Aldo Semerari, il criminologo nero

10 Maggio 2015

Ottaviano. 1 aprile 1982. Viale Elena, nei pressi della casa dove abita , un camorrista molto vicino al boss . All’interno del portabagagli di una autovettura Fiat 128 rossa, che risulterà rubata una settimana prima, viene rinvenuto il cadavere di un uomo. Il corpo è decapitato, legato con la tecnica dell’incaprettamento. La testa, chiusa in un involucro di plastica, è all’interno di una bacinella, poggiata sul sedile anteriore della macchina. La salma viene identificata. Si tratta di , professore ordinario all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, autore di opere scientifiche riconosciute a livello internazionale, fautore di una criminologia ispirata alla fenomenologia di Carl Jaspers (filosofo di cui è il traduttore). Semerari è, certamente, il criminologo italiano più importante e famoso, ma è anche il più discusso. Le sue consulenze tecniche e le sue perizie hanno esplorato il cuore scuro dell’Italia, occupandosi dei casi giudiziari più eclatanti, dei delitti più efferati: il caso di Luciano Luberti, il cosiddetto Boia di Albenga; il caso di Pino Pelosi, il giovane di borgata che uccise all’idroscalo di Ostia; il caso Braibanti, l’intellettuale accusato e condannato per aver plagiato due giovani allo scopo di intrattenere con loro rapporti omosessuali; i crimini della ; i fatti criminosi legati alla camorra. Ma Aldo Semerari è anche il “criminologo nero”, quello con una svastica tatuata su una caviglia, l’uomo che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie e delle sue frequentazioni con l’estremismo di destra. Come scrive Otello Lupacchini nel suo “Banda della Magliana”, Aldo Semerari riusciva ad essere, contemporaneamente, uno psichiatra forense, un massone iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli, un diplomatico del Sovrano Militare Ordine di Malta e un agente del Sismi, il servizio d’informazione militare. Il professore ha una personalità sfaccettata e discussa, e a causa dei suoi legami ambigui con l’eversione nera, nel marzo del 1980, era stato tratto in arresto perché sospettato di essere implicato nel terribile attentato alla stazione di Bologna, trascorrendo otto mesi della sua vita in carcere, vivendo un’esperienza devastante. Ma chi può aver deciso la sua morte e, soprattutto, perché lo avrebbe fatto? Il professor Aldo Semerari era scomparso dall’Hotel Royal di Napoli il 25 marzo. Il criminologo si trovava nella città partenopea per incontrare Umberto Ammaturo, il boss della cosca di camorristi “”, in lotta, per il predominio del crimine a Napoli, con la cosca “Nuova Camorra Organizzata”, di cui era a capo Raffaele Cutolo. Le prime indagini indicano che Aldo Semerari si era recato a Napoli per incontrare Umberto Ammaturo, ma sembra che il boss, come dichiarerà egli stesso in seguito, nutrisse un profondo rancore nei suoi confronti in quanto il criminologo, pur remunerato dalla “Nuova Famiglia” per le sue prestazioni professionali, aveva fatto una consulenza psichiatrico forense, per conto di Raffaele Cutolo, allo scopo di rendere non imputabile Giuseppe Montagna, detenuto nell’ospedale psichiatrico di sant’Eframo, colpevole per aver ucciso con un colpo di pistola, nelle camere di sicurezza del Tribunale di Napoli, un affiliato della cosca di cui era a capo Ammaturo. Quindi, secondo quest’ipotesi, Aldo Semerari venne ucciso per ordine del boss di camorra Umberto Ammaturo, perché era da considerare un traditore. Ed è proprio su questa linea che va avanti l’indagine. I dati autoptici intanto, hanno indicato, con tutta l’approssimazione connessa alle condizioni del cadavere e allo stato dell’arte medico legale all’epoca nell’ambito degli accertamenti tanatocronologici, che Aldo Semerari sarebbe stato ucciso quattro giorni dopo essere scomparso e che la morte è da riferire non a decapitazione, bensì ad asfissia meccanica, precedente all’orribile mutilazione. Quindi, secondo i consulenti necroscopi, gli assassini avrebbero dapprima ucciso il criminologo per soffocamento e, poi, avrebbero decapitato il corpo