Cinema Ritrovato Di Gian Luca Farinelli, Vittorio Martinelli, Nicola Mazzanti, Mark-Paul Meyer, Ruud Visschedijk
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Cinema Ritrovato di Gian Luca Farinelli, Vittorio Martinelli, Nicola Mazzanti, Mark-Paul Meyer, Ruud Visschedijk Iniziamo dalla foto che abbiamo scelto per il manifesto, perché è un’immagine rivelatrice dell’identità di questo festival. Ad un primo sguardo non suscita un interesse particolare. È la foto di scena di un film qualsiasi prodotto in un periodo in cui di cinema se ne faceva tanto, un’immagine come tante. Però se la guardiamo meglio vediamo che al centro della foto c’è uno dei grandi attori del cinema italiano, Aldo Fabrizi, il Don Pietro di Roma città aperta, alle prese con la giustizia. Ci accorgiamo anche che il set è il lato sud di Piazza Maggiore; si scorgono il Palazzo del Podestà, San Petronio, il Nettuno, Palazzo de’ Banchi. L’immagine inizia a intrigarci. Siccome il cinema italiano è da sempre fortemente romano, pochissimi sono stati i film girati a Bologna, almeno sino agli anni ’60. Ecco perché Hanno rubato un tram, il film da cui abbiamo sottratto quest’immagine, è una vera scoperta che ci giunge dal passato. Nonostante si tratti di una piccola produzione, di un film modesto, di cui all’epoca nessuno si accorse, poterlo vedere oggi è un’esperienza straordinaria perché ci porta nella Bologna di quarantasei anni fa e ci fa sentire tutta la distanza del tempo, le dimensioni della trasformazione, l’ampiezza dei cambiamenti, esperienza tanto più forte perché si tratta di immagini inaspettate di un film dimenticabile, che nessuno vedeva più da decenni. Il film è anche un curioso incontro tra generazioni diverse del cinema italiano. Il soggetto lo firma Luciano Vincenzoni - che sarà poi sceneggiatore, tra gli altri, di Germi e Monicelli – insieme a un esordiente Sergio Leone; la regia la inizia Bonnard, di cui Sonego dice “che ormai sul set faceva più pennichelle che ciak”. Ritiratosi Bonnard dal film, Fabrizi e il giovane Sergio Leone portano a termine un film che pone domande senza risposte. Perché il produttore Luigi Rovere ha fatto girare un soggetto che avrebbe potuto essere ambientato dovunque (infatti due anni prima Buñuel aveva girato una storia identica a Città del Messico) proprio qui? E perché a interpretarlo non ha chiamato il campione della bolognesità, Gino Cervi, impegnato in quello stesso 1954 sul set del Cardinale Lambertini, ma il più romano degli attori romani? La memoria della città, dei suoi luoghi, è uno dei temi di quest’edizione. Non poteva essere diversamente nell’anno in cui Bologna è tra le capitali europee della cultura e nel momento in cui la Cineteca inizia il trasferimento nella sua nuova sede. Inauguriamo il festival con una serata che si svolgerà tra la ex Manifattura Tabacchi e Piazza Maggiore; una mostra fotografica su Hanno rubato un tram sarà ospitata nella Manifattura mentre, in Piazza Maggiore, il primo luglio verrà messo in scena Bologna Towers, installazione di suoni, luci e storia che Peter Greenaway ha creato lavorando su immagini (fotografie e film) della Cineteca di Bologna. Per tutta la settimana le vetrine di via Marconi e Riva Reno ospiteranno (grazie ai commercianti delle due strade e all’Ascom) le immagini di una zona che in cento anni è completamente cambiata. Nella saletta della ex Manifattura il programma dedicato alla memoria della città proseguirà con gli appuntamenti con Florestano Vancini, che presenterà La banda Casaroli, e Renzo Renzi che introdurrà la proiezione dei suoi preziosi documentari. Ci piace collegare idealmente quest’omaggio a Bologna, inedita o dimenticata città del cinema, con la serata che il Cinema Ritrovato dedica ad un’altra città europea, Oporto, a lungo privilegiato set naturale dell’opera di Manoel de Oliveira. Altro percorso inedito di quest’edizione de Il Cinema Ritrovato è l’omaggio allo sceneggiatore Rodolfo Sonego, veneto d’origine, capo partigiano, pittore arrivato a Roma nell’immediato dopoguerra. Dal 1946 firma alcuni dei film più geniali del cinema italiano. Figura ancora tutta da scoprire perché gli sceneggiatori, ancorché autori essenziali di un film, finiscono per essere oscurati dai registi e dagli attori, soprattutto se questi sono personaggi del calibro di Totò, Sordi, Vitti... I film della rassegna non sono rari, ma vorremmo proporli secondo un diverso punto di vista: quello, appunto, dello sceneggiatore. Ci farà da guida in questa avventura Tatti Sanguineti, storico acutissimo che nei ritagli di tempo della sua attività televisiva, ha convinto Sonego a prestarsi ad una lunga intervista nella quale tutto il cinema italiano del dopoguerra viene rivisitato con intuizioni personali e spesso chiarificatrici (ne è nato un libro, che presenteremo nelle giornate del festival). Ad un’altra stagione felice del cinema italiano, la