7 maggio 2018 In ricordo di Ninni Cassarà nel giorno del suo compleanno

Buon giorno ragazzi, per alcuni di voi è un ritornare qui e quindi ben ritrovati a villa Pajno, buongiorno ai docenti che vi accompagnano. Saluto i familiari dei poliziotti che oggi ricorderemo, l’assessore Marano del comune di Palermo, il questore, il comandante provinciale dei carabinieri, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, il capo centro DIA, il giornalista Salvo Palazzolo e tutti i presenti. Oggi è il 7 maggio e ricorre il compleanno del vice questore aggiunto Antonino Cassarà, vice dirigente della Squadra Mobile di Palermo, ucciso a soli 38 anni in un vigliacco e barbaro agguato mafioso il 6 agosto 1985, intorno alle 15, mentre rientrava a casa e si accingeva a salire gli scalini di accesso all’androne. Lo vogliamo ricordare qui oggi insieme a voi e con lui stringere in un abbraccio ideale gli altri poliziotti della sua stessa Squadra Mobile uccisi da cosa nostra. Calogero Zucchetto, ucciso il 14.11.82, giovane agente della sezione investigativa. Con lui, è scritto in sentenza, Cassarà aveva l'abitudine di prendere un qualsiasi mezzo e in orari imprevisti e imprevedibili, approfittando del fatto che Zucchetto aveva vissuto e viveva nella zona di Ciaculli, faceva un giro nel territorio di quella contrada per conoscere strade, viuzze e trazzere, onde facilitare eventuali interventi da compiere in quel territorio. Il commissario Giuseppe Montana, ucciso il 28 luglio 1985, una domenica sera alle ore 21, mentre sulla spiaggia di Porticello era in compagnia del fratello, della fidanzata e della cognata. Capo della squadra catturandi aveva avviato una stagione di incisiva ricerca dei latitanti. Aveva affittato un’abitazione in un residence vicino Porticello. Per farsi le vacanze direste voi. No, per continuare anche nelle ore di libertà la ricerca dei latitanti che sapeva essere numerosi nella zona, come Francesco

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Spadaro, Francolino, oggi uno degli scarcerati di quella stagione di sangue ritornati in libertà.

Roberto Antiochia, un poliziotto di 22 anni, si direbbe oggi un ragazzino, e invece un uomo, che, trasferito a Roma la sua città, chiede di rientrare a Palermo, chiede ed ottiene di essere applicato alla squadra mobile subito dopo la uccisione del commissario Montana, perché comprende, dopo la morte di un giovane in questura durante un interrogatorio ancorché non condotto da Cassarà, che il vice questore è in pericolo, in gravissimo pericolo, chiede di tornare a Palermo per proteggerlo. Parlavo al telefono qualche giorno addietro con Corrado Antiochia, il fratello che vive a Padova, dispiaciuto di non potere essere presente a questa iniziativa, non fisicamente ma con il cuore si, e mi raccontava che Roberto era il suo fratellino minore, più giovane di 4 anni, che aveva sempre protetto da piccolo e mi diceva che non ha ancora superato il dolore, che non sa ancora perdonare chi lo ha ucciso, e che non si dà pace di non avere saputo proteggere per l’ultima volta il fratello più piccolo. Lo aveva vivamente sconsigliato di tornare a Palermo, ma Roberto non aveva voluto sentire ragioni, lo chiamava il cuore, la sua immensa stima nei confronti del suo dirigente Cassarà, il sentimento di amicizia più forte che annulla la stessa paura di morire. Un pensiero riconoscente va alla mamma di questo ragazzo, Saveria Antiochia, splendida figura di donna che chiede giustizia e trasforma il dolore in impegno civile. Ed, infine, Natale Mondo, ucciso a Palermo qualche anno più tardi, il 14.1.88 . E’ il poliziotto autista fidato che vuole proteggere il suo dirigente e che quel terribile giorno del 6 agosto si salverà per un miracolo protetto dalla macchina. Non muore fisicamente, ma certamente muore nell’animo perchè su di lui si abbatterà la delegittimazione creata ad arte dalla stessa mafia, si è salvato vuol dire allora che sarà la talpa della questura che avrà dato ai mafiosi la notizia dell’imminente arrivo a casa di Cassarà. Un altro morto che cammina fino alla sua fisica eliminazione.

