Numero 4 – Giugno 2004
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Storia e Futuro. Rivista di storia e storiografia, n. 4 INDICE PERCORSI PERCORSI DI STORIA E RICERCA STORIOGRAFICA STORIA E TERRITORIO Andrea Giuntini, Reti, infrastrutture e servizi urbani Francesco Silvestri, Una breve Storia della nelle città italiane in epoca contemporanea conservazione del paesaggio in Italia, (con particolare Fabio Bertini, Elementi di periodizzazione e riferimenti attenzione ai parchi naturali) bibliografici per una storia del sindacalismo confederale Elena Musiani, I caratteri di una strada: via Zamboni negli anni Novanta tra passato e presente ARCHIVI MAPPAMONDO ARCHIVI E BIBLIOTECHE Marco Del Bene, Il problema del consenso nel fascismo Amalia Criscione, Le amministrazioni comunali in età giapponese giolittiana, 1904-1915 SCENARI DIDATTICA Marco Petrella e Chiara Santini, Risorse in rete per DIDATTICA DELLA STORIA CONTEMPORANEA l’iconografia della città europea in età moderna e Roberto Parisini, Tra fonti e rete una riflessione su contemporanea. Un modello per la valutazione dei siti e strumenti e funzioni della didattica tra ricerca dei materiali disponibili storiografica e internet. Intervista a Mario Pinotti Federica Guazzini, L’Africa Sub-Sahariana e le Antonio Brusa, Il programma di storia Moratti- tecnologie dell’informazione e della comunicazione: una Bertagna: due emendamenti urgenti e alcune ricerche da rassegna preliminare promuovere Saura Rabuiti, La didattica della storia oggi in Italia MEDIA Fausto De Salvia, La via italiana a Topolino SCAFFALE RECENSIONI, SEGNALAZIONI, RISORSE OFF E WELFARE ON-LINE Gianni Silei, Una occasione mancata? La questione Roberto Parisini commenta: Simona Urso, Margherita della riforma dello Stato sociale in Italia nel secondo Sarfatti. Dal mito del Dux al mito americano dopoguerra Francesco Silvestri commenta: Ignazio Masulli, Welfare State e patto sociale in Europa. Gran Bretagna, TRASPORTI Germania, Francia, Italia (1945-1985) Walter Gennari, Anthony Trollope e Robert Louis Francesco Silvestri, Novità editoriali maggio-giugno Stevenson: due testimoni del treno in America 2004 Francesco Silvestri, La città elettrica. Esperienze di MEDAGLIONI elettrificazione urbana in Italia e in Europa tra Luisa Lama, Incontro con la memoria di Alessandro Ottocento e Novecento (a cura di Andrea Giuntini e Ghigi, rettore dell’Università di Bologna negli anni Giovanni Paoloni, Editori Laterza, 2004) Trenta Alberto Malfitano, Tanto infausta sì, ma pur tanto goriosa. La battaglia di Curtatone e Montanara (a cura di Costantino Cipolla, Fiorenza Tarozzi, Milano, FrancoAngeli, 2004, pp. 272, euro 23) Dario Petrosino, Sandro Bellassai, La mascolinità contemporanea (Carocci Editore, 2004) LABORATORIO APPROFONDIMENTO TEMATICO Roberto De Vivo, Il sistema dei media. Cambiamenti e trasformazioni tra il 1995 e il 1999 Maurizio Degl’Innocenti, Sul paradigma socialista o del “terzo” partito AGENDA CONVEGNI ED EVENTI IN ITALIA E ALL’ESTERO Parisini, Politiche urbane e ricostruzione in Emilia Romagna, Bologna, 26-27 novembre 2003 Dino Mengozzi, Il Centro-sinistra e la riforma della scuola media (1962-1963). Seminario di studi storico e pedagogico, Università di Urbino, 1° Aprile 2004 Andrea Ragusa, Stabilizzazione incompiuta e crisi della democrazia. Note su un recente convegno sull’Italia del centro-sinistra La via italiana a Topolino I molti volti del fumetto Disney a confronto con la società e i miti collettivi di un Paese in trasformazione PARTE I Fausto De Salvia Introduzione Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere che io leggo volentieri le storie di Paperino, ridono di me, quasi fossi rimbambito. Ridano pure. Personalmente sono convinto che si tratta di una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni (Buzzati, 1968, p. 5). Quando Dino Buzzati scriveva queste righe, in un anno carico di significati come il 1968, in Italia i riconoscimenti riservati dalla cultura “ufficiale” al medium fumettistico si contavano sulle dita di una mano. In quegli anni vedevano la luce le prime iniziative realizzate da appassionati (la rivista “Linus” nel 1965, il Salone del Comics di Lucca l’anno successivo), e si formava una scuola critica destinata a spazzare via, nel volgere di un decennio, la maggior parte di quelle diffidenze che avevano portato, nel passato anche recente, a marchiare il fumetto quale arte “di serie B”. Nell’ambito di quest’inedito approccio a quella che da molti è definita “arte sequenziale” emerge, evidente, la volontà di riscoprire le origini del fenomeno comics senza alcuna distinzione di genere. Fu così che divennero oggetto d’analisi anche i fumetti ispirati dalle produzioni degli studios di Walter Elias Disney (1901-1966), capillarmente diffusi in buona parte del mondo fin dagli anni Trenta. Il grande