Visitatori E Residenti - Questo Opuscolo Trilingue Realizzato Dalle Associazioni Iubilantes E Amici Di Cavargna E Dedicato All’Oratorio Di S
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PREMESSA Siamo lieti di presentare a tutti voi lettori - visitatori e residenti - questo opuscolo trilingue realizzato dalle Associazioni Iubilantes e Amici di Cavargna e dedicato all’oratorio di S. Lucio, uno dei beni culturali di maggior pregio all’interno dell’immenso patrimonio che costella il territorio tra Lario e Ceresio. Un edificio sacro, reso unico dalla presenza di complesse decorazioni “a fresco” di prege - vole fattura, dalla sua collocazione su un terrazzo panoramico a ri - dosso del confine italo-svizzero in corrispondenza dell’omonimo passo ma, soprattutto, dal profondo legame che unisce questo ora - torio alle comunità della Val Cavargna e della Val Colla. Gli abitanti di queste montagne, infatti, si incontrano ogni anno alle sue porte a memoria e celebrazione del “Santo degli Alpigiani”, che ha con - diviso con loro il faticoso lavoro dell’allevatore e casaro. Auguriamo a chi si trovi a camminare su queste montagne di im - parare ad approcciarsi ad esse con la stessa semplicità e genuinità che hanno caratterizzato la vita di San Lucio, apprezzando la na - tura, la storia e, perché no, la “sana” fatica che, a volte, la salita in quota richiede. Geom. Mauro Robba Rag. Gavino Fiori Presidente Comunità Montana Sindaco di Cavargna Valli del Lario e del Ceresio Carissimi, in occasione di questa pubblicazione e per la conoscenza minima che ho di San Lucio, vorrei condividere alcuni particolari. N La festa è il 12 luglio indipendentemente dal giorno della setti - mana, con una presenza inattesa di persone che vengono da ogni parte e non solo dalla Val Cavargna. N Il significato di Lucio, nelle varie ricerche, porta sempre alla Luce. Quasi a dire che la sua azione è stata luminosa, alla Luce vera che è quella del Creatore e non dei vari accorgimenti che ci possiamo dare noi, anche se belli e buoni ma sempre dati da crea - ture. E solo nella Luce vera si è di esempio di generazione in ge - nerazione. N San Lucio santo (che genera vita) della carità: non gli è stato chie - sto di bruciare l’incenso per l’imperatore; non gli è stata contestata la professione di fede; ma il motivo del martirio è fare il bene, pren - dendosi a cuore le persone. Questo è il metodo di Dio: Dio non ab - bandona nessuna delle sue creature e non dà loro solo il formaggio, ma dà ogni cosa perché le sue creature siano veramente per il mo - tivo per cui le ha create. N Santo laico, cioè battezzato e non prete né religioso, che vive in pienezza la sua umanità come dono e con tutti i doni che il batte - simo rivela e dà. N Santo lontano dalla cattedrale. Questo ci dice ancora una volta che la vita piena è possibile a tutti e in ogni luogo, l’importante è vivere o mettere in pratica la Parola di Dio, dove al centro c’è 1 l’ascolto, l’assimilazione e soprattutto quella forza che viene dalla comunione con la Parola che è Gesù: l’Eucaristia presenza viva e vera di Gesù. Il fonte battesimale non deve essere stato distante, così come anche la chiesa dove si celebrava la messa domenicale con tutto quello che riguardava la formazione cristiana: non si nasce cristiani ma si diventa. Queste montagne, con San Lucio ed altri Santi, sono terre fertili di vita umana nel senso più alto del termine. N Non c’è un documento di canonizzazione, ma c’è un Santo po - polare: il popolo ha riconosciuto alcuni segni e questi hanno por - tato fino al Santuario che è al passo dove ha ricevuto il martirio. Il cristianesimo rimane sempre legato al territorio (il cristianesimo non è una religione, ma incarnazione) ed è tale se si fa carne nella carne di chi lo professa. Si professa non a parole ma con la vita quotidiana che ci viene data e con le persone che il Signore stesso vuole farci incontrare. Spero che questa pubblicazione, il pellegrinaggio che ognuno vorrà fare e il silenzio della montagna ci aiutino a riscoprire in novità la bellezza di essere uomini e cristiani. Questo è il mio augurio e grazie. Don Giuseppe Pediglieri Parroco della Val Cavargna RAGIONI E CRITERI Con questa nuova guida dedicata a un oratorio alpestre entrano, nella quasi decennale collana che Iubilantes dedica ai monumenti religiosi delle terre lariane, la vita dura, le antiche viandanze e la profonda fede delle genti delle nostre montagne. Sono mantenute le scelte editoriali della collana: la funzione di agile documentazione, capace di offrire un’informazione semplice ma esauriente ed aggiornata sui monumenti visitati, la bibliografia essenziale, la destinazione ad un pubblico europeo, l’interesse per le tradizioni locali, l’impegno a rendere vivi chiese e santuari inse - rendoli nel tessuto delle ragioni storiche, geografiche e devozio - nali che ne hanno determinato la nascita. Ringraziamo Silvia Fasana, autrice dei testi, Lapis srl responsabile del progetto grafico e