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In questo giorno li ho voluti ricordare tutti, Cassarà ed i suoi uomini, uccisi perché accomunati da una grande passione, il lavoro di poliziotti? Non solo o almeno detto così può sembrare un po' riduttivo. Li accomunava l’alto senso dello Stato, una forte etica del servizio e dell’impegno a tutela della democrazia. Si della democrazia, perché cosa nostra ha sferrato un violento attacco allo Stato democratico, e dopo aver rinunciato ad un iniziale progetto di colpo di Stato, ha deciso di uccidere sistematicamente i migliori uomini delle istituzioni che si frapponevano con intelligenza e coraggio e determinazione al suo scellerato disegno di potere e di comando. Ecco il grande valore di Antonino Cassarà, di Beppe Montana, dei poliziotti che li hanno sostenuti, sono stati espressione di un impegno a guardare non già al mio ma al noi, al bene comune, un impegno a salvaguardia della nostra e della vostra libertà. Li accomunava una forte reciproca lealtà, una forte amicizia, un patto di reciproca alleanza in un mondo lavorativo, la questura e la squadra mobile di Palermo dell’epoca con tanti amici nei palazzi del potere e con troppe talpe. Vorrei leggere uno stralcio della sentenza della Corte di Assise che condanna i responsabili degli omicidi Montana Cassarà ed Antiochia. Parole che sono come pietre “ nello sfondo desolante di quegli anni ( anni 70/80 ) solo un gruppo di poliziotti, carabinieri e magistrati esprimeva una nuova sensibilità civile e politica, assumendo iniziative coraggiose che tuttavia erano di carattere personale, piuttosto che di tutti gli apparati dello Stato. E proprio per il loro isolamento essi furono bersaglio della reazione feroce della mafia…. la sfida seria alla mafia era stata condotta dai predetti con atteggiamento personale solerte e caparbio, con sacrificio individuale ma in stato di isolamento ed essi avrebbero pagato con la vita il prezzo di tale emarginazione.

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In particolare, con i gravi delitti dell’estate di quell’anno ( 1985 ) vennero azzerati i vertici dell’apparato investigativo della Squadra Mobile di Palermo attraverso l’ uccisione del commissario Montana e del vice capo Cassarà assieme all’agente Antiochia ed il tentato omicidio dell’agente Natale Mondo. Trattasi di delitti la cui valenza strategica consistette nel tentativo di impedire la cattura dei boss latitanti, nonchè di eliminare avversari molto pericolosi per la loro capacità ed esperienza, decapitando le strutture investigative del capoluogo e riducendone considerevolmente le proprie capacità organizzative ed operative.

Era stato raggiunto lo scopo immediato di togliere dalla scena investigativa poliziotti tenaci e incorruttibili e perciò scomodi per l’associazione criminale.

Nella realtà investigativa della Palermo di quegli anni emerge un dato di cui moltissimi testi hanno parlato: la grande solitudine operativa, umana e civile nel loro lavoro del commissario Montana e del Vice Questore Cassarà, che solo nel raccordo con l’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo avevano trovato il momento migliore per esprimere, oltre che la loro professionalità, anche la loro tensione morale e civile. Essi avevano rappresentato il braccio operativo delle scelte istruttorie e di indagine del giudice Falcone e degli altri componenti il pool dell’ufficio istruzione, prima diretto dal Consigliere Chinnici e poi dal Consigliere Caponnetto.

Con la loro azione, il dott. Montana e il dott. Cassarà avevano inciso profondamente all’interno della Questura di Palermo, introducendo nuovi metodi lavorativi e nuovi entusiasmi, accumulando conoscenze sul fenomeno criminale attraverso ricerche, indagini, intuizioni investigative, inserimento nel tessuto delinquenziale, tentando di infiltrare propri operatori (quali gli agenti Zucchetto e Mondo).

I due funzionari avevano innovato nei sistemi di ricerca dei latitanti, perchè ritenevano che essa dovesse essere svolta non solo con metodi

4 assolutamente nuovi che richiedevano una specializzazione, ma soprattutto con impegno totale ed assorbente.

Il 21 di gennaio del 1985 Marino Mannoia veniva catturato in Bagheria dove trascorreva la sua latitanza invernale dal commissario Montana. Il 24 luglio del 1985 in contrada Pistavecchia di Buonfornello, sempre la squadra di Montana catturava Pietro Messicati Vitale e altri quattro "uomini d'onore" che trascorrevano ivi la loro latitanza. Messicati Vitale rivestiva un ruolo esponenziale all'interno della "famiglia" e del mandamento di Villabate.

