GRUPPO DI LAVORO E COORDINATORE PROGETTISTA STRUTTURALE PROGETTISTA IMPIANTISTICO PROGETTISTA ARCHITETTONICO COMUNE DI (FE) PALAZZO DEI DIAMANTI, PINACOTECA NAZIONALE, MUSEO ANTONIONI E MUSEO DEL RISORGIMENTO

Lavori di riparazione e miglioramento strutturale post sisma

PROGETTO PRELIMINARE

RELAZIONE STORICA: DESCRIZIONE MORFOLOGICA, INDICAZIONI TIPOLOGICHE, TECNICHE E MATERICHE DELL’ESISTENTE

PREMESSA Il Palazzo dei Diamanti di Ferrara, ubicato nell’attuale Corso Ercole I d'Este, si trova nel mezzo dell'Addizione Erculea, opera urbanistica compiuta a cavallo tra XV e XVI secolo che portò la Città ad essere considerata come ideale. Grazie alla sua struttura urbanistica unica in Europa, lo storico Jacob Burckhardt (XIX secolo) la definì infatti “la prima città moderna d'Europa”. Il Palazzo fu eretto nell’ultimo decennio del Quattrocento, all’incrocio delle due arterie principali del nucleo centrale della Città, ossia in corrispondenza del “Quadrivio degli Angeli”, dove si incontravano Via degli Angeli - che correva da Sud verso Nord e collegava il Castello degli Este con la Porta degli Angeli alle mura verso Belfiore (l'attuale Corso Ercole I d'Este) – e via dei Prioni e degli Equinozi – che si sviluppava lungo la direttrice Est-Ovest collegando Porta Po e Porta a Mare presso i bastioni delle mura (oggi divisa in Corso Biagio Rossetti, Corso Porta Mare e Corso Porta Po).

Planimentria Storica della Città di Ferrara, con individuazione del “Quadrivio degli Angeli”

Il Palazzo dei Diamanti, ad oggi, si colloca in una posizione strategica e di grande rilevanza all’interno del tessuto cittadino. Nel cuore della Città, all’incrocio tra due importanti arterie di scorrimento, si trova nel punto di congiunzione tra la parte medievale e la parte rinascimentale di Ferrara. Grazie alla sua caratteristica peculiare, che lo rende famoso in tutto il mondo, ossia le “punte di diamante” del bugnato lapideo, che ricopre i prospetti esterni su corso Ercole I d’Este e su Via 1

Biagio Rossetti, il monumento rappresenta il simbolo culturale della Città di Ferrara.

Ortofoto della Città di Ferrara, con individuazione del “Quadrivio degli Angeli”

L’edificio oggi ospita, al piano terra, frequenti mostre di arte moderna e contemporanea, mentre al piano nobile si trova la Pinacoteca Nazionale, che offre, tra le sue diverse collezioni, cinque secoli di pittura ferrarese. Negli altri ambienti del complesso monumentale si trovano, oltre agli ambienti di servizio delle Gallerie d’arte moderna e della Pinacoteca (uffici, magazzini, depositi, laboratori, …), anche il Museo del Risorgimento e della Resistenza, e gli ambienti “Ex Museo Antonioni”, attualmente utilizzati come deposito e magazzino.

Il Palazzo dei Diamanti all’interno del tessuto urbano cittadino 2

L’analisi dell’attuale conformazione dell’edificio dimostra come, nel corso della sua storia, siano state apportate innumerevoli variazioni, alcune immediatamente distinguibili, altre più difficili da cogliere, se non dallo studio delle tracce superstiti e grazie ai risultati delle diverse campagne di indagini effettuate. Lo stato attuale del complesso risulta molto articolato, proprio a causa delle manomissioni e delle varianti apportate – soprattutto nel XVI secolo - all’impianto originario. I bombardamenti subiti da Palazzo dei Diamanti nel corso della secondo conflitto mondiale (1944) hanno contribuito all’ulteriore compromissione della struttura originaria, compresi crolli di intere porzioni di edificio, solo in parte riedificate. I recenti eventi sismici, che hanno colpito i territori dell’Emilia Romagna nel maggio del 2012, hanno contribuito a mettere in evidenza alcune criticità proprie dello stato “sfalsato” in cui si trova la struttura. Anche se il territorio comunale di Ferrara si trova a circa 30 km dall’epicentro delle principali scosse registrate, l’edificio - come evidenziato in seguito nella presente relazione e nello specifico elaborato “Relazione di rilievo del danno a seguito del sisma del maggio 2012” – ha riportato evidenti danni e ha evidenziato notevoli situazioni di precarietà statica, che sarebbero stati indubbiamente più rovinosi con un epicentro più prossimo al monumento.

DESCRIZIONE MORFOLOGICA DEL MONUMENTO Alla base delle prime fasi di conoscenza morfologica del monumento sono state effettuate delle ricerche storiche e d’archivio, con l’obiettivo di ricostruire l’evoluzione storica dell’edificio e le principali modifiche apportate dall’impianto originario alla struttura attuale. La costruzione dell’edificio è attribuita all’ingegno dell’architetto Biagio Rossetti, su commissione di Sigismondo d’Este, fratello di Ercole I d’Este, a partire dal 1493. Vengono di seguito schematizzate le principali fasi di costruzione e modifica del complesso. Le didascalie alle diverse immagini sono state desunte dal testo: Palazzo dei Diamanti, contributi per il restauro, a cura di Carla di Francesco. Capitolo: "Il progetto originario e le modifiche del XVI secolo" a cura di Pia Kehl (Rif. Bibliografia).

