Mussolini, Uomo Di Teatro
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Mussolini, uomo di teatro (Mussolini, Man of the Theatre) Facoltà di Lettere e Filosofia Dottorato di ricerca in Tecnologia digitale e metodologia di ricerca sullo spettacolo Candidato Patricia Leigh Gaborik Matricola 1365532 Relatore Antonella Ottai A/A 2012/2013 Table of Contents List of Abbreviations … i Introduzione: Mussolini l’attore? … 1 Chapter One: Mussolini, a Life in the Theatre … 24 Chapter Two: Mussolini the Critic … 43 Triumph of the Will: Nietzsche in d’Annunzio, Pirandello, George Shaw … 49 “Gabriele d’Annunzio è come un dente marcio o lo si estirpa o lo si ricopre d'oro” … 51 “Pirandello fa in sostanza – senza volerlo – del teatro fascista: il mondo è come vogliamo che sia, è la nostra creazione” … 72 “Quando si vede costruire una nuova struttura, quando i martelli battono e le betoniere girano non è il momento di chiedere al capomastro cosa pensa di Bernard Shaw” … 104 The Allies of the Good Old Days; Clamoring for Revolution, Imagining Reconstruction … 131 “Bontempelli va letto e va ascoltato. È, forse, la voce più moderna dell’intellettualità italiana” … 132 Chapter Three: Mussolini the Impresario … 152 The Impresario and the Capocomico … 152 The Impresario and the Coràgo … 175 Chapter Four: Mussolini the Censor … 205 In Enemy Territory: the USSR, England, and France … 211 On Morality: Theatre for Pleasure vs. Theatre for Instruction … 227 The Empire Strikes: The Other Internal Enemies … 244 Mussolini and His Doubles … 251 Fascist Censorship, When All Is Said and Done … 254 Conclusion: A Broader View of Fascist Theatre … 266 Bibliography … 295 Davvero mostra di non aver compreso l’arte dell’indagine chi ravvisi soltanto un gioco nel chiedere a un uomo di Stato quale musica preferisca, perché proprio questi piccoli indizi forniscono elementi decisive per valutare la sua azione politica – German biographer Emil Ludwig (pseudonym of Emil Cohn), Colloqui con Mussolini. List of Abbreviations for Cited Archive Collections ACS – Archivio centrale dello stato, Roma MCP – Ministero della cultura popolare UCT – Ufficio Censura Teatrale b, f – busta, fascicolo MI – Ministero dell’Interno PolPol – Polizia politica SPD - Segretaria Particolare del Duce RSI – Repubblica Sociale Italiano CR – Carteggio riservato CO – Carteggio ordinario GRI – Getty Research Institute, Los Angeles, CA (home to the Massimo Bontempelli papers) b, f – box, folder HI – Hoover Institute, Stanford University, Stanford, CA b – box INDA – Istituto Nazionale del Dramma Antico, Siracusa MBAG – Museo Biblioteca dell’Attore, Genova i Introduzione: Mussolini l’attore? Benito Mussolini è l’icona più duratura del fascismo italiano. Quell’imponente presenza fisica, quella voce tonante, profonda e non sgradevole, quel carisma così difficile da definire hanno qualcosa di strano per noi, ma le testimonianze dell’epoca sono concordi. Ricordiamo la testa completamente calva, la linea prominente della mascella, gli occhi sporgenti, il pugno che si agita nello spazio o chiuso e appoggiato alla cinta di una impeccabile uniforme nera. Vedere i cinegiornali di allora produce un certo sconcerto negli spettatori di oggi, ma occorre riconoscere che Mussolini aveva senza dubbio doti performative: un elemento, questo, sul quale anche i suoi nemici erano d’accordo. Di lui o delle sue orazioni è stato detto: “Egli, come pochi, conosce l’arte del dire”1, “La sua parola squilla come una tromba di guerra e canta come un bronzo sacro”2, “Il gesto del Duce è superbo e bellissimo”3. Il futurista Emilio Settimelli ha sintetizzato: “Un gigante questo magnifico Mussolini!” 4 (un gigante che era alto solo un metro e settanta). Oggi, però, Mussolini non viene più ricordato come un ottimo oratore ma piuttosto come un grande attore: “Un commediante meraviglioso”5, “Un recitatore innato”6, “Come istrione, è veramente un genio”7, “Lo spettacolo sarebbe stato nulla senza il suo primo attore”8. Nel 1922, quando Mussolini giunse al potere, il collegamento tra eloquenza oratoria e abilità di attore era molto più stretta di quanto non sia oggi. Una lunga tradizione vedeva 1 Giuseppe Cavaciocchi, Mussolini. sintesi critiche, Cappelli Editore, Bologna 1933, p. 13. 2 Fernando Gori, Mussolini Poeta, Edizioni Pattuglia Nera, Roma 1933, p. 7. 3 Luigi Freddi, Pattuglie. Editrice Antieuropa, Roma s.d. (but 1930), p. 54. 4 Emilio Settimelli, Mussolini visto da Settimelli, Casa Editrice Pinciana, Roma 1933, p. 19. 5 Gaetano Salvemini, cit. in Berneri, Mussolini, Psicologia di un dittatore, ed. Pier Carlo Masini, Edizioni Azione Comune, Milano 1966, p. 25. Il testo di Berneri, è stato scritto negli anni trenta, ma non pubblicato, con il titolo Mussolini, grande attore. 6 Ruggero Zangrandi, cit. in Introduzione a Berneri, Mussolini, Psicologia di un dittatore, cit., p. 24. 7 Alceste De Ambris, “Mussolini. La leggenda e l’uomo,” (1930) in Benito Mussolini. Quattro Testimonianze, ed. Renzo de Felice, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1976, p. 79. 8 Luigi Barzini, cit. in Introduzione a Berneri, Mussolini, Psicologia di un dittatore, cit., p. 24. Per Barzini, si veda The Italians, Antheneum, New York 1967 [1964]. 