COMUNECOMUNE DIDI COMUNE DI COMUNE DI MONTELEONE DI

TerreMonteleone di Fermo, Farfensi. Belmonte Piceno, Servigliano Terre Felici

Il progetto si avvale del cofinanziamento

Consorzio di Sviluppo della Regione e del Dipartimento Presidenza del Consiglio dei Ministri Industriale d el Fermano della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale Testi: Adolfo Leoni Redazione: Ivano Bascioni, Marco Fabiani, Marco Rotoni, Giada , Silvia Liberini, Virginia Luchetti, Loris Germani, Alessandro Achilli Impaginazione, grafica, stampa: Promo Service - Foto: Archivio Comune di Belmonte Piceno, Archivio Comune di , Archivio Comune di Servigliano, Sito Web Torneo Cavalleresco Castel Clementino Finito di stampare gennaio 2018

2 Terre farfensi. Terre felici. Abbiamo titolato così questa piccola guida per viandanti, pellegrini, cercatori di Bel- lezza. Persone. I monaci benedettini farfensi furono coloro che in queste contrade, prima di tutte Santa Vittoria in Matenano, portarono una rivoluzione: religiosa, sociale, economica. L’inizio l’abbiamo immaginato così…

Verso la fine di una giornata di ottobre una dozzina di uomini che portavano carichi molto pesanti si fermò al margine di una radura all’interno di una foresta, una foresta come tante, che si trovava nei pressi di un fiume, un fiume come tanti. Pioveva dal mattino, una pioggia pesante e fredda, e i vestiti, imbevuti d’acqua, pesava- no sulle spalle di quegli uomini intirizziti, impauriti, affamati. Era quella la loro meta? E se non quella, quale, allora? Colui che sembrava essere la guida si guardò in giro, lasciò cadere a terra il sacco che aveva in spalla, salì a fatica su una collinetta scivolosa, scrutò davanti a sé e tutt’intorno a sé. La visuale era poca, ma sufficiente. Campi, alberi, selvaggina, acqua… Poi chiamò i fratelli, li raccolse tutti, attendendo anche il più stanco, il più vecchio, il più emaciato. Quando la comunità fu al completo, disse: «È ben questo il luogo che c’era stato annunciato. Credo che andrà bene per noi. E ringraziamo Iddio di averci permesso di arrivare fino a qui, sani e salvi».

3 Poi, insieme, così come avevano camminato, dormito, mangiato, sfidato il freddo, la fame, le fiere, così insieme s’inginocchiarono nel fango gelato e pregarono. E i loro inni si alzarono più alti delle brume della sera, più alti delle nebbie più fitte. Più oltre. Erano distanti dai villaggi, lontani da altri uomini… ma erano vicini a Dio. Erano in un paese sconosciuto e selvaggio, intricato e fosco… ma erano vicini a Dio. Erano, consistevano, vivevano. Sarebbero vissuti. Erano i Viventi.. In quel luogo dove s’installarono per la notte s’installarono per sempre. Mai più sareb- bero tornati alle loro case. Anzi, alla loro casa. A quel monastero da cui erano partiti molto tempo prima. Erano monaci. Erano benedettini. La foresta aveva un nome, anzi, mille ne aveva. Anche il fiume aveva un nome, anzi ne aveva mille. Perché tutto ciò accadde, identico, lungo la Loira, in terra di Francia; lungo la Vistola, in terra Polacca; lungo il Boyne, in terra d’Irlanda; lungo il Tweed, in terra di Scozia; lungo il Pò, in terra d’Italia; lungo il , in Terra di Marca. Identico, sempre identico. Si moltiplicarono così i monasteri e l’Europa fu coperta da migliaia di stupende costru- zioni bianche slanciate verso il cielo. Unica la regola, quella del padre Benedetto. Capitò qualcosa di molto simile anche sui nostri monti fatati. Stava finendo l’anno Ottocento. Da quattro secoli le insegne romane erano state po- ste in salvo a Bisanzio. L’impero di Roma era solo un lontano ricordo. Le grandi strade romane devastate, gli acquedotti distrutti, i campi incolti, bruciati o saccheggiati dalle invasioni di quelli che furono detti barbari. Né legge né ordine. Il comando al più forte. Era tempo di ferro ed era tempo di sangue.

Monteleone di Fermo 4 Là, oltre quella montagna dove si narrava di una donna leggendaria, c’era un’altra mon- tagna e dietro ce n’era un’altra ancora. Uomini pii abitavano il monastero di Farfa. Uomini dediti alla preghiera e al lavoro… al lavoro e alla preghiera. Non era maledizione il lavorare, riempiva la vita di senso il pregare. L’uno e l’altro inces- santemente. Qualcosa di nuovo e di sconvolgente. A chi poteva dar fastidio quella comunità? A chi, e soprattutto: perché? Ma ci sono domande che non andrebbero mai poste. Perché non trovano risposta ade- guata: il male a volte prende il sopravvento nei cuori degli uomini così, all’improvviso, inspiegabilmente. Come se aleggiasse sempre su di noi, pronto a colpire. Come se per- manesse dentro di noi, pronto ad erompere Da tempo quegli uomini pii avevano dovuto respingere gli assalti dei Saraceni, sempre più vicini, sempre più prossimi alla casa di Dio e alla casa dei suoi monaci. Una notte accadde che il monastero fosse ghermito dalle fiamme. Il monaco di guardia suonò furiosamente la campana. Era quella del pericolo imminente. «I Saraceni stanno dando l’assalto al monastero, sono quasi dentro le mura, hanno già bruciato i laboratori… difendiamoci, fuggiamo, difendetevi, fuggite». Sarebbe stata l’ultima battaglia. Quella decisiva. Ma quella volta i Saraceni non c’entravano proprio. Quella volta non c’entravano le soldataglie. Quella volta c’entrarono i cristiani, ladri… cristiani, nessun moro, nessun biondo dalla lunga barba. Gente del luogo, invece, gente di qualche villaggio vicino. Ladri, razziatori, violenti. Il male che aleggia… il male che erompe.

Belmonte Piceno 5 Le fiamme furono però le stesse di un attacco in grande stile e quando il sole tornò a splendere su Farfa, quel luogo non poteva più essere difeso. Fu allora che l’Abate prese la sua decisione. Forse la più dura della sua esistenza: abban- donare il monastero, andarsene altrove. Per sette anni Pietro I l’aveva difeso. Più volte aveva sconfitto gli invasori. Stavolta fra- telli cristiani però lo avevano messo in ginocchio. Radunò i suoi monaci, Pietro I, raccolse il tesoro di Farfa, divise gli uni e l’altro in tre parti. Benedì tutti e spedì un gruppo a Roma e un altro a Rieti. Il terzo, di cui si mise a capo e con tutti i documenti dell’archivio, lo mandò verso nord-est. Verso i monti fatati. Correva l’anno 898 quando le genti del Piceno videro arrivare un gruppo di monaci Benedettini. Proveniva dalla Sabina. Erano Farfensi. Li guidava il loro Abate. C’erano nel fermano terre lasciate ai benedettini da alcuni nobil uomini. Le raggiunsero. Quindi, cercarono i luoghi più adatti per una nuova vita. Raggiunsero il Matenano, un luogo difendibile, una rocca naturale che s’ergeva sopra due valli boscose, ricche di animali e, soprattutto, ricche di acque. Sulla sommità del Matenano depositarono le spoglie della loro santa, Vittoria. Dal Ma- tenano iniziarono una rivoluzione religiosa, civile, sociale, agricola. Una rivoluzione giunta sino a noi. Noi, uomini d’oggi. Noi che dopo mille illusioni, mille chimere, mille sogni tramutati in incubi, siamo tornati a cercare il senso delle cose. E pensiamo di trovarlo dove? Basterebbe voltarci un attimo, o alzare lo sguardo sulle nostre chiese, o guardare la geometria dei campi, o scrutare a fondo nel nostro cuo- re. Perché qui, come un marchio indelebile, qui, nel nostro cuore, c’è iscritto un senso dell’essere e del vivere, un’esperienza che viene, come da una catena ininterrotta di generazioni, da oltre un millennio Quell’Ora et Lege et Labora, anche se inconsapevolmente, è stata la nostra bussola, il sangue circolato nelle nostre vene, lo stesso nostro respiro.

Servigliano 6 INDICE COMUNE DI BELMONTE PICENO SINDACO IVANO BASCIONI pag. 8 STORIE E PERSONAGGI FAMOSI SILVESTRO BAGLIONI pag. 9 GIUSTINA AGOSTINI SBAFFONI pag. 10 LEGGENDE DEL TERRITORIO IL TELAIO D’ORO pag. 11 USI COSTUMI E TRADIZIONI L’ANDAR PER ERBE E PER TRADIZIONI pag. 13 PIATTI E RICETTE ANTICHI pag. 15 IL FATTO LO SCUOLABUS pag. 16 TRADIZIONI CULINARIE FOCACCINE CON PESTO ALL’AGLIO ORSINO pag. 17 PATRIMONIO STORICO ARTISTICO CHIESA SANTA MARIA IN MURIS pag. 18 MUSEO ARCHEOLOGICO COMUNALE pag. 20 RICETTIVITÀ pag. 22

COMUNE DI MONTELEONE DI FERMO SINDACO MARCO FABIANI pag. 24 STORIE E PERSONAGGI FAMOSI PADRE PIETRO CONSOLINI pag. 25 IL CASO I VULCANELLI pag. 27 LEGGENDE DEL TERRITORIO LO SDRAGO pag. 28 INIZIATIVE LA CASA DEL PITTORE pag. 30 TRADIZIONI CULINARIE I VINCISGRASSI pag. 32 LA TRIPPA pag. 34 PATRIMONIO STORICO ARTISTICO CHIESA DELLA MISERICORDIA pag. 35 RICETTIVITÀ pag. 38

COMUNE DI SERVIGLIANO SINDACO MARCO ROTONI pag. 40 STORIE E PERSONAGGI FAMOSI AMERINDO CAMILLI pag. 41 LUIGI VECCHIOTTI pag. 42 GUIDO PACI pag. 44 USI COSTUMI E TRADIZIONI TERRE FARFENSI, TERRE FELICI pag. 45 LEGGENDE DEL TERRITORIO LA LEGGENDA DEGLI INSORGENTI pag. 46 USI E COSTUMI IL FIUME TENNA pag. 48 TRADIZIONI CULINARIE LA CUCINA NEL BORGO pag. 50 PATRIMONIO STORICO ARTISTICO PIAZZA ROMA pag. 51 CONVENTO SANTA MARIA DEL PIANO pag. 52 RICETTIVITÀ pag. 54

7 comune di BELMONTE PICENO il sindaco:

La domanda non è «perché venire a Belmonte Piceno, ma per- ché non venire a Belmonte Piceno?». IVANO È il sindaco Ivano Bascioni a capovolgere la domanda e dare la risposta: clima ottimo, paesaggio stupendo, enogastrono- mia eccezionale e buona vita di paese? BASCIONI Da qui si parte, dal «clima umano che non si riscontra nei centri maggiori, figurarsi nelle grandi città. È una sorpresa, ad esempio, trovare parcheggio facilmente. E poi c’è silenzio e c’è il rapporto tra la gente che è quello della solidarietà».

Bascioni non lo dice ma pensa a «lu rrejutu» a quella solida- rietà in campagna che portava i vicini a darsi una mano nei momenti di gran lavoro o di festa, o di situazioni incresciose. Cosa può ambire un turista se non ad una possibilità di avere tempo e modo per ritrovare se stesso, per starsene con se stesso. Non solo un nuovo turismo, ma un nuovo modo di pen- sare. Ma Ivano Bascioni non si ferma qui ed elenca le altre bellez- ze e possibilità del suo paese. Cita Santa Maria in Muris, più conosciuta come San Simone. Venne eretta sulle mura pre- esistenti dai monaci benedettini di Farfa. Si trova all’entrata Belmonte Piceno del paese. Intorno c’erano oliveti e vigneti. È un luogo magico. Popolazione: 628 abitanti Superficie: 10,53 km² Densità: 59,63 ab./km² C’è poi la Torricella con il suo parco naturale dove la flora gode di un microclima: una collina degradante a tre «gironi dante- Piazza G. Leopardi n.6 schi» usando un paragone con la Commedia dell’Alighieri. 63838 Belmonte Piceno (FM) E ci sono le Morrecini, su un’altura lungo la strada per Grottaz- tel: 0734/771100 fax: 0734/771291 zolina, grossi ruderi di pietra arenaria, resti di un monumento [email protected] funerario di epoca romana, risalente al I secolo dopo Cristo. [email protected] Non è possibile dimenticare, in pieno centro storico, il Museo Eventi - Arriva la Befana! 6 Gennaio Archeologico Comunale, inaugurato il 4 ottobre del 2015, sede - Festa di Sant’Antonio 17 Gennaio di una notevole raccolta di oggetti risalenti alla Civiltà Picena: - Polentata del giovedì grasso gioielli, arredi, strumenti di uso quotidiano, dove l’ambra, che - Le erbe dimenticate (periodo estivo) arrivava dal Baltico, primeggiava. È lo spaccato di un mondo. - Festa di Santa Croce 1-2-3 Maggio - Le vie della musica serate estive Bascioni ricorda gli scavi che portarono al ritrovamento delle - Domenica da Cani (dom. di estate) necropoli picene e annuncia la riapertura di un cantiere «per - Sagra della rana (1° w.e. di Sett.) portare alla luce nuovi tesori». Perché non venire allora nella - Il Paese dei Balocchi (sett./ott.) Terra dei Piceni, nella Terra dei Farfensi? - Belmonte apre le porte al Natale 1ª domenica di Dicembre.

