l’attualità Ritorno alla pensione della nostalgia La JENNER MELETTI Domenica cultura D’Annunzio, lettere di un amore folle MICHELE SMARGIASSI DOMENICA 9 MAGGIO 2010/Numero 274 di Repubblica Azzurri10 0 anni

15 maggio 1910: debutta la nazionale di calcio italiana È l’inizio della storia a volte eroica a volte tragica di uno specchio fedele del nostro Paese ILLUSTRAZIONE FOTOTECA STORICA NAZIONALE

GIANNI MURA spettacoli rano quattromila gli spettatori all’Arena di Milano per i mieitempi, la nazionale rappresentava per un gio- Rolling Stones, il capolavoro in esilio la prima partita della Nazionale allenata da Umberto catore la consacrazione internazionale molto più ANGELO AQUARO e BILL JANOVITZ Meazza (nessuna parentela con Peppin). Otto milane- delle coppe per club. Vestire l’azzurro significava es- si in squadra, più il doriano Calì, capitano coi baffoni a sere arrivati in alto, e dover fare il possibile per re- manubrio, e i torinisti Capello e Debernardi. Italia- starvi. Non bastava essere forti tra le proprie mura. i sapori Francia finisce 6-2, il primo gol in azzurro è del milani- La nazionale voleva dire affrontare mostri sacri co- Esta Lana. In bianco, anzi, perché in azzurro sono i francesi. Le prime meA Cruyff o Beckenbauer, ci si confrontava con quella gente lì. Ve- L’ebbrezza chic della birra d’autore due gare (la seconda è un pesante 1-6 a Budapest) l’Italia le gioca in stire l’azzurro era, e credo sia ancora, una sensazione speciale, un LICIA GRANELLO e PAOLO RUMIZ maglia bianca e solo alla terza e definitivamente la Federcalcio sce- onore ma soprattutto una responsabilità: perché devi rappresenta- glie l’azzurro di casa Savoia, con tanto di stemma sul cuore. Di Um- re il tuo Paese agli occhi del mondo. Non giochi solo a nome tuo, e il berto Meazza, ct e giornalista, va ricordata la definizione del portie- tuo comportamento è quasi più importante delle tue qualità tecni- l’incontro re Faroppa, dopo un 3-4 con la Francia a Torino, quattro gol su er- che. Quando ho allenato l’Italia, ho sempre ripetuto ai ragazzi che rori del portiere. «Era lì goffo, coi piedi larghi, sembrava una pape- la prima cosa è sapersi comportare, non compiere gesti sbagliati o Coppola: io, dittatore di film rottamato ra». È da allora, pare, che si chiama papera lo svarione del portiere. antisportivi. MARIO SERENELLINI (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

Repubblica Nazionale 26 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 la copertina Il 15 maggio 1910 davanti a quattromila persone debutta a Milano contro la Francia la nazionale di calcio italiana Cent’anni azzurri Le divise sono bianche, i giocatori quasi tutti del nord Poi cambiano i colori, i ct, i centravanti, i numeri dieci. Da Pozzo a Bearzot, da Meazza a , da Rivera a Baggio, ecco la nostra formazione ideale

La squadra ideale secondo Gianni Mura

DINO ZOFF GIANLUIGI BUFFON TARCISIO BURGNICH GIUSEPPE BERGOMI Nato a Udine il 28-02-1942 Nato a Carrara il 28-01-1978 Nato a Pontremoli il 2-11-1939 Nato a Ruda (Ud) il 25-04-1939 Nato a Milano il 22-12-1963 Ruolo: Portiere Ruolo: Portiere Ruolo: Portiere Ruolo: Difensore Ruolo: Difensore In Nazionale: dal 20 aprile 1968 In Nazionale: dal 29 ottobre In Nazionale: dal 15 giugno 1961 In Nazionale: dal 10 novembre In Nazionale: dal 14 aprile 1982 al 29 maggio 1983; 1997 a oggi al 21 giugno 1972; 1963 al 23 giugno 1974; al 3 luglio 1998; 112 presenze; 100 presenze; 34 presenze; 66 presenze; 2 i gol; 81 presenze; 6 i gol; 4 i mondiali giocati; 1 vinto 3 i mondiali giocati; 1 vinto 2 i mondiali giocati 3 i mondiali giocati 4 i mondiali giocati; 1 vinto Il nostro secolo in contropiede

GIANNI MURA sigarette al giorno. Promise di scendere a vrà chiamarsi Ambrosiana, esordisce non con la Norvegia a Marsiglia, Piola firma il 2- ranno a turno. «Prima i più stanchi», rac- tre, lo fece e Pozzo lo convocò. Sempre in ancora diciassettenne. «Cos’è, oggi gioca- 1 nei supplementari. Clima ostile e squa- comanda Pozzo. In finale, l’Ungheria è for- (segue dalla copertina) un bar, ma di Torino, era andato a convin- no anche i bambini?», brontola in spoglia- dra tesa. Meazza sa perché e va a dirlo a te, ma l’Italia di più: 4-2. Calano le conte- cere il portiere Combi, che aveva cessato toio Gipo Viani. «Sì», dice l’allenatore Ar- Pozzo, in albergo, quasi in un orecchio. stazioni, forti al momento del saluto ro- veniamo a Vittorio Pozzo. l’attività. pad Weisz, e manda Viani in tribuna e Pozzo fa segno che va bene e dei giocatori mano, poi zitti davanti allo spettacolo. Dal Durante la guerra era stato Sul titolo conquistato in casa, storia vec- Meazza in campo. La sua specialità è il toc- chi vuole va a sciogliere la tensione in una commento di Bruno Roghi, direttore della capitano degli alpini e si rac- chia, pesa l’ombra della vittoria di regime. co sornione in porta sull’uscita del portie- casa chiusa. Ci tocca la Francia, i bleus, che Gazzetta: «C’è qualcosa di più della vittoria conta che caricasse la squa- Dopo l’1-1 e i supplementari con la Spagna re. Non è alto, ma segna anche di testa. Non provocatoriamente propongono agli az- sportiva conquistata a prezzo di muscoli e dra con canzoni patriottiche. del grande Zamora, che con le sue parate è un armadio come Piola ma sa farsi ri- zurri una maglia rossa. Giammai: divisa intelligenza in un torneo faticosissimo e No, secondo lui. Solo una vol- evitò la sconfitta, c’era da rigiocare il gior- spettare. E col pallone fa quello che vuole. nera e 3-1 facile, e stavolta i francesi ap- insidiosissimo. Al di là della vittoria atleti- taE aveva portato la squadra tra le lapidi di no dopo. L’Italia cambiò solo tre giocatori, Tra i due mondiali l’Italia vince l’olim- plaudono perché il dominio italiano è net- ca risplende la vittoria della razza». Con le Gorizia e Redipuglia. Parlava cinque lin- la Spagna sette, compreso Zamora. Mano piade a Berlino ed è una squadra tutta nuo- tissimo. E di oriundi Pozzo ne ha uno solo, veline del Minculpop non si scherzava. gue, era impiegato alla Pirelli e dalla Feder- dolorante, fu la spiegazione ufficiale, ma Andreolo, di genitori cilentani. La guerra. Il dopoguerra. Pozzo lascia la calcio non volle mai una lira. Era anche sembra più probabile un favore all’Italia di Erano mondiali strani, nel ‘38. Senza Ar- panchina dopo le olimpiadi del ‘48. Il giornalista alla Stampae dai mondiali (co- Mussolini. Nell’Italia, titolari tre oriundi Dopo la tragedia gentina e Uruguay, con la Germania hitle- si schianta a Superga. An- sa oggi impensabile) dettava i suoi pezzi. (Monti, Guaita e Orsi, suonatore di violino riana che aveva assorbito l’Austria (ma che per via di questa tragedia, nel ‘50 in Mezzora dopo la partita si metteva a scri- che giocava con un jolly tra calzettone e pa- di Superga, nel ’50 perse con la Svizzera). La Spagna era in gi- Brasile l’Italia va in nave (due settimane di vere, poi dettava. rastinchi) e saltuariamente De Maria. ai mondiali in Brasile nocchio dopo la guerra civile, l’Inghilterra viaggio). Persi via via in mare i palloni per Pozzo è una figura fondamentale del Esordio largo, nel ‘34, con un 7-1 agli Usa, preferiva stare nel suo isolamento. Tra i ri- gli allenamenti, mezza squadra scossa dal vecchio calcio, quello raccontato da Ni- poi 1-1 e 1-0 con la Spagna, 1-0 all’Austria si andò con la nave sultati strani, un Cuba-Romania 2-1 e un mal di mare, subito eliminati dalla Svezia. colò Carosio (cominciò nel ‘32). Fu in pan- e finale da crepacuore con la Cecoslovac- Brasile-Polonia 6-5 (ai supplementari). Il Mesto ritorno in aereo (trentacinque ore). china dal 1929 al 1948, e nel primo decen- chia che va in vantaggio al settantesimo, sogno di ogni attaccante (segnare un gol al Nel ‘54 allena l’ungherese Czeizler e c’è la nio vinse due mondiali (‘34 e ‘38), un’olim- Orsi pareggia all’ottantesimo e gol decisi- va, formata da studenti anche delle serie Brasile) Willimoski lo moltiplicò per cin- televisione. Italia subito fuori (1-4 dalla piade (‘36) e due coppe internazionali (‘30 vo di Schiavio al quinto pts. I cechi hanno minori, che Pozzo manda in campo. E nel que, ma non fu sufficiente. I brasiliani era- Svizzera, padrona di casa). Sono gli anni e ‘35). Parlano i numeri: 87 partite, 60 vitto- colpito tre pali. I giocatori pensano di chie- ‘38, in Francia, ha con sé solo due dei cam- no così sicuri di vincere che avevano pre- bui, di calcio autarchico (Andreotti ha rie, 16 pareggi e 11 sconfitte. Calcistica- dere a Mussolini, come premio-vittoria, pioni di quattro anni prima: Meazza e Fer- notato tutti i posti sull’unico volo Marsi- chiuso le frontiere nel ‘53). Non va meglio mente, Pozzo non inventò nulla (giocava una tessera per viaggiare gratis sui treni, rari, il cervello della squadra. «Dove arriva glia-Parigi, sede della finale. Erano così si- riaprendo agli oriundi e cambiando ct. Nel secondo il “metodo”, non si adeguò al “si- ma il terzino Monzeglio, fascista al cento lui, l’equilibrio è assicurato», scrisse Brera. curi che lasciarono a riposo i due attaccan- ‘58 è Foni e ai mondiali in Svezia (quelli che stema”) ma conosceva bene i suoi calcia- per cento, s’impone: compiuta la missio- «Un grande giocatore e un grande mae- ti più bravi, Tim e Leonidas. Finì 2-1 per l’I- riveleranno Pelé) l’Italia nemmeno ci arri- tori, il suo gruppo, e si fidava molto della ne, il premio sarà una foto con dedica del stro», lo definì Bearzot. In Francia l’Italia talia, prima Piola poi Meazza su rigore, va, eliminata dall’Irlanda del Nord. Ed era vecchia guardia. In particolare, di calciato- Duce. Mai arrivata. non trova folle osannanti, ma un tifo con- tenendosi con la sinistra l’elastico spezza- un’Italia che schierava Ghiggia, Schiaffi- ri piemontesi, veneti e lombardi, anche se Il simbolo della squadra era Meazza, ca- tro compatto: oltre ai francesi, le migliaia to delle braghette e spiazzando, come al no, Montuori e Da Costa. Così come c’era- uno dei suoi pupilli, Attilio Ferraris, era ro- pelli imbrillantinati e occhio languido, di fuorusciti italiani che non si riconosco- solito, il portiere. I brasiliani si tengono i bi- no Maschio, Altafini, Sivori e Sormani nel mano. Andò a ripescarlo in un bar alla vigi- classe 1910, figlio di una fruttivendola, pa- no in quella squadra irrigidita nel saluto ro- glietti aerei, gli azzurri trovano solo cinque ‘62 in Cile, ct Giovanni Ferrari. Arbitraggio lia dei mondiali del ‘34. Fumava quaranta dre morto in guerra. Nell’Inter, che poi do- mano a centrocampo. Sofferto esordio posti a sedere sul treno per Parigi. Dormi- molto casalingo di Aston, espulsi Ferrini e

