ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

Ufficio stampa

Rassegna stampa

9 ottobre 2007

Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])

1 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected]

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SOMMARIO

Pag. 3 CONFERENZA GIUSTIZIA: “Se questa è giustizia… una rinascita che non può attendere” (diritto e giustizia) Pag. 4 CONFERENZA GIUSTIZIA: Giustizia: Oua, al via giovedì la seconda conferenza nazionale (adnkronos) Pag. 5 PREVIDENZA FORENSE: Tre progetti per rivedere il sistema previdenziale degli avvocati (mondo professionisti) Pag. 6 PROFESSIONI: Direttiva qualifiche Il dlgs è nel caos (italia oggi) Pag. 7 AVVOCATI: Legali, poche difese (italia oggi) Pag. 8 AVVOCATI: Avvocati, Italia ultima per le donne ai vertici (il sole 24 ore) Pag. 9 AVVOCATI: In Germania il 60% è rosa (il sole 24 ore) Pag.10 GIUDICI DI PACE: Nel primo giorno di sciopero l’adesione è stata quasi totale (il sole 24 ore) Pag.11 ARBITRATI: Arbitrati, lo Stato perde 95 cause su 100 (il corriere della sera) Pag.13 FALLIMENTI: Fallimenti, caccia ai punti fermi (il sole 24 ore) Pag.14 FALLIMENTI: Fallimenti, nuovi requisiti subito (italia oggi)

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DIRITTO E GIUSTIZIA

"Se questa è giustizia... una rinascita che non può attendere" Giustizia, l’Organismo unitario dell’Avvocatura chiama a raccolta a Roma gli avvocati, i magistrati, i politici, le imprese e le università. L’appuntamento è la seconda conferenza nazionale sulla Giustizia dal tema «Se questa è giustizia … una rinascita che non può attendere» che si terrà a Roma da giovedì 11 a sabato 13 ottobre. Un momento di confronto, di analisi, di proposta, di sintesi per avviare un concreto processo riformatore. La Conferenza si aprirà con una tavola rotonda, moderata da Bruno Vespa, dal titolo: «Crisi della Giustizia: un emergenza democratica, un freno per lo sviluppo del paese, un danno per i cittadini». Parteciperanno, tra gli altri, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, i presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Pino Pisicchio e Cesare Salvi, il capo gruppo al Senato della , Michele Vietti, vicesegretario Udc. Ci sarà il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Gennaro e il direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta. Ai lavori saranno presenti i vertici delle istituzioni e associazioni forensi: Michelina Grillo, presidente Oua, Guido Alpa, presidente Cnf, Paolo Rosa, presidente della Cassa forense, Maurizio de Tilla, presidente dell’Adepp, Oreste Dominioni, presidente Unione camere penali, Valter Militi, presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, Salvatore Grimaudo, presidente dell’Unione camere civili, Bruno Sazzini, segretario dell’Associazione nazionale Forense, Marina Marino, presidente Aiaf. Parteciperà anche Emilio Nicola Buccico, sindaco di Matera ed ex presidente del Cnf. Sono previsti inoltre gli interventi di Daniele Capezzone, presidente commissione Attività produttive della Camera, Gianni Alemanno e Maria Grazia Siliquini (An), Pierluigi Mantini (Margherita), Gaetano Pecorella e (). Nel corso della Conferenza, con lo scopo di analizzare i problemi sul campo e proporre possibili soluzioni, si affronterà il tema dei «luoghi di composizione dei conflitti», delle risorse necessarie e del funzionamento dei riti processuali, delle professioni della giustizia (avvocatura, magistratura e personale amministrativo). La tavola rotonda finale (sabato 13 ottobre, pomeriggio) sarà dedicata ad un confronto tra le associazioni dell’avvocatura e della magistratura, dal titolo: «Unire le forze per ridare vita al sistema».

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ADNKRONOS

Giustizia: Oua, al via giovedì la seconda conferenza nazionale

UNA TRE GIORNI PER DISCUTERE DELLA CRISI DEL SISTEMA

Roma, 8 ott. - (Adnkronos) - La crisi della Giustizia e i rimedi per 'riformare' il sistema. Il tema sara' al centro della II Conferenza Nazionale della Giustizia che si terra' a Roma dall'11 al 13 ottobre prossimi. L'Organismo Unitario dell'Avvocatura chiama a raccolta gli avvocati, i magistrati, i politici, le imprese, l'universita', per far ripartire la Giustizia italiana. Un momento di confronto, di analisi, di proposta, di sintesi per avviare un concretoprocesso riformatore. La Conferenza si aprira' giovedi' prossimo con una tavola rotonda, moderata da Bruno Vespa, dal titolo: ''Crisi dellaGiustizia: un'emergenza democratica, un freno per lo sviluppo del paese, un danno per i cittadini''.

