SAGGI

Storici municipali e regionali nell’ di età spagnola

Storiografia e giurisprudenza del Cinque-Seicento all’Aquila

di Raffaele Colapietra aÇSe la filosofia morale muove con le ragioni Ð premessa necessaria perché la rappresentazione scrive Bernardino Cirillo nella dedica, datata 20 de «gl’affanni et travagli della patria nostra et le maggio 1540 a Loreto, dove esercitava le fun- cause onde son derivatiÈ giovi a suscitare pres- zioni di governatore di quella Santa Casa, degli so i concittadini i Çcontrari andamentiÈ atti a Annali della città dell’Aquila con l’historie del Çrilevarla, conservarla et aumentarlaÈ (e sia pu- suo tempo ai magnifici signori e cittadini di re che questa raccolta documentaria non meriti, Aquila1 Ð muove assai più l’historia con gli molto significativamente, Çvero titolo d’historia esempi. Se le leggi humane puniscono gli erro- perché confesso di non saperla scrivereÈ). ri, l’historia insegna di schifargli, mostrando Pregiudiziale per quest’inversione di ten- quel che sia utile et quel che sia dannoso, quel denza è la pace interna, che la Spagna garanti- che sia vergogna et quel che si onoreÈ. sce, e della quale Cirillo è ferventissimo estima- Non si può certo affermare che un’imposta- tore, sia che si evochino le origini sveve di zione precettistica e pedagogica come questa Aquila da Federico II Çquesto inquieto impera- rivesta una qualsiasi nota di originalità nell’am- tore, che mai quietò mentre visse, né lasciò bito della storiografia post-guicciardiniana, e di vivere altri in quieteÈ o le vicende idilliche dei quella napoletana in particolare. Ma le cose tempi di re Roberto («Né per molto che corres- cambiano aspetto, ed il problema assume un’an- se la malignità de’ tempi le cose eran sì fatte di datura praticistica e connotati politici di non tra- tempera che il buono che volesse attendere a scurabile rilievo, allorché si rifletta al momento viver quietamente non avesse potuto farloÈ) o in cui Cirillo scrive ed all’argomento del suo quelle tempestose di Ladislao che Çfu bello di discorso, l’autoritarismo di governo del viceré persona et hebbe molte guerre …onde inquietò Toledo da un lato, la vittima più illustre del molto altre et sé stesso» sia persino che si sistematico assolutismo spagnolo tra gli organi- richiamino alla memoria personaggi grandeg- smi comunali meridionali, dall’altro. gianti della storia cittadina, come quel conte Di queste vicende il Cirillo è stato testimone Lalle Camponeschi che a metà Trecento aveva e talora protagonista, e perciò il suo «esempio» riempito di sé le cronache abruzzesi col suo par- acquista una concretezza particolare nell’ambi- teggiare autorevolissimo per Ludovico d’Un- to dei rapporti tra le città provinciali ed il cen- gheria fino ad attirarsi violentemente la morte tralismo vicereale (della monarchia di Spagna) ad opera di Filippo di Taranto con conseguente al pari mutatis mutandis della problematica feu- prima e profondissima crisi costituzionale nello dale ed aristocratica che avrebbe suscitato, nella svolgimento statutario del comune aquilano stessa prospettiva dialettica, ed attraverso un (ÇQuesto fu il fine del conte Lalle, dopo l’haver ÇesempioÈ non meno ingente, Camillo Porzio. ucciso molti, posta la patria in gran travagli et Cirillo sa che Aquila è stata sempre soggetta spese, usato ribellione al principe et fatti danni all’altrui dominio, e perciò taglia corto con le infiniti a’ suoi contrari col suo perpetuo gareg- velleità repubblicaneggianti delle evocazioni giareÈ). romane, ateniesi e spartane (ÇLa corporazione A conseguire questo fine peraltro i sovrani non deve farsi tra cose dissimiliÈ) affermando debbono contribuire in modo determinante (e implicitamente un rigoroso lealismo, che è la qui anticipiamo il valore emblematico che a-

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 5 vrebbe assunto la stilizzazione di Federico munque, questo desiderio aveva un obiettivo d’Aragona nell’opera storiografica del Porzio) ben preciso, di cui il Cirillo aveva avuto modo guardandosi dal modello infausto di Bonifacio di discorrere in tutt’altra circostanza a proposi- VIII «esempio a’ principi secolari, non tanto a’ to dei tumulti popolari seguiti alla grande care- capi della Chiesa, che si dilettan d’essere più stia del 1330 (Çé naturale usanza che i miseri et temuti che amati da’ vassalli, dovendo temere bisognosi in simili tempi vorrebber l’abbondan- ognuno per sé chi vuol far temere altriÈ o da za a spese altrui, non avendo più innanzi gl’oc- quello machiavellianamente deteriore di Ludo- chi che l’utile et l’interesse loro») ma che ora, vico d’Ungheria che si era «insignorito del nella prospettiva e quasi nell’imminenza di un regno più per spavento et oppinion delle genti rivolgimento che si supponeva poter essere radi- che per virtù sua propria o forza d’arme» ed calissimo, acquistava dimensioni di vero e pro- ispirandosi viceversa alla Çnatura benigna et prio sconvolgimento sociale: ÇEran venute grataÈ, al Çvalore et animo grandeÈ di Giovanna quelle genti in tanta rabbia Ð scrive il Cirillo, II (una sovrana eminentemente discussa e di- testimone oculare, non si dimentichi, e cittadino scutibile, ma a cui l’ispirazione patriottica della investito di responsabilità non indifferenti, in storiografia napoletana contemporanea guarda uno dei brani anche artisticamente più efficaci come all’ultima espressione dell’indipendenza dell’intera opera – che parevano uscite di senti- nazionale prima delle novità aragonesi e casti- mento poiché non solo di niuna ragione erano gliane) costantemente mostrati pur nelle Çspes- capaci ma se l’un d’essi camminava solo per la se mutationiÈ onde il suo regno avventurosissi- strada andava gridando fra sé stesso muoiano i mo era stato funestato. traditori et viva la povertà, senza saper né di chi Alla savia moderazione dei sovrani i sudditi né di quali parlassero, ma pareva che o per risponderanno con un irrigidimento lealista influsso de i cieli o per maligni stravaganti antipopolare che costituisce uno dei fondamen- humori che gl’andavan per dosso fossero incor- ti più caratteristici della prospettiva politica del si in questa frenesia. Se avveniva che da qualche Cirillo. lor conoscente con piacevol modo fosse lor «Il più delle volte l’amore et affetione ne’ detto quel che volevano et quel che cercavano, popoli suol nascere dall’utile», egli lo sa benis- et chi era che gl’avessero offesi, et chi chiama- simo anche se l’asserzione nella circostanza gli van essi traditori perché sarebber stati gl’offen- giova per ribadire la condanna della bellicosa sori puniti, stavan stupidi, non sapendo che irrequietezza dei Francesi rispetto all’ossequio dirsi, et quando rispondevano dicevano parole che sinceramente, fino alla vigilia del Lautrec, generali, che la povertà non potea più restare et gli Aquilani avevano serbato nei confronti degli che bisognava uccidere i tiranni, et finalmente Spagnoli, da cui sostanzialmente «non s’era altro da loro non poteva raccogliersi se non ch’- ricevuta né di scortesia né danno» a parte l’af- havrebber voluto divitia in tempo di carestiaÈ. fievolimento e lo svuotamento, tutto sommato Uno sconvolgimento del genere, nelle sue positivi, del potere personale esercitato da stesse dimensioni informi ed apocalittiche, rap- Ludovico Franchi2. presenta la negazione violenta del buon governo Senonché, proprio in occasione della disce- comunitario, religiosamente ortodosso, politica- sa del Lautrec, con le montagne affollate di fuo- mente lealista e socialmente immobilistico rusciti, con tutta Italia in trepida aspettazione, vagheggiato dal Cirillo, e perciò l’infeudamento Çla maggior parte delle genti divennero solleva- del comitatus costituisce per lui l’assestamento te et aspettavan d’hora in hora se levassi rumo- pacifico sotto le ali protettrici della Spagna assai re senza saper nessun di loro né a che fine ten- più che non la catastrofe irrimediabile delineata, dessimo le lor speranze e disegni, ma solo per come vedremo, dai contemporanei e dai posteri. istinto di natura di popolo desideroso de novi- Gli annali servono precisamente a questa pre- tà». cettistica politica, ad inculcare negli Aquilani il Irrazionale ed approssimativo che fosse, co- senso del savio e circoscritto sfruttamento delle

6 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 proprie risorse naturali, a spingere il ceto intel- re onorevolissimamente la sua città nell’opera lettuale a guadagnare le prime fila non più con medesima, i tre giuristi, per nascita e per attivi- l’appassionamento politico ma con la riflessio- tà pubblica, sono fortemente radicati nel conte- ne dottrinaria e l’elaborazione trattatistica. E un sto della vita sociale napoletana contempora- messaggio che, nella seconda metà del Cinque- nea, e di quella aquilana in particolare. cento, verrà raccolto soprattutto dai giuristi, la Essi appartengono innanzitutto alla nuova generazione degli anni quaranta che non ha borghesia intellettuale ed affaristica che ha dato conosciuto i traumi del conflitto con l’autorità il cambio alla vecchia oligarchia mercantile vicereale, che accetta la convivenza tra oligar- dopo l’infeudamento del comitatus, il medico chia cittadina progressivamente aristocratizzata Salvatore Rustici, padre del giurista Giuseppe, in forme chiuse e magari infeudata, da un lato e, che è sceso dal castello di Rocca di Mezzo nel dall’altro, la società agraria feudale e militare quarto di S. Giorgio ad esercitarvi prestigiosa- circostante all’ombra comune dell’amministra- mente la professione, Vincenzo Trentacinque zione finanziaria e giudiziaria spagnola, che in che, nel quarto di S. Giovanni, ricava una rendi- tale ambito riprende ad esasperare la vecchia ta annua di 1530 ducati da censi e da traffico di contrapposizione città-campagna ma a danno zafferano, vino e grano, Gian Marino e Giam- esclusivo e programmatico delle università, del- battista Vivio che, nel quarto di S. Pietro, fonda- le comunità rurali e pastorali che si sono spri- no le loro fortune, per oltre settemila ducati di gionate più o meno autonomamente e vitalmen- rendita annua, esclusivamente su censi, talora a te dalla disgregazione del comitatus e che ora, carico delle più illustri famiglie mercantili della prese in mezzo tra la sopraffazione feudale e le città, come i Carli. rivendicazioni cittadine strumentalizzate dai Alessandro Trentacinque, morto nel 1599 e giuristi, vengono rapidamente soffocate in sepolto nella chiesa di S. Agostino, dove pur- un’atmosfera della quale le vicende della tran- troppo il rifacimento settecentesco ha cancella- sumanza e soprattutto quelle del grande brigan- to nell’interno ogni memoria di anteriore docu- taggio di Marco Sciarra assumono una funzione mentazione, deve la sua fama soprattutto al De determinante e dirompente. substitutionibus tractatus che, dedicato al cardi- nale Stefano Benucci ed edito dal veneziano * * * Damiano Zenari nel 1588, eccelle nel diritto pri- vato testamentario, al pari di Variarum resolu- Tra il 1540 ed il 1543 viene alla luce in tionum libri tres (Venezia, Evangelista Deuchi- Aquila un drappello d’intellettuali di prim’ordi- no e Giambattista Pulciano, 1609). no, lo storico Campana, i giuristi Trentacinque, Nella prospettiva peraltro che si è sopra deli- Rustici, Vivio. Se il primo, trasferitosi giovanis- neata le opere del Trentacinque che maggior- simo a Vicenza ed ivi assurto a notorietà larghis- mente ci concernono in questa sede sono Consi- sima come esponente estremista dell’universali- liorum sive responsorum duo volumina (Vene- smo ispanofilo in sede storiografica, si limita zia, Deuchino e Pulciano, 1610) donde l’aquila- sentimentalmente a dedicare con generosità al no Lepido Facio estrasse fin dal 1595 il Consi- magistrato aquilano il secondo volume della sua lium pro illustri civitate Aquila in causa bonate- opera fondamentale sulla guerra di Fiandra nentium, ed i Practicarum resolutionum iuris edita nel 1602 dal vicentino Giorgio Greco, a libri tres, di cui si conosce un’edizione venezia- far precedere da un sonetto del concittadino na 1609 mentre a me, nelle biblioteche naziona- Salvatore Massonio la seconda parte de La vita li di Roma e di Napoli non è stato possibile rin- del catholico et inrittissimo Don Filippo II venire se non quella dell’anno successivo, a d’Austria Re delle Spagne apparsa nei 1609, cura e spese dei Rolandi, presso la tipografia quando il Campana è già morto, ed il figlio Richter di Francoforte sul Meno. Agostino ne ha raccolto la eredità letteraria, Il Trentacinque inaugura la serie dei consilia presso lo stesso editore vicentino, ed a ricorda- e dei responsa con una conclusione intransigen-