GIOVANNI FERRARI BRUNO CONTI MARCO TARDELLI (1907-1982) Nato ad Alessandria il 18-8-1943 (1940-2009) Nato a Nettuno (Rm) il 13-3-1955 Nato in prov. di Lucca il 24-9-1954 (1910-1979) Ruolo: Centrocampista Ruolo: Centrocampista Ruolo: Centrocampista Ruolo: Centrocampista Ruolo: Centrocampista Ruolo: Attaccante In Nazionale: dal 9 febbraio In Nazionale: dal 13 maggio 1962 In Nazionale: dal 7 giugno 1962 In Nazionale: dall’11 ottobre In Nazionale: dal 7 aprile 1976 In Nazionale: dal 9 febbraio 1930 al 4 dicembre 1938; al 19 giugno 1974; al 25 giugno 1967; 1980 al 17 giugno 1986; al 25 settembre 1985; 1930 al 20 luglio 1939; 44 presenze; 14 gol; 60 presenze; 14 gol; 29 presenze; 7 gol; 47 presenze; 5 gol; 81 presenze; 6 gol; 53 presenze; 33 gol; 2 i mondiali vinti 4 i mondiali giocati 2 i mondiali giocati 2 i mondiali giocati; 1 vinto 2 i mondiali giocati; 1 vinto 2 i mondiali vinti

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 27

LA SELEZIONE Ventitré è il numero di giocatori che ogni paese partecipante porta a un mondiale di calcio. La selezione dei ventitré “migliori” giocatori del “secolo azzurro” è stata fatta da Gianni Mura

LE IMMAGINI Le figurine che illustrano queste pagine, tranne quelle di Castigliano e Bulgarelli, sono pubblicate per gentile concessione della Panini Spa In copertina, l’azzurro Meazza in un’illustrazione francese del giugno ’38

FABIO CANNAVARO GAETANO SCIREA PAOLO MALDINI EUSEBIO CASTIGLIANO Nato a Napoli il 13-09-1973 (1953-1989) Nato a Milano il 26-06-1968 (1942-2006) (1921-1949) (1919-1949) Ruolo: Difensore Ruolo: Difensore Ruolo: Difensore Ruolo: Difensore Ruolo: Centrocampista Ruolo: Centrocampista In Nazionale: dal 22 gennaio In Nazionale: dal 30 dicembre In Nazionale: dal 31 marzo 1988 In Nazionale: dal 27 marzo 1963 In Nazionale: dall’11 In Nazionale: dal 5 aprile 1997 a oggi; 1975 al 17 giugno 1986; al 18 giugno 2002; al 16 novembre 1977; novembre 1945 1942 al 27 marzo 1949; 132 presenze; 2 gol; 78 presenze; 2 gol; 126 presenze; 7 gol; 94 presenze; 3 gol; al 27 marzo 1949; 12 presenze; 3 i mondiali giocati; 1 vinto 3 i mondiali giocati; 1 vinto 4 i mondiali giocati 3 i mondiali giocati 7 presenze; 1 gol 4 gol

Una maglia che dà responsabilità ma nell’82 volevo baciare la regina David, azzurri in nove che resistono fino al chestra. Dopo un avvio stentato la squadra 74’, poi finisce 2-0, a casa. DINO ZOFF cresce, elimina Argentina, Brasile e Polo- Anche peggio nel ‘66, ct Fabbri, a Midd- nia e batte in finale la Germania. Foto-sim- lesbrough la fatal Corea (del Nord). Ce ne (segue dalla copertina) Qualche volta, abbiamo quasi l’impressione che la bolo: l’urlo di Tardelli e l’esultanza di Per- sarà un’altra (ma del Sud) a eliminarci nel nazionale sia un po’ meglio della nazione, perché lo tini in tribuna. Giocatori-simbolo: Zoff, 2002, capro espiatorio l’arbitro Moreno. cco perché, a parte gli ultimi venti secondi di pu- sport ha questa capacità di far dimenticare le maga- Rossi reduce dalla squalifica del calcio- Tra il ‘60 e il ‘70, mentre i club di Milano ra sfortuna all’Europeo del 2000, fui molto sod- gne. Anche il tifo, quando c’è di mezzo l’azzurro, mi- scommesse, Gentile (che ferma Marado- s’impongono a livello europeo e mondia- Edisfatto di come gli azzurri si comportarono in gliora: niente più ultras e violenza, solo passione. na e Zico in modi non sempre ortodossi). le, solo due soddisfazioni per gli azzurri: campo e fuori. Rappresentare il proprio Paese è diffi- È chiaro che l’apice della mia carriera in azzurro re- Nell’86 in Messico Bearzot sconta la grati- l’oro nell’olimpiade del ‘60 e il titolo euro- cile, ma nello sport non c’è niente che valga di più. Ec- sta la vittoria mondiale di Madrid, nell’82: un cre- tudine verso i campioni dell’82 e due anni peo nel ‘68, annuncio di una crescita che co perché non capisco come si possa scendo rossiniano. Quando mi diede- senza partite vere: la Francia di Platini ci porta gli azzurri alla finale di Mexico ‘70. Si rifiutare la maglia azzurra: certo, mi ro la coppa, ero talmente felice che vo- elimina negli ottavi. parla ancora molto della semifinale, 4-3 al- rendo conto degli impegni, della fatica levo baciare la regina: per fortuna mi Bearzot lascia ed esce dal calcio, come la Germania dopo l’1-1, partita brutta assai dei calendari, però io non la penso co- fermai in tempo, non ero del tutto fuo- Cincinnato, dando una lezione di serietà. ma emozionante nei supplementari. Con sì. Qui non si parla solo di partite di cal- ri di testa. Al suo posto Vicini. Allestisce una naziona- il Brasile finisce 4-1 per loro ed è un fiorire cio, c’è molto di più. La nazionale è stata gran parte della le molto tecnica e votata all’offensiva. In di polemiche (la staffetta Mazzola-Rivera, Ricordo il giorno del mio debutto in mia vita, una compagna di viaggio im- Italia, l’Argentina di Maradona (a Napoli) soli sei minuti giocati da Rivera). Un se- azzurro da giocatore, contro la Bulga- pegnativa e bellissima. Ora penso a vince ai rigori in semifinale. Per gli azzurri condo posto dopo tante angustie non è fe- ria a Napoli. Vincemmo 2-0 e per me fu quel galantuomo di Bearzot, il nostro il terzo gradino del podio, che diventerà se- steggiato con l’allegria prevista. Contrap- una gioia doppia, perché Napoli era condottiero, e a tutti i valori che ha rap- condo a Usa ‘94, con Sacchi in panchina. passo: nel 1974 subito a casa dalla Germa- anche la città del mio club. Sentii una presentato. Perché l’allenatore ha più Brutta finale, col Brasile, e ancora rigori. nia, per mano della Polonia. Da Valcareggi pressione maggiore e un sostegno par- responsabilità degli altri, deve dare l’e- Sbagliano Baresi, Massaro e Roberto Bag- la Nazionale passa a Bearzot, uomo di ticolare. La gara andò benissimo, visto sempio, dev’essere un maestro non gio. Come nel ‘70, al ritorno più fischi che frontiera, solidi principi, cuore-Toro che che vincemmo e che non presi gol. solo di sport: non un divo, un maestro. applausi. E ancora rigori nel ‘98 in Francia, s’affida al blocco Juve. Nel ‘78 è una bella Quando indossi per la prima volta l’azzurro, capi- Nel mio piccolo, mi sono sforzato di essere un model- con la Francia che poi avrebbe vinto il tito- squadra davvero, ringiovanita dall’inne- sci che stai cominciando una nuova storia di atleta e lo per i ragazzi che ho guidato, e in parte spero di es- lo. Nei quarti, sulla traversa colpita da Di sto di Cabrini e Rossi, e orgogliosa: già qua- che devi meritarla. Ricordo l’emozione, e del resto serci riuscito. Biagio si fanno le valigie. Non può andar lificata, non intorta la gara con l’Argentina quella rimane sempre: anche a quarant’anni ero Ora voglio fare gli auguri di buon compleanno alla sempre male, ai rigori. Difatti nel 2006 va dei generali, anzi la batte, poi finisce al emozionato, temevo di non essere all’altezza. Sono nazionale: ha cent’anni, sembra una vecchietta ma bene: con la Francia, dopo l’espulsione di quarto posto. Con Olanda e Brasile Zoff è sempre stato un perfezionista, e ritengo che una giu- non lo è. E allora le dico di gettare il bastone e metter- Zidane per testata a Materazzi, la traversa incerto sui tiri da lontano e viene massa- sta dose di autocritica sia necessaria. Come sportivo, si a zompare come quand’era ragazzina, perché la na- è per Trezeguet e il titolo mondiale per l’I- crato. Diventerà uno degli eroi dell’82, uni- ho solo cercato di lavorare bene: per un friulano come zionale è giovane per sempre. talia di Lippi. Sembra ieri. Ed è ancora Lip-

co a parlare, è il capitano, degli azzurri in si- me è doveroso. © RIPRODUZIONE RISERVATA pi a guidare gli azzurri in Sudafrica: manca lenzio-stampa. Bearzot, appassionato di poco, ormai.

jazz, ama i solisti, ma nel contesto dell’or- © RIPRODUZIONE RISERVATA

SILVIO PIOLA GIGI RIVA PAOLO ROSSI ROBERTO BAGGIO (1913-1996) Nato a Leggiuno (Va) il 7-11-1944 Nato a Torino l’8-11-1942 Nato a Prato il 23-9-1956 Nato a Caldogno (Vi) il 18-2-1967 Nato a Roma il 27-9-1976 Ruolo: Attaccante Ruolo: Attaccante Ruolo: Attaccante Ruolo: Attaccante Ruolo: Attaccante Ruolo: Attaccante In Nazionale: dal 24 marzo In Nazionale: dal 27 giugno In Nazionale: dal 12 maggio In Nazionale: dal 21 dicembre In Nazionale: dal 16 novembre In Nazionale: dal 10 ottobre 1935 al 18 maggio 1952; 1965 al 19 giugno 1974; 1963 al 23 giugno 1974; 1977 all’11 maggio 1986; 1988 al 28 aprile 2004; 1998 a oggi; 34 presenze; 30 gol; 42 presenze; 35 gol; 70 presenze; 22 gol; 48 presenze; 20 gol; 56 presenze; 27 gol; 58 presenze; 9 gol; 1 mondiale vinto 2 i mondiali giocati 3 i mondiali giocati 2 i mondiali giocati; 1 vinto 3 i mondiali giocati 2 i mondiali giocati; 1 vinto