Parteciperanno, tra gli altri, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, i presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Pino Pisicchio e Cesare Salvi, Michele Vietti, vicesegretario Udc. Ci sara' il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Gennaro e il direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta. Ai lavori saranno presenti i vertici delle istituzioni e associazioni forensi: Michelina Grillo, presidente Oua, Guido Alpa, presidente Cnf, Paolo Rosa, presidente della Cassa forense, Maurizio de Tilla, presidente dell'Adepp, Oreste Dominioni, presidente Unione camere penali, Valter Militi, presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati, Salvatore Grimaudo, presidente dell'Unione camere civili, Bruno Sazzini, segretario dell'Associazione nazionale Forense, Marina Marino, presidente Aiaf.

Partecipera' anche Emilio Nicola Buccico, sindaco di Matera ed ex presidente del Cnf. Sono previsti inoltre gli interventi di Daniele Capezzone, presidente commissione Attivita' produttive della Camera, Gianni Alemanno e Maria Grazia Siliquini (An), Pierluigi Mantini (Margherita), Gaetano Pecorella e Alfredo Biondi (Forza Italia).

(Mrg/Zn/Adnkronos) 08-OTT-07 17:16

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MONDO PROFESSIONISTI

Tre progetti per rivedere il sistema previdenziale degli avvocati A questo stanno lavorando le commissioni di studio della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense

Tre progetti per rivedere il sistema previdenziale degli avvocati, su cui pesa l'invecchiamento demografico. A questo stanno lavorando le commissioni di studio della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. ''In questo modo -spiega Paolo De Rosa, presidente della Cassa- ogni nuovo iscritto non rappresenta un futuro debito per la cassa, ma un nuovo partecipante al ciclo previdenziale, caratterizzato da un equo rapporto tra contribuzione versata e copertura previdenziale offerta. I rischi demografici a cui è sottoposto il sistema previdenziale forense -avverte- devono essere analizzati considerando che dovremmo erogare pensioni per periodi mediamente più lunghi e che l'attuale grosso gettito contributivo, derivante da un favorevole rapporto tra attivi e pensionati di cinque a uno, è solo un attivo apparente e che ogni nuovo iscritto rappresenta per la cassa un futuro e rilevante debito. Il primo progetto allo studio -ricorda il presidente Rosa- prevede il mantenimento dell'attuale sistema di calcolo delle prestazioni di tipo retributivo, con progressivo aumento dell'età pensionabile e riduzione pro quota dei coefficienti di rendimento attribuiti per ogni anno di anzianità maturato. Il secondo vedrebbe l'adozione progressiva e pro quota del criterio di calcolo delle pensioni di tipo contributivo, con mantenimento di una quota di solidarietà similare a quella attualmente prevista, e il terzo progetto propone l'introduzione di una pensione modulare che affianchi alla quota pensionistica di primo livello una prestazione calcolata su contributi volontariamente versati dall'iscritto. L'attuale sistema previdenziale -ricorda il presidente della Cassa forense- consente l'erogazione di prestazioni previdenziali sufficientemente adeguate al tenore di vita avuto dal professionista in attività. La Cassa è riuscita a fornire ai propri iscritti tutta una serie di servizi e coperture aggiuntivi, rispetto alle tradizionali prestazioni pensionistiche che hanno potenziato la Cassa da semplice ente di previdenza a ente erogatore di coperture assicurative di rischi legati al verificarsi di eventi che possono riguardare la vita professionale, la salute e altro ancora sia per l'iscritto che per la sua famiglia. La Cassa, ad esempio, eroga sussidi a professionisti che, per infortuni malattie o altri eventi, hanno avuto una conseguente temporanea contrazione della propria attività professionale, oltre a borse di studio e contemporaneamente assistenza ai pensionati molto anziani e indigenti''. Sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa forense tutti gli avvocati iscritti agli albi che esercitino la libera professione con carattere di continuità, mentre sono iscritti in modo volontario alla Cassa i praticanti abilitati all'esercizio della professione che ne facciano domanda. Attualmente (al 30 luglio scorso), sono iscritti alla cassa circa 133.000 professionisti tra avvocati e praticanti su un totale di oltre 180.000 iscritti agli albi forensi, ed eroga circa 23.000 trattamenti pensionistici. Per ciò che attiene la contribuzione, gli iscritti sono tenuti al versamento di un contributo soggettivo pari al l0% del reddito dichiarato ai fini Irpef, fino a un tetto che, per il 2007, è pari a 83.000, e a un contributo del 3% oltre tale tetto.

