Archivio Nisseno N. 3

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Archivio Nisseno N. 3 Associazione “Officina del libro Luciano Scarabelli” - Caltanissetta ARCHIVIO NISSENO Rassegna di storia, lettere, arte e società Anno II - N. 3 Luglio-Dicembre 2008 Paruzzo Printer editore - Caltanissetta 1 ARCHIVIO NISSENO Rassegna semestrale di storia, lettere, arte e società dell’Associazione “Officina del libro Luciano Scarabelli” di Caltanissetta Anno II - N. 3 Luglio-Dicembre 2008 2 Torniamo a parlare dei Fasci dei Lavoratori. La drammatica vicenda dei Fasci dei Lavoratori in Sicilia rappresenta la fase conclusiva di un lungo processo di crisi che si manifestò nel distorto svi- luppo dell’economia siciliana dell’Ottocento e nelle forme che assunse la politica a livello delle amministrazioni locali ma anche a livello nazionale. Se si guarda bene alle cause di questa crisi, molte di esse vanno individua- te nel mancato “governo” dei processi che determinarono una aberrante ridi- stribuzione della grande proprietà fondiaria. L’idea che fu alla base dell’ever- sione delle terre feudali (1812) e delle ricorrenti confische delle terre eccle- siastiche, cioè che si potesse creare una piccola proprietà contadina attraver- so la quotizzazione delle proprietà divenute demaniali, fallì miseramente a causa dell’ingordigia dei proprietari terrieri che aggirarono in tanti modi la legge, grazie anche alla connivenza del potere politico. Si andò così determinando, specialmente dal 1860 in poi, una situazione paradossale: la ridistribuzione delle terre, che era una delle grandi aspirazio- ni dei contadini siciliani alimentata anche dalle promesse di Garibaldi, non solo non si realizzò nei modi sperati, ma divenne un grande inganno che determinò un progressivo impoverimento del mondo contadino e braccianti- le, fino a giungere alle condizioni di estremo degrado e di miseria dei primi anni ‘90. Queste condizioni furono oggetto di molteplici inchieste pubbliche e pri- vate, da quella, famosa, di Franchetti e Sonnino del 1874, a quella parlamen- tare del 1875, fino alla nuova “inchiesta agraria” del 1884 guidata dal parla- mentare siciliano Abele Damiani, che tracciò un quadro completo delle misere condizioni economiche, morali e sociali dei contadini. Damiani con- cludeva così la sua relazione: “Questi fatti dovrebbero ormai impensierire e le classi colte e il Governo; che non si sciolgono le questioni coll’indifferen- za, rifiutandosi dal preoccuparsene e tanto meno poi soffocandole con la forza… Chi può prevedere dove si andrà a finire perdurando questo stato d’abbrutimento?”. Poi vennero i Fasci dei Lavoratori, che ebbero il loro maggiore sviluppo nel 1893: dopo dieci anni dall’inchiesta agraria nulla era stato fatto in favore dei contadini, anzi, la loro situazione si era ulteriormente aggravata. Il diret- tore generale della pubblica Sicurezza, Giuseppe Sensales, inviato dal Governo nel settembre del 1893 in Sicilia, nella sua relazione poneva l’ac- cento su due questioni: quella relativa alla gestione delle amministrazioni 3 comunali (“Certo, col far cessare le gravi ingiustizie che sogliono commet- tersi dalle amministrazioni comunali, il Governo farà opera provvida, elimi- nando ogni motivo di disordine”) e l’altra, molto più grave, relativa alle con- dizioni dei lavoratori dei campi (“Su questo particolare esistevano ed esisto- no in Sicilia molti abusi, gran parte dei quali furono già rilevati dall’Inchiesta agraria e da parecchi scrittori. Il latifondo, la cultura estensiva, l’assentismo, il contratto di gabella, e l’avidità di non pochi proprietari hanno concorso ad immiserire gli agricoltori, i quali non potevano essere sordi alla voce di colo- ro che promettevano di redimerli dal loro stato”). Dopo le dimostrazioni e i tumulti del 1893, il 23 dicembre di quell’anno, il consiglio dei ministri autorizzò la proclamazione dello stato d’assedio nelle province siciliane. Il generale Roberto Morra di Lavriano, nominato commis- sario straordinario, dichiarò lo stato d’assedio il 3 gennaio 1894. Dello stes- so tenore di quelle di Sensales furono le considerazioni finali di Morra di Lavriano nella sua Relazione sull’andamento dello stato d’assedio in Sicilia durante l’anno 1894, che pubblichiamo in questo numero nella sua interez- za, ritenendo di fare cosa utile agli studiosi: “I mali che maggiormente e da tempo affliggono la Sicilia sono da una parte la sproporzionata distribuzione della proprietà fondiaria e del sistema del gabelloto; dall’altra la mala ammi- nistrazione comunale, fatta di abusi, di prepotenze ed ingiustizie”. La pubblicazione della relazione del commissario straordinario e dei numerosi allegati (che appariranno nel prossimo numero della rivista) con- sente di riaprire un dibattito sui Fasci Siciliani, che deve ancora chiarire le responsabilità della classe politica siciliana e