8 comune di BELMONTE PICENO storie e personaggi

Silvestro Baglioni, ovvero un genio, un uomo dai mille interessi, dalla curiosità spiccata, dalle competenze mediche e artisti- che non comuni. La sua vita, iniziata a Belmonte Piceno nel SILVESTRO 1876 (morì nel 1957), è quella di una ascesa senza presun- zioni. Da figlio di un modesto agricoltore a docente universi- tario, a scienziato della fisiologia, a studioso di archeologia, BAGLIONI musica e poesia.

Come fisiologo «compì studi riguardo le proprietà del sistema nervoso centrale». Di lui si ricordano “Il metodo Baglioni” e “Il preparato centrale di Baglioni”. Ideò un nuovo apparecchio chiamato toracopneumografo per esaminare i movimenti re- spiratori nelle diverse zone del torace e dell’addome. Dopo la laurea, fu chiamato ad insegnare in Germania, all’uni- versità di Gottinga, come assistente del celebre professor Max Verwon che lo aveva avuto studente a Jena.

A Napoli svolse studi e ricerche nel campo della fisiologia e dei centri nervosi degli animali marini. Passato all’Università Tra i più importanti lavori scientifici di Sassari, si occupò di «tecniche della respirazione a fiato si ricordano: La fisiologia del midollo continuo che permise ai suonatori di strumenti a fiato di non spinale allungato, ibid., IV (1905), pp. 384-437; L’azione fisiologica interrompere il suono nel respirare». In Italia ebbe la cattedra dell’urea sul cuore dei vertebrati, nelle università di Napoli, Pavia e Sassari. Infine, per trent’anni ibid.,pp. 481-492 (in coll. con G. fu docente a Roma. Numerosissime le sue pubblicazioni che, Federigo); Il nesso tra le condizioni essendo poliglotta, redigeva direttamente nelle diverse lingue esterne e la forma e la funzione di alcuni organi nei pesci, II,Vescica nazionali. Occupandosi anche di alimentazione, fu il primo a natatoria, in Monitore zool. ital., XIX indicare le proprietà benefiche delle acque termali di Sarnano. (1908), pp. 200-207; Azione di al- cune sostanze chimiche sulle zone I suoi interessi scientifici si allargarono anche alla estesiologia, eccitabili della corteccia cerebrale del cane, in Arch. di fisiol., VI (1909), elettrofisiologia, etmologia e psicologia. pp. 240-249; Sull’azione elettiva della stricnina su determinate parti In campo musicale ideò una scala di quarti di tono rifacendosi del sistema nervoso centrale, in a «un antico genere musicale greco che applicò all’enarmo- Arch. di farmacologia sperimen- tale e scienze affini, X (1911), pp. nium, uno strumento musicale a due tastiere da lui ideato». 204-206; Movimenti respiratori e Tra le sette note e la poesia, musicò alcuni canti di Giacomo fonazione, in Arch. Néerl. de Physiol. Leopardi. de l’Homme et des Animaux, VII Amante, come dicevamo, di arte e archeologia, scoprì la gran- (1922), pp. 484-487; Metodo per l’esame funzionale degli organi di de necropoli picena di Belmonte di cui personalmente seguì senso dell’orecchio interno, in Rend. gli scavi pubblicando i ritrovamenti. d. R. Accad. d’Italia, s. 7, I (1940), pp. 677-681.

9 comune di BELMONTE PICENO storie e personaggi

Specie negli anni Cinquanta e Sessanta, era un continuo pelle- grinaggio verso la sua casa di campagna a Belmonte Piceno. E GIUSTINA lei riceveva tutti e aveva una parola di conforto, una preghiera. Stiamo parlando di Giustina Agostini Sbaffoni (1882-1972). Dicevano che fosse una veggente, una guaritrice, una santa. Il AGOSTINI SBAFFONI dr Luigi Bertoni scrisse che «Nell’immediato dopoguerra, quan- do ancora Giustina non si conosceva, un signore di Grottazzoli- na si recò da Padre Pio per chiedere la grazia della guarigione di sua moglie affetta da una grave malattia. Quando il frate lo vide, prima ancora che egli profferisse parola, gli disse: “Perché vieni da me? Non lungi da casa tua c’è una donna che può presso Dio quanto me. Comunque va: tua moglie guarirà”».

La notizia si diffuse. Giustina accoglieva le persone seduta die- tro ad un piccolo tavolo collocato nella stalla. In mano aveva il rosario i cui grani scorrevano tra le dita, gli occhi fissi al cielo. Con l’altra mano toccava la parte malata. Come un ra- dar, come una santa guaritrice. La ricordano come una donna molto religiosa. Mai che un soldo finisse nella sua tasca. Se qualcuno insisteva per un’offerta, Giustina la dirottava per il «restauro della chiesetta di Sant’Anna» o per quella della Ma- donna delle Grazie.

«… nonno e nonna – spiegava Gaetano Sbaffoni, figlio di Giu- stina - mi raccontavano che la virtù di pregare per guarire e prevedere i fatti, l’aveva fin dalla nascita. Mi raccontavano che mamma era molto religiosa e voleva farsi suora; ma i suoi non vollero…». Quando arrivò «la “Spagnola” che mieteva moltis- sime vittime, soprattutto giovani, mamma allora si prodigava a visitare gli ammalati… Mi ricordo che quando parlavano di al- cuni e di altri malati, lei diceva con sicurezza (e poi si avverava) i nomi di coloro che sarebbero morti nel giro di pochi giorni». Alla morte di suo marito, Giustina «diventò più religiosa anco- ra. Alla sera, chiusa nella sua cameretta, pregava in ginocchio. Quella sua virtù di impetrare guarigioni e di prevedere i fatti, lei l’attribuiva ad un dono di Dio. Otteneva con la preghiera le guarigioni».

La chiesetta di Sant’Anna restaurata dalle offerte raccolte dalla religiosa.

10 comune di BELMONTE PICENO leggende del territorio

Il rumore soffocato iniziava in piena oscurità. Puntuale come sempre e cadenzato, si protraeva per l’intera notte. Era un tra- mestio di anni, di secoli e forse, come sostenevano alcuni, risa- IL TELAIO lente addirittura a prima della nascita del Castello. Proveniva da lì, dalle Morrecini. Quei ruderi romani posti sulla sommità della collina dominavano la strada che da Belmonte D’ORO porta a Grottazzolina. Ruderi oggi, ma un tempo importanti strutture sepolcrali. Sotto a quei pinnacoli si svolgeva un intrico di grotte e di cunicoli: quasi una città, sotterranea, lontana dalle nefandezze umane. Da una di quelle grotte, la più profonda sicuramente, emergeva il cigolio notturno. Sembrava la voce di un telaio all’opera, di un telaio d’oro, come si favoleggiava, che tessesse all’infinito la più sfarzosa delle tele. Battesimo di Santa Polisia A chi appartenevano quelle mani? Qualcuno, sottovoce, - Palazzo dell’Arengo parlava di Santa Polisia, figlia del prefetto romano Polimio, P.zza Arringo - Museo Comunale convertita al cristianesimo da Sant’Emidio, e già affaccen- data su di un identico strumento sotto il monte dell’Ascen- sione. Altri, invece, ricordavano la vecchia signora di Ripal- ta, la “monaca” insomma, discendente di Carlo Magno, a cui Goffredo di Buglione, di ritorno dalle crociate, aveva af- fidato il telaio d’oro appartenuto alla moglie di Pilato. Tante volte, specie in estate, i più giovani del paese porgevano gli orecchi per cogliere il punto preciso da cui si dipartiva il suono. Mai erano riusciti ad identificare il luogo esatto. Morrecini: Sembrava che tutta la zona intorno alle Morrecini parteci- Grossi ruderi cementizi di pietra passe del grande lavorio notturno. arenaria, conglomerati di calce, rena e ciottoli di fiume, crollati Di tanto in tanto, il terreno, dopo l’aratura, lasciava affiorare uno a fianco all’altro, resti di un vestigia del passato e monete d’oro. Uomini diversi erano monumento funerario dell’epoca pronti a giurare di aver visto disseppellite non solo spade romana, costruito probabilmente dorate ma, addirittura, un antico carro trainato da due muc- attorno al I secolo dopo Cristo. I romani erano soliti costruire i che, l’insieme fuso nel prezioso metallo. Anche vasellame monumenti funebri in alto, dove pregiato era stato rinvenuto. Ma la cosa più strana rimaneva piede umano non potesse profa- la luce notturna. Come una fiaccola, si ergeva sulle Morreci- narli. Secondo la ricostruzione di ni a notte fonda. Non era un lume e neppure un faro. Sem- alcuni studiosi, il monumento in questione aveva una struttura a brava una torcia lasciata al vento per indicare una strada, torre ed era rivestito esternamente per richiamare chi fosse fuggito o sperso nel cammino. da marmi e cornicioni ornati; sulle Un tempo un giovane, narravano gli anziani, dopo mille pe- facciate anteriori si iscrivevano ripezie e mille prove superate, s’era avvicinato una notte a epigrafi a gloria dei defunti, con quella fonte di luce. Sprigionava come un fuoco fatuo dalla segue a pag. 12

11 comune di BELMONTE PICENO leggende del territorio

terra proprio accanto ad una apertura tra le zolle. L’avventu- roso vi si era ficcato dentro, lasciandosi guidare dal rumore IL TELAIO D’ORO ritmato del telaio. Per molti metri era disceso, scivolando come dentro ad un imbuto su misura. La luce in alto rischiarava un poco quelle viscere. Poi, giunto in fondo, la strada s’era fatta continua da pag. 11 ampia e più forte il cigolio. Si poteva ora proseguire orizzon- talmente, in piano, sino a raggiungere una grande voragine. Ai al centro una lapide più grande in lati del camminamento, sulla pietra chiara, risaltavano incise onore di chi aveva fatto costruire alcune parole dal significato incomprensibile: una nenia an- il sepolcro. Data la monumentalità di questo tica da ripetere sull’orlo dell’abisso. Il nostro, disteso a terra, complesso si può pensare ad un era avanzato carponi sin all’imbocco. Allora, una luce violenta sepolcro collettivo, forse destinato l’aveva colto; poi, con la stessa rapidità, ogni cosa era tornata a un gruppo familiare di alta nella penombra, denotando maggiormente, giù nel fondo, un estrazione sociale, che probabil- mente aveva il controllo di tutto lontano, sfavillante, luccichio. Era il telaio d’oro in movimento. il territorio. Infatti il sepolcro è da Ma chi fosse intento alla tela non fu possibile vedere. La terra mettere in relazione all’esistenza iniziò a tremare e la bocca della fossa a richiudersi. Occorre- di una fitta rete abitativa, di cui si va salmodiare quelle strane parole. Andavano pronunciate di ha testimonianza nell’affioramento di resti visibile in alcune costru- filato. Ma la mente a quel punto si inceppò. Il giovane tentò di zioni vicine al fiume Tenna, dove aprir la bocca, ma il suo era ormai solo un balbettio confuso. furono trovati pezzi di travertino Il rumore del telaio intanto stava svanendo. E i muri intorno con scritte latine. La zona dei erano pronti a rovinare da un momento all’altro. Morrecini era collegata al fiume da cunicoli sotterranei, ora crollati e La via a ritroso fu fatta in meno di un baleno. Fuori dalle Mor- gallerie murate ad arco, elementi recini, a debita distanza da esse, l’uomo fermò la sua fuga che avevano acceso la fantasia disperata. Si distese sul terreno, madido di sudore. Tentò di far popolare facendo pensare a silenzio. Nell’oscurità, oltre al suo cuore, anche il telaio scono- tesori nascosti come oggetti d’oro a forma di animali e a un telaio sciuto aveva ripreso a battere. d’oro che tesseva intrecciando fili dorati. (Isabella Cappella)