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ITALIA OGGI

Polemiche al 34° convegno Ancot

Direttiva qualifiche Il dlgs è nel caos

Associazioni in cerca di riconoscimento. Il treno della direttiva qualifiche sta per passare, ma potrebbe non caricare bordo i professionisti senza albo. E mentre quelli del Colap sono pronti a festeggiare un primo traguardo, quelli del Cup (ordini) sono pronti a impugnare il provvedimento per eccesso di delega. È quanto emerso a Solbiate Olona (Varese) nel corso dei lavori del 34° convegno dei tributaristi Ancot, dove nemmeno la politica ha saputo dare risposte concrete adomande semplici. Ma andiamo con ordine. Per la prima volta ordini e associazioni, su imput dell'Ancot, si sono dati appuntamento per un confronto pubblico. L'obiettivo? Cercare di accorciare le distanze e provare a trovare dei punti in comune sulla questione «riconoscimento». Intanto la politica. Gianfranco Dell'Alba, capo di gabinetto del ministro delle politiche europee, intervenuto all'assise e restando sempre sul vago, ha ricordato che con il recepimento della direttiva «i professionisti potranno circolare più liberamente in Europa, soprattutto grazie alle piattaforme internazionali alle quali parteciperanno ordini, collegi e associazioni per uniformare i profili professionali». Sullo schema di dlgs oggi riprende l'esame le commissioni congiunte giustizia e attività produttive della camera. I due relatori di maggiornaza, Giuseppe Chicci e Pierluigi Mantini, stanno lavorando al parere. Che sarà positivo, come annunciato da Mantini a Solbiate Olona. Quello a cui non ha risposto volutamente il responsabile delle professioni de La Margherita è stato sulla decorrenza del riconoscimento delle associazioni. Cioè se con il dlgs approvato i senza albo potranno partecipare, senza altri interventi, ai tavoli internazionali. Solo qualche giorno fa (si veda ItaliaOggi del 3/10/2007) Giuseppe Chicchi ha anticipato a questo giornale i contenuti del parere. E ha detto chiaramente che il riconsocimento per i non ordinistici ci sarà, ma messo in stand by congelato fino a quando la riforma delle professioni non definirà i criteri per l'ottenimento del bollino blu. A chiarire il tutto ci ha provato il vicepresidente del Cup. Che, a Solbiate Olona, ha spiegato: «Le associazioni regolamentate cui si fa riferimento nella direttiva quando si parla di piattaforme comuni sono quelle inglesi, che sono uguali agli ordini italiani non certo le associazioni del Colap. Diversamente noi saremo pronti a dare battaglia e a impugnare il provvedimento per eccesso di delega». Più ottimista Arvedo Marinelli, numero uno dell'Ancot ma anche vicepresidente del Colap, che nella direttiva vede un primo piccolo traguardo per partecipare alle discussioni internazionali che interessano varie professioni senza ordine. Una posizione che trova d'accordo tanto Luigi Pessina dei tributaristi Ancit quanto Gianfranco Ziccaro, dell'Associazione informatici professionisti. Ignazio Marino

