James Conlon Direttore
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2017 — 2018 Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino 2 20-21/1026-27/10 GiovedìVenerdì 2026 ottobre 2017, 2017, 20.00 20.30 VenerdìSabato 21 27 ottobre ottobre 2017, 2017, 20.30 20.00 JamesDirettore Conlon: James direttore Conlon AntonínJohannes Dvořák Brahms GustavSinfonia Mahler n.3 in fa maggiore op.90 Sinfonia n.1 in do minore op.68 GIOVEDÌ 26 OTTOBRE 2017 ore 20.30 VENERDÌ 27 OTTOBRE 2017 2° ore 20.00 James Conlon direttore Aga Mikolaj soprano Yulia Matochkina contralto Brenden Gunnell tenore Thomas Tatzl baritono Coro Filarmonico Ceco di Brno Petr Fiala maestro del coro Antonín Dvořák (1841-1904) L’arcolaio d’oro, poema sinfonico op. 109 (1896) (da K. J. Erben) durata: 22’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 30 novembre 2007, Tomas Netopil Gustav Mahler (1860-1911) Das Klagende Lied, cantata in tre parti per soli, coro e orchestra (1878-1901) Waldmärchen (Fiaba della foresta) Langsam und träumerisch (dalla versione in tre movimenti) Der Spielmann (Il menestrello) Mit sehr geheimnisvollem Ausdruck (dalla versione in due mov.) Hoch zeitsstuck (Scena di nozze) Mit höllischer Wildheit Il concerto di (dalla versione in due mov.) venerdì 26 ottobre è trasmesso in durata: 60’ ca. collegamento diretto su Radio3 per il programma Ultima esecuzione Rai a Torino: “Radio3 Suite”. 29 maggio 1997, Giuseppe Sinopoli GIOVEDÌ 26 OTTOBRE 2017 Antonín Dvořák ore 20.30 L’arcolaio d’oro, poema sinfonico op. 109 VENERDÌ 27 OTTOBRE 2017 ore 20.00 Gli ultimi poemi sinfonici Nel 1895 Dvořák tornava a Praga dopo aver trascorso tre anni alla direzione del Conservatorio di New York. L’esperienza era James Conlon direttore stata davvero costruttiva Dvořák era stato letteralmente assali- Aga Mikolaj soprano to da fama, successo e benessere economico. Ma l’aria di casa Yulia Matochkina contralto gli era mancata incredibilmente. Dopo l’entusiasmo iniziale per Brenden Gunnell tenore le tradizioni musicali scoperte al di là dell’Oceano, testimoniato Thomas Tatzl baritono dal Quartetto «americano» e dalla Sinfonia «dal nuovo mondo», la nostalgia della cultura esteuropea era riemersa con straordina- Coro Filarmonico Ceco di Brno ria intensità già a partire dal Concerto per violoncello e orchestra. Petr Fiala maestro del coro Dvořák non sapeva vivere lontano dalla sua terra. Se non fosse stato estremamente dotato per la musica, probabilmente avreb- Antonín Dvořák (1841-1904) be rilevato la trattoria del padre, in un piccolo villaggio della Bo- L’arcolaio d’oro, poema sinfonico op. 109 (1896) emia. I suoi primi maestri erano stati quei musicisti ambulanti, (da K. J. Erben) che passavano tra gli avventori del locale, suonando melodie durata: 22’ ca. popolari, radicate nel cuore di quella cultura. Solo in un secon- do momento era arrivato l’amore per i grandi monumenti della Ultima esecuzione Rai a Torino: 30 novembre 2007, Tomas Netopil musica occidentale. Qualcosa di autenticamente boemo era destinato a rimanere sempre in ogni sua esperienza musicale. E così, dopo quei tre anni di dolorosa lontananza dalla patria, Gustav Mahler (1860-1911) per Dvořák era giunto il momento di immergersi completamen- Das Klagende Lied, cantata in tre parti per soli, coro e orchestra (1878-1901) te nella cultura delle sue parti, riprendendo in mano i racconti dello scrittore boemo Karel Jaromìr Erben. Fino a quel momento Waldmärchen (Fiaba della foresta) i contatti con il genere del poema sinfonico erano stati piuttosto Langsam und träumerisch sporadici. Alcune ouvertures composte prima del periodo ame- (dalla versione in tre movimenti) Der Spielmann (Il menestrello) ricano vi erano andate molto vicino (La mia patria, Nel regno del- Mit sehr geheimnisvollem Ausdruck la natura, Othello). Ma solo allora, a otto anni dalla morte, Dvořák (dalla versione in due mov.) si sentiva pronto per affrontare uno dei generi più frequentati Hoch zeitsstuck (Scena di nozze) dai compositori della seconda metà dell’Ottocento. Nacquero Mit höllischer Wildheit così, tra il 1896 e il 1897, i 4 poemi sinfonici ispirati alle ballate di (dalla versione in due mov.) Erben: Lo spirito delle acque, La strega di mezzodì, L’arcolaio d’oro e La colomba del bosco. durata: 60’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: L’arcolaio d’oro 29 maggio 1997, Giuseppe Sinopoli Sfinito dalle lunghe ore di caccia, une re decide di chiedere risto- ro agli abitanti di una solitaria casetta, immersa nelle tenebre di una foresta secolare. Sulla porta compare una bellissima fanciul- la, Dornička, che gli apre, lo disseta e poi ritorna a filare davanti al focolare. Il re, affascinato da tanta bellezza, s’infiamma d’amore e la chiede in moglie. La sua passione è però ostacolata dalla ma- trigna della ragazza, che cerca di persuaderlo a sposare la sua figlia naturale. Il rifiuto del sovrano spinge la perfida vecchia a escogitare un orribile stratagemma: dopo aver fatto a pezzi il cor- po di Dornička, riesce a portare