"TOTO' oppure ANTONIO DE CURTIS o invece TOTO' DE CURTIS? Precisazioni ed approfondimenti di Simone Riberto su una delle più sfruttate e sottostimate personalità artistiche."

"TOTO' oppure ANTONIO DE CURTIS o invece TOTO' DE CURTIS? Precisazioni ed approfondimenti di Simone Riberto su una delle più sfruttate e sottostimate personalità artistiche." (rimaneggiamento maggio e giugno 2019 al << SI FA PRESTO A DIRE "TOTO' ": RILIEVI di Simone Riberto CIRCA UN DIMINUTIVO ASSURTO A MITO.>> del febbraio 2019).

INTRODUZIONE

Il confronto sinottico tra pubblicazioni sullo stesso argomento, avendomi la lettura insinuato non pochi dubbi da dissipare, avendo riscontrato indubbi errori perfino in Dizionari ed Enciclopedie, evidenzia talvolta svariate incongruenze; così, per soddisfare il bisogno di avvicinarmi il più possibile ai fatti avvenuti, ho sviluppato l'hobby appassionante della mia ricerca. Ho così maturato conoscenze, nell'ambito della storia dello Spettacolo (prevalentemente nazionale), lungo un percorso da autodidatta; mi sono appassionato alla consultazione di giornali teatrali e cinematografici ed alla ricerca di documentazioni su questa vasta materia. Negli anni, spulciando centinaia di numeri di periodici (diversi quotidiani compresi), accumulando appunti e fotocopie, ho analizzato articoli ed interviste (sia altrui che mie); ho organizzato un mio archivio di nomi, Società, luoghi, titoli e settori. Sono ringraziato in testi preziosi, avendo condiviso informazioni talvolta desunte e tal altra riportate pari pari dalle fonti originali, per le collaborazioni con amici pubblicati. Andrebbe al di là della tolleranza, essendo oramai parte del mio modo di essere la vocazione di correggere, il consigliato soprassedere sulle "tirate d'orecchie"; nel segnalare errori e negatività, certo posso infastidire o mettere in crisi, specialmente chi è stato pubblicato più volte e si sente apostolo della Verità. Un minimo di comprensione ed elasticità son scontate, ma se per quieto vivere e non irritare quel qualcuno, che pur dovrebbe essere abbastanza adulto da rispondere di quanto si fregia con tanto di copyright, debbo addirittura censurarmi... non ci sto! Non sono d'accordo al confondermi nel coro anonimo perché ciò significherebbe insabbiare, se non cancellare, quanto ho scoperto. Va altresì mostrata l'altra faccia: è sbagliato scambiare il mio franco accusare, senza timore, senza guardare in faccia a nessuno, per mancanza di rispetto. Anzi, presento alcune precisazioni proprio per rispetto, oltre che verso me stesso, anche per quegli Artisti, dei quali ho trovato date e dati sicuri e quindi, infine, verso tutti. Quel rispetto, del quale mi fregio come primo valore, trasfigura in totale disprezzo verso estreme malvagità (quali le mostruosità in genere a partire dalla pedofilia)... Non disprezzo ma disappunto, nutro nei riguardi di coloro che si qualificano col malcostume pressappochista; mi preme tale puntualizzazione perché, se a prima vista può parere di poco conto, perseverare nell'approssimativo e ricalcare notizie scorrette e sbagliate, rischia di ampliare a dismisura confusione e falsità. Senza contare che, alla divulgazione di ciò, si compromette la credibilità del presunto biografo o critico.

Non addentrandomi nei superflui gossip spacciati per "diritto di cronaca" e non indugiando su troppe superficialità, di passaggio, vengo ad una questione di principio: se è vero, com'è vero, che "Totò" è diminutivo confidenziale tanto di Antonio (nell'Italia meridionale, dato che altrove diventa "Tony") che di Salvatore, ne trovo di pessimo gusto l'uso inopportuno con i delinquenti... Infatti, quando odo qualche giornalista, limitandomi ad un esempio del passato recente, parlare di tale Riina nominandolo "Totò" anziché Salvatore, mi dà un'impressione negativa: chi c'ha mangiato insieme? Perché lo si propone (ai telespettatori) in maniera confidenziale? Un delinquente, e dei peggiori, se proprio lo devo nominare, lo cito come Salvatore (anche con la prima lettera in minuscolo): non merita la familiarità di un diminutivo vezzeggiativo... Il "Totò" al quale vado subito col pensiero, è tutt'altro! Solitamente, escludendo il campo calcistico con Schillaci, vi si associa l'idea all'Artista De Curtis Antonio.

E' immediato, soprappensiero, stare sulla falsariga di quanto si legge o si sente dire; si fa presto a dar retta ai luoghi comuni e bersi come oro colato ciò che è scritto nei vari volumi. Essendo di moda le rivalutazioni, così "vuolsi donde si puote" e da dove si influenza ciascuno, molti si prendono il diritto di scrivere sugli argomenti del momento e nella maniera maggiormente conveniente; essendo in auge, in questi anni, ad esempio, lodare Antonio De Curtis in arte Totò, chiunque ne scriva (opuscoli o libri, articoli o commenti, tanto su supporto cartaceo che nel web), non manca di indugiare nelle lodi più sperticate. Sappiamo bene, è fra le cose trite e ritrite, come in vita sia stato uno degli artisti visti con sufficienza da critici, non propriamente ottusi, meglio ammetterli in linea con le direttive; è cosa da rimarcare, in effetti, che le voci ufficiali, se non servili al Potere, restano quelle che la corrente dominante (del periodo) permette. Ma i "Politicanti" di ciascuna bandiera, come ovunque nel mondo, spacciandosi per gli illuminati benefattori, hanno spesso approfittato del loro ruolo per usare Potere e denaro a spese della collettività. Per fortuna che alla collettività rimane la consolazione del poter ridere; far ridere il popolo, dando respiro agli stress quotidiani e stemperando le tensioni, è un giusto compito cui assolvono i comici. Il Comico, satireggiando gli estremismi d'ogni colore (nero, bianco, rosso e qualsiasi altro si voglia aggiungere) ed ironizzando sui malvagi, sta sempre dalla parte della risata; il Comico trova sempre l'aspetto divertente e, se si ha l'umiltà di predisporsi senza farsi coinvolgere da permalosità di parte, sa ridere di tutto e tutti (ovviamente riesce a farlo con intelligenza e senza palesi offese); l'Artista di maggiori qualità, non la si valuti capacità alla portata di tutti i caratteri, sa addirittura ridere di sé stesso. M'è parso di poter scorgere tale dote, mi auguro non sia banale abbaglio da fan, nel soggetto De Curtis... I difetti umani dell'uomo Antonio, pur permaloso e talvolta duro, come si evince dall'etologia sugli aneddoti conosciuti, trovano livellamento nella pax indotta dal complesso della sua Ars Comica. Paradossalmente, che sia per la trasversalità della sua "vis comica" che ciascuna coalizione politica farebbe carte false (creando "falsi storici"), pur di poterlo etichettare "uno dei nostri" ?? Già ho letto travisamenti in tal senso... Al proposito, serve accennare ad un eclatante episodio eternamente attuale (senza riportare la Verità per non compromettere la valenza universale del discorso); riguardo l'aggressione subìta a Firenze, si era nel marzo 1945, in seguito alla battuta intenzionalmente conciliante "Compagni o Camerati è la stessa cosa", sono state scritte due versioni politicamente opposte dei fatti... Il colore politico è diritto della persona (in varie fonti sono menzionate le opinioni espresse dal "principe" Antonio De Curtis, anche se va ricordato che nessuno ha mai potuto sbirciare nel segreto dell'urna), ma generalmente l'Artista (nel quale la persona si esprime) è e dev'essere apolitico, mentre fa eccezione ogni popolana Maschera Comica (da sempre, si pensi a Pulcinella, ma pure a "il Totò" - cfr capitolo 3- , ecc. ), per ciascuna delle quali è tradizione, deridendoli, la contestazione dei Partiti politici rappresentati dal Governo in carica di volta in volta; per concludere il discorso, pur avendo le proprie opinioni (religiose, politiche, filosofiche, ...), conviene che l'artista "capocomico", pubblicamente, paia apolitico od agnostico, ed in questo sono d'accordo con Antonio De Curtis (é pubblicata e tele-filmata la dichiarazione), che per coerenza con sentire la sua missione universale ha rifiutato la proposta di un partito politico al candidarlo, in quanto il benessere etico che ha distribuito (e che ancora oggi se ne ricava) è per tutti. Sarà per questo che sembra quasi che tutti ambiscano ad aver pubblicato il loro pensiero su "Totò"?

Va riconosciuto che tutti coloro che si sono dedicati al tema, direttamente o con collegamenti al personaggio "Totò", hanno espresso le soggettive preferenze: chi parteggiante per il genere comico e chi per le pose drammatiche, qualcuno alfiere dell'umano poeta e qualche altro tifoso della risata; c'è chi si è impegnato in analisi maggiormente complesse e "ad ampio spettro" e chi, la massima parte, invece, ha limitato il proprio "riepilogo" ad un aspetto. Difficilmente è stato separato l'interprete dall'Autore, distinto il genere (principalmente Comico e Drammatico), sottolineata la sottile differenza fra Totò ed Antonio. Il dato di fatto del far coincidere il Totò Maschera con il Totò diminutivo di Antonio (qui certo, contrariamente al fatto generale, non di ogni Antonio...), scontato e comunemente così accettato, è puro e diffuso pressappochismo. Dunque è facile dire "Totò"! Abbiamo davvero le idee chiare su chi sia stato tale "Totò"? Ed Antonio De Curtis? In decine di libri, sezionandolo per ogni argomento e materia, non lo hanno analizzato più che abbastanza?

Per non deprezzare o fraintendere occorre sottolineare quei particolari che rischiano di restare, tanto per citare, "sottosemaforo"; ci sono scrittori, leggendo i quali, pare confondano, indistintamente, "Totò" con Antonio De Curtis. Antonio uomo e "Totò", due facce della medesima medaglia, se vogliamo possono essere considerate una contrastante dicotomia in equilibrio; Antonio-Totò, come diffusamente menzionato sparsamente, permane una doppia visione che può vantare un ventaglio di letture. Ecco il perché di codesta mia esposizione; venendo, finalmente, al dunque: la distribuzione dei nove capitoli a seguire. Dopo il primo di critica di base, succede l'articolato capitolo sulle dicotomie; poi, prima dell'epilogante 9°, tre parti di "sintesi analitica": la prima consta di tre capitoli sull'interprete ( il personaggio Totò e l'attore completo Antonio De Curtis, Totò nel Muto e Totò nel Sonoro...), quindi il sesto capitolo di considerazioni riguardo a dichiarazioni felliniane, infine, due di riepilogo sull'Autore (Comico e Drammatico- sentimentale). Seguendo l'esposizione ragionata (seppur densa di spirito polemico auspico stimolante ed originale), anticipando le scuse per inevitabili ripetizioni nello svolgimento, ciascun lettore maturerà le proprie risposte.

Simone Riberto

Sommario:

Capitolo 1- ESEMPI EDITI NEL BENE E NEL MALE

Capitolo 2 - L'EQUILIBRIO NELLE DICOTOMIE (10)

Capitolo 3- IL TOTO' DEL MUTO

Capitolo 4- IL TOTO' DEL SONORO

Capitolo 5 - "IL TOTO' " e L'ATTORE COMPLETO

Capitolo 6- DALL'ATTORE ALL'AUTORE: LA CERNIERA DI FELLINI

Capitolo 7- LA FILOSOFIA DELL'AUTOR COMICO...

Capitolo 8 - ...LA POETICA DELL'AUTORE DRAMMATICO...

Capitolo 9 - ... IL MITO PASSATO ALLA STORIA

Capitolo 1 ESEMPI EDITI NEL BENE E NEL MALE

Ogni Autore, che ha espresso un'opinione (personale o condivisa), intenzionalmente o stando ad eventuale trascuratezza editoriale, ricopiandone la cronologia della carriera, mostra aver snobbato la verifica dei dati dati alle stampe; in effetti, purtroppo, da parecchi anni, si nota un andazzo in linea con l'abitudine sommaria, sempre più diffusa e senza esclusioni, perfino per l'editoria più seria: s'è persa la buona abitudine all'errata corrige. Un tempo le Case Editrici, abbinato ai libri in distribuzione, allegavano un cartoncino dattiloscritto con gli errori sfuggiti al (penultimo) controllo. Educazione Civica? Rispetto del lettore? Elemento di professionalità? Finezza "surplus"? Forse un po' ognuna delle quattro componenti. Ora, ahinoi, registro che gli stessi dati sbagliati come le inesattezze restano uguali persino nelle riedizioni a distanza di decenni. Che tristezza...