Repubblica Nazionale 28 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 l’attualità A New York sono praticamente scomparse. Da noi sono state Amarcord promosse a hotel o travolte dall’ascesa di bed & breakfast e agritur Ma qua e là ancora resistono e, come in una macchina del tempo, restituiscono sapori anni Sessanta: stanze essenziali, buona cucina, clienti-amici che tornano a ogni estate, prezzi imbattibili Come nell’Italia del boom e delle prime vacanze di massa Alla “pensione” color nostalgia

“Sono nate a Rimini subito dopo la Seconda guerra mondiale. Le prime erano organizzate come una casa rurale dei colli vicini”

JENNER MELETTI cena; arrivo a 44 euro in agosto, ma solo per le ca- pensioni sono sparite, qui hanno cambiato inse- le. «La pensione è nata qui, subito dopo la Secon- mere che hanno il bagno. Ho pure un bel par- gna e, soprattutto, hanno tentato una scalata so- da guerra mondiale — dice Ferruccio Farina, sto- RIMINI cheggio, all’ombra delle viti, e il mare è proprio da- ciale. A Rimini, che nel secondo dopoguerra ha in- rico del turismo balneare — perché a Rimini sono vanti alla pensione. Basta attraversare la strada». ventato la vacanza per gli operai e gli impiegati che arrivati i contadini poveri della collina che aveva- embra di essere dentro una cartolina La Corallina è una delle ultime pensioni — as- non erano mai stati al mare, su 2.134 alberghi 761 no capito che al mare si potevano fare affari. Non anni Sessanta, in bianco e nero. «Io sieme alla Fiorella, alla Londra, alla Conca d’oro… sono a una o due stelle. Sono il 36 per cento del to- a caso la prima pensione è organizzata come una l’insegna non l’ho cambiata. Pensio- — che non si sono mascherate da hotel. Se a New tale, mentre ancora nel 2000 erano il 60. Non ci so- casa rurale: la madre è in cucina e rifà i letti assie- ne era e pensione è rimasta, la mia Co- York — come ha scritto il Wall Street Journal — le no stati abbattimenti, solo scalate verso il tre stel- me alle figlie. Il marito si dà da fare a gestire il tut- Srallina. Così l’aveva chiamata mio padre e così è to e fuori stagione diventa anche muratore per co- oggi. Le altre pensioni adesso si chiamano hotel o struire altre stanze». albergo ma tanti hanno cambiato solo l’insegna. L’ex pensione Edy, con vista sulla ferrovia, ora è A me la parola “pensione” piace davvero, dà l’idea un hotel due stelle e si chiama “Edy, la tua casa al di un posto dove ti puoi riposare. È rilassante. Del mare”. I treni passano sempre ma almeno non fi- resto, la Corallina è quasi uguale a quella di cin- i QUADERNI SPECIALI di schiano più perché è stato eliminato il passaggio quant’anni fa. Chiamandola pensione, almeno a livello. «Ho cambiato nome — dice Marta Ago- siamo sinceri». Maurizio Lappi, cinquantacinque stini, che ha iniziato a lavorare all’Edy assieme ai anni, da trenta ha in mano la pensione costruita genitori già nella prima stagione del 1960 — per- dal padre a Torre Pedrera. Sala da pranzo e cucina ché “pensione” a tanti dà ormai l’idea di scaduto al piano terra, quindici camere al primo piano, o scadente, con un proprietario in pantaloni cor- fronte mare. Con lui la moglie Giuliana in cucina ti e canottiera… Ma lo spirito è sempre uguale: il e le figlie Silvia e Chiara («quest’anno si diploma in mio vuole essere un hotel dove si entra clienti e si ragioneria») a fare le cameriere. Famiglia tipo di diventa amici. E per questo si ha voglia di torna- albergatore romagnolo anni Sessanta che, come re». L’edificio è sempre quello. «Però abbiamo mi- in una macchina del tempo, è entrata nel nuovo gliorato tante cose. Le stanze, come vede, sono millennio. «I clienti non mancano, alcuni sono già ventiquattro come nel 1960, però hanno tutte il alla terza generazione. Continuano a venire per- bagno. Abbiamo recuperato spazi eliminando al- ché, me lo dicono, si trovano bene. E non certo per cuni balconi». Era all’avanguardia, la pensione le camere, che sono quelle di un tempo. Ho mes- Edy di cinquant’anni fa. «Il nome è stato rubato a so i bagni in quasi tutte, una piccola tv, assieme al Edy Campagnoli, che era la valletta di Mike Bon- letto e ai comodini. Tutto qui. Ma il cliente è con- giorno a Lascia o raddoppia. C’era un lavandino in tento perché Giuliana in cucina è bravissima e le ogni stanza, con acqua fredda e calda e c’era un figlie sono gentili. Si sentono in famiglia». bagno per ogni piano. Materassi di crine, coperte Secondo la legge 217 le “pensioni” in Italia so- a righine, tutte uguali. Le lenzuola e gli asciuga- no sparite tutte nel 1983. Sono diventate hotel a mani venivano cambiati una volta la settimana, i una o a due stelle, e chi oltre al bagno ha messo l’a- tovaglioli sulla tavola il giovedì e la domenica e ve- ria condizionata ha conquistato le tre stelle. «Io di nivano lasciati nella loro busta. Io avevo dieci an- stelle — racconta Maurizio Lappi — ne ho soltan- ni, quando Edy è stata aperta. Assieme a una mia to una e mi basta. Per attirare i clienti ho un segre- cugina siamo state messe subito al lavoro. Hanno to: la cucina. Lì viaggiamo al massimo. Giuliana impilato alcuni mattoni davanti al secchiaio così prepara gnocchi e strozzapreti, tira la pasta con il io e la cugina potevamo arrivare a lavare i piatti. mattarello, cuoce la piadina… Tutto in casa. Io Sono stati anni duri e bellissimi. A differenza di og- faccio anche il contadino e porto alla pensione le gi, c’era gente allegra. I clienti erano felici perché patate per gli gnocchi e le verdure appena colte. provavano l’emozione delle prime vacanze, noi Porzioni abbondanti e facciamo anche il “ripas- eravamo contenti perché si capiva che gli affari so”, insomma chi ha ancora fame si prende un’al- stavano crescendo di anno in anno». tra porzione. Menù fisso ma annunciato la sera il nuovo Quaderno Speciale di Limes Anche Aureliano Bonini, esperto di marketing prima, così chi vuole può chiedere una variazio- la rivista italiana di geopolitica turistico, ha visto nascere le pensioni. «Per la pri- ne. Tutto questo per 32 euro al giorno, pensione ma volta le donne di ceti non alti arrivavano in va- completa in bassa stagione, colazione, pranzo e è in edicola e in libreria www.limesonline.com canza e si sentivano regine per due o tre settima-

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 29 ILLUSTRAZIONE CORBIS

LE IMMAGINI me pensioni. Sa come? Permettendo alle mamme talità. Oggi per i turisti si costruiscono mondi a Poster, depliant di andare in cucina a fare da mangiare ai loro figli». parte, inventati, e le cose autentiche sono davve- pubblicitari «I tempi sono cambiati — racconta Piero Leoni, ro scarse. Lo scambio sincero, schietto e genuino ne. e fotografie docente di sociologia del turismo — e le vacanze che per decenni ha legato albergatore e cliente è Niente letti da fare, piatti da la- di pensioni di un mese o anche quindici giorni sono un ricor- invece un fatto autentico, è un’atmosfera delica- vare. Pranzo e cena pronti. Gli ex contadini diven- italiane do. Quasi la metà degli hotel, anche piccoli, sono ta che vale un tesoro e va conservata. Nascono le- tati albergatori cercavano di copiare i segreti degli della prima metà in affitto ed è difficile mantenere — per chi sa di es- gami stretti fra gli stessi clienti. Si danno appunta- altri. Pollo, patate e dolce al giovedì, lasagne e pol- del Novecento sere precario — una dimensione giusta dell’ospi- mento anno dopo anno, vedono crescere assieme lo la domenica e presto tutti presentavano lo stes- i loro figli, i figli diventano padri… Ormai si in- so menù. L’importante era mettere in tavola cibo contrano in pensione come se andassero a trova- buono e abbondante. Per ogni cliente si pesavano re una zia». almeno cento grammi di pasta e si faceva quello Marta Agostini, titolare dell’Edy, conferma. «A che a Rimini chiamano “l’ariuto”, l’aggiunta. Cer- fine luglio è in arrivo un gruppo di clienti che si so- to, non c’era il lusso, ma quella era gente allegra e no conosciuti già alla fine degli anni Sessanta. Ar- comunque già contenta di essere in ferie. Arriva- rivano da Cuneo, Brescia, Padova, Roma, Napo- vano con la Seicento, ore e ore di via Emilia da Mi- li… Negli ultimi anni non erano riusciti a combi- lano o Torino, non c’era ancora l’autostrada. Io nare le date e quest’anno si sono messi d’accordo. avevo fatto esperienza all’estero e così per anni ho Ognuno vuole la sua stanza, naturalmente. Le fatto l’“insegnante” di tanti albergatori. Ho consi- abitudini sono un comandamento». L’Edy ora fa gliato alle pensioni la rotazione dei menù, per una parte di un consorzio piccoli alberghi di qualità e dieta più equilibrata e anche i prezzi differenziati, Marta Agostini è la presidente. «Nelle stanze non ad esempio fra camera vista mare o vista cortile. c’è più solo un materasso di crine… Reti e mate- Ho buttato lì l’idea che chi prenotava a marzo do- rassi ortopedici, bagno con doccia, tv a colori, scri- veva ottenere un prezzo più basso perché aiutava vania, poltroncina, pale per rinfrescare… Mi ri- a garantire il pienone estivo». cordo che nei primi anni gli albergatori si mette- C’è chi le ricorda ancora, le lasagne della dome- vano a ridere, quando gli stranieri chiedevano di nica. «I turisti — dice Maurizio Melucci, neo as- trovare una saponetta in bagno: “Ma cosa preten- sessore regionale per anni vice sindaco a Rimini dono questi qua, che abitudini hanno?”. Adesso — capivano che nelle pensioni si mangiava bene proponiamo tre menù, carne, pesce e dietetico. perché vedevano i riminesi che alla domenica an- Quest’anno, in tutti i novanta piccoli hotel del davano a comprare le lasagne nella loro stessa consorzio, avremo anche il “menù del benesse- pensione. Il cibo è stato importantissimo nella re”, con prodotti a chilometro zero. Per la colazio- crescita del nostro turismo. A tavola sono nate ne abbiamo l’angolo biologico. In bassa stagione amicizie che sono continuate per decenni. Io ho si parte da 33 euro per arrivare ai 60 delle prime tre premiato migliaia di turisti fedelissimi di Rimini: settimane di agosto. Ma in quel caso l’offerta è all un manifesto, una borsina, un diploma… Giravo inclusive, tutto compreso. Non solo la camera e per gli hotel e le pensioni. Ricordo una coppia di tre pasti al giorno ma anche il lettino in spiaggia, il ferraresi che veniva a Marebello da quarantotto vino a tavola…». anni. E ho visto che i legami più profondi nasce- La gran macchina della Riviera romagnola sta vano negli hotel con poche stelle e soprattutto rimettendosi in moto. La crisi che picchia altri lidi nelle pensioni. La fidelizzazione, qui a Rimini, è qui è meno pesante perché a Rimini si “deve” tor- pari a quasi il 70 per cento. A Dubai, che va così di nare, così come si debbono visitare i parenti. moda, è del 5». Maurizio Lappi, della Corallina, è nell’orto che ai Non è facile, in un mondo in cui ormai si gira co- primi di giugno comincerà a rifornire la pensione. me trottole, far sì che i turisti, come le rondini, tor- Alcuni imbianchini stanno pitturando la facciata. nino un anno dopo l’altro. «I vecchi — dice Primo «Ha bisogno di una rinfrescata… Ma non si preoc- Grassi, che è stato il gran condottiero del turismo cupi: la scritta “pensione” resterà dov’è». Come in riminese — avevano capito molte cose. Hanno in- una cartolina degli anni Sessanta. ventato, ad esempio, la grande ospitalità delle pri- © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 30 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010

