Il Conte di Carmagnola e il suo palazzo

Le prime notizie del palazzo risalgono al 1415, di Genova. Di fatto, un esilio. 1 quando Filippo Maria Visconti lo dona a L’ingratitudine del Duca non sfuggì al Condottiero. Francesco Bussone Conte di Carmagnola, come Si licenziò e si rifugiò con un gruppo di fedelissimi in premio dell’opera prestata quale comandante Savoia. Isolato, tradito ed espropriato di titoli e beni, delle truppe viscontee. Carmagnola puntò su Venezia. La pianta storica di Milano del 1472 lo Vi giunse sotto mentite spoglie il 23 febbraio del 1425. comprende nella ridotta selezione dei più La Serenissima lo ingaggiò, lo nominò Capitano Generale rilevanti palazzi della città e ne fa emergere della coalizione veneto/toscana e lo acquartierò a Treviso. importanza e dimensioni. Animato solo da desiderio di rivalsa e vendetta, Chi è dunque costui dal quale prese il nome il palazzo? 2 Francesco Bussone, nato presumibilmente nel 1382 a Carmagnola (Torino) da umili e poveri contadini, militò come mercenario addestrato da Facino Cane e scelse come nome di battaglia il nome della località di origine. Ebbe ruolo di rilievo nelle lotte di potere del Ducato di Milano,

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Carmagnola vinse le truppe di Filippo Maria a Maclodio e conquistò tutto il Veneto, Brescia e Bergamo. Con insistenza , il Visconti proponeva al Carmagnola il reintegro nei beni, nei gradi e nel rango. Il potere veneziano incominciò a coltivare diffidenza nei confronti del Conte, il quale, adducendo a motivo il recupero dei suoi familiari, chiese lo svincolo del suo contratto con la Serenissima per un anno. Il Senato della Repubblica respinse la richiesta, riassumendolo d’ufficio. Si riaprirono le ostilità con il Ducato di Milano e Bussone scese in campo come Comandante supremo dell’Armata veneziana, ma la sua sconcertante lentezza di azione e il fallimento dell’assedio del castello di Soncino si ribaltarono in una immane catastrofe. La disfatta fu imputata al disimpegno e forse alla defezione del Carmagnola, ormai posto sotto un tiro incrociato di sospetti e delazioni e sostanzialmente sotto processo. La convinzione che egli avesse tradito e che si fosse lasciato corrompere dal Visconti con la promessa della Signoria di Brescia, indusse il Consiglio dei Dieci a convocarlo a Venezia col pretesto di consultazioni: accompagnato dal Gonzaga, Francesco Bussone vi giunse la sera dell’8 aprile del 1432 sotto la scorta di otto Gentiluomini. Una volta varcata la soglia del palazzo ducale, lo arrestarono. La messa in stato di accusa si concluse rapidamente con la condanna a morte. La sera del 5 maggio, alla presenza della moglie e delle quattro figlie, 4 il Conte di Carmagnola, al secolo Francesco Bussone, fu decapitato in faccia alla Torre 1. Francesco Hayez guidato, a partire dal 1412 da Filippo Maria Visconti. dell’Orologio, in Studio per la testa del Carmagnola (Ritratto del Conte Alfonso Porro Schiaffinati) Leale e coraggioso servitore della potente famiglia quell’area destinata 1820-1821 olio su tela milanese, il Carmagnola espugnò Monza; occupò Brescia, alle esecuzioni e (Milano, collezione privata) Bergamo, Piacenza e Cremona; sconfisse ripetutamente circoscritta dalle 2. Giuseppe Beretta dal dipinto di Francesco Hayez (andato distrutto) Pandolfo Malatesta; vinse i Lucchesi; pacificò gli Aretini; due colonne Il conte di Carmagnola mentre sta per essere tenne a bada i Senesi; piegò il Duca di Urbino e, di San Todaro e condotto al supplizio, raccomanda la sua famiglia all’amico Gonzaga, ultima scena della tragedia soprattutto, conferì dignità professionale alle sue squadre San Marco. di Alessandro Manzoni mercenarie. Rendendolo protagonista dell’omonima tragedia, Manzoni 1834-1838 incisione (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense) Fu incaricato di riorganizzare l’esercito milanese: arruolati ritrasse il Conte di Carmagnola come un leale e fedele 3. Milano 1472 ed istruiti ottomila cavalieri e duemila fanti, rese al Visconti servitore di una Repubblica incapace di opporsi agli intrighi Codice Vaticano Urbinate tutti gli antichi domini lombardi. ed ai veleni delle varie Corti. Colpevole di tradimento o 4. Targa araldica della famiglia Carmagnola con le iniziali CO FR, “Comes Franciscus” La sua fedeltà fu premiata: il Duca gli conferì il titolo di vittima di una congiura esaltata dalla ingratitudine della unica traccia relativa alla prima fase costruttiva Conte, gli concesse la mano della parente Antonia e gli Serenissima? Le carte del processo andarono distrutte da del palazzo diede in dono il palazzo. un incendio. Alla gloria e alla fama popolare subentrarono l’invidia e la Nella divisione ereditaria, il palazzo Carmagnola passò diffidenza dello stesso Visconti, allarmato dal sospetto che alle figlie Antonia e Luchina, moglie di Luigi Dal Verme: il Bussone ambisse ad usurpargli il soglio ducale. Decise, questa riscattò la parte della sorella, divenendone unica così, di allontanarlo, affidandogli il governatorato proprietaria nel 1470. Bramante e Leonardo a Milano

