Studi Francesi Rivista quadrimestrale fondata da Franco Simone

150 (L | III) | 2006 Varia – fasc. III – settembre-dicembre 2006

Édition électronique URL : http://journals.openedition.org/studifrancesi/27012 DOI : 10.4000/studifrancesi.27012 ISSN : 2421-5856

Éditeur Rosenberg & Sellier

Édition imprimée Date de publication : 31 décembre 2006 ISSN : 0039-2944

Référence électronique Studi Francesi, 150 (L | III) | 2006, « Varia – fasc. III – settembre-dicembre 2006 » [En ligne], mis en ligne le 16 juin 2020, consulté le 08 novembre 2020. URL : http://journals.openedition.org/ studifrancesi/27012 ; DOI : https://doi.org/10.4000/studifrancesi.27012

Studi Francesi è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. SOMMARIO Anno L - fasc. III - settembre-dicembre 2006

ARTICOLI

A. CH. FIORATO, Il motivo del ‘carpe rosam’. Ronsard tra l’Ariosto e il Tasso: imitazione e creatività, p. 453. R. WILKIN, Renaissance Historiography and Novel Anthropology in Pierre-Daniel Huet’s «De l’Origine des romans» (1660), p. 466. R. ZAFFARAMI BERLENGHINI, Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture, p. 478. S. SAUVAGE, Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier, p. 496. DISCUSSIONI E COMUNICAZIONI

T. LEUKER, Sul valore simbolico del Toson d’oro. Giasone, Gedeone e il Vello d’oro in un’enciclopedia medievale, p. 519. S. MUNARI, Teatro gesuita e tradizione pagana: due scenari di argomento polacco nella Francia di Mazarino, p. 524. M. NASCIMBENE, ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet, p. 534. L. MALINGRET, A propos de la littérature francophone/des littératures francophones: quelques aspects de la question, p. 542. TESTI INEDITI E DOCUMENTI RARI

P. SOSSO, Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’, p. 549.

RECENSIONI

CH. SOREL, Les nouvelles choisies. Où se trouvent divers incidents d’Amour et de Fortune (F. D’Angelo), p. 561. AA. VV., La rifl essione sul romanzo nell’Europa del Settecento (M. Nascimbene), p. 564. K. HÖLZ, Zigeuner, Wilde und Exoten. Fremdbilder in der französischen Literatur des 19. Jahrhunderts (R. Unfer Lukoschik), p. 566. H. DE BALZAC, Correspondance I, (1809-1835) (R. De Cesare), p. 568: RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Secoli medioevali, a cura di G.M. Roccati, p. 571; Quattrocento, a cura di M. Co- lombo Timelli e P. Cifarelli, p. 578; Cinquecento, a cura di D. Cecchetti e M. Mastroianni, p. 585; Seicento, a cura di D. Dalla Valle e B. Papasogli, p. 596; Settecento, a cura di F. Piva e P. Sosso, p. 599; Ottocento: a) dal 1800 al 1850, a cura di A. Poli e L. Sabourin, p. 611; Ottocento: b) dal 1850 al 1900, a cura di M. Richter e I. Merello, p. 627; Novecento: a) dal 1900 al 1950, a cura di E. Kanceff, p. 634; Novecento: b) dopo il 1950, a cura di E. Bricco e R. Galli Pellegrini, p. 638; Letterature francofone extraeuropee, a cura di C. Biondi e E. Pessini, p. 640; Linguistica storica, teorica e applicata, a cura di H. Giaufret Colombani e P. Paissa, p. 653; Opere generali e comparatistica, a cura di G. Bosco, p. 660.

Finito di stampare nel mese di marzo 2007

sf150_interni 451 23-02-2007, 16:49:02 sf150_interni 452 23-02-2007, 16:49:03 Il motivo del ‘carpe rosam’ 453 ARTICOLI

Il motivo del ‘carpe rosam’. Ronsard tra l’Ariosto e il Tasso: imitazione e creatività

«Et ne pouvait Rozette estre mieux que les roses, Qui ne vivent qu’un jour». «Et rose, elle a vescu ce que vivent les roses, L’espace d’un matin». (F. de Malherbe1) .

Lo scopo di questa mia indagine è di studiare il motivo del carpe rosam, che è una specie di diramazione di quello più ampio del carpe diem, ma più fi gurativo. E ho imperniato il mio discorso su Pierre de Ronsard, perché il maggiore esponente della Pléiade si trova al centro, anche cronologicamente, dell’ampia produzione della lirica amorosa del Cinquecento. Nella sua abbondantissima poesia ho privilegiato l’Ode à Cassandre: «Mignonne allons voir si la rose...» (Amours II, 34), uno dei componimen- ti più rappresentativi nella lunga parabola tematica sulla rosa nel Rinascimento. Perché aver scelto questo motivo fra i più triti dell’antologia poetica neolatina, e in particolare questo testo, che tutti gli scolari francofoni conoscono a memoria? Perché ritengo che esso rappresenti un possibile paradigma della creatività poetica, movendo dal quale si può impostare un discorso, anche metodologico, sulle sottili attinenze che intercorrono tra imitazione ed originalità. E, per documentare la singo- lare creatività ronsardiana, allargherò l’argomento, attraverso l’innumerevole topica del carpe rosam, esaminando alcuni fra i poeti più suggestivi in proposito, del Quat- tro-Cinquecento, con particolare riferimento all’Ariosto e al Tasso.