12 comune di BELMONTE PICENO usi, costumi e tradizioni

Quando l’inverno stringeva la nostra popolazione e la cam- pagna riposava avara, al momento, di frutta ed ortaggi, ci si sfamava con le erbe. Erbe trovate, secondo alcuni. Erbe di- L’ANDAR PER ERBE menticate, per tanti. E “Le erbe dimenticate” è stata anche un’iniziativa proposta nel 2015 a Belmonte Piceno. Quali sono queste erbe, quali effetti benefici, quali le commestibili, come E PER TRADIZIONI riconoscerle? La risposta è arrivata da un corso educativo. Gli appuntamenti proposti sono stati divisi in diversi argomenti miranti ad illustrare, ad esempio, «le proprietà medicinali, gli usi nelle tradizioni popolari e, ovviamente, i sapori delle erbe spontanee reperibili con facilità in qualsiasi terreno del cir- condario». La consulenza è stata affidata a specialisti che si sono avval- si, non solo di lezioni teoriche, ma di un lavoro… sul campo, guidando camminate didattiche in mezzo alla natura. Questo ha permesso ai “corsisti” di conoscere da vicino, toccare e, a volte, cogliere, queste particolari erbe. Nel suo libro L’andar per Erbe la naturopata Gabriella France- sconi scrive che la ricerca delle erbe «può aiutare a rilassarsi, ad alleggerire la mente, a staccare la spina da una vita di impegni, a rigenerare mente e corpo» e ti fa «sentire in armonia con l’intero creato». Cambiando argomento, una delle feste religiose con ricadute nella vita quotidiana e soprattutto agricola è quella in onore di Sant’Antonio. La ricorrenza del protettore degli animali e dei contadini ricorre il 17 Gennaio. Ancora oggi, con una piccola ripresa negli ultimi anni, Bel- monte Piceno si stringe intorno alla statua del Santo con una processione, al termine della quale il sacerdote benedice gli animali portati sul sagrato: cani, pecore, agnelli. Ad essere be- nedette sono anche le panette, in effetti dei panini che vengo- no poi donati a tutte le famiglie presenti. Un tempo le panette venivano portate a casa e distribuite agli animali. A proposito di animali e del loro governo, i vecchi contadini ri- cordano ancora una antica tradizione. È quella che riguarda la vigilia di Natale quando la stalla doveva essere pulita a lustro e gli animali fatti mangiare in abbondanza. Poi, la porta veniva serrata ancor meglio di altre volte e non la si poteva aprire prima del giorno successivo perché in quelle ore intorno alla «mezzanotte santa, quando il piccolo Bambino nasce» sarebbe

13 comune di BELMONTE PICENO usi, costumi e tradizioni

accaduto un portento: mucche e vitelli avrebbero parlato tra loro, esattamente come qualunque altra persona. Notte d’in- L’ANDAR PER ERBE canti, notte di miracoli. Perché la notte de Natà, le bestie sa parlà. Un tempo molto in voga, in occasione della vigilia dell’E- pifania, il cinque di gennaio, gruppi di suonatori si muovevano E PER TRADIZIONI per la campagna al canto della Pasquella, un canto beneau- gurante prosperità e novità di vita. continua da pag. 13 Restando nel campo delle tradizioni religiose, una delle feste ancora molto sentite e partecipate è quella della Santa Croce. Cade il 3 maggio, ed è una ricorrenza antica. Si tratta di un frammento della vera croce dove fu giustiziato Gesù. Quella croce ritrovata sul Golgota dalla regina Elena, madre di Costan- tino, in un suo viaggio in Terrasanta nel quarto secolo dopo Cristo. Una processione si svolge lungo le vie del paese e, con la reliquia innalzata sopra il capo, il sacerdote benedice le cam- pagne, il mare e la montagna lontani, e l’agglomerato urbano. Segno di una coesione tra cielo e terra. Per quanto riguarda i festeggiamenti, quelli civili iniziano in- vece il primo di maggio, festa dei lavoratori molto addolcita dalla ormai tradizionale sagra della Nutella e dolci tipici. Nei due giorni successivi, Belmonte Piceno si riempie di musica e giochi. Concludiamo questo succinto excursus riguardante usi e co- stumi con una iniziativa nata alcuni anni fa. Parliamo di Una domenica da cani. Una giornata dedicata ai migliori amici dell’uomo. La prima edizione si è svolta nel 2014, in una do- menica d’estate e ha avuto come punto d’incontro il campo sportivo. L’obiettivo, secondo gli organizzatori, «è quello di far diventare la manifestazione un punto di riferimento per tutti i possessori di cani».

14 comune di BELMONTE PICENO usi, costumi e tradizioni

Volete assaggiare un piatto diventato tradizionale a Belmonte Piceno? Allora, non resta che arrivare in paese il giovedì gras- so. Perché ogni anno e in quel giorno, la piazza si trasforma in PIATTI E RICETTE una sorta di grande tavolata della comunità dove tutti possono godere della profumata polenta, che mani esperte prepara fu- mante e ricca. La polentata è diventata tradizione oramai da ANTICHI 50 anni. In precedenza, la polenta era il cibo povero degli anni della guerra e delle carestie. Oggi è un cibo da festa e che fa festa. E, sempre legato al periodo di Carnevale, ci piace ricordare quei piatti tradizionali che andavano – e vanno ancora – sotto il nome di fritto de carnoà. Le donne di casa, sia nelle campagne che nel paese, ancora propongono e preparano la cicerchiata, le frittelle e le sfrappe. Sono le stesse donne che, qualche mese prima, in occasione del Natale, hanno approntato un caloricissimo fristingu,o fru- stingo o, ancora, pistringu (mai nome è stato più controverso), ciammelle strozzose impasto di noci, fichi secchi, uva, arance, mandarini, scorza di limone, mandorle e pinoli. Gli ingredienti possono variare a se- conda delle origini delle vergare, se a sinistra del fiume Tenna oppure a destra dell’Aso. Arrivando alle festività di Pasqua, i dolci tipici sono le ciam- melle strozzose de Pasqua, li caciù de ricotta o de cascio, li maritozzi. Da qualche anno c’è stata la riscoperta, più nei ristoranti che nelle famiglie, de li frascarelli che sono, come racconta Franco Giampieri nel suo bel libro È cambiato lo munno, «piccoli gru- mi di farina e acqua, e un po’ di sale, conditi con sugo finto». fristingu Li hanno mangiati per decenni le donne che dovevano allatta- re, era anche il cibo dei tempi grami. Un piatto ritrovato è anche quello delle frittate di uova. Le si possono arricchire con germogli di vitalba, con punte di agli freschi, con le cipolle, il guanciale, i carciofi. I fagioli con le cotiche sono stati un altro piatto povero agli inizi, oggi è stato riscoperto, rilanciato e apprezzato. Ma volete conoscere il piatto più significativo di queste terre? Li vincisgrassi. Assaggiare per credere.

cicerchiata

15 comune di BELMONTE PICENO IL FATTO

Don Milani ce l’ha insegnato: la scuola è importante, il borgo o il comune che la perdono sono destinati a inesorabile declino. LO SCUOLABUS Non si può lesinare su educazione ed istruzione. Dire scuola è dire bambino, allievo, studente, classe dirigente di domani. Occorre far di tutto per preservare le scuole nei paesi, dotarsi di strumenti idonei e di mezzi. Come un nuovo Scuolabus per il trasporto degli allievi. È la battaglia che sta conducendo l’amministrazione comunale chiamando a raccolta la comunità locale, gli amici, chi ha lasciato Belmonte Piceno ma sempre lo ha nel cuore. C’è bisogno di un pulmino, quello in uso è vecchio e decrepito. Va sostituito. Ne è stato individuato uno che fa alla bisogna. Ma occorrono soldi per acquistarlo. Il Comune non ne ha. È scattata allora una raccolta fondi cui tutti possono partecipare. Crowdfunding? Perché no! Così il progetto “Uno Scuolabus per Belmonte Piceno” è stato inserito sulla piattaforma Eppela. Dove si spiegano i motivi della raccolta. L’attuale Scuolabus risale al 1994 e ha superato i 400 mila chilometri. È dunque usurato ed anche piccolo rispetto al numero degli allievi che deve trasportare. «Inoltre – hanno scritto gli amministratori comunali – i bambini della scuola primaria stanno andando in un altro comune in quanto l’edificio scolastico è inagibile a causa del terremoto». Che si fa? Uno Scuolabus usato ma in buone condizione, come dicevamo, è stato individuato. È del 2009, il costo è adeguato e sostenibile. Ora occorre l’aiuto di tutti. Le famiglie si sono mobilitate e con esse anche le insegnanti che ne hanno parlato ai bambini invitandoli a fare disegni riguardanti il paese e il pulmino che si vorrebbe. Anche alcune associazioni di volontariato si sono mobilitate. Organizzeranno eventi per raccogliere fondi. «Mantenere attiva la scuola – scrivono gli amministratori - significa mantenere vivo l’intero paese, cercando di evitare il lento declino che porta allo spopolamento della nostra quotidianità». Un appello. Di civiltà e di cultura. Perché i borghi sono la nostra stoffa, e i giovani il futuro.

16 comune di BELMONTE PICENO tradizioni culinarie Focaccine con pesto all’aglio orsino

TEMPO DI PREPARAZIONE: 1h + 30’’ per cottura PREPARAZIONE INGREDIENTI

Versare la farina in una ciotola, con le mani formare un incavo; • 80 gr di farina sbriciolare il lievito e versarlo nell’incavo con acqua tiepida. • 80 gr di farina integrale Incorporarvi mescolando un po’ di farina dal bordo; coprire e • 10 gr di lievito di birra lasciar lievitare per 15 minuti a temperatura ambiente. • un cucchiaino di pesto Trascorso il periodo di lievitazione aggiungere l’acqua rimanen- di aglio orsino te, 2 cucchiai di olio d’oliva e 1 cucchiaino di sale. Impastare • un pizzico di zucchero, il tutto per alcuni minuti fino ad ottenere una morbida. • sale qb, Coprirla e lasciarla lievitare per circa 30 minuti a temperatura • olio extra vergine di oliva ambiente finché raddoppia di volume. Preriscaldare il forno a 180 °C. Ingredienti per il pesto: Stendere la pasta con il mattarello allo spessore di 1 cm sul • 100 gr di foglie di aglio piano di lavoro leggermente infarinato, quindi trasferirla su una orsino, teglia rivestita con carta da forno. Bagnare con 3 cucchiai di • 80 gr di pinoli, olio d’oliva e con la punta delle dita formare degli incavi nella • 50 gr di parmigiano, pasta. Cospargere con il sale rimanente e cuocere la focaccia • olio q.b., in forno per 25-30 minuti finché assume un colore dorato. • sale e peperoncino q.b. Nel frattempo tostare senza grassi per 5 minuti le noci in una padella e metterle da parte. Per il pesto lavare l’aglio orsino, strizzarlo e tagliarlo a listarelle. Nel tritatutto tritare finemente l’aglio orsino e le noci mesco- landoli con l’olio di oliva. Incorporare a questo composto il parmigiano grattugiato finemente e insaporire con sale e pepe. Estrarre la focaccia dal forno e lasciarla raffreddare su una griglia. Tagliarla a tranci e servirla con il pesto. Consiglio: La focaccia è buona anche con il pesto rosso che si ottiene sostituendo l’aglio orsino con i pomodori secchi.

17 comune di BELMONTE PICENO patrimonio storico artistico

Chiesa Santa Maria In Muris: Chiesa del X secolo costruita su i ruderi di un edificio romano dai monaci farfensi; particolarità della chiesa è la facciata a 18 torre di vedetta che ne simboleggia la duplice funzione spirituale e difensiva. comune di BELMONTE PICENO patrimonio storico artistico

Chiesa Santa Maria In Muris - interno 19 comune di BELMONTE PICENO patrimonio storico artistico

Museo Archeologico Comunale La mostra permanente del Museo Archeologico Comunale, inaugurata il 4 ottobre 2015, racconta la tortuosa storia dei reper- ti della necropoli attraverso documenti storici d’archivio e fotografie d’epoca, accompagnati da un inquadramento scientifico moderno che mette in rilievo le particolarità dei ritrovamenti belmontesi.

