‘Nuove’ opere di Vittorio Bolaffio

Daniele D’Anza Università degli Studi di

L’esiguità di autografi di Vittorio Bolaffio ta all’inserimento della stessa nel suddetto accresce inevitabilmente l’interesse per il polittico. Progetto, nel caso, abbandonato, ritrovamento di alcuni inediti, che in questa ma che ci permette di avanzare una datazio- particolare occasione si desidera discutere. ne del dipinto ai primi anni Venti, a ridos- Si tratta di due dipinti a olio, uno su tela, so cioè dell’esecuzione delle composizioni l’altro su carta1; il primo presenta un Paesag- poi confluite nel quadrittico. Seppur nelle gio con contadine (fig. 1), in tutto fratello di varianti del caso, il tema delle contadine quella composizione con Ulivi posta in alto a lavoro nei campi fu altresì abbozzato da a sinistra nel quadrittico Tramonti, espo- Bolaffio in alcuni disegni, oggi ai Musei sto a Trieste alla Permanente del 19222. Vi Provinciali di Gorizia3; tra questi, Donna in si registra, infatti, la medesima proiezione campagna si configura come il più congruo geometrica degli spazi, impostata mediante precedente (fig. 2), in virtù della medesima fughe prospettiche vertiginose, sulle quali ambientazione agreste e della simile resa s’innestato gli elementi della figurazione, stilizzata della contadina, qui non ancora dai muretti di cinta alle contadine al lavoro accompagnata dalle altre due figure mu- nel campo. liebri (fig. 3). Tali disegni sono parte di un Anche in questo caso, la condotta stili- più ampio corpus grafico diviso tra il Museo stica coniuga suggestioni postimpressioni- Revoltella di Trieste e i Musei Provinciali di ste, derivate dagli esempi di Van Gogh, con Gorizia, un tempo proprietà dell’amico Ro- eleganze e stilizzazioni formali mutuate da berto Bazlen. opere di Matisse, artisti che il pittore do- Costui, nel tentativo di salvarli da una vette apprezzare e approfondire durante probabile dispersione, li cedette nel 1938 il soggiorno parigino. In sintonia, quindi, ad Antonio Morassi, amico comune dei due con i dipinti del quadrittico Tramonti, Bo- e allora direttore della Pinacoteca di Brera a laffio affoga l’atmosfera in una medesima, Milano4. Disegni e dipinti che, vivente il pit- emozionante, luce vespertina, tripudio di tore, trovarono ammiratori quasi esclusiva- rosa e arancio, tanto da far pensare, anche mente nella ristretta cerchia degli amici, e per quest’opera, a un’esecuzione finalizza- nemmeno in tutti. Tra essi, figuravano per-

AFAT 34 (2015), 181-188 ISSN 1827-269X DOI: 10.13137/2499-6750/12624 181 sonalità che rispondono al nome, non solo colui che, assieme a Stuparich e a Saba, assi- di Roberto Bazlen e Antonio Morassi, ma stette Bolaffio negli ultimi mesi di vita. Pri- anche di Italo Svevo, Giani Stuparich, Vir- ma del 1960 questi lo vendette a un collezio- gilio Giotti e , ossia “il meglio nista goriziano, da cui è pervenuto all’attuale della grande città dove son nate”5. E anche collezione privata triestina6. questo Paesaggio con contadine non sfugge a Anche il secondo dipinto risultava in tale dinamica essendo stato, in origine, pro- origine in possesso d’un caro amico dell’au- prietà del pittore Sante Lucas (1898-1982), tore: il Lavoratore portuale affiorato recen-

1. Vittorio Bolaffio, Paesaggio con contadine. Trieste, collezione privata

2. Vittorio Bolaffio, Donna in campagna. Gorizia, Musei Provinciali

AFAT 34 (2015), 181-186 182 ISSN 1827-269X 3. Vittorio Bolaffio, Paesaggio con contadine, particolare. Trieste, collezione privata