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Nel Quattrocento l'ala d'ingresso terminava a sud con un pilastro d'angolo che delimitava la decorazione a punta di diamante [...]. Estensione del blocco di fabbrica: 81,5 Piedi Ferraresi, circa 32,93 m, in lunghezza (il tetto aveva la stessa lunghezza dell'ala), 38 Piedi Ferraresi, 15,35 m, in profondità. Se confrontiamo tali misure con quelle del 1552, le uniche a noi pervenute, sapendo che il corpo di fabbrica fu ampliato a sud di circa 2 P e 4/6 più l'annesso in mattoni, possiamo affermare che si trattava dell'ala di ingresso del palazzo.[...] Se ora sottraiamo all'attuale facciata, rivestita di bugne a punta di diamante e lunga 138 P, i circa 2 P e 4/6 ottenuti con lo spostamento del pilastro più gli 81,5 P, possiamo stabilire l'estensione del corpo centrale nell'aprile del 1494. La costruzione arrivava alla sesta colonna della loggia d'ingresso partendo da sud oppure, guardando la facciata, a sinistra della finestra di destra accanto al pilastro che fiancheggia l'odierno portale principale.[...] Dal documento del 18 aprile 1494 sappiamo inoltre che accanto all'ala principale vi era una stalla, di dimensioni minori rispetto a quella del XVI secolo ma nella stessa posizione. Ad essa si affiancava un deposito per il vino del "Caneva".

I lavori si protrassero per tutto l'autunno e il 14 novembre Antonio de Gregoro fu nuovamente pagato 16.10.0 ducati per due mezze basi e due mezzi capitelli. Evidentemente la facciata era stata completata fino all'angolo nord. In dicembre Fino "depictor" decorò otto camini e otto merli, dal che si deduce che il tetto era stato ultimato. Gli otto camini provano inoltre che era stata completata non solo l'ala principale ma anche il corpo di fabbrica meridionale. Nel Quattrocento l'ala d'ingresso terminava a sud con un pilastro d'angolo che delimitava la decorazione a punta di diamante; a sud si prolungava il cortiletto delle cucine, limitato dal lato lungo della stalla originale. Lungo il giardino un'ala parallela a quella dell'ingresso limitava la zona dei servizi, si interrompeva all'altezza della parete posteriore della loggetta del grande cortile, oggi suddivisa in due piani. La sua lunghezza corrisponde esattamente all'arcata con l'ultima finestra della facciata settentrionale, aggiunta in seguito. 4

All'inizio degli anni cinquanta [del XVI secolo - n.d.r.] considerevoli fondi furono destinati alla realizzazione del giardino con un nuovo sistema di scarico delle acque e un pozzo. Fu eretta anche una pergola in legno. [...] Alla fine dello stesso anno [1552, n.d.r.] furono pagati i lavori di copertura del tetto dell'intera costruzione. Il documento che riporta tutti gli elementi esistenti nel 1552, è di eccezionale valore. I dati sulla lunghezza concordano perfettamente con le misure oggi verificabili: l'ala d'ingresso è valutata 152 Piedi Ferraresi, che corrispondono alla dimensione attuale (parte bugnata e parte in mattoni). La profondità delle ali ivi riportata corrisponde alla copertura del tetto e non alla profondità dell'ala. L'ala laterale nord aveva, come quella sud una lunghezza di 70 Piedi Ferraresi, e una profondità di 46 Piedi Ferraresi, il che sta a dimostrare che a quel tempo la loggia esisteva ancora.

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L'ultima fase della costruzione del palazzo dei Diamanti nel XVI secolo è documentata da testimonianze relative a uno stadio già avanzato dei lavori che in quel periodo riguardavano principalmente l'allestimento dei locali interni [...]. Contemporaneamente [nel 1588, n.d.r.] in giardino fu allestito un campo per il gioco della palla, per il quale a partire dal 18 maggio fu eretta una loggia a due piani, ancora oggi visibile nel giardino dietro le stalle. Questo spiazzo che si estendeva lungo i "camerini bassi" è andato purtroppo distrutto. Nel giugno dello stesso anno fu iniziata la costruzione della "Loggietta", che doveva chiudere definitivamente l'ala del giardino rimasta incompleta. Al piano terra essa portava alle stanze di Cesare, al piano superiore si apriva in un terrazzino al termine del corridoio sud. Alla fine di ottobre 1588 furono consegnate le colonne con i capitelli per la loggetta che si trovavano "dinanzi alle stanzie nove".

