I DELLA GHERARDESCA Dai Longobardi Alle Soglie Del Duemila

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I DELLA GHERARDESCA Dai Longobardi Alle Soglie Del Duemila ✯ Ugolino della Gherardesca I DELLA GHERARDESCA Dai longobardi alle soglie del Duemila EDIZIONI ETS © Copyright 1995 Edizioni ETS, Pisa Piazza Torricelli, 4 [Distribuzione: PDE, Via Tevere 54, 50019 Sesto Fiorentino] ISBN 88-7741-872-9 Copertina ETS Designers Progetto grafico Edizioni ETS, Divisione grafica Fotolito Cliché, Firenze I DELLA GHERARDESCA Dai longobardi alle soglie del Duemila PREMESSA Nel progettare l’impostazione di questo vio di famiglia che si arricchiva di documenti mio lavoro, avevo immaginato una sua suddi- e di epistolari di cui non avevo invece trovato visione per evi storici. Infatti quasi in perfetta traccia per i secoli precedenti. Sembrava qua- coincidenza con la conclusione di tali evi, ai si che i Gherardesca avessero imparato a scri- Gherardesca era sempre accaduto qualche e- vere solo arrivando a Firenze, ed anche se vento particolare che ne aveva profondamen- non credo che essi, più abili nel maneggio te influenzato la storia. Gli ultimi decenni del della spada che non della penna, avessero mai XV secolo avevano segnato la chiusura defi- brillato nel Medio Evo per particolari doti let- nitiva del ciclo pisano della famiglia e dato terarie1, mi stupiva tuttavia che avessero la- più deciso avvio a quello fiorentino, mentre sciato così esigue testimonianze scritte delle la fine del 1700 quasi coinciderà con la perdi- proprie pur prestigiose imprese medievali. ta delle ultime vestigia d’indipendenza signo- Sono così giunto alla conclusione che tali rile sino ad allora goduta dai Gherardesca tracce dovevano certamente esserci state, ma nella propria contea maremmana. che, nel corso dei secoli, erano andate perdute Quanto da me programmato non faceva a causa delle tante tumultuose vicende nelle dunque una piega, anche se, per ragioni pra- quali la casata si era trovata ad essere coinvol- tiche, all’Evo Moderno ho poi dovuto ag- ta. Avevano certo contribuito alla pressoché giungere uno spezzone di quello Contempo- totale dispersione degli archivi dell’antica raneo per arrivare fino alla costituzione ed ai schiatta, la distruzione, prima, delle torri e primi anni del Regno d’Italia. Il mio lavoro del palazzo pisano del «dantesco» conte Ugo- termina infatti con la morte del mio bisnonno lino; poi, l’identica sorte toccata, pochi anni Ugolino avvenuta nel 1882, con ciò evitando- più tardi, al palazzo del conte Nieri, signore mi di dover disquisire dei suoi successori che, di Pisa; quindi le accanite guerre in Sardegna per la maggior parte, ho conosciuti nel corso con la perdita finale di Villa di Chiesa e delle della mia esistenza e dei quali non avrei quin- tre roccaforti isolane; ed infine lo smantella- di potuto parlare con quel necessario distac- mento dei maggiori castelli maremmani della co che costituisce la base di una corretta o- casata. biettività storica. Tale plausibilissima ipotesi spiega la neces- In realtà, solo più tardi mi sono reso conto sità, da me incontrata, di dover raccogliere le che l’impostazione per evi storici mi sarebbe memorie medievali dei Gherardesca, attin- comunque stata suggerita da un’altro altret- gendo soprattutto da quanto hanno di loro tanto valido argomento. Ho infatti scoperto scritto storici che per il proprio lavoro si sono che con il «trasferimento» fiorentino della ca- avvalsi di documenti conservati in archivi di- sata veniva a registrarsi un corposo aumento versi da quello della casata comitale. Invece della documentazione disponibile nell’archi- proprio nelle filze di quest’ultimo, ad iniziare 1 G. DEL GUERRA, Pisa attraverso i secoli, Giardini, Pisa 1967, pp. 64-67. È citata una contessa di Montescudaio che nel XIII secolo, sotto lo pseudonimo di Madonna Bombaccaia, fu in Pisa una sorta di Bertoldo in gonnella. I detti d’amore della contessa pisana si trovano ricordati nel codice n. 2197, conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze. 8 I della Gherardesca dalla seconda metà del 1400, ho trovato un di oltre dodici secoli di storia. Non credo ricco materiale documentale che meglio mi purtroppo di essere un tal genere di scrittore. ha permesso di «personalizzare» la seconda Nemmeno intendo spacciarmi per uno stori- parte di questo mio lavoro, rendendola, mi co particolarmente ferrato, poiché in pratica auguro, più digeribile per il lettore, ed indu- sono riuscito a sviluppare una mia ricerca au- cendolo così ad arrivare fino alla conclusione tonoma solo su pochissimi temi, mentre per il di questa lunga storia dei Gherardesca. resto ho attinto notizie da testi di studiosi più Comunque, a mia eventuale discolpa, in- di me qualificati, limitandomi a riordinarle al tendo sottolineare che tracciare in forma sin- fine di ricomporre, nella forma più organica tetica ed, al medesimo tempo, facilmente leg- possibile, il complesso mosaico della secolare gibile, le vicende di una famiglia così antica, vicenda della famiglia. rappresenta comunque un progetto ambizio- Voglia pertanto il lettore scusarmi se, con so per chicchessia. Avrei