n. 15

de La Terra Trema vini, cibi, cultura materiale inverno 2019

IL GENIUS

PANE E VINO, LOCI E LA PAGA SUBITO! a cura della redazione DEL di Nunatak TICINO IL CIBO DELLA BENVENUTI ALLA MEMORIA È IL TRATTORIA ANITA RITRATTO PERSONALE di Daniela DI OGNUNO, EVIDENZA Quaresima DI UN RAPPORTO CON e Nino Scaffidi LA NATURA E CON LA STORIA DI UN LUOGO di Paolo Bellati

LA CUCINA DEI RICORDI di Nicola Valentino INVERNO 2019 EDITORIALE

ell’immagine l’uomo, al centro, ha una ra, si è detto, riportando a riflessioni più am- rete da pesca, frequenta il fiume che pie, lontane dalle discussioni sul vino, dalle sue scorre alle sue spalle, utilizza una barca declinazioni celesti (naturale/innaturale), ine- LA MERCE, bassa, instabile, difficile da governare. renti piuttosto alle lotte di territori, agli uomini ConosceN le sponde di quel fiume a menadito, sa e alle donne che quel rapporto organico costrui- come sono cambiate nel tempo, sa da dove ar- scono e al come lo fanno. riva il veleno che ne intossica le acque, sa cosa Sia composta di contadini o cittadini, non in LA CITTÀ, c’era di vivo lì e che oggi è morto. Sa cosa c’è difesa della natura questa popolazione agisce e oggi di vivo. Se ne nutre. lotta ma in difesa della sua vita stessa e a La Conosce quel luogo più del suo stesso corpo, è Terra Trema viene per ricordarlo, prima della il suo corpo stesso. Nel ragionare quotidiano e assenza di solfiti nei vini; prima del territorio LA RAGE imminente, il luogo, solo quello, è il suo pen- come narrazione retorica, utilissima etichetta siero, la sua ragione, il suo presente. Non fa per bypassare frontiere economiche, per arriva- fatica a presentartelo. re altrove, (cadere) dentro al mercato dei glo- L’uomo nell’imma- riosi e doverosi viaggi oltre confine. gine non è di questo In difesa della sua vita stessa considerando il mondo. Per il mondo territorio altro. Non merce, non mercimonio. (che frequentate) è Non speculazione terriera, leva per la gentri- inesistente, irreale, ir- ficazione di ogni cosa (città e campagne), per razionale ma per que- la turistificazione ossessiva dei propri intessuti sto egli (forse) è salvo, culturali, per la gastrocrazia egemonica di vite, salvo dalla catastrofe, affitti, costi, produzioni. fuori dall’apocalisse Considerando il territorio occasione prima per (che ci riguarda). stabilire alleanze in reciprocità, per alimentare In lui nulla è estin- coscienza di luogo collettiva, diffusa, aperta. guente. Epicorio di un Il terremoto è passato. Nella città nuova, arche- luogo a sua immagine tipo, città pensiero, città ideale, città attitudi- e somiglianza è ani- ne, città osservatorio, specola e riverbero di un ma(le) feroce. nugolo di altre città ovunque. Ripensate, reden- Da che parte stia, con te in extremis, riqualificate, agli albori di un’a- chi stia, di quante pocalisse che le città stesse dicono imminente persone sia composto con un battage ecologista che stordisce ma che il suo nucleo è privo si adopera per un modello economico sempre di rilievo. Quel che inumano, impietoso, capitalizzato: produzione per lui è natura per di consumi, forse difformi ma con le medesime questo mondo è caos. modalità, proteggendo gli stessi attori, gli stessi L’uomo nell’immagi- capitali finanziari. ne abita il caos. Le città rigenerate sono corpi esausti e vecchi su Il terremoto è avve- cui impietosi chirurghi instillano botox e filler. nuto puntuale. Con Quanto sia possibile disinnescare questa con- buona partecipazione, suetudine è la questione. con coinvolgimento. Il costo di questa mutanza immutabile è alto ed Tra le mura si è be- è in primo luogo sociale. vuto e mangiato, si è Nel mondo le città esplodono di rabbia, la rage, parlato e ascoltato. Ci e nella feconda collera si attuano nuove forme si è chiesti anche di dell’abitare i luoghi smontando, come si può, quest’uomo (del suo un modellino caro a chi, ai conti, le ammini- essere umano). stra davvero: AD, CEO, holding, stakeholder. La 13° edizione de La Terra Trema è passata, ha Sta nell’abitare (confliggendo) l’occasione di intersecato la città metropolitana mantenendo applicare resistenza; nel riprendere in mano il IN QUESTO NUMERO le sue specifiche: invisibile, perturbante dirom- mondo (materiale e amoroso) e farlo ruotare; penza. Le intenzioni, la necessità di program- nel ripopolare, (auto)organizzare, i luoghi della mare annualmente una manifestazione come desolazione (Bada. Si intendano non le perife- 3 Rapporti di produzione questa in una città come Milano sono state ri- rie ma i centri storici, i luoghi dell’estromissio- Pane e vino, e la paga subito! badite, a priori, dai comunicati, dalle azioni, da ne); nei sodalizi spuri e plebei che è capace di chi organizza/partecipa/attraversa. innescare, nell’intelligenza collettiva che l’abi- Costruire un rapporto organico tra uomo e natu- tare i luoghi riunisce. 6 Impressioni Le vie dell'Errare

Direttore responsabile Laura M. Alemagna. 8 Territori Redazione Paolo Bellati, Alice Selene Boni, Corrado Chiatti, Il genius loci del Ticino Claudio Madella, Gabriele Moscatelli, Mattia Pellegrini. Hanno collaborato Guido Celli, Federico Demartini, la Trimestrale di vini, cibi e cultura materiale redazione di Nunatak, Daniela Quaresima, Nino Scaffidi, anno 4, numero 15, inverno 2019 11 Cultura materiale Nicola Valentino, Ernesto Volonterio. Benvenuti alla Trattoria Anita registrazione del Tribunale di Milano n.139 del 12/05/2016. Fotografie Jacopo Loiodice, Sergio Ramazzotti, A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, Francesco Zizola. la registrazione presso il Tribunale evita le sanzioni previste Illustrazioni di Edoardo Pellegrini, Andrea Rossi, 14 Tumulti per il reato di "stampa clandestina". La cucina dei ricordi Nicola Valentino. Questa pubblicazione è soggetta alla Creative In copertina foto di Jacopo Loiodice. Commons Licence CC BY-NC-ND 3.0 IT. 16 Fuori fuoco Progetto grafico e impaginazione Claudio Madella. Sono anni che faccio ceramica Rispetto, sostegno e diffusione per le autoproduzioni Stampato da Graphidea srl, Via Fara, 35, Milano culturali e gli spazi occupati e autogestiti. su carta CyclusOffset 100gr, cert. FSC-C021878. info: [email protected] Fuori fuoco Editore Associazione di promozione sociale Antares, 16 Frazione Castelletto 17, 20080, Albairate (Mi). www.laterratrema.org Abbasso la filossera! 2 RAPPORTI DI PRODUZIONE INVERNO 2019

l lavoro stagionale, un tempo caratte- ristico delle genti di montagna, oggi coinvolge molte persone che si spostano regolarmente all’estero per raccogliere frutta, vendemmiare, pascolare le greg- gi. Lavori periodici ma spesso non occa- sionali, con situazioni lavorative e paghe differenti, a fianco di migranti econo- mici di altri Paesi. Attraverso una chiacchierata Icon due amici tornati dalla vendemmia nella Svizzera italiana, proviamo a riflettere sui pro- blemi, le possibilità, i dilemmi che caratteriz- zano una condizione lavorativa particolare ma diffusa.