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ITALIA OGGI

Sentenza della Cassazione sul procedimento disciplinare

Legali, poche difese

Garanzie ridotte quando si sbaglia

Garanzie ridotte per gli avvocati sottoposti a procedimenti disciplinari da parte dell'ordine. Infatti, se gli viene contestato un fatto per cui è già in corso un processo penale, non hanno tutta la tutela riservata a qualunque imputato nelle aule di giustizia: una delibera consiliare di rinvio a giudizio invece della semplice citazione disposta dal presidente del consiglio dell'ordine e una fase istruttoria in senso stretto. È quanto emerge dalla sentenza n. 20843 depositata dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione il 5 ottobre 2007. Un avvocato aveva intrecciato una relazione amorosa con un detenuto nel carcere di Badu Carros in provincia di Nuoro. Dalla ricostruzione fatta nel processo era emerso che lei gli aveva dato un telefono cellulare. Lui lo aveva usato per tentare di evadere. Per questi fatti il Tribunale sardo l'aveva condannata con l'accusa di tentativo di procurare l'evasione del detenuto. Non solo. Fra i due c'era stato anche uno scambio di lettere «con contenuto erotico-amoroso». Tutti comportamenti, questi, che avevano indotto il Consiglio dell'ordine a sospendere la professionista per un anno. Contro questa decisione lei ha fatto ricorso in Cassazione ma è stato integralmente respinto. La linea difensiva seguita dalla donna era sui deficit della procedura portata avanti dal Consiglio: non le erano stati contestati con certezza e dovizia di particolari gli addebiti disciplinari, compromettendo il suo diritto di difesa; la citazione in giudizio era stata frutto della decisione del presidente e non un provvedimento collegiale. Ma questa teoria non ha fatto successo nelle aule di Piazza Cavour. Quello disciplinare è un provvedimento amministrativo e non giurisdizionale: ecco il motivo del rigetto. «In materia di giudizi disciplinari», si legge nella sentenza, «i Consigli dell'ordine degli avvocati esercitano funzioni amministrative e non giurisdizionali». Per cui, hanno messo nero su bianco i giudici di legittimità, «anche il relativo procedimento disciplinare risulta manifestazione di un potere amministrativo ed è disciplinato da leggi che prevedono la scansione semplice nel caso osservata dal Consiglio dell'ordine di Nuoro, della delibera consiliare di apertura del procedimento disciplinare contenente le incolpazioni». Insomma, «nel procedimento in questione non è prevista la fase delle indagini preliminari, né una istruttoria vera e propria». In poche parole tale procedimento è ispirato a «una certa semplicità di forme», anche se il diritto di difesa dell'avvocato va in qualche modo salvaguardato. Debora Alberici

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IL SOLE 24 ORE

Rappresentanza. Ricerca dei giovani legali Anpa

Avvocati, Italia ultima per le donne ai vertici

La mancanza di donne nel Consiglio nazionale forense è una particolarità tutta italiana. In nessuno degli Ordini o associazioni di avvocati di 25 Paesi europei c’è una situazione simile: si va da un minimo di presenze del 7% in Romania a un massimo del 63,6% in Germania. L’Italia, sola,sta a zero. Due donne avvocato, che pure sono entrate in Parlamento, non si stupiscono affatto. Giulia Bongiorno, 41 anni, ex difensore di Giulio Andreotti e deputato di An, e Maretta Scoca, 69 anni, civilista ed ex sottosegretario alla Giustizia del governo D’Alema, commentano con lo stesso disincanto i risultati dell’indagine realizzata dall’Anpa-Giovani legali italiani. Un’indagine sul numero di rappresentanti donne negli organismi direttivi (si veda la tabella), fatta contattando direttamente Ordini o associazioni Paese per Paese e attingendo dal sito www.ccbe.org (il Consiglio degli avvocati e delle società legali d’Europa). Il risultato è che se la media di donne iscritte all’Albo degli avvocati (36%) è di poco superiore a quella europea (35%), la rappresentatività ai vertici in Italia (0%) non permettere di fare alcun paragone con gli altri Paesi. E’ un fenomeno ben noto (si veda il «Sole-24 Ore» del 27 settembre). Viene da chiedersi se in realtà le professioniste italiane, sempre più numerose, abbiano poco interesse a impegnarsi. «Guai a dire così — risponde Bongiorno - non stanno ai vertici istituzionali di categoria perché non le fanno stare. Perché è già una conquista essere un avvocato affermato. Perché oggi, paradossalmente, è peggio di quando ho iniziato io, penalista negli anni ‘8o a Palermo». In che senso? «Ero un’anomalia, ma almeno allora tutti riconoscevano che per le donne era difficile già solo esercitare». E ora? «Gli uomini dicono che la parità è stata raggiunta, che il problema è superato. Si dà per scontato il doppio ruolo :di compagna e professionista». Il doppio ruolo bloccala carriera? «Si inizia l’attività vera e propria intorno ai 30 anni, età in cui si pensa a una famiglia: si lotta per fare entrambe le cose. E si sa che solo un professionista affermato può farsi eleggere come consigliere». Così, mentre gli uomini si affermano e iniziano a pensare al Cnf,