Il periodo in cui il Palazzo venne abitato da Cesare d’Este e dalla sua consorte Virginia dei Medici - ossia dal 1586 al 1598 – è caratterizzato da una serie di interventi sia sulla struttura che sulle finiture del Palazzo, che hanno determinato in particolar modo lo stato in cui si presenta oggi. A Cesare d’Este si deve, ad esempio, la costruzione del balconcino sull’angolo sud-est dell’edificio, prima in legno (1586) poi in marmo (1594), oltre che una serie di importanti interventi di finitura e decorazione al livello del piano nobile e del piano terra. Nel 1588 furono commissionati il rifacimento della pavimentazione e del soffitto ligneo del salone d’onore al piano nobile. Contemporaneamente, e fino al 1591, si lavorò alle finiture delle due stanze principali dell’appartamento di Virginia, ossia le sale del piano nobile che si affacciano sull’attuale Corso Biagio Rossetti. Di particolare rilevanza le decorazioni e il soffitto della “sala del parto” – corrispondente alla seconda stanza dell’appartamento – e la “camera matrimoniale”, corrispondente alla terza. Successivamente, nel 1592 venne completata la decorazione della “stanza del poggiolo”, corrispondente alla prima stanza dell’appartamento, direttamente comunicante con il salone d’onore.

Palazzo dei Diamanti: pianta del piano nobile I SALA: la “Stanza del Poggiolo”

Anche al piano terra furono commissionati importanti lavori di restauro e decorazione. In particolare, a partire dal 1592, Cesare promosse la creazione di un “camerino nuovo” atto ad ospitare la sua biblioteca personale. Tale ambiente, oggi scomparso, faceva parte delle “stantie nuove d’abbasso”, localizzabili nel sito dell’attuale sala per esposizioni “”, e in particolare, il “camerino” viene identificato come l’ultima delle stanze nuove, verso l’attuale loggia sul parco principale. 6

Palazzo dei Diamanti: pianta del piano terra Sala per esposizioni “Benvenuto Tisi”

Con Cesare d’Este si interrompe il dominio estense nella Città: Cesare era figlio di un cugino del duca Alfonso II, che morì senza eredi. Alla sua scomparsa Cesare non venne riconosciuto come legittimo erede e ciò segnò la fine del dominio della sua nobile famiglia a Ferrara: nel 1598 Cesare lasciò il Palazzo. Anche i successivi proprietari, appartenenti alla famiglia dei Villa, contribuirono - dal 1641, anno in cui acquistarono il palazzo dal Duca Francesco I d’Este - ad apportare profonde modifiche al Palazzo.

La struttura attuale del palazzo dei Diamanti conserva tutte le varianti volute da Cesare d'Este e 7 dai successivi proprietari, i Villa, ai quali si devono la modifica del portale principale e l'aggiunta dell'arcata con l'ultima finestra dell'ala nord. La loggia a sud è oggi murata; quella a nord, conservata fino al XVI secolo, è probabilmente andata distrutta dopo la vendita dell'edificio alla famiglia Villa nel XVII secolo: lo stesso vale per il corridoio del piano nobile che la sormontava.

Le dimensioni delle diverse sezioni dell’edificio sono state desunte dal confronto tra la scala metrica decimale e la scala in Piedi Ferraresi.

Diverse illustrazioni storiche restituiscono lo stato del Palazzo dei Diamanti e degli edifici annessi, dal XVIII secolo in poi. Nella planimetria della città di Ferrara di Antonio Bolzoni del 1782 è possibile distingue il corpo di fabbrica principale (già privato del loggiato verso l’ala nord) e i diversi edifici prospicienti il parco e il giardino verso sud. Significativa risulta essere la copertura e i contrafforti in corrispondenza della muratura di separazione tra il cortile d’onore e il parco sul retro.

Planimetria della Città di Ferrara (estratto relativo al Palazzo dei Diamanti) 1782, Antonio Bolzoni

Nella relazione di Ignazio Zatti (1830), e in particolare nella pianta del piano terra sotto riportata, è possibile contraddistinguere come il portico dell’ala sud fosse già stato interrotto per ottenere degli ambienti di servizio. Gli altri ambienti, ad accezione dei cortili che presentano delle scale esterne, un pozzo e delle partizioni oggi non più presenti, risultano essere quasi del tutto rispondenti allo stato attuale del complesso. Tra le atre cose lo Zatti sottolineava come: “all’interno ha una loggia cui forse avevasi in animo di proseguire anche dalla parte corrispondente al fronte di S.Benedetto”. La relazione poneva inoltre in evidenza “un’alta muraglia sulla quale si è fabbricato un sito di comunicazione

8 fra le due ali e nel cui mezzo circa è stato praticato il vano per la porta che dalla corte mette in comunicazione uno scoperto al quale attaccasi l’orto”. Di tale passaggio di comunicazione si troverà inoltre rappresentazione nelle piante dell’Archivio Comunale in data 1841.

Palazzo dei Diamanti, Pianta Piano Terra, 1830, Ignazio Zatti

Palazzo dei Diamanti, Pianta Piano Nobile, Archivio Comunale 1841.

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Il 30 settembre 1842 veniva stipulato il contratto di vendita tra gli eredi della Famiglia Villa e il Comune di Ferrara, che ad oggi conserva – in parte – la proprietà del complesso. Da tale data ai primi anni del 1900, sulla base di approfonditi studi sullo stato di conservazione delle strutture e sulle nuove destinazioni d’uso da attribuire ai locali, furono eseguite diverse lavorazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria sia all’interno che all’esterno del complesso, in cui fu trasferita, già nel 1843, la “Comunale Pinacoteca nel più vasto e nel più nobile degli appartamenti”. Alcune sale del Palazzo ospitarono in prima battuta diverse tipologie di scuole “teoriche e pratiche”, fino al 1869, anno in cui gli istituti scolastici, ad eccezione dell’Istituto Artistico, furono trasferiti in “sedi appropriate”, e il Palazzo diventò la sede dell’Ateneo Civico. Nel 1903 fu inaugurato il Museo del Risorgimento Italiano, che fu allestito nelle sale al piano terra prospettanti Corso Biagio Rossetti. Durante la Seconda Guerra Mondiale il Palazzo dei Diamanti subì gravi danni a causa di due bombardamenti aerei rispettivamente del 5 giugno e del 2 settembre del 1944. Nella relazione della Divisione Lavori Pubblici del Comune, redatta nei primi anni del Dopoguerra, è possibile comprendere chiaramente l’entità dei danni subiti dal complesso e dei relativi lavori di recupero eseguiti.