utilizzando, probabilmente, una sega circolare, come indicano le caratteristiche delle ferite sui due monconi del collo. Ma, facendo un passo indietro, c’è da tornare al 1 aprile 1982, giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Semerari, perché, in quella data, si è verificato un episodio estremamente inquietante: la dottoressa Maria Fiorella Carrara, una psichiatra che era stretta collaboratrice del criminologo, è stata trovata morta, nel suo appartamento di Roma, supina sul suo letto, uccisa da un colpo di pistola al torace esploso con una 357 Magnum ritrovata accanto alla donna. Gli inquirenti imboccano la via dei suicidio e così archiviano il caso. Ma perché Maria Fiorella Carrara si sarebbe dovuta uccidere? E poi, la donna si è veramente tolta la vita da sola o è stata, anche lei, assassinata? L’ipotesi che la psichiatra abbia potuto ammazzarsi per una crisi di sconforto una volta saputo della fine di Aldo Semerari è impossibile da praticare, perché nel momento in cui avviene la morte della dottoressa Carrara ella non sa ancora del decesso del suo maestro. D’altra parte, l’ipotesi accettata dagli inquirenti di una crisi depressiva dovuta alla morte della madre (avvenuta ben otto anni prima) appare ancor oggi poco credibile. Così i motivi e le circostanze della morte di Maria Fiorella Carrara, restano un mistero nel mistero. Ma c’è dell’altro. Il giorno successivo alla scomparsa di Aldo Semerari, la redazione romana del giornale “L’Unità” ha ricevuto una lettera a firma apparente del criminologo, in cui egli ha indicato di aver saputo, in relazione alla sua attività professionale, che esistevano rapporti tra la camorra e la Democrazia Cristiana in ragione di una trattativa per la liberazione dell’assessore regionale . Ma la lettera è veramente stata scritta da Semerari? E se la missiva è stata veramente stilata dalla sua mano, non poteva, magari, fare da preludio a più gravi ed eclatanti rivelazioni su altri misteri e segreti italiani? E quest’ipotesi apre all’indagine un altro possibile scenario, relativo al movente dell’omicidio Semerari, che è quello legato ai rapporti del professore con l’eversione dell’estrema destra e con i servizi segreti cosiddetti deviati. Forse egli era a conoscenza di informazioni estremamente scottanti e, non offrendo più garanzie di riserbo, magari psicologicamente e umanamente provato dal periodo di carcerazione per otto mesi, qualcuno ha voluto tacitarlo per sempre. A sostegno di tale ipotesi c’è l’ulteriore mistero di una telefonata fatta da Aldo Semerari a un suo amico, anch’egli collaboratore dei servizi segreti italiani, in cui il professore avrebbe richiesto l’intervento a Napoli di un agente dei servizi per riferire alcune informazioni. Ipotesi. Alcune fantasiose. Altre molto dubbie. Qualcuna attendibile. Nulla di certo, comunque. Niente di veramente utile per fare veramente luce su un delitto misterioso per movente e per modalità d’esecuzione. Perché, anche attorno al modus con cui è stato perpetrato l’omicidio, ci sono state le interpretazioni più disparate: tipica esecuzione camorristica ( ma in realtà nella storia dei delitti della camorra non sono mai state rilevate modalità simili); omicidio rituale legato a una non meglio identificata setta esoterica, dato che Aldo Semerari era un cultore e un profondo conoscitore della religiosità neopagana legata al culto del sole; modalità puramente scenografica per depistare gli investigatori. In ogni caso, le indagini vengono indirizzate dagli inquirenti sulla pista camorristica e giungono a identificare gli esecutori materiali dell’atto criminoso nei malavitosi Antonio Baratto, Ciro Garofano, Pasquale Garofano, Giovanni Monaco e Umberto Adinolfi. Il 23 giugno 2000, esaurite tutte le fasi processuali, i magistrati chiamati a giudicare, dietro esplicita richiesta dello stesso Pubblico Ministero dottor Salvatore Sbrizzi, emetteranno una sentenza d’assoluzione. Tutto questo mentre il boss Umberto Ammaturo continua ad attribuirsi la paternità del delitto e indica nel tradimento il movente che lo ha spinto a far uccidere Semerari.