I

Una collocazione, sia pur breve, del nostro motivo nella cultura occidentale2 ci insegna che, insieme a quello del carpe diem, esso risale niente meno che ai poeti

(1) Queste due citazioni dello stesso poeta Les Belles Lettres, 1968: «Consolation à l’un de ses vogliono essere emblematiche. In due «Consola- amis (Cléophon) sur la mort de sa fi lle» (I, pièce tions», scritte in periodi diversi, Malherbe imita LXX, p. 190), et «Consolation à Monsieur du se stesso, e con alcune minute modifi che riesce ad Périer sur la mort de sa fi lle» (I, LIV, p. 158). esprimere una bella intuizione poetica. Così una (2) Ingente, d’altra parte, il materiale che con- stessa idea o immagine può avere une risonanza cerne la rappresentazione e la simbologia della rosa molto diversa in seguito ad una lieve variazione. nelle diverse aree orientali. FRANÇOIS DE MALHERBE, Œuvres poétiques, Paris,

sf150_interni 453 23-02-2007, 16:49:03 454 Adelin Charles Fiorato

elegiaco-bucolici greci e ai latini d’ispirazione alessandrina: e cioè Anacreonte, Teo- crito, Properzio, Tibullo, Catullo, ecc., senza dimenticare gli imprescindibili Orazio e Ovidio, campioni dell’edonismo poetico della latinità. Si ritiene però generalmente che il topos simbolico della rosa (che fi orisce e appassisce), derivi nei moderni poeti neolatini da due esemplari principali: Catullo (circa 87-54 a. C.) e Ausonio (310-395). Difatti nei Carmina del primo si trova già uno degli schemi canonici delle due fasi costitutive del carpe rosam, al quale si ispireranno molti poeti rinascimentali3, e che l’Ariosto, come vedremo, riprodusse a tratti quasi letteralmente. Occorre osservare però che, in questa similitudine catulliana, il fi ore (e non la rosa) non viene individualizzato ed è quindi privo di valenza fi gurativa; d’altra parte, l’enunciato del suo appassire, risulta asciutto, serenamente oggettivo, senza quella emozione elegiaco-drammatica che assumerà nei poeti moderni. In quanto al secondo modello, il coltissimo poeta galloromano, il suo De rosis nascentibus delinea una lunga allegoria della rosa, che assume l’aspetto di un trattato botanico in versi: un testo prolisso, descrittivo, plurale. Vi troviamo una profusione di rose che, tra l’altro, fi gurano anche le diverse fasi della vita fl orale, e da cui si staccano alcuni brani che si possono riaccostare ai richiami edonistici dei poeti del Quattro- Cinquecento4 .

Accenniamo solo per memoria, a distanza di secoli, all’ingente poema medieva- le, Le roman de la rose (circa 1230), uno dei libri più letti nel Rinascimento, elogiato dal Petrarca, riscritto dal Marot, apprezzato da poeti della Pléiade. Vero è che que- st’opera, almeno la prima parte redatta da Guillaume de Lorris, costituisce un vero e proprio codice dell’amor cortese, e narra già una visita al giardino fi orito (le verger), da parte dell’amante mosso alla conquista della rosa, la quale appare simbolo insieme della donna, della bellezza primaverile e dell’amore. Ma questo trattato didattico-al- legorico sommerge in decine di mgliaia di versi il motivo del carpe rosam, inserendolo in macchinose parabole metaforiche e complesse psicomachie5. Bisogna giungere alla fi ne del Quattrocento per veder emergere dal petrarchismo – il quale è scarsamente fl orale – i motivi erotici che alimenteranno la vena edonistica del carpe rosam moderno. Questo assume allora due orientamenti principali: 1. quello neolatino col Pontano e i suoi seguaci, quale Marullo, ed altri; 2. quello volgare, sia cortigianesco che popolaresco, i cui maggiori esponenti sono: a Firenze, Lorenzo dei Medici e il Poliziano; a Napoli, Sannazzaro, Cariteo. Faremo solo pochi esempi. Lorenzo e il Poliziano sono stati probabilmente i primi fra «i moderni» ad aver rinnovato in volgare l’antico topos della rosa che cresce, sboccia e avvizzisce in breve tempo. Ascoltiamo Lorenzo6:

(3) Ut fl os in saeptis secretus nascitur hortis, Et memor esto aevum sic properare tuum.... Ignotus pecori, nullo convulsus aratro, Haec modo quae toto rutilaverat igne Quem mulcent aurae, fi rmat sol, educat comarum imber; pallida conlapsis deseritur foliis. Multi illum pueri, multae optavere puellae; (Ausonio, De rosis nascentibus, Idyllia, XIV). Idem cum tenui carptus defl oruit ungui, (5) Alludiamo solo alla prima parte del «roman- Nulli illum pueri, nullae optavere puellae. zo», che è un trattato d’amore, steso da Guillaume Sic virgo, dum intacta manet, dum cara suis de Lorris, mentre la seconda, di Jean de Meung, est; è una vera e propria enciclopedia del sapere del Cum castum amisit polluto corpore fl orem, tempo, e non è quindi pertinente per il nostro Nec pueris iucunda manet, nec cara puellis proposito. (Carmina, LXII, v. 39-47). (6) Per la bibliografi a su Lorenzo relativa all’ar- (4) Puella molli delicatior rosa, gomento, vedi: LORENZO DE’ MEDICI, Tutte le opere, collige, virgo, rosas dum fl os novus et nova edizione e commento a cura di PAOLO ORVIETO, pubes. Roma, Salerno, 1992; E. BIGI, Lorenzo lirico, in