Palazzo dei Diamanti, Pianta Piano Nobile, Archivio Comunale 1947.

I primi lavori di sistemazione, direttamente seguiti dalla competente Soprintendenza, riguardarono in generale le coperture del Palazzo. Si passò poi ai soffitti, al vano scala, alle tramezze e alle pavimentazioni. Tra il 1949 e il 1966 gli ambienti ospitanti la Pinacoteca passarono di proprietà statale, e nei decenni successivi furono realizzati diversi interventi sia a livello di finiture che a livello strutturale, con l’obiettivo di dare corso ad una riqualificazione generale dell’intero percorso del piano nobile, 10 oltre che di ampliare tutti i servizi determinati dalla crescita delle esigenze di deposito, di documentazione, di promozione culturale e didattica, di restauro e di manutenzione dei manufatti artistici. Di particolare rilevanza il lievo delle pavimentazioni ritenute improprie ed irrecuperabili, la posa di nuove pavimentazioni in “cotto dell’Impruneta” e il consolidamento delle pavimentazioni originarie in cotto del salone d’onore. Nel 1984 si eseguì il restauro dello scalone d’onore in pietra bianca di Verona. Si decise quindi di intervenire (1985) sul consolidamento statico dei solai dell’ala su corso Ercole d’Este, per adeguare la portata degli impalcati alle destinazioni d’uso museali. La necessità di conservare il pavimento in cotto antico impose lo smontaggio e l’accatastamento delle formelle prima di procedere alle operazioni di consolidamento statico eseguito mediante rinforzo delle travi lignee. La tecnologia utilizzata consisteva nell’inserimento di connettori in ferro ancorati alle travi lignee mediante resine epossidiche. Sopra la struttura lignea venivano quindi posizionati un telo in polietilene e una rete elettrosaldata prima del getto di una soletta collaborante in calcestruzzo. Verso la fine degli anni Ottanta ulteriori finanziamenti furono utilizzati per il restauro conservativo e la pulitura dei prospetti esterni, con particolare attenzione al bugnato a punta di diamante e agli elementi decorativi lapidei.

Già dall’analisi storica dell’edificio - solo riassunta nelle pagine precedenti - è possibile dedurre lo stato che caratterizza attualmente il complesso, contrassegnato da una serie diffusa di interventi impropri che hanno snaturato e alcune volte del tutto obliterato la struttura originaria, oltre che da una serie di interventi localizzati, resisi necessari in seguito agli eventi storici che hanno segnato la vita del monumento. In alcuni casi tali interventi, seppur ormai sedimentati nell’immagine collettiva del Palazzo, risultano in contrasto con l’equilibrio originario delle strutture, alterando, in modo del tutto disomogeneo, la capacità di risposta, connaturata nel complesso, alle azioni esterne anomale, in contrasto quindi con i criteri di base dell’attuale normativa antisismica. A titolo generale viene di seguito riportata la planimetria di “Rilievo strutturale e riepilogo dei dati storici” relativa all’impalcato di calpestio del piano nobile, realizzata dallo Studio Mezzadri in data 10.06.2004. Solo a livello di piano nobile è possibile distinguere 5 diverse situazioni di strutture diversamente consolidate.

Palazzo dei Diamanti, Pianta Piano Nobile, Rilievo strutturale e riepilogo dei dati storici, Studio Mezzadri 2004 11

Il sisma del maggio 2012 ha ulteriormente messo in evidenza le criticità strutturali del complesso. Nei periodi immediatamente successivi al sisma è stato eseguito un accurato rilievo dello stato fessurativo del monumento. Si riportano di seguito un estratto del rilievo del quadro fessurativo con alcune significative immagini delle lesioni individuate. Il quadro fessurativo completo è riportato negli specifici elaborati: Relazione di rilievo del danno a seguito del sisma del maggio 2012 e Elaborati grafici di rilievo del danno a seguito del sisma del maggio 2012.

Rilievo e restituzione grafica e fotografica del quadro fessurativo post-sisma 2012

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INDICAZIONI TIPOLOGICHE, TECNICHE E MATERICHE DELL’ESISTENTE

La prima fase della progettazione ha riguardato la definizione di un metodo atto all’integrazione del rilievo architettonico e critico fornito dalla Committenza. In particolare sono stati individuati tre ambiti di rilievo e conoscenza, ritenuti fondamentali, da integrare e da utilizzare quindi come base per lo sviluppo degli elaborati progettuali, e in particolare:  il rilievo architettonico, critico e materico con individuazione dei diversi tipi di degrado, dei materiali esistenti e delle reti impiantistiche;  il rilievo strutturale e del danno e dello stato fessurativo del complesso;  la realizzazione di una articolata campagna diagnostica di conoscenza del manufatto contraddistinta da: indagini geologiche; indagini sui materiali e sulle strutture; indagini stratigrafiche sulle finiture; indagini archeologiche.