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 7 tissima a proposito della reintegra del comitatus suis catastris posuit bona ubique sita (sic!) suo- aquilano (ÇConcludendum est annullandas esse rum civium» i quali perciò pagano in città per i omnes alienationes factas et castra reunienda possessi che detengono nei castelli e non posso- esse ad regium demanium; cum hac illustri civi- no essere costretti a pagare due volte. ÇTotum tate AquilaÈ: dove si noterà la sottigliezza di territorium quod amplectitur et castra Ð ricorda commettere la prospettiva demanialistica con apoditticamente il Trentacinque Ð est unicum et quella della ribadita subordinazione della cam- promiscuum» né il viceré Orange introdusse pagna alla città). Il comitatus è da ritenersi separazione se non giurisdizionale, e non già pel peraltro Çcollegium generale et universaleÈ in territorio Çcomune et indivisumÈ. cui vanno a devolversi i castra eventualemte Donde per l’appunto una conclusione giuri- diruti e deserti (un processo di spopolamento sdizionale, nella quale è racchiuso un po’ tutto il della montagna che significativamente s’inten- succo del delicatissimo discorso: ÇCum cives sifica nella seconda metà del Cinquecento) con Aquilani non sint subditi castris (sic!) sequitur preferenza della città nei confronti del fisco ed quod in dictis castris ad solutionem collectarum ancor più dei privati, ad onta di qualsiasi dispo- cogi non possuntÈ come lo possono viceversa sizione testamentaria dei privati medesimi o essere gli abitanti di una università i quali pos- costituzionali delle singole università. siedono bene in un castrum diruto e ciò proprio A questo punto comincia la trattazione perché comitatenses, mentre come cives Çnihil monografica sulla bonatenenza, un problema oneris sufferuntÈ. tributario molto diffuso, com’è noto, che le uni- I volumi Consiliorum del Trentacinque si versità rurali hanno suscitato nei confronti dei segnalano dunque, e si inseriscono concreta- cittadini fin dal 1560, allorché l’ipotesi della mente nel nostro discorso, essenzialmente per reintegra è cominciata ad apparire definitiva- questa prospettiva ben precisa di valutazione mente tramontata, pretendendo che gli Aquilani delle vicende aquilane, nelle quali egli, sullo siano tenuti a pagare a colletta per i beni posse- scorcio degli anni ottanta, al tempo del viceré duti nei territori delle singole università, grazie Ossunta, aveva avuto parte di rilievo sia attra- ad una completa separazione e distinzione di verso un’ambasceria non autorizzata di Cesare queste ultime dalla città, ad una esatta descrizio- Rivera al re di Spagna, che a lui camerlengo ed ne catastale, ad un’assunzione della bonatenen- ai suoi colleghi del magistrato era costata za come consuetudine generale del regno e- alquanti mesi di fortezza, e che s’inserisce per- spressamente autorizzata dal vicerè Orange fettamente nel quadro delle reazioni provinciali all’atto dell’infeudamento del comitatus, all’in- ed aristocratiche all’autoritarismo terroristico di cessante acquisto di beni già demaniali da parte quel viceré, sia attraverso l’introduzione di di cittadini aquilani, alle caratteristiche di cer- determinate formalità nella convocazione del tezza, perpetuità ed uniformità della colletta, consiglio generale di un cittadino a fuoco, che tali da sottomettervi tutti gli abitanti in un terri- gli erano valse, grazie ad imposizioni di pena, torio determinato. ad appelli ed a relazioni cancelleresche, a libe- Il Trentacinque, nel consilium che meritò rarsi Ça quadam molestia quae per quendam un’edizione a parte all’indomani della perma- redimitorem dabatur» cioè, in parole povere, ad nenza nel magistrato aquilano di due solenni evitare il controllo finanziario sullo stato discus- giureconsulti, di cui stiamo per parlare, quali il so dell’università che a più riprese i viceré cer- Vivio come camerlengo ed il Carli (1594), sot- carono vanamente di portare avanti nel corso tolinea anzitutto il carattere beneficiario perso- dell’ultimo ventennio del Cinquecento. nale e non reale della colletta in punto di dottri- La preminenza di queste vicende e di queste na, per poi rivendicare consuetudinariamente preoccupazioni è tale nel Trentacinque che egli, agli Aquilani libertà ed esenzione dalla bonaten- coerentemente del resto ad un’impostazione za dal momento che (è un’ammissione preziosa dottrinaria rigorosamente giurisdizionalistica ed sulla prassi quattrocentesca) Çsemper civitas in anti antitridentina per cui gli esaminatori epi-

8 NOTIZIE DALLA DELFICO - 4-5/2008 scopali debbono prevalere sul vescovo nel con- ne anzitutto un’obiezione politica che già era ferimento dei benefici delle arcipreture ed i stata avanzata all’indomani dell’infeudamento chierici debbono avere voto consultivo e delibe- del comitatus (ÇSi aperta praetensa rebellio rativo nel sinodo diocesano, non esita a sotto- extitisset fortasse vera ex parte civitatis… non porre i medesimi chierici a colletta, dazi e minus fuisset rebellis eius comitatusÈ) e poi la gabelle per riparare alle spese contro il brigan- Çcivitatis impotentia circa impositiones et col- taggio, come è avvenuto in Aquila, la cui descri- lectasÈ dipendente dal fatto che alcune universi- zione ai tempi di Marco Sciarra colorisce di tà spingono il loro territorio fino alle mura tinte drammaticissime le fredde pagine dottrina- medesime della città. rie del giurista aquilano3. é indubbio, insomma, che il Rustici segni Giuseppe Rustici, per parte sua4,è asceso rispetto al Trentacinque una linea difensiva rispetto al Trentacinque a più alti fastigi ammi- assai più affannosa e precaria (non può ammet- nistrativi e giudiziari, come uditore di Capitana- tersi che l’imperatore abbia voluto ad Aquila ta e giudice di Vicaria (in tal veste è morto nel- Çauferre quod suum eratÈ, i baroni del contado l’agosto 1613 a Napoli ed è stato sepolto a esercitano il mero e misto imperio a patto però Monte Oliveto), ed a più larga notorietà interna- che si neghi alle università «quicquam additum zionale, come difensore di Margherita d’Austria in praeiuditium promiscuitatisÈ) svelando, co- contro Caterina de’ Medici dinanzi ai tribunali me in quest’ultimo caso, una prospettiva pole- ecclesiastici di Roma, uditore di rota a Firenze mica che tende al soffocamento delle comunità presso il granduca Ferdinando (il figlio Giovan- contadine assai più che non alla reintegra dema- ni ha guadagnato con i Medici la dignità di niale, ammettendo significativamente che Aqui- cavaliere di S. Stefano), consulente giuridico di la Çcollectas imponebatÈ ai comitatenses che Ranuccio Farnese duca di Parma ma anche lui, perciò ad essa «solvebant» secondo l’operato al di là di una produzione dottrinale prestigiosa arbitrario di esattori e comestabuli, Çlicet plura ma puramente tecnicistica, interessa precipua- essent catastra respectu singolorum castrorumÈ, mente il nostro discorso per gli agganci politici un insieme d’incongruenze e di asserzioni apo- e costituzionali con le vicende tardo cinquecen- dittiche, in conclusione, che anticipano il pros- tesche di Aquila, agganci che vengono ragiona- simo esaurirsi della controversia in un pesante ti nei Pro fidelissima atque inclita Aquila civita- immobilismo feudale nelle campagne, in mezzo te consilia duo ex eiusdem consiliorum libris al quale non a caso gli uomini d’affari aquilani nondum editis excerpta, editi in opuscolo senza cominciano capillarmente ad infiltrarsi more indicazione d’anno né d’editore (ma vi sono nobilium. allegati i decreti del sinodo diocesano 1581 del Sintomo eloquente di siffatto esaurimento è tiburtino Mariano Racciaccari vescovo di Aqui- la circostanza che in Francesco Vivio, tornato a la e si parla di Giacomo Saluzzo presidente di fare il camerlengo nella città nativa nel 1594, Camera quale giudice delle controversie tra la dopo un’abbondante decennio trascorso nelle città e i castelli, sicché l’ultimo ventennio del udienze di Capitanata e Molise, e di Terra di Cinquecento è il periodo da prendere in consi- Bari e d’Otranto, come coadiutore giuridico dei derazione) e che vanno istruttivamente affianca- presidi nelle province economicamente più ti, così per argomento come per datazione, non- importanti del regno (e strettamente collegate ché per analogie e differenze, al consilium del all’Abruzzo aquilano attraverso la pratica doga- Trentacinque che già conosciamo. nale della transumanza) la tematica cittadina Anche il Rustici, naturalmente, insiste sulla aquilana sia completamente assente, a parte promiscuità di territorio e sulla separazione giu- magari qualche elogio di prammatica al concit- risdizionale, che presuppone l’unione preceden- tadino giureconsulto Geronimo De Rosis men- te, comprovata dall’unione del capitano per città tre balzano in primissimo piano, con un’ispira- e contado, ma all’innegabile Çdiversitas castro- zione curialeggiante del tutto insolita e molto rum aliquo spacio invicem distinctorumÈ oppo- interessante, i grandi temi giurisdizionali della

