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JacquesJacques DalarunDalarun

BERARDO DEI MARSI UN MODELLO EPISCOPALE GREGORIANO

Con lo studio della Raccolta inedita dei Miracoli di San Berardo imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 2

Colli di Monte Bove, Chiesa Madonna della Speranza, San Berardo con il Castello dei Conti Berardi, Sec. XIX° imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 3

Bibliografia di Jacques Dalarun in Italiano —­ 1989 - La prova del fuoco. Vita e scandalo di un prete medievale, Roma-Bari, Laterza (Quadrante, 22). 1990 - “La donna vista dai chierici”, in Storia delle donne in Occidente, a cura di Georges Duby e Michelle Perrot, 2. Il Medioevo, a cura di Christiane Klapisch-Zuber, Roma-Bari, Laterza (Storia e società), p. 24-55 e 555-556. 1991 - “La Scrittura alla lettera. Del pericolo di una lettura letterale della Bibbia (Matteo III, 2, e IV, 17)”, in Studi medievali, ser. 3a, 32, p. 659-683. 1991 - “La memoria feconda. Il culto della beata Michelina da Pesaro”, in Studia oliveriana, n. s. 11, p. 41-56. 1991 - “Roberto d’Arbrissel”, in Storia dei santi e della santità cristiana, 6. L’epoca del rinovamento evange- lico, 1054-1274, Milano, Grolier Hachette international, p. 225-228. 1993 - “Parole di simplices. Da Celestino V alle sante donne d’Italia tra Duecento e Trecento”, in Aspetti della spiritualità ai tempi di Celestino V, Casamari, p. 27-56. 1993 - “Donne e Donna, femminile e femminizzazione negli scritti e le leggende di Francesco d’Assisi”, in Chiara di Assisi, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto Medioevo (Atti dei Convegni della Società interna- zionale di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi francescani, nuova serie, 3), p. 237-267. 1994 - Francesco: un passaggio. Donna e donne negli scritti e nelle leggende di Francesco d’Assisi, Roma, Viella (I libri di Viella, 2), ristamp. 2001. 1994 - “Le leggende in italiano: una fonte problematica”, in Hagiographica, 1, p. 345-354. 1994 - “La parte del sogno. Funzionalità dei modelli femminili nell’opera di Ildeberto di Lavardin”, in Modelli di santità e modelli di comportamento. Contrasti, intersezioni, complementarità, a cura di Giulia Barone, Ma- rina Caffiero e Francesco Scorza Barcellona, Torino, Rosenberg e Sellier (Sacro/Santo, 10), p. 149-166. 1995 - “Francesco, Chiara e le altre”, in Chiara d’Assisi e la memoria di Francesco, a cura di Alfonso Marini e M. Beatrice Mistretta, Fara Sabina-Rieti, Petruzzi editore (Collana di monografie francescane, 2), p. 25-39. 1995 - “Francesco nei sermoni: agiografia e predicazione”, in La predicazione dei frati dalla metà del ‘200 alla fine del ‘300, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto Medioevo (Atti dei Convegni della Società internazio- nale di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi francescani, nuova serie, 5), p. 337-404. 1996 - La Malavventura di Francesco d’Assisi. Per un uso storico delle leggende francescane, Milano, Edizioni Biblioteca francescana (Fonti e ricerche, 10). 1996 - “Miracolo e miracoli nell’agiografia antoniana”, in Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte, 36, p. 203-239. 1996 - “In margine a Un Passaggio”, in Francesco d’Assisi fra storia, letteratura e iconografia, a cura di Franca Ela Consolino, Università degli studi della Calabria - Dipartimento di Filologia, Rubbettino (Studi di Fi- lologia antica e moderna, 3), p. 123-133. 1996 - “La Scuola francese di Roma”, con Catherine Virlouvet, in Forma Urbis, I, 11, novembre, p. 30-35. 1997 - “Maschile e femminile attraverso le fonti francescane: Francesco e Chiara”, in Studi medievali e mo- derni. Arte, letteratura storia, 1, p. 49-57. 1997 - “Postfazione” a Felice Accrocca, Francesco e le sue immagini. Momenti dell’evoluzione della coscienza storica dei frati minori (secoli XIII-XVI), Padova, Centro studi antoniani (27), p. 233-252. 1997 - “Presentazione del progetto Biblioteca Agiografica Italiana (École française de -Fondazione Ezio Franceschini, Firenze)”, con Lino Leonardi, in Francescanesimo in volgare (secoli XIII-XIV), Spoleto, Centro imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 4

italiano di studi sull’alto Medioevo (Atti dei Convegni della Società internazionale di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi francescani, nuova serie, 7), p. 353-396. 1997 - “Il folle progetto del monaco Roberto”, in Medioevo, 3, aprile, p. 90-91. 1997 - “Folle in delirio al suo passaggio”, in Medioevo, 5, giugno, p. 90-91. 1998 - “Largitas, novitas, simplicitas”, Prefazione a Jacques Le Goff, Francesco d’Assisi, Milano, Edizioni Bi- blioteca francescana (Presenza di san Francesco, 42), p. 5-29. 1998 - “Chiara e gli uomini”, in Chiara e la diffusione delle Clarisse nel secolo XIII, a cura di Giancarlo An- denna e Benedetto Vetere, Lecce, Congedo Editore (Università degli studi di Lecce. Dipartimento di studi sto- rici dal Medioevo all’Età contemporanea, 39; Saggi e ricerche, 32), p. 79-120. 1998 - “Bernardo di Tiron”, in Il grande libro dei santi. Dizionario enciclopedico, a cura di Claudio Leonardi, Andrea Riccardi e Gabriella Zarri, Milano, San Paolo, 1, p. 312-313. 1998 - “Roberto di Arbrissel”, ibid., 3, p. 1716-1717. 1999 - Francesco d’Assisi: il potere in questione e la questione del potere. Rifiuto del potere e forme di governo nell’Ordine dei frati minori, Milano, Edizioni Biblioteca francescana (Fonti e ricerche, 13). 1999 - “Presentazione” a Giulia Barone, Da frate Elia agli Spirituali, Milano, Edizioni Biblioteca francescana (Fonti e richerche, 12), p. 5-16. 2000 - Santa e ribelle. Vita di Chiara da Rimini, Roma-Bari, Laterza. 2003 - Biblioteca agiografica italiana (BAI). Repertorio di testi e manoscritti, secoli XIII-XV, dir. con Lino Leonardi, Firenze, Edizioni del Galluzzo (Agiografia e Bibbia in lingua italiana, secoli XII-XV. Archivio ro- manzo, 4). 2003 - “Biblioteca agiografica italiana (BAI): dal progetto alla publicazione”, con Lino Leonardi, in Hagiogra- phica, 10, p. 1-36. 2006 - “Tommaso da Celano, autore della questione francescana”, in Frate Francesco, 72, p. 13-43. 2007 - “Il monastero di Santa Lucia di Foligno, foyer intellettuale”, in Uno sguardo oltre. Donne, letterate e sante nel movimento dell’Osservanza francescana, a cura di Pietro Messa e Angela Emmanuela Scandella, As- sisi, Edizioni Porziuncola, p. 79-111. 2007 - “Lo Speculum perfectionis, specchio della questione francescana. A proposito di un’edizione recente”, in Frate Francesco, 73, p. 613-632. 2008 - “Presentazione”, in Angela da Foligno nella ricerca universitaria, a cura di Domenico Alfonsi, Foligno, Edizioni Cenacolo, p. 13-20. 2008 - “Introduzione”, in Cultura e desiderio di Dio. L’Umanesimo e le Clarisse dell’Osservanza, a cura di Pie- tro Messa, Angela Emmanuela Scandella e Mario Sensi, Assisi, Edizioni Porziuncola, p. 11-13. 2009 - Oltre la questione francescana: la leggenda nascosta di san Francesco (La Leggenda umbra di Tom- maso da Celano), Milano, EFR-Editrici Francescane (Fonti e ricerche, 21). 2009 - “Beata Battista da Varano e il transito del beato Pietro da Mogliano”, in Dal timore all’amore. L’itinera- rio spirituale della beata Camilla Battista da Varano, Assisi, Edizioni Porziuncola, p. 173-182. 2009 - “Sicut mater. Una rilettura del biglietto di Francesco d’Assisi a frate Leone”, in Frate Francesco, 75, p. 19-51. 2009 - “Prefazione” a Massimo Vedova, Esperienza e dottrina. Il Memoriale di Angela da Foligno, Roma (Bi- bliotheca capuccina, 87), p. 9-12. In corso di stampa - La santa e la città. Michelina da Pesaro, terziara francescana, Pesaro, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 5

JACQUES DALARUN

BERARDO DEI MARSI UN MODELLO EPISCOPALE GREGORIANO

TRADOTTO DAL FRANCESE CON LA SUPERVISIONE DELL’AUTORE DA MAURIZIO ANASTASI

CON LO STUDIO DELLA RACCOLTA INEDITA DEI MIRACOLI DI SAN BERARDO imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 6

Prima Edizione: Aprile 2010 Tutti i Diritti Riservati

Credits: Comune di Carsoli Pro Loco di Colli di Monte Bove Associazione Culturale Giovani Colli Confraternita di San Berardo di Confraternita di San Berardo di Colli di Monte Bove Confraternita di Sant’Antonio di Colli di Monte Bove Confraternita dell a Madonna Addolorata di Colli di Monte Bove Berardini Mario - Borgi Tiziana - Caroli Gaetano - Caroli Giuseppe - Cerroni Renzo Coletti Giacomino - Coletti Giorgio - Coletti Roberto - Di Rocco Sonia Lauri Aristide e Luca - Simeoni Alfonso - Simeoni Marco e Paola Simeoni Mario - Petrucci Giorgio - Zazza Marimaddalena Si ringrazia per la collaborazione: Renato Velluti imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 7

Gentili lettori, con grande piacere vi rivolgo un brevissimo saluto d’introduzione per testimoniare l’interesse dell’ Amministrazione Comunale di Carsoli a questo importante evento sto- rico - culturale che promuove la confraternita di San Berardo. Sono entusiasta di ospitare, in qualità di Sindaco, uno studioso di storia medievale di statura internazionale qual’è il Prof. Dalarun e di scrivere in premessa ad un libro che per il nostro Territorio avrà sicuramente una valenza storica. San Berardo per Colli di Monte Bove è il simbolo della propria storia e della propria fede. Nelle celebrazioni delle festività si ripercorrono tradizioni secolari che la popo- lazione giustamente difende con orgoglio e che sicuramente indicano quanto le opere e la vita del Santo abbiano influito non solo sulla cittadinanza locale ma su tutta la diocesi dei Marsi e su una regione Lazio molto più estesa rispetto ai confini attuali. Per questo motivo sapere che nel mondo sia ancora vivo, anche in chiave moderna, l’interesse per lo studio della vita e le opere del nostro Santo ha un indubbio valore socioculturale e religioso. Tutti i cittadini di Colli di Monte Bove hanno un legame particolare con San Berardo e con l’immagine che negli anni le famiglie hanno saputo tramandare . Da questo sentimento, dall’attenzione del Priore della Confraternita di San Berardo di Colli di Monte Bove, Giuseppe Simeoni, per le fonti storiche della Vita del santo ve- scovo e, dalla particolare vivacità intellettuale di Maurizio Anastasi, nasce questa pubblicazione che verrà presentata direttamente dal Prof. Dalarun nella conferenza pubblica del 30 Aprile 2010 a Carsoli alla presenza del Vescovo dei Marsi Mons. Pietro Santoro. Una buona comunità per essere tale deve saper riconoscere le sue eccellenze, ascol- tare le tradizioni e cercare di muoversi con grande sinergia per esaltare i propri valori migliori. Il Prof. Jacques Dalarun, con le sue ammirevoli qualità umane, ha permesso di concre- tizzare l’idea che il mondo non è così distante e che grazie ai moderni sistemi di co- municazione è possibile far sentire la nostra comunità al centro di un’attenzione internazionale. I libri del Prof. Jacques Dalarun: Bérard évêque des Marses. Un art de gouverner; Be- rardo, vescovo dei Marsi un modello episcopale gregoriano e il volume in prepara- zione Bérard, évêque des Marses. Édition de la vie et des miracles, introduction philologique et historique, alimenteranno in maniera straordinariamente nuova e scientifica il nostro fondo comune di conoscenze su San Berardo, che ebbe i natali nel castello di Colli di Monte Bove, nel 1079. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 8

La riscoperta del valore di fonti delle agiografie del XII° secolo, tra le quali quella di San Berardo scritta da Giovanni di Segni, operata da Pierre Toubert nel testo già con- siderato di riferimento dalla storiografia contemporanea, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe siècle à la fin du XIIe siècle, con- trasta, con la scarsa attenzione che spesso localmente poniamo nei confronti della storia del territorio. Per questo ritengo necessario che sia fatto il massimo sforzo per realizzare una rac- colta documentale che possa divulgare nelle scuole del plesso di Carsoli la storia delle nostre genti, affinché rimanga sempre viva e si tramandi la nostra cultura. Ai cittadini di Colli di Monte Bove rivolgo infine un particolare apprezzamento per quanto fanno per il proprio paese e per le proprie origini, contribuendo in modo so- stanziale alla vita della nostra comunità. Non a caso nel secolo scorso Colli aveva una propria municipalità e ancora oggi esprime un’autonoma organizzazione nei Beni separati . Tutto ciò, però, deve essere vissuto in chiave moderna, in un sistema di rete e di coe- sione l’unico che può consentire, come nel caso di questo libro, di porre un piccolo borgo per una giornata al centro del mondo.