Per quanto riguarda il rilevo architettonico dell’edificio, a partire dal rilievo geometrico fornito dalla Stazione Appaltante – debitamente verificato sulla scorta delle misurazioni effettuate in situ – sono stati elaborate le planimetrie, i prospetti e le sezioni necessari per la completezza progettuale. La vasta documentazione fotografica acquisita è stata quindi utilizzata come base conoscitiva per eseguire la rappresentazione grafica, tramite mappatura informatizzata dei materiali costitutivi e dello stato di degrado degli stessi, ossia come base per la redazione degli elaborati di rilievo critico. Per la rappresentazione dei diversi fattori di degrado rilevati sono stati sovrapposti, al relativo rilievo architettonico, degli specifici retini, corrispondenti ai vari tipi di degrado, individuabili nelle apposite legende.

Stato di fatto – Pianta Piano Terra

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Stato di fatto – Sezioni

Dal punto di vista impiantistico il polo museale è attualmente organizzato secondo il frazionamento delle forniture e delle rispettive utenze. In particolare, l’impianto elettrico esistente è alimentato da due forniture di energia in bassa tensione (a 400 Volt e 50 Hertz), posizionate negli appositi locali destinati a vani tecnici, realizzati a ridosso del muro di confine del parco, verso Corso Biagio Rossetti. Tali vani comprendono anche il locale del gruppo elettrogeno. Quest’ultimo è utilizzato per alimentare sia parte degli impianti elettrici sia l’impianto di climatizzazione del complesso. All’esterno dei locali tecnici sono stati installati i dispositivi per il sezionamento dell’impianto elettrico che saranno utilizzati, in caso di emergenza, dai VV.F. A seconda delle diverse zone, il complesso è dotato, oltre che degli impianti elettrici e di forza motrice, anche degli impianti speciali, quali videosorveglianza, videoregistrazione, antieffrazione, rilevazione incendi, trasmissione dati. Per quanto riguarda gli impianti termotecnici, anche questi presentano un certo grado di frazionamento e differenziazione, a seconda delle diverse utenze presenti nel polo museale. In particolare, gli ambienti della Galleria d’Arte Moderna sono dotati di impianto di climatizzazione e trattamento aria. Le canalizzazioni e le unità di trattamento aria, presenti nei diversi ambienti, sono mascherate da contropareti in cartongesso, mente le griglie di espulsione dell’aria viziata e le griglie di aspirazione dell’aria di rinnovo sono installate prevalentemente a filo pavimento, sul marciapiede esterno. I locali del piano nobile, che ospitano l’esposizione della Pinacoteca, sono invece dotati di impianto di riscaldamento realizzato mediante fan-coils a parete. La regolazione degli ambienti avviene tramite il comando a bordo macchina, che permette di variare la velocità del ventilatore e la temperatura di mandata dell’aria. In ogni locale è presente un umidificatore, che controlla e regola l’umidità degli ambienti, mentre non risultano presenti impianti di climatizzazione estiva e di aria primaria. Gli altri ambienti del polo museale sono principalmente dotati di un impianto di riscaldamento composto da radiatori e da convettori a parete - a vista o incassati - alimentati da un impianto di distribuzione di acqua calda, proveniente dalla centrale termica principale. L’acqua calda viene prodotta da uno scambiatore a piastre, collegato alla rete cittadina di teleriscaldamento.

Gli eventi sismici che hanno interessato la città di Ferrara il 20 e 29 Maggio del 2012, hanno "segnato" in modo decisamente significativo il complesso storico-monumentale di Palazzo dei Diamanti. Pur non essendosi verificati crolli, anche parziali, od effetti distorsivi di grande evidenza 14 esteriore, un'analisi accurata ha evidenziato uno stato di sofferenza strutturale diffuso e consistente. Gli effetti del sisma hanno segnalato una "fragilità" complessiva del Palazzo nei confronti delle azioni sismiche, come peraltro poteva supporsi dall'esame generale degli apparati murari e degli orizzontamenti esistenti. Come meglio specificato nella Relazione di rilevo del danno, allegata al presente Progetto Preliminare, il Palazzo dei Diamanti presenta una geometria relativamente propizia per la resistenza al sisma, caratterizzata principalmente da una originaria simmetria spaziale, oltre che da un’uniformità di altezza dei principali corpi di fabbrica. La limitata presenza di forometrie in facciata e il caratteristico paramento lapideo esterno aumentano inoltre la capacità resistente della struttura. A tali fattori geometrici e fisici, caratterizzanti l’originaria conformazione del monumento, e corrispondenti a parametri positivi in merito alla risposta della struttura alle sollecitazioni sismiche, fanno da contraltare altri fattori, più propensi invece a deporre nel senso della instabilità d’insieme del monumento. In primo luogo l’elevata altezza libera d’inflessione, e la notevole lunghezza delle murature, rendono le stesse inclini al comportamento tipico delle lastre sottili, ossia propense ad instabilità dell’equilibrio, con l’immediata implicazione della rottura rigido-fragile. Inoltre - come visto nella prima parte della presente Relazione storica - durante il corso della sua esistenza, il Palazzo è stato oggetto di innumerevoli interventi in epoche successive, che ne hanno in parte compromesso l’originaria chiarezza e razionalità strutturale: la presenza di piani ammezzati, soppalchi, divisioni improprie, percorsi superfetati, etc., non ha avuto come risultato quello di creare nuovi vincoli interni efficaci, ma, al contrario, ha aggravato i carichi sulle strutture con considerevoli masse in collocazioni improprie. Al di là della disamina dei fattori positivi o negativi nei riguardi delle resistenze statica e dinamica complessive, il Palazzo dei Diamanti presenta un difetto che è comune a tutti gli edifici antichi, precedenti all’ingegneria modernamente intesa: l’essere pesante e non interessato dalla presenza, come parte propria, di direttrici resistenti a trazione. Le caratteristiche geometriche-morfologiche sopra descritte si sono quindi concretamente manifestate in occasione degli eventi sismici del 2012, sia nella loro accezione positiva, sia in quella negativa. Negli elaborati di rilievo del danno sarà possibile esaminare punto per punto le diverse criticità riscontrate e quindi – ove necessario – gli interventi di riparazione e miglioramento proposti. In relazione alle tipologie di intervento previste, descritte in appositi elaborati grafici e costituenti parte del presente Progetto Preliminare, proprio in quanto collegate con la riparazione del danno, sarà necessario effettuare anche opere di restauro degli apparati decorativi ed opere di riorganizzazione funzionale, conseguenti al ripristino con miglioramento sismico. Tutti gli interventi strutturali previsti non altereranno in alcun modo le caratteristiche peculiari del bene monumentale che, ricordiamo, è soggetto alla tutela del D.Lgs. n. 42/2004.

