ISBN: 978-88-98389-45-2 TEATRO MASSIMO

Gioachino Rossini |

Gioachino Rossini Membro di LA CENERENTOLA

STAGIONE

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Piazza Verdi - 90138 Palermo euro 10,00

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OPERE E BALLETTI SOCI FONDATORI Fondazione Teatro Massimo

Francesco Giambrone Sovrintendente

CONSIGLIO DI INDIRIZZO Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) Presidente Leonardo Di Franco Vicepresidente Daniele Ficola Francesco Giambrone Sovrintendente Enrico Maccarone Anna Sica

COLLEGIO DEI REVISORI Maurizio Graffeo Presidente Marco Piepoli Gianpiero Tulelli Data Turno Ora

Martedì 19 aprile Prime 20.30 Giovedì 21 aprile B 18.30 Venerdì 22 aprile C 18.30 Domenica 24 aprile D 17.30 Martedì 26 aprile S2 18.30 LA CENERENTOLA

Dramma giocoso in due atti Libretto di Jacopo Ferretti Musica di Gioachino Rossini

Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817

Edizione critica a cura di

Editore proprietario: Casa Ricordi, Milano

Nuovo allestimento del Teatro Massimo in coproduzione con il Teatro delle Muse di Ancona

INDICE

9 Argomento 13 Synopsis 17 Argument 21 Handlung

25 Maria Galeno | Introduzione all’opera

31 Libretto 32 Atto I 49 Atto II

65 Annalisa Albanese | Mille e una Cenerentola 85 Intervista a Giorgio Barberio Corsetti 91 La Cenerentola al Teatro Massimo

111 Bibliografia essenziale

113 Note biografiche

ARGOMENTO

ATTO I Nella casa ormai in rovina di Don Magnifico, il suo patrigno, Angelina (Cenerentola) è occupata a pulire, trattata da tutti come una cameriera, mentre le sue sorellastre, Clorinda e Tisbe, provano abiti e gioielli. Angelina canta una canzone che parla di un re che dopo lungo cercare ha trovato moglie disprezzando fasto e bellezza e scegliendo innocenza e bontà (“Una volta c’era un re”). Quando un mendicante entra in casa, Clorinda e Tisbe vogliono mandarlo via, ma Angelina gli offre pane e caffè. Mentre il mendicante sta mangiando, arrivano dei cavalieri ad annunciare che il principe Don Ramiro è alla ricerca di una sposa, e che presto verrà in visita da loro, per invitare al ballo le figlie di Don Magnifico. Le due sorelle entrano in grande agitazione, tanto da svegliare bruscamente Don Magnifico, che racconta il suo sogno beneaugurante (“miei rampolli femminini”). Arriva Don Ramiro, che ha indossato gli abiti del suo valletto, in modo da poter osservare il comportamento delle donne, come gli ha suggerito il suo tutore Alidoro. Il principe incontra Angelina ed entrambi si innamorano immediatamente (“Un soave non so che”). Don Ramiro è venuto per annunciare l’arrivo del principe, che è in realtà Dandini, cameriere di Ramiro, sotto mentite spoglie. Dandini, fingendo di essere il principe, fa una grandiosa entrata in scena (“Come un’ape nei giorni d’aprile”) e li invita tutti al ballo. Anche Angelina vorrebbe andare, ma Don Magnifico non intende consentirglielo. Don Ramiro e Dandini intercedono a favore della ragazza, ma Don Magnifico dice che è solo una serva ignobile; anzi, quando Alidoro chiede che fine abbia fatto la sua terza figlia, dice che è morta (“Nel volto estatico”). Angelina rimane sola in casa, ma LA CENERENTOLA

presto la raggiunge il mendicante: è Alidoro, e promette alla fanciulla che la accompagnerà al ballo e che il cielo la ricompenserà per il suo buon cuore (“Là del ciel nell’arcano profondo”). Nel palazzo di Don Ramiro, Don Magnifico si dà da fare nella cantina del principe (“Conciosiacosaché”). Dandini intanto si libera delle due ragazze e riferisce a Don Ramiro che le due figlie di Don Magnifico gli sembrano due stupide; il principe è confuso, perché Alidoro gli ha assicurato che avrebbe trovato la sua futura sposa proprio in casa di Don Magnifico (“Zitto zitto, piano piano”). Clorinda e Tisbe arrivano e pressano Dandini perché dichiari quale ha scelto come sposa. Senza compromettersi, Dandini fa presente che potrà sposarne solo una e suggerisce Ramiro come possibile marito per la sorella respinta, ma entrambe offese disdegnano l’idea di sposare un semplice scudiero. Alidoro annuncia l’arrivo alla festa di una bella donna misteriosa. Si tratta di Angelina, ma nessuno la riconosce, anche se Don Ramiro e Don Magnifico notano la somiglianza. L’atto si conclude con un gran banchetto, mentre tutti hanno l’impressione di trovarsi in un sogno (“Mi par d’essere sognando”).

ATTO II In una stanza nel palazzo del principe. Don Magnifico si congratula in anticipo con le figlie: una di loro sposerà il principe e lui acquisterà ricchezza e influenza (“Sia qualunque delle figlie”). Quando se ne vanno, giunge Don Ramiro, intento a fantasticare sulla signora sconosciuta e la sua somiglianza con Angelina, ma è interrotto dall’arrivo di Dandini, che chiede la mano di Angelina. Lei rifiuta e gli confessa schiettamente di essere innamorata del suo valletto; Don Ramiro, felice, le dichiara il suo amore, ma la fanciulla non lo accetta subito: gli porge uno dei suoi bracciali e gli dice che se davvero la ama, saprà ritrovarla, usando il braccialetto come segno di riconoscimento, poi scompare. Don Ramiro si prepara a iniziare la ricerca della sua amata ( “Sì, ritrovarla io giuro”). Dandini confessa a Don Magnifico che lui è solamente il valletto del

10 ARGOMENTO

principe (“Un segreto d’importanza”). Il barone è inizialmente incredulo, poi furibondo quando Dandini lo scaccia dal palazzo. Tornata in casa di Don Magnifico, Angelina canta di nuovo la ballata iniziale. Don Magnifico e le due sorellastre ritornano dal ballo, di pessimo umore. Un temporale infuria e fa rovesciare la carrozza del principe, costringendo Dandini e Ramiro a cercare riparo appunto in casa di Don Magnifico. Cenerentola scopre così che don Ramiro è il principe, mentre lui riconosce con gioia e stupore il secondo braccialetto (“Questo è un nodo avviluppato”). Don Magnifico, Clorinda e Tisbe sono furibondi e si sfogano contro Angelina. Don Ramiro minaccia di punirli, ma la buona fanciulla gli chiede di perdonarli. Nella scena finale, Angelina perdona tutti e sposa il principe, dichiarando che i suoi giorni tra i maltrattamenti e la cenere sono ormai finiti (“Nacqui all’affanno e al pianto”).

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SYNOPSIS

ACT I In the house of her ruined stepfather Don Magnifico, Angelina (Cenerentola) is busy working as maid, while her stepsisters, Clorinda and Tisbe, try on their gowns and jewelry. Angelina sings a song about a King who found his wife among common folk (“Una volta c’era un re”). When a beggar comes, Clorinda and Tisbe want to send him away, but Angelina offers him bread and coffee. While the beggar is eating, courtiers arrive to announce that Prince Don Ramiro is looking for a bride, and that he will soon stop by: the two sisters are all aflutter, and their father Don Magnifico, woken up from deep sleep, tells them his auspicious dream (“Miei rampolli femminini”). The prince arrives, disguised as his own valet in order to observe the women, as his tutor Alidoro suggested. He meets Angelina and both fall immediately in love (“Un soave non so che”). Don Ramiro annouces the arrive of the Prince, who is actually Dandini, Ramiro’s valet, in disguise. Dandini arrives, dressed as the prince (“Come un’ape nei giorni d’aprile”) and invites them all to the ball. Angelina would like to go, too, but Don Magnifico forbids her from attending. Alidoro, Don Ramiro and Dandini all pleads for the girl, but Don Magnifico says she is only a servant and that his third daughter is dead, and leave Angelina alone (“Nel volto estatico”). The beggar comes back: he is Alidoro, and tells Angelina he will accompany her to the ball, and that the heaven will reward her kind heart (“Là del ciel nell’arcano profondo”). In Don Ramiro’s palace, Don Magnifico is busy with the prince’s wine cellar (“Conciosiacosaché”). Dandini disentangles himself from the two girls and tells Ramiro how stupid Don Magnifico’s daughters are; Don LA CENERENTOLA

Ramiro is confused, because Alidoro insisted that one of them had to be his bride (“Zitto zitto, piano piano”). Clorinda and Tisbe arrive and ask Dandini to declare his choice. Without committing, Dandini suggests Ramiro as a possible husband for the rejected sister, but they disdain the offer. Alidoro announces the arrival of a beautiful, mysterious lady. She is Angelina, but nobody can recognize her. Everyone thinks to be in a dream (“Mi par d’essere sognando”).

ACT II In a room in the Prince’s palace. Don Magnifico reassures his daughters: one of them will marry the prince (“Sia qualunque delle figlie”). When they leave, Don Ramiro enters daydreaming about the unknown lady and her resemblance to Angelina. He hides when Dandini arrives with Angelina and tries to court her. She refuses, because she is in love with his valet; Don Ramiro declares his love, but she hands him one of her bracelets and tells him that if he really cares for her, he will find her, then disappears. Don Ramiro is ready to search her everywhere (“Sì, ritrovarla io giuro”). Dandini confesses to Don Magnifico that he is really the prince’s valet (“Un segreto d’importanza”). Don Magnifico becomes highly indignant, and Dandini orders him out of the palace. Back in Don Magnifico’s house, Angelina sings again her ballad. Don Magnifico and his two daughters arrive from the ball in bad mood. A thunderstorm rages. Dandini and Ramiro arrive, seeking shelter because the carriage has overturned. Cenerentola discovers that Don Ramiro is the prince, and he recognizes her bracelet (“Questo è un nodo avviluppato”). Don Magnifico, Clorinda and Tisbe are angry. Don Ramiro threatens to punish them, but Angelina ask him to forgive them. In the final scene, Angelina forgive everyone and marries the prince, declaring that her days serving as maid are over (“Nacqui all’affanno e al pianto”).

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ARGUMENT

ACTE I Dans la maison de son beau-père Don Magnifico, Angelina (Cenerentola) est occupé à travailler comme femme de ménage, tandis que ses demi-sœurs, Clorinda et Tisbe, essaient leurs robes et bijoux. Angelina chante une chanson sur un roi qui trouva sa femme parmi le peuple (“Una volta c’era un re”). Angelina offre du pain et du café à un mendiant que Clorinda et Tisbe veulent renvoyer. Des chevaliers arrivent pour annoncer que le prince Don Ramiro est à la recherche d’une épouse, et qu’il va bientôt arriver chez eux: les deux sœurs sont en émoi, et Don Magnifico, réveillé par leurs cris, raconte un rêve de bon augure qu’il a fait (“Miei rampolli femminini”). Le prince arrive, déguisé en valet afin d’observer les femmes, comme son tuteur Alidoro lui a suggéré. Il rencontre Angelina et les deux tombent immédiatement amoureux (“Un soave non so che”). Don Ramiro annonce l’arrivée du prince, qui est en fait Dandini, son valet. Dandini arrive, déguisé en prince (“Come un’ape nei giorni d’aprile”) et les invite tous à un grand bal. Angelina aimerait y aller, mais Don Magnifico le lui interdit. Alidoro, Don Ramiro et Dandini plaident tous pour elle, mais Don Magnifico dit qu’elle est seulement une servante et que sa troisième fille est morte, puis tous s’en vont (“Nel volto estatico”). Le mendiant revient: il est Alidoro, et dit à Angelina qu’il l’accompagnera au palais du prince, et que le ciel récompensera son bon cœur (“Là del ciel nell’arcano profondo”). Dans le palais de Don Ramiro, Don Magnifico est occupé avec le vin de la cave du prince (“Conciosiacosaché”). Dandini se démêle de Clorinda et Tisbe et dit à Don Ramiro que les deux filles sont stupides; Don Ramiro est confus, parce qu’Alidoro à insisté que l’une d’entre elles LA CENERENTOLA

devait être son épouse (“Zitto zitto, piano piano”). Clorinda et Tisbe arrivent et demandent à Dandini de déclarer son choix. Évasivement, Dandini suggère Ramiro comme un mari possible pour la sœur rejetée, mais les deux dédaignent l’offre. Alidoro annonce l’arrivée d’une belle, mystérieuse dame. Elle est Angelina, mais personne ne la reconnaît, même si Don Ramiro et Don Magnifico remarquent la similitude. Tout le monde croît être dans un rêve (“Mi par d’essere sognando”).

ACTE II Dans une chambre dans le palais du Prince. Don Magnifico rassure ses filles: l’une d’elles se mariera avec le prince (“Sia qualunque delle figlie”). Quand ils quittent la pièce, arrive Don Ramiro qui rêve de la dame inconnue et de sa ressemblance avec Angelina. Il se cache lorsque Dandini arrive avec Angelina et tente de lui faire la cour. Elle refuse et lui dit être amoureuse de son valet de chambre; Don Ramiro déclare son amour, mais elle lui tend un de ses bracelets et lui dit que s’il l’aime vraiment, il va la retrouver, puis disparaît. Don Ramiro est prêt à la rechercher partout ( “Sì, ritrovarla io giuro”). Dandini avoue à Don Magnifico qu’il est simplement le valet du prince (“Un segreto d’importanza”). Don Magnifico s’indigne et Dandini lui ordonne de quitter le palais. De retour dans la maison de Don Magnifico, Angelina chante à nouveau sa ballade. Don Magnifico et ses deux filles arrivent, de mauvaise humeur. Un orage se déchaîne. Dandini et Don Ramiro arrivent, cherchant un abri parce que leur voiture a été renversé. Cenerentola découvre que Don Ramiro est le prince, et il reconnaît l’autre bracelet (“Questo è un nodo avviluppato”). Don Magnifico, Clorinda et Tisbe sont en colère. Don Ramiro menace de les punir, mais Angelina lui demander de leur pardonner. Dans la scène finale, Angelina pardonne sa famille et déclare que ses souffrances sont terminés (“Nacqui all’affanno e al pianto”).

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Handlung

1. AKT In seinem prächtigen, jedoch stark verfallenen Landsitz lebt der verarmte Don Magnifico Montefiascone mit seinen beiden Töchtern Clorinda und Tisbe und seiner Stieftochter Angelina, die alle Arbeiten im Haus verrichten muss, und nur Cenerentola, Aschenputtel, genannt wird. Cenerentola sitzt bei ihrer Arbeit am Herd und singt ein altes Lied (“Una volta c’era un re”). Damit erregt sie den Zorn ihrer beiden Schwestern. Alidoro, Philosoph und Erzieher des Prinzen Ramiro, erscheint in der Verkleidung als Bettler. Cenerentola bietet ihm ein Frühstück an, sehr zum Unmut ihrer Schwestern. Kavaliere des Prinzen kündigen die baldige Ankunft Ramiros an, der die Töchter in sein Schloss einladen will, sie zum Ball führen und dann die Schönste von ihnen zu seiner Braut wählen möchte. Clorinda und Tisbe treiben Cenerentola, ihnen Schmuck und Kleider zu bringen, um in Schönheit erstrahlen zu können. Der vom Steit erwachte Don Magnifico ist erbost, dass seine Töchter ihm einen wundervollen Traum zerstört haben: Er glaubt, bald sei die Zeit gekommen, wo er seinen Stand wieder aufwerten könne (“Miei rampolli femminini”). Geführt von Alidoro betritt Prinz Ramiro die Behausung Don Magnificos. Auf Anraten seines Erziehers hat er mit seinem Kammerdiener Dandini Kleidung und Rolle getauscht, um die künftige Braut besser prüfen zu können. Cenerentola lässt beim Anblick des ihr Unbekannten die Kaffeetasse fallen. Beide sind voneinander fasziniert und verzaubert (“Un soave non so che”). Der wahre Kammerdiener, Dandini, erscheint mit großem Pomp (“Come un’ape nei giorni d’aprile”). Dandini lädt Clorinda und Tisbe mit ihrem LA CENERENTOLA

Vater zum Fest in das Schloss ein. Die Mädchen brechen mit ihren Kavalieren dahin auf. Cenerentola möchte auch mit zum Fest. Ihre Bitte wird brüsk abgeschlagen. Da erscheint aufs Neue Alidoro und schlägt vor Don Magnificos Augen ein Register-Buch auf, in dem verzeichnet steht, dass Don Magnifico drei Töchter habe. Der behauptet, die dritte sei gestorben. Cenerentola begehrt auf. Gerade können Dandini und Ramiro noch verhindern, dass sie Schläge erhält (“Nel volto estatico”). Doch zum Fest darf sie nicht mitkommen. Nunmehr gibt sich Alidoro Cenerentola zu erkennen. Er wird sie ins Schloss geleiten (“Là del ciel nell’arcano profondo”). Im Schloss des Prinzen Ramiro angekommen, ernennt der falsche Prinz Dandini Don Magnifico zum Kellermeister. Während er sich in den fürstlichen Weinkeller begibt (“Conciosiacosaché”), Dandini und Ramiro haben erkannt, dass Clorinda und Tisbe für eine Ehe mit dem Prinzen und für den Thron nicht geschaffen sind (“Zitto zitto, piano piano”). Alidoro führt eine unbekannte, verschleierte Dame zum Fest. Ihr Auftritt erregt Erstaunen und Bewunderung. Als die Schöne sich entschleiert, stellen Don Magnifico und seine Töchter fest, dass diese Dame Cenerentola sehr ähnlich sieht. Wie alle ist auch Ramiro von der Erscheinung entzückt (“Mi par d’essere sognando”).

2. AKT Don Magnifico bittet Clorinda und Tisbe, ihn nach ihrem Aufstieg nicht zu vergessen und träumt von einem Leben in Reichtum (“Sia qualunque delle figlie”). Ramiro geht die schöne Unbekannte, die dem Mädchen aus der Asche gleicht, nicht mehr aus dem Sinn. Er sieht, wie der falsche Prinz um sie wirbt. Doch Cenerentola weist Dandini ab. Sie erklärt ihm, dass sie schon den Kammerdiener liebe. Ramiro ist erleichtert und erfreut. Cenerentola ist jedoch noch nicht zu einer sofortigen Verbindung mit Ramiro bereit. Erst soll er sie in ihrer täglichen Umgebung suchen und finden. Als Wiedererkennungszeichen gibt sie ihm einen Armreif. Wenn er bei ihr einen gleichen sehe und sie ihm

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dann noch gefalle, wolle sie ihm gehören. Don Ramiro schwört, sie wiederzufinden (“Sì, ritrovarla io giuro”) Dandini muss nun Don Magnifico darüber aufklären, dass er in Wahrheit nicht der Prinz ist. Der Vater wartet schon ungeduldig auf das Ergebnis der Brautwahl. Nun ist er empört und wie vom Schlag getroffen (“Un segreto d’importanza”). Cenerentola ist wieder zu Hause. Auch die Familie kehrt aus dem Schloss zurück. Ein Gewitter zieht auf. Die Kutsche des Prinzen stürzt vor dem Hause um und Dandini und der Prinz müssen hier Zuflucht suchen. Cenerentola soll sofort den Ehrensessel für den Prinzen bringen. Noch immer hält sie Dandini für den echten Prinzen. Ihr Vater offenbart ihr die Wahrheit. Prinz Ramiro entdeckt bei ihr den gesuchten Armreif. Alle geraten außer Fassung (“Questo è un nodo avviluppato”). Der Prinz wirbt um das Mädchen aus der Asche, voller Verachtung tritt er den Schwestern und Don Magnifico gegenüber. Aber Cenerentola bittet um Verzeihung für ihre Familie. Alle sind von der triumphierenden Herzensgüte gerührt und Cenerentola ist überglücklich. Nun kann die Hochzeit sein (“Nacqui all’affanno e al pianto”).

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INTRODUZIONE ALL’OPERA di Maria Carmen Galeno

La Cenerentola è l’opera con la quale giunge al termine l’inarrivabile produzione comica di Gioachino Rossini (1792-1868). Dal 1817, infatti, malgrado i grandi successi tributati alle sue opere buffe, il compositore, appena venticinquenne, si dedicherà solamente ad opere serie. Insieme ad altri due capolavori: L’italiana in Algeri e Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola porta l’opera buffa al suo miglior esito storico. Come scrive Paolo Gallarati, il realismo grottesco su cui si basano i tre capolavori comici non rappresenta, però, l’unica strada percorsa da Rossini: Il turco in Italia mostra, ad esempio, un realismo quotidiano che ha i suoi antecedenti nella commedia pe’ mmuseca napoletana. Nella Cenerentola, Rossini apporta una ventata di grandi novità che riguardano non solo lo stile musicale, ma soprattutto la concezione generale del dramma. Ciò avviene attraverso una geniale riproposizione di uno schema narrativo tipico del teatro antico da Euripide a Plauto, come ha notato Cesare Questa: un personaggio protagonista (Angelina, orfana di madre e figlia di primo letto di Don Magnifico), sottomesso ad una figura antagonista (Don Magnifico, il nobile decaduto), eun terzo personaggio che interviene per risolvere la situazione (Dandini, lo scudiero che si traveste da Principe). Il tutto è arricchito da una grande quantità di elementi della semiotica carnevalesca propri del teatro comico di ogni tempo, ma che in Rossini si manifestano assumendo dei tratti del tutto nuovi ed originali. Il riso e la maschera (dietro la quale si cela il servo Dandini assumendo le sembianze del principe) non rappresentano, infatti, solamente una manifestazione del comico o del buffonesco, bensì dei mezzi attraverso i quali si realizza l’obiettivo primario del compositore: relativizzare il negativo attraverso l’irruzione LA CENERENTOLA

del comico positivo sul palcoscenico. Proprio per questo motivo, Rossini decide di allontanarsi dalla dimensione magica e fiabesca sulla quale si imperniava la favola di Perrault, da cui è tratto, appunto, il soggetto dell’opera. Il libretto, scritto dal romano Jacopo Ferretti in soli ventidue giorni, è ispirato ad una fortunata opéra-comique del 1810: la Cendrillon di Nicolò Isouard su libretto di Charles-Guillaume Étienne. Da essa Ferretti derivò l’idea del travestimento del cameriere Dandini, che si finge principe. Rossini e Ferretti conoscevano un’altra intonazione della favola, che forse li influenzò nella scelta, Agatina o La virtù premiata (1814) di Stefano Pavesi su libretto di Francesco Fiorini (da essa deriva la scena del sogno di Don Magnifico). Ma fu sicuramente la consapevolezza di avere a disposizione una cantante come Gertrude Righetti-Giorgi a fornire una spinta decisiva nella scelta del soggetto; nelle sue memorie Ferretti fa riferimento infatti a: «quell’aria d’ingenua bontà che forma uno dei caratteri distintivi della buona madama Giorgi». Dopo solo tre settimane di lavoro, il 25 gennaio 1817, l’opera andò in scena al Teatro Valle di Roma; con l’impresario Pietro Cartoni, Rossini aveva stipulato un contratto l’anno precedente, subito dopo lo strepitoso successo del Barbiere di Siviglia. Il compositore pesarese sarebbe dovuto tornare a Roma nel mese di ottobre, ma non fu così: a causa di un ritardo della prima rappresentazione del suo Otello a Napoli, dovette posticipare il suo arrivo di due mesi. Fu per questo motivo che la stesura dell’opera avvenne in maniera così celere; i recitativi secchi, le arie dei comprimari Alidoro “Vasto teatro è il mondo”, Clorinda “Sventurata, mi credea”, e il coro introduttivo del secondo atto “Ah, della bella incognita” furono composti da un musicista romano di secondo piano, Luca Agolini. La prima dell’opera, tuttavia, non ebbe una buona accoglienza, probabilmente a causa della fretta con cui era stata preparata. L’unica interprete unanimemente lodata fu Righetti-Giorgi. Con le successive repliche, però, migliorati i cantanti e l’orchestra, il successo arrivò; e molto presto l’opera venne data dai più grandi teatri italiani ed europei. Come si è già detto, Rossini, anche per soddisfare le esigenze del

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pubblico romano, modificò il carattere fiabesco di un racconto divenuto fin troppo popolare. Egli infatti volle dar vita ad una commedia realistica nella quale i costumi dell’epoca potessero essere ben riconoscibili e talvolta condannabili. Ciò che emerge sono, appunto, le doti morali della protagonista attraverso le quali si esplica l’intento edificante dell’intera opera. Ogni personaggio è una creatura viva e reale, definita da ben ricercate caratteristiche canore e stilistiche: non più la fata, bensì il saggio Alidoro (basso); al posto della matrigna, Don Magnifico (basso), il patrigno altrettanto spietato e malvagio; Dandini (basso), il simpatico cameriere che aiuta il principe Don Ramiro (tenore) nella sua impresa; Clorinda (soprano) e Tisbe (mezzosoprano), le sorellastre sciocche e viziate; ed infine Angelina (contralto), dall’animo nobile e gentile, che vive facendo da serva al patrigno e alle sorellastre, sognando tuttavia un futuro migliore. È proprio in queste vesti che appare sin dall’inizio del primo atto, in cui intona la commovente e malinconica melodia “Una volta c’era un re”, un andantino contrapposto all’allegro con brio cinguettante delle sorellastre che, infastidite dalla sua solita canzone, si pavoneggiano davanti allo specchio. Improvvisamente un mendicante bussa alla porta; è Alidoro, il saggio consigliere del principe che, passando per le case, mette alla prova il carattere delle ragazze in cerca di un marito. A differenza delle sorellastre, che lo trattano sgarbatamente, Angelina mostra subito la sua nobiltà interiore, regalandogli di nascosto del pane e del caffè. Improvvisamente il coro “O figlie amabili”, intonato da un gruppo di cavalieri, blocca l’azione di Clorinda e Tisbe pronte a scagliarsi violentemente contro la povera Angelina. L’annuncio dell’arrivo del principe smuove infatti gli animi delle sorellastre: egli inviterà le ragazze del paese ad una festa per scegliere la sua futura sposa. Subito dopo, la cavatina “Miei rampolli femminili” segna l’ingresso di Don Magnifico; si tratta della tipica aria rossiniana da “buffo caricato”, in cui la voce del solista si muove liberamente in stile parlante sui vari spunti melodici dell’orchestra. Don Magnifico, bieco in volto per esser stato svegliato di soprassalto, rimprovera le figlie; ma dopo aver appreso la notizia della venuta del principe anch’egli non starà più nella pelle, sperando in un

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miglioramento delle sorti familiari. Successivamente un’introduzione strumentale dal carattere misterioso accompagna l’ingresso di Don Ramiro, che travestito da scudiero avanza a poco a poco. L’incontro tra Angelina e il Principe è un vero e proprio colpo di fulmine, che Rossini traduce in un vivo e realistico duetto “Un soave non so che”, il cui tema si fonda sul ritmo della precedente canzone intonata da Cenerentola, come a voler manifestare sottilmente una prima alleanza tra i due personaggi. Il clima poetico e sentimentale lascia il posto ad una scena leggera e briosa in cui primeggia la figura di Dandini travestito da Principe. Egli giunge per accompagnare le figlie di Don Magnifico alla festa, intonando una piccante cavatina: “Come un’ape ne’ giorni d’aprile”. Qui la musica comunica il clima eccessivo d’ebrezza dovuto all’euforia del servo che assapora le gioie e le delizie della vita dei principi. Successivamente, mentre la goffa corte principesca si avvia, Angelina piange per esser stata respinta malamente dal patrigno; ma l’intervento di Alidoro risolverà la situazione: egli condurrà la fanciulla alla festa coprendola con splendidi abiti e una maschera sul volto. L’atto si conclude dunque con l’arrivo della splendida dama velata alla festa. Il suo ingresso determina il fondersi di tutte le voci in un vivace concertato, che ricorda dei procedimenti tipici delle opere precedenti. La dama, dopo aver scoperto il volto, lascerà tutti folgorati dalla sua bellezza, ma desterà strani sospetti nei suoi familiari. Nel secondo atto, l’azione è nuovamente ambientata nel palazzo di Don Ramiro, al quale Cenerentola ha consegnato il suo smaniglio (un braccialetto) in segno del suo amore, credendo tuttavia che fosse uno scudiero. Nel frattempo Don Magnifico, ansioso di sapere quale delle due figlie sposerà il Principe, scopre da Dandini di esser stato truffato. Il cameriere gli rivela infatti la sua reale identità con il comico duetto, tipicamente rossiniano, “Un segreto d’importanza”; il barone, arrabbiato e affranto, è dunque costretto a tornare a casa portando con sé le figlie. All’incidente architettato da Alidoro, in seguito al quale la carrozza di Don Ramiro si ribalta proprio davanti al castello di Don Magnifico, segue il sestetto “Quest’ è un nodo avviluppato”. In esso le voci entrano l’una dopo l’altra per unirsi in un canto sillabico e di tanto

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in tanto liberarsi in brevi gorgheggi. Si tratta del consueto concertato proprio del melodramma buffo, cui Rossini conferisce un tratto originale non solo attraverso l’uso di un contrappunto staccato mediante un procedimento che ritroveremo nel più di sessant’anni dopo, ma soprattutto attraverso dei comici giochi di parole onomatopeiche (gruppo, rintrecciato, sgruppa etc.), che ricordano quelli presenti anche nel concertato “Nella testa ho un campanello” dell’Italiana in Algeri. L’azione si sposta poi a casa di Don Magnifico, il quale con atteggiamento arrogante, mostra la sua rabbia e insolenza in un recitativo parlante, al quale prendono parte anche le figlie e il servo Dandini. Ciò suscita l’ira del Principe, che invita infine Cenerentola a regnare e a trionfare. L’ultima scena rappresenta dunque il giorno delle nozze esaltando il personaggio di Angelina, che stupita per la gioia, diventa il vero simbolo della bontà: nonostante le angherie subite, perdona il patrigno e le sorellastre. La virtuosistica aria finale in forma di tema e variazioni “Nacqui all’affanno” si conclude con con una sezione ripresa di peso dall’aria di Almaviva “Cessa di più resistere” nel Barbiere di Siviglia (si tratta del secondo autoimprestito della partitura, dopo la sinfonia ripresa da La Gazzetta). Secondo lo scrittore francese Stendhal essa è «un po’ più di una semplice aria di bravura; ci si trova anche qualche barlume di sentimento». La Cenerentola, infatti, presenta una ardua e complessa vocalità, specialmente per quanto riguarda i personaggi di Ramiro e Angelina, due personaggi che si avvicinano a quelli delle grandi opere serie del compositore: attraverso l’agilità del canto, vocalizzi e roulades, Rossini puntava alla creazione di un linguaggio che potesse ristabilire il clima fiabesco ed irreale di Perrault. Infine, attraverso il trionfo di virtù e virtuosismo, Rossini anticipa ingegnosamente la convenzione della grande aria finale della protagonista, che sarà tipica in Bellini e Donizetti.