1 Verso la fine del 1400, il Ducato di Milano, passato tecnico e formale. Intraprende il progetto per agli Sforza, prima sotto Francesco e poi sotto la grandiosa piazza davanti al castello, che avrebbe Ludovico il Moro, gode di una certa floridezza ospitato il suo capolavoro scultoreo, il gigantesco economica, prosperano le arti e la cultura. monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza. Intorno al 1480 Bramante e Leonardo arrivano a A questo colosso, che col piedistallo avrebbe dovuto Milano e vi trovano una scuola locale vivace e arrivare a quasi venti metri di altezza, Leonardo lavorò profondamente caratterizzata: essi non si molto, riuscendo però a realizzare soltanto il modello limitano quindi ad “esportarvi” i modi dell’Italia in terracotta, perché fu bloccato dagli irrisolvibili problemi centrale, ma entrano in contatto con la tradizione posti dalla fonditura. La sterminata piazza disegnata da lombarda. Leonardo era rettangolare, di cinquecento metri per Il lungo soggiorno in Lombardia diventa in tal modo una fase fondamentale nello sviluppo delle loro 2 personalità: al rapporto con la cultura lombarda, certo meno raffinata e rarefatta rispetto all’ambiente neoplatonico della Firenze medicea o di Urbino, ma verosimilmente più stimolante perché concede maggiore libertà all’impegno personale e alla volontà innovatrice di Bramante e di Leonardo, si deve aggiungere la spinta determinante alla crescita individuale data dalla felicissima circostanza del loro incontro e dei sicuri rapporti nella loro contemporanea attività. Primo tra i due a giungere il Lombardia è Bramante, che vi svolge dapprima opera di pittore e di prospettico e che da questa esperienza passa poi definitivamente all’architettura. Di questa fase è la decorazione della sala detta degli “Uomini d’Arme” della casa Panigarola. L’organizzazione prospettica del ciclo diventa trecentotrenta, molto superiore di quella davanti a invenzione di uno spazio S. Pietro. Di fronte avrebbe dovuto aprirsi uno stradone spettacolare, teatrale. Ed è proprio largo circa cinquanta metri, inizio di un percorso Bramante che per la prima volta rettilineo che dal Castello avrebbe portato all’Ospedale applica un simile illusionismo Maggiore, passando di fianco al Duomo. Su questo prospettico anche ad un edificio stradone, costeggiato dalle facciate di eleganti dimore architettonico, nel progetto per la patrizie, si sarebbe trovato allineato anche il Palazzo chiesa di S. Maria presso Dal Verme, che nel frattempo è stato confiscato agli S. Satiro. L’area a disposizione eredi del conte Carmagnola. Viene acquisito dalla per la costruzione della chiesa Camera Ducale; poi, dopo vari trapassi, è rivendicato dal non permetteva di realizzare un coro 4 delle necessarie dimensioni: Bramante risolve il problema con la creazione di un coro “ prospettico” in stucco dipinto, creando una profondità spaziale illusoria, in uno spazio reale che è di pochi centimetri. Tra il 1482 e il 1500 anche Leonardo è a 3 Milano; sono anni in cui si divide tra l’arte 1. Leonardo e la scienza. Nell’ambito dell’architettura, la libertà e Moro, il quale se ne impossessa. “Progetto pilota” per l’espansione di Milano, c. 1493 Codice Atlantico, fol. 65v-b l’originalità del pensiero di Leonardo combaciano Resta, da ultimo, un cenno sulle opere di pittura 2. Donato Bramante perfettamente con il clima di rinnovamento urbanistico condotte da Leonardo a Milano: da ultimo non per Santa Maria presso San Satiro, Milano, 1482- 1486 voluto e pianificato dal Moro. Leonardo si mette a successione cronologica, ma perché la pittura pianta e interno progettare la Milano del futuro, razionale e spaziosa. rappresenta per Leonardo il culmine della sua ricerca, il 3. Leonardo La vergine delle rocce, olio su tavola trasportata su tela Intorno al 1493 propone un piano regolatore con un momento più alto e conclusivo della sua attività, il 1483-1486, (Parigi, Musée du Louvre) progetto pilota, non più utopistico nel senso “maggior discorso mentale” come egli stesso la 4. Leonardo L’ultima cena, tempera su muro quattrocentesco di città ideale, ma basato su esigenze definisce. Tra le opere del periodo milanese, Milano, Convento di Santa Maria delle Grazie, concrete della società contemporanea e dalle situazioni “La Vergine delle rocce”, “L’Ultima cena” e, nel genere refettorio, 1495-1498 reali, geografiche e politiche. Il mecenatismo di Ludovico figurativo del ritratto, “La Dama dell’ermellino” sono a gli affida anche incarichi prestigiosi, di grande impegno buon diritto le più famose. La Dama dell’ermellino

1 Eseguito tra il 1489 e il 1490, costituisce un potrebbe appunto essere riferito al palazzo Dal Verme. ulteriore passo avanti nel nuovo stile Si è sempre pensato che tale disegno fosse relativo al leonardesco: il complesso schema formale, Castello, ma l’ipotesi del Pedretti contesta questa i movimenti fissati come in un’istantanea, attribuzione, sostenendo che una simile invenzione rimandano un’immagine viva e pensante. architettonica sarebbe stata incongruente con le funzioni È veramente il primo “ritratto moderno”. militari della fortezza. Il progetto effettivamente L’ermellino, tradizionale simbolo di purezza realizzato per il palazzo fu chiaramente diverso, i tempi e moderazione, venne trasformato in motivo lunghi di Leonardo erano incompatibili con l’urgenza di araldico a emblema dell’ordine di San Michele (detto appunto dell’Armellino), che il 3 re di Napoli aveva istituito nel 1465 e che venne conferito a Ludovico il Moro nel 1488. Era un’ambitissima onorificenza della quale si fregiavano il re d’Inghilterra e il duca di Urbino. Il nome greco dell’ermellino “galè” evoca il cognome della bella cortigiana ritratta da Leonardo, nella quale si riconosce la figura di Cecilia Gallerani, che i documenti menzionano come la “Gallerana”. Cecilia appartiene a una nobile famiglia di notabili di origine toscana e a sedici anni diviene amante del Moro: è accolta nella corte milanese, nella quale brilla per bellezza, 1. Leonardo eleganza e cultura. Parla correntemente latino e fa del Dama dell’ermellino (ritratto di Cecilia Gallerani) canto e della scrittura i suoi principali interessi. 1489-1490 Il 3 maggio del 1491, al Castello di Milano, dà alla luce (Cracovia, Czartoryski Muzeum) un bambino, figlio del Moro, che prende il nome di 2. Leonardo Schizzi di architettura, c. 1495 Windsor, n°12552 2 3. Pianta del Palazzo Carmagnola Milano, Biblioteca Trivulziana Raccolta Bianconi 4. Leonardo disegno di capitello, c. 1495 Codice Atlantico, fol. 266v-a, particolare 5. Capitello proveniente da via Broletto 20, Milano