20 comune di BELMONTE PICENO patrimonio storico artistico

Museo Archeologico Comunale

21 comune di BELMONTE PICENO RICETTIVITÀ

B&B CASA MIRAMAR Via Marino Lucido 27 Belmonte Piceno Schwemmer Reinhold 349/5769905

B&B LA CASA DELL’ORTO Via Castellarso Ete 33 Belmonte Piceno David Madeleine/Anna Janet 0734/771311

CASA PER FERIE IL PICCHIO Via Tommaso Rubei Belmonte Piceno Comune 0734/771100

AGRITURISMO - RISTORANTE CASA DEL MIRTO C.da Colle Ete 33 Belmonte Piceno Loddo Leonardo 339/7623565 Pagina Facebook

22 CHIESA DI MARIA IN MURIS

S.

a Grottazzolin

Piane di

Monsampietro Morico Piane di Montegiorgio

Belmonte

Belmonte Piceno

lina Grottazzo MUSEO COMUNAL E CHIES A ARCHEOLOGICO MADONNA DEL ROSARIO

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Servigliano CHIESA MISERICORDIA MADONNA DELLA ALAZZO P SIMONELLI comune di MONTELEONE DI FERMO il sindaco:

Se domandate al sindaco Marco Fabiani il motivo per visitare e vivere a Monteleone di Fermo, lui risponde sicuro: «Perché MARCO qui, nel mio paese, la vita è buona e il panorama stupendo», aggiungendo poi che «c’è stato un ritorno all’agricoltura, alla riscoperta delle tradizioni». Così elenca anche il farro, i legumi, FABIANI il miele, l’olio, la pasta… tutto quello che oggi le aziende agro- alimentari producono con la qualità che le contraddistingue. Chiarisce che non si tratta di una novità, ma di un legame e una eredità lasciata dai Monaci benedettini farfensi, quelli dell’Ora, Lege et Labora. Quelli che, nel racconto del prof. Carlo Verducci, bonificarono acquitrini, abbatterono foreste, recupe- rarono «alla coltivazione terre sempre più estese». Il sindaco Fabiani non si ferma qui. Saliti sulla torre esagonale che campeggia sulla piazza e si erge sulle mura del castello, il primo cittadino vi spiega che i Piceni abitarono il borgo istal- landosi sulla sommità delle collinette, che i romani vi costrui- rono ville nei luoghi più in basso (esiste la leggenda di Pompeo Magno, ed esiste la possibilità di trovare resti di costruzioni romane all’indomani dei prossimi scavi archeologici), che i Longobardi furono gli artefici di nuovo sviluppo passando il te- stimone ai Farfensi. Poi le vicende del libero Comune, i rapporti Monteleone di Fermo con Fermo e tante altre storie sino a noi. Popolazione 385 abitanti Il primo cittadino come guida ci indica le quattro chiese da Superficie 8,21 km² Densità 46,87 ab./km² visitare: San Marone, che è la parrocchiale, nella piazza bassa, costruita nel 1605 vicino al convento degli Agostiniani; la stu- Via G. Garibaldi, 9 penda Madonna della Misericordia, in periferia, così chiama- 63841 Monteleone di Fermo (FM) ta per l’affresco omonimo, San Giovanni Battista che si trova tel. 0734/773521 fax. 0734/773522 poggiata sulle mura del castello, dall’originale portale in cotto, [email protected] infine, la chiesa di campagna: Madonna di Loreto, eretta nel 1663, probabilmente lungo il cammino dei pellegrini alla volta Eventi della Santa Casa. Festività della Madonna del Soldato, seconda domenica di Agosto Ma arrivare a Monteleone senza affacciarsi ai vulcanelli è per- Mostra Internazionale del Pittore dere un’occasione. «Sono sei, - spiega il sindaco - si trovano (settembre) lungo il percorso del fiume Ete e in questo momento vivono un Sagra del Salmone periodo di attività». (settembre) Pane&Olio Festival (novembre)

24 comune di MONTELEONE DI FERMO storie e personaggi

Oggi a Monteleone di Fermo esiste nuovamente una via dedi- cata a padre Pietro Consolini. Dall’8 ottobre del 1932 aveva assunto un altro nome, Via PADRE PIETRO Roma, ma recentemente ha ripreso il vecchio nome: Consolini. Era intitolata ad un personaggio nativo del paese: Pietro Con- solini. Anzi: padre Pietro Consolini, perché era un religioso, un CONSOLINI sacerdote. Meglio: uno, come ricorda il prof. Carlo Verducci, dei «discepoli più vicini e più fidati» di San Filippo Neri. La storia di Pietro Consolini inizia a Monteleone di Fermo il 25 novembre 1565, sua data di nascita. «È figlio di Vittorio, notaio, e di Santa Fortuna». Lo zio Stefano Massarini lo accoglie in casa sua a Roma per consentirgli di proseguire gli studi. Pietro non ha ancora vent’anni. Coincidenza non casuale, il Massarini è prelato a San Giovanni dei Fiorentini dove le funzioni di parroco, prima del trasferi- mento a Santa Maria della Vallicella, sono assolte da Filippo Neri. È la svolta! Il giovane rimane affascinato dal futuro santo. Lo sente parlare, lo vede pregare con una intensità quasi estatica, lo scorge in azione tra i bambini di strada e tra gli infermi, ne ama la di- sciplina, il rigore morale, ma anche la santa allegrezza e certe stramberie. Pietro comprende quale sia la sua strada. Chiede di entrare nella Congregazione dell’Oratorio istituita qualche tempo prima da San Filippo. Il 15 novembre del 1590 è am- messo nella fraternità dei preti e dei chierici secolari. Intanto «studia teologia dagli agostiniani e medicina all’università La San Filippo Neri: Sapienza. Non consegue la laurea; – nota Verducci – ma è in Firenze, 1515 grado, deceduto il santo, di sostenere in pubblici dibattiti il Roma, 26 maggio 1595 carattere non naturale delle palpitazioni del suo cuore e della Figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una rottura delle sue costole». buona istruzione e poi fece pratica Lo spirito del santo lo ha talmente pregnato da essere consi- dell’attività di suo padre; ma aveva derato, dopo la scomparsa di San Filippo Neri, «uno dei più au- subito l’influenza dei domenicani torevoli rappresentanti della seconda generazione filippina». È di San Marco, dove Savonarola era stato frate non molto tempo prima, «elemento di continuità tra San Filippo Neri e i suoi seguaci e dei benedettini di Montecassino, fino alla metà del Seicento». e all’età di diciott’anni abbando- Dal suo maestro, oltre ad una grande fede, ha tratto il com- nò gli affari e andò a Roma. Là portamento semplice, l’amore per la musica, la sobrietà nel visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò cibo. Pur non volendo mai apparire e tenendo un profilo molto basso come s’addice ad un uomo di Dio, «Gode dell’autorevo- segue a pag. 26

25 comune di MONTELEONE DI FERMO storie e personaggi

le amicizia del cardinale Federigo Borromeo, il quale, ancora vivo il Neri, gli fa ottenere la nomina di cappellano della Scala PADRE PIETRO Santa». Tale nomina gli consente di ricevere il suddiaconato e una piccola rendita con cui vivere sino al resto dei suoi anni. All’interno della Congregazione oratoriana ricopre incarichi di CONSOLINI primo piano: «Con altri tre padri nel 1609 è incaricato di ag- giornare le costituzioni dettate da Filippo Neri». Svolge anche continua da pag. 25 in qualità di maestro l’incarico di formare i novizi. Un impe- da vivere facendo il precettore, gno con i più giovani che assolve per 40 anni. Esercita anche scrisse poesie e studiò filosofia e «le massime funzioni di governo» reggendo la Congregazione teologia. A quel tempo la città era come preposito dal 1611 al 1616 e dal 1629 al 1632, e in uno stato di grande corruzione, come deputato (i sacerdoti oratoriani eleggevano quattro de- e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra i giovani della città e putati che collaboravano con il preposito) dal 1620 al 1623 e fondò una confraternita di laici che dal 1638 al 1643. si incontravano per adorare Dio Il suo posto nella storia – secondo una ricostruzione della e per dare aiuto ai pellegrini e ai Treccani - «è affidato ai cinque anni in cui fu il bastone della convalescenti, e che gradualmente diedero vita al grande ospizio vecchiaia di Filippo Neri, e alla quantità di fatti e aneddoti della Trinità. Filippo passava molto di cui si fece egli stesso relatore sulla vita dell’Oratorio, e di tempo in preghiera, specialmente cui non bisogna sottovalutare l’importanza per il processo di di notte e nella catacomba di canonizzazione del santo». san Sebastiano, dove nel 1544 sperimentò un’estasi di amore «Non è dato sapere – segnala Verducci – se Pietro Consolini è divino che si crede abbia lasciato tornato in qualche occasione a Monteleone. Di certo, rimane un effetto fisico permanente sul legato alla terra d’origine. Ancora nel Settecento, gli eredi, per suo cuore. Nel 1551 Filippo Neri fu incarico testamentario, con le rendite dei beni da lui lasciati, ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di san Giro- ogni anno fanno celebrare due messe all’altare della Madonna lamo, dove presto si fece un nome del Rosario, nella chiesa parrocchiale». come confessore; gli fu attribuito Resta invece documentato il rapporto epistolare con padre il dono di saper leggere nei cuori. Antonio Grassi, oratoriano, figura di riferimento dei “Filippini” Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani. a Fermo, conosciuto a Roma in occasione del Giubileo del San Filippo era assistito da altri 1625. giovani chierici, e nel 1575 li aveva Muore a Roma il 31 gennaio del 1643. organizzati nella Congregazione La figura di padre Pietro e il suo stretto rapporto con San Filip- dell’Oratorio; per la sua società (i cui membri non emettono i voti po Neri potranno creare occasioni culturali e artistiche a Mon- che vincolano gli ordini religiosi teleone di Fermo e legami con Roma e altre città dove forte è e le congregazioni), costruì una stata la presenza dei “Filippini”. nuova chiesa, la Chiesa Nuova, a santa Maria “in Vallicella”. Diventò famoso in tutta la città e la sua influenza sui romani del tempo, a qualunque ceto appartenessero, fu incalcolabile.

26 comune di MONTELEONE DI FERMO IL CASO

Monteleone di Fermo è diventato famoso in Italia per il feno- meno dei vulcanelli che sono eruzioni di melma dal sotto- suolo. Si tratta di eruzioni modeste e sporadiche nel tempo. I VULCANELLI In questi ultimi anni hanno manifestato una discreta attività. «Nella letteratura scientifica – si legge in un opuscolo del Co- mune – il fenomeno viene catalogato come vulcano di fango o cupola di fango e rappresenta una manifestazione delle dinamiche e degli equilibri che riguardano l’idrodinamica, la tettonica, la geomorfologia e la formazione e fuoriuscita dei gas naturali dal sottosuolo». I vulcanelli, che sono sei e si trovano lungo il fiume Ete, pren- dono il nome delle contrade dove operano: Santa Maria in Parco dei Vulcanelli di fango Paganico, Valle Corvone, La Croce. Sono sei, si trovano lungo il Originale e attraente fenomeno, i vulcanelli sono stati valo- percorso del fiume Ete e in questo rizzati e tutelati dal Comune con il progetto regionale “Segni momento vivono un periodo di dell’Acqua” che ha visto insieme altri comuni del Fermano. attività. Sono i vulcanelli di Mon- teleone di Fermo. Un fenomeno «I lavori hanno riguardato la delimitazione delle zone interes- naturale di cui ancora si sa poco. sate dai fenomeni e la creazione di aree protette con all’in- Negli anni ’80, è stato Bruno Egidi terno dei percorsi per poter osservare da vicino e in sicurezza il primo a studiare il fenomeno dei i vulcanelli». vulcanelli. Fino a poco tempo fa si pensava che il fango che esce Studenti, scolaresche, università, turisti, studiosi, sempre più dalle bocche, formato da gas numerosi arrivano a Monteleone di Fermo per vedere l’insolito (probabilmente metano e anidride fenomeno. carbonica) che risalendo dalla «La loro attività può essere collegata sia agli eventi atmosferi- crosta terrestre si carica di argilla, fosse nocivo. Gli ultimi studi, però, ci, sia alle scosse di terremoto, e infatti, in concomitanza del scongiurano questa ipotesi e la- terremoto dell’Aquila, tra il primo e il 9 giugno 2009, è stata sciano supporre che possa avere registrata una significativa attività eruttiva». funzioni terapeutiche. Ad oggi c’è Il primo a studiare il fenomeno è stato negli anni Ottanta un vulcanello, sicuramente il più rappresentativo per la zona, non dell’altro secolo, il professor Bruno Egidi. tanto per la sua attività recente, Nei secoli passati l’eruzione di melma dei vulcanelli ha ali- che negli ultimi anni è andata mentato credenze popolari e leggende, una delle quali è lega- via via affievolendosi, quanto per ta all’esistenza di un drago dalle fauci di fuoco. quella passata che lo ha portato ad assumere dimensioni rilevanti La scienza ci spiega invece che siamo dinanzi «a formazioni e una forma caratteristica, per sul terreno causate dalla secrezione endogena di acqua e gas quanto variabile anche a causa in pressione, concomitanti a trasporto solido di argille fini». delle annuali lavorazioni agricole; Ma lo stupore resta. posizionato nel bel mezzo di un campo coltivato, appare, dalla strada che raggiunge la zona interessata, come una collinetta ormai ricoperta di vegetazione segue a pag. 28