Il Sindaco Dr. Mario Mazzetti imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 9

Carissimi Confratelli e Concittadini, sento il dovere e, nel contempo il vivo piacere, di ringraziare Maurizio Anastasi che, dedicando tempo e passione alla ricerca delle fonti storiche legate alla figura di San Berardo, è venuto a conoscenza del prezioso saggio del professor Jacques Dalarun: “Berado dei Marsi un modello episcopale gregoriano” e ci ha fornito gli elementi per concepire questa pubblicazione. Un grazie sincero al professor Jacques Dalarun, per il contributo della sua appassionata ricerca nonché per la sensibilità e la disponibilità dimostrata tenendo a Carsoli una conferenza sul tema “San Berardo, vescovo dei Marsi: una nuova arte di governo” il 30 Aprile 2010, realizzata concordemente al Sindaco di Carsoli Dr. Mario Mazzetti, con il dovuto assenso di S.E. Mons. Pietro Santoro, vescovo dei Marsi. La realizzazione del presente lavoro permetterà di arricchire il patrimonio in possesso della nostra comunità, documento qualificato dei vari momenti della grande storia spi- rituale di San Berardo. La Confraternita di San Berardo, di cui ho l’onore di essere Priore, è costantemente impegnata con forte senso di devozione e culto ad essere segno tangibile e testimo- nianza per le giovani generazioni. La prima testimonianza storica della Confraternita di San Berardo in Colli di Monte Bove, regolarmente costituita (nulla esclude che nel passato ce ne siano state delle altre), risale all’ anno 1857. Lo Statuto è stato rinvenuto dall’ Associazione Culturale Giovani Colli nell’ anno 2006, presso la Chiesa di San Nicola di Bari, a seguito di inter- vento di risistemazione del materiale giacente, non propriamente custodito. Il mio intento nel mandato che ho l’onore di ricoprire, con il contributo di tutti i confra- telli e concittadini è di celebrare una fede viva, che si comunica, sempre identica nei contenuti, di generazione in generazione anche nella organizzazione e partecipazione alle varie celebrazioni religiose per il nostro Santo protettore. Con i confratelli di Pescina è nostro comune impegno incrementare continuamente il patrimonio storico esistente per rispondere alle esigenze di ogni epoca e cultura, pre- occupandoci di consegnare quanto è stato realizzato alle generazioni successive, per- ché anch'esse possano continuare con fede viva la tradizione esistente. Da parte mia ringrazio tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si sono resi utili e hanno sostenuto e continuano a sostenere la Confraternita di San Berardo nei suoi più che onorevoli progetti.

Il Priore Giuseppe Simeoni imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 10

Prefazione

All’approssimarsi dei settant’anni di Pierre Toubert e della fine del suo insegnamento da professore al Collège de France a Parigi, due dei suoi fedeli allievi, Dominique Bar- thélemy e Jean-Marie Martin, promossero l’iniziativa di dedicargli una raccolta di studi in omaggio. Tutti i discepoli di Pierre Toubert vi contribuirono, spinti da una profonda gratitudine verso il loro maestro. Dalla fine degli anni 1970, Pierre Toubert è il mio di- rettore di ricerca e, anche per chi ha compiuto da molto tempo il ciclo degli studi uni- versitari, questo legame non si affievolisce mai. Confessiamolo: c’è spesso dell’artificio in queste raccolte di studi in omaggio, che i Te- deschi hanno definito appropriatamente come Festschrift: troppo frequentemente sol- lecitato, ognuno si chiede quale dossier tralasciato potrà essere riesumato dai propri cassetti. Nel caso di Pierre Toubert, le cose non potevano andare così, perché questo immenso storico, autore del capolavoro Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe siècle à la fin du XIIe siècle, pubblicato dall’École fran- çaise di Roma nel 1973, ristampato nel 1993, ha profondamente segnato la storiografia dell’ultimo quarto del secolo XX e soprattutto coloro che ebbero la fortuna di essere suoi allievi. Qui il problema era del tutto diverso: Pierre Toubert ci aveva talmente for- mati, modellati, segnati che, tutti, pur sentendo l’impellente dovere di esprimergli la no- stra gratitudine, temevamo l’idea di confrontarci con questa opera monumentale. Sotto la direzione di Pierre Toubert, mi sono specializzato da più di trenta anni nello studio della santità medievale. Ho quindi ricercato l’intersezione tra Les structures du Latium médiéval e le mie piccole competenze. L’ho trovata nel capitolo che Pierre Tou- bert dedica alle leggende dei santi vescovi di un Lazio largamente inteso. La famosa Società dei Bollandisti aveva appena messo in rete un meraviglioso strumento di ricerca sotto l’appellativo BHLms. Lo consultai febbrilmente nella speranza di trovare un nuovo spunto sull’uno o sull’altro di questi dossiers agiografici. Il caso fece bene le cose: sco- prii che una gran parte delle fonti medievali su san Berardo, vescovo dei Marsi, era ine- dita e che era possibile non soltanto migliorare il testo latino già noto della Vita, ma soprattutto di esumare un cospicuo ed appassionante libro dei miracoli operati con l’intercessione del santo vescovo. Il testo che segue, pubblicato qui per la prima volta in italiano, è il risultato di tale scoperta. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 11

L’ non mi era del tutto sconosciuto. Quando si ha avuto la fortuna di vivere un- dici anni a Roma, la Strada dei Parchi è la direttrice che, nel fine settimana, consente di lasciare più velocemente il mondo agitato dell’Urbs per ritemprarsi nella bellezza di una natura miracolosamente preservata, quella dell’Abruzzo e, giovarsi dell’accoglienza calorosa dei suoi abitanti. A24, uscita di Oricola-Carsoli, si sale verso Colli di Monte Bove, arrivo a fine mattinata nel mercato di Tagliacozzo, nel quadro suntuoso della Piazza dell’Obelisco, poi partenza, con la scorta di qualche panino, avendo come meta le vette al di sopra di Marsia, tra il conforto ombroso delle foreste e le macchie vive di sole. Si studia bene un dossier solo quando ci si può rappresentare il suo ambito naturale e umano. Consiglio sempre agli studenti di visitare i luoghi dei soggetti sui quali lavorano, per capirli. Il dossier di Berardo mi ha immediatamente appassionato. I tempi sono duri. L’uomo è ammirevole. In più, la regione dei Marsi, a causa della sua debole densità di popolazione e del suo relativo isolamento, offre un laboratorio eccezionale allo storico. Si ha l’impressione di vederci come un bozzetto in miniatura del Medio Evo, con forti particolarismi locali, ma anche un’apertura essenziale sul Monte-Cassino e, ovvia- mente, su Roma. Per giunta, in questi ultimi decenni, la regione dell’Abruzzo in generale e dei Marsi in particolare hanno beneficiato di un rinnovamento degli studi che rende l’inchiesta particolarmente stimolante: citiamo, tra gli altri, i nomi di Sofia Boesch Ga- jano, Laurent Feller, John Howe, Étienne Hubert, Luigi Pellegrini, Antonio Sennis; una lista incompleta, ma che testimonia l’interesse internazionale larghissimo suscitato dalla storia della . E poi, come lo scriveva felicemente André Vauchez in La sainteté en Occident aux der- niers siècles du Moyen Âge, «studiare la santità in Italia, non è solo studiare un feno- meno storico, è essere immerso nella vita odierna». Ne ho avuto la prova con il messaggio che Maurizio Anastasi m’inviò il 15 dicembre 2009, chiedendomi se poteva inserire una traduzione del mio contributo al volume di omaggio a Pierre Toubert sul suo blog (d’altronde degno di nota). La simpatia è nata, poi l’amicizia. Il progetto si è ir- robustito sempre di più ed è evoluto continuamente verso l’alto. Maurizio si è rivelato un traduttore esperto ed un motivatore impareggiabile. Il sindaco di Carsoli, Mario Maz- zetti, mi ha rivolto un delicatissimo invito a partecipare alle festività del 30 aprile e 1° maggio 2010 in onore del santo protettore di Colli di Monte Bove. Ai miei nuovi amici di Carsoli, voglio esprimere la mia profonda gratitudine e sono felice di celebrare con loro, a mio modo che è quello dello storico, il loro grande santo Berardo; un uomo che, nei primi decenni del secolo XII, ha voluto e saputo incarnare per i suoi compatrioti dei Marsi la figura evangelica per eccellenza, quella del buon pastore.

Jacques Dalarun imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 12 imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 13

Berardo dei Marsi un modello episcopale gregoriano

Sin dalla sua pubblicazione nel 1973, la tesi di Pierre Toubert sulle Strutture del Lazio medievale è stata salutata come un evento1. A quasi quaranta anni di distanza, la sua fortuna storiografica è impressionante. Opera multiforme e feconda, la sua importanza è in stretta correlazione con la sua forza intrinseca, che agisce su due direttrici fondamentali: da una parte lo spoglio delle fonti medievali il più completo possibile, che mette lo storico al riparo sia dalla riproposizione di luoghi comuni, che dai voli pindarici delle proprie intuizioni, dall’altro una continua propensione alla modellizzazione, prudente certo, sempre empirica, che tonifica ciononostante la documentazione in maniera esemplare e fornisce “la chiave dell’enigma”2 per tra- sformare l’informazione grezza in storia. Evitando così i due scogli che minacciano di solito lo storico (la- sciar prevalere la sua visione personale sulle fonti, accumulare i fatti senza essere in grado di metterli in prospettiva), la tesi di Pierre Toubert, per la sua intrinseca novità, accedeva immediatamente allo statuto di classica. Da qui un’eccezionale influenza che si manifesta in modi diversi. “Tesi di storia regionale”3, è inequivoca- bilmente l’opera di riferimento obbligata per ogni studio storico sul Lazio medievale o i suoi confini4. Ma la volontà di modellizzazione che anima l’opera faceva a loro volta delle Strutture un modello esportabile. Le regioni italiane furono il campo privilegiato di questo transfert sperimentale5. Rapidamente, l’influenza del disegno laziale oltrepassò largamente la penisola per estendersi allo spazio mediterraneo, sia sottoforma di monografia ancorata ad un territorio, che per alimentare l’approfondimento più generale di un “feuda- lesimo mediterraneo” che i lavori di Pierre Toubert, avevano, per primi, contribuito a far uscire dai limbi storiografici6. Probabilmente, comunque, è l’archeologia medievale che ha contratto, nei confronti del- l’opera del 1973, il debito più originale. Perché se questa disciplina, all’epoca principiante, è oggi quello che c’è di meglio delle sue produzioni, cioè un’esplorazione problematizzata del popolamento, dei territori, dell’habitat, dei luoghi di potere, in una parola, se l’archeologia medievale più dinamica è indissolubilmente storica, lo deve in gran parte, nel Lazio in primo luogo ma anche oltre le sue frontiere, alla sfida amichevole che l’opera di Pierre Toubert, gli lanciava in anticipo7.