Innanzitutto, in cosa consiste il lavoro e in che condizioni si svolge? A) Il lavoro può essere piacevole, all’aria aperta, hai a che fare con piante e con un ambiente interessante. E’ molto diverso da cantina a can- tina. Ho sempre lavorato con piccoli produtto- ri, spesso familiari. Principalmente si raccoglie uva sul filare, spostando cassette che vanno dai dodici ai quindici chili. Se l’uva è brutta (ace- tico, muffa grigia), allora bisogna selezionare il grappo scartando degli acini, e allora è più noioso. Se piove normalmente non si raccoglie, si comincia alle otto o alle nove, aspettando che sia un po' asciutto. I filari, a guyot o cordone speronato, non sono bassi come in Francia e sono normalmente in piano lungo la fila, an- che quando ci sono terrazzamenti. I porteur passano a prendere le casse con la motocarriola o col trattore, e in spalla nelle parti più imper- vie. Sono vigneti piccoli, vari e inerpicati sulle colline, in aziende che di norma non superano i quattro ettari. L’erba è tagliata un po' lunga, poco il diserbo, magari c’è qualche ortica ma salvo annate eccezionalmente piovose in cui c’è emergenza si lavora bene. Si può parlare, chie- dere e imparare molte cose. In più c’è il lavoro di cantina che nei piccoli è sempre successivo alla raccolta, alla sera, per cui c’è possibilità di assistere, dare una mano facendo qualche ora in più e in generale di imparare qualcosa del mestiere. B) Io lavoro spesso per case un po' più grosse PANE E VINO, dove c’è possibilità di lavorare in altre epoche dell’anno, soprattutto sfogliatura e potatura verde verso maggio... e il lavoro non è così bu- colico. Spesso i filari sono lunghi, noiosi, ma soprattutto i ritmi non sono così rilassati. Il responsabile del vigneto, che non è un proprie- E LA PAGA tario ma un dipendente che ha in carico una parte dell’azienda, ti sta sul collo: spesso mette le persone distanti l’una dall’altra e le divide se parlano tra loro. Poi a volte si permettono com- menti vari sui raccoglitori e soprattutto racco- glitrici, negli ambienti più maschili. Da qualche anno i grossi si avvalgono di “squadre” organiz- zate da un caposquadra che rende il lavoro più semplice per loro, permettendo al conduttore di rivolgersi solo al capo. Sono squadre di slavi, rumeni, bulgari (una volta erano i portoghesi), con i quali è difficile entrare in contatto, sia per SUBITO!INTERVISTA A UN VENDEMMIATORE la lingua che per come sono organizzate. In vari E UNA VENDEMMIATRICE STAGIONALI casi si è saputo che si trattava di caporalato: prendevano una minima parte della paga ver- NELLA SVIZZERA ITALIANA sata al capo organizzatore. Nello Champagne a cura della redazione di Nunatak e nel Beaujolais, in Francia, anche quest’anno 3 INVERNO 2019 sono arrivati alle cronache fatti di sfruttamento quasi schiavistico della manodopera immigrata e irregolare. Sono sicura che ciò avvenga anche in Italia, soprattutto nelle zone di monocultura viticola del nord est.

A) Nelle aziende a conduzione familiare, inve- ce, la vendemmia è un momento importante e chi lavora è visto come un aiutante che parte- cipa alla buona riuscita dell’annata. Ti offrono il pranzo, il caffè, uno spuntino e il vino, e ge- neralmente sono riconoscenti e l’ambiente è amichevole.

B) Nei grossi ovviamente questo non succede. Inoltre per quanto riguarda l’alloggiamento non è come in Francia, non puoi campeggiare e ognuno si deve arrangiare. Questo è un proble- ma nelle annate piovose dove ci sono vari giorni di stop. Questo vuol dire anche che se hanno fretta di raccogliere perché l’uva va a male da NELLE AZIENDE A giorno a giorno cambiano il numero di persone che vogliono in campo, chiamando tanta gente CONDUZIONE FAMILIARE, in una volta sola e riducendo così i giorni di lavoro a testa. Avere un luogo dove stare e bec- LA VENDEMMIA È UN carsi con gli altri è importante, come è successo quest’anno alla “Little Italy”, un luogo che al- MOMENTO IMPORTANTE E cuni compagni e compagne hanno messo libe- ramente a disposizione per chi veniva da fuori a CHI LAVORA È VISTO COME fare questo mestiere. UN AIUTANTE CHE PARTECIPA E le paghe? A) La quantità totale dipende molto dall’anna- ALLA BUONA RIUSCITA ta. Quest’anno (2019 n.d.r.) è stato ottimo per quantità e per clima: vuol dire tanto da racco- DELL’ANNATA. gliere e in giorni successivi. Io ho lavorato tutti i giorni per tre settimane e credo che porterò a casa più di mille euro puliti. Ma non sempre è più una comunicazione di polizia che fiscale) che conoscendo il lavoro, valutando il momen- è così, e ci può essere un buco di una settima- con la storia delle “imposte alla fonte”, dalla to, il meteo, e avendo un buon numero di per- na tra i bianchi e il merlot, e un altro con il paga netta superata una certa soglia detraggono sone si potrebbero fare delle cose. Bisognerebbe cabernet, e alla fine ti porti a casa 4-500 euro delle tasse aggiuntive, soprattutto se fai anche anche lavorare un po’ sui contratti, e capire lavorando poco ma restando comunque tre set- potatura verde e sfogliatura (cioè superi i due- cosa è regolare e cosa no. A volte è più facile timane in zona. mila franchi l’anno). Se poi c’è un amministra- contrattare in nero che di fronte a contratti di B) Le paghe vanno dai tredici ai quindici fran- tore si rimpallano le responsabilità e magari alla cui non capisci nulla. chi all'ora (12-13 euro), ma dipende poi dal fine scopri che la paga non è quella che ti eri Ci sono rivendicazioni che possono essere cambio che negli ultimi anni è buono. Paghe calcolata, o arriva dopo mesi. comuni a tutti? da sedici o da diciotto (per i porteur, trattori- A) beh, forse sulle condizioni di lavoro più che sti o chi aiuta anche in cantina) ormai sono Ci sono prospettive di lotta secondo voi? sulla paga. Tredici o quindici franchi all'ora scomparse. In alcuni posti da sedici franchi, B) mah, ci sono sicuramente delle possibilità, certo fa la differenza, ma forse vale più avere il ora siamo a tredici e bisogna imporsi per scala- ma molto dipende da noi. Innanzitutto bisogna pranzo o non averlo, lavorare in ambiente rilas- re una parte della paga in buoni-vino. Siccome capire se si vuole fare delle cose, ovviamente col sato o per lo meno non stressante, ovviamente una bottiglia va dai quindici, diciotto o anche rischio di perdere i ganci, oppure se ci va bene non essere molestate e soprattutto essere pagati venticinque franchi e più, potete immaginare. così perché si sta qui solo un periodo e poi si subito. E bere il vino, che in certi posti non vedi Inoltre la presenza del pranzo e gli spostamenti va a fare altre cose altrove ed è comodo avere neanche. da campo a campo, spesso lontani e da fare con ‘sti soldi. B) Più si viene da lontano e più è gradito avere la propria auto, incidono non poco, anche per- A) si, però poi non possiamo lamentarci che i soldi in mano subito… soprattutto da quelli ché il costo della vita in Svizzera è altissimo… e anche in Italia gli immigrati accettino le con- anche le multe per divieto di sosta o eccesso di dizioni di lavoro di Rosarno o di Saluzzo, in più velocità lo sono. Se i giorni son pochi e soprat- che noi non rischiamo il permesso di soggior- tutto divisi, venire da lontano e stare qui non no, il cpr o il rimpatrio. Comunque come dice- vale la pena. Comunque alla fine, al di là della vi prima prendere contatto con le squadre che paga se quando lavori nelle grandi aziende non vengono dall’est è tutto da vedere. piove, si fanno molte più ore e nel complesso B) certo, bisognerebbe parlarne tra noi. Co- prendi di più. munque è un fatto eccezionale che un discreto numero di compagne e compagni stiano in un A) Ci sono due tipi di vendemmiatori: pensio- piccolo territorio a fare lo stesso lavoro nello nati, familiari, amici che lo fanno per piacere e stesso momento. Negli anni ci si conosce, ma- immigrati, noi compresi, a cui la paga può an- gari indirettamente, un po' tutte e tutti. Abbia- dar bene perché poi rientrano a casa. Come in mo amiche o compagni che lavorano nelle can- Italia i ticinesi si lamentano molto dell’immi- tine anche il resto dell’anno, e a volte i padroni grazione e della disoccupazione prendendosela ci chiedono di formare nostre squadre: spesso con i frontalieri (pendolari giornalieri che ven- comunque preferiscono lavoratrici-lavoratori gono d’oltreconfine, n.d.r.), ma a quella paga di italiani per la lingua e forse anche perché sono svizzeri non ne ho mai visti: dovrebbero pagare più “malleabili”. Bisognerebbe fare dei dossier, almeno venti franchi l’ora. mettendo insieme tutti i ganci, confrontando le B) Poi in alcuni posti, dove non capisci mai paghe e le condizioni di lavoro. quanto sei “regolare” o no (una volta si era in A) beh, poi volendo ipotizzare ci possono essere nero totale, ora spesso fanno la notifica di la- dei posti buoni da tenersi, dove la paga è sicura, voro temporaneo per chi passa la frontiera, che e altri che si possono mettere in gioco. Certo 4 RAPPORTI DI PRODUZIONE