sf150_interni 454 23-02-2007, 16:49:03 Il motivo del ‘carpe rosam’ 455

L’altra mattina in un mio piccolo orto andavo... Eranvi rose candide e vermiglie: alcuna a foglia a foglia al sol si piega; stretta prima, poi par s’apra e scompiglie;

altra più giovanetta si dislega a pena dalla boccia: eravi ancora chi le sue chiuse foglie all’aer niega;

altra, cadendo, a piè il terreno infi ora. Così le vidi nascere e morire e passar lor vaghezza in men d’un ora.

Quando languenti e pallide vidi ire le foglie a terra, allor mi venne a mente che vana cosa è il giovenil fi orire...... Cogli la rosa, o ninfa, or che è bel tempo. (Corinto, I)

L’esposizione narrativa e il quadro descrittivo rispecchiano una espressione semplice, a volte impacciata, e procedono con scarsa musicalità; però vi troviamo la parabola basilare del destino della rosa, anche se generico e plurale, espressa con una certa genuinità naturistica, a cui si ispireranno i cantori successivi del carpe diem. Un’altra caratteristica di questi testi tardo-quattrocenteschi, rispetto alla tra- dizione dotta, compatta, grave, e talvolta drammatica, della tradizione petrarchista o neolatina, è, specie nel Poliziano7, l’allegra celerità del ritmo e della musicalità, desunte spesso dalle popolaregggianti e festive «canzoni a ballo»: con una cadenza saltellante e ariosa, che praticherà pure il Ronsard, particolarmente nelle sue odi bre- vi. Così nella polizianesca canzone primaverile, tutta fi ori, colori, sentori, rapimenti naturistici ed erotici, con un che però di bravura retorica:

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino di mezzo maggio in un verde giardino.

I’ posi mente: quelle rose allora mai non vi potre’ dir quant’eran belle : quale scoppiavan della boccia ancora,

«R. L. I», 1953. Vedi pure Scritti scelti, UTET, spondenze della ballata CII; vi sono pure segnalati Torino, (1971), 1984; M. MARTELLI, «L’avventuro- i commenti più noti: G. Carducci, A. Momigliano, sa storia del «Commento», in «Studi laurenziani», G. De Robertis, N. Sapegno), pp. 343-344; E. BIGI, Olsckhi, Firenze, 1963; P. ORVIETO, Lorenzo de’ La cultura del Poliziano e altri studi umanistici, Pisa, Medici, Firenze, La Nuova Italia, 1976; A. ROCHON, Nistri-Lischi, 1967 e Ballate e rispetti del Poliziano, La jeunesse de Laurent de Médicis, Paris, Les Belles in «G.S.L.I.» (1989); I. MAIER, A. Politien et la Lettres, 1963; (per la rosa, p. 120-123); T. ZANATO, formation d’un poète humaniste, Genève, Droz, Lorenzo de’ Medici, Canzoniere, Firenze, Olschki, 1966 (per il motivo dell’epicureismo, p. 264 sgg.); 1996; e Saggio sul «Commento» di L. de’ Medici, M. PASTORE-STOCCHI, Il commento del Poliziano al Firenze, Olschki, 1989. carme «De rosis», in Miscellanea... Branca, Firenze, (7) Per il Poliziano, vedi: Rime, ed. critica a cura 1983, vol. III; G. POZZI, La rosa in mano al professo- di Daniela DELCORNO BRANCA, Firenze, Olschki, re, Friburgo, 1974. 1986 (abbondante commento sulle fonti e le corri-

sf150_interni 455 23-02-2007, 16:49:04 456 Adelin Charles Fiorato

Qual erano un po’ passe e qual novelle. Amor mi disse allor: – Va, co’ di quelle che più vedi fi orite in sullo spino. I’ mi trovai, fanciulle...

Quando la rosa ogni suo’ foglia spande, quando è più bella, quando è più gradita; allora è buona a mettere in grillande, prima che sua bellezza sia fuggita. Sicché, fanciulle, mentre è più fi orita, cogliàn’ la bella rosa del giardino. I’ mi trovai, fanciulle... (Canzoni a ballo – Legittime –, 2)

Finalmente la poesia volgare toscana di quel tempo, rispetto alla tradizione cor- tese-cristiana del petrarchismo, ripristina un modo nuovo, paganeggiante, di guarda- re alla vita e alla natura, seguendo un epicureismo leggero, spensierato, voluttuoso, mai volgare, che esprime una forte aspirazione all’amore della vita, con un lieve tocco di malinconia, più soave che dolorosa. Non vi si scorge ancora però la relazione di- retta con l’altro (la donna amata), né una certa personalizzazione del sentimento, che renderà più avvincenti i versi sullo stesso argomento dei poeti successivi: l’Ariosto, Ronsard, il Tasso, ecc. In sostanza i poeti medicei, Lorenzo, il Poliziano, Marullo, immettono nell’anto- logia poetica rinascimentale un modello di poesia più naturale, più semplice di quello dotto, sofi sticato, del Petrarca e, più ancora, dei petrarchisti. In quanto al Pontano, ricorderemo solo la sua bellissima rievocazione di un pae- saggio di rose, sul quale il poeta meridionale innesta il solito invito a godere i piaceri della vita8. Qui, la descrizione appare alquanto sovrabbondante, ripetitiva, prolissa, non immune da un certo virtuosismo verbale, come indica l’aggettivazione compia- ciuta, e priva di un suo nucleo morale robustamente consistente.