Ma il dottore Ninni Cassarà aveva nel suo dossier negativo anche altri titoli: era stato colui che aveva sottoscritto il cosiddetto rapporto Greco Michele + 161, quello che venne presentato il 13 luglio del 1982, poco dopo che si era insediato a Palermo il Prefetto Dalla Chiesa alla Prefettura di Palermo e che sarà la prima base investigativa sulla quale sarà poi costruita l’impalcatura del maxi processo.

Ninni Cassarà era colui che era andato a testimoniare a Caltanissetta nel marzo del 1984, sostenendo di avere saputo dall'allora Consigliere Istruttore Chinnici che quest'ultimo pensava di avere elementi per emettere dei mandati di cattura a carico dei cugini Nino e Ignazio Salvo, e questa testimonianza era stata leggermente distonica rispetto al ricordo che in assoluta buona fede altri colleghi del giudice avevano sullo stesso argomento.

Quanto al modo di intendere il proprio ruolo di funzionario di Polizia alla Squadra Mobile a Palermo del Cassarà, esso si manifestò particolarmente il 21 di giugno del 1985, in esito ad una brillante operazione internazionale volta a contrastare il traffico di stupefacenti che condusse all'arresto a Londra di Francesco Di Carlo, in uno con l'arresto il giorno successivo a Montreal di appartenenti alle famiglie Cuntrera e Caruana.

Il Cassarà prese l’impegno di far eseguire il mandato di cattura nei confronti di Francesco Di Carlo che era stato emesso il 2 di febbraio del 1980 e rimasto ineseguito per 5 anni, consentendo allo stesso un lungo 5 periodo di clandestinità. Il dottore Cassarà, con il fascicolo intestato a Di Carlo, si recò a Londra ad illustrare lo spessore criminale di Francesco Di Carlo, in modo che il Giudice dell'estradizione, avesse elementi per capire che si trattava di un grosso mafioso, già rappresentante di una "famiglia" e grosso trafficante di stupefacenti.

Abbracciamo, quindi, e ringraziamo i parenti di questi poliziotti, alcuni di loro mi pregio di conoscere personalmente e di esserne amica, mogli e fratelli di questi uomini, il cui sangue ha bagnato le strade di questa città ma nel contempo, come seme fecondo, ci ha imposto di non restare indifferenti, di dover capire e alzare la voce, ci ha permesso di rafforzarci nella difesa della nostra costituzione, creando un processo di rigenerazione etica ed una ampia mobilitazione della società civile contro la criminalità mafiosa.

Grazie al loro sacrificio ed a quello delle tante vittime innocenti della mafia, investigatori, uomini di scorta, magistrati, un prefetto, un imprenditore che si opponeva al pagamento del pizzo, medici integerrimi che non volevano alterare perizie, giornalisti, politici, un sacerdote come don Pino Puglisi, oggi Beato, lo Stato si è data una legislazione antimafia e di prevenzione che molti paesi europei oggi ci invidiano, dopo il loro sacrificio sono stati costruiti apparati investigativi di grande professionalità, che hanno compreso l’importanza del dover seguire i soldi per trovare la mafia e gli investimenti dei profitti illeciti. Sono stati individuati ed arrestati i componenti della mafia corleonese stragista, molti di essi condannati all’ergastolo e altri come Riina e Provenzano sono morti all’ergastolo. Va pure detto, tuttavia, che la mafia ha subito duri colpi, ma non è stata sconfitta, cosa nostra, ‘ndrangheta, ma anche camorra e sacra corona unita sono ancora in buono stato di salute, come dimostrano le continue pressanti operazioni di polizia: appalti, scommesse e gioco, traffico delle sostanze stupefacenti, contributi comunitari e non solo, rifiuti, estorsioni, costituiscono terreno di pascolo per le organizzazioni mafiose.

