Il Fascismo Di Sinistra a Trieste Nel Quinquennio 1922-1926

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Il Fascismo Di Sinistra a Trieste Nel Quinquennio 1922-1926 I. Buttignon, Il fascismo di sinistra a Trieste (1922-1926), Quaderni, vol. XXIII, 2012, p. 127-156 127 IL FASCISMO DI SINISTRA A TRIESTE NEL QUINQUENNIO 1922-1926 IVAN BUTTIGNON CDU 329.18(450.361)”1922/1926” Università di Trieste Saggio scientifico originale Gennaio 2012 Riassunto: Questo articolo scientifico esplora ed esamina il tema della complessità struttu- rale del Partito nazionale fascista triestino. Più precisamente, intende mettere in evidenza i tratti specifici delle componenti cosiddette “di sinistra” e indagare le evoluzioni di queste dal 1922 al 1926. Il periodo che va dall’ascesa al potere dei fascisti alla confluenza nel Pnf locale da parte delle organizzazioni combattentistiche democratiche e repubblicane (in altre parole, la “sinistra nazionale”) è particolarmente rilevante perché permette di coglie- re le dinamiche politiche tutte interne al Partito. Spesso le manovre politiche dell’ammini- strazione cittadina rappresentano reazioni di assecondamento o di contrapposizione, rispetto alla minoranza “di sinistra”. Da lì si risale ai condizionamenti operati dal “fascismo progressista” in seno alla compagine amministrativa. Summary: “Leftist” fascism (fascism “of the left”) of the five year period in Trieste 1922-1926 - The present scientific article explores and examines the theme of structural complexity of the National Fascist Party of Trieste. More precisely, it’s intended to highlight the specific features of the members of the so-called “Leftists (di sinistra)” and investigate the evolution of these from 1922 to 1926. The period between the rise to power of fascists to the confluence of the local National Fascist Party (PNF) of the veterans’ democratic and republi- can organizations (in other words, the “National Left”) is particularly important because it allows us to capture all the political dynamics inside the Party. Often the political maneuvers of the municipal administration are reactions of appeasement or contrast, as compared to the “Leftist” minority. From there it goes back to the influences made by the “Liberal Fascism” within the administrative structure. Parole chiave / Keywords: Trieste, Partito nazionale fascista di Trieste, fascismo di confine / Trieste, National Fascist Party of Trieste, Border Fascism. Un quadro d’insieme “Si tratta di guardare dentro queste realtà complesse. Il fascismo è come la balena di Moby Dick, una ricerca senza fine, seguendo l’interesse psicologico e umano per un certo tipo di personaggio, il fascista delle origini, dalla coerenza fisica e luciferina ma disinteressato, come i giacobi- 128 I. Buttignon, Il fascismo di sinistra a Trieste (1922-1926), Quaderni, vol. XXIII, 2012, p. 127-156 ni, con quel loro quid psicologico inafferrabile”1. Così sentenzia lo storico Delio Cantimori, prima mazziniano, poi aderente al fascismo e infine comunista, che invita a non considerare il fascismo come una unità, un blocco granitico, cosa che appunto non è mai stato. Dentro e attorno al Partito, operano diversi gruppi politici, che qual- cuno definisce componenti ma che sono, de facto, macrocomponenti. Sovente si confonde il fascismo con una forza reazionaria. Bene, quella è solo una macrocomponente del fenomeno fascista, precisamente quella dei conservatori, vale a dire la destra, propensi alla conquista dello Stato in chiave autoritaria ma passando attraverso il Parlamento, senza quindi passaggi più o meno rivoluzionari. La seconda macrocomponente è quella dei revisionisti, capeggiata da Giuseppe Bottai con la sua “Critica Fasci- sta”, ma seguita anche da Augusto De Marsanich, il sindacalista rivoluzio- nario e anarchico Massimo Rocca, nonché le riviste come “Nuovo Paese”, “Epoca” e “Il Corriere Italiano”2. Ad affiancare i revisionisti, con un pizzico di carica rivoluzionaria in più, intervengono “La Rivoluzione Fa- scista” a Pisa e poi a Firenze, diretta da Gherardo Casini e da Nino Sammartano; “La Montagna”, di Bruno Spampanato a Napoli; la “Gran- de Italia”, di Guido R. D’Ascoli ad Ancona. Infine, la più radicale di tutte, tanto da venire sconfessata, “Polemica Fascista” di Avolio Cipriani3. Questi auspicano la “normalità”, intesa come pace sociale e istituzio- nale, per iniziare così un processo di rinnovamento culturale del fascismo. Ciò è da leggere come una reazione alla perdita di identità del fascismo, causa la fronda conservatrice che appiana le istanze rivoluzionarie del fenomeno. Il gruppo politico più consistente del e nel fascismo è quello degli “intransigenti”, composto da coloro che sostengono la creazione di uno Stato nuovo e che si trovano in contrasto con tutti i principi di fondo del Governo Mussolini4. L’“intransigentismo” conosce al suo interno diverse componenti. In 1 G. BOCCA, Il filo nero, Mondadori, Milano, 1995, p. 11. 