici, che vi possiede il Padrone, quali sono stati appurati con l’intervento del Signor Avvocato fiscale della Regia Camera, e sono li seguenti. Entrade feudali in denari. Le prime, seconde, e terze cause con li privilegij del gran Capitano. La mastrod’attia. L’affitto delle piazze. Bagliva, e scannaggio. Herbaggio del demanio. Herbaggio, che tiene in affitto la dohana di Foggia. Il territorio detto Mezzanella. L’orto della Cavallerizza, e roscello d’acqua. Il Cortiglio della Noce.

222 La difesa del Monte. Pesi, e misure della fiera grande. Pesi, e misure della fiera piccola; seù perdonanza della mettà d’Agosto. Botteghe della fiera grande. Censi perpetui di diversi Particolari. La portolania. La confirma del Giudice Annale. Danni dati in territorio di Venosa. La difesa, dove si fisano le giumente del Signor Principe di Venosa, si presuppone per il Regio Fisco, sia feudale, e per esso detto Principe sia bur- gensatica. Presento notalitio per il Signor Principe si presuppone sia burgensatico. Corpi feudali in grano. Il territorio detto lo Centimolo. Il giardino fuori la Porta di detta Città. Seguono li corpi burgensatici de quali si sono portate le compre, e si so- no riconosciute coll’intervento dell’Avvocato Fiscale, e perciò non se li de- versi dare prezzo da noi; però si tirano perche cossi ha commandato il Signor Avvocato fiscale per sua sodisfattione. E sono li seguenti Il territorio che si dice la difesa della Caccia. La difesa del Pantano. L’isca delli Lazzari. La mettà del forno. Per la trasitura della paglia in detta Città di Venosa.

La provisione del Governatore, che paga l’Università al Padrone annui docati 320, che paga la medesima Università al Padrone, che sono di capitale docati seimila, che li viene a corrispondere alla raggione di sette per cento.

223 Altri annui docati ducento, e dieciotto tarì 2.19 per capitale di docati tre- mila cento ventidue tarì 3.20, che viene a corrispondere la detta Università all’Illustre Principe all’istessa raggione di sette per cento. Nel Casale di Maschito sono li seguenti corpi burgensatici. Il molino. Compasso de territorij redditij al compasso di mezza sementa. Orgio. Avena. Focaggi. Cenzi de Territorij. Cenzi de vigne. Danni dati.

Seguono li corpi in denari in rilievo il primo.

L’affitto della mastro d’attia di detta Città l’anno Conforme li registri nel volume delle cautele d’affitti volume 2° 1632______520 1633______521 1634______525 Che uniti insieme fanno la summa di docati mille cinquecen- to sessantasei______566 Quali coacerbati li tre anni sudetti importano docati cinquecento ventidue______522

Affitto delle piazze l’anno Conforme li registri nel volume delle cautele d’affitti primovolume 1632______490 1633______489 1634______491 Che uniti fanno docati mille quattrocento settanta______1470

224 Li quali coacerbati per li tre anni sudetti importano docati quattrocento novanta______490

Bagliva, e scannaggio Conforme li registri nel volume delle cautele d’affitti 1632______190 1633______195 1634______215 Che unite insieme fanno la summa di docati seicento______600 Li quali coacerbati per li tre anni sudetti importano docati ducento______200

Affitto dell’herbaggio del demanio l’anno Conforme li registri come per affitto volume 3 1632______370 1633______338 1634______351 Che uniti fanno la summa di docati mille, e ventinove______1029 Li quali coacerbati per li tre anni sudetti importano trecento qua- rantatre______343 Affitto dell’herbaggio, che tiene la Regia Dohana di Foggia per tre anni docati trecento l’anno______300 Il territorio detto Mezzanella distante da detta Città miglia uno, e mezzo verso Ponente territorio seminatorio di moia novan- ta in circa, iuxta li beni di Cicco Cicoria, Santa Maria di Venosa, la fiumara, et altri confini, l’affitto dell’anno 1632______83 1633______83 1634______maese come per fede 201 Che uniti insieme fanno la summa di docati cento sessanta- sei______166

225 Coacerbati per li tre anni sudetti importano docati cinquanta cinque tarì 1.13 1/n______55. 1.13 1/n

Affitto dell’orto della Cavallarizza a roscello d’acqua l’anno Al detto volume 1632______9 1633______9 1634______10. 2.10 Che uniti insieme fanno la summa di docati vent’otto tarì 2.10______28. 2.10 Quali coacerbati per li tre anni sudetti importano docati nove tarì 2.10______9. 2.10

Affitto del cortiglio della Noce l’anno 1632______2 1633______maese 1634______2 Che uniti sono docati quattro______4 Quali coacerbati per li tre anni sudetti importano docati uno tarì 1.13. 1/3______1. 1.13 1/3 La difesa detta al Monte distante da detta Città miglia uno, e mezzo verso Mezzogiorno, che haverà da miglia due in circa de circuito, territorio macchioso, et infruttifero, iuxta li vigna- li, che furono di D. Ettorre Tangredo, lo vallone, che si dice Cuppolesa, la strada, che và a Barrile, et altri confini l’affitto di essa l’anno 1632______91.15 1633______91.1 1634______47. 3.10 Anno di zecche all’aiale 19 Che uniti sono docati ducento trenta, e grana cinque_230.00. 5

226 Che coacerbati per li tre anni sudetti importano ogn’anno do- cati settantasei tarì 3.8.1/2______76. 3. 81/2

Affitto di pesi, e misure della fiera grande, che si fà ogn’anno, come per registri di continuo docati venticinque______25

E l’affitto delli pesi, e misure della fiera piccola, seù padronanza si fà ogn’anno alla mettà di Agosto di continuo ogn’anno car- lini quindici tanto si tirano______1. 2.10

Affitto delle botteghe per servitio della fiera ogn’anno di con- tinuo docati dieci, per tanto si tirano______10

Censi perpetui, come per lista il primo nel volume de censi di diversi particolari l’anno 1632______34.00.15 1633______38. 2.15 1634______38. 2.15 Che uniti insieme fanno la summa di docati cento, et undeci tarì 1.5______11. 1. 5 Coacerbati per li tre anni sudetti importano docati trentasette, e grana 81/3______37.00. 81/3

Paga ogn’anno l’Università predetta per la portolania docati ses- santa, e per tanto si tira______60 Et altri annui docati sette per la confirmatione del Giudice Annale, come per fede e appare nel volume numero 22, e per tanto si tira docati______7 Affitto delli danni dati in territorio della Città di Venosa, ch’e- sigge l’Erario di Maschito come appare dai registri 1632______20

227 1633______20 1634______22 Che uniti insieme fanno la summa di docati sessanta- due______62 Coacerbati per li tre anni sudetti importano ogn’an- no docati venti tarì 3.6.1/3______20. 3. 61/3

Seguono l’entrade feudali in grano Il territorio nominato lo Centimolo sito al piano della Santissima Trinità scampro, e seminatorio di moia nove incirca, iuxta li be- ni di Paolo della Torella, strada publica, et altri confini s’affit- ta in grano la sua rata coacerbata per li tre anni importano ogn’an- no tomola tre q. 1 m. 2 ______3. 1. 2 Il giardino sito fuori la Porta di detta Città accosto al Castello scampro, e seminatorio di moia trenta in circa iuxta li beni di S. Maria, li beni di Donato Costanzo, e strada publica s’affitta in grano cioè l’anno 1632______Maese 1633______38 1634______38 Che uniti insieme fanno tomola settantasei ______76 Quali coacerbati per li tre anni sudetti importano tomola ven- ticinque q. 1 m. 2______25. 1. 2 Che unito tutto il grano predetto feudale sono tomola vent’ot- to q. 2 m. 4______28. 2. 4 Che al prezzo di cinquanta sette, e mezzo il tomolo confrontata la fede coacerbati li prezzi di detti tre anni sono docati sedici tarì 2.8 ______16. 2. 8 Il presente natalitio ogn’anno docati venticinque______25

Tutte le sudette entrate feudali, cossì liquidate coll’intervento dell’Avvocato Fiscale sono docati duemila, e ducento tarì

228 2.18______2200. 2.18 Dalli quali se ne deducono le spese necessarie che bisognano ogn’anno, come sono in reparationi del Castello la mettà del- le provisioni del Castellano, con la mettà della solita provisione delli due Guardiani, con fede fù detto per lo rilievo pro medielate, che considerate da noi tutte le sudette spese, ne deducemo an- nui docati sessantasette______67 E per le hadohi, che si pagano alla Regia Corte annui docati set- tantanove tarì 2.18______79. 2.18 Che in tutto sono annui docati cento quarantasei tarì 2.18______146. 2.18 Quali docati 146.2.18 dedotti dalle dette entrade, restano net- ti annui docati duemila, e cinquanta quattro______2054 Quali annue entrade cossì liquidate, e Città di Venosa, ut su- pra descritta, e confinata, stante la dispositione del suo sito, ae- re, distanza dalla Città di Napoli, et altre terre convicine, qua- lità, e quantità de suoi territotij, vassallaggio, ricognitione del- le prime, seconde, e terze cause civili, criminali, e miste, con fe- de al privilegio concessoli dal Gran Capitano, banco di giustitia, mero, e misto impero con sua potestate, le quattro lettere arbitrarie, portolania, zecca, pesi, e misure, con tutte le sue raggioni, preeminenze che competono al Padrone, in virtù de suoi pri- vilegij, e potriano anco competere per antica consuetudine, ha- vendo anco consideratione all’habitatione, e Castello, ch’è in det- ta Città per commodità di detto Padrone, con haver’anco mi- ra alla dispositione del presente tempo, et ad ogn’altra cosa, che di consideratione si deve al partitore di detto apprezzo, e sti- mano la Città predetta con le sue entrade predette alla raggione di tre, e mezzo per cento, ch’à detta raggione importa il suo va- lore docati cinquant’ottomila seicento ottantacinque tarì 3.15______58685. 3.15

229 E perche dalla detta Università si paga al Padrone per conventione fra di loro, con fede appurata dall’istromento presentato annui docati ottanta, e dicono per la trasitura della paglia, qual’è per sodisfattione del’Avvocato Fiscale, qual pretende sia feudale, con fede fu portato nelli rilevij passati, et al presente si ritrova essere burgensatico, con fede si è detto di sopra per il che es- sendo feudale, ch’il suo prezzo importariamo docati duemi- laducento ottantacinque tarì 3.15______2285. 3.15 Del che si rimettono alla determinatione di Vostra Signoria. Che uniti sono docati______60971. 2.10

Il Ius Pascendi, che tiene il Barone delle difese dell’Università predetta, presuppone il sudetto Avvocato Fiscale, che sia feu- dale, e che perciò pervenendone al detto pascolo alcune volte docati trenta, venticinque, e con fede costa dall’informatione ne potriamo pervenino docati cinquanta l’anno, questo però quan- do il Padrone non vuol pascere in detta difesa, e parendo a Vostra Signoria volersi tirare per corpo feudale importariamo annui docati trentacinque, il capitale de quali levranno altri docati mil- le______1000

Seguono li burgensatici Il territorio nominato la difesa della Caccia distante dalla Città predetta miglia cinque verso Levante macchioso con cerque, e cerri d’un miglio incirca di circuito, iuxta il bosco di Laviello, il demanio di Venosa, altri confini, sopra del quale corpo è un’ consoredititio alla Chiesa della Santissima Trinità di detta Città di Venosa commenda della Religione di Malta d’annui do- cati cento, e dieci, come per istromento e nel volume, che a tem- po delli rilevij fù dato per corpo feudale, al presente si è ritro- vato esserci istromento di compra, e chiarito per burgensatico

230 con interatione del suo Avvocato Fiscale della Regia Camera del- la Summaria, la sua rata cioè l’affitto dell’anno Anno delle zec- che nel volume 1632______325 1633______328 1634______100 Che uniti sono docati settecento sessantatre______763 E quelli coacerbati per li tre anni sudetti importano ogn’anno docati ducento cinquanta quattro tarì 1.131/3____254. 1.13 1/3

Il territorio nominato la difesa del Pantano distante dalla det- ta Città miglia quattro in circa con cerque, e pochi cerri di ca- pacità di carra tre in circa, iuxta li beni delli demanij della Città predetta di Venosa, lo vallone, via Vicinale, et altri con- fini, il quale e burgensatico nell’istromento predetto, e và incluso allo censo di detti annui docati cento, e dieci reddititij, ut su- pra la raccolta, seù Affitto dell’anno al 8 del detto volume 1632______19 1633______19 1634______20

Che uniti insieme fannno la summa di docati cinquant’ot- to______58 Li quali coacerbati per li tre anni sudetti importano ogn’anno docati diecinove tarì 1. 131/3______19. 1.131/3

Il territorio nominato l’isca delli Lazzari di moia sette incirca, delle quali quattro ne sono seminatorie, e l’altre tre macchio- se con cannito, reddititio all’Abbatia di S. Maria in Elice in an- nui carlini sedici, iuxta li beni di D. Valerio Speradio, la strada,

231 che và a Laviello, et alle molina di Venosa, et altri beni di Santa Maria in Elice, l’affitto dell’anno 1632______24.00. 64/3 1633______24.00 64/3 1634______30 Che uniti sono docati settant’otto, e grana 131/3______78.00.131/3 Li quali coacerbati per li anni sudetti importano ogn’anno do- cati ventisei, e grana 4 1/3______26.00. 4 1/3

E corpo burgensatico, come per fede di buonatenenza appar- so nel volume dell’istromento il primo, et terzo. L’affitto della mettà del forno, quale s’affitta ogn’anno docati quarant’otto tarì 3.10 la mettà di essi spetta al Padrone, e l’al- tra mettà spetta al Monasterio di S. Francesco reddititio a S. Agostino in annui carlini sette burgensatico, come per fede del- la bonatenenza apparso nel primo nel volume delle conte an- nui docati ventiquattro tarì 1.15______24. 1.15 L’università paga ogn’anno al Padrone annui docati ottanta per la trasitura della paglia, il quale corpo è burgensatico, come per fede d’istromento presentato in volume, che se bene nelli relevij fù dato per corpo feudale, al presente è ritrovato l’istromento di compra et è burgensatico, che l’Università paga per ogni fo- co una soma di paglia, erano fochi mille in quel tempo, et a gra- na otto la soma importano annui docati ottanta______80 Rende anco detta Università altri annui docati novantasei in- titulati per la provisione del Governatore, come per detto istromento di detta paglia, e per tanto si porta______96 Sono in tutto li detti corpi burgensatici annui docati cinquecento, e grana sei______500.00. 6

232 Pesi da dedurnosi Dalli quali se ne deducono li pesi cioè annui docati cento, e die- ci per lo censo della commenda alla Chiesa della Trinità docati cento, e dieci______110 Per il censo di S. Agostino annui carlini sette______3.10 Il censo di Santa Maria in Elice annui carlini sedici______1. 3 Che in tutto di pesi sono annui docati cento e dodici tarì 1.12______112. 1.12 Quali dedotti dal burgensatico restano netti annui trecento ottantasette tarì 3 .18______387. 3.18 Però se ne deducono anco altri docati trenta quattro, e mezzo per causa di spese, che si fanno al forno, Guardiano, e Giurato, talche restano esse entrade burgensatiche in docati trecento cin- quanta tre tarì 1.6______353. 1. 6 Quali docati 353.1.6 burgensatici si stimano alla raggione di set- te per cento, ch’alla detta raggione viene il coro la quale docati cinquemila quarantasei tarì 2.10______5046. 2.10 Ai quali si giungono li sottoscritti capitali, che paga l’Università predetta al Padrone, e sono Annui docati quattrocento, e venti per capitale di docati seimila, alla raggione di sette per cento, come per fede del detto istro- mento 22 del volume corrente il capitale è docati seimila___6000 Altri annui docati ducento, e diciotto tarì 2.19 per capitale di docati tremila cento ventidue tarì 3.10 alla raggione di sette per cento, come per istromento al presente in volume et anco l’al- tro istromento nel volume corrente il capitale di docati tremi- la cento ventidue tarì 3.10______3122. 3.10 Che uniti tutti insieme li burgensatici predetti fanno la summa di docati quattordecimilacento sessantanove, e tarì 1_14169. 1

Honofrio Tango Regio Ingegniero e Tabolario

233 Il Casale di Maschito

Distante dalla Città di Venosa suo Casale miglia quattro, si và in esso con buona strada d’estate, e d’inverno però è fangosa. É posto su una collina, che guarda a Settentrione, e si scuopre da esso molte miglia di campagna piane, e montuose, et alcune montagne, che li so- no alle spalle dalla parte di Mezzogiorno, et Occidente. Scuopresi anco da esso la predetta Città di Venosa, et altre Terre, qua- li li sono d’intorno, distante da Forenza miglia quattro, da Ripacandida mi- glia quattro, e Spennazzola miglia dodeci. É posto il Casale predetto dentro il territorio della Mensa Vescovale del- la Città predetta di Venosa, e non tiene territorij proprij, ma quelli che col- tivano ne pagano il terraggio alli Padroni, che và per mettà lo frutto, et al- tri, conforme li loro aggiustamenti, e sono detti territorij tantu dell’Illustre Signor Principe di Venosa, il quale Signor Principe ne paga annui docati ses- santasei alla Mensa Vescovale della predetta Città di Venosa, et altri doca- ti ventiquattro alla Grancia di S. Maria, quale è subordinata alla Religione di Malta. Detti territorij sono di buona qualità, producendo grani fini, et in abbondanza, di maniera, che si estraheno, e vendono per le terre, e luoghi convicini. Dividesi lo predetto Casale con più, e diverse strade bone d’estate, e d’in- verno fangose per esser paese cretoso. L’habitationi sono la maggior parte tutte case matte, e ve ne sono alcune con primo, e secondo ordine, con due, o tre palatiate di fabrica di pietre vi- ve, al generale coverte a tetti. Dentro di esso Casale vi è la Chiesa Parrocchiale sotto titolo di Santo Elia di commoda grandezza coverta a tetti. In testa di essa Chiesa vi è l’altare maggiore con custodia piccola, do- ve di continuo assiste il Santissimo. A sinistro, e destro di detto altare vi sono molte Cappelle con belle co- ne, et alcune guarnite, e di buona pittura, e si celebra a tutte dette Cappelle,

234 fra le quali vi è la Cappella con la cona del Santissimo Rosario, vi è il fonte battesmale, et il pulpito con due campane, vi è la sacrestia con pochi appa- rati, un solo calice, e due pesti. Vi è il pallio, e stendardo per l’uscita del Santissimo. Viene servita dal suo Arciprete, et alcuni Clerici con intrade d’annui to- mola quaranta di grano. Fuori di detto Casale vi è una Chiesa piccola coverta a tetti sotto tito- lo di S. Maria della Gratia. Vi è l’altare maggiore con cona, dov’è l’effigie di Nostra Signora, et altri Santi, vi né calice con apparato per una messa, nella quale si celebra due dì la settimana, con entrade d’annui docati quaranta sette, vien servita, ut supra. Fuori di detto Casale distante un quarto di miglio vi è un’altra Chiesa piccola, sotto titolo di Santa Maria di Costantinopoli. Vi è un altare, et un’altra Cappella con l’effigie di Santa Maria di Costantinopoli, et alla Cappella con cona di Santa Maria di Monserrato. Vi è campana, et apparato per una messa, nella quale Chiesa risiede un Sacerdote dell’ordine di S. Agostino della Scarpa con intrade d’annui qua- rantadue, si celebra ogni giorno. Un’altra Chiesa è fuora di detto Casale istento un tiro di moschetto sot- to titolo di Santo Nicola, dove non si celebra. Sopra il Casale predetto vi è la Cappella sotto titolo di Santa Venera co- verta a tetti con campana, vi è calice, e si celebra una volta la settimana, al- l’altare predetto vi è l’effigie di detta Santa con intrada d’annui docati dieci. Et il detto Casale di buono, e perfetto aere, e vi si mantengono l’ha- bitanti in esso sani, e robusti, sono di buono aspetto cossì l’huomini, co- me le donne. É mediocramente populata, et è di fuochi cinquant’uno, conforme pa- gano al presente. L’habitatori in essa sono tutti albanesi forastieri venuti ad habitare in detto Casale molti anni sono, conforme dall’istromento della compra. Vivono di buone carne di castrati, e d’aini, e d’altre carni selvaggie.

235 De grani buoni, et abbondandi, come si è detto di sopra. Di vini buoni, et a sufficienza, cossì ancora de legumi, frutti, et altro. É abbondante d’acque buone, e fresche cossì in esso, come poco distante con tre fonti. E per non haver territorij la giurisditione di detto Casale è del Padrone di detta Città di Venosa, essendo il Casale predetto edificato nel proprio ter- ritorio di Venosa. Sono in esso Casale tre botteghe lorde, uno Scarparo, due Barbieri, et una Mammana. Vi sono anco persone civili, come sono un alfiere di cavalli con alcuni huomini d’armi, e cavalli leggieri, et altri soldati. Del rimanente sono tutti bracciali, fatigatori, che si procacciano il loro vitto con la zappa, et in altri esercitij foresi con aggiuto delle loro donne, et altre a filare, tessere, cuscire, et altri esercitij feminili delle loro case. Vestonno al generale di panni rozzi, e ve ne sono chi ha alcuna commodità di panni fini, e sete, provedendosi tanto del vestire, quanto d’ogni altra co- sa a loro necessario nella fiera, che si fà a Venosa, et altri luoghi, e Terre con- vicine. Non vi è Medico, e se ne provedono a Venosa cossì anco di cose di spe- tiarie di medicina, e manuale occorrendoli. Dormono al generale sopra pagliericci per la commune povertà. Ve ne sono alcuni pochi con facultà de docati mille, e sono da tre, o quat- tro che dormono su matarazzi di lana. Sonovi de vecchi, ma pochi, e de fanciulli non vi è molto numero. Sono genti quiete, e pacifiche, ma di spirito, et industriose, vi sono al- cuni animali di diversi particolari, come sono bacche numero cento, bovi ara- torij numero cento cinquanta, pecore quattrocento, porci trecento, e d’ani- mali somarini cento in circa. Governasi il detto Casale per tre eletti, un Sindico, et uno Cassiero, confor- me all’ordine del Signor Reggente Tappia facendosi in publico parlamento duplicati, e poi il Padrone n’eligge tre, et un Sindico.

236 Tiene la Università molti debiti ascendentino alla summa d’annui do- cati trecento quarantasei de fiscali, istromentarij, oltre delle spese ordinarie, et estraordinarie, che si cavano fra loro per tassa. Non vi è l’habitatione del Padrone. Non vi sono corpi feudali, conforme alla compra, com’appare in volu- me dei relevij al numero 4. Il molino distante da detto Casale un miglio verso l’Oriente ad acqua, consiste in una casetta mattacoverta a tetti con una macina, però non macina, eccetto, che l’inverno per esser’ac- qua di vallone, e s’affitta l’anno tomola di grano 1632______110 1633______90 1634______210 Che unite fanno tomola quattrocento, e dieci______410 Coacerbati per li tre anni sudetti importano tomola__136. 2. 4

Compasso de territorij soggetti al compasso di mezza semen- ta l’anno tomola 1632______129. 2. 1 1633______116 1634______123. 3. 2 Uniti fanno trecento sessantanove q. 1 m. 3-______369. 1. 3 Lo terzo sono tomola cento ventitre, e m. 3______123.00. 3 mporta tutto il grano portato tomola Che a grana cinquantasei, e due terzi lo tomolo importano or- gio l’anno tomola 1632______11. 1 1633______10. 2 1634______2. 2

237 Sono in tutto tomola ventiquattro e q. 1 tomola______24. 1 Il terzo sono tomola otto, e m. 2______8.00. 2 Che a grana venti cinque, e due terzi il tomolo importano do- cati due, e grana 175/6______2.00.175/6 Avena l’anno tomola 1632______54 1633______17. 2 1634______2. 1. 2 Sono in tutto tomola cinquantatre q. 3 m. 2______53. 3. 2 Il terzo sono tomola diecisette, e m. ventidue alla napolitana, che a carlini due lo tomolo importano docati tre tarì 2.15 5/6______3. 2.155/6

In denari Foraggi l’anno docati 1632______207. 2.10 1633______189. 1.10 1634______203. 2.10 Sono in tutto docati seicento tarì 1.10______600. 1.10 Il terzo sono docati duecento, e grana 10______200.00.10

Censi de territorij l’anno docati 1632______112. 4.10 1633______111. 3.17 1634______111. 3.17 Sono in tutto docati trecento trentasei tari 2.4______336. 2. 4 Il terzo sono docati cento, e dodeci, e grana 14 ./3 ______112.00.14 ./3

238 Censi de vigne l’anno 1632______59. 4.10 1633______117. 3 1634______117. 3.18 Sono in tutto docati ducento novantacinque tarì 1.8__295. 1. 8 Il terzo sono docati novant’otto tarì 2.2 1/3______98. 2.21/3

Li danni dati tirati nelli territorij di Venosa per esserno feudali. Sono in tutto l’entrade di detto Casale di Maschito docati cin- quecento quarantaquattro tarì 3.13______544. 3.13 A quali non si daria prezzo per esserci l’istromento della com- pra di detto Casale, seù sue entarde e fatta al quondam Principe Fabrizio, et anco perche, come si è detto nelle relationi dell’al- tre terre. Il Signor Principe presuppone non dovernosi apprezzare li bur- gensatici per esserno suoi, come lasciatili dalla quondam Principessa Donna Isabella sua Moglie, ma perche come si è det- to in altre terre il Signor Avvocato Fiscale vuol, che s’apprez- zino, ci tiramo il prezzo, rimettendo il tutto a Vostra Signoria. Che perciò importando le dette entrade burgensatiche, come si è detto di sopra docati 544.3.13, e dedottene docati sessan- tadue, quali bisognano ogn’anno in reparatione delle molina, e casa, e condottura de grani, et altre spese necessarie, restano in docati quattrocento ottantadue tarì 3.13______482. 3.13 Per li quali considerato per noi la qualità dell’entrade, e corpi burgensatici sopradetti e dispositione del presente tempo, il luo- co, dove sono site, et altro, che di raggione si deve considera- re, l’apprezzamo alla raggione di sei per cento, ch’importa il lor capitale prezzo docati ottomila, e trentatre tarì 1.13____8033. 1.13 Dalli quali se ne deducono li capitali di due annui censi debi- ti cioè.

239 Uno alla Mensa Vescovale della Città di Venosa d’annui docati sessantasei______66 E l’altro reddititio alla Commenda di detta Città di Venosa d’an- nui docati ventiquattro______24 Che uniti sono docati novanta______90 Come si vede da detti istromento di compra fol…… Che il lor capitale importa docati mille, et ottocento, resta il va- lore di detti burgensatici in docati seimila ducento trentatre, tarì 1.13______6233. 1.13

Honofrio Tango Regio Ingegniero, e Tabolario

240 Documento n. 4

1642, 25 Marzo

Relazione della intestazione di Monteverde e Ripacandida fatta dall’Ingegnere della Regia Corte.

ASN, ACT, Fasc. 218 Inc. 5 Fol. 6

La Terra di Ripacandida stà situata nella Provincia di Basilicata distante dalla Città di Napoli per la strada di Salerno, et montagne miglia 100 et per la strada di Avellino, la Grotte, et Melfi miglia 80, distante dalla Città di Salerno dove risiede la Regia Audienza miglia 70, dalla Città di Melfi miglia 8, dal- la Città di Venosa miglia sei, dalla terra di Atella 4, da Barrile miglia 4 e da Rapolla miglia 6. Il territorio di detta Terra distende da Settentrione un miglio et mezzo, et confina con lo territorio di Rapolla, et Barrile, da Mezzogiorno distende miglia 2, et confina con lo territorio di Atella da Levante miglia 2, et confi- na con il territorio di Venosa, et con il fiume Chiato la Bellusa, et da Ponente miglio uno, e mezzo, e confina con lo territorio di Atella, et Aronigro. La detta Terra stà nell’ultima numeratione fuochi 115 oltre li franchi. Stà detta Terra edificata sopra una collina parte piana e pendinosa, so- pra pietre, et sopra terre, si sale in detta Terra per più parti, però da una par- te tiene mezzo miglio di salita, e da altra parte è quasi in piano. Stà detta terra edificata unita, et dimostra essere stata murata intorno con molti torrioni li quali sono parte di essi diruti, tiene detta Terra due Porte, una detta della Valle dalla parte di Ponente, et l’altra da Levante. Sono le stra- de grande, et piccole, pendinose, e piane con l’habitatione da una parte et dall’altra, et sono con primo 2°, e 3° ordine, parte di esse, et l’altre con pri- mo et secondo ordine fabricate di pietra dolce, et coverte con tetti et porte con scandale, si può camminare per dette strade comodamente a piedi, et

241 a cavallo, nel mezzo di detta Terra si trova la Piazza con un seggio, con due archi coverto con lamia, qual è dell’Università. In detta Terra dalla parte di Levante nella testa di detta Terra vi è un Castello si entra per una dolce salita, dove si trova una porta in piano, uno cortiglio dove si trova una cisterna in piano et la stalla sotto la sala con pagliera, et per una salita si sale alla sala grande con l’affacciata a Levante da una par- te sono quattro camare, et dall’altra parte sono due camere coverte con tet- ti, vi è un torrione diruto, da detto Castello da Levante se scruopono mol- te Città, e Terre la Puglia, et da Ponente altre Terre convicine, montagne, col- line, e territorij piani. Stà edificata detta Terra da due parti, l’affacciata da Mezzogiorno, et Ponente è detta Terra di aere temperata, et perfetta per essere ventilata da tutti ven- ti, l’estate è fresca e l’inverno temperata. E in quanto all’huomini, et donne, et fanciulli sono di buono aspetto, e di bella vista, ne sono 20 persone civili che vivono di loro entrate, et li al- tri vivono con le loro fatiche a governari li territorij et altri esercitij foresi le persone civili vestono di drappi fini conforme li tempi con le loro donne, et dormono sopra matarazzi fini con altre commodità, et li ordinarij vestono di panni ordinarij alla forese et le donne ancora, le dette donne si esercita- no a lavorare, filare, tessere et altri esercitij di casa, e non faticano alle cam- pestre. In detta Terra sono due Dottori di Legge, due Fisici un Notaro, et uno Maestro di scola, vi è un Barbiero, et una poteca di Scarpara, et una poteca lorda. Per uso dell’habitanti si servono per bevere dell’acqua detta Cirandetta distante un terzo di miglio verso Levante, et altre fontane verso Ponenete dette la Salzolla. Il territorio a torno la Terra è tutto pendinoso, et quello più lontano è parte piano, dove sono le vigne con ortolitij, et l’altri sono seminatorij di gra- no, orgi, et legumi, in dette vigne sono più sorte de frutti, dalle dette vigne ne pervengono vini bianchi, et rossi, frutti, et dalli territorij seminatorij ne pervengono vittovaglie abbondanti, che bastano all’uso dell’habitanti, et ne

242 vendono gran quantità alle Terre convicine, et dalla parte di Mezzo Giorno vi è un bosco grande di cierri, e cerzi il quale è mezzo il frutto dell’Università, la quale Università tiene attione di legnare in detto bosco. In detto territorio sono caccie di tutti ucilli, conforme alli tempi, et den- tro il bosco sono caccie di animali quadrupedi, porci, caprij, et lepri abbondanti che le persone civili, et cacciatori di continuo vanno a caccia. Per uso delli territorij sono bovi aratorij n° 150, vacche n° 300, pecore n° 500, cavalli, et giomente di sella, et barda n° 15, somari n° 50 incirca di di- versi padroni. Si governa detta Terra per uno Sindico, et quattro eletti et uno Cancielliero, ciò è il Sindico si fà in publico parlamento dentro lo seggio, et poi l’eletti, et Cancelliero lo Sindico a suo beneplacito, et detto governo dura un anno. Si governa detta Università conforme lo stato del Signor Reggente Tappia, e tiene d’entrate li sotto corpi Dalla gabella del vino carlini per soma______100 Dalla gabella della farina carlini due per tomolo che importa l’anno______700 Quello che li spetta dal bosco per la metà del frutto, quest’an- no n’ha perceputo per la sua metà______35 Vi è una difesa di detta Università quale si affitta______30 Oltre l’altre imposizioni che si poteno alle teste de fuochi____865 Dalle dette entrate se ne pagano fiscali instrumentorij et altre spese ch’occorrono. Et in quanto quello che spetta per la Chiesa Cattolica stà sot- toposta al Vescovo di Melfi. In detta Terra vi è la Chiesa Maggiore sotto titolo di Santa Maria del Sepolcro, la qual è bella a tre nave, la maggiore è coperta con intempiatura le due laterali a lamia coverte con tetti; in testa è l’altare maggiore con cu- stodia dove assiste il Santissimo, dietro è il choro, sacrestia, con il fonte bat- tesimale, pulpito, tiene li apparati di cinque colori di drappo d’oro, et tomaschi, guarniti di oro con paliotto a sei mazze, calaci indorati, et altre argentarie per

243 commodità di detta Chiesa vi è il campanile con quattro campane grande, et picciole. Viene servita dal suo Arciprete con cinque altri Preti Sacerdoti, et altri Clerici, quali tieneno d’entrata ducati 50 per ciasceduno, quali pervengono dalli territorij, et altre intrate. In detta Terra vi è un’altra Chiesa sotto titolo di S. Nicola, dove è una Chiesa piccola con una nave coverta con tetti si celebra a devotione con una campanella. In detta Terra vi è un’altra Chiesa sotto titolo di S. Bartolomeo a tre na- ve coverta con tetti, si celebra a devotione. Fuori di detta Terra vi è un Convento de Padri Zoccolanti con una Chiesa sotto titolo di Santo Donato, la quale è Chiesa piccola ad una nave coverta con lamia tutta pittata di buona pittura del testamento vecchio et nuovo. In testa l’altare maggiore con la custodia dove assiste il Santissimo con choro dietro, con la sacrestia, con tutti l’apparati necessarij, campanile, e campa- ne, et per commodità di detti Padri vi è la portaria con claustro coverto, et scoverto nel mezzo è la cisterna in piano, et il refettorio cucina, cellaro, et al- tre commodità, per gradiata di fabrica si sale alli dormitorij dove sono 12 cel- le coverte con tetti, con giardino murato, in esso resiedono setti Padri tra Sacerdoti et Laici, vivono di elemosina, et parte che li dà l’Università ogn’anno. Fuori detta Terra sono due altre Cappelluccie, una di Santo Pietro, et l’al- tra di Santo Sebastiano dove si celebra a devotione. Distante detta Terra un miglio dentro il territorio verso Levante vi è il Casale, quale và incluso a detta Terra, detto della Genestra alias Lombarda massa de fuochi dieci in circa dove habitano da trenta persone tra huomi- ni, donne, et fanciulli, quali sono Albanisi, stà edificato detto Casale nella strada publica che và a Venosa, et altre parti. É detto Casale edificato ad un piano, et l’habitationi sono in piano co- verte con tetti per uso di detti habitanti, vi è una fontana d’acquaviva intorno, vi sono belli territorij et vigne. In detto Casale vi è la Chiesa Parrocchiale, et viene servita dal suo Prete

244 eletto dal Vescovo. Fuori detto Casale vi è una Chiesa sotto titolo di Santa Maria di Costantinopoli, dove si celebra a devotione. La Regia Corte ci hà le prime cause civili, criminali et miste, banco di giustitia mero, et misto imperio prheminenze, giurisdittionij, quattro lare ar- bitrarie con li sottoscritti corpi feudali cavati da libri di Erarij, obliganze d’af- fitti di tre anni in quà, dove si coacerbano da fertile ad infertile del modo se- quente. L’affitto della bagliva è stata affittata ad Angelo Russo, et Ferrante Nico 1639______405 Alli detti 1640______400 Ad Antonio de Rogatro 1641______322 Coacerbati li detti tre anni viene la sua rata______375. 3. 62/3

In detta bagliva s’includono li censi quelli che pervengono dalli territorij che si coltivano, quello che pervene dal passo et piazza Lo bosco a Lonardo de Bartolo per la metà che spetta al Padrone 1639______140 Lo detto bosco a Notar Giovanni Domenico Bastato la metà che spetta al Padrone 1640__167. 2.10 Lo detto bosco a Mastro Francesco Tamarattio per la metà che spetta al Padrone 1641______35 342. 2.10 Coacerbati li detti tre anni viene la sua rata______114.00.162/3

Per li focaggi del Casale che ne pervengono carlini 12 per fuoco 1639______8 1640______6 1641______5 Coacerbati li detti tre anni la sua rata______6. 1.131/3

245 Lo grano che pervene da detto Casale redotto in denari il 1639______1. 2 1640______1. 1. 5 1641______1 3. 3. 5 Coacerbati li detti tre anni viena la sua rata______1. 1. 12/3

Quello che perviene dal furno per lo peso un rotolo per tomolo ne sono pervenuti 1639______76 1640______76 1641______75 127 Coacerbati li detti tre anni viene la sua rata______75. 3. 62/3 Mastro d’attia l’anno 1639______75. 2.11 1640______75. 4.11 1641______60. 1 211. 3. 2 Coacerbati quelli tre anni viene la sua rata______70. 2.14 Dalli piedi di noce che tiene Domenico Santo Fele sotto lo Castello ogn’anno______3 Da Madalena Sapia vidua del quondam Antoniello del Tito me- diante sua declaratione, et con giuramento si paga ogn’anno tarì due per una grotta che tiene nel loco detto lo Puzzo______2 Da Domenico Rizzo, et Domenico Santo Fele mediante loro de- claratione etiam con giuramento si pagano sopra una casa dove era il forno sito nella Parrocchia di Santo Bartolo ogn’an- no in solidum______2.00.10 Da Ferrante de Manna, et Giovanni Tomase del Ioij mediante loro declaratione etiam con giuramento rendono ogn’anno

246 tomola tre, et mezzo di grano, ciò è detto Ferrante un tomolo e mezzo, et detto Giovanni Tomase tomola due per una vigna sita nel loco detto lo quarto di Santo Stefano, il prezzo di es- si______3. 2.10 Paga ogn’anno l’Università al Padrone di detta Terra in diverse parte______49 Talche tutte l’entrate feudali di detta Terra di Ripa Candida, et suo Casale della Genestra importano annui______697. 2.19 Dalli quali ducati 697.2.19 se ne deducono l’hadoho che spet- ta alla Regia Corte ogn’anno sopra detta Terra ducati ottanta- tre 4.9 1/3______83. 4. 91/3 Talche l’entrata di detta Terra resta per 613.3.9 2/3______613. 3. 92/3 Quale intrate così liquidate da fertile ad infertile, consideratosi da me la detta Terra di Ripa Candida, et suo Casale così descritta, et confinante, dispositione del suo sito, aere distanza che tie- ne dalla Città di Napoli, et altre convicine, qualità di territorio boscoso, comodità di industria che vi si può fare, qualità del Castello, seù habitatione, giurisdittione, vassallaggio, apprezzo la detta Terra, et Casale con le sudette intrate de docati 613.3.9 2/3 vassallaggio, giurisdittioni referite alla ragione di P tre per cento, quali importano di capitale docati ventimilia quat- trocento cinquantasette dico______20457 Collettiva Città di Monteverde docati______15613 La Terra di Ripacandida et suo Casale docati______20457 Uniti insieme fanno la summa de docati trentaseimiliaeset- tanta______36070

247 E questo è quanto referisco a Vostra Signoria intorno al detto apprez- zo che Nostro Signore li conceda lunga salute in Napoli li 25 Marzo 1642

DIVS.___ Scrivente Tango Architetto, e Tabolario

248 Documento n. 5

1642, 14 Giugno

Apprezzo della Terra di Atella e del suo Casale Rionero redatto dal Tavolario Onofrio Tango per ordine del Sacro Consiglio, su istanza dei cretitori di Don Carlo Filomarino

ASN, ACT, Fasc. 123 Inc. 2

Copia Apprezzo d’Atella nel 1642

Die decimo sexto Iunij millesimo sexantesimo quadragesimo secundo Neapoli presentata per Magnificum Honofrium Tangum Tabularium.