rendere abitabile la casa al più presto. Il grande edificio, giudicato dai contemporanei tra i più belli della città, è raccolto attorno a due cortili: il minore, meglio conservato, è proprio quello verso la via Rovello. Il maggiore, verso la via Solata, è realizzato in questi anni, nell’ambito del progetto di ampliamento del palazzo, ma ha subito nei secoli pesanti rimaneggiamenti. Non è noto il nome dell’architetto che progettò il nuovo cortile e rinnovò quello più piccolo, probabilmente sostituendo Cesare Sforza Visconti. Già prima dell’evento, capitelli e arcate e rifacendo la loggia superiore. Come essendosi sposato da pochi mesi con Beatrice d’Este, abbiamo visto, in quegli anni erano attivi a Milano il Ludovico decide di allontanare la Gallerani dal Castello. Bramante, Leonardo, il Bramantino, Giuliano da Bisogna trovarle una degna dimora, non troppo distante, Sangallo, Giovanni De Busti e Cristoforo Solari. perché i rapporti tra loro, grazie anche al legame del La contemporanea presenza di quest’ultimo presso la figlio, non saranno troncati. A Cecilia sarebbe stato bramantesca sacrestia di Santa Maria delle Grazie, è assegnato un palazzo prestigioso, il palazzo Dal verme, documentata anche dai Registri della Fabbrica del del quale il Moro si era da poco impossessato, che Duomo, nei quali si legge: “….non potè assumere altre sorgeva tra la contrada “Solata” (ora via Broletto) e commissioni perché impegnato dal Duca Ludovico nel quella di San Nazaro in “Brolio”, nella parrocchia palazzo della Cecilia Gallerani….” e suo potrebbe di S. Tomaso. essere anche il portale del palazzo, Ludovico vi fa eseguire vari 4 5 con le spalle e la trabeazione lavori di restauro e di decorate con motivi scultorei. miglioramento, chiamando a Evidenti influssi bramanteschi sono consulto vari ingegneri, artisti ed riscontrabili nei due cortili, tant’è architetti. Già nel periodo in cui che il Mongeri ne parla come di aveva posato per il dipinto, “….uno di quei lavori in cui il Moro Cecilia ha modo di apprezzare mise più che altrove a contributo Leonardo e di comprenderne le l’alta virtù del maestro d’Urbino, straordinarie doti. Secondo Bramante…”. I capitelli delle un’ipotesi di Carlo Pedretti, è colonne, di grande finezza ed proprio a Leonardo, divenuto ormai suo amico, che la eleganza, sono documentati in un’incisione del Mongeri Gallerani si rivolge per il progetto della casa. Esiste uno (del 1872) e confermano la stretta parentela con quelli di schizzo leonardesco di edificio con torrione, cinto da altri edifici costruiti nella corte sforzesca, di cui esistono logge e sormontato da una cupola a lanterna, che schizzi anche di Leonardo. 1500-1770. I passaggi di proprietà

1 Spodestato, messo in fuga e poi fatto pala di Enea Salmeggia, detto il Talpino, recante prigioniero il Moro, il Re di Francia l’immagine della Vergine in cielo, adorata da Luigi XII nel 1499 subentra nei suoi Sant’Ambrogio e da San Carlo, con sullo sfondo beni e nello stesso anno dona il un’immagine di Milano. nostro palazzo al suo generale conte Quando nel 1635 fu istituita dal Governatore Leganes la di Ligny. Milizia Urbana, vi fu trasferita in alcuni locali l’armeria. Cecilia, che nel frattempo aveva In questo periodo, il Comune deve sopportare due sposato il conte Ludovico Carminati de Brambilla, dovette fuggire e 4 lasciare il palazzo, trovando aiuto in Isabella d’Este a Mantova. Dopo la morte del generale Ligny, il Re Luigi XII ne rientra in possesso e nel 1504 lo dona al Gran Maestro di Francia Carlo D’Amboise il quale,

1. La Gran Città di Milano 1573 appena presone il possesso, si affretta a venderlo per 2. Città di Milano 1734 venticinque mila lire imperiali a Francesco Beolchi, 3. Città di Milano, 1734. maestro delle entrate regie e ducali, con l’autorizzazione Dettaglio sull’area del Palazzo Carmagnola del Re. Il Beolchi, che evidentemente l’aveva comprato 4. G.B. Parodi Sant’ Ambrogio, c. 1715. Chiostro minore, lato nord per lucrarvi, lo stesso anno lo mette all’asta, suscitando 5. Incisione scoperta durante il restauro su una colonna del Chiostro minore: indica il 1666, 2 data in cui presumibilmente sono stati eseguiti i lavori di ristrutturazione o di manutenzione del palazzo

3 l’opposizione dei lunghissime liti per il possesso del palazzo. vecchi confinanti che Con una procedura durata dal 1540 al 1633 i Dal Verme non erano stati pagati tentarono invano di ottenere che fosse dichiarata illegale per le vendite fatte al l’occupazione del palazzo effettuata dal Moro e Moro, al tempo della ricostruzione e 5 ristrutturazione da lui attuata. Tuttavia il Beolchi, che probabilmente finì col tacitarli, nel 1509 riesce a venderlo al Generale delle Finanze Sebastiano Ferrerio. Ritornati gli Sforza nel possesso del Ducato nel 1512 con Massimiliano, primogenito legittimo del Moro, i Dal Verme furono riammessi nei loro feudi confiscati e forse anche annullate pertanto tutte le sue conseguenze. nel possesso del palazzo: comunque per poco tempo Più breve fu la causa tra i discendenti dei due figli perché, cessato nel 1515 l’effimero dominio sforzesco, naturali del Moro: Cesare, avuto dalla Gallerani e Gian il palazzo ritornò al precedente proprietario. Paolo, avuto da Lucrezia Crivelli. Nel suo testamento Sebastiano Ferrerio, il 19 agosto del 1519, lo vende alla Ludovico aveva lasciato il palazzo a Cesare, assieme ad Città di Milano, la quale vi trasporta il broletto o mercato un lascito di dieci mila ducati, da devolversi però al delle farine. Da allora esso ospitò il foro farinario civico, fratellastro Gian Paolo nel caso – che di fatto avvenne – con gli annessi vasti granai per le scorte accantonate in della morte prematura di Cesare. prevenzione delle carestie. Sotto i vasti portici si La controversia riguardo ai diritti sul palazzo, si concluse aprivano le botteghe affittate ai mercanti di granaglie e vi con una sentenza del Magistrato che giudicò non essere era l’Osteria della Città , che apparteneva al Comune, valida la disposizione testamentaria del Moro, perché che la dava in appalto. all’atto della sua morte, avvenuta in prigionia in Francia In mezzo al cortile vi era un pozzo ornato da quattro nel 1508, quel bene non era più in suo possesso. pilastri. Ai piani superiori vi erano i granai e gli uffici dei Nel 1711 una parte dei locali, compresa l’Osteria, fu malossari (marossèe, mediatori). ceduta al Banco di Sant’Ambrogio. Vennero eseguiti dei Nel 1598 vi fu eretta una cappella al titolo della restauri e qui vennero trasferiti gli uffici. Fu chiamato il Madonna della neve, patrona dei Farinari. pittore genovese G.B. Parodi per dipingere in una delle Vianello parla di un altare sormontato da una magnifica sale il santo protettore di Milano. 1770-1947. Fra il tragico e l’eroico