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 9 natura, riscossione e regolamentazione delle In realtà l’opera del Carli è una trattazione decime, dei privilegi giuridici dei chierici e sulla nobiltà, secondo un genere della cui diffu- degli ecclesiastici in generale in cui egli appare sione controriformistica e tardocinquecentesca particolarmente liberale, dei rapporti tra cittadi- è certamente inutile far parola, ma la cui appari- ni e feudatari, fra il diritto statutario e consuetu- zione ad Aquila è rappresentativa d’un momen- dinario da un parte e, dall’altra, legislazione to di ripiegamento, di riflessione, ben lontano vicereale, tutte le componenti più significative, dagli appassionamenti politicistici contempora- insomma, della società meridionale tardo cin- nei sulla reintegra del contado, e che anticipa i quecentesca5 rispetto alle quali Aquila ed i suoi tempi nuovi, dei quali saranno espressioni circoscritti problemi cominciano ad assumere amare e polemiche rappresentanti dell’antica una dimensione schiettamente anacronistica oligarchia quattrocentesca intellettuale ed sotto il profilo politico, quando non addirittura, armentaria come il Caprucci ed il Crispomenti. assai più profondamente in prospettiva letteraria Sul problema della nobiltà, sulla sua provenien- e sociologica, i connotati e la coloritura del za dalla virtù, dalle ricchezze o dal sangue, il mito. Carli è prudentemente incerto («Non audeo decidere, ad obviandum et evitandum odiaÈ) ma * * * anche significativamente eclettico nella convin- zione che Çduo vincula magis ligent quam Tale assunzione è programmatica ed esplici- unum, et tria magis quam duoÈ. Egli ritiene ta nella generazione cinquecentesca degli anni peraltro, che un Çnobilis ex virtuteÈ che eserciti cinquanta, così nella petrarcheggiante e preba- una professione senza macchiarla Çratione vilis roccheggiante personalità letteraria ed antiquaria exercitiiÈ, come ad esempio un dottore Çqui per di Salvatore Massonio come nell’opera giuridi- curias procurando vacaretÈ, verrebbe a perdere ca, ormai esclusivamente astrattizzante e teo- irrimediabilmente la sua nobiltà «ex hoc solo retica, di Giacomo Carli6. cum teneatur solum consumere, arbitrari et iudi- Uomini di diversissima origine, è bene care, nec non et advocare, et maxime supremis notarlo, il Massonio venuto su da una famiglia officialibus, et omnino se abstinere a procuran- di homines novi affine ai Rustici, il Carli appar- doÈ, giacché in tal caso la sua non sarebbe altro tenente alla più prestigiosa famiglia mercantile che Çmechanica arsÈ: ed è appena il caso di sot- aquilana, che con Antonio e Alessandro è stata tolineare questa rivendicazione del primato arbitra dei destini della città, e con Giambattista della libera scienza del diritto così sull’avvoca- vescovo di ha fatto sentire autorevolis- tura come sulla magistratura, questa liquidazio- sima la sua voce nella corte quattrocentesca dei ne dei giuristi aquilani, da Rustici a Vivio, che Riario, e delle cui ricchezze (più di ventimila avevano voluto burocratizzarsi, in nome di ducati annui nel 1580 al netto dei debiti) Çadhuc un’intellettualità militante più sciolta, fornita loquuntur palatia ampla fundata maximis secentisticamente di Çnobilitas ex virtuteÈ au- impensis, grex et armenti copia, territoria tentica ed indiscutibile, quella ÇnobilitasÈ del magnaÈ per usare le parole caratteristicamente ceto intellettuale che ha spinto Margherita orgogliose di Giacomo medesimo nella disser- d’Austria a stanziarsi in Aquila, il che non a- tazione genealogica che riempie l’epistola dedi- vrebbe fatto Çnisi nobiles recidere cognovissetÈ. cata al magistrato aquilano del Gemmatus pavo Alla ÇvirtusÈ, comunque, il Carli è ben con- coloribus seu capitibus distinctus, l’opera eti- scio di poter accoppiare personalmente il Çsan- mologica e definitoria di diritto canonico e civi- guisÈ, e ciò lo induce a rivendicare vivacemen- le che Giambattista Ciotto gli stampa a sue te, anche se alquanto a sproposito, la nobiltà spese in Venezia nel 1594, e che prende sinto- della madre, una Branconi aquilana, e della mo- maticamente il nome dal pavone, l’insegna aral- glie, addirittura una Colonna, mentre gli Çhomi- dica dei Carli che ancora oggi campeggia su nes procedentes ab antiqua prosapia nobiliÈ gli cortili e portali della città. appaiono in grado di denotare Çcertas gratias

10 NOTIZIE DALLA DELFICO - 4-5/2008 innatas et quasdam proprietates et praerogativas gio 1593 al magistrato ed ai cittadini aquilani da summopere singulares, vitae politicae et cristia- Aquila I¡ gennaio 1594 al cardinale Alessandri- nae conformesÈ in modo siffatto che l’avvocato no, ne fu procurata nel 1594 dagli stampatori colto ed il gentiluomo cattolico valgano ad inte- Isidoro e Lepido Facio, operanti all’Aquila qua- grarsi in una personalità composita estrema- li ultimi eredi della grande tradizione editoriale mente rappresentativa dell’atmosfera della con- tardocinquecentesca che, dopo i precoci splen- troriforma. dori quattrocenteschi, aveva potuto annoverare, Questo personaggio, pur nella sua stilizza- nel corso degli anni settanta ed ottanta del seco- zione ormai accentuatissima, vive ed opera in lo, i nomi del Cancer, di Georges Daghan, e so- Aquila, in seguito a quella vocazione provincia- prattutto del Cacchio, l’editore di Angelo Di le che rappresenta un fenomeno vistoso e per Costanzo10. più rispetti significativo nella città abruzzese a ÇIl giovamento ch’io ho potuto hora farle Ð partire dal secondo Cinquecento, ma tutt’altro scrive il giovane Massonio ai magistrati aquila- che peculiare di essa, dopo la particolare politi- ni nella dedica del Dialogo a proposito della sua ca del Toledo nei confronti dell’intellettualità città – è stato di sollevarla dal gravissimo peso militante, la chiusura delle accademie, e l’arroc- di coloro i quali o a lei attribuiscono quel che camento patriottico e tradizionalistico della sto- non è o la scemano di quel ch’è suo». E che tale riografia napoletana dell’epoca. peso fosse poco men che oppressivo, e certa- Anche il Carli perciò dedica una parte non mente fastidiosissimo per patrioti appassionati trascurabile della sua opera alle singolari vicen- come il Massonio, è confermato dal giurecon- de costituzionali della sua città, sorta Çcum sulto Lucrezio Agnifili in uno dei carmi intro- licentia et iussu» dell’imperatore Corrado IV duttivi al Dialogo allorché afferma che Aquila (quest’intervento determinante dell’autorità so- «serpere visa fuit» prima dell’opera rinnovatri- vrana segna un elemento essenziale di differen- ce e rivendicatrice del giovane Salvatore. ziazione rispetto all’autonomismo popolareg- Tale opera si basa, fondamentalmente, sul- giante ancor vivissimo nel Cirillo, e le cui origi- l’affermazione dell’antichità remotissima di ni risalgono, com’è noto, attraverso una tradi- Aquila come tale «se ben non così magnifica et zione quattrocentesca ininterrotta, a Buccio di ordinata» respingendosi le più o meno fantasio- Ranallo)7. se ipotesi umanistiche, da Flavio Biondo al Ed in questa vicenda egli individua ulteriori Pontano, sulle origini amiternine o sui toponimi fattori di distinzione tra i singoli castelli, impor- medioevali di transizione della città («Tutte tanti elementi consuetudinari, che valgono ad queste opinioni non si devono stimar niente per- intaccare l’intransigenza tutta d’un pezzo di un ché tanto la collina dove è posta quanto un loco Trentacinque ed a disarticolare le sfumature et terra che ivi era per prima si chiamavano approssimative di un Rustici, mandando all’aria ambi dui AquilaÈ secondo la famosa espressio- l’impalcatura dottrinaria rigorosa del problema e ne Çin loco quo dicitur AquilaÈ del preteso ponendo in primissima fila gli aspetti comunitari diploma di fondazione dell’imperatore Federico di vita associata repubblicaneggiante che meglio II, che il Massonio si guarda bene dal mettere in si sarebbero prestati ai moduli letterari ed anti- discussione). quari di una rievocazione unitaria essenzialmen- Secondo il Massonio, anzi, deve senz’altro te patriottica ed intimamente miticheggiante8. concludersi che Aquila Çnon solo era impiedi L’uomo di questa rievocazione è notoria- avanti che mancasse Amiterno ma anco loco et mente Salvatore Massonio, la cui prima stesura terra antichissima senza sapersi il suo origineÈ manoscritta del Dialogo della origine della città (donde il corollario pateticamente inevitabile di dell’Aquila con dedica I¡ agosto 1589 al cardi- «nobiltà grande quanto che qualsivoglia altra nale Scipione Gonzaga è conservata nella bi- città d’Italia»). blioteca nazionale di Napoli9 mentre l’edizione Col Massonio, insomma, sia pure attraverso a stampa con doppia dedica, da Roma 20 mag- importanti notazioni sociologiche ed urbanisti-

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 11 che il problema di Aquila esce sostanzialmente tantamila soldati messi in armi dalla città per le dalla storia e si configura in termini schietta- sue guerricciole particolari!) ma il culto della mente mitici, donde gli inquieti scrittori secen- Çmagnificentia et splendoreÈ, l’ammirazione teschi provvederanno a ricondurlo nell’attualità, per le risorse naturali, che richiama il Cirillo, nella politica, in quello scuro e torbido contra- non rimangono in lui fine a se stessi, inserendo- sto di classi sociali, dalla ÇrifeudalizzazioneÈ ai si in un contesto di cui la società cittadina del seggi chiusi aristocratici, dagli strascichi del passato e del presente è protagonista con una grande brigantaggio alla crisi delle strutture concretezza ignota agli stilizzati predecessori. ecclesiastiche e soprattutto dell’impalcatura e- Descrivendosi ad esempio la piazza del duomo conomica della dogana di Foggia e della socie- (un edificio, quest’ultimo, che in non poche tà armentaria appenninica che vi faceva capo, città di Toscana e Lombardia è «me’ più super- che costituisce in Abruzzo il fitto preambolo boÈ, e l’osservazione non è priva di significato) della rivoluzione di Masaniello. con le quindici strade che ivi convergono e l’in- gegnosissima chiavica ad evitare acqua e fango * * * ed il mercato settimanale Çdi tanta concorrenza di robba e di gente ch’è veramente una meravi- Claudio Crispomonti e Marino Caprucci gliaÈ, non manca nel Caprucci una sottolineatu- appartengono all’oligarchia intellettuale ed ar- ra di costume che illumina un certo tipo di mentaria quattrocentesca (i Caprucci dispongo- società oligarchica prepotente e rissosa («Se at- no nella dogana di Foggia di una specifica loca- torno a questa piazza vi fossero di belli palazi si zione aggiunta, quella di S. Chirico, per circa potrebbe dire ch’ella fusse tra le più belle d’Ita- ottomila pecore, al pari dei Carli, degli Antonel- lia ma fu proibito di fabbricarveli per le partico- li, dei Rivera ormai ridotti in posizione difensi- larità di que’ tempiÈ). va rispetto all’incalzare affaristico e culturale Così parimenti la descrizione delle chiese, degli homines novi del secondo Cinquecento e accentrata significativamente nell’elogio di S. perciò costretta, nel dicembre 1615, con Giu- Maria di Collemaggio «molto più bella e più seppe Pica e Pietro Alfieri al controllo della Ca- riccaÈ rispetto a S. Bernardino (la riscoperta mera, ad effettuare la formale separazione delle della grande chiesa popolare celestiniana nei famiglie nobili dalle altre cittadine, una misura confronti della scenografia rinascimentale del provocatoria ed inconcludente che suscita le cri- tempio dell’Osservanza francescana e delle Arti tiche di Crispomonti e lo induce l’anno succes- maggiori quattrocentesche) va a finire in una sivo, più o meno contemporaneamente all’ami- considerazione complessiva che coglie benissi- co Caprucci (che è sacerdote e prevosto di S. mo il valore di prestigio sociale, di ostentazione Niccolò della Genca, ma dovrà dimettersi dal- economica, di quell’eccezionale fioritura archi- l’ufficio e perirà nel 1626 di morte violenta) a tettonica (ÇEt veramente che a considerare tante stendere, ad istanza di Antonio Simeonibus, una fabbriche di chiese e di luoghi pii di tanta ma- raccolta degli uomini illustri aquilani che Çpiut- gnificentia, et sì riccamente adorne et dotate, tosto aborto che parto potè chiamarsi»11. difficil cosa è a risolvere qual sia stato maggio- L’elaborazione dell’opera durerà parecchi re o lo studio della religione di que’ popoli o anni, e non a caso non riuscirà a concludersi con l’abbondanza delle ricchezze le quali vengono la stampa, al pari di quella del Caprucci, che la dalla comodità de’ trafichi et delle mercantieÈ). lascerà abbozzata ed imperfetta, per gettarsi Questa «comodità», Caprucci lo sa benissi- personalmente a capofitto nella vita politica e mo, e lo contrappone implicitamente al partico- perdervi miseramente la vita. larismo dei giuristi, è tutt’altro che venuta meno La trasfigurazione mitica di Aquila «più del tutto con l’infeudamento del comitatus,ma tosto confederata che soggetta per fino a’ nostri sono le condizioni generali della politica nazio- tempi» è in verità vivissima nel Caprucci fino nale che si sono radicalmente trasformate, sic- alle soglie della più disarmante ingenuità (i set- ché i tre o quattrocentomila ducati che ancora si