1 Tra molti altri P. Bonnassie “À propos d’un ouvrage récent: le Latium au cœur du Moyen Âge”, in Revue historique, 1977, p. 491-500, rist. in P. Bonnassie, Les sociétés de l’an mil. Un monde entre deux âges, Bruxelles, 2001, p. 61-77. 2 P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe siècle à la fin du XIe siècle, Rome, 1973, p. XXII. Si pensa, evidentemente agli sviluppi di P. Ricoeur, Temps et récit, 1. L’intrigue et le récit historique, Paris, 1983, in particolare p. 286-301.Tuttavia, il primo autore a commentare l’intreccio nella storiografia è H. White, The Historical Imagination in Nineteenth-Century Europe, Baltimore-Londres, 1973, lo stesso anno di pubblicazione delle Structures du Latium. 3 P. Toubert, op. cit., p. XIX. 4 Ad esempio Une région frontalière au Moyen Âge. Les vallées de Turano et du Salto entre Sabine et Abruzzes, a cura di É. Hubert, Rome, 2000. 5 In particolare i lavori di H. Bresc, J-P.Delumeau, L. Feller, É. Hubert, J-M. Martin, F. Menant, C. Wickham… 6 Structures féodales et féodalisme dans l’Occident méditerranéen (Xe-XIIIe siècles). Bilan et perspectives de recherches, Rome, 1980; «L’incastellamento ». Actes des rencontres de Gérone (26-27 novembre 1992) et de Rome (5-7mai 1994), a cura di M. Barcelò e P. Toubert, Roma, 1998. 7 Vedere in particolare la serie degli atti dei colloqui Castrum, pubblicati nelle collezioni de l’École française de Rome e della Casa de Velazquez nel 1988, 1988, 1992, 1999, 2001, 2002. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 14

2 Jacques Dalarun

Che si voglia confermarlo, sfumarlo e persino tentare di ridurne il significato o di negarne la realtà, l’inca- stellamento è, da più di trenta anni, al centro del dibattito. Riassumere le 1500 pagine del capolavoro a que- sto solo tema sarebbe tuttavia terribilmente riduttivo. Così come l'albero non deve nascondere la foresta, il successo storiografico dell’incastellamento non deve nascondere Les structures du Latium médiéval. Si pensa, in particolare, alle pagine così nuove che trattano temi come i notai, la circolazione monetaria, le donne e il matrimonio, le frontiere8. La tipologia nella quale l’opera di Pierre Toubert s’inserisce sin dall’inizio – una “tesi di storia regionale” che rientra nella “storia delle campagne”9 – non deve però mascherare che contiene anche e, senza orpelli superflui, uno dei primi studi approfonditi sull’applicazione concreta della Riforma detta “gregoriana” in una regione data, e poiché questa regione non è altro che il Lazio, è anche un saggio pionieristico su ciò che non era ancora convenuto chiamare la “genesi dello Stato moderno”10. Che la genesi di questa genesi sia da ricercare nel papato, è ciò che Pierre Toubert dimostra rintracciando il percorso che conduce “dal pa- trimonio di San Pietro allo Stato pontificio”11. Da tutti i punti di vista, l’Urbs è il “sole nero” della ruralità laziale12 . Quanto alla riforma ecclesiale, si potrebbe pensare che l’autore, rinviando alla bibliografia per i suoi aspetti dottrinali e scegliendo di studiarne le manifestazioni nella “ modestia vissuta di una situazione locale”13, esamina solo la trasposizione sul terreno di un ideale chiaramente definito dall’alto. Equivarrebbe a tra- scurare che questo terreno è il Lazio, ossia il campo di sperimentazione privilegiato, per il papato romano, del recupero delle strutture religiose e sociali. Sarebbe soprattutto non capire l’originalità fondamentale della Riforma dei secoli XI-XII. Non è certo la sola costruzione ideologica che abbia avuto l’ambizione di ordinare il mondo, ma sicuramente è la prima che abbia avuto in se l’imperativa necessità di abbracciarlo in tutte le sue istanze, dai poteri centrali alle coscienze individuali. La Riforma è proprio un “ripresa del controllo”14 al quale nulla deve sfuggire, poiché non può riuscire se non con l’adesione di tutti e di ognuno ad un piano di salvataggio che giustifichi la gerarchizzazione della Chiesa e della società. Il movimento gregoriano è condannato ad essere un’attuazione coronata dal successo. Trova la completezza del suo senso solo nella sperimentazione sul terreno. Di fronte all’Impero, a tutte le potenze secolari, a tutte le forze cen- trifughe, è lo slancio che impone “la storia di una riforma permanente e, se si può dire, di una riforma nella riforma”15. “In nessun’altra parte come nel capitolo della riabilitazione episcopale è possibile capire questi legami concreti tra i modelli e la pratica riformatrice”16. Così si apre il capitolo dedicato alla “riabilitazione dell’episcopato”, composto a sua volta di due parti: “Il modello episcopale”17, alimentato dalle leggende dei tre santi vescovi, e le “Realtà episcopali (verso il 1050-1200)”18. A prima vista, la distinzione è strana. Se la si riduce a delle coppie antinomiche ovvie (finzione e realtà, modello e applicazione, teoria e pratica), se si confonde ordine di esposizione e ordine storico, si arriva a un paradosso temporale insolubile: come la Vita di Brunone di Segni, scritta tra il 1178 ed il 1182, potrebbe aver determinato i comportamenti episco- pali sin dal 1050? Nella sezione “Modello”, Pierre Toubert riconosce il grande valore storico dei tre racconti agiografici che studia e non manca un’occasione per verificarne le notizie tramite fonti esterne, molto spesso

8 P. Toubert, Les structures du Latium p. 95-134, 551-624, 734-787 e 938-960. 9 P. Toubert, op. cit., p. XIX. 10 In particolare État et Église dans la genèse de l’État moderne. Acte du colloque de Madrid, 1984, Madrid, 1986, con un articolo introduttivo di P. Toubert, “Église et État au XIe siècle: la signification du moment grégorien pour la genèse de l’État moderne”, p. 9-22. 11 P. Toubert, Les structures du Latium, p. 935-1087. 12 P. Toubert, op. cit., p. 789: “Tutto è determinato, inizialmente, dalla peculiarità di una regione che aveva Roma per capi- tale”. 13 P. Toubert, op. cit., p. 792. 14 P. Toubert, op. cit., p. 792. Notiamo, nella Vita s. Berardi sulla quale torneremo, il propositum del vescovo riformatore: “causas, actus et singulorum vitas discutere”; il verbo e il genitivo plurale traducono questa voglia di esaminare la vita di ognuno e di tutti. 15 P. Toubert, op. cit., p. 789. 16 P. Toubert, op. cit., p. 807. 17 P. Toubert, op. cit., p. 807-829. Cfr. T. Caciorgna, “Sviluppo cittadino e culto dei santi nel Lazio medievale (secoli XII-XV)”, in Santi e culti nel Lazio. Istituzioni, società, devozione, a cura di S. Boesch Gajano e E. Petrucci, Roma, 2000, p. 346-348. 18 P. Toubert, op. cit., p. 829-840. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 15

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concordanti. Ma nella parte successiva, continua a basarsi largamente sulle leggende per descrivere le “re- altà” dei comportamenti episcopali e della vita delle chiese. La distinzione è, quindi, meramente opera- tiva. Il paradosso, soltanto apparente, trova soluzione se si considera, seguendo l’autore, che il modello episcopale non è pura costruzione dello spirito o semplice strumento di propaganda ma elaborazione tipologica del reale. Così come la letteratura pretende molto spesso di esserlo, lo specchio agiografico è modellizzazione di realtà vissute. Il trattamento che Pierre Toubert riserva alle leggende è quindi da collocare in questa dialettica dell’ideale e della pratica che è il sigillo della Riforma gregoriana nel suo insieme. Non posso im- pedirmi di pensare che, con una libertà di spirito tanto più grande in quanto esclude ogni teorizzazione su- perflua, Pierre Toubert abbia voluto rispondere ai dibattiti sul “superamento del marxismo” ed il ruolo rispettivo delle infrastrutture o delle sovrastrutture, che imperavano nel corso degli anni 197019; una ri- sposta empirica, sperimentale “gregoriana” per così dire. Non è il caso di commentare ciò che lo studio delle tre leggende apporta alla tesi generale di Pierre Toubert. Ma questo irrompere insolito dell’agiografia nella tesi dell’incastellamento, messo in prospettiva della sto- riografia successiva, non può che colpire gli specialisti della materia per tre rilevanti innovazioni. In primo luogo, le Vitae dei santi vescovi non sono soltanto utilizzate come una miniera di notizie fortuite (la difficoltà della saldatura maggio-giugno nella diocesi dei Marsi20) ma per tutte le ragioni che precedono, è proprio il problema dell’agiografia e delle sue funzioni che è analizzato in profondità21. In secondo luogo, otto anni prima della pubblicazione della tesi d’André Vauchez sulla Sainteté en Occcident aux derniers siècles du Moyen Âge, Pierre Toubert percepisce per primo, nei suoi tratti premonitori, grazie all’osservatorio laziale, l’importanza del movimento di affermazione della riserva pontificia in materia di canonizzazione22. E’ del resto la gara tra speranze locali e riconoscimento romano che trasforma le leggende, le canalizza, le normalizza, ne assicura la qualità storica e spirituale. Prima che le Vitae non fossero modelli per i loro ipotetici lettori23, sono modellate dalla loro volontà di rispondere all’attesa della Sede romana. L’autore vi insiste: al di la della densità dell’evento e della sua “complessità viva”, la Riforma gregoriana s’impone per l’insistenza del papato su alcune “costanti semplici”24. La tensione verso la riserva pontificia in materia di canonizzazione è il motore del rinnovamento agiografico. La costanza del fenomeno colloca il modello episcopale nella continuità, fatto che consente di risolvere l’apparente paradosso temporale che evocavamo più in alto. Altrimenti detto, lo specchio agiografico riflette già un modello episcopale atteso dal papato riformatore, il quale si può ipotizzare che abbia influenzato non solo la penna dell’agiografo, sulla Vita, ma il comportamento stesso dei vescovi celebrati negli ultimi anni delle loro vite esemplari. An- cora, questa strategia non avrebbe avuto un simile successo, se non avesse cristallizzato un’attesa più dif- fusa: “Si può imporre solo ciò che può piacere”25. I santi vescovi del Lazio sono alla confluenza di due desideri convergenti: quello del papato e “le aspirazioni che si esprimono dal basso in favore di una vita vere apostolica”26. L’agiografia è il luogo per eccellenza di questa sintesi. In terzo luogo, ben prima dei lavori di André Vauchez o di Pierre-André Sigal, la sezione dedicata al “mo- dello episcopale” si conclude con un’analisi dei “segni della santità nel secolo XII” che è una delle prime manifestazioni d’interesse per i miracoli in prospettiva squisitamente storica, come dimostra il deserto bi- bliografico delle note a piè di pagina del passaggio27. Là ancora, Pierre Toubert ha percepito l’influenza

19 G. Duby e G. Lardreau, Dialogues, Parigi, 1980, p. 117-151. 20 P. Toubert, op. cit., p. 821, nota 2. 21 P. Toubert, op. cit., p. 74-76. Per meglio capire quanto questo approccio è innovatore nel 1973, si deve ricordare che non avevano ancora avuto luogo i colloqui come Hagiographie, cultures et sociétés (IVe-XIIe siècles), Parigi, 1981; Les fonctions des saints dans le monde occidental (IIIe- XIIIe siècle), Roma, 1991; Modelli di santità e modelli di comportamento. Contrasti, intersezioni, complementarità, Torino, 1994. 22Riferimento a P. Toubert in A. Vauchez, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge d’après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Rome, 1981, p. 40. 23 Non si può che essere colpiti dalla debole tradizione manoscritta dei tre dossiers agiografici studiati da P. Toubert (op. cit., p. 808-809 nota 5); ragione in più per non dedurre dal termine “modello” che queste Vitae furono strumento di propaganda, ma per capire, piuttosto, che fissano il vissuto in archetipo. 24 P. Toubert, op. cit., p. 807. 25 P. Toubert, op. cit., p. 791. 26 P. Toubert, op. cit., p. 792, e ancora p. 882-883. 27 P. Toubert, op. cit.,p. 823-825. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 16