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IL SOLE 24 ORE

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IL SOLE 24 ORE

GIUDICI DI PACE Nel primo giorno di sciopero l’adesione è stata quasi totale

Adesione quasi totale nelle città italiane allo sciopero indetto i per questa settimana dai giudici di pace. A fornire il bilancio della protesta è il segretario generale dell’Unione nazionale giudici di pace, Gabriele Longo, il quale spiega che l’adesione allo sciopero (che durerà fino a sabato) ha raggiunto il 95% a Roma e il 100% a Bari. Molto alte anche le percentuali a Napoli, in Veneto e in Sicilia. Longo ha poi ricordato che un’altra settimana di sciopero è prevista per novembre. I giudici di pace, che sono arrivati a i occuparsi di oltre 2 milioni di procedimenti l’anno, rivendicano tra l’altro la riforma della categoria, il diritto alla previdenza e l’adeguamento del trattamento economico, fermo dal 1999.

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IL CORRIERE DELLA SERA Arbitrati, lo Stato perde 95 cause su 100 Dal 2005 spese di 715 milioni e parcelle pari ai salari di mille agenti. La Finanziaria li vieterà

ROMA — Settecentoquindicimilioniottocentoventiduemilasettecentotrentasette euro. Tutti questi soldi sarebbero bastati a fare il Passante di Mestre, avanzando pure qualcosa. Invece sono finiti, e soltanto negli ultimi due anni, a imprese appaltatrici di lavori pubblici che hanno vinto cause su «corsia preferenziale» contro le amministrazioni che glieli avevano affidati. Si chiamano «arbitrati». Sempre che si possa definire «arbitrato» un procedimento dove perde sempre lo Stato. E questo nonostante il presidente del collegio arbitrale sia spesso un alto magistrato amministrativo o un ex funzionario pubblico. Sapete in quante di queste cause la pubblica amministrazione non è risultata «soccombente» dall’inizio di luglio 2005 alla fine di giugno 2007? In appena 15. Quindici su 279. Vale a dire, lo Stato ha perso nel 94,6% dei casi. E ha dovuto pagare sia l’impresa sia quasi tutte le spese legali, parcelle degli arbitri compresi. Non proprio una bazzecola:nei due anni i compensi dei collegi arbitrali, che sono calcolati in percentuale del valore della controversia, hanno sfiorato 50 milioni. Esattamente, 49 milioni 223.466 euro: abbastanza per pagare due annidi stipendio a 1.065 poliziotti. I numeri sono in una lettera che il presidente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, Luigi Giampaolino, ha spedito qualche giorno prima che fosse definita la Finanziaria ad , il quale gli aveva chiesto un rapporto preciso. Sicuro di trovare nell’ex strettissimo collaboratore di Francesco Merloni una sponda decisiva per un progetto che il ministro delle Infrastrutture ha rivelato il 12 settembre: «Ho chiesto a Prodi di eliminare gli arbitrati». Già nella sua prima relazione da presidente dell’autorità Giampaolino aveva segnalato l’abnormità di una faccenda dagli aspetti alquanto pelosi. Con la scusa che la giustizia civile non funziona, le controversie fra imprese private a pubbliche amministrazioni vengono affidate al giudizio diuna terna di arbitri: uno ciascuno per le parti e il terzo scelto quasi sempre di comune accordo. Chi sono? Avvocati di studi legali specializzati che si contano sulle dita di una mano, avvocati dello Stato, giudici amministrativi e contabili, ma anche ex — ministri e politici. All’inizio degli anni Novanta questo grande affare sembrava aver raggiunto l’apice. Grazie ai compensi degli incarichi extragiudiziali alti magistrati e grandi burocrati presentavano denunce dei redditi miliardarie. Un esempio: nel 1992 l’ex presidente del Tar Francesco Brignola presentò un 740 da un miliardo 546 milioni di lire, di cui un miliardo 287 milioni (quasi un milione di euro di oggi) per arbitrati. Evidente l’assurdità di magistrati pagati a parte dallo Stato, e profumatamente, per fare un lavoro per il quale ci sono altri giudici già stipendiati sempre dallo Stato. Si cercò di mettere un freno allo scandalo, ma senza grandi risultati. Per moralizzare gli arbitrati si arrivò a costituire una Camera arbitrale attraverso cui dovevano passare tutte le decisioni sugli incarichi. Ma ben presto si trovò il modo per aggirarla nella sostanza. E sia pure in forma un po’ diversa rispetto al passato gli arbitrati hanno ripreso a prosperare. Nel secondo semestre del 2005 lo Stato si era visto condannato a pagare 145,5 milioni. Un anno dopo le condanne erano salite a 157,5 milioni per semestre, con un aumento dell’8,2%. E nei primi sei mesi di quest’anno sono letteralmente esplose, raggiungendo 255,1 milioni: più 6 1,8%. Totale in due anni, 715.822.737 euro. In grafi parte pagati dall’Anas e con relativo incremento per le parcelle degli arbitri. Ecco perché un bel po’ di persone devono aver masticato amaro leggendo l’articolo 86 della Finanziaria. Qualcuno si è stropicciato gli occhi, tanto era impossibile da credere: «E fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di inserire clausole compromissorie in tutti i contratti aventi a oggetto lavori, forniture e servizi». Tradotto: gli arbitrati sono vietati, Come se non bastasse, il divieto è esteso anche alle società e agli enti pubblici. Non bastasse, il funzionario pubblico che firmasse un contratto contenente una «clausola compromissoria» sarebbe sottoposto a procedimento disciplinare e a una causa per danno erariale. Una botta che farà rumore ai piani alti. 11 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected]

