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l’attualità Ritorno alla pensione della nostalgia La JENNER MELETTI Domenica cultura D’Annunzio, lettere di un amore folle MICHELE SMARGIASSI DOMENICA 9 MAGGIO 2010/Numero 274 di Repubblica Azzurri10 0 anni 15 maggio 1910: debutta la nazionale di calcio italiana È l’inizio della storia a volte eroica a volte tragica di uno specchio fedele del nostro Paese ILLUSTRAZIONE FOTOTECA STORICA NAZIONALE GIANNI MURA DINO ZOFF spettacoli rano quattromila gli spettatori all’Arena di Milano per i mieitempi, la nazionale rappresentava per un gio- Rolling Stones, il capolavoro in esilio la prima partita della Nazionale allenata da Umberto catore la consacrazione internazionale molto più ANGELO AQUARO e BILL JANOVITZ Meazza (nessuna parentela con Peppin). Otto milane- delle coppe per club. Vestire l’azzurro significava es- si in squadra, più il doriano Calì, capitano coi baffoni a sere arrivati in alto, e dover fare il possibile per re- manubrio, e i torinisti Capello e Debernardi. Italia- starvi. Non bastava essere forti tra le proprie mura. i sapori Francia finisce 6-2, il primo gol in azzurro è del milani- La nazionale voleva dire affrontare mostri sacri co- Esta Lana. In bianco, anzi, perché in azzurro sono i francesi. Le prime Ame Cruyff o Beckenbauer, ci si confrontava con quella gente lì. Ve- L’ebbrezza chic della birra d’autore due gare (la seconda è un pesante 1-6 a Budapest) l’Italia le gioca in stire l’azzurro era, e credo sia ancora, una sensazione speciale, un LICIA GRANELLO e PAOLO RUMIZ maglia bianca e solo alla terza e definitivamente la Federcalcio sce- onore ma soprattutto una responsabilità: perché devi rappresenta- glie l’azzurro di casa Savoia, con tanto di stemma sul cuore. Di Um- re il tuo Paese agli occhi del mondo. Non giochi solo a nome tuo, e il berto Meazza, ct e giornalista, va ricordata la definizione del portie- tuo comportamento è quasi più importante delle tue qualità tecni- l’incontro re Faroppa, dopo un 3-4 con la Francia a Torino, quattro gol su er- che. Quando ho allenato l’Italia, ho sempre ripetuto ai ragazzi che rori del portiere. «Era lì goffo, coi piedi larghi, sembrava una pape- la prima cosa è sapersi comportare, non compiere gesti sbagliati o Coppola: io, dittatore di film rottamato ra». È da allora, pare, che si chiama papera lo svarione del portiere. antisportivi. MARIO SERENELLINI (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) Repubblica Nazionale 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 la copertina Il 15 maggio 1910 davanti a quattromila persone debutta a Milano contro la Francia la nazionale di calcio italiana Cent’anni azzurri Le divise sono bianche, i giocatori quasi tutti del nord Poi cambiano i colori, i ct, i centravanti, i numeri dieci. Da Pozzo a Bearzot, da Meazza a Paolo Rossi, da Rivera a Baggio, ecco la nostra formazione ideale La squadra ideale secondo Gianni Mura DINO ZOFF GIANLUIGI BUFFON ENRICO ALBERTOSI TARCISIO BURGNICH GIUSEPPE BERGOMI Nato a Udine il 28-02-1942 Nato a Carrara il 28-01-1978 Nato a Pontremoli il 2-11-1939 Nato a Ruda (Ud) il 25-04-1939 Nato a Milano il 22-12-1963 Ruolo: Portiere Ruolo: Portiere Ruolo: Portiere Ruolo: Difensore Ruolo: Difensore In Nazionale: dal 20 aprile 1968 In Nazionale: dal 29 ottobre In Nazionale: dal 15 giugno 1961 In Nazionale: dal 10 novembre In Nazionale: dal 14 aprile 1982 al 29 maggio 1983; 1997 a oggi al 21 giugno 1972; 1963 al 23 giugno 1974; al 3 luglio 1998; 112 presenze; 100 presenze; 34 presenze; 66 presenze; 2 i gol; 81 presenze; 6 i gol; 4 i mondiali giocati; 1 vinto 3 i mondiali giocati; 1 vinto 2 i mondiali giocati 3 i mondiali giocati 4 i mondiali giocati; 1 vinto Il nostro secolo in contropiede GIANNI MURA sigarette al giorno. Promise di scendere a vrà chiamarsi Ambrosiana, esordisce non con la Norvegia a Marsiglia, Piola firma il 2- ranno a turno. «Prima i più stanchi», rac- tre, lo fece e Pozzo lo convocò. Sempre in ancora diciassettenne. «Cos’è, oggi gioca- 1 nei supplementari. Clima ostile e squa- comanda Pozzo. In finale, l’Ungheria è for- (segue dalla copertina) un bar, ma di Torino, era andato a convin- no anche i bambini?», brontola in spoglia- dra tesa. Meazza sa perché e va a dirlo a te, ma l’Italia di più: 4-2. Calano le conte- cere il portiere Combi, che aveva cessato toio Gipo Viani. «Sì», dice l’allenatore Ar- Pozzo, in albergo, quasi in un orecchio. stazioni, forti al momento del saluto ro- veniamo a Vittorio Pozzo. l’attività. pad Weisz, e manda Viani in tribuna e Pozzo fa segno che va bene e dei giocatori mano, poi zitti davanti allo spettacolo. Dal Durante la guerra era stato