Don Carlo a Lei E Al Marito Nicolai Ghiaurov, Memorabili Interpreti Di Quest’Opera Nei Più Grandi Teatri E Amati Cittadini Modenesi
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Ad un anno dalla scomparsa di Mirella Freni, mancata il 9 febbraio scorso, il Teatro Comunale di Modena dedica il Don Carlo a lei e al marito Nicolai Ghiaurov, memorabili interpreti di quest’opera nei più grandi teatri e amati cittadini modenesi. TEATRO COMUNALE 2013.2014 LUCIANO PAVAROTTI TEATRO COMUNALE 2013.2014 LUCIANO 2020.2021 PAVAROTTI Sabato 6 febbraio live streaming ore 20 Don Carlo Opera in quattro atti in forma di concerto Libretto di Joseph Méry e Camille du Locle dalla tragedia Don Karlos, Infant von Spanien di Friedrich Schiller Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini Musica di GIUSEPPE VERDI Prima rappresentazione assoluta della versione originale in cinque atti: Parigi, Theatre de l’Academie Imperiale de Musique, 11 marzo 1867 Prima rappresentazione della versione italiana in quattro atti: Milano, Teatro alla Scala, 10 gennaio 1884 Versione 1884 Editore proprietario Casa Ricordi, Milano Don Carlo Opera in quattro atti in forma di concerto Libretto di Joseph Méry e Camille Du Locle Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini Musica di GIUSEPPE VERDI Filippo II Michele Pertusi Don Carlo Andrea Carè Rodrigo Luca Salsi Il Grande Inquisitore Ramaz Chikviladze Un frate Adriano Gramigni Elisabetta di Valois Anna Pirozzi La Principessa d'Eboli Judit Kutasi Tebaldo/ una voce dal cielo Michela Antenucci Il Conte di Lerma / un araldo reale Andrea Galli Direttore Jordi Bernàcer Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini Coro Lirico di Modena Maestro del coro Stefano Colò NUOVO ALLESTIMENTO Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza Maestro collaboratore Paolo Andreoli Sottotitoli video Enrica Apparuti Responsabile allestimenti Gianmaria Inzani Responsabile di produzione Marco Galarini Tecnici macchinisti Catia Barbaresi (coordinatore) Jacopo Bassoli, Francisco Cuzzi, Alessandro Gobbi, Antonio Maculan Tecnici elettricisti Andrea Ricci (coordinatore) Fabrizio Gargani, Andrea Generali, Marcello Marchi Tecnico audio-video-fonico Pierluigi Ugolotti Sartoria Alessandro Menichetti (referente) Il soggetto Elisabetta di Valois è stata promessa in sposa a don Carlo, figlio di Filippo II di Spagna, ma quest’ultimo, vedovo, ha deciso di sposarla lui stesso. Elisabetta ha accettato, sperando così di contribuire al processo di pace tra Francia e Spagna. Ma Carlo ed Elisabetta si amano ancora… Atto primo Scena prima. Alcuni monaci meditano sulla vita e la morte di Carlo V padre di Filippo II. Don Carlo riflette sul suo amore per Elisabetta, che suo pa- dre gli ha sottratto. Il suo amico Rodrigo è appena tornato dalle Fiandre: quando Carlo gli confessa il suo amore impossibile per la regina, Rodrigo lo esorta a partire per le Fiandre, allora possedimento spagnolo, per difen- dere la causa dei protestanti perseguitati dalla dominazione della Spagna cattolica. I due uomini si giurano amicizia eterna. Scena seconda. La principessa d'Eboli canta alle dame di Elisabetta una canzone che parla di una mora velata che tende un tranello a suo mari- to facendosi passare per la sua amante. Arrivano Elisabetta e Rodrigo e quest’ultimo confida la sofferenza di Carlo a Elisabetta ed Eboli. Quet'ul- tima, segretamente innamorata di Carlo, immagina di essere lei la causa della sua infelicità. Rodrigo fa scivolare in mano a Elisabetta un biglietto di Carlo e la supplica di incontrare di nuovo l’infante di Spagna. Lei accetta. Rimasta sola con Carlo, Elisabetta lo richiama ai suoi doveri e gli ricorda che lei ormai è diventata sua madre. Disperato, Carlo dichiara, prima di la- sciarla, che non smetterà mai di amarla. Arriva Filippo, e si infuria perchè trova la regina sola ed esilia la contessa d’Aremberg, la migliore amica di Elisabetta, per aver trascurato i suoi doveri di dama d’onore. Scena terza. Filippo trattiene Rodrigo, che sostiene coraggiosamente la causa delle Fiandre. Colpito dalla sincerità del giovane, il re gli confida che sospetta che Carlo ed Elisabetta abbiano una relazione. Gli chiede di diventare suo confidente e di spiare sua moglie e suo figlio. Quando Rodrigo accetta, Filippo lo mette in guardia contro il potere del grande inquisitore. Atto secondo Scena prima. Carlo ha ricevuto una lettera che gli dà appuntamento a mez- zanotte. Nel suo desiderio di rivedere Elisabetta, scambia Eboli per la regi- na: profondamente ferita, Eboli giura di vendicarsi di Carlo ed Elisabetta. Mentre Rodrigo cerca di intervenire, Eboli fa sapere a Carlo che Rodrigo è diventato il confidente di suo padre. Dopo che Eboli se ne è andata, Ro- drigo proclama solennemente la sua amicizia per Carlo ed esorta il prin- cipe a consegnargli tutti i documenti politici compromettenti di cui è in possesso. Scena seconda. Si prepara un autodafé alla presenza del re. Abbracciando la causa dei protestanti condannati, don Carlo implora