ate”, mentre le altre, quelle grandi, potrebbero avere bisogno di me e io avere quindi una po- sizione di forza come lavoratore, cosa che non capita spesso. Per i piccoli e per quelli di qualità, le grandi case sono come il fumo negli occhi, perché sono in mano a commercianti di vino, che hanno grandi capitali e oltre a fare il prezzo sullo scaffale con il monopolio della distribu- zione, strozzano gli altri comprandosi le piccole tenute. Per esempio quest’anno a chi conferi- sce uva hanno imposto la distruzione del 25% del raccolto come condizione per l’acquisto. In Ticino è difficile trovare vigneti nuovi, lo spa- zio è quello che è, quindi la strategia è quella di soffiarseli facendo fallire le piccole aziende, che tendenzialmente fanno fatica a vendere le pro- prie bottiglie e hanno le cantine piene. Il prezzo è alto e non esportano, anzi è l’importazione che dà grandi utili. Per questo tra i più odiati ci sono le tenute dei grossi commercianti che oc- cupano con le loro etichette tutta l’alta e media gamma e abbassano il prezzo del prodotto cor- rente con truffe di vino importato o mosto con- centrato, facendo così fallire le piccole aziende. Quindi anche dal punto di vista dei proprietari ci sono situazioni diverse che bisognerebbe di- stinguere. Se poi andiamo su ipotesi e opinioni, aggiungo anche che ci sono molti aspetti che non sono lavorativi e “sindacali”, per fortuna, e riguarda- no i rapporti tra di noi, sia individualmente che a livello di gruppo. Sicuramente se volessimo “fermarci” o fare pressione su alcune aziende, questo vorrà dire anche condividere momen- ti, bisogni, dai pranzi ai momenti di incontro e anche solidarietà, che ne so, economica tra chi si ferma e perde giorni di lavoro e chi no. più grossi e non a impostazione familiare di cui zativo e contabile e magari anticiparmi i soldi. Questo apre il discorso a un sacco di altre cose in genere ti puoi fidare e hai un buon rapporto. Si può fare una volta per un’amica ma se diven- che a volte, come compagni e compagne, non Quando ci sono intermediari e amministratori ta sistematico è gravoso. siamo abituati a tenere tanto in conto, se non è sempre più complicato. Hanno tanti lavora- in teoria e in modo un po’ formale. Si scinde tori e dicono che dovendo giustificare (fiscal- A) C’è un’altra cosa da discutere secondo me. spesso la solidarietà “politica” da quella umana, mente n.d.r.) non possono dare i contanti, ma A me il lavoro piace e lo faccio da anni, ho an- fatta anche di piccole attenzioni. Per me non la vendemmia non è una cosa eccezionale… lo che imparato molte cose, soprattutto quando i si tratta tanto di prendere un euro in più sulla sanno prima e anche se è un momento crucia- viticoltori stanno in campo con te come nelle paga, magari essere pagato subito sì, ma soprat- le per la cantina, a maggior ragione se hai un aziende a conduzione diretta e familiare. Non tutto si tratta di creare delle buone condizioni amministratore che non fa lavoro di cantina si vedo la cosa solo dal punto di vista del lavorato- sia quando lavoro che quando no, imponendole possono benissimo preparare prima, dotarsi di re stagionale, anche se non tutti saranno d’ac- se necessario ai datori e creandole tra compagni contante e fare i conti delle ore al volo. Poi c’è il cordo. Per me non è solo un modo come un di lavoro. Si tratta di fare rivendicazioni generali discorso che quando possibile, come quest’an- altro per tirar su soldi, perché non è alienante, che riguardano le condizioni di vita e non solo no che le raccolte erano prolungate, lavoratrici in certe condizioni puoi imparare e comunque quelle di lavoro e di soldi. Ci sono qui questioni e lavoratori passano da una casa all’altra a se- fai qualcosa di utile – perché tutti beviamo vino globali come il commercio su scala mondiale conda delle richieste. Quindi se lavoro solo due – senza molte controindicazioni… Voglio dire o l’immigrazione e il razzismo, il rapporto col giorni da uno per tappare un buco, preferisco non è una banca o una fabbrica chimica. Se poi territorio e la chimica in agricoltura, ma anche andarmene con i soldi in mano, anche perché lavoro bene e sono qualificato le situazioni buo- questioni più specifiche come il riconoscimento se no qualcuno deve smazzarsi il lavoro organiz- ne potranno in qualche modo essere mie “alle- sociale che si dà all’attività di produzione del vino. Una questione che, nell’industrializza- zione dell’attività dovuta a quanto sopra, porta sempre più i lavoratori a essere operai agricoli dequalificati. Per questo le grandi case posso- SI TRATTA DI FARE no abbassare le paghe ed estromettere dai loro “doveri” quegli impegni storicamente dovuti ai RIVENDICAZIONI vendemmiatori quali il cibo, il vino, e la festa di fine vendemmia. Per questo, per usare un’im- GENERALI CHE magine, potremmo dire che non vogliamo solo RIGUARDANO LE la paga, ma anche il pane e il vino! CONDIZIONI DI VITA E Dal numero 54-55 di Nunatak. NON SOLO QUELLE DI

LAVORO E DI SOLDI. edizionitabor.it/pubblicazioni/nunatak/ Per segnalare esperienze simili o mettervi in contatto con i lavoratori intervistati, potete scrivere alla redazione della rivista all'indirizzo [email protected]. L'argomento verrà esteso durante il "Critical Wine No Tav" di Bussoleno, 8-9-10 maggio 2020. 5 INVERNO 2019 DELL'ERRARE ∞ XI In errare non il punto la linea, la retta, la curva.

In errare non l’ascissa il meridiano, il quadrante, la mappa.

In errare non l’approdo l’atterraggio, il permesso, il biglietto.

∞ Non la carta I per segnare, disegnare l’errare Se questo mio non fosse vero errare ma le paglie, le malghe ma solo andare per tornare le erberie, le nevi se solo un vetro di finestra in somma i fanghi, i muschi se solo la coda di un capo della corda le foglie, le felci. che lega il dove all’andare e trasforma Per archiviarne memoria non la carta l’andata nella prima metà di chi ritorna? neppure il satellite: l’errare non è decifrabile ∞ pianificato, desumibile VIII non ha linguaggio traducibile Errare non ha traduzione parlabile non quando non è linguibile: dire parola di come stenderlo su carta neppure quando non lo si può a biancherie dire posto di un dove tenerlo con una molletta qui, qua, lì, dove sul filo astratto delle teorie. che vieni e pare che vai. L’errare è un’ondulazione: Errare è più che all’uomo che fai appartiene al terreno.

immagini di Edoardo Pellegrini non che stai errare è ∞ senza neppure XVII come dirlo Decidessero i boschi come saperlo le mappe sarebbero non dove, verso un pezzo di cielo fra i rami ma in quello bacche e bestie scivolate fra i muschi. che fai

ERRARE VS. CAMMINARE/ANDARE. CONTRO L'IDEA DEL RITORNO, CONTRO L'IDEA DELL'ARRIVO. NESSUN APPRODO, SMARRIRE OGNI RIFERIMENTO, NESSUNA PARTENZA: CANCELLARE OGNI DESTINO DI PERCORSO DAL PASSO testo di Guido Celli , hai Decidessero le nuvole e che non sai. le mappe sarebbero quella di sotto e quella di sopra Errare è parallele come le pance alle schiene. che non sai né il dove, né il vai. Decidessero le volpi le mappe sarebbero ∞ gole nere dove tentare IX la carne viva delle tane. I punti cardinali, la terra e il cielo nel più fortunato dei casi Decidessero i piedi al mare, in pianura, in altipiano e i piedi e non gli occhi ci danno comunque idea le mappe sarebbero di stare dentro quattro pareti sassi callosi e controluce di ginocchi. un pavimento e un soffitto. ∞ Perché le parole fanno questo: XX Nord diventa un muro, un’asse Quando si va o si ritorna così il Sud, l’Est, l’Ovest si tesse una tela fra il passo che precede e la terra dove posa il piede e quello che lascia l'orma. un limite chiamato suolo e il cielo dove posano le stelle Quando si erra si snoda un ostacolo chiamato tetto. ogni possibile filo che lega il capo di un cammino alla sua coda. LE VIE Perché trasportiamo il nostro modo nel Mondo che è senza modo facendone continua metafora ripetuta ereditata mappa invisibile ma concreta della vita a cui siamo abituati.