12 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 ricavano esclusivamente dallo zafferano sono numerano e non si pesano» (è naturalmente la portati via dai Çtanti agravi et pesi di datii, vecchia soluzione oligarchica quattrocentesca gabelle et dogane che son postiÈ, e le razze di contrapposta alla demagogia dei nobili popola- cavalli per cui i proprietari della montagna di reggianti). frontiera con lo Stato ecclesiastico andavano Alla riscoperta di Buccio operata dal meritatamente famosi (solo i Pica possedevano Caprucci fa riscontro, su un piano che non è sol- 1400 animali, ed i De Rosis, i Nardis, i Carli, i tanto culturale e storiografico ma squisitamente Rivera, i Porcinari, gli Antonelli, 4-500 per cia- politico, la stroncatura di Bernardino Cirillo che scuna famiglia) sono andate quasi completa- il Crispomonti avanza nella dedica della sua mente estinte Çper la troppa strettezza e rigore Historia ai signori del magistrato aquilano (la che la regia corte usaÈ. dedica formale è datata 20 gennaio 1629 alla Il ritorno ad Aquila avviene dunque per Ca- maestà del re Filippo IV) osservando come egli prucci non su una prospettiva agghindata senza Çin tutto scrisse medesimoÈ di Buccio Çsolo tempo come per il Massonio ma attraverso ri- abbellendo e ponendo in prosa quello che stava in flessi continui del mondo contemporaneo, e ag- versi, senza procurar di vedere altre scritture né ganci risentiti e consapevoli con un certo tipo di scrittoriÈ e commettendo pertanto Çqualche erro- tradizione comunale, quella che giustifica ad re» anche perché (è un’altra osservazione da esempio un’altra riscoperta trecentesca, Buccio tener presente, accanto alla esigenza archivistica di Ranallo, il quale, è vero, scrisse Çin lingua e documentaria così prepotentemente affermata paesana di que’ tempi et in rime che assomiglia- con l’esempio personale dell’abbazia di Casa- no più a prosa che a versiÈ ma al tempo stesso nova) la sua opera è scritta lontano dalla patria. si è reso così altamente benemerito delle memo- Naturalmente il Crispomonti, pur nella pru- rie cittadine che Çmolto obbligo gli ha da porta- dente ed un po’ scettica indipendenza di giudizio re la sua patria, et per tal rispetto dovea forse rivendicata in termini generali (ÇIl discreto letto- essere anteposto a tutti gli altriÈ. re non si deve meravigliare se non trova le cose a La concordia ordinum indifferenziata dei suo modo e scorge qualche mio errore in questo giuristi, infine, viene fatta saltare bruscamente mio scritto perché, dove si trovano tante varietà dal Caprucci al pari delle evocazioni miticheg- di scrittori, mal può l’uomo applicare il giudizio gianti del Massonio allorché si viene a discorre- e dir con fondamento il suo parere, e perciò dopo re dell’infeudamento del comitatus,generato, averli proposti tutti si lascia in poter di chi legge non c’è dubbio, da Çuna falsa imputazione di accordarsi a quella opinione che gli pare e più d’una falsa rivolutioneÈ ma le cui conseguenze si accorda al verosimileÈ scrive a proposito delle si sono rivelate irreparabili solo per colpa del- favoleggiate origini dei Sabini e dei Sanniti) l’invidia e della discordia dei cittadini, sicché la assume le posizioni più appassionatamente estre- città è tuttora piena di debiti «et non se n’è mai mistiche e drasticamente astoriche per quanto potuta estricare, nonché reintegrare come pri- concerne l’origine e l’antichità di Aquila. ma. Et veramente ch’i cittadini di questa patria, Vedremo così la prodigiosa apparizione del- tra gl’altri difetti ch’hanno, si è precipuamente l’aquila a Caio Ponzio dopo la vittoria sannitica che sono rispettosi et invidiosi molto tra di loro, alle Forche Caudine posta senza esitazione alle et interessati pure assai, et interessati nel pro- origini della città, di cui si traccia poi una storia prio comodo onde si cagiona poi che al benefi- completamente favolosa ed idillica, assenza di cio pubblico non concorrono sempre con quello odio e di rancore tra gli abitanti, comunanza di amore et charità che richiede lo amore del- tutti i beni, e così via, che costituisce una vera e l’istessa patria, et quantunque molti ve ne siano propria più o meno consapevole proiezione uto- di retta invenzione, tuttavia il più delle volte, pistica rispetto alle aspre competizioni contem- come suole accadere, i cattivi più prevagliano a’ poranee che hanno costretto Crispomonti ad buoni che son pochi, e massime dove i voti del appartarsi a Casanova e costeranno la vita parere, quando con le fave corre il partito si all’amico Marino Caprucci («Supplichiamo Dio

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 13 Ð scrive il Crispomonti a proposito dei cattivi stri, i quali, contro il suo volere, l’assassinano i consiglieri che avevano eccitato Manfredi alla vassalli, senza timor di Dio, del Re e della giu- distruzione di Aquila Ð che ci mantenghi il no- stizia da loro amministrata, non come le leggi stro Cattolico Re, che con tanta bontà, carità e vogliono ma come il denaro comandaÈ. giustizia ci governa, e sebbene tal’ora s’incon- Un riflesso particolare di questo malgover- trino dei cattivi ministri, questa non è mente di no, che si avvia rapidamente alla catastrofe, si un Re così cattolico e difensore della Chiesa, avverte naturalmente in Aquila, dove lo zelo ma per mission di Dio, per meritato gastigo religioso del Crispomonti non si spinge al punto delle nostre colpe, acciò ci ravvediamo et umi- di astenersi dallo stigmatizzare la venuta sopraf- liamo alla sua onnipotente mano, ed al Re fattrice dei Gesuiti al tempo del vescovo Pigna- nostro signoreÈ: un riflesso evidentissimo, telli col risultato sostanziale di farsi assegnare anche qui, come nel caso del napoletano mille ducati di rendita annua: «La città patisce Imparato, ragionato da un esponente della bor- guai, danni, spese e rovine Ð proclama, come al ghesia intellettuale più elevata, del mito tardo- solito molto brutalmente, il Crispomonti – ed è cinquecentesco della Çmonarchia popolareÈ). per continuare di male in peggio, se l’onnipo- Questo riflesso s’ingigantisce significativa- tente mano di chi regge il mondo non rimediaÈ. mente allorché viene sul tappeto il problema A questo punto, peraltro, passando l’autore alla dell’infeudamento del comitatus, collegandosi, seconda parte dell’opera, genealogica ed araldi- anche qui in modo sintomatico, con quella pro- ca12 le responsabilità della decadenza si allarga- spettiva di eresia che il Crispomonti non aveva no dal piano politico a quello sociologico, ed il esitato a delineare quasi grottescamente per co- Crispomonti ingaggia quell’assidua ed amara loro che negassero le origini di Aquila dalla più polemica con la classe dirigente contempora- remota antichità ma che ora si ripropone ben più nea, e la sua pretestuosa e presuntuosa ispirazio- corposamente a danno di un viceré di Carlo V, ne aristocratica, che costituisce la caratteristica allargandosi un po’ a tutti i moduli e gli atteg- maggiore delle sue opere, e suggella con una giamenti della dominazione spagnola, trascen- nota estremamente risentita il nostro discorso. dendo la Çmonarchia popolareÈ in forme che Çé vero Ð scrive programmaticamente il Cri- arieggiano l’indipendentismo più o meno lette- spomonti, occupandosi del famoso vescovo rario della cultura contemporanea. umanista aquilano Amico Agnifili, cardinale e «Credo certo che più di quanto vi fece que- amico di Pio II, e discostandosi significativa- sto principe non avria potuto fare il Turco Ð scri- mente da quanto aveva scritto Giacomo Carli, ve infatti senza mezzi termini il Crispomonti a esponente caratteristico di una grande famiglia proposito dell’Orange – poiché gli eretici, mercantile vivente Ð more nobilium Ð che la no- com’egli era (sic!), e sono stati, e sono tuttavia biltà antica vale assai et è in gran pregio, ma non li suoi eredi, sono certamente peggio di ogni si deve nessuno arrossire della moderna, a parer barbara nazione, oltrechè era stimolato dall’in- mio. Molto è quello che l’uomo da sé si acqui- gordigia di quegli avarissimi capitani spagnoli, sta, perché quello veramente nobile che vive e che con esso lui erano, e perciò possiamo con procede da tale, e colle sue virtù si rende illu- vera ragione dire che non è oro, argento, perle, stre, chè infine la nobiltà degli avi non serve a o altra sorte di cose preziose, che possano esse- nulla se noi colle azioni infami la deturpiamoÈ. re sufficienti a saziare l’ingordigia spagnola, è Ecco così la satira acre contro i Pica, l’altra che questo sia vero dicano l’Indie, già ripiene di grande famiglia mercantile di S. Maria, che si è questi preziosi metalli e gioie, ora affatto spo- arrogata nella chiesa di S. Francesco come pro- gliatene, e prive di propri abitatori…. Il Re in pria cappella gentilizia la cella nella quale è spi- tutto e per tutto è contrario a questa sacrilega e rato S. Bernardino, ecco la polemica contro le barbara loro natura, ma poiché non può arrivare tradizioni ÇtirannicheÈ ed il recente terrorismo in tutti i luoghi, per l’abbondanza de’ regni che sociale dei Franchi, che apre la strada alle fero- possiede, è necessario che si fidi de’ suoi mini- ci contese dell’età di Masaniello, ecco soprat-

14 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 tutto la stroncatura allarmata contro gli homines feudamento del comitatus ha alterato radical- novi che danno celermente la scalata, attraverso mente la piattaforma sociale della città. la sopraffazione e la violenza della loro sbirra- Crispomonti guarda dunque al passato, ed il glia, ai seggi chiusi aristocratici, come i suo contributo è proprio di un testimone politi- Bonanni, e contro gli affaristi e speculatori sui co più che di un interprete storiografo. Ma pro- censi del tardo Cinquecento, che hanno ribalta- prio in ciò la sua importanza emblematica e to la vecchia etica oligarchica quattrocentesca a conclusiva alla vigilia di Masaniello, in questo cui s’ispiravano gli intellettuali alla Crispomon- aver ricondotto dall’antiquaria e dall’erudizione ti e gli armentari alla Caprucci, come i Colanto- all’impegno civile la grande tradizione crona- ni del quarto di S. Giovanni, anch’essi apparte- chistica aquilana che va da Buccio di Ranallo ad nenti alla vecchia guardia (Leonardo è stato il Alessandro de Ritus, in questo riattaccarsi al più prestigioso tra i maestri della zecca aquila- mondo comunale senza pregiudizi aristocratici na) ma prontissimi e felicissimi nel dedicarsi e velleità letterarie ma con tormentato e consa- alle nuove attività imprenditoriali dopo che l’in- pevole animo di cittadino13.

