Chansons De Geste
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Avanzata araba in Europa 632: morte del profeta Maometto 634: l’Islam scatena un attacco senza precedenti che coinvolse contemporaneamente Europa ed Asia 638: cade Gerusalemme Espansione dell'Islam tra VII e VIII secolo L’Europa durante il VII secolo. nel 632 avvenne un fatto apparentemente insignificante che nessuno, sia in occidente che in oriente, avrebbe pensato così importante e denso di conseguenze: quell’anno moriva il profeta Maometto. Appena due anni dopo, ossia nel 634 l’Islam scatenava un attacco senza precedenti che coinvolse contemporaneamente Europa ed Asia. In poco tempo Bisanzio dovette cedere gran parte dei suoi possedimenti, compresa Gerusalemme che cade nel 638; così anche l’Impero persiano. Nasce e si forma così, in breve tempo, la forza antagonista all’Europa e all’occidente: il mondo islamico. Mentre i popoli germanici che invasero l’Impero romano d’occidente, chi prima chi dopo, si avvicinarono alla cultura dei vinti venendone sopraffatti gli islamici si presentano ai conquistatori con un ‘identità fortissima e con la volontà ferrea di sottomettere il vincitore alle loro leggi e, soprattutto, alla loro religione. Il fatto è che i germani, a parte le virtù guerresche, avevano poco da trasmettere: usi tribali, una religione primordiale e quasi nient’altro; l’Islam, invece, si faceva portatore di una cultura per nulla primitiva – anzi notevolmente evoluta – unita alla incrollabile convinzione della loro superiorità rispetto ai popoli sottomessi Viene così a crearsi una situazione del tutto nuova, di scontro frontale tra due civiltà inconciliabili – riscontrabile ancora adesso – e che rende il Mediterraneo, l’antico mare nostrum dei romani, una frontiera pericolosa ed instabile. Egitto, Marocco, tutta l’Africa Settentrionale, la Spagna passano nelle loro mani. Quindi danno il via alla conquista della Francia e della Sicilia, roccaforti della cristianità e dell’Occidente. Sulla loro strada trovano solo la resistenza dei re Franchi – Carlo Martello che li sconfigge a Poitiers nel 732 – Pipino il Breve e suo figlio Carlo. È chiaro allora perché la Chiesa romana, di fronte all’incombente pericolo islamico, abbia deciso di rompere gli indugi e di unirsi a filo doppio con l’unico sovrano che si era dimostrato in grado di opporre una resistenza, Carlo Magno. Carlo tentò di porsi come difensore dei cristiani spagnoli che vivevano sotto il dominio degli emiri musulmani arabi di al-Andalus: la motivazione religiosa, sicuramente presente, risulterebbe quindi secondaria rispetto a quella geopolitica, ossia la pericolosa vicinanza al territorio franco del Califfato I poemi epici e in particolare la «chanson de Roland « di questo periodo affondano le radici nella realtà storica, precisamente nella nascita dello stato francese e nel definitivo forzato arresto degli Arabi protesi verso la conquista dell’Europa. Dopo che i Saraceni erano stati sconfitti per la prima volta da “Carlo Martello” nella battaglia di Poitiers, Carlo Magno allontanò definitivamente dall’Europa il pericolo rappresentato dagli Arabi con continue spedizioni in Spagna. Di ritorno da una di queste spedizioni, la sua retroguardia fu assalita e sterminata dai baschi, alleati degli arabi, a Roncisvalle (nel 778). In questa imboscata cadde anche il più forte dei paladini, il famoso Rolando (o Orlando), nipote del Re, a cui era stato affidato il compito di proteggere il grosso dell’esercito da eventuali attacchi nemici alle spalle. Avuta notizia dell’attacco, Carlo Magno ritornò indietro e sconfisse facilmente gli avversari, ma non fece in tempo a salvare il nipote . La Breccia di Orlando è una gigantesca spaccatura naturale, larga 40 e alta 100 metri, lungo il confine tra Francia e Spagna nei Pirenei. Secondo la leggenda, la Breccia fu creata da Orlando, quando cercò di distruggere la sua spada, Durlindana, per evitare che questa cadesse nelle mani dei saraceni dopo il massacro di Roncisvalle nella «Vita Karoli «EGINARDO biografo ufficiale di Carlo Magno tratteggia perfettamente l’accaduto illustrando la feroce combattività dei montanari baschi che, grazie alla perfetta conoscenza dei luoghi e alle tecniche di guerriglia in questo determinato ambiente geografico, sfruttando l’effetto sorpresa, riuscirono nell’impresa di metter in scacco e annientare completamente la retroguardia del più grande esercito del tempo, avendo la meglio su soldati di professione meglio preparati. Le tribù basche all’epoca facevano parte del Ducato di Vasconia, realtà politica consolidata e sostanzialmente indipendente capace di resistere sia ai visigoti sia agli stessi arabi e dunque poco propensi ad accettare soprusi esterni. I baschi si erano già convertiti al cristianesimo, ma avevano con il tempo intrapreso buoni rapporti con i potentati