Perché camminiamo stando andiamo tornando percorrendo una griglia, una via che ci inizia in testa e prosegue ogni volta d'ogni dove: errare, solo errare, può salvarci tirandoci fuori dal dappertutto qui e restituendoci l’altrove. 6 IMPRESSIONI

7 INVERNO 2019

IL GENIUS LOCI DEL TICINO IL RAPPORTO COL CIBO È STATO (PIÙ RARAMENTE LO È ANCORA) RAPPORTO CON LA NATURA E CON LA STORIA DI UN LUOGO, CON UN TERRITORIO. OGGI, SOPRATTUTTO NELLE METROPOLI, IL CIBO È IL GRIMALDELLO DELL’OMOLOGAZIONE, DELLA GENTRIFICAZIONE, DELLA TURISTIFICAZIONE, DELLA GASTRIFICAZIONE. IL CIBO DELLA MEMORIA È, IN OGNI CASO, IL RITRATTO PERSONALE DI OGNUNO testo di Paolo Bellati illustrazioni di Andrea Rossi*

Questo testo compare nel libro Attorno a una ricetta. Ricetta racconto ricordo, a cura di Giorgia Brianzoli e Marzia Mirabella 8 TERRITORI

Non tutti leggono mentre tutti, al contrario, mangiano; profumava, non puzzava, la cucinaria è la più antica forma di cultura popolare, per eccelleza orale, profumava di timo, cetrio- ERA GENEROSO IL anche se di un’oralità incoativa. lo e anguria, non aveva Piero Camporesi le resche (lische) a par- TICINO, DONAVA VITA, te quella grossa (quella e devo raccontare del cibo della mia memoria e della mia for- centrale), la carne soda MA SE LA PRENDEVA mazione non posso fare a meno di tirare in ballo il genius loci e magra… che buono!”. del Ticino, il genio tutelare del luogo in cui sono nato e cre- Ricordo che mio padre ANCHE, TRA CORRENTE, sciuto, natura e cultura del luogo in cui sono tornato a vivere insisteva per farmi man- a un certo punto: l’abbiatense, a sud ovest di Milano. Terra giare il luccio in umido BUCHE, MULINELLI E grassa, terra d’acqua e contadina. Oggi anche terra di perife- che a me non piaceva (il PIENE. ria.S Non posso fare a meno di tirare in ballo anche la mia famiglia di pesce che insieme allo sto- acqua dolce se voglio parlare di cibo della mia memoria. Mio padre è rione si contende la corona nato e cresciuto sulla riva ad Abbiategrasso, sulla sponda destra del da re del Ticino). Preferivo l’an- Naviglio Grande. Sua mamma, mia nonna, è arrivata ad Abbiategras- guilla sulla griglia o in carpione so dal Lago di Garda quando aveva sei anni per fare la serva al dottore (cosa darei per un’anguilla tagliata a del paese. Mia mamma è nata e cresciuta a Cassinetta di Lugagnano, tocchi e messa sulla brace col grasso che qualche chilometro prima di Abbiategrasso, paesino attraversato an- cola sul fuoco, quello sfrigolare e quel fumo profumato…). L’anguilla ch’esso dal Naviglio Grande. I miei, entrambi di famiglia contadina, anche lei ormai fa fatica ad arrivare da noi, col suo pazzesco e miste- si sono conosciuti sul treno che li portava a Milano a fare gli operai. rioso viaggio, a superare chiuse e sbarramenti. Erano gli anni di quando i contadini diventavano operai, l’inizio della Comunque la frittura di pesciolini era la mia pietanza di fiume pre- fine di un mondo che sarebbe scomparso da lì a poco e non sarebbe ferita, una festa. Io ero l’addetto alla raccolta di questo argento vivo: più tornato. Il Ticino ci avrebbe messo ancora un po’ a non essere più mio padre faceva un lancio preciso con la bilancia e una nuvola di quello di una volta, le sue acque sarebbero rimaste azzurre e pescose arborelle e vaironi arrivava sulla riva, tra i sassi. Se nella frittura c’e- ancora per un po’. rano bottine (un pesce che assomiglia a un girino), useline (cobiti) e L’abbiatense come dicevo è terra d’acqua, di bosco e campagna e per lamprede (simili a delle minuscole anguille)… frittura della memoria. proprietà transitiva lo è stata anche la mia famiglia. Mio padre caccia- Questa per me è roba veramente gourmet. Ormai introvabile in qual- tore, pescatore e raccoglitore del Ticino fino a ottant’anni ha fornito siasi pescheria o ristorante. O te le peschi da solo, con le mani, in materie prime per la nostra cucina di casa. Materie prime trasformate qualche fontanile di acqua pulita o non potrai assaporarli. Sono riu- in cibo dalla mia mamma. Abbiamo sempre vissuto in appartamento, scito a mangiare l’ultimo piatto di fritto misto con bottine e lamprede ma i frigoriferi (al plurale perché erano più di uno) e i balconi erano un paio di anni fa a casa dei miei, mio padre ne aveva prese un paio di sempre pieni di pesci e selvaggina di piuma e di pelo. Anche nella va- manciate in un fosso che lambiva il suo pollaio. Abbiamo aperto una sca da bagno ci finivano le anguille e le tinche a spurgare (e ogni tanto bottiglia di lambrusco di Denny Bini, mi sono emozionato. alla notte ci si svegliava perché qualcuno riusciva a saltare fuori… prendila un’anguilla nel bagno!). LA SELVAGGINA È UN ALTRO CAPITOLO Il fiume per noi era sostentamento. Si usciva in barcè (barca) e si pe- Il germano reale è sempre stata la cacciagione che preferivo: arrosto, scava con la canna, con il quadrato (la bilancia), con il tremacc (rete), dopo aver passato una notte immerso nel latte. La lepre e il cinghiale la sfrosna (la fiocina) e… le mani. Era generoso il Ticino, donava vita, in salmì da piccolo non mi piacevano proprio, ma ricordo l’entusia- ma se la prendeva anche, tra corrente, buche, mulinelli e piene. smo di mio padre quando tornava con una lepre e i racconti detta- La regina del Ticino era la trota marmorata (oggi è rarissima incon- gliati della cattura della preda mentre la si mangiava contornata da trarla). Ne ricordo una di 10 chili. Di solito mia mamma, dopo che qualche pallino di piombo che si sputava nel piatto. La marinatura mio padre la eviscerava sul tavolo della cucina, la faceva lessa a tocchi del salmì era importante, controllata e preparata con cura: vino ros- in acqua con l’alloro, il sedano e la carota. Di contorno patate lesse so, pepe, lauro, cipolla, carota, sedano, chiodo di garofano, aglio. Le col prezzemolo e maionese fatta con le uova del pollaio. Quelle più ultime qualche anno fa, con la barbera La Sopa di Claudio de La piccole le friggeva infarinate con il burro e la salvia. Il principe del Ticino è il temolo. Un mito eterno, che quando ero bambino io non c’era già più e non è più tornato. Il temolo vuole *Andrea Rossi, acque pulite, acque pregiate. Quando i vecchi lo nominano sorrido- sketcher urbano e di campagna, vive tra no rassegnati e lo sguardo si illumina, gli viene l’acquolina in bocca, Milano e il nascondiglio dei giganti. deglutiscono e dicono sempre “era un pesce che non sapeva di pesce, ilnascondigliodeigiganti.artstation.com 9 INVERNO 2019 TERRITORI