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LIBRETTO

LA CENERENTOLA dramma giocoso in due atti

Libretto di Jacopo Ferretti

PERSONAGGI Don Ramiro (tenore), principe di Salerno Dandini (basso), suo cameriere Don Magnifico (buffo), barone di Monte Fiascone, padre di Clorinda (soprano) e di Tisbe (mezzosoprano) Angelina (contralto), sotto nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico Alidoro (basso), filosofo, maestro di Don Ramiro

Coro di cortigiani del Principe

La scena, parte in un vecchio palazzo di Don Magnifico, e parte in un casino di delizie del Principe distante mezzo miglio. LA CENERENTOLA

ATTO I CLORINDA E TISBE Antica sala terrena nel castello del Cenerentola, finiscila Barone, con cinque porte; a destra con la solita canzone. camino, tavolino con specchio, cestello con fiori, e sedie. CENERENTOLA Presso al fuoco in un cantone Scena prima via lasciatemi cantar. Clorinda provando uno sciassé; Tisbe Una volta c’era un Re. acconciando un fiore ora alla fronte ora Una volta… al petto; Cenerentola soffiando con un manticetto al camino per far bollire un CLORINDA cuccumo di caffè; indi Alidoro da povero; E due, e tre. poi seguaci di Ramiro. CLORINDA E TISBE CLORINDA La finisci sì o no? No no no: non v’è, non v’è Se non taci ti darò. chi trinciar sappia così leggerissimo sciassé. CENERENTOLA Una volta… TISBE Sì sì sì: va bene lì. (s’ode picchiare. Cenerentola apre, ed Meglio lì; no, meglio qui. entra Alidoro da povero) Risaltar di più mi fa. CLORINDA, TISBE E CLORINDA E TISBE CENERENTOLA A quest’arte, a tal beltà Chi sarà? sdrucciolare ognun dovrà. ALIDORO CENERENTOLA (con tuono flemmatico) Un tantin di carità. Una volta c’era un Re, che a star solo s’annoiò: CLORINDA E TISBE cerca, cerca, ritrovò; Accattoni! Via di qua. ma il volean sposare in tre. Cosa fa? CENERENTOLA Sprezza il fasto e la beltà. Zitto, zitto: su prendete e alla fin sceglie per sé questo po’ di colazione. l’innocenza e la bontà. (versa una tazza di caffè, e la dà con un La la là pane ad Alidoro coprendolo dalle sorelle) li li lì Ah non reggo alla passione, la la là. che crudel fatalità!

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ALIDORO CLORINDA E TISBE Forse il Cielo il guiderdone Cenerentola vien qua. pria di notte vi darà. Le mie scarpe, il mio bonné. Cenerentola vien qua. CLORINDA E TISBE (pavoneggiandosi) Le mie penne, il mio collié. Risvegliar dolce passione Nel cervello ho una fucina; più di me nessuna sa. son più bella e vo’ trionfar. (volgendosi ad osservare Alidoro) A un sorriso, a un’occhiatina Ma che vedo! Ancora lì! Don Ramiro ha da cascar. Anche un pane? anche il caffè? (scagliandosi contro Cenerentola) CENERENTOLA Prendi, prendi, questo a te. Cenerentola vien qua. Cenerentola va’ là. CENERENTOLA Cenerentola va’ su. Ah! soccorso chi mi dà! Cenerentola va’ giù. Questo è proprio uno strapazzo! ALIDORO (frapponendosi inutilmente) Mi volete far crepar? Vi fermate, per pietà. Chi alla festa, chi al solazzo ed io resto qui a soffiar. (si picchia fortemente; Cenerentola corre ad aprire, ed entrano i cavalieri) ALIDORO Nel cervello una fucina CORO sta le pazze a martellar. O figlie amabili – di Don Magnifico Ma già pronta è la ruina. Ramiro il Principe – or or verrà, Voglio ridere a schiattar. al suo palagio – vi condurrà. Si canterà – si danzerà: CORO poi la bellissima – fra l’altre femmine Già nel capo una fucina sposa carissima – per lui sarà. sta le donne a martellar; il cimento si avvicina, CLORINDA E TISBE il gran punto di trionfar. Ma dunque il Principe? CLORINDA (dando una moneta a CORO Cenerentola, onde la dia ai seguaci del Or or verrà. Principe) Date lor mezzo scudo. Grazie. Ai cenni CLORINDA E TISBE del Principe noi siamo. E la bellissima? (osservando il povero e raggricciando il naso) CORO Ancor qui siete? Si sceglierà. Qual tanfo! Andate, o ve ne pentirete.

33 LA CENERENTOLA

CENERENTOLA (accompagnando (questionando fra loro, ed opponendosi a Alidoro) vicenda d’entrare a destra) (Io poi quel mezzo scudo A voi l’avrei donato; TISBE Ma non ho mezzo soldo. Il core in mezzo Esser la prima Mi spaccherei per darlo a un infelice.) voglio a darne la nuova. (marcato assai, e Alidoro parte) CLORINDA ALIDORO Oh! mi perdoni. (Forse al novello dì sarai felice.) Io sono la maggiore.

TISBE TISBE Cenerentola, presto No no, gliel vo’ dir io. prepara i nastri, i manti. (crescendo nella rabbia fra loro) CLORINDA Gli unguenti, le pomate. CLORINDA È questo il dover mio. TISBE Io svegliare lo vuo’. Venite appresso. I miei diamanti. TISBE CENERENTOLA Oh! non la vincerai. Uditemi, sorelle… CLORINDA (osservando fra le scene) CLORINDA (altera) Ecco egli stesso. Che sorelle! Non profanarci con sì fatto nome. Scena seconda Don Magnifico, bieco in volto, esce in TISBE (minacciandola) berretta da notte e veste da camera, e E guai per te se t’uscirà di bocca. detti; indi Cenerentola.

CENERENTOLA DON MAGNIFICO (Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.) Miei rampolli femminini, (entra a sinistra) vi ripudio; mi vergogno! Un magnifico mio sogno TISBE mi veniste a sconcertar. Non v’è da perder tempo. (ricusando di dar loro a baciar la mano) Clorinda e Tisbe ridono quando non le CLORINDA guarda. Nostro padre (da sé, osservandole) avvisarne convien. Come son mortificate!

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Degne figlie d’un Barone! CLORINDA Via: silenzio ed attenzione. Che son tre dì che nella deliziosa… State il sogno a meditar. Mi sognai fra il fosco e il chiaro TISBE un bellissimo somaro. Vicina mezzo miglio Un somaro, ma solenne. venuto è ad abitar… Quando a un tratto, oh che portento! su le spalle a cento a cento CLORINDA gli spuntavano le penne Sceglie una sposa… ed in alto, fsct, volò! Ed in cima a un campanile TISBE come in trono si fermò. Ci mandò ad invitar… Si sentiano per di sotto le campane sdindonar. CLORINDA Col cì cì, ciù ciù di botto E fra momenti… mi faceste risvegliar. Ma d’un sogno sì intralciato TISBE ecco il simbolo spiegato. Arriverà per prenderci… La campana suona a festa? Allegrezza in casa è questa. CLORINDA Quelle penne? Siete voi. E la scelta Quel gran volo? Plebe addio. la più bella sarà… Resta l’asino di poi? Ma quell’asino son io. DON MAGNIFICO (in aria di stupore ed Chi vi guarda vede chiaro importanza) che il somaro è il genitor. Figlie, che dite! Fertilissima Regina Quel principon! Quantunque io nol l’una e l’altra diverrà; conosco… ed il nonno una dozzina Sceglierà!.. v’invitò… Sposa… più bella! di nepoti abbraccierà. Io cado in svenimento. Alla favella Un Re piccolo di qua. è venuto il sequestro. Il principato Un Re bambolo di là. per la spinal midolla E la gloria mia sarà. già mi serpeggia, ed in una parola il sogno è storia, ed il somaro vola. (interrompendosi e strappandosi Don (Cenerentola entra, vota il caffè e lo reca Magnifico) nella camera di Don Magnifico) Cenerentola, presto. CLORINDA Portami il mio caffè. Viscere mie. Sappiate che fra poco… Metà del mio palazzo è già crollata, e l’altra è in agonia. Fatevi onore. TISBE Mettiamoci un puntello. Il Principe Ramiro… (andando e tornando, e riprendendo le 35 LA CENERENTOLA

figlie, che stanno per entrare) CENERENTOLA Figlie state in cervello. Che batticuore! Parlate in punto e virgola. Per carità: pensate ad abbigliarvi; RAMIRO si tratta niente men che imprinciparvi. Forse un mostro son io!

(entra nelle sue stanze, Clorinda e Tisbe CENERENTOLA (prima astratta poi nella loro) correggendosi con naturalezza) Sì… no, signore. Scena terza Don Ramiro e Cenerentola. RAMIRO Don Ramiro vestito da scudiero; guarda Un soave non so che intorno e si avanza a poco a poco. in quegl’occhi scintillò!

RAMIRO CENERENTOLA Tutto è deserto. Amici? Io vorrei saper perché Nessun risponde. In questa il mio cor mi palpitò? simulata sembianza le belle osserverò. Né viene alcuno? RAMIRO Eppur mi diè speranza Le direi… ma non ardisco. il sapiente Alidoro, che qui, saggia e vezzosa, CENERENTOLA degna di me trovar saprò la sposa. Parlar voglio, e taccio intanto. Sposarsi… e non amar! Legge tiranna, che nel fior de’ miei giorni CENERENTOLA E RAMIRO alla difficil scelta mi condanna. Una grazia, un certo incanto Cerchiam, vediamo. par che brilli su quel viso! Quanto caro è quel sorriso. Scena quarta Scende all’alma e fa sperar. Cenerentola cantando fra’ denti con sottocoppa e tazza da caffe, entra RAMIRO spensierata nella stanza, e si trova a faccia Del Baron le figlie io chiedo. a faccia con Ramiro; le cade tutto di Dove son? qui non le vedo. mano, e si ritira in un angolo. CENERENTOLA CENERENTOLA Stan di là nell’altre stanze. Una volta c’era… Or verranno. (Addio speranze.) Ah! è fatta! RAMIRO (con interesse) RAMIRO Ma di grazia, voi chi siete? Cos’è?

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CENERENTOLA questo cor più mio non è.) Io chi sono? Eh! non lo so. RAMIRO (da sé, astratto, osservandola RAMIRO sempre) Nol sapete? (Quell’accento, quel sembiante è una cosa sovrumana. CENERENTOLA Io mi perdo in quest’istante Quasi no. già più me non trovo in me. (accostandosi a lui sottovoce e Che innocenza! che candore! rapidissima, correggendosi ed Ah! m’invola proprio il core! imbrogliandosi) Questo cor più mio non è.) Quel ch’è padre, non è padre… Onde poi le due sorelle… Scena quinta Era vedova mia madre… Ramiro solo; indi Don Magnifico in abito Ma fu madre ancor di quelle… di gala senza cappello. Questo padre pien d’orgoglio… Sta’ a vedere che m’imbroglio? RAMIRO Deh! scusate, perdonate Non so che dir. Come in sì rozze spoglie alla mia semplicità. sì bel volto e gentil! Ma Don Magnifico non apparisce ancor? Nunziar vorrei RAMIRO del mascherato principe l’arrivo. Mi seduce, m’innamora Fortunato consiglio! quella sua semplicità. Da semplice scudiero il core delle femmine CLORINDA, TISBE E DON meglio svelar saprò. Dandini intanto MAGNIFICO recitando da principe… (dalle loro stanze, a vicenda ed insieme) Cenerentola… da me. DON MAGNIFICO Domando RAMIRO un milion di perdoni. Quante voci! che cos’è? Dica: e Sua Altezza il Principe?

CENERENTOLA RAMIRO A ponente ed a levante, Or ora arriva. a scirocco e a tramontana, non ho calma un solo istante, DON MAGNIFICO tutto tutto tocca a me. E quando? (ora verso una, ora verso l’altra delle porte) RAMIRO Vengo, vengo. Addio, signore. Tra tre minuti. (con passione) (Ah ci lascio proprio il core 37 LA CENERENTOLA

DON MAGNIFICO (in agitazione) TISBE Tre minuti! ah figlie! Sire… Sbrigatevi: che serve? Le vado ad affrettar. Scusi; per queste CLORINDA E TISBE ragazze benedette, Ma quanti favori! un secolo è un momento alla toelette. (entra dalle figlie) DON MAGNIFICO Che diluvio! che abisso di onori! RAMIRO Che buffone! E Alidoro mio maestro DANDINI sostien che in queste mura Nulla, nulla; sta la bontà più pura! (con espressione or all’una ora all’altra) Basta basta, vedrem. Alle sue figlie Vezzosa; graziosa! convien che m’avvicini. (accostandosi a Ramiro) Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini. (Dico bene?) Son tutte papà.

Scena sesta RAMIRO Cavailieri, Dandini e detti; indi Clorinda (Bestia! attento! ti scosta; va’ là.) e Tisbe. DANDINI (alle due sorelle che lo CORO guardano con passione) Scegli la sposa, affrettati: Per pietà, quelle ciglia abbassate. s’invola via l’età. galoppando sen va la ragione, La principesca linea. e fra i colpi d’un doppio cannone se no s’estinguerà. spalancato è il mio core di già. (da sé) DANDINI (Ma al finir della nostra commedia Come un’ape ne’ giorni d’aprile che tragedia qui nascer dovrà.) va volando leggiera e scherzosa; corre al giglio, poi salta alla rosa, CLORINDA E TISBE (ognuna da sé) dolce un fiore a cercare per sé; (Ei mi guarda, sospira, delira, fra le belle m’aggiro e rimiro; non v’è dubbio: è mio schiavo di già.) ne ho vedute già tante e poi tante, ma non trovo un giudizio, un sembiante, RAMIRO (sempre osservando con un boccone squisito per me. interesse se torna Cenerentola) (Ah! perché qui non viene colei, (Clorinda e Tisbe escono, e sono con quell’aria di grazia e bontà?) presentate a Dandini da Don Magnifico in gala) DON MAGNIFICO (da sé osservando con compiacenza Dandini, che sembra CLORINDA innamorato) Prence! (E già cotto, stracotto, spolpato 38 LIBRETTO

l’Eccellenza si cangia in Maestà.) fatto ho un invito a tutto il vicinato. e trovando un boccone delicato, DANDINI (osservando Clorinda, Tisbe e per me l’ho destinato. Don Magnifico) Ho detto, ho detto, e adesso prendo fiato. Allegrissimamente! che bei quadri! Che bocchino! che ciglia! DON MAGNIFICO (sorpreso) Siete l’ottava e nona meraviglia. (Che eloquenza norcina!) Già tales patris talem filias. CENERENTOLA (entrando osserva CLORINDA (con inchino) l’abito del Principe, e Ramiro che la Grazie! guarda) (Ih, che bell’abito! DON MAGNIFICO (curvandosi) E quell’altro mi guarda.) Altezza delle Altezze! Che dice? mi confonde. Debolezze. RAMIRO (Ecco colei! DANDINI Mi ripalpita il cor.) Vere figure etrusche! (piano a Ramiro) DANDINI (Dico bene?) Belle ragazze, se vi degnate inciambellare il braccio RAMIRO (piano a Dandini) ai nostri cavalieri, il legno è pronto. (Cominci a dirle grosse.) CLORINDA (servite dai cavalieri) DANDINI (piano a Ramiro) Andiam. (Io recito da grande, e grande essendo, grandi le ho da sparar.) TISBE Papà Eccellenza, DON MAGNIFICO (piano alle figlie con non tardate a venir. compiacenza) (Bel principotto! (escono) Che non vi fugga: attente.) DON MAGNIFICO (a Cenerentola DANDINI voltandosi) Or dunque seguitando quel discorso Che fai tu qui? che non ho cominciato; Il cappello e il bastone. dai miei lunghi viaggi ritornato e il mio papà trovato, CENERENTOLA che fra i quondam è capitombolato, Eh… Signor sì. e spirando ha ordinato (scuotendosi dal guardar Ramiro, e parte) che a vista qual cambiale io sia sposato, o son diseredato, 39 LA CENERENTOLA

DANDINI DON MAGNIFICO Perseguitate presto Ih! Ih! La bella Venere! con i piè baronali Vezzosa! Pomposetta! i magnifici miei quarti reali. Sguaiata! Cova-cenere! (parte) Lasciami, deggio andar.

DON MAGNIFICO DANDINI (tornando indietro, ed Monti in carrozza, e vengo. osservando Ramiro immobile) (andando nella camera dove è entrata Cos’è? qui fa la statua? Cenerentola) (sottovoce fra loro in tempo del solo di RAMIRO Don Magnifico) (E pur colei vo’ riveder.) RAMIRO Silenzio, ed osserviamo. DON MAGNIFICO (di dentro in collera) Ma lasciami. DANDINI Ma andiamo o non andiamo! RAMIRO (La sgrida?) RAMIRO Mi sento lacerar. CENERENTOLA Sentite. CENERENTOLA Ma una mezz’ora… un quarto. DON MAGNIFICO (esce con cappello e bastone trattenuto con ingenuità da DON MAGNIFICO (alzando minaccioso Cenerentola) il bastone) Il tempo vola. Ma lasciami o ti stritolo.

RAMIRO RAMIRO E DANDINI (accorrendo a (Che vorrà?) trattenerlo) Fermate. DON MAGNIFICO Vuoi lasciarmi? DON MAGNIFICO (sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini) CENERENTOLA Serenissima! Una parola. (ora a Dandini ora a Cenerentola) Signore, una parola: Ma vattene. - Altezzissima! in casa di quel Principe Servaccia ignorantissima! un’ora, un’ora sola portatemi a ballar. RAMIRO E DANDINI Serva? 40 LIBRETTO

CENERENTOLA io vi domando. Cioè… DON MAGNIFICO DON MAGNIFICO (mettendole una (confuso ed alterato) mano sulla bocca e interrompendola) Che terza figlia Vilissima, mi va figliando? d’un’estrazion bassissima. Vuol far la sufficiente, ALIDORO la cara, l’avvenente, Terza sorella… e non è buona a niente. (minacciando e trascinando) DON MAGNIFICO (atterrito) Va’ in camera, va’ in camera Ella… morì… la polvere a spazzar. ALIDORO DANDINI (opponendosi con autorità) Eppur nel codice Ma caro Don Magnifico non v’è così. via, non la strapazzar. CENERENTOLA RAMIRO (fra sé, con sdegno represso) (Ah! di me parlano.) Or ora la mia collera (ponendosi in mezzo con ingenuità) non posso più frenar. No, non morì.

CENERENTOLA (con tuono DON MAGNIFICO d’ingenuità) Sta’ zitta lì. Signori, persuadetelo; portatemi a ballar. ALIDORO Ah! sempre fra la cenere Guardate qui! sempre dovrò restar? DON MAGNIFICO (balzando (nel momento che Don Magnifico staccasi Cenerentola in un cantone) da Cenerentola ed è tratto via da Dandini, Se tu respiri, entra Alidoro con taccuino aperto) ti scanno qui.

ALIDORO RAMIRO, DANDINI E ALIDORO Qui nel mio codice Dunque morì? delle zitelle con Don Magnifico DON MAGNIFICO (sempre tremante) stan tre sorelle. Altezza sì. (a Don Magnifico con autorità) Or che va il Principe (momento di silenzio) la sposa a scegliere, la terza figlia 41 LA CENERENTOLA

TUTTI (guardandosi scambievolmente) Scena settima Nel volto estatico Dopo qualche momento di silenzio entra di questo e quello Alidoro, in abito da pellegrino, con gli si legge il vortice abiti da filosofo sotto; indi Cenerentola. del lor cervello, che ondeggia e dubita ALIDORO e incerto sta. Sì, tutto cangerà. Quel folle orgoglio poca polve sarà, gioco del vento; DON MAGNIFICO (fra’ denti, e al tenero lamento trascinando Cenerentola) succederà il sorriso. Se tu più mormori (chiama verso la camera di Cenerentola) solo una sillaba Figlia… Figlia… un cimiterio qui si farà. CENERENTOLA (esce e rimane sorpresa) CENERENTOLA (con passione) Figlia voi mi chiamate? Oh questa è bella! Deh soccorretemi, Il padrigno Barone deh non lasciatemi, non vuole essermi padre; e voi… Peraltro ah! di me, misera guardando i stracci vostri e i stracci miei, che mai sarà? degna d’un padre tal figlia sarei.

RAMIRO ALIDORO Via consolatevi. Taci, figlia, e vien meco. Signor lasciatela. (strappandola da Don Magnifico) CENERENTOLA (Già la mia furia Teco, e dove? crescendo va.) ALIDORO ALIDORO (frapponendosi) Del Principe al festino. Via meno strepito: fate silenzio. CENERENTOLA o qualche scandalo Ma dimmi, pellegrino: qui nascerà. perché t’ho data poca colazione, DANDINI tu mi vieni a burlar? Va’ via… va’ via! Io sono un Principe, Voglio serrar la porta… o sono un cavolo? Possono entrar de’ ladri, e allora… e allora… Vi mando aI diavolo: Starei fresca davvero. venite qua. (la strappa da Don Magnifico, e lo ALIDORO conduce via. Tutti seguono Dandini. No! Sublima il pensiero! Cenerentola corre in camera) Tutto cangiò per te! 42 LIBRETTO

Calpesterai men che fango i tesori, DANDINI rapirai tutti i cuori. Ma bravo, bravo, bravo! Vien meco e non temer: per te dall’Alto Caro il mio Don Magnifico! Di vigne, m’ispira un Nume a cui non crolla il trono. di vendemmie e di vino E se dubiti ancor, mira chi sono! m’avete fatto una disertazione, (nel momento che si volge, Alidoro getta lodo il vostro talento. il manto) Si vede che ha studiato. Là del ciel nell’arcano profondo, (a Don Ramiro) del poter sull’altissimo Trono Si porti sul momento veglia un Nume, signore del mondo, dove sta il nostro vino conservato al cui piè basso mormora il tuono. e se sta saldo e intrepido Tutto sa, tutto vede, e non lascia al trigesimo assaggio nell’ambascia perir la bontà. lo promovo all’onor di cantiniero. Fra la cenere, il pianto, l’affanno, Io distinguo i talenti e premio il saggio. Ei ti vede, o fanciulla innocente, e cangiando il tuo stato tiranno, DON MAGNIFICO fra l’orror vibra un lampo innocente. Prence! L’Altezza Vostra Non temer, si è cambiata la scena: è un pozzo di bontà. Più se ne cava, la tua pena cangiando già va. più ne resta a cavar. (s’ode avvicinarsi una carrozza) (piano alle figlie) Un crescente mormorio (Figlie! Vedete? non ti sembra d’ascoltar?.. Non regge al vostro merto; Ah sta’ lieta: è il cocchio mio n’è la mia promozion indizio certo.) su cui voli a trionfar. (forte) Tu mi guardi, ti confondi… Clorinduccia, Tisbina, Ehi ragazza, non rispondi?! tenete allegro il Re. Vado in cantina. Sconcertata è la tua testa (parte) e rimbalza qua e là, come nave in gran tempesta RAMIRO (piano a Dandini) che di sotto in su sen va. (Esamina, disvela, e fedelmente Ma già il nembo è terminato, tutto mi narrerai. Anch’io fra poco scintillò serenità. il cor ne tenterò. Del volto i vezzi Il destino s’è cangiato, svaniscon con l’età. Ma il core…) l’innocenza brillerà. (aprono la porta; vedesi una carrozza. DANDINI Cenerentola vi monta, Alidoro chiude la (Il core credo che sia un melon tagliato a porta e sentesi la partenza della carrozza) fette, un timballo l’ingegno, e il cervello una casa spigionata.) Scena ottava (forte, come seguendo il discorso fatto Gabinetto nel casino di Don Ramiro. sottovoce) Dandini entrando con Clorinda e Tisbe Il mio voler ha forza d’un editto. sotto il braccio; Don Magnifico e Don Ramiro. eseguite trottando il cenno mio. 43 LA CENERENTOLA

Udiste? io non tengo rossetto.

RAMIRO CLORINDA Udii. Ascolti. Quel suo bianco è di bianchetto.

DANDINI TISBE Fido vassallo, addio. Senta… (parte Don Ramiro) CLORINDA Scena nona Mi favorisca… Dandini, Clorinda e Tisbe. DANDINI (sbarazzandosi con un poco di DANDINI (alle donne) collera) Ora sono da voi. Scommetterei Anime belle! che siete fatte al torno Mi volete spaccar? Non dubitate. e che il guercetto amore Ho due occhi reali è stato il tornitore. e non adopro occhiali (a Tisbe) CLORINDA (tirando a sé Dandin) Fidati pur di me, Con permesso: mio caro oggetto. la maggiore son io, onde la prego (a Clorinda) Darmi la preferenza. Per te sola mi batte il core in petto. (parte) TISBE (come sopra) Con sua buona licenza, TISBE la minore son io. M’inchino a Vostr’Altezza. M’invecchierò più tardi. CLORINDA CLORINDA Anzi all’Altezza Vostra. Scusi. Quella è fanciulla. (ironicamente fra loro) Proprio non sa di nulla. TISBE TISBE Verrò a portarle qualche memoriale. Permetta. Quella è un’acqua senza sale, Non fa né ben né male. CLORINDA Lectum. CLORINDA Di grazia. I dritti miei TISBE la prego bilanciar. Ce la vedremo.

TISBE CLORINDA Perdoni. Veda, Forse sì, forse no. 44 LIBRETTO

TISBE poi ne vogliamo. Poter del mondo! CORO CLORINDA Già pronti a scrivere Le faccio riverenza! tutti siam qui.

TISBE DON MAGNIFICO Oh! mi sprofondo! Noi Don Magnifico… (partono da parti opposte) (osservando come scrivono) Questo in maiuscole. Scena decima Bestie! maiuscole. Deliziosa nel Casino del Principe Don Bravi! così. Ramiro. Noi Don Magnifico Don Magnifico a cui i cavalieri pongono Duca e Barone un mantello color ponsò con ricami in dell ‘antichissimo argento di grappoli d’uva, e gli saltano Montefiascone; intorno battendo i piedi in tempo di grand’intendente; musica. Tavolini con recapito da scrivere. gran presidente, con gli altri titoli CORO con venti etcetera, Conciosiacosaché di nostra propria trenta botti già gustò! autorità, E bevuto ha già per tre riceva l’ordine e finor non barcollò! chi leggerà, È piaciuto a Sua Maestà di più non mescere nominarlo cantinier. per anni quindici Intendente dei bicchier nel vino amabile con estesa autorità. d’acqua una gocciola. Presidente al vendemmiar. Alias capietur Direttor dell’evoè; et stranguletur onde tutti intorno a te perché ita etcetera c’affolliamo qui a saltar. laonde etcetera barone etcetera. DON MAGNIFICO (sottoscrivendosi) Intendente! Direttor! Presidente! Cantinier! CORO Grazie, grazie; che piacer! Barone etcetera; Che girandola ho nel cor. è fatto già. Si venga a scrivere quel che dettiamo. DON MAGNIFICO (pongonsi intorno ai tavolini, e scrivono) Ora affiggetelo Sei mila copie per la città. 45 LA CENERENTOLA

CORO RAMIRO Il pranzo in ordine (Se le sposi pur chi vuole… andiamo a mettere. seguitiamo a recitar.) Vino a diluvio si beverà. Scena dodicesima Clorinda, accorrendo da una parte, e DON MAGNIFICO Tisbe dall’altra. Premio bellissimo di piastre sedici CLORINDA (di dentro) a chi più Malaga Principino dove siete? si succhierà. (partono saltando attorno a Don TISBE Magnifico) Principino dove state?