Erudizione e riforma cattolica nella storiografia locale abruzzese

di Raffaele Colapietra

Di fronte al variegato e composito mondo Nessuna meraviglia pertanto che in una Sul- aquilano, erede, come si è accennato, di una tra- mona nella quale, sotto la ferula principesca ben dizione cronachistica e civile più volte secolare presente dei Lannoy, la chiusura aristocratica è, e quanto mai consapevole e risentita, il resto con quella di Cosenza, la più precoce nel dell’Abruzzo, anche nei centri maggiormente Mezzogiorno, già nei pieni anni sessanta del significativi ed a volte ben più vetusti ed illustri Cinquecento, sì da concretizzarsi e raggelarsi che non la giovane Aquila, si presenta alla nelle movenze scenografiche di una grande gio- nostra ricognizione in forma frammentaria e stra i cui capitoli venivano rigorosamente detta- quasi sempre individualistica ed individualizza- ti da un patrizio, Cornelio Sardi, essi venissero ta, tale da non consentire un discorso compatto messi a stampa nel 1583 nella tipografia che e coerente. l’anno precedente, prima in città, era stata Buccio di Ranallo con ciò che viene dopo, impiantata da Marino d’Alessandro con la col- ed il reggimento politico delle Arti, sono, lo laborazione di un erudito di grido, Ercole ripetiamo, qualche cosa di assolutamente e tal- Ciofano, a quello stesso che nel medesimo mente unico nell’intero regno di Napoli che non 1583, pubblicando ad Anversa col Plantin la sua è meraviglia se la produzione locale, in cerca di monumentale edizione di descrizione di Sulmo- ascendenze e nobilitazioni rispetto all’attuale na tutta grondante di reminiscenze puramente mediocritas, sia costretta a saltare, per così dire, classiche, e perciò non gran che distante da il retroterra storico immediato per ricollegarsi al quella che un secolo e mezzo prima, nel 1438, remoto passato italico, e di lì procurare di riat- aveva ispirato in un’occasione simile Lorenzo taccare un filo, un itinerario, che dia ragione e Valla al seguito del Magnanimo14. dignità del vagheggiamento erudito nell’ambito Ed ancora un patrizio, Emilio De Matteis, del quale quella produzione non può che rinser- morto cinquantenne nel 1681, avrebbe lasciato rarsi (e che non può attenere ad una libertas inedite, ma largamente compulsate e sfruttate comunale che, a differenza dell’Aquila, altrove dai successivi autori, certe Historie Pelignae di non c’è stata). cui recentissima, a cura di Giuseppe Papponetti,

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 15 è stata la pubblicazione, e che già nel titolo, e tore adeguato se non, prevedibilmente, il rim- più nelle elucubrazioni favolose e leggendarie, pianto paternalistico per il governo temperato denotano quel richiamo all’antichità preromana delle “tristi reine” esemplarmente contrapposto che poc’anzi si ricordava, e nei cui confronti all’immanitas acquaviviana posta in fuga dal- l’illustre Sulmona medievale svanisce presso- l’intercessione celeste, troppo poco (è il chiaro- ché del tutto. scuro conclusivo che fa da introduzione all’ulti- Parimenti inediti, ma stavolta dati alle stam- ma parte dello scritto) per poter scorgere nel pe già nel 1893 dalla dotta cura di Giacinto Muzii qualche cosa che vada al di là della cor- Pannella, pensoso di stemperare nel letterario i retta e diligente rievocazione di un passato pericoli di “scienza sociale” che avrebbe potuto essenzialmente tardomedievale, con sottovalu- rappresentare un indiscriminato ritorno a Delfi- tazione sorprendente, ma pur consentanea alla co, come auspicato da frange minoritarie pro- mediocritas latamente preborghese di tutta gressiste fra i promotori della ÇRivista Abruzze- l’opera, di un passato classico e romano più che seÈ nata sette anni prima, erano stati lasciati i ragguardevole15. dialoghi della storia di Teramo da Muzio Muzii, Mentre intanto a Teramo era appena uscita scomparso nel 1602 poco meno che settantenne la scrittura “morale” del Muzii, nel 1592, un in una città che, a differenza di Sulmona, ed gentiluomo lucchese, Matteo Samminiati, assu- unica nella regione con Lanciano, non aveva né meva a Chieti la successione arcivescovile del avrebbe mai contato un patriziato formalmente cugino Orazio, che l’anno prima aveva inaugu- riconosciuto, bensì un notabilato proprietario di rato la serie delle visite pastorali tridentine, con- ascendenza quattrocentesca ormai tranquillizza- ducendo seco un segretario marchigiano di Ca- to, a partire dagli anni venti del Cinquecento, merino, Sinibaldo Barboncini, che in Abruzzo nel demanio regio a scapito delle mire espansio- Citra sarebbe morto nel 1614 ed al quale tradi- nistiche, da un pezzo definitivamente rientrate, zionalmente si attribuì, senza che ne sia mai degli Acquaviva duchi d’Atri, notabilato del rimasta consistente prova documentaria, un quale appunto il Muzii era esponente cospicuo, primo tentativo di mettere assieme una storia di donde, anche qui, un’omogeneità sostanziale Chieti in quanto “metropolis16” nell’ambito di dei suoi risultati storiografici con la “filosofia” una “Marrucinorum antiquitas et praestantia” del ceto d’origine ed appartenenza. tutta da illustrare e dimostrare, ma che ci antici- Senonché, anche qui distinguendosi dall’an- pa subito quella che sarebbe stata la pelignitas tiquaria insuperabile, e troppo spesso fine a se del De Matteis, e le altre forme che stiamo per stessa, dell’illustre Ciofano non meno che del vedere, né Sabini né tanto meno Vestini domi- volenteroso De Matteis, il Muzii era così atten- nando la contemporanea cultura aquilana nono- to e partecipe figlio del proprio tempo da esser- stante gli splendori di Amiternum,i quali solo si preoccupato di dare alle stampe nel 1591, per fino ad un certo punto rifulgono nelle pagine di i tipi teramani dei concittadini fratelli Isidoro e Salvatore Massonio. Lepido Faci, un dialogo del padre di famiglia Era un medico collega di quest’ultimo, e di che va letto, fatta salva, s’intende, l’elevatezza qualche anno più giovane, Muzio Pansa, che nel della forma poetica, in istruttivo contrappunto 1596, a differenza del Barboncini, avrebbe fatto con quello tassesco omonimo del 1580, a testi- gemere i torchi chietini di Isidoro Faci con rime monianza di una problematica e di una sensibi- petrarchesche che anch’esse si apparentano a lità diffusa che anche nella provincia regnicola quelle del Massonio ma fanno seguito a cose di echeggiava con risultati tutt’altro che trascura- più robusto polso e respiro, in primo luogo l’en- bili. ciclopedia medica del 1587 ma soprattutto i I dialoghi, quanto a loro, non trascendono ragionamenti del 1590 sulla libreria vaticana una modesta andatura cronachistica irrobustita nella cui definitiva e prestigiosa strutturazione da non spregevoli inserimenti documentari, ma stavano avendo tanta parte i conterranei peligni senza che si riesca a percepire un nucleo ispira- Ranalli, una prova di più che non estrinseca era

16 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 l’apologia che in prosa e poesia l’autore nel urbis Anzani tuttora inedita la cui ispirazione 1588 aveva elevato a Sisto V. peraltro è ben poco antiquaria e più o meno vel- Il Pansa era di Penne, ormai da più di ses- leitariamente culturale ed intellettualistica alla sant’anni collegata prima a Firenze e poi a Massonio ed alla Pansa bensì crudamente fede- Parma attraverso Margherita d’Austria vedova le all’intitolazione cronachistica e perciò qua e del duca Alessandro, ma è significativo che non là attendibile e preziosa, il concordato negozia- in queste capitali formali bensì in quella tradi- to nel 1427 da Giovanni da Capestrano fra zionale degli abruzzesi, Roma (non si parla di Lanciano ed Ortona con le sue conseguenze di Napoli, che esiste, lo vedremo, esclusivamente lungo momento, ad esempio, oppure l’espansio- per gli emigrati) si fossero realizzate queste ne di primo Cinquecento della città frentana in prime prove impegnative del Nostro, la cui tom- direzione della Maiella, il che avrebbe potuto ba (è morto nel 1628, l’anno prima di Masso- rappresentare un’alternativa non meramente nio) è scomparsa con la chiesa di S. Francesco urbanistica ma pastorale ed attenta alle risorse che la conteneva, mentre non è scomparso il nei confronti della vocazione adriatica e com- sepolcro con epigrafe da lui fatto erigere a mo’ merciale insita nell’anzidetto concordato. di cenotafio in memoria del più glorioso concit- Parimenti inediti fino ai tempi nostri, allor- tadino di ogni tempo, Luca da Penne, natural- ché nel 2000 il perseverante zelo di Roberto mente, rex in regno suo est imperator con tutto Ricci ne ha procurato un’attenta edizione, sono quello che ciò ha significato per la storia d’Eu- restati i Sacra ac profana Aprutii monumenta o ropa dal Trecento in poi. piuttosto ciò che ne resta, in sostanza la descri- Ma la fama di Muzio Pansa, al di là dell’ora- zione prevalentemente geografica ed antiquaria zione in morte di Filippo II nel 1598 e di quella dell’intero litorale abruzzese dal Tronto al Tri- per la grande “canonizzazione spagnola” di un gno, con puntate attualizzanti che concernono quarto di secolo più tardi, tutt’altro che prive soprattutto l’Ortona dei quattrocenteschi Ric- anch’esse, s’intende, di risvolti culturali e poli- cardi e degli odierni Farnese, e la Vasto degli tici d’ogni genere, al di là dell’inedito trattato Avalos, di Francesco Brunetti, un notabile di politico “adversus novatores nostri temporis” Campli nell’agro pretuziano scomparso appena nel quale “quidquid contra Ecclesiam Dei gar- quarantenne duranti il sommovimento di riunt altissime refutatur” o degli altrettanto ine- Masaniello nella cui preistoria egli era stato diti “de Pinna Vestina vetustissima Samnitica coinvolto quale funzionario regio nella provin- civitate elogia”17 quella fama, dicevamo, è affi- cia natale ed in Capitanata. data specialmente ai quattro tomi che ancora il Brunetti rinverdisce dunque la vocazione Faci chietino avrebbe impresso nel 1601 De burocratica degli aquilani Rustici e Vivio, ma osculo ethnicae et christianae philophiae in cui, senza la loro armatura giuridica ed anzi con una all’indomani del giubileo di Clemente VIII (e sensibilità prettamente letteraria ed archeologi- del rogo di Giordano Bruno) espressamente ca che lo induce da una lato a privilegiare la “fidei nostrae consona deducuntur” i “mysteria” dimensione in lato senso monumentale del suo delle antiche religioni, dai Caldei ai Latini, in itinerario, a cominciare dalle lapidi ed epigrafi, quanto tutte indistintamente “ab Hebraeis de- dall’altro a stringere in merito relazioni impor- sumpta”, una prospettiva larghissima, dal Verbo tanti all’esterno e soprattutto all’interno dell’A- alla vera e falsa magia, dagli attributi della divi- bruzzo, dove questa vocazione andava irrobu- nità all’immortalità dell’anima ed alla fine del stendosi a scapito di quella civile ancora così mondo, che, pur destinata a ben altra e ben più avvertibile nei contemporanei aquilani19. complessa fortuna, non va ignorata in questo Non vi è dubbio comunque che le novità modesto cantuccio del Mezzogiorno allo schiu- della riforma cattolica si facciano avvertire qui dersi del secolo di Bossuet e di Leibniz18. non meno che nel Pansa, donde una ulteriore Un terzo medico, Giacomo Fella, avrebbe differenziazione rispetto al risentito laicismo vergato in questi stessi anni una Cronologia aquilano dopo la per tanti versi singolare e irri-