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della procedura di canonizzazione pontificia embrionale sulla raccolta dei prodigi, un’influenza che si ma- nifesta con un innalzamento “qualitativo” del miracoloso. Tra i dieci fascicoli agiografici che figurano tra le fonti delle Structures du Latium28, quelli dei tre vescovi che illustrano il modello episcopale non hanno conosciuto, dal 1973, riprese di una levatura comparabile a quella che François Dolbeau ha attuato per Domenico di Sora29. Per Brunone di Segni e Pietro d’Anagni, Pierre Toubert aveva una guida sicura con il testo di B. Gigalski30, di cui adotta sostanzialmente le con- clusioni31. Per Berardo dei Marsi invece, la cui scheda nella Bibliotheca sanctorum non è di grande ausilio32, si è dovuto accontentare di citare gli strumenti di lavoro (la Bibliotheca hagiographica latina, L’Italia pon- tificia di P. Kehr)33 e le due edizioni della leggenda: quella dei Bollandisti al tomo II di novembre degli Acta sanctorum e, in nota, quella di F. Ughelli nella seconda edizione dell’Italia sacra (1717)34. L’autore mostra la sua preferenza per questa edizione più antica, dove la Vita è collocata “in un contesto documen- tario molto chiaro, che è assente negli AA.SS. di novembre”35. Le indicazioni desunte da Pierre Toubert dalla Bibliotheca hagiographica latina meritano di essere analizzate con attenzione. Inoltre dalla “B.H.L., t. I, p. 176, n. 1176”, cita il “suppl., p. 51, nn. 1176 b a 1176 h”36. Questo supplemento non è evidentemente il Novum supplementum pubblicato nel 198637 ma la Supplementi editio altera auctior del 191138. Ripartito in tre blocchi (Miracula post mortem auct. Iohanne ep. Signensi = 1176 b; Miracula addita = 1176 d, 1176 e 1776 f; Miracula in translatione et post translationem = 1176 h), cinque unità testuali vi sono aggiunte alla Vita auct. Iohanne Signensi che sola figurava nell’editio princeps della Bibliotheca hagiographica latina del 189839. Tutte le citazioni di questi documenti inediti sono desunte dal Catal. Lat. Vatic., pp. 479-480. A quel punto, il Catalogus codicum hagiographicorum latinorum Bibliothecae Vaticanae fa menzione del “codex 2368 (prius XXXII. 159, olim 2059)” del fondo dei Codices Barberiniani latini40. Questo manoscritto su carta di 39 fogli, copiato nel Seicento, è totalmente dedicato al dossier agiografico di Berardo vescovo dei Marsi. Oltre alla Vita già pubblicata dall’Ughelli e ripresa negli Acta sanctorum (f. 1r-18v), contiene un’abbondante raccolta di miracoli postumi, redatta ad ondate successive e globalmente più importante della Vita stessa (f. 18v-39r). Sempre nel fondo dei Codices Barberiniani latini, alla voce “codex 1803 (prius XXIX. 147)”, il catalogo dei manoscritti agiografici del Vaticano segnala una raccolta composita, nella quale si trova, ai f. 25r-27v, una sezione di carta che contiene “Praecisa verba ex Vita S. Berardi ep. Marsorum a suo familiari scripta anno MCXXX = BHL. 1176, num. 4, 5”. Questa copia, eseguita nel Seicento, di un breve estratto della Vita di Berardo era già nota ai Bollandisti, che l’avevano utilizzata nell’edizione degli Acta sanctorum di novembre. Ma curiosamente, i supplementi della Bibliothecae hagiographica latina, tanto quello del 1911, quanto quello del 1986, hanno omesso di recuperare le informazioni contenute nel Catalogus codicum ha- giographicorum Bibliothecarum Neapolitanarum pubblicato negli Analecta Bollandiana del 191141.

28 P. Toubert, op. cit., p. 43-47; Berardo dei Marsi, Brunone di Segni, Celidonia, Domenico di Sora, Lorenzo il Corazzato, Lidano, Pietro d’Anagni, Pietro Parenzo, Pietro di Trevi, Rosa da Viterbo. 29 F. Dolbeau, “Le dossier de saint Dominique de Sora, d’Albéric du Mont-Cassin à Jacques de Voragine”, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, 102, 1990, p. 7-78. 30 B. Gigalski, Bruno, Bischof von Segni und Abt von Monte-Cassino (1049-1123). – Sein Leben und seine Schriften, Münster i. W., 1898. 31 P. Toubert, op. cit., p. 44, nota 1, e p. 808, nota 4; p. 46, nota 1, e p. 808, nota 2. 32 P. Ottaviani, “Berardo, vescovo dei Marsi, santo”, in Bibliotheca sanctorum, 2, Roma, 1962, col. 1268. Invece, eccellente articolo di Z. Zafarana, “Berardo, santo”, in Dizionario biografico degli Italiani, 8, Roma, 1966, p. 775-776. 33 P.F. Kehr, Regesta Romanorum pontificum — Italia pontificia sive Repertorium privilegiorum et litterarum a Romanis pontificibus ante annum MCLXXXXVIII Italiae ecclesiis, monasteriis, civitatibus singulisque personis concessorum, 4. Umbria Picenum Mar- sia, Berlino, 1909, p. 239-240. 34 P. Toubert, op. cit., p. 43-44, nota 2 e p. 808, nota 3. 35 P. Toubert, op. cit., p. 44. 36 P. Toubert, op. cit., p. 43, nota 2. 37 Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatis. Novum supplementum, Bruxelles, 1986, che riprende gli stessi ele- menti in maniera identica, p. 139. 38 Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatits. Supplementi editio altera auctior, Bruxelles, 1911, p. 51. 39 Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatis, 1, Bruxelles, 1898, p. 176. 40 A. Poncelet, Catalogus codicum hagiographicorum latinorum Bibliothecae Vaticanae, Bruxelles, 1910, p. 479-480. 41 Il supplemento del 1911 ha potuto recuperare le informazioni del catalogo della Vaticana apparso l’anno precedente, ma non ha potuto integrare quelle del catalogo di Napoli, poi dimenticate nel 1986. L’eccellente sito BHLms consente di riunire tutti questi elementi. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 17

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Ora, nel fondo della Bibliotheca Brancacciana in seguito integrata alla Biblioteca nazionale Vittorio Ema- nuele III di Napoli, si trova notizia, sotto la collocazione “codex III. F. 9 (olim 2. H. 13)”, di una raccolta principalmente dedicata alle Vitae dei santi dell’Italia meridionale, che contiene una sezione dedicata a Berardo dei Marsi42. Questo manoscritto di carta di 462 fogli è una raccolta eteroclita, sia per i caratteri dei secoli XVI-XVII quanto per le dimensioni dei quaderni, come lo è la maggior parte dei volumi della Brancacciana. La sezione dedicata a Berardo si trova nel primo volume, ai f. 202r-225r, riprodotta da una mano del Seicento. Vita (f. 203r-213r) e miracoli (f. 213r-225r) si avvicendano. L’autore del catalogo napo- letano, Albert Poncelet, già responsabile del catalogo agiografico della Vaticana, ha sottolineato l’identità di questi testi relativi a Berardo con quelli del Barb. lat. 2368. Non è il caso di elencare qui tutti i particolari che consentono di ricostruire la genesi e la tradizione del dossier agiografico di Berardo vescovo dei Marsi43. Ne forniremo un riassunto, insistendo sul carattere ipo- tetico di alcuni segmenti del ragionamento. Berardo muore alla testa della diocesi dei Marsi il 3 novembre 1130. Il suo fedele discepolo Giovanni, canonico della Cattedrale Santa Sabina di Valeria diventato vescovo di Segni, redige la Vita e una prima raccolta di miracoli44. La continuazione dell’opera è assicurata da una serie di autori anonimi, probabilmente canonici di Santa Sabina; uno degli episodi registrati accade nel 116745. L’ultima raccolta di miracoli si può far risalire al momento della traslazione solenne del santo corpo, la cui data non è sfortunatamente precisata46. Ci sono tutti i motivi per supporre che questo dossier ebbe una tradizione medievale molto ridotta: il santo vescovo non è segnalato né nelle raccolte di leggende, né nei volgarizzamenti agiografici noti47. Nel 1580, la cattedrale della diocesi dei Marsi lascia Valeria, questa strana sede episcopale priva di agglomerato urbano distesa sulla riva orientale del lago del Fucino48, per insediarsi un po’ più a nord-est a Pescina. Anche il corpo di Berardo trasloca e, molto probabilmente, con esso, il manoscritto della sua Vita e dei suoi miracoli. Nel 1625, nel suo Catalogus generalis sanctorum qui in Martyrologio Rom. non sunt, Filippo Ferrari nota sotto il 3 novembre, su Berardo: “Corpus Piscinae, una cum vita M.S.”; e ancora: “Extat vita illius m. S. In qua plura miracula referuntur”49. La notizia è ripresa da Alfonso Chacon nell’edizione del 1630 delle Vitae et gestae summorum pontificum Romanorum50. Nel 1631, un parente del cardinale Cesare Baronio, Muzio Febonio, nativo di ma formatosi culturalmente a Roma, è nominato abate di San Cesidio di , sulla riva meridionale del lago del Fucino. Diventa (ed è restato) l’inevitabile erudito locale dei Marsi51. Nei suoi anni romani, Febonio si era legato con Lukas Holste, luterano di Amburgo convertito al cattolicesimo, ellenista, geografo, protetto dal cardinale Francesco Barberini e suo bibliotecario dal 1636. Affascinato dalla Via Valeria e dal lago del Fucino, Holste compie numerosi soggiorni in Abruzzo, almeno a partire dal 1634: altrettante occasioni per ritrovare il suo amico Febonio52. Si può supporre che l’abate di Trasacco parlò a Holste del manoscritto della Vita e dei miracoli di Berardo e che l’erudito tedesco, sem- pre a caccia d’inediti per se e per il suo mecenate, fece realizzare una copia parziale, come campione, del- l’originale conservato a Pescina; questo spiegherebbe l’esistenza del corto estratto del Barb. lat. 1803, che

42 A. Poncelet, “Catalogus codicum hagiographicorum Bibliothecarum Neapolitanarum”, in Analecta Bollandiana, 30, 1911, p. 232-233. 43 Spero di poter prossimamente pubblicare l’edizione delle fonti medievali, con una presentazione della loro tradizione mano- scritta e del loro interesse storico. 44 BHL 1176 e 1176 b = Barb. lat. 2368, f. 1r-29r. 45 BHL 1176 d (non c’è il 1176 c) = Barb. lat. 2368, f. 29v-30v; BHL 1176 e = Barb. lat. 2368, f. 30v-32r; BHL 1176 f = Barb. lat. 2368, f. 32r-34v (la data del 1167 può essere stabilita tenendo conto della lezione del Branc. III. F. 9). 46 BHL 1176 h (non c’è il 1176 g) = Barb. lat. 2368, f. 34v-39r. 47 Non c’è traccia di Berardo nella Biblioteca agiografica italiana, a cura di J. Dalarun e L. Leonardi, Firenze, 2003. 48 La Vita medievale definisce l’antica Valeria Marsicana civitas o civitas Marsorum. 49 F. Ferrari, Catalogus generalis sanctorum qui in Martyrologio Rom. non sunt, Venezia, 1625, p. 430-431. 50 A. Chacon, Vitae et gestae summorum pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, Roma, 1630, col. 446. 51 F. Pignatti, “Febonio (Feboni, Febbonio), Muzio”, in Dizionario biografico degli Italiani, 45, Roma, 1995, p. 546-548; Muzio Febonio nel quarto centenario della nascita (1597-1997), a cura di V. Esposito e G. Morelli, L’Aquila, 2000; T. Caliò e R. Michetti, “Un’agiografia per l’Italia. Santi e identità territoriali”, in Europa sacra. Raccolte agiografiche e identità politiche in Europa fra Medioevo ed Età moderna, a cura di S. Boesch Gajano e R. Michetti, Roma, 2002, p. 147-180. 52 R. Almagià, L’opera geografica di Luca Holstenio, Città del Vaticano, 1942. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 18

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valorizza l’episodio più colorito del percorso biografico di Berardo53. Il testo parziale suscitò interesse e l’intero fascicolo fu copiato e così nacque il Barb. lat. 2368. Precisiamo. Che Febonio e Holste siano stati l’anello di congiunzione tra un manoscritto medievale abruz- zese e le due copie del Seicento è un’ipotesi, perché il primo è vicino al punto di partenza, mentre l’altro a quello di arrivo e che le relazioni tra i due uomini sono accertate. Che tale manoscritto sia l’antico codice conservato a Pescina non va provato. Ciononostante, che le due copie abbiano origine da un unico modello sembra molto probabile visto la similitudine delle lezioni del testo. Che la trascrizione parziale e quella completa nascano dallo stesso impulso è un fatto quasi certo, nella misura in cui le filigrane delle carte uti- lizzate sono le stesse54. Che il cardinale Francesco Barberini sia stato il destinatario finale dei due mano- scritti si desume dal fatto che hanno impresse le api di famiglia e le armi di Francesco nel caso del Barb. lat. 2368, mentre l’altro il Barb. lat. 1803, volume composito, è esplicitamente dedicato a Francesco55. Che le copie siano fatte risalire agli anni 1630 non è in contraddizione con i caratteri in uso nel tempo, con le date della vita cardinalizia di Francesco56, con l’attività di Febonio57 e Holste58. Fissare per loro il terminus ante quem del 1644, è desunto per congettura da ciò che segue. Nel 1644, Ferdinando Ughelli pubblicava il primo volume della sua Italia sacra. Nella sezione dedicata ai vescovi dei Marsi, ringrazia esplicitamente il suo corrispondente dell’Abruzzo Muzio Febonio, abate di San Cesidio di Trasacco59. Ci sono tutte le possibilità che Febonio abbia fornito alla grande opera erudita la copia del dossier di Berardo. D’altronde, Ughelli afferma di basare la sua edizione della Vita di Berardo “ex antiquissimis Transaquensis Ecclesiae membranis” e non sul manoscritto di Pescina60. La trascrizione del codice di Napoli Branc. III. F. 9 incrocia la quasi totalità delle varianti dell’edizione dell’Ughelli, incluse varianti sbagliate. Ma alcune rare lacune del codice napoletano, non reperibili nel libro stampato, impedi- scono di considerare questa copia il manoscritto di riferimento dell’edizione61.

