Gian Paolo Ormezzano - Tutto Il Calcio Parola Per Parola
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Gian Paolo Ormezzano - Tutto il calcio parola per parola... Copyright Editori Riuniti Roma. Il calcio, lo sappiamo tutti, non è solo uno sport: è anche un immenso repertorio di parole e di figure che alimentano da quasi un secolo l'immaginario e la vita quotidiana, le passioni e le delusioni, le guerre fratricide e i giochi d'infanzia di milioni di italiani. Coprendo in quattrocento voci il tragitto che porta da abatino a zona, Ormezzano non si limita a fare opera di diligente lessicografo, ma ci accompagna con verve sorniona in un viaggio a volte esilarante e a volte nostalgico attraverso le leggende e le piccole storie, i segreti e le follie dell'universo del pallone. Gian Paolo Ormezzano, classe 1935, è giornalista sportivo dall'età di 18 anni. Venti Olimpiadi tra estive e invernali, con il timore che si tratti di un record mondiale, tantissimo ciclismo (29 edizioni del Giro, 11 del Tour), nuoto e atletica (anche praticati). Per il calcio migliaia di articoli, cinque campionati mondiali, libri. Tre ampie storie di tre sport: ciclismo, atletica e calcio. Quattro giornali invasi nel corso delle sue lunghe scorrerie: Tuttosport (in due periodi diversi), La Stampa, Famiglia cristiana e Il giornalino. Prefazione (Una volta tanto da leggere assolutamente per non perdersi e per non perdere qualcosa) Attenzione: questa prefazione va assolutamente letta, sennò dopo una consultazione ordinata oppure avventurosa si decide che man- cano al nuovo lessico alcune voci importanti, ancorché magari non nuo- ve, e che dunque il libro è incompleto. Per esempio non c'è la voce "calcio", e questo può apparire a priori grave in una elencazione di parole tutte riferite al gioco del calcio, e molte da esso prodotte. Il fatto è che il libro, in quanto lessico del nuovo calcio dedicato soprattutto ai bipedi calciofili o calciomani televedenti, o telesedenti, dà per scontato che si sappia cosa il calcio è, e anzi che si sia fatta come suol dirsi a monte indigestione di storia di esso, compresa la grande menata del calcio britannico, del calcio fiorentino, della sferistica piú o meno legata o slegata dal gioco del pallone come viene modernamente inteso, eccetera eccetera. Il libro è per chi sa di calcio, ma non sa piú quello che si dice sul calcio, non riesce a correre dietro a neologismi, barbarismi, astrusità, novità, scoperte, divertimenti del linguaggio forse piú caldo del mondo. Ma poi, tornando alle voci che mancano, c'è qualcuno in grado di definire il gioco del calcio? Potrebbero gli uomini commettere un peccato di presunzione piú grande di quello consistente in questo tentativo, indipendentemente dalla riuscita o meno di esso? Il libro nasce e cresce (e non muore, nel senso che il divenire del football provvede a nutrirlo e farlo vivere in continuità, con una sicura produzione di lessico nuovo, foriero - me lo auguro, almeno - di nuove edizioni) grazie a una sorta di gioco al gioco del calcio. Perché cercare, mettere insieme, spiegare o tentare di spiegare le parole nuove del mondo del pallone, è sicuramente un gioco, e a questo gioco abbiamo giocato, a esso vi invitiamo a giocare. Futile e importantissimo, assurdo e serissimo, inutile e vitale come ormai tutti i giochi, in un mondo in cui la divisione fondamentale non è piú tra ricchi e poveri (essa è stata annullata dal badedas e dai bagni-schiuma succedanei), bensí fra clown in genere pagati benis- simo e gente che va a vedere i clown che intanto vendono qualcosa alla gente, o fanno comprare qualcosa alla gente. Cosí almeno vanno le cose nel terziario, che è il mondo di oggi fatto carne di uomo, con l'inserimento dello spirito ridotto al minimo, ed è carne di uomo fatta carne di venditore o acquirente dei cosiddetti servizi, fra i quali, e anzi davanti a tutti, sta la partita, anzi sta quella partita di partite che è il campionato. Bisogna impegnarsi almeno un po' nella lettura del libro, in progressione o a vanvera, altrimenti si corre il rischio di trascurarne la funzione essenziale, che non è quella di divertire, come pure può sembrare al primo impatto, ma quella di porre alcu- ne pietre, dalla prima in avanti, per la costruzione della catapecchia linguistica in cui ormai noi - calciomani o calciofili o semplicemente calciolo-ghi - siamo condannati a vivere. Perché è fuori di dubbio che il lessico del calcio sta esplodendo in un po' tutto il parlare dell'uomo, o quanto meno dell'homo italicus, e per implosione sta occupando tutto il proprio stesso mondo, spesso an- che vietandosi a immissioni di lessico esterno. Avete notato insomma che il lessico del calcio va in giro felicemente, spavaldamente per altri mondi, intanto che in linea di massima si vieta a invasioni dall'esterno? Se prende una canzone popolare, la stupra di proprie parole, subito la fa sua, non si lega