Scena undicesima CLORINDA E TISBE Dandini e Don Ramiro correndo sul Ah! perché mi abbandonate? davanti del palco, osservando per ogni Mi farete disperar. parte. CLORINDA RAMIRO (sotto voce) Io vi voglio… Zitto zitto, piano piano; senza strepito e rumore: TISBE delle due qual è l’umore? Vi vogl’io… Esattezza e verità. DANDINI DANDINI Ma non diamo in bagattelle. Sotto voce a mezzo tuono; Maritarsi a due sorelle in estrema confidenza: tutte insieme non si può! sono un misto d’insolenza, Una sposo. di capriccio e vanità. CLORINDA E TISBE (con interesse di RAMIRO smania) E Alidoro mi dicea E l’altra?.. che una figlia del Barone… DANDINI DANDINI E l’altra… Eh! il maestro ha un gran testone. (accennando Ramiro) Oca eguale non si dà. all’amico la darò. (Son due vere banderuole… mi convien dissimular.) CLORINDA E TISBE No no no no no, un scudiero! oibò oibò! 46 LIBRETTO

RAMIRO (ponendosi loro in mezzo con ALIDORO dolcezza) Signor sì. Sarò docile, amoroso, tenerissimo di cuore. CLORINDA, TISBE, RAMIRO E DANDINI CLORINDA E TISBE (guardandolo con Ma chi è? disprezzo) Un scudiero! No signore. ALIDORO Un scudiero! questo no. Nol palesò.

CLORINDA CLORINDA E TISBE Con un’anima plebèa! Sarà bella?

TISBE ALIDORO Con un’aria dozzinale! Sì e no.

CLORINDA E TISBE (con affettazione) RAMIRO E DANDINI Mi fa male, mi fa male Chi sarà? solamente a immaginar. ALIDORO RAMIRO E DANDINI (fra loro ridono) Ma non si sa. La scenetta è originale veramente da contar. CLORINDA Non parlò? Scena tredicesima Coro di cavalieri dentro le scene, indi ALIDORO Alidoro. Signora no.

CORO TISBE Venga, inoltri, avanzi il piè. E qui vien? Anticamera non v’è. ALIDORO RAMIRO E DANDINI Chi sa perché? Sapientissimo Alidoro, questo strepito cos’è? TUTTI Chi sarà? chi è? perché? ALIDORO Non si sa. Si vedrà. Dama incognita qua vien. Sopra il volto un velo tien. (momento di silenzio)

CLORINDA E TISBE CLORINDA E TISBE Una dama! (Gelosia già già mi lacera, 47 LA CENERENTOLA

già il cervel più in me non è.) vibrate un raggio acuto, svelatevi un minuto ALIDORO almen per civiltà. (Gelosia già già le rosica, più il cervello in lor non è.) CLORINDA E TISBE (Vedremo il gran miracolo RAMIRO di questa rarità.) (Un ignoto arcano palpito ora m’agita, perché?) (Cenerentola svelasi. Momento di sorpresa, di riconoscimento, d’incertezza) DANDINI (Diventato son di zucchero: TUTTI (eccetto Cenerentola) quante mosche intorno a me.) Ah!

(Dandini fa cenno ad Alidoro d’introdurre (Ciascuno da sé guardando Cenerentola, e la dama) Cenerentola sogguardando Ramiro)

Scena quattordicesima Tutti (tranne Alidoro) Cavalieri che precedono e schieransi in (Parlar - pensar - vorrei. doppia fila per ricevere Cenerentola, che, Parlar - pensar - non so. in abito ricco ed elegante, avanzasi velata. Questo è un inganno/è un incanto, o dei! Quel volto mi atterrò.) CORO Ah! se velata ancor ALIDORO dal seno il cor ci ha tolto, (Parlar - pensar - vorrebbe. se svelerai quel volto Parlar - pensar - non può. che sarà? Amar già la dovrebbe, il colpo non sbagliò.) CENERENTOLA Sprezzo quei don che versa Scena ultima fortuna capricciosa. Don Magnifico accorrendo, e detti. M’offra chi mi vuol sposa, rispetto, amor, bontà. DON MAGNIFICO Signora Altezza, in tavola! RAMIRO Che… co… chi… sì… che bestia! (Di quella voce il suono Quando si dice i simili! ignoto al cor non scende; Non sembra Cenerentola? perché la speme accende? Di me maggior mi fa.) CLORINDA E TISBE Pareva ancora a noi, DANDINI ma a riguardarla poi… Begli occhi che dal velo La nostra è goffa e attratta, 48 LIBRETTO

questa è un po’ più ben fatta; che crollando, strepitando ma poi non è una Venere fracassando, sconquassando da farci spaventar. poi mi venga a risvegliar. E ho paura che il mio sogno DON MAGNIFICO vada in fumo a dileguar. Quella sta nella cenere; ha stracci sol per abiti. ATTO II CENERENTOLA E ALIDORO Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro. (Il vecchio guarda e dubita.) Scena prima RAMIRO Cavalieri, Don Magnifico, entrando con (Mi guarda, e par che palpiti.) Clorinda e Tisbe sotto il braccio, ed osservando i cavalieri che partono. DANDINI Ma non facciam le statue. CORO Patisce l’individuo: Ah! Della bella incognita andiamo presto in tavola. l’arrivo inaspettato Poi balleremo il Taice, peggior assai del fulmine e quindi la bellissima… per certe ninfe è stato. con me s’ha da sposar. La guardano e tarroccano; sorridono, ma fremono; TUTTI (meno Dandini) hanno una lima in core Andiamo, andiamo a tavola. che a consumar le va. Si voli a giubilar. Guardate ! Già regnavano. Ci ho gusto. Ah ah ah ah. DANDINI (partono deridendole) Oggi che fo da Principe per quattro io vuo’ mangiar. DON MAGNIFICO (in collera caricata) Mi par che quei birbanti TUTTI ridessero di noi sotto-cappotto. Mi par d’essere sognando Corpo del mosto cotto, fra giardini e fra boschetti; fo un cavaliericidio. i ruscelli sussurrando, gorgheggiando gli augelletti, TISBE In un mare di delizie Papà, non v’inquietate. fanno l’anima nuotar. Ma ho timor che sotto terra DON MAGNIFICO (passeggiando) Ho nella testa piano piano a poco a poco quattro mila pensieri. Ci mancava si sviluppi un certo foco. quella madama anonima. E improvviso a tutti ignoto balzi fuori un terremoto, 49 LA CENERENTOLA

CLORINDA CLORINDA E credete Io quasi quasi che del Principe il core ci contrasti? potrei dar delle cariche. Somiglia Cenerentola e vi basti. TISBE DON MAGNIFICO In segreto Somiglia tanto e tanto mi ha detto: anima mia, che son due goccie d’acqua, e quando a pranzo ha fatto un gran sospiro, è andato via. faceva un certo verso con la bocca, brontolavo fra me: per bacco, è lei. CLORINDA Ma come dagli Ebrei Un sospiro cos’è? quando mi vede prender l’abito a nolo! aver coraggio subito ride. di venire fra noi? E poi parlar coi linci e squinci? e poi DON MAGNIFICO (riflettendo e starsene con sì gran disinvoltura, guardando ora l’una ora l’altra) e non temere una schiaffeggiatura? Ah! dunque qui sospira, e qui ride. TISBE Già già questa figliastra CLORINDA fino in chi la somiglia è a noi funesta. Dite, papà Barone voi che avete un testone: DON MAGNIFICO qual è il vostro pensier? ditelo schietto. Ma tu sai che tempesta mi piomberebbe addosso, DON MAGNIFICO se scuopre alcun come ho dilapidato Giocato ho un ambo e vincerò l’eletto. il patrimonio suo! Per abbigliarvi, Da voi due non si scappa; oh come, oh come, al verde l’ho ridotto. È diventato figlie mie benedette, un vero sacco d’ossa. Ah se si scopre, si parlerà di me nelle gazzette! avrei trovato il resto del carlino. Questo è il tempo opportuno per rimettermi in piedi. Lo sapete, CLORINDA (con aria di mistero) io sono indebitato. E paventar potete a noi vicino? Fino i stivali a tromba ho ipotecato. Ma che flusso e riflusso DON MAGNIFICO avrò di memoriali! ah questo solo Vi son buone speranze? è il paterno desìo. Che facciate il rescritto a modo mio. CLORINDA C’intenderem fra noi; Eh! niente niente. viscere mie, mi raccomando a voi. Sia qualunque delle figlie TISBE che fra poco andrà sul trono Posso dir ch’è certezza. ah! non lasci in abbandono un magnifico papà. 50 LIBRETTO

Già mi par che questo e quello, di piastroni, di dobloni, conficcandomi a un cantone di vaniglia e di caffè. e cavandosi il cappello, Basta basta, non portate! incominci: sor Barone; Terminate, ve n’andate? alla figlia sua reale Serro l’uscio a catenaccio. porterebbe un memoriale? Importuni, seccatori, Prende poi la cioccolata, fuori fuori, via da me. e una doppia ben coniata (parte) faccia intanto scivolar. Io rispondo: eh sì, vedremo. TISBE (accostandosi in confidenza) già è di peso? Parleremo. Di’: sogni ancor che il Principe Da palazzo può passar. vada pensando a te? Mi rivolto: e vezzosetta, tutta odori e tutta unguenti, CLORINDA mi s’inchina una scuffietta Me lo domandi? fra sospiri e complimenti: Baroncino! Si ricordi TISBE quell’affare, e già m’intende; Serva di Vostr’Altezza. senza argento parla ai sordi. La manina alquanto stende, CLORINDA fa una piastra sdrucciolar. A’ suoi comandi. Io galante: occhietti bei! (partono, scostandosi e complimentandosi Ah! per voi che non farei! ironicamente) Io vi voglio contentar! Mi risveglio a mezzo giorno: Scena seconda suono appena il campanello, Ramiro, indi Cenerentola fuggendo da che mi vedo al letto intorno Dandini; poi Alidoro in disparte. supplichevole drappello: questo cerca protezione; RAMIRO quello ha torto e vuol ragione; Ah! Questa bella incognita chi vorrebbe un impieguccio; con quella somiglianza all’infelice, chi una cattedra ed è un ciuccio; che mi colpì stamane chi l’appalto delle spille, mi va destando in petto chi la pesca dell’anguille; certa ignota premura… Anche Dandini ed intanto in ogni lato mi sembra innamorato. sarà zeppo e contornato Eccoli: udirli or qui potrò celato. di memorie e petizioni, (si nasconde) di galline, di sturioni, di bottiglie, di broccati, DANDINI di candele e marinati, Ma non fuggir, per bacco! quattro volte di ciambelle e pasticcetti, mi hai fatto misurar la galleria. di canditi e di confetti, 51 LA CENERENTOLA

CENERENTOLA RAMIRO O mutate linguaggio, o vado via. Dunque saresti mia?

DANDINI CENERENTOLA Ma che? Il parlar d’amore Piano, tu devi pria è forse una stoccata! ricercarmi, conoscermi, vedermi, esaminar la mia fortuna. CENERENTOLA Ma io d’un altro sono innamorata! RAMIRO Io teco, DANDINI cara, verrò volando. E me lo dici in faccia? CENERENTOLA CENERENTOLA Fermati: non seguirmi. Io tel comando. Ah! mio signore, deh! non andate in collera RAMIRO col mio labbro sincero. E come dunque?

DANDINI CENERENTOLA (gli dà un smaniglio) Ed ami? Tieni. Cercami; e alla mia destra CENERENTOLA il compagno vedrai. Scusi… E allor… Se non ti spiaccio… allor m’avrai. DANDINI (parte) Ed ami? (momento di silenzio) CENERENTOLA Il suo scudiero. RAMIRO Dandini, che ne dici? RAMIRO (palesandosi) Oh gioia! anima mia! DANDINI Eh! dico che da Principe ALIDORO (mostrando il suo contento) sono passato a far da testimonio. (Va a meraviglia!) RAMIRO RAMIRO E allor… se non ti spiaccio… allor Ma il grado e la ricchezza m’avrai. non seduce il tuo core? Quali enigmi son questi? (scopre Alidoro) CENERENTOLA Ah ! mio sapiente Mio fasto è la virtù, ricchezza è amore. venerato Maestro. Il cor m’ingombra 52 LIBRETTO

misterioso amore. rovesciandosi ad arte la carrozza Che far degg’io? presso la casa del Baron, potrei… Son vicini alla meta i desir miei.) ALIDORO (parte frettoloso) Quel che consiglia il core. DANDINI (passeggiando) RAMIRO (a Dandini) Ma dunque io sono un ex? dal tutto al niente Principe più non sei: di tante sciocche precipito in un tratto? si vuoti il mio palazzo. Veramente ci ho fatto (chiamando i seguaci che entrano) una bella figura! Olà miei fidi sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti… DON MAGNIFICO (entra premuroso) Così potessi aver l’ali dei venti. Scusi la mia premura… Sì, ritrovarla io giuro. Ma quelle due ragazze Amore, amor mi muove: stan con la febbre a freddo. Si potrebbe se fosse in grembo a Giove, sollecitar la scelta. io la ritroverò. (contempla lo smaniglio) DANDINI Pegno adorato e caro È fatta, amico. che mi lusinghi almeno. Ah come al labbro e al seno, DON MAGNIFICO (con sorpresa, in come ti stringerò! ginocchio) È fatta! ah! per pietà! dite, parlate: CORO È fatta! e i miei germogli… Oh! qual tumulto ha in seno in queste stanze a vegetar verranno? comprenderlo non so. DANDINI (alzandolo) RAMIRO E CORO Tutti poi lo sapranno. Noi voleremo, - domanderemo, Per ora è un gran segreto. ricercheremo, - ritroveremo. Dolce speranza, - freddo timore DON MAGNIFICO dentro al mio/suo cuore - stanno a pugnar. E quale, e quale? Amore, amore - m’hai/l’hai da guidar. Clorindina o Tisbetta?

(parte con i seguaci) DANDINI Non giudicate in fretta. Scena terza Dandini, Alidoro; indi Don Magnifico. DON MAGNIFICO Lo dica ad un papà. ALIDORO (La notte è omai vicina. DANDINI Col favor delle tenebre, Ma silenzio. 53 LA CENERENTOLA

DON MAGNIFICO DON MAGNIFICO Si sa; via, dica presto. Io tengo in corpo una segreteria.

DANDINI (andando ad osservare) DANDINI Non ci ode alcuno? Un segreto d’importanza, un arcano interessante DON MAGNIFICO io vi devo palesar. In aria È una cosa stravagante, non si vede una mosca. vi farà strasecolar.

DANDINI DON MAGNIFICO È un certo arcano Senza battere le ciglia, che farà sbalordir. senza manco trarre il fiato io mi pongo ad ascoltar. DON MAGNIFICO (smaniando) Starò qui petrificato Sto sulle spine. ogni sillaba a contar.

DANDINI (annoiato, portando una sedia) DANDINI Poniamoci a sedere. (Oh! che imbroglio! che disdetta! non so come cominciar.) DON MAGNIFICO Presto, per carità. DON MAGNIFICO (Veh che flemma maledetta! DANDINI si sbrigasse a incominciar.) Voi sentirete un caso assai bizzarro. DANDINI Uomo saggio e stagionato DON MAGNIFICO sempre meglio ci consiglia. (Che volesse Se sposassi una sua figlia, maritarsi con me!) come mai l’ho da trattar?

DANDINI DON MAGNIFICO Mi raccomando. (Consiglier son già stampato.) Ma che eccesso di clemenza! DON MAGNIFICO (con smania che Mi stia dunque Sua Eccellenza… cresce) Bestia!.. Altezza, ad ascoltar. Ma si lasci servir. Abbia sempre pronti in sala trenta servi in piena gala, DANDINI due staffieri, sei cocchieri, Sia sigillato tre portieri, due braccieri, quanto ora udrete dalla bocca mia. cento sedici cavalli, duchi, conti e marescialli 54 LIBRETTO

a dozzine convitati, mi/gli dà in fronte e all’improvviso pranzi sempre coi gelati mi/lo fa in terra stramazzar. poi carrozze, poi bombè, ed innanzi colle fiaccole DON MAGNIFICO per lo meno sei lacché. Di quest’ingiuria, di quest’affronto DANDINI il vero Principe Vi rispondo senza arcani mi renda conto. che noi siamo assai lontani. Ho un lettino, uno stanzino; DANDINI ma piccino, ma meschino. Oh non s’incomodi io non uso far de’ pranzi; non farà niente. mangio sempre degli avanzi. Ma parta subito mon m’accosto a’ gran signori, immantinente. tratto sempre servitori. Me ne vado sempre a piè, DON MAGNIFICO o di dietro un scappavia, Non partirò. se qualcun mi vuol con sé. DANDINI DON MAGNIFICO Lei partirà. Non corbella? DON MAGNIFICO DANDINI Sono un Barone. Gliel prometto. DANDINI DON MAGNIFICO Pronto è il bastone. Questo dunque? DON MAGNIFICO DANDINI Ci rivedremo. È un romanzetto. Ci parleremo. È una burla il principato, sono un uomo mascherato. DANDINI Ma venuto è il vero Principe Ci rivedremo. m’ha strappata alfin la maschera. Ci parleremo. Io ritorno al mio mestiere: son Dandini il cameriere. DON MAGNIFICO Rifar letti, spazzar abiti Non partirò. far la barba e pettinar. DANDINI DON MAGNIFICO E DANDINI Lei partirà. Ah che questa è una sassata che fischiando inaspettata 55 LA CENERENTOLA

DON MAGNIFICO (entra) Tengo nel cerebro un contrabbasso Scena quinta che basso basso Sala terrena con camino in casa di Don frullando va. Magnifico. Da cima a fondo, Cenerentola nel solito abito accanto al poter del mondo! fuoco. Che scivolata, che gran cascata! CENERENTOLA Eccolo eccolo Una volta c’era un Re, tutti diranno che a star solo s’annoiò: mi burleranno cerca, cerca, ritrovò; per la città. ma il volean sposare in tre. Cosa fa? DANDINI Sprezza il fasto e la beltà. Povero diavolo! E alla fin sceglie per sé È un gran sconquasso! l’innocenza e la bontà. Che d’alto in basso La la là piombar lo fa. li li lì Vostr’Eccellenza la la là. abbia prudenza. (guarda lo smaniglio) Se vuol rasoio, Quanto sei caro! E quello sapone e pettine cui dato ho il tuo compagno, saprò arricciarla, è più caro di te. Quel signor Principe sbarbificarla. che pretendea con quelle smorfie? Oh bella! Ah ah! guardatelo, Io non bado a’ ricami, ed amo solo l’allocco è là. bel volto e cor sincero, e do la preferenza al suo scudiero. (partono) Le mie sorelle intanto… ma che occhiate! Parean stralunate! Scena quarta (s’ode bussare fortemente, ed apre) Alidoro solo. Qual rumore! (Uh? chi vedo! che ceffi!) Di ritorno! ALIDORO Non credea che tornasse avanti giorno. Mi seconda il destino. Amor pietoso favorisce il disegno. Anche la notte Scena sesta procellosa ed oscura Don Magnifico, Clorinda, Tisbe e detta. rende più natural quest’avventura. La carrozza già è in pronto; ov’è Dandini? CLORINDA (entrando, accennando Seco lo vuol nel suo viaggio. Oh come Cenerentola) indocile s’è fatto ed impaziente! (Ma! ve l’avevo detto…) Che lo pizzica amor segno evidente. 56 LIBRETTO

DON MAGNIFICO DON MAGNIFICO (con impeto) (Ma cospetto! cospetto! Sciocca! va’ là, va’ a preparar la cena. Similissime sono affatto affatto. Quella è l’original, questa è il ritratto.) CENERENTOLA Hai fatto tutto? Vado sì, vado. (Ah che cattivo umore. Ah! lo scudiere mio mi sta nel core.) CENERENTOLA (parte) Tutto. Perché quel ceffo brutto Scena settima voi mi fate così? Don Magnifico, Tisbe, Clorinda, indi Ramiro da Principe e Dandini. DON MAGNIFICO Perché, perché… DON MAGNIFICO Per una certa strega Svergognata mia prole! (Ma che tempo! che rassomiglia a te… Piove a diluvio!)

CLORINDA CLORINDA Su le tue spalle Zitto… non sentite? quasi mi sfogherei. DON MAGNIFICO CENERENTOLA Una carrozza. Povere spalle, (si sente cadere una carrozza) cosa c’hanno che far? CLORINDA TISBE Che gran botto! Oh fa mal tempo! Minaccia un temporale. DON MAGNIFICO È fatta. (cominciano lampi e tuoni, indi si sente il Non si rialza più. rovesciarsi di una carrozza) TISBE DON MAGNIFICO Forse qualcuno Altro che temporale! rovesciato sarà. Un fulmine vorrei che incenerisse il camerier… DANDINI (di dentro) Soccorso… aita… CENERENTOLA Ma dite, TISBE cosa è accaduto? avete Corriamo a sollevarli. qualche segreta pena? CLORINDA Scioccarella! 57 LA CENERENTOLA

Che importa a te di chi si rompe il collo? DON MAGNIFICO Ma che! gli pare! (si sente bussare) CLORINDA (con premura verso le DON MAGNIFICO quinte) Diavolo! chi sarà! Ti sbriga, Cenerentola.

(apre) Scena ottava Entra Dandini, indi Don Ramiro. Cenerentola recando una sedia nobile a Dandini, che crede il Principe. DANDINI Scusate, amico. CENERENTOLA La carrozza del Principe Son qui. ribaltò… ma chi vedo? (riconoscendo Don Magnifico) DON MAGNIFICO Dalla al Principe, bestia, eccolo lì. DON MAGNIFICO Uh! Siete voi! CENERENTOLA Ma il Principe dov’è? Questo! Ah che vedo! Principe! (sorpresa riconoscendo per Principe Don DANDINI (accennando Ramiro) Ramiro; si pone le mani sul volto e vuol Lo conoscete! fuggire)

DON MAGNIFICO (rimanendo RAMIRO sorpreso) T’arresta. Lo scudiero? Oh! guardate. Che! Lo smaniglio! . . è lei! che gioia è questa! Siete voi? RAMIRO Signore perdonate CENERENTOLA (osservando il vestito se una combinazione… del Prence) Voi Prence siete? DON MAGNIFICO Che dice! Si figuri! mio padrone. CLORINDA E TISBE (fra loro, attonite) (alle figlie) Qual sorpresa! (Eh non senza perché venuto è qua. La sposa, figlie mie, fra voi sarà.) DANDINI Ehi, presto, Cenerentola, Il caso è bello! porta la sedia nobile. DON MAGNIFICO (volendo interompere RAMIRO Ramiro) No, no: pochi minuti. Altra carrozza Ma… pronta ritornerà. 58 LIBRETTO

RAMIRO il mio fulmine cadrà. Tacete. DANDINI DON MAGNIFICO Già sapea che la commedia Addio cervello. si cangiava al second’atto; (prende a sé Ramiro e Dandini) ecco aperta la tragedia, Se. . . me la godo in verità.

RAMIRO E DANDINI CLORINDA E TISBE Silenzio. Son di gelo.

CLORINDA, TISBE, CENERENTOLA, DON MAGNIFICO RAMIRO, DANDINI E DON Son di stucco. MAGNIFICO Che sarà! RAMIRO Questo è un nodo avviluppato, (Diventato è un mamalucco.) questo è un gruppo rintrecciato. chi sviluppa più inviluppa, CLORINDA, TISBE E DON chi più sgruppa, più raggruppa; MAGNIFICO ed intanto la mia testa Ma una serva… vola, vola e poi s’arresta; vo tenton per l’aria oscura, RAMIRO (facendo una mossa terribile) e comincio a delirar. Olà tacete. L’ira mia più fren non ha! CLORINDA (strappando Cenerentola con violenza dal suo sbalordimento) CENERENTOLA (in ginocchio a Don Donna sciocca! Alma di fango! Ramiro, che la rialza) Cosa cerchi? che pretendi? Ah! signor, s’è ver che in petto Fra noi gente d’alto rango qualche amor per me serbate, l’arrestarsi è inciviltà. compatite, perdonate, e trionfi la bontà. DON MAGNIFICO (come sopra, da un’altra parte) CLORINDA, TISBE E DON Serva audace! E chi t’insegna MAGNIFICO (con disprezzo) di star qui fra tanti eroi? Ah! l’ipocrita guardate! Va’ in cucina, serva indegna, Oh che bile che mi fa. non tornar mai più di qua. RAMIRO E DANDINI (a Don Magnifico RAMIRO (frapponendosi con impeto) e le figlie) Alme vili! invan tentate Quelle lagrime mirate: insultar colei che adoro; qual candore, qual bontà! alme vili! paventate: 59 LA CENERENTOLA

DON MAGNIFICO Su questa mano almeno, Ma in somma delle somme, e prima a questo seno… Altezza, cosa vuole? DON MAGNIFICO RAMIRO Ti scosta. Piano: non più parole. (prende per mano Cenerentola) CLORINDA E TISBE Questa sarà mia sposa. Ti allontana.

CLORINDA, TISBE E DON RAMIRO MAGNIFICO Perfida gente insana! Ah! ah! dirà per ridere. Io vi farò tremar. (a Cenerentola) Non vedi che ti burlano? CENERENTOLA (passeggiando incerta, e riflettendo ed abbandonandosi a vari RAMIRO sentimenti) Lo giuro: mia sarà. Dove son? che incanto è questo? Io felice! oh quale evento! DON MAGNIFICO È un inganno! ah! se mi desto! Ma fra i rampolli miei, Che improvviso cangiamento! mi par che a creder mio… Sta in tempesta il mio cervello, posso appena respirar. RAMIRO (con aria di disprezzo, contraffacendolo) ALTRI Per loro non son io. Quello brontola e borbotta, Ho l’anima plebea, questo strepita e s’adira, ho l’aria dozzinale. quello freme, questo fiotta, chi minaccia, chi sospira; DANDINI va a finir che a’ Pazzarelli Alfine sul bracciale ci dovranno trascinar. ecco il pallon tornò. E il giocator maestro RAMIRO E DANDINI in aria il ribalzò. Vieni, vieni. Amor ti guida a regnar e a trionfar. RAMIRO (tenendo con dolce violenza Cenerentola) (Ramiro trae seco Cenerentola, ed è Vieni a regnar: lo impongo. seguito da Dandini e da Don Magnifico)

CENERENTOLA (volendo baciar la Scena nona mano a Don Magnifico ed abbracciare le Tisbe, Clorinda, indi Alidoro. sorelle, è rigettata con impeto)

60 LIBRETTO

TISBE CLORINDA Dunque noi siam burlate? Abbassarmi con lei! Son disperata! (parte) CLORINDA Dalla rabbia ALIDORO io non vedo più lume. La pillola è un po’ dura: ma inghiottirla dovrà; non v’è rimedio. TISBE E voi, cosa pensate? Mi pare di sognar; la Cenerentola… TISBE ALIDORO (entrando) Cosa penso? Principessa sarà. Mi accomodo alla sorte: se mi umilio, alla fin non vado a morte. CLORINDA (parte) Chi siete? ALIDORO ALIDORO (con alterigia) Giusto ciel! ti ringrazio! I voti miei Io vi cercai la carità. non han più che sperar. L’orgoglio è oppresso. Voi mi scacciaste. E l’Angiolina, quella Sarà felice il caro alunno. In trono che non fu sorda ai miseri, trionfa la bontà. Contento io sono. che voi teneste come vile ancella, (esce) fra la cenere e i cenci, or salirà sul trono. Il padre vostro Scena ultima gli è debitor d’immense somme. Tutta All’alzarsi della tenda scorgesi un atrio si mangiò la sua dote. E forse forse con festoni di fiori illuminato, e nel cui questa reliquia di palazzo, questi fondo su piccola base siedono in due non troppo ricchi mobili, saranno ricche sedie Ramiro e Cenerentola in posti al pubblico incanto. abito ricco; a destra in piedi Dandini, dame e cavalieri intorno. In un angolo TISBE Don Magnifico, confuso, con gli occhi fitti Che fia di noi, frattanto? in terra. Indi Alidoro, Clorinda e Tisbe, mortificate, coprendosi il volto. ALIDORO Il bivio è questo. CORO O terminar fra la miseria i giorni, Della fortuna istabile o curve a piè del trono la revolubil ruota implorar grazia ed impetrar perdono. mentre ne giunge al vertice Nel vicin atrio io stesso, per te s’arresta immota. presago dell’evento, Cadde l’orgoglio in polvere, la festa nuziale ho preparata: trionfa la bontà. Questo, questo è il momento.