all’altare sua figlia, approfittando della sorprendente somiglianza tra le due ragazze. Il re non se ne accorge, sposa la fanciulla e parte per la guerra. Nel frattempo un vecchio saggio trova nella foresta il corpo di Dornička; la matrigna ha mutilato il cadavere delle mani, dei piedi e degli occhi. L’anzia- no indovino ne è al corrente e manda un garzone al castello per barattare quelle parti mancanti con un serie di oggetti d’oro, tra cui un prezioso arcolaio. In questo modo, avvalendosi delle sue arti magiche, riesce a ricomporre il corpo di Dornička. Al ritorno dal campo di battaglia, il re chiede alla sua sposa di filare qualco- sa sull’arcolaio d’oro, portato in dono dal vecchio indovino. Ma dal fruscio della ruota magica si leva una voce misteriosa, che svela il macabro crimine. Il sovrano corre nella foresta, dove trova la fanciulla nella sua triste casupola, intenta a lavorare all’arcolaio. Ordina di far sbranare le due traditrici dai lupi, e finalmente riesce a sposare la donna di cui è realmente innamorato. È una storia in- quietante, quella su cui si basa il poema sinfonico di Dvořák; due fanfare sfavillanti la incorniciano, dipingendo rispettivamente la battuta di caccia con cui il re entra in scena e l’entusiastico lieto fine conclusivo. Nel mezzo si agita un dramma dalle tinte spes- so fosche, che alterna momenti di eterea dolcezza a passaggi di agghiacciante violenza sonora. Sono gli stessi colori della bal- lata di Erben, tra passioni sanguinarie e sentimenti di leggiadra spensieratezza. Non mancano episodi radicati nel terreno del fantastico: nel macabro rito di cui è vittima la fanciulla risuonano gli echi sinistri delle streghe del Macbeth di Verdi o delle demo- niache apparizioni che percorrono la Faust-Symphonie di Liszt. Ma le interpretazioni dell’irrealtà più affascinanti sono soprattut- to quelle in cui emerge la dimensione magica, con quei timbri leggeri e svolazzanti che ricordano il Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn. Particolarmente suggestivo è il momento in cui l’arcolaio d’oro prende vita: l’orchestra si immobilizza su un disegno circolare, che ritorna sempre su se stesso; ed ecco che il movimento della ruota incantata prende forma nell’immagina- zione dell’ascoltatore, portando a compimento uno straordinario percorso evocativo. Paolo Cairoli (dagli archivi Rai) Gustav Mahler Das klagende Lied (Il canto del lamento e dell’accusa), cantata per soli, coro e orchestra Das klagende Lied è l’opus 1 di Mahler; non il suo primo lavoro in assoluto ma, dopo alcuni juvenilia, il primo in cui si possono ravvisare tratti caratteristici della sua personalità creativa. Fin d’ora Mahler avverte l’esigenza di intervenire direttamente sul testo poetico. Più tardi con modificazioni, integrazioni, sop- pressioni, concatenazioni di testi poetici altrui, indirizzerà il si- gnificato testuale verso personali interpretazioni. Nel caso del klagende Lied, come in quello dei contemporanei Poisl-Lieder ed in seguito dei Lieder eines fahrenden Gesellen, l’intervento è il più diretto possibile: la stesura in proprio. Diverse sono le fonti da cui Mahler attinse per il testo poetico della cantata; innanzitutto due favole:Jorinde und Joringel dei fra telli Grimm, da cui il compositore mutuò l’immagine del fio- re rosso sangue nascosto nella foresta il cui ritrovamento dà diritto a sposare la regina, e specialmenteDer singende Kno- chen, l’osso che canta, la cui trama contiene tutti gli elementi salienti del testo mahleriano: la promessa della mano della re- gina a chi supererà la prova (in Der singende Knochen costitui- ta dall’ab battimento di un cinghiale), il fratricidio, il pastore che trova l’osso fatale e denuncerà il crimine (in Das klagende Lied sosti tuito dalla figura del menestrello). Il crollo finale del palaz- zo è invece una variante, in chiave ancor piú catastrofica, della con clusione del racconto Das klagende Lied di Ludwig Bech- stein che, assieme al poema omonimo di Martin Greif, è una delle fonti letterarie dirette del testo della cantata mahleriana. In questo «modus operandi» mahleriano non possono sfug- gire singolari analogie con quello wagneriano: la stesura in proprio del testo poetico, la contaminazione di più fonti, ed altro ancora. Quirino Principe, nella sua monografia su Mahler, ravvisa con molta acutezza nella strutturazione del klagende Lied in tre parti con funzione di prologo, di azione con rinve- nimento fatale e di catastrofe, analogie con la tripartizione dei drammi wagneriani; ed in certe situazioni ed in certi per- sonaggi, addirittura analogie con la Tetralogia. L’infatuazione wagneriana di Mahler, il quale negli anni del klagende Lied stava scrivendo libretti di opere che non avrebbero mai visto la luce (Die Argonauten e Rübezahl), si sarebbe mantenuta an- cora ad un’alta temperatura per anni, se nel 1886, in occasione del terzo anniversario della morte del maestro, il compositore scrisse un compianto funebre in cui si identificava totalmente con la poetica wagneriana.