Viranda, il Gaggiarone di Annibale Alziati Per i funghi, la caccia al tesoro, il porcino e il Barolo di Nadia Curto, mi hanno fat- LA MARINATURA DEL e il gabirò (chiodino). Ogni anziano il suo to apprezzare quello che non apprezzavo da posto e le sue piante per i porcini. Segreti bambino. L’epoca delle lepri ormai è quasi SALMÌ ERA IMPORTANTE, da custodire. Il rammarico che ho oggi finita, ci sono tante minilepri, ma questa è che mio padre non mi ha lascito in è un’altra storia. Il fagiano è un’altra sel- CONTROLLATA E PREPARATA eredità le sue piante e i suoi posti. Il vaggina finita da queste parti. A parte quei nero e il bianco (come per i tartufi, pochi del Ticino, gli altri si trovano solo CON CURA: VINO ROSSO, solo che qua il nero è più pregiato del durante la stagione di caccia e sono polli bianco) crudi, freschi e da far seccare. tristemente mollati (lasciati andare) qual- PEPE, LAURO, CIPOLLA, Risotti importanti nei giorni di festa, che giorno prima dell’apertura della caccia. col sugo di pomodoro alla domenica, Sono il simbolo di una caccia triste e insen- CAROTA, SEDANO, CHIODO alla festa del paese (la terza di ottobre) sata. Che belli che erano i fagiani che portava DI GAROFANO, AGLIO. e per Natale. Chiodini in abbondanza, a a casa mio padre, i maschi avevano delle piume cassette. Sott’olio quelli piccoli e sani, da bellissime e code prestigiose. Mio padre ci teneva congelare tutti gli altri dopo averli sbollentati. a non rovinare il piumaggio e li lisciava per bene Almeno una volta all’anno ancora oggi bisogna quando li doveva regalare ad amici e parenti o barat- mangiarli con la polenta, il sugo di pomodoro, la tare con Parmigiano Reggiano al Peck di Milano (il tempio salsiccia, la coppa, aglio, olio e prezzemolo. della gastronomia milanese li metteva in esposizione e in vendita). La ricetta che voglio lasciarvi è la più scorretta e immagino Il fagiano mia madre lo cucinava spesso e volentieri arrosto avvolto anche la più disgustosa per molti, ma mi sembra che sia rappresenta- in fette di pancetta, il petto lo faceva impanato. Sul tavolo della mia tiva di un mondo che non c’è più (per fortuna dirà qualcuno): Pulenta cucina ho visto un sacco di altra selvaggina da piuma: la regina del e usei. bosco è la beccaccia, la più difficile e rara da cacciare, perché ce ne Mio padre nelle domeniche d’inverno con la nebbia, il freddo ghiac- erano già ai tempi poche e perché quando vola lo fa zizzagando, mia ciato e con la neve si metteva seduto su una sedia affacciato alla fi- madre la faceva arrosto. E ancora, le pernici e i colini (all’uva bianca); nestra della camera da letto di mia zia. La finestra dava sul pollaio, di le gallinelle d’acqua, i piccioni col risotto… fianco alla sedia c’era il suo flobert calibro 9. Sparava agli uccellini, tra le lamentele di mia zia e mia madre che però lasciavano fare perché poi UN ULTIMO CAPITOLO, A PARTE, È QUELLO DELLE PIANTE E DEI FUNGHI avrebbero gradito anche loro. Passeri, pettirossi e merli. Il mio com- Per le piante ci metto lurtis (i germogli di luppolo selvatico). In prima- pito era scendere nel pollaio dopo lo sparo, a raccogliere l’uccellino vera inoltrata, a caccia chiusa, dal bo- e metterlo da parte. Nella sco e dalle campagne mio padre porta- memoria ho il ricordo del va a casa questi mazzetti per una bella sangue sulla neve. L’uccel- frittata, precedentemente passati in lino spennato, lavato e pu- padella con il burro o, in abbondanza, lito va infilato nello stecco per un bel risottino. Un’abitudine che dove vanno infilati anche non ho perso. della salvia, della pancet- ta e del lombo. Si fanno rosolare a fuoco vivo con burro, olio e pepe. Si sfu- mano con vino bianco, si portano a cottura per circa un’ora bagnando col brodo. Una volta pronti si mette la polenta nel piatto (sce- gliete una farina di mais di qualità, macinata grossa) e sopra si versano tre quattro cucchiai della pucia degli uccellini e lo stecco. Io non ce l’ho mai fatta, ma i miei mangiavano tutto con gran piacere, ciucciavano gli ossicini e sgranoc- chiavano di gu- sto le testoline. Non so se questo tempo sia stato migliore o peg- giore, ma sicura- mente è stato più saporito.

10 CULTURA MATERIALE INVERNO 2019

BENVENUTI ALLA TRATTORIA ANITA RITROVO ANITA NELLA DESCRIZIONE CHE FA FRANCESCO FALCONE, IL FALCO, DI UNA SUA OSTERIA DEL CUORE IN ROMAGNA “UN’OSTERIA. DI QUELLE VERE, AUTENTICHE, SENZA ALCUNA TENTAZIONE ULTERIORE. UN’OSTERIA E BASTA, CURATA TUTTAVIA CON UNA SENSIBILITÀ PER LA NOSTRA STORIA, CON UN OSSEQUIOSO RISPETTO PER L’UMANITÀ DEI LUOGHI, CON UNA DEDIZIONE TOTALE ALLA FELICITÀ ALTRUI. (…) PIENA DI OSSIGENO VITALE CHE FUNGE DA BALUARDO CONTRO LA CIVILTÀ DELL’IMPAZIENZA.(…) UN PICCOLO TESORO SOTTRATTO ALLE PAGINE INGIALLITE DI UN VECCHIO LIBRO DI SOCIOLOGIA, UN CONTENITORE DI RUGHE E PIEGHE, CON I SEGNI DI IERI E LE MEMORIE DI OGGI.” ANITA È UN TESORO, LUOGO CHE RESPIRA DI NATURALE SCHIETTEZZA testi di Daniela Quaresima e Nino Scaffidi, immagini di Francesco Zizola e Sergio Ramazzotti DAL PUNTO DI VISTA DI UNA FIGLIA di Daniela Quaresima vignaiola de La Marca di San Michele, Cupramontana (AN) al 1928 questa trattoria è sempre stata declinata al femminile: donne le proprietarie, donne le cuoche, le nonne, le mamme e le figlie. Agli uomini il ruolo di camerieri, cantinieri, contabili e cantastorie. La storia inizia con la Moretta, che lascia il passo ad Anita,D mia nonna, che a sua volta lo cede a sua figlia Jolanda. Poi ci sono io, figlia di Jolanda, come semplice interprete. Questa non vuole essere una presentazione del locale né tanto meno un menu, ma un semplice ed utile vademecum per condurvi tra le scelte e le non scelte di questa realtà ferma nel tempo. Un giorno lessi da qualche parte che se ci fossero ancora le osterie di una volta, non ci sarebbero più uomini soli. Ecco Anita è fer- ma a quel tempo. Al vostro ingresso troverete già un tavolo apparecchiato con biancheria di cotone bianca o al massimo a quadretti e nell’ordine 11 INVERNO 2019 vi arriveranno: un cestino di pane del forno locale, acqua del rubinetto e una bottiglia di sfuso della casa che se non bevuto non vi verrà conteggia- to. Se invece volete scegliere una bottiglia, chiedete espressamente la carta DAL PUNTO DI VISTA dei vini e un calice grande, perché qui viene dato per scontato il verdic- chio sfuso della casa. E insistete, non passerete da maleducati. A scandire il ritmo è il Verdicchio, accompagnato anche da Trebbiano, Montepul- DI UN VIAGGIATORE ciano e Sangiovese: la vecchia e la nuova generazione. I convenzionali, i di Nino Scaffidi biologici e i biodinamici. Lo sfuso, le bottiglie, i diversi personaggi, chi ha on so guidare, ma adoro andare per valli e borghi inesplorati. la doc, chi ne esce. Sono i vini che si abbinano con maggiore facilità alla Una passione che condivido con Gianni, un mio amico rien- nostra cucina e che soprattutto ti raccontano il territorio di San Michele. trato da Berlino – “divertente, ma fredda” dice patentato, senza Il menu con tutte le sue varianti viene narrato da chi vi accoglie. Vi tocca un dito in una mano, l'anulare... È mezzogiorno di un sabato fidarvi. Oltre ad una scelta di primi, secondi e contorni più ampia, qui si Niridescente di metà settembre, a Cupramontana è tempo di vendemmia. rispetta la tradizione: lunedì trippa o ceci; mercoledì vincisgrassi; giovedì Il paese è adagiato sui promontori che sormontano la valle del fiume ; venerdì baccalà con patate; sabato porchetta. La dome- Esino, i luoghi dei Castelli di Jesi. Un territorio non lontano dal confine nica è domenica. Un tripudio. Il menu non è volutamente chilometrico storico della popolazione dei Piceni con quella degli Umbri, entrambi perché si predilige il fresco, la cucina espressa e la concentrazione delle devoti alla grande madre Cupra – da qui il toponimo (Cubrar, nome forze. Il brodo per antonomasia è quello di gallina, specificare se si vuole umbro; Ikiperu, nome piceno), dea ctonia delle acque e del rame, Dea quello vegetale, e i sughi sono sempre di giornata e bollono almeno per Rossa feconda, libera, orgiastica e lussuriosa. È tempo di vendemmia quattro ore. La viene fatta a mano due volte alla settimana da un a Cupramontana, cuore pulsante nelle terre dell'antico Verdicchio, il capannello di donne che tra una ciarla e l’altra impastano, farciscono, vino che “sale alle nari, raggiunge il cervello, rianima il nostro oppresso tagliano e chiudono. Le carni, i formaggi e i salumi sono a KM 0 o al e sfiduciato cuore”. In un baretto tra i tanti io e Gianni buttiamo giù il massimo a 15KM, non si va più in là. Donatello conosce da sempre tutti nostro sorso e ci incamminiamo alla scoperta del borgo. In effetti essere i produttori dai quali acquista. E’ lui insieme a i suoi amici a cacciare la qui in tempo di vendemmia è un po' come stare a Capri a Ferragosto o selvaggina, una delle specialità della casa. Le verdure sono tutte di sta- a Vienna per Capodanno. Anche la piazza principale sembra disegnata gione e provengono dall’orto di casa. Un orto comunitario coordinato come una vigna: vicoli in pendenza, palazzi settecenteschi a far da filari dall’attento Gianni, dove ci si aiuta e ognuno torna a casa con un cesto e una cinta intorno a delimitarne l'area. Trattori con cassette per rac- di prodotti freschi. Non chiedete i fagiolini a dicembre, perché qui ancora cogliere l'uva, sguardi curiosi, bambini vivaci e camicie a quadrettoni vale la suddivisione delle stagioni del sussidiario di scuola. Il conto a voce tipiche campagnole, ma che poi trovi rincarate nei negozi vintage di singola non è destinato ai turisti perché più facile da gabbare, ma è da città e le chiamano grunge. Guidati da un allettante profumino, è in un tempo immemore la ricevuta di questo locale. Potete comunque chiedere vicolo che ci inoltriamo. Un brusio indistinto di voci, qualche risata... di dettagliare le voci. Qui non si fanno distinzioni di prezzo tra il menu La Trattoria Anita sembra scavata nella roccia. È il classico posto che turistico o il menu locale. Davanti al piatto siete tutti uguali. Vi prego di aneli percorrendo il dedalo di viuzze di un qualsiasi paese del centro godervi la scenetta di dettatura del conto tra i due proprietari, sotto lo Italia. Fanno parte del nostro dna questi posti. Luoghi intrisi di una sguardo imbarazzato dell’avventore di turno. Che fatica, a volte penso, memoria antica, di un atavico e sincero sentimento di comunità. Già ma non farebbero meglio a seguire il menu? sull'uscio gli avventori del locale ci squadrano dalla testa ai piedi e noi Il locale in basso è una vecchia osteria, forse una delle ultime rimaste. squadriamo loro. È un gioco di occhi, telepatie spicciole, paradigmi di Qui potete portare i vostri panini, eccetto quello con la porchetta se vo- convivialità, antichi codici da osteria. lete salva la testa, e ordinare solo il bere. Spartana, ma con anima e con La vera sorpresa è vedere anziani del posto e giovani evidentemente avventori di ogni età. Sarà per l’età o perché siamo in centro Italia, qui il forestieri seduti insieme. Alcuni parlano inglese, altri solo marchigia- bisbigliare o il sussurrare è sconosciuto. Urlano. Tutti. Il locale al primo no, ma al tavolo ci si capisce e se non ci si capisce con le parole, lo si piano, quello della trattoria, è più discreto, se si tralasciano gli ordini ur- fa col cibo. Empatia pura con un sottofondo in odorama di sughi e lati (di nuovo) tra il mio babbo, la mia mamma, il cameriere e le signore di selvaggina. Buongiorno, buongiorno e ci sediamo. Banconi in legno in cucina. Ecco credo di aver toccato più o meno tutti i punti salienti di vivo compongono la sala d'ingresso, accanto a noi il viso rubicondo di questo posto. Per me crocevia del mondo. Qui indirizzo tutti quelli che mi un uomo che con soddisfazione termina il suo piatto di . Qui chiedono dove mangiare, perché so che non mangeranno solamente, ma monsieur Verdicchio la fa da padrone. È la prima cosa che Donatello ci verranno nutriti e accuditi dall’amore autentico per il cibo e dalla gioia porta insieme a una bottiglia di acqua. di servire, nel senso più nobile del termine, della Jole e accompagnati e divertiti dai racconti di quell’oste burbero di Donatello. DONATELLO Donatello è il gestore del locale, o meglio il “cogestore”, anzi: Donatello è Ogni pietanza era un’opera d’arte. Era il prodotto di un lavoro artigianale che il marito di Iolanda, Iole, vero motore della trattoria. Da quasi cento anni sfortunatamente stava passando di moda, insieme ai vestiti larghi, alle lettere infatti la Trattoria Anita è gestita da donne. Non è una favola, ma sui d’amore e ai valzer. monti del Centro Italia questa trattoria è una sorta di gruppo autogestito Laura Esquivel, Come l’acqua per il cioccolato di sole donne in anticipo sui tempi. Donne intraprendenti, realmente impegnate in ambito lavorativo. Tutte donne. Certo sempre dietro ai fornelli, ma con la loro indipendenza e con uno stipendio a fine mese. Donatello ci accoglie in veste di cameriere/ cantiniere decantandoci il menu con tutte le sue varianti. Parla di porzioncine, di fettine, di bocconcini, ma basta uno sguardo ai piatti degli altri tavoli e ci accorgiamo che le porzioni ap- partengono ad un'era pre-diete, pre-vegetaria- nesimo e pre-­veganesimo. La sensazione è che se non finisci quello che hai nel piatto qualcuno verrebbe a chiederti “E che fai, nun magni?!?”. Le specialità della casa sono i vincisgrassi, le ta- gliatelle, i tortelloni e gli gnocchi con sughi di giornata, specialmente a base di carne, papera, maiale, manzo. Tra i secondi l'agnello ai ferri, il coniglio in porchetta, il baccalà al forno, ma anche la polenta con stoccafisso, porchetta e cacciagione.