In ben oltre cento volumi è stata analizzata la poliedricità della persona Totò (inteso diminutivo di Antonio) vissuta fusa (e confusa) con il "totò" personaggio: se tutto codesto fluire, a prima vista e in prima battuta, può gratificare l'animo, quando ci fermiamo a meditarci sopra, lo si ridimensiona. Quanto attendibile è ogni singolo ripetere quanto conviene ripetere? Se è vero che ciascuno ha orientato il discorso da un proprio punto di vista, a conti fatti, le analisi risultano una sintesi abbastanza simile. Alcuni degli scrittori, che si sono "dedicati" al tema in oggetto, hanno ridotto la propria originalità a qualche osservazione, frutto del proprio sacco o scopiazzata non saprei, né m'interessa; ma in diverse date, dati e notizie, si evince l'omissione dello studio analitico delle fonti utilizzate: hanno infatti ricalcato gli stessi errori di testi precedenti, come ho appuntato nelle mie specifiche critiche a singoli volumi.

V'è addirittura, per colmare le proprie lacune più che per "esibizionismo creativo", non gli nego sicuro la dimostrata capacità di originale romanziere, chi ha avuto il coraggio di inventare fatti di sana pianta (dando un senso al copyright): il dottor Governi, per esempio, ha descritto di un volontario sganciarsi mascella e mandibola per "completare" il personaggio ( da parte del giovane Antonio-Totò); codesta falsità, per quanto ridicola, può essere creduta da qualcuno. Sorvolo quasi del tutto su libracci sgrammaticati e confusi, che pure hanno trovato editori e tipografie, nei quali il contenuto è piuttosto offensivo tanto per la memoria del soggetto trattato (Totò De Curtis), che per chi legge; non posso tacere, comunque, nel dovere di chiarezza, perlomeno il clamoroso "Totò: la maschera di un principe" di tal Infusino.

Ne ho selezionato spropositi e facilonerie, tralasciando i probabili errori di stampa e le approssimazioni copiate da libri precedenti, nei quali gli va riconosciuto lo spiccare: A) Confondere "pochade" e Café-Concerto; B) (pag 38) non fu certo Totò a presentarsi a Maresca per "fare il salto di qualità in Rivista", ma Maresca lo volle, su segnalazione di Macario (come ben documentato e dettagliatamente); C) con Diana "primo matrimonio"? Fu l'unico, dato che, come ben spiegò la medesima Franca Faldini, il matrimonio in Svizzera del '54 fu invenzione alla quale convennero per mettere a tacere i maligni impiccioni di quell'Italia bacchettona. D) Totò ricchissimo col teatro? (pag 48) ma per favore! E) Diana lasciò il tetto coniugale nel '51 e non nel '40; F) ( pag 59) è palese disinformazione il panorama raso sul primo cinema italiano; G) l'immagine a pagina 62 non è tratta da "Fermo con le mani" bensì da "Animali pazzi"; H) Antonio De Curtis, per il Totò delle stagioni teatrali in Compagnie di Rivista, ha ricevuto ben più di una sola Maschera d'Argento; I) con la Pampanini non risulta ci siano stati effettivi flirts. L) A pag 85 sono mischiate, senza pudore, alcune delle tappe di "A prescindere"; M) ( pag 94) "Poco sappiamo del Totò teatrale"? Beh, basta prendersi la briga di andar a cercare e consultare centinaia di giornali d'epoca! N) A pag 105 il film ANNI RUGGENTI non realizzato? O) A pag 110 leggo di 3 premi per LA MANDRAGOLA: no, essi erano per UCCELLACCI E UCCELLINI; P) per LA MANDRAGOLA, tanto per puntualizzare, dai quotidiani del 1966, risulta esser stato nella rosa dei candidati, come non protagonista, al Nastro d'ARGENTO (poi conferito al collega Ugo Tognazzi per ruolo in altra pellicola); Q) Il film di Nanni Loy CAPRICCIO ALL'ITALIANA? Stendiamo un velo pietoso! R) Delle 2 ospitate a Studio Uno, a pag 113, elenca solo la seconda, come fosse stata l'unica: in realtà nella prima, febbraio '65, presenzia in qualità di Antonio De Curtis e Mina canta la sua canzone "Baciami", in quella di oltre un anno dopo, si vede il personaggio "Totò" scatenarsi dapprima in duetto con Mina e poi nello sketch "Pasquale" assieme al fido Castellani; S) la serie TUTTOTOTO' non fu in seguito all'ospitata a Studio Uno del giugno '66, semmai il contrario; T) ( ancora correggendo pag 113) Gli spot per la Star erano in realtà Caroselli, e completata la prima durante l'anno solare '66, nel '67 aveva iniziato a girare la seconda delle 3 serie previste (come da documenti giunti a noi); U) Dei dieci TUTTOTOTO' girati mi risulta rimasti 9 e non solo 7; V) Della sommarietà generale della filmografia, tacendo le omissioni, fra gli errori, elenca due ruoli in TOTO' E PEPPINO DIVISI A BERLINO e riduce ad uno invece i due ruoli in ben 4 film; dei tre ruoli in L'ALLEGRO FANTASMA e TOTO' TERZO UOMO ne elenca 2 (probabilmente non li ha visti); W) il Vincenzo "il fenomeno" di OPERAZIONE SAN GENNARO di professione scassinatore? Z) In TOTO' CONTRO MACISTE oltre a Totokamen e suo padre Sabakis interpreterebbe pure il nonno? Nella versione della pellicola da 90' che ho visto e rivisto non lo trovo neppure menzionato! Mah! Insomma, spacciarlo per ennesimo omaggio, con qual pretesto, non è dato capirlo.

A onor del vero non posso però ridurre il tutto a valutazioni negative, ci mancherebbe! C'è anche chi si è distinto, allargando i propri orizzonti, che si è preso il tempo per studiare diverse fonti dell'epoca, esplorando parte di quanto progettato e recensito nell'arco del secolo XX° ( soprattutto scritti riguardanti direttamente Totò): penso in primis ad Alberto Anile. Per codesto suo merito, sapendone la buona fede, si è portati all'indulgere con i pur non pochi errori stampati nel suo "TOTALMENTE TOTO' " ( che ho provveduto a segnalare, via mail, tanto a lui che alla Editrice). Ma se solo ci fermiamo a meditare su semplici comodità come associare un nome ad un comportamento, oppure a tener congiunte componenti che hanno funzioni differenti, è cosa così ovvia e corretta? "Totalmente Totò", ad esempio, è riferito al personaggio Totò? O alla persona che anima Totò? O all'attore Totò De Curtis che sa calarsi nel Totò propriamente detto ed, al caso, in differenti altri ruoli? O, semplicisticamente, in unica volta, include tutti e tre codesti lati del poliedro?

Vi è un dualismo, similmente rimarchevole, fra Persona tendente alla distinzione sociale e tipo interpretato al quale quella tale Persona vien associata; e l'associarla inequivocabilmente al tipo/Maschera/diminutivo ("Totò") è dipeso dalla fama/popolarità acquisita nel tempo da Antonio De Curtis in arte Totò. A corollario, limitandomi a quanto qui ci interessi, cito testualmente parte di un pezzo d'epoca: leggibile a pagina 59 (N° 7 dell'annata 39a) del settimanale "Eva Express" edito in data 15 febbraio 1972 (il giorno in cui avrebbe compiuto 74 anni !), trattasi di una risposta indicativa (non ci giurerei fosse proprio il 1950...ma conta l'aneddoto), fra le affermazioni di Antonio Tozzi (capo vigilanza a Cinecittà) raccolte da A. Pacifici e costituenti la prima puntata dell'articolo "Sono il Maigret di Cinecittà": " Con il popolarissimo attore mi accadde un piccolo infortunio. Ricordo che Totò una mattina si presentò in anticipo allo stabilimento. Io, che al solito stavo sorvegliando che ogni cosa fosse al suo posto, andai ad accoglierlo sul cancello e, distrattamente, dimenticandomi il suo titolo nobiliare, lo salutai dicendo: "Buongiorno, ben arrivato, Totò". L'attore mi guardò un attimo, poi mi disse, serio: "perché Totò? Mi chiami principe, lo fanno tutti. " Fu una gaffe, perché l'avevo sempre chiamato principe. Mi salvò la prontezza di spirito. Risposi: "Chiedo scusa. Ma di principi ve ne sono tanti. Di Totò, al contrario, ve n'è uno solo. " Il comico sorrise e volle che andassi a "prendere un caffè", porgendomi la fantastica somma (eravamo nel '50) di cinquemila lire. Somma che io non accettai perché sapevo che Totò quel denaro l'aveva già destinato in beneficenza, come era solito fare ogni giorno."

Capitolo 2° L'EQUILIBRIO NELLE DICOTOMIE

Difficile superare preconcetti e pregiudizi e scrollarsi da facili etichette. D'altronde, e ciò parrebbe non solo condivisibile opinione personale, la nostra Società continua a deambulare poggiando le mani sulle facili espressioni codificate. Proseguendo e considerando, come per Maschera e volto, Antonio e Totò, e via così, in una serie dicotomie, non per forza di termini tra loro contrari, intendo prospettare il duplice aspetto entro il quale riconosciamo rimandi al soggetto protagonista; un soggetto fenomenale ed unico, come tutti siamo unici, al quale i due termini d'ogni dicotomia determinano complementarità fra potenziali opposti. E' altresì stupefacente rilevare che i termini contrastanti (apparenti o reali), in realtà formino una bilanciata armonia; l'armonia è, di fatto, quindi, non esclusiva musicale ma estesa ad ogni sinfonico contrasto, a partir da stili volgari ed aulici versi.

A) ) PROSAICO e POETA

Della sua prosa si conoscono specialmente la premessa ( circa 1950 - '52) al "Siamo uomini o caporali?" edizione Capriotti ed alcuni articoli pubblicati, soprattutto il polemico "Non faccio l'uomo di paglia per Sanremo" (in "Oggi", XV°, N° 52 x 24/12/'59) e lo spunto "Ho il complesso dei fratelli siamesi" (in "La Settimana Incom Illustrata" Anno 13°, N° 38 x 22/09/'60); ma ne firmò od autorizzò altri...

Le poesie, note almeno dal periodo di separazione fisica dall'ex moglie (che burocraticamente era già ex da oltre un decennio), risulterebbero perlomeno un centinaio; non è escluso possa averne scritte anche nella prima gioventù, ma in tal caso, sarebbero perdute o forse in lettere (distrutte?) od occultate in qualche "macchietta". Non poche poesie, grazie alla collaborazione di maestri compositori, sono diventati brani musicali. Una sua canzone, "Malafemmena", incisa da Artisti e cantanti d'ogni dove, molto più del suo Autore e fors'anche di Totò (inteso sia come personaggio-tipo, che maggiormente come l'attore Totò De Curtis) è di fama internazionale... ed oltre ai due lungometraggi ad essa ispirati (dei quali la commedia comico-musicale ha per brillanti coprotagonisti Totò e Peppino), prestando attenzione, se ne contano diversi altri dov'è in qualche modo menzionata ("Totò a colori" del 1952, "Totò lascia o raddoppia?"-1956), ma pure pellicole dove non vi è diretta partecipazione del soggetto...

Semplice e descrittivo, tanto l'aneddotica che la critica razionale quanto il sentimento, l'idealista Antonio si fa gradire in entrambe le forme; ma qual è il suo criterio per l'uso della scrittura in prosa oppure in versi? Come sempre, la prosa è un giusto mezzo per dire certe cose razionali, mentre per i toni del cuore calza a pennello la forma in versi. Come i sentimenti possono volgere al negativo od al positivo, così gli aspetti recitativi.

B) TRAGICO e COMICO

Come genere espressivo, essendo da sempre due facce della stessa medaglia, come opposti che s'attraggono, il comico ed il drammatico/tragico restano due lati in qualche modo collegati! Come tutti gli Artisti completi, anche Antonio De Curtis in arte Totò, sia come Attore che come Autore, e la concezione del termine Comico nei secoli della Commedia dell'Arte includeva in questa parola entrambe le componenti, ha saputo esprimersi (certo a suo modo, ma mi pare apprezzabile in entrambi), tanto nell'uno che nel suo apparente contrario. Anche se personalmente ho fin da bambino una mia debolezza per il lato divertente, non va nascosto che il contraltare, così è la vita, ha pure l'altro aspetto. E si controbilanciano, alternandosi, per darsi equilibrio.

Storicamente s'è eccessivamente esaltata l'arte drammatica del tragico Attore (con la "a" maiuscola appunto) e sminuita quella comica, soprattutto nei generi considerati "inferiori" alla prosa; se inizialmente gli "spiriti liberi" superano tali costrizioni critiche, a furia di sopportarne le male recensioni e giudizi negativi, probabilmente digerendoli ed assimilandoli, nel passare degli anni, tendono a sposarne la linea, proporzionalmente al quanto profondi e "critici". Ma il critico più estremo, con esasperati aspetti sarcastici lievitatigli nel tempo, perlomeno nella favella, Antonio lo trovò in sé medesimo.

