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Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 1 LA CULTURA 617 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 2 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 3 Pino Arlacchi LA MAFIA IMPRENDITRICE Dalla Calabria al centro dell’inferno Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 4 www.saggiatore.it © Gruppo editoriale il Saggiatore S.p.A., Milano 2007 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 5 LA MAFIA IMPRENDITRICE a Giovanni Arrighi Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 6 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 7 Sommario Introduzione alla nuova edizione 9 Introduzione 15 Prima parte. Mafia e mafiosi nella società tradizionale 1. Il comportamento mafioso 27 Mafia, ’ndrangheta e omertà 27 L’onore 29 Sfide, combattimenti e competizioni 32 Onore e giustizia 36 Onore e omicidio 40 2. Il potere mafioso 43 Il potere mafioso e le sue funzioni 43 Protezione 47 Repressione 49 Mediazione 52 Delega da parte dello Stato 58 Cosca 63 Il tipo del mafioso tradizionale 67 Seconda parte. La crisi della mafia durante la grande trasformazione postbellica 3. Onore, ricchezza e potere politico negli anni Cinquanta e Sessanta 73 L’identificazione tra onore e ricchezza 73 La crisi di legittimazione del potere mafioso 76 I mafiosi-gangsters degli anni Sessanta 81 Potere politico e potere mafioso nella Sicilia occidentale 83 Verso la mafia imprenditrice 92 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 8 8 La mafia imprenditrice Terza parte. La mafia imprenditrice 4. Gli anni Settanta e l’impresa mafiosa 95 Gli anni Settanta e il crollo del monopolio statale della violenza 95 L’impresa mafiosa 100 Lo scoraggiamento della concorrenza 101 La compressione salariale 106 La disponibilità di risorse finanziarie 111 Grande impresa e capitalismo mafioso 114 Patrimoni, investimenti e circolazione delle élites 118 5. Il mafioso imprenditore, la famiglia e la cosca mafiosa 125 Cultura e stile di vita del mafioso imprenditore 125 Il tipo del mafioso imprenditore 127 La «Weltanschauung» del moderno mafioso 133 Famiglia e cosca mafiosa 137 6. I limiti del capitalismo mafioso 147 Processi, avvocati, periti 147 Tradizionalismo e territorialità 152 Conclusione: la guerra di tutti contro tutti 159 7. L’autonomia politica del potere mafioso 165 L’accrescimento della competizione politica 165 L’autonomia politica del potere mafioso 169 Ideologia e cultura politica della mafia imprenditrice 180 8. Economia dell’eroina e impresa mafiosa 185 La via dell’eroina 185 Il ciclo 187 Il mercato 190 Il problema della fiducia 193 L’impresa mafiosa 198 Conclusioni 205 Quarta parte. Dalla Calabria al centro dell’inferno 9. Il centro dell’inferno 209 Verso le Nazioni Unite 209 Chi ha perso la Russia 216 Denaro che scotta 226 Segreto bancario e paradisi fiscali 234 Il centro dell’inferno 247 Note 301 Indice dei nomi 316 Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 9 Introduzione alla nuova edizione Questa edizione appare a 24 anni di distanza dalla prima pubblica- zione del volume e a oltre 30 dai fatti analizzati. Protagonista dello stu- dio era la mafia calabrese, la ’ndrangheta degli anni Settanta del seco- lo passato. Che cosa è cambiato da allora, e che senso ha riproporre oggi l’argomento? La prima risposta che mi viene da dare è che nulla di sostanziale è mutato, se non l’espansione del potere criminale nell’economia e nel- la politica della Calabria, come previsto ma non auspicato dallo stu- dio originario. Malauguratamente, perciò, questo volume non è invecchiato. Esso è interamente attuale, e potrebbe essere ripubblicato anche senza questa introduzione e senza la lunga «seconda puntata» che ho aggiunto in co- da al testo originale per raccontare le peripezie del concetto e del suo autore dopo il 1983. «Dalla Calabria al centro dell’inferno» è il raccon- to di una esperienza umana, la mia, dopo la pubblicazione de La mafia imprenditrice e di una scorribanda intellettuale e politica nella cittadel- la più impenetrabile di tutte: il riciclaggio del denaro sporco effettuato dalle maggiori banche internazionali. Solo dalla postazione nella quale le strategie generate da questo volume hanno finito col proiettarmi, le Nazioni Unite, sarebbe stato possibile arrivare nei pressi del centro ge- lido dell’inferno criminale. Ma il testo, ripeto, non è invecchiato. Se rifacessi oggi la ricerca sul campo, dovrei solo aggiornare le cifre e le stime sulla potenza della ’ndran- gheta, aggiungendo qua e là qualche zero e raddoppiando molte per- centuali. Non sto esagerando. Non sono incline al catastrofismo, e ho sempre Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 10 10 La mafia imprenditrice criticato l’idea di una mafia invincibile perché ubiqua e onnipotente. Non c’è niente di ineluttabile nella ‘ndrangheta, come in ogni cosa, an- che mostruosa, prodotta dall’azione degli uomini. E continuo a pensa- re che la sua forza malefica può essere