UNA CAMIONISTA DI 90 ANNI Io gnocchi al ragù di papera, Gianni vincisgras- si. Di secondo divideremo un piatto di baccalà con le patate. Al tavolo accanto è seduta una coppia di giovani e con loro un'anziana donna in sedia a . I 12 CULTURA MATERIALE

FINCHÈ ESISTERANNO LE OSTERIE DI UNA VOLTA, NON CI SARANNO MAI UOMINI SOLI. giovani quasi non mangiano, ma guardano l'anziana mangiare di gusto si incontra, si discute, si fa esperienza e si intrecciano altre storie, un po' una grossa porzione di zuppa inglese. La donna in sedia a rotelle ci sta come accadeva nel pranzo trasteverino del film Roma di Federico Fellini osservando e senza troppa malizia chiede a Gianni del suo dito mozzo. o come nelle tavolate domenicali delle nostre campagne. Non ci sono mezze misure qui dentro, si è già in famiglia, il senso di pri- vacy è lo stesso che hai quando in India ti siedi in contemplazione lungo IOLE il Gange o a Dublino al bancone di un pub. Inesistente. Tra un bocco- Ha una voce esile, sorriso lieve e uno sguardo faceto che ti inchioda. Già ne e l'altro Gianni racconta del suo incidente in moto e così iniziamo ti conosce e ti accoglie. Indossa il grembiule come un abito da sposa. a chiacchierare. La vecchina festeggia oggi 90 anni. I nipoti l'hanno Ogni giorno è il suo matrimonio con i clienti e il suo lavoro. Qui da portata in trattoria per l'occasione. Ma lei ci tiene a puntualizzare che Anita, se nell'atmosfera senti la bonarietà di Donatello, nel cibo senti quando ne ha voglia in trattoria ci va anche da sola. È originaria di Mi- l'amore di Iole, la sua gioia quotidiana di entrare nel locale che fu della lano e, pensa un po', ha fatto la camionista per più di 40 anni andando mamma e di indossare quel grembiule. Un rito quotidiano, silenzioso, su e giù per tutta Italia. Non lo diresti mai, anche perché ti appare come quando gli alberi in primavera danno i loro frutti. È questo l'in- minuta e delicata, in sedia a rotelle per giunta. Figurati una donna così grediente segreto: l'amore. Ci sono clienti che vengono da tutta Europa, alla guida di un camion negli anni sessanta: un'altra self-­made woman. molti irlandesi, inglesi, belgi, brasiliani, tedeschi, olandesi. Ognuno torna I suoi 90 anni sono invidiabili, come la sua voglia di raccontare e il suo a casa con una porzioncina di amore di Iole. Torna arricchito, oltre che appetito. Il fatto è che viene voglia di far festa, di festeggiare anche noi ben sazio. Siamo sazi anche noi, emozionati. Chiediamo il conto e anche un compleanno qualsiasi, fossero anche novanta o cento gli anni! Sarà lì è una gag. Donatello chiede “il mangiato” alla Iole e allora inizia una la bontà del Verdicchio, dei vincisgrassi, dei salumi o del baccalà, qui recita, un siparietto tra marito e moglie che suggella la nostra esperienza l'atmosfera è davvero conviviale. Se un argomento è particolarmente e ci invade di simpatia. Ci offrono ciambellone e mistrà. Fuori dal locale, interessante, allora la conversazione diventa partecipata. Così è stato sul vicolo una panca: c'è chi fuma con soddisfazione, chi chiacchera al- il dito mozzo. In effetti stare a tavola non significa semplicemente sfa- legramente, chi è assorto in uno stato di profondo benessere suscitato da marsi, ma è un momento conviviale necessario allo spirito. A tavola ci chissà quale pietanza. Forse il termine “Vincisgrassi” ha la stessa radice di “Vipasyanã”, chissà... “Le trattorie come queste hanno il loro lato mistico”, dico a Gianni, “se non fosse vegetariano, Buddha pranzerebbe qui”. E per la prima volta noto la sua impressionante somiglianza con l'Illuminato. “A me pare che mi sia ricresciuto il dito”, risponde.