II

Prima di approfondire qualche esempio preciso del motivo prescelto in alcuni fra i poeti più rappresentativi del’ 500, dobbiamo ricordare che, nel campo sia tema- tico che lessicale, non c’è una sola componente che non sia stata enunciata o sfruttata, per quanto si risalga nel tempo, da poeti antecessori. Perciò, senza trascurare l’inven- tio, sposteremo la nostra indagine verso altri campi, attinenti grosso modo alla dipo- sitio e all’elocutio. Difatti, tutti i suggerimenti che abbiamo fi n qui incontrati, e molti altri – i quali sono indubbie fonti tematiche dei passi che or ora prenderemo in esame – sono per lo più dei materiali poetici che ogni lirico adopererà trasfondendoli nel proprio progetto, col proprio ritmo, stile, linguaggio, a seconda della sua ispirazione e motivazione, e delle sue fi nalità.

(8) «Jeune fi lle, plus mignonne que la rose, replie ses pétales et se meurt; bientôt sa tête s’incli- délicate, éclose au souffl e printanier et arrosée de ne, se dévêt et tombe... (segue un ritratto schifoso gouttelettes par l’aurore dans un joli jardinet. Le della vecchiaia)... Que ne cueillons-nous pas ce matin, la rosée orne les branchelettes brillantes, printemps frais et parfumé de la jeunesse et de sa ceintes de feuilles humides, mais quand Phébus, fl eur éphémère?» (Carmina, p. 587). Traduzione monté sur son char étincelant, parcourt l’air en- dal latino di Antoine de Baïf. fl ammé, alors la fl eur languissante en peu de temps

sf150_interni 456 23-02-2007, 16:49:04 Il motivo del ‘carpe rosam’ 457

Ronsard

Il caso che ci sembra più dimostrativo è quello dell’ «oraziano» Ronsard di cui sceglieremo, come già annunciato, fra una mezza dozzina di altri esempi riferentisi al carpe rosam9, la celeberrima «Ode a Cassandra», che appartiene al gruppo degli Amours del 1553.

Mignonne, allons voir si la rose, Cara, andiamo a veder se la rosa qui ce matin avait desclose che stamane avea dischiusa sa robe de pourpre au soleil, la sua veste di porpora al sol, a point perdu cette vesprée non ha perso in questo vespro, les plis de sa robe pourprée, le pieghe della sua purpurea veste et son teint au vostre pareil. e il colorito al vostro consimile.

Las, voyez comme en peu d’espace, Oimè, vedete come in poco tempo, Mignonne, elle a dessus la place Cara, ella ha sul terreno, las, las, ses beautés laissé cheoir! Oimè, oimè, lasciato cader le sue grazie! O vraiment marâtre Nature, O veramente matrigna Natura, Puis qu’une telle fl eur ne dure se un sì bel fi or solo dura que du matin jusques au soir! dal mattino fi no a sera!

Donc, si vous me croyez, mignonne: Quindi se credete a me, cara, tandis que vostre âge fl euronne mentre la vostra età fi orisce en sa plus verte nouveauté, nella sua più verde novità, cueillez, cueillez, vostre jeunesse, cogliete, cogliete la vostra giovinezza, comme à cette fl eur, la vieillesse come a questo fi or la vecchiezza fera ternir vostre beauté. offuscherà la vostra beltà 10 . (Ode à Cassandre, Odes, I, 17, 1553) Traduzione nostra

Quali sono le caratteristiche salienti di questa breve poesia? 1. Direi, in primo luogo la musicalità, che si riscontra sia nel ritmo che nella soavità cantante delle parole-simboli. Il ritmo di questi versi appare scorrevole e insolito, non solo rispetto alle strut-