61 LA CENERENTOLA

RAMIRO (scuotendo Cenerentola) come un baleno rapido Sposa… la sorte mia cangiò. (a Don Magnifico e sorelle) CENERENTOLA (stupida per la gioia) No no; - tergete il ciglio; Signor, perdona perché tremar, perché? la tenera incertezza A questo sen volate; che mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai, figlia, sorella, amica fra la cenere immonda… tutto trovate in me. Ed or sul trono… e un serto mi circonda. (abbracciandole)

DON MAGNIFICO (corre in ginocchio) TUTTI MENO CENERENTOLA Altezza… a voi si prostra. M’intenerisce e m’agita, è un Nume agli occhi miei. CENERENTOLA Degna del tron tu sei Né mai m’udrò chiamar la figlia vostra? ma è poco un trono a te.

RAMIRO (accennando le sorelle) CENERENTOLA Quelle orgogliose… Padre… sposo… amico… oh istante! Non più mesta accanto al fuoco CENERENTOLA starò sola a gorgheggiar. Ah Prence, Ah fu un lampo, un sogno, un gioco io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurie il mio lungo palpitar. mi svanir dalla mente. Sul trono io salgo, e voglio CORO starvi maggior del trono. Tutto cangia a poco a poco E sarà mia vendetta il lor perdono. cessa alfin di sospirar. Nacqui all’affanno, al pianto. Di fortuna fosti il gioco: Soffrì tacendo il core; incomincia a giubilar. ma per soave incanto, dell’età mia nel fiore,

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MILLE E UNA CENERENTOLA di Annalisa Albanese

Le origini della fiaba Delle innumerevoli versioni fiabesche della celeberrima storia di Cenerentola, pare che la più lontana nel tempo sia quella egiziana riportata in Ποικίλη ἱστορία1, una miscellanea di aneddoti e aforismi intorno a personaggi storici e mitologici della cultura antica, scritta da Claudio Eliano Prenestino2. Nel tredicesimo dei quattordici libri che compongono l’opera è difatti contenuto il racconto dell’etera Rodopi, nel quale è possibile riconoscere il primo archetipo letterario di Cenerentola. L’autore recupera un’antica leggenda ambientata nell’Egitto della XXVI dinastia (672 -525 a.C.) che ha per protagonista una bellissima schiava di origine tracia, Rodopi, al servizio di un benevolo padrone ma vittima delle prepotenze delle altre serve. Per la sua condizione di straniera, per la sua pelle chiara, la fanciulla è infatti continuamente presa di mira dalle compagne, la cui malvagità si accresce a causa di un paio di sandali di oro rosso che il padrone dona a Rodopi per la sua abilità nella danza. Un giorno, in occasione di una cerimonia, il faraone Psammetico invita tutto il popolo ad accorrere a Menphi, ma anche in questa circostanza la bella Rodopi è ostacolata dalle altre schiave che le impediscono di partecipare, costringendola a portare a termine una pressoché infinita serie di odiosi lavori domestici. Nonostante l’ennesimo sopruso la fortuna sembra però esserle favorevole. Giunta al fiume per fare il bucato, la fanciulla viene improvvisamente privata dal dio Horus, che ha assunto

1 [Varia storia], trad. it. Storie varie, Adelphi, Milano 1996. 2 Claudio Eliano (Preneste 165/170-235 d.C.), filosofo e scrittore in lingua greca vissuto sotto il regno di Caracalla e Alessandro Severo. La storia era già stata citata da Erodoto, in Storie, Newton Compton, Milano 2008, e da Strabone, in Geografia, Rizzoli, Milano 1992. LA CENERENTOLA

le sembianze di un falco, di uno dei suoi sandali lasciati ad asciugare al sole. Avendo volato fino a Menphi, il falco lo lascia cadere sul grembo del faraone il quale, estremamente meravigliato per un tale prodigio, dispone che esso venga calzato da tutte le fanciulle d’Egitto: colei che potrà farlo sarà sua sposa. L’estenuante ricerca conduce i funzionari di Psammetico fino alla casa di Rodopi che, dopo un’iniziale esitazione, calza il sandalo e, mostrato anche l’altro, viene portata al cospetto del faraone che con grande felicità la prende in moglie. L’espediente della scarpetta, fondamentale per il riconoscimento della fanciulla predestinata, rappresenta l’elemento narrativo che ricorre in gran parte della letteratura fiabesca intorno a Cenerentola, ma il particolare delle sue dimensioni estremamente ridotte compare per la prima volta nella versione cinese del IX secolo, redatta da Tuang Ch’eng-Shih (808-853 d.C.), che dunque è molto più tarda di quella che ha per protagonista Rodopi. Nella fiaba orientale compaiono inoltre elementi nuovi rispetto alla versione egiziana, quali la matrigna e una sorellastra, mentre si assiste anche alla partecipazione clandestina della protagonista, Ye Xian, ai festeggiamenti del luogo. L’infelice ragazza dagli occhi a mandorla è costretta infatti a vivere, dopo la morte del padre, alle dipendenze di una matrigna e di sua figlia, che non le risparmiano umiliazioni e fatiche. Le due perfide donne, invidiose della felicità che Ye Xian trova nell’amicizia con un pesce dello stagno, reincarnazione della madre defunta, decidono di uccidere l’animale e di mangiarlo, arrecandole così un immenso dolore. Lo spirito della madre tuttavia non la abbandona, ma continua a proteggerla suggerendole di seppellire, nei vasi vicini al suo letto, le lische del pesce magico. Poco tempo dopo giunge in casa di Ye Xian la notizia della festa di primavera, evento di considerevole rilievo per tutte le ragazze del paese, ma alla protagonista viene proibito di partecipare perché costretta a pulire casa. Dopo la partenza della matrigna e della sorellastra, alla nostra “Cenerentola” appare ancora una volta lo spirito della madre che le indica di guardare nei vasi magici. Con grande stupore la fanciulla vi scopre un abito sfavillante, un mantello di piume di martin pescatore, gioielli e un paio di sandali

66 MILLE E UNA CENERENTOLA

d’oro. Incantevole come non mai, Ye Xian raggiunge la festa ma, per timore d’essere riconosciuta, in gran fretta ritorna a casa, perdendo una scarpina lungo il tragitto. Rivenduto di mercato in mercato, il sandalo d’oro giunge infine nelle mani del re di un regno vicino che, affascinato dalla minuta calzatura, emette un bando per ricercare la proprietaria, con l’intenzione di farne la sua consorte. Favorita quindi dal fato, Ye Xian riscatta la sua vita infelice divenendo regina. La predilezione dei cinesi per i piedi piccoli risale a tempi tanto lontani che la letteratura ci informa di questa tradizione ancora prima dell’era di Confucio (551 - 479 a.C.). Le donne di Cina avevano la consuetudine di praticare sin dall’infanzia una fasciatura molto dolorosa, che permetteva di ridurre notevolmente i loro piedi mantenendone una lunghezza che variava dai sette ai dodici centimetri, e una forma di mezzaluna. Emblema di straordinaria bellezza, la donna “del loto d’oro”3 della fiaba cinese viene prescelta dal re giacché possiede “i piedi più piccoli del regno”; pertanto da una tale circostanza è possibile ipotizzare, da un punto di vista storico e culturale, il motivo per cui, anche nelle successive versioni, il principe si aspetti che una sola fanciulla possa indossare la scarpina ritrovata. Da un’analisi della struttura compositiva delle versioni finora analizzate il capovolgimento della situazione iniziale, che condurrà le protagoniste da un’esistenza misera e asservita ad una vita da “favola”, può essere considerato il nucleo narrativo universale della fiaba di Cenerentola. La condizione privilegiata cui approda la fanciulla della nostra storia, qualunque sia la cultura che la propone, sopraggiunge attraverso un inatteso intervento provvidenziale. Divinità dalle sembianze animali, pesci prodigiosi, fate madrine, piante di datteri hanno concesso a Cenerentola, nella tradizione fiabesca di tutto il mondo, la possibilità di realizzare il sogno vagheggiato dalle giovani di ogni epoca. Nel 1893

3 Secondo la leggenda, Li Yu, imperatore e poeta della dinastia meridionale dei Tang, che regnò dal 961 al 975 d. C., aveva a palazzo una concubina che si chiamava Fanciulla Soave, fine danzatrice e donna di estrema bellezza, dalla vita esile. L’imperatore aveva fatto costruire per lei un loto d’oro alto un metro e ottanta tempestato di perle. Fanciulla Soave fu costretta a fasciarsi i piedi con seta bianca in modo che le punte assomigliassero alle estremità della falce lunare. Quindi danzò al centro del loto. 67 LA CENERENTOLA

la studiosa inglese Marian Roalfe Cox compilò la più ampia raccolta4 che sia mai stata pubblicata sulle varianti di una fiaba, rintracciando di “Cinderella” 345 versioni. Prendendo in esame il lavoro della Cox, è possibile individuare nei molteplici adattamenti proposti ciò che già è emerso da un primo accostamento tra la fiaba egiziana e quella cinese, ovvero quello schema archetipico della vicenda capace di riunire tra loro tradizioni tanto lontane nello spazio e nel tempo: un’eroina romantica e sognatrice, “regina” della cenere5 del focolare, umiliata e sottoposta a faticose incombenze domestiche; una scarpetta perduta (sandalo o zoccolo6) come mezzo di identificazione della sposa predestinata; la presenza di personaggi crudeli che impongono prove estenuanti per impedire alla fanciulla di partecipare alla festa / ballo; una sorta di deus ex machina rappresentato da un personaggio / animale fantastico o da un oggetto magico che premia la virtù della protagonista, provvedendo al necessario che la renderà la più bella del ballo; un principe o re che prendendo la fanciulla in moglie la affranca dalla schiavitù domestica alla quale era costretta.

La Gatta Cenerentola Questo è il titolo del «Trattenemiento siesto della jornata primma» di uno dei “cunti”, fiabe “de’ piccerille” del partenopeo Giambattista Basile, capolavoro letterario pubblicato postumo nel 1634-36. Ne Lo cunto de li cunti, scritto in napoletano colto, conosciuto per la sua struttura boccaccesca anche come Pentamerone, dieci comari raccontano in cinque giornate cinquanta novelle di cui la prima fa da cornice alle altre. Il Basile mantiene la medesima struttura compositiva

4 Marian Roalfe Cox, Cinderella. Three Hundred and Forty-five Versions of Cinderella, Catskin and Cap O’ Rushes, Abstracted and Tabulated, with a discussion of Mediæval Analogues, and notes. With an Introduction by Andrew Lang, The Folk-Lore Society, London 1893. 5 Il legame con la cenere, ora associato alla sporcizia e a una condizione servile, era in realtà molto importante nei popoli antichi: era una vestale bambina, vergine e pura, che doveva custodire il fuoco sacro dei numi latini, e la cenere veniva considerata purificatrice, tanto che in molte religioni viene ancora oggi usata per le abluzioni che precedono la preghiera. 6 Variante della scarpina presente nella versione araba, proveniente dall’Iraq, in cui la protagonista, Salima, per scappar via dalla festa dell’henné (era usanza che le donne, che accorrevano per cantare e danzare in casa della promessa sposa, le decorassero i piedi, le braccia e le mani con rossi disegni all’henné), organizzata per il matrimonio del figlio di un ricco mercante, perse uno zoccolo d’oro nel fiume. 68 MILLE E UNA CENERENTOLA

per ogni racconto: un proverbio, che ha la funzione di attenuare i toni fortemente audaci e grotteschi, apre e chiude ogni fiaba; l’asse spazio- temporale è indefinito, e spesso anche l’identità dei personaggi non viene resa manifesta pur svelandone tuttavia la condizione sociale (re, principi, villani, mercanti ecc.). Crudele e divertente allo stesso tempo, il racconto de La Gatta Cenerentola, che rappresenta la prima trascrizione europea della fiaba oggetto di questo studio, narra la storia diuna fanciulla di nome Zezolla, che cerca di sfuggire ad un ingrato destino rappresentato da ben due matrigne e sei sorellastre. La protagonista è infatti figlia di un principe che, pur amandola profondamente, non riesce a proteggerla dalla seconda moglie, «marvasa e ‘miciata de lo diantane» [malvagia e viziata dal diavolo], che invece la detesta. Zezolla pertanto chiede aiuto e protezione alla sua istitutrice, Carmosina, dolce e premurosa come una madre, che le suggerisce di uccidere la matrigna per prenderne il posto: «Lei, che ti vuol vedere tutta pezze e stracci, aprirà il cassone e dirà: Tieni il coperchio. E tu, tenendolo, mentre andrà rovistando dentro, lascialo cadere di colpo, così si romperà l’osso del collo». Uccisa la matrigna e trascorso il tempo del lutto, Zezolla con successo intercede perché il padre sposi Carmosina, ma dopo poco tempo la nuova consorte tanto cara e amorevole mette in luce le sue sei figlie, tenute fino ad allora nascoste, costringendo la sventurata figliastra a passare dal baldacchino al focolare, da sontuosi abiti a miseri stracci, «né sulo cagnaie stato, ma nomme perzì, che da Zezolla fu chiammata Gatta7 Cennerentola» [Né solo cambiò stato, ma perfino il nome, e da Zezolla fu chiamata Gatta Cenerentola]. In questa primissima parte della fiaba emerge il tema consueto del contrasto familiare e della sottomissione della protagonista, ma il Basile lo sviluppa in maniera differente rispetto sia alle versioni precedenti che a quelle successive. L’autore, ossessionato dal fascino dell’orrido, introduce infatti l’omicidio della prima matrigna: tali raccapriccianti trovate, e a volte anche alcuni volgari doppi sensi fanno dei cunti un’opera prevalentemente rivolta ad un pubblico adulto di cortigiani e non di piccerielle. Nonostante l’episodio agghiacciante dell’assassinio

7 Probabile derivazione della fiaba da una delle tante storie animalesche di trasformazione. 69 LA CENERENTOLA

attraverso cui si concretizza il tentativo di ribaltamento del suo infelice destino, Cenerentola si ritrova con una seconda matrigna ancora più malvagia, che per di più introduce e moltiplica per sei il tema della rivalità fraterna. Nella seconda parte della fiaba il tema della rivalsa prende le mosse da un avvenimento particolare: in occasione di un viaggio del principe in Sardegna, Cenerentola e le sorellastre elencano, su richiesta del padre, i doni che avrebbero voluto ricevere da quel paese incantato, regno di fate. Abiti, gioielli e passatempi per le figlie di Carmosina, mentre per la “fanciulla ricoperta di cenere” un dattero8, una zappa, un secchiello d’oro e una tovaglia di seta. Dalla pianta prodigiosa però, a dispetto delle sorellastre invidiose, viene fuori una fata che consente a Zezolla, pronunciando una formula magica, di cambiare i suoi vecchi stracci con abiti incantevoli. Per tre volte la protagonista, con l’aiuto del vaso fatato, riesce a trasformarsi in una fanciulla tanto bella quanto misteriosa e a partecipare in gran segreto alle feste a cui solitamente non aveva accesso. Il re, incantato da tanto splendore, decide di scoprirne l’identità utilizzando la “pianella” che nell’ultimo tentativo di fuga Cenerentola lascia involontariamente cadere dalla sua carrozza. La fiaba termina con la prova della scarpetta smarrita e le nozze regali di Zezolla tra l’invidia e la rassegnazione delle sorellastre: «Le sore vedenno chesto, chiene de crepantiglia, non avenno stommaco de vedere sto scuoppo de lo core lloro, se la sfilaro guatto guatto verso la casa de la mamma, confessanno a dispietto loro ca pazzo è chi contrasta con le stelle» [Le sorelle vedendo ciò, piene di rabbia, non avendo lo stomaco di sopportare lo scoppio del loro cuore, se la filarono quatte quatte verso la casa della mamma, confessando a loro dispetto che è pazzo chi contrasta con le stelle!]. Ne La Gatta Cenerentola assistiamo ad un’ennesima variazione della celebre scarpina, non più sandalo o zoccolo ma pianella9. Ciò evidenzia nel

8 Anche in Gràttula beddàttulla di Giuseppe Pitrè (Fiabe, novelle, e racconti popolari siciliani, Edikronos, Palermo 1982, vol. I, p. 150) la protagonista riceve dal padre, al ritorno da un viaggio, un vaso con un dattero magico che la trasforma nella fanciulla più bella del regno. La fiaba del Pitrè è considerata da Calvino la più colorata e mediterranea versione italiana di Cenerentola in cui non vi è traccia «del patetico moralismo della sorella reietta […] ma tutto diventa un puro gioco di fantasie meravigliose», in Italo Calvino, Fiabe italiane, Vol. II, Mondadori, Milano 1993, p. 519. 9 Calzature delle dame in età barocca, caratterizzate da una punta quadrata e allungata e tacchi piuttosto alti. Per renderle più confortevoli erano confezionate con materiali molto soffici 70 MILLE E UNA CENERENTOLA

racconto una commistione tra elementi dell’antica tradizione popolare, che si può ipotizzare abbia viaggiato nei secoli attraverso i continenti fino a giungere in Italia mantenendo grosso modo una struttura invariata, ed elementi del gusto e dei costumi dell’epoca del Basile.

Cendrillon ou la petite pantoufle de verre Quella che è senza ombra di dubbio la Cenerentola più conosciuta10 ed amata in tutto il pianeta, è la Cendrillon di Charles Perrault. Celebre scrittore francese alla corte di Luigi XIV e segretario a vita della Académie des Inscriptions et Belles-Lettres dal 1671, Perrault ebbe il merito di aver «ricreato sulla carta un prezioso equivalente di quella semplicità di tono popolare in cui la fiaba s’era tramandata di bocca in bocca fin’allora»11. Dalla corte napoletana del Basile è probabile che la fiaba di Cenerentola sia passata a quella francese, e che quindi l’autore di Cendrillon conoscesse il racconto di Zezolla. Pur mantenendone l’impianto favolistico, Perrault evita accuratamente atrocità e volgarità, per adattare la sua storia all’ambiente solenne di corte. Nel 1697 il novelliere francese pubblicò Contes de ma mère l’Oye, raccolta di undici fiabe, otto in prosa e tre in versi, comprendente anche Cendrillon, che può essere considerata un importante punto di partenza per la favolistica europea successiva. In Italia queste meravigliose fiabe sono state rese celebri e ricche di immaginario dall’abilità del suo traduttore più illustre, Carlo Collodi12. Ancora una volta la storia, anzi la fiaba, si ripete, proponendo, se pur attraverso sempre nuove invenzioni, un tema che appare eterno: la metamorfosi di Cenerentola. Per la protagonista anche nella fiaba e delicati quali la seta, la pelle di ermellino e il velluto. 10 Celebre è anche la versione dei fratelli Wilhelm e Jacob Grimm contenuta in Kinder und Hausmärchen (1812-1822), in cui la scarpetta è d’oro e in luogo della fata madrina ricompare la pianta di dattero del Basile. Inoltre la versione dei fratelli Grimm è ricca di particolari truculenti come quello della matrigna che costringe le figlie all’amputazione di parte dei piedi affinchè possano calzare la scarpetta. La mutilazione dei piedi si riscontra anche in altre versione come quella scozzese, Rashin Coatie, contenuta nella raccolta di Aarne e Thompson. In questa fiaba il principe sta per sposare la sorellastra ma sulla via che conduce alla chiesa un uccello lo informa dell’inganno della scarpetta cantando: «Piedone Mozzo, piè tagliato, cavalca al re vicina, ma bel Piedino, piè aggrazziato, nascosta se ne sta in cucina.». Cfr. Bruno Bettelheim, Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe, Feltrinelli Milano, p. 241. 11 I. Calvino, Prefazione, in op.cit., p. VIII. 12 Carlo Collodi, I racconti delle fate, Adelphi, Milano 1983. 71 LA CENERENTOLA

francese si prospetta infatti un futuro principesco, reso possibile attraverso l’ormai tradizionale espediente della scarpetta che tuttavia il novelliere di Francia concepisce di cristallo: «Sa Maraine [sic] ne fit que la toucher avec sa baguette; & en même-tems [sic] ses habits furent changés en des habits de drap d’or & d’argent tout chamarrés de pierreries: elle lui donna ensuite une paire de pantoufles de verre, les plus jolies du monde»13. Ma il cristallo della scarpina deriva probabilmente da un equivoco tra i due termini francesi omofoni vair, vaio, nome dato alla pelliccia ricavata dal dorso delle varietà russe e siberiane dello scoiattolo, più conosciuta come petit-gris, e con la quale è foderata la pianella di Zezolla, e verre, vetro. Della tradizione partenopea l’autore rispetta tuttavia il ritmo ternario scandito dai balli proposti dal Basile ma, per non realizzare una ripetizione che risulterebbe alquanto noiosa, elimina il terzo ballo (il che impone che Cenerentola perda la scarpetta al secondo), mentre la scena del primo viene raccontata due volte: «una volta come l’ha vissuta Cenerentola e una seconda come l’hanno vista le due cattive sorelle; questo, chiaramente, comporta un approfondimento dei personaggi»14. Per quanto riguarda il linguaggio, secondo il giudizio di Soriano, Perrault racconta, della vicenda della sua eroina, ciò che gli sta più a cuore, in maniera diretta e compatta, evidenziando i tratti più caratteristici dei personaggi, delle situazioni. Nonostante la freschezza per così dire fanciullesca della sua narrazione, in alcuni momenti è possibile scorgere una mutazione del tono del racconto, cosicchè l’interesse dell’autore sembra piuttosto rivolto a sottolineare e disapprovare i costumi del tempo, come nel caso della frivolezza delle donne: «Tutte le dame erano intente a studiare i suoi vestiti e la sua acconciatura per averne di simili il giorno dopo»15. Cendrillon, come tutte le fiabe contenute nella raccolta, termina con un messaggio educativo in

13 [La sua madrina non fece altro che toccarla colla sua bacchetta; nello stesso tempo i suoi panni si cambiarono in vestiti di broccato d’oro e di argento tutti tempestati di pietre preziose: quindi le diede un paio di scarpine di vetro, che erano una meraviglia], Charles Perrault, Histoires ou Contes du tems passé, avec des Moralitiés; Nouvelle Edition augmentée d’une Nouvelle, à la fin, Coustellier, La Haye 1742, p. 53. 14 Marc Soriano, I racconti di Perrault-letteratura e tradizione orale, Sellerio, Palermo 2000, p. 209. 15 Cfr. Ibidem, p. 213. 72 MILLE E UNA CENERENTOLA

versi. Questo rappresenta «una novità inaudita, visto che qui, per la prima volta in forma autorevole, la fiaba non è più intesa come testo di intrattenimento e di volo della fantasia degli adulti […] ma destinata al bambino che […] comincia ad essere considerato membro della comunità»16. Perrault infatti aggiunge ad ogni testo una morale in versi, tuttavia allo stesso tempo adotta «un tono ironico che induce a pensare a un gioco di mimesi letteraria, piuttosto che a un intento pedagogico»17. La fiaba francese è inoltre caratterizzata da una fervente e stimolante immaginazione, attraverso cui il novelliere dei Contes riesce ad elaborare la storia metamorfica della fanciulla utilizzando sbalorditive trasformazioni che coinvolgono, diversamente dalle altre versioni, anche il mondo che circonda Cenerentola. La ragazza riuscirà a partecipare segretamente al ballo grazie all’intervento della fata madrina che farà sfoggio dei suoi poteri magici trasformando rats e lézards [topolini e lucertole]: in cavalli e cocchiere i primi, in lacchè i secondi, mentre la citrouille [zucca] diventerà una carrozza tutta d’oro. L’incantesimo, in questa variante di fine ʼ600, non è gestito direttamente dalla protagonista, ma viene imposto dalla fatina. La portentosa magia svanirà infatti all’ultimo rintocco della mezzanotte, e sarà proprio nella fretta di rientrare e indossare nuovamente la “sua vita” che Cenerentola perderà la scarpina di cristallo grazie alla quale la metamorfosi sarà in seguito definitiva: diverrà Regina.

Rossini, Ferretti e lo smaniglio

Mancavano due soli dì al Natale […] mi si pregò di trovare e scrivere a volo un argomento […], e ristrettici in casa del Cartoni a bere il thè in quella sera freddissima, io proposi un venti o trenta soggetti da melodramma […] Rossini, per esser meglio concentrato si era posto in letto. Stanco del proporre e mezzo cascante dal sonno, sillabai in mezzo ad uno sbadiglio: Cendrillon. Rizzandosi su come il Farinata dell’Alighieri: – Avresti

16 Lorenzo Kirchner, L’alterità nel mondo fiabesco e le sue implicazioni pedagogiche, Ed. Fondazione Nazionale «Vito Fazio-Allmayer», Palermo 2000, p. 23. 17 Ibidem, p. 22. 73

MILLE E UNA CENERENTOLA

tu core di scrivermi Cendrillon? – mi disse: e io a lui di rimando: – E tu di metterla in musica? – Quando il programma? A dispetto del sonno, dimani mattina. – Buona notte!18

Così Jacopo Ferretti ricorda, nelle sue Memorie, la sera del 23 dicembre del 1816, quando, in casa dell’impresario del Teatro Valle, Pietro Cartoni, propose a Rossini l’idea di mettere in musica una Cenerentola. Il maestro pesarese si trovava a Roma per realizzare un’opera buffa per il Valle che sarebbe andata in scena in occasione del carnevale romano, quando esigenze di censura lo indussero a rivolgersi al Ferretti affinché, in gran fretta, risolvesse una difficile questione. Rossini avrebbe dovuto in realtà musicare un libretto scritto dal Rossi ma «le modificazioni, che ragionevolmente vi si volevano dal provvido Catone, snaturata avrebbero la farsa comica dell’argomento»19. Conseguenza di una tale situazione fu quindi la richiesta al Ferretti, da parte del compositore e dell’impresario, della stesura immediata di un nuovo componimento. In quella notte il librettista propose una lunga serie di soggetti, di cui qualcuno «fu riconosciuto troppo serio, ed in Roma d’allora, almeno in carnevale, volevano ridere», qualcunaltro «troppo complicato […] soverchiamente dispendioso per l’impresario […] non conveniente a’ virtuosi cui veniva destinato»20. La felice intuizione di scrivere una Cenerentola aveva suscitato infine il consenso e l’entusiasmo di Rossini, e appena un mese dopo l’opera andò in scena. Per Ferretti si trattava del suo nono libretto teatrale, ma anche del primo scritto per il grande maestro con il quale in realtà «v’era un po’ di ruggine, per un piccolo sopruso». Il compositore pare infatti che un anno prima gli avesse rifiutato un soggetto per il Teatro Argentina in favore dello straordinario Barbiere di Cesare Sterbini. Ancora prima della pièce rossiniana, altri compositori e librettisti in Europa si erano cimentati nel portare sulla scena la Cendrillon di Perrault. In Italia la celebre fiaba era stata musicata da Stefano Pavesi

18 Jacopo Ferretti, Memorie, cit. in Tutti i libretti di Rossini, a cura di M. Beghelli e N. Gallino, Garzanti, Milano 1991, p. XV s. 19 Ibidem,p. XVI. 20 Ivi. 75 LA CENERENTOLA

su libretto di Francesco Fiorini e rappresentata alla Scala nel 1814 come Agatina o la virtù premiata, mentre in Francia fu proposta per ben due volte, nel 1759 e nel 1810. Il notevole successo di quest’ultima opera di primo ʼ800, scritta da Charles Guillaume Etienne e messa in musica da Nicolas Isouard, spinse probabilmente Ferretti a proporre la sua Cenerentola. La scelta di quella notte tuttavia, riferisce lo stesso librettista, fu ispirata anche da Gertrude Righetti Giorgi, la primissima Rosina del Barbiere, probabile musa per «quell’aria d’ingenua bontà, che forma uno de’ caratteri distinti della brava Madama Giorgi, carattere premiato in Cenerentola, secondo la Cronaca delle fate»21. Queste pertanto furono le ragioni, le circostanze e i tempi di realizzazione di questo capolavoro. L’esito della prima non fu certo un trionfo, e il connubio Rossini - Ferretti suscitò parecchie critiche tra i romani, tuttavia il successo crebbe di replica in replica come già il maestro pesarese aveva ipotizzato. A tal proposito lo stesso librettista racconta:

In quella prima tempestosissima sera, dal naufragio non iscampò che il largo e la stretta del quintetto, il rondò finale ed il sublime largo del sestetto: il resto passò inosservato ed anche qua e là sibilato. Ma Rossini, non immemore della effimera caduta del Barbiere di Siviglia e conscio della magia infusa a larga mano nella Cenerentola, a me, […] gravemente diceva: «Sciocco! Non si termina il carnevale senza che tutti se ne innamorino: non passerà un anno che sarà cantata dal Lilibeo alla Dora e tra due anni piacerà in Francia e farà meravigliare l’Inghilterra. Se la contenderanno gl’impresari e più ancora le prime donne». E avvenne così. E quella Roma che l’aveva disapprovata, negli estremi dì del carnevale ne divenne briaca e l’applaudì dopo fino al delirio22.