C) PATERNO ed IPERCRITICO

Per lato oscuro covato nel tempo o per digerite critiche sfavorevoli, s'è rivelato, in un'età di bilanci, ipercritico verso sé stesso; nota la sua massima del falegname che crea opere che restano, mentre l'attore scriverebbe sulla sabbia. Carattere inclemente e rigido da un lato, parimenti sia con l'unica moglie (Diana) che con l'adorata figlia (Liliana che vezzeggiava il papà col termine "Pulotto"), il contrappeso del lato opposto era rivelato, con esagerata e controproducente iper-protezione, da regali ed infinite dolcezze: l'amore paterno, sangue meridionale, s'esprimeva nella complessa completezza. Non unico caso nella storia dell'umanità e dello star-system, il connubio ludico dell'innata gelosia dell'uomo con le montature del mondo dello Show (flirt creati ad arte con le partner di turno per favorire gli incassi), fatta leva su sbotti nervosi da ambo i lati, e sugli anni di distacco, si sa, portarono a logorarsi l'amore di coppia tra Antonio e colei che da "Mizuzzina" trasfigurò in "Malafemmena". Quindi, riassumendo il pater familias in due facce, oserei definirlo paterno e tenero (perfino iper-protettivo) e per contro eccessivamente duro, pure con sé stesso, nella razionalità; trovava certo liberazione nel piacevole sfogo del lavoro, nelle frecciate e nelle atroci ironie del suo maggior personaggio, quello dove realizzava per lo più il suo spirito d'artista...

D) UOMO e ARTISTA alias ANTONIO e TOTO'

Anche la separazione tra l'uomo con la propria vita privata e famiglia (e debolezze) e "l'Artista per tutti" è stata descritta. Dell'Artista, lato che emergeva di prepotenza ad ogni pubblica uscita (perlomeno dalla fama in poi), molto è stato detto e scritto e parte traspare nei films.

La prima, e con il rispetto dovuto, a raccontare il lato umano del Comico di levatura mondiale, nel suo Diario in 15 parti "Quindici anni con Antonio De Curtis", edito dapprima nel 1977 nel volume "Totò l'uomo e la maschera"(titolo giustamente centrato sulla duplice prospettiva) e quindi nelle successive riedizioni a partire dal "Totò" della editrice napoletana Pironti, resta Franca Faldini in Borghese (Roma febbraio 1931- venerdì 22 luglio 2016, ottima caratterista nonché dotata e fine scrittrice). Uomo con le proprie passioni personali di nascita ed eredità, di figlio con amore verso i genitori e verso i figli (Liliana che gli è sopravvissuta e Massenzio al quale sopravvisse lui). Della vita privata conosciamo diversi particolari, tanto eternati in libri che in video-interviste, soprattutto grazie ai ricordi delle donne che maggiormente ne condivisero gli affetti domestici: "le mani bucate" e l'umiltà, la gelosia e la ritrosia, la semplicità e l'aborrire la vita mondana, l'intuito poliziesco da spettatore curioso e l'incorreggibile attrazione per la femminilità, ma sopra di tutto la coltivata passione araldica.

E) ALTISSIMO PATRIZIO e PLEBEO DEI BASSI (SIGNORI SI NASCE)

Che l'uomo assecondasse l'inclinazione verso il mondo del patriziato, cercando lontani parenti nei cimiteri e desiderando esplorare alberi genealogici, è cosa risaputa; risaputo lo slancio col quale, forse per rivalsa sull'infanzia povera nel vicolo, si è dedicato all'hobby per le ricerche araldiche. Dopo alcuni tentativi per ottenere una legale adozione, si tramanda di un ramo nobile tra i Caracciolo e successivamente di un Gagliardi Griffo Focas, è noto averne conquistata una; è conosciuto per i titoli legalmente riconosciuti che, dopo l'avvento della Repubblica democratica, sono ridotti a predicati od attributi. Si sono stilati capitoli sul tema delle battaglie in difesa dai rivali nella pretesa di legittima discendenza da dinastie imperiali: evito qui di riportare nomi e ripetere per l'ennesima volta i diversi casi; si sa bene che su questo tema, con tanto di pubblicità e scalpore, pari ad un fiero condottiero dei bei tempi andati, risultò sempre vincitore.

Meno diffuse sono le notizie sul marchese Gaspare De Curtis, spacciato nei volumi "ufficiali" per primo cugino, mentre risulta un omonimo nobile, il quale, prima di morire suicida, è stato un suo segretario amministratore; sono di pubblico dominio foto e dipinti di antenati di quel Gaspare, rinvenuti nel Castello di Somma Vesuviana, che il nobile scialacquatore avrebbe venduto al presunto lontano parente. Ho riflettuto su come l'ironia della sorte, talvolta sembrando prenderci in giro, ci faccia prima o poi disilludere o pianifichi per far vacillare quelle che crediamo salde certezze; così sarebbe davvero tragi-comico morire convinti di qualche cosa che, al contrario, imponendo la riscrittura di decenni affidati agli "Annales", non ha fondamento indiscutibile. L'ultimo araldista, del quale Antonio De Curtis Gagliardi Griffo Focas (Comneno di Bisanzio eccetera), che ho fatto a tempo a conoscere di persona, era il conte Luciano Pelliccioni di Poli; pure ho conosciuto il marchese Camillo De Curtis, figlio di Gaspare ed autore di un testo scrupoloso di genealogia, del quale conservo una delle mille copie non venali. Posseggo copie dell'animato epistolario che i due rispettabili nobili, di opposta fazione non solamente araldica ma pure politica, si scambiarono negli ultimi periodi delle loro vite terrene.... (li menziono fra le fonti).

Non vorrei apparire fuori-tema, esulando un momento dal soggetto protagonista, ma come in svariati differenti casi, normalmente, serve precisare dei distinguo: c'è il plebeo grezzo ed "ordinario" e quello che mostra di volersi elevare, e c'è l'aristocratico degno di esserlo e quello "caporale"; ribadisco che, come recita uno dei molti detti popolari, Nobiltà e ricchezza non implicano affatto diretta proporzionalità (penso a quegli aristocratici decaduti ed indebitati, disconosciuti e marchiati come "pecore nere" della famiglia); in effetti, la realtà contraddice i luoghi comuni semplicisticamente "dicotomizzati" (vedi il caso) in "il principe e il povero" e "miseria e nobiltà", giacchè non sempre un principe (e più genericamente un nobile) è necessariamente ricco... né un povero è per forza sciocco oppure non può vantare distinzione e levatura morale. Per avanzare nel discorso, trovando una morale conclusiva, è palese sia riconosciuta più onorevole la nobiltà d'animo che quella del blasone. Tornando a focalizzare, e mi pare adatto citarle a proposito, mi piace riportare la sintesi di due testimonianze da me raccolte (qualche anno fa). Avvicinata al termine del suo impegno di tappa, ne ero stato entusiasta spettatore teatrale, chiesi a Rita Pavone un suo ricordo di Totò: "Guardi, posso dirle questo: non so se fosse davvero Principe, ma di certo era un signore, dimostrava una nobiltà d'animo incredibile...." Maggiormente eclatante la testimonianza del dottor Franchi Fernando, trascritta dalla sua viva voce a Roma il 19 settembre 2.000, giorno del nostro incontro; egli nel 1964 era Direttore di Produzione per la pellicola ad episodi che menziona: "No, non vidi Totò a teatro, non sono mai stato suo spettatore. LE BELLE FAMIGLIE fu il mio primo incontro...col Principe Totò. Venivo da una Cultura marxista e mi andavo ripetendo "Ma chi si crede di essere 'sto 'st..... per pretendere di essere chiamato "Principe"? Non chiamerò mai una persona Principe!" Ebbene, accadde un fatto che tutt'ora classifico inspiegabile: dopo poche ore, dal momento nel quale iniziai ad averci a che fare, mutai, infatti, radicalmente, a livello sentimentale: sentivo che DOVEVO chiamarlo Principe! Anche se poi mi disse: "Chiamami pure Totò".

Plebeo fra plebei, nato senza riconoscimento paterno ed in un clima domestico di povertà, fin dall'inizio è stato un povero ma con propria dignità; ha avuto periodi di lauti guadagni, specie col cinema, ma, quando se ne accorsero, indifferenti al suo vivere prodigo (proverbiali le sue mance esagerate), è stato impietosamente tartassato dal fisco (legge Vanoni). Ha giuocato tutta la vita, quasi sublimando la farsa di Scarpetta (e poi di Eduardo De Filippo) e che poi seppe rendere sua, "MISERIA E NOBILTA' ", toccandosi gli estremi, nell'alternarsi nobile intoccabile (mantenendo giuste distanze dai "caporali") e semplice "Maschera" portavoce della gente dei bassi (quasi un nuovo tipo di Pulcinella). Fatto sta che, figlio di n.n. per qualche anno od omonimo a prosapia illustre, diede sbocco alle tensioni trasfigurando la propria genialità nella più esilarante follìa, non certo quella del criminale assassino, ma al contrario, nella sana e salubre pazzìa del giullare...

F) GENIO e FOLLIA

A pagina 147 della prima edizione (Gremese 2.000) del VITA di TOTO' di Ennio Bispuri (siamo precisamente nella prima parte sottotitolata "La perdita dell'occhio sinistro" che sta all'inizio del capitolo VII° "SPETTACOLI SOTTO LE BOMBE (1940-1945)"), si può leggere: "In questa circostanza lo sdoppiamento della personalità di Totò deve aver toccato davvero il suo culmine," eccetera eccetera. Vero che ogni frase e ciascuna definizione vanno sempre contestualizzate, ma leggere dichiarazioni di dubbio gusto o comunque poco chiare, e da parte di chi si asserisce fan o stimatore, è indisponente. D'ogni modo, accantonando critiche e potenziali liti, cerchiamo di glissare frasi riprovevoli: prendiamo "sdoppiamento della personalità", pur se riferito al comportamento da insano geloso, intendendolo come dote d'attore. E' pur vero che una minima dose di sana follìa sta spesso alla base del giullare o spirito allegro; è risaputo, poi, che la follia sconfina nel genio ed il genio invade il terreno della pazzìa, come il benessere che sanno scatenare il clown augusto ed il giullare dando vita alla pirandelliana corda pazza. E, adoperare saggiamente, anticonformismo ricusante, in ludo pacifico ma non innocuo, non è geniale? Un recente volume, non a caso, è stato intitolato "TOTO' GENIO" (ne so il titolo ma ancora non ho avuto modo di leggerlo): so che celebra l'estro dell'Artista nella complessità delle sue espressioni. Follìa e genio, niente affatto per dar ragione ai proverbi, trovano un loro equilibrio in una periodica "osmosi". L'idea folle ed al contempo geniale di terminare la tele-intervista di Lello Bersani per quella prima edizione della rubrica settimanale "TV7", nell'ottobre 1963, con l'interpretazione dei 2 ruoli del "Principe sfruttatore" ed "il Totò" lavoratore anziano vessato, dimostrando di saper giocare perfino con sé stesso, viene attribuita al medesimo Totò De Curtis: i due sembrano quasi, da parte del medesimo attore, un voler dar corpo alla nota filosofia "decurtisiana" di un caporale ed un uomo.

G) FILOSOFO ed AGNOSTICO (CAPORALI e UOMINI )

Come filosofo, Antonio De Curtis, è ricordato per una dicotomia, da alcuni definita "spicciola"; non è semplicistico al contempo affermare che fosse agnostico, nel bonario senso, tipico del napoletano (famoso il saggio consiglio di "Bud Spencer": "futtatenne"), del disinteressarsi dei temi impegnativi...o perlomeno, ogni tanto, del salutare staccar la spina dagli impegni. Lo abbiamo definito Comico nel senso etimologico del solo teatro come Spettacolo ( cosa che è stata per secoli) ; orbene, ogni Comico con la C maiuscola, d'ogni secolo e Patria, ha riunito nella medesima entità la componente dell'esibizione a quella creativa. Ogni Comico è riconosciuto originale in entrambi gli aspetti appena menzionati e lo esplica in un insieme di intercalari, accenti, battute ricorrenti o neologismi coniati od ufficializzati dal suo esprimerli. In qualche caso, inoltre, qualche Comico ha usato frasi o paragoni dandovi un nuovo senso: tutto ciò è unicità! Una delle Unicità distintive del Comico Antonio De Curtis in arte Totò, intendendo in Antonio l'Autore Comico ed in Totò la sua maggiore interpretazione comica, sta nella sintesi filosofica della seguente dicotomia, sia essa quesito retorico: "Siamo uomini o caporali?", e , come lascia intendere il titolo di un suo famoso lungometraggio del 1955, sia etichettante imperativo: "Noi siamo o Uomini oppure Caporali"; genealogia e definizione della sua teoria o conclusione filosofica, espresse nella (più o meno) autobiografia ( edita egli vivente nel '52 e nella riedizione rielaborata uscita, post mortem, nel '93 e quindi nelle ristampe) e nella pellicola del '55 ("Siamo uomini o caporali"), sono state ripetute a iosa nelle decine e decine di libri sull'argomento.

