Perrotta Cdt 1, 2017
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«Critica del testo», rivista quadrimestrale Fondata da Roberto Antonelli ISSN 1127-1140 ISBN 978-88-6728-930-1 (carta) 978-88-6728-931-8 (e-book) Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 125/2000 del 10/03/2000 Direzione: P. Canettieri, L. Formisano, M. L. Meneghetti*, A. Pioletti Direttrice responsabile: A. Punzi * Per tutta la durata del suo impegno all'ANVUR, M. L. Meneghetti non si occuperà della direzione della rivista. © Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali, “Sapienza” Università di Roma Questa rivista è fnanziata da “Sapienza” Università di Roma Viella libreria editrice via delle Alpi, 32 – I-00198 ROMA tel. 06 84 17 758 – fax 06 85 35 39 60 www.viella.it – [email protected] Critica del testo XX / 1, 2017 viella Annalisa Perrotta “Matti” e traditori a corte: uso della parola e potere politico tra Spagna, Orlando innamorato e Mambriano* Il saggio fornisce un’analisi di due personaggi della letteratura cavalleresca italiana – Astolfo il “matto” e Gano il traditore – in alcune opere composte tra il Trecento e l’inizio del Cinquecento. In questi poemi l’effcacia della rappresenta- zione si basa sul rinnovamento dei personaggi tradizionali. In particolare l’Orlan- do Innamorato di Boiardo e il Mambriano di Francesco Cieco da Ferrara mostrano due differenti modelli di corte: Boiardo discute i pericoli e le virtù connessi al potere e alla sua gestione; quasi venti anni più tardi, Francesco Cieco presenta un modello alternativo di corte, trovando (o immaginando di trovare) strategie per controllare e contenere la crisi. Astolfo d’Inghilterra e Gano di Maganza, due personaggi fon- damentali della narrativa carolingia in Italia, sembrano avere poco in comune. Nemici giurati l’uno dell’altro, il secondo è traditore, il primo fedelissimo sodale di Orlando e Rinaldo e tra i più acerrimi nemici proprio di Gano e di tutti i Maganzesi. Eppure, nella serie di storie che ruotano intorno alla corte di Carlo Magno e alla sua lotta contro i saraceni, storie spesso anonime, spesso popolari, par- te di un repertorio consolidato, composto per essere letto o ascol- tato, queste due fgure hanno alcune cose in comune: entrambi si distinguono per una certa imperizia in battaglia, entrambi costitu- iscono un principio di disordine all’interno della corte, seminano zizzania, alimentano risentimenti e provocano contrasti, e lo fanno con la parola prima che con la spada. * Ringrazio Anna Carocci, Jane Everson, Serena Sapegno e Franca Strologo per aver letto versioni precedenti di questo lavoro. Mia la responsabilità del risul- tato fnale. Critica del testo, XX / 1, 2017 302 Annalisa Perrotta In questa sede mi occuperò di letture e riletture dei personaggi di Astolfo il “matto” e di Gano il traditore in alcune storie carolinge composte tra il Trecento e l’inizio del Cinquecento. Farò dunque una breve rassegna dei luoghi principali in cui i due personaggi ap- paiono, e tenterò poi di mostrare come la funzione loro attribuita in ciascuna storia cambi sotto la spinta di mutate esigenze rappre- sentative in due poemi del Rinascimento che segnano un profondo rinnovamento – una rivoluzione, si potrebbe dire – della materia carolingia italiana: l’Inamoramento de Orlando (o Orlando innamo- rato) di Matteo Maria Boiardo e il Mambriano di Francesco Cieco da Ferrara, due poemi scritti a meno di vent’anni di distanza, all’in- terno di un ambiente cortigiano appassionato di letteratura caval- leresca come la corte degli Este a Ferrara e la corte dei Gonzaga a Mantova.1 I due poemi contengono due diversi modelli di corte: attraverso i personaggi della tradizione carolingia, nell’Innamorato Boiardo discute con libertà anche divertita i problemi, le insidie e le virtù della gestione del potere, giocando con i tòpoi della tradizio- ne, e senza preoccuparsi troppo di fornire una trattazione coerente, piegando il tratteggio dei personaggi alle esigenze rappresentative, che potevano cambiare da un punto all’altro del poema: esemplare è Carlo Magno che, da fgura debole e macchiettistica nel primo libro, diviene un sovrano autorevole nel secondo, nella sezione più epica del poema, dedicata alle guerre contro Agramante e alla cele- brazione dinastica. Francesco Cieco, cantore al servizio della corte, 1. Il Mambriano di Francesco Cieco da Ferrara fu iniziato verosimilmente intorno al 1489 e fu terminato qualche anno prima della morte, forse nel 1502 (v. J. Everson, Sulla composizione e la datazione del ‘Mambriano’, in «Giornale storico della letteratura italiana», 160 [1983], pp. 249-271); fu stampato postumo, a Fer- rara, per i tipi di G. Mazzocchio del Bondeno, nel 1509. Quando iniziò il poema, Francesco Cieco viveva al servizio della corte di Mantova. Poi passò alla corte di Ferrara e pare che al momento della morte, nel 1506, fosse al servizio della famiglia d’Este; v. J. Everson, The identity of Francesco