il padre di conce- dere loro la grazia e risparmiare le Fiandre. Filippo II rifiuta. Carlo allora brandisce la spada contro il re e cerca di proteggere i prigionieri. Filippo ordina di disarmare Carlo. Dal momento che nessuno osa farlo, Rodrigo si fa avanti e chiede a Carlo di dargli la sua spada. Il re ricompensa Rodri- go e ordina che si prosegua con l’autodafé. Atto terzo Scena prima. Filippo medita sulla sua sfortunata unione con Elisabetta e sulla vanità del potere. Ha convocato il grande inquisitore per chiedergli se ha il diritto di giustiziare suo figlio per tradimento. Il grande inquisito- re preferirebbe che gli consegnasse piuttosto Rodrigo, ma Filippo rifiuta. Elisabetta viene a chiedere giustizia a Filippo: il suo portagioie è stato ru- bato. Filippo le mostra il portagioie ed esige che lei gli spieghi perche vi ha nascosto dentro un ritratto di Carlo. In un accesso di gelosia, colpisce la regina. Eboli e Rodrigo arrivano e cercano di calmare Filippo. Rimasta sola con la regina, Eboli si accusa: innamorata di Carlo, è stata lei a denun- ciare la regina a Filippo per gelosia. Scena seconda. Carlo è in prigione per essersi opposto a suo padre. Rodrigo viene a dirgli addio e implora l’amico di continuare la lotta per le Fiandre. Si sente un colpo di arma da fuoco e Rodrigo cade, ferito a morte. Quan- do appare il re, Carlo si accusa dell’assassinio di Rodrigo. Una folla infe- rocita fa irruzione nella prigione, reclamando la liberazione dell’erede al trono. Filippo cerca di reprimere la rivolta, ma solo l’intervento repentino del grande inquisitore riesce a disperdere la folla. Atto quarto Elisabetta si inginocchia sulla tomba di Carlo V. Carlo la raggiunge per un ultimo addio: parte per le Fiandre. Si dichiarano un’ultima volta il loro amore. Appaiono Filippo II e il grande inquisitore. Filippo consegna suo figlio all’Inquisizione perche venga punito. In quel momento, si sente un monaco salmodiare delle parole che suonano in modo diverso alle orec- chie di Filippo e di Carlo: «Troverai la pace cui il tuo cuore aspira solo in cielo, dopo la morte». Note al programma di Giuseppe Martini «Io lavoro... ma lavoro in cosa pressoché inutile. Riduco in quattro atti il D. Carlos per Vienna. In quella Città, voi sapete, che alle dieci di sera i por- tinaj chiudono la porta principale delle case, e tutti a quell’ora mangiano e bevono Birra e Gateaux. Per conseguenza il Teatro ossia lo spettacolo dev’essere allora finito. Le opere troppo lunghe si amputano ferocemen- te, come in un Teatro qualumque d’Italia. Dal momento che mi si doveva- no tagliar le gambe, ho preferito affilare ed adoprare io stesso il coltello». Questa lettera di Verdi all’amico Giuseppe Piroli del 3 dicembre 1883, da Genova dove faceva «un freddo da Siberia», basta a spiegarla tutta. Primo, Don Carlos, grand opéra del 1867 in cinque atti e perciò lunghissi- mo, tradotto subito dal francese in italiano (che era ancora la lingua ope- ristica del resto d’Europa), aveva un problema di durata per le esigenze viennesi non meno che per gli standard italiani, e tutto sommato ce l’ha anche per quelli di oggi, visto che la versione che Verdi ha dovuto stringe- re in quattro atti resta la più eseguita nei teatri. Secondo, Verdi non avreb- be mai accettato di far fare un lavoro del genere ad altri (per esempio, a qualcuno pagato dallo Hoftheater di Vienna) e, facendo due più due quattro, ha concluso che una versione più breve avrebbe giovato alla sua smerciabilità. Lo ha pensato anche Giulio Ricordi, dopo che Verdi gli rife- rì dell’offerta ricevuta nella primavera 1882 da Vienna, immaginando gli affari possibili con un Don Carlo rinnovato e più snello: paventandogli la possibilità che a intervenire sulla partitura potessero essere direttamente i viennesi, Ricordi sapeva di pungolare Verdi a mettersi al lavoro personal- mente, così da proseguire l’operazione di mercato già avviata con il rifa- cimento di Simon Boccanegra nel 1881, visto che dal 1871 non scriveva più un’opera nuova e aveva deciso di dedicarsi solo alla musica sacra (Messa da Requiem, Pater noster e Ave Maria “volgarizzati da Dante”). Che il sacrificio sull’altare viennese non potesse essere che quello del primo atto, l’atto di Fontainebleau, era apparso subito evidente a Verdi. Non piaceva a tutti, e sarebbe stato un intervento indolore (ma in fondo, lo crucciava eccome eliminarlo), anche se si perdeva in quel modo per lo spettatore l’esperienza diretta del giovanile incontro di Don Carlo ed Elisabetta e la violenza psicologica che si abbatte sui protagonisti, e con queste la coerenza della scena finale a San Giusto. Storicamente, si sa, era andata in un altro modo – Elisabetta fu promessa direttamente a Filippo II di Spagna, non all’Infante Don Carlo – ma la soluzione del dramma di Schiller adattato a suo tempo per Verdi da Camille Du Locle e Joseph Méry puntava alla divaricazione di due destini: Elisabetta lo accetta e reprime i propri sentimenti (e ci prende male anche il marito), Carlo no.