53 Dopo essere stato ordinato accolito e aver ricevuto una solida istruzione al monastero di Monte-Cassino, Berardo è stato no- minato conte di Campagna romana. Ma Pietro Colonna, console di Roma, saccheggia i beni della Chiesa con i quali confina e ri- catta i membri della Curia. A sua volta, Berardo è catturato e gettato in una cisterna a Palestrina. Uno suo parente, il miles Giovanni da Petrella, si traveste da mendicante, localizza il luogo dove Berardo è tenuto prigioniero e, -miracolo! - sollevando il pesante coperchio della cisterna e con le sentinelle che dormono sopra, libera Berardo. L’episodio offre all’agiografo un ricco ventaglio tipologico; rappresenta soprattutto una svolta nella vita di Berardo: affermandosi come difensore eroico degli interessi della Sede Romana, è ordinato diacono-[cardinale] di [Sant’Angelo] in Peschiera da Pasquale [II]. 54 Il motivo rappresenta un monte trilobato, sormontato da una croce di larghi assi che terminano con un tratto che supera la larghezza dei montanti. L’insieme è inserito in un cerchio, il cui diametro varia tra 45 e 47 mm e che non tocca le due catenelle che lo contengono. Non abbiamo trovato traccia di questa carta nei repertori. Ognuna delle due unità (il Barb. lat. 2368 al com- pleto e l’estratto della Vita di Berardo nel Barb. lat. 1803) è scritta da un’unica mano. Ma la prima è una scrittura libraria, mentre la seconda è una corsiva, fatto che rende impossibile affermare che si tratti dello stesso copista. Si trova lo stesso tipo di scrittura libraria nel codice Barb. lat. 490, dove Muzio Febonio fece copiare l’ufficio dei martiri Ruffino e Cesidio, sepolti a Tra- sacco; e lo stesso tipo di corsiva nel manoscritto di Roma, Biblioteca Casanatense, 2375, f. 77-167, dove Febonio fece copiare otto testi relativi ai santi della diocesi dei Marsi. 55 Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 1803, f. 57r. Questi elementi possono essere sottoposti a critica. Per il Barb. lat. 2368, non si può essere certi che la rilegatura sia strettamente coeva dell’impresa di copia; nelle due miniature del volume, delle api d’oro indicano che il volume è stato commissionato da un Barberini, ma senza che sia possibile affermare che si tratta di Francesco. Per il Barb. lat. 1803, la cui struttura attuale non è quella originale, non è impossibile che il volume sovrapponga elementi che non avevano il medesimo destinatario. La serie d’indizi a favore della nostra ipotesi sembrano, tuttavia, molto con- vergenti. 56 1623-1679, ma la morte di suo zio Urbano VIII nel 1644 lo fece cadere in disgrazia e fu anche costretto ad esiliarsi in Francia; A. Merola, “Barberini Francesco”, in Dizionario biografico degli Italiani, 6, Roma, 1964, p. 172-176. 57 Abate di Trasacco dal 1631 al 1648. 58 Arrivato a Roma nel 1627, sopravvisse egregiamente alla disgrazia del suo protettore nel 1644, divenne primo custode della Vaticana nel 1653 e morì a Roma nel 1661. 59 F. Ughelli Italia sacra, sive de episcopis Italiae et insularum adjacentium, rebusque ad iis praeclare gestis deducta serie ad nostram usque aetatem, 1, Roma, 1644, col. 955; cfr. anche F.Ughelli-N.Coleti, Italia sacra, 1, Venezia, 1717, col 888, 889, 908, 912 e 915. Sull’uomo e l’opera, cfr. G. Morelli, “Monumenta Ferdinandi Ughelli Barb. lat. 3204-3249”, in Miscellanea Bibliothecae apostolicae Vaticanae, 4, Città del Vaticano, 1990, p. 243-280. 60 F. Ughelli, op. cit., 1, col. 964. 61 La copia di Napoli non è opera della mano di Febonio, come si evince dal confronto, con lettere autografe dell’erudito del- l’Abruzzo indirizzate sia all’Ughelli che a Holste: Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 3244, f. 20; Barb. lat. 3246, f. 198, 421, 438 e 484; Barb. lat. 6499, f. 12-22. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 19

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Ughelli pubblica solo la Vita, cosa che è in sintonia con la logica dell’Italia sacra62. Per quanto riguarda il dossier di Berardo, l’edizione del 1717 aumentata da Nicola Coleti, sulla quale si basa lo studio di Pierre Toubert, riproduce quasi identicamente le informazioni dell’editio princeps63. Quanto a Muzio Febonio, che morì a Pescina nel 1663, i volumi di storia regionale sui quali aveva lavorato per gran parte della sua vita verranno pubblicati a titolo postumo, nel 1673 a Roma per la Vita di s. Berardo, nel 1678 a Napoli per le Historiae Marsorum libri tres. Nella prima opera, fa allusione non soltanto alla Vita di Berardo, ma ai suoi numerosi miracoli e precisa che riprende questo contenuto dal manoscritto della cattedrale dei Marsi (quindi, quando era insediata a Pescina)64 ma non pubblica la sua fonte. Nel 1867 Paolo Panegrossi, “par- roco ne’ Marsi”64b, pubblica le Memorie storiche intorno a s. Berardo cardinale, nelle quali finisce per con- fessare che non ha trovato il manoscritto di cui si è servito Febonio65. Nel 1894, il bollandista Joseph De Backer integra il dossier di Berardo nella tomi II pars prior di novembre degli Acta sanctorum66. In man- canza di meglio, si basa sulla riedizione del 1717 dell’Italia sacra. Ma ha avuto notizia di un manoscritto della biblioteca Barberini contenente la vita “B. Bernardi ep. Marsorum”67. Purtroppo, il corrispondente romano del bollandista si smarrisce nelle collocazioni e, mancando il Barb. lat. 2368 che avrebbe risolto tutto, posa lo sguardo solo sul Barb. lat. 1803. De Backer consegna quindi la versione di Ughelli-Coleti, che tenta di correggere parzialmente e che completa, per i paragrafi 4-5, con una collazione degli estratti del Barb. lat. 1803. Altrimenti detto, disponiamo oggi di tre copie manoscritte e di tre edizioni stampate che comprendono in tutto o in parte il dossier di Berardo, vescovo dei Marsi: - il Barb. lat. 1803, copia di un passaggio della Vita di una scrittura corsiva eccezionalmente chiara e di un latino senza scorie; - il Barb. lat. 2368, copia più che accurata, lussuosa, di un italico libresco, splendidamente decorata e piena di lettere d’oro; propone l’integralità del dossier, Vita e miracoli, in un eccellente latino, ma la lettera dedicatoria all’inizio della Vita è assente; - il Branc. III. F. 9, copia di una scrittura corsiva di piccolissimo carattere e più che allentato, com- prendente punti oscuri dovuti sia a incomprensioni sia a distrazioni del copista; questa versione è però la più completa di tutte, con lettera dedicatoria, Vita, miracoli e numerosi titoli per i capitoli; (abbiamo la certezza che queste tre versioni sono indipendenti le une dalle altre68; supponiamo che le tre copie furono realizzate tra il 1631 e il 1644, data dopo la quale l’edizione dell’Ughelli avrebbe reso vana una copia ma- noscritta); - l’edizione dell’Ughelli del 1644, che comprende lettera dedicatoria e Vita, probabilmente trascritta a partire dalla Branc. III. F. 9; - la riedizione di Coleti nel 1717, che si accontenta di emendare alcune forme della precedente senza fare ricorso ai manoscritti e si limita agli stessi documenti; - l’edizione di De Backer nel 1894, che si basa sulla precedente, correggendola.

62 F. Ughelli, op. cit., 1, col. 964-976. 63 F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 893-901. 64 M. Febonio, Vita di s. Berardo cardinale della S.R.C. del titolo di S. Grisogono vescovo de Marsi, Roma, 1673, rist. da C. Grossi, Palestrina, 1708, p. 1, 4 e 137. 64b [Era il parroco di Colli e la famiglia Panegrossi in quel tempo dominava il paese, n.d.T.]. 65 P. Panegrossi, Memorie storiche intorno a s. Berardo cardinale, vescovo e protettore principale della diocesi de’ Marsi, Roma, 1867, p. 7, 16 e 110. 66 “De sancto Berardo Marsorum episcopo”, in Acta sanctorum Novembris, II/1, Bruxelles, 1894, p. 125-135, con edizione della Vita s. Berardi p. 128-135. 67 “Dr. Ludwig Bethmann’s Nachrichten über die von ihm für die Monumenta Germaniae Historica benuzten [sic] Sammlungen von Handschriften und Urkunden Italiens, aus dem Jahre 1854. Erster Theil. Der Kirchenstaat”, in Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtkunde zur Beförderung einer Gesammtausgabe der Quellenschriften deutscher Geschichten des Mittelalters, a cura di G.H. Pertz, 12, Hannover, 1874, p. 382. 68 La scarsa tradizione manoscritta basta a spiegare che i paragrafi si siano conservati in maniera pressochè identica nelle due versioni lunghe, così come la traccia di distici o di quartine nella impaginazione. Occasionalmente corretto dal manoscritto Barb. lat. 1803 o dal Barb. lat. 2368, il codice Branc. III. F. 9, anche se talvolta difficilmente leggibile, deve essere il manoscritto di base di un’edizione latina critica, non solo perché è l’unico a contenere la lettera dedicatoria e i titoli dei capitoli che in parte possono essere fatti risalire all’originale, ma anche perché offre una recensione più antica rispetto a quella dei codici della Vati- cana. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 20

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Questa messa a fuoco consente di constatare che al di là delle allusioni di Febonio, la raccolta dei miracoli di Berardo vescovo dei Marsi è sino ad oggi inedita. L’occasione è propizia per tentare di leggerla alla luce delle analisi di Pierre Toubert sulla parte pubblicata del fascicolo. Non ci sono ragioni per ritornare sullo studio autorevole che Pierre Toubert dedica al percorso biografico di Berardo, in concordia discors con il percorso di Pietro d’Anagni e Brunone di Segni: origine aristocratica del fanciullo della dinastia dei conti dei Marsi, negazione dell’infanzia, educazione monastica a Monte-Cas- sino basata sull’esegesi e propedeutica all’incarico episcopale, soggiorno alla Curia romana su richiesta di Pasquale II, sottodiaconato, amministrazione del Lazio meridionale come comes Campaniae, lotta contro l’aristocrazia locale in nome del potere pontificio, promozione al titolo di cardinale-diacono poi cardinale- prete, all’episcopato dei Marsi nel 1109, azione riformatrice multiforme, in particolare grazie alla restau- razione della vita canonica, ma anche con la correzione dei costumi dei laici, ricostruzione del potere temporale dell’episcopium, in primo luogo di quello del capitolo cattedrale, lotta contro le dinastie locali, contributo alla ricostruzione dello Stato pontificio con opere di pace e carità, legazione in Sardegna69... Così “l'uomo d’azione e ardente riformatore sempre in prima linea”70 incarna in maniera esemplare un «modello episcopale arcaico di stile puramente “gregoriano”»71. Fondandosi sulla Vita ma anche sui miracoli inediti di Berardo, Sofia Boesch Gajano ha fornito un esame conciso del rapporto del culto con il territorio72, basandosi principalmente sui lavori di Laurent Feller73 e di Antonio Sennis74. Ci accontenteremo pertanto di tentare di rispondere a due domande: come gli elementi inediti del fascicolo di Berardo permettono di completare le riflessioni di Pierre Toubert sui miracoli in quanto “segni della santità nel secolo XII”? Come contribuiscono a chiarire il processo di ricerca della ca- nonizzazione messo in risalto dalle Structures du Latium? “Il potere taumaturgico costituisce [...] il segno essenziale della santità, il più importante e il più dubbio al tempo stesso”75. Selezione, eliminazione del meraviglioso, prevalenza dei miracoli di guarigione, diver- genza tra il “classicismo taumaturgico dell’élite riformatrice e la sensibilità popolare che da libero corso, dopo la canonizzazione del santo, a questa abbondanza barocca di miracoli di cui le vitae avevano rifiutato di zavorrarsi”76: sono le evoluzioni che Pierre Toubert ha capito, andando al sostanziale. Nella Vita in effetti, se si esclude la liberazione dalla prigionia di cui Berardo beneficia, la preveggenza del- l’approssimarsi della sua morte, poi del giorno preciso di quella e il delizioso profumo che scaturisce dalla sua tomba, il vescovo compie tre soli miracoli in vita: il granaio vuoto nel quale dà ordine di andare a cercare il grano per due poverette si scopre pieno; libera un bambino dal torsolo di prugna che gli ostruiva la gola; il potente conte, che aveva scomunicato con altri tre vescovi, è assassinato la sera stessa ma Berardo riesce a raggiungere il suo capezzale prima della morte ed assolverlo. La Vita si conclude con l’annuncio generico dei “mira et innumerabilia beneficia” che si ebbero sulla tomba del santo in favore di ciechi, de- menti, di contracti e infermi di tutti i tipi. La prima raccolta di miracoli postumi, dovuta a Giovanni di Segni, ne include trentatrè, gli uni raccontati minuziosamente, altri appena evocati, tra i quali due in cui non viene precisato il tipo di affezione alleviata. Escluso il primo, irrisorio (un canonico che ritrova il suo coltello) e tre casi di possessione, tutti gli altri so-