1 Nel 1770 il palazzo fu oggetto di un radicale nucleo redazionale del foglio periodico “Il Caffè”. restauro, a seguito dell’opera di riforma Un altro famoso protagonista della storia milanese trova istituzionale promossa dall’Arciduca la fine all’interno dell’edificio: Giuseppe Prina, Ministro Ferdinando, figlio di Maria Teresa d’Austria, delle finanze del governo napoleonico. Nel corso della ormai stabilitosi a Milano e anche per sommossa divenuta celebre come “battaglia delle iniziativa dello storico milanese Giorgio ombrelle”, di pochi giorni successiva all’abdicazione di Giulini, che ottenne che qui fosse trasferito Napoleone, il popolo milanese invade il Senato, per poi l’archivio civico. Le sorti del palazzo dirigersi, furioso, verso la casa di Prina. Alcuni uomini lo incominciarono a migliorare, finchè nel 1786 gettano in strada dalla finestra e lo lasciano preda della vi si trasferì l’amministrazione comunale, folla inferocita, che ne strazia il corpo per più di quattro ribattezzando il palazzo col nome di Broletto ore, colpendolo ripetutamente con le punte degli ombrelli Nuovissimo, in sostituzione dell’ormai e trascinandolo, irriconoscibile, per le vie di Milano. inadeguato Broletto di . Un drappello di guardie civiche gli porge soccorso e lo Il palazzo ridiventò uno dei maggiori della città e ricovera all’interno del palazzo Carmagnola, ma è troppo fu teatro di eventi fra il tragico e l’eroico. tardi: Prina si spegne la sera del 20 aprile 1814. Le vicende tumultuose 1. Carlo Stragliati 3 Episodio delle Cinque Giornate di Milano 2 dell’Ottocento milanese in piazza Sant’Alessandro, 1898 (Milano, Museo del Risorgimento) vedono di nuovo 2. Città di Milano 1801 protagonista il palazzo: nel 3. Milano 1830 corso delle Cinque 4. Milano 1850 Giornate, mentre per le 5. Milano 1910 strade si combatteva e si 6. Sede del Dopolavoro civico, erigevano le barricate, vi fu facciata di via Broletto, 1930 costituita la Guardia Civica e diventò la sede del movimento di liberazione della città. La sera del 18 marzo 1848 il generale Wallmoden 4 diede ordine alle truppe austriache di prendere d’assalto l’edificio: sfondarono il portone a cannonate, invasero le stanze e fecero prigionieri i milanesi ribelli che vi si erano asserragliati. Il palazzo, abbandonato nel 1861 dal Comune per la sede più ampia di , passò di proprietà 6 5 allo Stato, divenendo sede dell’Intendenza di Finanza. Tra il 1890 e il 1892 la struttura subisce un radicale intervento di restauro, conforme alle modifiche previste dal nuovo Piano Regolatore per la via Dante. Con l’allargamento di via Broletto, il cortile maggiore subisce una radicale mutilazione e perde un lato. Nuovi restauri, scarsamente attenti al glorioso passato e al valore architettonico del palazzo, si attuano tra il 1938 e il 1939, per adeguare la struttura a sede del Dopolavoro Civico. Una novità rilevante consiste nella creazione, all’interno del palazzo, di uno spazio con destinazione d’uso a luogo per lo spettacolo. Le assi del piccolo palcoscenico saranno calcate da una compagnia filodrammatica, prima che la sala sia adibita a cinematografo. Trascorrono pochi anni prima che un’ulteriore, drammatica vicenda abbia luogo nell’edificio di via Rovello: nell’aprile del 1944 il neonato Ufficio Politico della Legione autonoma mobile Ettore Muti vi stabilisce la propria sede. In linea teorica spetta alla Legione garantire alcuni servizi essenziali e preservare l’ordine pubblico a Milano. Sin dai primi mesi di attività, sono però numerose le segnalazioni relative alla brutalità degli uomini della Muti, al punto che il Ministro degli Interni promuove un’inchiesta. Essa conduce ad una Nel 1797, durante la Cisalpina, alcuni locali al piano riorganizzazione dell’unità, che passa sotto il controllo terreno furono adattati a “case di arresto”, a luoghi di della polizia tedesca, assumendo modi d’azione se detenzione, cioè, entro i quali i congiunti possono fare possibile ancora più efferati. L’orrore, le torture, i visita al carcerato. versamenti di sangue hanno finalmente termine solo il Nello stesso anno, proprio fra le mura del nostro 25 aprile 1945. palazzo, colto da improvviso malore, muore Pietro Verri. I drammatici segni del passato sono però presenti Scrittore, intellettuale, filosofo, storico, economista, ancora due anni dopo, nel 1947, quando Giorgio politico, Verri aderisce con decisione alla corrente Strehler, assieme a Paolo Grassi, dà un calcio alla porta illuminista e fonda l’ ”Accademia dei pugni”, iniziale d’ingresso….e segna il futuro del nostro teatro italiano. 14 maggio 1947

1 È il 26 gennaio 1947 quando sulle punto di riferimento non solo per il pubblico di teatro, cronache milanesi del “Corriere della ma fare parte – per così dire – del paesaggio della città. Sera”, a pagina 2, in basso a sinistra, Nel caso del la necessità di un compare una notizia di poche righe: insediamento stabile viene fatta scaturire da un bisogno “La Giunta municipale, in una delle sue del corpo sociale: una funzione di cui la municipalità ultime riunioni, ha approvato la deve dotarsi non come il manifestarsi del privilegio delle trasformazione dell’ex-cinema Broletto in famiglie preminenti, (come fu appunto nell’Ottocento), teatro, che sarà municipalizzato, ossia bensì come istituzionale: per tutti, come recita gestito direttamente dal Comune e il manifesto del Piccolo. In esso, infatti, si realizza prenderà il nome di Piccolo Teatro della quel progetto politico che rivoluziona la pratica teatrale città di Milano. Secondo dichiarazioni del Dopoguerra, assegnando al teatro il ruolo di pubblico dell’assessore Jori, il nuovo teatro si servizio culturale. aprirà probabilmente verso la metà di L’alzata di un sipario è il punto culminante della nascita di un aprile (non appena cioè saranno finiti i teatro. Nel caso del Piccolo, determinante fu il sodalizio lavori di riordino e di adattamento) con una stagione di prosa, alla quale potranno 2 anche essere intercalate manifestazioni concertistiche di particolare rilievo. Una commissione, composta da uomini di 1. Gianni Ratto teatro e di lettere, sta già studiando il repertorio che si bozzetto per L’albergo dei poveri, 1947 (Archivio Piccolo Teatro di Milano) adatti al palcoscenico e alla sala e la formazione della 2. L’ingresso storico di via Rovello compagnia che verrà appositamente costituita”. 3. Cortile minore verso via Rovello La città potrà dunque contare sulla nascita del primo (Archivio Piccolo Teatro di Milano) teatro stabile italiano. Stabile è un teatro che ha una 4. Pianta dello stato di fatto, prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione, adeguamento e restauro sede fissa, luoghi dove lavorare, dove confrontarsi, dove provare gli spettacoli che andranno in scena. Stabile vuole anche dire rifiuto del provvisorio, diventare un