Signore Mio la Terra di Atella stà situata nella Provincia di Basilcata distante dalla Città di Napoli capo del Regno per la strada d’Avellino, la Grotta Ariano, Ponte di Bovino, Ascoli, Melfi, et Barrile miglia 112, et per la strada di Salerno, mon- tagne, et boschi miglia 80, distante dalla marina di Salerno miglia 40. Da Barletta miglia 40. Da dove risiede la Regia Audienza miglia 52. Dalla Città di Melfi miglia 8. Da Rapolla miglia 6. Da Barrile miglia 4. Dalla Città di Venosa mi- glia 12; da Vigliani miglia 10. Da Santo Fele et Ruvo miglia sei da Ripa Candida miglia 4 incirca. Il territorio di detta Terra distende dalla parte di Levante miglia due e mezzo, e confina con il territorio di Ripa Candida, il territorio di Lagopesole e da Mezzo Giorno distende miglia sei, quale confina con il territorio e di- fesa di Santa Sofia, della Bella et il territorio di Santo Fele et dalla parte di Ponente distende miglia cinque quale confina con il territorio di Ruvo, seguendo come và l’Ofanto Ponte dell’Oglio, che sono miglia otto, e

249 dalla parte di Tramontana distende miglia cinque dove è la montagna di Monte in Vulto, quale confina col territorio di Melfi seguendo verso sopra la mon- tagna scende, e confina con il territorio di Rapolla miglia quattro, e mezzo, et con il territorio di Barrile miglia tre, e mezzo, dalli quali confini si viene a chiudere con il primo confino di Ripa Candida, e cossì confina, e termina il detto territorio il quale può girare miglia quaranta intorno incirca. In es- so si rinchiudeno territorij seminatorij, vigne hortolitij, difese, terzi pasco- li, montagne boschi con diversi feudi, quali si possedeno per più Particolari, Chiese, Abbatie sopra li quali feudi detti feudatarij ne teneno la copertura tantum et il Barone la spica, herbaggio pascoli, e giurisditione; ben vero ad una parte del feudo dell’Abbatia di Santo Angelo in Vulto il detto beneficiato tiene copertura pascolo, spica, frutto d’alberi et tagli di essi, et il Padrone so- lo la giurisditione, et questo s’intende da sopra lo vallone delle vigne in sù, nel quale territorio per la sua capacità vi si può fare industrie di quaranta- mila animali grandi e piccoli, baccine, porcine, pecorine, per la comodità del- l’herbaggi, acqua che in esso sono comodità di molte grotti sotto terra per custodia di detti animali nel tempo d’inverno, dove sono anco comodità per li garzoni, et guardiani di essi. Stà detta Terra nell’ultima numeratione fuochi numero 160, oltre li franchi, et impotenti la quale numeratione fù fatta nell’anno 1637. Stà detta Terra edificata in un loco piano tutta murata intorno con tor- rioni, quali la rendevano forte, e tiene quattro Porte la maggiore si chiama del Capo, per la strada di Barrile. All’incontro verso Mezzo Giorno, è la Porta di Piede da Levante è la Porta detta la Fontana, seù Santo Lonardo e da Ponente è la Porta detta lo Portiello. Da queste quattro Porte si trase, et esce dove si trovano più strade, dalle quali si và a diverse Città, e Terre; è detta Terra di passaggio, dove ogni giorno vi sono trafiche di grani, et altre robbe. Il circuito di detta Terra è grande, e mostra esser stata popolosa, e vie- ne serrata da detta muraglia, e torrioni, si bene da molte parti sono casca- te le mura. Li edificij che vi sono, sono parte di essi palatiati con cortigli, gra- diate, e parte sono casette ordinarie con le grade dalla parte di fuora sotto

250 di dette case vi sono grotte cantine per conservare vini. Le dette habitatio- ni sono con primo e secondo ordine fabricate di pietre dolce coverte al ge- nerale d’imbrici, vieneno divise dette habitationi da strade lunghe, larghe deritte, e piane dove si può caminare per esse comodamente a piedi in car- rozza, e a cavallo. Dalla Porta detta del Capo s’entra nella strada di mezzo la quale è lun- ga larga, e deritta, dove sono più poteche particolarmente le poteche che ser- vono per le due ferie che in detta Terra si fanno oltre le strade strongatore quale sono longhe, larghe, e diritte et nel mezzo proprio all’incontro la Chiesa Maggiore vi è la Piazza grande dove si fà il mercato, e ferie; in essa vi è la carcere civile e criminale con la Casa della Corte. È detta Terra di buon aere per esser ventilata da tutti li venti, e gode il sole dal nascere al tramontare, se bendicono, che sia nell’autunno, un poco di mal aere viene per causa che dentro detta Terra vi erano primo loco gran palazzi, e case, quali sono cascate, e sotto vi erano grotte, e fosse al presen- te sono restate scoverte dove l’inverno s’empiono d’acque piovane, e poi nel tempo fanno qualche poco di esalatione; però è cosa che si può rimediare, e resta l’aere perfettissima. Et in quanto alli cittadini che resiedeno in detta Terra sono li huomini, donne, fanciulli, e fanciulle di buono aspetto, e di buona vita timorosi di Dio e pacifici. Ne sono parte di essi persone civili, che vivono d’intrate che per- vengono dall’industrie di grani orgi vini, et animali vestono di panni fini confor- me li tempi le loro donne vesteno alla napolitana con vesti civili dormono sopra matarazzi fini con altri ornamenti necessarij tienino case con tutte co- modità, e l’altri sono fatigatori, che vivono delle loro fatiche al governare ter- ritorij, campi, custodia d’animali et altri esercitij foresi vesteno alla rustica maniera etiam le loro donne dormono sopra lana rustica, e pagliaricci, et le donne si esercitano al filare, tessere, e cosire, e poco di esse escono alle cam- pagne al tempo della raccolta della spica. Delli detti cittadini vi è il Magnifico Arciprete, quale è Dottore in Teologia e l’altri sono persone civili senza officij in detta Terra non vi sono

251 Dottori di Legge, ne Notari, ne Giodici a contratto, solo vi è il Medico forastiero per la cura de cittadini, il quale stà a provisionato dall’Università con pro- visione di docati 160 l’anno. Per comodità di detti cittadini, e terrazzani vi è una poteca lorda che ven- de diverse cose commestibili, et altre due poteche, che vendeno pane, e ver- dume, due chianche dove si tagliano diverse sorti di carne conforme li tempi. Sequeno l’artisti, vi è un Fabricatore, uno Barbiere, un Mastro d’ascia, tre Ferrari, due poteche di Scarpari, due poteche di Sartori, una spetiaria di medicina. E per comodità di vaticatori, e passaggieri vi sono tre taverne dove si può alloggiare al meglio che si può. Il territorio di detta Terra è quasi piano solo alli confini sono montagne e colline dove da Settentrione vi è una montagna alta, et nel piano vi si può fare trafica con carri quasi la maggior parte di essa per la conduttura di vit- tovaglie. Detto territorio è fecondissimo in produrre grani, orgi, legume, vi- ni bianchi, e rossi dalle vigne, frutti, e grani, quantità di verdume di tutte sor- ti per l’abbondanza dell’acque che scaturiscono da diverse parti e luochi di detto territorio. Per uso delli cittadini vi sono in detto territorio più fontane una distante mezzo miglio verso la strada che và a Barrile, la quale si chiama la Francesca, quale scaturisce acqua perfettissima e fresca da una costa di tufo, la quale è longa palmi 200 dove scaturiscono più rigoli d’acqua, che fà una bellissi- ma vista, e li cittadini a tempo d’estate vanno in conversatione a mangiare dove è gran delitia, e spasso detta acqua si unisce con altre acque sorgenti, e macinano sei molini, delle quali ne sono due del Padrone, e l’altre di par- ticolari: da sotto detta fontana ne sono due altre distante un’ miglio e più ver- so Ponente vi è una fontana detta le Gavetelle la quale è perfettissima fre- sca per uso di essi oltre l’altra fontana fora di detta Terra. Da sotto detta Terra verso Mezzo Giorno vi è lo fiume chiamato il Trepe, seù Fiumara di Atella distante da essa mezzo miglio dove vi è un Ponte,

252 sopra del quale si passa nel tempo d’inverno che detta Fiumara và piena, la quale và per mezzo il territorio di detta Terra dove si pescano pesci bianchi, et anguille perfettissime la quale Fiumara have origine da diversi luochi di detto territorio e tiene l’esito al fiume Ofanto. In detta Fiumara vi si può pe- scare ogni sorte di persona. In detta Terra due volte l’anno si fanno due ferie, una alli 11 di giugno nella festività di Santo Vito, et l’altra alli 4 di settembre nella festività della natività della Madonna Nostra Signora, nel qual tempo vi concorrono gran quantità di persone da diverse parti, e da Napoli a vendere, et comprare ogni sorte d’animali, mercantie di panni merciaria, spetiaria, ferri, salume, et al- tre cose et con questa occasione li cittadini di detta Terra vendono vino, pa- ne, fogliame, alloggano case per stantiare durante il tempo di detta feria, co- me anco l’Università per il luoco delle poteche nella feria di settembre ve hà la sua rendita, e nella feria di giugno li Padri di Santo Agostino che stanno in detta Terra nel Convento di Santo Vito raccogliono alli luochi delle mer- cantie che si fanno nella Piazza e detti cittadini con quella occasione si provedono alli loro bisogni a quello che più li stà necessario, et di quello li mancano si provedono dalla Città di Melfi, et altre parti. In detto tempo, che durano dette ferie per giorni otto il Padrone di es- sa li constituisce il Mastro Mercato che regge giustitia, hora detto officio và coll’affitto della mastro dattia che così il Padrone la vende al Mastro Datti, il quale nomina il Mastro Mercato, et il Padrone lo confirma. In detta Terra vieneno li cittadini delle Terre convicine, cioè da Ripa Candida vieneno a macinare alle molina, et a spicolare, nel territorio d’Avigliano ve- neno a macinare alle moline, et a lavorare et spolicare da Barrile vieneno a macinare lavorare, et spolicare da Santo Fele, e Ruvo vieneno a governare li territorij et a spolicare. In detto territorio vi sono caccie d’animali quadrupedi abondanti, e cac- cie di penne di tutte sorti. Per governo delle messi vi sono de particolari bovi aratori numero 50, porci numero 500, pecore numero 3000, capre numero 400, cavalli di sella et

253 varda numero 10, somari numero 20, li quali sono de Particolari. Si governa l’Università per il Sindico, et quattro eletti, la elettione del quale si fà in pubblico parlamento, dove si eligono due Sindaci, et il Padrone di essa ne confirma uno di detti Sindici, quello che meglio li pare, e li elet- ti restano quelli chiamati e si vive in essa per l’universale per gabella pagamento sopra loro beni, animali, e chi non tiene facultà paga per la sua testa carli- ni quindici. Et si governa l’Università conforme lo stato dell’Illustrissimo Signor Reggente Tappia e tiene li sottoscritti corpi d’intrata, et in questo presente anno sotto il Sindico Giovanni Andrea Maraldo. Dalla gabella della farina affittata______1250 Dalla gabella del vino______150 Dalla gabella del caso, et carne______55 Dalla gabella delle foglie______84 Dalle teste, e bestiame______550 Dal partito pigliato per Honofrio Arranca per la poteca______45 Dalli pasconi______15 Quello che pervene nello tempo delle due ferie all’Università___117 Talche l’introito sono______2276

Esito dell’Università Alla Regia Corte per li fiscali______1236 Al Medico per suo salario______160 Alle Reverende Monache di Santo Spirito______50 All’hospidale______50 Al Sindico per sua provisione______12 Al Giurato per la provisione______12 Al Carcerero per sua provisione______12 Al Cancelliero______18 Al Barone per donativo______200

254 Al Barone per la stima______25 Al Mastro Datti che faeci le scritture dell’Universita______9 Alli Padri di Santa Maria dell’Angioli______30 Al Predicatore che predica alla Chiesa Maggiore, la Quadragesima, e l’Avvento______30 Affitto della casa per li Commissarij______15 Al Casciero______12 Al Procuratore in Napoli______18 All’Avvocato______12 Per altre spese minute e straordinarie______500 Al Padrone per la difesa di Montesirico, et Officiali______58 ______2459 Talche l’esito supera l’introito______2459 Per______183 Dico______183

Nel più eminente, e superiore dalla parte di Tramontana vi è il Castello, il quale s’entra per un ponte fatto di tavoloni inchiodato con buoni chiodi et ferri, s’alza detto ponte a tempo di necessità et d’ogn’altro tempo con fa- cilità grande per esser fatto artificiosamente con contrapali et altro necessario in essa opera, et alzato che egli è difficilmente si può offendere l’habitatio- ne di detto Castello, oltre che si passa per uno ronciglione angusto, viene quel- lo guardato da una et grossa torre atta et habile alla defensione di tutto il Castello appresso si trova un’altra porta, la quale è guardata dalli suoi Guardaporte, et anco dalla suddetta torre, e da questa porta s’entra al cortiglio scoverto di detto Castello. In piano del quale ci è una cocina grande con uno cama- rone ad uno fianco di essa, et all’incontro di detta cucina stà uno passetto fra i quale sono due stanze una a una parte et dall’altra parte, et per sotto la sca- la maggiore di detto Castello s’entra in una stalla grande ben guarnita con tavoloni di capacità di cinquanta cavalli, in piano d’esso vi è un altro cam- marone grande quale serve per conservare grani da detto cammarone s’en-

255 tra in una camera dentro il torrione, quale serve per grani, avena altro in te- sta detta stalla vi è un altro cammarone dentro un’altro torrione il quale ser- ve per orgio. Ritornando nel detto cortiglio all’incontro si trova un’altra stal- la accomodata di nuovo sotto lamie, et imbecciate di capacità di dieci cavalli, a costo vi è la pagliara in piano di detto cortiglio vi sono altre stanze per co- modità di creati con uno cellaro grande in detto cortiglio sono due bocche di cisterne grandi ambedue sono buone, et fresche le quali servono ordi- nariamente per comodità di casa et salendo da detto cortiglio per gradiata di pietra viva larga palmi 8 con tredeci grade s’impiana ad una loggetta co- verta, dove sono due volte d’archi et da essa loggia s’entra ad una sala gran- de, et longa palmi 74, larga palmi 36 tutta coverta nuovamente ed da uno braccio a destra d’essa sono due camere con due cammarini da uno delli qua- li si può scendere alla cocina di basso, et in testa di detta sala vi è un’altra stanza quale viene dalla torre che fà angolo da uno delli quattro lati di det- to Castello et cossì sono nelli altri tre lati. Siche viene detto Castello guar- dato da quattro torri et in essa sala all’incontro l’intrata vi è la Cappella e dal- l’altro braccio sinistro si entra in uno cammarone grande dal quale si esce da un belvedere con vista bellissima dalla parte di Tramontana da dove si vede gran parte di territorij piani, et altre montagne da esso s’entra in un’altro camerino che viene a stare in uno di detti torrioni appresso ne so- no cinque altre camere incluso quella della terza torre, et due altri camma- roni, et questo consiste l’habitatione di detto Castello. Et calando di nuovo a detto cortiglio vi è un’altra scala per la quale si sale a tre altre camere in- clusa la camera dello torrione dal quale per gradiata piccola si sale ad un’altra camera grande da essa si sale all’ultima somità di detta torre in una di queste tre camere vi sono cinque granari di tavole lavorate le quali stan- no superiori, et divisi in essi vi si può ponere tomola 1500 di grano nelli qua- li si conservano con molta conditione. L’habitationi di detto Castello sono tutte coverte con tetti e sotto soffitti si può caminare attorno dove sono tor- ri et parapetti per potersi difendere il quale Castello cossì descritto viene ad esser recinto da contro fossi attorno distanti palmi 35 incirca e di altezza pal-

256 mi 25 incirca. Le muraglie dell’habitationi presenti che sono in faccia detto contrafosso sono di grossezza palmi 8 con loro pedamento di maggior cor- po. Da fuori detto Castello vi si trova un giardino grande che viene mura- to dalle mura di detta Terra, che si chiamava la Cittadella il quale è di nuo- vo piantato de diversi piedi di frutti, et sotto si può seminare, et fare hortolitij per comodità di detto Castello. E per quello che per spetta alla Santa Madre Chiesa Cattolica stà sottoposta al Vescovo di Melfi. Dentro detta Terra, e proprio nella Piazza, vi è la Chiesa Maggiore Colleggiata, la quale stà con la porta a Ponente et detta Chiesa ad una na- ve grande coverta con intempiatura, sopratetti stà sotto il titolo della Natività di Nostra Signora. In testa vi è l’altare maggiore con custodia pic- cola indorata dove assiste il Santissimo sopra è una cona con l’immagine del Sposalitio di Nostra Signora la quale è di buona pittura, e tiene del magni- fico guarnita con guarnimenti indorati, dietro vi è il choro grande con le pro- spere bene fatte e intagliate di legnami di noce, le quali sono per comodità delli Preti, che in detta Chiesa officiano nella nave di detta Chiesa sono più Cappelle, parte di esse sfondate sotto diversi titoli de Santi di buona pittu- ra con guarnimenti indorati vi è il fonte battesimale, et altre reliquie alla si- nistra dell’altare maggiore vi è principiata una nuova sacristia, et alla destra vi è una vecchia, dove sono tutti li apparati necessarij di damasco guarniti di seta, e parte di oro di tutti colori conforme li tempi. Vi sono dodici cali- ci nuovi di rame indorati uno di esso d’argento con dodeci patene d’argento indorati, vi sono due croci d’argento di prezzo docati 400, vi è incentiero, na- vetta, et una sfera dove si pone il Santissimo, quando si porta in processio- ne, et altri vasi d’argento per comodità di detta Chiesa, vi è organo grande, pulpito pallio a quattro mazze, stendardo, et dalla parte della strada da so- pra la porta di detta Chiesa vi è uno bello campanile a quattro ordini l’ul- timo è ad otto angoli con il cappello, il quale è fabricato di pietre vive, et dol- ce. In esso vi sono otto campane due grandi, e due mezzane, e quattro pic- cole in detto vi è un horologio a campana per comodità universale in det-

257 ta solo Chiesa si administrano li sacramenti per esserno in essa unite due al- tre Parrocchie, che vi erano per prima nominate Santo Eligio e S. Nicola nel- le quali due Parrocchie si celebra a devotione e nel giorno della festività, e nella detta Chiesa si predica ordinariamente ogni anno tanto nel tempo dell’Avvento, quanto nel tempo Quadragesimale. Li Predicatori che concorrono in detto pulpito sono bene remunerati dall’Università, quale comporta do- cati 36. Viene servita, et officiata dal suo Vescovo, e sono Arciprete, Clero et Clerici, dalli quali con ogni humana attentione si attende alla celebratione delle Messe et administratione de sacramenti, et altri officij divini per sussidio di vivi, et di morti. Il Clero sono dodici Sacerdoti et 12 altri Clerici. In detta Chiesa vi si celebrano diece messe il giorno incirca, le quali tieneno d’entrata du- cati 400, quali pervengono dalli territorij, peggioni, e censi, delli quali ne può spettare a ciascuno Prete docati 30, et all’Arciprete il doppio, oltre quello che li spetta per li morti, et distributione quotidiana. Dentro detta Terra vi è uno Monasterio di Monache antichissimo, clau- surato dell’ordine Benettino tiene una Chiesa sotto il titolo dello Santo Spirito, la quale è ad una nave di comoda grandezza coverta con tetti in te- sta vi è l’altare maggiore con custodia indorata dove assiste il Santissimo so- pra è una cona dello Spirito Santo, et altre immagine de Santi di buona pit- tura, guarnita con guarnimenti indorati, et intagliati alla nave di detta Chiesa vi è una Cappella per parte una è Santo Benedetto di pittura buona guarnita, et indorata, et l’altra con cona di Santa Maria della Gratia simil- mente guarnita, et indorata. Sopra la porta di detta Chiesa vi è il Choro do- ve officiano le dette Reverende Monache viene servita da Preti, et Frati Zoccolanti tiene li apparati necessarij con due calici, una croce, et argentino d’argento et altri apparati necessarij. Appresso detta Chiesa vi è la portaria, per la quale si entra nel parla- torio, rota dove si trova un’altra porta della clausura, dalla quale si entra in detto Monasterio, il quale è loco grande con giardino cinto d’alte mura. In piano vi è uno claustro coverto intorno in piano vi è il refettorio, cocina di-

258 spensa et altre stanze per comodità e per grada di fabrica si sale a due dor- mitorij, dove sono più camare capaci al numero di 33 Monache coverte con tetti in esso vi resiedeno le dette 33 Monache tra velate Professe, et educande, e serve con titolo di Abbadessa Vicaria, le quali ne sono parti cittadine, e fo- rastiere, e sono di buona Città, assistono a tutti gli officij divini, conforme la regola di S. Benetetto vivono d’intrata, che pervongono dalli censi de due molini ad acqua, due forni, et altre intrate che in tutto sono docati 700 tie- ne per uso dell’esatione di questo Monasterio il loro Procuratore, il quale si nomina dalla Terra, et il Padrone lo confima quello che li pare. Dentro detta Terra da sotto la Chiesa Maggiore vi è uno Convento dei Padri di S. Francesco della Scarpa dove tieneno una Chiesa grande cover- ta con tetto sotto titolo di S. Francesco in testa vi è l’altare maggiore con cu- stodia grande indorata, dove assiste il Santissimo, dietro vi è uno choro co- verto con lamia intorno, vi sono le prospere alla sinistra della nave di det- ta Chiesa sono tre Cappelle sfondate con diverse cone de diversi Santi, par- te di esse con cone indorate; et alla destra sono quattro Cappelle in faccia le mura al pilastro dell’arco maggiore vi è una Cappella di Santo Antonio, in essa vi è un organo grande, sacristia, dove sono tutti li apparati di tutti tem- pi, quattro calici con patene indorate una croce, et ingenttiero d’argento et altri apparati necessarij. Da fora detta Chiesa vi è il campanile non finito do- ve sono tre campane grandi e piccole, sotto detto campanile vi è la portaria per la quale s’entra in uno claustro coverto a quattro ale sostenuto da peliere et archi, nel mezzo vi è il claustro scoverto dove è la bocca della cisterna in piano di detto claustro si trova l’antirefettorio da esso alla sinistra s’entra al refettorio grande all’incontro alla destra si entra nella cocina ritornando nel- lo claustro vi è un magazeno per conservare grani, due altre stanze per le- gna, e stalla da detto claustro si scende al grottone dove si conservano li vi- ni, e per gradiata di fabrica si sale al dormitorio il quale è lungo, è largo con undeci celle intorno in testa vi è un’atrio coverto per recreatione di più so- no le camare per il Reverendo Provinciale a tempo, che viene in detto Convento dal detto dormitorio si và ad una loggia coverta che similmente

259 serve per recreatione, da essa si và al campanile il detto dormitorio, et cel- le sono coverte di tetti. Ritornando nel claustro dell’anterefettorio s’entra nel giardino grande murato intorno in esso sono piedi di amendole, olive, amarene da sotto vi è un quarto di vigna, il restante è hortolitio, in detto vi sono più pergole con diverse viti che fanno diverse sorti di vini. Resiedono in detto Convento sei Padri, quattro Sacerdoti, et due Laici con titolo di Guardiano, li quali vivono d’intrata che pervengono dalle vi- gne, e territorij, che può importare docati 300 l’anno quando più, conforme li prezzi delli grani. Nella strada maggiore di detta Terra dalla Porta di Capo vi è una nuo- va Cappella fatta dal Signor PietrAntonio Gratiola la quale è bella coverta con tetti, stà sotto il titolo di San Giovanni in testa vi è l’altare maggiore con una cona di Nostra Signoria della Gratia, alla destra è S. Giovanni Battista, et alla sinistra S. Giovanni Evangelista è di buona pittura guarnita, et indorata in detta Cappella fà celebrare ogni giorno il Signor Pietrantonio. Dietro detta Cappella il detto Arciprete hà fatto uno hospitale per die- ce persone, per li poveri ammalati cittadini, et forastieri, li quali sono governati a spese di detto Arciprete dove vi è uno poco di giardino per recreatione del- li ammalati. Per detta strada accosto la Porta del Capo vi è la Chiesa non molto gran- de coverta con tetti sotto il titolo di Santo Nicola, la quale era Parrocchia an- tica e per mancamento delli cittadini ne sono levati li sacramenti e postoli nella Chiesa Maggiore. In testa detta Chiesa vi è l’altare maggiore con bel- la cona antica dove è Nostra Signora della Gratia con altri Santi intorno, la quale è di buona pittura, guarnita, et indorata alla destra nell’intrare vi so- no più Cappelle, particolarmente ci è una Cappella con Santo Nicola di re- lievo, ornata di marmo rustico bianco la quale è antica della casa del detto Arciprete, dove fà celebrare ogni giorno a sua devotione. In detta Chiesa vi è la sacrestia con li apparati necessarij con uno calice con una campana gran- de antica di gran prezzo, et due altre mezzane viene servita da Preti.