27 comune di MONTELEONE DI FERMO leggende del territorio

Il divieto era severissimo. Gli adulti non volevano sentir ragione. I ragazzi potevano, sì, giocare dappertutto tra quei LO SDRAGO campi, ma guai a loro se si fossero accostati al fossato di quella contrada di Monteleone di Fermo. Si raccontava di strane presenze in quei paraggi. Era un posto in effetti misterioso. Diversissimo dai dintorni. “Il regno incontrastato di un mostro”, sussurravano sottovoce i vecchi della zona. Vi si aggirava un essere spaventoso, a loro dire, una specie di drago dalle fauci fumanti. Era il Basilisco capace di aprir la bocca e di incendiare gli arbusti circostanti il rigagnolo d’acqua nel quale si celava. Strisciava con il ventre sostenendosi su otto o dieci zampacce storte munite di spesse e acuminate unghie. I diversi racconti lo descrivevano però alla stessa maniera: non molto lungo, dal corpo tozzo e squamoso, con una testa orrenda dal becco di rapace e una lunga coda da serpente. Il solo suo guardo era capace di uccidere un uomo. Di recente, nessuno l’aveva più visto, anche perché i contadini si tenevano ben alla larga da un simile posto. Lì in giro la terra non era coltivata. Vi cresceva una vegetazione intricata e lussureggiante. Gli aratri si fermavano più sopra, un poco per comodità, ma molto per paura. I nonni degli attuali nonni continua da pag. 27 avevano sempre raccontato di continui brontolii, di volute autoctona infestante come rovi e di calore alte nel cielo, di piogge di fuoco nei dintorni. E di sterpaglie. Il deflusso del fango, rumori sordi, come l’incedere cadenzato di un corpo enorme scaturito dall’attività sedimento- sul terreno. vulcanica, segue, in verità, due vie preferenziali colando, in parte Una sera di novembre, mentre la famiglia se ne stava davanti verso il fiume lungo una fascia di al focolare intenta alla recita del rosario, il vecchio a lungo circa cinque metri di larghezza interrogato alla fine raccontò. Lo fece soprattutto per i più e quaranta longitudinalmente, giovani, per intimargli i pericoli vicini. Aveva saputo da suo seguendo la linea di massima pendenza che separa la strada padre di un giovane agricoltore che stava arando il campo nei dall’Ete Vivo, e, in parte, verso il pressi del fossato. Il giovane conosceva le storie di quel luogo. faggio che delimita il vulcanello Eppure quel giorno non volle farci caso. Spinse la coppia dei procedendo poi verso il fossetto possenti buoi verso il basso, superando i gelsi di confine, che ancora più a destra trasporta fango ed acque. Contemplato, sin sull’orlo del rigagnolo. L’aratro affondava più facilmente del dall’antichità, come misterioso solito nelle zolle, e le capovolgeva. Gli animali tiravano che era ed affascinante evento naturale, una meraviglia. Ancora qualche metro e la semina sarebbe ribattezzato con plurimi e curiosi stata quest’anno molto più estesa. All’improvviso, qualcosa appellativi in relazione alle leg- gende ed ai dialetti propri delle di limaccioso cominciò a trascinare a sé i quadrupedi. regioni che lo ospitano, il fenome- Gli animali avevano messo le zampe in una sorta di fango, no del “vulcanismo sedimentario” scivoloso, melmoso, che inghiottiva ogni cosa, lentamente,

28 comune di MONTELEONE DI FERMO leggende del territorio inesorabilmente. Il contadino abbandonò l’aratro e tentò di portarsi dinnanzi, per scuotere le bestie. Raccolse la corda del giogo e tirò, strattonò, urlò imprecazioni. LO SDRAGO Anche i suoi piedi ora affondavano. Lasciò la cima, tentò di aggrapparsi al fogliame basso intorno. Più si muoveva e più andava a fondo. Già l’aratro era sprofondato, e gli animali erano coperti per oltre la metà. Chiamò aiuto, pregò, pianse. Inutilmente. Quella specie di sabbie mobili in breve bevve l’uomo, le bestie e lo strumento di lavoro, mentre su ogni cosa alitavano fiamme e vapore. I ragazzi erano rimasti impressionati dal racconto. Giurarono di non scendere mai verso il fosso. Ma il giorno successivo la curiosità l’ebbe vinta sulla paura. Quatti, quatti e stretti mano nella mano, scesero sino ai gelsi, si avvicinarono pancia a terra. Ed ecco, il brontolio. Si alzarono pronti alla fuga ma le gambe sembravano non reggerli più. Ricaddero come sacchi vuoti. Scrutarono allora meglio davanti a loro. S’aspettavano comparisse da un momento all’altro il drago fiammeggiante. Scorsero invece un piccolo promontorio di terra: un vulcano minuscolo che eruttava acqua e creta rappresenta, probabilmente, il biancastra formando, a valle, uno strato di melma grigia e capofila di una folta schiera di ric- vischiosa. chezze naturalistico-paesaggisti- Forse lì sotto, addormentato e in letargo, risiedeva l’antico che. I vulcanelli di fango possono rappresentare, rispettivamente, mostro delle storie paesane. la manifestazione in superficie di Lo “Sdrago” delle leggende? processi minori postvulcanici, in zone in cui il vulcanismo è estinto addirittura da 30 milioni di anni, così come essere la diretta conse- guenza della risalita di gas . Per quel che riguarda il territorio italia- no, le diverse manifestazioni del fenomeno risultano ricollegabili principalmente alla formazione, da depositi sotterranei di materiale organico, di gas naturale ed idro- carburi che, restando intrappolati in letti impermeabili di argilla, possono raggiungere pressioni considerevoli fin quando, intercet- tate vie di fuga attraverso fratture o zone ad argilla non consolidata, trascinano con sé il silt degli strati profondi investendo, talora, riserve di acque fossili e falde acquifere.

29 comune di MONTELEONE DI FERMO INIZIATIVE

Nei pressi del Municipio, prima di prendere la piccola salita per il Castello, sorge la Casa del Pittore. Un modo di dire? No! LA CASA Un modo di fare. Intelligente. Aperto. Lungimirante. Cos’è? È una iniziativa presa ormai da qualche anno dal Co- mune, prima sotto l’amministrazione del sindaco Vittorio Paci, DEL PITTORE ora di Marco Fabiani. Aderendo alle sollecitazioni di due artisti: i maestri Sandro Trotti e Sandro Pazzi, e spinti dal prof. Carlo Verducci, le due amministrazioni hanno avviato un progetto specifico denomi- nato proprio La Casa del Pittore. E di casa vera e propria si tratta, perché il Comune di Monteleone di Fermo ha indivi- duato e messo a disposizione un’abitazione nel centro storico per «accogliere nel periodo estivo giovani artisti che vogliano sperimentare la forza evocativa del paesaggio delle Marche meridionali». «L’obiettivo – si legge in calce ad un recente bando - è quello di far conoscere alle nuove generazioni le Marche meridionali, proiettando anche nella contemporaneità la secolare vocazio- ne artistica di questo territorio. Il soggiorno costituirà inoltre una stimolante occasione di scambio e di confronto tra i par- tecipanti sul piano culturale ed artistico». «I soggiorni si svolgeranno nei mesi di luglio e agosto, saranno gratuiti per vitto e alloggio. La residenza, che si trova nel centro storico del Comune di Monteleone, accoglierà ogni settima- na due giovani artisti che si impegneranno a realizzare opere da lasciare al Comune». Un Comitato scientifico garantisce la qualità selezionando sedici artisti tra quanti hanno fatto domanda di partecipazione. Tutte le opere prodotte vengono esposte, nel mese di settem- bre, in una mostra allestita nelle sale della Sede Comunale. Gli artisti arrivano dunque in paese, lo girano, attraversano le campagne, guardano e gustano il panorama, si affacciano al belvedere, dialogano con i residenti. Quindi rielaborano il tutto secondo le proprie sensazioni e percezioni che, - e qui sta il bel- lo - ogni volta, aiutano anche i cittadini a cogliere qualcosa di nuovo della propria terra. Sin dal primo anno l’iniziativa ha avuto successo richiamando artisti da tutto il mondo. E non per modo di dire. Quest’anno ad esempio la manifestazione, iniziata ai primi di luglio e terminata ai primi di settembre, è stata dedicata all’arte cinese interpretata dagli artisti Xie Hui, Sun Jing e Lan Zhou. Conseguenza de La Casa del pittore è il concorso artistico (nel

30 comune di MONTELEONE DI FERMO INIZIATIVE

2017 c’è stata la prima edizione) destinato agli studenti (sia italiani che stranieri) delle Accademie delle Belle Arti italiane. Il concorso è stato vinto ex equo dalla romana Giada Bello e LA CASA dall’iraniano Benjamin Zolfagari. Il tema di quest’anno girava intorno alla Torre civica e al lavoro nei campi. A Monteleone erano presenti, grazie all’interessamento dell’artista macera- DEL PITTORE tese Alessia Cors, anche due artisti provenienti da Singapore: Sunar Sugiyou e Sarah Credo. Sempre sull’onda dell’arte, il sindaco Marco Fabiani sta pen- sando per l’estate al «Simposio di scultura», artisti all’opera. Una eco dell’ Art Basel di Basilea. Piccoli ma intraprendenti.

31 comune di MONTELEONE DI FERMO tradizioni culinarie

Se alle nostre nonne e mamme (ancora qualcuna) dicessimo che i vincisgrassi sono una sorta di vi toglierebbero il I VINCISGRASSI saluto o vi colpirebbero di mestolo con il quale stanno girando il sugo assaggiato di tanto in tanto. Per cucinare ci vuole amore e tempo, come si dimostra con il gran film Il pranzo di Babette, quelle modalità culinarie che oggi sembrano non esserci più. Dunque, i vincisgrassi sono solo e soltanto vincisgrassi, quelli I vincisgrassi: la ricetta classica che rappresentano, pur con decine di modifiche, aggiunte e sottrazioni, il piatto identificativo delle Marche, specie del sud. Ingredienti: La carne di manzo va mischiata con le rigaglie di pollo. Senza • lasagne all’uovo 500g • rigaglie di pollo 350g queste ultime i vincisgrassi sono un’altra cosa. C’è poi l’arduo • sedano 1 costa quesito della besciamella. Metterla oppure no? La scuola • sale q.b. tradizionale, tramandata da madre in figlia, dice sicuramente • polpa di carne di suino 200g no! Il tocco cubico del vincisgrasso deve essere compatto, • brodo di carne 200ml • cipolla 1 serrato, quasi da tagliare con il coltello (non lo fate, non è • passata di pomodoro 300g buona educazione). I palati “deboli” cercano invece qualcosa • pepe q.b. di più morbido. Ed ecco allora l’uso e l’abuso della besciamella. • polpa di carne bovina 200g Tentiamo una ricetta? Tentiamo senza offendere la cultura • carote 1 • Parmigiano Reggiano grattug- culinaria delle nostre vergare. giato 100g Ingredienti: carne di manzo, abbondanti rigaglie di pollo, • olio extra vergine di oliva q.b. passata di pomodoro, qualcuno mette carota, sedano e • pancetta 100g cipolla, aggiungere ottimo vino bianco, olio extra vergine di Preparazione oliva, parmigiano e per il burro vedete voi. 1- Per preparare i vincisgrassi, iniziate tagliando a listarelle la pancetta e in pezzi piccoli i vari tagli di carne: il maiale, il manzo e infine le rigaglie di pollo.

2- Tagliate finemente il sedano, la carota e la cipolla e metteli in una casseruola a rosolare per 5 minuti, con dell’olio extravergine d’oliva insieme alla pancetta.

3- Lasciate insaporire il tutto per qualche minuto quindi unite il manzo e il maiale e lasciate cuo- cere per una decina di minuti, fino a quando la carne raggiungerà un colorito bruno. Aggiungete la passata e aggiustate di sale e di pepe.