69 P. Toubert, op. cit., p. 811-822. 70 P. Toubert, op. cit., p. 827. 71 P. Toubert, op. cit., p. 818. 72 S. Boesch Gajano, “Berardo vescovo dei Marsi tra agiografia e storia”, in La Terra dei Marsi. Cristianesimo, cultura, istituzioni. Atti del Convegno di Avezzano, 24-26 settembre 1998, a cura di G. Luongo, Roma, 2002, p. 339-364. Nel dicembre 2000, Sofia Boesch ed io abbiamo scoperto che, assolutamente per caso, avevamo tutti e due cominciato a lavorare sul fascicolo di Berardo. La ringrazio vivamente per avermi comunicato il suo articolo in bozza, mentre io gli inviavo l’edizione latina provvisoria del dossier agiografico completo di Berardo dei Marsi. 73 In particolare L. Feller, Les Abruzzes médiévales. Territoire, économie et société en Italie centrale du IXe au XIIe siècle, Roma, 1998 (su Berardo p. 761 e 805-806). 74 In particolare A. Sennis, “Potere centrale e forze locali in un territorio di frontiera: la Marsica tra i secoli IX-XIII”, in Bol- lettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo e archivio muratoriano, 99, 1991, p. 1-77; Id., “Strategie politiche, centri di potere e forme di inquadramento territoriale nella Marsica nei secoli IX-XII”, in Une région frontalière au Moyen Âge, p. 96- 139. 75 P. Toubert, op. cit., p. 823-824. 76 P. Toubert, op. cit., p. 825. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 21

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no guarigioni: venti paralizzati (le arti, tutto il corpo, un lato, la bocca...) e quattro ciechi sono liberati dai loro mali; tre miracoli sono presentati come quasi resurrezioni. I beneficiari sono in maggior parte di sesso maschile: sedici uomini, tra cui quattro sacerdoti, e sei ragazzi per nove donne e una fanciulla. Il culto è inizialmente nettamente legato al territorio della diocesi dei Marsi e compie da là qualche rara irruzione, a nord verso Penne, a sud verso Sora. Due volte una visione invoglia il futuro miracolato ad evocare Berardo; talvolta l’invocazione è formulata ad alta voce. La visita alla tomba che suscita la guarigione è lo schema più frequente di “relazione mira- colosa”, anche quando l’eccezione fa risaltare la regola: così una guarigione si verifica “etiam antequam ad sepulchrum sancti confessoris accessisset”. Solo quattro volte vengono utilizzate espressioni che indicano un voto preliminare: tre riguardano preti, tra cui un cardinale; l’ultimo un ragazzo che promette di servire la chiesa di Santa Sabina. Nessuna altra forma di dono è citata. Se si percepisce una vibrazione innovativa nei miracoli ottenuti dal clero, con qualche caso di voto a distanza, per la massa dei fedeli invece, la venuta sulla tomba del santo corpo resta il mezzo normale per meritare la grazia di una guarigione. La fase di stesura successiva è quantitativamente molto povera con i suoi tre episodi; ma, forse per la loro rarità, sono raccontati minuziosamente. Il primo riguarda un abitante di Miglianico77, la cui frattura della tibia si è infettata, il secondo un uomo in viaggio da Albano verso Sora, che si ammala ad Anagni ed è por- tato agonizzante a Frosinone. In entrambi i casi, allo schema della visita preliminare si sostituisce una nuova relazione, più “commerciale”: voto a distanza, guarigione, venuta successiva alla tomba portando doni. Si testano prima le capacità del santo, poi lo si retribuisce per il favore ricevuto. Il terzo prodigio del lotto non è terapeutico: la croce che orna il coro della chiesa di Santa Sabina cade nel corso di una funzione; non soltanto resta intatta, ma la sua corona di spine si stampa nel marmo del pavimento. L’ultima fase di raccolta e di stesura agisce nel momento della traslazione del santo corpo. Dei tredici mi- racoli, uno è un salvataggio di quattordici pellegrini in preda alla tempesta di un lago, otto sono degli esor- cismi, due guarigioni di paralitici e due riguardano un cieco ed una sorda. La geografia del culto non si amplia. Tra i beneficiari, eccetto i naufragati, gli uomini ed i ragazzi sono solo cinque contro sette donne. Le visite preliminari alla tomba ritornano ad essere nettamente maggioritarie. Questo fenomeno, come il balzo in avanti del numero delle donne, è strettamente legato al caso dei posseduti: sei donne per due uo- mini. La possessione, in effetti, si rovescia dal maschile al femminile tra la fine del secolo XII e l’inizio del Duecento e, per esserne liberati, la visita preliminare resta molto spesso necessaria78. Nel dossier di Berardo dei Marsi non è quindi possibile opporre dei miracoli in vita di alta qualità a dei mi- racoli post mortem che rifletterebbero una pietà popolare meno esigente: Giovanni di Segni si fa agiografo per la vita come per i miracoli postumi del santo. Nell’agiografia con base biografica solida, i miracoli in vita sono soltanto il complemento, accessorio anzi facoltativo, di un’esistenza esemplare, mentre i miracoli postumi sono la manifestazione normale, attesa, del favore divino. Vi è complementarietà e non opposi- zione79. Invece, il miracoloso cambia nel corso del Medio Evo. I lavori di Pierre-André Sigal e André Vau- chez messi a confronto80, permettono di enumerare nel dettaglio le sfumature di un’evoluzione globale che Pierre Toubert aveva percepito e di cui aveva subito descritto la causa principale: un aumento “qualitativo”, legato al grado di esigenza di una canonizzazione sottomessa al controllo romano. Se confrontati con questo schema generale, i quarantanove miracoli postumi di Berardo dei Marsi lasciano un’impressione dubbia. La prima raccolta, con la predominanza dei contracti, la visita preliminare quasi sistematica alla tomba, dementi maschili maggioritari, ha aspetti molto “arcaici”; la sola variante real- mente nuova è da ricercare nel caso del cardinale che formula un voto a distanza. La seconda fase sembra evolvere verso una relazione miracolosa più “moderna”81, con ricompensa a posteriori del santo. La terza

77 Nella diocesi di Chieti. 78 J. Dalarun, La Malavventura di Francesco d’Assisi. Per un uso storico delle leggende francescane, Milano, 1996, p. 110-111. 79 J. Dalarun, “Miracolo e miracoli nell’agiografia antoniana”, in Il santo, 36, 1996, p. 206-207; Id., La Malavventura, p. 97- 119. 80 A. Vauchez, op. cit., p. 519-558; P.-A. Sigal, L’homme et le miracle dans la France médiévale (XIe-XIIe siècle), Parigi, 1985; riassunto di queste evoluzioni in J. Dalarun, La sainte et la cité. Micheline de Pesaro († 1356) tertiaire franciscaine, Roma, 1992, p.49-75. 81 Utilizziamo gli aggettivi “arcaico” o “moderno” senza giudizio di valore, con riferimento alle evoluzioni evidenziate dagli storici del miracolo. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 22

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indica una netta regressione con un ritorno delle visite preliminari alla tomba; il solo elemento di novità è da individuare nelle femminilizzazione degli indemoniati. Punto comune dei tre periodi: il debolissimo nu- mero di miracoli presentati come risurrezioni. Per prendere rilievo, questi approcci antropologici devono essere correlati con le strategie caotiche che animano il culto di Berardo. L’autore della Vita e della prima raccolta di miracoli postumi è un canonico di Santa Sabina, Giovanni, di- scepolo di Berardo sin dall’infanzia, vescovo di Segni quando prende la penna per scrivere. Il destinatario di Giovanni di Segni è un certo Ioannes Furatus, prete, canonico di Santa Sabina. E’ presentato anche come il committente perché ordina a Giovanni – e gli ripete con tutti gli altri canonici- di consegnare la vita e i miracoli del loro defunto pastore “ita quod in sancte Romane Ecclesie consistorio pro eodem cano- nizando honore et indubitate, tactis Evangeliis, firmare possint”. Per definire questo comando, il termine petitio o adpetitio è presente due volte nella lettera dedicatoria, il termine mandatum a tre riprese nella rac- colta dei miracoli. Giovanni di Segni descrive il suo lavoro da agiografo con molti dettagli. Per raccogliere le informazioni sul periodo dell’episcopato di Berardo o su alcuni dei suoi miracoli, ha spesso utilizzato i suoi ricordi; fa appello, prioritariamente, anche alla testimonianza dell’uno o dell’altro dei suoi confratelli, accessoriamente di un personaggio prestigioso, sia religioso sia laico, esterno al capitolo, per i prodigi in vita nonché post mortem82. Inoltre, credo di capire che, tanto per la parte biografica (“quia secundum meam scientiolam eadem iam scipseram”) che per la raccolta dei miracoli (“in commentariolo unde haec sumpta sunt”), disponeva di una prima bozza scritta. Il lavoro di Giovanni di Segni sarebbe stato quello di dare una forma più raffinata alla sua prima stesura della Vita e di ricopiare in bella (“in meo libello, immo in meo quaternione”) gli ap- punti relativi ai prodigi completandone le informazioni. Per i miracoli postumi, Giovanni sostiene di averli presentati nell’ordine cronologico in cui erano avvenuti e così come li aveva trovati elencati. I canonici di Santa Sabina, presenti nella Vita, sono anche testimoni di valore per i miracoli. Giovanni di Segni sottolinea volentieri se sono sacerdoti o diaconi; cita i titoli di prior, camerarius, praepositus, archi- presbyter, cellerarius. Naturalmente ci si dovrebbe attendere che i confratelli siano i principali promotori del culto del loro ex vescovo. Il primo miracolo della raccolta (il coltello ritrovato) avviene in favore del priore di Santa Sabina, Ioannes Probati, ma in realtà, questi lancia una sfida al morto: “Domine mi pater, episcope Berardi, si vera sunt quae de te opinatur et asseruntur, ut de certo me certiorem reddas, redde mihi cultrum meum!”. Se il beneficiario del secondo miracolo è un laico, è comunque un arciprete defunto, zio paterno di due canonici, che induce con un’apparizione il malato a ricorrere all’intercessione di Berardo. Per il terzo, una madre di sua iniziativa conduce suo figlio sulla tomba, “sancti confessoris et episcopi Be- rardi fama sanctitatis interea crescente”. Un attimo di esitazione, il lancio del culto da parte di canonici, il tramite dei fedeli: lo schema sembra clas- sico. Sennonché il miracolo successivo, avvenuto due anni dopo la morte di Berardo, è l’occasione per un conflitto che prova che le cose non sono così semplici: mentre una cieca arriva sulla tomba nella speranza di una guarigione, il prevosto Stefanus vieta ai suoi confratelli di dare la minima pubblicità (praedicare) ai miracoli di Berardo; la folla minaccia allora di lapidare questi canonici che vogliono nascondere il potere e le virtù del santo. La guarigione della cieca sblocca favorevolmente la situazione e i monaci del vicino mo- nastero di San Benedetto si uniscono nelle lodi a Berardo. La vox populi è quindi presentata come il fattore determinante dello slancio che prende il culto83. Del resto la raccolta di Giovanni di Segni si apriva così: “Mortuo itaque sancto, nemine praedicante, nemine monente, nemine suadente, viri ac mulieres, pueri et senes, parvi et magni dicere divino spiramine subito coepere: ‘Episcopus Berardus sanctus est’. Et si cui infortunium, sicuti solet, casu occidebat, mox ad sui auxilium ipsum sanctum invocabat, dicens: «Sancte Berarde, adiuva me!»”. La guarigione della cieca, risolvendo miracolosamente il conflitto tra i canonici ed i fedeli, dà inizio al vero culto pubblico: seguono ventiquattro miracoli che coinvolgono tutti persone estranee al capitolo cattedrale, ventitrè laici ed un sacerdote. A questo punto Giovanni di Segni si concede una pausa e apostrofa brutalmente il suo committente. Non è il primo segno in questo senso. Nella lettera dedicatoria, poi nella Vita, Giovanni di Segni aveva scherza-