1 l’arte del dire e l’arte del recitare strettamente connesse, come indica l’origine latina del verbo (re-citare), la quale allude tanto all’atto di ripetere a memoria quanto a quello di impersonare sulla scena una parte. Ai tempi di Mussolini, gli stessi manuali trattavano l’oratoria e la recitazione assieme, ed è solo attraverso una attenta lettura che il lettore di oggi può capire quando i loro autori pensavano a un pulpito e quando a un palcoscenico. La ragione di questa indistinzione è chiara: la padronanza dell’actio – la parte della retorica che si interessa della voce e dei gesti di colui che parla – è altrettanto essenziale per l'oratore e l’attore di teatro. Nessuno potrebbe mai diventare un grande oratore o un grande attore senza giungere a esercitare un controllo assoluto sul suo corpo e sulla voce, e senza imparare a manipolare entrambi per ottenere un effetto sicuro su un dato pubblico. Tra il XVIII e il XX secolo, la recitazione teatrale e la sua teorizzazione registrò un costante allontanamento dai dettami della retorica classica e da uno stile piuttosto statico e roboante, in favore di un più stile più naturalistico9. In Italia, dove i grandi istrioni erano anche gli amministratori delle compagnie teatrali, gli anni a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo segnarono un periodo di rapida transizione in questo senso, tanto che nel 1959 l’autore di un manuale di dizione e di recitazione avrebbe proclamato che la “declamazione” (vale a dire la tendenza a recitare con “gesto ed espressione piuttosto esagerati ed enfatici”) aveva regnato fino alla fine del secolo precedente, ma che adesso si preferiva la “recitazione” (più semplice e più naturale, e da lui definita “ricco di colore, di passaggi, di sfumature”10). Nel 1914, il futuro principe dei critici teatrali italiani, Silvio d'Amico, notò infatti che in Italia i grandi attori, anche i più grandi, si affidavano al proprio talento vocale. In questo senso la figura del mattatore “non interpreta, ma dice; ha delle parole che sottolinea sempre; ne ha delle altre che pronuncia sempre sottovoce […] Egli 9 Joseph R. Roach, The Player’s Passion. Studies in the Science of Acting, University of Michigan, Ann Arbor 1993. Cfr. Claudio Vicentini, La teoria della recitazione, dall’antichità al Settecento, Marsilio, Venezia 2012. 10 Walter Fagiolini, Dizione e recitazione, Tipografiia arti grafiche friulane, Udine 1959, p. 1-7. Sull’evoluzione dell’arte della recitazione nel periodo pertinente, si veda Claudio Meldolesi, Fondamenti del teatro italiano. La generazione dei registi, Bulzoni, Roma 1984. 2 insomma dà rilievo alla parola, tutt’al più alla battuta, qualche rara volta alla scene; ma non al carattere, e men che mai alla commedia” 11. Questa non era del tutto una critica, perchè d'Amico ammirava un simile talento; e tuttavia, metteva bene in chiaro che questo tipo di attore non comprendeva il dramma né la psicologia dei personaggi che interpretava. Nel ventesimo secolo, proprio questa capacità sarebbe venuta a marcare la differenza tra un attore tecnicamente preparato e un grande attore. Amici e nemici erano d'accordo su una cosa: Mussolini era stato un vero maestro della actio. Non è quindi così strano vedere che lo si è confrontato – in senso positivo e in senso peggiorativo – persino ai più grandi attori del periodo eroico del teatro dell’Italia unita: Ernesto Rossi e Tommaso Salvini12. Le analisi stilistiche dell’arte oratorica del duce, possibili grazie ai cinegiornali del giorno, rivelano l’efficacia, la coerenza e la precisione dei suoi gesti e della sua dizione, così come il coordinamento che viene a stabilirsi tra i due. I filmati inducono a sospettare che conoscesse le pubblicazioni sulll’arte della persuasione pubblica, per le tecniche che seguiva alla perfezione, dalla posizione con le gambe leggermente divaricate (per trasmettere una impressione di solidità) all’uso esclusivo della mano destra nella gestualità, e dalla preferenza per i gesti circolari ed “espansivi” (che si riteneva dessero la cadenza) alla esattezza con cui le ripetizioni dei movimenti accompagnavano le ripetizioni verbali13. In fin dei conti, quindi, non è affatto strano che il duce abbia finito per essere considerato da tutti un attore. E tuttavia, poiché molte delle abilità di base richieste all’attore e all’oratore erano le stesse, tanti i maestri quanto i teorici stavano bene attenti a distinguere obiettivi e contesto. 11 Silvio d’Amico, Cronache 1914/1955, a cura di Alessandro d’Amico e Lina Vito, Novecento, Palermo 2001, Volume I Tomo I. p. 94. 12 Barzini, The Italians, cit., p. 145. 13 Marco Gherbi, Analisi della comunicazione non verbale nei discorsi di Mussolini, Tesi di Laurea specialistica alla Università degli studi di Trieste, 2006. Fanno impressione le osservazioni di Gherbi assieme ad un’analisi del duce nei cinegiornali quando messi a confronto con un manuale come quello scritto da Giovanni Ghirlanda, attore della Compagnia Reale di Torino, nonché instruttore di recitazione, Cenni sopra l’arte drammatica (Tipografia Mariani, Firenze 1896).