L’insuccesso iniziale derivò probabilmente, come riporta Fedele D’Amico, da una esecuzione che “non fu gran cosa” a causa del fatto

21 Ibidem, p. 423. 22 J. Ferretti, op. cit, p. 422. 76 MILLE E UNA CENERENTOLA

che, a parte la Righetti Giorgi, straordinaria nel ruolo di Angelina per la sua voce di contralto «piena, potente, e di rara estensione, che andava dal ‘fa’ sotto le righe al ‘si bemolle’ sopra»23, gli altri interpreti erano alquanto mediocri. Nonostante ciò la stampa dell’epoca riporta anche un certo consenso ed entusiasmo sin da subito: «Sabato sera poi fu posta in scena sul Teatro Valle l’opera nuova intitolata la Cenerentola. […] La musica è del Signor Maestro Rossini, ed è sparsa di tante e sì originali bellezze da sorprendere veramente. Il pubblico diffatto l’applaudì col maggior entusiasmo»24. Ferretti, apprezzato prevalentemente in ambito romano, non avendo le medesime certezze in merito alla buona riuscita dell’opera rispetto ad un già “maturo” Rossini, all’epoca stimatissimo compositore affermato non solo in ambito nazionale, probabilmente ebbe timore delle critiche locali. Quest’ipotesi è in un certo senso confermata da una premessa al libretto, dello stesso Ferretti, che suona in realtà come una sorta di appello all’indulgenza per la rapidità con cui il componimento venne realizzato. Rivolgendosi ai suoi «cortesi fratelli drammatici» il librettista scrive:

La mia povera Cenerentola, figlia inaspettata e lavoro di pochi giorni, vuol essere a voi raccomandata, perché balzando fuori dalla cenere del focolare dimanda un tutore, e non sa trovarlo meglio che in voi. Vuol anche che per me saper vi si faccia che, s’ella non comparisce con la compagnia di un mago operatore di fantasmagoria o di una gatta che parla, e non perde nel ballo una pantofola (ma più tosto consegna uno smaniglio) come sul teatro francese o su qualche vasto teatro italiano25, ciò non deve considerarsi un crimenlæsæ, ma più tosto una necessità nelle scene del Teatro Valle, ed un rispetto alla delicatezza del gusto romano, che non soffre sul palco scenico ciò che lo diverte in

23 Giuseppe Radiciotti, Gioacchino Rossini: vita documentata, opere ed influenza su l’arte, Tivoli, 1927-9, 3 voll., I, p.181, cit. in Luigi Rognoni, Rossini, Guanda, Parma 1956, p. 278. 24 «Notizie del giorno» n. 4, 30 gennaio 1817, cit. in Annalisa Bini, “Altro è l’Arcadia, altro è poi Valle”: Jacopo, un divertissement letterario di Jacopo Ferretti a proposito di Cenerentola, «Bollettino del centro rossiniano di studi», XXXVI (1996), p. 9. 25 Ferretti si riferisce alla Scala di Milano dove la censura era molto più clemente. 77 LA CENERENTOLA

una storiella accanto al fuoco. La precipitanza in cui di mestieri scegliere l’argomento e sceneggiarlo, per presentarlo di tratto in tratto versificato al Maestro, avrà forse tolto la possibilità di evitare qualcuno de’ soliti difetti de’ drammi buffi. Ma la vostra cortesia e la vostra sperienza cosa non sapranno perdonare?26

Nel passo sopra citato il librettista della Cenerentola accenna altresì alle variazioni che, da un punto di vista drammaturgico, anche per volontà di Rossini, vennero apportate al tessuto classico della fiaba. Fate madrine, prodigi e incantesimi vari vennero eliminati in luogo di circostanze e personaggi più realistici e borghesi, ma ciò che destò sorpresa e soprattutto un’aspra critica fu la sostituzione della pianella con un braccialetto “pegno adorato e caro”. L’eliminazione del fiabesco tuttavia può trovare la sua giustificazione nel fatto che nella tradizione musicale l’opera buffa fosse un «genere del tutto alieno dalle magie, e votato per definizione a giocare sul realismo spicciolo»27. La scelta dello smaniglio invece può essere motivata storicamente da imperanti esigenze di censura. Un anonimo giornalista francese del «Journal des débats» in un articolo del 10 giugno del 1822, oltre a mostrare una certa reticenza nei confronti della Cenerentola italiana, trovò anche un’altra motivazione alla trovata del braccialetto, a suo parere l’unica che potesse giustificare una simile “mostruosità”:

Une Cendrillon peut-elle exister sans pantoufle verte? […] Une Cendrillon sans pantoufle n’est-elle pas une mostruositè intolerable au théâtre? […] le bȗcher de Didon, l’aspic de Cléopâtre, le poignard d’Oreste sont-ils plus historique à la scène que la pantoufle deCendrillon ? […] je ne vois qu’un moyen d’excuser il signor Ferretti qui a pu se dècider á substituer un bracelet au solier mignon de Cenerentola; c’est de supposer que l’actrice pour la quelle le róle a été écrit avoit un joli bras et un vilain pied. Tout le monde sait que les premières dames sont

26 J. Ferretti, op. cit., p. 423. 27 Fedele D’Amico, Il teatro di Rossini, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 99. 78 MILLE E UNA CENERENTOLA

très exigeantes, même en Italie, et qu’un auteur ne peut pas toujours resister à leurs caprices28.

Alle critiche rispose, per le rime ma con estrema cortesia, proprio la diretta interessata che confermò le ragioni del Ferretti. La Righetti Giorgi infatti replicò:

Miserabili che imbrattate le carte onde marcarne da’ vostri leggitori un immeritato profitto! Sui teatri di Roma non si permettono i movimenti delle persone come sulle scene di Francia. Si trovò che si poteva in qualche modo offendere la decenza coll’uso della pianella, e che trattandosi di opera in musica si poteva benissimo adottare la sostituzione dello smaniglio. Né credesse mai il Sig. Giornalista di Parigi, che ciò dicessi a giustificazione del mio piede: egli non mi conosce e se mi conoscesse direbbe forse che io avrei avuto più interesse ad adottare la pianella anziché appigliarmi al ripiego dello smaniglio29.

L’intento di Rossini non era quello di musicare una fiaba, bensì di realizzare una vera e propria commedia di costume, un’opera buffa in piena regola, pur costruendola, ed è questa la sua specificità, intorno ad un personaggio da commedia lacrimosa. Della fiaba di Perrault difatti Rossini mantiene il carattere dolce, ingenuo e malinconico della protagonista che già nell’introduzione del primo atto svela totalmente la sua gentile natura. Terminata l’ouverture30, dopo un «leggerissimo sciassè» di Clorinda e l’indecisione di Tisbe nell’acconciarsi un fiore “meglio lì; no, meglio qui”, Cenerentola, davanti al focolare a preparare il caffè, intona la sua prima aria, melanconica e “premonitrice”,

28 [Può esistere una Cendrillon senza pianella di vetro? […] Una Cendrillon senza pianella non è una mostruosità insopportabile a teatro?[…] Il rogo di Didone, l’aspide di Cleopatra, il pugnale di Oreste sono più storici sulla scena della pianella di Cendrillon? […] Io non vedo che un modo di scusare il signor Ferretti che ha potuto decidere di sostituire un braccialetto alla graziosa scarpetta di Cenerentola; c’è da supporre che l’attrice per la quale il pezzo era stato scritto avesse un bel braccio e un brutto piede. Tutto il mondo sa che le prime donne sono esigenti, specialmente in Italia, e che un autore non può sempre resistere ai loro capricci]. 29 Gertrude Righetti Giorgi, op.cit., riportato in L. Rognoni, op. cit., p. 297. 30 Si tratta di un autoimprestito. Era stata infatti composta da Rossini per La Gazzetta, opera andata in scena il 26 settembre 1816 al Teatro dei Fiorentini a Napoli. 79 LA CENERENTOLA

smorzando non solo la frivolezza delle sorellastre ma anche quel meccanismo comico già dominante. A differenza diCendrillon , in cui il messaggio morale è posto alla fine del racconto, Angelina (Cenerentola) di Rossini annuncia subito, con la sua “solita canzone”, quale sarà il suo destino. Oltre ad anticipare la scelta finale del principe, sia il testo che la melodia della deliziosa arietta della protagonista separano nettamente il mondo di Cenerentola da quello di Tisbe e Clorinda, i “rampolli femminini” di Don Magnifico, un barone decaduto di Montefiascone, patrigno di Angelina. La perfida matrigna e le superbe sorellastre del Perrault vengono sostituite nell’opera da personaggi più ridicoli che malvagi che, con la loro buffoneria, attenuano l’eccesso patetico che avvolge la figura della protagonista. Il ritratto di Angelina e della sua tiranneggiante famiglia è quindi subito chiaro anche al precettore del principe Ramiro, il saggio Alidoro, che travestito da povero vecchio mendicando “un tantin di carità”, diventa testimone della bontà autentica della fanciulla, qualità che lo induce a suggerire al suo signore di ricercare la futura sposa in casa del barone. Tutta questa prima parte si svolge nel castello di Don Magnifico, il quale, svegliato dal “cì cì, ciù ciù” delle figlie, elettrizzate per l’invito al ballo, fa il suo ingresso in scena «con una paradossale cavatina ( Miei rampolli famminini), rossiniana al cento per cento, tutta intessuta di meccanismi onomatopeici e di spassosi crescendo»31. Il barone racconta alle figliole un sogno straordinario, la cui interpretazione è perfettamente in sintonia con la notizia dell’invito del “principon”. Il consiglio di Alidoro intanto è stato accolto da Ramiro che, subito dopo, fa il suo ingresso nel castello. Ancora una volta l’opera si allontana dalla fiaba. In Perrault il principe si innamora di Cenerentola al momento del ballo, quando la protagonista, favorita dalla fata madrina, è un vero splendore, mentre in Rossini Ramiro ha un coup de foudre già in casa di Don Magnifico, quando Angelina è tra la “cenere” e le si comanda di andar “la polvere a spazzar”. Il principe tuttavia si presenta a Cenerentola, e più avanti al barone e alla sue figlie, come un semplice scudiero. Ramiro, infatti, seguendo il suggerimento di Alidoro e in accordo con

31 L. Rognoni, op. cit., p. 88. 80

LA CENERENTOLA

il suo cameriere Dandini, personaggio del tutto estraneo alla fiaba, mette in atto uno stratagemma per provare i sentimenti delle fanciulle. Attraverso il travestimento e lo scambio di ruoli tra il principe e il suo scudiero si assiste ad una vera magia: la fiaba si trasforma totalmente in melodramma buffo. Esilarante e un vero capolavoro di comicità è la presentazione del “principe” Dandini che, giunto al castello, comincia “a dirle grosse” fingendo di essere già sedotto da Tisbe e Clorinda, da lui definite “l’ottava e nona meraviglia” e che, totalmente entrato nella parte, non risparmia elogi neppure all’ormai sicuro barone, del tutto ignaro della burla. Nonostante Cenerentola supplichi il patrigno di portarla anche “un’ora, un’ora sola” al ballo, Don Magnifico la respinge bruscamente davanti al suo “illustre ospite” e a Ramiro, già in collera per le prepotenze e le minacce inflitte alla sua bella. Neppure il “codice” di Alidoro riesce a cambiare la situazione: Cenerentola dovrà come sempre rimanere in casa. Il saggio precettore, che assiste commosso a tutta la scena, decide tuttavia di aiutare quella fanciulla dall’animo tanto gentile e, rimasto solo con Angelina, le fornisce abiti, gioielli e una carrozza per condurla segretamente “al festin”. Il primo atto si chiude nel palazzo del principe dove intanto Dandini “sotto voce a mezzo tuono; in estrema confidenza” riferisce a Ramiro che in realtà Tisbe e Clorinda “sono un misto d’insolenza, di capriccio e vanità”. L’ingresso inaspettato di una dama sconosciuta (Cenerentola), che sprezza “quei don che versa fortuna capricciosa” e pretende solo “rispetto, amor, bontà”, infine desta il sospetto e la gelosia della famiglia del barone e agita “un ignoto arcano palpito” nel cuore del principe: «Parlar pensar vorrei, / Parlar pensar non so. / Questo è un inganno, o dei! / Quel volto mi atterrò». In questo primo atto è evidente come la più originale innovazione rispetto alla fiaba sia questo complesso gioco di travestimenti. Non sarà infatti solo Ramiro a rimanere meravigliato dalla vera identità della dama misteriosa, ma anche la stessa protagonista che si ritroverà innamorata e poi sposa ad un principe e non ad uno scudiero. La vera sorpresa, ed è qui che il comico si impone sul meraviglioso, tuttavia è destinata a quel mondo frivolo, arrogante e sciocco incarnato da

82 MILLE E UNA CENERENTOLA

Don Magnifico, Tisbe e Clorinda. Spettacolo nello spettacolo, il travestimento conduce alla fine dell’opera al trionfo della bontà, che rappresenta pertanto l’essenza sia dell’opera che della fiaba. Nel secondo atto infatti si sgroviglia questo “nodo avviluppato”. Tutto ha inizio dallo “smaniglio” che Cenerentola consegna a Ramiro perché possa ritrovarla. Intanto Dandini sta per svelare la sua identità al barone, il quale crede piuttosto che il finto principe stia per rivelargli chi tra Tisbe e Clorinda diverrà la sposa regale e quasi non sta nella pelle nell’ascoltare la decisione finale. Appresa la triste verità, Don Magnifico torna con la coda tra le gambe al castello. Il barone furibondo sfoga la sua rabbia su Cenerentola che, rientrata poco prima e indossati i vecchi stracci, nasconde in gran fretta il compagno dello smaniglio ceduto al suo scudiero. Un improvviso temporale fa intanto rovesciare la carrozza di Ramiro, e per angosciare ulteriormente la famiglia del barone, il caso vuole che il principe chieda ospitalità proprio al castello. Riconosciuta la dama misteriosa in Cenerentola, grazie al braccialetto, Ramiro palesa a tutti l’intento di prenderla in sposa. Impietriti e smarriti per le parole delle principe, in un «sestetto esilarante e demenziale»32 («Questo è un nodo avviluppato»), che gioca sull’onomatopea delle parole, l’insolenza di Don Magnifico, Tisbe e Clorinda non si cela più dietro a nessuna maschera ed essi, non curandosi affatto della presenza di Ramiro, offendono ripetutamente la povera fanciulla. Come la fiaba, l’opera del maestro pesarese termina con l’invito del principe “a regnare e a trionfar” e, nella sala del trono, svanite dalla mente «le antiche ingiurie», la principessa Cenerentola intona un rondò finale incantevole, mantenendo una «piena, pura, non venata ed ignara innocenza, anche nella rivincita e nel trionfo»33.

32 Stendhal, Vita di Rossini, Torino, EDT, 1992, p. 157. 33 Riccardo Bacchelli, Vita di Rossini, Firenze, Passigli Editori, 1987, p. 138. 83

Intervista a Giorgio Barberio Corsetti

Per La Cenerentola e poi per Le streghe di Venezia verrà utilizzata in scena la tecnica del chroma key, può spiegarci di cosa si tratta? Le varie tecniche che abbiamo usato in questo spettacolo sono il frutto di una ricerca condotta da me in prima persona e insieme al gruppo Officine K, realizzando spettacoli ma anche cercando di far evolvere un linguaggio delle immagini dentro gli spettacoli. Alle spalle c’è la mia esperienza fatta a Reggio Emilia e poi in Francia, con La pietra del paragone di Rossini e La belle Hélène di Offenbach con un video artista francese, Pierrick Sorin, epoi l’esperienza de Le streghe di Venezia. Sono due tecniche diverse che si uniscono: da una parte abbiamo la possibilità di far agire i cantanti all’interno di scenografie o, come in questo caso, di disegni, che sono giustapposti attraverso la tecnica del chroma key; dall’altra la possibilità di “dipingere” le scenografie con delle proiezioni video, che sono mappate e vanno a ricoprire esattamente dei punti delle scenografie. L’unione di queste due tecniche crea un mondo immaginario onirico parallelo a quello reale e concreto della scena. Ci sono delle scenografie fisiche, che in questo caso sono dei volumi, da una parte convessi per gli esterni con le strade e i palazzi, dall’altra concavi per gli interni, con degli arredi che sono sia fisici che virtuali. Alcune tecniche non sono mai state sperimentate così in scena, si tratta di una ricerca sulle immagini del tutto nuova, perché l’immagine non è solo sullo schermo, ma su tutta la scena. LA CENERENTOLA

La protagonista chi è? Cenerentola è una ragazza moderna, e abbiamo scelto la modernità della fine degli anni ’60, perché si tratta di una modernità quasi mitica ma vicina a noi e che conosciamo bene, potremmo dire che ci appartiene. E si tratta di un momento di rivoluzione, il momento del boom economico. Cenerentola viene catturata dal mondo delle immagini e dell’apparire, ed Alidoro che la spinge a entrare in questo mondo: è lui che all’inizio fa arrivare in scena i cartelloni pubblicitari che attirano Cenerentola. Durante l’aria di Alidoro “Là, del ciel nell’arcano profondo” lui, che è un chirurgo plastico, le permette di scegliere il corpo dei suoi sogni. Tutti i personaggi giocano con il proprio corpo grazie alle tecniche che abbiamo utilizzato, in particolare Dandini, ma in particolare abbiamo voluto parlare di questa idea del corpo ideale che si cerca di instillare alle donne.

Ma alla fine della storia Cenerentola sarà più libera rispetto all’inizio? Ma Cenerentola fin dall’inizio è una ragazza molto intelligente. È una ragazza che magari si veste al mercatino, ma non è vestita di stracci, perché si veste con fantasia. Sa esattamente quello che vuole. Il momento dell’incontro con Ramiro è un momento magico in cui i loro cuori si intrecciano, con dei cuori disegnati che sono un rimando a Frida Kahlo. Lei da quel momento diventa più forte, decide di cambiare, e Alidoro le permette di mettere in atto questo cambiamento. Il secondo momento forte per Cenerentola è l’arrivo alla festa, su questa sorta di red carpet che le permette l’accesso improvviso alla notorietà, con tutti che la fotografano. In realtà nulla è reale, si tratta solo di immagini, tutto è apparenza. E questo viaggio nel quale è guidata da Alidoro, creatore di illusioni, percorre tutta l’opera fino ad arrivare al matrimonio.

Quindi una storia che non è solamente una fiaba. La Cenerentola è un dramma giocoso, non un’opera buffa. E quindi tutti questi personaggi hanno degli elementi interessanti. I personaggi sono poi immersi nel delirio musicale rossiniano,

86 INTERVISTA A GIORGIO BARBERIO ROSSETTI

dove in una costruzione musicale strutturata ci sono momenti in cui tutto si blocca e l’ossessione monta, in una meccanica dei suoni meravigliosa, in cui non succede nulla, ma semplicemente vediamo cosa ha dentro ciascuno: stupore, nodi avviluppati. Possiamo pensare che sia una proiezione della personalità complessa di Rossini, che ha una componente ossessiva. In lui vediamo una umanità dominata, diversamente da Verdi dove l’uomo domina. Sono posseduti da qualcosa, da questa meccanicità della musica, e i personaggi sono marionette: in proposito penso a Kleist, che scrive negli stessi anni, all’idea del lasciarsi attraversare come modo per essere più vicini alla divinità. I personaggi sono trasportati dalla musica, a volte si incagliano, a volte partono come cellule impazzite, con un effetto che può essere tragico o comico. Uno di questi momenti in cui tutto si arresta è “Nel volto estatico”, che è la rappresentazione di una violenza subita da Cenerentola. La scena precedente con Don Magnifico è terrificante, pur essendo anche buffa. Don Magnifico è prepotente, violento e vile, e questo deve venir fuori: non può essere solo una figura grottesca, deve avere qualcosa di terribile. La protagonista si chiama in realtà Angelina, e Cenerentola è il nomignolo che le hanno imposto. Quest’immagine delle violenze che ha subito rimane, e non possiamo dimenticarla. Ma Cenerentola ha un carattere forte: non piange, ma è ferma nella sua volontà di andare alla festa. Non deve pregare, buttarsi in ginocchio: ma da quando ha visto Ramiro ha deciso che andrà al ballo, e quindi anche se Don Magnifico la scaccia con il bastone lei non desiste, interpella tutti i presenti. E anche nel secondo atto, quando rifiuta le proposte di Dandini, che lei crede ancora essere il principe, o quando dice a Ramiro che prima di sposarla deve conoscerla come veramente è, si rivela il carattere eccezionale di Angelina. È un personaggio “vero” teatralmente. Ovviamente l’elemento farsesco è presente, soprattutto in Dandini, che ha un suo mondo surreale e immaginario in cui le braccia si allungano a dismisura e i fiori sbocciano intorno a lui. Il fatto che non si tratta di un’opera realistica permette di abbandonarsi alle

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invenzioni, perché ha qualcosa di surreale, che sarebbe poi il punto di incontro tra quello che si vede e quello che non si vede, tra il mondo della realtà e quello dell’immaginazione e del sogno. Le sorellastre, come in Don Magnifico, hanno bisogno di equilibrio tra l’aspetto comico, che devono avere per forza, e una loro fragilità, una loro zona d’ombra: la loro insicurezza, la violenza del padre, non solo contro Cenerentola ma anche contro di loro. È un padre manesco, che vuole farle rigar dritto. Loro sono sguaiate, scostumate in una maniera quasi primaria, ad esempio nel modo in cui si esibiscono per attrarre il principe, però nello stesso tempo hanno una voragine interiore. E anche loro partecipano ai momenti di smarrimento dei concertati, e a un certo punto vanno a pezzi.

Ma della fiaba rimane il lieto fine? Fin dalla prima scena, nella sua canzone che ripete ossessivamente, Cenerentola ha già esposto tutta la storia. Sa già tutto quel che avverrà poi perché è il suo desiderio, il suo sogno ad occhi aperti che diviene reale. Abbiamo creato una cucina in cui loro si muovono e dalla quale Cenerentola evade nel mondo dei propri sogni: essere famosa, avere un corpo diverso, essere più bella. E in conclusione non c’è un vero e proprio lieto fine, è un po’ crudele.

Il cast è prevalentemente composto da giovani cantanti, è importante per questo tipo di spettacolo? È una meraviglia, sono tutti fantastici, in entrambi i cast. Si divertono all’idea di farla così. Io cerco di non entrare in conflitto con le esigenze dei cantanti, perché sono convinto che se loro sono a proprio agio funziona tutto meglio, e quindi se mi chiedono di cambiare qualcosa sono aperto a tutti i suggerimenti.

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Giulietta Simionato (Cenerentola) nel 1961 al Teatro Massimo. LA CENERENTOLA Al teatro massimo

8 febbraio 1961 (3 rappresentazioni) Direttore Vittorio Gui Regia Franco Enriquez Scene e costumi Piero Zuffi e Peter Hall Don Ramiro Juan Oncina, Dandini Giuseppe Taddei, Don Magnifico Italo Tajo, Clorinda Eugenia Ratti, Tisbe Fernanda Cadoni, Angelina Giulietta Simionato, Alidoro Enrico Campi

Il debutto di La Cenerentola al Teatro Massimo di Palermo coincide con gli albori della Rossini Renaissance, della quale il Teatro Massimo negli anni Sessanta e inizio Settanta è uno dei principali protagonisti: l’anno precedente con L’italiana in Algeri, poi a seguire La Cenerentola nel 1961, Guglielmo Tell nel 1962, Il barbiere di Siviglia con Teresa Berganza nel 1963, di nuovo L’italiana in Algeri nel 1965, di seta nel 1966, Il conte Ory con Montarsolo nel 1967, Il signor Bruschino e Il barbiere di Siviglia nel 1968, La Cenerentola con Berganza, Bruscantini e Montarsolo nel 1969, infine la memorabile inaugurazione della stagione 1971/72, il 9 dicembre 1971, con Elisabetta regina d’Inghilterra, protagonista Leyla Gencer, direttore Gianandrea Gavazzeni. In quanto a La Cenerentola, a Palermo sono presenti tutte le più grandi interpreti del Novecento di questo ruolo, a cominciare appunto, in occasione della prima del 1961, da Giulietta Simionato. Su «L’Ora» datato 9-10 febbraio 1961, Gioacchino Lanza Tomasi scrive: «Il Teatro Massimo ha fatto pienamente centro con la rappresentazione di Cenerentola, e sotto tutti i punti di vista: il capolavoro rossiniano è raramente rappresentato; una edizione mediocre sarebbe stata LA CENERENTOLA

una condanna presso un pubblico poco incline alle riesumazioni. Ne abbiamo ascoltato una magnifica realizzazione per completezza e fusione di spettacolo e musica. L’opera è stata presentata con pochi tagli di alleggerimento mentre sovente si procede alla falcidia del primo atto, e lo si giustifica colla difficoltà di mantener desto l’interesse degli ascoltatori […]. Nella direzione orchestrale di Vittorio Gui la guida sicura dello spettacolo oltre la pura forma musicale, per addentrarsi nel senso recondito del sentimento individuale del personaggio tanto che l’aria assume un valore oltreché lirico o virtuosistico di relazione per lo sviluppo della commedia. La concertazione cura nel particolare la perfezione tecnica dell’esecuzione, nello stacco preciso del tempo, nel dosaggio delle intensità e degli accenti fra voci e strumenti, raggiunge in primo luogo un vitale edonismo sonoro fondamentale per l’arte del Rossini. I concertati ne risultano brillanti e perfetti, irresistibili nel ritmo, nel piacere strumentale del martellare sillabico delle voci e il famoso crescendo non si realizza tanto nello sforzo della intensità, quanto nella caduta delle entrate e nello spiccare dell’inciso, ripetuto sì da mantenere pur nell’apice la trasparenza delle parti. La rispondenza fra gesto ed orchestra era sicura, sotto buona guida l’orchestra […]. Eugenia Ratti rientrata nelle sue possibilità, ha cantato con purezza ed espressione nella parte di Clorinda. La sua arte mi sembra si addica assai più al fiorito dell’opera comica, che al melodramma verista per il quale non dovrebbe troppo affaticare i suoi mezzi. Juan Oncina ha preso la sua rivincita di autentico rossiniano dopo L’italiana in Algeri dell’anno scorso: la sua voce è ritornata sicura e rivela sempre una bella pienezza di timbro, sa cantare con espressione pure le fioriture, come ha mostrato appena entrato in scena; ed è una arte difficile od almeno oggi poco diffusa. Di bella presenza, recita con garbo senza cadere nel ridicolo del tenore innamorato. Dominatori dello spettacolo la Simionato e Taddei. La Simionato è artista eccezionale per natura ed arte: una voce di splendido timbro, usata con tecnica altissima, il gorgheggio scatta scandito in ogni nota eguale, perfetto nel ritmo, la sua interpretazione si basa sulla bellezza musicale della parte cantata, cui attribuisce lo stato d’animo adeguato, non quindi una esecuzione

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vissuta emotivamente nell’attimo, ma la perfezione studiata dell’aria da concerto, una emozione razionale apice di virtuosismo ed esattamente nel carattere della parte, di cui esempio tipico è l’arduo rondò del “lampo” a chiusura dell’opera. Il timbro splendido unito alla facilità dell’emissione, la ponevano in risalto da protagonista sin dall’intonazione delle prime note della sua mesta canzone, nel suo canto come nella musica un prodigio di stile. Taddei ha brillato oltre che per l’arte del canto per l’abilità di adattarlo alla scena, la sua interpretazione valeva tanto vocalmente che per validità teatrale. Magnifico attore nella cavatina del primo atto, cambiava mirabilmente accento dal canto melodrammatico di finto principe alle richieste di consiglio a Don Ramiro, sussurrate eppur percettibili per l’impeccabile dizione. La sua voce di bel timbro ha mostrato una eccellente agilità aiutata dalla direzione orchestrale che gli permetteva di modularla a piacere senza necessità di sforzo. Bravissimo pure Tajo che ha accentuato il lato comico e servile di Don Magnifico, attore come sempre spigliato ha reso irresistibilmente con voce e gesto la cavatina del primo atto. Tisbe era interpretata ottimamente da Fernanda Cadoni. Perfetto come sempre il Campi come Alidoro per scena e canto. Gustosa scena movimentata sotto la regia di Franco Enriquez con molta spontaneità, molto bello fra l’altro l’effetto di luce che accompagna il momento di riflessione nel quintetto del primo atto, e piacevole la trasformazione a sipario aperto della scena. Molto azzeccato il costume di Dandini che conferiva alla sua parte una gratuita burla del Re Sole non priva di estro. Veramente uno spettacolo eccellente che meriterebbe così com’è la pubblicazione discografica». Altrettanto entusiasta è il giudizio di Ubaldo Mirabelli sul «Giornale di Sicilia» del 9 febbraio 1961: «Il mondo del cuore e il turbinio della vitalità rossiniana hanno trovato nel maestro Gui ierisera al Massimo l’interprete sommo per cristallina resa di eloqui musicale, impeccabile meccanica ritmica, sapiente dosatura di effetti strumentali e vocali, fluidamente intesi a creare nel distacco dello stile la verità umana della Cenerentola rossiniana. Le sonorità degli attuali teatri d’opera esigono rafforzamenti, necessari peraltro alla comprensione del valore fonico, del canto e

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dello strumentale. Un uomo di gusto raffinato come il maestro Gui può strappare alla necessità delle sonorità vistose effetti pieni e corposi di canto, rilevando, per esempio, il bofonchiare del fagotto dietro le volute del flauto (nella sinfonia) con piena intelligenza per l’ascoltatore. Ma la direzione ha avuto anche l’esemplare valore di una lezione autentica nei concertati e nei pezzi d’assieme, dove le entrate delle voci, le pause strumentali, i colori orchestrali venivano a completarsi nella sillabazione delle voci, a far blocco espressivo. […] Nell’ultimo quadro, nel mirabile frammento minuscolo come una sonata contratta ma perfetta, scandito in allegro, andante, allegro, l’interpretazione del direttore parve, addirittura, esaltarsi all’arte grandissima di Giulietta Simionato con il trasvolare della voce bellissima di colore, raccolta e spiegata verso cieli immacolati di canto. La protagonista dell’opera ha avuto nel “rondò” che abbiamo ricordato un momento toccante di perfezione, quel miracolo che l’interprete attinge alla nativa felicità della situazione e della condizione del momento. Cenerentola meravigliosa di scena e di voce, la Simionato, ma soprattutto esemplare nella cadenza perfetta, nella misura, nella eleganza del sapere essere vera senza ostentazione, sognante senza svenevolezze. Ottima la compagnia di canto. Qualche voce – lo confesso francamente – non mi è apparsa bella (oggi dove trovarle?) ma tutti gli interpreti hanno cantato con perfezione, sostenuti da un’orchestra che ha saputo colorire e cesellare nello stesso tempo. […] Le belle scene del Teatro di Corte di Napoli hanno inquadrato nel vasto palcoscenico del Massimo un mondo prezioso, atteggiato ad un realismo venato di un tocco surreale (negli ambienti del Palazzo di Don Magnifico) o dichiaratamente favoloso (nel casinò di delizie del principe) con mirabili cancellate, squisiti fondali e fughe di archi preziosi e scintillanti. Peter Hall ha animato il mondo del melodramma giocoso di costumi allusivi, elegantissimi con un tocco caricaturale che faceva colore nella ridondanza degli ornamenti e nelle preziosità delle acconciature. La regia di Franco Enriquez è stata abilissima a movimentare con intelligenza e aderenza alle necessità vocali dei cantanti la trama con trovate gustose, movimenti di praticabili e animazione mai fastidiosa ma sempre giusta, puntuale,

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vivificante, direi, nello svilupparsi della vicenda. Il sorriso di Rossini ha fatto il resto e lo spettacolo bellissimo, ha incanto il pubblico, divertito e affascinato».