260 Da sotto il Convento di Santo Francesco poco più a basso vi è una al- tra Chiesa la quale era Parrocchia antica, la quale è ad una nave grande, co- verta con tetti con titolo di Santo Eligio, al presente ne sono levati li sacra- menti e postoli nella Chiesa Maggiore per la mancanza de cittadini. In te- sta è l’altare maggiore con una dell’imagine di Santo Eligio con più Cappelle alli due lati della nave con sacrestia, cimiterio; vi è uno bello campanile an- tico con due campane una grandissima, e l’altra mezzana quando si celebra in essa si portano tutti li apparti necessarij nel tempo della festa, et altri gior- ni a devotione. In detta Terra sotto l’hospidale vi è una Cappella piccola coverta con tet- to sotto il titolo di Santa Catarina in testa vi è l’altare maggiore con cona di Santa Caterina, in essa vi è una campanella si celebra a devotione. Nell’ultimo di detta Terra verso Mezzogiorno sopra le muraglie vi è uno Convento dell’ordine di Santo Agostino della Scarpa, dov’è una Chiesa gran- de in essa s’entra per una porta laterale, e detta Chiesa è sotto il titolo di Santo Vito in testa è l’altare maggiore con custodia indorata dove risiede il Santissimo Sacramento sopra è uno crocifisso in croce di relievo devotissi- mo dalla sinistra sono tre Cappelle. La prima è Santa Lucia, la seconda Santa Maria de Costantinopoli, la terza Santa Maria del Soccorso, nella Cappella di Santa Lucia e Santa Maria di Costantinopoli sono due Confraternite et al- la destra sono tre Cappelle, la prima Santo Nicola, la seconda Santo Vito, la terza Santo Agostino. In detta Chiesa vi è una reliquia miracolosa di Santo Vito dove concorre gran popolo per la devotione e gratie che ne receveno per la morsicature de cani, detta Chiesa tiene li apparati necessarij, et sacristia campanile con due campane e due calici, sopra la porta vi è il choro. Poco distante vi è il Convento, dove si trova la portaria, per la quale si entra in uno claustro lungo coverto con tetti alla sinistra vi è uno bello qua- tro di giardino murato intorno per hortolitio con la bocca della cisterna in piano detto claustro si ritrovano il refettorio, cocina, dispensa, camera per stalla, grotte per conservare li vini, e per gradiata di fabrica si sale al dormitorio dove sono sei celle con altre comodità coverti con tetti. Ritornando nel det-

261 to claustro si esce al giardino grande murato dalle mura della Terra, dov’è una vigna grande con poco piedi di olive, amendole, amarene, e fico. In det- to Convento resiedeno tre Sacerdoti, et un Laico con titolo di Priore li qua- li celebrano in detta Chiesa, viveno d’intrata, e parte d’elemosina che fan- no dalla Terra. Dentro la detta Terra, da sotto il Castello vi è il Palazzo Abbatiale, do- ve resiedeno Ministri, et gente del Signor Abbate, quali stanno per servitio dell’esatione, et governo del feudo, et boschi rendenti alla detta Abbatia, con suoi guardiani et altri servitori che stanno per detto servitio la quale Abbatia si possiede per l’Abbate Borromeo, al presente resiede in Roma, e rende do- cati 400. Da sotto detto Palazzo vi è la Cappella di Santo Martino dove si cele- bra alcune volte per devotione et con obbligo la quale và con detto Palazzo. Dentro detta Terra vi sono altre Cappelle che si celebra a devotione. Fuori detta Terra poco distante dalla Porta Maggiore per la strada che và a Barrile vi si trova uno Convento de Padri Domenicani, dove tene una Chiesa non molto grande coverta con tetti sotto titolo della Santissima Annunciata. In testa vi è l’altare maggiore con custodia grande indorata do- ve assiste il Santissimo. Sopra vi è una cona dell’Annunciatione de Nostra Signora con diversi altri Santi di pittura finissima et antica con guarnimenti indorati sotto detta cona vi è un poco di choro con seditori per officiare nel- la nave di detta Chiesa vi sono tre altari per parte con diversi nomi de Santi di buona pittura in detta Chiesa vi è una Confraternita del Santissimo Rosario vi è la sacrestia dove sono due calici, e patene indorate, una croce di argento, tiene l’apparati di quattro colori vi è pulpito, standardo, due campane. Da sopra detta Chiesa è la portaria per la quale si entra in uno claustro grande coverto due ale di esso, e l’altre scoverte, nel mezzo vi è un’ giardi- netto con la bocca della cisterna in piano è il refettorio piccolo, cocina; dispensa, cantina, camara per legna, e stalla e per gradiata di fabrica si sale al dormitorio superiore, il quale è lungo largo, con dui fenestroni, alla destra sono sei ca- mare con la facciata a Levante e altre camare da dentro da esso si gode bel-

262 la vista di campagna, piane, e montuose, le quali camare, e dormitorio so- no coverte con tetti, et sotto intempiature. Ritornando nel claustro per quattro grade si sale al giardino murato in- torno dove sono più, et diversi piedi di frutti, et da sotto hortolitio. In detto Convento risiede il Priore con altri dui Sacerdoti, e tre Laici, li quali viveno d’intrata, et elemosine che fanno nella Terra. Poco più sopra detta Chiesa vi è una piramide a quattro salite con cin- que grade, che saglieno intorno nel mezzo, è uno piedestallo, il quale sostenta una colonna con capitello sopra vi è un monte che tiene una croce con Nostro Signore scolpito la quale piramide è tutta di marmo bianco rustico intorno del quale vi è gran campagna piana, dove si fà mercato al tempo del- le ferie. Segue per detta strada che và a Barrile distante dalla Terra mezzo mi- glio si trova uno Convento de Padri Zoccollanti dove è una Chiesa grande coverta con tetti sotto il titolo di Santa Maria degli Angioli. In testa vi è l’al- tare maggiore con custodia indorata, dove assiste il Santissimo sopra vi è una bella cona de Nostra Signora degli Angioli di buona pittura guarnita et in- dorata dietro vi è il choro con due filare di prospere intagliate per officcia- re nella nave di detta Chiesa vi sono due Cappelle sfondate, et altre in fac- cia le mura con diverse cone di diversi Santi guarnite et indorate, vi è la sa- crestia, dove sono li apparati di quattro colori dui calici, et patene, et altre comodità da detta sacristia si sonano due campane da sotto detta Chiesa vi è la portaria, per la quale si entra nel claustro grande a quattro ale coverto con lamie e nel mezzo vi è uno giardinetto con la bocca della cisterna. In piano si trova l’anterefettorio, dalla sinistra s’entra in detto refetto- rio grande, dietro è una camara per candena, e alla destra di detto antere- fettorio s’entra nella cocina con tutte comodità. In piano de detto claustro sono più camare quale serveno per dispensa, legne, et cantina; e per una gra- diata di fabrica si sale al dormitorio dove sono due dormitorij con 15 camare con altre comodità le quali sono coverte con tetti, e sotto tavole stà edifica- to detto Convento nella parte più alta in uno piano, che dalle dette camare,

263 et dormitorij si scopreno lontani Paesi, colline, piani, talche viene ad esse- re d’aere perfettissima da esso si gode tutta la Terra. Ritornando nel claustro dell’anterefettorio si esce al giardino grande murato intorno, dove vi è una vigna con più, e diversi piedi de frutti sotto per hortolitio. In detto Convento resiede il Padre Guardiano, dui Sacerdoti, e tre Laici li quali officiano alla Chiesa loro, e tanto al Monasterio de Monache vi- veno di carità, che fanno dalla Terra et altri convicini. Da sotto detta Chiesa vi sono due Cappelle antiche. Fuora detta Terra per detta strada distante miglia quattro verso Tramontana nel territorio d’Atella detto Sant’Angelo in Volto vi è un’ Convento de Padri Cappuccini, dove tieneno una Chiesa piccola a tre nave con una grotta dentro grande la quale è coverta con intempiatura, e sopra tetti: et le navi picciole con lamie sotto titolo di Santo Michele Arcangelo ad una delle nave piccole vi è l’altare maggiore dove assiste il Santissimo den- tro vi è la grotta dov’è la Cappella di detto Santo, la quale è antichissima. In detta Chiesa si fanno due feste l’anno, una alli 8 di maggio, et l’altra alli 28 di settembre. In detto tempo vi sono indulgenze, le quali sono state concesse dal Sommo Pontefice a tempo che da esso fù consecrata in compagnia de sei Cardinali, come si legge in una sua tabella affissa in detta Chiesa ansi li det- ti Padri vi hanno fatto uno bellissimo reliquiario dove stanno reposte reli- quie insignie con li loro nomi tiene l’apparati necessarij, calici et campani- le con due campane. Detta Chiesa stà fra boschi remotissimi posti a modo di grotta vi è la por- taria con il claustro coverto, et scoverto con tutte comodità et sopra sono dui ordini di celle coverte con tetti, dalli quali si godeno lontani paesi, monta- gne, colline, e pianure; è di buon aere tiene dui giardini belli e capaci con per- gole frutti hortolitij con una fontana nel mezzo del Convento. In detto Convento resiede il Padre Guardiano con 15 altri Padri Sacerdoti, et Laici. In detto loco al bascio nel piano sono due laghi d’acque dolci l’uno po- co distante dall’altro, li quali tengono gran profondità uno dicono sia d’al- tezza canne 50 et l’altro canne 30 incirca si affitta la pesca d’essi dall’Abbate

264 di S. Angelo e li Reverendi Padri Cappuccini ponno in quelli far pescare per uso d’essi. Tutti due questi laghi girano da un miglio, e mezzo incirca et a tempo che si fà la festa in detta Chiesa ancorche stia dentro boschi vi è concorso gran- de di popolo quale vengono dalle Terre convicine, et il Capitano della Terra d’Atella và a mantenere la sua giurisditione dove esigge il Ius dell’Onoratico da che venne le perdonanze. Detti Padri Cappuccini tengono dentro la Terra uno hospitio con la Cappella per comodità della cerca dove sogliono dire la messa e serve an- cora per passaggio delli Padri, dove si ponno riposare qualche giorno con tutta comodità. Fuori detta Terra dalla parte di Mezzo Giorno verso il fiume vi è una Chiesa grande coverta con tetti sotto titolo di Santa Maria Vitalba la quale era dell’Ordine de Zoccolanti, poi Carmelitani al presente è disabitata in es- sa si celebra il giorno di Santo Marco con la processione solenne con concorso di tutto il popolo, e fà una bella festa. Segue il Casale dentro detto territorio distante dalla Terra due miglia per la strada di Barrile chiamato Arrenigro, il quale stà edificato tra Levante, e Tramontana posto in uno piano et l’habitatione in una collina dove han- no cavato molte grotte et quelle servono per loro habitatione, et anco per li loro animali, che tieneno il detto Casale dicono sia fuochi numero 60 oltre li fuochi della Terra, li quali habitanti sono poveri terrazzani che faticano al- li territorij, et alla custodia d’animali, et le donne si esercitano alle campa- gne, et altri esercitij de loro case si provedono di quello li fa bisogna dalla Terra d’Atella, e quello che li mancano si provedono dalla Città di Melfi, et dall’altre Terre convicine. Li detti habitanti sono di diversi luochi, e paesi e si esercitano alla campagna, dove fanno gran quantità de grani, orgi, legu- me, in esso Casale non vi sono vigne solo che uno poco dentro di esso vi è acqua sorgente molto buona con quantità per uso di essi, la quale è fresca, e leggiera. In detto Casale si fà il Sindico, et due eletti da loro nominati e dal Padrone

265 confermati, li quali governano, e mantengono il registro di detti habitanti. In esso vi sono bovi aratori numero 60, bacche numero 15, porci numero 200, somarri numero 15. Li quali fuochi pagano ogni anno al Padrone docati 60. E per quello che spetta per la salute dell’anime tieneno una Cappella sot- to il titolo di Santo Marco in essa assiste il Santissimo quale si administra per uno Sacerdote eletto dalla Chiesa Maggiore dove si celebra solo la festa. Il Prete che serve detta Chiesa tiene uno carro di grano l’anno da det- to Casale che sono tomola 36, oltre quello che spetta nel tempo della sepoltura quale si paga un carlino, et un’ altro a tempo che si sposa. Il Padrone di detta Terra si possede li sottoscritti corpi feudali cavati dal libro dell’Erario Pietro Antonio Gratiola, la cautela d’affitti accensione di can- dele fatte nella corte da detta Terra, li quali sono dell’anno 1637-1638-1639, che gli altri anni appresso sono state dette entrate in demanio.

In primis la mastro dattia, inclusi li proventi civili, li Mastri Mercati delle due ferie, è stata affittata per il Signor Marcello Filomarino a Signor Antonio Vitagliano per scrittura pubblica per docati cinquecento nell’anno 1637______500 La detta è stata affittata da detto Erario a Francesco Trono e Flavio Russo come appare per scrittura pubblica nell’anno 1638 per docati 425______425 La detta è stata affittata dal detto Erario alli detti di sopra per docati quattrocento trenta sei nell’anno 1639______436 ______1361 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata docati___453. 3. 61/3

Nel 1637 la bagliva è stata affittata dal detto Erario a Giuliano Terrazzo come appare per scrittura per docati mille et quattrocento, incluso a detta bagliva la fida dei territorij, cioè l’herbaggio spi- ca del demanio, pesi, misure, zecca, portolania, la piazza di com-

266 prare, e vendere, fida de cittadini per l’immonditie delle loro porte, e case intendendosi che in detto affitto non si include li terraggi del feudo detto della bagliva il quale si esige per ter- raggiero da parte dico______1400 1638 la detta bagliva è stata affittata a Giuliano Terrazzo, come appare per scrittura per docati mille, et quattrocento dico__1400 ______2800 1639 la detta bagliva a Guglielmo Terrazzo Salvatore Sisto per docati______1400 ______4200 Coacervati li detti tre anni viene la rata______1400

1637 il terzo di Marotto, seù difesa, la quale confina con la fiu- mara d’Atella da sopra con la strada della Spineta, e per la Vogna, la quale chiude alla fiumara d’Atella, dentro la quale vi è la stra- da che và al terzo di Armatiero il detto terzo di Marotto è ter- ritorio collinoso, e piano detto anno è stato affittato a Giovanni Domenico di Santo Arsiero di Vigliano come per cautela appare per docati sessanta______60 1638 il detto terzo a Mastro Antonio Ciecco per docati quaranta cinque dico______45 1639 il detto terzo è stato affittato a Don Pietro di Ferrante e Stefano Ceccio per obbliganza appare per docati cinquanta______50 ______155 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______51. 3. 61/3

1637 il terzo dello Margarito all’incontro del Marotto verso Tramontana comincia dal feudo del Monasterio delle Monache di Santo Spirito d’Atella di Tramontana e Ponente con lo demanio d’Atella il quale territorio pendinoso al detto anno è stato af- fittato per docati venti dico______20

267 1638 il detto terzo simile______20 1639 il detto terzo il simile______20 ______60 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______20

1637 il terzo della Civita il quale viene separato dal fiume detto La Vogna derimpetto da Mezzo Giorno con poggio Martino da Ponente confina con il bosco di Bocito si divide da detto bosco dal fiume Bradano, et all’incontro del Margarito con il fiume d’Atella il quale terzo è territorio nel piede piano, e poi và salendo penninoso sopra è tutto piano. Il quale terzo si di- ce contato di Armatiero. Il detto anno è stato affittato a Francesco Natale come appare per obbligatione______40 1638 il detto terzo è stato affittato a Pietro di Ferrante______20 1639 il detto terzo è stato affittato ad Antonello Vecino di Santo Fele per docati 40 come appare per cautele______40 ______100 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______33. 1.131/3

1637 Segue il terzo del Mauriello il quale confina con il bosco di Bocito, all’incontro la difesa di Pietra Cupa, seù Catenaccio il territorio di esso è penninoso con poco piano, il quale stà da Mezzo Giorno dalla fiumara di Bradano dalla parte occiden- tale confina con il demanio di Santo Fele, il quale viene divi- so per un vallonetto detto il Piscanello il quale termina al Bradano proprio alle Cerale di Corraniello, et da Tramontana viene a stare sotto il bosco di Bocito, et da Oriente viene cinto dal sopradetto Bradano il quale separa detto terzo con la ter- za della Civita il detto anno è stato affittato ad Alessandro d’Urso Massaro di Stefano Ceccio come appare per cautela______35 1638 il detto terzo al sudetto Stefano Ceccio______60

268 1639 il detto terzo per______60 ______155 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______51. 3. 62/7

Dalli detti 4 terzi ne sono pervenuti più delli detti affitti per fi- da d’animali per tre anni docati trenta la terza parte che li spet- ta______10 Dalli detti quattro terzi per la spica da fertile ad infertile si ti- ra ogn’anno docati sessanta______60 Dalli quali terzi ne spetta al Padrone l’herbaggio, spica, atteso li terraggi di Civita, e Maurella, che erano del Padrone di es- sa et anco quelli delle Serre Rocce, et il Santo Ilarione sono sta- te vendute dal Principe d’Ascoli al Barone di Santo Fele sopra il che stà intentata lite per recuperatione di detti terraggi di det- ti territorij dalli quali il Barone di Santo Fele dicono che ne ri- ceva annui docati 800 come ne fa mentione nell’apprezzo del- l’anno 1627.

Segue il bosco di Bucito segue il quale comincia dalla pedementina del terzo della Civita, il quale si divide con il fiume Bradano, caminando verso Tramontana confina con la fiumara d’Atella all’incontro la difesa de Monticello dell’Abbate Borromeo e da detta Tramontana, et Ponente confina con il territorio semina- torio della Santissima Annunciata di Napoli coltivato dalli cittadini di Ruvo caminando per Ponente confina con il terri- torio di Santo Fele, et da Mezzo Giorno lo terzo dello Mauriello, et finisce al fiume Bradano che divide il terzo della Civita. 1637 Il detto bosco è stato affittato a Gabriele del Monte per non esser coltivato in tutto ne sono pervenuti docati trecento tren- ta cinque______335 1638 Da detto bosco ne sono pervenuti per herbaggi, e da ta-

269 gli perche si è fatto maiese______243 1639 Il detto bosco serve per semina, e ogn’altro che in esso e si tira per______400 ______978 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______326

Paga la Università per la difesa di Montesirico docati quaran- ta otto, et docati diece per sussiodio dell’officiali che sono in tut- to docati cinquantotto______58 Detta Università paga ogn’anno al Padrone per la strina che li spetta lo Capo d’anno docati venticinque______25 Per lo suffeudo che tiene li heredi di Giovanni Carlo Amoruso paga ogn’anno carlini diece______1 Dalli focaggi del Casale d’Arenigro carlini dieci per fuoco so- no docati sessanta______60 Segueno l’entrate, che provengono dalli terraggi del compas- so della Corte e detto la bagliva come appareno dalli libri del- li terraggi

1637 Grano pervenuto da compasso della Corte______531. 6/8 Grano pervenuto da compasso della bagliva______350. 4/8 ______882. 1/4

Talche sono tomola 8821/4 a carlini sei lo tomolo sono doca- ti______529. 1.15 L’orgio del compasso della Corte tomola______486 L’orgio del compasso della bagliva, tomola______202 Sono in tutto tomola 688, a carlini tre lo tomolo______206.2 Germano pervenuto dal compasso della Corte tomola_52. 5/8

270 Fave______8. 6/8 ______61. 3/8

Sono in tutto tomola 61 3/6 a carlini tre lo tomolo______182 Sono in tutto______754.15

1638 Grano pervenuto dal compasso della bagliva tomola 3131/8______313. 1/8 Grano pervenuto dal compasso della Corte, tomola______536 Sono in tutto tomola______849. 1/8 Le quale tomola 8491/8 a carlini sei lo tomolo sono_509. 2. 7 Orgio pervenuto dal compasso della bagliva dico tomo- la______198. 6/8 Orgio pervenuto dal compasso della Corte tomola___541. 7/8 ______740. 5/8

Sono in tutto tomola 7485/8 a carlini tre lo tomolo______222.10 Fave et germano tomola 591/4, a carlini tre lo tomolo 17.3.17______17. 3.17 Sono in tutto______749. 1.15

1639 Grano pervenuto dal compasso della Corte tomola_____322. 3/8 Grano del baglivo tomola______331. 4/7 ______653. 7/8

Sono in tutto tomola 6537/8 a carlini sei lo tomolo sono__392.19 Orgio tomola______312 1/8 Orgio tomola______122

271 ______424. 1/8

Sono in tutto tomola 4241/8, a carlini tre il tomo- lo______127. 1. 3 1/n Germano, et fave tomola______39. 1/3 A carlini tre il tomolo sono______11. 4 Sono in tutto______531. 1.12 1/n

1637: Grano, et orgio, germano et fave dell’anno 1637 impor- tano in denari______754.00.15 1638: Grano orgio, germano et fave importano______749. 1.15 1639: Grano orgio, germano et fave importano____531. 1.12 1/n Sono in tutto______2034. 4. 2 Coacervati li detti tre anni viene la sua rata______678. 1. 7 1/3 Il molino si tira per tomola 150 di grano a quel tempo a carli- ni sei il tomolo sono______90

Talche tutte l’intrate di detta Terra, et Casale cossì liquidate da fertile ad infertile importano docati tremila trecento diecedot- to tarì 3 grana n/3 dico______3318. 3. 0 Dalli quali se ne deducono li sottoscritti pesi: Alla Regia Corte per l’adogo______644. 2.18 7/n Per portare li grani della bagliva______12 Per misurata delli territorij delli feudi______20 Per spese che bisognano al molino______20 Docati settanta due che si pagano ogn’anno alli Guardiani che guardano li territorij è parso al Sig. Consigliero non dedurli li quali si esigono dalle pene et di quelli si pagano detti doca- ti 22______22 Talche tutto l’esito importano docati seicento novanta sei tarì 2.18 1/n______696. 2.18 1/n

272 Li quali 696.2.18 7/n dedutti dalli detti______3318. 3. 0 2/3 Restano netti______2622.00.0 1/n

Quale intrate cossì liquidate, qualità di detta Terra, sito, aere, numero dei vassalli, qualità di essi, giurisditione civile et cri- minale et mista, mero, et misto imperio, banco di giustitia con le prime, e seconde cause, dominio d’huomini, giurisditione de vassalli, habitatione et Castello, bontà di territorij, fertilità de campi, abbondanza d’acque, bontà di vini, comodità di vive- re, buone carni, e miglior pane, perfetti vini, oltre le verdume, che ordinariamente vi sono d’ogni tempo, a bastanza de frut- ti comodità di ferie, numero d’animali che tengono li cittadi- ni, finalmente considerato lo smaltimento delle robbe che in es- so nascono, dove vengono vaticali, et altri di passaggio a com- prare grani, orgi et ogni altro che tengono da smaltire, oltre che hanno ancora luochi di dohana non molto lontane da detta Terra, quale è la Grotta, l’Atripalda, Avellino, et fatte altre considerationi padronali conforme si è detto di sopra, et altro che in virtù di privilegio può spettare all’utile Signore di detta Terra l’ap- prezzo per docati sessantacinquemilia cinquecento cinquanta alla ragione di 4 per cento______65550 In detta Terra vi è la vigna burgensatica da sotto il Convento di Santo Vito la quale apprezzo per docati ducento franca, et libera da qualsiasi peso dico______200

É questo è quanto riferisce a Vostra Signoria intorno al detto Apprezzo che Nostro Signore li concedi lunga salute. In Napoli li 14 Giugno 1642 Divis Scrivente Honofrio Tango Architetto e Tavolario

273 Documento n.6

1668, 1 Settembre

Apprezzo, offerta, ed istanze per la compera di Lavello dal 1668 al 1704

ASN, ACT, Fasc.50 Inc. 26

Città di Laviello distante da Spenazzola miglia 18 si trova la detta Città di Laviello po- sta nella fine della Provincia di Basilicata, et vicino alla Provincia de Bari di- stante dalla Città di Napoli Capo del Regno, per la strada nova migli cen- to per la strada delle Montagne miglia 84. Da Salerno dove risiede la Regia Audienza alla quale stà soggetta miglia settanta, da Foggia, dove resiede la Regia Dohana miglia trenta, da Lucera miglie 40. Dalla Marina di Barletta miglia trenta, confina detta Città con la Città di Canosa distante miglia 18, con Menorvino miglia quattordeci Monte Milone miglia nove di Mezzo Giorno dalla Città di Venosa miglia cinque da Ponente con la Città de Melfi miglia otto da Tramontana, la Cerignola miglia 14. Stà detta Città nell’ultima numeratione fuochi 489 oltre li soldati, e pri- vilegiati. Siede detta Città in una collina circondata da altre poche maggiori, et per tale effetto l’occupano di vista riguardata da lungo, fuorche da Levante circondata da valle da tutti lati fuorche da Ponente, stà esposta a Mezzo Giorno, è di bonissimo aere si per la sua tempera, come anche perche il sole la pos- siede dal nascere al tramontare agitata da tutti venti sebene da Tramontana, cioè una collina al quanto superiore ma non per questo la può totalmente difendere. Non è altrimenti detta Città murata, ma dalla parte di Levante stanno si spesse, et attaccate insieme l’habitationi, che la rendono quasi come fus- se murata dalla parte di Ponente, e per causa di molte case piccole cascate

274 si può intrare in detta Città, si camina per essa cossì a piede, come a caval- lo, per esserno le strade piane ma strette. É divisa la Città predetta in tre quar- tieri, una parte dal Palazzo del Padrone, il quale stà quasi in mezzo la det- ta Città verso Levante si dice la Cività, dal Palazzo verso Ponente insino al- le Porti si chiama La Barra, verso Mezzo Giorno il Borgo, dove sono molte case matte, poche con camere, le quali sono habitate dalle genti povere. Tiene due Porte principali, una come si è detto di sopra verso Ponente nominata la Porta della Barra dove per insino al Palazzo è una bella strada deritta, è larga mattonata, et da detta Porta similmente si và a spasso fuo- re di detta Città, et l’altra Porta stà a Levante in luoco di pendice dalla qua- le si và a Canosa Minorvino, et altre parti, vi sono altre Porte piccole, qua- le poco servano detta la Porta dalla Cività. Sono l’abitationi di detta Città tutte senza cortili, et quelle sono basci, e camere sopra alcune sono a due ordini coverte al genarale a tetti. Il territorio di detta Città distende insino alli confini delle sudette Città, e Terre convecine, il Padrone hà assati territorij di colline, come di pia- nure, boschi, difese, e pascoli per ogni sorte d’animali lavoratorij dove si con- tiene fiume, acque sorgenti, rivoli, fontane, vigne, hortolitij territorij fruttuosi, et altri dove nascono quantità de vini bianchi, e rossi grati al gusto, et di me- diocre gagliardia, assai quantità di grani, orgio, fave, ceceri, foglie, agli, ce- polle, et ogni sorte d’hortolitij vicino al fiume dove li danno acque nelli bi- sogni frutti d’estate abastanza, et lini rustici. Detta Città ancorche stà nella Provincia di Basilicata, tutta volta inquanto alle caldezze del paese, e qualità de territorij partecipano assaj della Puglia, e però hanno acque dolci. Delli cittadini di detta Città ne sono molti, che vivono civilmente, an- corche non sia separatione di nobiltà, o seggio, et sono li Ricciardi, Quattrocchi, Elia, dove è uno Dottore quale stà in Napoli; uno Medico Fisico Francesco Fierro di Melfi, con provisione de docati ducento l’anno, uno Chirurgo della Città, uno Notaro uno Giudice a contratto, una spetiaria di medicine, tre Barbieri, tre poteche di Sartori, due Scarpari di opera nova, et uno

275 Fundaco di merciarie, e panni, tre Mastro d’Ascia, due Fabricatori, quattro poteche di caso, e oglio dentro della Città, et nel borgo un’altra poteca di ca- so, et oglio, e due Ferrari di tutti lavori, una fornace di salenitro, per la Regia Corte, due fornace de creti, le quali stanno di MezzoGiorno dove scatorisce acqua viva salimastra, et l’altri habitanti sono massari, li quali fanno li campi e seminatorij, massari di vacche, bovi, giomente, pecore, porchi, et al- tre povere genti, con la zappa, arato, et altri nella custodia d’animali sudetti. Vestono li nobili al grado loro, et l’altri alla foresa. Detta Città è grassosa è abbondante de grani, orgi, legume, carne, latte, oglio si per quello poco si fà in territorio, come quello si fà nelli luoghi convicini, et anco abbondan- te di caccia d’ogni sorte d’animali quatrupedi come sono caprij, lepari, volpe, porci, et d’ogni sorte d’ucelli volateli, et de acque, et anco caccie de pesci nel fiume Ofeto, et Bisiento, vi sono due fontane d’acque vive, una da sotto la Porta detta Barra, con beveraturo, quale è acqua perfettissima do- ve è la fontana nova, distante un terzo de miglio, vi è un’altra fontana det- ta Gravetta, et un’altra di Santo Felice con beveraturo, li cittadini la mandano a pigliare per li creati, e create fuori della Città accosto la difesa detta il Finocchiero con beveraturo acqua perfettissima. Per governo di detto territorio vi sono bovi aratorij numero cento cinquanta, vacche da più cappelle quattrocento, cavalli di sella, e di soma numero trenta, quattro muli, burrichi numero 150 di diversi Padroni, diece giumente, li detti massari possono seminare da mil- le tomola di vettovaglie. La detta Città si governa, per un Sindico, e sette eletti, quali s’eliggono nel publico Parlamento nominati, per lo Sindico, et altri Vecchi, e nel medesimo tempo si crea il Casciero, il quale hà peso d’esigere, e pagare l’ordini se li fan- no purche si nell’ordini non vi è firma del Sindico ancorche fussero tutti l’e- letti il Casciero non è obbligato pagare, il quale parlamento si fà nella casa della Corte, quali governano, et reggono conforme lo stato antico, et tengono le sottoscritte entrate. Copia die decima quinta mensis Ottobris 1667. Lavelli, loco, et convueto pro conficiendo infrascritto actu. congregatis in unum subscriptis magnifi-

276 ci de Regimine Universitaris Civitatis Lavelli in presenti anno, quibus ob mor- tem magnificis Sindici fuit, per magnificum Iosephum de Pierro propositum: i suscritti in conformità della Regia Pragmatica semo obligati fare il debito assegnamento sopra l’entrate dell’Università a creditori di quella, si propone alloro suscritti accio dicano quello li pare D. Gioseppe de Pierro capo elet- to. Et intesa detta proposta fatta dal detto………capo eletto, per li sottoscritti del governo è stato pari noto conclusum, che si facci detto assegnamento, lervata in omnibus la forma della Regia Pragmatica, sopra l’entrate, et de- fense d’essa Università, quali possede, come vera Padrona, et sic fuit con- clusum nemine discrepante Thomas Constantino eletto, Mercuzio Negro elet- to, Scipione Scifillo eletto.

Intrade tiene l’Università in quest’anno 1667 et 1668 La gabella della farina affittata al…….Antonio Quattrocchi______2037. 2.10 Il datio del vino, et piazzolla affittata a Gioseppe Mazzariello, e compagni, per docati ducento, e cinque______205 Libro de collette ascendenti alla summa de______750 Demanio venduto per______90 Lago seminatorio affittato la mittà______12 Hortolitij circa______40 Spica solita vendersi docati sessanta, e più, et meno______60 Mezzana circa docati settanta______70 ______3264. 2.10

Alla Regia Corte sopra la gabella Alla Regia Corte sudetta, greratrasso, e per tutto Agosto pros- simo passato______330 Alla detta, per situazione di cassa ………dal mese di Settembre passato, per tutto Agosto primo 1668______524. 2

277 Alla medesima, per grana cinque, e carlini 1 a foco______293 Per il tre per cento al Regio Percettore______34. 2. 1 Per aggio di quello al sette per cento, atteso tutto le gabelle si pagano di monete di rame______80. 1.14 Per il porto del danaro in cassa al Commissario, che viene a ri- ceverli ogni mese a suo pericolo______96

Sopra la medesima gabella della farina All’Arrendatore de sali, per il semestre d’Agosto passato per la carrera______88 Al detto, per la condotta di quest’anno______177. 4 Per aggio di quelli______18. 2. 6

Assegnatarij sopra detta gabella Al Signor Auditore Crisconio delegato di …….., per l’hospiti di S. Pietro, et S. Gennaro di Napoli cessionarij di Bernardo Garberino, e Francesco Sarbussi, et D. Iacinto Sauli, e da Pietro Andrea Andreini in conto______100

Sopra detta gabella Al Signor Thenente de Rensis Padrone della Santissima Annunciata di Napoli in conto______100

Sopra detta gabella Al Signor Pompeo Siasone Procuratore di diversi Assegnatarij del patrimonio di xpofano De Franchis in conto______200

Sopra il datio del vino A Padri Minori osservanti______100 A Cappuccini______50 Al Reverendo Capitulo______59

278 Sopra le collette Al detto Signor Pompeo Giansone Procuratore ut supra______200 Al sudetto Signor Andrea Grisconio______200 Al Principe della Città per l’offerta______100 Festa di S. Maoro protettore______60 Medico______200 Sopra il demanio, et mezzana, et spica______30 Al Giurato______18 Al Cancelliero______18 Al Notare per scritture publiche______6 Al Rationale, per la visura de conti______15 Al Avvocato in Napoli______50 Al Governatore, e Mastro d’Atti per il Ius Calamis______18 Al Baglivo______12 Al Camerlengo______9 Cera per la festa del Santissimo______15 All’Esattore delle collette______40 Al Governatore per il passo______3 Per affitto della Casa delli Commendarij______12 Al Governatore, per la numeratione______12 Al Corriero de Melfi______4. 2.10 Al Corriero, che va ogni sabbato a pigliare, e portare le lettere____9 Sopra il lago, e hortolitij Alle Bussulate______150 Ordini Reggij______25 A Corriere per servitij universalis______0 Stallaggi de Commissarij______10 Soldati del battaglione, per le franchitie______50 Al Compassatore delle defese______4 A Guardiani delle defese______20 Assegnatarij sopra la defensa delle coste

279 A D. Annibale querques erede di Giulia Egittia, e per essi a D. Simone foculo Al eredi di xpofano di Franco il Compassatore Sopra l’isca di Santo Maoro Al Monastero di Santa Chiara di Tricarico Alla Santissima Annunciata di Napoli A Giovanni Battista Brignola A Nicolò Maria Lomellino A Vincenzo Biscione A Giovanni Battista Spinola A Gasparo Franzone A Thomaso Spinola A Giovanni Battista Brignola Et alli Garberini se l’assegna la detta isca, et l’isca dell’Alvatio, e l’altra mità del demanio, et delle coste. Al Signor Duca della Salandra non si pone in questo, mentre e li stà fat- to l’assegnamento, per il Corrente, et attrassato. In virtù d’istromento, per mano di Notar Francesco Luco di Venosa, et le stanno assegnate ad exstin- guere l’isca del Lupo, et dell’Aquila A cittadini instrumentarij non si fà assegnamento, per causa, che non vi sono entrade extracta est presens copia a suo proprio originali assegna- mento sistenti in posse magnifici Sindici mihi exhibito, ad faciendam pre- sentem, et eidem exibenti restituto, et facta collatione concordat meliori sem- per salva et in fidem ego Notarius Ioanni Stango Civitatis Lavelli me sub- scripsi et signavi. Datum Lavelli die 14 mensis Aprelis 1668. Locus Signi Notarij. Hà detta Città la Vescovil Chiesa sotto il titulo di Santo Mauro, dove re- siede il suo Vescovo con quattro dignità, cioè Archidiacono, Arciprete, Cantore, e Primicerio, con dodici Canonici, li quali hanno per ciascheduno docati cinquanta precter dell’Arciprete, et li Canonici di docati venticinque, oltre l’altri che li pervengono dalli officij divini, quali Preti sono franchi del- le gabelle della farina, e vino, la quale Chiesa è ad una nave grande cover-

280 ta a tetti intesta vi è l’altare maggiore con cona di Santo Domenico Soriano con guarnimento di legname, cominciando da pelastri, base, colonne, capitelli, architravo friso, cornicione, e frontispitij fatti con architettura intagliati a par- te indorati, la quale Cappella dicono sia stata fatta a spese dell’Illustre Principe, come appare dall’imprese alli pilastri dietro vi è il coro, per offi- ciare nelle quali vi sono più Cappelle sotto diversi nomi de Santi, pulpito, organo, fonte battesimale con campanile scoverto. Di più vi è la Chiesa sotto il titolo della Santissima Annunciata la qua- le stà povera, et senza intrate, et si celebra a devotione, et vi sono altre Cappelle dentro detta Città. Fuore di detta Città poco distante vi è il Convento de Padri Zoccolanti sotto il titulo di S. Maria dello Reto, la Chiesa è parte caduta vie- ne servita dal suo Guardiano, et altri Padri tiene l’apparati bastanti. Poco distante vi è il Convento de Padri Cappuccini sotto titulo della Santissima Annunciata, con una Chiesa piccola tiene tutte le comodità, e vie- ne servita dal suo Padre Guardiano, et altri Padri. Poco distante vi è la Chiesa sotto titulo di Santa Maria del Principio Chiesa grande bell’ornata di diversi ornamenti indorati si celebra ogni giorno, e vi è anco l’habitatione del Vescovo, dove suole habitare l’estate, per avere più fresco, e bella vista intorno, e buon aere, et solitario. Segue il Palazzo del Padrone in testa di detta Città, nel quale si sale per una dolce salita di pietre vive, dal quale s’entra nell’intrato coverto a lamia dove è l’ingresso del Signore del Tufo alla destra di detto intrato si trova uno bascio grande a lamia, con camerino, dietro segue lo cortiglio scoverto, al- la destra è una stanza a lamia, appresso è la rimessa coverta con tetto accosto è uno ristretto, per luoghi communi, segue nella sinistra si trova un’altra stan- za a lamia con tre camerini appresso due altre stanze a lamia grande alla de- stra e uno vacuo, quale era cellaro hoggi deruto, segue alla destra di detto cortiglio grande si trova un’altra stanza per uso di stalla accosto è una Cappella del titulo di S. Nicola, appresso e le grade, in piano si trova una stan- za per teniello accosto è la cocina dispensa, sotto delle grade, è uno vacuo, quale serve per stalla, in testa è una porta, alla quale si và alla stalla gran-

281 de coverta, con lamia divisa con tre archi, dalla quale si può uscire alla stra- da maestra, quale stalla è capace di trentasei poste d’animali. Ritornando nella detta grada di pietra viva s’impiana in una loggetta coverta dalla destra si trova una saletta a lamia di canne fatta dall’Illustre Principe, alla destra è una camera, dalla quale s’esce ad una loggetta appresso una camera con alcuovo in piano sono sei altre camere, e camerini, et per la detta grada si saglie ad un’altra camera si trova lo ponte, che và alla Chiesa Maggiore fatta dall’Illustre Principe, et questo è uno quarto. Ritornando nella prima loggietta s’entra in una sala grande con in- tempiatura, dove è uno reposto, et per gradiatella si sale ad uno balchetto alla sinistra s’entra in tre camerini grandi coverti con intempiature, li qua- li hanno la facciata tanto alla Piazza, quanto allo cortiglio, appresso è uno camerone grande, con una loggetta, che stà sopra lo torrione dalla quale si gode tutto lo burgo, Piazza, et altri luoghi. Alla sinistra di detto camarone si và a tre stanze di una camera, e due camerini, et intesta d’essa una cocina, e furno, ritornando, per detta loggetta in piano dalla detta, et per gradiata di fabrica si trovano due cammaroni at- torno, e per detta grada s’impiana alla loggetta grande, con palagustri di pie- tra viva, e sopra coverta con tetti, in piano s’entra nella sala grande cover- ta a tetto, senza intempiatura con cinque camere appresso, e loggetta nel qua- le e le carceri civili, e criminali, e questo consiste detto Palazzo. Il Padrone ha il Ius Pascolandi, come primo cittadino ma non può ec- cedere di tenere più di quelli animali, che tiene il maggior cittadino. É franco il Padrone delli carlini quattro per tumolo, che si paga dalla fa- rina, tanto per esso, quanto per li suoi servidori, ben vero le tiene servido- ri cittadini, per quelli è obligato pagare, perche li cittadini hanno da porta- re il peso della gabella. Il detto Padrone, è franco del datio del vino, et ha le prime, e seconde cause con li privilegij in forma, cioè giurisditione de vassalli cognitione di dette cause ut supra civili, criminali, e miste, banco di giustitia, et giurisdi- tione di portolania, per terra, zecca, et pesi, e misure, cossì anco l’infrascritti

