Giovanni Giura San Francesco Di Asciano
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San Francesco di Asciano San Francesco di Giovanni Giura San Francesco di Asciano OPERE, FONTI E CONTESTI PER LA STORIA DELLA TOSCANA FRANCESCANA ] callida iunctura callida [ Mandragora [ callida iunctura ] Collana di storia dell’arte diretta da Andrea De Marchi 1 Giovanni Giura San Francesco di Asciano opere, fonti e contesti per la storia della Toscana francescana © 2018 Mandragora. Tutti i diritti riservati. Mandragora s.r.l. via Capo di Mondo, 61 50136 Firenze www.mandragora.it Editor Referenze fotografiche College; image courtesy of the Marco Salucci Foto Giandonato Tartarelli, Scuola Clark Art Institute, Williamstown, Maria Cecilia Del Freo Normale Superiore (giandonato. Massachusetts, USA; © The [email protected]); foto Giovanni Cleveland Museum of Art, Leonard Art director Martellucci, Università degli Studi C. Hanna, Jr. Fund 1961.40; Gallerie Paola Vannucchi di Firenze (giovanni.martellucci Nazionali di Arte Antica di Roma, con Matteo Bertelli @unifi.it);foto Michael Braune Palazzo Barberini* (foto Mauro © Kunsthistorisches Institut, Coen); Polo museale della Toscana.* Stampa Firenze; foto Andrea De Marchi; Foto Archivio Pinacoteca Nazionale Grafiche Martinelli, Bagno a Ripoli foto Giovanni Giura; foto Giacomo di Siena; Isabella Stewart Gardner Guazzini; foto Max Hutzel © Digital Museum, Boston; Kunsthistorisches Confezione image courtesy of the Getty’s Open Institut, Firenze; The Metropolitan Legatoria Giagnoni, Calenzano Content Program; foto Lensini, Siena; Museum, New York; Musée du Petit foto Marco Possieri, Comune di Palais, Avignone, Photo © RMN- Città della Pieve; foto Mario Sansoni, Grand Palais / René-Gabriel Ojéda; Siena. Fondazione Federico Zeri: National Gallery, Londra. la riproduzione fotografica è tratta dalla Fototeca della Fondazione Federico Zeri. I diritti patrimoniali Stampato in Italia d’autore risultano esauriti. Berenson Collection, Villa I Tatti, Florence, * Su concessione del Ministero per i beni e le reproduced by permission of attività culturali e del turismo. È vietata ogni isbn 978-88-7461-379-3 © President and Fellows of Harvard ulteriore riproduzione con qualsiasi mezzo. Mandragora 5 Capitolo i. San Francesco di Asciano nei secoli presentazione Un osservatorio esemplare Le chiese francescane sono sempre un condensato vertiginoso di storia. Quella di Ascia- no all’apparenza è la consueta aula coperta a capriata e conclusa da tre cappelle, an- cora popolata di vivaci stucchi barocchi (attorno a due altari seicenteschi e a quattro settecenteschi) e fra essi di copiosi affreschi di età gotica. Nulla di speciale? Sapendola interrogare, ritessendo i fili delle fonti e delle opere, come ha saputo fare magistralmente Giovanni Giura, racconta però storie complesse e sorprendenti. Merito di questo libro è quello di offrire un esempio di metodo, di come ogni indizio e ogni particolare possa essere utilizzato per provare a schizzare un quadro d’insie- me caleidoscopico, a ricucire un complesso disintegrato e stravolto, superstite solo per frammenti. L’idea di fondo è che un edificio simile sia un palinsesto, che va sottoposto all’incrocio di letture verticali (le trasformazioni di ogni punto attraverso il tempo) e tagli orizzontali (lo status sinottico fotografato in un dato momento storico). Al tempo stesso questa indagine micro-storica ha ben altre ambizioni. Non a caso la tesi di perfezionamento, avviata alla Scuola Normale Superiore di Pisa sotto la guida di Maria Monica Donato e poi di Massimo Ferretti, da cui è tratto questo libro, aveva un titolo emblematico: San Francesco ad Asciano. Un osservatorio per lo studio delle chie- se minoritiche toscane. Partendo dalla chiesa scialenga viene rimesso in discussione il mito storiografico delle chiese francescane ad aula come derivanti da quella di Cortona, riferita impropriamente nella sua facies attuale, ormai primo-trecentesca, al progetto di frate Elia. Si provano ad individuare delle leggi tendenziali non univocamente riferibili all’esistenza di un ferreo modello normativo, ma radicate in una fenomenologia ricca di varianti, utili comunque per definire delle chiare scansioni cronologiche per l’impetuosa crescita e rifondazione delle architetture francescane fra Due e Trecento. Si ragiona sui resti di affreschi della cappella maggiore, misti di blando cimabuismo e illusionismo ar- chitettonico francesizzante ancora del tutto pre-giottesco, sugli stemmi Tolomei dipinti in un secondo momento, sulla funzione originale della Madonna col Bambino di Lippo Memmi ora nel Museo di Palazzo Corboli e su una lapide in cui si dice che Antonio di Meo Tolomei eresse un nuovo dormitorio, scala e loggia, nel 1345, quando fu da lui «apropriata la capela». Su queste basi viene avviata una riflessione più