(9) Vedi H. GUY, Mignonne, allons voir…, infra, Paris, PUF, 1981 et Commentaires des Amours de pp. 4-17, il quale segnala inoltre che il motivo torna Ronsard, Genève, Droz, I (1985), II (1986); E. PAR- sette volte in Du Bellay e altre sette in De Baïf. TURIER, Quelques sources de Ronsard au XVe siècle» (10) Per Ronsard, l’edonismo e la rosa, vedi : A. (Politien et Laurent), in «Revue de la Renaissance», CAMERON, The Infl uence of Ariosto’s epic and lyric VI, 1905; A. PY, Imitation et Renaissance dans la poetry on Ronsard and his group, Paris, Les Belles poésie de Ronsard, Genève, Droz, 1984; B.L.O. lettres, 1933 (Hopkins Press, 1930) et Ronsard et RICHTER, The place of the minor Italian Poets in the l’Arioste, in «Revue des Langues romanes», 1905, Works of Ronsard and Du Bellay, Philadelfi a, 1951; XLVIII; A. BELCINGTEANU, Carpe rosam, Bucure- F. RIGOLOT, Poétique et onomastique, Genève, sti, Socec., 1928; F. DESONAY, Ronsard, poète de Droz, 1972, pp. 353-362; Ronsard e l’Italia, Atti l’amour, I. Cassandre, Bruxelles, Palais des Acadé- del Convegno del Gruppo di studi sul Cinquecento mies, 1965, 1969; R. GARAPON, Ronsard chambre de francese, Fasano, Schena, 1988; L.P. THOMAS, Marie et d’Hèlene, Paris 1981; A. GENDRE, Ronsard, Ronsard et quelques poètes de ‘la rose du soir’, Le poète de la conquête amoureuse (1970), Genève, thème de la fl eur et du pré, «Revue de Littérature Slatkine, 1998, (pour la rose, p. 351 suiv.); H. GUY, comparée», IV, 1924, pp. 181-194; J.M. VIANEY, Mignonne, allons voir si la rose, réfl exions sur un Le pétrarquisme en France au XVIe siècle, (1909), lieu commun, Bordeaux, Gueunouilhou, 1902; P. Genève, Slatkine, 1969; H. WEBER, La création LAUMONIER, Ronsard, poète lyrique..., Paris, Ha- poétique au XVIe siècle en France..., Paris, Nizet, chette (1909), Genève, Slatkine reprint, 1972; G. 1956; D.B. WILSON, Ronsard, poète de la nature, MATHIEU-CASTELLANI, Mythes de l’Eros baroque, Manchester, University Press, 1961.

sf150_interni 457 23-02-2007, 16:49:04 458 Adelin Charles Fiorato

ture compatte delle poesie del Petrarca11 e dei petrarchisti (sonetti, canzoni, sestine, ecc.), ma anche a quelli consueti dello stesso Ronsard. In questa sua «odelette», la cadenza è sciolta e veloce, i versi brevi, la frase spoglia, con una levità e una leggiadria che sono quelle del canto e della danza: un ritmo da barzelletta (o balzelletta) insom- ma, simile a quello di molte «canzoni a ballo», già incontrate nella poesia medicea. D’altra parte, le strutture foniche sono particolarmente melodiose, suggestive, anche attraverso la sola sonorità. Vedi «la robe déclose», che rima con «la rose»; «cet- te vesprée», che fa eco alla rima «sa robe pourprée». Vedi il malinconico lamento; «Las, las ses beautés (a) laissé choir», e il bellissimo, peregrino, «âge qui fl euronne» (frequentativo, che dice più di «fi orisce», o «sboccia»), subito contrapposto alla vec- chiaia della donna, che appassirà come «questo» fi ore. 2. Il secondo pregio notevole è la struttura drammatica del testo, il quale si svolge in tre atti bene individuati: – primo momento: la rosa che si schiude e sboccia nel suo splendore mattutino e solare; con già il preannuncio dubitativo della crisi vespertina. – secondo momento, in tono minore: quello della rosa che, non solo appassisce, ma si lascia appassire: «elle a | ses beautés laissé cheoir!» – terzo momento: la morale edonistica e cortese, con la risoluzione del paragone – fi n ora solo implicito – tra il destino del fi ore e quello della fanciulla. Così il microdramma si fa exemplum. In sostanza abbiamo qui una drammatizzazione sobria, icastica, soffusa di grazia e di armonia per raffi gurare il destino della rosa-fanciulla, che potrebbe essere tra- gico... a meno che... Una moralità consona all’appassionnato amore della vita, al vitalismo erotico e poetico che contraddistingue tante poesie del Ronsard12. 3. Un terzo pregio poetico, a parer mio fondamentale, risiede nella relazione di comunicazione, che dà un’impronta singolare a quest’ode, e la contraddistingue dalla maggior parte delle poesie degli emuli del Ronsard, passati o contemporanei. Accen- no al rapporto familiare, affettuoso nella auspicata complicità, tra l’io lirico (insieme: il poeta e Pierre de Ronsard), il noi unifi catore («allons voir»), e il voi destinatario, il quale accomuna l’anonima «mignonne» (Cassandra) con tutte le donne-rose, che vanno a rischio di avvizzire senza amore. Vi si aggiunga l’interpellazione al singolare della fanciulla amata, con un tono tra spigliato e popolareggiante, poiché «mignon- ne» signifi ca «tesoro», «bella», «cocca». Questo tu-per-tu, che personalizza e attua- lizza il tritissimo motivo del carpe diem, frequente nella poesia del Ronsard, è raro, se non erro, presso i poeti anteriori, salvo sotto forma di un breve accenno: «Vivamus, mea Lesbia, atque amemus» (Catullo). Finalmente, l’invito a una passeggiata sentimentale nel giardino fi orito, vale a trasformare la fi gurazione, di solito oggettiva, della parabola della rosa-donna, in uno spettacolo osservato dalla coppia dei due giovani, i quali si trovano, volentes nolentes, riuniti. Questa struttura di comunicazione, frequente nel Ronsard, conferisce alla sua lirica un registro e un tono avvincenti, poiché, al di là delle usuali apostrofi alle solite Corinne, Lesbie, Laure, Silvie, ecc., essa offre al lettore una poesia semplice, piana, «ravvicinata», attraverso una mediazione complessa con tre componenti, ed essa inse- risce la personalità dell’io poetante, insieme alla sua cara interlocutrice, in un quadro erotico molteplice ed estrapolabile ad altri (o altre) destinatari(e). Una riprova di questa relazione comunicativa triangolare – sullo stesso motivo del carpe rosam – ma con implicazioni molto diverse, lo troviamo nel sonetto ad Hélè- ne, che risulta più cupo e acerbo, ma altrettanto personalizzato