282 corpi d’entrate feudali, e burgensatiche dal informazione oretenus, e cautele a noi presentate, e poi compensatamente l’havemo liquidate, che vengono ogn’anno da fertile ad infertile. Il Padrone have prime, et seconde cause con li privilegij in forma cioè giurisditione de vassalli cognitione di dette cause ut supra civili, crimina- li, e miste, banco di giustitia, et giurisditione di portulania, per terra, zecca, e pesi, e misure cossì anco l’infrascritti corpi d’intrate feudali, e burgensa- tiche cavate dalli relevij, et informatione oretenus, e poi compensatamente l’havemo liquidate da fertile ad infertile. In primis paga la Regia Dohana di Foggia per lo pascolo del- le difese di detta Città ogn’anno______1025 La mastrodattia da fertile ad infertile______80 Le due forne da fertile ad infertile______120 La bagliva coacerbati viene______580 La taverna, et stalaggio con lo tappeto______101. 1. 5 Dallo molino di Scaravottolo s’affitta in grano per quello, che ne è pervenuto da fertile ad infertile si tira______550 Dall’affitto dell’acqua de ortolani ne sono pervenuti la sua rata______72 Dal giardino della Corte, seù orto di S. Felice______24 Dalla pesca dell’Ofanto______15 Dalla difesa della Stengeta si è fatta fare per il Signor Principe nell’apprezzo del 1635 portata, per docati mille hoggi non es- serci cura si tira da fertile ad infertile______600 Dalla difesa del Finocchiaro nel detto anno 1635 si portò per do- cati 350 hoggi si tira______300 Dal bosco delle Rose nel detto apprezzo del 1635 si portò per docati 650 hoggi se porta______500 Dalla spica in detto anno 1635 si portò docati 400 hoggi si porta docati ducento______200 Dalla fida delle legne da fertile ad infertile si tira______25

283 Dalli censi docati 28 portati nel detto apprezzo dell’anno 1635 hoggi non ce ne è cognitione, che perciò non si portano li due- milia canne, et uno pollastro portata per docati 2 in detto an- no 1635 non ve ne è cognitione, et non le portano. Talche le sotte intrate feudali importano docati quattromila cen- to novanta due tarì 1.5______4192. 1. 5 Dalle quali se ne deducono l’infrascritti pesi. Per l’adhua, che si paga a diversi______524. 33/2 Per spese de molini taverna, salario de guardianij______200 Talche detti pesi importano______724. 33/2 Che dedotti dalli detti docati 4192.1.5 restano dette intrate nette in docati 3468.1. 1/2 li quali ducati 3468. 1. 1/2 cossì liquidati, et detta Città di Laviello ut supra descritta, e confinata, stan- te la dispositione del suo sito aere, distanza da detta Città di Napoli, et altre parti, qualità de territorij vassallaggio, cognitione de pri- me, et seconde cause civili, criminali, e miste, banco di giusti- tia, mero, e misto imperio portolania per terra di zecca pesi mi- sure con tutte le sue attioni prelatae ad essa Baronal Corte, tan- to in virtu de suo privilegij quanto di consuetudine antica ad essa spettantino, qualità di detto Palazzo antico estra quella fat- ta dal detto Illustre Principe, e proventi considerato quanto di sopra, et ciò si deve etiam alla dispositione delli tempi che cor- reno l’apprezzamo alla ragione di quattro per cento, et importa di capitale______86705 Camera riserbata, che paga l’Università de docati 300 l’anno cos- si posta nell’apprezzo dell’anno 1635, e cossì comprata da detto Illuste Principe a detta ragione de quattro per cento im- porta di capitale______7500 L’inferta posta in detto apprezzo de annui docati cento alla det- ta ragione de quattro per cento importa______2500 Sono in tutto______96705

284 Seguono li burgensatici La poteca seù bocceria stà affittata______18 La poteca piccola và coll’affitto della bagliva Le due poteche nella Piazza senza porte facendose le porte af- fittaranno però si tirano______6 La panetteria di Scaravotto và separata dal molino per esser bur- gensatica da fertile ad infertile______50 Dalle due camere, per la spetiaria______6 Dalle poteca sotto la Torre______1 Dalla casa allo piano Largo______2 Sono in tutto li sopradetti beni burgensatici annui docati ottantatre dico______83 Dalli quali se ne deducono l’infrascritti pesi. L’Illustre Principe di Minorvino deve ogn’anno sopra il Palazzo nuovo alla Piazza di Santo Mauro, per tre poteche, et una ca- sa concessali dal Capitolo a censo perpetuo al Signor Marchese D. Geronimo dello Tufo, et per altri censi mediante publiche scritture stipulato per Notar Federico Cavallo di ducati 82 e per altri censi mediante publiche scritture stipulate per Notare Federico Cavallo di docati otto, et tarì 2, per altri tarì tre aggionti dal detto D. Geronimo dopo che sono in tutto docati nove, qua- li stanno dichiarati nell’Instrumento della vendita di detto Palazzo nuovo fatto dal Signor Mario dello Tufo erede del burgensatico del detto Marchese D. Geronimo del Tufo mediante instrumento, per mano di Notare Simone della Monica di Napoli nella curia di Notare Traslo Schinelli di Napoli______9 Di più per lo conto de docati dieci posti sopra la grotta alla stra- da della Porta Nova ceduto da Giovanni Zigriniello median- te suo testamento fatto, per mano di Notare Marco Antonio de Aloysijs, per celebratione de annue messe, e dalle figlie di

285 Antonio di Manna Cesse al sopradetto Eccellentissimo per essere cascata la casa sopra detta Grotte carlini diece______1 Di più per lo censo de due potechelle concesse dal Capitolo, per censo perpetuo nel Largo del Palazzo contigue alle sue case no- ve la poteca di Pietro Calabrese mediante instrumento fatto per mano di Notare Attilio de Aloijsij venduta da Carlo Quattrocchi per docati cinque______5 Per la vigna di Giovanni di Grassano possiede detto Illustre Principe alle Tugarelle carlini quattro______0.2 Di più la Signora Marchesa di Laviello, e per essa il Signor Principe di Menorvino per la vigna de Tristano carlini 5 e grana 2 1/2 cioè carlini tre per la vigna fù di Tristano grana 12 1/2 per la vigna fù di Ferrante di Formiglia per docati 10, per la vigna fù di Giovanni di Genova quale vigne sono incorporate nelle vi- gne dell’altra Carrata che unite fanno la summa______2.121/2 Talche di pesi importano______15. 4.121/2 Li quali docati 15.4. 121/2 dedutti dalli docati ottanta tre restano, per docati sessanta sette, e grana 71/2 che a ragione de cinque, per cento importano di capitale______1341. 2.10 Lo cellaro, e vigna la vigna dell’Alveno, la vigna nominata Tristano, la vigna nominata Cassano, le quali vigne, e cellaro l’apprez- zo per capitali______2000 Segue quello, che possiede il detto Illustre Principe nella Città di Laviello, in virtù de publici instrumenti con Regio Assenso. A 25 Giugno 1653 il quondam D. Lutio de Cillo di detta Città de Laviello, vendè a Luca Costantino fattore dell’Illustre Principe di Minorvino annui docati quattordeci tarì 2.4 per Capitale de docati 144.2.8 sopra una sua casa, e vigna sopra Tristano, et la casa a S. Lorenzo alla ….mediante instrumento per mano de Notare Giuseppe Stanga di Laviello, con potestà d’affrancare alla ragione di diece per cento il detto debitore è morto, et è l’e-

286 rede il capitolo della Maggiore Chiesa di detta Città di Laviello l’instromento stà presentato penes acta sequestri quale im- portano fol. 303______144.2.8 A 27 Giugno 1653 Olimpia Mazzarella vende annui docati 5.3.9 per capitale docati 56.4.14 sopra una casa con cellaro si- ta a Laviello in beneficio de Luca Costantino fattore dell’Illustre Principe di Minorvino, per tanti, per esso spesi in fabricare det- ta casa, con potestà d’affrancare a diece per cento, mediante in- strumento per mano di Notare Gioseppe Stanza de Laviello qua- le importano______56. 4.14 A 24 Marzo 1651 Mauro de Grassano, con consenso di Giovanni de Grassano alias Oliviero suo Padrone dicono essere debito- re detto Giovanni al Signor Principe in docati 745.4.15, quali pro- misero ut supra pagare annui docati undeci, detto Grassano die- de una casa, e grotta mediante instrumento per mano de det- to Notare Gioseppe Stanga di Laviello riconosciuta da me l’apprezzo docati duecento______200 A 3 di Aprile 1653 Francesco Coppola cede docati seicento di capitale con altri docati cento di terze decorse ad esso ceduti da Notar Giovanni Camillo Coglia sopra l’Università di Laviello quello cedè a Gioseppe Massaro per simile summa per essa uni- versità da proprij denari dell’Illustre Principe di Menorvino me- diante instrumento per mano di detto Notare Giovanni Stanga di Laviello quale importa annui docati 35 per capitale de______700 A dì 27 Giugno 1653 Carlo Patrogna Cessionario di Francesco Antonio Patrogna cede docati duecento di capitale, e docati 30 di terze decorse a Gioseppe Massaro debiti per l’Università di Laviello per altri docati 230 ricevuti di detto Gioseppe mediante instrumento per mano di Notar Giovanni Stanga di Laviello qua- le importano annui docati 11.2.20 per capitale de______230 A 16 Agosto 1648 il Diacono Mauro Ricciardo fà la vendita a

287 Gioseppe Stanga erario dell’Illustre Principe di Minorvino alias Massaro d’annui docati 6.3 per capitale de docati sessanta dei debiti al Signor Principe sopra una sua casa, con potestà d’af- francare a 10 per cento quale casa, e vigna stà all’acqua fredda, et è vivo mediante instrumento per mano de Notar Giovanni Stanga di Laviello quale importano di capitale______66 A 24 di Marzo 1653 il Clerico Prospero dell’Aquila asserisce pos- sedere sopra l’Università di Laviello docati 1400 supra maggior summa una con la loro annualità e terze decorse quello cede a detto Gioseppe Massaro per altri tanti docati 1400, quali rice- ve dal detto Gioseppe mediante instrumento per mano de Notar Giovanni Stanga di Laviello, indorso del quale instrumento detto Notare nota, che detto denaro è del Signor Principe, benche l’instrumento stia in testa di detto Giuseppe Massaro dico______1400 Quali capitali importano______2797. 2. 2 Tutti questi crediti il detto Notare in fede in esecutione delli Banni emanati in partibus con ordine del detto Signor ……..Scipione de Martino spettarono al Signor Principe di Minorvino, come dalla fede di detto Notare Casita penes acta sequestri, dove so- no detti instrumenti anco casiti, la quale fede stà fatta a 15 Aprile 1668 Fabrica fatta nel Palazzo, come stà descritta nella lettura di es- sa fatta dall’Illustre Principe l’apprezzo per docati______1000

Collettiva Feudale______86705 Camera riserbata______7500 Strina seù inferta______2500 Burgensatici______1341. 2.10 Cellaro, e vigne______2000

288 In unum intrate per capitale______2797. 2. 2 Fabrica fatta dall’Illustre Principe nel Palazzo______1000 Talche la detta Città importa il suo valore, e prezzo_103843. 4.12

Napoli lo primo di settembre 1668

Tipis Martinus

Apposto scriture Honophrius Tango Regio Ingegnerio et Tabulario

289 Documento n. 7

1693, 8 Giugno

Apprezzo delle terre di Monteverde e di Ripacandida del 1642 e 1693.

ASN, ACT, Fasc. 218 Inc. 25 Fol 24

Copia

Al Signor D. Andrea Guerion della Torre Presidente della Regia Camera, e Commissario

Con decreto della Regia Camera stà ordinato l’apprezzo di Ripacandida, et essendomi conferito appresso la persona di Vostra Signoria, e Signor Presidente Avvocato Fiscale D. Cesare di Natale nella detta Terra dove anco è interve- nuto l’Attuario Giovanni Bozzonotra si è ritrovato che la detta Terra di Ripacandida è posta nella Provincia di Basilicata, situato sopra di uno montetto, alla quale si può venire da tre parti, cioè da Barrile; Atella, e Città di Venosa; dalle due prima per impianarvi si fà una salita dal vallone, o fiu- me, che li corre per la parte di Ponente da circa mezzo miglio di salita, e dal- la parte di Venosa salito che si è sopra la montagna si cala verso basso do- ve si ritrova il Convento de Padri Zoccolanti, dal quale con un’poco di sa- lita si ascende a detta Terra situata sopra del sudetto montetto per la sua lun- ghezza da Tramontana a Mezzogiorno con il suo declino verso Ponente do- ve tiene il suo maggior aspetto, che guarda verso Arnigro, Barrile, e Melfi. Detta Terra dalla parte di Levante viene racchiusa dalle mura delle habita- tioni de cittadini, e dalla parte di Ponente è aperta, però viene guardata dal- l’asprezza del sito, per essere molto penninoso, e scosceso. L’ingresso principale a detta Terra è dalla parte di Levante per la Porta che chiamano di S. Domenico, dalla quale si ritrova la Piazza, con uno co-

290 perto a lamia con due archi, che chiamano il Seggio dove si congregano li cittadini sono anco in detta Piazza la bottega lorda, uno Ferrario, uno Barbiero, uno Scarparo, e la chianca seù bocceria. Per il lungo di detta Terra, nella sommità di essa vi è una strada quasi piana, e comodamente lar- ga, che chiamano la via nella quale sta il forno, dove tutti li cittadini vanno a cuocere il pane; vi sono diverse altre strade penninose, e pannose, alli la- ti delle quali stanno le habitationi de cittadini nuove de fabrica coperte a tet- ti consistentino in stanze terrane, e camere buona parte di due piani, et al- cune con tre. Nel più alto di detta Terra è posta la Chiesa Archipastorale sotto il ti- tolo di S. Maria del Sepolcro alla quale si ascende per una scalinata di pie- tra con balaustarta alli lati all’incontro la quale, è la porta guarnita di pie- tre di taglio, e da essa s’entra in detta Chiesa consistente in tre navi coper- te a tetti, et in quella di mezzo vi è soffitto con cinque archi per lato: in te- sta vi è l’altare maggiore con la custodia indorata, dietro al quale è il coro. Nelle navi laterali sono diversi altari sotto il titolo di diversi Santi, et a de- stra dell’altare maggiore vi è la Cappella del Santissimo, e dall’altra parte la sacrestia dove si conservano tutti l’apparati, e suppellettili necessarij per celebrare li divini officij. Vi è la fonte del battesimo coro, et organo, e pul- pito et anco vi è il campanile con quattro campane. Viene officiata dal Reverendo Arciprete, e diece altri Sacerdoti con quindici Diaconi, Subdiaconi, e Clerici, sottoposti al vescovo di Melfi, e tengono di rendita da circa doca- ti 6oo l’anno che se repartono tra il Reverendo Arciprete, e Sacerdoti, oltre alle rendite che tiene la Chiesa. Dietro detta Chiesa vi è il luogo dove stava il Castello, al presente è tutto diruto, e non vi è altro in piedi che alcune poche mura, e quelle mez- ze cadenti. Fuori la Terra poco distante, e proprio alla strada, che và verso Venosa vi e il Convento de Padri Zoccolanti con la Chiesa sotto il titolo di Santo Donato consistente in una nave a lamia dove è pintato il nuovo e vecchio testamento con pinture molto antiche in testa vi è l’altare maggiore con la custodia del

291 Santissimo, e dietro vi è il coro dove officiano li Padri, alli lati di detta Chiesa sono sei altari, tre per parte, in uno de quali è la statua di S. Donato vesco- vo di Arezzo, che comporta molte gratie a devoti, e nel giorno della sua fe- sta vi è concorso grande così delli cittadini di detta Terra, come anco di tut- ti li luochi convicini, e vi lasciano molte elemosine, che è di non poco solliano alli Padri che vivono d’elemosina vi sono anco le statue di S. Francesco, S. Antonio, e S. Donato de Ripacandida con l’alcune di S. Domenico, e della Concetione Ius Patronato del Reverendo Arciprete Bastavi, accosto detta Chiesa vi è il convento, dove risiedono da dieci religiosi tra Sacerdoti, e Connati, li quali spiciano in detta Chiesa. Vi è anco la sacrestia con tutti li apparati ne- cessarij, e campanile con tre campane. Nel mezzo della salita vi è la Cappella del Carmine con lamia pintata a fresco fabricata dal Reverendo Arciprete Bastavi, e nella Terra sono due al- tre Cappelle una di S. Nicola, e l’altra di S. Antonio mezza diruta. La detta Terra per stare sito eminente è dominata dal sole da che spun- ta sino, che tramonta et è ventilata da tutti li venti, et è di bonissima aria. Stà distante da Venosa miglia sei, dove si fà la fiera il giorno della Trinità. Da Melfi miglia otto dove si fà la perdonanza al primo d’Agosto, et al Vescovo del- la quale si stà sottoposto per il Spirituale da Rapolla miglia sei da Barrile da Arnigro miglia due da Bella miglia quattro dove si fà la fiera due volte l’an- no, cioè nel mese di Giugno e di Settembre da Matera dove risiede l’Audienza Proviciale, et vi si stà sottoposto per il temporale miglia sessanta, e da que- sta Città di Napoli Capo del Regno per la strada d’Avellino, Torella, Carbonara, e Barrille, che è la più breve strada dalli vacicali miglia ottanta, ma per la strada delle carrozze, e calessi che è per la via nova, Ascoli, e Venosa per dove è andata Vostra Eccellenza miglia cento, e diece. Si conta detta Terra intra l’ultima numeratione per fuochi 209 però ef- fettivamente non sono detta quantità stante che il numero delle anime non ascende più che a circa 600 iusta la fede che ne fà il Reverendo Arciprete presentata nell’atti del presente apprezzo fol. 12 in essa non vi è nessuna persona civile ne Dottori ne Medici ne spetiaria. Vi sono uno Ferraro uno

292 Barbiero, uno Scarparo, due Fabricatori, uno Cositore, e da otto Massari, chi di quattro, e chi oltre di sei bovi ciasceduno tutti l’altri cittadini sono braccianti e si esercitano alla zappa, et anco vanno a faticare fuori nelli luo- chi convicini. Le donne sono d’aspetto mediocre, filano, tessono, tela, e vestiti seù zoc- cano communemente vestono di rosso col uso del paese. Li cittadini di detta Terra tutti possedono la casa, dove habitano con qualche pezzo de territorio o vigna, possedono da quaranta bovi aratorij, e da quaranta sumarri vi sono anco alcune bacche, però sono possedute da pochi. Si governa l’Università di detta Terra da uno Sindaco, e quattro eletti li quali s’eligono nel giorno di S. Bartolomeo con publico parlamento et il governo dura un’anno. La detta Università fà dieci soldati a piedi, e due a cavallo e tie- ne li seguenti pesi Alla Regia Camera per accordio annui______600 Al Vescovo di Melfi annui______4. 4 Alla Corte Baronale annui______20 Al Convento di S. Donato annui docati 70 però non li paga co- me anco non paga cosa alcuna a nessuno altro e và in attrasso in molte migliaia Tiene anco il peso di diverse spese ordinarie et estraordinarie quando si sodisfa hoc modo dal fatto che perviene dalla metà del Bosco quando produce ghiandre et anco dalla …., che so- no carlini quarant’otto a fuoco per ogni bua si paga carlini quat- tro per ogni somaro carlini cinque per ogni bacca carlini uno per ogni pecora grana cinque, e per ogni porco grana sei. Il Governatore s’eligge dal Barone, l’Università li da carlini quindeci per la venscare de Banni Pretorij. Il territorio di detta Terra confina dalla parte di Lavante, e Tramontana con li territotij della Città di Venosa, e Rapolla con le quali sono ad acqua,

293 et erba comune, e da Ponente, e Mezzogiorno con li territorij d’Atella, Avigliano e Forenza li termini di detti confini principiano dal luoco detto l’Apollosa che stà sotto la Serra delli Cantari nel confine della Città di Venosa, e saglio per le fontane bianche, e poi scende alli Ponti, e saglie per il vallone………, e tira per la Terra di S. Francesco et arriva a Femina Morta, e serra serra comprende tutto il bosco detto Bosco grande defenza, e demanio, e cala al sudetto luoco dell’Apollosa dove si è principiato. Il territorio di detta Terra racchiuso dalli detti confini è tutto montagnoso parte boscoso, e parte atto alla coltura, che produce grano, orgio, e tutte sor- ta di legumi non solo a sufficienza per l’uso de cittadini, ma anco ne vendono alli luochi convicini, vi sono anco vigne, che producono vino bianco, e ros- so, et anco frutta però poco quantità, il detto territorio non è molto abondante di acqua per non esservi altro che il vallone seù fiume, che corre per sotto detta Terra distante da mezzo miglio il quale d’estate secca, e per macina- re li grani per uso di cittadini vanno alle molina d’Atella distante quattro mi- glia, e per bere si servono dell’acqua della fontana che stà nel vallone, che è sotto la Chiesa di S. Donato distante da un terzo de miglio. Distante da detta Terra circa un’miglio verso Tramontana se ritrova il Casale della Ginestra situato in luoco piano, et eminente le habitationi so- no quasi tutte terranee coperte a tetti nelle quali habitano quattordici fuo- chi Albanesi tutti zappatori, e poveri, tengono una Chiesa sotto il titolo di S. Nicola coperta a tetti, che stà cadente, e viene officiata dal Curato, e un’altro Sacerdote, che administrano li sacramenti a tutti cittadini l’acqua per bere la pigliano in una fontana distante da cento passi, e poco discosto da detto Casale vi è un’altra Chiesa a lamia sotto il titolo di Santa Maria di Costantinopoli, dove si celebra qualche volta per devotione. Detto Casale non hà territorio ma stà posto nello stesso territorio di Ripa Candida, e pagano alla Regia Corte il Ius Casalinaggio, possedono alcune vigne, che producono vino a bastanza delle quali ne pagano li censi alla Chiesa di Ripacandida, et anco pagano al Sacerdote di Ripacandida carlini otto per li Banni Pretorij, le donne filano, et attendono alla coltura de territorij, e ve-

294 stono rozzamente. L’Università di detto Casale si governa da uno Sindico, et uno eletto che stà eletto alli dieci di Agosto non tiene altri pesi che li fi- scali alla Regia Corte con la quale và in corrente. Seguono li corpi et entrate feudali che al presente la Regia Corte pos- siede in detta Terra di Ripa Candida La mastro d’attia delle prime cause civili, criminali, e miste confor- me deponeno il primo 2.3.4.7. et 8 testimonio allo undicesimo articolo sempre è stato solito affittati docati 35 e quaranta l’an- no, però l’anno passato, et al presente stà affittato a Diomede Tamoratio per docati trenta otto ducati 2.10______38. 2.10 La bagliva che consiste in fidare tutte sorte di animali de forastieri in tutto il territorio di detta Terra esigendo detta fida come me- glio il Baglivo si può comminare con li Padroni degli animali Il Ius della Piazza consiste nell’esatione di grana decidotto ad onza di tutte le robbe, e mercantie che si comprano, e vendo- no da forastieri nel territorio di detta Terra, e Casale. Il Ius del Passo censo si legge nell’epitaffio, che stà a basso al fiu- me vicino la fontana diruta quale epitaffio al presente similmente, e diruto et l’inscritte si legge in cinque pezzi di pietra che stan- no in terra vicino detto epitaffio del seguente modo. Il passo di Ripacandida si hà da pagare in uno luoco ………..nel- l’inscritto modo iusta il decreto della Camera dato 18 Martij 1522 per centenare d’animali minuti cioè pecore, capre, castrati, carlini doi, e de porci carlini doi, e mezzo per tenimento d’a- nimali grossi cioè bucche, bovi, cavalli giomente, e moli carli- ni cinque, e se detti animali saranno di maggior numero d’u- no Lentenano paga pro rata …………….a detta ragione per gio- menta seù Pallino indomito, che si porta a capezza grana uno. Per carro carretta nova si porta a vendere, e passano di detta Terra grano uno, e non si paga cosa alcuna per i collari ne per le robbe, et animali, che una volta passano per uso proprio di

295 casa famiglia, e possessione ne s’esigge cosa alcuna per le mercantie, che passano a vage di grana 18 per onza ma a det- ta ……………che comporta al Barone di detta Terra. Vicino il Casale della Ginestra vi è un pezzo di territorio pen- ninoso, e seminatorio di capacità circa tomola venti, che chia- mano le padula della Corte, confinano dalla parte di sopra con la via e territorio della Chiesa, e da sotto con lo vallone. La detta bagliva, che chiamano bagliva de fuori con il Ius di Piazza passa a territorio detto la padula della Corte è stato scritto af- fittato docati 100, 120; e sino a 130 l’anno, però nell’anno pas- sato et al presente confa deponeno il 2°.3°.4°.7° et 8° testimo- nio leninorea affittato per docati centoventi due______122 Possiede la Regia Corte li sottoscritti territorij. Nel luoco detto la padula de Sciascio distante da detta Terra cir- ca miglia due verso Arnigro, vi è una partita di territorio sco- sceso, e scampese con alcune frane per danno di capacità cir- ca tomola cinquanta, confina con li territorij della Chiesa di Ripa Candida da tutte le parti. Nel luoco detto alla Mezzana distante da detta Terra circa mi- glia uno da sotto la strada, che và ad Arnigro vi sono diversi pezzi di territorij aratorij ……..senza frane de capacità circa to- mola 30 confinano co la fiumara, e trastano di Aracano. In det- to luoco sono molte vigne che vanno con li censi. Nel luoco detto il Tufo, e Cancellaro vi è un’altra partita de territorio pia- no aratorio di capacità circa tomola 15 confina con la Chiesa. Nel luoco detto allo piano dell’Altare, e Falionara vi è un altro pezzo di territorio parte piano, e parte penninoso aratorio, e par- te con alcune frane di capacità circa tomola 20 confina con il ter- ritorio di Rapolla mediante il vallone, da sopra il territorio del- la Chiesa, e vigne della Corte, et in mezzo vi sono alcune grot- te per uso di tenervi animali.

296 Nel luoco detto la serra delli Cantari nel confine del territorio della Città di Venosa vi è una partita di territorio parte semi- natorio, e parte franoso di capacità circa tomola 50. Stà distante dalla terra circa miglia due confina con li territorij del Reverendo D. Giovanni Battista Bastavi, la Menza vescovale di Melfi, et il vallone, che divide il territorio di Venosa. Dalli sudetti territorij quando si seminano se ne esigge uno to- molo di qualsiasi cosa vi si semina per ogni tomolo di territo- rio, e conforme appare dalli libri del compasso in actis presentati fol. 38 con seguenti nell’anno 1690.= no pervienne grano_641/2

Nell’anno 1691 grano______651/2 e nell’anno 1692 grano______643/4 Che coacervato viene ogn’anno tomola di grano n° 64, e misure venti due quali valutate a carlini cinque il tomolo +conso com- munemente suole alcune alla raccolta importano annui doca- ti trentadue.2.5 1/8______32. 2. 51/8 Da detti territorij nell’anno 1690 ne è pervenuto orgio______193/8 Nell’anno 1691 orgio______241/2 E nell’anno 1692 orgio______253/4 Che coacervati detti tre anni viene da fertile ad infertile orgio….. 23 5/24 che valutati a carlini tre il tomulo importano annui do- cati sei tarì 4.16.1/4______6. 4.161/4 Dentro la Terra nella strada della Rua vicino la Parocchia di S. Nicola vi è il forno consiste in una stanza coperta a tetti, et in essa vi è il forno di tomola sette dove tutti li cittadini vanno a cuocere il pane; e pagano mezzo rotolo di pane per ragione del- la cocitura et un’altro rotolo di pane per ogni pesa ……….pe- sa è di rotola venti, e questo oltre delle fatiche, e legna del for- naro quale forno è solito affittarsi docati 135, e cento quaran- ta l’anno; però nell’anno passato è stato affittato, et al presen-

297 te stà affittato per docati cento quaranta______140 Nel territorio di detta Terra verso il confine di Avigliano, e Forenza______50 vi è il Bosco Grande tutto pieno di cerque et altri alberi selvaggi nel quale se ritrova qualche cignale, e caprij; il detto Bosco quan- do produce ghiandre serve per pascolo d’animali porcini, ed altri animali. La vendita del quale si divide la mettà alla Regia Corte e metà all’Università. Riconosciutoli da me quello sene ricavano per il passato, e quello deponeno il primo 3°.4°.5° et 8° testimonio al presente annui mi è parsa scontare la rendita di detto Bosco per la mettà spetta alla Regia Corte per annui do- cati cinquemila Possiede anco la Regia Corte diversi censi minuti situati sopra le vigne, e territorij come appare dalla nota in actis presenta- ta fol. 11 che ascendono alla summa de docati quaranta tre ta- ri quattro, e grana otto______43. 4. 8. L’Università pagava ogn’anno per diverse cause all’utile Padrone di detta Terra docati 49 ma al presente per l’impotenza di detta Università non ne paga altro che docati venti come lo deponono il primo.3°.4°.7° et 8° testimonio al decimo terzo ar- ticolo______20 Dalli cittadini del Casale della Ginestra s’esigge il focaggio cio è carlini dodici, e mezzo tomolo di grano che essendo fuochi quattordici come appare dalli catasti in actis presentati fol. 15 e seguenti 19 per carlini dodici a fuoco importano annui docati sedici e tarì quattro______16. 4 E per il mezzo tomolo di grano a fuoco sono tomola sette va- lutata a carlini cinque il tomolo importano annui docati tre tarì 2.10______3. 2.10 Che in unum tutte le sudette entrate feudali ascendono alla sum- ma di ducati quattrocento sittanta quattro, e grana 101/n _474.00.101/n

298 Dalli quali docati 474.101/n si deducono annui docati 83.4.91/n per l’adoho che si paga alla Regia Corte come appare dal libro del Real Patrimonio, cioè D. Alfonso Voccapianda per la tassa di docati 21.2.12 per la Terra di Ripacandida deve d’adoho an- nui______30.00.1/4 Ottavio Grimaldo Marchese di Campagna per la Terra di do- cati 31.2.10 per li annui docati 120 feudali sopra la Terra de RipaCandida deve d’adoho annui docati quaranta tre tarì 4.11.1/3______43. 4.111/3 Per la tassa di docati 15 1/n per l’annui docati 200 d’entrate feu- dali di detta terra di Ripacandida deve di adoho annui doca- ti 9 tarì4.17 1/______9. 4.17 1/ Che in unum fanno la summa di docati 83.4.9 1/n quali diodi- ci restano la sudetta summe per docati trecento novanta tarì 1.1.______300. 1. 1 Quali annue intrate al presente si ritrovano grandemente de- teriorate di quello erano al tempo, che si fece di altro apprez- zo di detta Terra, e si è considerato, che con l’industria, et oculatezza del Padrone possano notabilmente augumentare. Havuta mira quello al presente le vendite e compre si fanno in questa Città e Regno, e del tutto havutone colloquio con Vostra Signoria e Signor Presidente Avvocato fiscale D. Cesare di Natale consideratosi anco la qualità delli corpi da dove pervengono mi è parso valutare dette annue intrate alla ragione di docati quattro per cento importa il loro capitale docati nove mila settecento cinquantacinque tarì uno, e grana 5_____9755. 1. 5 E che per oltre le sudette entrade che pervengono dalli corpi ut supra definiti vi è il vassallaggio della detta Terra di Ripa Candida, che vista l’ultima numeratione è di fuochi n° 209, e nel Casale della Ginestra vi sono altri fuochi quattordici, nel- li quali tiene la Regia Corte la giurusditione delle prime cau-

299 se civili, criminali, e miste, banco di giustitia ed il mero e mi- sto imperio, che quattro lettere arbitrarie creando il Governatore, et altri officiali, et essendosi da me considerato la qualità del det- to vassallaggio, il quale benche in detta numeratione la detta Terra di Ripa Candida sia numerata per fuochi duecento, e no- ve effettivamente al presente non sono detto numero. Havendo anco considerato la qualità di detta Terra, e Casale, suo sito, et aere per essere di buona qualità, distanza che tiene da questa Città, e luochi convicini industrie che vi si possono fare. Havuto mira che il Castello è totalmente diruto e la rendita della ma- stro d’attia si è portata con la sudette entrade; valutato l’apprezzo dette vassallaggio di detta Terra e Casale con la sudetta giuri- sditione per docati cinque mila settecento cinquanta______5750 Che si uno ascende il valore di detta Terra ut supra descritta in docati quindicimila cinquecento, e cinque tarì 1.5_15505. 1. 5

E questo è quanto mi è parso riferire a Vostra Signoria che facendoli nuo- va li 6.1.m. in Napoli 8 Giugno 1693

D.I.V.I.S affettuosamente oblighiamo

Antonio Galluccio Tavolario

300 Documento n. 8

1696, 6 Marzo

Nota dei corpi mancanti per alienazione, e deteriorazione tratta dall’aprezzo fatto di Venosa nel 1635, e 1636

ASN, ACT, Fasc. 222 Inc. 10

VENOSA

APPREZZO DELLA CITTA’ DI VENOSA FATTA DAL SIGNOR D. ANTONIO CARACCIOLO

Primario

Al Regio Consigliero Signor Pietro Antonio Ciavari delegato per Signor Illustrissimo dell’Illustre Principe di Piombino, e Venosa Die Primo mensis octobris millesimo septincesimo quadragesimo ter- tio Neapoli presentata da D. Michele Angelo Maione procuratore con potestate relaxandi. Copia

Per parte dell’ Illustre Principe di Venosa, e duca di Lavello, essendo- si dato memoriale al Re Nostro Signore, Dio guardi, per quello si asserì dal detto Illustre Principe, come si ritrovano le sue Città di Venosa, e di Conza da molti anni sequestrate ad istanza de suoi creditori, senza nè meno utile di essi creditori, poiche rendendo ambedue annui docati duemila in circa, particolarmente per esser’destrutta detta Città di Conza dal terremoto se- guito a 8 Settembre 1694, se nè deducono docati settecentoventicinque in cir- ca di pesi annuali, altri docati seicento per mantenere l’amministratione e

301 delegatione, oltre altre spese, in maniera che nè esso Illustre Principe, nè li suoi creditori nè ricevono utile veruno, anzi avanza ogni anno il debito per non soddisfarsi l’annualità, né suol finirsi di reparare il Castello di Venosa di gran’ magnificenza; per loche hà stimato esso Principe utile, ed espediente per provedere a tanti danni d’assignare la tenuta di dette due Città; Onde hà trattato con esso Duca di Lavello per detta causa, con pagare docati qua- rantaduemila, vincolati per pagarnosi cioè docati 34 mila al Sacro Monte del- la Misericordia di questa Città creditore anteriore, e posteriore con Regij Assensi, in summa considerabile di capitale e tempo o a suoi Cessionarij, e con li re- stanti docati 8000, sodisfare l’attrasso, che si deve delli suddetti pesi, et al- tro, e finire di reparare detto Castello di Venosa, e con quello che avanzarà possa esso Principe in qualche parte sovvenirsi nelli suoi gran bisogni e di più si convenerà di concedere al detto Duca facoltà di potersi convenire per quella summa potrà con Stefano di Vietri per ripigliarsi la giurisdittione ce- duta, ed assegnata da esso Principe al detto de Vietri per conto del suo cre- dito, acciò possa detto Duca unitamente colla tenuta havere l’esercitio di det- ta giurisdittione, promettendo esso Principe di non pretendere alimenti, o altro, sopra li frutti di dette due Città, che si daranno in tenuta, o per titolo del Grandato, che vi è, o per altra qualsiasi causa, atteso per li suoi alimenti, né tiene l’assignamento bastante sopra il suo stato di Piombino, et all’incontro possa esso Principe ripigliarsi dette tenuta, ma non prima d’anni dieci, pa- gando però prima al detto Duca, non solamente li suoi docati 42 mila, con tutto quello, che pagasse al detto Stefano di Vietri per rihavere la detta giu- risdittione, ma tutto quello, che detto Duca medio tempore acquistasse di beni, e crediti sopra dette due Città per gli acquisti abbia sempre la specia- le hipoteca con il privileggio di prelatione ad ogn’altro, con chi havesse poi contratto il detto Principe, e supplicarno Sua Maestà, che sopra ciò si degnasse concedere il suo Regale assenso sopra l’istrumento stipulando. Sopra al quale assenso fù da Sua Maestà il Supremo Consiglio d’Italia interposto decreto, che si stipuli il contratto con istromento del Giudice de- legato del Stato di Venosa, intesi li creditori, e presenti l’istrumento.

