Universit Degli Studi Di Milano

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Universit Degli Studi Di Milano UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO SCUOLA DI DOTTORATO DIPARTIMENTO DI BENI CULTURALI E AMBIENTALI CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA INSCIENZE DEL PATRIMONIO LETTERARIO, ARTISTICO E AMBIENTALE Le pitture murali della Sala delle Asse nel Castello Sforzesco di Milano: l'iconografia del motivo ad alberi prima e dopo Leonardo L-Fil-Let/11 LUCA TOSI TUTOR Prof. G IOVANNI AGOSTI COORDINATORE DEL DOTTORATO Prof. A LBERTO CADIOLI A.A. 2015-2016 (XXIX CICLO) LE PITTURE MURALI DELLA SALA DELLE ASSE NEL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO : L'ICONOGRAFIA DEL MOTIVO AD ALBERI PRIMA E DOPO LEONARDO INTRODUZIONE .......................................................................................................... 7 1- S UCCESSO DEL MOTIVO LEONARDESCO DELLA SALA DELLE ASSE DOPO L 'INTERVENTO DI RESTAURO E RIPRISTINO DEL 1902 1.1 Premesse e protagonisti di una riscoperta........................................................... 21 1.2 I ritrovamenti di Müller Walde........................................................................... 25 1.3 L'intervento di 'ripristino' di Ernesto Rusca....................................................... 41 1.4 Beltrami e i detrattori dell'intervento.................................................................. 52 1.5 Le fotografie all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna........ 61 1.6 Ernesto Rusca oltre il Castello Sforzesco........................................................... 67 1.7 Il quarto centenario della morte di Leonardo (1919).......................................... 84 1.8 Fortuna editoriale del motivo della Sala delle Asse........................................... 99 APPARATO FOTOGRAFICO ................................................................................... 107 2- L A FLEBILE DIFFUSIONE NEL CINQUECENTO DEL MOTIVO LEONARDESCO DELLA SALA DELLE ASSE : ANALISI DELLE CAUSE E RIFLESSI PRESENTI IN ALCUNI CANTIERI LOMBARDI 2.1 Cinquecento – Novecento................................................................................. 189 2. 2 Dopo Ludovico il Moro................................................................................... 191 2.3 Il ducato di Francesco II................................................................................... 194 2.4 Una diffusione discontinua: il caso di Zelo Surrigone..................................... 203 2.5 Le committenze Arcimboldi: Bicocca di Greco e Abbazia di Viboldone ....... 212 2.6 Gli affreschi di Santa Maria delle Grazie a Soncino........................................ 227 2.7 Castello Lampugnani a Sulbiate e Villa Calchi alla Vescogna di Calco.......... 231 2.8 Riflessioni conclusive....................................................................................... 242 APPARATO FOTOGRAFICO ................................................................................... 249 3- L E FONTI ICONOGRAFICHE DELLA SALA DELLE ASSE : IPOTESI E PROPOSTE 3.1 Un percorso a ritroso ....................................................................................... 309 3.2 Gli alberi dipinti del Quattrocento....................................................................314 3.3 La Torre parigina di Jean Sans Peur e altri modelli europei ........................... 321 3.4 Esempi trecenteschi fuori dal ducato di Milano .............................................. 329 3.5 Conclusioni....................................................................................................... 337 APPARATO FOTOGRAFICO .................................................................................... 339 ATLANTE FOTOGRAFICO ...................................................................................... 371 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................ 385 RINGRAZIAMENTI ................................................................................................... 425 INTRODUZIONE Il montaggio dei ponteggi nella Sala delle Asse, avvenuto nell’estate del 2013, ha ufficialmente dato il via al cantiere di restauro atteso nel Castello Sforzesco da lungo tempo. Il precedente intervento conservativo risaliva infatti al 1956: nel frattempo diversi segnali avevano evidenziato gravi problematiche in via di peggioramento, come la pellicola pittorica della volta interessata da microfenomeni di sollevamento che ne minacciavano l’integrità. Ma era soprattutto il monocromo (Tav. I ), quella porzione di composizione dipinta a tinte ocra su una delle pareti raffigurante aspre pietre e radici contorte (quasi unanimemente ritenuta autografa di Leonardo), a preoccupare maggiormente. Rispetto alle fotografie scattate nel corso dell’ultimo restauro, la parte destra risultava essere meno definita e leggibile