Senigallia

Ancona Ancona

Jesi Cupramontana Trattoria Anita Anita Via F. Filzi, 5 La Marca di San Michele Cupramontana (AN) Fabriano

Macerata La Marca di San Michele Cupramontana (AN) lamarcadisanmichele.com 13 INVERNO 2019

LA CUCINA DEI RICORDI

14 TUMULTI

LA NOZIONE LIBERATORIA È UNA CONCEZIONE, UN MODO DI GUARDARE LA GALERA. GUARDARLA INDIVIDUANDO I PUNTI DEBOLI DELL’ORGANIZZAZIONE CARCERARIA E I PUNTI FORTI DELL’INGEGNO COLLETTIVO DEI RECLUSI. GUARDARLA IN FUNZIONE DELL’EVASIONE. IL CUOCO DEL DAUBE ERA UNO COSÌ, UNO COME ME, CHE FIN DAL PRIMO GIORNO IL LIBRO DI GALERA AVEVO LA FEBBRE DI QUESTA SPINTA Beppe Battaglia E INTORNO A ME, A NOI, IN QUEGLI ANNI, ERANO LE TRE LIBERTÀ Sensibili alle foglie, IN TANTI CON QUESTO SPIRITO. MI FIDAVO DI LUI E 2019 MENTRE IL PANE SI INTINGEVA NELLO STUFATO GLI 80 pagine, 12 euro RACCONTAI PER FILO E PER SEGNO LO SCAVO DEL TUNNEL CHE FACEMMO NEL CARCERE DI FAVIGNANA testo di Nicola Valentino, dipinto di Nicola Valentino dall’ergastolo museoconviviale.it

uella volta mi ero recato a Firenze stracotto. Il cuoco del daube aveva varie volte Non percepimmo più il tempo che passava per un seminario formativo rivolto tentato la fuga e quindi finimmo col parlare immersi con dovizia di particolari nel proget- ai volontari che operano in carcere. di ciò che più sta a cuore a chi fa la galera in to di evasione dal carcere di Favignata. “Il pe- Il progetto era stato organizzato da un certo modo: riodo più bello della mia vita - disse Beppe - , Beppe e da sua moglie Laura. Non “In che modo?” chiesi. la libertà che si conquista mettendo insieme era la prima volta che mi invita- “Seguendo una nozione liberatoria” rispose un saper fare collettivo. Tante mani che la- vanoQ ed ogni volta mi offrivano ospitalità. Beppe, enigmatico. “La nozione liberatoria è vorano insieme. Un infame però lo venne a Buona tavola e vino rosso inzuppato di rac- una concezione, un modo di guardare la ga- sapere e pensò bene di venderci. La sua libertà conti, una goduria della quale ho sempre ap- lera. Guardarla individuando i punti deboli barattata con la nostra”. profittato con gioia. Avevamo già cenato con dell’organizzazione carceraria e i punti forti Il manzo ormai sobbolliva. un piatto di al pesto e del pollo cotto dell’ingegno collettivo dei reclusi. Guardarla “Hai detto il periodo più bello della tua vita, al forno con patate, quando Beppe si è alzato in funzione dell’evasione. Il cuoco del daube il rapporto più forte con la libertà. E la prima dalla tavola per spostarsi verso il piano cuci- era uno così, uno come me, che fin dal pri- volta che sei uscito dal carcere?” chiesi io. na dove ha cominciato la preparazione di un mo giorno di galera avevo la febbre di questa “Ebbi un momento di perdita di coscienza, re- piatto per il pranzo del giorno successivo. spinta e intorno a me, a noi, in quegli anni, stai immobile, fermo in un punto cieco della “Ti farò assaggiare il daube uno stufato di ori- erano in tanti con questo spirito. Mi fida- coscienza. La guardia che mi accompagnava gine provenzale. L’ho mangiato nel carcere di vo di lui e mentre il pane si intingeva nello verso l’uscita, era il mio primo permesso pre- Pianosa. Lo aveva preparato per l’ora di so- stufato gli raccontai per filo e per segno lo mio, disse “ma che fai non esci?” La libertà cialità un compagno di prigionia. Si diceva scavo del tunnel che facemmo nel carcere di concessa anche dal punto di vista mentale fosse un abile rapinatore, ma anche esperto Favignana”. non è come la libertà che si conquista”. nel furto di opere d’arte e si muoveva spesso Beppe si voltò verso noi per interrompere il Per un attimo la transe svanì e ritornai edi- oltreconfine, in Francia. Un piatto memorabi- taglio lacrimoso delle cipolle e vide i nostri tore. le. Spezzatino di manzo infarinato e lasciato sguardi interrogativi. Pendevamo dalle sue “E qui abbiamo un libro! Esclamai alzando il andare a fuco lento nel vino per alcune ore. labbra. E allora? Com’è la storia del tunnel?” bicchiere: Le tre libertà. Le tre forme della li- Per prepararlo aveva raccolto un bel po’ di chiese Laura. bertà vista dal carcere. La libertà concessa, la buste di Tavernello rosso dagli altri detenuti Il manzo alla provenzale aveva indotto una libertà conquistata, la liberta comprata”. di sezione. Tavernello in cambio di sigarette transe. Beppe ascoltava i suoi ricordi, noi non Il daube si apprestava a trascorrere la notte o di qualche altro favore. La regola è: tanta avevamo orecchie che per lui. nella sua salsina di spezie e vino, e noi ci la- carne, altrettante cipolle, e poi gli odori.Ora sciammo per andare a riposare che era quasi qui niente Tavernello ma ci mettiamo del l’alba, sazi e con questo sogno da incubare. chianti”. Al risveglio quando ci ritrovammo in cucina Beppe aveva allineato le spezie vicino ai for- per il caffè era come se non avessimo dormi- nelli: pepe, chiodi di garofano, erba cipollina, to. Riprendemmo esattamente a conversare prezzemolo, rosmarino, alloro e ginepro. Su QUANDO SEI IN CARCERE IN da dove ci eravamo lasciati. Beppe si impegna- un tagliere due spicchi d’aglio aspettavano la va nella scrittura, Laura si impegnava a fare in lama del coltello per essere finemente smi- UNA SITUAZIONE DOVE TI modo che si impegnasse. E io su richiesta di nuzzati. Mentre innaffiava la carne, Laura si È CONSENTITO CUCINARE, Beppe mi impegnavo a mettere “per bene in era presa il compito di riempirgli il bicchiere scrittura” il suo racconto. di vino. PIATTI COSÌ TI RISCALDANO Questo libro nasce da un cucinato di ricordi “Quando sei in carcere in una situazione e di sogni. D’altronde un libro cos’è se non dove ti è consentito cucinare, piatti così ti IL CUORE SOPRATTUTTO SE pasta di vita lavorata da mani sognanti. Of- riscaldano il cuore soprattutto se li mangi ferta come pane a chi ha fame di narrazioni insieme alle persone giuste. Ah, non bisogna LI MANGI INSIEME ALLE simboliche per scavare nel presente una via dimenticarsi un pizzico di cannella e sentirai d’uscita collettiva dal potere che solo compra che squisitezza l’intingolo cremoso di questo PERSONE GIUSTE. e vende e da quello che solo concede. 15 INVERNO 2019 FUORI FUOCO