Quattrocento lettere, buste bagnate CULTURA di lacrime, petali di mughetti e viole, * ma anche batuffoli di peluria fulva Perduti per mezzo secolo, emergono ora i documenti dell’amore tra Gabriele D’Annunzio e la contessa Giuseppina Mancini Raccolti al Vittoriale da Giordano Bruno Guerri, rappresentano la prova di una relazione focosa e tormentata, più importante di quanto dicano le biografie

MICHELE SMARGIASSI GARDONE RIVIERA

osa resta di quell’amore portentoso, quel vortice che stremava i sensi, dove sono i ricordi di quell’«eccesso di vo- luttà», delle «giornate portentose e di gaudio»,C di quei venti mesi di «demenza afrodisiaca», di quella notte leggendaria rimpianta fin sul letto di morte? Dove le reliquie innocenti o scabrose di quel- la ribollente e tragica ossessione d’amore? Tutto riposa qui, cent’anni dopo, in una torretta del Vittoriale, in una stanza fodera- ta di legni laccati e invasa dal sole con vetra- te a picco su uno strepitoso scorcio del Gar- da. Tutto schedato sotto la voce “MANCINI, Giuseppina” in una ingiallita fiche nello sche- dario del Vate, con rimando dattiloscritto al palchetto LXXIII, cassetta 4. Era un archivista meticoloso, il divino Gabriele, anche dei palpiti del suo cuore, nonché dei trionfi del suo «gonfa- lon selvaggio». O meglio: sono ritornati qui, dopo che per quasi cinquant’anni li si dava per persi, i documenti della storia d’amore forse più passionale, libidinosa e ma- gari perfino sincera nella vita di Gabriele D’Annun- zio: le quattrocento lettere che gli scrisse la sua “Giusi- ni”, pacchi di buste azzurre bagnate di lacrime, spesso farcite di petali di mughetti e viole da «spargerti sulla faccia», per non dire di quel soffice e non troppo miste- rioso batuffolo di peluria fulva. Nei primi anni Sessan- ta la cassetta rossa e blu (i colori araldici del Principe di Montenevoso, incarnazione senile del poeta guerrie- ro) fu trovata vuota, o meglio svuotata. Forse il conte- nuto era stato preso in prestito, diciamo così, da un pas- sato presidente della Fondazione Vittoriale degli Ita- liani, però poi la causa legale per ottenerne la restitu- zione si estinse con la morte del sospettato e le tracce si persero. Ma quel faldone era solo in esilio. Ben custo- dito nel caveaudi una banca di Lugano. Dove lo ha sco- L’amantevato lo scorso febbraio un gran segugio d’archivi, Gior- Vadel t e dano Bruno Guerri, scrittore, giornalista, saggista e da ghese fra tutte, per plot, personaggi e scenario: una mo- meno di due anni attivissimo presidente della Fonda- glie infelice, un marito beone, smanazzatore di servet- zione, con la mission già ben avviata di svecchiare e ri- te e sifilitico, un seduttore impavido, incontri fur- lanciare la casa d’artista più visitata d’Europa dopo tivi in stanzette d’albergo e pied-à-terre, lettere in- quella di Shakespeare. Merito di Guerri essere riuscito dirizzate ai rispettivi servitori per sviare i sospetti, fina- a rintracciare l’ultimo proprietario delle carte perdute, le con scena madre scontata (irruzione del cocu magni- il collezionista di cimeli dannunziani Giovanni Maria fique dinanzi al talamo adulterino), separazione forza- Staffieri, e di averlo convinto a «riportarle a casa». ta, disperazione per lui, manicomio per lei. Ed eccole, le lettere di lei a lui, perdute e ritrovate, ac- Materia prima da tardoromantici tipo Prati o Alear- colte dalle mani amorevoli di Alessandro e Roberta, gli di. Ma non in mano a uno come il Divino, il Re Mida let- archivisti del Vittoriale. Finalmente ricongiunte alla lo- terario del secolo biedermeier, lo scrittore che dal nien- ro complementare metà, le lettere di lui a lei, sicché ora te, per puro uso di parole, seppe scandalizzare i buoni è possibile comporre finalmente il quadro a tutto ton- borghesi ed elettrizzare allo svenimento le loro con- do di un piacere, di un fuoco che finora conoscevamo sorti. Una delle quali era sicuramente la signora Man- solo nella trasfigurazione letteraria che D’Annunzio ri- cini, nata Giorgi da romagnoli non blasonati. Lei aveva versò in ben due sue opere: l’ormai introvabile Solus ad trentacinque anni, otto meno di lui, quando si conob- Solame il Forse che sì forse che no. Il poeta, si sa, era uso bero vicino ad Arezzo, nella tenuta del marito conte Lo- saccheggiare la vita per nutrire l’arte. Anche la «povera renzo, produttore (e gran consumatore) di vino. D’An- Giusini», la «piccola Giusini», alias Amaranta, alias Mu- nunzio già sulla cresta dell’onda, la Mancini non colta riella, Fragoletta, Alis, Adel, Blinì, Sirocchia, Diamanta e poco brillante nei salotti, certo non alla sua altezza in- (D’Annunzio ribattezzava tutte le sue conquiste, per- tellettuale. Le rare fotografie ce la mostrano poco ap- ché “rinascevano in lui” — con nomignoli rischiosa- pariscente ma gradevole: forse fu la chioma volpina a mente simili a quelli dei suoi levrieri...), ebbe dunque la colpire la fantasia di lui, forse gli «occhi di sparviera» o Nel 1918, sua reincarnazione letteraria, mentre il fragile origina- l’estremo pallore («una rosa bianca è simile a Giusini»), le umano sprofondava nella malattia mentale, aggiun- forse la silhouette molto art-déco, flessuosa e sottile undici anni dopo gendosi alla lunga lista di amanti dell’indomito che fi- (gran geometra del desiderio, le misurò l’apertura di la loro prima notte, nirono tragicamente. spalle e la annotò: 38 centimetri). Lui reduce dalla tem- Ma la vita stenta a tenere il passo dell’arte. Lo scarto pestosa relazione con Alessandra di Rudinì ma già an- lui piloterà il Mas fra romanzi e lettere colpisce. «D’Annunzio in amore sioso di «riaccender i fuochi dell’officina», lei religio- era in realtà un uomo dai gusti semplici», smitizza Guer- sissima e pudica, preda ardua come la presidentessa di dell’avventura ri, forse il più antiretorico tra i custodi dell’eredità del Tourvel delle Liaisons dangereuses. Legionario di Fiume. La relazione con la contessa Giu- Si sa, espugnare la virtù è un afrodisiaco sublime per di Buccari seppina Mancini, oltretutto, era sulla carta la più bor- i libertini d’ogni epoca. Ci riuscì dopo un anno di corte

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 31

IL CARTEGGIO Lettere, fiori secchi e documenti dell’amore tra Gabriele D’Annunzio e Giuseppina Mancini; in basso i peli pubici della “Giusini”, come la chiamava il Vate, raccolti nella notte tra il 28 e il 29 agosto 1907

serrata, strap- pandole final- mente il «grande dono» la notte dell’11 febbraio 1907, nelle stanze della Capponcina (la villa toscana che pre- sto i creditori gli avreb- bero a loro volta espu- gnato), in una «sera neb- biosa e molle» accesa da un amplesso destinato a restare leggendario e ine- guagliato nella memoria di entrambi, tanto che quel nu- mero undici diverrà magico per D’Annunzio: nello stesso giorno, undici anni dopo, pilo- terà pensando a lei il Mas dell’av- ventura di Buccari; nello stesso giorno, trentun anni dopo, prossi- mo a morire, rievocherà quei «ri- cordi dolci e laceranti, la mia ulti- ma felicità». E undici erano le salve di cannone che faceva sparare ogni anno dai bastioni del Vittoriale (tornano a rin- toccare da quest’anno, per filologica e civettuola deci- sione di Guerri). Furono mesi sfrenati, tra pochadee sublime, di convegni amorosi sui pianerottoli, di davan- zali scavalcati mentre «il testone» cornifi- cato dormiva, di «baci ansiosi» e acrobazie eroti- che che esauri- rono ogni ener- gia creativa del Poeta: per quasi due anni non scri- verà nulla di memo- rabile. Il prelievo del ba- tuffolo riccio e fulvo dall’in- confondibile provenienza (non il pri- mo né l’ultimo trofeo del genere: al Vittoriale si conserva una scatolina di crini multicolore) risa- le alla notte tra il 28 e il 29 agosto, sempre alla Cappon- cina, come accuratamente registrato sulla busta, eti- chettata “Filigrana”. E naturalmente lettere, lettere, ogni giorno, quelle di lui sonanti come un pieno d’or- chestra, quelle di lei al «mio Tristano» penosamente in- feriori, con le loro sottolineature infantili, «nella mia anima è un complesso di buone, di follicose», le ripeti- zioni enfatiche, «oggi mi sento bambina bambina», «compatiscimi compatiscimi sii buono con me che soffro soffro», che tradiscono l’insufficienza delle pa- role, o i commoventi sforzi per imitare l’immaginifica prosa del suo pigmalione: quei «chicchi di diaspro san- guigno» che Giusini fa «scorrere fra le mie dita accom- pagnati dalla prece» nei notturni momenti di «tenta- zione» quando lui è lontano, sono un santo rosario o qualcosa di ben più intimo e carnale? Ma quelle di Giuseppina Mancini sono lettere tristi, disperate: misticheggiante nella libidine quanto nel di- vorante senso di colpa, la grande fiamma di Amaran- ta si consuma in fretta. Lo schianto è repentino: il marito, stufo di far finta di niente, agisce: scandalo, onta, fuga (ad Assisi l’ultimo pellegrinaggio ascetico- erotico), reclusione, crisi di squilibrio. E quando lei lo invoca con un’ultima telefonata, lui arriva troppo tar- di, accampando la più prosaica delle scuse: un guasto alla macchina, mentre lei delira di notte sui selciati di Firenze col «viso consumato e convulso, le labbra dis- seccate e le gengive sanguinanti». Il manicomio li se- parerà per qualche anno. Dopo, saranno già lettere da nostalgici vecchi amici. Lei gli sopravvisse per decen- ni, appartata e silenziosa fino alla morte, nel ‘61. La ricomparsa delle sue lettere non è un evento let- terario e sarebbe forse solo una curiosità biografica se non ci svelasse così tanto sulla cultura media dell’Italia di quegli anni. Le modeste lettere di Giusini sono l’altra faccia del dannunzianesimo, primo “stile di massa” dell’era mediatica; testimoniano l’effetto che la prosa funambolica e il mito vitalista del Vate ebbero su quel popolo di lettrici «dolcemente ignoranti» di cui Giusi- ni è la suprema rappresentante, morigerate e fremen- ti, fantasticanti trasgressioni di cui arrossire, che D’An- nunzio scoprì, che lo rese ricco, a cui lasciò un galateo SCENE DA UNA RELAZIONE CLANDESTINA di frasi e sentimenti pronti per l’uso. Nel claustrofobi- Nella fotografia in alto, Gabriele D’Annunzio co pot-pourri del Vittoriale l’unico monumento a una con Giuseppina Mancini; a sinistra, nel tondo sua musa è il busto velato della Duse, la superdonna del accanto al titolo, un ritratto della Mancini superuomo. Ma è la Giusini-massa che, alla lunga, Le fotografie dei documenti dannunziani conservati trionfò nei cassetti chiusi a chiave delle signore bor- al Vittoriale sono state scattate da Vincenzo Amato ghesi del nostro Novecento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010