32 comune di MONTELEONE DI FERMO tradizioni culinarie

Modus operandi? Eccolo: pulire le rigaglie, lavare tagliandole poi a dadini, tritare la carne, adagiare in un capace tegame cipolla eventuale pancetta già finemente tritate, inserire una I VINCISGRASSI noce di burro, un po’ di olio, e far soffriggere. Una volta che il tutto risulta dorato a sufficienza, è il momento di unire la carne tritata e le rigaglie. Cospargete con vino bianco sino a farlo evaporare. A questo punto va aggiunta la passata di pomodoro. Per il sale vedete voi con i vostri problemi di “pressione”. Il 4- Aggiungete al sugo anche le ri- fuoco deve essere moderato. I tempi di cottura variano. Le gaglie di pollo e mescolate con un specialiste indicano qualcosa di più dell’ora e mezza. Passato cucchiaio di legno; coprite con un coperchio e lasciate cuocere per questo tempo, aggiungere i fegatini lasciando cuocere ancora un’ora e mezza circa, girando di per una decina di minuti. Le nonne che avevano più tempo tanto in tanto e aggiungendo del consigliavano di preparare il ragù il giorno precedente… Che brodo se il ragù dovesse seccarsi. fare poi? Imburrare una pirofila, inserire le diverse sfoglie di 5- Il ragù dovrà essere ben cotto e pasta all’uovo precedentemente preparate e tagliate in pezzi addensato. rettangolari fatti bollire e asciugati su teli di lino, aggiungere il ragù, l’eventuale besciamella (umm), e tanto parmigiano. 6- Una volta pronto il ragù potete Cuocere il tutto in forno caldo a 180 gradi per mezz’ora. Dopo assemblare i vincisgrassi in una pirofila dai bordi alti: ponete di che, togliere i vincisgrassi e lasciateli riposare. Più riposano qualche cucchiaio di sugo sul più saranno squisiti. fondo quindi foderate la teglia con Il famoso Antonio Nebbia, dando alle stampe nel 1799 il un primo strato di lasagna, coprite celebre libro “Il cuoco maceratese”, prevedeva per i vincisgrassi con un cucchiaio abbondante di ragù e un cucchiaio di parmigiano l’uso dei tartufi, e solo essi. Quindi niente besciamella e niente grattugiato. rigaglie. Come dire: a ognuno il suo vincisgrasso. 7- Continuate così fino a formare almeno una decina di strati (è una caratteristica del vincisgrassi) e terminate con uno strato di ragù e una manciata abbondante di parmigiano.

8- Cuocete in forno caldo a 180° per 30 minuti e tirateli fuori non appena si sarà creata una bella crosticina dorata sulla superficie.

33 comune di MONTELEONE DI FERMO tradizioni culinarie

La trippa. Un tempo era cibo piuttosto comune nelle campa- gne e nei borghi. Cibo popolare e poco costoso. Oggi è di- LA TRIPPA ventato un piatto quasi di nicchia. Ci sono ristoranti e osterie tipiche che lo propongono. Il Comune di Monteleone di Fermo potrebbe farne una Deno- minazione Comunale, attestare cioè che proprio quel cibo è tradizione del luogo. Non perché a dieci, venti chilometri più in là, in altri paesi, la trippa non sia conosciuta, ma perché a Monteleone, sino ad una ventina di anni fa, forse più, esisteva una macelleria che della trippa era una specialista e si orga- nizzava un’importante sagra di questo prodotto. La trippa può essere di maiale, manzo o vitello. È indispensabile che la trippa venga lavata e rilavata con acqua calda, raschiata con un coltello, meglio se piccolo e maneggevole, messa poi a lessare in una pentola riempita d’acqua e aromatizzata con agli vestiti, rametti di alloro e ro- smarino, senza dimenticare qualche chicco di pepe e ovvia- mente sale. «A metà cottura (la vergara, ndr) – come racconta Ivana Ron- goni Catalini nel libro Una madia nel cuore – la toglieva dal paiolo, la risciacquava con acqua e vino bianco, e una volta freddata, la tagliava a mo’ di che metteva a rosolare in un grosso tegame dove era stato soffritto un battuto di lar- do, aglio e maggiorana secca. Insaporita la trippa, si spruzza- va di sale e di pepe, si profumava con un bel bicchiere di vino bianco e si portava a cottura aggiungendo acqua calda dove era stata diluita la conserva di pomodoro. Spento il fornello, si aggiungeva un bel pugno di formaggio pecorino, si mescolava ben bene e, fumante, si serviva a tavola». Quando la trippa non c’era, scrive ancora la Catalini, «la ver- gara preparava la frittata in trippa, cioè fettuccine di frittata cotte con lo stesso metodo, gli stessi aromi, i medesimi ingre- dienti della trippa». Realizzare una De.Co. riguardante la trippa sarebbe come dire: questo prodotto, tipico delle nostre terre, a Monteleone è un piatto storicamente accertato.

34 comune di MONTELEONE DI FERMO patrimonio storico artistico

Chiesa della Misericordia È così detta per la presenza dell’affresco della Madonna della Misericordia sull’altare maggiore. Autorizzata nel 1526 dalle autorità ecclesiastiche, realizzata dal Comune sui resti di una chiesa romanica, è stata consacrata il 27 maggio 1543. 35 comune di MONTELEONE DI FERMO patrimonio storico artistico

Chiesa della Misericordia 36 comune di MONTELEONE DI FERMO patrimonio storico artistico

Chiesa della Misericordia 37 comune di MONTELEONE DI FERMO RICETTIVITÀ

Ostello Comunale Pizzeria, Ristorante, Bar Il Leone Belvedere Via Bramante1 Via G. Garibaldi n. 9 Monteleone di Fermo Monteleone di Fermo Comune di Monteleone di Dino Cordari Fermo 392/33039777 0721/891631 331/5924221 www.emtour.it https://www.facebook.com/belvedere. monteleonedifermo B&B Casa dei Nonni Home Restaurant Via Madonna di Loreto 20 Fumèe Monteleone di Fermo Via Chiavanella, 1/b Verducci Luigi Monteleone di Fermo 347/4863464 Giampaolo Verducci www.lacasadeinonni.org 377/4179575 https://festivalsalmone.wordpress.com/ COUNTRY HOUSE home-restaurant-fumee/ Casa Rossa https://www.facebook.com/homerestau- Via Madonna di Loreto 4 rantfumeedigiampaoloverducci/ Monteleone di Fermo Pagliuca Ferdinando 348/1710080 www.countryhousecasarossa.it

APPARTAMENTI AMMOBILIATI AD USO TURISTICO Il Girasole Via Madonna di Loreto Monteleone di Fermo Yafrach Aharon 393/7095476 http://villagirasole.wixsite.com/villagira- soleitaly

38 Monteleone di Fermo Fonte Bertone capoluogo FONTE BERTONE

CHIESA

o n a i l g i v r e S “MADONNA DELLA MISERICORDIA”

Servigliano - Fermo

Contrada Madonna di Loreto CHIESA “SAN MARONE” “C.E.A.” CENTRO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE

Centro Storico CHIESA “MADONNA DI LORETO” DIMORA STORICA CHIESA “SAN GIOVANNI”

MUNICIPIO

FONTE

TORRE CIVICA Ascoli Piceno comune di SERVIGLIANO il sindaco:

Anche il sindaco di Servigliano, Marco Rotoni, pone la stes- sa domanda: perché non venire a Servigliano quando…? MARCO E il suo «quando» è denso di risposte. A cominciare dall’im- pianto urbanistico. Servigliano è stata definita «città ideale» ed anche perfetta, per il «profilo attrattivo che avvolge e coinvol- ROTONI ge il turista sin dal suo ingresso nella città di Virginio Bracci». Siamo nel Settecento. Ma poco oltre, Servigliano offre un’oc- casione irrinunciabile: «quella di attraversare il ‘900 visitando il campo di concentramento ed entrando nella “macchina del tempo” della ex stazione ferroviaria, oggi sede della Casa del- la Memoria, luogo evocativo e crocevia di storie che hanno contribuito a formare le coscienze di una comunità solidale». Non basta. Perché la cittadina è capace di un balzo nel tempo, ma a ritroso: sul finire del Medio Evo e all’alba del Rinascimento «Per gli appassionati di storie cavalleresche, - spiega anco- ra Rotoni - di dame e cavalieri, il dipinto medioevale del Tor- neo Cavalleresco di Castel Clementino, che si rappresenta nei giorni che precedono la terza domenica di Agosto, è un modo suggestivo per vivere la socialità della nostra cittadina animata e determinata ad offrire spunti e scorci emozionanti».

E non basta ancora, perché «la cornice paesaggistica in cui Servigliano è immerso è di per sé bastevole ad offrire a qualsi- asi viandante la motivazione speciale per fermarsi e ritemprare lo spirito. Passeggiare sotto al portico del convento dei Frati Minori Osservanti per poi intraprendere un cammino natura- listico lungo il Fiume Tenna e risalire la collina attraversan- do il “labirinto della Villa Belluco Castello” sullo sfondo dei monti Sibillini, è una cartolina unica della Marca Fermana».

Il sindaco indica «la forza attrattiva di questa terra rappresen- tata dalla capacità produttiva dei nostri artigiani e dei nostri Servigliano agricoltori che esprimono in modo autentico tutta l’arte del Popolazione 2.304 abitanti Superficie 18,49 km² saper fare e i valori assoluti delle nostre eccellenze, prodotti di Densità 124,59 ab./km² qualità che non temono paragoni con altri distretti del mondo».

Piazza Roma, 2 63839 Servigliano (FM) 0734/750583 - 0734/750584 0734/710618 [email protected]

40 comune di SERVIGLIANO storie e personaggi

Amerindo Camilli è un’altra gloria di Servigliano dove nacque il 3 dicembre del 1879. Ancora giovane si trasferì a Roma per frequentare la facoltà Amerindo di Lettere, laureandosi sotto la guida di Ernesto Monaci, noto filologo e critico letterario. L’attività lavorativa portò Camilli a cambiare spesso residenza. Camilli Fu insegnante al Ginnasio di Montecassino, fu poi impiegato della Tipografia popolare Cappelli di Rocca San Casciano (in provincia di Faenza) e revisore di varie case editrici. Nel 1941, si stabilì definitivamente a Firenze, dove si inserì nell’ambiente degli studiosi di linguistica e di letteratura. Lavorò nella redazione Lingua Nostra, Studi Danteschi e Rivista di letterature moderne e comparate; presso il Circolo linguistico e presso l’Accademia della Crusca, curando l’archivio di quest’ultima fino agli ultimi anni della sua vita. «Camilli fu esperto universalmente noto di fonetica, e consigliere dal 1912 fino alla morte dell’Associazione fonetica internazionale e in contatto col fonetista inglese Daniel Jones. Egli si occupò inoltre di filologia dantesca e di letteratura L’alba del codice vaticano reginen- italiana antica, marchigiana in particolare». È ricordato anche se 1462 (335-344) per i suoi studi di dialettologia e grammatica italiana, di metrica Restituzione di un’antica ballata latina, di filologia dantesca, di letteratura italiana delle origini. (295-296) Strinse rapporti di amicizia con Benedetto Croce. Tra le sue opere più importanti, si ricordano Pronuncia e grafia La canzone marchigiana dell’italiano, Grammatica italiana per la scuola media, Trattato del «De vulgari eloquentia» di prosodia e metrica latina, Metrica italiana preletteraria, I (079-096) fondamenti della prosodia italiana. Il placito di Arechisi, giudice di Capua Morì a Firenze nel 1960. (183-188)

Soqquadro : ma perché? c’è stato chi era favorevole all’eli- minazione di tali residui grafici

Sulla grafia di ognuno (2007)

Sulla pronuncia di scervellarsi una nota di Piero Fiorelli al volume Pronuncia e grafia dell’italiano di Amerindo Camilli,