302 In esecutione del quale, essendosi formate le minute, si ricorse da Vostra Signoria per parte del detto Illustrissimo Principe, con sua comparsa in dor- so di detto memoriale per ottenere il decreto d’exspeditione per la stipula di dette minute e fatta la monitione, intimate le parti si da Vostra Signoria interposto decreto in data de 4 del passato mese di Febbraio 1696, che visti li retroscrit- ti memoriali, comparsa, e repliche fatte, si procedesse, e facesse l’apprezzo del- le Città di Venosa e Conza per me sottoscritto Primario del Sacro Regio Consiglio, a fine di procedere sopra l’esposto nella comparsa predetta, onde per eseguire quanto da Vostra Signoria è stato ordinato, precedentemente mia requisitoria in scriptis alla parti, mi sono personalmente conferito prima nel- la detta Città di Venosa coll’assistenza del Maestro D Giovanni Pigadaci Amministratore, et Esattore Generale del Stato di Venosa, cossì è ordinato da Vostra Signoria a mia istanza, in virtù di decreto interposto a 8 di detto me- se di Febbraio; quale Città di Venosa si ritrova sita e posta nella Provincia di Basilicata distante dalla Città di Matera, dove risiede la Regia Audienza Provinciale miglia 42, da questa di Napoli andandosi per la strada nova, e pas- sando per la Città d’Avellino, et Ariano per il ponte di Bovino, per la Città d’ Ascoli, e per li fiumi detti d’Ofanto, Livello, e la Pellosa miglia 115; quale stra- da è carrozzabile, galessabile, ed a piedi, ed a cavallo, però andandosi per la strada vecchia di Calitri, vi sono miglia 94, quale strada è bona a cavallo, ed a piedi, ed è praticabile solo d’estate, atteso d’inverno si prattica con qualche difficultà per esser le strade fangose, e cretose, distante dalla Città di Melfi mi- glia 8; dove si fanno due fiere l’anno, dalla Città di Rapolla miglia 6; dalla Città di Lavello miglia 5, dove si fà una fiera alli 2 d’Aprile, dalla Terra di Spinazzola miglia dodici, dalla Terra di Forenza miglia 8; dalla Terra di Palazzo miglia 8; dal Casale di Maschito miglia 4; dalla Terra di RipaCandida miglia 6; dalla Città d’ Ascoli miglia 18; dove si fà la fiera di S. Lucia a 13 Decembre, e dalla Città di Foggia miglia 36; nella quale Città si fà una gran fiera nel mese di Maggio. É posta detta Città in una piana, e spaziosa campagna, alla quale si và con una salita aggevole per carrozze, e galesse, viene circuita da fossi naturali, seù valloni, che la circondano per il che il suo sito si rende forte, e viene pu-

303 re cinta da muraglie, delle quali al presente se ne vedono alcune reliquie, e vestiggij. Nell’entrare in detta Città si ritrova la prima Porta con fontana d’acqua viva, con due leoni alli lati, e pila grande di pietra fra mezzo di leoni, e con un’poco di largo, si passa alla seconda Porta e da essa si và ad un’ vacuo, seù largo grande, a sinistra del quale si ritrovano alcuni archi di fabbrica, e so- pra di lui in alcune parti, vi sono camere per habitare, e sotto detti archi, vi sono molte botteghe di diverse specie, et il spatio, che vi è fra detti archi e botteghe è pubblico, e viene coverto a tetti, ed’anco sotto detti archi vi so- no due taverne con un’altra fuora detti archi con stalle, e camere per allog- gio de forestieri, una delle quali è il Barone, a destra di detto largo, si trova il Palazzo Baronale in forma di Castello, che si descrivera fra li corpi feudali, cossì pure detta Città tiene un’altra Porta dalla parte d’Oriente, detta la Porta della Trinità, alla quale si và per mezzo di detta Città con strada brecciosa, piana e carrozzabile. La detta Città è di forma ovata lunga da 3 quarti di miglio in circa, e lar- ga più d’un lungo tiro d’archibugio. Detta Città viene divisa da due strade principali, una che piglia dal lar- go, che stà avanti detto Castello, a prospettiva della sua porta, e l’altra avan- ti il medesimo largo, quasi a prospettiva della Porta della Città, e tengono li esiti all’altra Porta di essa verso Oriente detta la Porta della Trinità, sopra det- te due strade tengono l’esiti molti vichi per commodità delli cittadini, et ha- bitanti per entrare ed uscire dalle loro case, e nell’uscire dalla detta Porta d’Oriente, si ritrova un’spatioso largo per commodità della fiera, che si fà ogn’anno in detta Città, chiamata la fiera della Santissima Trinità, che comincia il sabba- to di Pasca di Pentecoste, e finisce il giorno del Corpus Domini, però il pie- no della fiera è dalla terza festa di Pasca Rosata per tutto il giorno della Santissima Trinità, con gran’ concorso de mercanti, da diversi lontani Paesi con molte spe- cie d’animali, e robbe mercantili, comprandosi e vendendosi. L’habitationi in essa consistono in primo e 2° ordine, e ve nè sono alcune palatiate di fabbrica di pietre vive lavorate con vase, e mattoni antichi, et al-

304 tre tengono li balconi con cacciate e cotonate di ferro, e generalmente sono coverte a tetti, e molte di dette case con l’accidente delli due ultimi terremoti seguiti nell’anni 1688, e 1694 sono lesionate e pontellate, e l’altre a fatto di- rute, e per la mancanza de cittadini morti in diversi tempi molte case sono state abbandonate, per il che sono ridotte, o inhabitabili, o cadute. Li territorij di detta Città sono fertili di grani, orgi et altre vettovaglie, e di frutti di vigne, che producono vini, quali sono buoni, ancorche alcuni anni non se nè fà a sufficienza, per il che vengono a mancare per il basto de cittadini, e se ne provedono da fuori, si fà quantità d’oglio, e vi è abbondanza di buone, e fresche acque non solo per le fontane, che sono nelli territorij, ma anco vè nè sono per dentro la Città. Li suoi territorij si stendono da Levante, a Ponente miglia 9 in circa, e da Settentrione a Mezzogiorno altre miglia 9 confinando colli territorij di Spinazzola, Rapolla, Ripacandida, Lavello, Forenza, e lo Palazzo e con il Casale di Maschito. Detta Città stà ad acqua, ed herba commune colla Città di Lavello, col- la Città di Rapolla, e colla Terra di Ripacandida. La predetta Città di Venosa anticamente fù numerata per fuochi 15 mi- la, e nelle penultime numerationi fù tassata in fuochi 1050; e poi disgrava- ta restò in fuochi 700; però nell’ultima numeratione stà numerata per fuo- chi quattrocento settanta tre, e per tanto numero pagano li carlini 42 grana 6 a fuoco, ancorche al presente, nè meno siano detti fuochi 473 effettivi, e per nota havuta dalli Reverendi Parochi fà anime tremila, e venti, fà quattro sol- dati a cavallo, e 24 a piedi del battaglione con due huomini d’armi. La Città predetta è d’aere più presto cattivo, che buono, atteso l’habi- tatori sono di poca buona complessione, né ci hò trovata persona di molta Città, il che nasce (conforme hò considerato) per esser detta Città piana, l’ha- bitationi molto strette, e quasi alzate ad un medesimo livello, per la qual cau- sa sono prive del sole, et aggitatione del vento, e si rende humida, restan- do il suo sito quasi fossato, e tanto gl’huomini, quanto le donne sono di me- diocre aspetto.

305 Li cittadini di detta Città altri sono gentil’huomini, altri mastri di bot- teghe, et altri bracciali, massari, e lavoratori di terra, li quali attendono al- li lavori di campagna, e le donne all’esercitij, e lavori domestici, cioè cusci- re, tessere, far pizzilli, et altri esercitij per uso e servitio delle loro case, né usano d’uscire in campagna a far esercitij villaneschi. Li gentil’huomini vanno vestiti honoratamente, e conforme le stagio- ni di robbe fine con cappello, e ferraiolo, e le loro donne vestono con por- tamenti alla napolitana, anco con seta, e vanno modestamente di festa, l’artisti vestono all’uso de mastri di bottega, e cossì le loro donne di panni, o di saia, e li lavoratori di territorij foresi, e massari vestono di panni rozzi, all’uso de contadini, e se nè provedono in detta Città, e per le fiere convicine, ed’in particolare nella detta fiera, che si fà nella medesima Città, lavorandone anco in casa. Dormono li gentil’huomini, e persone commode sopra materazzi di la- na, e tengono suppellettili di casa honorevoli, e bastanti, e li rimanenti dormono sopra trapontini, e sacconi, seù pagliaricci per le capizzi. In essa Città vi sono alcune persone civili, e fra l’altri cinque Dottori di legge, delli quali ve nè sono tre Ecclesiastici, due Dottori Fisici, ch’esercita- no la professione, e sono provvisionati dall’Universitàa docati cento per uno ogn’anno, due Notari, due Giudici a contratto, due spetiarie di medicina, 4 Barbieri, e 4 Mamanne. Circa il loro vitto generalmente mangiano carni de castrati, e d’asini, et alle volte baccine, selvaggine, e di porco, e le persone basse mangiano car- ne di pecora per la povertà, che tengono. In detta Città vi sono due botteghe lorde, e per ordinario quattro bot- teghe di verdure, una bocceria, tre botteghe di Ferrari, che lavorano ferri gros- si, e piccoli, e ferri de cavalli, tre hostarie con commodità d’alloggiare, si ven- de pane a sufficienza in differenti luoghi da diverse persone, e per lo più è pane commune per servitio delli cittadini, e forastieri, atteso le persone ci- vili, e commode panizzano nelle loro case per loro uso, ed’anco si vende il vino per servitio del publico, e delli passaggieri in diversi luoghi, però le gen-

306 ti civili, e commode tengono le loro proviste, cossì di grano, e vino, come d’al- tre robbe commestibili per uso proprio, vi sono sette botteghe de Scarpari, tre Sartori, et un Fondaco di panni grossi, e fini con drappi di seta, tele, za- garelle, et altre robbe di merciaria. Nella detta Città vi è un fundaco regio de sali, colli suoi Officiali cioè Cedentiero, Dohaniero, Misuratore, e Cassiero nel quale fundaco s’immet- tono li sali dalle Regie Saline di Barletta, e poi si vendono a cittadini, e par- ticolari della Provincia, e per commodità delli detti cittadini vi sono quat- tro trappeti d’oglio de Particolari, che macinano l’olive con animali, e per la macinatura si paga carlini due per macina; vi sono cinque molina ad acqua per macina di grano posti nel fiume anticamente chiamato Dauno distan- te dalla detta Città miglia uno, e mezzo in circa verso Levante, e smaltisco- no li vasi lavoratori, cossì per detta Città, come per le Terre, e Provincie con- vicine, e circumcirca le dette fornaci, vi sono alcuni territorij hortilitij, di fo- gliame cardoni, et altro. Nella Città predetta vi sono molti cavalli proprij delli cittadini al nu- mero di 10, quali li tengono per loro commodità, e ve nè sono altri al nu- mero di 15 per servitio di fatica, e d’affitto, vi sono da 100 somarri, da 15 muli per fatica, bovi, e bacche aratorij, da 400 in circa, pecore da 1200 in circa, capre 1000 in circa, porci 2500 in circa, e vacche numero 2000 in cir- ca. Governasi in detta Città per il Mastro Giurato, un’ Sindico e quattro elet- ti, l’elettione delli quali si fà in publico parlamento, nominando più perso- ne per Mastro Giurato, Sindico e poi il Padrone eligge un’ Mastro Giurato, un’Sindico, e quattro eletti a sua dispositione delli suddetti nominati in pu- blico parlamento, et elegge pure un Algozzino, seù Fornece. L’istessi del governo esercitano l’officio di Grassiero, et eliggono l’Officiali Procuratori; e Mastri per il governo delli Monasterij di donne, che sono in detta Città e delle Cappelle. L’Università predetta tiene d’introito docati quattromila, duecento in circa l’anno, quali pervengono dalla gabella della farina, alla raggione di car-

307 lini sei a tomolo da chi macina, e due defese piccole nominate una Piatta, e l’altra del Cerro, et una gabella detta del Datiolo. All’incontro tiene di peso da docati settemila in circa l’anno alla Regia Corte, fiscali, istromentarij, e spese ordinarie, et estraordinarie, di modo, che li pesi superano l’introito in molta summa. In detta Città vi è un Monte Frumentario instituito con denaro proprio dal Signor Eccellentissimo Cardinale Luca Patritio, che fù di detta Città per soccorso de massari poveri per la semina, senza interesse nessuno, che hoggi arriva alla summa di carra ottanta di grano, alla raggione di tomola 36 il carro, con obbligo a detti massari di restituirlo alla raccolta senza interesse, come sopra, acciò si conservi sempre detto Monte, ch’è di gran beneficio al- la detta Città.

Circa il Spirituale

Detta Città viene decorata dal Vescovo suffraganeo a quello di Matera, e la sua diocese si distende in Venosa, Spinazzola, Forenza e Mascheto e tie- ne di rendita da docati 1500 in circa l’anno, ed hà il suo Palazzo in detta Città, che stà quasi nel mezzo di essa. Vi è la Chiesa Cattedrale, sotto titolo di Santo Andrea Apostolo, attac- cata con detto Palazzo Vescovale, officiata da 24 Canonici, quali portano so- pra la cotta un’ segno di colore paonazzo, e fra essi vi sono quattro dignità, cioè Arcidiacono, Arciprete, Cantore, e Primicerio, e tengono d’entrata do- cati settanta in circa per ogn’uno ogn’anno, e da 12 altri Preti Cappellani Ordinarij, che tengono d’entrada docati quaranta in circa per ciasched’uno, e da 24 Clerici, ed oltre delli detti, e delli parrocchiani vi sono quattro altri Sacerdoti, e mol- ti Clerici, che per sfuggire li travagli de Commissarij quasi ogni casa tiene il suo Clerico. La detta Chiesa è grande a tre navi coverta a tetti sopra tavole con il suo campanile grande di pietre vive, con quattro campane, due grandi, e due pic- cole, e con due porte; in testa vi è l’altare maggiore con custodia sontuosa,

308 e grande di legno indorato, dove si conserva il Santissimo, dietro di esso al- tare vi è il coro di figura circolare con sedili, e spalliere di noce intagliate; al- li lati della nave grande vi sono molte Cappelle sfondate, et altari con cone, e quadri di buone pitture, e vi sono molti Jus Padronati di particulari di det- ta Città, sotto detto altare maggiore è il Jus in un Corpo, calandosi in esso con poche gradi coperte con lamioni, nel mezzo si ritrova un’ altare, dedi- cato a San Carlo, con una cona di legname dorato con buona pittura, vi è la sua sagrestia, dove si conservano l’apparati, e vesti sacerdotali, delli quali ve nè sono a bastanza, secondo il rito di Santa Chiesa con calici a sufficien- za, e sfera per esponere il Santissimo, croce, incensiero, e statuetta d’argento con tre palij per l’uscita del Santissimo di broccato, velluto e teletta colora- ti, e lo stendardo, vi sono alcune reliquie, cioè una particella di Santo Vito, il deto di S. Andrea Apostolo, e l’altre reliquie in vasi d’argento, e di legno dorati, vi è la mettà della mitria di S. Carlo, due delle spine della corona Nostro Signore, e d’una particella della croce, riposte dette reliquie in una Cappella a sinistra del detto altare maggiore, rinchiuse con cancellate di ferro, e por- tella di legname, vi è il Trono Vescovale, pulpito di marmo, organo e fonte battesimale, ed a sinistra di detto altare maggiore, di nuovo si stà finendo la canonica. Dentro la detta Città vi sono sei altre Chiese Parrocchiali, una sotto il titolo di S. Biase, sita vicino la Piazza maestra, la seconda sotto il titolo di Santi Cosma, e Damiano, sita nel mezzo di detta Città, la terza sotto il titolo di S. Pietro, sita sotto il Monasterio di S. Maria, quale Parrocchia và unita con quel- la di S. Giorgio Parrocchia antica, e di S. Giovanni; quale Parrocchia di S. Giovanni al presente è ridotta in una Congregatione di Fratelli Laici, la 4° Parrocchia sotto il titolo di S. Nicola, accosto le mura della Città, però per esser quasi diruta dall’ultimo terremoto, il Reverendo Paroco si è trasportato per l’am- ministratione delli sacramenti nella suddetta Parrocchia di S. Pietro, la 5° Parrocchia, sotto il titolo di S. Martino, sita sotto il Convento delli Padri Domenicani, e la 6° sotto il titolo di S. Marco stà da sotto il Vescovato, col- la quale và unita la Parrocchia antica, sotto titolo di S. Maria del Palagano,

309 nelle quali Parrocchie vi sono li Parochi, e Vice Parochi, per l’amministra- tione delli sacramenti alli loro figliani, quali Parrocchie tutte tengono la lo- ro entrade per mantenimento del Paroco, e le loro Chiese, sono quali più gran- di, e quali più piccole coverte a tetti sopra tavole, con le loro campane, con- fessionarij, e stipi, dove si conserva l’Oglio Santo, al presente per causa, che la Città è ridotta in poco numero di persone, tengono obbligatione di pi- gliar il battesimo nella Cattedrale, dalla quale si somministra anco il via- tico, essendo rimasto il Jus alli detti parrocchiani, la stola per li morti, et il contrahere li matrimonij, essendo solo tenuti in caso di battesimo di por- tare li figliuoli a battezzare nella detta Chiesa Cattedrale, e tutte dette Parrocchie sono proviste a sufficienza di vesti sacerdotali, calici, ed altro, servato il ri- to della Santa Chiesa. Nella strada maestra di detta Città vi è il Monasterio di Donne Monache claustrato, et isolato, sotto il titolo di S. Benedetto, dentro del quale vi sono al presente 42 Monache velate colla loro Madre Abbadessa, e Vicaria, ed’al- tre figliuole educande e serve; però in detto Monasterio antiquitij, siccome al presente vi è il numero prefisso per 30 Monache, e volendoci entrare più del numero, si dicono sopranumerarie, e si accapa la licenza dal sommo Pontefice, la loro Chiesa sotto titolo di S. Benedetto tiene alcune Cappelle con il loro Superiore all’incontro l’altar maggiore dal quale ascoltano la Santa Messa con confessionario, communicatorio, e pulpito, nel detto Monasterio vi en- trano le cittadine con dote di docati 200; essendo del numero, e le sopranumerarie pagano qualche altra somma di più, sotto titolo di limosina, e le forastiere devono pagare al doppio, o come si possano meglio concordare, vi sono an- co due campane, et apparati a sufficienza, vi è il Confissore, Cappellano, et Esattore, quali si eliggono dal Vescovo, et oltre di dette doti possedeno al- cuni territorij, annue entrade, e cenzi, quali sono pervenuti, e pervengono delle doti sudette. Dentro della detta Città predetta, dalla parte di Ponente vi è un altro Monasterio claustrale, sotto il titolo di S. Maria della Scala, vi sono da 40 Monache, che si velano di negro colla Madre Abbadessa, Vicaria, et altre of-

310 ficiali, con alcune figliuole per educatione, tengono la Chiesa di commoda grandezza coverta a tetti sopra tavole, alli lati vi sono cinque Cappelle, ol- tre dell’altare maggiore da dove ascoltano la Santa Messa, ed officiano con campanile con due campane, e circa la dote si prattica, conforme al descritto Monasterio di S. Benedetto. Nella strada detta la Piazzetta nel comprensorio della Parrocchia di S. Marco stà il Conservatorio detto dell’Orfanelle di figliuole laiche, le quali si educano, e sono alimentate dalla Principal Corte, e sono al numero di do- deci, oltre della Maestra, il quale tiene assegnate annui docati 126 per il vit- to quotidiano, e se li costituisce una persona, sotto nome di Procuratore, e vi possano solamente entrare figliuole orfane di padre, e madre al detto nu- mero di dodeci, e nel giorno della Santissima Concettione il governo suole cavare a sorte le cartelle dal numero di 12, et alle due, che toccarà la sorte, o che sia cittadina, o che sia una delle dette figliuole, se li viene a costitui- re un sossidio di docati sei per aumento di sua dote, che se li paga a tempo del suo maritaggio, e detto sossidio si somministra dall’entrade di detta Città; accosto detto Conservatorio vi è la Chiesa, sotto il titolo di S. Carlo con il suo Cappellano per celebratione delle Messe, coll’elemosina, seù provisione di docati 36 l’anno, che se li pagano dal Barone, sopra li corpi burgensatici. Avanti il largo del detto Castello si è edificata una nuova Chiesa, sot- to titolo de Morti, quale consiste in una nave coperta a lamia a botta, in te- sta vi è solo l’altare maggiore con quadro ad oglio, coll’effigie di S. Filippo Neri Orante avanti la Madre Santissima per l’anime del Purgatorio, con cor- nice dorata, e con Cona di stucco, rilevato con ornamentato di quattro co- lonne, due liscie, e due serpeggiate con tutti li suoi ornamenti, che ricerca l’architettura, alli lati di detta nave vi sono sei mastri archi per situarci sei altri altari, nella quale Chiesa si è fondata la Congregatione, sotto titolo de Morti, e li Fratelli son’obbligati d’intervenire alle processioni generali, con veste negra di tela di sangallo, con cappuccio, e con il segno della morte, con il loro cofalone, com’anco sono tenuti di seppellire processionalmente tut- te le persone povere di detta Città, e li forastieri, e si sono assignate per le

311 messe quotidiane due Cappellani, oltre gl’altri Sacerdoti, che celebrano per loro devotione, e detta Chiesa tiene una massaria di bacche, et altr’en- trade di cenzi e territorij. Accosto la Porta di basso di detta Città detta la Porta della Trinità per havere l’uscita verso la Chiesa del medesimo nome, si trova il Convento de Padri Agostiniani, che per causa delli passati terremoti è ridotto quasi inha- bitabile, e non vi è rimasto altro per l’habitatione delli Padri, che un’ala del Chiostro, dove vi sono cinque celle habitabili, e le stanze di sotto di esse ser- vono per l’officine, vi sono 4 Frati, due Sacerdoti, e due Laici, et accosto vi è la Chiesa nuovamente rifatta, atteso la Chiesa antica, qual’era d’una nave grande con pitture alla francese per l’antichità, se n’è cascata, quale Chiesa nova consiste d’una nave di poco lunghezza, in testa vi è un nicchio, dentro del quale stà situato l’altar maggiore, con quadro ad oglio della Beatissima Vergine, con custodia piccola indorata, dove si conserva il Santissimo Sacramento, e da un lato di detta nave, vi sono due altri altari con quadri ad oglio, detta Chiesa coperta a tetti a due penne, e tiene una porta, vi è il pul- pito, e confessionario con piccolo campanile con una campana, quale Monasterio fù soppresso, et al presente detti Padri stanno soggetti al Vescovo, tiene d’entrada annui docati 160 in circa, che li pervengono dalli cenzi sopra case, e territorij de cittadini, et anco possiedono alcuni pezzi di territorij. Vi è anco dentro detta Città il Convento de Padri Domenicani, che tie- ne la porta battitora, accosto la porta della Chiesa di esso, per la quale si en- tra in un claustro grande, li pilastri del quale, che sostenevano l’arcate col- le lamie, sono quasi diruti colli detti arcati, e lamie e non vi è rimasto altro, che un braccio di detto claustro, coperto a lamie, e la mettà d’un altro brac- cio, sotto il coperto del quale si trova una stanzetta grande coperta de lamia, a croce con sedili d’intorno, e spalliere di legname, dove si facea il Capitolo, ed anco nel detto piano vi è refettorio, cocina, dispenza, et altre stanze per commodità de Padri, nel mezzo di detto claustro al scoperto, vi è una cisterna, e da esso claustro si và ad’un’ giardinetto fruttato; e salendo con una scala di fabrica coperta con tre tese, s’ascende al dormitorio rimasto, nel piano del

312 quale vi sono otto celle = Accosto della quale porta battitora si trova la Chiesa del detto Convento, sotto titolo di S. Domenico, consiste in una nave gran- de coperta a tetti a due penne, e tiene due porte, una maggiore, e l’altra pic- cola per la quale si entra al detto claustro, in testa della quale Chiesa vi è l’al- tare maggiore, con custodietta in mezzo alli gradini di detto altare, dove si conserva il Santissimo Sacramento, ed à sinistra ed a destra di detta nave vi sono più Cappelle, et altari con quadri ad oglio di buona pittura, e la mag- gior parte, sono guarnite con cone di stucco, e parte di legname fra le qua- li vi è la Cappella del Santissimo Rosario, e dietro del detto altare maggio- re vi è il coro, dal quale si entra nella sagrestia, dove si conservano molti ap- parati per sufficienza delle Sante Messe; vi sono tre calici, tabernacolo per esporre il Santissimo, incentiero, navetta, e croce d’argento, e vi è anco l’organo, et il campanile grande mezzo diruto per la scossa dell’ultimo ter- remoto; la detta Chiesa viene servita dal suo Priore dell’ordine di S. Domenico della Provincia di S. Tomase di Puglia, con quattro Sacerdoti, e due Laici, quale Convento tiene d’entrada da docati 300 l’anno in circa so- pra cenzi, e territorij, e tiene campo con animali grossi, cioè bacche nume- ro cento in circa. Dentro della detta Città vi è il Convento con Chiesa, sot- to titolo di S. Francesco della Scarpa, quale Chiesa consiste in una nave gran- de coverta a tetti, con due penne, e campanile con due campane, in testa di essa Chiesa, vi è l’altare maggiore, sopra del quale vi è la custodia grande di legname indorato, dove si conserva il Santissimo Sacramento, nella qua- le custodia vi è un nicchio, dentro del quale vi stà la statua di rilievo del glo- rioso S. Nicola, e dall’uno, e l’altro lato di detta nave, vi sono molti altari con quadri ad oglio, e la maggior parte tengono le cone di pieno stocchiate, e di legname dietro detto altare maggiore, vi è il coro con spalliere, e sedili di no- ce intagliata, et in testa vi è cona grande all’antica con cornice dorata, vi è il pulpito, organo grande, e sagrestia, nella quale si conservano l’apparati per la celebratione delle sante Messe, vi sono tre calici, incentiero, navetta, croce, e tabernacolo d’argento per esporre il Santissimo con molti appara- ti di drappi fini = In detta Chiesa sono anco molte reliquie riposte in un re-

313 liquiario d’avorio, dov’è il gubito di S. Francesco d’Assisi, in un’ altro d’ar- gento vi è un pezzo del legno della Santa Croce di Nostro Signore, ed’in un’ vaso di cristallo si conserva una mola di S. Apollonia = Accosto alla porta maggiore di detta Chiesa vi è la porta battitora del detto Convento, per la quale si entra ad un claustro coperto a quattro ale, e nel mezzo dello sco- perto vi è cisterna, e sotto detto coperto vi è refettorio, cocina dispensa, cel- laro, et altre stanze per commodità de Padri, e per una grada di fabrica s’a- scende al dormitorio, nel quale vi sono molte celle commode, ed accosto detto Convento, vi è una vigna, ed’altre possessioni = Detta Chiesa viene servita, ed officiata dal Padre Guardiano con sei altri Sacerdoti; e tre Laici francescani della Scarpa, tiene d’entrada detto Convento annui docati 300 in circa, oltre li loro territorij. Dentro detta Città vi sono due altre Chiese, una sotto il titolo di S. Nicola, Chiesa piccola coverta a tetti a due penne con tempiatura di tavole, con un’ sol’altare, dove si celebra la messa ogni festa, nella quale Chiesa vi è con- gregatione di molti fratelli, li quali congregano una volta la settimana in gior- no di sabbato a cantare l’officio di morti con la corona della Madonna, e l’al- tra Chiesa sotto titolo di S. Anna, Chiesa simile all’antedetta coverta a tetti a due penne, ed in essa vi è anco un’altra simile congregatione, li Fratti del- la quale si radunano a dire l’officio ogni giorno di festa. All’entrare della prima Porta di detta Città, vicino il Castello vi è l’Ospedale con diverse camere per servitio de poveri infermi, e colla sua Chiesa sotto titolo della Madonna di Costantinopoli con più Cappelle, et altari, e una sagrestia tutta coverta a tetti sopra tavole coll’ornamenti necessarij per ce- lebratione delle Sante Messe, nella quale Chiesa si congregano li cittadini quan- do si fà parlamento publico dell’Università. Fuori di detta Città un quarto di miglio in circa, si trova il Convento del- li Padri Cappuccini con sua Chiesa, sotto il titolo di S. Sebastiano, al quale si và con strada carrozzabile, quale Chiesa consiste in una picciola nave co- verta a lamia, in testa vi è l’altare maggiore con custodia, ed una cona grande dell’Assuntione della Madonna Santissima, ed altri Santi, ben guar-

314 nita, e vi sono anche altre Cappelle, ed apparati, nè tiene a bastanza per la celebratione di Messe, che si conservano in una piccola sagrestia, vi è il suo coro, ed una campana, et accosto la porta di detta Chiesa, si ritrova la por- ta battitora del detto Convento, per la quale si entra ad un’ poco di vano sco- verto, a sinistra vi è la porta per la quale si và al claustro coperto, e disco- perto di poca capacità, nel mezzo del detto scoperto vi è la bocca della sor- gente con bella, e fresca acqua, et in detto piano vi è refettorio, cocina, et al- tre stanze, et a destra vi è porta, che si và al giardino di buona capacità pian- tato di diversi frutti, ed hortilitij, e fiori, diviso detto giardino con stradoni, e vi è la commodità della fontana d’acquaviva; e dal detto claustro con gra- da di fabrica coperta, s’ascende al dormitorio, nel piano del quale vi sono molte celle al numero di 15 coperte a lamie, e sopra con tetti = In detto Convento nè risiede il Guardiano, e da nove altri Frati fra Sacerdoti, e Laici, che vivono di carità tanto dalla detta Città, quanto per le Città, e Terre convicine. Ed anco fuori di detta Città da mezzo miglio distante caminandosi per la detta strada delli Cappuccini, si trova un altro Monasterio de Padri Zoccolanti delli Minori Osservanti colla loro Chiesa, sotto titolo di S. Maria della Pace, quale Chiesa consiste in una nave grande coperta a tetti a due pen- ne, con tempiatura piana di tavole, in testa vi è l’altare maggiore con custodia, ed a destra, et a sinistra di detta nave, vi sono molte Cappelle con cone di legname dorate, e con quadri ad oglio, vi è la sagrestia con coro, ed appa- rati bastanti, vi sono tre calici, e croce d’argento, e vi sono due campane con picciolo campanile, accosto detta Chiesa vi è il Convento con claustro coperto, e scoperto, ed in mezzo di detto scoperto vi è la cisterna, e nel piano del Convento vi è refettorio, cocina, dispensa, ed altre stanze, per servitio di detto Convento, e vi è grada di fabrica per la quale s’ascende al dormitorio, nel piano del quale vi sono da sedici celle, dove risiede il Padre Guardiano con nove altri Frati fra Sacerdoti, e Laici, e vivono d’elemosina per la Città, e Terre convicine, e con alcuni loro pochi territorij proprij. Fuori di detta Città distante un tiro d’archibugio, vi è una Chiesiola, sot- to il titolo di Santa Marina coperta a tetti, in testa vi è l’altare maggiore, col-

315 la statua di rilievo di detta Santa, e vi è una campana piccola, quale Chiesiola è grancia della Religione di Malta, e l’entrata, che nè previene è della sud- detta religione. Fuori di detta Città distante da un tiro d’archibugio si trova un’altra Chiesa, sotto titolo di S. Maria della Scala coperta a tetti con principio di tempiatu- ra di tavole, in testa vi è l’altare maggiore con una statua di rilievo di Nostro Signore, e vi sono altre Cappelle con cone, vi sono tre campane, e l’ap- parati per una messa, vi si celebrano due messe la settimana, e vi è anco una stanza, dove habita il Romito; si governa detta Chiesa per il Monasterio del- le Monache di S. Maria della Scala, e tiene d’entrata annui docati 150; con alcuni territorij. Fuori di detta Città distante un miglio verso Ponente, si trova un’altra Chiesa grande, sotto titolo di Santa Maria Montaldo, quale è coperta a tet- ti con una campana piccola, in testa vi è l’altare maggiore coll’ossatura di ri- lievo di Nostra Signora, vi si fà la festa il dì di Pasca di Resurrettione e tie- ne poche entrade. Di più fuori di detta Città distante da un’ mezzo miglio, verso Mezzogiorno si trova un’altra Cappella, sotto titolo di S. Maria delle Gratie coperta a tetti, e vi sono due campane, in testa vi è l’altare maggiore colla sta- tua di rilievo di Nostra Signora, nella quale si celebra la sua festa alli 7 di Maggio, dove si corrono palij a piedi, ed a cavallo, e vi concorrono in essa molte per- sone delle Terre convicine, vi si celebra la Santa Messa ogni giorno, e viene servita dal Clero del Vescovato. Vi sono anco fuori di detta Città verso Tramontana due altre Cappelle, una sotto il titolo di S. Rocco coperta a tetti con un’altare con la statua di ri- lievo del detto Santo, e vi si celebra la Santa Messa nel dì della sua festività, e l’altra sotto il titolo di S. Maria della Rena, quale stà situata vicino li mo- lini d’acqua, quale è Abbadia di Monsignor Albergasi distante dalla detta Città da un miglio, e mezzo in circa, quale Cappella è cavata dentro Monte, nella quale vi è l’altare con l’effiggie di Nostra Signora dipinta a fresco, e tie- ne d’entrada da annui docati 200 in circa.