Anno 1972, la band è disastrata: troppa droga, troppo sesso, SPETTACOLI niente soldi per l’erario Unica salvezza, fuggire. In una villa ex bunker nazista in Costa Azzurra Mick, Keith e gli altri registrano “Exile on Main Street”, il loro album “più fottutamente folle”. Che oggi torna con brani inediti e un libro che racconta quella storia

Exile, la leggenda nera di un capolavoro

ANGELO AQUARO rant’anni dopo il mondo torna a occu- una location che più maledetta non si che più assomiglia a Keith Richards che Richards torna sotto l’egida del capo parsi di quel disco di allora neanche fos- può (la villa nazista) e per una causa che qui si muove letteralmente da padrone Jagger. E in quanto alla droga di Keith... NEW YORK se un capolavoro ritrovato di Picasso. più abietta non si può: la fuga dall’In- (a partire da padrone di casa: dettando Beh, è lui stesso a vendicarsi qua- Una nuova edizione rimasterizzata con ghilterra (altro che “Esilio”) per non pa- i tempi impossibili di quelle session che rant’anni dopo: «Non ero mica il solo. A el 1971 Mick Jagger era dieci brani praticamente inediti (com- gare le tasse che il Labour aveva alzato cominciavano la sera e andavano avan- quel tempo Mick prendeva di tutto e stanco del rock’n’roll e presa la mitica Pass the Winededicata a sui redditi altissimi. ti fino al mattino se la polizia non arri- Charlie si faceva di brandy come non so sognava per i suoi Rol- Sophia Loren). Un nuovo documenta- Come tutte le leggende naturalmen- vava prima). È vero che lo stesso Ri- cosa. L’ultima delle nostre preoccupa- ling Stones qualcosa di rio che racconta la genesi del disco. Un te anche quella del disco maledetto co- chards cominciò allora il suo periodo zioni era quello che ingurgitavamo». La diverso.N Però la band a quel tempo era libro — quello informatissimo di Bill Ja- glie la sostanza ma non è “la” verità. Exi- più nero tossicologicamente parlando. prima preoccupazione di Richards — così disastrata — troppa droga, tanto novitz, giornalista e leader dei Buffalo le non è quel disco nato dal caos creati- Ma tutta quella creatività sarebbe rima- sarà anche retorico dirlo — era quella: la sesso, pochi soldi per l’erario — che la Tom, anticipato in queste pagine — che vo che piaceva a un altro finto maledet- sta ruspante se Mick Jagger non avesse musica. Anche per questo, e non solo soluzione più facile sembrò la fuga. Co- svela la genesi del disco, del documen- to, un certo Friedrich Nietzsche, e che i riorganizzato in un superstudio di Los per avere un compagno di eroina, si tra- sì Mick, Charlie Watts, Bill Wyman e tario e di tutte le polemiche legate alla cantori del purismo rock vorrebbero Angeles la massa di suono grezza regi- scinò fino alla Costa Azzurra Gram Par- Mick Taylor si chiusero in una lussuo- leggenda delle registrazioni maledette. farci credere. È vero che è il disco più strata in diretta in Francia. sons. Gram è il visionario bianco che sissima villa del sud della Francia che Troppa grazia? Macché. Il prestigio- rock degli Stones. È vero che è il disco Così il disco che la leggenda vuole di provò a miscelare la tradizione country Keith Richards aveva affittato per con l’innovazione rock e la chiamò “Co- sprofondare nei suoi ozi perversi. La vil- smic American Music”. La definizione la si chiamava Nellcote e stava a Ville- Dopo l’uscita Jagger era una follia ma la sintesi geniale: dai franche-sur-Mer vicino a Nizza. E come (suoi) Byrds agli Eagles ci hanno cam- tutti i paradisi nascondeva una faccia di era preoccupato pato in molti. Lui no. Lui morì di over- inferno: era stata un centro di smista- per la sua ispirazione: dose a ventisette anni prima di diventa- mento nazista. Sui muri si vedeva anco- re una rockstar vera. Keith si innamorò ISTITUTO PER ISPIGLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE ra l’ombra delle svastiche e nei sotterra- “E adesso cosa facciamo?” musicalmente di Gram e Mick era così nei spuntarono i flaconi di cianuro con geloso che con la scusa dei suoi vizi da cui, nel caso, i gerarchi si sarebbero do- so Rolling Stone, che pure alla band de- invitano all’incontro pubblico: tossicomane (figuriamoci: fosse stato il vuti uccidere: arrendersi, mai. ve il nome, lo stroncò, ma Exile è così solo) lo fece cacciare dalla villa dove gli «Questo nuovo album è fottutamen- ricco e bello che gli Stones potevano an- ospiti maledetti in verità abbondavano: te folle», disse Mick Jagger quando, nel che fermarsi lì. Fu il loro apice. Mick Jag- L’EURO da William Burroughs a John Lennon. maggio dell’anno dopo, uscì Exile on ger era stanco del rock’n’roll ma dopo Però lo spirito countryrock di Par- Main Street. «Le canzoni sono una di- l’uscita di Exile era solo preoccupato sons pervade comunque mezzo Exile versa dall’altra. Sì, è vero rock’n’roll, ma per la sua ispirazione — e il suo portafo- anche se nessuno è mai riuscito a di- non volevo che suonasse così. Io nel glio: «E adesso cosa facciamo?». Diceva SENZA EUROPA mostrare davvero che Jagger & Ri- gruppo sono quello più sperimentale: proprio così quel giovanotto a capo del chards gli avessero scippato Sweet Vir- lo sapete tutti che mi piace sperimenta- gruppo che aveva vinto la sfida del tem- MILANO - lunedì 10 maggio - ore 18,30, Via Clerici, 5 ginia. Altra leggenda. Come quella che re». Eccome no. A letto lui, Keith Ri- po con i Beatles appena scioltisi come ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Casino Boogie nascondesse riferimenti chards e la sua fidanzata Anita Pallen- un vinile al sole: «E adesso, dopo Exile, alla bisessualità di Mick e Soul Survivor berg. A letto lui e Anita senza Keith. A let- cosa facciamo?». Non è un caso che l’a- partecipano: una pugnalata a Keith che tra droga e al- to lui e Keith senza Anita. A letto lui e Da- pice per il gruppo maledetto — il fon- Giorgio ARFARAS, Franco BRUNI tre follie stava trasformando il lavoro di vid Bowie. A letto, finalmente, lui e la datore Brian Jones annegato in piscina, quel disco in un inferno. moglie Bianca... Marianne Faithfull quasi annegata nel- Marco CECCHI de’ROSSI, Gregorio DE FELICE La verità è che la leggenda nera di Vil- Mick Jagger era così stanco del l’eroina, l’era dei figli dei fiori annegata Roberto GIOVANNINI la Nellcote è stata ingigantita dallo stil- rock’n’roll e così preoccupato del suo nel sangue di Altamont col primo mor- licidio di memorie dei testimoni mino- futuro che quarant’anni dopo fa anco- to a un concerto rock — fosse arrivato Il nuovo Quaderno Speciale di Limes, la rivista italiana di geopolitica ri di quella grande stagione. Compreso ra quella cosa là: rock’n’roll. E qua- proprio con quell’album partorito in “L’EURO SENZA EUROPA!” è in edicola e in libreria quel giornalista, Robert Greenfield, che

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33

Il più grande disco di sempre Punto e basta

BILL JANOVITZ il più grande disco rock di tutti i tempi. Punto. Non mandatemi lettere, risparmiatevi le vo- stre telefonate. Vi posso quasi vedere, lì a sventolare in aria i vostri dischi dei Beatles, le vo- Èstre copie di Pet Sounds, vecchi lp polverosi dentro copertine scolorite, certamente tutti de- gni di grande rispetto. Dischi di musica pop geniali, forse anche capolavori. Ma non il disco di rock ‘n’roll più grande e profondo di tutti i tempi. Questo è Exile on Main St., incredibilmente an- cora più glorioso oggi a trenta e rotti anni di distanza, nella sua custodia sbiadita e ingiallita, usu- rato come un guanto da baseball, o torn and frayed come i vostri jeans preferiti. Exile è un distil- lato senza soluzione di continuità di, quasi, tutti gli elementi essenziali del rock’n’roll fino al 1971, se non oltre. Non un pastiche, ben inteso, ma un cocktail potente che continua ad ammaliare an- no dopo anno. Che cosa gli manca? Un po’ di blip elettronici? Suoni di moog? Un po’ di stridore metallico e dissonante, di canto monotono e pretenzioso, di “poesia” appena udibile? Sì, lo so, c’è un mucchio di nuove idee che hanno fatto progredire il rock’n’roll. Ma ne siamo poi così si- curi? Quando il mio iPod salta da Ventilator Blues degli Stones, a The Gloaming (Softly Open Our Mouths in the Cold) dei Radiohead, a Yazoo Street Scandal della Band (una delle outtake dell’al- bum Music from Big Pink) , fino a Dorothy Mae di Howlin’Wolf, il tutto ha un senso. Tutte queste canzoni, che attraversano sei decenni di musica pop e tre paesi diversi, sono essenzialmente bra- ni blues scritti ed eseguiti da grandi musicisti. Nelle mani di artisti minori, le percussioni e i ru- mori elettronici postmoderni usati dai Radiohead apparirebbero ingiustificati. Come ha detto Mick Jagger nel 1972 a proposito della “musica elettronica”: «Il vero esperimento è ciò che vuoi dire. Si può usare una struttura tradizionale per esprimere un’idea stravagante o sperimentale, oppure usare una struttura sperimentale per esprimere un’idea banale, noiosa, superata». L’autore è il chitarrista e leader dei Buffalo Tom Traduzione Melinda Mele © 2010 il Saggiatore Spa FOTO MICHAEL OCHS ARCHIVES/GETTY IMAGES