17 aprile 1969 (5 rappresentazioni) Direttore Gianandrea Gavazzeni / Maurizio Arena, Regia Carlo Piccinato Scene Giulio Rossi Costumi Peter Hall Coreografia Ugo Dell’Ara Don Ramiro Piero Bottazzo Dandini Sesto Bruscantini Don Magnifico Paolo Montarsolo Clorinda Adriana Martino Tisbe Laura Zannini Angelina Teresa Berganza Alidoro Leonardo Monreale

Dopo la grande diva degli anni Cinquanta, la giovane promessa: Teresa Berganza, con la direzione di Gavazzeni. Sul «Giornale di Sicilia» del 18 aprile 1969, Renato Chiesa scrive: «Gianandrea Gavazzeni […] c’è parso veramente il concertatore e il direttore ideale di uno spettacolo che, per omogeneità di voci, fusione e spirito era senz’altro fra i migliri di questa stagione del Massimo. I tempi staccati da Gavazzeni non erano certo accomodati ad usum delphini pensando ai seri pericoli che il palcoscenico corre molto spesso per una scrittura vocale insidiosa; ma al tempo stesso la ritmica era stata minuziosamente controllata nella concertazione per una risoluzione della massima chiarezza opportunamente dosata nel volume. Dalla sinfonia al temporale, dai pezzi solistici ai concertati, la bacchetta di Gavazzeni è passata con disinvoltura e leggerezza, senza squilibri o incongruenze, sempre impegnata e chiarificatrice. Sotto una guida così acuta e intelligente, la compagnia di canto si è trovata visibilmente a suo agio, formando un quadro di impareggiabile armonia. A Teresa Berganza, (che ha cantato

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nel ruolo della protagonista) dobbiamo rivolgere gli apprezzamenti più positivi, per qualità vocali spiccate e per fresca interpretazione del personaggio. Nella sua voce troviamo timbro morbido, felice impostazione in tutta la gamma, straordinaria agilità e perfetta intonazione; in più la Berganza sa controllare i suoi mezzi con costante dosatura rifuggendo da ogni tendenza a strafare, per una versione sempre musicalmente approfondita. Nel momento attuale di crisi di tenori, Pietro Bottazzo ci ha risollevati dal pessimismo, interpretando il personaggio di don Ramiro con estro, luminosità, pulizia; sa tornire bene la frase e sa sciogliersi in volatine con uguale disinvoltura e non vuole essere mai il tenorino cicisbeo e petulante che siamo abituati ad incontrare in opere di questo genere. Sesto Bruscantini è rimasto il basso dalle straordinarie risorse anche nella figura di Dandini, che è stata ricostruita con vivacità, humor, finezza e sotto il profilo vocale con risultati nettamente positivi. La voce di Paolo Montarsolo è indubbiamente, per qualità e potenza, una delle migliori del suo genere oggi: vocalmente pertanto il suo don Magnifico ci è parso perfetto sotto ogni punto di vista, tecnicamente senza la minima incertezza, ottimo nella analisi del personaggio che nell’opera tiene un’importanza di primo piano. Adriana Martino e Laura Zannini hanno interpretato rispettivamente le figure di Clorinda e di Tisbe con pregevole aderenza e sicura vocalità; Leonardo Monreale è stato un Alidoro convincente. Corretto e giustamente colorito il coro diretto da Mario Tagini. Le scene di Giulio Rossi erano, per lo spirito della vicenda, un po’ fredde e cupe. Mi riferisco soprattutto all’impianto fisso nella parte anteriore, mentre gli spunti nuovi sullo sfondo presentavano motivi di maggiore luminosità e vivezza. Buoni i costumi di Peter Hall. La regia di Carlo Piccinato si è limitata ad impostare nelle linee fondamentali le scene, lasciando in genere una certa libertà di movimento con buon risalto dei lati comici dell’azione e con un gusto pregevole. Successo caloroso per tutti».

96 Teresa Berganza (Cenerentola) e Paolo Montarsolo (Don Magnifico) nel 1969 al Teatro Massimo. LA CENERENTOLA

1 giugno 1977 (8 rappresentazioni) Politeama Garibaldi Direttore Gabriele Ferro Regia Antonello Madau Diaz Scene Giulio Rossi Don Ramiro Luigi Alva Dandini Claudio Desderi Don Magnifico Clorinda Mariella Adani Tisbe Laura Zannini Angelina Lucia Valentini Terrani Alidoro Alfredo Giacomotti

Alla Simionato e alla Berganza ecco che segue un’altra grandissima interprete rossiniana: nel 1977 il ruolo di Cenerentola è affidato a Lucia Valentini Terrani, che lo riprenderà anche negli anni successivi. Sul podio un altro grandissimo direttore, Gabriele Ferro. Su «Il domani» del 9 giugno 1977, Giuseppe Gebbia scrive: «Una tale opera, una tale partitura, in cui ogni inciso ha un suo significato, ogni sfumatura un suo valore, richiede una esecuzione eccezionale. E tale può ben dirsi quella dovuta a Gabriele Ferro […]. L’orchestra di Ferro è stata proprio quella rossiniana: una orchestra asciutta ed elegante, luminosa e precisa, lieve e colorita: una orchestra sottilmente equilibrata nei rapporti tra valori fonici e valori cantabili. Ferro è stato elastico nei comandi e obbediente ad una visione di una partitura – attentamente “restaurata” da Alberto Zedda – che ha sortito effetti di pura e tenera espressività, di incisiva scorrevolezza, e quel che anzitutto conta in teatro, di perfetta sincronia con i cantanti, in ogni senso provatissimi. Che il Ferro facilitasse il compito da parte di tutti i cantanti, dai quali si richiedeva intelligenza non meno che capacità tecnica, maliziosa arguzia e chiarezza di sillabazione non meno che delicato garbo nelle emissioni, si può in coscienza affermare. Con rinnovato diletto si è ascoltata la nobile e pura raffigurazione vocale che Lucia Valentini Terrani ha fatto di Cenerentola, così varia nei recitativi, così mutevole nelle emissioni, così calorosa nel fraseggio. Sempre con una netta visione dell’elemento

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musicale, ossia cosciente delle finezze interpretative che sono in atto nelle combinazioni sonore e riscattando il canto da ogni compromesso effettistico. Astuto gioco scenico, disinvoltura e vivo senso psicologico, arte di canto e stupenda stilizzazione, tutto ha fattto di Claudio Desderi un “Dandini” che oggi non può avere rivali. Enzo Dara è stato un “Don Magnifico” d’alta classe, di buona voce, di irresistibile simpatia di una musicalità affascinante. Con lui va citato Luigi Alva, “Don Ramiro”: una figura disegnata con compostezza, musicalmente a posto, ammirato per le inflessioni della voce, per il legame più studiato tra la nota e il suo più intimo significato. Qua e là buon “Alidoro”, Alfredo Giacomotti che ha “schizzato” la sua parte con preciso accento fonico e ritmico. Clorinda e Tisbe disegnate da Mariella Adani e da Laura Zannini, sovente pudiche vocalmente, così duttili alla mutevole psicologia dei singolari personaggi, hanno rinnovato in noi il godimento di ascoltare le composte artiste, a volta a volta frivole, superbe, e sempre acute e sempre di fresca amenità scenica. Il problema corale, in Cenerentola, è che i personaggi (un coretto maschile) mantengano, anche scenicamente, quella caratterizzazione che il musicista ha dato loro. Questo è stato ottenuto grazie all’opera quasi invisibile, alla buona preparazione, da parte del maestro Mario Tagini. Cauto, vigilante, scrupolosamente fedele alla partitura, Gianfranco Spinnato, maestro al cembalo. Intelligente la regia di Antonello Madau Diaz che ha voluto che i personaggi trovassero il loro preciso sostegno mimico e il loro consiglio recitativo nella misura musicale. Tradizione, sì; ma non maniera. È una tradizione tutta coerente con l’impasto sonoro e con il sorgere e con l’espandersi del disegno melodico. Le scene, su bozzetti di Giulio Rossi, nel loro sottile grafismo quasi monocolore, malgrado la loro innegabile funzionalità, ci sono parse frutto di una stanca inventiva. Di studiata accuratezza i costumi […], i quali palesavano la ricerca di una caratterizzazione. Puntale direttore dell’allestimento scenico, Antonio Carollo».

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4 luglio 1980 (3 rappresentazioni) Teatro di Verdura Direttore Roberto Abbado Regia Antonello Madau Diaz Don Ramiro Ernesto Palacio Dandini Claudio Desderi Don Magnifico Giorgio Tadeo Clorinda Mariella Adani Tisbe Laura Zannini Angelina Lucia Valentini Terrani Alidoro Leonardo Monreale

Su «L’Ora» del 5 luglio 1980, Fabrizio Carli nota come La Cenerentola non sia un’opera reazionaria, anzi, «perché è innegabile che Rossini provi assai più simpatia per il servo Dandini che per il principe Ramiro», e che proprio al «borghese (o… proletario) Dandini […] il compositore attribuisce una rilevanza scenica e musicale pari a quella di Cenerentola. Nell’esecuzione dell’opera, apparsa ieri sera a Villa Castelnuovo come inaugurazione dei programmi estivi del Massimo, la dimensione co- protagonistica di Dandini assumeva una rilevanza straordinaria nella maiuscola prova fornita da Claudio Desderi, cantante di ineccepibile correttezza e rara intelligenza musicale, nonché attore capace di una presenza scenica incisiva e di immediata evidenza, pur nella costante misura dei gesti e dei movimenti. Gli altri personaggi comici della vicenda non erano centrati con uguale efficacia […] Quanto ai personaggi seri, va ancora ammirata la signorile presenza di Leonardo Monreale (Alidoro). Corretto ma opaco e non troppo sicuro nei passi di virtuosismo, Ernesto Palacio che era Don Ramiro. C’era da attendersi che Lucia Valentini Terrani avrebbe cantato una grande Cenerentola e ciò si è verificato puntualmente. Commovente il vigore espressivo del suo canto, magnifica la voce che, da sontuose note basse, sale sicura sino agli acuti; tecnicamente perfette le agilità che insidiano la parte. Molto ben rilevato, poi, il personaggio al quale la Valentini conferiva una dignità umana e psicologica, frutto di lunga e meditata esperienza e connotata da ammirevole spontaneità. Elegante e scorrevole la

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concertazione di Roberto Abbado sull’edizione critica della partitura curata da Alberto Zedda (con qualche taglio che penalizzava la parte di Alidoro). Il rapporto con i cantanti risultava ben calibrato e semmai privilegiava questi ultimi, per le dinamiche trattenute e i ritmi mai esorbitanti». Sara Patera sul «Giornale di Sicilia» mette in risalto in primo luogo la direzione musicale: «Il giovanissimo Roberto Abbado ha dato prova di un’accuratezza di concertazione assai rilevante e di una precisione di lettura che valorizzava i dettagli e che avrebbe acquisito ben altro risalto con un’acustica meno dispersiva di quella di Villa Castelnuovo, dove l’esigenza di sonorità assai ridotte rendeva difficile talvolta la nitidezza d’ascolto. Complessivamente l’opera si è dipanata secondo una linea che tendeva a subordinare nettamente la vivezza comica e la fantasiosa mobilità inventiva a una delicata raffinatezza sonora che ne attardava gli slanci ritmici e finiva per porsi in una sorta di compiaciuta e immobile contemplazione. La regia di Antonello Madau Diaz conferiva movenze da operetta alle due sorelle e all’ingresso dei cavalieri che precedono il falso principe e, di contro, una monumentale rigidezza alle scene del “trionfo” di Cenerentola. Sul palcoscenico Lucia Valentini Terrani si è mostrata in possesso di una buna sicurezza tecnica in qualche tratto non risolta però in espressiva scioltezza ed è stata una Cenerentola duplice: di umile semplicità in povere vesti, imponente ma anche rigida nei due pomposi costumi […] in nero funereo e bianco sfacciato. Il Dandini di Claudio Desderi ha aderito con straordinario spessore vocale e sonico all’ambiguità del ruolo con un rilievo che ha dato piacevole animazione a scene spesso troppo statiche. Di una comicità resa con ironica finezza, ha dominato senza affettazione, stilisticamente elegante e convincente. Ernesto Palacio, nelle vesti del principe, ha aderito correttamente al ruolo con qualche difficoltà vocale nella tessitura più acuta».

101 Lucia Valentini Terrani (Cenerentola) e Rockwell Blake (Don Ramiro) nel 1990 al Politeama Garibaldi. LA CENERENTOLA AL TEATRO MASSIMO

20 maggio 1990 (10 rappresentazioni) Politeama Garibaldi Direttore Angelo Campori Regia Filippo Crivelli Scene e costumi Ferruccio Villagrossi Don Ramiro Rockwell Blake Dandini Bruno Praticò Don Magnifico Domenico Trimarchi Clorinda Valeria Baiano Tisbe Laura Zannini Angelina Lucia Valentini Terrani / Raquel Pierotti Alidoro Michele Pertusi

Sul «Corriere del giorno» del 24 maggio 1990, Luca Pellegrini scrive: «si è […] chiamata una delle Cenerentole più famose del teatro lirico italiano, Lucia Valentini Terrani. Sembra che siano passati circa sei anni da quando il mezzosoprano ha interpretato per l’ultima volta codesto ruolo; noi la ricordiamo in una superba edizione a Roma nel 1984, dove ottenne un meritatissimo trionfo. Purtroppo oggi Lucia non è più quella di una volta, e lo si scrive con molta tristezza e molto rimpianto. […] E sì che la stoffa dell’artista ancora si vede, e benissimo; che in scena la cantante è ancora spigliata e vivacissima; che la sua personalità riesce fortunatamente ad offuscare altri inconvenienti di carattere vocale. Ma Cenerentola non è più per Lucia, e viceversa. Inoltre le si affiancava un altro grande dell’universo rossiniano, Rockwell Blake, che nella parte di don Ramiro non riesce a mettere in luce tutte le sue capacità: tecnicamente il tenore è superbo e dotatissimo, ma sul palcoscenico servono anche altre qualità che Blake sa molto meglio dimostrare quando affronta personaggi del tipo eroico, più che comico- sentimentale. Debuttava nella parte di Dandini Bruno Pratico, del quale sempre si rileva una classe genuina ed una omogenea preparazione che lo mette al riparo dai gigionamenti a cui il ruolo può essere soggetto. Domenico Trimarchi impersonava invece Don Magnifico, con poca voce e molto buon senso. Infine Michele Pertusi ancora rinnovava la sua intelligenza musicale nel ruolo di Alidoro […].

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Su «Sipario» di luglio/agosto 1990, Lucio Lironi nota «qualche difficoltà nata dalla concertazione, più veemente che giocata, di Angelo Campori, ottimo direttore, ma più in sintonia con altri autori. Ci è parso, inoltre, che in alcuni momenti una più serrata conduzione dei tempi avrebbe favorito gli interpreti., peraltro generosamente impegnati ad affrontare con rigore stilistico le agilità del canto fiorito rossiniano. Più improntata a toni realistici che a fantasiose astrazioni, la regia di Filippo Crivelli ha comunque consentito il dipanarsi di un abile gioco scenico (ma a volte con qualche farsesco ammiccamento in più) nel quale tutti gli interpreti hanno ben figurato come attori, malgrado l’impegno a essi richiesto, come cantanti, da ruoli così complessi e rischiosi. Nell’insieme, sotto il profilo vocale, il bilancio è senz’altro soddisfacente, e di ciò va dato atto anche a Valeria Baiano e Laura Zannini (le sorellastre Clorinda e Tisbe petulanti come da copione) e al sicuro e convincente Alidoro di Michele Pertusi, i quali hanno validamente affiancato il quartetto dei protagonisti. Ne facevano parte l’ottimo e come sempre musicalissimo Bruno Praticò, felicemente debuttante nella sfaccettatissima parte di Dandini, che potrebbe diventare uno dei suoi cavalli di battaglia vincenti; Domenico Trimarchi, esperto e smaliziato interprete di Don Magnifico e di altri svariati “Don” operistici; il prodigioso Rockwell Blake (per la prima volta a Palermo), nella cui ugola l’agilità rossiniana “fiorisce” letteralmente, sorretta da una magistrale tecnica di respirazione e di emissione, malgrado un colore vocale non entusiasmante. Lucia Valentini Terrani non affrontava da cinque anni il ruolo a lei così congeniale di Cenerentola, forse distratta da altri personaggi di altri autori. In questo “atteso” ritorno palermitano, a onta di qualche traccia di usura nel registro acuto, abbiamo ritrovato in lei l’intelligenza interpretativa di sempre, lo stile splendido e inconfondibile e, in più, la strenua volontà di dare il meglio di sé e di essere ancora, come in passato, la Cenerentola ideale». Piero Violante su «L’Ora» del 22 maggio 1990 apprezza in particolare i due protagonisti: «questo notevole interprete che è Rockwell Blake: ne ho ammirata la chiarezza del fraseggio, il timbro che si sa eroicamente ispessire, la bella estensione: tutte doti che sono brillate in particolar

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modo nell’aria della prima scena del secondo atto. Ritornava a Palermo a interpretare La Cenerentola Lucia Valentini Terrani: conserviamo un gran ricordo di quell’edizione (del maggio del 1977): gli anni che son passati hanno affaticato un po’ questa cantante dal timbro scuro così seducente e che ci ha ancora affascinato, anche se si avverte come una contrazione che rende il canto meno fluido. Tuttavia è stata una interpretazione di alto profilo, con esiti stilistici ragguardevoli soprattutto nel finale dell’opera».

18 marzo 2001 (9 repliche) Direttore Gabriele Ferro Regia Jérôme Savary Scene e costumi Ezio Toffolutti Movimenti coreografici Alexandre Stepkine, Luci Bruno Ciulli Don Ramiro Raul Giménez / Juan José Lopera Dandini Roberto De Candia / Marco Camastra Don Magnifico Natale De Carolis / Luciano Di Pasquale, Clorinda Jeannette Fischer / Carla Di Censo Tisbe Silvia Mazzoni / Lorena Scarlata Angelina Gloria Scalchi / Marianna Kulikova Alidoro Carlo Lepore / Michele Bianchini Allestimento dell’Opéra National de Paris

Nel 2001 l’attenzione è attratta in primo luogo dalla regia estrosa di Savary. Sul «Giornale di Sicilia» del 20 marzo 2001, Sara Patera così descrive lo spettacolo: «È una scarpina la prima a comparire, ma non è di Cenerentola. L’Angiolina dell’opera rossiniana […] entra invece in una nuvola di fumo, come poco dopo anche Alidoro. Piccolo tocco da fiaba con cui il regista Jerome Savary intreccia il suo rapporto con la storia scritta da Ferretti per Rossini. V’imprime, Savary, soprattutto un ritmo incalzante, affollato di trovate, per quel suo gusto nativo di guardare alla scena con lo stupore infantile dell’imprevisto. Ed ecco che don Magnifico appare in alto, come in una nicchia e poi precipita giù con la sua camera-ascensore. Ci sono tante bamboline che 105 LA CENERENTOLA

Cenerentola appende a una corda e l’invasione di tante Cenerentoline. C’è l’ammicco a Perrault in quella zucca portata a Cenerentola insieme con l’abito per il ballo e il cenno di diniego di Alidoro ad Angiolina che mostra la scarpetta invece dello smaniglio, com’è nel libretto. Turbinio di trovate, turbinio di ritmi scenici (con le scene e i costumi di Ezio Toffolutti) che vedono in primo piano le due sorellastre infaticabili in corsette e scivoloni, smorfie e contorcimenti, un po’ arpie, un po’ bambinacce, in trio con don Magnifico. Un ritmo che il regista sembra pungolare sulla scorta di quell’ostinazione del libretto che insiste a più riprese sulla “fucina” e sul “vortice” del cervello delle due “pazze” o sui “quattromila pensieri” nella testa di don magnifico (un “testone” per le figlie, come Alidoro lo è per Dandini) che dichiara poi: “Tengo nel cerebro / Un contrabbasso». Da queste radici Savary trae il succo per animare instancabilmente la scena del dramma giocoso che ha movenze da commedia musicale, con brevi pause per i momenti più rarefatti dei protagonisti, piccole isole nella folla di valletti, cortigiani, ballerinette (del gruppo dei Piccoli danzatori del Massimo) con le coreografie di Alexandre Stepkine che irrompono a riempire la scena. Si diparte questa pressione ritmica dall’orchestra che Gabriele Ferro guida sui due versanti, fin dalla sinfonia, della ricercata rarefazione o dell’accensione impetuosa e incalzante, con attenzione al rapporto con il palcoscenico e in una dimensione in cui questa sorta di follia travolgente disegna e accompagna tratti ossessivi dei personaggi per alleggerirsi in aura lieve intorno a Cenerentola e Ramiro cui Gloria Scalchi e Raul Gimenez si dedicano l’una con sottile grazia quasi infantile, indifferente ai soprusi, e una vocalità di accurata nitidezza, bene in evidenza nell’arco meno grave, l’altro con sorridente e quasi divertita consapevolezza, un bel rilievo vocale ed espressivo fraseggio. Bravissime le sorellastre di Jeannette Fischer e Silvia Mazzoni e nei vorticosi ritmi scenici e negli esiti vocali ben integrati con il profilo dei personaggi assieme al cattivo e balordo don Magnifico di Natale De Carolis, al disinvolto Dandini di Roberto De Candia e al pacato Alidoro di Carlo Lepore. Partecipe il coro istruito da Franco Monego». Michelangelo Zurletti sul «Corriere della sera» del 21 marzo 2001 nota:

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In alto Raul Gimenez e Gloria Scalchi In basso il finale del I atto di La Cenerentola nel 2001, con la regia di Jérôme Savary e scene e costumi di Ezio Toffolutti.

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«L’ allestimento della rossiniana Cenerentola presentato qualche anno fa da Jérôme Savary nello spazio già grande del Palais Garnier approda ora nello spazio ancor più grande del Teatro Massimo. La scena di Ezio Toffolutti, tutta dipinta in tinte pastello, restringe un po’ gli spazi concentrando lo spettacolo al centro, ma è proprio la dimensione del teatro e della sala a rendere difficile il rapporto tra quella partitura così elegante e leggera e la quantità dei destinatari (c’ erano quasi tutti, in platea e nei sei ordini di palchi). L’ allestimento ha avuto comunque una splendida accoglienza, non solo con lunghi applausi alla fine ma con applausi anche a scena aperta, dopo i numeri principali. […] Savary forza un po’ la mano con eccessive proposte clownesche (continui ruzzoloni, gag di vario tipo), ma queste riguardano soprattutto le due sorellastre di Cenerentola, mai così brutte e sgraziate: ma su loro già si accanisce con clowneschi e spettacolosi deliri Rossini (pensiamo al concertato del secondo atto quando le due unite insieme abbaiano come cagne). Per il resto mobilita cantanti coro e comparse in un’esecuzione vivacissima, una continua girandola di invenzioni. Con un’idea che passa trasversalmente per tutta l’opera. Man mano che si dipana la vicenda arrivano mimi e ballerine in quantità sempre crescente, anche con tutù apparentemente incongrui per riunirsi alla fine dell’ opera in un quadro che è il trionfo dell’opera: ballerine raggruppate come nella celebre litografia con la Taglioni e la Grisi, e intorno amorini con arco e frecce, cocchieri, massaie, signori e naturalmente protagonisti e coro, tutti a assecondare il rondò di Cenerentola. E intanto la scena si allarga in architetture da Olimpo, con nuvolette abitate da putti. Da parte sua Gabriele Ferro offre una raffinata, avvincente lettura dell’opera, scandita in punta di bacchetta e con una leggerezza che solo la buona preparazione attuale dell’orchestra e lunghe prove possono consentire. Evidentemente la cura a base di opere difficili come Le martyre de Saint-Sébastien e Lulu è servita a ridare all’orchestra l’orgoglio che aveva perduto. In palcoscenico una compagnia affiatata e ineccepibile, musicalmente e scenicamente inappuntabile. Gloria Scalchi, sia pure con acuti poco smaglianti, dà un’interpretazione perfettamente convincente di Angelina. Accanto a lei Natale De

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Carolis disegna un Don Magnifico finalmente non smandrappato ma semplicemente balordo e divertente. Roberto De Candia è un Dandini sicuro e musicale, anche lui finalmente non caricaturale. Raul Giménez è un Ramiro ancora svettante e preciso, Carlo Lepore un Alidoro dotato della necessaria coloratura. Jeannette Fischer e Silvia Mazzoni sono le due brave sorellastre, brave anche nella acrobazie». Secondo Carla Moreni sulle pagine del «Sole24ore» del 25 marzo 2001, lo spettacolo sta «in bilico sul circo, l’avanspettacolo, il teatro di strada. È una Cenerentola più realistica che fiabesca, con i fondali dipinti (scene e costumi di Ezio Toffolutti), un siparietto calato a portare in primo piano alcuni momenti, come nei teatrini di marionette, e qualche coreografia a dare un tocco di prosaica allegria, ad esempio nella scena del temporale danzata da una folla di cenerentoline- streghette, saltellanti sull’indispensabile scopa. Al pubblico piace. […] la mano del regista argentino era evidente, e di ottima scelta. Ma non lambiva che di striscio Rossini. Meglio lo profilava il fronte musicale. Sul podio Gabriele Ferro, un veterano di Cenerentole (e si cantava l’opera da cima a fondo, concertati compresi), guidava Orchestra e Coro piuttosto in forma: non elettrici quanto a tensione, non travolgenti nei “crescendo”, ma prudenti nei tempi, saggi nel prendere tutte le note. Anche la filologia era appagata, grazie alla “buca” sollevata quasi al palcoscenico, alla disposizione dei fiati posti a macchia alla sinistra del direttore, al fortepiano per i recitativi».

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Luigi Rognoni, Gioachino Rossini, catalogo delle opere a cura di Philip Gossett, Einaudi, Torino 19812.