Dalla Relazione Geologica - a firma del Dott. Geologo Massimiliano Plazzi, in data 14/05/2014 - allegata al presente Progetto Preliminare, è possibile verificare la tipologia e la caratterizzazione del terreno su cui sorge il complesso. In particolare, dalle carte geomorfologiche della Pianura Padana e del P.S.C. di Ferrara – riportate in relazione – è possibile stabilire come l'area oggetto di indagine si colloca all’interno del complesso antropizzato di Ferrara, compresa tra il dosso fluviale del Po di Volano e le aree morfologicamente depresse che si rilevano in direzione nord e nord-est, pertanto la natura dei sedimenti superficiali attesa è di tipo coesivo. Nella successione stratigrafica – individuata con le prove penetrometriche statiche e tramite il “Metodo di Robertson 1990 – Punta elettrica”, si distinguono, a partire dal piano campagna:  nei primi 1,3 metri, nei quali è stato effettuato uno scavo a mano, è presente terreno di riporto con frammenti in laterizio di varie dimensioni;  da m. 1,3 a m. 2 - 2,5 sono presenti argille limose e limi argillosi;  da m. 2 a m. 4 è presente un livello limoso sabbioso e sabbioso limoso;  da m. 4 a m. 16 si riscontra la presenza di argille limose di natura prettamente coesiva, con una 15

intercalazione limo sabbiosa di 0,5 metri nella prova SPTU alla profondità di m. 9;  da m. 16 sino alla massima profondità indagata di m. 23 si ha un livello sabbioso limoso di natura prettamente granulare. Il modello idrogeologico generale del sottosuolo nell’area in esame può essere schematizzato come un acquifero multifalda costituito da falde idriche profonde confinate, tra loro sovrapposte, e localmente una falda freatica di modesto spessore e potenzialità, contenuta in depositi permeabili sabbioso-limosi. Durante l’esecuzione delle prove penetrometriche si è potuta registrare anche la profondità della falda freatica dal piano campagna in data 09 Aprile 2014, che risulta essere pari a m. 2,0 nella SCPTU e m. 1,6 nella CPTU. Per determinare la categoria di sottosuolo, è stata eseguita un’indagine sismica mediante il metodo MASW (Multi Channel Analysis of Surface Waves) attivo e passivo ai sensi del DM 14/01/2008 e dell’Atto di indirizzo e coordinamento tecnico ai sensi dell’art. 16, c.1, della L.R. 20/2000 per “Indirizzi per gli studi di microzonazione sismica in Emilia-Romagna per la pianificazione territoriale e urbanistica”. L’indagine eseguita ha permesso la determinazione dell’andamento della velocità delle Vs fino a circa 30 m di profondità. La classificazione sismica del suolo ai sensi delle NTC (DM 14/01/08) rileva che il sito esaminato presenta un suolo tipo C. Per la verifica alla liquefazione si è fatto riferimento alla delibera dell’assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna n. 112 del 2 maggio 2007. L'indice del potenziale di liquefazione IL ricavato con i metodi semplificati risulta pari a 0,67 per la SCPTU e 0,33 per la CPTU, valori ampiamente inferiori a 2 per cui il rischio di liquefazione è risultato “basso”.