L'Autore ed interprete ha dato nuovo significato al termine "caporale", imprimendogli valenza negativa e meschina, laddove prima indicava semplicemente il neutro primo gradino dei sottufficiali dell'esercito. D'altronde, da quando se ne tramanda memoria, si sa bene come il microcosmo militare riflette in modo concentrato la cosiddetta "Vita borghese"; possiamo ben riepilogare che il periodo vissuto dall'Antonio della "naja", ravvisabile in humor oramai di portata planetaria, si fa interpretare nel tipico sarcasmo dell'Autore. Mi sembra importante fermarmi sul seguente distinguo perché propendo per considerarla "comodità" a mera confusione. Leggo che molti Autori di libri mischiano l'Autore sentimentale a quello comico-umoristico e per questo, invece, io li ho separati (vedasi ai Capitoli 7 ed 8); nei titoli (di testa o coda) di diverse pellicole, scrivendo dell'Autore di un brano, spesso vedo scritto "Totò" dove mi aspetterei di leggere Antonio De Curtis: lo dovrei intendere come sintesi di "Antonio De Curtis in arte Totò" ? Da ultimo, il "LUX FILM" intitolato "SIAMO UOMINI O CAPORALI"(già menzionato) riporta "da un Soggetto di Antonio De Curtis" e poi, fra gli sceneggiatori "e Totò": voglio leggerla ennesima conferma dell'Autore supportato e valorizzato dal sé stesso Attore.

H) AUTORE e ATTORE

Non ogni Attore è stato pure Autore, né ciascun Autore (che ha scritto e scrive per altri) è stato pure interprete! Pare logico, ma meglio dichiararlo ufficialmente. Essendo in lui, come in altri, abbinate le due componenti d'estro creativo e capacità interpretativa (come già ribadito più volte), è stato riconosciuto fra i Comici con la C maiuscola; un poco come chi, nel settore della "musica leggera", e ciascuno originale nella propria poetica, è stato definito Cantautore per distinguerlo dai soli autori e dal "semplice" cantante. Se Antonio De Curtis non è stato cantautore in senso stretto, né tantomeno cantante di professione, nel suo alter ego recitante ha dato corpo e voce a macchiette (comiche in rima) e canzoncine comiche (da quelle in Varietà e periodiche fino all'energica performance targata 1965 col brano ye ye "Malvagità", cfr in "RITA, LA FIGLIA AMERICANA") delle quali è stato pure creatore, dando compimento all'averlo catalogato tra i Comici di entrambe le espressioni (appunto, si scusi la ri- ripetizione, ancora una volta l'Autore+l'attore). E serve una breve distinzione tra il tipo nel quale più spesso si calava e la varia di potenzialità...

I ) LIMITATO/UNICO TIPO e DUTTILE PROFESSIONISTA (CLOWN AUGUSTO ma all'uopo pur BIANCO)

Se è vero che spesso viene ricordato nella "divisa" da Totò (dal giovane magrissimo e con un visibile difetto alla dentatura inferiore in "Fermo con le mani" al medesimo personaggio, vistosamente ingrassato ed un poco invecchiato, in nomi e contesti diversi, del ciclo Rai-tv "TuttoTotò"), è stato detto in varie occasioni che non si è limitato a ciò; molti progetti irrealizzati e il pensare a un "Totò su Marte", "Totò qua o là" o figurandocelo in credibili ruoli di sapore drammatico, ne indiziano le capacità pur inespresse; tornerò sul tema, appunto, si scusi la ripetizione ma talvolta "iuva"(per dirla in latino), col cap. 5. E' stato quasi sempre protagonista, nel centinaio tra corti e lungometraggi cine e mediometraggi tv girati, nell'arco di un trentennio; talvolta ha preso parte a lavori corali con molteplici Star. Ma pure nelle pellicole dove era coprotagonista ("maggioritario" o "principe" per usare due doppi sensi ironici), dando tregua alla sopraffazione del Comico sopra tutti, ha mostrato sequenze e sketches di possibile auto-limitazione e caratterizzazione da "non protagonista": quindi non sempre e comunque Clown Augusto o assoluto, ma potenziale interprete del "secondario" Bianco (a prescindere dagli anni giovanili della gavetta).

ed L) PROTAGONISTA e RUOLO SECONDARIO ma anche MUTO e SONORO

"Augusto" o "Bianco", capocomico protagonista oppur mametto, carattere definito o factotum in bilico tra generico e comparsa, l'attore (non solo teatrale), da sempre, s'esprime, è noto, con diversi livelli linguistici; l'arte di un artista, come nell'umanità in genere, si esprime sia nel verbale, che ben prima e maggiormente, che nel mimico-fisico; e questi, a volerli scandagliare, sono due mondi da poter esplorare... Esulando, qui, da mio compito ed avendo già toccato i punti che mi premevano, evito ulteriori inopportune divagazioni. Ha espresso proprie potenzialità, non esclusivamente nei bla bla bla dell'ultimo decennio cinetelevisivo, ma prima di tutto nelle parti mimiche diffuse lungo tutta la sua filmografia e certamente nelle interessantissime poche scenette mute.

Capitolo 3° IL TOTO' DEL MUTO

Vi è stretta relazione tra TOTO' inteso come l'attore che interpreta e TOTO' qual nomignolo soggetto di titoli dal richiamo commerciale. Ovvietà che non è superfluo ripetere. "Totò", ben prima di "Mister Bean" e "Benny Hill", è apprezzabile in sketches "silent style" non unicamente negli anni Cinquanta ("Totò e le donne", "Totò all'inferno", ...), ma già nella sequenza iniziale di "FERMO CON LE MANI" (girato nell'estate 1936); e se i produttori hanno realizzato non oltre pochi minuti senza sonoro, per caso fortuito o minima concessione, non accollandosi rischi maggiori, ci dobbiamo accontentare. Rifiutata la proposta rilanciata a più riprese, come dagli aneddoti pubblicati, comunque resta bello immaginare come sarebbe stato "Totò" in perlomeno un intero lungometraggio del tanto agognato Muto.

E' noto che il Cinema iniziò Muto, e, in Italia tale restò fino ai primi mesi del 1930. Era ancora lontana, anche se già considerata e nello sperimentale, l'era del televisore che, oltre a tanta indifferenziata spazzatura, porta nelle singole case qualche raro Spettacolo ed informazione scientifica. Nell'epoca del Muto i divertimenti erano nelle sale teatrali ed in quei teatri che contemplavano pure le proiezioni cinematografiche o nei locali sorti apposta ed appunto denominati Sale cinematografiche; tra le pellicole di genere vario e diverso metraggio, in Italia come nel resto del mondo, lo sfogo popolare della risata liberatoria era affidato a cortometraggi comici definiti "le comiche finali". Venivano proiettate per ultime dopo un medio o lungometraggio ed un ciclo di Attualità filmate (in seguito dette "Cinegiornali") che erano le antenate degli attuali TG. Le comiche vennero prodotte e girate, con particolare impegno tanto negli U.S.A. che in Europa, in serie riconducibili ad un protagonista comico. I comici del muto più famosi, oltre che per la longevità con un prosieguo di carriera in epoca sonora, sono gli anglofoni "Charlot", "Stanlio ed Ollio", "Buster" Keaton ed in tono minore pochi altri: divenuti miti, a livello mondiale, sono da decenni soggetto di studio ed oggetto di tesi di laurea.

In Italia, quelle che all'epoca erano definite Case Editrici Cinematografiche, comunemente riunivano i compiti e gli utili delle Imprese successivamente spesso distinte fra Società di Distribuzione, Società di Produzione e Ditte con lo Stabilimento dei teatri di posa; le Case Editrici del muto si proponevano nel mercato, facendosi concorrenza, creando personaggi protagonisti di serie comiche, paragonabili a Maschere o tipi, dei quali acquistavano il diritto esclusivo del nome coniato: addirittura l'interprete, se passava da una Casa ad un'altra, perdeva il diritto d'interpretare quel "tipo" e di usare quel nome, il quale rimaneva dominio della Società. Era in effetti ben diverso dall'epoca successiva delle concentrazioni geografiche, dalla capitale del Regno, e per un periodo del mini-Impero italiano(dalla Cines a Cinecittà e con la Titanus e le altre), per contingente urgenza bellica (per una breve unica stagione) nella suggestiva cornice della città veneziana, con "Cinevillaggio", o più tardi(nel boom delle maggiori emittenti televisive), dividendo con Roma i luoghi elettivi dell'area di Milano-Cologno Monzese; quindi, si deve prestare attenzione e nel figurarsi il panorama non va scordato di contestualizzare. Nel Muto a registrare attività alquanto fervida nel settore della settima Arte, escludendo lavori sperimentali od occasionali in svariate località (affacciate sul mare o sui monti), eran soprattutto 4 città: Milano, Napoli, Roma e Torino. Spesso le Società locate nel medesimo centro lavoravano stimolate da campanilistica rivalità, fino a quando ci si rese conto che la maggior concorrenza da fronteggiare, alla quale contrapporre la propria qualità, proveniva dai Paesi esteri. Per unire le forze fu creato un Monopolio (U.C.I.) che fu promotore di fusioni e ri-sistemazioni; ma contrariamente alle aspettative, forse per una politica sbagliata, esso si rivelerà controproducente... ma questo è un fuori-tema, trattato altrove da esperti, che è bene lasciare agli studi specifici. Nell'era successiva, post Seconda Guerra Mondiale, come sottointeso, un personaggio comico rimaneva, come un'etichetta, congiunto al suo attore-autore; mentre nel passato le Maschere teatrali son state interpretate da diversi attori, senza alcuna esclusiva, basti pensare a Pulcinella (oltre agli "storici", spesso citati, sono stati davvero innumerevoli) o al Felice Sciosciammocca ben reso tanto dal suo primo interprete (ed Autore creatore) Eduardo Scarpetta, che da Eduardo De Filippo, che, tra gli altri, da Totò De Curtis (escludendo la libera riduzione "Sette ore di guai" dove il personaggio è trasformato in tal Totò De Pasquale, al cinema Totò si calò tre volte nel Felice Sciosciammocca, ma, come documentato dai periodici, lo aveva già fatto prima al napoletano teatro Nuovo, nel corso della indimenticabile stagione 1929-'30).

Probabilmente il più noto personaggio delle comiche italiane è stato interpretato da uno degli Artisti della dinastia Guillaume; gli è rimasto affibbiato a vita il nome d'arte "Polidor" (dal personaggio che interpretò in parecchie cine-comiche e fu poi utilizzato per cameos anche nel Sonoro), ma nel solo muto, Ferdinand Guillaume, aveva interpretato pure tale "Tontolini" e, nota da ricordare, nel 1911-'12 è stato anche il primo cinematografico (e ben sappiamo, diversi anni dopo, come pure il Nostro Totò De Curtis si sia calato nel simbolico personaggio collodiano tanto amato...ma questo è un altro discorso). Nota curiosa è che, a parte qualche attore italiano, buona parte dei comici del Muto prodotto nello stivale nazionale, erano di nazionalità francese od al limite italo-francese; francese risulta pure l'Artista che incarnò il primo cine-Totò, vale a dire, al secolo Emile Vardannes o Verdannes (ancora non mi è indubitabilmente chiaro il cognome preciso dato che, a distanza di sei anni, una medesima Rivista cinematografica del Muto lo menziona in entrambi i modi). Ad oggi non ho avuto modo e tempo d'indagare, né la fortuna di leggerne in qualcuno degli innumerevoli giornali d'epoca che sto consultando, sulla genealogia di quel "Totò": perché proprio "Totò"? Fatto sta che Emile (secondo lo studioso Aldo Bernardini nacque a Paris nel 1868 e risulta deceduto nel 1951), oltre a calarsi nell'altro tipo denominato "Bonifacio" (per una Impresa di Milano nel 1913 circa), fu "Totò" in serie di comiche nel biennio 1910-'12; forse la prima, nelle sale dalla primavera 1910, pare esser stata "Totò giocoliere". Un periodico torinese specializzato, nel febbraio 1912, circa Vardannes protagonista di comiche per la torinese "Itala Film", elenca "Totò portinaio" e "Totò innamorato" (curiosamente, saltando col pensiero al suo "omonimo" futuro, titoli emblematici per vita e carriera di De Curtis...). Nel '14 esce un'ultima comica di quel "Totò", "La prima avventura di Totò", ma, allo stato attuale delle mie informazioni, non so se girata ex novo o se una della serie '12 distribuita in ritardo. Emile, tornato a lavorare nel Muto italiano dopo aver risposto al richiamo in Patria per la Grande Guerra, non fu più "Totò".