pertanto voluto es- prosa spesso poco fluida, lo tedierò come sere uno scrittore dalla penna scorrevole per scrittore e se, con qualche intuizione perso- rendere quanto meno pesante possibile que- nale, e quindi opinabile, rischierò d’ingannar- sto mio racconto, che si dipana lungo l’arco lo come storico. PARTE PRIMA Una grande casata guerriera del Medio Evo Abbreviazioni AAL = Archivio Arcivescovile di Lucca. AAP = Archivio Arcivescovile di Pisa. ACP = Archivio Capitolare di Pisa. AGV = Archivio Generale di Volterra. AF = Archivio della famiglia della Gherardesca. ASF = Archivio di Stato di Firenze. ASL = Archivio di Stato di Lucca. ASP = Archivio di Stato di Pisa. ASS = Archivio di Stato di Siena. CAPITOLO PRIMO Le origini leggendarie e storiche della famiglia Le radici lontane so del Predil e proveniendo dalla Pannonia, valicarono le Alpi orientali i Winnili, gente di I Della Gherardesca hanno sempre vanta- origine scandinava, ribattezzati «Longobar- to origini longobarde e su tale assunto non vi di» nel corso del loro prolungato peregrinare sono ragionevoli dubbi: oltre ad una ben ra- per le regioni germaniche dell’Europa cen- dicata tradizione familiare, la conferma pro- 1 trale. Questo loro nuovo appellativo derivava viene anche da un antico manoscritto , non- forse dalle lunghe alabarde (lang bard) che ché dall’avallo di qualificati storici. La fami- costituivano l’armamento tipico dei guerrieri glia però si richiama in particolare ad una di- di questo popolo, o piuttosto dalla stranezza scendenza da S. Walfredo, fondatore nel 754 della pettinatura dei loro uomini che porta- e primo abate del monastero di S. Pietro in vano la testa rasata nel bel mezzo e due lun- Palazzuolo presso Monteverdi, nell’odierna ghe trecce di capelli che ricadevano sulle go- provincia di Pisa. A sostegno di tale ipotesi te dando l’apparenza di fluenti barbe (lang non è dato peraltro produrre la prova inop- bärte). Condottiero di questa migrazione era pugnabile di documenti, ma è solo consenti- un capo di nome Alboino, figlio di re Adui- to richiamarsi a secolari memorie e ad alcuni no. riscontri territoriali che sarà mio compito evi- È possibile immaginare che quando i Lon- denziare con esposizione quanto più convin- gobardi, dopo aver scavalcato le montagne, si cente possibile. affacciarono sulle ridenti vallate friulane, ve- Infine si vorrebbe far discendere questo nissero pervasi da quella medesima inebrian- Walfredo da Ratcauso o Ratchait, figlio di te sensazione provata dagli Ebrei allorché, Pemmone, duca longobardo del Friuli. per la prima volta, si trovarono dinanzi alla Muovendo pertanto da una breve sintesi terra loro promessa da Dio. Se questa è una storica delle vicende di questo Ducato, cer- semplice illazione, un fatto certo è invece che cherò di rendere meno leggendarie queste Alboino intuì subito l’importanza strategica vantate discendenze; e per raggiungere l’in- di tali vallate quale via di accesso all’Italia tento, utilizzerò qualche indizio maturato da anche per altri popoli invasori che avessero intuizioni che, anche se saranno probabil- seguito le orme della sua gente e di conse- mente poco apprezzate da storici più ferrati guenza decise di presidiarle saldamente. Fu di chi scrive, hanno pur sempre una loro così che, eletto re dei Longobardi nell’anno fondatezza in quanto scaturite da ragiona- successivo e prima d’inoltrarsi ulteriormente menti logici. nella penisola italica, egli volle proteggersi le spalle lasciando nel Friuli, o Foro Julio come Le ascendenze leggendarie allora si chiamava questa regione, un forte contingente militare capeggiato da suo nipo- Attorno all’anno 568, attraversando il pas- te Gisulfo. 1 ASF, Carte del Comune di Volterra. Documento del 1008 in cui Gherardo 2°, conte di Frosini, professa formalmente la propria osservanza della legge longobarda. 12 I della Gherardesca Una grande casata guerriera del Medio Evo 13 Fu dunque questi il primo di una lunga se- un ordine che dovrebbe risultare basato sulla rie di duchi del Friuli 2 che, nell’ambito della cronologia delle loro nascite: Ratchis, Rat- massima gerarchia del proprio popolo, quella chait ed Aistulfus. ducale appunto, seconda solo all’autorità re- Di questi tre fratelli si conoscono bene le gia, conservarono sempre una posizione di vicende che riguardano Ratchis (o Rachis) ed particolare preminenza in relazione ai delicati Aistulfus (o Astolfo), i quali, l’uno dopo l’al- e fondamentali compiti loro affidati. Del resto tro, divennero prima duchi del Friuli e poi re Alboino aveva visto giusto poiché dal Friuli, dei Longobardi, mentre di Ratchait (o Rat- in seguito ed a più riprese, tentarono di pene- causo) le notizie che ci sono pervenute sono trare popolazioni di prevalente ceppo slavo, inspiegabilmente assai scarse. Di lui infatti il come gli Avari e gli Schiavoni, attratte an- Diacono solo narra che fu uno dei giovani co- ch’esse da quanto si andava magnificando cir- mites e che ebbe «vari figli maschi» con i qua- ca le ricchezze, le bellezze ed il clima tempe- li, in uno dei suoi scritti, il celebre storico di- rato dell’Italia.
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