fronteggiata e sconfitta con gli strumenti ordinari della democrazia. Ma sarebbe errato negare o sminuire una realtà incontrovertibile. Questa: durante gli anni Ottanta, Novanta e fino adesso, mafia, corru- zione e degrado istituzionale sembrano essere cresciuti quasi senza in- terruzione nella mia regione di nascita, riuscendo a scavalcare ostacoli difficili quali la repressione giudiziaria e di polizia, l’insidioso attacco dei «pentiti», il cambiamento di regime politico nazionale accelerato da Mani Pulite e la voglia di legalità di larghe parti della società civile. La ’ndrangheta ha continuato a prosperare non grazie alla sua in- trinseca energia, o per la forza della «società incivile» da essa generata, ma soprattutto per il contrasto incerto e fiacco messo in atto da chi do- vrebbe contrastarla. La politica, i poteri dello Stato, anche quelli più forti, non hanno mostrato la determinazione necessaria per combat- terla, oppure si sono alleati con essa nello scempio dei beni che appar- tengono a tutti: la sicurezza, l’ambiente, le libertà civili elementari, il diritto al futuro delle giovani generazioni. La Calabria è oggi l’ultima regione italiana per reddito, occupazione, qualità della vita e democra- zia. La corruzione è capillare, l’associazionismo civile è precario, la par- tecipazione politica è scarsa, e le elezioni sono fasulle perché i consen- si non sono liberi. A poco vale consolarsi con l’argomento che il caso Calabria è solo lo specchio – estremo e violento quanto si vuole, ma sempre un riflesso – di problemi nazionali antichi, che si sono aggravati negli ultimi decen- ni. Secondo questo modo di vedere, la precarietà del sistema-paese si trasforma fatalmente, nella sua parte più debole, in tragedia. La tesi non regge perché sorvola troppo velocemente sulle responsabilità di chi ha governato la regione, e ha avuto tutto il tempo, le risorse finanziarie e le conoscenze necessarie per invertire la rotta, distruggere la ‘ndrangheta e stimolare lo sviluppo. La colpa del disastro attuale non è del solito Nord che non capisce, e sfrutta le risorse della regione senza reciprocare, e calpestando la sua stessa etica degli affari. È vero che molte imprese settentrionali o di Sta- to, appena mettono piede in Calabria continuano, oggi come mezzo se- colo fa, a cercare la protezione della mafia. Ma negli ultimi anni ci sono anche state imprese che si sono rifiutate di pagare tangenti, e si sono moltiplicati i casi di imprenditori calabresi onesti che si sono ribellati al- Imp. La mafia imprenditrice 25-09-2007 12:26 Pagina 11 Introduzione alla nuova edizione 11 la concorrenza sleale e all’intimidazione criminale. Ricevendo in cam- bio l’indifferenza se non l’ostilità del potere politico locale. L’alibi del colonialismo settentrionale non regge più, e nessuno più lo invoca. Le risorse affluite in Calabria dallo Stato centrale e dall’Eu- ropa dal dopoguerra in poi sono state imponenti. La dura evidenza è un’altra. Lo squallore attuale è opera di una classe dirigente in banca- rotta, che è andata purtroppo peggiorando negli ultimi venti anni, e che ha venduto la sua anima al diavolo contro i diritti di 2 milioni di calabresi. La violenza della ’ndrangheta è l’aspetto più clamoroso, e il motore nello stesso tempo, di uno sfacelo più ampio, che si perfeziona giorno dopo giorno. In quasi ogni settore la Calabria occupa ormai gli ultimi posti della graduatoria delle regioni. Non parliamo solo di reddito pro- capite e di indigenza, arrivati a voragini inedite: i cittadini del Trentino godono di un reddito per persona che è il doppio di quello calabrese, e la media nazionale è del 64% più alta. Oltre il 25% della popolazione calabrese vive al di sotto della soglia di povertà, e gli occupati regolari sono solo un terzo dei cittadini in età attiva. Anche qui perfino la Cam- pania e la Sicilia – le altre due regioni del triangolo criminale italiano – mostrano dati migliori. Le esportazioni dalla Calabria si sono regolarmente contratte negli ultimi anni fino a totalizzare l’irrisoria cifra dell’1,1% del suo PIL. Un dato 19 volte inferiore alla media nazionale, e 6 volte inferiore a quello delle regioni più povere. L’immiserimento non è però solo economico. La sanità della regio- ne è a pezzi, nonostante assorba una quota spropositata, oltre i due ter- zi, del bilancio regionale. Chi sta male e può permetterselo, scappa a curarsi in altri posti. E con ragione. Per capirlo, basta scorrere le pagi- ne dell’indagine effettuata nel 2006 dalla Prefettura di Reggio Calabria sull’ospedale di Locri dopo l’omicidio di Francesco Fortugno, medico dello stesso ospedale e vicepresidente della Regione. Il documento de- scrive un’istituzione pubblica diventata un «centro di imputazione» di attività criminali: una parte significativa dei medici, degli infermieri, de- gli amministratori, dei fornitori e degli impiegati dell’azienda ospeda- liera appartenevano a famiglie mafiose, avevano gravi precedenti penali o erano collegati alla ‘ndrangheta.