LIBRO, CD E DVD Esce per il Saggiatore il 13 maggio Exile on Main St. (204 pagine, 14 euro), il libro di Bill Janovitz, giornalista e leader dei BuffaloTom, Le sessioni di cui pubblichiamo un’anticipazione in queste di registrazione pagine. Il 18 maggio Universal cominciavano la sera fa uscire la versione rimasterizzata dell’album, e andavano avanti fino con dieci tracce inedite e in versione super-deluxe al mattino, se la polizia con dvd del documentario non arrivava prima Stones in Exile dopo essere stato generosamente am- re a Saint-Tropez. Charlie Watts se ne anticipo alle prove e gli altri natural- firmate da un maestro della fotografia Main Street, e così l’Esilio in Costa Az- messo a corte spifferò la faccia sporca stava come un papa ad Avignone. Il più mente in ritardo. Cominciammo a re- che si chiama Robert Frank, «uno che si zurra — titolo improponibile per la degli Stones in un libro poco prosaica- felice lì in villa era l’affittuario, Keith: gistrare e venne tutto così naturale». faceva le canne con Ginsberg», come band che aveva venduto l’anima al dia- mente intitolato Una stagione all’infer- così tossicamente felice che Happy in- Come insegna la storia dell’estetica, dicevano allora questi teppistelli, un si- volo — diventò Exile on Main Street. no con gli Stones. Ma anche la storia di titolò il singolo in cui per la prima volta naturale in arte tutto è tranne che na- gnore che quando negli anni Cinquan- Nel 1971 Mick Jagger era così stanco quel gruppo di hippies miliardari che ne oltre a “riffare” con la sua chitarra can- turale davvero. Una legge che vale an- ta decise di fotografare The Americans del rock’n’roll che decise di finirlo per facevano di tutti i colori e tutti insieme, tava pure la parte principale. che per i fuorilegge Stones. A partire si fece scrivere l’introduzione da Jack sempre. Assassinandolo con il suo di- da mane a sera, andrebbe ridimensio- Proprio la genesi di Happy è la cifra dalle foto di copertina di Exileche sem- Kerouac. Frank portò i giro il gruppo sco più bello. nata. Mick e Bianca preferivano sverna- di tutto il disco: «Io ero stranamente in brano rubate in strada e invece sono per i bassifondi di Los Angeles, cioè © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 i sapori C’erano una volta le bionde da tracannare tutte d’un fiato Mode a tavola Adesso, accanto alle “trappiste”, si sono moltiplicate le etichette di nicchia e la qualità ha cominciato a fare premio sulla quantità: prodotti rifermentati in bottiglia come lo champagne, non pastorizzati, non filtrati, profumati con spezie esotiche

Piozzo (Cn) Lurago Marinone (Co) Maracalagonis (Ca) Nel regno di Teo Musso, l’uomo Da quasi quindici anni, Agostino Arioli A una manciata di chilometri che ha regalato alla birra italiana dignità crea e affina birre straordinarie, da Cagliari, Nicola Perra, neo “birraio itinerari d’autore, da pochi giorni sorge dalla cioccolatosa Negral alla golosa dell’anno”, realizza splendide birre figlie Jean-Pierre una cantina dove le bionde si affinano Cassissona, aromatizzata con sciroppo del territorio, come la BB10 Van Roy nelle barrique regalate dai vignaioli di Cassis. Propone abbinamenti originali col mosto cotto (sapa) di Cannonau più prestigiosi nel ristorante annesso e la Zagara al miele d’arancio bio è il “brasseur” (corrispettivo DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE ALBERGO PALAZZO DI MEZZO VILLA CAVADINI I GINEPRI (con cucina) birrario dell’enologo) Via Garibaldi 4, Carrù Via Borgo 3, Appiano Gentile S.S. 125 km 12,200. Località Quartucciu del più glorioso Tel. 0173-779306 Tel. 031-932811 Tel. 070-850720 birrificio Camera doppia da 85 euro, Camera doppia da 109 euro, Camera doppia da 96 euro, di Bruxelles, il “Cantillon” colazione inclusa colazione inclusa colazione inclusa Qui viene prodotta DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE la rara Lambic, OSTERIA DEL BORGO MOMI (palazzo Coin) KUVÉE WINE GRILL Via Garibaldi 19, Carrù Via Boldoni 3 Via San Giovanni 224, Cagliari birra a fermentazione Tel. 0173-759184 Tel. 031-267846 Tel. 070-6670046 spontanea, maturata Chiuso martedì sera e mercoledì, Sempre aperto, Chiuso sabato a pranzo e domenica, in botti di rovere menù da 30 euro menù da 30 euro menù da 35 euro DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE BALADIN (con camere e cucina) BIRRIFICIO ITALIANO (con cucina) MICROBIRRIFICIO BARLEY Piazza 5 luglio 1944 Via Castello 51 Via Colombo Tel. 0173-795431 Tel. 031-895450 Tel. 070-789496

Blanche con scampi crudi Frumento, orzo maltato e avena, per la birra bianca di tradizione medievale, diffusa in Belgio e Olanda. Grazie ai profumi agrumati, freschi, lievemente speziati, si abbina benissimo con i crudi di mare d’autoreBirra Bock con stinco di vitello Ha matrice tedesca la birra ambrata e intensa, anche in versione doppio Il pane liquido ora è trendy malto (Doppelbock), perfetta da sorseggiare insieme a carni rosse LICIA GRANELLO stufate, battezzate in cottura con la stessa birra irra, e sai cosa bevi, sillabava sornione Renzo Arbore in un celebre spot pub- blicitario. E sai anche cosa mangi, diremmo oggi. Perché nell’ultimo biennio la birra è salita sulla passerella della cucina d’autore come mai le era successo nei quattromila anni — secolo più secolo meno — della sua storia gloriosa. Sarà che il pianeta vino fatica a reggere il passo rispetto ai piatti sempre più liberi e poliedrici della cucina contemporanea. Sarà che la cultura birraria ha fatto passiB da gigante, superando gli stereotipi delle bionde da bere tutte d’un fiato, per acquisire dignità gastronomica a tutto tondo. In un crescendo rossiniano, le figlie del grano maltato sono diventate protagoniste di libri, ricettari, blog, manifestazioni, e poi cene stellate, de- gustazioni colte, cicli di lezioni, pellegrinaggi alle abbazie — laboratori-culto delle maesto- se trappiste — e ai santuari delle birre selvagge, quelle agitate da lieviti scarmigliati, origina- li, imprevedibili. Pils con tortelli alle verdure Se il vino accompagna la storia dell’uomo e la sua evoluzione eno-alimentare, la birra è femmina per nome e origine. Perché sono le donne a scoprire che il modo migliore di con- Nata nella città boema di Plzen, servare i grani originari è immergerli in acqua, e che masticandoli fermentano più rapida- è caratterizzata da un luppolo mente (grazie all’enzima salivare ptialina), pratica ancora in uso presso alcune comunità in- aromatico (Saaz) e da un’acqua digene latinoamericane. A una dea, Nin-Harra, la proto-birra viene offerta come dono pro- surgiva, che si traducono in gusto piziatorio, donne sono sia le tenutarie delle “case della birra” sumere sia le mastre birrarie in- originale e un po’ amaro, ideale glesi (Ale Wives). In Alsazia, il corredo da sposa prevede, tra lini e corsetti, anche il kit per la per sostenere i sapori vegetali produzione della birra. E ancora una donna, la botanica medievale Suor Hilgedard von Bin- gen, scopre le meritorie qualità del luppolo per aromatizzare e allungare la vita alla birra. Il consumo, in compenso, è quasi esclusivamente maschile. Perché la birra non si be- ve, si tracanna. E se ne beve tanta, meglio se gelata, quando si è accaldati, sudati, stan- chi. La produzione si dilata insieme allo stomaco dei bevitori più ingordi, e quando la necessità alimentare — legata alla produzione del cosiddetto pane liquido — si tra- sforma in impresa economica, le donne dismettono il loro rapporto privilegiato con la birra. Tornano a occuparsene a inizio Novecento, a partire da Germania e Dani- marca. Da una parte all’altra del bancone di servizio aumentano in modo esponen- ziale anche le clienti di pub e birrifici, grazie a produzioni d’autore, dove la qualità vale ben più della quantità. Lager con mozzarella in carrozza Una tendenza così importante, che la stessa associazione industriale Assobirra le ha finalmente riconosciute come fiore all’occhiello del sistema birrario. Da Mo- L’archetipo della birra, chiara, facile, retti (Heineken) a Menabrea, da Peroni a Dreher è tutto un fiorire di birre firmate, poco alcolica, deve il nome spesso riferimentate in bottiglia come lo champagne, non pastorizzate, non filtra- alla parola che identifica il magazzino te, profumate con spezie millenarie, magnifiche da abbinare ai piatti più diversi della nuo- dove veniva stoccata va cucina italiana. Quanto alle microbrewery, in Un’altra birra (Altraeconomia) potrete sco- Rinfrescante e sgrassante prirne filosofia e itinerari. Informazioni da prendere a piccoli sorsi, visto che i birrifici re- con i fritti e i formaggi censiti sono quasi trecento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35

Quella bevanda terrona filtrata dagli alambicchi nordisti PAOLO RUMIZ Il libro overi tedeschi: non sanno che la birra viene dal Sud. Come glielo spieghi che quella cosa Birra - Storia e degustazione, gialla color della vita è figlia delle spighe pettinate dal vento sul delta del Nilo o nella ferti- tipologie di tutto il mondo, ricette Ple Mesopotamia. Già le etichette lo svelano. La “Franziskaner” o la “Paulaner” non sono e abbinamenti di Daniela Guaiti altro che ricette portate dalla Calabria dai monaci terroni di San Francesco da Paola. L’Olanda e Giò Pozzo (Giunti, 224 pagine, e soprattutto il Belgio, con la sua scelta di favolose birre conventuali, vivono di rendita su ricet- 14,90 euro) racconta la birra te mediterranee. E il più famoso mastro birraio tedesco è una robusta suora bavarese, conter- dalle materie prime alla lavorazione, ranea di Josef Ratzinger, che filtra nei suoi santi alambicchi le fermentazioni oscure di questa fino alla guida dei più importanti bevanda pagana venuta dalle terre del sole. birrifici d’Europa. A chiusura, dodici Il grave è che non lo sanno nemmeno gli Italiani. In Calabria l’epopea dei monaci di Paola ricette, dove le diverse tipologie che andarono in ambasceria fino a Ratisbona con gli elementi base della pozione è completa- vengono esaltate sia come mente ignorata. Più a Sud è peggio ancora. L’Islam ha rinnegato l’alcol e oggi nel delta del Ni- ingredienti, sia come abbinamenti lo, al Cairo o ad Alessandria d’Egitto, la birra blasfema non la trovi. Lo stesso vale per le terre tra Eufrate e Tigri, dove la bevanda delle meraviglie era citata già nei codici di Hammurabi, migliaia di anni fa. Un suicidio identitario. Quando viaggio verso Oriente, mi chiedo dov’è la linea dello scontro di civiltà. Ma sotto sot- to mi domando dove troverò la frontiera della birra, che a pensarci è un po’ la stessa cosa. Cer- co il luogo dove un giorno, senza preavvisi, non potrò più ordinare una bionda perché un tor- vo imam astemio mi scruterà nel bicchiere. Poi quasi sempre scopro con sollievo che la fron- tiera è più a est del temuto. Noè, il primo vendemmiatore, era un grande. Ma lo sconosciuto in- ventore della birra lo era di più. La birra, per il contadino che ha finito di lavorare, è il punto fer- mo della giornata. È la pace che ti invade al tramonto. La birra non si degusta, si beve. Quando dieci anni fa, con Francesco Altan ed Emilio Rigatti, andai in bicicletta a Istanbul attraverso i Balcani, incontrammo molte birre sulla strada e poiché sudavamo da pazzi, ne bevemmo in di- ciotto giorni una quantità vicina al nostro peso corporeo. Dalla Slovenia alla Bulgaria trionfali cameriere si chinavano ogni sera su di noi con generose profferte di boccali. Ma a noi non bastava. Dicevamo che la birra più buona sarebbe stata l’ultima, quella che avremmo bevuto all’arrivo sul ponte di Gàlata. Era lei che sognavamo, bionda, fresca e disponibile tra i minareti. Nel suo libro La strada di Istanbul, Rigatti spiega che quel- l’apoteosi troppo desiderata si rivelò un bidone, come una donna troppo attesa. Fu una birra triste, eravamo lì impalati davanti a quei boccali che dicevano la parola fi- ne. Così capimmo, e rivalutammo le bionde effimere sulla strada polverosa del viag- gio. La vita erano loro, era così ovvio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pale Ale con risotto milanese La formula Ale riunisce le birre inglesi ad alta fermentazione (20°), dalla luppolata bitter alla scura brown La pale, ambrata ed equilibrata, sposa, rinfrescandolo, il sapore deciso di parmigiano e zafferano