Cieco da Ferrara, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 45 (1983), pp. 487-502; Ead., Francesco Cieco da Ferrara, in Dizionario biografco degli italiani, vol. 49, Roma, Istituto della Enci- clopedia italiana, 1997, pp. 715-718. L’inizio della composizione del Mambriano si colloca dunque tra la stampa dei primi due libri dell’Orlando innamorato e l’in- terruzione del poema all’inizio del terzo libro. Sul Mambriano si legge ora l’ampia monografa di E. Martini, Un romanzo di crisi. Il ‘Mambriano’ del Cieco da Ferra- ra, Firenze, Società forentina editrice, 2016. “Matti” e traditori a corte 303 risponde qualche anno dopo con un modello alternativo, frutto delle mutate condizioni delle corti italiane: e la distanza tra le due opere è anche quella che separa Boiardo, l’intellettuale autonomo, il col- laboratore del potere centrale, da chi guarda il mondo delle corti da una distanza maggiore, e ne percepisce la crisi.2 Nei poemi cavallereschi italiani prima di Boiardo, la narrazione si articola intorno a due luoghi: la corte presso Carlo Magno che costituisce, ovunque essa sia, un luogo simbolico, un “dentro” attra- versato da tensioni, alleanze e contrapposizioni, a cui si contrappone il “fuori” della Pagania e delle strade che conducono ad essa. I due luoghi, il dentro e il fuori, sono strettamente correlati: la cristianità è in lotta con i pagani, la tenuta della corte di Carlo e la concordia tra i paladini si fanno garanzia di vittoria; quando, come spesso accade, la concordia manca, la corte (e con essa la cristianità tutta) corre un serio pericolo. Gano e Astolfo costituiscono le due fgure che ne mi- nacciano l’equilibrio in modo più signifcativo; esse sono correlate, come si diceva, perché entrambi i personaggi utilizzano la parola, la narrazione, un giudizio plausibile sui fatti come mezzo di persuasio- ne; se la persuasione risulti effcace o meno, però, è una questione connessa con la percezione di quello che dicono: è credibile? Op- pure no? Gano è traditore? Nella tradizione in ottava rima spesso lo è per tutti, tranne che per Carlo. Astolfo è un buffone? Se sì, tale percezione getta discredito sulle sue parole, ma non impedisce che esse comunichino narrazioni plausibili dei fatti e creino situazioni di tensione a corte. A diversi modelli di corte corrisponde un diverso ruolo del tra- ditore e del “matto” eversivo. Nell’Innamorato e nel Mambriano vediamo strategie di allontanamento, contenimento, trasformazione di queste due fgure, che mostrano come il fuoco rappresentativo della narrativa carolingia si sia spostato: non più l’ansia della con- trapposizione con i saraceni, la difesa territoriale ottenuta per via militare o attraverso alleanze e conversioni, la dimostrazione della forza dei singoli e della capacità della corte di Carlo di ricompattar- si, nonostante le rivalità interne, di fronte al nemico comune: questo 2. Ripercorre la biografa di Boiardo e le circostanze di composizione delle sue opere – con particolare attenzione ai rapporti del Conte con gli esponenti della famiglia d’Este – T. Zanato, Boiardo, Roma, Salerno Editrice, 2015. Critica del testo, XX / 1, 2017 304 Annalisa Perrotta era il panorama dei poemi anonimi in ottave e del Morgante di Luigi Pulci. Nell’Innamorato la rappresentazione della forza d’amore si affanca a una rifessione sul potere e sul buon governo, sulla scon- ftta dei vizi e il trionfo della virtù; nel Mambriano, il racconto si fa moralmente più serio, l’amore tende alla costruzione di legami stabili,3 e la corte diviene un luogo dove il tradimento non esiste e le spinte eversive sono neutralizzate grazie alla grande saggezza di Orlando e di Carlo Magno: un mondo in cui Astolfo e la sua temibile lingua non creano dissidi e in cui forse la rotta di Roncisvalle non avrà mai luogo. 1. Astolfo e la parola irriverente: Entrée d’Espagne e Aquilon de Bavière Il personaggio di Astolfo ha suscitato più volte l’interesse della critica, anche per il ruolo speciale che riveste nell’Orlando furio- so.4 Il suo carattere irriverente e arguto, facile alla parola e incline 3. «Nell’Innamorato il ludus e l’amore in tutte le sue varianti sono viva espressione del mondo cortese (…) la situazione cambia nel Cieco (…). Al piacere lussurioso e alienante del giardino di Carandina, il Cieco contrappone l’amore-fdes di Fulvia e Sinodoro»; Martini, Un romanzo di crisi cit., p. 166. 4. Sul personaggio di Astolfo nella tradizione in francese, franco-italiano e italiano, si veda G. G. Ferrero, Astolfo (storia di un personaggio), in «Convivium», 5 (1961), pp. 513-530; A. Limentani, Il comico nell’‘Entrée d’Espagne’, in Id., L’‘Entrée d’Espagne’ e i signori d’Italia, a c. di M. Infurna e F. Zambon, Padova, Antenore, 1992, pp. 109-141; J-C. Vallecalle, ‘Fortitudo et stultitia’: remarques sur le personnage d’Estout dans les chansons de geste, in Miscellanea mediaevalia. Mélanges offerts à Philippe Ménard, a c. di J.-C. Faucon, A. Labbé e D.