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stretto tra Paolo Grassi e Giorgio Strehler; tale collaborazione nasce dalla passione comune per il teatro, che ebbe origine dalla frequentazione della Scuola dei Filodrammatici, già prima dello scoppio della guerra. Grassi e Strehler si ritrovano, a fine conflitto, in una Milano che vuole rifondare nuove regole di convivenza e riscoprire il valore fondamentale della cultura. L’incontro con Antonio Greppi, allora sindaco di Milano, permette loro di concretizzare le loro intenzioni. Si trova la sala, in 4 via Rovello, nell’antico Palazzo del Broletto. Si profila la struttura, istituzionale, che solo nel 1958 sarà definitiva e riconosciuta nella forma dell’Ente Autonomo. Si alza il sipario: è il 14 maggio 1947. Va in scena “L’albergo dei poveri”, di Gorkij, con la regia di Giorgio Strehler, la scenografia di Gianni Ratto e i costumi di Ebe Colciaghi. La sala del Piccolo, come dice il suo nome, è piccola davvero. Il palcoscenico, su cui verranno rappresentati spettacoli che hanno fatto la storia del teatro non solo italiano, è minuscolo, quasi amatoriale, misura cinque metri per sei. Bisognerà aspettare il 1952 quando, su progetto degli architetti Rogers e Zanuso, il Piccolo viene ristrutturato: aumentano i posti a sedere in sala, il palcoscenico raggiunge gli otto metri di larghezza, l’impianto luci è rivoluzionato. Oltre agli spazi destinati alle attività del teatro, il palazzo Carmagnola ha ospitato anche gli uffici del Settore Finanze del Comune di Milano. Il cortile minore, proprio quello verso la via Rovello, veniva impiegato come area a parcheggio o come zona deposito, fino a quando, nel marzo del 2008 sono iniziati i lavori di ristrutturazione, adeguamento e restauro. Il restauro, le scoperte I dipinti murali del portico

1 Nucleo più antico di Palazzo tempera, realizzata a chiaroscuro bianco e nero, con Carmagnola, trasformato ed alterato accurate lumeggiature ed ombreggiature, raffigurante dai numerosi interventi subiti nel corso elementi architettonico-decorativi che ripartiscono lo degli anni, il chiostro “minore” ricopre spazio ed evidenziano arcate e specchiature: tondi, particolare interesse artistico per riquadri con intrecci geometrici ed elementi floreali l’inaspettata scoperta di dipinti murali (rosette), cornici a modanatura semplice, a foglie, a realizzati a monocromo, caratterizzati fusaiola. da elementi architettonico-decorativi d’impostazione rinascimentale. 3 Da approfondimenti documentali, l’impianto decorativo sarebbe riconducibile -per caratteristiche esecutive e stilistiche- ad interventi eseguiti su committenza di Ludovico il Moro, finalizzati a donare il Palazzo a Cecilia Gallerani. I dipinti vengono citati anche da Carlo Torre in “Ritratto di Milano” del 1677.

1. Dopo la demolizione dei tamponamenti murari, sugli intonaci di soprarco e sottarchi sono stati eseguiti saggi 2 stratigrafici che hanno rivelato la presenza dell’apparato pittorico. Successivamente piccoli tasselli d’ispezione sono stati distribuiti su tutti i lati del porticato, alfine di riscontrare l’estensione effettiva della decorazione murale. 2. Veduta di una porzione di dipinto a restauro ultimato: i soggetti decorativi mancanti non vengono riproposti, le lacune vengono risarcite con malta ad impasto “neutro”, cromaticamente adeguato alla tonalità di fondo dell’intonaco originale. 3. Particolare durante la pulitura: rimozione a bisturi dei residui di scialbi e ridipinture dalla pellicola pittorica originale, dopo l’asportazione dell’impacco. 4. Veduta di una porzione di dipinto, dopo il restauro 5. La raffigurazione di S.Ambrogio del pittore genovese 4 G.B. Parodi all’interno del sopraporta in stucco del passaggio tra portico e sala teatrale, testimonia la fase di rinnovamento di inizio settecento del palazzo.

In seno alla ristrutturazione della sede storica del Piccolo Teatro di Milano, il rinvenimento dei dipinti murali ritenuti perduti nel corso dei consistenti rimaneggiamenti dell’edificio, ha fortemente condizionato gli obiettivi del progetto iniziale, che prevedeva il recupero di soltanto metà corte minore, quella verso nord, più prossima e già in uso al Teatro. L’importanza ed unicità dei manufatti svelati, unitamente alla sensibilità e capacità di rivedere in corso d’opera le linee progettuali, hanno portato al recupero e alla valorizzazione dell’intera corte, ripensando L’intervento di restauro ha richiesto un particolare impegno ed ampliando anche gli spazi per la rimessa in luce dei dipinti: 5 inizialmente previsti ad uso del teatro — rimozione delle reintonacature sovrapposte, a cui è stesso. seguita una lenta ed accurata rimozione manuale di spessi Al momento dell’intervento, il porticato strati di ridipinture e rasature a calce soprammesse alla appariva snaturato nel suo aspetto superficie pittorica, eseguita per mezzo di bisturi e piccole decorativo originario, a causa di spatole metalliche, previa applicazione di soluzioni interventi di manutenzione che nel emollienti tempo ne avevano variato la — messa in sicurezza dei supporti distaccati, ristabilendo destinazione d’uso: tamponamenti in l'adesione tra muratura ed intonaco con iniezioni di malte muratura chiudevano le arcate dei lati idrauliche specifiche per il restauro nord ed est, allo scopo di ricavare — fissaggio e consolidamento della pellicola pittorica in vani aggiuntivi, garage, depositi. presenza di scaglie di colore sollevate e di parti decoese Sopra alle arcate, l’omogeneità — rimozione meccanica di risarcimenti di manutenzione superficiale dell’intonaco non lasciava dell’intonaco e di tutti gli elementi dell’impiantistica obsoleta intuire l’esistenza di alcun apparato — pulitura della superficie da sporco e residui dello decorativo al di sotto dei molteplici scialbo, direttamente aderenti alla pellicola pittorica, con strati pittorici, delle rasature e degli soluzioni acquose di sali inorganici applicate ad impacco o strati di malte apposte nel corso delle applicazione di resine a scambio ionico manutenzioni succedutesi. — risciacquo con acqua distillata ed estrazione dei sali Lo studio delle superfici con solubili e delle macchie con compresse assorbenti esecuzione di tasselli stratigrafici, ha — stuccatura delle fessurazioni e delle lacune presenti, identificato la presenza omogenea dei con malta intonata alla colorazione di fondo dell’intonaco pregevoli dipinti sugli intonaci originale soprastanti le arcate e sui rispettivi — reintegrazione pittorica finalizzata al solo risarcimento di sottarchi dei quattro lati del portico. piccole lacune, abrasioni e stuccature di esigua dimensione, Trattasi di una pittura murale a con tecnica a velatura ad “abbassamento di tono”. Il restauro, le scoperte Le colonne e il sopraporta in stucco