musulmani della pianura i quali avevano rinunciato a una conquista forzata della zona, che poteva di fatto considerarsi libera e non soggetta ad altre dominazioni. I baschi non avrebbero quindi sicuramente visto di buon occhio l’eventuale creazione di un avamposto franco a sud dei Pirenei, dal momento che gli stessi franchi avrebbero poi inevitabilmente esercitato uno stretto controllo sui passi montani, unica via di collegamento con i loro domini settentrionali, cuore dell’impero. La paura di questa prospettiva che avrebbe indubbiamente limitato la secolare autonomia del popolo basco, unita a un ferreo desiderio di vendetta per le depredazioni subite, spinse probabilmente i vascones all’attacco. Mentre l’esercito sfilava in una lunga colonna, obbligato dalla natura e dalla ristrettezza dei luoghi, i Vascones, che avevano organizzato un’imboscata in cima alla montagna, si slanciano sulla colonna che scortava i bagagli e respingono i soldati che la proteggevano in una valle situata al di sopra e quindi ingaggiano il combattimento, uccidendoli fino all’ultimo uomo. Dopo di ciò, facendo man bassa dei bagagli e favoriti dal calare della notte, essi si sono dispersi con la più grande celerità. I Vasconi erano avvantaggiati in questa azione dalla leggerezza del loro armamento e dalla configurazione geografica dei luoghi. In questo combattimento Eginardo, prevosto della tavola reale, Anselmo, conte di palazzo e Orlando/Rolando (Rotland), prefetto della Marca di Bretagna, rimangono uccisi insieme a tanti altri. «VITA KAROLI» di EGINARDO biografo ufficiale di Carlo Magno Nell'imboscata caddero il conte palatino Anselmo, il siniscalco Eggihardo (o Aggiardo) e il conte palatino Rolando (Orlando), duca della Marca di Bretagna. Il fatto d'armi (ben difficilmente si può parlare di vera e propria battaglia) era iniziato nel tardo pomeriggio di sabato 15 agosto 778 per arrestarsi al calar del sole, terminando l'indomani col totale annientamento della retroguardia dell'esercito franco e la razzia dell'intero bottino che i Franchi avevano conseguito a Barcellona e a Pamplona La leggenda La vicenda di Roncisvalle inizialmente è stata resa celebre come poema epico trasmesso in forma orale, fino a quando nell’XI secolo un anonimo troviere codificò l’intera narrazione in un’opera scritta, la Chanson de Roland, inserita nel più ampio ciclo di racconti denominato carolingio, costituito per l’appunto da altre chansons. La persona che probabilmente raggruppò il testo in endecasillabi viene generalmente individuata nella figura del monaco Turoldo. Nella Chanson de Roland, ritenuta una delle più importanti opere della letteratura medievale non solo francese ma continentale, rispetto all’episodio reale i baschi vengono trasformati nei mori saraceni, i nemici della cristianità, e la disfatta dei franchi assume un ruolo centrale all’interno del quadro epico del ciclo carolingio, interamente dominato dalla contrapposizione tra il mondo civilizzato cristiano occidentale e quello barbaro e incivile dei miscredenti Come si può facilmente vedere, l’episodio non era di per sé molto rilevante. Però queste imprese, assunsero il carattere di una guerra religiosa tra cristiani e musulmani e per questo motivo, dato anche il particolare periodo, intorno ad esse fiorirono una quantità di leggende. Chiaramente gli episodi furono ingigantiti dalla fantasia popolare fino a diventare il poema che conosciamo, permeato di nobili sentimenti quale l’amore verso la patria, la fedeltà al sovrano, la purezza degli ideali e la fede in Dio. Così un episodio diventa epopea. Temi I valori che caratterizzano la Chanson de Roland sono: • la fedeltà al proprio signore in questo caso Carlo Magno, • la fede cristiana, in opposizione alla fede islamica (che tra l'altro nel testo risulta essere politeista); • l'onore, da tutelare a ogni costo e con ogni mezzo; • l'eroismo in battaglia. Alla celebrazione delle virtù militari nella dimensione del martirio cristiano – il cavaliere che muore in battaglia è equiparato al santo che rinuncia alla propria vita per la fede – corrisponde la quasi totale assenza del motivo amoroso. In quest'ottica le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini contro gli Arabi sono celebrate come delle vere e proprie guerre sante; questa opposizione ha fatto pensare a porre la datazione della Chanson ai tempi della prima crociata bandita da Urbano II. I paladini sono eroi, votati all'ideale della fede e dell'onore, coraggiosi, fedeli a Dio e al loro signore, abili con la spada, che salvaguardano i più deboli e li difendono onorevolmente. Enrich Auerbach, importante critico letterario, definì l’opera <<il monumento letterario più popolare del Medioevo francese>> L’Arazzo di Bayeux modello per la «Tapisserie de Roland» Ecco il re, la figura reale più positiva nella letteratura medievale.