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Una mafia che per opportunismo e scelta tattica ha deciso di non sparare più, di tenere un profilo basso, di preferire la sommersione, cioè di muoversi sotto il pelo dell’acqua, di non far più vedere il suo volto violento ma di insinuarsi in maniera tentacolare nella società, nelle istituzioni, e lo dimostrano i tanti consigli comunali sciolti per mafia ed ora anche al nord, una mafia che si mimetizza nel mondo delle professioni, della finanza, dei colletti bianchi, che si muove usando la corruzione che lega in maniera indissolubilmente corrotto e corruttore, nemici entrambi della democrazia. Una mafia pericolosa ma sempre più difficile da individuare Tutto ciò allora significa che lo Stato e la società civile non possono arretrare, occorre tenere sempre alta la guardia, il danaro sporco può fare pure girare l’economia ma sarà sempre un’economia drogata dove non ci sarà mai spazio per l’ingegno, la creatività, il merito, ma solo per la legge del più forte; non ci sarà spazio per le vostre speranze, per un vostro successo legato all’affermazione personale dell’ingegno, per la vostra libertà. Ecco l’importanza di una giornata come questa in cui il ricordo si fa memoria e promessa di impegno. Qui ha abitato il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, io dormo in quella che è stata la sua camera da letto. Faccio colazione nella stessa cucina dove lui faceva colazione con la moglie. Da villa Pajno la sera del 3 settembre 1982 è uscita con la sua macchina la giovane sposa, Emanuela Setti Carraro, per andarlo a prendere nel suo ufficio di Prefettura, villa Whitaker, lo stesso in cui io oggi esercito le funzioni di Prefetto, ed insieme andare a cena a Mondello. Sulla strada efferati killers di mafia, e non solo, hanno ucciso il Prefetto, Emanuela e il poliziotto autista Domenico Russo. Sul luogo del delitto qualcuno allora scrisse per strada “qui muore la speranza dei palermitani onesti”. La speranza però non è morta e non deve morire mai.

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Ma la speranza si alimenta con la conoscenza e la comprensione di quanto accaduto ieri e di quanto accade oggi. Ecco voi inaugurerete stamani un modo nuovo di studiare la storia, attraverso le parole dei protagonisti di quest’azione di contrasto a cosa nostra. Oggi conoscerete quanto accaduto in quegli anni a cavallo tra il 70 e l’80, attraverso quanto scritto in sentenza, leggendo un’ intervista rilasciata da Cassarà poco dopo la morte del commissario Montana, e ancora un discorso di in ricordo di Montana e Cassarà ad un anno dalla loro morte. Leggerete il rapporto di polizia giudiziaria c/ + 160, datato 13 luglio 1982, indirizzato al Procuratore della Repubblica e per conoscenza al Giudice Istruttore, 6^ sezione del Tribunale di Palermo, . Un rapporto che nel delineare la pericolosità dell’organizzazione mafiosa e le ragioni della guerra in corso pone le basi del maxi processo che sarà rafforzato dalle successive dichiarazioni di Tommaso Buscetta. Un’importante analisi investigativa svolta dalla Squadra Mobile e dal Nucleo Operativo del Gruppo Carabinieri, in cui c’è tutta l’anima e la voce di Cassarà che a quel rapportò lavoro con il compagno di investigazione e grande amico, capitano Angiolo Pellegrini. Voi ragazzi scrivete oggi una pagina straordinaria, tenete a battesimo un nuovo modo di fare memoria dando voce ai protagonisti, raccontando il contenuto del loro impegno che dà significato vero alle ragioni per cui furono uccisi. Perché il loro modo di lavorare, le loro intuizioni, il loro sacrificio, siano guida per noi e per voi, traccino un percorso di esempio da seguire. Parole e musica in alternanza perché attraverso le note ed il canto siano ben espressi i sentimenti di sgomento, di dolore e di speranza che quelle parole ci suscitano. Alle scuole sarà consegnato il rapporto di polizia nella parte che sarà letta insieme alle interviste che ho citato. 4 per ogni scuola. Con il documento sarà consegnata anche una pen drive con copia al suo interno in formato

8 pdf della sentenza della Corte di Assise di Palermo di condanna degli assassini di Montana, Cassarà ed Antiochia. L’intero rapporto è invece esposto all’ingresso e chi vorrà potrà sfogliare anche la sentenza sul computer portatile. Ringrazio l’ufficio scolastico regionale e provinciale, la dirigenza scolastica e i docenti e gli studenti del Liceo linguistico Ninni Cassarà, del Liceo Scientifico Benedetto Croce, del Liceo Classico Garibaldi, del Liceo musicale Regina Margherita che hanno condiviso pazientemente con la Prefettura l’organizzazione dell’iniziativa. Ringrazio Salvo Palazzolo per il suo intervento, un giornalista, unanimamente apprezzato, vero conoscitore della storia di mafia di ieri e di oggi a Palermo, che attraverso i suoi libri e attraverso le pagine del suo giornale Repubblica, con rigore e professionalità, ci consegna i fatti di cronaca insieme alle sue lucide analisi che aiutano il lettore a districarsi nella comprensione degli accadimenti. Grazie quindi di essere qui ed iniziamo dando voce agli studenti.

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