4. Vittorio Bolaffio, Lavoratore portuale. Trieste, collezione privata

Daniele D’Anza, ‘Nuove’ opere di Vittorio Bolaffio 183 temente sul mercato antiquario triestino sa dallo stesso lavoratore, come indurreb- reca, infatti, l’indicazione di proprietà del be a credere il gesto del braccio sinistro, o, poeta Umberto Saba7, la cui stima nei ri- al contrario, non apribile nemmeno dallo guardi del pittore si scopre in numerose stesso, il cui tentativo, appena abbandona- poesie fra le quali la Brama, componimen- to, si evidenzia nel capo sconsolatamente to ‘centrale’ del suo Canzoniere8. Il dipinto reclinato e in quel braccio che, ormai sen- è riferibile all’ultimo periodo di attività di za speranza, si stacca dalla sbarra (Fig. 4). Bolaffio, quando, nella seconda metà degli Quest’ultima ipotesi apre inevitabilmente a anni Venti, egli andava ideando, con sem- un’interpretazione dell’opera che affonda in pre maggior convinzione, quel Polittico del suggestioni letterarie diffuse nell’ambiente porto, alla fine mai completato, ma di cui si triestino frequentato dal pittore. La com- conservano gli schizzi preparatori e alcune posizione sembra allora evocare la parabola tele. Un’opera dalle dimensioni imponenti, Davanti alla Legge di Franz Kafka, autore che lunga più di dieci metri, pensata a decoro in Italia, e in particolar modo a Trieste, in di un’osteria portuale, che avrebbe dovuto quegli anni, trovava in Bazlen il suo primo dipanarsi a guisa d’ampia e paratattica sin- promotore10. Similmente al contadino della fonia di raffigurazioni oblunghe, a lunetta o parabola, anche il piccolo lavoratore por- tonde, celebranti la vita portuale con i suoi tuale si trova innanzi a una soglia enorme; lavoratori, le sue navi e i marinai, i com- ma se nella parabola kafkiana, l’ingresso, miati struggenti e le mete agognate, in un pur aperto, contempla la presenza di un enorme e colorato concerto visivo9. enorme guardiano, che sembra impedirne Pur non inserito in nessuno degli schizzi l’entrata, nel dipinto di Bolaffio il mano- noti tratteggianti tale polittico, il Lavoratore vale, attrezzi in mano e capo chinato, cala- portuale vi si riconduce invero nell’adozione to nella calura estiva, è colto nell’atto della del tema: un manovale nell’atto d’incedere resa, quando, constatata l’impossibilità di verso l’osservatore, tenendosi alle spalle varcare quella soglia a lui occlusa, abbattuto un’enorme porta rossa sbarrata, forse chiu- e arreso ritorna sui suoi passi.