fotografico, Giorgio Grandi e l’Associazione “Amici di Cavargna” per la stretta collaborazione e il costante aiuto e sostegno, la Parrocchia, il Comune di Cavargna e la Comunità Montana Valli del Lario e del Ceresio per il prezioso contributo. Ringraziamo infine il Consiglio di Regione Lombardia, per avere condiviso ancora una volta il nostro impegno nella valorizzazione dello straordinario patrimonio di arte, fede e tradizioni delle nostre terre. Ambra Garancini Presidente IUBILANTES Organizzazione di Volontariato Culturale - ONLUS 2 1. IL PAESE DI CAVARGNA Val Cavargna, panorama Il paese di Cavargna è adagiato alle pendici del monte Garzirola, sotto il bosco detto Dolai, in un ambiente severo, alla testata del - l’omonima Valle. È uno degli angoli più appartati della Provincia, a causa del suo isolamento geografico e della sua difficile accessi - bilità (basta pensare che la strada provinciale fu completata solo nel 1953). Il “Museo della Valle”, sorto nel 1982 per iniziativa del - l’Associazione “Amici di Cavargna” , racconta il passato e l’iden - tità profonda di questa piccola comunità rurale di montagna, la cui vita era caratterizzata dalle quattro F: “Fam, Fum, Frecc e Fadiga ” (fame, fumo, freddo e fatica). L’economia tradizionale fino a pochi decenni fa era infatti caratterizzata dall’agricoltura, dall’alleva - mento del bestiame, dalla selvicoltura, ma anche, nei secoli XVIII e XIX, dall’estrazione e dalla lavorazione del ferro; le tracce di que - sta attività si possono ancora vedere in località Forni Vecchi. L’an - tica chiesa di S. Lorenzo, già documentata alla fine del secolo XIII, e più volte ampliata e rimaneggiata, divenne Parrocchiale nel 1596; fu demolita nel 1967 e sostituita dall’attuale, che della precedente ha mantenuto solamente la torre campanaria. 2.0 L’ORATORIO DI S. LUCIO 2.1 STORIA L’oratorio di S. Lucio sorge ad un’altitudine di 1542 metri, in po - sizione panoramica, al valico tra l’italiana Val Cavargna e l’elvetica Val Colla, a pochi metri dal confine italo-svizzero. È raggiungibile a piedi tramite una mulattiera dal paese di Cavargna, con una strada militare da Buggiolo in Val Rezzo, oltre il Passo della Cava, op - 3 pure da un sentiero da Bogno, in Val Colla. Una posizione strate - gica, di snodo tra un antichissimo “percorso di crinale”, usato fin dall’epoca preistorica e protostorica, e un “percorso di valico” di epoca storica. L’oratorio costituisce una piacevole sorpresa per chi, arrivando in quota, non si aspetta certo di trovare un edificio sacro di tali dimensioni, e soprattutto il visitatore non può non rimanere colpito dalla complessa decorazione interna, espressione di un an - tico e sentito legame con la comunità locale. L’architetto Luigi Mario Belloni, nella ricostruzione della storia di questo oratorio, ha ipotizzato che in loco esistesse già una struttura votiva romana, dove i viandanti sostavano per invocare le divinità propiziatrici del viaggio. Tale luogo di culto sarebbe stato poi usato anche in epoca cristiana e trasformato forse in quello che nel 1289, nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani attribuito a Goffredo da Bussero, viene ricordato come un oratorio dedicato a San Nabore martire. L’oratorio avrebbe avuto anche una funzione di ospitalità per i viandanti. La leggenda vuole che l’antico oratorio abbia preso poi nome da un pastore (Luguzzone/Ugucione) martirizzato nei suoi pressi e sepolto nell’oratorio stesso. Il Santo venne in seguito denominato Lucio: è citato per la prima volta con questo nome da Filippo Ferrari nel 1613, nel suo celebre repertorio Catalogus San - ctorum Italiae. In cammino verso S. Lucio La prima citazione dell’oratorio con la dedicazione a San Luguz - zone è contenuta in una lettera del 1358 dell’Arcivescovo di Milano Roberto Visconti a Villano Crivelli, vicario di Porlezza, in cui ve - niva nominato un tale Frate Viola, « eremita a S. Luguzon de Ca - vargna ». La prima planimetria della chiesa, conservata presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Milano ed eseguita proba - bilmente nel 1582, anno della visita del Cardinale Carlo Borromeo, mostra un edificio orientato, a navata unica articolata in tre campate e chiusa da un presbiterio a pianta rettangolare, dalla cui parete di fondo si accedeva ad una piccola sacrestia, addossata alla stessa 4 parete. Importanti informazioni per ricostruire la storia dell’orato - rio si trovano negli Atti delle Visite Pastorali dei secoli XVI, XVII e XVIII; in particolare quelli della Visita del Cardinale Federico Borromeo del 1606 descrivono accuratamente l’edificio, le sue di - mensioni e i dipinti di cui era ornato l’interno. Verso la metà del ‘600 viene realizzata la cappella laterale, inizialmente dedicata a San Bernardo, ora a San Rocco; nella prima metà del Settecento l’oratorio venne allungato con l’aggiunta dell’attuale presbiterio al posto dell’antica sacrestia e una nuova sacrestia venne addossata alla parete nord del nuovo presbiterio.