(11) Con non poche eccezioni naturalmente. Si (12) Cfr. il sonetto, mutuato dal Marullo: «Com- pensi alla leggiadra e spedita canzonetta «Chiare, me une belle fl eur assise entre les fl eurs...» (Sonnets fresche, dolci acque...» pour Hélène, Livre I, XXXV).

sf150_interni 458 23-02-2007, 16:49:05 Il motivo del ‘carpe rosam’ 459

Quand vous serez bien vieille, au soir à la chandelle, assise auprès du feu, dévidant et fi lant, direz, chantant mes vers, en vous esmerveillant: Ronsard me célébroit du temps que j’étais belle.

Lors vous n’aurez servante oyant cette nouvelle qui au bruit de mon nom ne s’aille émerveillant...

Vous serez au foyer une vieille accroupie, regrettant mon amour et vostre fi er desdain. Vivez, si m’en croyez, n’attendez à demain: Cueillez dès aujourdhui les roses de la vie. (Pour Hélène, II, XXIV)

Il tema è, come si vede, molto simile, moralmente, a quello dell’«Ode à Cassan- dre», ma siamo immersi qui in tutt’altra aura poetica. Vorrei solo richiamare l’atten- zione sul personaggio episodico e secondario della «servante», la quale immagina il poeta si meraviglierà sentendo che la padrona fu un tempo celebrata dal Ronsard. Questa comparsa, solo ipotetica, svolge una parte importante nel sonetto in quanto appare come una specie di protopubblico (un po’ come la «mignonne»/Cassandre), destinato a testimoniare a minore l’ingente applauso conseguito, presso i letterati colti della Francia dei Valois, dalla poesia del «principe dei poeti». Il carpe rosam può an- che fungere da motivo autocelebrativo.

L’Ariosto

Procedendo a ritroso, in questa nostra indagine puntuale sulle ricche potenzia- lità poetiche di un motivo usuale, torniamo indietro alcuni decenni per esaminare come il carpe rosam venga trattato da un altro poeta, italiano stavolta, propenso an- ch’egli all’eros e alla socialità. L’Ariosto era indubbiamente il poeta italiano più affi ne al genio del Ronsard, non foss’altro perché l’uno e l’altro associarono l’ispirazione eroica con quella amoro- sa13. In quest’ultimo campo, l’Ariosto trasmise al suo illustre emulo francese la pratica di un poetare ampiamente dedicato al fascino della bellezza femminile14, con una continua propensione all’evocazione della multiforme passione amorosa e dei piaceri di sensi, spesso distanziati però con il lieve distacco di un sorriso, ora bonario, ora ironico, nei confronti delle dolci illusioni infuse dall’amore nel cuore umano. Non a caso il Ronsard, il quale conosceva molto bene sia l’Orlando furioso che le poesie d’amore dell’Ariosto, preferiva al paladino guerriero e virginale Orlando – fi gurazio- ne di un amore idealistico-cortese di stampo medievale – gli eroi edonistici Ruggiero e

(13) Per la bibliografi a dell’Ariosto, relativa al 1532, Pavia, 1880; G. POZZI, Il ritratto della donna nostro argomento, vedi: A. CIORANESCU, La fortune nella poesia dell’inizio del Cinquecento..., in «Lette- de l’Arioste en France, (1939); Genève, Slatkine, re Italiane», 1979, pp. 3-30; N. SAPEGNO, Orlando 1970, pp. 246 sgg; A. GAREFFI, Figure dell’immagi- furioso, scelta e commento, Milano, Principato, nario nell’‘Orlando Furioso’, Roma, Bulzoni, 1984. 1954 (per la rosa, p. 11); C. SEGRE (oltre all’edizione (1995); P. LARIVAILLE, Les jeux de l’amour dans le dell’Orlando Furioso), Esperienze ariostesche, Pisa, ‘Roland furieux’, ou l’érotisme discret de l’Arioste, in Nistri-Lischi, 1967; S. ZATTI, Il «Furioso» tra epos e Au pays d’Eros II: Littérature et érotisme en Italie de romanzo, Lucca, M. Pacini Fazzi, 1990. la Renaissance à l’Age baroque, Paris, C.I.R.R.I., Uni- (14) Per esempio: il motivo della nudità sensuale, versité de la Sorbonne nouvelle, 1988 (per il per- che l’Ariosto illustrò, tra l’altro, nei ritratti di Ange- sonaggio di Sacripante, pp. 62-65); F.M. MARTINI, lica e di Olimpia esposte al mostro marino, ecc. Il primo canto dell’Orlando Furioso, del 1516 e del