1 Il cortile minore di Palazzo Carmagnola è 3 a pianta quadrata e consta di un porticato a 6 arcate a tutto sesto per lato, impostate su colonne in serizzo e granito, ingentilite da capitelli in pietra calcarea ornati da particolari scultorei-decorativi con rappresentazioni vegetali e di piccoli mascheroni. Il colonnato risultava, per i lati nord ed est del portico, inglobato nella muratura di tamponamento degli archi, alterando - 2 unitamente al posteggio delle auto- la struttura di corte porticata del palazzo. Capitelli e fusti presentavano malte, scialbi e tinteggiature in continuità coi tamponamenti murari. Depositi coerenti e croste nere ricoprivano buona parte delle completato con l’applicazione di un protettivo idrorepellente. superfici esposte verso l’esterno; le parti Il sopraporta in stucco, riferibile alla fase decorativa di maggiormente esposte alle piogge inizio settecento, appariva completamento alterato da evidenziavano i segni di ruscellamento trattamenti fissativi-consolidanti di manutenzione, che dell’acqua, a cui si associavano fenomeni conferivano un incupimento bruno scuro a tutta la localizzati di decoesione, disgregazione e superficie. 1. Veduta del cortile verso nord, sono evidenti corrosione materica. Un’ampia porzione a destra del cartiglio con il dipinto di S. i tamponamenti degli archi e l’uso a parcheggio Questa tipologia di degrado, interessava in particolar Ambrogio, risultava completamente distaccata dalla dell’area esterna muratura sottostante. 2. Veduta del cortile verso nord dopo i restauri modo le basi delle colonne, poiché esposte anche ad 3. Particolare di un capitello inglobato nella muratura acqua battente, ristagni ed umidità di risalita. Laddove Si è provveduto innanzitutto al consolidamento statico del di tamponamento degli archi l’acqua permaneva a lungo, si riscontravano localmente manufatto, mediante inserimento di alcuni perni in acciaio 4. Alcune decorazioni dei capitelli dopo il restauro attacchi biologici. per l’ancoraggio del modellato alla muratura; 5-6. Sopraporta in stucco, prima e dopo il restauro le discontinuità tra stucco e struttura muraria sono state colmate mediante iniezioni di malte idrauliche specifiche per il restauro. Dopo la rimozione di ridipinture e trattamenti superficiali per mezzo di ripetuti impacchi acquosi di sali inorganici coadiuvati dall’asportazione meccanica a bisturi, sono state stuccate piccole fessurazioni e lacune del modellato. I residui di macchie e le stuccature sono state riequilibrate 4 4 4 cromaticamente, mediante velature di colore a calce.

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Le parti inferiori dei fusti e le parti aggettanti dei capitelli, presentavano lacune dei modellati, sia per corrosione che prevalentemente per danni da urto. Sulle basi calcaree, erano presenti inoltre fessurazioni ed alcune manutenzioni avvenute con malte incongrue per morfologia e/o composizione.

Dopo la demolizione delle murature posticce, si è 6 intervenuti recuperando la superficie lapidea con: — la rimozione meccanica delle malte di manutenzione e degli strati di pitture murali (tinteggiature), utilizzando strumenti di precisione manuali (microscalpelli e microincisori pneumatici); — la rimozione degli attacchi biologici ed il preconsolidamento localizzato delle parti basali interessate da fenomeni di decoesione. La pulitura dai depositi di varia natura, è stata effettuata integrando metodi acquosi e a secco. Sono stati riposizionati alcuni frammenti di capitelli distaccatisi, mediante incollaggio con resine ed inserimento di perni di sostegno; giunti e piccole lacune sono stati stuccati con malta di calce a caratteristiche analoghe alla superficie originale circostante. Il restauro è stato Il restauro, le scoperte Soffitto ligneo

Il portico è caratterizzato dalla 2 2 1 presenza di un importante soffitto ligneo di epoca quattrocentesca, con travi in rovere per l’orditura principale; mensole, travetti e tavolato originale sono realizzati in abete rosso, con sostituzioni più recenti in abete bianco. Osservando il raccordo tra gli ammorsamenti degli elementi lignei e i dipinti parietali, si è dedotto infatti che essi sono riferibili alla stessa fase decorativa. Originariamente, almeno in parte il soffitto era dipinto a primarie, prima della modica - forse settecentesca - motivi geometrico-decorativi dei solai; fodere sottili anche in compensato, ripetitivi e policromi dei quali, al contraddistinguevano le chiusure operate per il passaggio di sotto delle pesanti più recente degli impianti tecnologici. verniciature manutentive, se ne È stata eseguita un’accurata fase di campionatura è rinvenuta sostanzialmente preliminare, allo scopo di individuare tra tecnologie note e un’impronta e piccole tracce di metodologie di intervento consolidate in uso al restauro, colore, che suggeriscono la un metodo operativo coerente agli obiettivi di intervento: qualità artistica originaria l’asportazione 3 dell’opera. delle Sono stati recuperati anche numerosissime lacerti pittorici di una fase ridipinture e delle manutentiva presumibilmente rasature e il settecentesca, caratterizzata da recupero e la una coloritura grigia ad olio. massima conservazione 1. Soffitto ligneo del lato sud dopo il restauro. Al momento dell’intervento, un settore era completamento delle tracce di 2. Veduta di un settore di soffitto ligneo prima e dopo occultato da una controsoffittatura e tutta la superficie era decorazione l’intervento di restauro. completamente interessata da pesanti ridipinture marroni originaria del 3. Particolari riemersi della decorazione pittorica del soffitto. ad olio e di vernice sintetica. I saggi eseguiti per la loro 4 soffitto. In seguito 4. Porzione di soffitto non interessata da ridipinture, rimozione, hanno subito evidenziato la presenza di motivi agli esiti delle poichè recuperata con la demolizione della muratura prove, è stato lungo il lato sud del portico. decorativi: girali, rosette, motivi geometrici dipinti in rosso, ritenuto opportuno 5. Particolari riemersi della decorazione pittorica nero e verde-azzurro. del soffitto, dopo la pulitura. Stuccature e rasature localizzate a base di gesso, procedere con chiudevano fessurazioni e discontinuità del legno; elementi una metodologia di essenza diversa tamponavano le cavità integrata, in parte dell’alloggiamento dei ferri di ancoraggio delle travi a secco ed in parte a solvente. Per l’eliminazione 5 5 degli strati spessi e più esterni si è operato con microsabbiatura di precisione, a bassissima pressione di esercizio, seguita da applicazione a tampone di solventi organici e acqua deionizzata, per la delicata ed accurata rimozione degli ultimi strati direttamente adesi alla superficie lignea e ai lacerti pittorici da conservare. Tale metodologia è risultata efficace, poiché ha permesso di rimuovere selettivamente gli strati di ridipintura per passaggi progressivi, consentendo di controllare il livello di 5 asportazione desiderata e consentendo - quando necessario - il fissaggio localizzato della pellicola pittorica originale, indispensabile per il completamento della pulitura a tampone e solvente. L’intervento è proseguito con: — la rimozione meccanica delle rasature, dei risarcimenti in stucco e degli elementi estranei presenti (vecchi impianti, elementi metallici ecc.) — il fissaggio della pellicola pittorica antica — il consolidamento delle fibre lignee decoese — il fissaggio ed incollaggio delle parti instabili — il ripristino e trattamento superficiale dei vincoli metallici esistenti — la rimozione e rifacimento di inserti in legno degradatisi o inadeguati — la riequilibratura cromatica finale delle sostituzioni e delle alterazioni cromatiche della superficie non reversibili — l’applicazione finale su tutta la superficie di prodotto impregnante e protettivo a base di resine e cere naturali. Il restauro, le scoperte Dipinto con “arpia”