AFAT 34 (2015), 181-186 184 ISSN 1827-269X Note

1 Lavoratore portuale, olio su carta, cm 24 x 54, 8 G. Lavezzi, Saba ritrattista di Bolaffio: un trittico Trieste, collezione privata; Contadine al cam- ricostruito, “Autografo”, III, 9, 1986, pp. 36‑45. po, olio su tela, cm 27x108, siglato in basso a 9 La problematica relativa la realizzazione del destra “V.B.”, Trieste, collezione privata. Polittico del porto è stata affrontata, da ultimo, 2 D. D’Anza, Vittorio Bolaffio, Trieste 2010, cat. nel catalogo della mostra Vittorio Bolaffio e il 33-36, p. 220. porto di Trieste nei disegni della collezione San- 3 Campagna, matita e china nera e rossa su car- guinetti, a cura di S. Vatta, Trieste 2011. In ta quadrettata, mm 112 x 175; Scena campestre, chiusura, il volume offre l’elenco dei soggetti matita e china nera e rossa su carta quadret- presenti nei taccuini di disegni di collezione tata, cm 108 x 175; Donna in campagna, matita Sanguinetti e la bibliografia generale sul pit- nera su carta quadrettata, mm 74x114 (D’Anza tore. Sfortunatamente, dei trecento disegni 2010, catt. D17, D20, D22, p. 233). che compongono questa collezione, soltan- to una trentina vengono riprodotti e la mera 4 Antonio Morassi in una lettera a Eugenio elencazione finale dei soggetti affrontati (si Montale ricorda l’episodio: “Le dirò ora d’un tratta perlopiù di rapidi schizzi tracciati a ma- atto che denota la bontà e la gentilezza d’ani- tita, talvolta ripassati a china), in assenza di mo di Bazlen. All’inizio della guerra venne a un commento critico, non appaga le aspetta- trovarmi e mi portò un pacco di disegni del tive dello studioso, al quale non resta che ri- compianto nostro comune amico Vittorio Bo- farsi all’imponente lavoro di catalogazione di laffio, dicendomi che nelle mie mani sareb- tutti i disegni di Bolaffio operato tra il 1986 e il bero stati più sicuri che nelle sue, ora che la 1987 da Cristina Pituello nella sua tesi di per- vita era diventata per lui così infida. Aggiun- fezionamento condotta presso l’Università di se che egli me li dava in memoria dell’amico, Padova sotto la guida di Giuseppina Dal Can- sulla cui opera io avevo scritto qualche piccolo ton. In questo lavoro, noto da tempo agli studi saggio”. La lettera si conserva presso la Foto- e base d’appoggio per i curatori del catalogo teca dell’Archivio Morassi dell’Università Ca’ della mostra goriziana del 1999 (Vittorio Bo- Foscari di Venezia. laffio disegni e dipinti, catalogo della mostra a 5 U. Saba, Due felicità, in Il Canzoniere, Torino cura di A. Delneri, Venezia 1999), nonché per 1961, p. 325. la monografia edita nel 2010, la studiosa ca- 6 Tali passaggi di proprietà si ricavano dalla let- taloga e riproduce più di quattrocento disegni tera di accompagnamento dell’opera vergata riferibili a Bolaffio, tra cui quelli di collezione da Maria Devetag in cui si leggge: “Il dipinto Sanguinetti e quelli di collezione americana. raffigurante tre contadine in un campo è sta- La studiosa, inoltre, propone per la prima to dato a mio padre da un suo amico pittore di volta la ricostruzione del Polittico finale a ven- nome Santo o Sante prima del 1960 e da allora tiquattro dipinti e anche quella delle versio- è appartenuto alla mia famiglia. Altro non ri- ni intermedie a venti e ventidue quadri. Nel cordo e non so”. catalogo della mostra del 2011 invece, si pre- 7 Stadion casa d’aste Trieste, 12-13 dicembre senta in coda una bibliografia generale a tratti 2014, lotto 345. Nella scheda di catalogo si fuorviante che, basandosi su quella presentata ricorda come il dipinto fosse stato regalato da dallo scrivente nel 2010, dichiara di arricchir- Umberto Saba a sua nipote Paoletta. la con nuovi riferimenti. A ben vedere però, la

Daniele D’Anza, ‘Nuove’ opere di Vittorio Bolaffio 185 maggior parte delle ‘nuove’ citazioni biblio- lato (2010, p. 71, nota 9 e bibliografia), dove grafiche appaiono conseguenza di un metodo più volte compare il riferimento al capovaloro “che ha tenuto conto anche di singole citazio- bolaffiano Conversazione o Parlano di politica, ni” del nome del pittore: metodo pericoloso fiore all’occhiello, ironia della sorte, proprio e discutibile, che renderebbe impossibile della collezione Bruno Sanguinetti. compilare bibliografie di Leonardo o Caravag- Più recentemente (E. Lucchese, Introduzio- gio, per far degli esempi. Tale metodo infatti ne, in Collezione goriziana. Disegni e dipinti dal viene meno alla finalità consueta di questo XVII al XX secolo, Gorizia 2011, pp. 4-8), si è tipo di strumento, ossia agevolare il compito ritenuto che un disegno con Ritratto di soldato, dello studioso nella ricerca di apporti critici raffigurasse l’autoritratto del pittore: tuttavia, relativi all’artista in esame. La bibliografia, la nota ritrosia di Bolaffio a rappresentarsi, peraltro, evidenzia come “nuove citazioni” sommata alla scarsa aderenza con i suoi tratti indicazioni bibliografiche da noi riportate in fisiognomici, induce a scartare tale proposta. nota al saggio, ma non riprese in bibliogra- 10 Davanti alla Legge è una parabola contenuta nel fia generale perché non ritenute essenziali romanzo Il Processo, pubblicato nel 1925, ma all’approfondimento dell’opera di Bolaffio, si già edita nell’edizione di Capodanno del 1915 veda a esempio La Storia del Circolo Artistico di del settimanale ebraico “Selbstwehr” e poi Trieste di Wostry o Trieste di Ara e Magris, dove nel 1919 all’interno della raccolta Un medico di il nome dell’artista compare una sola volta e ‘di campagna. Giani Stuparich (Trieste nei miei ri- passaggio’ (D’Anza 2010, p. 17, nota 7 e p. 77, cordi, [1948 ] Trieste 2004, p. 26) a tal propo- nota 23).Nell’indicare, quindi, come ‘nuovi’, sito ricorda: “… certamente Kafka fu una sco- riferimenti bibliografici già noti, si tralascia- perta di Bobi [Bazlen] per l’Italia”. A conferma, no alcuni interessanti apporti già segnalati ammetterà come Bazlen gli dallo scrivente, come Appunti inutili di Virgi- fece conoscere molte pagine di Kafka, oltre ai lio Giotti o l’importante carteggio intercorso romanzi di Svevo (I. Svevo – E. Montale, Car- tra Saba e Montale edito nel 1984 sulla rivista teggio. Con gli scritti di Montale su Svevo, a cura di “Autografo”, da noi opportunamente segna- G. Zampa, Milano 1976, p. 57).