Articolo davanti a parole straniere inizianti per w e sw

41 comune di SERVIGLIANO storie e personaggi

Servigliano ha un’anima musicale? Certo che sì. Almeno in alcuni dei suoi figli. Prendiamo ad esempio Luigi Vecchiotti che Luigi nasce nell’allora Castel Clementino l’11 maggio del 1804. I suoi genitori furono Sebastiano Angelo Clementi Vecchiotti e Angela Benedetta Jaffei. I cognomi tradiscono l’origine nobiliare della Vecchiotti casata con un palazzo in pieno centro. Luigi respira il clima culturale della sua famiglia e dei salotti che padre e madre frequentano. Vorrebbero che il giovane si indirizzasse verso gli studi classici. Il ragazzo invece sente un trasporto per la musica. Compiuto il ciclo delle scuole primarie, Luigi si sposta a Fermo, presso il Collegio dei Filippini, per frequentare i corsi di Filosofia e musica sotto la guida del maestro Giuseppe Curcio che l’11 gennaio del 1800 era stato nominato maestro di cappella del Duomo di Fermo succedendo al maestro Giuseppe Giordani. La vocazione della musica cresce talmente tanto che a 18 anni si trasferisce a Bologna per seguire presso il Liceo filarmonico di Bologna le lezioni di padre Stanislao Mattei, frate francescano, compositore e gregorianista di vaglia. Nel 1825, alla morte del suo maestro, si trasferisce a Milano per diplomarsi al liceo musicale meneghino con il maestro Federici. «Due anni dopo – scrive Giovanni Martinelli nel bel libro 100 illustri personaggi del Fermano – scrisse l’opera buffa La fedeltà in pericolo che venne rappresentata… nel teatro Valle di Roma». Fu un successo. Eppure, Luigi Vecchiotti fa una scelta diversa: abbraccia la musica sacra, «ottenendo in quello stesso anno la nomina a maestro di cappella del Duomo di Urbino». Era il 1827. Nel 1834, sempre ad Urbino, convola a nozze con la figlia del marchese Antaldi e successivamente apre una propria scuola di musica, molto apprezzata e seguita. In una lettera, Gioachino Rossini così gli esprime la sua stima: «Io sono il Rossini del Teatro, Voi il Rossini della Chiesa». Nel 1841 Vecchiotti è chiamato a Loreto a dirigere la prestigiosissima cappella musicale del Santuario della Santa Casa. Tra i riconoscimenti, c’è anche quello del Papa. Pio IX lo nomina Cavaliere dell’Ordine di San Silvestro. L’ultima sua opera, dopo molte composizioni tra cui un trattato di armonia, fu la Grande Messa funebre. L’opera fu dedicata «ai caduti della battaglia di Castelfidardo, che, per una tragica

42 comune di SERVIGLIANO storie e personaggi fatalità, - racconta Martinelli – venne eseguita per i suoi funerali. Morì difatti improvvisamente il 10 febbraio 1863. Le sue esequie a Loreto, nella cui basilica fu sepolto, e a Urbino, Luigi furono imponenti». «Purtroppo – spiega ancora Giovanni Martinelli – la riforma ceciliana dei primi del ‘900 mise al bando le sue composizioni, Vecchiotti ma la sua opera gli sopravvisse e tuttora è al centro di nuova valorizzazione». Nel panorama della composizione lirica, Luigi Vecchiotti lascia l’opera Adelasia, che venne eseguita al teatro Valle di Roma nel 1831. Nella Basilica Lauretana, a ricordo del maestro di cappella, resta un suo semibusto con epigrafe.

43 comune di SERVIGLIANO storie e personaggi

Ed ecco una gloria sportiva: Guido Paci. Paci nasce a Servigliano il 27 dicembre del 1949. Guido Appassionato di moto e di velocità sin da ragazzo, si arruola nell’Aeronautica Militare entrando alla Scuola Sottufficiali Piloti e raggiungendo il grado di maresciallo. Compiuto Paci l’addestramento, viene assegnato come pilota al 53º Stormo Caccia Intercettori con sede a Cameri. È negli anni Settanta del Novecento che si dedica con maggior tempo al suo sport preferito: la moto. Nel 1976 inizia la sua attività agonistica a cavallo di una Honda 500 nella categoria Derivate di Serie, per poi passare alla categoria Juniores. In questa categoria, nel 1979, vince il titolo italiano 500. L’anno successivo diviene Seniores e debutta nel Motomondiale al Gran Premio delle Nazioni. Si classifica al tredicesimo posto. Lo chiamano Si dedicò allo sport dagli anni Pantera rosa dal colore della sua moto e Kojac per la calvizie. settanta, ottenendo due titoli italiani Il 1981 gli arride: si posiziona all’undicesimo posto «e primo tra di bob (1974 e 1976) e una medaglia i piloti privati, tanto da far affermare a Kenny Roberts “speriamo di bronzo nell’Europeo 1976. Nel ’76 Paci iniziò a correre in moto, dapprima che nessuno affidi mai a Guido una moto ufficiale, altrimenti » con una Honda 500 nella categoria saranno dolori per tutti...” Nel 1983 viene ingaggiato da Derivate di Serie, per poi passare alla Honda Italia. Una settimana dopo il GP di Francia, Paci corre categoria Juniores nella quale vinse il titolo italiano della 500 nel 1979. Nel la 200 miglia di Imola. Una caduta gli è fatale. 1980 divenne Seniores e fece anche «Quando volava con il suo F104 diceva di non accorgersi della il suo debutto nel Motomondiale al GP velocità perché in cielo non aveva riferimenti, perché tutto era delle Nazioni, terminando la gara della 500 al 13º posto. Il 1981 fu l’anno uguale. Solamente quando virava si rendeva conto di quanto in cui ottenne i suoi migliori risultati fosse veloce. E Guido Paci… veloce lo era veramente. Con iridati riuscì a classificarsi 11° e l’aereo e con la moto». Così lo ricorda la rivista on line Pianeta primo tra i piloti privati. La stagione ’82 ancora in sella alla Yamaha TZ riders.it 500. Nel 1983 fu ingaggiato dal team Honda Italia, che schierava la nuova Honda RS 500 R, derivate dalla NS 500 campione del Mondo con Freddie Spencer. Con la nuova moto Paci fu 8° al GP di Francia. Una settimana dopo il GP di Francia Paci corse la 200 miglia di Imola. Mentre si trovava al 5° posto, cadde in quella velocissima piega prima della Tosa ribattezzata, allora in modo non ancora ufficiale, Curva Villeneuve, urtando le balle di paglia che coprivano il muretto di cemento viste le gravissime lesioni riportate alla testa ed al torace, le cure si rivelarono inutili.

44 comune di SERVIGLIANO USI COSTUMI E TRADIZIONI

Ed eccone un’altra prova legata ad un fatto civile e religioso, ed oggi anche sportivo: la cessione di un appezzamento da parte dei monaci benedettini, il ringraziamento di una Terre Farfensi comunità, una festa e un torneo: Il Torneo Cavalleresco di Castel Clementino. Ma andiamo con ordine. Era l’anno 1450 quando l’Abate di Farfa cedette alla comunità terre Felici civica di Servigliano la Piana di San Gualtiero. Per festeggiare l’evento, la municipalità indisse grandi giochi. Si fa risalire a quel tempo il Torneo Cavalleresco di Castel Clementino che Servigliano ha voluto riprendere nel 1969 con la prima edizione in tempo moderno. Una rievocazione agostana molto attenta alla storia, in costume quattrocentesco che impegna i cinque rioni: Porta Marina, Porta Navarra, Porta Santo Spirito, Paese Vecchio, Rione San Marco, li mobilita, spande in città un sentimento religioso, un sano spirito di collaborazione prima e di competizione dopo, al momento della gara che è la Giostra dell’anello. Nei giorni della festa e della disfida, Servigliano assume un altro volto. I tamburi rullano, le chiarine squillano, le fiaccole illuminano la notte, nei rioni, contraddistinti dalle proprie insegne, si fa festa. Le vie sono percorse da genti, nei costumi che già fanno pensare al Rinascimento, realizzati nelle sartorie locali, riproduzioni attentissime tratte dai dipinti di artisti che hanno lavorato in questo lembo di terra, due fra tutti Carlo e Vittore Crivelli. I cinque rioni sfilano con le loro dame, gli 2001 Porta S.Spirito armigeri, i nobili. Giunge l’Abate di Farfa. Si benedice la 2002 Porta Marina processione e il Palio. Si cena sotto la luna con i cibi del 2003 Porta S.Spirito 2004 San Marco tempo che fu. E poi, l’altro momento molto atteso, la gara, 2005 1° ed. Porta Navarra i cavalli che scalpitano, le lance dei cinque cavalieri tese e 2005 2° ed. San Marco pronte a centrare una serie di . È La Giostra dell’anello 2006 1° ed. San Marco 2006 2° ed. Porta Marina fra i cavalieri rappresentanti i rioni. 2007 1° ed. Porta Navarra «Il Palio – scrive l’Ente Torneo - è l’oggetto della contesa. Fino 2007 2° ed. San Marco al 2005 è stato dipinto da vari artisti (oggi, dai ragazzi delle 2008 1° ed. Porta S.Spirito 2008 2° ed. Porta Navarra scuole medie, ndr). Drappi più o meno appariscenti, quasi 2009 Porta S.Spirito tutti di rara bellezza». 2010 Porta S.Spirito 2011 Porta S.Spirito 2012 Paese Vecchio 2013 Porta Marina 2014 Porta Marina 2015 Paese Vecchio 2016 Porta Marina 2017 Paese Vecchio PORTA PORTA SAN PAESE SANTO NAVARRA MARINA MARCO VECCHIO SPIRITO 45 comune di SERVIGLIANO leggende del territorio

Era l’alba del 28 maggio 1799. Un giorno che Castel Clemen- tino non avrebbe mai più dimenticato. la leggenda Lungo la piana solo silenzio di uomini; tanto, troppo, improba- bile silenzio. Solo il fiume Tenna, fangoso e in piena, ruggiva contro gli argini. Anche i lupi, lassù sulla montagna tra Aman- DEGLI INSORGENTI dola e Santa Vittoria, avevano smesso la notte precedente di ululare alla nascosta luna di quella piovosa primavera. Gli Insorgenti erano all’erta dietro le mura di quel Borgo nuovo, costruito neppur vent’anni prima. Quell’immenso ristagno di voci li preoccupava. Continuavano a fissare l’altra riva del cor- so d’acqua, dalla parte del mulino. Il conte Clemente Navar- ra, di vedetta nell’alta torre del suo palazzo, era stato chiaro: i Francesi sarebbero arrivati da un momento all’altro. La cittadi- na era in pericolo, con essa le abitazioni basse degli artigiani e quelle fuori porta dei bifolchi, della gente qualunque o dei personaggi in vista, di chi, insomma, giacobino non fosse. Le giacche blu il giorno precedente avevano sfilato al Girfal- co di Fermo per poi raggiungere rapidissime Querciabella, tra Belmonte e Montegiorgio, riposarsi un poco, e acquattarsi infine tra le selve dinnanzi a Castel Clementino. Non poteva- no tollerare che gli insorgenti si acquartierassero in un punto strategico della valle. Fossero restati in montagna, a Monte- gallo o Norcia, poco male. Ma a Castel Clementino, no! L’oscurità era calata in fretta complice quel cielo sempre più minaccioso di tempesta. Quel posizionarsi per sfuggire agli occhi dei rivoltosi riuscì utile al soldato Jean. Il suo zaino scoppiava. Tutto quel che nei giorni precedenti aveva potuto sottrarre dalle chiese, nelle povere o ricche abitazioni messe a ferro e fuoco dalla sua compagnia, lo aveva stipato lì dentro. Era il suo bottino e il suo avvenire. Un’assicurazione sul futu- ro. Ora però doveva nasconderlo. Non avrebbe così rischiato di perderlo nello scontro, e lo zaino sarebbe servito per altri nuovi oggetti. Contò cento passi dal mulino; non visto, scavò una buca in direzione di una frondosa roverella. Gli occorsero pochi minuti: la terra era molle per l’acqua di quei giorni. Da lì a poco iniziarono gli spari. Più giù, là dove il fiume batte contro l’irto scoglio della Castelletta, una trentina di uomini impegnavano le truppe di Bonaparte. Anzi, dritto sullo scoglio, un giovane nell’uniforme candida dei Borboni sfidava con la Clemente Navarra sua sparuta pattuglia gli invasori francesi. Una sfida che aveva

46 comune di SERVIGLIANO leggende del territorio del temerario. Ma passò poco tempo che quel corpo cadde colpito nelle acque furenti. Lo trassero a riva, i suoi uomini, che subito tornarono indietro, tra le mura. Luigi era il nome la leggenda del caduto e Navarra il cognome, il figlio del Tenente Generale. Queste cose Jean non le sapeva. Sentì invece l’ordine d’attac- co. Corse leggero sotto il tiro dei “cafoni”. Si fermò soltanto DEGLI INSORGENTI per inastare la baionetta. La prima porta del paese si frantu- mò sotto i colpi del cannone. Agli Insorgenti non restò che riti- rarsi verso monte, verso Santa Vittoria in Matenano, lasciando sul campo morti e feriti. Jean era soddisfatto, la giornata di battaglia stava già per con- cludersi. Forse un nuovo bottino avrebbe riempito il suo zaino. Una sola cosa non sapeva: che il tesoro da lui sepolto era già passato in altre mani. Il suo vangare attorno alla quercia era stato notato da un insorgente che, complici le tenebre, l’aveva recuperato e portato altrove. Poi, durante la battaglia, quel “ cafone” era stato colpito. Ucciso, forse per mano dello stesso Jean, trascinava con sé nella tomba il segreto recente di un sogno che svaniva nell’alba di Castel Clementino.