82 Ad esempio il conte Rainaldo da Celano; Catalogus baronum, a cura di E. Jamison, Roma, 1972, p. 214-215, e Catalogus ba- ronum. Commentario, a cura di E. Cuozzo, Roma, 1984, p. 335-336. 83 P. Toubert, op. cit., p. 74, nota 4. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 23

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to due volte col nome di Furatus (“venerande et omni devotione digne frater et consacerdos Ioannes, nomine non re Furate”84), la seconda volta ricordandogli che aveva assistito all’episodio del granaio miracolosa- mente riempito. Nella raccolta dei miracoli, l’aveva di nuovo interpellato per rammentargli che conosceva perfettamente l’arciprete defunto apparso in visione ad un malato. Lo aveva ancora chiamato in causa in uno degli episodi successivi: “existente te mecum teste, immo, ut salva tua pace loquar te dubitante – et pro dubitatione modice fidei te testem dico, quoniam dubitatio te testem facit et ob id testis diceris, reve- rende frater et consacerdos Ioannes Furate”. Ma dall’insinuazione si passa improvvisamente all’attacco, frontale. Giovanni di Segni rammenta le tappe fondamentali della sua fatica. Precisa che si è messo a lavoro su sollecitazione e sotto il controllo di due canonici, Benedictus Pinctomani et Brunutius85 (in contraddizione apparente con la lettera dedicatoria che presentava il vescovo di Segni in pacata conversazione nel chiostro di Santa Sabina con Ioannes Furatus, ordinandogli esplicitamente di registrare Vita e miracoli di Berardo). Mentre il prelato agiografico ha messo per iscritto queste prove di santità, il suo strano committente dubita ancora. E Giovanni di Segni invoca prima Dio come testimone, poi accusa gli invidiosi che, pretendendo che tutto ciò che si dice su Berardo è falso, proibiscono ai fedeli di affluire verso la tomba del santo corpo con delle offerte86. Da quel momento, l’agiografo non pone più freni alla sua collera. Gi interrogativi stravolti, gli apostrofi rabbiosi a Ioannes Furatus si moltiplicano. Il miracolo successivo riguarda un sacerdote colpito da paralisi e da afasia per aver proibito al popolo di andare sulla tomba di Berardo e che deve la sua guarigione al fatto che i suoi parenti e confratelli lo raccomandano al defunto vescovo. Di nuovo, Giovanni di Segni invita Ioannes Furatus a schierarsi: non era presente? Non si ricorda il nome del sacerdote punito: (“E’ un Car- dinale, non Romano ma Celanese”87)? Perché dubita ancora? Perché non verifica la veridicità di un altro prodigio avvenuto dopo che Giovanni di Segni aveva sostenuto la santità di Berardo “in Campanea pro- vincia”? Sotto forma di un sacramentum che porta la drammatizzazione al massimo livello, l’agiografo as- sesta un’altra guarigione miracolosa, avvenuta in favore del cardinale-diacono Ottone da Benincasa, e esclama: “Et qui in causa, inquam, in canonizatione melior esse potuerit, cum vir sit magnae authoritatis et omnibus diaconis sanctae Romanae Eclesiae, quin etiam totius mundi, prior existat et maior?” Oltre a un diacono parente di Giovanni di Segni, Corrado vescovo di Sabina, “qui et domini papae vicarius habe- batur”, è stato testimone delle condizioni di salute di Ottone: “Itaque, quid dubitas, frater et consacerdos mi Ioannes Furate? Quid times sanctam Romanam pro tanto viro canonizando adire Ecclesiam? Quid du- bitas cum ibi sit qui te ex debito iuvabit, de se testimonium reddens?” Succede un ultimo miracolo e Gio- vanni conclude. “Ecce, frater, prout scivi mandato tuo parui”. Che l’agiografo finga di convincere il suo dedicatario può far parte della retorica del genere. Che una tale presentazione sottenda un po’ di verità, passi ancora88. Ma che il committente-destinatario sia presentato così decisamente ostile al successo del culto, a mia conoscenza, non ne esiste un altro esempio. Tentiamo di fare luce. Il miracolo della cieca accade due anni dopo la morte di Berardo, ossia nel 1132. Sappiamo che, da quel momento, i monaci di San Benedetto si misero a suonare le campane appena si verificava un nuovo prodigio, “per circa un biennio”. Questo periodo, che ci conduce al 1134, corrisponde alla massima fase di realizza- zione dei miracoli. Giovanni si insedia a Segni a partire dal 1130, per sostituire il vescovo precedente, Tra- smundus, che aveva sposato la causa di Anacleto II89. Sino al 1177 è vescovo di Segni, ma è sempre pronto

84 Ricordiamo che furari è un verbo deponente e che il suo participio passato ha spesso un significato attivo. Si noterà che Ioannis Probati è colui che, per primo, prova il potere di Berardo. 85 L’uno gli ha conferito lo scriptum mandatum di assistere ai miracoli; l’altro ha registrato in scriptiis gli stessi miracoli che Giovanni ha consegnato. 86 Non è difficile immaginare chi sono questi invidiosi: i quattro personaggi che dubitano della potenza di Berardo nella raccolta, o si oppongono al suo culto sono due priori e un prevosto di Santa Sabina, nonché un prete che non si sa se appartiene al capi- tolato. 87 Nuovo gioco di parole su un antroponimo, assunto come tale dall’agiografo (“satis lusimus”); ma rivolgendolo in maniera ironica al Sacro Collegio, Giovanni di Segni, fa l’annuncio discreto dell’ultima carta che giocherà. 88 Si può pensare a Gregorio IX, che commissiona a Tommaso da Celano la Vita Prima di Francesco d’Assisi nel 1228 e scettico comunque a riconoscere le stimmate del santo fino al 1237. 89 F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 1236-1237; R. Aubert,“Jean, évêque de Segni”, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, fasc. 158, Parigi, 1998, col. 620-621. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 24

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ad intervenire negli affari della diocesi dei Marsi, sulla quale sembra esercitare una sorta di legazione o di tutela, in particolare per difendere la sua cara chiesa Santa Sabina90. Ottone, della nobile famiglia romana Benincasa, è cardinale-diacono di San Giorgio al Velabro dal 1132 al 116291. Corrado della Suburra è creato cardinale-prete di Santa Pudenziana tra il 1111 e il 1114; a quest’ultima data, è uno dei sottoscrittori del- l’atto con il quale Pasquale II chiarisce a Berardo i limiti della sua diocesi92. Diventa cardinale-vescovo di Sabina nel 1126 o 1128 al massimo. Innocenzo II, confrontato con lo scisma di Anacleto II, lo lascia a Roma con il titolo di vicario nel 1130-1137, titolo che ha ancora nel 1139, poi sotto Eugenio III nel 1147 e 1151. Il 12 luglio 1153, Corrado è eletto papa e prende il nome di Anastasio IV93. La stesura definitiva del dossier di Berardo da parte di Giovanni di Segni è avvenuta pertanto dopo il 1134 e prima del 115394. Perché il vescovo di Segni non si rivolge al suo pari grado, il vescovo dei Marsi, abilitato a presentare la ri- chiesta di canonizzazione al pontefice romano? Probabilmente perché scrive in un periodo in cui la sede episcopale è vacante95. Ioannes Furatus è canonico, sacerdote; definito una sola volta come dominus et prior96, mai praepositus o archipresbyter. Il prevosto del capitolato al tempo di Berardo, Stefanus, è ancora in vita nel 1132, ma è morto al momento in cui Giovanni di Segni termina la sua fatica. In quel tempo è evidente che la sede dei Marsi è in crisi. In assenza di vescovo e di prevosto, Ioannes Furatus è la più alta autorità della diocesi. Giovanni di Segni si rivolge a lui come ultima risorsa, perché è il capitolo cattedratico che deve prioritariamente agire presso la Curia romana per la canonizzazione del vescovo defunto97. Forse Ioannes Furatus ha per qualche momento sostenuto – obtorto collo- l’iniziativa di una petitio suffragata dalla Vita e i miracoli, la cui idea originale, però, è da attribuire a Giovanni di Segni e ai canonici ai quali è più vicino. Ma nel momento in cui la stesura ha buon esito, Ioannes Furatus non vuole più sentir parlare di un passo ufficiale presso Roma. Allo stato dell’inchiesta bisogna accontentarsi di ipotesi. E’ lo scisma di Anacleto (1130-1138) che divide il capitolo di Santa Sabina? Lo stesso Berardo era succeduto al vescovo Sigenolphus (Siginulfo), ordinato dall’antipapa Guiberto da Ravenna (Clemente III, 1080-1100)98. Si ha traccia, nel 1148 e nel 1151, di una disputa tra i canonici di Santa Sabina e quelli di San Giovanni di Celano99 ma non di questo si tratta nel- l’opera di Giovanni di Segni: il conflitto è chiaramente interno al capitolo cattedrale. L’azione riformatrice di Berardo, mettendo il suo clero in riga per farne il modulo ed il modello della riforma della diocesi100, av-

90 F. Ughelli-N.Coleti, op. cit.,1, col. 903 (presente a Santa Sabina prima del 1148 per risolvere la controversia insorta tra i capitoli di Santa Sabina e di San Giovanni) e col. 904 (interviene nel 1177 a fianco del vescovo Benedetto dei Marsi per difendere Santa Sabina contro il conte Oddone); P.F. Kehr, op. cit., 4. p. 242-243 (destinatario di una lettera di Alessandro III congiuntamente a Benedetto dei Marsi verso il 1174); P. Toubert, op. cit., p. 836. 91 Acta pontificum Romanorum inedita, ed. J. v. Pflugk-Harttung, 1-3, Tübingen, 1881-1886; W. Janssen, Die päpstlichen Legaten in Frankreich vom Schisma Anaklets II. bis zum Tode Coelestins III. (1130-1198), Cologna-Graz, 1961, p. 57-58; B. Zenker, Die Mitglieder des Kardinalkollegiums von 1130 bis 1159, Würzburg, 1964, p. 159-160; S. Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten von Leo IX. bis Coelestin III. (1049-1198), Cologna-Weimar-Viena, 195, p. 205-206, ringraziando vivamente Werner Maleczek per questi tre ultimi riferimenti. 92 F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 892-893; P. F. Kehr, op. cit., 4, p. 241. 93 R. Manselli, “Anastasio IV, papa”, in Dizionario biografico degli Italiani, 3, Roma, 1961, p. 24-25; P. Toubert, op. cit., p. 835; J.N.D. Kelly, Dictionnaire des papes, Turnhout, 1994, p. 358-360; K. Smith, “Anastasio IV”, in Dictionnaire historique de la papauté, a cura di P. Levillain, Parigi, 1994, p. 87-88. Non può trattarsi di Corrado di Wittelsbach, cardinale-vescovo di Sabina dal 1163 al 1200, ar- civescovo di Magonza, legato pontificio in Baviera e arcivescovo di Salisburgo, che non portò il titolo di vicario e diventò vescovo di Sabina solo dopo la morte di Ottone. 94 Senza conoscere questi elementi, P. Toubert, op. cit., p. 808: “La data della sua redazione non ci è esattamente nota. Tutto porta a collocarla verso il 1140-1150”. 95 F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 902; P.F. Kehr, op. cit., 4, p. 242: nessun punto di riferimento certo tra la morte di Berardo nel 1130 e una prima attestazione del suo successore (B.) nel 1153-1154. Nei documenti del 1148 e del 1151 citati da F. Ughelli-N. Coleti, op. cit.,1, col. 902-904, si parla di un vescovo dei Marsi, ma senza che sia identificato. 96 Prior, senza complemento, è quì un appellativo rispettoso o il segno di una funzione? Ioannes Probati è esplicitamente definito “nostrae ecclesiae prior”. Il priore del capitolato citato nella Vita è anche cameriere del vescovo Berardo. 97 Non è già un buonissimo segno che la chiesa locale abbia dovuto prendere l’iniziativa, in mancanza di un impulso pontificio; P. Toubert, op. cit., p. 810, nota 1, p. 823, nota 1 e p. 828, nota 2. 98 Come ce lo segnala la Vita; P. Toubert, op. cit., p. 817, nota 1 e p. 834-835, nota 4. 99 Tra le mani dei quali il corpo di Berardo ha rischiato di restare nel momento della morte. F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 902- 904; P.F. Kehr, op. cit., 4, p. 244-245; P. Toubert, op. cit., p. 838, nota 1. 100 Il suo predecessore (e parente) Pandolfo aveva già agito in questo modo; P. Toubert, op. cit., p. 840-854, in particolare p. 844-846. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 25