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 17 petibile esperienza del Cirillo, il mondo dell’O- riparatore in prospettiva di smantellamento del ratorio, in primo luogo, a cui Crispomonti sarà prepotere dell’oligarchia nobiliare di cui le sin- vicino ma solo spiritualmente, mentre per golarissime attribuzioni riservate al camerlengo Brunetti si tratta del modello di Baronio e del costituivano a Chieti il principale propugnacolo. contatto diretto con i preti della Vallicella che in “Tutti poveri e ricchi, nobili e ignobili Ð leggia- Abruzzo governano S. Giovanni in Venere, uno mo e traduciamo da una prosa senza mezzi ter- dei grandi riferimenti archivistici del Nostro e, mini che rappresenta, s’intende, una rivendica- con la vicina Ortona, il caposaldo del suo iter zione programmatica nei confronti dell’oppres- descrittivo, che a nord del Pescara si è attardato siva realtà – hanno voce eguale, né in questa invece in precisazioni prettamente geografiche. città sussiste eccezione personale né distinzione Non esattamente quel mondo, ma un’analo- o separazione che sia di nobiltà23 così come si ga atmosfera, che è quella del cardinale Gerola- verifica in altre città di questo regno, ognuno mo Colonna, dedicatario dell’opera, nato in uno essendo libero ancorché suddito, per grazia di dei tanti feudi abruzzesi della famiglia, e con lui Dio, della Cattolica Maestà del re delle Spagne, il clima romano e vaticano, anche con riflessi liberi dovendo essere i cittadini di una libera internazionali, dall’Allacci all’Holstenius, for- città, e per di più dovendo essi liberamente par- temente avvertito, si rinvengono in uno dei prin- lare, soprattutto a difesa e vantaggio della loro cipali interlocutori e corrispondenti del Brunet- propria patria, così come anch’io ho fatto, così ti, il chietino Lucio Camarra, morto sessantenne a voce come per iscritto, ed anche in futuro farò, a Roma nel 165620,che stampò nel 1651 sempre ogni volta che ce ne sia necessità”. a Roma De Teate antiquo Marrucinorum in Testimone attento e partecipe delle difficili Italia metropoli a cui sarebbe dovuto seguire un vicende masaniellane, il Nicolino attese fino Teate sacrum di cui non disponiamo che dell’in- all’indomani della peste, 1657, per narrarle dice ed un hodiernum del quale nulla sappiamo. spregiudicatamente, per i tipi napoletani di Come si vede, in Camarra permane l’eredità Onofrio Savio, a suggello della Historia della di Barboncini, ormai solidamente radicatasi a città di Chieti metropoli delle provincie d’A- Chieti, ma stavolta con attenzione esclusiva alle bruzzo, non più i Marrucini del defunto Camar- antichità italiche, e alle relative testimonianze, ra né tanto meno la loro “antiquitas et praestan- mentre sull’attualità contemporanea, solo for- tia” rivendicata dal Barboncini ma, semmai, il malisticamente presenti a Brunetti, è distesa una rimpianto di un primato che formalmente era coltre malinconica di vanitas che sembra stato perduto ma che la coscienza civile poteva sospingerla in dimensioni inattingibili21. contribuire a tenere vivo e desto. Essa è viceversa corposamente presente ed E tuttavia, non convenendo contrastarlo su addirittura incalzante, e proprio nelle acri e ran- questo delicatissimo, fu proprio sul piano del corose forme aquilane che testè si richiamavano plagio del Barboncini che scattò prontamente e in nota, in un concittadino ed amico poco più significativamente la polemica aristocratica, giovane del Camarra e scomparso all’incirca al- affidata ad uno dei più bei nomi di quel ceto, la l’età sua, ma tragicamente, assassinato alla cui famiglia aveva avuto particolarmente a sof- porta piccola di S. Francesco, Geronimo Nicoli- frire del tatticismo calcolatore mantenuto ai no che, uomo di legge come Camarra ma assai tempi dell’infeudamento e di Masaniello, e che più di lui inserito ed avviluppato nelle vicende si trovava per di più al centro ed al culmine della cittadine prima e dopo i moti di Masaniello22 grande erudizione della capitale, Niccolò Toppi. aveva esordito nel 1639 poco più che trentenne Nato nel 1607, ad immediato ridosso di Bru- ad Ascoli con De auctoritate Camerarii Regiae netti e Nicolino, questo personaggio col quale Civitatis Theatinae dedicato a quel Ferrante per la prima volta superiamo decisamente la Muñoz che l’anno successivo sarebbe stato il dimensione della notorietà periferica24 si era sta- primo ed autoritario preside dell’Aquila, una bilito, dopo un breve precedente soggiorno, chiara apertura al potere regio provvidenziale e definitivamente nella capitale proprio in conse-

18 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 guenza delle burrasche familiari testè accenna- accanto a coetanei con i quali dunque non a te: ed a Napoli dal 1651 col viceré Oñate fino caso fu intensa la frequentazione e la corrispon- alla morte giusto trent’anni più tardi esercitò, denza, Muzio Febonio nacque nel 1597 nell’A- salvo una breve interruzione (che è però sinto- vezzano dei Colonna di cui il Camarra sarebbe maticamente proprio quella della controversia stato molto più tardi funzionario ducale, ma col Nicolino, al tempo del viceregno Castrillo) l’elemento in lui originariamente più incisivo è l’ufficio di archivista della Sommaria che gli fornito senza dubbio dalla parentela con Cesare agevolò una frequentazione di prima mano Baronio, non certo quanto a concretezza di rap- assolutamente eccezionale, ad integrare la voca- porto (l’illustre zio morì quando il Nostro era zione personale, già spiccatissima, alla ricerca appena decenne) bensì in relazione con l’inten- ed all’esame di manoscritti ed epigrafi d’ogni sità della presenza dell’Oratorio in Abruzzo, S. genere. Giovanni in Venere ed Aquila in primissimo Era dunque un autore già resosi conosciutis- piano, nella quale ultima città il Febonio fu simo nel 1655, con dedica sfortunata proprio al vicario capitolare dal 1651 al 1654 quando era Castrillo, che lo aveva allontanato dall’incarico, stata eretta l’importante chiesa dei Filippini in e quindi per riguadagnarsene le grazie, per la cui saliva all’orizzonte l’astro efficientissimo di pubblicazione, già col Savio, del De origine Giambattista Magnante26. omnium tribunalium… deque eorum viris illu- Morto nel 1663 vicario generale della dioce- stribus con una prima parte attinente a Napoli, si dei Marsi27 il Nostro si era fatto conoscere in alla sua nobiltà, alla Vicaria ed alla Sommaria, vita esclusivamente con produzione agiografica, era il Toppi che subito nel 1657 per i tipi del a parte le relazioni epistolari con Holstein ed Cavallo poc’anzi citato in nota avventava con Ughelli e la notevole incisiva tempestività del pseudonimo Punture pietose contro il Nicolino, suo governo ecclesiastico. che nell’aprile 1658 replicò con Sferzate amoro- Ma nel 1678 Michele Monaco a Napoli, per se rimaste inedite, rinnovando il contrasto già interessamento del nipote, stampò la Historia verificatosi nel 1644 per l’attribuzione al Toppi Marsorum che può considerarsi la più impor- dell’ufficio di giudice civile, contestata dal Ni- tante in assoluto fra le opere da noi prese in colino sul fondamento della nascita forestiera esame in contrappunto con gli Annali del Cirillo del rivale, che aveva replicato denunziando la proprio perché, ben al di là dell’antiquaria itali- stampa all’estero del De auctoritate donde una ca del De Matteis o del Camarra, o della pro- carcerazione del Nicolino che si era protratta spettiva tanto rigorosamente quanto meramente fino al maggio 1645. descrittiva del Brunetti, egli mantiene la dimen- Tutti questi, ovviamente, non sono che co- sione subregionale della sua trattazione con la rollari di un contendere ben più impegnativo e medesima corenza onde il Cirillo aveva tenuto complesso, del quale Nicolino, ben al di là del la sua cittadina aquilana. supposto plagio del Barboncini, aveva posto le Discusso, ma di recente più equamente basi polemiche mediante la semplicissima strin- apprezzato editore d’una settantina d’iscrizioni gente narrazione delle vicende del Caracciolo e che seguono fedelmente, anche questo è da dei suoi più o meno occulti fautori, narrazione notare, il percorso della Tiburtina Valeria dal- conclusa dal testo dell’epigrafe eretta in onore l’ager degli Equi a quello dei Peligni, il Febonio del preside Michele Pignatelli “profligator pro- non trascura di annotare, nel catalogus episco- scriptorum infestantium” in grazia del quale si porum che conclude l’opera, come Gian Paolo vide “vinto il rubello, difeso l’Abruzzo, termi- Caccia, il vescovo del 1647 (traduciamo come nate le rivoluzioni, conculcati li superbi (sic!), di solito) “non si fece arrestare dall’ardore esti- dissipati i ladri, e riposta con la protettione della vo del sole né dalle asperità del viaggio nel pristina libertà e sotto l’immediato comando del comporre gravi inimicizie nella sua diocesi, da suo Re questa Metropoli di ChietiÈ25. lui percorsa a cavallo” né tace che viceversa Ultimo e più noto nella nostra carrellata, Bartolomeo Peretti, nipote di Sisto V e congiun-

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 19 to dei successori dei Piccolomini nella contea di una valutazione del tutto particolare di questa Celano, strenuo difensore dei privilegi ecclesia- componente non ultima di un Mezzogiorno stici e commentatore degli aforismi di Tacito anche nel Cinque – Seicento più che mai multi- (sic!), se “brillò di carità nel conforto degli forme ed accidentato30. umili” fu peraltro “di aspra ed orgogliosa indo- le, atto a vita militare più che ecclesiastica, ira- condo al punto di usare le mani se commosso NOTE nello spirito” sì da finire in ceppi a Castel S. 1 L’opera apparve a stampa per i tipi di Giulio Accolto in Angelo. Roma soltanto nel 1570 allorché il Cirillo già dall’agosto Non solo: ma al di là di queste che potrebbe- 1556 aveva scambiato l’ufficio lauretano, che aveva autore- ro apparire note di colore a proposito di perso- volmente ricoperto per più di vent’anni, con quello assai più naggi da lui personalmente conosciuti, Febonio, ragguardevole di commendatore di S. Spirito che avrebbe tenuto fino alla morte, il 19 giugno 1575, essendo nato col a mo’ d’esempio, è in grado di reputare la muta- secolo, ed avendo ricevuto altresì la dignità di mastro di zione di Tagliacozzo condotta a termine da casa prima con Paolo IV e poi con Pio V. Tra il luglio 1529 Ladislao ai primissimi del Quattrocento volta e l’aprile 1530 egli era stato oratore presso Carlo V con “così a fiaccare la potenza dei conti28 come ad Alessandro Carli e Giovanni Oliva per la reintegra del comi- tatus, infeudato dal viceré principe d’Orange sul pretesto assicurare la frontiera del regno”, coglie il ritmo della fellonia della città in occasione della spedizione del stagionale del lavoro della popolazione monta- Lautrec, in realtà approfittando della violentissima crisi nara della , la pastorizia invernale determinata dall’insurrezione contadina contro il prepotere nell’Agro, la mietitura estiva in patria, salvo il oligarchico delle Arti, fin da metà Trecento al controllo così economico come politico della città, con esempio unico nel rifornimento alimentare estendersi fino a Roma, Mezzogiorno, contro il quale già negli anni venti, dopo la torna su Tagliacozzo floridissima a causa di una scomparsa del Cardona, era cominciata da parte spagnola mercatura che supplisce la sterilità dei luoghi un’opera sistematica di demolizione costituzionale, che dal momento che “la vicinanza di Roma deter- sarebbe culminata nel 1544 con l’abolizione formale del regime delle Arti decretata dal Toledo. mina una raffinatezza più che cittadinesca, al 2 È il “tiranno” che si era mantenuto solidamente ed accor- punto che la plebe medesima la coltiva tanto tamente al potere per una ventina d’anni, grazie al patrona- nella cura dell’abbigliamento quanto negli orna- ge di Fabrizio Colonna ed alla condiscendenza del viceré menti femminili”, sagacemente da apprezzare la Cardona, ultimo e prestigioso esponente del “pattismo” di gusto catalano. differenziazione dell’intervento dei Colonna 3 é ben noto Ð traduciamo dal latino Practicarum resolutio- nell’agro di , prati e masserie di agri- num del 1610 – che “i banditi, ladroni e grassatori di strada coltura intensiva ad occidente nei Campi crebbero a dismisura, percorrendo essi terre, castelli e ville Palentini, viali, orti e giardini di gusto residen- sfrontatamente, come se ne fossero padroni, commettendo furti e ruberie, sequestrando chierici, laici e, orribile a dirsi, ziale a confine del lago Fucino, fino alla monta- donne, e ricattando costoro secondo le usanze turchesche in gna di confine tra Lazio e Abruzzo donde si proporzione alle loro facoltà rapinando nelle chiese le sacre discende ad affollare le cappelle pontificie in suppellettili ed in particolare quelle in cui era riposto il quanto avvezzi a pascere non solo col bastone Santissima corpo di Cristo, divorandolo come pubblici ere- tici a scherno della fede santissima. E si arrivò al punto che ma “col dolce suono della fistola” sicché “tra né chierici né laici ardivano fuor di città”. questi monti si viene a rappresentare al vivo 4 Il Rustici esordì autorevolmente giovanissimo col De con- quel leggendario tenor di vita dell’Arcadia”29. ditione si sine liberis decesserit tractatus, Napoli, Amato e Lo svolazzo finale non deve farci trascurare Du Boy, 1564 ristampa 1566; ma le sue molteplici occupa- zioni professionali e pubbliche gli consentirono di dar fuori quel che viene prima, anzitutto, diremmo, il solo nell’ultimo anno di vita, il 1613, per i tipi veneziani protagonismo indiscusso ed indiscutibile di degli eredi di Damiano Zenari e con dedica al vicerè conte Roma su queste province del regno, un prota- di Lemos ed al reggente e famoso giurista Fulvio Di gonismo del quale abbiamo riscontrato innume- Costanzo, i commentari a Papiniano in materia di sostituzio- ne e fidecommissaria. revoli esempi, e la cui sfumatura, insieme con la 5 Nelle Decisiones Regni Neapolitani che costituiscono coscienza municipale e subregionale costante- l’opera del Nostro maggiormente significativa, variamente mente serbata, ben al di là delle antiquitates ita- edita a Venezia dallo Zenari e dagli eredi Sessa tra il 1598 licae, ci sembra da tenersi ben presente ai fini di ed il 1610, il Vivio è fermo nel rivendicare ai baroni ogni potestà su capitani e sindaci delle università ad essi sogget-