Stendhal, Vita di Rossini, EDT, Torino 1991.

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Gioachino Rossini, Lettere e documenti, a cura di Bruno Cagli e Sergio Ragni, Fondazione Rossini, Pesaro1992-2004.

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Giovanni Carli Ballola, Rossini: l’uomo, la musica, Bompiani, Milano 2009.

Gaia Servadio, Gioachino Rossini. Una vita, Feltrinelli, Milano 2015.

Riccardo Bacchelli, Gioacchino Rossini, Castelvecchi, Roma 2016.

NOTE BIOGRAFICHE

Gabriele Ferro Ha compiuto gli studi musicali, pianoforte e composizione, diplomandosi presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Nel 1970 ha vinto il concorso per giovani direttori d’orchestra della Rai, collaborando da allora con le sue orchestre, con quella dell’Accademia di Santa Cecilia e della Scala di Milano per i concerti sinfonici. Ha riscosso un ampio successo internazionale dirigendo i Wiener Symphoniker, i Bamberg Symphoniker, l’Orchestre de la Suisse Romande, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la BBC Symphony Orchestra, l’Orchestra WDR, la Cleveland Orchestra, e l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia. Ha inoltre collaborato per molti anni con l’Orchestre National de France. È stato Direttore stabile dell’Orchestra Sinfonica Siciliana (1979- 1997), Direttore principale dell’Orchestra della Rai di Roma (1987- 1991), Generalmusikdirektor dello Stuttgart Staatstheater (1991- 1997), Direttore musicale del Teatro San Carlo di Napoli (1999-2004) e Direttore principale del Teatro Massimo di Palermo (2001-2006). Il suo repertorio spazia dalla musica classica alla contemporanea, nell’ambito della quale ha diretto in prima mondiale opere di Berio, Clementi, Maderna, Stockhausen, Ligeti, Nono, Rihm, Battistelli, Betta etc. Si è dedicato al melodramma sia in Europa che negli Stati Uniti, affrontando un repertorio che va dal Settecento al Novecento e collaborando assiduamente con teatri quali la Fenice di Venezia, La Scala di Milano, l’Opera di Roma, il Comunale di Firenze, la Bastille e lo Châtelet di Parigi, il Muziektheater di Amsterdam, il Grand Théâtre di Ginevra, la Bayerische Staatsoper di Monaco, l’Opera LA CENERENTOLA

di Chicago, la San Francisco Opera, la Los Angeles Opera, l’Opera di Tel Aviv, la Deutsche Oper di Berlino, il Teatro Real di Madrid, il Covent Garden di Londra inclusa una lunga tournée in Giappone con Così fan tutte di Mozart. Con il grande successo di Elektra di Strauss a Napoli ha ricevuto il premio Abbiati. È stato ospite dei maggiori festival internazionali, tra cui le Wiener Festwochen, il Festival di Schwetzingen, lo Schleswig Holstein Musik Festival, il Rossini Opera Festival di Pesaro, il Maggio Musicale Fiorentino, Coruña Mozart Festival, Ferrara Musica e la Biennale di Venezia. Ha trionfato con Il flauto magico di Mozart al Grand Théâtre di Ginevra, un successo ripetuto nel febbraio 2009 con Salome di Strauss. Su invito di Piero Farulli è docente di direzione d’orchestra alla Scuola di Musica di Fiesole. Ha inciso per Sony, Emi, Erato e Deutsche Grammophon. È accademico di Santa Cecilia, e gli è stato conferito il prestigioso premio “Beste Aufführung” 2012 da «Opernwelt» perLa sonnambula di Bellini, diretta a Stoccarda nell’aprile 2012. È stato nuovamente nominato Direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo. È tornato al San Carlo di Napoli dopo avere diretto di Rossini con la regia di Ronconi nell’autunno 2011 e Les pêcheurs de perles di Bizet nell’ottobre 2012 nonché l’inaugurazione della Stagione Sinfonica 2013/2014 e Salome di Strauss. Nel 2015 ha diretto a Stoccarda Il Vologeso di Jommelli, curando personalmente la versione strumentale. L’opera è stata premiata dalla rivista «Opernwelt» come la più interessante dei cartelloni tedeschi 2015. Nel marzo 2016 ha avuto un grande successo alla Staatsoper di Amburgo con Guillaume Tell di Rossini.

Giorgio Barberio Corsetti Da decenni è impegnato ad esplorare attraverso i suoi spettacoli il confine tra il teatro e le altre arti: arti visive, poesia,scrittura, musica, arti circensi, video-arte, danza… Il territorio delle sue ricerche e delle sue opere in Italia e all’estero è di volta in volta definito da nuclei poetici molto diversi tra loro, ma ugualmente potenti, quali la scrittura

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di Kafka, Goethe, Kleist, Ovidio, Shakespeare, Pirandello, Chretien de Troyes, Labiche, la pittura rinascimentale e barocca, la drammaturgia contemporanea, Barker, Dimitriades, Lohle, il melodramma di Rossini, Verdi, Donizetti, Bellini, Guarnieri, Adams, Offenbach… Per ognuna delle opere da cui è attratto ed in cui si immerge, dà una lettura poetica singolare, per ognuna, sempre teso a individuarne la vitalità e l’energia, definisce un codice diverso di scrittura scenica e di lettura da parte del pubblico. Ugualmente impegnato su scritture classiche e contemporanee, le interpreta come fossero testi vivi, enigmi ancora attivi per decifrare il mondo che ci circonda. La sperimentazione dell’uso del video nella drammaturgia teatrale è uno dei tratti caratteristici del suo teatro. Dall’inizio del 1999 al 2001 è stato direttore artistico del Settore Teatro della Biennale di Venezia, aprendo la programmazione della Biennale alle differenti forme della creazione contemporanea, comprese le arti circensi, che da allora rientreranno costantemente nella sua ricerca artistica. Dal 2004 al 2009 è consulente per il teatro e la danza presso l’Auditorium – Parco della Musica di Roma. Parallelamente all’attività teatrale, dedica la sua ricerca all’opera e al rapporto tra musica e teatro. Il suo primo incontro con l’opera è del 1999 quando cura la regia di Maria di Rohan di Donizetti al Teatro La Fenice di Venezia. Nel 2000 dirige un dittico per il Teatro Massimo di Palermo: La voix humaine di Poulenc e Cocteau e Erwartung di Schönberg. Nel 2006 lavora alla regia dell’opera di Rossini La pietra del paragone che debutta al Teatro Regio di Parma e nel gennaio 2007 al Théâtre du Châtelet di Parigi. Per il Rossini Opera Festival 2009 realizza Zelmira e nello stesso anno debutta all’Auditorium Parco della Musica di Roma con Le streghe di Venezia di Philip Glass. Nel 2010 cura la regia di La sonnambula a San Gallo in Svizzera e nel 2011 al Teatro alla Scala di Milano Turandot con la direzione orchestrale di Valery Gergiev. Nel 2012 realizza tra gli altri Nineteen Mantras, coreografia di Shantala Shivalingappa, produzione Fondazione Musica

116 NOTE BIOGRAFICHE

per Roma e Fondazione MAXXI in coproduzione con Accademia Teatro alla Scala Scuola di ballo; Pop’pea tratto da L’incoronazione di Poppea di Monteverdi e adattato in forma di opera rock con la drammaturgia di Ian Burton e le musiche di Michael Torke (Théâtre du Châtelet); al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo con Gergiev. Del 2013 sono I Was Looking at the Ceiling and Then I Saw the Sky e La sonnambula al Teatro Petruzzelli di Bari. Nel 2014 è chiamato al Theatre du Châtelet per riallestire La pietra del paragone, riprende alla Comédie-Française Un chapeau de paille d’Italie e apre il Festival d’Avignon con Le prince d’Hombourg. Nel 2015 ha ripreso La belle Hélène al Théâtre du Châtelet.

Massimo Troncanetti Assistente realizzatore dell’artista Alfredo Pirri tra il 2003 ed il 2006. Fonda nel 2006 la compagnia Muta Imago con la quale realizza spettacoli che hanno partecipato a festival internazionali come RomaEuropa Festival, Premiere Festival (Strasburgo), Fadir Festival (Teheran), Bipod Festival (Beirut), Clipa Aduma Festival (Tel-Aviv). Nello stesso periodo la compagnia ottiene il Premio Ubu Speciale, il Premio della Critica dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro e il Premio DE.MO/Movin’UP. Comincia nel 2011 la sua collaborazione con Giorgio Barberio Corsetti firmando le scenografie di spettacoli realizzati in Italia ed in Francia, tra i quali Un chapeau de paille d’Italie di Labiche (Comédie- Française 2012), I was looking at the ceiling and then I saw the sky di John Adams (Théâtre du Châtelet 2013) e Le Prince de Homburg di Kleist (Festival d’Avignon, Cour d’honneur). I lavori più recenti sono le scenografie di: Othello, regia di Leonie Simaga (Comédie- Française 2014); I duellanti, regia di Roberto Aldorasi e Alessio Boni (Festival dei Due Mondi 2015); La Cenerentola di Rossini, regia di Adriano Sinivia (Opera di Losanna, ottobre 2015).

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Francesco Esposito Nasce a Castellammare di Stabia (Na) nel 1983. Frequenta dal 2003 l’Accademia di Belle Arti di Napoli e prende parte alle edizioni del progetto Museum di Renato Carpentieri nell’organizzazione e nella realizzazione di installazioni. Si diploma nel 2008 in scenografia, ma già da qualche anno è assistente degli scenografi Antonio Di Ronza, Nicola Rubertelli e Paolo Petti. Dal 2009 collabora con il teatro Bellini di Napoli agli spettacoli di Gabriele Russo, realizza scene e costumi per la commedia Gretel e Gretchen di C. Buono, e le scene per Odissé - in assenza del padre. Per il Napoli Teatro Festival Italia nel 2010 realizza le scene per Bizarra di Rafael Spregelburd (Premio Ubu come miglior opera straniera) per la regia di Manuela Cherubini. Con la stessa collabora alla versione indipendente dell’opera Bizarra a Roma realizzando scene, costumi e parte dei video in animazione; realizza scene e costumi di alcuni testi dell’eptalogia di Rafael Spregelburd, per la prima messinscena italiana de La modestia (2011) e per La stupidità (2012). A Roma instaura un rapporto lavorativo con Fattore K collaborando così dal 2011 con il regista Giorgio Barberio Corsetti nell’adattamento teatrale de Il castello di F. Kafka e allo spettacolo di teatro danza Nineteen Mantras con Shantala Shivalingappa; nel 2014 firma scene e costumi per La famille Schroffenstein di Kleist al Système Friche Théâtre di Marsiglia. Nel 2013 con Corsetti ed altri artisti fondano Officine K, debuttando con I was looking at the ceiling and then I saw the sky di J. Adams al Théâtre du Châtelet di Parigi. Seguono Gospodin di P. Lohle, una produzione Fattore K, e Histoire du soldat dove cura scene e costumi all’interno del progetto ‘Backstage’. Nel luglio 2015 firma i costumi per I duellanti, adattamento teatrale del romanzo di J. Conrad, con la regia di Alessio Boni e Roberto Aldorasi.

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Gianluca Cappelletti Dopo aver conseguito l’attestato al corso di illuminotecnica teatrale presso “l’Accademia Galli Bibbiena” di Arezzo e presso “Armunia” di Castello Pasquini, dal 2000 al 2003 lavora come capo elettricista al Teatro Manzoni di Pistoia. Inizia la sua carriera di tecnico luci in vari allestimenti per le più importanti compagnie di prosa italiane (Teatro Eliseo di Roma, Emilia Romagna Teatro, Piccolo Teatro di Milano, Teatro Nuovo Torino) fino a realizzare le prime regie luci: Scoppio d’amore e guerra di D. Camerini con Lucrezia Lante della Rovere e Rocco Papaleo e Sabato notte di R. Cavosi con Chiara Noschese. Collabora con vari registi del panorama teatrale italiano realizzando tra gli altri il disegno luci per Auntie & me di F. Cerlino, The Crack-up me di C. Pernarella, Cittadine di e con Lucia Poli, Il volo della farfalla di S. Furlan. Nel 2005 avviene il fortunato incontro con Giorgio Barberio Corsetti: da questo momento realizza il disegno luci dei principali spettacoli della Compagnia Fattore K, tra cui quelle delle opere liriche Y Borges cuenta que… su musiche di Luis Bacalov, e La pietra del paragone di Rossini (Teatro Regio di Parma e Théâtre du Châtelet di Parigi). Nel 2009 ha firmato il disegno luci per Zelmira al Rossini Opera Festival di Pesaro. Tra le produzioni più recenti, Gospodin con Claudio Santamaria, produzione Fattore K (2014) e La belle Hélène di Offenbach al Théâtre du Châtelet di Parigi. È stato direttore tecnico delle ultime quattro edizioni del Festival internazionale “METAMORFOSI festival di confine fra teatro e circo” all’Auditorium Parco della Musica di Roma ed attualmente è il direttore tecnico del Festival “Lievito” che si tiene a Latina e responsabile tecnico e disegnatore luci della DaCru Dance Company di Marisa Ragazzo.

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Cecilia Ligorio La sua attività si articola tra l’attività d’interprete, la regia e la drammaturgia. Si diploma giovanissima presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” e conclude i suoi studi accademici presso l’Institut de Teatre di Barcelona. Dal 2005 al 2009 fa parte della compagnia Somnis de Somnis di Barcellona nella doppia veste di interprete e assistente alla regia. Nel 2005 collabora con l’Ensemble Nacional de Musica Contemporánea de España. Da quel momento la ricerca professionale si salda al mondo musicale e lirico in particolare. Dirige la sua prima opera nel 2007. Lavora per teatri come il Reina Sofía di Valencia, il Teatro Real di Madrid, il Principal di Castelló, il Teatro Verdi di Salerno, la Fenice di Venezia, il Liceu di Barcellona. Recentemente ha curato per Expo Mosé di Rossini nel Duomo di Milano e Il Caravaggio rubato al Teatro Massimo di Palermo. Tra le sue prossime produzioni la prima assoluta di Bacchanali di A. Steffani per il Festival della Valle d’Itria e di Oltre La Porta, di cui ha scritto anche il libretto (basato su Re Lear di Shakespeare) per la musica di C. Boccadoro (Festival di Stresa 2016).

Igor Renzetti Nato nel 1979, si diploma nel 2009 all’Accademia di Belle Arti di Roma in pittura. Artista multimediale che opera nel campo del video, suono e luce realizza opere di video installazione e video per spettacoli teatrali e live performance. Dal 2007 partecipa a varie produzioni teatrali interagendo mediante questi linguaggi con i tessuti drammaturgici proposti dai vari registi con cui collabora. Tra gli spettacoli cui ha preso parte negli ultimi anni: Il castello (regia di Giorgio Barberio Corsetti), Nineteen Mantras, (regia di Barberio Corsetti, coreografie di Shantala Shivalingappa), La stupidità (regia

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di Manuela Cherubini) Macbeth (2013, Teatro alla Scala di Milano, regia di Barberio Corsetti) Fear and Desire, La guerra di Kurukshetra (regia di Barberio Corsetti) Conversazioni con Chomsky - talkopera (regia di Fabio Cherstic, musiche di Emanuele Casale, 2014 Auditorium Parco della Musica, Roma). Insieme a Lorenzo Bruno e Alessandra Solimene lavora alla realizzazione video per gli spettacoli di Giorgio Barberio Corsetti I was looking at the ceiling and then I saw the sky, (2013 Théâtre du Châtelet), Le Prince de Homburg (2014, Festival de Avignon), Gospodin (2014, Roma Europa Festival), Histoire du Soldat (2015) e per Musica rotta (2013) di Daniel Veronese, regia di Manuela Cherubini. Nel 2015 inoltre realizza con il gruppo Officine K la video installazione Le rêve d’un rêve per il Teatro di Liegi e il videoclip musicale per la band Belladonna per il brano “Undress your soul”.

Lorenzo Bruno Nato a Roma nel 1989, disegnatore poliedrico, sviluppa prestissimo una propensione verso il racconto per immagini, sperimentandolo nei suoi molteplici aspetti. Dopo il diploma artistico si specializza in animazione tradizionale e sperimentale presso la Scuola Internazionale di Comics. È attraverso l’animazione che trova un mezzo espressivo ideale, dove far convergere la forma del disegno con le dinamiche del cinema. A partire dal 2011, sotto la guida di Annalisa Corsi, realizza diversi progetti d’animazione, tra cui il teaser cinematografico “Lupo Gentile” e il documentario “Fiamme di Gadda”. A partire dal 2012 si avvicina al teatro. Collaborando con Igor Renzetti sperimenta il linguaggio video sulla scena, realizzando, tra gli altri, i video per lo spettacolo “Musica Rotta” di Daniel Veronese, regia di Manuela Cherubini. Dal 2012 inizia la collaborazione con Giorgio Barberio Corsetti, realizzando insieme ad Igor Renzetti e Alessandra Solimene i video di alcuni spettacoli, tra i quali: I was looking at the ceiling and then I saw the sky di J. Adams (Théâtre du Châtelet , Parigi),

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Le prince de Hombourg di Kleist (Cour d’Honneur per il Festival de Avignon). Collaborando con Fabio Massimo Iaquone, Luca Attili e Igor Renzetti lavora a Macbeth di Verdi (Teatro alla Scala, Milano).

Alessandra Solimene Nata nel 1989, dopo il diploma artistico si laurea in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. S’interessa molto presto al linguaggio del teatro, prendendo parte a diversi spettacoli teatrali in veste di assistente scenografa ed attrezzista. Dal 2012 assiste lo scenografo Massimo Troncanetti in diversi lavori, tra i quali due produzioni per la Comédie-Française: Un chapeau de paille d’Italie, con la regia di Giorgio Barberio Corsetti, e Othello, con la regia di Leonie Simaga; collabora inoltre allo spettacolo I duellanti con la regia di Alessio Boni e Roberto Aldorasi. Dal 2013 inizia ad avvicinarsi al linguaggio del video collabora con il regista Giorgio Barberio Corsetti, per il quale realizza, insieme a Igor Renzetti e Lorenzo Bruno, i video degli spettacoli I was looking at the ceiling and then I saw the sky per il Théâtre du Chatelet, Gospodin, una produzione Roma Europa Festival, Le Prince de Hombourg, spettacolo di apertura del Festival d’Avignon 2014.

René Barbera Diplomatosi al Chicago’s Patrick G. and Shirley W. Ryan Opera Center, si è rapidamente affermato come giovane artista in ascesa. Al Concorso Operalia di Placido Domingo nel 2011, a Mosca, ha vinto il Primo Premio per l’Opera, il Primo Premio per la Zarzuela e il Premio del Pubblico. Ha iniziato la stagione 2014/15 cantando Almaviva ne Il barbiere di Siviglia all’Opéra National di Parigi. Ha in seguito cantato Ramiro ne La Cenerentola alla San Francisco Opera, Tonio ne La fille du

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régiment alla Greensboro Opera e Almaviva nel Barbiere di Siviglia alla Los Angeles Opera. La stagione si è chiusa con un ritorno alla San Francisco Opera nel ruolo di Iopas per Les troyens di Berlioz. Ha sostenuto molti importanti debutti nei teatri del Nord America, tra i quali Elvino ne La sonnambula con la Washington Concert Opera, Almaviva ne Il barbiere di Siviglia al Michigan Opera Theater e Ernesto in alla Lyric Opera of Chicago. Ha interpretato Don Ramiro ne La Cenerentola alla Seattle Opera e alla Los Angeles Opera e Almaviva al Teatro Stanislavsky di Mosca. Nell’estate del 2013, ha debuttato alla Santa Fe Opera come Rodrigo ne di Rossini. È stato poi Tamino in Die Zauberflöte con il Maestro James Conlon e la Chicago Symphony Orchestra al Ravinia Festival. Tra i concerti un recital al Festival di Musica di Medoc, in Francia, lo di Rossini al Grant Park Music Festival e al Rossini Opera Festival di Pesaro, il Messiah di Händel con l’Apollo Chorus di Chicago, lo Stabat Mater di Rossini con la Greensboro Symphony Orchestra, e la Nona Sinfonia di Beethoven con la Chicago Philharmonic. Impegni recenti e futuri includono: Il barbiere di Siviglia a Parigi, Los Angeles e Bologna, e Il turco in Italia a Pesaro, La Cenerentola e Les troyens a San Francisco, La fille du régiment a Greensboro Opera, L’italiana in Algeri al Metropolitan di New York.

Giorgio Misseri Inizia gli studi di canto presso il Conservatorio Bellini nella sua città natale di Palermo, dove si diploma col massimo dei voti. Nel 2005 frequenta la masterclass di Raul Gimenez e si esibisce al Festival Rossiniano di Wildbad. L’anno successivo vince la borsa di studio Alfredo Kraus dell’Accademia degli Artisti di Palazzo Barberini in Roma e, in qualità di Ambasciatore del Belcanto italiano, si esibisce in Giappone. Nel 2007 esegue da solista la Petite Messe Solennelle di Rossini per la rassegna Grande Musica in Chiesa nella basilica

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di Santa Maria degli Angeli a Roma. Nel 2010 vince il primo premio assoluto al Concorso Internazionale “Giacomo Puccini” di Lucca. Al Teatro Comunale di Ferrara è stato protagonista della prima assoluta dell’opera contemporanea Torquato Tasso. Ha frequentato l’Accademia Rossiniana di Pesaro diretta da Alberto Zedda, e ha debuttato ne (Cavalier Belfiore) al Rossini Opera Festival di Pesaro – Festival Giovani. Tra le opere interpretate, L’elisir d’amore, La gazza ladra, Matilde di Shabran, L’occasione fa il ladro, La cambiale di matrimonio, Macbeth, Il barbiere di Siviglia, La scala di seta, L’inganno felice, Guillaume Tell. Gli impegni recenti e futuri comprendono L’elisir d’amore, Alceste e La scala di seta al Teatro La Fenice di Venezia, Don Pasquale a Trieste e a Pavia, Il turco in Italia a Catania, La Cenerentola al Teatro dell’Opera di Roma e al Teatro Regio di Torino.

Riccardo Novaro Diplomato in canto e musica vocale da camera al Conservatorio di Milano, studia con Alessandro Corbelli e Claudio Meliciani e s’impone come interprete di riferimento nel repertorio barocco e belcantista. Vincitore del Concorso Internazionale As. Li. Co., ha debuttato con il ruolo di Guglielmo in Così fan tutte. Si è prodotto nei più grandi teatri, quali il Lincoln Center di New York (), l’Opéra di Parigi (La Cenerentola, L’italiana in Algeri), l’Opéra Comique di Parigi (Carmen), il Teatro alla Scala di Milano (), il Teatro San Carlo di Napoli (L’elisir d’amore), La Monnaie di Bruxelles (Il viaggio a Reims), il Concertgebouw di Amsterdam (), la Gasteig Philharmonie di Monaco di Baviera (L’italiana in Algeri), il Teatro Lirico di Cagliari (Don Pasquale), il Teatro Regio di Torino (Le nozze di Figaro, Il matrimonio segreto), l’Opéra di Losanna (Il turco in Italia, Rinaldo, L’italiana in Algeri, Le nozze di Figaro), il Festival di Beaune (Così fan tutte, Le nozze di

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Figaro, Orlando furioso), il Festival di Glyndebourne (La bohème, Gianni Schicchi, Così fan tutte, Rinaldo, L’elisir d’amore). Ha collaborato con direttori d’orchestra quali Rinaldo Alessandrini, Maurizio Benini, Bruno Campanella, Ivan Fischer, Riccardo Frizza, John Eliot Gardiner, Daniele Gatti, Vladimir Jurowski. Annabel Arden, Robert Carsen, David McVicar, Adrian Noble, Pier Luigi Pizzi, Luca Ronconi, Daniel Slater sono i registi che hanno marcato il suo percorso artistico. Tra gli impegni recenti: La Cenerentola alla Bayerische Staatsoper di Monaco, Le nozze di Figaro all’Opéra di Digione e Saint-Etienne, La bohème all’Opéra di Bordeaux e Così fan tutte alla Vlaamse Oper di Anversa.

Andrea Vincenzo Bonsignore Intraprende sin da giovanissimo gli studi musicali. Nel 2007 prosegue gli studi al Conservatorio di Milano con i soprani Margaret Hayward e Marina Giorgio e consegue il diploma accademico di I livello nel 2010. Attualmente si perfeziona con Roberto Coviello. Si dedica anche alla musica antica partecipando a seminari di stile, canto e gestualità; è Giove in La Calisto di Cavalli presso l’Auditorium Lattuada di Milano (progetto di Mara Galassi). Nel 2010 ha debuttato nel ruolo del Conte di Almaviva in Le nozze di Figaro di Mozart, nell’ambito del Laboratorio lirico con orchestra presso il Conservatorio di Milano. Finalista della IV edizione del Concorso Lirico Internazionale Magda Olivero, ha conseguito una borsa di studio e ha frequentato nel 2011 l’Accademia del Rossini Opera Festival diretta da Alberto Zedda, dal quale è stato invitato poi per la produzione di Un viaggio a Reims (Lord Sidney). Nel 2013 canta in Don Carlo al Maggio Musicale Fiorentino sotto la direzione di Zubin Metha. Nel 2014 debutta il ruolo di Belcore ne L’elisir d’amore con la regia di Leo Nucci al Municipale di Piacenza e poi al teatro Alighieri di Ravenna. Nell’estate 2015 è tornato al Rossini Opera Festival partecipando alla nuova produzione de La Gazzetta. È stato

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selezionato da Tenerife per prendere parte alla produzione de Le nozze di Figaro nel ruolo del Conte d’Almaviva, che tornerà presto ad interpretare presso il Teatro Comunale di Bologna. Ha recentemente interpretato Prosdocimo ne Il turco in Italia al Municipale di Piacenza e al Teatro Alighieri di Ravenna, produzione che verrà ripresa nel 2016 dal Teatro Comunale di Modena.

Paolo Bordogna Grazie all’estensione vocale, alla duttilità d’interprete e alle grandi capacità attoriali, è oggi considerato uno dei miglior “buffi” della sua generazione. Sono oltre cinquanta i personaggi da lui interpretati, in un repertorio che spazia dal barocco all’opera contemporanea, con una particolare predisposizione per Mozart, Rossini, Donizetti e il Belcanto. Dal 2005 è ospite regolare del Rossini Opera Festival dove ha preso parte a numerose produzioni (La gazzetta, La cambiale di matrimonio, La gazza ladra, La scala di seta, Le nozze di Teti e di Peleo, La Cenerentola, Matilde di Shabran, L’occasione fa il ladro, Il barbiere di Siviglia) confermandosi come uno dei massimi esponenti del repertorio brillante. Ha calcato inoltre alcuni fra i più prestigiosi palcoscenici internazionali, fra i quali Teatro alla Scala, Opéra National de Paris, Teatro Real di Madrid, Liceu di Barcelona, Washington National Opera, München Bayerische Staatsoper, Opéra de Nice, Opéra de Toulon, Seul Arts Centre, Sydney Opera House, NCPA di Pechino, Tchaikovsky di Mosca, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di Parma, Teatro Comunale di Bologna. Ha collaborato con direttori d’orchestra quali Roberto Abbado, Yves Abel, Marco Armiliato, Bruno Campanella, Alan Curtis, Alessandro De Marchi, Dan Ettinger, Jesús López Cobos, Michele Mariotti, Kent Nagano, Evelino Pidò, Stefano Ranzani, Donato Renzetti, Corrado Rovaris, Christophe Rousset, Claudio Scimone, Alberto Zedda.

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Ha inaugurato la stagione 2015/16 interpretando Don Pasquale al Teatro San Carlo di Napoli, al Teatro Donizetti di Bergamo e nei teatri di Como, Jesi, Cremona e Pavia. In seguito ha interpretato Il barbiere di Siviglia all’Opera Australia di Sydney. Fra i suoi prossimi impegni annovera Gianni Schicchi all’Opera Australia di Sydney, La Cenerentola al Teatro Regio di Torino e all’Opera in Bilbao, Il barbiere di Siviglia al Teatro Comunale di Bologna, al NCPA di Beijing e all’Opéra de Marseille, La gazza ladra al Teatro alla Scala, La Cenerentola e Le nozze di Figaro (Figaro) alla Staatsoper di Monaco.