316 Di più fuori di detta Città uscendosi per la Porta detta della Trinità, pas- sato il largo della fiera, si trova la Chiesa della Santissima Trinità consistente in tre navi divise con pilastri, ed archi guarniti con pietre di taglio, e mattoni, il tutto coperto a tetti a due penne, avanti la porta di detta Chiesa si trova un poco d’atrio, coperto a lamia, dal quale si scende con poche grade, in te- sta della quale Chiesa vi è l’altare maggiore con una cona grande antica guar- nita di legname dorato, e con buona pittura, e nella croce di essa vi sono più Cappelle e vi è il campanile con tre campane; vi si conservano nella detta Chiesa cinque corpi Santi, uno di Padre Attanasio Benedettino, un’ altro di Santa Nominata Madre di Santo Senatore, di Santo Cassiodoro, e di Santo Viatore, et anco in detta Chiesa vi è un tumolo di marmo, dentro del quale vi stà il corpo della Regina Bianca, e vi sono altri tumoli antichi, vi è la sagrestia, et il coro dietro l’altare maggiore con sedili, e spalliere di legname, pulpito, et acqua santera, nella quale sagrestia si conservano gl’apparati, ed orna- menti per celebrare le Sante Messe, che sono in sufficienza con quattro ca- lici, croce, incenziero, e navetta d’argento, e dalla detta sagrestia per un’al- tra porta piccola si esce con pochi gradi, ad un’altra Chiesa grande princi- piata, e non finita di bellissima architettura, che per finirla vi vorrebbe grossa spesa, essendo principiate le mura di essa, tutte di pietra di taglio, e vi è alzata una tirata di colonne tonde di detta pietra al numero di sei con bellissimi capitelli intagliati con ordine corintio, e ciasched’una di dette co- lonne tiene di giro palmi 12. Detta Chiesa viene servita, ed officiata da un’ Sacerdote Priore, ed otto altri fra Cappellani con habito della religgione di Malta, con cinque Subdiaconi, e Clerici; la Chiesa predetta è commenda del- la detta Religgione di Malta, e tiene di rendita annui docati 2000, e più; tie- ne anco un Palazzo dentro detta Città per l’habitantione del Commendatore, seù Baglivo di detta commenda colla sua Chiesiola. E ritornando al detto largo avanti il Palazzo Baronale, quale è in forma di Castello di figura quadrata, rassembrando assai al Castel Nuovo di Napoli.

317 Seguono li corpi feudali, che la Principal Corte possiede in detta Città di Venosa.

In primis possiede la detta Principal Corte il Palazzo, quale è in forma di Castello di figura quadra, sito nel principio di detta Città avanti il largo della prima Piazza, ed accosto la prima Porta descritta di detta Città, con- siste di quattro grosse torri con bastioni, e riviglioni, che defendono le cor- tine di detto Castello, intorno vi circonda un largo, e profondo fosso murato intorno, le mura del quale al presente stanno rovinati, ed è necessario rifarsi, e repararsi; entrasi in detto Castello dalla parte di detto largo per un’ pon- te di fabrica, e nel fine vi è il ponte di legname a levaturo, quale bisogna rinfor- zarsi con mutarci alcuni legnami di sotto, e tavole di sopra per essere qua- si marciti; in testa di detto ponte di legname si trova la porta di detto Castello tonda, con ornamento di pietre vive, e vi è il portone di legname, e per esso si entra in un cortile coperto a lamia, a destra si trova una gradetta, per la quale si sale ad una stanza coperta a lamia, e per essa con un’altra por- ta si esce al piano d’un’ baluardo con pettorate, e tronere intorno, quali cir- condano una torre, e sotto di detta stanza si trova un’altra stanza coperta a lamia, quale tiene porta al detto cortile coperto, e dalla detta camera si pas- sa sotto la controstanza di esso baluardo colle sue saettere per difesa, e dal- la detta stanza con grada secreta di pietraviva, si scende nel suddetto fos- so, e ritornando al detto cortile, a sinistra vi è una porta per la quale si en- tra ad’ un’ picciolo corritoro, nel piano del quale vi sono tre stanze coperte a lamia per uso di carcere di donne con porte, e finestre di legname, quali stanze sono situate nel primo piano dell’altra torre, sopra delle quali vien’à stare parte della gradiata del quarto nuovo di detto Castello, e ritornando al detto cortile coperto si passa per esso ad’ un’ altro cortile scoperto di buo- na capacità, e quadro, a sinistra del quale vi è la commodità del pozzo d’ac- qua sorgente, e si trova la terza torre di meno altezza dell’altri per esserno caduti li merli, e li gattoni di pietre, che vi erano con parte delle mura, sot- to della quale torre vi è la stalla nuovamente rifatta capace di 24 cavalli, e

318 sopra vi è una stanza, che serve per carceri criminali, e si chiama la fasole, et all’incontro la detta torre dall’altro lato di detto cortile, si trova la 4° tor- re, al presente per uso de carceri civili, ascendesi ad essa con una grada a lu- maca, sin alla summità di essa, accosto della quale vi era la scesa, che con pochi gradi si scendeva a tre stanze terranee per uso di cantina, al presen- te tutte dirute, e quasi terrapienate di pietrecaglie, e terreno, a destra del det- to cortile scoperto si trovano due stanze coperte a lamia, appresso segue una stanza grande per uso di cocina, con tutte commodità, però senz’acqua, e si servono dell’acqua di detto pozzo, e della fontana dentro detto pozzo, ap- presso sieguono due altre stanze grandi coperte a lamia per uso de magazzini, quali due stanze, cocina, e magazzini si vede, che sono rifatti, et accomodati di nuovo, le quali stanze descritte tengono le loro porte al detto cortile sco- perto, e fra dette porte si trova la grada di fabrica scoperta per la quale con una tesa s’impiana al quarto vecchio situato sopra le dette stanze, chiama- to il quarto del cardinale, quale consiste in una sala, a sinistra si trovano due camere, la prima per uso di dispensa con finestre verso il fosso, e la secon- da tiene finestra dalla parte del detto cortile scoperto, appresso la detta se- conda camera, siegue un’altra camera grande divisa con maestro arco di fa- brica, quale tiene due finestre, una dalla parte del fosso, e l’altra dalla par- te del detto cortile, e seguitando si trova un altro camerone, che stà attaccato al detto 4° torrione, quale tiene medesimamente due finestre dalla parte del fosso, e del cortile, quali camere descritte sono tutte coperte a lamia a bot- ta con commodità di ciminiere alla corteggiana; e ritornando alla detta sa- la, a destra si trovano 4 altre camere, che formano un quarto inferrato, e ten- gono le finestre, due dalla parte del detto fosso e due dalla parte del detto cortile coperte a lamie, con commodità di simili ciminiere alla corteggiana con sua rota, e stipo grande dentro mura con portelle nove di legname, qua- li stanze descritte del detto quarto vecchio, tengono il muro maestro verso il cortile molto lesionato dal passato terremoto di 8 settembre 1694, essen- do distaccato detto muro dalle lamie delle dette stanze, come anco parte del- li partimenti, quale muro, e partimenti bisogna repararsi, acciò non vada-

319 no in rovina, che se cadesse rovinerebbe detto quarto; e ritornando al det- to cortile scoperto, a sinistra del suo ingresso si trova la grada maggiore, sco- perta e larga con gradi di pietre vive che con due tese s’impiana ad una log- getta coperta a lamia con balaustrata di pietre vive, e per essa si entra nel- la sala del quarto principale, quale sala è coperta a lamia a botta con lonet- te, a destra vi è la Cappella nuovamente accommodata, appresso vi sono due camerini, che li divide un corridoro coperto a tetti, a sinistra di detta sala vi è la porta a balcone per la quale si esce ad una loggetta scoperta verso la gra- da con balaustri di pietre vive, et in testa di detta sala si trovano due anti- camere grandi, l’una dentro l’altra, con finestre dalla parte del cortile sco- perto, e dalla parte del detto largo, e ponte, quali due antecamere tengono le lamie a gavide pittate a fresco nuovamente fatte, e rinfrescate, e la 2° an- co tiene porta a balcone, ch’esce ad un’altra loggia grande, situata sopra il portone del detto Castello, con pettorate all’intorno, e dalla detta 2° anticamera vi è un passetto, per il quale si và al quarto vecchio detto del Cardinale, ap- preso le dette due anticamere sieguono due altre simili camere coverte con simili lamie, senza pittura, e tengono le finestre dalla parte del detto largo, nella prima vi è un camerino dentro mura per commodità di tenere un let- to per una donna di servitio, o per oratorio, e la 2° tiene un passetto fatto nel- la grossezza del muro, per il quale si passa al detto quarto vecchio, come so- pra descritto, quale sala con tutte le stanze del detto quarto principale, tengono li pavimenti di mattoni, in testa della detta ultima camera, vi è cor- ridoro coperto del primo torrione descritto, dove vi sono due gradiatelle, da una si scende per calare a basso, e l’altra per salire sopra detta torre, e tut- te dette stanze delli detti due quarti descritti vengono coperti a tetti nuovamente rifatti = Quale Castello è stato de prossimo accommodato e riparato, e fat- te fabriche nuove in alcune parti, ed in particolare nelle stanze con corridoro, vicino alla Cappella in detta sala, detta la reposteria, e secretaria, che si so- no rifatte di nuovo, cossi pure si vedono fatte di nuovo tutti li tetti, che co- prono le stanze del detto Castello cossi di legname, come d’imbrici, con fa- brica sopra e merli nel mezzo, e nell’intorno, e tutte le intonacate, e biancheggiate,

320 e fatteci porte, e finestre nuove, ed’altre accommodate, con tutto ciò hà bi- sogno di molte reparationi, ed accommodamenti, particolarmente nel quar- to vecchio detto del Cardinale, che stà lesionato per causa del passato ter- remoto, et in altre parti del detto Castello, com’anco le muraglie di detto fos- so, e baluardi, delle quali in parte hanno cominciato a cadersene le pietre, è però necessitano di repararsi, acciò non vada a rovina il resto, e per far tut- to questo vi occorre grossa spesa.

Di più possiede detta Principal Corte in feudum la difesa det- ta del Monte, distante da detta Città miglia uno, e mezzo in cir- ca, verso Mezzogiorno, territorio macchioso et infruttifero, che tiene di circuito miglia 3 in circa, e confina con li vignali, che furono di D. Attorre Tancredi, lo vallone detto Cuppolosa, la strada, per la quale si và a Barrile, ed altri confini; quale di- fesa s’affitta per herbaggio, e l’affitto di essa l’anno 1691______160 1692______190. 2.10 1693______185 1694______185 1695______186 1696______190 Che uniti li sopradetti sei anni inportano docati____1056. 2.10 Che coacerbati per li sudetti sei anni importano ogn’anno per cento settantasei, e grana 81/3______176. 81/3 Di più possiede detta Principal Corte la mettà dell’herbaggio demaniale, atteso l’altra mettà si possiede dalla Religgione di Malta, l’affitto di essa mettà l’anno 1691______135 1692______170 1693______158 1694______166

321 1695______182 1696______188 Che uniti li sopradetti sei anni importa- no______969 Che coacerbati per li sei anni sudetti importano ogn’anno do- cati centosessant’uno, e mezzo______161. 2.10 Di più possiede detta Principal Corte in feudum con la mastro d’attia di detta Città l’affitto di essa l’anno 1691______135 1692______141 1693______176 1694______176 1695______155 1696______155 Che uniti detti sei anni importano______938 Che coacerbati per li sei anni sudetti importano ogn’anno do- cati cento cinquantasei tarì 1.131/3______156. 1.13 1.3 Di più possiede detta Principal Corte in feudum la mettà del- la Piarre, ch’è un’Ius, seù datio, che pagano li venditori, e compratori d’ogni sorte di mercantia, e vettovaglie, che si comprano, vendono, et introducono in detta Città, atteso l’al- tra mettà si possiede dalla religgione di Malta, l’affitto di det- ta mettà l’anno 1691______86. 1.13 1692______70 1693______100 1694______80 1695______78 1696______105 Che uniti detti sei anni sono______519. 1.13 Che coacerbati per li sei anni sudetti importano ogn’anno do-

322 cati ottantasei tarì 2.15. 1/2______86. 2.151/2 Di più possiede detta Principal Corte in feudum la bagliva, qua- le s’affitta ogn’anno docati 165; e li paga l’Università di detta Città per affitto______165 Di più possiede detta Principal Corte in feudum la mettà del pe- so, e misura della fiera della Santissima Trinità, atteso l’altra mettà spetta al Mastro Giurato, l’affitto della quale mettà l’anno 1691______17. 2.10 1692______18 1693______20 1694______20 1695______25. 2.10 Che uniti detti cinque anni so- no______101 Che coacerbati per li cinque anni sudetti importano ogn’anno docati venti, e tarì uno______20.1 Di più possiede la detta Principal Corte in feudum la portola- nia, per la quale l’Università predetta paga ogn’anno docati ses- santa______60 Di più possiede la detta Principal Corte in feudum docati 13.2.5 ogn’anno di censi minuti, che si corrispondono dalle sot- te persone cioè L’heredi del quondam Carlo de Luca annui docati_____6. 2.10 L’heredi del quondam Bartolomeo elone annui docati__2. 2.10 L’heredi del quondam ……..Saldecca annui docati______1 L’heredi del quondam Biase Mauridia annui docati______15 L’heredi del quondam Giovanni Ciancio annui docati______2 D. Giustino Rapolla annui docati______1.10 D. Angel Antonio, e Gregorio Anniballo annui docati__1. 2.10 L’heredi di Giovanni de Rienzo, alias Calitri, e per essi Fabio Coviello Marito d’Antonia de Rienzo annui docati______1. 1

323 Importano le sudette otto partite de censi minuti annui doca- ti______13. 2. 5 Di più possiede detta Principal Corte in feudum la taverna si- ta dentro detta Città, e proposta avanti il largo del detto Castello l’affitto di essa l’anno 1691______33. 1.13 1692______non fu affittata 1693______24 1694______36 1695______30 1696______48

Che uniti detti sei anni sono______181. 1.13 Che coacerbati per li sei anni sudetti importano ogn’anno do- cati trenta tarì 1.2. 1/6______30. 1. 21/6 Di più possiede detta Principal Corte in feudum un territorio detto il Giardino, sito fuori la Porta di detta Città, vicino al det- to Castello, quale territorio è scampio, e seminatorio di capa- cità di moia 30 incirca, confina con li beni di S. Maria, colli be- ni dell’heredi di Donato Costanzo, e strada publica, l’affitto del- la quale si porta ogn’anno docati dieci______10 Di più possiede detta Principal Corte in feudum un altro pez- zo di territorio detto delle Velommere, seù delle Grotte, che pri- ma si chiamava l’Orto della Cavallarizzo, l’affitto del quale si porta ogn’anno docati quattro______4 Di più possiede detta Principal Corte in feudum un’ Pezzo di territorio detto lo Centimolo, sito nel piano della Santissima Trinità di capacità di moia due in circa, confina colli beni dell’heredi di Paolo della Torella, Aradaqua, et altri confini, quali s’affit- ta ogn’anno docati______1. 2.10 Di più possiede detta Principal Corte in feudum un altro ter-

324 ritorio detto la Martiana, vicino la difesa del Monte, e che pri- ma andava unito con detta difesa, distante dalla Città miglia due in circa, quale territorio è scampio, aratorio, e seminatorio, e s’affitta ogn’anno docati quaranta______40 Di più possiede detta Principal Corte in feudum un’ altro pez- zo di territorio, detto il Cortiglio delle Noci, s’affitta ogn’Anno carlini quindici______1. 2.10 Importano in tutto le sopradette quattordici partite de corpi feu- dali annui docati novecento ventisei tarì 1.141/3____926. 1.141/3 Dalli quali docati 926.1.14 1/3 feudali, se ne deducono li sot- toscritti pesi, che si devono. Al Monte de Morti costrutto dentro la Chiesa di S. Paolo Maggiore di Napoli causa d’adoha annui docati settantanove 2.18______79. 2.18 Per la rata della transattione che si paga ogn’anno alla Regia Dogana di Foggia di docati 60 annui per le difese del Monte, Santo Chirico, Messere, e della Caccia, per le quali quattro di- fese transcritte per li docati 60 l’anno, per la rata della detta di- fesa feudale detta del Monte, spettano annui docati 13.6, atte- so li restanti docati 46.4.14 spettano per l’altre tre difese bur- gensatiche, che si descriveranno a suo luogo fra li corpi bur- gensatici______13. 6 Quali due partite di pesi annui sopra li detti corpi feudali, uni- te insieme importano docati novantadue tarì 3.4_____92. 3. 4 Li quali docati 92.3.4 di pesi, ut supra dedotti dalli sopradetti docati 926.1.14 1/3 di rendita delli sudetti corpi feudali resta- no docati ottocento trentatre tarì 3 .101/3______833. 3.101/3 Quali corpi feudali, e lor’annue entrade della sudetta Città di Venosa, come di sopra descritte, e liquidate, come mi è costa- to per fede del governo dell’Università di detta Città, cioè il Mastro Giurato, Sindaco, et eletti, e quelle discusse coll’assistenza del

325 Mastro D. Giovanni Pigadaci, cossì pure liquidato lo stato di detta Città di Venosa, come sopra descritta, e confinata, la di- spositione del suo sito, et aere, distanza da questa Città di Napoli, ed’ altre Terre convicine essa, qualità, e quantità de suoi territorij, numero di fuochi, e vassallaggio, portolania, zecca, peso, e misura con tutte l’altre sue raggioni che competono al Padrone, in virtù di suoi privilegij, e scritture, e potriano anco competere per antica consuetudine confe è stata posseduta dal- l’antichi Padroni, et al presente si possiede, havendo anco consideratione all’habitatione del Castello, ch’è in detta Città per commodità del Padrone, havuto anco mira all’annue ac- commodationi per conservatione di detto Castello, et alle spe- se annuali per mantenimento delli corpi, custodia, delle dife- se, come si è costumato per il passato, provisione del Castellano, esatione, et altre, che alla giornata occorrono, e possono occorrere per le quali cose tutte non si deduce cosa nessuna dal prezzo liquidando, cossì pure havuto mira, che ancorche il Padrone di detta Città tiene la giurisdittione con la cognitione delle prime, seconde, e terze cause civili, criminali, e miste, colli privilegij del Gran Capitano, banco di giustitia, mero, e misto imperio con gladij potestate, e quattro lettere arbitarie, con facultà di poter componere li delitti, e commutare la pena corporale in pecu- niaria, concordata prima la parte offesa, tuttavolta la detta giurisdittione dall’hodierno Illustre Principe di Venosa è sta- ta alienata a beneficio di Stefano di Vietri, e per la facoltà, che dall’Illustre Principe si concede al nuovo Padrone, di poterse- la ricomprare, e reintegrare per quello prezzo, che si potrà convenire con detto de Vietri, il nuovo compratore haverà da pagare grossa somma cossì al detto Illustre Principe il Ius, che si cederà di ricomprare, e reintegrare detta giurisdittione come al detto de Vietri per retrocederla, com’anco havuto mi-

326 ra, che dà me s’aprezza la detta Città di Venosa per la tenuta tantum, e non a tutta passata, con facultà a detto Illustre Principe di potersela ricomprare quandocumque, elassi però anni dieci, iuxta la supplica data a Sua Maestà, Dio gratia, et ha- vuto anco mira alla dispositione del primo tempo, et a tutto quel- lo, che de iure si deve vedere, e considerare apprezzo dette re- stanti annue entrade feudali in summa di docati ottocento trentatrè, che restano dedotti li detti due pesi d’annui docati no- vantadue tarì 3.4 alla raggione di docati tre, e tre quarti per cen- to, importa il loro capitale, prezzo, e valore docati ventimila, du- cento trentatre tarì 1.155/9 abbattuto, e compreso in detto prez- zo il detto Castello feudale docati______22233. 1.155/9 Con dechiaratione che il nuovo compratore non possa, nè debbia pretendere dedittione di sesta dal detto prezzo di do- cati 22233.1.155/9 ma quello lo dovrà pagare per intiero, e questo per haver havuto mira, che la detta Città di Venosa è sta- ta da me apprezzata per la tenuta tantum, e non a tutta passata, con facultà al detto Illuste Principe di potersela ricomprare, ed esercitare il patto de retrovendendo quandocumque elassi detti anni dieci. Sieguono li corpi burgensatici che detta Principal Corte possiede in detta Città di Venosa. In più possiede la detta Principal Corte in burgensatici un’ ter- ritorio nominato la difesa della Caccia distante dalla Città predetta miglia cinque in circa, verso Levante macchioso con cerque, e cerri, quale tiene di circuito miglia due in circa con- fina con il bosco di Lavello, con il demanio di Venosa, et altri confini, sopra del quale corpo vi è un cenzo reddititio alla Religgione di Malta, seù alla sua commenda in detta Città d’annui docati cento, e dieci, l’affitto di essa l’anno 1691______110

327 1692______115 1693______120 1694______100 1695______120 1696______120 Che uniti detti sei anni importano______685 Che coacerbati li sudetti anni sei viene per ciasced’un’anno do- cati______114.162/3 Di più possiede detta Principal Corte in burgensatico un’ altro territorio detto l’isca della Tramontana, seù delli Lazzari distante dalla detta Città da un miglio in circa confina colla strada, che và a Lavello, colle molina di Venosa, e colli beni, che furono del quondam Valerio Sperandeo, et altri confini di capacità di moia sette in circa aratorio, e seminatorio, sopra del quale vi è il peso dell’annuo canone di carlini diecisette redditij all’Abbadia di S. Maria in Elice, s’affitta ogn’anno per______8. 3. 62/3 Di più possiede detta Principal Corte un’ altro territorio detto la difesa di Notar Chirico distante dalla detta Città miglia tre in circa per la strada, che si và a Spinazzola, detta li Castellani, confina da più parte con li demanij della Città di Venosa, e con la fiumara, quale difesa tiene di circuito da miglia sei incirca, et è per uso di pascolo s’affitta d’essa l’anno 1691______273 1692______280 1693______192. 2. 3 1694______255 1695______280 1696______280 Che uniti detti sei anni______1560. 2. 3 Che coacerbati per detti sei anni importano ogn’anno doca- ti______280. 71/6

328 Di più la detta Principal Corte possiede un’ altro territorio det- to la difesa di Messere, con il Toppo della Viola quale difesa è per uso, e servitio di pascoli, distante dalla detta Città da due miglia, e mezzo in circa per la strada, che si và a Lavello, con- fina da un’ lato con il territorio detto la Corpea della Santissima Trinità, dall’altro lato con la via di Brirano, e dall’altri lati con la fiumara, e con il tratturo, e detta difesa è distante da 50 pas- si dalla difesa della Caccia, l’affitto di essa difesa di Messere l’an- no 1691______251 1692______250 1693______250 1694______270 1695______260 1696______270 Che uniti li detti sei anni importano______1551 Che coacerbati li sei anni sudetti importano ogn’anno doca- ti______258. 2.10 Di più la detta Principal Corte possiede in burgensatico la mettà del forno, sito dentro detta Città, atteso l’altra mettà spet- ta al Monasterio di S. Francesco delli Reverendi Padri Conventuali, e sopra detta mettà, che possiede la Principal Corte, vi è uno cenzo d’annui carlini sette, reddititio al Convento di Santo Agostino, l’affitto della quale mettà di esso forno l’anno 1691______21 1692______21 1693______26 1694______26. 2. 10 1695______31 1696______31 Che uniti li detti sei anni importano______156. 2.10

329 Che coacerbati per li sei anni sudetti importano ogn’anno do- cati______26. 8 1/3 Di più la detta Università corrisponde alla detta Principal Corte annui docati 369 per l’istromentarij, e per altre cause, co- me dalla fede della medesima Università, la quale si porta in debito li docati 369 annui, cioè docati sessanta per la portola- nia, quali da me si sono portati fra li corpi feudali, e li restan- ti 309 li pagano l’istromentarij, e per altre cause______309 Importa in tutto la rendita delle sudette sei partite di corpi bur- gensatici annui docati novecento settantaquattro tarì 2.8 5/6______974. 2. 85/6 Dalli quali docati 974.2.85/6 se nè deducono l’infrascritti pesi, che si pagano ogn’anno alli sottoscritti cioè. Alla Commenda della Religgione di Malta per causa di cenzo sopra la difesa della Caccia annui______110 Al Convento di Santo Agostino di detta Città per cenzo sopra la mettà del forno annui______3.10 Alla Abbadia di S. Maria in Elice annui______1. 3.10 Al Conservatorio dell’Orfanelli di Venosa, sotto titolo di S. Carlo per il vitto quotidiano annui______128 Al Cappellano di detto Conservatorio annui______36 Al Convento de Cappuccini di detta Città annui______20 Al Convento di Santa Maria della Pace de Padri Minori Osservanti di S. Francesco annui______20 E per le rate delli docati 60 che si pagano ogn’anno alla Regia Dohana di Foggia per transattione delle sudette tre difese bur- gensatiche, e di quelle del Monte, ch’è feudale importano la ra- ta di docati 76.4.14 atteso l’altri docati 13.00.6 si sono posti fra li pesi delli corpi feudali per la difesa del Monte_____46. 4.14 Importano in tutto detti pesi burgensatici annui_____361. 1.14 Li quali docati 361.1.14 di pesi dedotti dalli detti docati 974.2.

330 8 5/6 rendita effettiva delli sudetti corpi burgensatici restano in tutto______613.00.145/6 Quale rendita di docati 613.00.145/6, che rimangono dedotti li sudetti pesi, e che pervengono dalli soprascritti corpi burgen- satici della detta Città di Venosa liquidati, come mi è costato per fede fatta dalle medesime persone del governo di detta Città, similmente il tutto liquidato coll’assistenza del Maestro D. Giovanni Pigadaci, havuto mira alla qualità delli detti corpi, e lor’annue rendite, come anco fatta consideratione a tutto quel- lo, che da me si è considerato nel dar il prezzo alli corpi feudali, come di sopra descritti, havuto mira alla dispositione del pre- sente tempo, ed a tutto quello, che de iure si deve vedere, e con- siderare, apprezzo le dette restanti annue entrade in summa di docati 613.00.145/6 dedotti l’annui pesi, ut supra descritti, e fran- chi, e liberi da qualsiasi altro peso alla raggione di sei per cento importa il loro capitale, prezzo, e valore docati diecimi- la ducento diecinove, e grana 138/9, con restar a carico del nuo- vo compratore di pagare, e corrispondere li sudetti annui pe- si, con dechiaratione, che non si possa, nè debbia pretendere de- duttione di sesta, come si è detto nel dar prezzo alli corpi feu- dali dico docati diecimila ducento diecinove, e grana 13 8/9______10219.00.138/9 Collettiva Il prezzo della tenuta delli corpi feudali, senza deduttione di sesta, e con il patto de retrovendendo, elassi dieci anni, e col- la giurisdittione alienata importano docati ventiduemila ducento treantatre tarì 1.15 5/6 coll’annui pesi a carico del comprato- re______22233. 1.15 5/6 Il prezzo della tenuta delli corpi burgensatici, senza deduttio- ne di sesta, e con il patto de retrovendendo elassi dieci anni im- portano docati diecimila ducento, e diecinove, e grana 13 8/9

331 coll’annui pesi a carico del compratore______10219.00.138/9 Importa in tutto il prezzo di detta Città di Venosa docati tren- taduemila quattrocento cinquantadue tarì 2. 913/18______32452. 2. 913/18

Questo è quanto posso, e devo a Vostra Signoria, al di cui saggio, e pru- dente giuditio rimettendomi li 6 .1.m Napoli 6 Marzo 1696

332 Documento n. 9

1713, 28 Settembre

Apprezzo della Città di Venosa redatto il 28 Settembre 1713 da Giuseppe di Gennaro, primario del Sacro Regio Consiglio

ASN, ACT, Fasc. 192 Inc. 16

Copia Die vigesima octava mensis Settembris millesimo septingesimo deci- mo terzio copia per Magnificum D. Ioseph de Lanuario Primarius Sacro Regio Consiglio. Al Regio Consigliero Signor D. Domenico Fiorillo Commissario. Stimò giusto il Sacro Regio Consiglio a relatione di Vostra Signoria interponere decreto a 28 settembre del passato 1712, che si fusse fatto l’apprezzo della Città di Conza, e Venosa per potersi poi procedere alla vendite di quelle, e con altro decreto anco a relatione di Vostra Signoria sotto li 27 Ottobre fù da- ta a me la sorte di starla servendo, come Primario del Sacro Consiglio per fare col suo intervento l’ordinati apprezzi, come il tutto dal foglio 127 e 128 a tergo del Processo Intitolato Processus quinti voluminis creditorum, ac Magnificis Curatoris Patrimoniorum quondam Illustrum Principum Plumbini, et Venusij cum Illustre Principe Teora D. Francesco Maria Mirella Commissarius Cause Regius Consiliarius D. Domenicus Florillus, alle Banche delli magnifici Morvillo, Formicola, Custoli, e Palermo presso lo scri- vano Ceraso. In esecutione del sudetto decreto fatto la requisitoria fol. 129, e notificatasi alle parti fol. 141 presso la degnissima Persona di Vostra Signoria mi portai nella Città di Venosa coll’intervento delli Magnifici Ferrante Cammarota Curatore del Patrimonio, D. Antonio Guglielmino Deputato Filippo Posano, Cesare Boschi, e Giuseppe di Roma nelli nomi co- me dagl’atti e gli Magnifici D. Antonio Vitman Avvocato, e Ferdinando Corcione Procuratore dell’Illustre Principe della Torella. E dovendo procedere alla de-

333 scrittione ed apprezzo di detta Città di Venosa per maggior chiarezza divi- do questa mia relatione in più capitoli come siegue.