Chi lo sa se il Totò Clemente 12-14enne ebbe modo di scoprire il suo omonimo (nel diminutivo) dello schermo e magari scherzare ad imitarne mosse ed espressioni? Chissà se, a scegliere "Clerment" come nome d'arte per i suoi numeri in Varietà e nelle periodiche, per quanto quello fosse un Divo dello schermo e lui un ragazzo con spazi circoscritti, non abbia contribuito, diciamo, il volersene "differenziare"? E chi lo sa se cambiò nome d'arte, adottando il diminutivo del suo nome Antonio, cioè "Totò", a partire dal '15, quando aveva visto che il "Totò" del cinema Muto già non v'era più?...

Capitolo 4° IL TOTO' DEL SONORO

Se è noto che, provini e progetti incompiuti esclusi, Totò protagonista di film comici lo è stato dalla stagione 1936-'37, altrettanto lo è che il primo film sonoro con Totò nel titolo, a parte cine-attualità e titoli provvisori(ad esempio "Totò numero 2" nel '37-'38), risale alla stagione 1948-'49. Quei 34 - 35 anni che separano "LA PRIMA AVVENTURA DI TOTO' " (Va/erdannes nell'ultima comica nelle sale) da "TOTO' AL GIRO D'ITALIA" (De Curtis agli albori della "Toto-manìa"), passando dalle comiche finali del muto alla comicità completa di verbale dei lungometraggi ed attraversando ben 2 guerre mondiali, hanno dato al pubblico delle sale un diverso Comico confondibile nel medesimo nome d'arte. Del primo "Totò", quello francese, salvo appassionati del genere, popolarmente s'è persa la memoria.

Scanso gli ulteriori Totò, sia tra elefanti e scimmie di circhi e zoo, che ragazzini di commediole morali, quale, ad esempio, quello della pellicola distribuita nelle sale cinematografiche nazionali col titolo italiano: "Totò e i cacciatori di frodo"(menzionato e recensito nel 1957 pare si trattasse di un film etico inglese con protagonista un ragazzo... )

Voglio evitare statistiche e perciò non ricalco sterili elenchi di titoli (contenenti il termine "Totò"); mi limito al contestare, a prescindere dai singoli scopi, la scelta del richiamo commerciale prevalente sul tema di qualsiasi soggetto: e questo sia in riedizioni che in prime uscite.

Dare rinnovata distribuzione, ad esempio limite, col nuovo titolo "TOTO' PEPPINO...E UNA DI QUELLE", sfasa di significato un concetto: certamente adatto per un ipotetico episodio (però mai scritto), potrebbe appunto far parte della serie "Totò, Peppino...e", ciclo di farse divertenti aventi tutta una propria dignità... Ma il solo averne variato in tal modo il titolo, pur nel nobile tentativo di aumentarne la popolarità, fornisce un'idea scorretta e sbagliata del genere di pellicola: il sottovalutato capolavoro del poliedrico Aldo Fabrizi, perfetto nel suo titolo originale "UNA DI QUELLE", è una commedia ETICA. Ma si sa, nell'Italia di un tempo, non solo pubblico e censori, ma pure critici e giornalisti in genere (per fortuna vi son sempre state tracce di eccezioni), tendendo a misurare sempre col medesimo metro, avevano scarso allenamento mentale al distinguere i generi.

Così come, imbrogliando con la promessa di un'avventura parodistico-satirica con "il Totò"(inteso come la Maschera), intitolare "TOTO' CERCA PACE" la versione cinematografica della commedia "VIETATO AI MAGGIORENNI"/"ALLA FERMATA DEL 66"/"FIRENZE- TRESPIANO E VICEVERSA" non c'azzecca proprio un bel nulla! Se ai distributori della stagione 1954-'55 non piaceva nessuno dei tre idonei titoli (il primo era quello provvisorio di ciak, gli altri due quelli delle versioni teatrali, la romana e poi la originaria toscana), avrebbe comunque avuto più dignità un titolo inerente, quale, che so, "GEMMA E GENNARO CERCANO PACE" oppure "LA RESA DEI CONTI" od al limite "AI VEDOVI NON E' CONCESSO..." (quest'ultimo sarebbe stato in linea con la censura Democristiana di allora)... Ma per poter concepire questa, che può passare per sciocchezza, occorre saper vedere la differenza tra Totò personaggio e gli altri personaggi interpretati da Totò De Curtis.

Capitolo 5° "IL TOTO' " e L'ATTORE COMPLETO

Si parla di "Maschera Totò" ma va specificato che, al contrario delle Maschere fisiche sul volto (Pulcinella, Arlecchino e classica compagnìa), egli fa parte della categoria detta di "Maschere senza maschera", cioè di quelle, pur con propria "divisa" e trucco, senza la Maschera a coprire il viso(per estensione penso a Stenterello e Scarpetta-Sciosciammocca, ma pure a "Stanlio e Ollio", "Buster" Keaton, il "Franco Franchi" comico ed il "Ciccio Ingrassìa" comico, eccetera eccetera); vale a dire che l'attore Antonio De Curtis, principalmente, ha incarnato "il tipo Totò", con la bombetta e la stringa per cravatta, il tight non della sua misura ed i pantaloni "saltafosso", le calze rigate e colorate e la sua espressivissima mimica. Tale codificato "il Totò" ( quel Totò per antonomasia ossìa la Maschera comica disarticolata su per giù Futurista) è stato reso da Totò De Curtis, prima in teatro, in numeri di Varietà ed in Spettacoli di Rivista (tanto quella in tre atti/tempi che quella ridotta ad un atto per far "AVANSPETTACOLO"), e quindi in filmati, in parte dei films con Totò (De Curtis) e nel ciclo dei telefilm "Tuttototò", e non si deve escludere, delle due ospitate a "Studio Uno", quella del giugno '66. Ma "il Totò" non è stata la sua unica interpretazione, né è stata l'unico scopo d'ispirazione di sketches e canzoncine comiche (penso ad esempio a "Miss, mia cara Miss") scritte dall'originale Antonio De Curtis Autore (sull'Autore tornerò più avanti). E' risaputo che, da ragazzo, quando ancora la burocrazia lo riconosceva come Clemente Antonio, resosi conto che riscuoteva maggior consenso nella Comicità, decise di dedicarvisi; esibendosi in "assolo" acrobatici e macchiette, ha usato "Clerment" come suo primo nome d'arte. Dapprima come "Clerment", poscia come "Totò": inizialmente sfruttò le doti naturali, affinate maggiormente con il costante esercizio, e com'è arci-noto, eccelse come marionetta e progressivamente pure come interprete mimico e di battuta (in ogni variabile verbale dal non sense al surreale, dalla parodia alla satira). Si esperimentò in macchiette e tipi, non solo nei primi anni di alternanza fra occasionale partecipe a Compagnie dialettali-di Maschere (regionali) e numero atteso d'Arte Varia, ma come si sa, perfino più tardi, nella professione cinematografica (ne accenno solo esempi necessari dove utile). Nell'àmbito Comico, tra i diversi tipi che abbozzò od approfondì, si creò un "tipo" che denominò semplicisticamente "Totò": è diventato talmente famoso da esserne l'identificativo universale; e quando si discute del Totò per antonomasia, generalmente ed universalmente, ci si riferisce al tipo, appunto, ivi codificato come "il Totò". Ma, come si evince da diverse delle biografie a lui dedicate, nonché da documenti (articoli, interviste, recensioni), Antonio De Curtis in arte Totò, che al nominarlo viene subito collegato a "il Totò", se fu soprattutto quello, appunto, non è stato unicamente "il Totò" (il cui repertorio, oltre che fonte d'ispirazione dei colleghi coevi e successivi, è spesso saccheggiato da "cani e porci" del "bailamme" televisivo). Nella prima fase della propria carriera artistica, e se non avesse avuto occasione e piacere al provarsi negli altri generi (Operetta, Rivista, Commedia dialettale) avrebbe potuto restare l'unico (e bastante per mantenersi con accettabile tenore di vita), maturò divenendo una delle Vedette del genere Varietà/Arte Varia (ne sto studiando i dettagli dalle cronache dell'epoca rilevabili dalla carta stampata nel corso degli anni...). Ma pure quando venne a formare, tutto suo, "il Totò", suo principale e definitivo personaggio, non ne è rimasto ingabbiato: seppe estraniarsi, oltre al tener distinta la sua vita privata dal personaggio (o meglio dai personaggi), calandosi in ruoli differenti e distinti; non si provò in ruoli "extra-Totò" solo per il cinema, basti pensare al commuovente Ferdinando Esposito di "Guardie e ladri", ma già prima a teatro, ad esempio, durante quel semestre della stagione 1929-'30, quando faceva parte della Compagnia dialettale Molinari.

Antonio De Curtis, quindi, nell'aspetto recitativo della sua prismatica personalità, oltre a farsi valere in ogni sfumatura del comico e nella commedia, prevalentemente in cinema ma relativamente pure su qualche palcoscenico (non unicamente per progetti irrealizzati), seppe dimostrarsi fine interprete drammatico e sentimentale: in sintesi, come già scritto da qualcuno, alla faccia dei critici miopi o di chi sa solo sottovalutare, lo si può orgogliosamente tifare e definire ATTORE COMPLETO. Senza indugiare in particolari da fermo-immagine o confronti con colleghi di statura internazionale, fra gli altri, basti pensare ai ruoli per "NAPOLI MILIONARIA", "LA PATENTE", "IL GUAPPO"... Ma prima dei tre testè citati, con ruoli se non proprio drammatici "da manuale" (o da metodi ufficiali) va evidenziato in alcuni prestazioni particolari: e senza ricorrere agli esempi non sfacciatamente comici, pur inserito in un contesto sperimentale che dove la trama comica é ridotta all'osso, mi viene in mente l'universale Preghiera di Tòttons di TOTO' 3 D/Il più comico spettacolo del mondo; allo stesso modo si guardi al bel ruolo, brillante e credibilissimo, e con sequenze sia "serie" che divertenti, nel sottovalutato "Yvonne la nuit" del 1949.

Infine, per completare lo specifico, ci tengo a chiarire che è artificioso discorrere di evoluzione ed involuzione confrontando il "Totò marionetta" ed il "Totò neorealista"(o più estesamente Antonio De Curtis in ruoli verosimili); in effetti, risulta riduttivo asserire di un'eventuale "maturazione artistica" di Antonio de Curtis in arte Totò, dando arbitrariamente per scontato sia attore compiuto solamente nelle parti credibili od umanamente drammatiche, oppure, come era sottointeso mezzo secolo fa, ragionare come se il comico fosse un genere minore. Pure se certe presunte comicità televisive e di piazza non si possono annettere all'ampia gamma del comico, restando esse nel ridicolo o nelle baruffe di parte (più o meno strumentalizzate), non mi pare sia questo mai sostenibile per la carriera del nostro soggetto, nemmeno per alcuni Arcobaleno/Carosello o qualche "Tuttototò" B. L. Vision, ove egli si fa sempre apprezzare; infatti ribadisco il concetto sacrosanto: ogni filone in ogni modalità espressiva ha pari "merito", e quindi, trovo sbagliato dare livelli di minore e maggiore importanza; tanto per fare qualche titolo, da ANIMALI PAZZI a TOTO' NELLA LUNA, da L'UOMO LA BESTIA E LA VIRTU' a CHE COSA SONO LE NUVOLE?, da GAMBE D'ORO a IL MONACO DI MONZA, da TOTOSEXY a IL COMANDANTE, e così via a tutti gli altri, tenendo sempre conto dello specifico contesto oltre che della trama e dello scopo filmico, vi si riscontra una prestazione perfetta da parte di Antonio e/o/Totò: in codesto spirito intendo (da) analizzare film per film.