a causa di sali solubili di ignota provenienza che imbevevano quell'area della parete, danneggiando la creazione rinascimentale. La constatazione del rischio crescente che tale degrado poteva arrecare spingeva la direzione, già nel 2001, ad allestire un cantiere-pilota per analizzare e valutare l’entità dei fenomeni, affidando l’incarico allo studio della restauratrice Anna Lucchini supportata dalla consulenza scientifica del laboratorio chimico dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. La relazione prodotta (parzialmente pubblicata sulla rivista «Raccolta Vinciana» in un contributo della direttrice Maria Teresa Fiorio e della stessa Lucchini) I diede conferma ai timori sollevati dagli - 7 - addetti ai lavori, sottolineando la necessità di un intervento che potesse arrestare i problemi conservativi esistenti. Per ragioni burocratiche, logistiche e finanziarie si dovette attendere oltre dieci anni perché Comune di Milano, MIBACT (tramite le soprintendenze locali) e Opificio delle Pietre Dure di Firenze potessero stendere un particolareggiato progetto di restauro supportato dal relativo piano economico, favorito dalla sponsorizzazione di A2A ed ARCUS S.p.A II . In questo contesto è maturata anche la collaborazione professionale tra le Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco e il sottoscritto per favorire le comunicazioni e la logistica tra operatori del restauro, comitato scientifico, soprintendenza musei e conservatore responsabile; collaborazione che ha dato vita anche alla ricerca di dottorato in questione, fortemente sostenuta dal professor Giovanni Agosti (relatore della tesi e membro del comitato scientifico) e dalla dottoressa Francesca Tasso (conservatore responsabile delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco e vice presidente del comitato scientifico). Le operazioni di restauro, tutt'oggi in corso, si sono concentrate su tre diversi livelli della decorazione che hanno richiesto differenti approcci metodologici: in primis la pittura a monocromo, poi la fascia di scialbature che copre le pareti a metà altezza (celata da decenni dietro le boiseries dei BBPR) e infine la volta policroma. Quest'ultima parte è, allo stato attuale, quella che presenta le problematiche metodologiche maggiori, essendo cospicue le porzioni di intonaco e disegno rifatte dopo il XVI secolo: per tale motivo il comitato tecnico-scientifico sta valutando, attraverso saggi e indagini chimico-fisiche, quale criterio adottare per far riemergere - 8 - le pitture antiche senza pregiudicare la leggibilità globale del pergolato, garantendo inoltre una connessione visiva con le altre parti della decorazione della Sala delle Asse. Nonostante tali ostacoli, i restauratori dell'Opificio delle Pietre Dure hanno già individuato numerosi elementi della composizione vegetale originale che presentano evidenti parentele, sia a livello estetico che tecnico, con le ghirlande delle lunette dell' Ultima Cena di Santa Maria delle Grazie, a conferma della paternità leonardesca dell'invenzione del Castello Sforzesco, che fu realizzata in contiguità cronologica e stilistica a quella del cantiere monastico. Il secondo livello di intervento ha avuto per oggetto un'ampia fascia di intonaci non dipinti presente ad un'altezza compresa tra le lunette policrome e i primi tre metri delle pareti (misurando dal piano di calpestio) che, per la risalita dell'umidità e le destinazioni poco consone che hanno caratterizzato nei secoli l'ambiente, risultano prive di ogni traccia di decorazione antica. Il descialbo eseguito con mezzi meccanici e tecnologia laser ha consentito di trovare, sotto molteplici strati di bianco steso nel corso dei secoli per ragioni igieniche, larghe porzioni di abbozzi preparatori (in parte rinforzate da ripassi e ombreggiature a pennello) che hanno smentito l'ipotesi di un l'intervento originario limitato sulle pareti al monocromo e alle lunette. Esisteva invece un progetto globale probabilmente interrotto ad uno stato primordiale, che forse per l'arrivo delle truppe francesi nel 1499 non fu mai coperto dalle policromie e portato a compimento III . I veloci e nervosi segni a carboncino delineano appena collinette, alberelli, radici e foglie ma anche i tronchi che salgono verso il soffitto, ricongiungendosi con le parti - 9 - superiori coperte dal colore: ma mentre gli arbusti ridipinti da Rusca nel 1901 e imbrattati da Della Rotta nel secondo dopoguerra si presentano piatti e indistinti, quelli originari tracciati con il lapis si rivelano l'uno differente dall'altro, molto elaborati e dai rami chiaramente mozzati, in diretta connessione con l'idea delle colonne-albero ad tronchonos IV volute da Bramante nel cantiere filo-ducale della Canonica della Basilica di Sant'Ambrogio e, almeno in apparenza, in altri coevi cantieri milanesi V. Questa presenza suggerisce contatti
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