Capitolo I

In cui si descrive la Città di Venosa, suo sito, abitanti, Chiese, Conventi, e confini

La Città sudetta stà sita, e posta nella Provincia di Basilicata distante da questa fedelissima Città miglia 115; per la via carrozzabile della strada nuova di Puglia per Avellino, Ariano, Ponte di Bovino, ed Ascoli passandosi il fiume Ofanto, e per la strada vecchia di Calitri, Ponteromito, e più volte passandosi l’Ofanto miglia 94, strada comoda a cavallo, ed a piedi, et anche con il galesso di primavera ed estate, ma d’inverno per essere quel camino montuoso, e scosceso si rende assai incomoda, distante dalla Città di Matera, ove risiede l’Audienza Provinciale miglia 42, e da Melfi miglia 8, da Rapolla miglia 6, dalla Città di Lavello miglia 5, da Forenza miglia 8, da Palazzo miglia 8, dal Casale di Maschito miglia 4 da Ripacandida miglia 6, da Spinazzola miglia 12 dalla Città d’Ascoli miglia 18, e dalla Citta di Foggia miglia 36. Stà detta Città situata in piana, e spatiosa campagna in certa altezza, a cui s’impiana con agevole salita di larga, e spatiosa strada, scoprendosene la bella sua veduta poco men che un miglio distante. Viene circondata da due valloni naturali da Settentrione, e Mezzogiorno, e da Levante, e Ponente, ri- trovasi aperta senza difesa, essendo stato dal tempo, e sue vicende buttate a terra quelle mura, e bastioni, che anticamente la custodivano, come lo at- testano le poche reliquie di fabrica, che da parte in parte in piedi si osservano, ed attaccavano col nobile Castello, e Palaggio Baronale. Nell’entrare in detta Città ritrovasi Porta con recinto di fabrica in for- ma di ritirata alla seconda Porta, che da quella a questa s’entra, ed in que- sto recinto vi è fontana d’acqua perenne, che ne tempi estivi pure sempre flui-

334 sce, ivi condottasi da due miglia in circa distante per acquedotto coverto, co- sì per questa, come per l’altra fontana situata più dentro la Città; tiene det- ta fonte pila grande di pietra, con due leoni della pietra medema, e da det- ta Piazzetta entratosi nella seconda Porta altra Piazza assai spaziosa si tro- va a sinistra d’essa sono moltissime botteghe per comodità de cittadini, e fo- restieri, e da essa Piazza principiano più strade, ma la principale, e maestra è quella, che da questo nobile largo conduce sino all’altra Porta, chiamata della Santissima Trinità, quasi nel mezzo di essa strada, ove dicesi la Piazzetta, e molte botteghe ritrovasi, stà fontana d’acqua perenne condot- ta per l’acquedotto coverto di già accennato di sopra; dalla Piazza sudetta s’entra in altra strada maestra, e benche pure carozzabile non giunge però come l’altra sin all’altra Porta, e tutte l’altre strade minori, e vicoli hanno a queste due l’ingresso, è detta Città di figura bislunga terminata da due Porte, e da quella del Castello o sia Palaggio Baronale, sino all’altra detta della Santissima Trinità vi sono due terzi di miglio in circa, che è la strada descritta. Sono l’abitationi formate di primo, e secondo ordine, e molte anche col terzo tutte di pietre vive coverte al generale con cavalli di creta di mediocre architettura, e molte palatiate con balconi, e balaustre di ferro, ed alcune con facciate d’intonico, e colorito, ed all’incontro molte dirute per la mancanza de cittadini, sono esposte a tutti gl’aspetti, ma la maggior parte el più no- bile verso Mezzogiorno, ma o l’acque che vi stagnano ne j valloni descritti, che detta Città circondano, o che j venti salutiferi poco ci spirano è l’aria più tosto cattiva, che buona, conoscendosi non meno da j pochi vecchi, che in quella ritrovansi, che dal cattivo colore di quasi che tutta la gente bassa, ab- bondante d’acqua cosi della di sopra descritta che viene per acquedotti, co- me d’altre sorgive in poca distanza. Nell’ultima numeratione fù portata per fuochi 473, che da tempo in tem- po fù disgravata da quel numero di quindicimila, che anticamente la com- ponevano, ed al presente il numero dell’anime è 2914, come dalle fedi de Parrochi presentate in actis dal fol. 24, sino al fol. 29. Viene detta Città abitata da molti gentil’huomini che vivono d’entrade,

335 e tra essi in circa da dodici facoltosi, e molte persone civili, come sono Dottori, Medici, Notarj, Giudici a contratto, molti Spetiali, Fondachieri, ed Artisti, el resto bracciali, che vivono alla giornata. Vestono le persone civili di panni fini, e sete, con sciamberghe, e cap- potti di scarlato all’uso di Napoli, e della medema forma vestono le lor don- ne, e le maestranze basse, e persone ordinarie di panno, ed all’uso della Provincia; le donne civili che vivono di entrate sono assai ritirate, e le ordinarie vivo- no chi con la coltura de territorij, e de campi, ed altre in casa all’esercitij don- neschi di cuscire, tessere, e filare, vivono le persone civili con carne di pol- li, selvaggine, e caccia, e qualche volta di vacca d’ova, e pesce quando ne vie- ne, e l’ordinarie con carne di castrato, ed agnello, salumi, e legumi. Dormono i benestanti sopra matarazzi di lana, ed j poveri, e miserabi- li sopra matarazzi di lana caprina, e pagliaricci. Per servitio di detti cittadini sono nella Piazza avanti il Castello, e nel- la Piazzetta, quasi nel mezzo della Città molte botteghe, cosi lorde, come di bucciaria, e di verdumani, oltre tre spetiarie di medicine cinque mercanti di panni, drappi, zucchari, ed altre drogharie, tre barbieri, che tengono botte- gha con lavoraranti, tre Scarpari, e cinque Ferrari; vi sono parimente quat- tro forni, dove tutti hanno obligo mandar a cuocere il loro pane, vi sono di- ciotto botteghe di creta bianca, e rustica provedendosene da detta Città tut- ti gli luoghi convicini, vi sono cinque trappeti d’oglio, e sei molini in atto ma- cinati, che sono di particolari diversi. Per servizio di detta Città vi sono tre Raccoglitrici, e quattro Medici di essi stipendiati dalla medema Università, due a ragione di docati 190 per cia- scuno, e l’altro in docati quaranta, vi sono molti Fabricatori, Falegnami e tut- te, e tutte altre arte utili, e necessarie al comodo de cittadini. Governasi detta Città da un Mastro Giurato, quattro eletti, ed un Sindico l’elettione de quali si fà per publico parlamento ne mese di Agosto nominandosi dal governo vecchio, e parlamento otto eletti, il Mastro Giurato, e Sindico, e dei nominati eligge, e confirma il Barone chi vuole. Vivono per gabelle pagandosi carlini cinque per tomolo di farina, e per

336 quello mi riferirono vuole affittarsi docati seimila in circa l’anno, con quel frutto pagano j pesi fiscalarij, ed altre spese dell’Università. Per servitio di detti cittadini sono cosi dentro, come fuori di detta Città molti animali, cosi cavalli di sella, come giumente, muli, e somarre, vi sono due carozze da dieci galesse, e buon numero di vaticali, oltre le razze in campagna, ed altresi bovi, vacche, pecore, capre, porci per servitio, e co- modo, ed industrie de cittadini havendomi riferito che prima della morta- lità seguita delle vaccine ve n’erano da 5 mila in circa per industria de be- nestanti del luogo, sono le sue campagne fertili, ed abbondanti di grano, or- gio fave, buoni ceci, ed ogni altra sorte di vettovaglia, frutti, vino, e quan- tità d’ogli, e di ottimi pascoli per esser quelle campagne abbondanti d’ac- que, e tanto dalla Porta del Castello, quanto da quella della Santissima Trinità sono comode, e delitiose l’uscita per esser tutte carrozzabili, piane, con vedute di amene campagne, e comode ancora per la vicinanza di tutte sorte di caccie benche le più nobili siano riserbate al Barone. Si fà in detta Città nella larga, e spatiosa campagna fuori la Porta del- la Santissima Trinità la fiera grande, che principia il Sabato Santo di Pentecoste per tutto il giorno del Corpus Domini in cui concorrono moltis- simi Mercanti forastieri a comprare, a vendere moltissimi generi mercanti- li, e tutte sorti d’animali di cui è l’incetta maggiore della fiera sudetta. Altra fiera chiamata la fiera piccola parimente in detto luogo si fà, e principia dal- la vigila di Nosata dico di Nostra Signora dell’Assunta, e dura per 8 giorni. Rende preggevole la Città sudetta non solo l’esser padria del fù magnifico Cardinal de Luca, ma j legati che questi ha lasciato in beneficio della sua pa- dria, poiche avendo formato grosso capitale posto in compra con j Banche di Roma, ne ordinò l’amministratione a quattro cittadini due Ecclesiastici, che fussero del corpo del Capitolo, e due Laici da eliggersi dall’Università, disponendo, che questi avessero dovuto somministrare a chiunque andato fusse a studiare in Napoli docati quattro il mese, ed in Roma scudi sei del- la romana moneta. Ordinò parimente che alla povere figlie de bracciali che per loro maritaggio soccorso domandato avessero, ve li fussero dati do-

337 cati venti, alle figlie d’artisti poveri docati trenta, e se povera stata fusse qual- che gentildonna, se li fusse data somma maggiore proportionata alla sua qua- lità, ordinò parimente un Monte Frumentario di carra cento trenta di gra- no, affinche tutti i poveri, che non avessero avuto grano per seminare, det- to Monte loro somministrato l’havesse senz’altro obligo, che di restituire l’i- stessa quantità del grano ricevuto col solo uno stoppello, di più, che sono tre misure per tomolo, stante il computo fatto si che le sudette tre misure, servivano per il pagamento di quelli operaij, che governavano, consignavano, e ricever dovevano l’improntati grani, con tutte l’altre spese, che forse per detto Monte Frumentario occorer poteano.

Per quello spetta allo Spirituale

Viene la Città di Venosa decorata dal Vescovo di quella Soffraganio al- la Metropoli di Matera, stendendovi di quella la Diocese in Venosa, Spinazzola, Forenza, e Maschito, con rendita d’annui docati 1500 in circa ha- vendo il Vescovo comoda habitatione vicina la Chiesa Arcivescovale, che vie- ne servita da ventiquattro Canonici con rendita di annui docati 70 in circa, quattro de quali sono dignità Archidiacono, Arciprete, Cantore, e Primicenio, a quali portano l’insegne d’armellino, el resto de Reverendi Canonici con l’in- segne violate, sonovi parimenti per servizio di detta Chiesa venti Cappellani Prebendati, sei Diaconi, e Subdiaconi, e venti Clerici oltre quelli che assistono alle Parrocchie, et altri Sacerdoti, che tra tutti saranno da cento in circa. In detta Chiesa Madre vi è la Confraternita del Santissimo, che assiste nel darvi il Santissimo Viatico, e cosi questa, come tutte l’altre, che si de- scriveranno assistono nelle processioni che in detta Città si fanno. Ritrovasi detta Vescovil Chiesa verso la Porta della Santissima Trinità dedicata al glorioso apostolo S. Andrea, è Chiesa grande a tre navi, cover- ta a tetti divisa con archi, e pilastri di pietre di taglio di lavor greco, s’entra in essa cosi dalla porta maggiore come da un’altra più piccola, ed in ambe ritrovasi spatioso atrio, a sinistra, e destra della medema sono più altari, e

338 Cappelle, con quadri di non cattiva pittura, e sonovi molti Ius Padronati de particolari cittadini. In testa delle due navi minori ritrovasi scala della me- dema pietra, per cui si cala al succorpo coverto a lamia, che posa sopra pi- lastri et archi di fabrica in esso quasi nel mezzo ritrovasi altare con cona di mediocre pittura dedicato al glorioso S. Carlo. In testa della nave maggio- re si ritrova altare grande con magnifica custodia di legno dorato, ove di con- tinuo si conserva il Santissimo Sacramento, e con decenti lumi, dietro il su- detto altare, vi è il coro di figura circolare, con sedili, e prospere di legname intagliato; dalla parte del corno dell’epistola ritrovasi la canonica Cappella nuovamente formata, coverta con scodella di fabrica, con sedili, e prospe- re di legno, dove officiano i Reverendi Canonici. Nel pilastro dell’altare mag- giore nel medemo lato ritrovasi piccolo altare, dove molte reliquie insigni si conservano, e tra esse un pezzo della Santissima Croce, due spine, con un pezzetto del giro della corona di Nostro Signore, un deto di S. Andrea, due pezzi d’osso di S. Bartolomeo, ed altre reliquie insigni. Sono in detta Chiesa e trono vescovile, la fonte battesimale, pulpito, ed organo a più registri, e del corno dell’evangelo si entra nella sacrestia con- sistente, in una stanza coverta a lamia all’uso consueto, ed in essa conser- vasi decenti apparati secondo l’uso della Santa Romana Chiesa Cattolica so- novi dei calici con piedi di ottone dorati, due pissidi, sfera, croce, incentie- ro, navetta, secchia, ed aspersorio d’argento; un bacile, bocale, la pace, quattro piccoli candelieri, una bogia, ed un calice tutto d’argento lasciato dal- l’eminentissimo di Luca in legato a detta Chiesa, come parimente lasciolli trenta sferze per l’apparato della Chiesa, oltre dieciotto per il pergamo ed organo, ed altre ventisei per le colonne, con tredici pianete, due cappe, e due tonacelle. Escendo dalla porta piccola della Chiesa sudetta a costo ritrovasi il cam- panile di due ordini non compito, ove sono cinque campane, e nel pilastro di quello in un antichissima lapide ritrovasi la seguente iscritione Lucellianorum Prole Romana vel Restitutianus V. P e con RR Apulie, et Calabrie in hono- rem splentita Civitatis venusiorum consecravit.

339 Oltre della sudetta Chiesa Madre vi sono altre sei Chiese Parrocchiali, una sotto il titolo di S. Maria del Palangano al presente diruta, altra sotto il titolo di S. Biaso, altra S.S. Cosmo, e Damiano, altra S. Pietro, altra S. Nicola, ed altra sotto il titolo di S. Martino, quali tutte vengono servite da loro Parrochi, e Clerici per l’amministratione de sacramenti a cittadini del loro distretto, e sono tutte al generale coverte a tetti con competenti apparati per uso de sacrificij secondo l’uso della Santa Romana Chiesa. Nella strada maestra di detta Città ritrovasi il Monastero di clausura di donne Monache sotto il titolo di S. Benedetto (…Chiesa d’una nave con due Cappelle) in cui al presente vi sono novanta quattro Monache velate, sedi- ci educande, oltre le serve. Accosto a detto Monastero ritrovasi la Chiesa de- dicata a S. Benedetto, è Chiesa d’una nave con sue Cappelle, e coro superiore incontro l’altare maggiore da dove ascoltano il S. Sacrificio con competen- ti apparati per uso de medemi. Governasi detto Monasterio da una Abbadessa, e Vicaria, ed è il più nu- meroso dell’altri. Altro Monasterio parimente di clausura di donne Monache si ritrova sot- to il titolo di S. Maria della Scala dell’ordine di S. Bernardo in cui vi sono tren- ta due Monache professe dieci educande, e tre serve, governasi dalla Madre Abbadessa, e Vicaria, è la Chiesa di mediocre grandezza, coverta a tetti so- pra tavole, ed oltre l’altare maggiore vi sono dall’una, e dall’altra parte mol- te Cappelle colla sacrestia, e competenti apparati. Nella sudetta strada maestra poco prima della Piazzetta ritrovasi il Convento de Padri Domenicani, con la lor Chiesa consistente in una nave grande co- verta a tetti con tempiatura dipinta, con due porte, ed all’incontro alla grande vi è l’altare maggiore dove si conserva il Venerabile con decenti lu- mi, e dall’altra parte, e dall’altra di detta Chiesa sonovi più Cappelle guar- nite con cone parte di stucco parte di legno, dietro l’altare maggiore vi è il coro da cui s’entra nella sacrestia, in cui si conservano decenti apparati per i Santi Sacrificij, accosto detta Chiesa ritrovasi il chiostro non compito, ed a sinistra del braccio di esso chiostro si trova il capitolo con suoi sedili, e pro-

340 spere di legno, e nel medemo piano le comodità di cucina, e refettorio, e dal sudetto chiostro con tre tese si ascende al dormitorio dove sono otto celle, ed al presente di Reverendi Padri proseguono la fabrica del Convento; in es- so vi è campanile di tre ordini, e due campane, e viene detto Monastero ser- vito dal suo Priore, tre Sacerdoti, e tre Laici. Ritrovasi parimente il Convento di minori conventuali di S. Francesco della Scarpa, che hanno la lor Chiesa d’una nave coverta a tetti, con tempiatura di legname, con otto Cappelle dall’una e dall’altra parte, con cone di stuc- co, e guadri di mediocre pittura, in testa ritrovasi l’altare maggiore con cu- stodia di legno dorata, e dietro di essa vi è il coro con spalliere, e sedini di legname intagliati, e sopra l’altare vi è cona antica dorata sopra la porta mag- giore vi è altro coro per la notte, con organo, e pulpito, si entra in detta Chiesa per due porte, tiene il Convento, chiostro, officina, e dormitorio, bastante vie- ne servito dal Padre Guardiano con altri cinque Sacerdoti, e sei Laici. Vi è parimente il Convento, e Chiesa de Padri Minori osservanti sot- to il titolo di S. Maria della Pace, di mediocre fabrica, e bastante abitatio- ne, e vien servita dal suo Padre Guardiano, con quattro Sacerdoti, e quat- tro Laici. Nella medema ritrovasi ancora accosto alla Porta della Santissima Trinità il Convento, e Chiesa de Padri Agostiniani consistente in una nave piccola con pochi altari in testa una Cappella dedicata a Nostra Signora della Libera, è detta Chiesa coverta a tetti a costoni è il chiostro con bastanti comodità per li religiosi, e viene servito dal Padre Priore due Sacerdoti, e due Laici. Fuori della Città predetta uscendo dalla Porta della Santissima Trinità passato lo spatioso largo dove si fà la fiera, ritrovasi la Chiesa della Santissima Trinità consistente in tre navi divise con pilastri, et archi di pie- tra di taglio all’antica, e prima di entrare in quella ritrovasi l’atrio coverto a lamia da cui con poche grade si cala alla sudetta Chiesa in testa della qua- le stà l’altare maggiore, e dietro il suo coro con suoi sedili di legname, con una cona di legname indorato, e nel corno del evangelo altra Cappella con cona parimenti di legname, con pilastri colonne, cimmose, e frontespitio tut-

341 to dorato, in cui si conservano quattro corpi Santi, cioè S. Nominata, che fù madre dei Santi Senatore, Cassidoro, e Viatore suoi figli; vi è parimente il cor- po di S. Attanasio, e in detta Chiesa vedesi il tumolo della Regina Bianca, e nella sacrestia si conservano gl’apparati decenti per uso dei santi sacrificij, da dietro detto altare maggiore, con poche grade si sale alla famosa princi- piata, e non compita Chiesa, al presente per uso d’ortolitio, ed in essa vedonsi colonne di smisurata grandezza, con capitelli, e base di pietra di taglio commesse, designata la Chiesa sudetta in forma di croce greca, con molti nic- chi, e principiate Cappelle, di antica, ma capricciosissima architettura. È detta Chiesa commenda della Religion di Malta che prima fù de Padri Benedettini, viene servita dal Priore con sei fra Serventi di Malta, due Sacerdoti, e tre Clerici, che in tutto sono dodoci, e la mattina sogliono in det- ta Chiesa officiare, è detta commenda assai ricca, e dentra la Città tiene co- moda, e decente abitatione, con molti magazeni, tenendo ancora moltissi- mi privilegij il Baliaggio sudetto. Distante un miglio, e mezzo in circa da detta Chiesa vi è la Cappella sot- to il titolo di S. Maria Mistrena, grancia dell’Abbadia di S. Maria in Elice che da di rendita docati centosessanta in circa. Fuori di detta Città dalla parte della Porta del Castello da un quarto di miglio in circa ritrovasi il Convento de Padri Cappuccini sotto il titolo di S. Sebastiano a cui si và per strada piana, e commoda, e la Chiesa consiste in una piccola nave, coverta a lamia in testa ha il suo altare maggiore con cu- stodia, e cona grande di Nostra Signora dell’Assunta, sono dall’uno, e l’al- tro lato altre Cappelle, tiene coro, e sacrestia oltre gl’apparati per j santi sa- crificij conservandovi, accosto a detta Chiesa è il Convento con chiostro, cor- ridori, stanze, officine, refettorio, sopra dormitorio capace per dieci religiosi, viene servita dal suo Padre Guardiano, tre Sacerdoti, due Clerici, e cinque Laici. Dentro della Chiesa, nella Piazza, e largo grande avanti il Castello al- tra Chiesa nuovamente costrutta ritrovasi sotto il titolo del Monte de Morti, consiste in una nave, e lamia a basso coverta, in testa vi è solo l’altare mag-

342 giore con quadro rappresentante il Glorioso S. Filippo Neri orante avanti la Regina del Cielo per l’anime del Purgatorio, vi è cona di stucco rilevata con quattro colonne due alla Salomone, e due liscie con suoi ornamenti, di frontispitio, e cornicione, in detta Chiesa stà eretta la Confraternità de Morti, e j fratelli di quella intervengono alle processioni, e seppelliscono tut- te le persone povere di detta Città. Sonovi oltre delli predetti Monasterij, Conventi, e Chiese, molt’altre pic- cole Cappelle, e Confraternita della Libera, altra della Madonna della Scala, altra della Madonna di Costantinopoli, altra di S. Sebastiano, e la sudetta de Morti, e del Santissimo, che in tutte le processioni con insegne diverse e lo- ro precedenze assistono. Gli territorij della Città dico della Città di Venosa confinano con le Città e terre seguenti, cioè la Città di Rapolla, con le terre di Ripacandida, e Ginestra, col Casale di Maschito, colle quali secondo la fede dell’Università stassi ad acqua, ed erba commune, confina parimente con la terra di Palazzo, Spinazzola, Lavello, Montemilone, e difese di Monsignor di Melfi dette di Gaudianello. Havendo il Mastro Curatore, e Creditori del patrimonio presentato a Vostra Signoria comparsa in cui domandarono, che le Università di Venosa, Ripacandida, e Palazzo havessero fatto l’elettione di quattro esperti per di- mostrare i confini, ed essendosi da Vostra Signoria ordinato, che il Mastro Curatore dell’Illustre Principe della Torella dato havesse nota dei sospetti, havendo questi replicato non averne, interpose decreto per detta nomina ut fol. 30 a tergo, et 31. In esecutione del qual decreto eliggè l’Università di Venosa per suo esper- ti li sottoscritti, ut in fol. 32 Giovanni Bilanzone Domenico Lifrusci Marco d’Andrea Angiolo Antonio Monaco Per esperti della Terra di Ripacandida, furono nominati, ut in

343 fol. 34 Francesco Franciullo Domenico Tegno Giovanni Battista Gioiosa Lonardo Coluccio Per esperti della Terra di Palazzo furono nominati ut in fol. 85 Antonio Pagano Giuseppe Lacci Domenico La Saponara Antonio d’Anziero E per quello, che j sudetti mi dissero, dimostrarono, e designarono j con- fini della sudetta Città di Venosa sono li seguenti. Principiando j suoi confini dalla parte superiore confina colla Città di Rapolla, e suo territorio nel luogo detto la Stratella, e per il medemo confi- ne detto la Stratella confina colle Terre di Ripacandida, e Ginestra, e si stende sino al fiume detto la Pellosa detto il valco di Pinocchione, e secon- do la fede dell’Università colla sudetta Città, e Terre vi stà ad acqua, ed er- ba commune: da detto valco di Pinacchione tirasi per detto vallone dalla par- te di sopra e gira per la fontana detta di Cannito, dalla qual fontana confi- na la terra di Maschito che prima era Casale di Venosa, con chi attenta la su- detta enunciata fede dell’Università stassi parimente ad acqua ed erba commune, da detta fontana di Cannito gira il confine per il Toppo d’Acquara, da dove scende al Vallone del Ponticello e strada tra mezzo con detta terra di Maschito, dal detto Ponticello gira il confine Vallone sino alla Fiumara giun- ge alle grotti di Novazzo, da dette Grotti gira acqua acqua, e giunge sino al Valco dei Castellani, e confina colla terra del Palazzo, dal vallone delle Castellane strada publica mediante che và a Spinazzola, e Palazzo, e giun- ge detto confine sin ad un antico muro vicino il molino del Palazzo, da det- to muro antico scende il confine a man sinistra acqua acqua dalla parte di sotto, e giunge sino al valco detto il Laviello confinante colla terra sudetta del Palazzo, da detto valco di Laviello saglie il confine a dirittura vallone val-

344 lone a man sinistra sino al confine di S. Lucia territorio di Spinazzola, ed esce al tratturo regio di detta terra di Spinazzola, qual tratturo anche confina col- la terra di Montemilone: da detto trattuto il confine scende orlo orlo a bas- so del bosco di Monte Milone e scende al Valco detto la Marena, il quale con- fine di Montemilone, dal valco della Marena la confina volta ad alto orlo or- lo il bosco di Montemilone e giunge vicino al Lago di tre confine, e confina ancora da detto Lago colle difese di Monsignor di Melfi detto, Gaudanello. Da detta difesa di Gaudanello scende il confine a man sinistra acqua acqua sino al molino rotto di Lampisciano da dove confina colla Città di Laviello e colla difesa di Monsignor di Melfi in mezzo de quali entra una lingua di territorio detto la Correa, confina, e termina sino alla Madonna di Ripalda, da detto Molino Rottosaglie, il confine a dirittura ad alto del Bosco della Città di Lavello, ed esce al pozzo di tre vada, dal qual pozzo vallone vallone esce al tratturo regio di Lavello: da detto tratturo il confine se ne cala alle due ac- que della Rendina, e dalle due acque se ne saglie ad un vallone detto Acqua Rossa, tenimento di Rapolla, da detta Acqua Rossa se ne saglie alla stradetta, da dove s’è principiata la descrittione de sudetti confini. Qual descrittione de confini è da me notata, e descritta attento e secondo quello che gl’esperti di sopra nominati dissero, e secondo la fede dell’Università fol. 10

…In primis possiede la Principal Corte il Palazzo Baronale, che è in for- ma di Castello di figura quadra, sito, e posto nell’entrato di detta Città a de- stra della Piazza grande descritta, doppo la prima, e seconda Porta; è quel- lo di figura quadra terminato da quattro grosse torri, con bastioni, e riviglioni, che del Castello sudetto le cortine difendono, circondato da largo, e profon- do fosso murato intorno; che per esser le torri, e j loro merli consimli s’ar- chittitura a quella del Castel Nuovo di questa Città, parche abbia con que- sti qualche rassomiglianza. Entrosi in esso dalla Piazza sudetta per ponte di fabrica e legname a le- vatoro, dove è porta intagliata di pietra forte, sopra la quale è impresa di ri-

345 lievo di Casa Gesualdo, entrasi poi per porta di legname, a cardonichi, nel primo ingresso si trova piazza coverta a lamia con sue finestre verso la Piazza, e da essa a destra si trova piccola grada di pietra forte per la quale s’ascen- de ad una stanza coverta a lamia a botte, e tiene finestra verso detta porta ritornando al detto coverto al suo piano si ritrova porta dalla quale con gra- da al quanto diruta si cala alla strada coverta del ballatoro, e al fosso di det- to Castello, ritornando poi al piano predetto si trova altra porta, dalla qua- le s’entra in una camera coverta a lamia a goveda, che piglia lume dalla par- te del cortile scoverto, da essa con picciola grada divisa in due tese si sale alle camere de quarto che si descriverà, siegue a destra un’altra camera pa- rimente coverta a lamia, quale piglia lume da una finestra formata nella mu- raglia verso la cortina del baloardo, che è di grossezza la muraglia sudetta palmi 106/4, e dalla stanza sudetta a destra s’entra in un picciolo stanzino coverto a lamia, ritornando poi alla sudetta piazza coverta a sinistra si tro- va corridoro coverto dalle medeme lamie, a sinistra del quale dal sudetto cor- ridoro s’entra in due camere, e in testa s’entra in un’altra camera similmente a lamia, e pigliano lume dette stanze dalla parte della Piazza, che stà avan- ti il Castello, ritornando al sudetto coverto da esso, (a destra si trova una stan- za), colla seconda porta senza quella di legname s’entra ad un coverto a la- mia a botte, e da esso a destra si trova una stanza parimente coverta a lamia a botte con finestre, e porta senza quella di legname, in testa s’entra in un camerino principiato, e non compito, ritrovandosi, discoverto, che viene ad appoggiare al muro antico delle stanze del quarto in piano a destra del cor- tile, ritornando poi al coverto sopradetto si trova la strada di fabrica con gra- de di pietre vive, dalla quale con tre tese s’ascende al quarto superiore, che si descriverà, al presente scoverta, e parte non compita, si và fuori al corti- le discoverto guadro, a sinistra si trova la cortina, che attacca con la torre pic- colo verso la Piazza, dove è porta antica al presente tompagnata, che prima vi si passava col ponte di fabrica e legname per sopra il fosso, e la cortina su- detta al presente si trova senza li merli di fabrica, che per la lunga del tem- po vi sono marciti, e cascati, e caminando per la cortina sudetta si passa al

346 baloardo a sinistra della porta di esso Castello ut supra descritta, ritornan- do poi al largo sudetto, seù cortile si trova porta colla quale con grade a cor- done si cala alla strada coverta dell’altro baloardo verso Ponente, che al pre- sente serve per uso di stalla capace di molti animali, in esso sono le sue tro- neve, che guardano cosi il fosso, come Piazza e spianata avanti di detto Castello, ritornando al luogo sudetto ut supra si trova un camerino formato sopra la porta della stalla coverto a tetti ritrovandosi sfondato il pavimento, ritornando poi al cortile per scala a mano s’ascende ad una stanza per uso di carcere ci- vile, e da essa alla torre coverta a lamia sopra a tetti per criminale, ritornando poi al piano del sudetto cortile in testa si trova calata di fabrica scoverta, dal- la quale si cala ad una stanza grande coverta a lamia divisa con pilastroni di fabrica nel mezzo, si passa dal cortile alla cortina con merli la maggior par- te cascati, dove vi corrisponde la strada coverta ut supra descritta, e a de- stra si trova altra strada coverta formata sotto il baloardo, che va verso la Porta di detta Città, e ritornando alla cortina prima descritta vi è altra porta al pre- sente diruta, dove con ponte di fabrica, e legname s’usciva per le sortite fuo- ri di esso Castello, al presente sono rimasti in piedi solo li pilastri, si cami- na poi per la piazza del baloardo, ritornando sino all’altro baolardo sopra descritto, dove al presente la maggior parte delli merli sono cascati, ritornando nell’angolo del cortile, e proprio accosto la torre, che stà verso la porta, nel piano di esso si trova porta da dove con grada in pietra viva s’ascende al- la torre sudetta, quale oggi serve per carcere civile, e da essa con carraco di fabrica s’ascende sopra di essa torre, dal qual luogo si godono le campagne, e terre convicine con terminata vista, ritornando al piano de cortile descritto a destra sono quattro stanze grandi coverte a lamia a botte, l’una accosto l’al- tra, una per uso di cucina, con suo focolaro, poggi, stipo, ed altre comodità, siegue alla medema mano fuori del cortile la grada di fabrica scoverta del- la cortina ut supra descritta, ritornando poi al cortile coverto a grada primo loco descritta, e non compita, in testa della prima tesa si trova un picciolo corridoro a lamia dove si trova bocca della cisterna al presente guasta per non esservi li condotti, e credesi che non tenga l’acqua, e dal detto corridoro

347 in testa s’entra in un picciolo camerino al presente cascato la lamia, e dal det- to corritoro a destra con grada divastata s’ascende al baloardo a sinistra del- la porta d’esso Castello, ritornando poi al ballatoro della sudetta grada se- guendo la grada predetta con due altre tese d’undeci gradi l’una, non com- plita, e discoverta s’impiana al terzo ballatoro, in esso è porta, entra alla sa- la coverta lamia a botte, quale piglia lume così dalla parte del cortile, come dalla Piazza, a destra di essa si trova la Cappella coverta a lamia, e arco di pietra del paese intagliato dove, è l’altare di fabrica, in testa della sudetta sa- la si trova una stanza coverta a tetti per uso di riposto, che piglia lume con finestre dalla parte della Piazza, accosto si trova porta dalla quale s’entra in un picciolo corritoro coverto a lamia di canna, a destra della quale s’entra in una camera coverta a tetti, quale piglia lume con due finestre verso la stra- da, ritornando alla sala sudetta da essa s’entra alla prima anticamera coverta a lamia a gaveda, e lunetta, dipinta di Rabesco, ed altro di mediocre pittu- ra con pavimento di mattoni, e tiene due finestre una verso il cortile, e l’al- tra verso la Piazza, da essa si passa ad un’altra stanza simile di pittura, e pa- vimento, a destra vi è porta, che và fuori al riviglino formato sopra la por- ta di detto Castello, e da essa s’entra alla terza camera di forma più picco- la delle prime descritte, coverta a lamia a goveda, e lunetta senza pittura, e tiene comodità di focolaro, siegue la quarta camera simile, in testa si trova porta dalla quale con corritoro a lamia si passa ad un picciolo camerino oscu- ro, e da esso con sedici scalini s’impiana ad un ballatoro, a sinistra s’entra in un camerino, che piglia lume dalli saettoni, che sono attorno la torre, e da detto camerino continuando la scala a ventidue gradini si sale ad un altro camerino similmente pigliano lume da saettoni, e da esso con altri quattordici scalini, s’impiana alla sommità della torre, dove si gode tutta la Città ed al- tri luoghi della Puglia, ritornando al piano della quarta camera ut supra de- scritta si trova porta dalla quale s’entra da una camera coverta a lamia a go- veda con finestra verso la strada, e stipo dentro muro, da essa si passa ad un altra camera simile, e dalla detta ad un corritoro grande coverto a lamia, do- ve a a destra si trova la comodità del luogo commune a man sinistra la com-

348 modità della rota, che corrisponde alla sala dell’altro quarto, che si decriverà, siegue la commodità del focolaro, in testa del sudetto corritoro vi è altra stan- za per uso di dispenza, che piglia lume con finestre ingredienti, e dette quat- tro stanze sono per servitio delle donne; ritornando alla seconda stanza pri- mo loco descritta in testa si trova piccolo prospetto formato dentro la gros- sezza della muraglia, dal quale si passa ad una stanza coverta a lamia a go- veda, a destra si trova porta, che cala alle prime camere ut supra descritte al piano della piazza coverta, a destra d’essa stanza si trova altra porta fa- bricata, che prima corrispondeva al quarto ut supra descritto delle donne, e dalla camera sudetta siegue un’altra camera coverta a lamia a botte, con lunetta, e tiene finestre al cortile, e da essa si passa ad un’altra camera co- verta a lamia a botte per uso di sala col focolaro, e piglia lume con fenestrelli ingredienti, dove è porta, che và ad uscire alla grada discoverta primo lo- co descritta, siegue a sinistra della sudetta sala un’altra stanza similmente coverta a lamia a botte, con finestre verso il cortile, in essa camera vi è un camerino piccolo, e dalla camera predetta s’entra in una stanza grande di- visa con arco di fabrica nel mezzo colla comodità del focolaro, e piglia lu- me con due finestre una verso il cortile, e l’altra verso la Piazza, siegue in te- sta un’altra camera simile, quale quarto viene detto il quarto del Cardinale, e in questo consiste il Castello, o sia Palazzo Baronale. Possiede in feudum la difesa del Monte, che uscendo fuori la porta del Castello, caminando verso Ponente con un miglio, e mezzo di camino det- ta difesa ritrovasi, è territorio montuoso e scosceso parte macchioso con frat- te, e parte con alberi di cerque per uso di pascolo di vacche, bovi, e giumente, confina con il vignale di S. Felice, la via che và ad Atella, e poi rivolta per il boschetto delle Reverende Monache di S. Benedetto, e di la per il confine del- la terra di S. Domenico, che prima fù del quondam Cicoria, e voltando per l’acquedotto di fabrica, che l’acqua conduca alle fontane della Città di Venosa per il confine del territorio di S. Francesco li beni della Santissima Trinità, e seguendo il toppo della Trinità si cala per il vallone della Pellosa, e voltando per il vallone sudetto s’arriva all’isca del Reverendo Capitolo del-

349 la Città sudetta accosto il principio della Marziana, seguendo vallone vallone s’arriva alli vignali d’Ischitella, e da detto luogo salendo per li vignali del ma- gnifico Angelo del Turo, e più sopra li beni del magnifico Pallotta per li be- ni di D. Francesco Spioli, e li beni della Cappella del Santissimo e di là alli vignali di S. Felice, dove si è principiata questa descrittione de confini, es- sendo detta difesa lunga un miglio, e mezzo in circa e larga altre tanto.

…Il territorio detto il Giardino Uscendo dalla porta del Castello in distanza di un tiro di pietra si ritrova il sudetto territorio chiamato il Giardino, è territorio scampio seminatorio di capacità di tomola quaranta, a semina tomola trentasei, e confina colla stra- da publica, che và a S. Giorgio colli beni dello magnifico di Costanza colla vigna di Vito Pippa delle fornaci, nel qual territorio vi passa così l’acquedotto di fabrica, parte di esso dentro terra, e parte sopra terra, che conduce l’ac- qua delle descritte fontane della Città, come anco attraversa per detto ter- ritorio il Tratturo Regio. Un pezzo di territorio chiamato delle Volommere, seù delle Grotte seù dell’Orto della Cavallarizza. Il sudetto territorio stà sito, e posto dentro la Città accosto al Convento di S. Francesco de Padri Minori conventuali, e consiste in due pezzi, uno nel piano e l’altro nello scosceso. Il piano è diviso dalla strada per cui si và a det- to Convento in due piccole partite disuguali, ambedue di capacità di un to- molo, la più grande confina colla muraglia della Città col sudetto Convento, la strada, e la fontana, che prima serviva per l’acqua alle Cavallarizze del Barone, e l’altra parte più piccola confina colla strada sudetta, e colli beni di D. Sebastiano Pupino, e serve per uso di ortolitio, l’altro nello scosceso da sotto la mura- glia di capacità di tre quarti di tomolo, serve parimente per uso d’ortolitio, e vi sono certi pochi alberi di fico, e canneto; confina da due parti colli be- ni del sudetto Convento di S. Francesco e dall’altra colli beni del Magnifico Fisico Nicolò Vitagliano, di modo che tutto il sudetto territorio diviso, co- me ho detto di sopra è di capacità di un tomolo, e tre quarti.