Weizen con salmone marinato La birra dal colore dorato carico fatta col frumento, che le regala toni aciduli e schiuma ricca, traboccante, caratteristiche ideali per contrastare la golosa untuosità dei pesci grassi

Abbazia con gorgonzola Pochi ma indomiti, i monasteri belgi e olandesi dove ancora si producono le magnifiche Trappiste, tessitura corposa e gusto deciso, capaci di accompagnare senza sfigurare anche i formaggi più intensi

Lambic con macedonia Selvaggia, difficile, affascinante, la storica birra artigianale di Bruxelles è di stretta fattura invernale. Le varianti alla frutta (kriek, framboise) vanno a braccetto con i dessert freschi e aciduli

Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 le tendenze Caschetto corto post-moderno o classica chioma lunga: Bellezza sono finiti i tempi delle pettinature decise, delle piastre effetto-annegata e dei colori troppo forti. Si torna ai volumi morbidi e soprattutto ad acconciature che privilegiano la salute e la cura. Per questo dal parrucchiere si va meno ma meglio, più trattamenti che styling. Anche fai da te

DELICATO Ultima versione di un grande classico amato da grandi e bambini a effetto rilassante e antilacrime È indicato per la sua formula nei lavaggi quotidiani Baby Shampoo Johnson’s

LAURA LAURENZI ulla come i capelli parla di noi. Un caschetto ANTISTRESS corto, morbido, arioso, moderno. Oppure, an- Un gel che rafforza cora e sempre, gli intramontabili capelli lun- e dà sostanza, ghi, purché non si esageri con i boccoli dopo i corpo e volume quaranta («dietro liceo davanti museo»). L’ele- ai capelli ganza bandisce gli estremi. Basta con l’effetto della donna in età N too much: basta con le pettinature aggressive e matura, ispessendo con i colori troppo decisi, troppo neri o troppo la fibra stressata biondi, troppo mechati, troppo a righe discor- dalla decolorazione danti, o troppo lisci e piastrati effetto annega- Indispensabile ta. E basta con le extensions, se non si hanno più il risciacquo vent’anni. È l’ora dei volumi morbidi e del co- L’Oréal Kerastase lore in armonia, decretano gli esperti. SGRASSANTE La crisi economica obbliga le italiane a dira- RICOSTRUTTIVO Shampoo all’ortica dare le loro visite dal coiffeur, scese nell’ultimo Un balsamo sigillante che sgrassa anno circa del cinque per cento. Nella fascia al- ricostruttore. Fa parte con delicatezza ta di gamma le signore chic di Manhattan non del trattamento filler per capelli che tendono vanno più dal parrucchiere ma sono i parruc- (siero, maschera ad appesantirsi chieri più prestigiosi ad andare da loro (www. e conditioner) Studiato per lavaggi hairroomservice. com). In Italia, al contrario, il Disponibile per capelli frequenti e testato “room service” dei capelli si fa solo per rispar- fini e per capelli spessi dai dermatologi miare. Le parrucchiere a domicilio costano un L’Oréal Prof Fiber Euphidra quinto, per non parlare dei saloni low cost gesti- ti da immigrati cinesi: shampoo e piega sei euro, con il taglio otto. Avere la testa a posto cercando di non sforare il bilancio familiare. «Se prima una donna si faceva la tinta ogni trentun giorni, oggi secondo i nostri calcoli lo fa ogni trentaset- te-quarantun giorni», afferma Gian Andrea Po-

IDRATANTE Per capelli disidratati e deboli lo shampoo all’assenzio e olio di girasole biologico ad azione Mettete la testa a posto antiossidante e idratante L’Erbolario sitano, direttore del centro studi Unipro, l’unio- VOLUMIZZANTE ne delle aziende cosmetiche che fa capo alla Un balsamo Confindustria. E dà gli ultimi dati, che dimo- agli estratti strano come le italiane si concentrino sulla ma- di pesca e fiori nutenzione ordinaria piuttosto che sulle accon- di corallo rosa ciature e sul cosiddetto styling.«Abbiamo speso che garantisce in prodotti per capelli lo 0,6 in più rispetto al- un effetto lifting l’anno precedente: bene gli shampoo (più 1,7), studiato per capelli le tinture (più 1,2), i balsami e i doposole (più sottili e normali 1,8). Diminuiscono invece i gel e le gommine Herbal Essences (meno 3,5), i fissatori e le lacche (meno 3,9), le lo- zioni e i trattamenti d’urto (meno 2,1)». Con un occhio al cartellino del prezzo, cre- sce dunque in modo diffuso l’attenzione alla bellezza della chioma: «Prima si curavano so- prattutto il viso e il corpo, ora si guarda molto di più anche alla salute dei capelli. Difatti, in controtendenza in questa stagione di sacrifici, nascono le prime hair spa — osserva Franco Franchina, presidente di Unipro e imprendi- tore del settore — È vero che la frequenza con cui le donne vanno dal parrucchiere è dimi- nuita, aumenta però la qualità dei trattamenti. E nelle tinture c’è un’inversione di tendenza. Chi si tingeva i capelli a casa ora sta comin- ciando a tornare nei saloni — magari meno RAFFORZANTE spesso — dove spende un po’ di più però ha un Siero studiato colore più professionale». per combattere Un colore che sempre più spesso vira sul l’indebolimento LISCIANTE biondo e su tutte le sue sfumature, meglio se e la caduta Crema lisciante senza calde: «Sono le nuances che noi definiamo ras- indicato risciacquo per capelli sicuranti e che tendenzialmente abbelliscono per chi ha i capelli secchi e tendenti e addolciscono il viso — afferma il presidente lunghi. A base al crespo alla proteina dell’Unipro — Oggi come allora, nulla è cam- di aminexil della seta biato rispetto al titolo di quel film che ha più di rafforza e dona e olio di argan cinquant’anni: gli uomini preferiscono le lucentezza L’Oréal Paris bionde». Vichy Dercos

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale DOMENICA 9 MAGGIO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37

ANTICRESPO Per capelli lisci all’asiatica senza dovere utilizzare la piastra. Linea combinata shampoo, fluido TONICO PROTEICO lisciante e siero Tonico per capelli Balsamo alle proteine per un effetto anticrespo indeboliti della seta a effetto che dura fino a due giorni dal cambio di stagione districante studiato Henkel Asia L’energia della caffeina per sciogliere contrasta l’effetto caduta, i nodi e “domare” problema non solo maschile chiome ondulate e ricce Dr. Wolf Lever Sunsilk

SENZ’ACQUA FORTIFICANTE Indicato per capelli Balsamo in crema danneggiati, stressati non oleosa indicato e spenti, è un balsamo per chi ha capelli senza risciacquo sfibrati e con poco al concentrato di frutti volume, produce che può essere un’azione usato tutti i giorni stimolante sul bulbo L’Oréal Garnier e rende i capelli elastici e resistenti Bioscalin Giuliani

Franck Provost “Dietro un taglio i segreti delle donne”

on seicento saloni in venticinque paesi Franck Provost, francese, è certamente Cun parrucchiere in anticipo sulle ten- denze. Sta lanciando ora in Italia una linea di prodotti a prezzo abbordabile. Esiste oggi un trend che vince sugli altri? «La mia ispirazione viene dalle donne stes- se, non impongo nulla, io propongo ma sono loro a decidere». Nella sua collezione prevalgono le bionde. Perché? «Adoro il biondo, ne esistono moltissime tonalità: dorate, miele, cenere. Ho sempre la- vorato moltissimo su queste nuances, ma sia ben chiaro che ogni stagione lavoriamo anche sulle tendenze per i capelli bruni, castani, ros- si». Perché in passerella vediamo pettinature così estreme? «È una scelta degli stilisti. Il loro compito è ANTIOSSIDANTE quello di stupire». Balsamo dopo shampoo Quali sono i consigli per mantenere sani i che dona lucentezza capelli? a effetto antiossidante «Prendersene cura regolarmente, nutrirli Indicato per i capelli decolorati con trattamenti adatti, seguire una dieta equi- anche solo in parte librata, non fumare. Tagliarli ogni due mesi (mèches e colpi di sole) per fare in modo che rimangano belli in tutta Expert Couleur Provost PROFESSIONALE la loro lunghezza. Non c’è nulla di peggio del- Shampoo maxitaglia le punte rovinate». professionale che restituisce È vero che i colori scuri induriscono i li- nutrizione e morbidezza neamenti? ai capelli sciupati, sfibrati «Il nero corvino uniforme è molto difficile da tinture, permanenti da portare e ha una connotazione molto ri- o sole eccessivo belle, ma un bruno caldo, con dei riflessi cioc- Expert Nutrition Provost colato, mogano, è magnifico». Quale donna può permettersi di tenere i capelli grigi? «I capelli grigi possono essere estrema- mente eleganti, ma necessitano di un bel ta- glio, strutturato, piuttosto corto, e di tratta- menti anti-ingiallimento». Tagliarsi i capelli spesso equivale a dare un taglio al passato. Condivide? «Più o meno… può essere anche dovuto al cambio delle stagioni o a una maternità. O an- che a un cambio di stile senza che ciò implichi un cambio di vita. Detto ciò, è vero che nei mo- menti chiave le donne vanno dal parrucchie- re. Il nostro ruolo è quindi quello di chiarire con loro le ragioni che le spingono a voler fare questo cambiamento e assicurarsi che non ta- glino i capelli per un motivo sbagliato». Perché così spesso le donne si abbandona- no a confidenze con il proprio parrucchiere? «Un parrucchiere condivide un momento molto privilegiato con la donna a cui taglia i ELISIR capelli. Bisogna saperle ascoltare, capire ciò Elisir a base vegetale che dicono e intuire ciò che non dicono». che stimola il cuoio Perché tante donne continuano a portare capelluto e rafforza i capelli lunghi anche dopo i quaranta e i cin- la chioma alla radice, quanta? adatto a tutti i tipi «Dipende dallo stile di ciascuno. I tagli sui di capelli capelli lunghi possono essere molto belli. È Lierac Phyto vero che dopo i quaranta i capelli hanno la RIGENERANTE tendenza ad assottigliarsi ed è quindi meglio Impacco rigenerante tagliarli, ma è fondamentale dar loro una for- dopo shampoo ma». che libera dal sebo A suo parere perché gli uomini continua- in eccesso no a preferire le donne con i capelli lunghi? EFFETTO BRILLANTE All’estratto di ortica, «Perché i capelli sono un simbolo di fem- Ecco una maschera salvia, peperoncino minilità. Ma sempre di più le donne si taglia- che aiuta a pettinare e rosmarino no i capelli corti e gli uomini realizzano che so- i capelli colorati Coppola Mantiene la tenuta no altrettanto femminili. Pensiamo a Audrey della tinta e delle méches Tatou, Natalie Portman, Sharon Stone, Halle Kemon Berry». (l.lau.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 MAGGIO 2010 l’incontro Mostri sacri A trent’anni i trionfi del “Padrino” e di “Apocalypse Now”. Adesso, a settantuno, si rimette alla prova su temi autobiografici, come il rapporto col padre, in piccole Francis Ford Coppola pellicole “che posso pagare con qualche spicciolo”. “D’altronde”, confessa, “da tempo ormai a mantenermi non è il cinema ma sono i vigneti in California che più volte mi hanno salvato dopo i miei flop al botteghino”