prima e la più dimenticata, quella stagione del muto a cui da anni Il Cinema Ritrovato rivolge attenzione e ricerca, è dedicata una giornata di studio organizzata insieme all’Università di Bologna. Verranno mostrati e discussi film in versioni appena ristampate; l’analisi si concentrerà così su alcuni film come casi concreti con un metodo che ci auguriamo sia ricco di risultati, e che vorremmo riproporre anche nei prossimi anni. La retrospettiva Girls, Ladies, Stars: attrici americane negli anni Venti, porta a compimento un’esplorazione sulle origini del divismo avviata cinque anni fa con l’omaggio a Greta Garbo. Una sezione ricca di opere straordinarie e già note come Show People, prodotto perfetto dell’arte muta, ma anche di gioielli poco noti come Mantrap con Clara Bow o Smouldering Fires con Pauline Frederick. La rassegna presenta in otto giorni alcuni dei film realizzati lungo un decennio da nove star: Vilma Banky, Clara Bow, Joan Crawford, Marion Davies, Pauline Frederick, Lilian Gish, Pola Negri, Gloria Swanson, Florence Vidor; la maggior parte di loro lavorano per la MGM e la Famous Players-Lasky / Paramount. In queste due case di produzione - che nel corso degli anni Trenta lanceranno nel firmamento star come Mae West, Carole Lombard, Marlene Dietrich, Judy Garland, Elizabeth Taylor - il divismo trova i consapevoli promotori della sua mitologia. La rassegna ci offre anche la testimonianza del lavoro di registi (da Lubitsch a Dwan, da Stiller a Brown, da Fleming a Vidor, a Sjöström), direttori della fotografia, scenografi e costumisti, spesso di primissimo piano, a ulteriore dimostrazione che una diva, per divenire tale, ha bisogno attorno a sé di strutture e personalità straordinarie che la sostengano e ne sappiano valorizzare le doti. E soprattutto, anche in questo caso, ci invita a considerare l’opera sommersa e decisiva di chi scriveva le storie destinate a fare di certe girls e certe ladies altrettante star: sceneggiatori e soprattutto sceneggiatrici, lungo il decennio che più di ogni altro, nella storia del cinema americano, celebra il glamour della scrittura femminile. Accanto a questa sezione, proponiamo Programme Picture dalla Cinémathèque Royale: B-movies degli anni Venti, otto film completamente sconosciuti che l’inesauribile archivio belga e il suo esemplare laboratorio portano a Bologna, con l’aiuto dello storico inglese Kevin Brownlow che ringraziamo per la generosità con cui ha saputo guidarci nella preparazione di questo difficile programma. Tra le molte sorprese ne indichiamo una su tutte: The Old Homestead diretto da James Cruze, il cineasta oggi dimenticato, che Louise Brooks, spesso così aspra nei confronti del cinema hollywoodiano, paragona addirittura a Pabst... Ma centro vitale del Cinema Ritrovato è sempre la sua sezione annuale Ritrovati & Restaurati. Anche quest’anno forte di molte proposte: tra cui i programmi, raffinatissimi, dedicati al cinema esotico provenienti dal Nederlands Filmmuseum, un esilarante Lubitsch tedesco infine restaurato (Die Bergkatze), uno dei migliori Ford (Four Sons), sei cortometraggi inediti di Welles, e il restauro di Modern Times, che segna un nuovo capitolo del Progetto Chaplin. Come l’anno passato, parallelamente al programma principale, si svolge l’omaggio ai Quarant’anni di Cinema Libero che vede, oltre ai programmi dedicati a due autori differenti come Jürgen Böttcher e Peter Kubelka, una ricchissima retrospettiva di avanguardia italiana degli anni Sessanta e Settanta. Occasione non solo per vedere film introvabili, ma anche per misurare il livello della riflessione relativo al restauro di un cinema così estremo nell’uso del materiale e delle tecniche che spesso risulta difficilissimo da restaurare. Molte e grandi nubi si stanno addensando sugli archivi cinematografici. Il cinema, dal 1895, continua a non essere riconosciuto come un’Arte e conseguentemente le cineteche vengono scambiate ora con dei depositi, ora con dei distributori di film e diritti. Nello stesso tempo l’industria ha scoperto il potenziale commerciale dei vecchi film e la magia della parola restauro, che associata alle riedizioni serve ad amplificarne il successo. L’arrivo di nuove tecnologie, oltre a trovare sostanzialmente impreparati gli archivi, rischia di travolgere il lavoro di oltre mezzo secolo di attività di conservazione e un patrimonio di conoscenze ed esperienze specializzate. All’orizzonte si profila il rischio di manipolazioni incontrollate sotto l’etichetta-passe-partout di digitalizzazione. Eppure, nonostante queste pressioni e gli errori di politica culturale che molti stati, simultaneamente, stanno compiendo indebolendo le strutture cinetecarie, il programma di quest’anno dà prova di alcune tendenze positive che coinvolgono decine di archivi in tutto il mondo; ci pare evidente, anche grazie ai festival e alle attività di formazione (Archimedia