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Perché l’andazzo che coinvolgeva negli arbitrati personaggi eccellenti non si è mai interrotto. A nulla sono evidentemente servite le dimissioni di Franco Frattini dalla presidenza di un collegio arbitrale per la Tav quando era ministro della Funzione pubblica, dopo che il caso venne reso noto dal Corriere. Basta infatti scorrere gli elenchi degli arbitrati svolti a partire dal 2005 per trovare, nei collegi, nomi come quelli di , all’epoca vicepresidente della Camera, impegnato come arbitro di due controversie che riguardavano l’Anas (una contro Astaldi e l’altra contro Asfalti Sintex): dove la società pubblica ha pagato 10 milioni e al tre arbitri sono andati, solo per la prima causa, 310 mila euro. Oppure quello di Sergio Scicchitano, avvocato ritenuto vicino a Di Pietro. Tanto vicino che quando il governo lo ha nominato nel consiglio dì amministrazione dell’Anas, dal partito di Clemente Mastella è partito un siluro: «Come , che premiava i suoi avvocati, anche Di Pietro sceglie il suo avvocato per l’Anas». Proprio l’azienda al centro di una controversia per cui, appena un anno prima, Scicchitano era stato nominato arbitro. Compenso del collegio a tre: 300 mila euro. Ma in un altro arbitrato Anas figurava, due anni fa, anche Ernesto Stai ano, ex presidente della commissione Trasporti della Camera, oggi componente della «consulta giuridica» della società stradale con una retribuzione annuale di 70 mila euro. Anche in quel caso l’Anas è risultata soccombente. Come del resto nell’arbitrato (300 mila euro il compenso dei tre arbitri) dove c’era l’ex ministro della Funzione pubblica Angelo Piazza, oggi parlamentare Sdi. E poi i magistrati. Il presidente del Tar Lazio Pasquale De Lise (causa Todini contro Anas), «decano» degli arbitri, che già nel 1992 aveva un 740 da un miliardo 93 milioni di lire «arrotondando» lo stipendio con gli incarichi extragiudiziali. Ma anche l’ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, ora consigliere superiore della Banca d’Italia. L’ex presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia (impegnato in un mega arbitrato sempre relativo a lavori Anas, con mega compenso di 1,4 milioni per il collegio arbitrale). Perfino Mario Sancetta capo dell’ufficio legislativo del ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, arbitro in un’altra causa contro l’Anas, società controllata dal suo ministero, che ha visto l’Anas soccombere con tanto di parcella di 423 mila euro per il collegio arbitrale. E poi. l’ex procuratore generale della Corte dei Conti Emidio Di Giambattista, l’ex presidente del Consiglio di Stato Renato Laschena, i magistrati Luigi Carbone ed Ernesto Basile, l’ex presidente delle Poste Enzo Cardi. Nel percorso parlamentare, inutile illudersi, non mancheranno le imboscate. Ma siccome tutti i risparmi saranno destinati al ministero della Giustizia, c’è da sperare che un risultato almeno sarà raggiunto: con Di Pietro e il suo collega Guardasigilli Mastella che per una volta tanto non si beccheranno come al solito. Sergio Rizzo