Capitolo 6 DALL'ATTORE ALL'AUTORE: LA CERNIERA DI FELLINI

Riepilogando dunque, Antonio De Curtis si fece valere come Comico (nel duplice senso di Attore + Autore che ho menzionato nel Capitolo delle dicotomie). Dopo essermi dilungato sull'interprete (l'attore completo che sa calarsi nel carattere drammatico come, soprattutto, nelle espressioni comiche e che resta famosissimo per la sua principale Maschera "Totò"), è il momento di focalizzare il suo esser stato Autore; non trovo superfluo riassumere questa dote in quanto tanto Antonio De Curtis, che buona parte di suoi valenti colleghi, parimenti sottovalutati (tanto da molti critici che dai biografi ufficiali), sono stati Autori sia nel comico che nel versante drammatico. Prima di analizzare le due separate concezioni mi pare utile proporre una digressione oserei dire "di cerniera" o raccordo, trattando essa di Totò, ma dandomi il là per spunti di riflessione su Antonio De Curtis; si parte dal suo tipo comico per eccellenza, utilizzando una selezione da una lunga opinione del pluri-premiato Federico Fellini, per le mie distinzioni; se ne deduce qualche conclusione sul tema Autore (nello specifico sia riferito al regista che a De Curtis). La descrizione che ne fa, esaltante ed inguaribilmente capace di stupirsi, rende l'idea di cosa suscitasse il Totò Maschera comica nell'estro felliniano (da "Fare un film", poi riportato anche in altri libri):

" il sentimento di meraviglia che Totò comunicava era quello che da bambini si prova davanti a un evento fatato, alle incarnazioni eccezionali, agli animali fantastici; la giraffa, il pellicano, il bradipo; e c'era anche la gioia e la gratitudine di vedere l'incredibile, il prodigio, la favole, materializzati, reali, viventi, davanti a te. Quella faccia improbabile, una testa di creta caduta in terra dal trespolo e rimessa insieme frettolosamente prima che lo scultore rientri e se ne accorga; quel corpo disossato, di caucciù, da robot, da marziano, da incubo gioioso, da creatura di un'altra dimensione, quella voce fonda, lontana, disperata: tutto ciò rappresentava qualcosa di così inatteso, inaudito, imprevedibile, diverso, da contagiare repentinamente, oltre che un ammutolito stupore, una smemorante ribellione, un sentimento di libertà totale contro gli schemi, le regole, i tabù, contro tutto ciò che è legittimo, codificato dalla logica, lecito. Come tutti i grandi clowns, Totò incarnava una contestazione totale, e la scoperta più commovente e anche confortante era riconoscere immediatamente in lui, dilatati al massimo, esemplificati in quell'aspetto di personaggio di "Alice nel paese delle meraviglie", la storia e i caratteri degli italiani: la nostra fame, la nostra miseria, l'ignoranza, il qualunquismo piccolo borghese, la rassegnazione, la sfiducia, la viltà di Pulcinella. Totò materializzava con lunare esilarante eleganza l'eterna dialettica dell'abiezione e della sua negazione. Si è sempre detto, e ancora si sente dire che Totò al cinema è stato usato male, non gli sono state offerte che raramente le occasioni degne del suo eccezionale talento. Non credo che Totò avrebbe potuto essere meglio, più bravo, diverso da com'era nei film che ha fatto."

Dopo l'opinione su Totò fenomeno in sé e quindi esclusivamente abile nell'esser sé medesimo, umilmente, ha ammesso che non sarebbe mai riuscito a condurlo da regista-Autore, semmai solamente a filmarlo, riprendendo un fenomeno in viva esibizione (così tal com'era il personaggio), e che quindi non necessitava della "sua mano"; lo aveva diretto, ma come semplice tecnico che sostituisce un collega assente, quindi che deve attenersi ad un copione altrui e non ad una propria poetica, per una sequenza conclusiva del pezzo del tribunale di "Dov'è la libertà!?" (evoluzione del progetto di Rossellini-Autore, il quale, invece, appunto, aveva pensato alla satira, amara e mordace, di un Totò cosiddetto neorealista... tanto agognato dagli intellettuali di un tempo). E, in proposito, riprendo la citazione di Fellini, però come preferisco, citandolo testuale:

" Totò non poteva fare che Totò, come Pulcinella, che non poteva essere che Pulcinella, cosa altro potevi fargli fare? Il risultato di secoli di fame, di miseria, di malattie, il risultato perfetto di una lunghissima sedimentazione, una sorta di straordinaria secrezione diamantifera, una splendida stalattite, questo era Totò. Il punto d'arrivo di qualcosa che si perdeva nel tempo e che finiva in qualche modo con l'essere fuori del tempo. Intervenire su un simile prodigioso risultato, modificarlo, costringerlo a qualcosa di diverso, dargli una diversa identità, una diversa credibilità, attribuirgli una psicologia, dei sentimenti, inserirlo in una storia, sarebbe stato, oltre che insensato, deleterio, sacrilego. Miopia della critica? Ma è un po' tutta la nostra educazione, come dire? occidentale che ci spinge a non accettare le cose come sono, a proiettarci in una prospettiva diversa, a sovrapporci sopra qualcosa di estraneo, di ricercato, di intellettualistico. Si perde di vista che Totò è un fatto naturale, un gatto, un pipistrello, qualcosa di compiuto in se stesso, che è come è, che non puoi cambiare, tutt'al più puoi fotografarlo. nel "Viaggio di G. Mastorna" avevo pensato a Totò, ma così com'era. C'era un ricordo di Totò e Totò appariva. Non mi sono mai venute in mente storie che richiedessero la presenza di Totò, perché Totò non aveva bisogno di storie. Che valore poteva avere una storia per un personaggio così, che le storie ce le aveva già tutte scritte sulla faccia? Mi sarebbe piaciuto piuttosto dedicargli un piccolo saggio cinematografico, un ritratto in movimento, che rendesse conto di come era, come era fatto dentro e fuori, quale era la sua struttura ossea, quali erano gli snodamenti più sensibili, le giunture più resistenti e mobili. Avrei voluto farlo vedere in diversi atteggiamenti, in piedi, seduto, orizzontale, verticale, vestito ma anche nudo, per vederlo bene e farlo vedere, così come si fa con un documentario sulle giraffe, per esempio, o su certi pesci fosforescenti degli abissi marini. Avrebbe dovuto essere un'intervista fantastica, un tentativo di catturare il senso di quella che straordinaria apparizione che era Totò. "

Così il regista della "Dolce vita", delle psicosi di "8 Mezzo" e degli Spiriti di Giulietta, poco più di un decennio dalla morte di Antonio De Curtis (primo ad incarnare il "Totò"), nel generale encomio particolareggiato dello stupefacente tipo "Totò" (sicuramente col pensiero a quelle esibizioni fotografate nella mente, le prime volte che lo ebbe ad ammirare, nel lontano 1939), ne denunciava la sua impossibilità al sentirsi e diventarne Autore (un limite creativo che pare derivare dall'etico rispetto di un altro riconosciuto del tutto già di per sé originale); per contro, perlomeno nell'ultimo decennio della propria vita (ed attività artistica), probabilmente contagiato dalla sopravvalutazione critica vantata dal regista-Autore riminese, concausa la menomazione della vista (celata ma vissuta), Antonio De Curtis desiderava esser diretto dal "reggistone", ovviamente non quando richiesto nel "Totò", nell'ansia di mostrare le potenzialità della frecce poco usate eppur presenti nel proprio arco. E qualcuna, non so quanti se ne siano accorti fino in fondo, nel corso del ventennio della "Totò-mania", come i casi accennati non unicamente nel capitolo 5, ebbe modo di scoccarla...

Capitolo 7° LA FILOSOFIA DELL'AUTOR COMICO...

Ogni Autore, nel campo teatrale ed in quello letterario, nell'comporre gag e soggetti, così come nella lunga storia del plagio musicale, da che mondo è mondo, se non gli è mai successo di copiare da predecessori, pur in elaborazioni inconsce, ha perlomeno avuto modo di ispirarsi ad altri; ciò è maggiormente vero, proporzionalmente alla longevità artistica ed alla quantità di opere prodotte. Poi, più trascorre tempo e si moltiplicano i lavori elaborati e, anche senza volerlo e saperlo, maggiormente aumenta la possibilità di generare lavori sinottici a precedenti. Copiature involontarie sono più frequenti, quanto più semplice è il lavoro scritto o nel piccolo grande mondo delle canzoni della Musica leggera; tollerate sono le re-incisioni (con il motivo dell'omaggio agli autori o per riproporre una canzone di successo) od il fenomeno delle cover (tipico degli anni Sessanta e Settanta con frequente osmosi U.S.A.-Italia, dove traducendo il testo nell'altra lingua, ma modificato, si utilizza la medesima base musicale; significativo il caso della canzone "STAND BY ME" che l'estro creativo di Aldo Caponi/"Don Backy", facente parte all'epoca del Clan Celentano, trasformò in "Pregherò").

Non a caso, in diverse Nazioni, sono sorte Società a tutela del diritto d'Autore.

Anche nel genere teatrale del Varietà (inteso nell'originario significato di Arte Varia diretta discendente del genere francese Cafè Chantant), concause l'ingenuità di Comici che si esibirono senza depositare il diritto di testi creati (il medesimo Ettore Petrolini ammise d'esser stato inizialmente imprevidente) e la minor importanza data al genere (che pure ha sempre avuto propria "dignità"), non furono infrequenti plagi o scopiazzature; il medesimo Totò Clemente (il ragazzo non ancora riconosciuto come De Curtis), oramai è aneddoto ripetuto, in alcune parodie, si esibì in macchiette di esclusiva altrui e ben più di una replica. Non è stato scoperto se gli toccò pagare penali oppure, come accaduto a suoi colleghi in altri ambiti e tempi, e se fu perdonato per la bravura ed il successo riscossi...oppure se perché sminuito il reato poiché inteso come semplice imitazione (altro tema tutto da studiare!). Poi andò maturando, elaborando perfino più volte sketches e quadri pre-esistenti, facendoli propri. Ha sviluppato ed ampliato un repertorio personale. Quella che divenne "farina del proprio sacco", parimenti a buona parte dei colleghi, imparò a tutelarla con i regolari depositi presso la S.I.A.E. (Società Italiana Autori ed Editori), alla quale risultava iscritto (se non da prima parrebbe dal 1933), come Antonio De Curtis in arte Totò; espressosi tanto in prosa che in forme poetiche, e quest'ultime in molti casi nel dialettale napoletano, va quasi da sé che ebbe capacità di adoperare entrambi perfino nel lato comico. Le macchiette, per dicitore unico o per duetto, perlomeno quelle presenti nel supponentemente esaustivo "Tuttototò" di Guarini, tanto per la parte musicale che per i versi, risultano di altri Autori! Certamente ne scrisse lui e certo meritano esami più approfonditi che non il rapido excursus sul quale mi sto qui dedicando; per sua propria ammissione ( si confronti "TOTO' il PULCINELLA dalla faccia lavata" articolo di Ettore G. Mattìa in "BIS/tutti gli spettacoli", Anno 3°, N° 37 x 16/09/1950, maggiormente menzionato nel progetto-file "Geo-Totò"), oltre che per sé stesso, scrisse testi parodistici e sketches per altri: è stato anonimo Autore non unicamente per Amici o conoscenze "di buon vicinato", ma pure per concorrenti rivali (non vorrei esagerare considerando addirittura "caporali" e nemici); di sicuro quelle parodie inventate per i committenti, essendo prevalente il bisogno economico sul riconoscimento intellettuale, non risultano depositate.

Così, chissà quante battute ed intercalari, sentite a suo tempo dette da altri artisti (su palcoscenici, piazze o perfino adoperate in qualche ciak), credute creazione tipica del "Tale", in realtà sono nate dal geniale gagman soggetto di questo ragionamento! Sottolineato ciò, rileggendo affermazioni e definizioni affrettate, segue come resti marginale l'elenco degli Autori ufficiali di sketches e degli sceneggiatori delle pellicole comiche con protagonista Totò... Lì sorge spontanea la domanda articolata: chi è il vero Autore? Gli ufficiali o lui? Tollerò che firmassero avendo loro un contratto e prima ancora il pane da portare a casa? Certo l'Antonio De Curtis Autore non ha partecipato ( se non marginalmente per qualche gag visiva del personaggio interpretato nel singolo caso) né agli script, né ai soggetti delle pellicole di P.P. Pasolini (Autore di per sé completamente originale) e a lavori non prettamente comici (penso a "Risate di Gioia" e "Il comandante"...); invece, pescata dal suo primo repertorio, v'è decisamente il "suo zampino" nella macchietta "Il Bel Ciccillo": rielaborata dall'originale di Gustavo De Marco (suo massimo ispiratore d'inizio carriera) e paradossalmente inserita in un lungometraggio drammatico-sentimentale, "YVONNE LA NUIT", rende l'idea di come potevano essere gli assolo comici del Varietà (quel genere nel quale eccelse e divenne una delle Vedette prima di passare ad Operette, Riviste e Fantasie comiche). Dati i risultati nel saper far ridere, non solo come successo riscosso e confermato dalle nuove generazioni, segue che la facile ed improvvisata definizione "totoata", data a sue gag e battute, assume importante valore creativo(ed ispiratore)...

Ritorno dal cinema e dal teatro "minore" (minore per modo di dire e preconcetto critico), ad una delle sensibilità tipiche del napoletano: il settore musicale. E dato il tema principale, ovviamente, circoscrivo il ragionamento al signor Antonio De Curtis in arte Totò; dando una veloce occhiata alle sue canzoni allegre, da "Carmè Carmè" a "Filomè", parimenti ed in linea al principale spirito ottimista e divertito sull'universo femminile (verso il quale espresse la sua originale sensibilità), emerge la spensieratezza tipica dell'antico consiglio arrivato a noi (il ritornello del celebre canto carnascialesco di Lorenzo de' Medici detto "il Magnifico" intitolato "Trionfo di Bacco e Arianna" o "Canzona di Bacco") e che recita: "...chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza". Come mera nota tecnica, non scordo di osservare come, conformemente ad usi ed abusi comuni, usava termini importati o presi a prestito dal dizionario inglese ("Miss" in primis).