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rebbe lasciato delle ferite non cicatrizzate e i più recalcitranti rifiuterebbero ora di onorare la memoria del loro censore? L’ultimo ammonimento di Berardo già in agonia tende esclusivamente a sollecitare i confratelli alla concordia, esaltando i meriti della vita in comune. Forse questo pezzo di bravura è stato inventato di sana pianta da Giovanni di Segni a cose fatte. A fortiori, prova che la radice delle divisioni è da ricercare in questa direzione. Alcuni canonici, tra cui Giovanni “il ladrone”, non hanno forse accettato questa regola di vita che a malincuore. Scomparso Berardo, la diocesi priva del pastore, risollevano la testa e tentano di scuotere il giogo della riforma. Vacanza episcopale, tensioni scismatiche, conflitti sulla vita canonica rin- novata101: senza dubbio tutti questi fattori si combinano per intralciare la causa di Berardo, malgrado il suo fedele discepolo ed agiografo, che continua da Segni a vegliare sulle sorti della sua diocesi di origine. Un altro scrittore prende la penna. E’ per inserire nella sua breve esposizione il racconto di un miracolo che Giovanni di Segni aveva anteriormente registrato (“exaravit”)102. Davanti al prelato e a tutti i canonici, il beneficiario era venuto a rendere testimonianza della grazia ricevuta: era stato guarito per essersi racco- mandato a Berardo il giorno della sua festa “audita eius sanctae vitae lectione”103. Nell’episodio successivo, un viaggiatore in agonia vede in apparizione i santi Nicola (di Bari), Berardo e Cataldo (di Taranto). I due altri intercessori si eclissano davanti a Berardo: “Tuum est istum hominem sanitati reddere, qui nobis vi- cinior es patriae in qua natus est et ad quam cupit remeare. Nobis vero multa, sicut nosti, incumbunt”. Il miracolo successivo – la caduta della croce in Santa Sabina – avvenne il 12 maggio 1167, mentre il vescovo dei Marsi104 canta l’uffizio di nona nel coro con i confratelli. Ognuno di questi tre miracoli ha senz’altro un unico estensore. Si diluiscono nel tempo, come se la dinamica iniziale del culto, già molto aleatoria, si fosse esaurita. L’unanimità sembra ricostruirsi intorno a Giovanni di Segni prima e al nuovo vescovo dei Marsi, poi. Abbiamo visto che le modalità dei due primi episodi sono influenzate dall’aria del tempo, ma è oramai escluso di puntare su Roma105 e il secondo episodio la dice lunga: Berardo dovrà accontentarsi di essere un santo locale, al quale due grandi figure della devozione meridionale, i cui culti sono in continuo sviluppo dalla fine del secolo XI, accettano di riservare un piccolo spazio nell’enclave perduta dei Marsi. L’ultima fase di stesura conferma la tendenza: “Gaudeat ergo Marsorum patria, quae talem ac tantum me- retur habere patronum, ac in Dei laudibus persolvendis alacriter devote consistat! Gaudeat Sancta Sabina, mater ecclesia, de tanto sponso quem habebit semper in perturbationibus omnibus defensorem! Gaudeant circumadiacentes provinciae de meritis sanctissimi confessoris Berardi, quae de ipso sentiunt commoda et animarum et corporum subsidia praecipiuntur incessanter!” I tredici miracoli registrati si svolgono prima e dopo la traslazione del santo corpo. La tempesta, che mette i pellegrini in pericolo, consente di comparare Berardo a Nicola di Bari. Ma l’attribuzione è eloquente: a Nicola il mare, a Berardo il lago del Fucino!106 Quest’ultima parte è abborracciata: nessuna data107, il nome del vescovo del momento non è citato, la ce- rimonia di traslazione non è minimamente descritta. Un ultimo sussulto di miracoli mediocri assegna defi-

101 Il periodo 1134-1153, durante il quale Giovanni di Segni mette a fuoco il dossier di Berardo, è quello della nascita del Regno di Sicilia, che include la diocesi dei Marsi e quindi la separa nettamente dal territorio romano. Creato da Anacleto II nel 1130, il Regno non è veramente unificato prima del 1139; il confine è fissato nel 1144. Se Ruggero II, dopo la morte di Anacleto II, ri- conosce l’autorità di Innocenzo II, continua ad intervenire nelle elezioni vescovili, seguito dai suoi successori. Vedi N. Kamp, “Der Unteritalianische Episkopat im Spannungsfeld zwischen monarchischer Kontrolle und römischer ‚Libertas’ von der Rei- chsgründung Rogers II. bis zum Konkordat von Benevent“, in Società, potere e popolo nell’età di Ruggero II, Bari, 1979, pp. 99- 132. In realtà, il legame tra la diocesi dei Marsi e lo Stato pontificio non è più lo stesso prima e dopo la morte di Berardo. 102 Questo passaggio si presenta dunque come un atto inserito. Se l’ordine cronologico è ancora rispettato, l’episodio accade prima del 1167. Giovanni di Segni ha preso nota, certamente su un foglio volante, della testimonianza del beneficiario che si esprime in prima persona. Il lavoro dell’amanuense si limita a ricopiare questa testimonianza precisandone le circostanze, pro- babilmente nello stesso manoscritto in cui figurava già l’opera di Giovanni di Segni. 103 Il 3 Novembre. Non abbiamo traccia di un uffizio proprio di Berardo prima del decreto di approvazione del 20 maggio 1802. 104 Berardo o Benedetto? F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 902-905. 105 Un’occasione è certamente stata mancata nel corso del (breve) pontificato di Anastasio IV, testimone di un miracolo secondo Giovanni di Segni, quando era cardinale-vescovo di Sabina. Se il pontefice intervenne nel 1153-1154 sul vescovo dei Marsi, B[erardo?], è per imporgli di restituire all’abate di Monte-Cassino chiese situate nella diocesi ma dipendenti dal monastero; P.F. Kehr, op. cit., 4, p. 242. 106 Si intuisce in effetti che il lago sul quale si alza la tempesta si trova nelle immediate vicinanze della cattedrale di Santa Sa- bina. 107 Si potrebbe supporre – ma la congettura è fragile – che la traslazione avvenga prima del 1177 poiché, in un atto risalente a questa data, Berardo è chiamato beatus: F. Ughelli-N. Coleti, op. cit., 1, col. 905. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 26

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nitivamente a Berardo il suo posto: sono ben spente le speranze riposte qualche tempo prima nella Curia romana; un culto locale è registrato, probabilmente dal vescovo della diocesi, senza che egli ritenga oppor- tuno associarvi il suo nome108. Il prelato gregoriano di una volta, portatore ormai di valori privi d’attualità, sarà appena utile per risollevare povere donne in preda al demonio. Tenendo conto dell’analisi luminosa e dinamica che Pierre Toubert ha dato della Vita di Berardo, punta di lancia della Riforma sui confini del Lazio, la raccolta inedita dei suoi miracoli postumi non apporta nulla di nuovo, se non un’ulteriore quota di oscurità. Certamente le resistenze e l’inerzia sorvegliano sempre il movimento. Ma è proprio questo che, arginato, ostacolato, però ostinato, proteiforme, dà alla storia il suo pregio e senso.

108 Una canonizzazione di minor prestigio, per translatio del corpo, resta un’eventualità ancora possibile per il vescovo locale verso il 1170; A. Vauchez, op. cit., p. 28-30. imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 27

Roma, Basilica di San Pietro, Pio VII © Antonio Barnabei Papa Pio VII (1742-1823)

“...Il culto [di San Berardo], che non fu inserito nel Martirologio Romano, fu confermato da Pio VII alla diocesi dei Marsi (1802, 20 maggio) ed esteso quindi alla diocesi di Palestrina...”

Zelina Zafarana alla voce: Berardo, Santo nel “Dizionario Biografico degli Italiani”, Istituto Treccani imp BerardodeiMarsi_OK_si_stampi:Berardo_dei_Marsi 08/04/2010 22:29 Pagina 28

Direttore di Ricerca al CNRS di Parigi, Jac- ques Dalarun, ha pubblicato questo saggio, inedito per l’Italia, nel 2003,nell’ambito del volume collettivo: Liber Largitorius: études d’histoire médiévale offertes à Pierre Toubert par ses élèves, a cura di Dominique Barthé- lemy e Jean-Marie Martin. L’accuratezza e la rigorosità del metodo d’in- dagine storico, unite ad una tecnica narra- tiva agile, serrata e coinvolgente, illuminano di luce nuova il processo di canonizzazione di San Berardo, svelandoci le vere ragioni per le quali il dossier non fu mai presentato in Curia Romana. Sullo stesso argomento Jacques Dalarun ha scritto: “Bérard évêque des Marses. Un art de gouver- ner”, in Hagiographie, idéologie et pouvoir au Moyen Âge (l’écriture de la sainteté, instrument politi- que), a cura di Edina Bozoky, e sta preparando il volume Bérard, évêque des Marses. Édition de la vie et des miracles, introduction philologique et historique, per la collana Subsidia hagiographica della prestigiosa Société des Bollandistes. JACQUES DALARUN

Di origine normanna, Jacques Dalarun è nato a Boulogne-Billancourt il 1° novembre 1952. Direttore degli studi medievali all‘École française di Roma dal 1990 al 1997, poi direttore dell’Institut de recherche et d’histoire des textes (IRHT) dal 1998 al 2004, Jacques Dalarun, medievalista di fama internazionale, è direttore di ricerca al CNRS. Insegna frequentemente in Italia e negli Stati Uniti. Ha pubblicato più di trecento titoli in diverse lingue, tra i quali una decina di libri: L’impossible sainteté. La vie retrouvée de Robert d’Arbrissel (Éditions du Cerf, 1985); Robert d’Arbrissel, fondateur de Fontevraud (Albin Michel, 1986); La sainte et la cité. Micheline de Pesaro, tertiaire franciscaine (École française de Rome, 1992); “Lapsus linguae”. La légende de Claire de Rimini (Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, 1994); François d’Assise: un passage. Femmes et féminité dans les écrits et les légendes franciscaines (Actes Sud, 1997); François d’Assise ou le pouvoir en question. Principes et modalités du gouvernement dans l’Ordre des frères mineurs (De Boeck Université, 1999); Claire de Rimini. Entre sainteté et hérésie (Payot et Rivages, 1999); La Malaventure de François d’Assise. Pour un usage historique des légendes franciscaines (Éditions franciscaines, 2002); Vers une résolution de la question franciscaine. La Légende ombrienne de Thomas de Celano (Fayard, 2007); “Dieu changea de sexe, pour ainsi dire.” La religion faite femme (XIe-XVe siècles) (Lit Verlag-Fayard, 2008); François d’Assise vu par les compagnons. Du commencement de l’Ordre, Légende des trois compagnons (Éditions franciscai- nes-Éditions du Cerf, 2009). Ha inoltre diretto: Angèle de Foligno. Le dossier, con Giulia Barone (École française de Rome, 1999); Le Moyen Âge en lumière. Manuscrits enluminés des bibliothèques de France (Fayard, 2002); Biblioteca agiografica italiana (BAI). Repertorio di testi e manoscritti, secoli XIII-XV, con Lino Leonardi (Brepols Publishers, 2003); Robert d’Arbrissel et la vie religieuse dans l’Ouest de la France (Brepols Publishers, 2004); Les deux Vies de Robert d’Arbrissel, fondateur de Fontevraud. Légendes, écrits et témoignages – The Two Lives of Robert of Arbrissel, Founder of Fontevraud: Legends, Writings, and Testimonies (Brepols Publishers, 2006); À l’origine des Fioretti. Les Actes du bienheureux François et de ses compagnons (Le Cerf, 2008); Thomas de Celano, Les Vies de saint François d’Assise. Vie du bienheureux François, Légende de chœur, Légende ombrienne, Mémorial dans le désir de l’âme (Éditions franciscaines-Éditions du Cerf, 2009); François d’Assise. Écrits, Vies, témoignages (Éditions franciscaines-Éditions du Cerf, 2010).