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IL SOLE 24 ORE Diritto dell’economia. IL decreto correttivo è pronto per la pubblicazione sulla «Gazzetta» del 16 ottobre Fallimenti, caccia ai punti fermi Le correzioni sul diritto fallimentare dovrebbero essere pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» del i6 ottobre. Ma al ministero della Giustizia si riflette sulla possibilità di fare uscire, a tambur battente, anche prima del 16, una serie di indicazioni operative sulla fase transitoria. E tutto4 questo mentre i tribunali cominciano ad attrezzarsi, anticipando nella sostanza alcuni dei passaggi delle disposizioni che saranno in vigore solo dal 1° gennaio. Nel dettaglio, la pubblicazione del decreto legislativo con i ritocchi alla riforma del diritto fallimentare, approvato quasi un mese fa dal Consiglio dei ministri, sembra essere stata fissata peri 16 ottobre con la”prenotazione” di un posto sulla «Gazzetta» di quel giorno. Ma, al momento della pubblicazione, un’attenta lettura sarà d’obbligo. Con una postilla notarile (procedura non proprio consueta) sottoscritta dallo stesso ministro della Giustizia Clemente Mastella, si darà atto del fatto che al testo, rispetto alla versione licenziata dal Governo a settembre, sono state apportate alcune modifiche di natura esclusivamente formale. Al ministero ci si è infatti accorti che il decreto presenta alcuni problemi di coordinamento che sarebbe meglio risolvere prima dell’entrata in vigore. Con la pubblicazione dovrebbe essere risolto il “giallo” che ha costellato queste ultime settimane, con un testo approvato da tempo che, invece, non approdava mai alla «Gazzetta».un ritardo che ha alimentato illazioni sui cambiamenti che, nel frattempo, sarebbero state apportate alle norme. Una conseguenza certo del percorso assai tormentato della riforma in questi ultimi due anni. Che ha visto dividersi forze politiche, magistratura e associazioni di categoria, di volta in volta contrapposte. Altre sorprese però potrebbero però essere dietro l’angolo. Alla Presidenza del consiglio e al ministero della Giustizia si starebbe infatti pensando di predisporre un provvedimento interpretativo (circolare o decreto ministeriale) per provare a fornire alcuni chiarimenti su punti ancora controversi della fase transitoria, nel passaggio dalla vecchia alla nuova Legge fallimentare. Il provvedimento, che potrebbe anche essere emanato prima del i6 ottobre, interverrebbe allora “solo” sulla disciplina antecedente al correttivo senza toccare in nulla le modifiche inserite in quest’ultimo. Una maniera per provare a recuperare alcune delle norme che, in un primo momento inserite nel correttivo, erano poi state abbandonate strada facendo e per fornire ai giudici alcuni punti di riferimento all’interno di una riforma che ha presentato non poche difficoltà di applicazione. Intanto i tribunali provano il “fai-da-te” e, inattesa dell’entrita in vigore della nuova disciplina, nel anticipano alcuni aspetti. A partire da un elemento cruciale, quello dell’onere della prova in materia di soglie di fallibilità. Il decreto correttivo, risolvendo una questione che aveva visto dividersi la giurisprudenza, ha specificato che a dovere dimostrare di essere al di sotto dei requisiti previsti per la pronuncia della dichiarazione di fallimento è sempre il debitore. E il plenum dei giudici della sezione fallimentare di Milano ne ha preso atto, scegliendo, sin da ora, di ritenere operativa la presunzione di fallibilità nel caso specifico dell’imprenditore che, benchè convocato, non sia comparso. Una situazione comunque frequente e che porta il tribunale milanese a scegliere una linea decisamente favorevole all’ampliamento dell’area della fallibilità. Basti pensare che, anche sulla base di questa interpretazione, il numero delle dichiarazioni pronunciate la scorsa settimana è stato insolita- mente elevato (29), quasi il doppio rispetto ai mesi precedenti. Dal tribunale di Milano è arrivata poi anche una delle prime applicazioni di quella parte della nuova Legge fallimentare (articolo 102) che prevede che non si deve procedere all’accertamento del passivo, per effetto dell’istituto della previsione di insufficiente realizzo. Non risultava infatti, anche dalla relazione del curatore, la presenza di beni che potessero essere aggrediti per soddisfare i creditori, tra i quali, peraltro, non figuravano lavoratori dipendenti. Una conclusione favorita anche dall’assenza di scritture contabili e dall’irreperibilità dell’amministratore unico. Giovanni Negri