La presenza di un soggetto figurativo 2 2 1 antropomorfo identificabile con un’ ”arpia” caratterizza i dipinti murali presenti in questo vano adiacente al lato est della corte. Questi manufatti, coevi ed analoghi per tecnica esecutiva a quelli rinvenuti nel portico, sono stati scoperti nello spazio soprastante la controsoffittatura, messa in opera per occultare le canalizzazioni dell’aria addossate alla parete. Dai lacerti sopravvissuti e rimessi in luce, si può leggere una trabeazione dipinta in chiaro-scuro, caratterizzata da un cornicione superiore decorato con fogliette, mensole, ovuli e dentelli La porzione d’angolo verso il cortile di V. S. Tomaso, e da un fregio decorato con figure aveva subito infiltrazioni d’acqua e presentava fenomeni antropomorfe modulari raffiguranti di efflorescenze saline, con formazione di spesse patine arpie, di cui ne rimane una sola. biancastre. Le zone interessate da ristagno d’acqua presentavano anche macchie scure, dovute alla La superficie era ricoperta da spessi colonizzazione di microrganismi. depositi di particellato convogliati dal vecchio impianto di aspirazione, da L’intervento di restauro, di tipo “archeologico”, è stato scialbi parzialmente in fase di distacco svolto con metodologie analoghe a quelle adottate per i ed era alterata cromaticamente. dipinti del portico, perseguendo un risultato complessivo 3 Presentava lacune dovute ad adeguamenti murari omogeneo, in dialogo con il cortile minore. dell’ambiente e ai punti di innesto in muratura delle travi del controsoffitto; in corrispondenza l’intonaco circostante risultava distaccato dalla muratura.

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1. Particolare del fregio decorato con arpia. 2. Particolare del dipinto e soffitto ligneo, prima e dopo il restauro 3. Il dipinto durante l’operazione di pulitura. 4. Vano a piano terra adiacente al lato est della corte: 5 6 dipinti murali coevi ed analoghi per tecnica esecutiva a quelli rinvenuti nel portico; caratterizzati da un soggetto figurativo antropomorfo identificabile con un’ ”arpia”. Ripresa dopo la rimozione dello scialbo e degli impianti che lo celavano e dopo il restauro. 5. Particolare dipinto in corrispondenza dell’affiancamento delle ali di due arpie, a sinistra l’ala della figura ritrovata, a destra parte di quella andata perduta. 6. Particolare del cornicione dipinto dopo il restauro. Il restauro, le scoperte Dipinti tardo medievali

In questi ambienti verso del grigio e del rosso, recanti motti in caratteri gotici. 1 il cortile di via Trattasi con probabilità di cortine murarie esterne, S. Tomaso, si trova modificate ed ampliate già nelle prime fasi del palazzo, l’ultimo importante con rappresentazione decorativa tipica e riscontrabile in ritrovamento avvenuto altre residenze sforzesche. nel mese di agosto 2009. Dopo la rimozione di intonaci recenti e dei tamponamenti A seguito della in laterizi moderni, si è provveduto ad un’accurata demolizione di murature rimozione dei residui delle malte incongrue-anche a base e intonaci di cementizia-che ricoprivano i decori, mediante rimozione manutenzioni recenti, è meccanica con strumenti di precisione (vibroincisori e stata scoperta una bisturi). porzione di muratura Laddove si è riscontrata la mancanza dell’apparato antica, riferibile ad dipinto, le malte residue a base di calce sono state epoca tardo medievale, mantenute. con conci dipinti a La pulitura della superficie è stata eseguita con un calce, direttamente lavaggio di base di tutte le murature con acqua e blanda sulla muratura, nei toni spazzolatura manuale; sulle parti dipinte è stata approfondita con applicazione di impacchi di sali 1. Porzione di muratura dei vani a piano terra: 2 2 muratura con conci dipinti recanti motti in caratteri gotici inorganici, al fine di asportare macchie e residui di calce (epoca tardo medievale). delle malte già rimosse. 2. Particolari dei conci, dipinti a calce direttamente sulla muratura. L’intervento di restauro verrà concluso nei prossimi mesi, con il risarcimento delle lacune principali della muratura, la stuccatura delle lacune dei giunti, la reintegrazione pittorica delle lacune di maggiore interferenza visiva.

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2 2 Gli interventi

1 2 3 Camerini – sala lettura Gli ambienti ad uso camerini sono situati al piano primo, secondo e terzo e sono dotati di personali servizi igienici e docce per gli attori. La pavimentazione in legno ed i soffitti in travi ed assito in legno a vista hanno contribuito al recupero estetico e funzionale, non trascurando l’adeguamento tecnico normativo. Gli ampli spazi del sottotetto del piano quarto 4 5 6 hanno una stupenda vista di Milano dall’alto e della torre del . Sono caratterizzati dal soffitto in legno a vista e la demolizione delle tramezzature interne ha permesso di recuperare novanta metri quadrati da adibire a sala lettura.

Ricostruzioni Le ricostruzioni hanno interessato principalmente 1. Particolare solaio in laterizio locale preparazione Demolizioni il corpo scala ascensore di via S.Tomaso, il scene Al fine di procedere all’adeguamento tecnico normativo, gli rifacimento/consolidamento dei solai in legno e laterizio 2. Demolizione vano scala S.Tomaso della zona camerini, la formazione /adeguamento dei 3. Demolizione solai in legno interventi di demolizione hanno interessato gran parte degli servizi igienici e del locale regia. 4. Recupero del sottotetto, piano quarto spazi del teatro con modalità mirate, particolari e selettive. 5. Particolare passerella porta tubi dalle macchine I solai in legno dei vari piani dei camerini sono stati oggetto Interventi indispensabili per permettere di adeguare alle di unità di trattamento dell’aria poste in copertura, di una sostituzione con interventi mirati di consolidamento normative vigenti il teatro e gli spazi annessi. alla distribuzione verticale in cavedio ed ammorsatura alle murature perimetrali. Interventi minimali, non particolarmente invasivi che si 6. Casseratura ed armatura trave di sostegno colonna in pietra, locale preparazione scene, piano terra Il corpo scala di via S.Tomaso, che permette il collegamento inseriscono nel contesto esistente. 7. Particolare travi in legno solai camerini ai vari piani dei camerini alla zona palco e spazi annessi, è stato Tuttavia il recupero dello spazio del chiostro sud ha 8. Sala lettura piano quarto, particolare soffitto in legno interamente demolito per i quattro piani e ricostruito in richiesto un consolidamento statico del solaio sovrastante 9. Particolare corridoio di distribuzione cemento armato con all’interno il vano per il nuovo (probabilmente danneggiato a seguito dell’utilizzo a ai camerini/servizi/docce granaio nel 1605) con travature in ferro e la completa 10. Camerino tipo ascensore. 11. Camerino con affaccio verso cortile S.Tomaso Il sottotetto (piano quarto) è stato completamente recuperato sostituzione della pavimentazione in beola grigia. con la demolizione del controsoffitto e la sostituzione della Nuovi elementi che vogliono indicare chiaramente carpenteria in legno della copertura a vista. l’intervento di recupero.