in nessun modo a essa dal punto di vista linguistico: a meno che la canzone dica "we are the champions", ma in questo caso, approdan- do agli stadi, essa in un certo senso ritorna a casa. Il lessico del calcio invade la politica, il costume, l'arte dalla piú seriosa alla piú effimera, intanto che nessun altro lessico sembra in grado di invaderlo, o semplicemente di fare scorrerie en- tro i suoi confini, come persino a Pancho Villa messicano riuscí entro gli altrimenti inviolati confini degli Stati Uniti. Il lessico del calcio è di genesi assai esclusiva, e intanto è molto autarchico, bene esportabile, tanto fruibile da altri mondi. Con le parole di questo libro si esplorano insieme le sedimentazioni e le escrescenze del linguaggio calcistico. Il fatto che si insista sul concetto di "nuovo" è legato piú all'idea di un lessico aggiornato e aggiornante che all'età delle parole proposte. Diciamo pure che si tratta di un libro un po' presuntuoso. Ma come può essere presuntuoso un salvagente in offerta speciale a chi sta affogando: sí, è vero che il salvagente salva la vita a quel signore lí, ma è anche vero che al tempo stesso si realizza, esercita la sua funzione, insomma vive. Senza l'affogato il salvagente non vivreb- be, non significherebbe niente. Il libro salva o cerca di salvare il fruitore di calcio sommerso dal lessico nuovo, o bloccato davanti al televisore dalla constatazione della propria ignoranza rispetto a nuovi modi di dire, che poi magari si riferiscono a nuovi modi di fare. Però senza que- sto fruitore il libro non avrebbe vita. Nessuno si mette a leggere o anche soltanto a sfogliare un dizionario se non si trova in caso di necessità. Ma nel momento stesso in cui lo sfoglia fa assumere al dizionario una funzione vitale sí, ma tutto sommato umile, sottomessa. Dovendo ovviamente operare una scelta, abbiamo lasciato da parte alcune parole, mentre ne abbiamo inglobate altre in definizioni che hanno avuto come punto di partenza un vocabolo magari lontano da esse. Sicuramente ci sono delle lacune, cosí come sicuramente ci so- no tanti termini inattesi, che il lettore conosceva per un incontro rapido, ma del quale aveva persa memoria. La stesura dell'elenco di parole è stata un lavoro difficile, condotto con alcuni aiuti, su tutti quello di Davide Gambetta, uno studente (ma intanto che il libro è stato scritto ha avuto il tempo di laurearsi) che ha pure seguíto un bel po' dell'editing, cioè di quella operazione che Umberto Eco ha magistralmente spiegato su L'Espresso nella sua importanza, difficoltà e delicatezza: una volta bastava parlare di correzione, adesso le molte implicazioni di ogni mondo con altri mondi suggeriscono e impongono attenzioni vaste, difficili. Un felice tragico incidente di computer, con la cancellazione, senza nessuna memoria d'archivio, di una grossa par- te del libro stesso, e con dunque un nuovo pronti-via, ha sicuramente permesso di rintracciare parole nuove. E a questo punto diventa necessaria una spiegazione sulla progettazione e l'andamento dei lavori. Avevo pensato infatti a un libro scritto di getto, a mano a mano che i termini mi venivano in mente, e subito trattandoli per iscritto, o quanto meno appuntandoli in vista di un trattamento da effettuare il piú presto possibile. Cominciato il lavoro, mi ero subito accorto che la definizione di un termine implicava automaticamente il ricorso a molti altri termini da definire, o il ritorno a qualche altro termine già definito. Il libro era un cosiddetto work in progress, facile e simpatico. E proprio per la facilità di evocazione dei termini, trovavo comodo tenere tutto il libro in un unico "file" di computer, per averlo tutto sottomano, per andare facilmente a sistemare alfabeticamente la parola al posto giusto, prima di quella lí e dopo quella là. Scrivevo la definizione di "sistema", mi veniva in mente "metodo", andavo indietro alla "m" e infilavo il termine al posto giusto. Un unico "file": e naturalmente alla vigilia del giorno in cui, tornato a casa da un viaggio di servizio giornalistico, avevo deciso di mettere tutto il lavoro fatto sin lí in un archivio, cioè in un dischetto di salvataggio, per uno dei massimi misteri dell'elettronica tutto è sparito dal computer, tutto il lavoro svolto sino a quel momento, cioè un paio di centinaia di migliaia di battute. Mi hanno detto gli esperti, dopo avere condannato la mia imprevidenza, che il mio è stato un caso rarissimo, una volta su un milione e magari di piú: e quasi dovrei essere fiero di questa scelta del destino. Piú facile insomma vincere qualche premio a qualche importante lotteria. Attendendo questo secondo evento, mi sono rimesso al lavoro, sollecitando al massimo la memoria per ricordar- mi che cosa avevo scritto, ma soprattutto elencando prima i termini, esaurendo una lettera dell'alfabeto alla volta e provvedendo alla sua immediata memorizzazione, ogni lettera un dischetto.