Bruno Taddia Annovera nel suo repertorio ruoli molto diversi tra loro: buffi, brillanti e drammatici. I mezzi tecnici di cui dispone gli consentono di spaziare dal repertorio rossiniano a ruoli mozartiani, donizettiani e pucciniani, così come dal repertorio barocco all’opera contemporanea. È regolarmente ospite dei più prestigiosi teatri fra i quali Teatro alla Scala di Milano, ROH Covent Garden di Londra, Théâtre du Chatelet di Parigi, Teatro Liceu de Barcelona, Grand Théâtre di Ginevra, Théâtre du Capitole de Toulouse, Deutsche Oper di Berlino, Semperoper di Dresda,Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Comunale di Bologna, Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, Rossini Opera Festival di Pesaro, solo per nominarne alcuni. Ha collaborato con direttori quali Riccardo Muti, Gianluigi Gelmetti, Roberto Abbado, Jean Christophe Spinosi, Thomas Hengelbrock, Wayne Marshall, Michele Mariotti, Massimo De Bernart e Alberto Zedda, e con registi quali Dario Fo, Mario Martone, Ermanno Olmi, Tobias Richter, Emilio Sagi, Pier Luigi Pizzi, Damiano Michieletto e Denis Krief. Ha inaugurato la stagione 2015/16 interpretando Così fan tutte (Don Alfonso) all’Opera di Firenze e all’Opera di Stato Ungherese a Budapest. In seguito ha preso parte alla prima esecuzione in Germania di Betly di Donizetti al Konzerthaus di Berlino, ha

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interpretato Belcore ne L’elisir d’amore al Teatro Petruzzelli di Bari e Ein deutsches Requiem presso il Teatro Massimo Bellini di Catania. Fra i suoi prossimi impegni ricordiamo L’heure espagnole a Shangai, Mirandolina al Teatro La Fenice di Venezia, Olivo e Pasquale al Teatro Donizetti di Bergamo, La grotta di Trofonio al Teatro San Carlo di Napoli e Gianni Schicchi (ruolo del titolo) presso l’Opéra di Montpellier.

Marina Bucciarelli Ha perfezionato lo studio del canto con il soprano Mariella Devia. Vincitrice di numerosi concorsi, fra i quali il Concorso As.Li.Co., ha debuttato presso il circuito lirico lombardo interpretando il ruolo del titolo ne La sonnambula di Bellini. Nel corso della sua carriera ha già avuto modo di prendere parte ad importanti produzioni su alcuni dei principali palcoscenici italiani, fra i quali il Rossini Opera Festival di Pesaro, Teatro La Fenice di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Regio di Torino, Teatro Verdi di Trieste, Teatro Filarmonico di Verona, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Carlo Felice di Genova, Nuovo Teatro Comunale di Bolzano, e all’estero presso la Royal Liverpool Philharmonic, l’Opéra de Marseille, la Carnegie Hall di New York e la Roy Thompson Hall di Toronto. Nel corso della stagione 2014/15 ha interpretato L’inganno felice (Isabella) al Teatro La Fenice di Venezia, Guglielmo Tell (Jemmy) in una tournée americana del Teatro Regio di Torino (Chicago, Harris Theatre; Toronto, Roy Thompson Hall; New York, Carnegie Hall; Anna Arbor, Michigan University Hall) e ha tenuto un recital con la Lebanese Philarmonic Orchestra di Beirut. Sul versante sinfonico ha cantato come solista nei Carmina Burana a Mosca e nella IX Sinfonia di Beethoven con l’Orchestra Sinfonica “G. Verdi” di Milano e l’Orchestra Sinfonica “G. Rossini” di Pesaro. Nella stagione 2015/16 ha cantato La cambiale di matrimonio (Fanny) al Teatro La Fenice di Venezia ed in seguito i Carmina Burana a Mosca e La vedova allegra presso il Teatro Lirico di Cagliari.

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Annunziata Vestri Inizia giovanissima lo studio del pianoforte diplomandosi in canto nel 2000 presso il conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara. Nel 2003 vince il Concorso Internazionale “G. Ghedini” e il “Battistini”. Nel 2004 è finalista al “Toti dal Monte” e vincitrice al Concorso Internazionale “Lauri Volpi”, nel 2008 vince il concorso “Maria Caniglia” e nel 2009 il “Rosetum” a Milano. Si è specializzata poi con , Luciana Serra, Regina Resnik, Renata Scotto, Daniela Dessì e Mirella Freni. È stata un’acclamata Preziosilla ne La Forza del Destino diretta da Gianluigi Gelmetti per l’inaugurazione della stagione 2011 al Teatro Regio di Parma. Ha riscosso il plauso di pubblico e critica per la sua toccante interpretazione di Rosa Mamai ne L’arlesiana al Wexford Festival Opera ed è stata Irene in Belisario di Donizetti al Festival Donizetti di Bergamo. Da segnalare la sua partecipazione al film- opera trasmesso in mondovisione Cenerentola - Una favola in diretta nel ruolo di Tisbe, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Gianluigi Gelmetti e la regia di Carlo Verdone. Tra i suoi recenti impegni si segnalano: Aida a St. Margarethen; Torquato Tasso a Bergamo; Andrea Chénier e Carmen al Teatro San Carlo di Napoli; Madama Butterfly a Firenze; Guglielmo Ratcliff al Wexford Festival Opera; La Cenerentola al Teatro dell’Opera di Roma. Tra gli impegni recenti e futuri, Falstaff (Meg) e Suor Angelica a Napoli e Il barbiere di Siviglia a Montecarlo, Parigi , Marsiglia e Lussemburgo.

Chiara Amarù Nata nel 1984 a Palermo, dove inizia gli studi musicali sotto la guida dei genitori, fa parte del Coro di voci bianche del Teatro Massimo (1991-2001) e consegue il diploma di canto lirico con il massimo dei voti al Conservatorio Bellini (2007). Dal 2009 al 2011 frequenta la

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Scuola dell’Opera Italiana a Bologna continuando una fitta attività concertistica e operistica. Nel 2010 debutta nel ruolo di Idamante in Idomeneo di Mozart al Teatro Comunale di Bologna, canta a Torino con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, è Assunta in Napoli milionaria di Rota al Festival della Valle D’Itria, Madame Balandard nell’operetta Monsieur Choufleuridi Offenbach a Bologna e si esibisce in concerto con Andrea Bocelli in occasione del premio Pavarotti d’oro 2010. È stata poi Angelina ne La Cenerentola nei Teatri del Cicuito Lombardo e a Bologna, Amenofi in Mosè in Egitto al Rossini Opera Festival di Pesaro, si esibisce per il Festival MI.TO., è solista nella Messa in do minore K 427 di Mozart al Teatro Lirico di Cagliari e nello Stabat Mater di Pergolesi all’interno del balletto “Trittico contemporaneo” sempre presso il Comunale di Bologna. Ha cantato Isabella ne L’italiana in Algeri al Teatro Comunale di Bologna e al Petruzzelli di Bari, Marianna nel Signor Bruschino e Isaura in per il Rossini Opera Festival, Fidalma ne Il matrimonio segreto al Teatro Regio di Torino, Malcolm ne La donna del lago al Rossini Opera Festival, Rosina ne Il barbiere di Siviglia a Palermo e Torino. Nel 2013 è stata premiata con l’Oscar della lirica 2013 come miglior mezzosoprano. Tra gli impegni recenti e futuri: Requiem di Mozart a Bari, Angelina in Cenerentola a Treviso, Ferrara e Lisbona, Sara in Roberto Devereux a Firenze, Isolier ne Le comte Ory alla Scala, Rosina ne Il barbiere di Siviglia al Rossini Opera Festival e a Torino, Preziosilla ne La forza del destino a Parma per la produzione inaugurale del Festival Verdi 2014 e per l’inaugurazione del Teatro Filarmonico di Verona, Orfeo ed Euridice a Palermo, Rosina ne Il barbiere di Siviglia a Torino, Roma e Venezia, Petite Messe Solennelle a Napoli, un recital a Pesaro per il Rossini Opera Festival, Angelina ne La cenerentola a Torino.

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Teresa Iervolino Nel 2011 consegue il diploma di canto con il massimo dei voti e lode presso il Conservatorio di Avellino, perfezionandosi poi con una serie di masterclass con Marco Berti, Domenico Colajanni, Alfonso Antoniozzi, Daniela Barcellona, Bernadette Manca Di Nissa, Bruno Nicoli e Stefano Giannini. Nel 2012 si qualifica al 63° concorso As.Li.Co. come vincitrice esordiente, esibendosi di conseguenza in vari spettacoli del Circuito Lombardo, e vince i concorsi lirici internazionali “Città di Bologna”, Salicedoro e “Maria Caniglia”. Nel 2013 vince l’As.Li.Co. per il ruolo di Tancredi. Debutta al Teatro Filarmonico di Verona nel 2012 con Pulcinella di Stravinsky, al quale segue L’italiana in Algeri (Isabella) a Como e Ravenna, Il matrimonio segreto (Fidalma) al Festival di Spoleto, Lucrezia Borgia a Padova, La pietra del paragone al Théâtre du Châtelet a Parigi, Maometto II e Il barbiere di Siviglia al Teatro dell’Opera di Roma, la cantata Giovanna d’Arco di Rossini con la Tokio Philarmonic Orchestra, Pulcinella per l’inaugurazione della stagione sinfonica del Teatro di San Carlo di Napoli. Ha lavorato con grandi direttori come R. Abbado, Zedda, Spinosi, Montanari, Bolton. Tra i suoi impegni recenti e futuri ricordiamo la registrazione di Partenope di Händel diretta da Minasi, Cornelia in Giulio Cesare a Toulon con Alessandrini, Holofernes in Juditha triumphans a Venezia con De Marchi, Lucia nella Gazza ladra al Rossini Opera Festival di Pesaro con Renzetti, Il barbiere di Siviglia all’Opera di Roma, Lucrezia Borgia a Bilbao e Angelina ne La Cenerentola all’Opéra di Parigi.

Pavel Chervinsky Nato a Omsk, ha iniziato lo studio della musica all’età di sei anni. Si è diplomato in fisarmonica e chitarra presso la Scuola di musica della sua città natale. Nel 2008 ha conseguito il diploma di assistente per macchinista di locomotiva 131 LA CENERENTOLA

elettrica. Nel 2012 si diploma presso la Scuola di musica di Omsk intitolata a V. Shebalin, sotto la guida di Raisa Chebanenko. Fin dall’inizio degli studi ha preso parte a diversi concorsi vocali, ricevendo due volte il primo premio per giovani promettenti dal presidente della Federazione russa. Ancora studente, è diventato solista dell’Orchestra Filarmonica di Omsk, dove ha tenuto il primo concerto nel 2012. Dal 2012 al 2014 ha fatto parte del Youth Opera Program del Teatro Bolsoj di Mosca e ha studiato presso la facoltà di Teatro musicale della Russian University of Theatre Arts. Tra i numerosi premi ottenuti in concorsi internazionali, ricordiamo la medaglia d’oro ai IX Giochi Delfici della Gioventù in Russia (Mosca 2010), il primo premio del concorso internazionale “Golden Siberia” (Omsk 2011), il secondo premio e il premio del pubblico al concorso russo “B. Barsova” (Sochi 2011) e il gran premio al concorso internazionale Stokolov (San Pietroburgo 2012).

Gianluca Margheri Laureato con lode in Drammaturgia musicale presso l’Università degli Studi di Firenze e in musica vocale da camera presso il conservatorio Cherubini, ha studiato canto e seguito masterclass con Carlo Miliciani, Josef Loibl, Sherman Lowe, Michele Pertusi, Paolo Coni e Ildebrando D’Arcangelo. Nel 2009 ha vinto il concorso “Toti Dal Monte” di Treviso per La vera costanza di Haydn, debuttando l’opera al Teatro Real di Madrid e riprendendola poi a Liegi, Saint- Etienne, Rouen, Reggio Emilia con la direzione di J. Lopez Cobos e la regia di E. De Capitani. Ha partecipato, per gli Amici della Musica di Firenze, alla prima esecuzione in tempi moderni e all’incisione dei Vespri di Santa Cecilia di Francesco Maria Stiava con l’Ensemble San Felice. Recentemente ha cantato il ruolo del titolo in Don Giovanni all’Opera di Stato di Budapest, alla Zomer Opera di Alden Biesen in Belgio e al Luglio Musicale Trapanese, Balsac in La scala di seta al Teatro

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Lirico di Sassari e Gualtiero Valton in I puritani all’Opera di Firenze. Sotto la direzione di Daniele Rustioni e con la Orchestra Regionale della Toscana ha debuttato nello Stabat Mater di Rossini. Tra i suoi attuali e prossimi impegni ricordiamo il debutto come Don Alvaro in Il viaggio a Reims al Teatro Coccia di Novara, The Fairy Queen all’Opera di Budapest, Figaro in Le nozze di Figaro in una nuova produzione al Teatro di St. Gallen e Talbot in Maria Stuarda a Riga.

Steven Rizzo Dopo la maturità magistrale si è laureato in pianoforte con il massimo dei voti e la lode con Mimma Latora presso il Conservatorio “V. Bellini” di Palermo. Ha inoltre studiato composizione con Marco Betta e direzione d’orchestra con Gabriele Ferro presso la Scuola di Musica di Fiesole e con Donato Renzetti presso L’Accademia Musicale Pescarese, diplomandosi con il massimo dei voti. Ha svolto attività concertistica come solista, accompagnatore e in formazione cameristica. Ha frequentato diversi corsi di perfezionamento per maestri collaboratori studiando fra gli altri con Leone Magiera. Dal 2001 è maestro collaboratore di sala presso il Teatro Massimo di Palermo.

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Fondazione Teatro Massimo

Sovrintendente Francesco Giambrone Direttore artistico Oscar Pizzo Direttore musicale Gabriele Ferro

Maestro del Coro Piero Monti Coordinatore del Corpo di ballo Marco Bellone

Direttore operativo Elisabetta Tesi

Direttore della programmazione Giovanni Mazzara

Direttore dell’allestimento scenico Renzo Milan

Direttore comunicazione, nuovi media e marketing Gery Palazzotto Responsabile rapporti con la stampa Laura Anello Editoria Angela Fodale

Responsabile della promozione e valorizzazione nazionale e internazionale dell’immagine della Fondazione Eliana Liotta

Responsabile delle relazioni nazionali e internazionali della Fondazione e del coordinamento delle attività di staff Chiara Zarcone Area artistica

Casting manager e assistente del direttore musicale Alessandro Di Gloria Segretario artistico Marcello Iozzia Direttore musicale di palcoscenico Danilo Lombardini Direttore di scena Ludovico Rajata Regista collaboratore Alberto Cavallotti

Maestri collaboratori di sala e di palcoscenico Giuseppe Cinà, Giacomo Gati, Giorgio Mirandola, Steven Rizzo

Maestro collaboratore ai sopratitoli Simone Piraino

Orchestra

Violini primi Violoncelli Fagotti Salvatore Greco* Kristi Curb** Giuseppe Davì** Luciano Isola Domenico Guddo Sandra Contin Patrizia Richichi Antonio Cantiello Marco Spadi Marcello Insinna Corni Laura Minella Gianpiero Riccio** Fabio Ferrara Contrabbassi Gianfranco Cappello Francesco Palmisano Gerardo Scaglione** Fausto Patassi Trombe Violini secondi Aniello Vigilante Salvatore Piazza** Gioacchino Di Stefano** Davide Pezzino Francesca Viscito Fortepiano Antonino Petrotto Steven Rizzo Trombone Maurizio Giordano Michele De Luca** Lorenzo Marcuccio Flauti (ottavino) Alessandro Zambito Rosolino Bisconti** Salvatore Saladino Viole * spalla Rosario D’Amato** Oboi ** prime parti Renato D’Anna Carmelo Ruggeri** Francesco Mineo Francesca Ciccateri Anna Schillaci Assistente musicale Rosalia Ballo Clarinetti Domenico Pirrone Francesco Chinnici Giuseppe Balbi** Addetta Orchestra Giuseppe Lanzi Claudia Di Mattei

Assistente musicale Domenico Pirrone Addetta Orchestra Claudia Di Mattei Coro

Maestro del Coro: Piero Monti Altro maestro del Coro: Salvatore Punturo

Tenori primi Baritoni Biagio Di Gesù Antonio Barbagallo Nunzio Gallì Gianfranco Barcia Antonio Li Vigni Paolo Cutolo Alfio Marletta Simone Di Trapani Fabrizio Pollicino Riccardo Schirò Raimondo Ponticelli Salvo Randazzo Bassi Emanuele Urso Gaspare Barrale Antonio Corsano Tenori secondi Filippo Di Giorgio Cristian Bonnes Antonio Gottuso Domenico Ghegghi Vincenzo Raso Antonino Lo Presti Tommaso Smeraldi Pietro Luppina Carlo Morgante

Addetto Coro Nicola Pedone

Mimi

Valeria Almerighi Marco Leone Valentina Apollone Sergio Modica Rocco Buttiglieri Ennio Pontorno Innocenzo Cancemi Giovanni Prosperi Enrico Costanzo Giuseppe Randazzo Giulia Cutrona Daniele Savarino Jean Maurice Feist Area tecnica

Direzione Allestimenti scenici Patrizia Sansica, Rosalba Di Maggio, segreteria Maurizio Costanza, addetto movimentazione scene

Reparto Macchinisti di palcoscenico Cosimo Alaimo caporeparto Sebastiano Demma, vice caporeparto Felice Lo Iacono, Vincenzo Vella, Calogero Messina, Alfonso La Rosa, Vincenzo Brasile, Bartolomeo Tusa, Giacomo Vaglica, Carlo Gulotta, Giuseppe Buscemi, Vincenzo Fricano, Francesco La Barbera, Massimiliano Cannova, Vincenzo Pisano

Reparto Attrezzisti di palcoscenico Antonino D’Amore caporeparto Giuseppe Pizzurro vice caporeparto Luigi Amato, Alfredo Arnò

Reparto Elettricisti Salvatore Spataro caporeparto Pietro La Monica, Francesco Randazzo, Gioacchino Piazza, Vincenzo Rizzo, Danilo Iraci, Antonio Giunta, Leonardo Librizzi, Giovanni Bruno, Biagio Ignoffo, Vincenzo Traina elettricisti Giuseppe Morreale, Michele Bisconti, Rosario Principe operatori consolle luci

Reparto Audiovisivi Giuseppe Uccello, Santo Benigno

Reparto Macchinisti costruzioni Angelo Pisano caporeparto Salvatore Maiorana, Antonio Cuccia, Giacomo Romano, Giuseppe Ventura, Sebastiano Bruccoleri, Michelangelo Ligammari, Davide Curcio, Giuseppe Messina

Reparto Scenografia Raffaele Ajovalasit, Christian Lanni, Maria Passavia, Alessandra La Barbera, Maria Abbate, Vitalba D’Agostino Vincenzo Gorgone cucitore

Reparto Attrezzisti costruttori Roberto Lo Sciuto caporeparto Francesco Canepa, Salvatore Vescovo, Giorgio Chiappara, Carmelo Chiappara, Giuseppe Salvato, Stefano Canzoneri

Reparto Sartoria Marja Hoffmann Direttore della sartoria Nino Pollari caporeparto Francesco Marfia, Aurora Uccello, Giuseppe Genna, Stefano Sciortino, Anna Maria Di Carlo, Antonina Tantillo, Antonio Vitale, Vincenza Scalisi, Anna Maria D’Agostino, Rosalia Amarù, Anna Maria Chiarelli, Felicia Uccello, Andrea Cancemi Reparto Trucco e Parruccheria Ileana Zarbo, Francesca Maniscalco, Maria Lucchese, Maria Di Fiore, Maria Ruffino Teresa Romano, Maria Cusimano, Monica Amato, Rosalia Dragotto

Portineria Lorenzo Mazzola, Vincenzo Trapani

Usciere Luigi Maragliano

Ufficio Servizi tecnici e generali Cosimo De Santis, coordinatore Giuseppe Cangemi, Antonio Costanzo, Bartolo Martorana

Reparto Vigilanza e controllo Cosimo De Santis coordinatore Emilia Accetta, Domenico Amato, Giovanni Aulico, Gioele Chinnici, Giuseppe De Corcelli, Antonio Galletti, Salvatore La Barbera, Giuseppe Martorana, Vincenzo Milazzo, Ida Petrotto, Franco Salvatore Sidoti, Lorenzo Megna Area amministrativa

Sovrintendenza Ernesta Insalaco segreteria Carlo Graziano autista

Direzione operativa - Contenzioso Francesco Caltagirone segreteria

Direzione artistica Maria Pia Lenglet segreteria Maria Concetta Restivo, Deborah Boga, Filippo Barrale archivio musicale

Direzione Programmazione Vincenzo Vitale monitoraggio e verifica del budget della produzione artistica Maria Pia Di Mattei segreteria

Ufficio Amministrazione Giuseppe Tamburella coordinatore ufficio ragioneria Vincenza De Luca, Giorgia Paganelli, Silvia Giannetto addette ufficio ragioneria Antonio Ciappa ufficio acquisti Vincenzo Carollo, Giovanni Montalbano addetti ufficio acquisti Maurizio Alessi C. E. D.

Ufficio del Personale e Protocollo Flaminio Ferrante capo ufficio Michele La Mattina ufficio presenze Alfio Scaglione ufficio paghe e contributi Alessandro Semplice ufficio contratti e protocollo

Servizi di sala Antonino Sampognaro direttore sala

Ufficio Marketing Marida Cassarà coordinatrice Cinzia Carollo, Maria Castiglione addette

Ufficio Comunicazione, Nuovi Media e Marketing Francesca Falconi addetta

Biblioteca, Progetti educativi e Servizio scuole Giovanna Proto coordinatrice Salvatrice Danzè, Rosa Scuderi, Vincenzo Monteleone, Santo Rizzo addetti biblioteca

Biglietteria Antonino Renna coordinatore Paolo Lo Cicero, Sofia Maiorino, Crocifissa Abbate, Margherita Safina addetti Note sui collaboratori

L’introduzione all’opera è una rubrica realizzata in collaborazione con la Sezione Musica del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo; gli autori, coordinati dalla docente Anna Tedesco, sono studenti del Corso di laurea magistrale in Musicologia e del Dottorato di ricerca in Musica e Spettacolo, curriculum Storia e analisi delle culture musicali. Maria Carmen Galeno è laureanda presso il Corso di laurea magistrale in Musicologia. Annalisa Albanese si è laureata nel 2011 nel Corso di Laurea in S.T.A.S.M. - Curriculum Spettacolo presso l’Università degli Studi di Palermo sotto la guida di Antonino Titone con una tesi dal titolo Cenerentola. Una fiaba in musica.

Le fotografie alle pagine 8, 12, 15, 16, 19, 20, 24, 30, 63, 64, 74, 81, 84, 89, 110, 115 sono di Rosellina Garbo. Le fotografie alle a pagina 90 sono di Scafidi. Le fotografie alle pagine 97 e 102 sono di Allotta. Le fotografie a pagina 107 sono di Studio Camera.

Per la pubblicità Ufficio Marketing del Teatro Massimo, piazza G. Verdi, Palermo (tel. 0916053213) [email protected]

Programma di sala a cura di Angela Fodale [email protected] Si ringrazia Silvana Danzé della Biblioteca del Teatro Massimo. Grafica e impaginazione: Luca Orlando Stampa: Seristampa (Palermo)

La Fondazione Teatro Massimo è disponibile a regolare eventuali pendenze con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.

ISBN: 978-88-98389-45-2 Associazione Amici del Teatro Massimo

Viale del Fante 70/b, Palermo fax 0916891158 martedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10 alle ore 12:30

Invito all’opera

Calendario delle conferenze di presentazione delle opere a cura degli Amici del Teatro Massimo

Stagione 2016

Mercoledì 20 gennaio Götterdämmerung con Pietro Misuraca Giovedì 18 febbraio Attila con Anna Tedesco, sarà presente il regista Daniele Abbado Martedì 29 marzo Lucia di Lammermoor con Damien Colas Venerdì 15 aprile La Cenerentola con Amalia Collisani, sarà presente il regista Giorgio Barberio Corsetti Mercoledì 27 aprile Le streghe di Venezia con Dario Oliveri Mercoledì 7 settembre Madama Butterfly con Angela Fodale e Ilaria Grippaudo Venerdì 14 ottobre Jenůfa con Paolo Emilio Carapezza Mercoledì 16 novembre Carmen con Massimo Privitera

Le conferenze sono a ingresso libero e si svolgono nella Sala Onu del Teatro Massimo alle ore 18,00, con ingresso da via Volturno

OPERE E BALLETTI

Richard Wagner 28 4 GÖTTERDÄMMERUNG gen feb Direttore Stefan Anton Reck Regia Graham Vick

Giuseppe Verdi 19 26 ATTILA feb Direttore Daniel Oren Regia Daniele Abbado

Testo di Attilio Bolzoni 5 6 Musica di Giovanni Sollima mar IL CARAVAGGIO RUBATO Direttore e violoncello solista Giovanni Sollima Immagini Letizia Battaglia

Gaetano Donizetti 13 15 LA FILLE DU RÉGIMENT mar Direttore Keri-Lynn Wilson Regia Filippo Crivelli

Gaetano Donizetti 30 5 LUCIA DI LAMMERMOOR mar apr Direttore Riccardo Frizza Regia Gilbert Deflo

Gioachino Rossini 19 26 LA CENERENTOLA apr Direttore Gabriele Ferro Regia Giorgio Barberio Corsetti

Philip Glass 29 5 LE STREGHE DI VENEZIA apr mag Direttore Francesco Lanzillotta Regia Giorgio Barberio Corsetti teatromassimo.it

Georg Friedrich Händel 13 19 CINDERELLA mag Direttore Ignazio Maria Schifani Coreografia e scene Fabrizio Monteverde

Coreografie di Roland Petit 15 19 SOIRÉE ROLAND PETIT giu Direttore Alessandro Ferrari Étoile Eleonora Abbagnato

Giacomo Puccini 16 25 MADAMA BUTTERFLY set Direttore Jader Bignamini Regia Nicola Berloffa

Leóš Janáček 23 2 JENŮFA ott nov Direttore Gabriele Ferro Regia Robert Carsen

Georges Bizet 26 4 CARMEN nov dic Direttore Alejo Pérez Regia Calixto Bieito

Pëtr Il’ič Čajkovskij 21 28 LO SCHIACCIANOCI dic Direttore Kevin Rhodes Coreografia Giuseppe Picone

Orchestra, Coro, Coro di voci bianche, Corpo di ballo e Tecnici del Teatro Massimo Maestro del Coro Piero Monti | Maestro del Coro di voci bianche Salvatore Punturo

Biglietteria del Teatro Massimo / Tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.00 Call center 091 84.86.000 / tutti i giorni dalle 9.00 alle 20.00 CONCERTI

3 LE TRE REGINE feb Direttore Francesco Lanzillotta Soprano Mariella Devia 2 LE NOZZE mar Direttore Daniel Kawka Ensemble corale Pokrovsky

PETITE MESSE SOLENNELLE 11 Direttore Piero Monti apr Soprano Mariangela Sicilia Contralto Teresa Iervolino Tenore Giorgio Misseri Basso Gianluca Margheri 26 7 NEW YORK, NEW YORK mag giu 26 maggio DOWNTOWN STORIES Direttore Daniel Cohen Violino Salvatore Greco

31 maggio RHAPSODY IN BLUES Direttore Todd Reynolds Pianoforte Uri Caine Clarinetto Giuseppe Balbi

7 giugno G-SPOT TORNADO Direttore Jonathan Stockhammer Tromba Paolo Fresu teatromassimo.it

22 APOCALISSE NEL DESERTO Regia di Werner Herzog set Direttore Maxime Pascal Voce recitante Cosimo Scordato 30 LENINGRADO set Direttore Aziz Shokhakimov 6 MAHLER Direttore Gabriele Ferro ott Baritono Georg Nigl BRUCKNER 9 Direttore Gabriele Ferro Soprano Andrea Danková nov Mezzosoprano Anna Maria Chiuri Tenore Peter Berger Basso Marko Mimica MESSIAH Direttore Fabio Biondi 10 Soprano Maria Grazia Schiavo dic Contralto Sonia Prina Tenore Carlo Allemano Basso Luca Tittoto

Orchestra, Coro, Coro di voci bianche del Teatro Massimo Maestro del Coro Piero Monti Maestro del Coro di voci bianche Salvatore Punturo

Biglietteria del Teatro Massimo / Tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.00 Call center 091 8486000 / tutti i giorni dalle 9.00 alle 20.00 Foto: Rosellina Garbo © Con Art bonus dai il tuo sostegno per il Teatro Massimo

L’Art bonus consente un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano.

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INFORMAZIONI SU COME EFFETTUARE L’EROGAZIONE LIBERALE Beneficiario: Fondazione Teatro Massimo di Palermo IBAN: IT33Z0200804648000300559866 Causale: “Art Bonus - Erogazione Liberale a sostegno della Fondazione Teatro Massimo di Palermo - p.iva 00262030828”

Ricorda di conservare la ricevuta del bonifico o dell’operazione finanziaria con l’indicazione della causale, inseriremo la tua donazione nell’Albo dei donatori Art Bonus e potrai usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa. Per informazioni più dettagliate contattaci: [email protected] - Tel. 091 605.32.13

ALBO DEI DONATORI Conte Tasca d’Almerita Soc. Agr. a R.L. ISBN: 978-88-98389-45-2 TEATRO MASSIMO

Gioachino Rossini |

Gioachino Rossini LA CENERENTOLA Membro di LA CENERENTOLA

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Piazza Verdi - 90138 Palermo euro 10,00

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