MARIO SERENELLINI te incognita produttiva, per la quale il non accettano mai l’aiuto dei più giova- alla fine, proprio grazie ai miei persona- no incidenti a catena (e io ne so qualco- Torino Film Festival mi ha reso omaggio ni. È praticamente impossibile per un li trionfi. Era enormemente frustrato, sa...), il film finisce per risultare “d’otti- PARIGI lo scorso novembre. Solo da qualche an- fratello minore salvare il maggiore». perché sentiva di valere di più di quel che ma annata”. Come per il vino. Ma il bud- no ho ripreso a dirigere film che avrei vo- Nel suo cinema è centrale anche la fi- pareva». get dei miei film non dipende, purtrop- a sua vita di regista è un per- luto realizzare agli inizi, cominciando, gura del padre tout court, derivazione Suo padre. Suo fratello. I suoi nonni po, dalle vendemmie...». corso a rovescio. Prima, so- nel 2007, da Un’altra giovinezza, da Mir- autobiografica di Carmine Coppola, italiani. Sua madre Itala, attrice. E ades- Le sue apocalissi non sono state solo no venuti i trionfi del tra- cea Eliade, girato con tecnologie all’os- flautista nell’orchestra di Toscanini, so i suoi figli, Sofia e Roman, registi. Una di celluloide: «No, vi ho aggiunto la cata- guardo. Poi, al tramonto, le so, imparate ai miei esordi dal genio del compositore e direttore d’orchestra, in grande famiglia, anche una cine-dina- strofe d’un ordigno, gemello del juke Lnuove «prime volte». Lui si paragona a cinema low cost Roger Corman. Lo con- Italia trent’anni fa sul podio dell’orche- stia, dove lei ha il ruolo, patriarcalmente box, destinato non all’ascolto di canzoni Benjamin Bottom, il film tratto dal rac- sidero il primo titolo della mia seconda stra che accompagnò una monumenta- addolcito, del supremo Big Daddy della ma alla visione di film. Un antesignano conto di Scott Fitzgerald sul personaggio carriera, in cui mi sto dedicando a picco- le riedizione a Roma del Napoléon di Gatta di Williams o del Kurz di Apocaly- del computer. Vi avevo investito una for- nato decrepito e risucchiato anno dopo li film, che posso pagare con qualche Abel Gance, e ricorrente nei suoi film in pse Now? «Una volta ho detto che dirige- tuna, sicuro di ricavarne guadagni da Re anno verso l’infanzia letale. Potrebbe spicciolo». colonna sonora (Il padrino II) o di perso- re un film è un’ultima forma di dittatura Mida: perdendo tutto. Oggi non saprei anche chiamare in causa, date le robuste Il secondo titolo, uscito in questa sta- na (New York Stories) o in filigrana (Te- legittima: oggi sono un dittatore deposto neanche dire com’era fatto: non ne ho ascendenze italiane (tre nonni di Napo- gione, è Segreti di famiglia-Tetro: «Da tro): «La figura onnipotente del padre, o rottamato. Non vedo carriera davanti a conservato nemmeno un esemplare. li, uno della Basilicata), un’asprigna fia- tempo, cercavo una storia di sentimen- che il figlio deve spodestare, è un’antica me, potrei etichettarmi autore amato- Anche allora però ho saputo risollevar- ba antecedente di Luigi Capuana, Tiri- ti, che mi commuovesse: ho pensato al- costante della drammaturgia Usa, da riale: regista retrocesso al debutto — sor- mi. Credo di dovere l’energia, la capar- titùf, già con una bella capriola all’indie- la mia famiglia. A casa, a Natale, ho ripe- Eugene O’Neill a Tennesse Williams. In ride Coppola, illuminando il volto ro- bietà di risorgere ogni volta ai miei non- tro: da una sterile senescenza, sia pur so- scato in un cassetto una mezza paginet- Tetro, riappare il Big Daddy di La gatta tondo, rassicurante, da buon orsone di ni, alle mie origini italiane: ho un passa- vrana, ai vagiti di culla, spilli di futuro. ta scritta chissà quando con inchiostro sul tetto che scotta, egocentrico e mo- cartoon —. Da tempo, d’altronde, non porto italiano, mi sento italiano, sento in L’anagrafe artistica di Francis Ford marrone su un uomo calamitato dalla struoso, che però non ha molto a che fa- sono i film a assicurarmi l’esistenza, ma me la forza che gli immigrati italiani han- Coppola, settantuno anni appena com- luce dei fari come una falena, e un’altra re con mio padre. Carmine Coppola, i vigneti, che più volte in passato mi han- no trasmesso agli Stati Uniti. Se esiste piuti, si srotola in due giri di boa. Il primo paginetta su un ragazzo smarrito in una scomparso nel 1991, era assai dotato, ma no salvato dalla bancarotta cinemato- l’America, è perché è composta al cento è attorno ai trent’anni, quando, «già spo- strada buia. È stata una folgorazione. non era una superstar della bacchetta. grafica». per cento da immigrati. Desidero resti- sato, con figli», dopo una decina di sta- Avevo trovato la storia: un ragazzo che Aveva una formazione classica che gli Tra i numerosi vip in celluloide, da De- tuire all’Italia un po’ di quanto m’ha da- gioni trascorse a girare «piccole pellico- cerca un altro. Io e mio fratello maggio- impediva contaminazioni con la musica pardieu alla Bouquet, da Stallone a De to, costruendo un hotel e altre strutture le personali», col progetto di «continua- re, August, scomparso qualche mese fa. moderna. Ha fatto fronte a mille diffi- Niro, che hanno investito in colture o ri- nel paesino di mio nonno, Bernalda, per re con innocui horror stile anni Cin- Ho cominciato a buttar giù lo script, non coltà, ha conosciuto il successo soltanto storanti, lei è quello che ha opposto la più rilanciare la sua terra natale, quella re- quanta», gli mettono in mano il libro di sapevo che cosa ne sarebbe uscito, se decisa controffensiva viticola ai capi- gione stupenda che è la Basilicata, che i Mario Puzo, Il padrino(«una storia mol- non che stavo scrivendo di me: un film tomboli del grande schermo: i fiaschi dei giovani sono ancora costretti a abban- to interessante, sa?», ammicca il regista), realizzato col cuore, come non mi suc- Dirigere un film film salvati dai fiaschi di vino? «Il mio dia- donare in cerca di lavoro». da cui trarrà nel 1972 il titolo epocale del- cedeva più da troppi anni». Tetro è un gramma artistico è un saliscendi febbri- Un altro sogno lungo un giorno? La la nuova Hollywood, primo capitolo del- doppio ritorno in famiglia, nella sua bio- è un’ultima forma le, con tre o quattro sprofondamenti, tra sua vita, non solo artistica, è costellata la saga completata con i sequel ‘74 e ‘90: grafia ma anche nella sua filmografia: i quali il flop di Un sogno lungo un giorno d’imprese impossibili, di sfide testarde. «È il film che non avrei mai sospettato di pare un remake di Rusty il selvaggio di dittatura legittima o la travagliata lavorazione di Apocaly- Ripercorrendola a ritroso, alla Benjamin girare. Ha cambiato la mia vita: da un dell’83. «Infatti avevo previsto di farlo in- Ma io oggi sono pse Now, da cui mi ha ogni volta risolle- Bottom, dal vecchio-giovane d’oggi al giorno all’altro mi ha reso famoso, ru- terpretare ancora da Matt Dillon. C’è lo vato la vigna californiana di Napa Valley, giovane-vecchio di ieri, tra Coppola a bandomi il futuro». stesso rapporto tra fratelli: il minore am- un dittatore deposto il mio kolossal più riuscito: dodici milio- settantuno anni e Coppola a venti trova

L’altro giro di boa è adesso: «Da giova- mira il maggiore». ni di bottiglie l’anno, “Rubicon” e “Zin- davvero una differenza? «Una, fonda- ne ho realizzato pellicole che in genere si L’ammirazione che lei nutriva per Au- o rottamato: sono fandel”, dai dodici ai quaranta dollari mentale, che c’è sempre in un cineasta affrontano da adulti: La conversazione gust? «Un fratello straordinario. Ragaz- l’una. E pensare che la mia prima inten- agli inizi e alla fine. Alla domanda “Che nel ‘74, Apocalypse now nel ‘79. Avevo zini, era lui che mi dava libri da leggere e un autore amatoriale, zione, quando ho acquisito quella pro- prevede di fare nei prossimi trenta-cin- anche messo in piedi, quasi subito, con mi portava al cinema. Mi ha fatto scopri- prietà con mia moglie Eleonor, nel 1973, quant’anni?” a vent’anni non avrei sa- George Lucas e pochi soldi, gli Studios re Scarpette rosse di Powell-Pressburger non vedo carriera non era di produrre vino per il commer- puto rispondere, mentre oggi lo so».

Zoetrope a San Francisco, appassionan- prima che potessi capire davvero quel cio ma solo un po’ per la famiglia, sull’e- © RIPRODUZIONE RISERVATA che vedevo. Più grande di cinque anni, davanti a me sempio dei miei nonni. Adesso però i era più forte, più intelligente di me e, an- profitti in bottiglia superano alla grande che, più seducente. Ha svolto un ruolo di quelli in pellicola. E mi permettono di padre, come tutti i fratelli maggiori. Il ve- osare nel cinema, senza più problemi, ro padre, autorità incarnata, è troppo di- assumendone allegramente ogni ri- stante. Chi ti educa, chi t’aiuta veramen- schio. Non riuscirei mai a concepire film ‘‘ te a sviluppare la tua personalità, è il fra- indenni da rischi. Il cinema domanda te- tello maggiore». Di quanto gli è debitore? merarietà: d’investimenti e di speri- «Di tutto. Quando mio fratello voleva di- mentazione. Per me ha significato gran- ventare dottore, io sognavo d’essere of- di guadagni e grandi perdite. Sono oggi talmologo. Non occorreva che ne dive- all’opposto di Hollywood, dove i film nissi un perfetto clone. Poi, quando ha vengono monetizzati (movie uguale cambiato idea, decidendo di scrivere ro- money): tanto sono costati, tanto devo- manzi, ho mutato direzione anch’io ma, no riportare in cassa». ancora una volta, senza tagliargli la stra- Il vino, per lei, è solo un salvagente ci- da, ripromettendomi di scrivere dram- nematografico? «No, è un modo di stare mi teatrali. In Tetro, dove il fratello mag- insieme, di rendere conviviale il lavoro: giore è “anche” padre del minore, il mi- ogni film è una nuova famiglia, ci riunia- nore fa di tutto perché il maggiore abbia mo attorno a grandi spaghettate e buo- la gloria che si merita. Neanche a parlar- ne bevute. È anche una filosofia. Quan- ne, naturalmente: i fratelli più grandi do sul set il clima è iperteso e le riprese so- FOTO AP ‘‘ Repubblica Nazionale