7 Impianti L’adeguamento degli impianti elettrici, speciali, di condizionamento e trattamento aria, rilevazione incendi, cablaggio, luci di scena ed antincendio hanno avuto una parte importante e delicata nella ristrutturazione /restauro del teatro e spazi annessi. Il recupero di cavedi, spazi aperti in contropareti hanno permesso di istallare circa 50.000 metri lineari di tubazioni, permettendo al locale regia ed alle sotto centrali di interfacciarsi con sistemi a memoria digitale e dimmerabili. 8 Il terrazzo è stato utilizzato per la posa delle macchine di trattamento aria e di raffrescamento. Le canalizzazioni dell’aria sono state sostituite ed adeguate per le portate di aria necessarie.

9 10 11 Gli interventi

Palcoscenico – platea – galleria Poltrone – stoffe La zona del palcoscenico è stata oggetto di un intervento Le 500 poltrone della sala sono state oggetto di un accurato radicale di recupero e rifacimento. restauro ed adeguamento delle parti meccaniche.In In particolare, nella parte sottostante, che in origine era particolare la struttura a ‘Z’ (arch. Zanuso) è stata suddivisa in piccoli spazi, si è intervenuti con la loro opportunamente revisionata, sabbiata e verniciata; i braccioli, demolizione totale, creando uno spazio unitario, gli schienali e la seduta in legno recuperati e lucidati. maggiormente fruibile ed adeguato alle normative. Le poltrone sono state imbottite con poliuretano e L’orditura del palcoscenico fissa è stata rimossa, successivamente rivestite in velluto rosso ignifugo. riprogettata ed eseguita Il meccanismo della seduta, revisionato e ripristinato con 1 con una struttura in ferro la sostituzione delle molle, ha permesso di ottenere un facilmente sezionabile ed ribaltamento immediato della seduta. apribile, al fine di Il rivestimento della sala è stato eseguito con teli di velluto permettere una rosso ignifugo di larghezza pari a cm. 70 uniti fra lori da comunicazione diretta giunti a “coda di topo”, posato su mollettone di tessuto non delle parti scenografiche e tessuto. Le finiture/fissaggi sono state eseguite con degli attori. passamaneria di colore rosso. La parte superiore di Il sipario ad apertura manuale su binari è in velluto rosso calpestio è in tavole di ignifugo accoppiato legno maschiate. con un tessuto 6 7 La torre scenica ed il ignifugo trevira palcoscenico sono stati oscurante con opportunamente adeguati ricchezza 100 x 100. alle normative antincendio Gli arlecchini mobile e con l’istallazione di fisso sono di materiali impianto sprinkler. uguali al sipario.

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1. I lavori di ristrutturazione del palcoscenico 6. La poltrona prima dell’intervento 2. La platea con il pavimento in legno di rovere 7. La poltrona dopo l’intervento 3. Particolare orditura in ferro palcoscenico 8. Rivestimento schienale in legno intarsiato 10 con velluto rosso 4. Demolizione gradinate galleria e formazione nuovo locale regia 9. Confezionamento sipario in velluto rosso ignifugo 5. La galleria con i nuovi gradoni in cemento armato, 10. Sabbiatura/verniciatura struttura a “Z” rivestiti in legno di rovere Gli interventi

Le facciate di via Rovello e di via S. Tomaso La facciata del cortile di S.Tomaso presentava un degrado A completamento degli interventi nel teatro e spazi elevato per la presenza di materiali in arenaria di contorno annessi, si è intervenuti sulle facciate esterne. delle finestre e fascie marcapiano, contorni che sono stati La facciata di via Rovello nel 1800 viene avanzata e consolidati e restaurati. ricostruita con grossi finestroni con contorni in cemento Gli intonaci originali completamente persi e rifatti sono stati decorativo nel primo piano e di granito al piano terra. oggetti di rasatura e tinteggiatura ai silicati di potassio. Le finiture sono state ulteriormente alterate nel corso degli Sono state inoltre recuperate tutte le parti in ferro battuto ultimi interventi sulla facciata, sia dal punto di vista delle grate e parapetti delle finestre. materico che cromatico. L’intervento vuole: 2 — recuperare la parte cromatica ora monocroma, con interventi mirati per i vari componenti architettonici ancora presenti (contorni finestre- sottogronda- fascia marca piano- bugne piano terra) 1 — intervenire sulla materia con una scialbatura rasante fine dell’intonaco.

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1. La facciata verso il cortile di via S.Tomaso, particolare contorno finestra in arenaria 2. La facciata verso il cortile di via S.Tomaso, smontaggio impalcature 3. La facciata di via Rovello prima dell’intervento 4. La facciata di via Rovello dopo l’intervento

4 VIA ROVELLO 2 TEATRO GRASSI

Il Palazzo Carmagnola Il passato, il restauro e l’intervento di riqualificazione della sede storica del Piccolo Teatro di Milano

Contributi a cura di Pasquale Francesco Mariani Orlandi architetto, direttore dei lavori e progettista degli interventi di restauro nell'ambito della variante tecnica (per la parte relativa agli interventi di riqualificazione) Simona Offredi restauratrice, direttore tecnico della Cooperativa per il Restauro (per la parte relativa alle scoperte e il restauro) Chiara Maria Galbiati architetto (per la parte storica)

Ricerca storica e reperimento del materiale iconografico Franco Viespro, Silvia Colombo e Katia Angioletti Archivio Storico e Fotografico del Piccolo Teatro di Milano Biblioteca Nazionale Braidense, Milano Museo del Risorgimento, Milano Biblioteca Comunale , Milano

Progetto grafico Emilio Fioravanti G&R Associati

Stampa Artisti Digitali di Padovan & C.

Allestimento Piccolo Teatro di Milano

Un particolare ringraziamento per l’esecuzione dei lavori a I.S.I. via Salvo d’Acquisto 19 - Agrate Brianza Cooperativa per il Restauro via Savona 14 - Milano Annibale Colombo via delle Betulle 3 - Novedrate (Co)