Allora, in sintesi, in che cosa consiste la poetica dell'Antonio De Curtis Autore comico? Essa si delinea in una filosofia banale nella sua semplicità ed assoluta nel suo terapeutico intento: provocare le risate più matte, rispondendo al bisogno umano del ridere, con l'uso d'ogni mezzo ed ogni tecnica, appresa ed innata, tanto verbale che mimica, con parodie, lazzi, battute, intercalari, imitazioni e scimmiottature, "eticetera, eticetera" (citandum). Come contraddire quindi, ben sposata al suo caso, l'espressione di "maestro del buonumore"?

Capitolo 8° ...LA POETICA DELL'AUTORE DRAMMATICO...

Che fosse "una penna discreta", oltre che di battuta pronta, tanto per indugiare nei modi di dire tanto amati in quest'epoca, risulta dagli scritti pubblicati; non amava fare premesse, ma come attestato in articoli a suo nome in calce ( diversi menzionati dai biografi e nei siti a lui dedicati ) e nell'introduzione alla (quasi) autobiografia del 1952, palesava uno stile fluido e chiaro. La preparazione del De Curtis su disparati argomenti, al di là dello studio specifico per un determinato ruolo ( per fare un esempio cinematografico, ma analogo nella prosa recitata a teatro e per la ripresa televisiva o radiofonica, quello del calzolaio di "San Giovanni decollato") e come indiziato da immagini fotografiche del diploma che avrebbe recuperato nel 1941, è segnale di percorsi scolastici; il suo coniare neologismi ed il corretto uso della lingua, dimostrano dote invidiabile nel saper assimilare. Il primo insigne professore a riconoscerne le innovazioni letterarie, efficaci ed efficienti contro stereotipi e sterile stile aulico della nostra lingua nazionale, è stato Tullio De Mauro, come il Nostro, emozionandosi, ebbe a scoprire grazie ad Oriana Fallaci.

I temi toccati dal poeta sentimentale sono gli affetti (l'Amore, l'Amicizia, il trasporto da animalista ante-litteram), la sensibilità per le bellezze naturali delle località geografiche, la nostalgia. I soggetti preferiti, le donne, con la classica descrizione romantica cavalleresca... Senza mai esagerare, non ha disdegnato le citazioni; ha fatto uso del figurato e delle similitudini. Fra le donne del suo vissuto passato, a meno che non si tratti di invenzione letteraria, spicca tale Ngiulina (sarta a Chiatamonte, attorno al 1916), la probabile prima fidanzata con tanto di menzionato epistolario; poi in una delle canzoni sentimentali si legge il binomio Maria-Rosa, ed altre invece anonime o semplicemente taciute...

Dalle cartoline geografiche, viene a galla una sua attrazione per la riviera bagnata dal Mar Tirreno (dalla Campania alla Liguria e "5 Terre") sin alla Costa Azzurra Liguro-Francese: CAPRI (nella lirica "ISOLA D'ORO"), ISCHIA MIA (probabilmente estate 1951), LE LAVANDOU (toccata con Franca Faldini), RAPALLO (dopo Napoli e Roma probabilmente sua terza città elettiva, luogo di flirts e dove, come ho scoperto, in Corso Umberto, il signor Clemente-De Curtis domiciliò i primi anni della sua vita adulta)...... Ma senza scordare mai Napoli dove tornava periodicamente per lavoro (tappa di tournée teatrali e talvolta per esterni di film) e per altri motivi (presenziare a cause araldiche oppure i leggendari passaggi per beneficenza). Come uomo, certo, non gradiva il lato negativo di com'era diventata e la cattiveria di quei delinquenti che, oltre al male del quale responsabili, infangavano un posto così bello ed amato; l'eterno ragazzo presente in lui (il Pascoli parlava di un "fanciullino"), umanamente, restò nostalgicamente innamorato della città "che gli diede i Natali". Il fatto che la sua città di nascita (con naturale occhio di riguardo per il fatidico rione Sanità) gli fosse rimasta nel cuore, nonostante l'elezione di Roma come domicilio e residenza, è documentata dalla cappella di famiglia sita per l'appunto nella metropoli della Regione Campania.

"Me so' sunnato Napule" ("Mi son sognato Napoli"), pubblicata tra la fine di pag 26 e l'inizio della 27 del volume "LILIANA DE CURTIS- Totò a prescindere" (Mondadori 1992), esprime nei suoi versi la nostalgia della lontananza:

Stasera comme tutte l'ate sere sta luntananza cchiù me fa suffrì e co' 'o pensiero d'o paese mio chianu chianu aggio chiuso l'occhie pe' m'addurmì. Me so' sunnato Napule nun c'era cchiù Pusilleco nemmeno Mergellina i' nun vedevo 'a strada d'a casarella mia e 'o core c'aspettava 'stu mumento poco prima era cuntento e invece mo' chiagne e piensa a te. Me so' sunnato Napule.

Il libro sopra menzionato presenta la confidenza del decano degli IMITATORI "con repertorio", Mario Di Gilio, sulla nascita di codesta poesia dialettale come collaborazione di 3 Persone: oltre ad Antonio De Curtis ed al medesimo Di Gilio (pur se egli in Verità salernitano...), infatti, il terzo partecipe risulta l'autista che amava esser ricordato (romanticamente) come "le scarpe di Totò", vale a dire, Carlo Cafiero. Più volte, nel corso delle nostre chiacchierate via telefono, nel corso degli anni, Di Gilio, il caro Mario, assumendo posa concentrata, mi ha ripetuto tali versi; l'imitatore mi ha sempre, spontaneamente, confermato, come pure fece "le scarpe di Totò", di come loro tre gareggiassero nell'improvvisare una riga a testa, aggiustandola fino alla versione definitiva. L'occasione di questo sentire malinconico, stando durante la tournée dello Spettacolo intitolato "A prescindere", che in quel momento ancora nessuno avrebbe immaginato sarebbe rimasta l'ultima Rivista con Totò, la direi databile, probabilmente, il 21 gennaio 1957: era il giorno dell'addio al capoluogo campano, dopo la decina di serate ivi. 22 e 23 gennaio erano a Livorno mentre la serata del 21 ancora non so, come dalla mia ricostruzione dopo consultazione dei quotidiani dell'epoca, e come trascritto nel mio progetto "GEO-TOTO': FRAMMENTI DEI QUANDO, DOVE E COME NELL'ARTICOLATO PERCORSO DI UNA CARRIERA; Appunti ragionati, ripartiti in Punti e sottopunti, di Simone Riberto".

Affermato ciò, giunti al momento di tirar le somme, lasciando da parte le collaborazioni ed i testi di altri Autori che interpretò, veniamo al signor Antonio De Curtis Autore inquadrando il versante "NON-COMICO"; come poter sintetizzare la Poetica del lato drammatico di codesto Autore?

Senza dubbio ha dipinto, come quadri od immagini fissate dalla vista, la vasta gamma dei sentimenti umani; la rilevanza maggiore è data alle donne che ha amato, con tutto il pathos dell'amante innamorato ed il dolore del distacco (la maldigerita separazione da Diana); ha saputo dar forma alla sua predilezione per il cane, ad esempio, il fedele "Dick". Nell'immediatezza del dialetto o col filtro italiano, ha espresso gli aspetti condivisibili, evitando volgarità ed eccessi, ma non censurando quanto provato. Restano scritti sentimentali, diversi variati in canzone (alcune con l'aiuto di maestri musicisti per la parte musicale), sia in positivo che nelle personalmente provate negatività, a raccontare quanto intensamente ha vissuto la propria Vita; resta la vita di colui che, in ogni pro ed in tutti i contro, ha patito il peso e goduto gli onori dell'esser condita (e condizionata) da quel diminutivo di nome: "Totò". Patire e godere possono esser letti sinonimi o contrari a seconda se diamo valenza positiva oppure negativa al "patire" (dal greco "pathos"); è dato di fatto che l'uomo Antonio, scendendo appunto nello specifico, abbia patito e goduto quando si calava ne, e più spesso quando veniva indicato come (o popolarmente riconosciuto per) "il Totò".

Capitolo 9° (ed ultimo) ...ED IL MITO PASSATO ALLA STORIA

Un equilibrio fra due distinzioni, abbracciando gli assertori del "o bianco oppure nero", è sensato e notevole finché presente; c'é equilibrio nella positiva dicotomia del Comico, distinta (e spesso confusa) tra Attore (in potenza completo e con una sua Maschera ove maggiormente apprezzato) ed Autore (a sua volta nelle 2 componenti del Drammatico/Sentimentale e del Comico), sin qui sfiorate da più punti di vista. Vorrei, lungi dal parer ripetizione fine a sé stessa, come invece nelle intenzioni, si vedesse sintesi ricapitolante. La cronaca biografica del signor De Curtis Antonio, dando fine alla sua Vita fisica, ha interrotto i suoi tempi presenti quel famoso 15 aprile 1967. Fino ad allora, e chi già era nato da qualche anno ci può aggiungere ricordi od appunti dalla propria memoria, la cronaca può essere ricostruita, con accettabile approssimazione, concentrandosi sui quotidiani dell'epoca; ad integrare la carta stampata (archiviata in forma originale cartacea o nei caratteri foto-impressi in microfilm) ci può essere materiale filmato/video (TG, cinegiornali, documentari). Quello che se ne può trarre, nel tentarsi biografi, é diretto oppure indiretto; i dati diretti sono tutte le notizie che riguardano Antonio De Curtis in arte Totò (dalla cronaca del ritiro di un premio alla relazione da un set cinematografico, così la recensione di una rara ospitata radio-televisiva come una delle molte interviste che concesse, eccetera eccetera); il dato indiretto è l'ambiente dove quell'uomo visse ed i fatti altrui ma che, in qualche modo, anche solo emotivamente, lo coinvolsero: da eventi atmosferici ad eclissi, da calamità causate artificialmente come la tragedia del Vajont a tragedie come l'incidente mortale all'Arena di Verona successo a Mario Riva, il gradevolissimo conduttore tv ed attore che era stato suo allievo in comicità... "Et similia", nel bene e nel male (così come è varia ed alterna la Vita), come quanto accadde quotidianamente ad Amici e parenti od eventi e feste positive. Il presente oggi presente, mano a mano che il tempo passa, muta in passato; la cronaca, dopo trent'anni si suol definire Storia: la morte stessa dell'uomo Antonio, nell'odierno 2019 è Storia da ormai ventidue anni.

Antonio De Curtis, talvolta lasciandosi sedurre dalla propria sfaccettatura malinconica, conveniva con l'engrammo pessimista; fra le sue definizioni pessimiste noto il considerare che in Patria, citare esempi concreti ne rafforzava l'amara convinzione, chi si distingue in qualche professionalità sia ufficialmente riconosciuto solo dai posteri, cioè dopo essere morto. Si sono scoperte e trascritte talune recensioni encomiastiche di pubblicisti e critici, nel corso di tutta la sua cinquantennale carriera: tali lodi finché era in vita, attenuandolo e stemperandolo, ne contraddicono il totale pessimismo cosmico; la cosiddetta riscoperta con tanto di mitizzazione, pian piano, salvo comprensibili periodi di alti e bassi, è avvenuta dal decesso in poi con un crescendo esponenziale. Ed emergono dalla moltitudine di stampe e ristampe, ben distinguendosi da alcuni libretti e libracci (tra aborti e pessime copie di precedenti), quelle biografie che possono ben meritare la classifica di testi. E' aumentato il numero di mostre e rassegne, si costruiscono gadgets artigianali ( statuetta presepe, quadro, oggetto ispirato in genere) e si moltiplicano i siti internet dedicatigli; in qualche caso, gruppi online di fan organizzati in "Social" e Forum lo stanno a testimoniare, si arriva ad impensati fanatismi. E le diverse forme d'esaltazione attuali, dovendo livellare il tempo per legge naturale, sono logica opposizione alle (ingiuste) denigrazioni ed indifferenze subite in vita. Tutto ciò ci racconta che quell'uomo, che alcuni censori resi miopi da eccesso di moralismi sminuivano ( senza la necessaria cognizione di causa), sopravvissuti i benefici effetti del suo operato dopo l'essersi separata l'anima dal corpo, ormai è diventato Mito: dalla Cronaca, divenuto Storia, oramai...è leggenda! Nel bene e nel male, più che ateo, io personalmente mi sento agnostico; ma, nonostante il mio esser restìo al credere, confesso il mio rimaner inguaribilmente colpito da quello che non so come altro definire se non "miracolo": mi stupisce come questo Mito, dopo lo sfruttamento in vita ed oggi più che mai e chissà per quanto tempo ancora, quasi che fosse alfine riuscito (in un ipotetico Aldilà) a dar anima allo zavattiniano "Totò il Buono", continui ad elargirci beneficio, non unicamente con la "terapia della risata"(ne parlava Gino Bramieri)!