di quella nazionale, colpevoli di non aver attuato provvedimenti che potessero introdurre concreti elementi di giustizia sociale nella grave questione delle terre a beneficio delle classi più umili. Elementi che dovranno necessariamente far parte del più ampio dibattito sulla crisi della società siciliana dopo l’unità d’Italia. Antonio Vitellaro 4 RELAZIONE SULL’ANDAMENTO DELLO STATO D’ASSEDIO IN SICILIA DURANTE L’ANNO 1894* DI R. MORRA DI LAVRIANO Premessa. Fra il morire dell’anno 1893 ed il sorgere del 1894 gravi avvenimenti funestavano la Sicilia. Già da qualche tempo serpeggiava il fermento mani- festandosi or qua or là con dimostrazioni e tumulti. Ma fu una sommossa scoppiata nel Comune di Partinico il 9 dicembre che bastò perché ad un trat- to e con una spaventosa rapidità avesse divampato in quattro provincie dell’Isola la fiamma dell’insurrezione. Una plebaglia ingannata da falsi miraggi e forsennata erasi abbandonata ad atti iniqui distruggendo, incen- diando, e trascendendo in eccessi d’ogni genere. E la rivolta erasi andata allargando minacciosa, facendosi temere di dover dilagare in tutta l’isola, poiché nelle provincie fino a quel momento immuni da violenze e da stragi, già un sordo fermento ne preannunziava il prossimo scoppio. Accenno rapidamente agli avvenimenti svoltisi dal 9 dicembre 1893 al 3 gennaio 1894. Partinico dava il segnale della insurrezione. Il giorno 9 dicem- bre 1893, mentre il Consiglio Comunale era riunito per deliberare, l’aula veniva invasa da una turba furiosa di operai e caprai chiedenti l’abolizione della cinta daziaria e delle guardie campestri. I rappresentanti del Comune, colti da panico, fuggivano e la folla abban- donatasi ad eccessi vandalici, distruggendo e bruciando mobili, registri, documenti, e quindi, lasciata la casa Comunale, appiccava il fuoco ai casotti daziari. L’indomani il comune di Giardinello era teatro di simili funeste gesta. Anche colà la folla, aizzata dal fascio dei lavoratori, invadeva il Municipio reclamando la abolizione delle tasse e delle guardie campestri; anche colà si davano alle fiamme mobili e registri. Epperò a più luttuosi fatti dava luogo quella insurrezione poiché mentre la truppa retrocedeva incalzata violentemente dalla folla, partiva, e sul momen- * La Relazione ci è stata gentilmente favorita in copia dall’amico prof. Giuseppe Livrizzi, che ringra- ziamo. L’originale è custodito presso l’Archivio Centrale dello Stato, Roma (Archivio F. Crispi. Inv. 48, 30-34. Stato di assedio in Sicilia, fasc. n. 699, sottofasc. 10; fasc. 711, sottofasc. 5; fasc. 720-723). Nel prossimo numero verranno pubblicati i numerosi documenti allegati alla relazione. 5 R. MORRA DI LAVRIANO La prima pagina della relazione di Morra di Lavriano 6 RELAZIONE SULL’ANDAMENTO DELLO STATO D’ASSEDIO IN SICILIA DURANTE L’ANNO 1894 Ultima pagina della relazione di Morra di Lavriano* * Roberto Morra di Lavriano e della Montà (Torino 1830 – Roma 1917) fu senatore del Regno nella XVII legislatura. Il 9 agosto 1894 gli fu conferita l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia. * * * to non si comprese d’onde, un colpo di fucile contro gl’insorti. La truppa cre- dette di aver ricevuto l’ordine di far fuoco e lo eseguiva. Ritirandosi però per evitare una orrenda carneficina, venivano dalla folla furibonda miseramente ammazzati il messo comunale e la di lui moglie. Gli stessi disordini scoppiavano il giorno 17 in Monreale ove il Sindaco, il giorno precedente, aveva pronunciato un discorso sovversivo per guada- gnarsi il favore del fascio. Gli uffici comunali ed i casotti del dazio venivano bruciati; e perché s’era proceduto a taluni arresti, una folla di circa duemila persone tentava di assaltare la caserma e riusciva ad incendiare le porte. Il 19 era la volta di Parco, ove una turba di uomini e di donne assaltava l’ufficio del dazio di consumo, al grido di “abbasso le tasse”. Più tristi casi capitavano il giorno 24 in Lercara. Una turba percorreva il paese urlando e schiamazzando, e lanciava sassi contro la forza pubblica che tentava di trat- tenerla. Poscia rovesciatasi sulle guardie di finanza, le metteva in fuga e ne bruciava i casotti. 7 R. MORRA DI LAVRIANO Il giorno seguente la turba, cresciuta in numero ed in ordine, tentava di dare la scalata al palazzo municipale, e la forza, dopo aver esaurito tutti i mezzi per impedirlo, era costretta a far fuoco sui rivoltosi. Il 25 la insurrezione circoscritta fino a quel momento nella provincia di Palermo, scoppiava anche nella provincia di Caltanissetta. In quella Terrasini, in questa Valguarnera ripetevano, cogli stessi eccessi, le selvaggie sommosse. Il 30 dicembre mentre in Misilmeri (Palermo) la folla improvvisamente scendeva in piazza ed incendiava i casotti daziari, al grido di “abbasso il dazio consumo”, nuovi torbidi scoppiavano
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