20 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 te nonché le più ampie prerogative giurisdizionali, ma con cit., pp. 65-92 proseguita frammentariamente da Simone altrettanta fermezza respinge l’ipotesi che si possa accusare Caprucci fino al 1564, i diari anonimi per gli anni 1528- di lesa maestà chi cospiri contro gli ufficiali baronali o il 1529 in ibidem pp. 99-110. feudatario medesimo, le comunità rurali meritando indul- 8 Il Carli, occupandosi del concorso delle antiche università genza “propter ignorantiam et rusticitatem maxime quando rurali alla formazione dugentesca del nucleo urbano di non possunt consumere peritos” e ciò tanto più in quanto il Aquila correttamente distingue tra quelle Çquae in totum benemerito obbligo di residenza per uditori e governatori migratae sunt» abbandonando deserta e diruta la località regi, sancito nel 1584 dal vicerè Ossuma, non è stato, quan- originaria, mantenendo all’interno delle mura cittadine i to meno in Puglia, mai osservato. loro vecchi appellativi toponomastici, e concorrendo in tal 6 Il Massonio, 1559-1629, letterato, medico e filosofo a modo a costruire Çnovam universitatem quae vocatur Aquila Roma nella primissima gioventù, rientrò all’Aquila appena habens diversos introitus et officiales ab istis particularibus ventiduenne ed ivi rimase fino alla morte esercitando presti- universitatibusÈ (e dunque una distinzione rigorosa, ben giosamente la professione secondo una tradizione familiare. lontana dall’unio e dalla promiscuitas carissime ai prece- Il Carli, pressoché del tutto sconosciuto, dovette essere di denti giuristi) e quelle che si limitavano ad un Çadditamen- qualche anno più anziano in quanto nell’opera che stiamo tum» urbano dall’originario nucleo contadino, talchè la per citare afferma di essersi recato studente a Roma nel distinzione Çintus vel extra civitatemÈ e la relativa Çcreatio 1572 e di essersi poi trattenuto a Napoli fino al 1581 per diversorum officialiumÈ, rimanevano elementi fondamenta- rientrare quindi all’Aquila, significativamente l’anno mede- li e costanti nella vita dell’universitas aquilana nel suo com- simo dei Massonio (questa aquilanitas persistente ed ostina- plesso, salva naturalmente la calcolata e lucrosa consuetudi- ta, contrapposta alla romanitas del Cirillo ed alle varie e ne dei confocolieri di risiedere la maggior parte dell’anno in diverse esperienze del Rustici e del Vivio, è un dato biogra- città «ut valeant percipere corpus seu fructus corporis sepa- fico non trascurabile per l’ispirazione complessiva dell’ope- ratosÈ per il prezzo della rimessa a coltura o della vendita ra di questi autori). degli erbaggi nei demani delle università originarie. 7 é qui il caso di ricordare sommariamente la straordinaria 9 Ms. IX 103. Il testo del Dialogo (che s’immagina tenuto fioritura cronachistica aquilana che, al pari del regime delle tra un Salvatore ed un Massonio, incontratisi mentre il Arti, rende la città un unicum nel Mezzogiorno, compresa la secondo è in esplorazione archeologica tra le rovine di stessa Napoli. A partire da Buccio di Ranallo, la cui Crona- Amiterno, durante la passeggiata di ritorno verso Aquila) è ca aquilana rimata a cura di Vincenzo De Bartholomaeis, seguito da quello delle Rime Çcomposte negli anni della sua Roma, 1907, si estende dalla fondazione della città a metà gioventù per fuggir l’otio e la molestia de’ tempiÈ e da un Duecento al 1363 anno di morte dello scrittore, si prosegue mirabile inedito religioso e pastorale Il miracoloso Natale nelle Antiquitates del Muratori VI, 711-848 con Delle cose di Gesù Christo figliuol di Dio. dell’Aquila e con la Historia, ...della venuta del Re Carlo di 10 La produzione del Massonio è essenzialmente letteraria, Durazzo nel Regno e delle cose dell’Aquila di Antonio di dalle azioni sacre alle rime petrarchesche, dagli scritti medi- Buccio in prosecuzione esplicita del precedente (con cui ci assai pregevoli sulle acque termali e sull’uso dell’insala- non c’è rapporto di parentela) fino al 1382, quindi i diari ta alla biografia di Giovanni da Capestrano ed alla descri- 1407-1414 del vescovo Giacomo Donadei ed. Palatini in zione delle esequie di Margherita d’Austria, e non ce ne «Bullettino della Società Abruzzese di Storia PatriaÈ 1901 occupiamo in questa sede, benché assai rilevante e stimolan- pp. 1-33, la Cronachetta anonima delle cose dell’Aquila dal te. 1055 al 1414 in Giovanni Pansa Quattro cronache e due 11 L’espressione è del Crispomonti medesimo nel proemio diarii inediti relativi ai fatti dell’Aquila, Sulmona, 1902 pp. Çai curiosi lettoriÈ della sua Historia dell’origine e fonda- 3-7, la Cronaca aquilana del cosiddetto Anonimo dell’Ar- zione della città dell’Aquila di cui esistono una copia sette- dinghelli 1254-1423 in Pansa cit. pp. 11-35, la Cronaca del centesca ed una ottocentesca nella biblioteca provinciale di beato Bernardino da Fossa 1154-1423 in Pansa, cit. pp. 41- Aquila (rispettivamente mss. 89 e 1) ed una copia settecen- 61, di cui va vista anche la Cronica Fratrum Minorum tesca fondo Vittorio Emanuele 664 nella Biblioteca naziona- observantiae ed. Lemmens, Roma, 1902 per quanto attiene le di Roma (la seconda parte è dedicata al cardinale alle vicende aquilane, la cronaca di Niccolò da Borbona Federico Borromeo, abate commendatario di Casanova nel nelle Antiquitates del Muratori VI, 853-876 che riprende cui Çvasto oceano» l’autore ha potuto compiere ampie ricer- Buccio di Ranallo e conduce la narrazione fino al 1423 del- che per i suoi studi, ed è preceduta da un lungo discorso di l’assedio di Braccio da Montone (il 1414 è l’anno della Geronimo Rivera sulla genealogia dei Crispomonti e segui- morte di Ladislao), La guerra dell’Aquila cantare anonimo ta da una lettera 8 novembre 1630 al figlio in cui del XV secolo ed. De Matteis, L’Aquila, 1996, sulle vicende Crispomonti dice di aver scritto l’opera, la cui terza parte dell’assedio che sostituisce l’ed. Parlagreco 1903 che ripe- sarebbe stata dedicata il 1¡ maggio 1634 a Giambattista teva la tradizionale ed erronea attribuzione a Niccolò Colonna, «acciocché voi medesimo quale lettore vi andaste Ciminelli, Francesco d’Angeluccio nelle Antiquitates del tuttavia più animando all’acquisto delle virtù senza le quali Muratori VI, 887-926 dal 1436 al 1485 della congiura dei poco o nulla vale la nobiltà ereditaria»: la dedica al Borro- baroni e della dedizione dell’Aquila alla Chiesa, la Cronica meo reca la data 15 febbraio 1629), le notizie sul Caprucci civitatis Aquilae di Alessandro de Ritiis ed. Cassese sono tratte da Alfonso Dragonetti Vite degli aquilani illustri nell’«Archivio storico per le province napoletaneÈ 1941 pp. descritte, Aquila, 1847 ad nomen. La sua Descrittione della 151-216 e 1943 pp. 185-268 per il periodo che va dal 1370 città dell’Aquila «opera imperfetta» è certamente anteriore al 1494, la cronaca di Vincenzo Basili 1476-1529 in Pansa, al 14 luglio 1617, data del prestito operatone da Settimio

NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 21 Cesura canonico della cattedrale ad uno sconosciuto, come una menzione anche dal punto di vista storico rispettiva- si legge nella copia inedita della biblioteca provinciale di mente le Giornate Aquilane di Scipione Pisanelli Guevara Aquila (c. 422 recto Ð c. 442 verso). che Facio Facii mette a stampa nel 1602 in una cornice azzi- 12 Secondo lui, Aquila si è retta come repubblica e città libe- mata e cavalleresca, dichiaratamente linguaiola, a definire ra fino ai tempi di Margherita d’Austria e, dal dugentesco in un seguito di dialoghi morali un certo clima di raffinatez- Niccolò dell’Isola al cinquecentesco Ludovico Franchi, è za culturale ed ambientale che è quello dal quale vien fuori stata governata da illustri suoi cittadini in qualità di dogi il ritorno alla libertas,e la sua mitizzazione, che abbiamo (una stravaganza non priva di appigli, col mito cinquecente- visto in Crispomonti e Caprucci, e Il delizioso giardino de’ sco di Venezia così duro a morire). cavalieri di Francescantonio Cesura, due volumi editi all’A- 13 La prima parte è evidentemente completata non prima del- quila da Pietro Paolo Castrati fra il 1681 e il 1692, che ridu- l’anno 1631 in quanto vi si fa menzione del viceré conte di cono la virtù ad “un’eccellenza dell’animo” e non escludo- Monterey e delle sue richieste di aiuti militari per le guerre no per la nobiltà una discendenza da mercanti o l’esercizio di Germania, non senza naturalmente un’ennesima stoccata stesso della mercatura per interposta persona, una valutazio- alla nazione spagnola Çbarbara et adulatriceÈ. La seconda ne realistica della ricchezza, di mediazione ed assimilazio- parte è di grandissima importanza per la conoscenza minu- ne interclassista in chiave esclusivamente antipopolare, o ta e documentaria della vita aquilana secentesca, una pro- piuttosto, precisa il Cesura, avversa alla “povera plebe”, che spettiva che in questa sede non ci interessa ma che non va sarebbe risultata a suo tempo estranea tanto al Carli quanto trascurata. al Crispomonti, prigionieri com’essi erano di una impalca- 14 Non abbiamo inserito nel testo una particolare citazione tura tutta etica ed intellettualistica, all’interno della quale della Breve descrittione di sette città illustri d’Italia di solo virtù e nobiltà potevano fare da protagoniste. Geronimo Pico da Fontecchio (donde l’appellativo di 15 La descrizione, insieme con l’inevitabile vita di Ovidio, Fonticulano con cui lo scrittore è generalmente conosciuto), era già stata pubblicata autonoma da Giuseppe Cacchio edita nel 1582 ad Aquila da Giorgio Dagano, e dedicata il 25 all’Aquila nel 1578 ed esplicitamente si propone soltanto maggio dello stesso anno al cardinale Marcantonio Maffeo, d’integrare ciò che dal Biondo, da Leandro Alberti e da altri in quanto si tratta di un testo prevalentemente artistico e di era già stato reso noto. L’anno prima, col Grandi di Fermo, bell’apertura urbanistica (si veda l’osservazione a proposito Giambattista de Lectis, morto più che ottuagenario ai pri- di Napoli: «Una città da principio mal ripartita difficilissima missimi del secolo successivo, aveva messo a stampa, insie- cosa è il poterla mai rimediare, se non si butta a nuova pian- me con altri opuscoli spirituali, una vita di san Tommaso ta» che solo in via generalissima può ricondursi alla pro- apostolo e resoconto della traslazione delle sue reliquie che, spettiva che abbiamo chiamato ÇmiticaÈ nel Massonio, ben al di là dell’occasione agiografica, è di centrale impor- l’evocazione erudita patriottica senza distinto significato tanza per intendere il significato che quelle reliquie avevano civile e politico. Il Pico, nato nel 1541 e morto nel 1596, assunto per Ortona, che le deteneva da tre secoli, nella cir- appartiene anch’egli a quella folta generazione intellettuale costanza drammatica della famosa scorreria turchesca di che non ha conosciuto gli ultimi fermenti delle libertà Pialì pascià nel 1566, donde, quattro anni più tardi, l’erezio- comunali cittadine e che si riconosce pienamente ed agevol- ne di una specifica diocesi distaccata da Chieti ed il confi- mente inserita nella atmosfera universalistica della monar- gurarsi intorno a san Tommaso di una forma particolare di chia spagnola e nel rifiuto del particolarismo rinascimenta- libertas che si sarebbe fatta avvertire, discreto protagonista le, signorile o comunale ne sia l’ispirazione («I principi il de Lectis, già qualche anno più tardi, col passaggio di fanno melanconici i cittadini et allegre le città col magnifi- Ortona nel dominio di Margherita d’Austria e conseguente- carle et abbellirle di tempo in tempo di nuove fabbricheÈ si mente dei Farnese duchi di Parma, un’autorità estranea e legge a proposito di Milano). Studioso d’ingegneria milita- remota che enfatizzava per converso il più risentito munici- re (un suo trattato di geometria, in un ambito culturale ben palismo. noto e ben preciso a fine Cinquecento, apparirà postumo nel 16 Codesta mediocritas tanto affabile quanto superficiale si 1597 a cura del fratello Biagio per i tipi dell’aquilano rinviene anche nei Dialoghi curiosi utili e dilettevoli di varie Lepido Faci e verrà ristampato a Roma nel 1605 da Carlo lettioni che Isidoro Faci stampa postumi ed incompleti a Vullietto) il Pico non mostra alcuna attenzione per i presup- Chieti nel 1612. posti istituzionali e altamente politici della sua narrazione, 17 Si ricordi che tale essa era per tutto l’Abruzzo dal punto assolve Aquila dalla taccia di ribellione con una nota di di vista dell’amministrazione civile (solo nel 1640 sarebbe generico paternalismo ( il Çduro partitoÈ a cui si trovavano stata istituita l’udienza all’Aquila per preminenti motivi di costretti i popoli sotto Çi re poco amorevoli di quel tempoÈ salvaguardia militare rispetto alle irrequietezze francesi e come si legge a proposito di Ferrante d’Aragona), ed appe- barberiniane) ma non certo da quello ecclesiastico consacra- na sul consueto tema della nobiltà e della virtù mostra di to dalla bolla 1204 di Innocenzo III, non solo la nuovissima fare qualche passo avanti rispetto al compromesso conserva- diocesi di Ortona testè accennata, ma altresì quella di tore del Carli e di anticipare in qualche modo, sia pure Lanciano che era andata strutturandosi nel corso del moralisticamente, la polemica antiaristocratica del Cinquecento, allorché, in entrambi i casi, in dimensione Crispomonti (ÇNon niego che le ricchezze, come istrumen- ridottissime. ti delle virtù, giovino alla nobiltà, perché è impossibile che 18 Si noti sempre il richiamo italico, che qui si dilata, come un povero, per virtuoso che sia, possa far cose magnifiche, si vedrà soprattutto nel Settecento, all’intero mondo sanniti- ma il fondamento della vera nobiltà è la virtù»). co. Esso trova qualche maggiore giustificazione, destinata All’inizio, infine, ed a conclusione del Seicento meritano ad esaurirsi soltanto alla fine del medesimo Settecento con

22 NOTIZIE DALLA DELFICO - 1/2008 Galanti e Longano che rinverdiscono la nozione medievale di Caracciolo duca di Castel di Sangro portando per conse- Molise per un “contado” che manterrà peraltro forte la pro- guenza il trasferimento dell’udienza, che la forte e combat- pria vocazione e rivendicazione sannitica fino ai primi del tiva aristocrazia locale vedeva ovviamente assai di buon Novecento, si pensi a Perrella, nell’unica opera di quella occhio, senza peraltro voler sottostare al giogo feudale, che regione limitrofa all’Abruzzo che può rientrare nella prospet- avrebbe rappresentato una novità dirompente, donde crisi tiva che attualmente ci concerne, le Memorie istoriche del violentissima, caratterizzata tra l’altro da una serie d’inci- Sannio di Gian Vincenzo Ciarlanti arcidiacono e cospicuo cit- denti più o meno programmati che richiamano da vicino le tadino d’Isernia, messe a stampa in quella città dal tipografo prime giornate napoletane. itinerante Camillo Cavallo nel 1644, l’anno della morte di 24 Neppure Aquila, infatti, aveva ancora seguito formalmen- Crispomonti, secondo l’esigenza assai largamente improcra- te l’esempio precocissimo di Sulmona, benché accenni alla stinabile di conoscenza descrittiva e di aggiornamento civile chiusura di seggio si fossero delineati già ai primi del della realtà (si pensi alle belle e drammatiche pagine sulla Seicento. decadenza di Boiano e Trivento nonché su quella della fami- 25 Basti consultare i grandi repertori del Soria 1782 e del glia Pandone) prima ancora che di riflessione sul passato e Napoli Signorelli 1811, a prescindere dalle svariate circo- sua sistemazione almeno approssimativamente critica. stanze ed occasioni nelle quali ci si imbatte nel Toppi perlu- 19 Nel primo libro dell’opera si ribadisce che in esso “de his strando la cultura secentesca a Napoli. tractatur in quibus communis sempre sunt omnium consen- 26 Il resto del primo libro di Nicolino, accentrato sulla sus de Deo”. descrizione della città, della sua nobiltà e dei suoi uomini 20 La comune dipendenza farnesiana agevola ed accentua illustri, lascia in effetti il fondato sospetto di essere stato senza dubbio la comunicazione e l’intrinsichezza tra la quanto meno attinto dal Barboncini, se non altro in quanto Penne di Pansa, l’Ortona di De Lectis e la Campli di non valica i termini cronologici del Cinquecento. Il secondo Brunetti, tanto più che con l’anno giubilare 1600 proprio libro è occupato dall’elenco dei vescovi nel quale ambito fin queste due ultime città, per compiacere il duca Ranuccio e quasi ai giorni nostri si è rinsecchita la storiografia munici- soprattutto il cardinale Odoardo, erano state riunite in unica pale teatina, ma qui si arriva fino al regnante presule, il ser- ancorché innaturale diocesi, trattandosi di due tronconi vita cremonese Angelo Maria Ciria, senza che si vada al di separati da poco meno di un centinaio di chilometri. là della paura e semplice informazione, così come avviene 21 Dottor di leggi e perciò anche professionalmente vicino a del resto per le chiese del terzo libro, sicché, lo ripetiamo, Brunetti, Camarra è però legato alla grande feudalità colon- l’interesse precipuo del Nicolino consiste essenzialmente nese per conto della quale governa il ducato dei Marsi ai nella partecipazione assidua alle vicende del suo tempo. tempi di Masaniello, e perciò in presumibile contatto con Quanto al Toppi, egli proseguì fino al 1666 la sua grande quella potente e sempre enigmatica personalità che rimane opera sull’origine dei tribunali mentre del 1678, per il tipi di Pompeo Colonna, secondo moduli e percorsi purtroppo, con Antonio Bulifon, è la Biblioteca Napoletana alla quale è la documentazione disponibile, non facilmente accertabili. particolarmente raccomandata la sua rinomanza, senza 22 “Coltivare la memoria della patria Ð traduciamo a conclu- peraltro che ciò abbia attinenza con l’Abruzzo. sione dell’opera del Camarra, dove il senso tutto controri- 27 Dal 1631 al 1648 il Febonio era stato abate di S. Cesidio formistico della caducità ed il levamentum patriottico si a , la località marsicana donde era originaria la congiungono esemplarmente a fornire un gusto ed una famiglia (e la parentela col Baronio) e lo era stato sotto il misura che possono bene amalgamarsi nella collaborazione patronato del duca Marcantonio e del fratello cardinale alla grande impresa di Ferdinando Ughelli ma poco hanno Geronimo che si richiamano anche al Camarra. da spartire con l’aspra passione municipalistica di 28 Lo era stato a Sulmona dal 1648 al 1651 e questo soggior- Crispomonti e Caprucci – è l’unica tra le umane intraprese no andrebbe visto in chiaroscuro con i postumi di che le circostanze non possono danneggiare né estinguere Masaniello non trascurabili in quella zona. con il trascorrere del tempo. Tutto il resto non solo non si 29 Da una trentina d’anni, a cominciare da Rinaldo, sono gli protrarrà nel tempo ma verrà esso stesso a perire. Queste Orsini. sette famose meraviglie del mondo si vedono oggi adeguate 30 Tornando ai vescovi non si trascuri il ricordo di Matteo al suolo, prima o poi la si vedrà anche la nostra Chieti. Non Colle “vigilantissimo pastore al quale i Marsi debbono tutto siamo altro che cose del mondo, un’ombra, un nulla. E tut- il bene di cui oggi dispongono”, un’azione di supplenza nei tavia in mezzo a tanti mali non c’è che una cosa che mi sia confronti dei Colonna, si sarebbe tentati di dire, esercitatasi di sollievo (levamentum) che cioè, se pure è certa la fine fra il 1579 ed il 1596, e quindi dopo la residenzialità che della città nostra per legge di natura, spero peraltro che ne Marcantonio, il vincitore di Lepanto, aveva procurato di con- rimarrà il nome”. ferire al castello di Avezzano, troppo poco rispetto alle ombre 23 Che a Chieti rivestono, com’è noto, una rilevanza e com- del contrabbando e del grande banditismo che addensavano plessità particolari, la vendita della città a Ferrante anche sulla Marsica mentre il Febonio veniva alla luce.

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