Le indagini sui materiali e sulle strutture, che caratterizzano il complesso di Palazzi dei Diamanti, sono state effettuate dal laboratorio specialistico Unilab di Perugia. Il Rapporto di prova n°52-1/14, in data 15/07/2014 – allegato al presente progetto preliminare – illustra i risultati delle diverse tipologie di indagini realizzate. Le indagini hanno compreso:  n. 3 prove con martinetti piatti singoli e doppi;  n. 3 prove a scorrimento del mattone;  n. 3 prelievi per la prova a compressione sugli elementi lapidei;  n. 2 saggi in fondazione;  n. 4 prove igrometriche su legno;  n. 11 prove penetrometriche su legno;  n. 10 prove sclerometriche su legno;  n. 15 prove magnetoscopiche “mezzo ferroscan” per la misura e determinazione delle posizione delle armature nel c.a.;  n. 15 indagini video endoscopiche. Le indagini sono state realizzate in tutte la parti del complesso. Per la precisa ubicazione delle prove sotto indicate si rimanda al Rapporto di prova, di cui sopra. Dall'analisi delle prove effettuate si può in definitiva desumere quanto segue:  le fondazioni, in muratura laterizia, sono generalmente poste alla profondità di metri 2,40/2,50 dal piano di calpestio;  le strutture portanti verticali sono tutte costituite da pareti in muratura di mattoni pieni, con spessori variabili da un minimo di due teste sino a quattro/cinque teste; all'interno le prove videoendoscopiche hanno evidenziato piccole vacuità dovute all’assenza locale di malta di allettamento. Le caratteristiche meccaniche delle murature, sondate attraverso le prove con i martinetti piatti, di schiacciamento e scorrimento, possono complessivamente definirsi soddisfacenti;  gli impalcati, negli ammezzati, nel piano nobile e nel sottotetto, sono prevalentemente di tipo ligneo; nell'ala lungo Corso Biagio Rossetti, a sostegno del piano nobile vi sono anche locali con volte a padiglione; conseguentemente ad alcune ricostruzioni avvenute nell'anno 1947, a seguito delle distruzioni determinate da bombardamenti del secondo conflitto mondiale, in

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alcune zone vi sono solai in latero-cemento: le prove magnetoscopiche in molti casi hanno evidenziato l'assenza, nelle solette in calcestruzzo, di armature superiori incrociate o rete elettrosaldata;  le prove penetrometriche, igrometriche e sclerometriche svolte sulle strutture lignee di copertura hanno evidenziato una densità delle sezioni resistenti medio-bassa (energia media d'avanzamento tra 20 e 30 % o < 20 %), con valori di resistenza a flessione accettabili.

Per quanto riguarda le indagini stratigrafiche sugli intonaci di finitura, queste sono state realizzate a cura della Dott.ssa Restauratrice Silvia Marcucci, nei mesi di luglio e agosto 2014. La relazione sulle risultanze delle stratigrafie, in data settembre 2014, evidenzia come i sondaggi abbiano rilevato la presenza di strati sovrapposti di tinteggiature prevalentemente uniformi, in alcuni casi di lacerti di intonaco antico. Non si è rilevata la presenza di decorazioni pittoriche né di altri elementi di pregio storico e artistico.

La campagna di indagini archeologica è stata condotta nei mesi di luglio e agosto 2014 dalla Società Phoenix Archielogia S.r.l., a cura del Dott. Maurizio Molinari, sotto la supervisione e direzione scientifica della Dott.ssa Chiara Guarnieri della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna. La relazione conclusiva della campagna supporta essenzialmente quanto riscontrato nelle ricerche storiche e d’archivio e quanto analizzato con le indagini in situ. In particolare, per quanto riguarda l’attacco murario sulla parte settentrionale del corpo centrale del complesso - ben visibile dal giardino principale - è stata rinvenuta una profonda fossa di spogliazione che rappresenta valida testimonianza alla precedente presenza di una fondazione corrispondente allo sviluppo verso ovest del “corridoio” di completamento dell’ala nord. Inoltre, dai sondaggi effettuati in prossimità del diaframma murario di separazione tra il giardino ed il parco sono stati rinvenuti una fondazione parallela alla muraglia alla distanza di circa 2 metri e le buche di spogliazione di plinti per probabili pilastri a sezione quadrata, oltre che altre tracce di attacchi murari sul prospetto della parete verso il parco. Tali rinvenimenti sembrerebbero quindi confermare l’esistenza di una serie di strutture verticali a sostegno di un corridoio coperto da una tettoia, e della muratura stessa. Unitamente a tali risultati, altri sondaggi realizzati all’interno del giardino, documentano la costruzione per fasi del complesso, così come illustrato nella prima parte della presente Relazione storica.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.

Tutti i dati conoscitivi - solo in sintesi sopra riportati - che a mano a mano si andavano recuperando e raccogliendo, confermavano puntualmente le più significative previsioni progettuali, sul piano architettonico-strutturale, e quindi, conseguentemente, funzionale e impiantistico. Quanto inizialmente ipotizzato in seguito ad una prima indagine visiva, trovava infatti puntuale conferma nella documentazione, sia storica che recente, che si andava acquisendo - di pari passo con la documentazione d’archivio - presso le Soprintendenze e l’Ufficio Tecnico Comunale, e quindi con le risultanze delle varie campagne di indagini. Tutto tornava: il progetto come era stato inizialmente delineato trovava puntuale conferma. Le ipotesi progettuali iniziali non apparivano più solo giustificate, ma necessarie, imprescindibili. In alcuni casi, come per quanto riguarda la previsione di garantire la messa in sicurezza – anche dal punto di vista sismico – della quinta sul parco, l’ipotesi d’intervento è scaturita dalla riproposizione di una soluzione mutuata dalle piante storiche dell’edificio, ossia attraverso la riproposizione di contrafforti, documentati nelle rappresentazioni storiche del percorso coperto verso il parco stesso (rif. Antonio Bolzoni, 1782 e Pianta Piano Nobile, Archivio Comunale 1841): esigenza sentita anche in passato e risolta con una serie di pilastri-lesene conformati in modo da garantire la stabilità di una parete di elevata lunghezza e di altezza rilevante. La parete costituisce in sostanza una struttura pressoché autonoma rispetto ai fabbricati a cui è collegata, che tra l’altro sono di diversa geometria e configurazione. In caso di sisma in direzione ortogonale alla parete si può