autore americano, sintesi forse irripetibile di creatività ed istinto manageriale, aveva fondato il proprio “impero” mediatico sul successo di un piccolo topo di campagna, quel Mickey Mouse che Oreste del Buono ha definito “il primo vero eroe dell’avventura a fumetti”(Del Buono, 1969, p. 5). Sull’onda di una popolarità così grande da toccare punte di fanatismo, il personaggio giunse ben presto anche in Italia dove assunse, una volta per tutte, il nome “Topolino”. Ai primi shorts animati, in rigoroso bianco e nero ma “nobilitati” dalla presenza della musica, seguirono le avventure a fumetti, inizialmente scritte dallo stesso Walt1 per i disegni di Ub Iwerks (1901-1971), ideatore grafico di Topolino. Dopo pochi mesi, però, Disney abbandonò la supervisione dei comics e non se ne occupò più, fino alla fine della sua vita, anni nei quali rivolse le proprie energie in altre “sfide” quali l’animazione in technicolor, i lungometraggi, la televisione o la creazione dei parchi di divertimento “per famiglie”. La stessa Disney Company non considerò mai il fumetto un’attività “trainante” per il proprio sviluppo, pur affidando le cure del settore ad un indiscusso professionista come Floyd Gottfredson (1905-1986), affiancato da diversi validi autori. E questo accadeva perché: il fumetto è sempre stato considerato dalla Disney come una parte del mondo del merchandising, e in quest’ottica rivestiva un ruolo paragonabile a quello, per esempio, di un 1 Disney si occupò dei testi delle strisce giornaliere di Mickey Mouse dal 13 gennaio al 17 maggio 1930. prodotto che ha fatto epoca, gli orologi Ingersoll con l’effigie di Topolino. [...] Una politica in cui il fumetto rientrava nel merchandising portò in brevissimo tempo la Disney a compiere una scelta precisa: abbandonare la gestione diretta del settore, consegnandolo ad aziende esterne che agivano come “licenziatarie” e producevano quindi in proprio (Gadducci Tavosanis 2000, pp. 9- 10). I diritti italiani del fumetto made in Disney furono esclusiva prima della fiorentina Nerbini, e in seguito, per ben cinquantatré anni, della Arnoldo Mondadori: entrambe le case editrici impostarono la propria strategia editoriale su un periodico, il settimanale “Topolino”. Il primo “Topolino” presentava un composito mosaico di stili ed autori, in massima parte non disneyani ma garantiti dal solido imprimatur dell’ormai celebre roditore in calzoni corti, protagonista fisso del settimanale grazie ad avventure di grande suggestione come La casa dei fantasmi (1936), Il mistero dell’uomo nuvola (1937) o Il gorilla Spettro (sempre del 1937), solo per citarne alcune. Le storie a fumetti di Mickey Mouse, concepite in America per il pubblico eterogeneo (ed in maggioranza adulto) dei quotidiani, venivano ospitate da un periodico sulle cui pagine si svolse, per lungo tempo, l’accesso scontro fra due opposte concezioni di prodotto editoriale per ragazzi. Da un lato, l’ormai tradizionale modello del “Corriere dei piccoli” (nato nel 1908), fatto di racconti moraleggianti e “tavole disegnate” (di “fumetti” ancora non si parlava) corredate da versi in rima baciata, il tutto con una forte impronta para-pedagogica; dall’altro, l’emergente realtà dei comics americani, caratterizzati da trame ricche di azione e umorismo, che fu determinante per l’affermazione “di massa” del medium fumettistico nell’Italia di quegli anni. Lo scontro continuò fino agli anni Sessanta, quando “Topolino” superò definitivamente vecchi e nuovi rivali, diventando il periodico a fumetti più letto d’Italia (primato che, seppur notevolmente ridimensionato, mantiene tutt’ora). Dedicato interamente ai personaggi disneyani fin dal 1949, il giornale aveva via via trovato una propria, innovativa formula, decisamente orientata verso il modello americano dell’entertainment. Ha scritto in proposito il disegnatore Romano Scarpa: ho sempre pensato che il successo di “Topolino”, del giornale intendo, e delle storie, dipendesse dal fatto che non voleva essere pedantemente istruttivo. Il “Corriere dei Piccoli” non ha mai contrastato il passo a “Topolino”, proprio perché era troppo pedagogico, voleva troppo istruire. Ma un ragazzo, quando è andato a scuola e ha studiato, non vuole prendere in mano un giornalino per istruirsi ancora. Vuole solo evadere, completamente! (in Becattini Boschi Gori Sani, p. 169). All’assenza di finalità pedagogiche esplicite si accompagnava, però, una caratteristica che rendeva la lettura di “Topolino” un’esperienza in sé educativa: la presenza di storie a fumetti “dense”, dagli intrecci lunghi ed elaborati, leggibili a diversi livelli da bambini, giovani e adulti. Le storie “dense” consentono di sviluppare la creatività e la fantasia, poiché durano al di là del piacere immediato, rimangono nella memoria, creano piani di confronto con le esperienze della vita vissuta, si