The author dwells on two paintings by Vittorio Bolaffio unknown up to this moment and relate them with the cultural environment in Trieste attended by the artist of the twenties of nine hundred period. At that time he is confronted with personalities such as Umberto Saba, Italo Svevo, Giani Stuparich, , Antonio Morassi and Roberto Bazlen, part of a small circle of his admirers, who worked to preserve the works. [email protected]

AFAT 34 (2015), 181-186 186 ISSN 1827-269X L’inesausto desiderio di appartenere alla modernità. Manlio Malabotta e la collezione degli artisti giuliani

Maurizio Lorber Civico Museo Revoltella, Trieste

Manlio Malabotta, in un articolo del 1932, tuttavia è a Trieste che l’entropia stilistica sosteneva che “di una scuola triestina non si appare più evidente, poiché si innesta su può, né si potrà mai parlare”, al pari di Bobi di una realtà con radici storiche, sociali e Bazlen secondo il quale: “come non esiste culturali distanti ed atipiche nel panorama un unico tipo triestino, non esiste nem- nazionale italiano. Malabotta reputava che meno una cultura creativa triestina; creare i personaggi più significativi di questa sta- un’opera omogenea con premesse simili sa- gione artistica fossero Bolaffio, Carmelich, rebbe stato impossibile1”. I presupposti, da Cernigoj, Fini, Levier, Nathan, così stilisti- par suo, Malabotta li aveva ben chiari: “Città camente lontani fra loro da essere accomu- marittima formatasi alla svelta, Trieste, con nati dalla reciproca dissonanza3. Il corpus di elementi eterogenei, del nord e del sud, opere degli artisti giuliani della “Collezione dell’oriente e dell’occidente. Conglomerato Malabotta” che ora viene donato alla città di di nazionalità, che seppur all’esterno poco Trieste da Franca Fenga Malabotta testimo- rilevanti, mantengono nell’intimo, anche nia di questa precisa realtà culturale, attri- incoscientemente, intatte le caratteristiche buendo ulteriore rilevanza a delle opere già originarie2”. Significativo come i due ami- importanti ma che, nella loro composizio- ci, forse confrontandosi l’un l’altro, forse ne, accrescono il proprio valore storico. seguendo individualmente i loro ragiona- Tre infatti sono le linee guida che ci per- menti, giungessero a conclusioni analoghe. mettono di apprezzare il lascito: in primis la Trieste, per la sua eterogeneità e per le sue stretta correlazione esistente fra le opere e contraddizioni insanabili, ricorrenti tan- il lavoro di critico militante svolto da Ma- to nella sua storia quanto nell’arte, è stata labotta negli anni tra il 1929 e il 1935. Nei postmoderna prima ancora che la categoria suoi articoli, come ormai ben noto, dopo le concettuale fosse inventata. Anche gli stu- due mostre triestine4, emerge con evidenza diosi più accreditati la configurano quale il raro acume critico sostenuto da quei tratti labirinto senza centro. Se le avanguardie caratteriali così affini tra coloro i quali vivo- del Novecento si caratterizzano per la tota- no nel multiforme emporio di anime e merci le frantumazione dell’idea unitaria di stile, che è Trieste: mordacità, vivacità intellet-