sf150_interni 459 23-02-2007, 16:49:05 460 Adelin Charles Fiorato

Rinaldo, esponenti di una passione amorosa sensuale, molto più affi ne sia alla tempra poetica, epicurea ed ironica, dell’autore, che al clima culturale della società letteraria francese del Rinascimento. Ora, nel canto primo del poema cavalleresco, che inscena la tumultuosissima fuga dell’inafferrabile Angelica (la quale sfugge alle schiere di paladini, sia cristiani che saraceni, che la inseguono), l’Ariosto inserisce un elogio della rosa (seguendo Ca- tullo). Senonché nel canto ariostesco il linguaggio poetico è più denso e più elaborato di quello del modello latino, mentre l’orientamento del motivo e, più ancora, la situa- zione strutturale del testo sono molto diversi da ciò che abbiamo incontrato fi n ora:

La verginella è simile alla rosa, ch’ in bel giardin su la nativa spina mentre sola e sicura si riposa, né gregge né pastor se le avicina; l’aura soave e l’alba rugiadosa, l’acqua, la terra al suo favor s’inchina: gioveni vaghi e donne inamorate amano averne e seni e tempie ornate.

Ma sì tosto dal materno stelo rimossa viene, e dal suo ceppo verde, che quanto avea dagli uomini e dal cielo favor, grazia e bellezza, tutto perde. La vergine che’l fi or, di che più zelo che de’ begli occhi e de la vita aver dè, lascia altrui còrre, il pregio ch’avea inanti perde nel cor di tutti gli altri amanti». (Orlando Furioso, I, 42-43)

Faremo di proposito due commenti successivi di queste strofe: il primo, intrinse- co, per indagare cosa dice il testo, il secondo, estrinseco e ambientale, per sapere che cosa signifi chi effettivamente.

1. In queste due strofe, affi ora il solito topos bifronte della rosa paragonata alla verginella, prima fi orente, poi appassita, con una morale, nel caso presente, solo implicita. Considerando per ora il testo solo di per sè, osserviamo che il motivo è in contraddizione con tutta la tradizione edonistica sull’argomento. Difatti, il punto fo- cale qui sta nell’elogio della verginità attraverso la rosa, la quale troneggia in gloria al centro di un giardino, e cioè di una corte delicatamente bucolica e naturistica, ma pu- re di una seconda corte – d’amore questa –, di «gioveni vaghi e donne innamorate». Questo trionfo della verginità trova il suo contrapposto, morale, nello sfi orire della rosa, una volta colta da un singolo amante, mentre tutti gli altri rimangono defraudati: «Il pregio ch’avea innanti | perde nel cor di tutti gli altri amanti». Non è quindi la «matrigna natura», come sarà nel Ronsard, o come fu in tanti poeti anteriori, a rovinare la leggiadria della rosa, ma l’esperienza concreta dell’amo- re. E dietro a questa sorta di riprovazione, ci sembra scorgere l’esigenza cortigianesca (cfr. Il Cortegiano) dell’ auspicata disponibilità della donzella per il corteggiamento plurale di «tutti gli altri amanti». La relazione qui, come vediamo, è collettiva, col suo bravo pubblico cortese, interessato, immesso dentro il quadro.

2. Senonché questo, che ci dice il testo e che riecheggia grosso modo il discorso di Catullo, viene praticamente capovolto per via del signifi cato, direi... comico del

sf150_interni 460 23-02-2007, 16:49:05 Il motivo del ‘carpe rosam’ 461

contesto. Difatti, chi elogia la verginella e deplora il suo defl orare-sfi orire, è un «cava- lier dolente» chiamato Sacripante (un nome buffo ed alquanto inglorioso), saraceno per giunta, il quale, gelosissimo della presunta fortuna amorosa di Orlando presso Angelica (ma si sa che non è vero niente!), si lamenta della propria sorte di amante spasimante escluso e frustrato:

«(...) sospirando piangea, tal ch’un ruscello parean le guance, e ‘l petto un Mongibello» (st. XL)

Già con questi due clichés petrarchisti iperbolizzati, e quindi parodici, esuliamo dal motivo serio-drammatico della rosa avvizzita. Alla luce della «situazione» narrati- va, il dramma singolare del «cavalier dolente» si presenta quindi molto diversamente del solito, e Sacripante, col suo strano elogio pro domo sua della rosa vergine, po- trebbe impersonare una caricatura dell’amante cortese e lagrimoso che sogna amori impossibili, in altri termini, un doppione del paladino irrazionale Orlando. Questa interpretazione obliqua e semi-seria viene d’altronde confermata nel racconto da alcune strofe più oltre, nelle quali Sacripante decide di rifarsi della sua sfortuna. Promettendosi di non imitare lo scimunito Orlando, il quale si è sciocca- mente istaurato il campione innamoratissimo di Angelica, senza però toccarla mai, egli proclama:

Corrò la fresca e matutina rosa, che, tardando, stagion perder potria. So ben ch’a donna non si può far cosa che più soave e più piacevol sia15.

L’Ariosto, tornando in un certo senso nella scia del motivo dei poeti erotico-edo- nistici, con una piroetta furbesca intenta a divertire i suoi scaltriti lettori, dà al testo un orientamento cortigianesco tra disinvolto e salace. Il Ronsard e l’Ariosto: due poeti, due creazioni liriche diverse tra di loro, e diver- se dai modelli, su di un motivo sostanzialmente simile.