In vigore dal 2008 - La pubblicazione. La pubblicazione del decreto correttivo alla riforma fallimentare dovrebbe avvenire sulla “Gazzetta Ufficiale» del 16 ottobre. Le norme saranno però in vigore solo dal 1°gennaio 2008. Le modifiche allo studio. Presidenza del Consiglio e ministero della Giustizia hanno però allo studio un provvedimento, decreto o circolare, con la chiave di lettura di alcuni aspetti controversi della riforma Le anticipazioni. Il tribunale di Milano, anticipando un punto cruciale del correttivo, ha chiarito che, quando l’imprenditore convocato non si presenta, deve operare una presunzione di fallibilità 13 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected]

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ITALIA OGGI

Questa l'interpretazione del plenum del tribunale dei giudici fallimentari di Milano sul correttivo

Fallimenti, nuovi requisiti subito

Già applicabile l'onere della prova a carico dell'imprenditore

Applicabile da subito l'onere della prova al fallendo per essere escluso dalla procedura come previsto dal novellato articolo 1 della legge fallimentare. Lo ha deciso il plenum dei giudici del Tribunale di Milano nella riunione svoltasi il 28/9/07. La posizione del tribunale di Milano. Secondo i giudici milanesi qualora il debitore sia stato messo nella condizione di esercitare il proprio diritto alla difesa, essendo stato ritualmente convocato ai sensi dell'art. 15 della legge fallimentare, è preciso onere dello stesso dimostrare la propria qualità di imprenditore commerciale non assoggettabile a fallimento in virtù del mancato superamento delle soglie tipizzate dell'art. 1 della legge fallimentare (in senso conforme Corte d'appello di Milano 29/6/2007). Nel caso di specie, il debitore si è astenuto dall'intervenire e non si è costituito per sollevare la relativa eccezione e comprovarne il fondamento. Da ciò consegue che lo stesso è stato ritenuto assoggettabile alle disposizioni sul fallimento di cui all'art. 1, della legge fallimentare l.f in quanto si trattava di impresa commerciale che aveva effettuato investimenti in azienda per un capitale superiore ai 300 mila euro e realizzato ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre esercizi dall'inizio dell'attività per un ammontare complessivo superiore ai 200 mila euro. Ovviamente, nella fattispecie l'imprenditore si trovava in stato di insolvenza ai sensi dell'art. 5 della legge fallimentare. La ratio della decisione. I giudici milanesi, dunque, come si legge nella circolare inviata a tutti gli ordini professionali e ai curatori provinciali, hanno deciso di porsi da subito «nell'alveo della disposizione dell'art. 1. l.f., così come novellata dal cosiddetto “correttivo” della nuova legge fallimentare (peraltro ancora non transitato in G.U), che, come noto, entrerà in vigore l'1/1/2008 e, quindi di anticiparne in concreto l'applicazione ritenendo operante la presunzione di fallibilità, nel caso particolare e specifico dell'imprenditore (individuale o collettivo) che, benché convocato, non sia comparso e, quindi, non abbia superato tale presunzione. Ciò, evidentemente sempre che il creditore o l'istruttoria compiuta dal tribunale non abbia già fornito la prova documentale della fallibilità, per il superamento delle soglie fissate dal vecchio articolo 1 l.f.». Va da sé che tale posizione riguarda l'onere della prova (situazione dubbia in relazione al disposto normativo attualmente vigente) che quindi, secondo questa ultima posizione del tribunale di Milano, spetta al fallendo. È quest'ultimo, in altri termini, a dover dimostrare che nel «periodo di osservazione» non siano stati superati i parametri previsti per essere escluso dall'area della fallibilità. In merito ai parametri, invece, al momento, non potranno che essere utilizzati quelli attualmente vigenti, poiché i nuovi (si veda a riguardo la tabella allegata) entreranno in vigore, come prevede il decreto correttivo, solo dal 1° gennaio 2008. Luciano De Angelis

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