AFAT 34 (2015), 187-190 ISSN 1827-269X DOI: 10.13137/2499-6750/12625 187 tuale, passionalità. A testimoniare della sua testimoniano, ognuna a suo modo, di uno qualità critica, fra i dipinti donati appare la slancio particolare verso la contempora- Donna buranese con scialle sul capo di Arturo neità. Infatti nelle loro immagini si river- Fittke al quale, già nel 1929, Malabotta asse- bera quel mondo culturale che “trattiene” gnò, con largo anticipo sugli studi succes- Trieste in quanto provincia dell’Impero ma sivi, un ruolo rilevante nella storia dell’arte che esprime al contempo l’inesausto desi- triestina5. La lungimiranza critica e il ruolo derio di appartenere alla modernità. Così di rilievo che ebbe in quegli anni nello sti- l’inquietudine di Vittorio Bolaffio rimanda molare l’ambiente artistico e culturale – det- alle memorie letterarie di Gianni Stuparich tato dal suo voler essere uomo del proprio e Umberto Saba. Giorgio Carmelich8, con- tempo – costituiscono il filo rosso che lega notato dall’inesauribile vitalità creativa – i suoi scritti l’uno all’altro. Ne consegue che “vide la vita attuale con occhi nuovi” – tese non potesse mancare anche qualche sferzata ad introdurre, come un fuoco d’artificio, il intemperante alle scelte poco coraggiose del Futurismo in area giuliana. Arturo Nathan Curatorio del Museo Revoltella. Non solo, a riprese le esperienze della Neue Sachlichkeit suo dire, la modernità a Trieste fu opera di e del Realismo Magico teorizzato da Franz pochi, e si ravvisò soltanto nel ’22 quando Roh9. La circostanza non trascurabile è che “alcuni giovani cominciano a fare «stranez- per tutti questi artisti Malabotta curò ap- ze» e scuotono l’ambiente”, salvo poi ag- profondimenti critici – ricordiamo la mo- giungere caustico: “Ci si scopre finalmente nografia dedicata a Carmelich10 nel 1930 – in ritardo, di quasi vent’anni. Allora tutti e, in alcuni casi, esposizioni. corrono a mettersi in orario6”. Che Malabot- In terza istanza vale sottolineare come le ta manifestasse una sua predilizione per il opere palesino una qualità – parametro caro rinnovamento è noto ma nella frase emerge a Bernard Berenson – tale da annoverarle fra anche quella peculiarità triestina rappre- le migliori realizzazioni dei singoli autori. sentata dall’autocritica impietosa, spesso Sarebbero sufficienti laSolitudine di Arturo venata di cinico sarcasmo, di cui, non a caso, Nathan e l’amatissima Cinesina del gorizia- è stato maestro Bobi Bazlen7. no Vittorio Bolaffio per avvedersene. È -Ma In seconda istanza i dipinti e i disegni labotta che, per primo, comprende ed evi- rappresentano, nel loro insieme, un contri- denzia le peculiarità stilistiche di quest’ul- buto imprescindibile per delineare la storia timo artista. Attraverso la sua sintetica dei movimenti, delle idealità e dei sodalizi analisi, in filigrana, scorgiamo “la bellezza che, sorti in ambito locale, possono essere della nostra città, la vita interessantissima correlati alle più importanti esperienze ita- del porto”. Il mondo figurativo di Bolaffio liane e straniere: dal Futurismo alla Pittura viene così definito: “La sua pittura è lenta, metafisica, dalMagischer Realismus al Nove- meditata, profonda e, soprattutto, solitaria; cento di Margherita Sarfatti. Le opere degli questo il suo valore e la sua grandezza: di artisti giuliani, presenti nella Collezione aver visto e interpretato le cose come altri Malabotta, di Giorgio Carmelich, Adolfo mai, di aver trasfigurato pittoricamente il Levier, Mario Lannes, Arturo Nathan, Vit- vero in una visione personalissima. Si ab- torio Bolaffio e del già citato Arturo Fitke, biano presenti i dipinti in cui analizzò il

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