Sul titolo conquistato in casa, storia vec- Meazza in campo. La sua specialità è il toc- chi vuole va a sciogliere la tensione in una commento di Bruno Roghi, direttore della capitano degli alpini e si rac- chia, pesa l’ombra della vittoria di regime. co sornione in porta sull’uscita del portie- casa chiusa. Ci tocca la Francia, i bleus, che Gazzetta: «C’è qualcosa di più della vittoria conta che caricasse la squa- Dopo l’1-1 e i supplementari con la Spagna re. Non è alto, ma segna anche di testa. Non provocatoriamente propongono agli az- sportiva conquistata a prezzo di muscoli e dra con canzoni patriottiche. del grande Zamora, che con le sue parate è un armadio come Piola ma sa farsi ri- zurri una maglia rossa. Giammai: divisa intelligenza in un torneo faticosissimo e No, secondo lui. Solo una vol- evitò la sconfitta, c’era da rigiocare il gior- spettare. E col pallone fa quello che vuole. nera e 3-1 facile, e stavolta i francesi ap- insidiosissimo. Al di là della vittoria atleti- Eta aveva portato la squadra tra le lapidi di no dopo. L’Italia cambiò solo tre giocatori, Tra i due mondiali l’Italia vince l’olim- plaudono perché il dominio italiano è net- ca risplende la vittoria della razza». Con le Gorizia e Redipuglia. Parlava cinque lin- la Spagna sette, compreso Zamora. Mano piade a Berlino ed è una squadra tutta nuo- tissimo. E di oriundi Pozzo ne ha uno solo, veline del Minculpop non si scherzava. gue, era impiegato alla Pirelli e dalla Feder- dolorante, fu la spiegazione ufficiale, ma Andreolo, di genitori cilentani. La guerra. Il dopoguerra. Pozzo lascia la calcio non volle mai una lira. Era anche sembra più probabile un favore all’Italia di Erano mondiali strani, nel ‘38. Senza Ar- panchina dopo le olimpiadi del ‘48. Il giornalista alla Stampae dai mondiali (co- Mussolini. Nell’Italia, titolari tre oriundi Dopo la tragedia gentina e Uruguay, con la Germania hitle- Grande Torino si schianta a Superga. An- sa oggi impensabile) dettava i suoi pezzi. (Monti, Guaita e Orsi, suonatore di violino riana che aveva assorbito l’Austria (ma che per via di questa tragedia, nel ‘50 in Mezzora dopo la partita si metteva a scri- che giocava con un jolly tra calzettone e pa- di Superga, nel ’50 perse con la Svizzera). La Spagna era in gi- Brasile l’Italia va in nave (due settimane di vere, poi dettava. rastinchi) e saltuariamente De Maria. ai mondiali in Brasile nocchio dopo la guerra civile, l’Inghilterra viaggio). Persi via via in mare i palloni per Pozzo è una figura fondamentale del Esordio largo, nel ‘34, con un 7-1 agli Usa, preferiva stare nel suo isolamento. Tra i ri- gli allenamenti, mezza squadra scossa dal vecchio calcio, quello raccontato da Ni- poi 1-1 e 1-0 con la Spagna, 1-0 all’Austria si andò con la nave sultati strani, un Cuba-Romania 2-1 e un mal di mare, subito eliminati dalla Svezia. colò Carosio (cominciò nel ‘32). Fu in pan- e finale da crepacuore con la Cecoslovac- Brasile-Polonia 6-5 (ai supplementari). Il Mesto ritorno in aereo (trentacinque ore). china dal 1929 al 1948, e nel primo decen- chia che va in vantaggio al settantesimo, sogno di ogni attaccante (segnare un gol al Nel ‘54 allena l’ungherese Czeizler e c’è la nio vinse due mondiali (‘34 e ‘38), un’olim- Orsi pareggia all’ottantesimo e gol decisi- va, formata da studenti anche delle serie Brasile) Willimoski lo moltiplicò per cin- televisione. Italia subito fuori (1-4 dalla piade (‘36) e due coppe internazionali (‘30 vo di Schiavio al quinto pts. I cechi hanno minori, che Pozzo manda in campo. E nel que, ma non fu sufficiente. I brasiliani era- Svizzera, padrona di casa). Sono gli anni e ‘35). Parlano i numeri: 87 partite, 60 vitto- colpito tre pali. I giocatori pensano di chie- ‘38, in Francia, ha con sé solo due dei cam- no così sicuri di vincere che avevano pre- bui, di calcio autarchico (Andreotti ha rie, 16 pareggi e 11 sconfitte. Calcistica- dere a Mussolini, come premio-vittoria, pioni di quattro anni prima: Meazza e Fer- notato tutti i posti sull’unico volo Marsi- chiuso le frontiere nel ‘53). Non va meglio mente, Pozzo non inventò nulla (giocava una tessera per viaggiare gratis sui treni, rari, il cervello della squadra. «Dove arriva glia-Parigi, sede della finale. Erano così si- riaprendo agli oriundi e cambiando ct. Nel secondo il “metodo”, non si adeguò al “si- ma il terzino Monzeglio, fascista al cento lui, l’equilibrio è assicurato», scrisse Brera. curi che lasciarono a riposo i due attaccan- ‘58 è Foni e ai mondiali in Svezia (quelli che stema”) ma conosceva bene i suoi calcia- per cento, s’impone: compiuta la missio- «Un grande giocatore e un grande mae- ti più bravi, Tim e Leonidas.