dina dove, non si capiva bene il perché, poteva anche scegliere tra la mec- canica, la chimica, le attività nei cantieri portuali o alla centrale elettrica. Le provò tutte, lesse Majakovskij, e decise dopo anni di scioperi e molte SONO ANNI CHE poche soddisfazioni, di aprire quella bottega di ceramiche che ancora oggi conduce e in cui ancora legge d’inverno mentre aspetta la cottura degli oggetti più piccoli in forno. L’inverno è perfetto per lavorare la ceramica: puoi piano piano scegliere cosa farai e dedicare intere giornate a cose FACCIO CERAMICA fantastiche. Una settimana magari si fanno solo pesci: triglie, sardine, saraghi, orate, e poi stelle marine, e ippocampi. Poi dopo però AL MARE D’INVERNO: SI LEGGE E SI si passa agli agrumi: cesti di limoni, arance, mandarini. E altra frutta e verdura, e piatti, e teste di moro, e pigne porta fortuna. Non c’è nessuno ASPETTA QUALCUNO PER UN BICCHIERE in paese e i pochi bar sono aperti senza che passi alcun turista, il cervello DI VINO testo di Federico Demartini può concentrarsi sulle sfumature di colore e sui disegni da fare, le mani modellano l’argilla da sole ripetendo gesti oramai noti e sempre uguali. Il ceramista, gli sembra, è l’opposto del sole. Egli lavora egge Majakovskij, regge un libro che sa di can- Loro prendono la terra, d’inverno e d’estate espone in bottega il frutto di quel tina con le mani ruvide e un poco tozze, ispes- la rapano, lavoro, mentre il sole è d’estate che fa crescere i frutti site e disidratate dall’argilla e dall’acqua che gli la scorticano che diventeranno conserve, vino e olio per le stagioni hanno portato via, stagione dopo stagione, la e insegnano, meno generose. Lmorbidezza che invece si ricorda benissimo avessero riducendola tutta a un mappamondo. Legge Majakovskij e pensa a come gli oggetti che ha avuto quando, veramente piccolo, stringeva la mano Ma io messo a cuocere in forno sono uguali a quelli che fa da del nonno. Passavano pochi minuti in quel modo: imparavo la geografia coi fianchi, cinquant’anni, eppure ogni giorno sempre un pochi- lui con le dita toccava le dita del nonno che dopo mica per niente no più belli. Pensa a quello che fa, a come abbellisce cena si metteva per la via a chiacchierare con la mo- mi buttavo a terra le case mentre la voracità del lavoro e dei soldi stan- glie e gli amici di passaggio. Appena il nonno aveva per dormire! no rubando qualsiasi cosa ad un’umanità costretta a bisogno della mano per prendere un fazzoletto, o la da Majakovskij - La mia università cambiare paese, città, casa, regione, abitudini. Pensa sigaretta, o un bicchiere di zibibbo secco e granita, all’argilla e all’acqua che gli portano via morbidezza, allora doveva lasciarla e rimaneva con la sensazione alle sue mani e ai suoi occhi che donano colori a pic- di quell’anello ormai troppo largo all’anulare, e della morbidezza incre- coli oggetti decorativi che raccontano la sua storia, se solo d’inverno sto dibile delle rughe che avevano reso la pelle troppo abbondante su quelle cazzo di mare accogliesse qualche anima che venisse a chiacchierare con mani. Ma sono ricordi d’estate, e di tanti anni fa, e di una Caltagirone lui. Allora sì che gli anni '70, Caltagirone, suo nonno, gli operai di Savo- che da ragazzo ha dovuto lasciare già a metà degli anni '70, per andare in na e di Vado, l’arte della ceramica e l’olio che fa il suo amico Lino, allora Liguria. In particolare a Vado, propaggine di quella Savona che qualcuno sì che avrebbero un senso. Ora invece tutto il senso lo trova nelle poesie chiamava la piccola Manchester. del suo Majakovskij, che non è che sia poco, ma un bicchiere di vino con Era già stato a bottega per anni a imparare a fare ceramiche, scolpendole, un amico, in questi mesi freddi e un po’ tristi guardando il mare che si decorandole, cuocendole; ora andava a fare l’operaio in una piccola citta- porta via le spiagge, sarebbe decisamente meglio.

uca Ciabarri parlando di cultura materia- Di Termini, con i fucili spianati, non si mossero dal le propone una sua lettura del rapporto tra loro posto; il popolo corse in loro aiuto vociando: tecnologie e sviluppo: Vi è dunque in Europa, Abbasso la filossera! a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, Qualche pietra volò dalla folla; la cosa man mano Luna profonda immersione nella cultura materiale diventava più terribile. (...). È in effetti l'idea stessa di progresso ed evo- Ond’è che per evitare un eccidio, i filosseristi e sol- luzione, che percorre tutto l'Ottocento e l'antro- ABBASSO dati se ne ritornarono, seguiti dalla folla che con- pologia vittoriana, a essere "impregnata di cultura tinuava a gridare abbasso tirando colpi di pietra materiale" poichè questa idea assume dentro di sè e all’indirizzo della squadra filosserica che cammina- riflette il senso dell'impetuoso incremento produt- va in mezzo ai soldati. Sedata la rivolta, i vigneti tivo scatenatosi con la rivoluzione industriale e il LA dello Stato di Riesi furono tutti distrutti; la terra progresso tecnico-scientifico. È la cultura materiale, venne restituita ai proprietari i quali pensarono di pensata in termini di livello tecnologico, che deter- sostituire alla vigna il mandorlo4. mina in definitiva le differenze nel grado di avanza- Stessa sorte per le viti brianzole dopo la fillossera mento e civiltà di una cultura rispetto a un'altra1. FILOSSERA! nel 1879. Al portainnesto si preferì la coltivazione 5 In campo agricolo, l’introduzione del portain- testo di Ernesto Volonterio del gelso per l’allevamento del baco da seta . nesto è considerata tecnica innovativa per lo La viticoltura celebrata da Tosi è forse più sempli- sviluppo del settore. Lamberto Tosi, agronomo, cemente un insieme di tecniche vecchie e nuove in un articolo del 2008, assegna alla fillossera il ed è compito del coltivatore individuare, più o passo tra nuovo e vecchio: la viticoltura conosciu- di attenzioni alle pendici dell’Etna, in Costiera meno scientemente, quella adatta da usare. ta da tutto il mondo antico, medievale e dell’epoca Almafitana, nel modenese e nel monferrato del Non solo la tecnologia adottata è fattore capace dei lumi era scomparsa per sempre2. Ruchè e del Zanel. di determinare il grado di sviluppo di una civil- Che il portainnesto sia tecnica innovativa nel Ma le soluzioni a contrasto della fillossera han- tà rispetto ad un’altra, come pare sostenuto da contrasto alla fillossera è assodato. Ma che dalla no avuto declinazioni anche drastiche. Ciabarri. Se sul banco troviamo uno accanto sua introduzione si sia sviluppata una viticoltura Nello Stato di Riesi (Caltanissetta) nel 1882 all’altro vini da portainnesto o piede-franco è da solo nuova è invece questione aperta. sulla montagna S. Veronica, certo Francesco Di ritenere che non ci siano arrivati solo per le ri- Nel 1980 i ricercatori del Department of Agricul- Termine, vi possedeva una ubertosa vigna; avvisa- spettive tecniche di coltivazione e che nemmeno tural Research Service raccontano di una nuova to che l’indomani dovevano esplorare quel campo, ce li abbia portati un’idea, quella di sviluppo, la epidemia di fillossera in Colorado confermando lui e i due suoi figli si armarono di fucile decisi di cui linearità non trova riscontro nella realtà. la presenza dell’insetto in un vigneto della Mesa non fare entrare i filosseristi. E difatti arrivati ivi County ed in altri tre della Grand Valley. In Sviz- il Prof. Zerpellone con gli altri, furono puntati; zera nel 1980 si segnalano attacchi importanti invano cercarono di convincerli, fu inutile. (…) 1 su vitigni europei con presenza di galle abitate. mandarono a chiamare la P. S., una compagnia di Luca Ciabarri, Cultura Materiale, Cortina Raffaello, Milano, 2018, pag. 14 Ipotizzando la comparsa di nuove razze biologi- soldati accasermati a S. Giuseppe e i Carabinieri 2 Lamberto Tosi, La storia dell'invasione fillosserica in Euro- che o biotipi. i quali, incastrata la baionetta partirono in tutta pa, Dicembre 2008, acquabuona.it Particolari contesti geomorfici hanno invece evi- fretta. Dietro vi corse il popolo. 3 Luciano Ferraro, Vini sopravvissuti all'apocalisse, Corriere tato l’arrivo del pidocchio. Lo stretto e ripido viottolo, capace appena di far della Sera, Marzo 2015 4 Salvatore Ferro, La Storia di Riesi. Dalle Origini ai nostri Vitigni mai innestati, franchi di piede, hanno salire ad uno ad uno, dava l’aspetto che si andasse giorni, Prem. Tip. Salvatore di Marco, Caltanissetta, 1934 attuato la loro resistenza3 e diventando oggetto a conquistare una fortezza. Arrivati sulla vetta, i 5 Pino Timpani, La storia del vino in Monza e Brianza, 2016 16