17 ragionevolmente ritenere che tale struttura tenderà a distaccarsi dalle due ali di edificio a cui è collegata, trasformandosi in una cortina di muro di notevole massa e in stato di equilibrio precario. Per tale ragione si ritiene necessaria la messa in sicurezza, in quanto il rilievo dello stato fessurativo diffuso non è trascurabile. Inoltre, per quanto riguarda il ripristino della continuità del porticato sul cortile (ala sud), dove il riconoscimento e la restituzione dell’integrità dell’immagine originaria costituiscono la migliore garanzia di conservazione anche sul piano della sicurezza antisismica, la presenza di superfetazioni realizzate in epoche successive ha determinato evidenti danni alle strutture esistenti, come meglio specificato nella Relazione di rilievo del danno e nell’Individuazione degli interventi strutturali. La demolizione di tali superfetazioni (pareti e piani di calpestio) e la loro sostituzione con archi metallici, di rigidezza e conformazione opportunamente calibrata in base alle strutture a cui sono collegati - posizionati in modo tale da generare continuità strutturale e comportamento “scatolare” del sistema murario - consente di ridurre le vulnerabilità locali della zona del portico, e assicura un aumento del livello di sicurezza della porzione di fabbricato. Così per la rimozione delle varie sovrastrutture all’interno del Palazzo, inserite in tempi relativamente recenti (soppalchi, divisori, tramezze, suddivisioni interne alle sale), per garantire un utilizzo più intensivo degli spazi, che costituivano un peso passivo nei confronti della struttura originaria, creando inoltre una marcata disomogeneità nella rigidezza delle strutture resistenti. La realizzazione disomogenea di solai ammezzati, localizzati in alcune specifiche sale o in singole zone di fabbricato, con maschi murari di supporto degli stessi di limitato spessore, ha creato difformità di rigidezze all’interno di una stessa ala di fabbricato, che ha reagito in modo non uniforme all’evento sismico, in alcuni casi creando potenziali crolli degli stessi ammezzati, che hanno richiesto puntellamenti (rif. quadro fessurativo post-sisma). In altre situazioni, dove gli ammezzati sono stati realizzati in laterocemento, è ben visibile uno stato fessurativo disomogeneo, con concentrazioni di fessurazioni in corrispondenza di queste porzioni di solaio ammezzato di elevata rigidezza, ma di scarsa capacità di distribuzione delle sollecitazioni come piano sismico. In sintesi, l’analisi dello stato fessurativo dimostra una difforme capacità di resistenza al sisma, caratterizzata da un non omogeneo intervento di consolidamento delle strutture, eseguito negli anni, che risulta estremamente variegato e legato alle necessità e alle economie del momento. Si ritiene quindi di proporre una serie di interventi atti ad omogeneizzare ed uniformare le risorse di resistenza al sisma del fabbricato, realizzando opportuni piani sismici corrispondenti ai solai principali, oltre ad un riordino della rigidezza delle strutture verticali, eseguito in base all’individuazione dei maschi murari principali da preservare, migliorare e consolidare, dove necessario. In questa direzione vanno alcune scelte strutturali, come ad esempio la copertura del cortile interno, che consente la realizzazione di un elemento di ritenuta dei setti murari di notevole altezza e sviluppo longitudinale, ed è derivata e ripresa dall’antica consuetudine locale di proteggere con velari mobili le attività destinate a svolgersi nei cortili interni non porticati, i quali avevano spesso, a loro volta, funzione di distributivo per gli ambienti contermini. Ulteriori interventi di collegamento, incatenamento e consolidamento dei solai di sottotetto e di copertura, consentono di dare al fabbricato un livello di sicurezza uniforme e diffuso, realizzando un miglioramento sismico generale, riducendo le potenziali vulnerabilità presenti.

In tal modo si garantirà il necessario miglioramento sismico, nel rispetto della tradizione locale, sia pure secondo un linguaggio contemporaneo, e, al contempo, un deciso miglioramento funzionale, con il pieno utilizzo degli spazi esterni esistenti come estensione delle attività degli ambienti interni e come connettivo degli stessi. Un ulteriore beneficio è rappresentato dal miglioramento impiantistico, in ordine al contenimento dei consumi energetici, costituendo il nuovo volume coperto una sorta di volano termico del complesso.

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BIBLIOGRAFIA

Palazzo dei Diamanti. Contributi per il restauro, a cura di Carla di Francesco. Spazio Libri Editori, 1991

Palazzo dei Diamanti. Museo risorgimento e resistenza. Indagine sugli elementi storici relativi alla parte sud-est del Palazzo dei Diamanti (locali di pertinenza del Museo del Risorgimento e della Resistenza), a cura di Francesco Scafuri. Comune di Ferrara, 1989

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