350 Un pezzo di territorio detto il Centimmolo Il sudetto territorio stà sito, e posto fuori la Porta della Santissima Trinità, poco distante dalla strada publica, che và alla Chiesa della Santissima Trinità a sinistra nell’uscire da detta Porta. É territorio scampio seminato- rio di capacità di tomola tre, e mezzo, e confina con il fosso della Città, con li beni, e colla via, che và alle vigne del Ruscello, con la vigna del quondam Sebastiano Pupino, e colli beni del Reverendo Cantore. Altro territorio, seù difesa detta la Marziana Uscendo dalla porta del Castello caminando verso Ponente con un mi- glio, e mezzo di camino accosto la descritta difesa del Monte dalla parte di Tramontana, il sudetto territorio o difesa detta la Marziana si ritrova è ter- ritorio scosceso, e montuoso, parte scampio seminatorio atto alla coltura di capacità di tomola settant’otto, cioè versure diece macchiose, e frattose at- te a pascolo, che in tutto sono versura trentasei, e confina da una parte con il vallone dell’Apellosa, la Menza Vescovale, il Capitolo di detta Città, la via che và a Barile, e come camina detta strada confina colli beni della Chiesa di S. Guglielmo, e di là voltando per Mezzogiorno confina con il toppo det- ta Abbadessa, li beni di S. Benedetto di detta Città, li beni della Santissima Trinità, e seguendo, come camina il lemete a confine dell’altri beni del Capitolo, e dal sudetto luogo si cala al vallone dell’Apellosa, nella qual di- fesa si trovano oggi alcune grotte, che dissero possedersi da D. Donato Zelone, due dagl’eredi del quondam Frabitio Tancredi, per l’altre della Cappella del Santissimo, quali grotte, servono per chiuderci, e custodirci li bovi. Altro territorio detto il Cortiglio delle Noci Uscendo dalla porta del Castello, caminando verso Mezzo Giorno di- stante dalla Città un quarto di miglio in circa si ritrova il sudetto territorio detto delle Noci, è territorio parte scosceso, e parte piano, sito, e posto dentro una vallonata di capacità di tomola due in circa, sono in essi dodici piedi di noci, è il territorio parte seminatorio, e parte macchioso, e frattoso, confina colli beni del Capitolo di detta Città, la vigna di Pietro Grecco, li be- ni di Costanza Zimorella e li beni di Costanza.

351 …Possiede la Principal Corte la difesa detta La Caccia. Detta difesa stà sita, e posta …….miglia cinque in circa…………….bosco di Lavello, di 6 …….strada di Melfi la difesa detta la Don, e il demanio della Trinità,……….prin- cipiando j suoi confini………………e una parte ……del Barone, e dall’altra con la………., dal quale tirando verso la Noce, che si chiama la Noce Serrata caminando da sopra il cugno dello Saracino per due altri termini, all’ultimo de quali, vi è una cerque crociata, da dove si cala dentro…..nel luogo det- to la Noce Serrata che resta per titolo, e per esso si và a dirittura ad un al- tro termine con simili segni, e di là volta al termine antico, seù titolo tonno, e di là …..saglie alla strada detta…………, dove si trova un altro titolo, seù termine che di la per il confine della Chiesa della Trinità dico Trinità si ca- la per la via delle, ed esce ……per sopra le grotte, e il bosco di Lavello sino allo Pescarello e corre per il corso dell’acqua, e và ad uscire al confine di Gaudiano, e tira sino alla via……, che…….della Trinità, ….. per detta via si torna al primo termine ut supra descritto, e poi detto difesa della Caccia Boscosa, con alberi di cerque, e cerri grossi, ed è per uso di pascolo d’ogni sorte d’a- nimali come sono bacche, giumente, bovi, porci si trova detta difesa esser di lunghezza miglia circa due, e mezzo, e larga miglia due in circa. Altro Territorio detto l’isca della Tramontana seù delli Lazzari Uscendo dalla detta Città verso Oriente in distanza di mezzo miglio in circa si ritrova il sudetto territorio detto l’isca della Tramontana, seù delli Lazzari, è territorio parte piano, e parte scosceso in tutto di capacità di tomola otto in circa, cinque di essa piano, e tre di scosceso (il piano serve per uso di or- tolitio il remante scosceso seminatorio) seminatorio, ed in esso vi sono di- ciotto piedi di noci confina detto territorio con il vallone della Grotta Pertosa, la strada delle Cerre del sale, li beni della Chiesa delli Santi Cosmo, e Damiano, li beni dell’Abbadia di S. Maria in Elice, li beni di S. Domenico, e la via publica. Altra difesa detta di Messere con il Toppo della Viola Uscendo dalla Città sudetta verso Levante in distanza di miglia tre in circa si ritrova la sudetta difesa chiamata di Messere qual confina colli be-

352 ni della Mensa Vescovile, il tratturo, che mena da Gravino, e và ad Ascoli, il demanio da due parti, e la di sopra descritta difesa della Caccia, e principiano j suoi confini dal titolo o sia termine posto di fronte della strada predetta, ac- costo la ……, la dove per la strada…., si và al Toppo della Viola…..sopra le Grotte, e volta al tratturo regio, e per detto tratturo caminando verso Ponente s’arriva al demanio, dove, volta via via si arriva alla Noce Serrata in confine della difesa della Caccia, e da detto luogo volta verso Levante, co- me camina lo scolatoro dell’acqua, seù valloncello, s’arriva al titolo descritto di sopra accosto al tratturo regio, qual passa per mezzo detta difesa, tra il Toppo della Viola, e difesa sudetta per mezzo quarto di miglio, è territorio boscoso di Pocache, e cerquette per uso di pascolo d’animali grossi, e tutta detta difesa con il Toppo della Viola è di lunghezza miglia due, e mezzo, e larghezza in alcune parti miglia uno e mezzo, in altre miglia uno, ed in al- tre un quarto di miglio. …Questo è quanto parmi dover riferire a Vostra Signoria; alla di cui cen- sura sottomettendomi, e rassegnando tutti j miej rispetti, resto baciandoli af- fettuosamente le mani Napoli li 28 Settembre 1713 = di Vostra Signoria af- fettionatissimo obligatissimo vero Giuseppe di Gennaro Vande Inde Primario del Sacro Regio Consiglio Die nona mensis Ianuarij 1714 Bartolomeo Vassallo portiere del Sacro Regio Consiglio hò notificato il…….Cristofano De Parillij presente, e lasciatoli Copia.

353 Documento n. 10

1740, 4 Giugno

Relazione dell’apprezzo di Ruvo redatta dall’Ingegnere Agostino Caputo nel 1740 e 1760 dall’Ingegnere Miano.

ASN, ACT, Fasc. 225 Inc. 7

All’Illustre Signor Marchese D. Carolo Feudo Ruoti Presidente della Regia Camera della Sommaria. Die decima nona mensis Augustis, millesimo septimo quadragintesi- mo Neapoli presentata per manus D. Augustinus Caputi Regem Ingegnerius. Con decreto della Regia Camera interposto a relatione di Vostra Signoria de 18 Aprile 1739 inteso l’Illustre Marchese D. Matteo de Ferrante Regio Consigliere ed Avvocato fiscale del Real Patrimonio mi viene commesso, ed ordinato che accudendo per esso la sua degnissima Persona proceduto avessi all’apprezzo della Terra, e Feudo di Ruvo della Montagna in Provincia di Basilicata Citra pregiuditio del Regio Fisco, e delle parti fol. primo Acti apretij terrae Rubo sur de Montanea. In esecutione del quale decreto precedente mia requisitoria notificata alli Mastri Curatore, ed Avvocato, e Procuratore nomine omnium credito- rum del patrimonio delli quondam Francesco, e D. Fabio Gesualdo, e Procuratore dell’Illustre Principe di Ruoti possessore di detto feudo di Ruvo fol. 2 m’accinsi alla partenza per la volta della sudetta Terra, e Feudo m’accinsi alla partenza per la volta della sudetta Terra, e Feudo lo cui gior- no ritrovai, che nello stesso assistevano li sottoscritti D. Tognazio Sanbiase Curatore, e D. Giulio Sifanni Avvocato, e Procuratore nomine omnium cre- ditorum del cennato Parlamento onde alli stessi feci notificare altre mie re- quisitorie, e fattasi l’elezzione dell’esperti per parte dell’Università di det- ta Terra furono eletti Pietro Palcisso, Giuseppe Luozzo, Matteo Vitella,

354 Andrea Ruggiero, ed Antonio Rucciolo fol. 7 diedi di piglio coll’assistenza de medesimi, e dell’esperti eletti dalle convicine Terre, cioè dall’Università di Rapone D. Giovanni Maraziello fol. 11, dall’Università di S. Fele Giovanni Flavio Muccia fol. 12 dall’Università d’Atella Onofrio Memmolla fol. 13 dall’Università di Calitri Giovanni Frasca fol. 14 a riconoscere la confinazione della Terra sudetta e de corpi Baronali, e ius feudali, sicome mi do l’onore di riferire a Vostra Signoria. Stà la detta terra di Ruvo situata nella Provincia di Basilicata distante da questa Città di Napoli miglia 138, alla quale vi si giunge per la strada di Puglia, e col galesso si può venire fino alla Terra di Atella distante da Ruvo circa miglia 6 e per la strada vecchia e distante da questa Capitale miglia 72, e col galesso si può venire fino a Calitri distante da Ruvo miglia 6 e la Regia Udienza di detta Provincia risiede in Matera distante da questa predetta Terra miglia 48 come dalla fede dell’Università fol. 121 e anco distante la predet- ta Terra di Ruvo dalle sotte Terre cioè dalla Terra di S. Fele circa miglia 2 con la quale ha li confini verso Mezzo Giorno, e si tiene promisquità di pasco- lare, ed ad acquare: con la Terra d’Atella cioè con il bosco nominato Bacito verso Tramontana, e con la difesa delle Maucelle verso Oriente col Ius di Legnare in detto bosco di Bacito col pagamento di annoui docati venti, quali doca- ti venti annoui asserisce la medesima Università di Ruvo essersi pagati dal tempo, che l’Illustre Principe della Torella possedè lo feudo di Ruvo, il quale colla sua potenza fe succumbere la detta Università al detto pagamento; poicchè prima non pagava alcuna, e lignava al vino per proprio dritto, co- me vedesi dall’apprezzo antico e ciò fù asserito da detta Università per non pregiudicare le sue ragioni. E distante detta Terra d’Atella da Ruvo circa mi- glia 6: confina con la Terra di Rapone verso Ponente col tramezzo del fiume Giento, ed è distante dalla medesima circa miglia 2. E nel luogo detto li Santi in territorio di Rapone essa Università di Ruvo tiene il Jus di Pascolare, e di fidare altri in detto territorio. Stà distante la Terra di Ruvo da quella di Calitri circa miglia 6 con chi ave li suoi confini tramezzati col fiume Ofanto verso Tramontana. Confina in ultimo col bosco della Badia di Monticchio col

355 tramezzo del fiume d’Atella verso Tramontana, e parte d’Oriente colla di- stanza di miglia 6 in circa, come il tutto appare dalla fede dell’Università di Ruvo fol: 10. Stà la medesima Terra edificata sopra d’una collina d’un monte eminente di figura bislunga, e nell’entrare nella medesima si ritrovano gl’abituri nel borgo con una strada selicata nel mezzo larga con edificij di case da una par- te, e dall’altra. E seguitando detta strada per mezzo tutta detta Terra, vi so- no stradette da sotto, e da sopra pendinose, e fangose in tempo d’inverno, e tutti l’edifici consistono in bassi, e camere, e molte altre case matte, tutte coverte a tetti. Nel mezzo di detta Terra vi è la chiesa Madrice sotto il tito- lo dell’Assunta, la quale consiste in una nave coverta a tetti con sette Cappelle collaterali, ed in testa vi è l’altare maggiore con la statova di legno posta in oro dell’Assunta, dietro del quale vi è il coro per officiare: tiene sa- crestia, ove si conservano l’utensilij, cioè croce, secchio, navetta, ed incen- ziera d’argento, e l’altri di metallo con coppe d’argendo indorate, mediocri apparamenti, e sufficienti pianete, e palliotti di seta, e lama. Vi è fonte bat- tesimale: vi è un campanile di tre ordini con tre campane una grossa, e due picciole: tiene orologio, di cui ne ha il peso l’Università: viene officiata det- ta Chiesa dall’Arciprete, e 14 Preti, quali han provisione da circa ducati 22 compensatamente in ciascun’anno, quali pervengono dall’entrate di detta Chiesa, e dalle decime. Viene servita anco da altri sei Preti due Diaconi, tre Subdiaconi, tre Licenziati, tre Clerici, però senza provisione alcuna. In det- ta Chiesa vi sono due Confraternite, una del Santissimo, l’altra del Santissimo Rosario. Nel borgo vi sono due Cappelle, una sotto il titolo di S. Anna, qua- le consiste in una nave coverta a tetti, ed è beneficiata, in cui vi ha il peso di beneficiare il suddetto clero. L’altra sotto il titolo di S. Carlo Borromeo sita nel luogo detto la Teglia, consistente in una nave coverta a tetti, ma stà ca- dente. In detta Terra vi sono due altre Cappelle, una sotto il titolo di S. Niccolò consistente in una nave coverta a lamia, quale è beneficita, e vi si celebra una volta l’anno, e l’altra diruta sotto il titolo di S. Bernardino consistente anco in una nave coverta a tetti, ed è anche beneficiata in cui vi si celebra una vol-

356 ta l’anno. Vi è anche la Congragazione di S. Giuseppe coverta a tetti orna- ta di prospreri, e sedili, e vi sono da circa 200 Fratelli, quali non hanno al- cun peso, ne godono alcun privilegio. Nel piano da sopra detta Terra vi è la Chiesa sotto il titolo dell’Annunziata consistente in una nave coverta a tet- ti, dove tiene il peso il suddetto Clero per la celebrazione delle messe. Fuori detta Terra, e proprio dalla parte di sopra risiede un Convento dell’Ordine S. Francesco della Scarpa sotto il titolo di S. Tommaso la sua Chiesa consi- ste in una nave grande coverta da tetti nelli laterali della quale vi sono set- te Cappelle di diversi Santi, e Sante, oltre dell’altare maggiore, dove si con- serva il Santissimo, dietro di cui vi è il coro per essercitare j divini officij: a destra di detta nave vi è la sacristia, ove si conservano j suppellettili. Vi è cam- panile di tre ordini con due campane una grossa, ed una picciola. A destra della porta di detta Chiesa v’è altra porta per la quale s’entra in un cortile scoverto murato, in mezzo del quale vi è una cisterna grande con boccaglio di breccia: e nell’angolo a destra del medesimo vi è comodo di stalla. Da detto cortile si passa poi in uno coverto, a sinistra del quale vi è il refettorio, ed a destra la cocina con molti comodi, costo la quale stà la gra- da, che porta al dormitorio, in dove sono tredici celle tutte coverte da tetti, sotto del qual dormitorio vi è il comodo di cantina. Si celebrano in detta Terra le festività del glorioso S. Rocco Padrone del- la medesima. Le festività, e processioni della Santissima Annunciata di S. Sebastiano, di S. Biagio, e del glorioso S. Antonio, sopra le quali festività, e processioni non ave l’utile Padrone di detto feudo Jus alcuno, come dalla fe- de dell’università fol. 117. Nemmeno sopra la perdonanza, che si fà il dì 26 luglio giorno della gloriosa S. Anna, come dalla fede della stessa Università fol. 119. In fine della Terra dalla parte di sopra vi è il Castello in cui si ha l’adi- to da due parti, una sita dalla parte di sopra di rimpetto la fontana e l’altra dalla parte della Terra. Per la prima s’entra in un cortile coverto a lamia, aven- do ne laterali due bassi coverti a travi, e sopra delli medesimi due camere coverte a tetti, e sopra detto entrato altra camera, anche coverta a tetti alle

357 quali camere vi s’ascende per una scala di fabrica diruta. Da detto entrato, mediante atrio, per parte di fabrica, consistente in due lamie, si ritrova al- tra porta, e si passa in un cortile scoverto, a sinistra del quale vi sono due bassi con porte a detto cortile, con due altri bassi da dietro: e nell’angolo a sinistra, entrando in detto cortile, vi stà lo carcere, seù necessario. Sopra di detti bassi per scala di fabrica s’ascende mediante ben lungo passetto coverto a tetti, che tiene due finestre riguardanti la Terra ad una scala coverta a tet- ti. Da detta si dirameno due braccia, uno in testa di due camere, e l’altro a destra di tre altre stanze tutte coverte a tetti con soffitte di tavole con aspet- ti al cortile ed alla Terra. Per detta grada , ed in piano al primo ballatoio s’ha l’igresso ad una sala ben grande coverta a tetti, e soffitta di tavole diruta, e pavimento diruto con finestra dalla parte dei fossi, a destra della quale sie- gue altra stanza, anche diruta con pavimento diruto coverta da soli tetti. A sinistra della sala vi è altra stanza bislunga con tre finestre dalla parte del- la Terra con pavimento di mattoni coverta anche a tetti. In testa poi siegue altra stanza, a destra della quale sieguono due altre stanze: una di essa per uso di Cappella senza porte coverte di soli tetti: e a una di dette stanze s’ha l’adito ad un’altra stanzolina, quale ancora è senza porte, da cui per portella s’ascende alla torre coverta a lamia. A sinistra s’entra in un’altra grandissi- ma stanza con pavimento diruto coverta a tetti, e soffitto di tavole, a destra della quale mediante arco, s’hanno due stanzette coverte a tetti, e soffitte di tavole: in testa della quale sieguono due altre grandissime stanze tutte co- verte a tetti guarnite di porte, e finestre. Ritornando al cortile scoverto nell’angolo a destra entrando vi è la pa- gliera, sotto detto appartamento vi stà un terraneo bislungo comodo di tre stanze terranee coverte tutte a lamia. L’altra porta dalla parte della Terra vi si ascende per scivola di breccie a modo di scala con pettorate attorno, mediante un ponte di legno, prima del quale vi è torretta di fabbrica in piano di detto ponte. D’intorno di detti appartamenti e torre vi stà recinto di fosse e mura. In principio di detta scivola, o sia grada per porta s’entra nel principio delli fos-

358 si, dal quale per altra porta s’entra in un magazino grande continente tre va- ni, medianti due archi. In piano di detti fossi, e proprio costo il ponte di le- gno per porta s’entra in un lungo coverto per uso di poner vino, ed in fine di esso una sorgiva d’acqua. Viene la suddetta Terra di Ruvo numerato per fuochi numero 221.1/4 cavata dal libro del patrimonio per il nuovo carico formato a primo Gennaro 1737 fol. 204: fa anime fra capaci, ed incapaci di comunione numero 1817, come dalla fede fol. 77. L’habbitanti della prenominata Terra sono la maggior parte bracciali, ed attendono al zappare, e coltivare la terra, e parte bensì in poco numero sono massari di campo. Vi sono due Dottori di Legge, due Medici, due Speziali di medicina, due Notari, un Chirurgo licenziato, due Giudici a contratti, un Maestro di scuola, sette Calzolari, nove Mastri Falegnami, tre Ferrari, tre Mastri Fanarde due Imbrigiari, una ostetricia. Le di loro donne parte attendono al tessere panni di lana, e di lino, ed in tutto al filare, ed andare a legna, come il tutto costa dalla fede dell’Università fol. 208. Vestono comodamente, vanno tutti calzati, dormono sopra materazzi di lana e benche si ravvisi nella sudetta fede dell’Università, che pochi sia- no massari, nulla di meno per parte de medesimi Curatore, ed Avvocato, e Procuratore nomine omnium creditorum del sudetto patrimonio si è articolato esservi in detta Terra massari numero 30 at art. 72 fol. 368 e con deposizio- ni de tesimoni si è provato, che sono in detta Terra massari venti fol. 382 art. 423 art., et 430. Si è parimente provato, da medesimi colle deposizione di 2 testimonij con testi esaminati sopra il primo articolo fol. 357 essere in det- ta Terra tre case civili, e 20 comode ut fol. 379, et 425, benchè da un altro te- stamento essaminato sopra lo stesso primo art. diminuisce le case civili al numero di due, e le comode al numero di 5 fol. 404. Gl’habbitanti di detta Terra vivono per catasto si fà tra essi, col quale sod- disfano la Regia Corte, si fiscalarij, ed altri pesi, come dalla fede dell’Università fol. 63. Lo territorio racchiuso tra confini della suddetta Terra di Ruvo, e par-

359 te piano, ed il rimanente costeroso, collinato, e montagnoso per uso di pa- scolo, e seminatorio, produce ogni sorte di vittovaglie per comodo, e man- tenimento degl’habbitanti della stessa, cioè grano, grano d’India, fave, ce- ci, cicercole, orzo, avena in mediocre quantità, il vino però abonda di mo- dochè ne vendono a forastieri, come dalla fede dell’Università fol. 88. Per parte dei detti medesimi Curatore, ed Avvocato nomine omnium si è articolato, il territorio di Ruvo essere fertile, che produce in abbondan- za le vittovaglie di modo che frutta il seminato per ogni tommolo tomma- la 12 fino a 15, e compensando il fertile coll’infertile frutta tommola nove per ogni tommolo ut art. 67 fol. 367 at.; e lette le deposizioni dei testimoni essaminati sopra il detto articolo ho veduto che tre testimonij depongono che li sudetti territorij fruttano secondo l’annate da 4 fino a 10 tommola per ogni tommolo fol. 287 at., 390, et 392. due altri testimonij da 4 sino ad 8 tommola per tom- molo fol. 435 et 441 at. Si sono vendute le vittuvaglie sudette secondo le annate fertili o infer- tili: di maniera che in alcuni tempi sono stati li prezzi delle stesse, cioè il gra- no a carlini 6, benchè una sola volta siasi venduto a tal prezzo due volte a carlini sette, una volta a carlini 9, e per loppiù a carlini otto il tommolo, e cos- sì dell’altre vittuvaglie, come il tutto costa dalla fede dell’Università fol. 70 ad 71 e presentemente il grano si vende a carlini 6 il tommolo, come da al- tra fede della stessa Università fol. 73 benchè il grano di Saravolla, e Carosella si vende un carlino dippiù il tommolo dell’altri grani, come dal- la fede dell’Università fol. 265. La meliede è una misura, della quale si fa uso in detta Terra di Ruvo ed ogni meliede è una misura e mezza di Napoli, poiché 15 meliedi compon- gono il tommolo, come dalla fede della detta Università fol. 102. Il paro del musto è un certo termine di parola, della quale parimente si fa uso nella predetta Terra, e consiste in due barrili, che si compongono di car- rate ottanta. Cioè carrate 40 per ciascun barrile, e la carrata è di oncie 33, e non come quella di Napoli, come dalla fede della cennata Università fol. 44. Per parte dell’Illustre Principe di Ruoti odierno utile Principe di detta

360 Terra si è ortato, come li grani in Ruvo non si vendono più di carlini cinque il tommolo, e benche la voce si faccia a carlini 7 il tommolo, ciò avviene per cagione di poveri, che soddisfano il grano j di loro creditori. Però quando si vendono li grani il di loro prezzo è carlini cinque per non essere detta Terra di Ruvo di traffico, come nell’articolo 13 fol. 212, e non ha provato l’artico- lato con le deposizioni di 4 testimonij per parte sua essaminati, poiche due di questi depongono essersi venduto il grano a carlini sei, e sette secondo le raccolte ed essere li grani raccolti in detta Terra di mala qualità per cau- sa del terreno cretoso, e non essere detta Terra di passaggio e commercio fol. 277 at. 310 at.. L’altri testimonij depongono la vendita del grano da carlini cinque sino ad otto fol. 282 at. 324 at. Per parte degli sudetti medesimi Curatore, ed Avvocato nomine omnium interessati del sudetto patrimonio si è ortato come li grani di Ruvo sono di buona qualità, e di peso, e che degli stessi 2 terze parti sono mischie e la ter- za parte di carosella, ed il prezzo degli medesimi suole ascendere a carlini 10 incontuso: essendosi dalle Terre convicine venduto da 7 fino a 12 carli- ni il tommolo, e quando v’è stata scarsezza sono j prezzi de grani allevati mol- to ut in art. 84 fol. 370 benchè da testimonij essaminati sopra detto arto per parte degli sudetti, essendo state da me riconosciute le di loro deposizioni, costa solamente che li grani del territorio di Ruvo sono di buona qualità, e che secondo l’annate ubertose, o scarse s’è venduto il grano da carlini 6 si- no a 12 il tommolo fol. 435 at. 442, benche da uno testimone si deponga so- pra detto arto li grani che si raccogliono nel sudetto territorio essere d’inferiore condizione di quelli di Calitri, e che siasi venduto a carlini 7 ed 8 il tommolo, secondo la fertilità delle annate fol. 459. Viene governata la sudetta Università dal Sindico, ed eletti, de quali si fà l’elezzione in pubblico parlamento convocato a suono di campana a vo- ti de cittadini, qual parlamento, acciò sia perfetto non deve essere minore di 40 voti, quale elezzione sortita l’utile Principe di detta Terra di Ruvo ha il Jus di confirmare gl’eletti, come dalla fede dell’Università fol. 98. Vi sono due Giurati, che si eliggono dall’Università, a quali la medesi-

361 ma dà le patenti, e sono obbligati servire tanto l’Università quanto la Baronal Corte come dalla fede dell’Università foglio: 96. Per parte delli riferiti medesimi interessati del sudetto patrimonio si è articolato come l’Università di Ruvo è tenuta eliggere 4 giurati, due de qua- li servono la Baronal Camera e due altri dall’Università, e da detti giurati la stessa Università dà di provisione quali sei per ciascuno, senzachè il Barone sia tenuto corrisponderli cosa alcuna ut arto 74 fol. 368, benche non si è fat- ta prova alcuna né con testimonij, né con scritture pubbliche, o private. Nella quaresima vi è il Predicatore, quale viene eletto dal Vescovo di Muro, né sopra questa elezzione ove Ius alcuno la Baronal Camera, come il tutto costa per fede dell’Università fol. 113. E finalmente al Governatore si pagano dall’Università sudetta carlini 25 per li bannij pretorij, senzache sia tenuta ad altro ut fol. 66. Per comodo dell’habbitanti di detta Terra di Ruvo vi sono due fontane pubbliche nomate della Terra, una fuori l’abitato da sopra il Castello, l’al- tra dentro l’abitato, con canali, che menano acqua oltre delle quali fontane vi sono da altre 4 sorgive d’acqua per uso de persone particolari e sopra tut- te dette acque non ha Ius alcuno la detta Baronal Camera. Dippiù vi sono l’acque perenni del fiume Bradine, del fiume Liento, del fiume Ofanto e del fiume d’Atella delle quali acque tiene la Baronale Camera il Ius di farne uso per molini, e valchiere, come chiaramente ravvivasi dalla fede dell’Università sudetta fol. 106. Possedono per loro industria gl’habbitanti di detta Terra pecore 800, agnel- li 40, bovi aratorij 50, vacche 190, cavalli 8, giumente 13, muli e mule 20, so- marri 137, capre 200, montoni 50, neri e troje seù scrofe 57, come il tutto si raccoglie dalla fede dell’Università fol. 92. Vi sono parimenti in detta Terra tre molini, de quali due macinano per comodo degl’habbitanti della stessa Terra per esser vicini in dove sono te- nuti tutti gli cittadini della medesima portare a macinare il grano, e l’altro fabbricato ne confini di detta Terra verso Calitri, c’è macina coll’acqua del fiume Atella e questo ordinariamente serve per gl’habbitanti di Calitri, j qua-

362 li nell’està, quando manca l’acqua né di loro molini vengono a macinare nel molino di Ruvo. Vi è parimente in detto territorio di Ruvo, alla quale sono tenuti tutti gl’habbitanti di Ruvo portare a valcare i panni, che levarono, una valchiera. Vi è ancora il comodo del forno per cuocere imbrici, sopra del quale le Baronal Camera non tiene Ius alcuno. Vi sono parimente in detta Terra due forni Baronali per cuocere il pa- ne, né quali sono tenuti tutti j cittadini di Ruvo portare a cuocere il pane. Godono gl’habbitanti della detta Terra di Ruvo il commercio delle ter- re di S. Fele, e Rapone per la vicinanza di circa 2 miglia, e d’Atella distante circa 6 miglia, ove in tempo di fiera si provedono del bisognevole: e di Calitri distante circa 6 miglia a gl’habbitanti della quale vendono il vino, che pro- duce il territorio del sudetto feudo come della fede della sudetta Università fol. 94. Viene la riferita Terra governata per quel che appartiene al spirituale da Monsignor Vescovo di Muro soffragoneo di Monsignor Arcivescovo di Conza come dalla fede dell’Università fol. 81. Per il temporale viene retta dal Governatore, il quale s’eligge dall’uti- le Principe di detto feudo per l’amministrazione della giustizia delle prime cause civili criminali, e miste: assistendo con esso il Mastrodatti, Servienti, e Giurati, quali Giurati si pagano dall’Università, come sopra ed il Giudice delle seconde cause viene anco eletto dal possessore di detto feudo fol. 68. Confina la Terra sudetta, e suoi territorij con quello di S. Fele, della Terra d’Atella, di Calitri, di Rapone, e col bosco della Badia di Monticchio, come dalla fede della predetta Università fol. 10. Per la verificazione de confini, e termini, che dividono la Terra sudet- ta di Ruvo dalli territorij delle descritte Terre, e coll’intervento dell’esperti eletti, come sopra tanto da detta Terra di Ruvo, come del altre confinante Terre, mi portai a riconoscere i confini sudetti. Principiando da quelli, che dividono il territorio di Rapone da quello della mentonata Terra di Ruvo, qual’ si de- scrivono, come siegue, cioè principia la confinazione del territorio di Ruvo

363 con quello di Rapone propriamente dal luogo nomato le fontana de Sierici, da dove principia il vallone detto Ziento. Per parte dell’Illustre Prencipe di Ruoti odierno possessore di detto Feudo si è articolato, che prima i confini del cennato feudo con quello di Rapone si estendevano fino al vallone det- to Tracina, quali confini oggi sono ristretti, e non si stendono, che al fiume Ziento a causa che nel governo del fu Duca di Medina Celi la detta Università, e l’Utile Prencipe della stessa furono spogliati da possesso della giurisdizione del fiume Ziento fino al vallone Tracina ut articolo 4 fol. 207 a tergo per pro- va di questo articolato fè essaminare due testomonij, le di cui deposizioni da me lette, ho ritrovato, che uno de medesimi depone che causa ……., che li confini della riferita Terra di Ruvo verso Rapone giugnevano fino al val- lone Tracina, e presentemente giungono al Fiume Ziento, et de audite, che li predetti Università, et utile Prencipe della stessa né furon spogliati nel go- verno del fu Duca di Medina Celi, olim Vicerè di questo Regno fol. 309. L’altro depone tutto l’espressato nel sudetto articolo, anco che causa ……, ed essere cio avvenuto dopo lunga lite agitata né tribunali, a quali esso testimone as- sisteva per detta pendenza, senza additare la Banca, ove furono fabbricati gl’atti di detta lite fol. 336. Dal qual luogo di fontana de Sierici si dividono li tre confini di Ruvo, Rapone, e S. Fele, e caminando sempre di detta fontana de Sierici per det- to vallone, Ziento verso basso si giunge al fiume Ofanto, medianti miglia tre incirca, col quale vallone si divide il territorio di Ruvo da quello di Rapone, il territorio della Terra di Calitri, e proprio dal luogo di detto fiume, ove fi- nisce detto vallone nomato l’Isca della Posta e caminando sempre detto fiu- me Ofanto, e proprio nel luogo detto l’Isconi, mediante un miglio, e mez- zo incirca in dove finisce il territorio di Calitri. E da l’Isconi caminando sem- pre per la fiumara d’Atella si giunge fino al luogo detto l’Isca Granata me- dianti due miglia incirca, e lasciata detta fiumara, caminando sempre per so- pra territorij seminatorij, che costeggiano il bosco di Bucito si giunge a linea retta nel luogo detto la Preta Carcagna, alias Armatiero, dove dicesi dall’e- sperti essere stato il termino di pietra viva con le lettere A.S.P. medianti mi-

364 glia due. E da detto luogo chiamato la Pietra Carcagna, alias Armatiero ca- minando sempre per la Serra della Montagna del bosco di Bacito, che ad ac- qua pendente divide il territorio di Bacito da quello d’Atella si giugne fino al luogo detto Maurelle medianti miglia due in circa. E da detto luogo le Maurelle si cala caminando sempre per un vallon- cino, che riceve l’acque piovane, quale divide li territorij seminatorij di Ruvo, ed il bosco delle Maurelle sito in territorio d’Atella, e si giugne con detto valloncino nel fiume Bradine, e finisce detto valloncino mediante un miglio in circa, ed ivi finisce il territorio d’Atella. E da detto fiume Bradino lasciato detto vallone, ove finisce il territorio d’Atella, caminando sempre il fiume sudetto si ha il territorio di S. Fele per fino li molini siti in territorio di Ruvo mediante circa un miglio. E da detti molini dividesi la giurisdizione di Ruvo, e quella di S. Fele, sia per la cupa vecchia, e và a terminare alla Nolara. E di detto luogo della Nolara, ove si fanno le nole per macinare li gra- ni, salendo sempre per sopra un monte vivo per la strada, seù carraro Regio si giugne alla fontana sorgiva sotto la Mancosa, mediante un miglio in circa. E da detta fontana seguitando detta strada, seù carraro Regio per mez- zo territorij piani, mediante un terzo miglio si giugne alla fontana predet- ta la Sierici in dove finisce il territorio di S. Fele, Rapone, e Ruvo, che in tut- to la continuazione della sudetta Terra è di circuito come hanno asserito gl’e- sperti dall’uno all’altro confine miglia undeci, e tre quarti in circa. All’incontro si pretende dall’Università di Ruvo, che non ostante stia in possesso siccome si è fatta la prima descrizione per parte dell’esperti di det- ta Terra di Rapone, debbia la confinazione principiare dal luogo detto la Toppa di Mancosa, e da detto luogo calando per la Serra della Montagna di Rapone ed acqua pendente si giugne al vallone, seù fiume detto capo di Ziento, e di là caminando per detto Ziento si giugne al bosco di Rapone, e lasciato detto fiume si giugne al Carraro, seù via Regia, nomata Santa Maria delli Santi,

365 e quella terminata si giugne al Vallone Tracino, e caminando per detto val- lone si giugne all’Ofanto.

…Da Napoli 4 Giugno 1740

…Umilissimo ed obligatissimo servo vostro Agostino Caputo Regio Ingegegniero e Camerale

366 ALLEGATI

INDICE DELLE TAVOLE

TAVOLA I Territorio di Atella (Fasc. 231)

TAVOLA II Casino dei Bagni di San Cataldo (Fasc. 52, Inc. 15)

TAVOLA III Bagni di San Cataldo (Fasc. 52, Inc. 15)

TAVOLA IV Gaudiano (Fasc. 51, Inc. 10)

TAVOLA V Prospetto del Palazzo Feudale di Lavello (Fasc. 51, Inc. 10)

TAVOLA VI Pianta del piano terra Palazzo Feudale di Lavello (Fasc. 51, Inc. 10)

TAVOLA VII Pianta del secondo piano Palazzo Feudale di Lavello (Fasc. 51, Inc. 10)

TAVOLA VIII Pianta del terzo piano Palazzo Feudale di Lavello (Fasc. 51, Inc. 10)

TAVOLA IX Disegno dell’arco del portone della chiesa di Santa Maria di Pierno (Fasc. 141, Inc. 8)

369 Tavola I

370 Tavola II

371 Tavola III

372 Tavola IV

373 Tavola V

374 Tavola VI

375 Tavola VII

376 Tavola VIII

377 Tavola IX

378

G RAFICA E I MPAGINAZIONE studio / grafico / linearte . [pz]

S TAMPA tipolitografia / Olita . [pz]

F INITO DI STAMPARE NEL MESE DI MAGGIO 2004