generale sul sormontare del patronato gentilizio nelle cappelle maggiori delle chiese dei mendicanti nel secondo quarto del Trecento. Non si aveva finora consapevolezza del fatto che la tavola di Lippo Memmi fosse il centro di un grandioso eptittico, con ai lati altri pannelli perduti, raffiguranti da sinistra a destra santa Maria Maddalena, san Francesco, san Giovanni Battista, san Giovanni Evangelista, sant’Antonio da Padova e santa Chiara. Il donatore effigiato, verosimilmente il citato Antonio Tolomei, esercitò dunque il suo patronato sulla cappella maggiore a date precoci e questo polittico, riferibile al terzo decennio, si pone in testa di serie, imitato come fu dai francescani di San Gimignano e di Pistoia, che si rivolsero difatti allo stesso Lippo Memmi. Per sostanziare questa e altre ipotesi strategico si è rivelato il recupero di una fonte seguente. Ne è derivata una sorta di monografia del pittore, che è stata stralciata da manoscritta incredibilmente negletta finora – con la sola eccezione di Donal Cooper, questo volume, ma che spero possa essere pubblicata in altra sede. Artisti maggiori e che l’ha utilizzata per San Francesco a Pisa e per San Francesco a Colle Val d’Elsa – vale minori si succedettero e lasciarono traccia. Viene tentata la restituzione anche grafica dei a dire la Descrizione di padre Ludovico Nuti (1664-1668), da cui si possono ricavare complessi originari, là dove possibile: così per la sequenza di storie cristologiche ormai innumerevoli notizie su opere non più in essere, su date, patronati e dedicazioni. Questa quattrocentesche del Maestro di Sant’Agostino a Monticiano, che decorava la parete fonte viene collazionata col ricco referto del visitatore apostolico Angelo Peruzzi, del destra prima del tramezzo, così per la ricostruzione della nicchia di Sant’Antonio abate, 1583, ricavando così una precisa scansione degli interventi e delle modifiche via via sistema integrato di scultura lignea e affreschi. Per gli affreschi datati 1372 collocati intercorse. È curioso che padre Nuti faccia risalire lo scialbo delle antiche pitture murali nella controfacciata a sinistra, ove era un altare di Santa Caterina di Alessandria (Ora- precisamente nel 1474 (l’inizio: «si cominciò a scialbarla»). Un momento cruciale della zione nell’orto e Supplizio di santa Caterina d’Alessandria), viene avanzata un’ipotesi risistemazione della chiesa viene giustamente individuato nel 1545, data recuperata in favore di Giovanni d’Asciano, pittore mitizzato da Vasari ma storicamente esistente, per la pala di Bartolomeo Neroni detto il Riccio, ora in Pinacoteca Nazionale a Siena, attestato fra 1359 e 1398. Ogni epoca lasciò le sue tracce. Dopo le presenze minori di che rimpiazzò sull’altare maggiore il polittico di Lippo Memmi, come viene ora argo- Pietro di Ruffolo e di Agostino di Marsilio, ampiamente attivi fra le Crete e la Val di mentato. Giura ipotizza che già allora, subentrando i frati ai Tolomei nel patronato Chiana, spiccano ancora per qualità le finte architetture della cappella di San Lorenzo, della cappella maggiore, sia stato avanzato l’altare, retrocesso il coro e smantellato il al seguito di Orioli, verso il 1490, e una trascurata Crocifissione legata ai primi anni tramezzo, in anticipo dunque rispetto alle deliberazioni del concilio di Trento, come senesi del Sodoma. del resto si verifica anche per l’operosità di Vasari nella sua città, ad Arezzo, prima dei Questo libro ha anche una sua attualità politica. Il bizzarro palinsesto della chiesa radicali interventi di ispirazione granducale nelle basiliche fiorentine di Santa Croce e scialenga, dove una robbiana di Luca il giovane si mescola con gli stucchi barocchi e Santa Maria Novella. gli affreschi trecenteschi, ha il suo fascino e meriterebbe di essere valorizzato con una Il testo di padre Ludovico Nuti si rivela particolarmente prezioso per la puntuale riqualificazione museale. Sarebbe giusto ricollocare le pale dentro alle loro cornici ba- descrizione di tre opere risalenti al secondo quarto del Duecento, che sembrano di una rocche, ma pure diversificare il percorso del Museo di Palazzo Corboli, annettendovi certa importanza e delineano la triade canonica di temi cristologici, mariani e agiografici organicamente questo edificio e riportandovi la tavola di Lippo Memmi, la statua di riservata alle più antiche decorazioni dei tramezzi: Sant’Antonio abate da rimettere nella sua nicchia in dialogo con le pitture murali circo- stanti, l’Annunciazione di Francesco di Valdambrino ai lati della cappella maggiore e, - Una Croce dipinta con sei storie della Passione, datata 1229, indizione seconda (che perché no, un giorno anche la pala del Riccio della Pinacoteca senese. Il risarcimento dei è corretto), anzi precisamente venerdì 4 maggio, forse in connessione con la festività di contesti originali