A conti fatti, a chiusura delle considerazioni personali fatte, condivise o contestabili esse siano, mi resta da lasciare il quesito: Totò? Antonio De Curtis? O forse Totò De Curtis? Indifferente l'uso oppure ogni espressione ha le proprie specifiche?

Simone Riberto giugno 2019

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BIBLIO- e PERIODICO-GRAFIA delle fonti servitemi

Libri editi:

" Il berretto a sonagli ", Luigi Pirandello, riedizione BUR, Rizzoli, 2007.

" Don Backy, QUESTA è LA STORIA...Memorie di un juke box" (primo di almeno 5 volumi autobiografici), Coniglio Editore(Roma), 2007.

" CINEMA MUTO ITALIANO PROTAGONISTI ", ALDO BERNARDINI, CINETECA BOLOGNA 2018.

" L'ORO DI POLIDOR/Ferdinand Guillaume alla Cineteca Italiana ", a cura di Elena Mosconi, QUADERNI FONDAZIONE CINETECA ITALIANA, Editrice IL CASTORO S.r.l. prima edizione giugno 2.000.

" Charles CHAPLIN La mia autobiografia ", nella traduzione italiana (a cura di Vincenzo Mantovani ed edita nel 2011 da Mattioli1885) del volume originale "MY AUTOBIOGRAPHY", Copyright CHARLES CHAPLIN 1964 (testo scritto tra il 1959 ed il '63).

" Mr. LAUREL and Mr. HARDY " nella versione in italiano 2017 di SAGOMA Editore(Vimercate), traduzione a cura di sette persone del Club "NOI SIAMO LE COLONNE", L'UNICA AUTOBIOGRAFIA AUTORIZZATA DI STANLIO E OLLIO, dall'originale di JOHN Mc CABE (edizioni 1961, 1966, 1968, 1985, 2003) e con la traduzione dell'omaggio 1966 di DICK VAN DYKE.

" Memorie a rotta di collo/BUSTER KEATON con Charles Samuels", Universale Economica FELTRINELLI, Seconda edizione gennaio 2018, nella traduzione in italiano a cura di Edoardo Nesi sulla riedizione postuma 1968 dell'originale autobiografia di Buster Keaton, "MY WONDERFUL WORLD OF SLAPSTICK" 1959-'60.

" CINEMA & COMICITA' IN ITALIA"- BLOCK NOTES N° 4, JOSE' (GIUSEPPE) PANTIERI, M.I.C.S. Museo Internazionale del Cinema e dello Spettacolo(ROMA), prima ediz. 1994.

" Il cinema di Totò (1930-1945) l'estro funambolo e l'ameno spettro", Alberto Anile, Le Mani(Recco-Ge) 1997.

" I film di Totò (1946-1967) La maschera tradita", Alberto Anile, Le Mani(Recco-Ge) 1998.

" Totò PROBITO, storia puntigliosa e grottesca dei rapporti tra il principe De Curtis e la censura", Alberto Anile, Lindau s.r.l. 2005.

"Totalmente Totò/VITA E OPERE DI UN COMICO ASSOLUTO", Alberto Anile, Cineteca Bologna, 1a edizione 2017.

" Totò il buono " Cesare Zavattini, tascabili Bompiani, 1994

" TOTO' Siamo uomini o caporali? ", di Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli, Prefazione di ANTONIO DE CURTIS, (fra l'altro vi leggo da pagina 223 a 301 " TOTO' NEL TEATRO, NEL CINEMA, NELLA POESIA", e contiene descrizione di COMICI DELL'ARTE e Maschere mondiali dal XVI° secolo) ed. CAPRIOTTI, Roma (via Cicerone 56), 1952.

" TOTO' Siamo uomini o caporali? Diario semiserio di Antonio de Curtis", a cura di Matilde Amorosi e Alessandro Ferraù con la collaborazione di Liliana de Curtis, NEWTON COMPTON EDITORI (Roma), 1a ediz. ottobre 1993.

" TOTO' Siamo uomini o caporali? Diario semiserio di Antonio de Curtis", a cura di Matilde Amorosi e Alessandro Ferraù con la collaborazione di Liliana de Curtis, Grandi Tascabili Economici - I nuovi best-seller NEWTON COMPTON EDITORI (Roma), 1a ediz. marzo 1996.

" totò ", Franca Faldini, Goffredo Fofi, TULLIO PIRONTI EDITORE (Napoli), finito di stampare novembre 1987.

" LILIANA DE CURTIS, TOTO' mio Padre, " a cura di Matilde Amorosi, prefazione di Renzo Arbore, ARNOLDO MONDADORI EDITORE, prima edizione ottobre 1990.

" LILIANA DE CURTIS, TOTO' a prescindere," a cura di Matilde Amorosi, prefazione di Federico Fellini, ARNOLDO MONDADORI EDITORE, prima edizione aprile 1992.

"TUTTOTOTO' ovvero la prima raccolta completa di tutte le poesie e canzoni con numerosi inediti e una scelta degli sketch più divertenti", a cura di Ruggero Guarini, GREMESE EDITORE s.r.l. Roma, prima ed. 1991.

" La LINGUA IN GIOCO/Da Totò a lezione di retorica" di Fabio Rossi, Bulzoni editore Roma 2002.

" VITA di TOTO', Ennio Bispuri, Gremese 2.000"

Ho tratto note dal progetto "GEO-TOTO': FRAMMENTI DEI QUANDO, DOVE E COME NELL'ARTICOLATO PERCORSO DI UNA CARRIERA; Appunti ragionati, ripartiti in Punti e sottopunti, di Simone Riberto", versione 2018.

"FARE UN FILM", FEDERICO FELLINI, riedizione Einaudi 2000 della prima edizione 1980....

molti numeri dei periodici: una edizione del quotidiano napoletano "Corriere di Napoli" mesate da agosto a dicembre 1929 e da gennaio a metà marzo 1930.

"L'ARTE DRAMMATICA"(MILANO) dal 1927(annata LVI-LVII) al 1933

"IL PICCOLO FAUST"(Bologna-Milano) (1874-1933)

"IL CAFè CHANTANT"(NAPOLI) 1900-1907 + 1915-1928

"IL CAFè CHANTANT & LA RIVISTA FONO-CINEMATOGRAFICA/Teatri di Varietà, Caffè Concerti, Circhi Equestri, Spettacoli di fiera, Fonografi, Cinematografi" (NAPOLI): fusione di 2 periodici dal N° per 25 aprile 1908 - al N° (28 per la prima Rivista e 71 per la seconda) per 26 luglio 1909.

"LA CINE-FONO"(Milano) 1907 - 1909

"LA CINE-FONO" & LA RIVISTA FONO-CINEMATOGRAFICA"(NAPOLI) (fusione delle 2 Riviste a partire da estate 1909); + visti i numeri delle annate 1914-'21

"LA CINEMATOGRAFIA ITALIANA/Rivista dell'Arte, dell'Industria, della fotografia, dei pneumatici e affini", fondata a Milano inizio del 1908(anno 1°) - ma col numero doppio 51-52(anno 2°) per 15-30 giugno 1909 sede base trasferita a Torino(pur mantenendo una redazione a Milano); allunga il titolo in "LA CINEMATOGRAFIA ITALIANA ED ESTERA"(Torino) dal bi-N° 69-70 per 1-15 novembre 1909 - in seguito ingloba "CINEMA DOCET" assumendo il titolone "LA CINEMATOGRAFIA ITALIANA ED ESTERA e CINEMA DOCET"(Torino) e dura perlomeno fino al 1926.

"FILM"(NAPOLI-ROMA) 1914-1918

"CORRIERE DELL'ARTE" (GENOVA) annate 1926-1928

(il settimanale) "IL MARE" (RAPALLO) 1927(Anno XX°)

"CINEMA-FILM" (Torino) 1927-'31

"AL CINEMA' " (Torino) 1929 (Anno 8°) - '30 (9°)

"IL CINEMA ITALIANO, Organo Ufficiale del Sindacato della Federazione Nazionale Esercenti Cinematografici e Commercianti in Films" (Roma) 1930 (Anno 7°) e 1931 (8°)

(il settimanale) "CINE SORRISO ILLUSTRATO" (Torino) 1930 (Anno 6°) -'31 (Anno 7°)

(il settimanale) "CINEMA ILLUSTRAZIONE" (Milano) alcuni numeri del '30 (V°) e '31 (VI°)

(il quindicinale) "CINEMATOGRAFO" (Roma) 1930 (Anno 4°)

(il settimanale) "Il Corriere Cinematografico" (Torino) il 1930 (Anno 7°)

Edizione di FIRENZE de "LA DOMENICA DEL CINEMA": 1930 (Anno terzo)

Edizione di LIVORNO de "LA DOMENICA DEL CINEMA": 1930 (Anno 1°)

Edizione di TRIESTE de "LA DOMENICA DEL CINEMA": 1930 (Anno 1°)

"KINES" (Roma) 1930 (Anno 10°) e '31 (Anno 11esimo)

"OGGI e DOMANI/settimanale del lunedì" (Roma) 1930 (prima annata)

(mensile) "LO SPETTACOLO ITALIANO, Bollettino Ufficiale della Federazione Nazionale Fascista delle Industrie del Teatro, del Cinematografo ed Affini" (Roma) 1930 (nato con N° 1 x gennaio) e 1931 (Anno secondo)

"L'AZIONE/L'ITALIA LIBERA" (Genova, quotidiano del pomeriggio), 1946 (con l'intervista di tale "Aldebaran")

"INTERMEZZO/15cinale di RADIO, MUSICA, CINEMA, TEATRO, VARIETA' "(ROMA) 1946-1954.

"ANNUARIO DEL CINEMA ITALIANO", ROMA, edizioni 1950-'51(primo numero) fino al numero della stagione 1967-'68.

Vari numeri del quotidiano veronese "L'Arena" mesate agosto e settembre 1960.

"EVA EXPRESS" (Rusconi Editore), Anno XXXIX°, N° 7 per 15 febbraio 1972 (dove, da pag 56 a pag 59, è la prima puntata dell'articolo circa Antonio Tozzi, "il Maigret di Cinecittà")

citazione GINO BRAMIERI che in tv ebbe a definire la "riso- terapia"...

infine, delle mie interviste, ho qui usufruito di quelle fatte a:

CARLO CAFIERO (Napoli 02/02/1922- dicembre 2002, ultimo degli autisti personali per Antonio De Curtis, che ho avuto il piacere di tartassare di domande tra il 1999 ed il 2001, e che amava esser ricordato come "le scarpe di Totò").

FEDERICO CLEMENTE (Parente di Totò De Curtis dal ramo materno e custode del baule teatrale con il suo prezioso contenuto)

MARIO DI GILIO (Salerno 11 aprile 1928- Milano agosto 2018, forse il maggiore degli Artisti imitatori "a repertorio" con un carnet di circa trecento voci, ultima delle quali quella di Papa Bergoglio; posso ben parlare di lui avendolo conosciuto ed avendone mantenuto contatti telefonici frequenti nel corso degli ultimi vent'anni della sua vita terrena).

FERNANDO FRANCHI ( 1 dei professionisti nel settore della Produzione cine-televisiva; il suo Franchi, a differenza del comico Franco, è cognome originale e non "d'arte")

VINICIO GIOLI (commediografo fiorentino), conosciuto ed intervistato.

SERGIO MARCHINI ("angelo del fango" che è stato responsabile dei periodici custoditi al distaccamento di Forte Belvedere della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, oggi in pensione, cui devo eterna gratitudine per disponibilità ed aiuto)

GIOVANNI NANNINI (Firenze 28 dicembre 1920- Firenze marzo 2011, attore in vernacolo fiorentino, di prevalenza teatrale, occasionalmente in films, compresa la sua magnifica caratterizzazione in "Totò cerca pace"; da me intervistato a Firenze nel marzo 2003 ed apprezzato al Teatro di Rifredi il 30 marzo 2005)

RITA PAVONE (cantante ed attrice grintosa nata a Torino il 23/08/1945), breve risposta dopo spettacolo a Verona...

LUCIANO PELLICCIONI DI POLI (1923 - 16/01/2004) araldista e scrittore, conosciuto ed intervistato.

Marchese CAMILLO ALFONSO PASQUALE DE CURTIS (nato nel Castello di Somma Vesuviana il 16/10/1922 e deceduto in Sudamerica il 31 marzo 2006, figlio del marchese Gaspare e di Ida Pfeuti, fratello gemello di Rodolfo e minore di "donna" Maria Luisa) incontrato a Somma il 15 ottobre 2004, dopo un triennio di corrispondenza epistolare ed elettronica.

Simone Riberto, Maggio-Giugno 2019.

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