2 R. DE FELICE, Mussolini il fascista (1921-1925) 1. La conquista del potere, Einaudi, Torino, 1966, pp. 318-517. 3 G. PARDINI, Curzio Malaparte. Biografia politica, Luni Editrice, Milano-Trento, 1998, pp. 110-111. 4 R. DE FELICE, Mussolini il fascista I. La conquista del potere (1921-1925), Einaudi, Torino, 2005, pp. 540-547. I. Buttignon, Il fascismo di sinistra a Trieste (1922-1926), Quaderni, vol. XXIII, 2012, p. 127-156 129 primis la sinistra sansepolcrista, fedele al programma repubblicano e di estrema sinistra dei Fasci di Combattimento. Poi, i sindacalisti integrali, che propongono l’inquadramento del leghismo autonomo dei ceti padro- nali in un’unica organizzazione, nella quale sarebbero presenti anche le organizzazioni dei lavoratori5. Ancora, i vari futuristi, dannunziani, arditi che hanno già conosciuto una rottura con Mussolini ai tempi del congresso dei Fasci del 24-25 maggio del ’20 e che mal sopportano le sbandate a destra del Duce. Infine, i farinacciani, spesso definiti dalla storiografia “intransigenti stricto sensu”. L’arcipelago “intransigentista”, “movimentista”, che comprende tutte queste isole, può allora definirsi degli “intransigenti lato sensu”. All’inter- no di questo cartello agiscono varie posizioni, che si confrontano in un coacervo di interessi e volontà rivoluzionarie6. Capita sovente che la Sinistra fascista, poco rappresentata a Roma, si schieri contro i presunti estremisti che a Roma vivono da nababbi recitan- do da commedianti in Parlamento. Un attacco eloquente al finto estremi- smo proviene per esempio da Malaparte, che nel suo articolo “Di’ ben so’, fantèsma... ovvero i nuovi compiti dell’estremismo” discerne i falsi fascisti dagli estremisti veraci. “De Bono, al quale va oggi, ancora una volta, il nostro affettuoso e deferente saluto di fedeli gregari della Rivoluzione d’Ottobre, – spiega Malaparte – non è un fantasma. Italo Balbo non è un fantasma. Ma sono fantasmi, e dei più pericolosi, tutti quei capi mediocri che, dopo essersi trastullati per mesi e mesi con gli strumenti del potere senza mai riuscire a combinare qualcosa di sodo e di serio, ingannando in tal modo il Fascismo e la Rivoluzione, si aggrappano oggi alle falde di questo o quello, facendo risonare coi gomiti i “tam-tam” e i “gongs” dell’estremismo, con la speranza di sorprendere la buona fede e l’ingenui- tà degli estremisti e di spuntar nuovamente fra le quinte a far l’attor giovine della commedia politica”. L’estremismo parolaio e opportunista dei “fantasmi” va soppiantato dall’“estremismo necessario” e disinteressa- to dei veri fascisti. Ecco quindi il rimedio: “Conviene che i valorosi e generosi squadristi si guardino dall’estremismo interessato dei fantasmi, i quali risiedono per lo più a Roma, dove brancolano e cianciano, parlando 5 I. BUTTIGNON, Compagno Duce. Fatti, personaggi, idee e contraddizioni del Fascismo di sinistra, cit., p. 46. 6 G. PARDINI, Curzio Malaparte. Biografia politica, cit., p. 110. 130 I. Buttignon, Il fascismo di sinistra a Trieste (1922-1926), Quaderni, vol. XXIII, 2012, p. 127-156 male di Tizio e Caio e mostrandosi irriverenti perfino nei riguardi del Duce. È necessario che tutti i fascisti si rendano conto che un solo estre- mismo è legittimo e ammissibile: quello che non mira a soddisfare i rancori e i puntigli dei capi di secondo ordine andati a male per insufficienza propria, ma tende a creare e a mantenere nel partito un clima di passione e di fede indispensabile al sempre maggior potenziamento della Rivolu- zione”7. Il lato sensu dell’intransigenza fascista, particolarmente forte nella Valle Padana e in Toscana, è compatto e fermissimo nelle posizioni fondamentali: per esempio sono contrari alla fusione con l’Associazione Nazionalista del ’23 e alla collaborazione con i Combattenti dell’ANC e i Mutilati dell’ANMIG. I primi sono infatti conservatori (liberali di destra) e le altre due organizzazioni sono di ispirazione moderata, se non addirit- tura liberalsocialista. Il “cartello intransigentista” è inoltre compatto, manganello alla mano, nel rilancio della famigerata “seconda ondata squadristica”8. Ancora, il conte Fani Ciotti, in arte Volt, fascista rigorosamente “di destra”, individua cinque tendenze principali all’interno della compagine fascista: un’estrema sinistra di Suckert e dei repubblicani nazionali; un centro sinistra di Rossoni, Grandi, Panunzio, Olivetti, Ciarlantini, ecc. che rappresenta “in seno al fascismo, il gruppo più numeroso”9; un’estrema destra, vale a dire il gruppo de “L’Impero”; un centro destra, composto da ex nazionalisti e dagli integralisti stile Bottai; una frangia revisionista collegata al gruppo fiorentino di “Rivoluzione Fascista”10. Va molto di moda, nella misura in cui non se n’è parlato per tanto tempo, il processo di redenzione che un numero elevatissimo
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