47 comune di SERVIGLIANO USI E COSTUMI

Il fiume Tenna è lì. Sotto l’ex convento dei Frati Minori Osservanti. Il fiume Le donne andavano con le ceste dei panni da lavare. C’erano sassi su cui poggiare vesti e lenzuola, c’era la cenere per fare il bucato, c’era il sapone di casa da passar sopra e ripassare Tenna su tovaglie e federe. Il tutto poi finiva in acqua, tenuto per un capo, e voltato e rivoltato perché il fiume portasse via ogni Lo ’rlaa li pagni traccia. Presentazione del Carro della Contrada S. Stefano (‘Nzegna...) Le ragazze stendevano al sole i panni da curare, da sbiancare. Ed il corredo andava sbiancato come se il bianco desse più Vurrio ‘rrecordà a’ ste persone, un valore al telo, che diventava camicia, abito, lenzuolo, secondo tempu lontanu, quanno lu fiume, li fossi , le sorgendi, era ‘na ricchez- l’abilità delle giovani mani. za pe’ Fallerone. Il fiume Tenna era ricco di pesce: dalle anguille ai gamberi di ...ce lo scimo scordato, co’ lo dialetto che parlimo sci e no, fiume. Lo si pescava con il tramaglio. Oppure con la bilancia, l’italiano pure, va a fasse vinidì o ricorrendo al canneto dove far confluire i pesci, o, ancora, pure lu fiume. Tenna è pienu de zuzzo, con il forchettone. li fossi Dio ce ne scampa , Ma il Tenna era anche un fiume strano, carico di suggestioni le fonde ‘rremmandate da li rui, le sorgendi ’nze sà mango già dai luoghi che attraversava. Nasceva sotto il monte Sibilla, che è e ’ddo stà. scorreva lungo l’Infernaccio dove risuonavano le parole di Allora a stà jende de lo Piano jiè vinuta la mende de favve penzà. Cecco d’Ascoli: «L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo». Chiudete l’occhi metteteve a Qualcuno così descriveva il fiume: «Le sue acque erano sognà. cristalline. I pesci vi sguazzavano talmente numerosi che li Ero piccola ma il ricordo del carro, si poteva catturare a mani nude. La vegetazione cresceva questo carro che andava al fiume colmo di panni da lavare, .è forte in rigogliosa e intricata. Le querce, i lauri, i gelsi, i salici, e poi me. L’acqua limpida del Tenna e il i rovi e le edere onnipresenti nascondevano animali d’ogni suo rumore tra le pietre. Il vociare specie. Se piccoli, se ne sentiva il frusciare ovattato; altrimenti, delle donne, i tonfi dei panni, i canti; di qua e di là del fiume. il rumore si faceva fragoroso e a volte impressionante. Il Quasi un battibecco fra fra due paesi fiume Tenna ricordava Tinia, lo Zeus degli Etruschi. Da quei (, Servigliano) . “..’rsegavano”, battevano, torcevano; Monti Sibillini scendeva sino al Mare nostrum. Ad ogni uomo sotto il sole cocente, la gonna tirata su da un lato, “lu zinale” i piedi nudi in mezzo all’acqua cristallina.Quanta fatica, quanto sudore! Fino alle ultime ore del giorno. Dopo un bagno, ognuno tornava verso casa; con il carro, il carretto, le canestre grondanti in testa, ed anche se si doveva risalire dopo una giornata intera giù Tenna. ognuna era. serena e soddisfatta, le mani ai fianchi per aiutarsi con il passo, qualche parola,qualche invidia , qualche pettegolezzo e l’indomani un’altra giornata di duro lavoro.

48 comune di SERVIGLIANO USI E COSTUMI incontrato sulle rive, la sua voce sussurrava di Alcina, la sacerdotessa, o di coloro che l’avevano preceduta sulle balze incantate. Bastava saper porgere l’orecchio e il fiume avrebbe Il fiume rivelato ogni storia cui era stato a volte spettatore, a volte attore principale. L’acqua scorreva veloce giù dalla montagna. Alcune svolte costringevano il Tenna ad uno spumeggiante Tenna duello con le rocce. Più tranquillo diventava lungo la piana, come un tono pacato per presentarsi dignitosamente al mare». Il Tenna nasce nel comune di Una notte di una ventina di anni fa, circa trecento persone (FM) e attraversa le Marche meridionali e più specifi- si ritrovarono sul greto del Tenna per un incredibile evento. camente la Val Tenna. Come se il fiume raccontasse loro le gesta degli Insorgenti Il suo corso segna per un tratto il e la morte del giovanissimo Luigi Navarra. Come se la storia confine tra la provincie di Macera- ta e quella di Fermo. La sorgente è di oltre due secoli fa; il dramma di Castel Clementino, fra le pendici del Monte Bove Sud riprendesse contorni più nitidi. Fu la Fata del fiume a parlare: e quelle delle Porche di Vallinfante, «Un’onda, quest’oggi, s’è infranta sullo scoglio più avanti del nel comune di Castelsantangelo sul Nera, nascono i vari rami che vecchio molino. Nell’urto, uno scrigno s’è aperto: lo scrigno confluiscono nella sorgente (detta di tanti ricordi, serbato nel cuore profondo del fiume. Ne è anche Capotenna) posta fra il emersa un’immagine ingiallita dal tempo che scopre il volto Monte Priora e Monte Sibilla, nel cuore dei Monti Sibillini, compresi d’un giovane: un giovane bello, un giovane fiero. Un ragazzo nell’appennino umbro-marchi- di questo paese». giano. Il fiume sfocia nel Mare Fino a circa un secolo fa, una processione dal fiume Adriatico, tra la frazione Marina Faleriense di Porto Sant’Elpidio e raggiungeva le mura di Servigliano, in ricordo del sacco, di Lido San Tommaso di Fermo, dopo Luigi, di quanti combatterono i francesi per la libertà. un percorso di 70 km.

Fiume tenna. Archivo storico 49 comune di SERVIGLIANO tradizioni culinarie

Difficile trovare a Servigliano una tradizione culinaria diversa la cucina da quella dei borghi vicini. I piatti sono molto simili in queste vallate. Se esiste qualche minima differenza è dettata dall’interpretazione delle cuoche di casa. Allora, abbiamo nel borgo deciso di riproporre il rito culinario dei giorni di Natale: la cena della vigilia, il pranzo del 25. Com’era un tempo e come, in qualche modo, resiste oggi. Ci affidiamo in parte alle memorie di Giovanni Miconi, attingendo al suo recente libro Il nostro passato. Dunque, la vigilia: «Anche le famiglie più povere facevano in modo che non mancasse nulla a tavola, perché quella sera nessuno doveva andare a letto con la fame… In tutte le case il pasto era abbondantissimo: c’erano verdure di tutti i tipi, fritte Cappelletti in brodo con la pastella, alici, pesce prevalentemente di fiume, baccalà cotto in vari modi, ceci, fagioli… Il pasto terminava con vari dolci, compresa la pizza con le noci». Altre famiglie segnalavano invece gli con il tonno, il pesce arrosto con contorno di gobbi o cardi saltati in padella, “lu pistringu” e “lu serpe” di Falerone. Prima di prendere la forchetta in mano, il “capo di casa” gira il piatto oppure alza il tovagliolo trovandovi adagiate le letterine di Natale, le promesse e i ringraziamenti di figli e nipoti. Una Spaghetti con il tonno tradizione che resiste. Per il giorno di Natale, non potevano e non possono mancare i cappelletti in brodo di cappone o gallina, i vincisgrassi, le carni varie arrostite, il fritto all’ascolana, e per finire ancora “lu serpe” e “lu pistringu”. Ma c’è un’altra storia che va raccontata. Non solo le persone mangiano meglio a Natale. Anche gli animali debbono essere accuditi con gran cura, specie nel giorno della vigilia. Perché un fatto strano, vertiginoso, incredibile, accadrà nella stalla Baccalà al forno allo scoccare della mezzanotte santa. È in quel momento che gli animali parleranno tra di loro, usando quasi un linguaggio umano. Forse ricorderanno che i loro antenati, in una grotta fredda, furono gli unici ad accogliere e riscaldare il piccolo Gesù.

Pizza con le noci

50 comune di SERVIGLIANO patrimonio storico artistico

Piazza Roma L’assetto urbano della cittadina riprende l’antico sistema organizzativo romano costituito da cardi e decumani. Il cardo che unisce Porta Clementina (o Porta Marina) a Porta Pia, è l’asse che attraversa da nord a sud la cittadina. Il decumano invece, tagliando la cittadina da est ad ovest, è l’asse che da Porta Santo Spirito (o porta di ) conduce alla Collegiata di San Marco. Nel punto in cui le due direttrici si incontrano, si apre la piazza del paese: Piazza Roma. 51 comune di SERVIGLIANO patrimonio storico artistico

Convento Santa Maria del Piano Il convento è un edificio a due piani con chiostro, situato lungo la strada che da Fermo conduce ad Amandola. La sua costruzione venne completata nella prima metà del secolo XVII. 52 comune di SERVIGLIANO patrimonio storico artistico

Convento Santa Maria del Piano

53 comune di SERVIGLIANO RICETTIVITÀ

Ristorante, hotel, catering Wine Restaurant Bar “San Marco” da Zenà Pane & Vino Via Garibaldi n. 6 Via 24 Maggio, 28 Servigliano Servigliano Cristian Cordari Davide…? 0734/750761 0734 759851 www.hotelristorantesanmarco.it/ https://www.facebook.com/Pane-e- www.facebook.com/sanmarco- Vino-392803340899676/ zena/ Pizza al Taglio, Bar, B&B Rosticceria, Ristorante Angela Garden Il Quadrifoglio c.da San Pietro Pozzuolo via Enrico Mattei n°2 Servigliano Servigliano 331/3008889 Simona e Manlio www.angelagarden.it 0734/710375 www.facebook.com/ilquadrifoglio. Ristorante, Country House, Relax servigliano/ Villa Funari Via della Repubblica 18 Pizza al taglio Servigliano La Piazza Smerilli Stefania e Annamaria Via XXIV Maggio n. 2 0734/750114 Servigliano 333/7206051 Cheti Granatelli www.villafunari.it 328.2870767 www.facebook.com/VillaFunari/ Pizzeria Ristorante Agriturismo Re Leone Cascina degli Ulivi Via Palmiro Togliatti n. 2 C.da Commenda 4 Servigliano Servigliano Teresa e Ylenia Angelini Marinucci Aldo 334/1056626 0734/710235 0734/750959 338/7094170 www.facebook.com/releoneservi- www.cascinadegliulivi.com gliano

Bar e pizza al taglio Pizza & Coffe Via Romolo Governatori Servigliano Paola Ercoli 333/6794438 www.facebook.com/Pizza-Cof- fee-536014613190735/

Bar, Ristorante Bar Petrelli Corso Navarra n. 41 Servigliano Sandro Paci 347/1811866 www.facebook.com/pg/barpetrelli/ about/?ref=page_internal

54 FONTE DEI CAVALLI Servigliano ANTICA FONTE Loc. Colle Clementino CON LAVATOIO capoluogo Belmonte Piceno Fermo

Fiume Tenna Servigliano Ascoli P. CHIESA “LA MADONNETTA”

EX COMPLESSO MONASTICO FONTE “SANTA MARIA DEL PIANO” Fraz. Curetta Servigliano

CHIESA “SANTA MARIA DELLE PIAGGE”

Amandola

Ascoli Piceno RUDERI DELL’ANTICO CASTELLO DI SERVIGLIANO

Ascoli Piceno COLLEGIATA “SAN MARCO” MUNICIPIO

Amandola PALAZZI SIGNORILI

Zona Castello di Belluco

VILLA BRANCADORO EX STAZIONE - MUSEO “CASA DELLA MEMORIA” E CHIESA EX CAMPO DI PRIGIONIA - “PARCO DELLA PACE” Il progetto si avvale del cofinanziamento

Consorzio di Sviluppo della Regione Marche e del Dipartimento Presidenza del Consiglio dei Ministri Industriale d el Fermano della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale

FERMO

Belmonte Piceno

Servigliano Monteleone di Fermo

Belmonte Piceno

Servigliano

Monteleone di Fermo

COMUNECOMUNE DIDI COMUNE DI COMUNE DI MONTELEONE DI FERMO BELMONTE PICENO SERVIGLIANO Via G. Garibaldi 9, Piazza G. Leopardi n.6 Piazza Roma, 2 63841 Monteleone di Fermo (FM) 63838 Belmonte Piceno (FM) 63839 Servigliano (FM) tel. 0734.773521 tel: (+39) 0734 771100 0734.750583 - 0734.750584 fax. 0734.773522 fax: (+39) 0734 771291 0734.710618 www.comune.monteleonedifermo.fm.it www.comunebelmontepiceno.it www.comune.servigliano.fm.it [email protected] [email protected] [email protected]