Il Tasso

Scavalcando mezzo secolo di poesia petrarchista e gli stessi Amours del Ronsard, veniamo al terzo esempio prescelto del motivo del carpe rosam, quello del Tasso16. Questi conosceva la poesia del Ronsard, di vent’ anni suo predecessore, e anche il poeta di persona, incontrato durante una sua missione diplomatica a Parigi nel

(15) Orlando furioso, I, st. 58. rosa, pp. 193-200); N. JONARD, L’érotisme dans la (16) Sulla lirica edonistica di Torquato Tasso ‘Jérusalem délivrée’, in «Studi tassiani», 1984; A. vedi L. CARETTI, Studi sulle rime del Tasso, Roma, MARTINELLI, La demiurgia delle scrittura poetica, Edizioni di Storia e Letteratura, 1991 (sui rapporti «Gerusalemme liberata», Firenze, Olschki, 1983 del tema della rosa con la Gerusalemme liberata, (per l’inno alla rosa, pp. 183-198): M. PRAZ, Il pp. 197-217); e La poesia del Tasso, in T. Tasso, giardino di Armida, in Il giardino dei sensi, Milano, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 1957, vol. I; F. Mondadori, 1975; E. RAIMONDI, Poesia come retori- CHIAPPELLI, Il conoscitore del caos. Una «vis abdita» ca, Firenze, Olschki, 1980; A. ROCHON, «Les pièges nel linguaggio del Tasso, Roma, Bulzoni, 1981; A. de l’érotisme, in Au pays d’Eros, I, Littérature et DI BENEDETTO, Tasso, minori e minimi a Ferrara, érotisme en Italie..., Paris, C.I.R.R.I., 1986 (per il Pisa, Nistri-Lischi, 1970, p. 39-41; G. GETTO, Nel tema della rosa, pp.120-127); S. ZATTI, L’uniforme mondo della Gerusalemme..., Firenze, Vallecchi, cristiano e il multiforme pagano, Saggio sulla Geru- 1968; e Interpretazione del Tasso, Napoli, Edizioni salemme liberata, Milano, Il Saggiatore, 1983. scientifi che italiane, 1979 (per le fonti dell’inno alla

sf150_interni 461 23-02-2007, 16:49:05 462 Adelin Charles Fiorato

157117. Egli ammirava il lirismo idillico ed erotico dell’illustre poeta francese, e ne fece certamente messe nei versi della sua favola l’Aminta, in cui dilaga la celebrazione cortigianesca, in veste pastorale, della sensualità, dei piaceri della vita e dell’amore universale a cui nessuno si può e deve sottrarre. Movendo da spunti oraziani e catulliani, già tentati non solo dall’Ariosto e dal Rosard, ma anche dal proprio padre Bernardo Tasso, il poeta estense imbocca la via del motivo del carpe rosam, con sensibilità, musicalità e sensualità moderne, venate perciò di una malinconia molto più spiccata di quella dei poeti laurenziani o dello stesso Ronsard. Ora, nella Gerusalemme liberata, poema soffuso, come ben si sa, no- nostante l’argomento epico-cristiano, di sensi paganamente erotici, leggiamo uno dei più bei gioielli del carpe rosam, incastonato in una struttura sapientemente impostata, e con una stupenda ingegnosità poetica, che lo distinguono da tutti i poeti consimili.

«Deh mira», egli cantò, «spuntar la rosa dal verde suo modesta e verginella, che mezzo aperta ancora e mezzo ascosa, quanto si mostra men, tanto è più bella. Ecco poi nudo il sen già baldanzosa dispiega; ecco poi langue e non par quella, quella non par che disiata inanti fu da mille donzelle e mille amanti.

Così trapassa al trapassar del giorno de la vita mortale il fi or e ‘l verde ... cogliam d’amor la rosa: amiamo quando esser si puote riamato amando»18. (Gerusalemme liberata, XVI, str. 14-15).

Questo leggiadro «inno alla rosa» e al carpe diem sorge nel canto XVI, sulla soglia del celeberrimo episodio degli amori di Armida e di Rinaldo, assaporati, come si sa, nei giardini paradisiaci delle Isole fortunate, votate all’utopia di un’eterna pri- mavera e dell’amore perenne senza dolore. Nel Tasso scopriamo di nuovo lo schema della rosa-fanciulla, imitato da innu- merevoli poeti antichi e moderni. La struttura bipartita ampiamente svolta, nelle sue due fasi drammatiche ed evolutive, è caratteristica, come s’è visto, della tematica neo- latina moderna che culmina nel Ronsard. Colpiscono nella prima fase, oltre all’armoniosa musicalità propria del Tasso, due tratti poetici: – la delicatezza vitalistica e psicologica del progredire della fi oritura verso il colmo della bellezza: «spuntar | dal verde suo modesta e verginella... | mezzo aperta ancora e mezzo ascosa»...; «Ecco poi il nudo sen già baldanzosa | dispiega...», con un enjambement molto suggestivo. – la sproporzione tra il movimento ascendente della donna-rosa verso la maturi- tà amorosa e il fulmineo mutamento della sfi oritura e della languidezza mortifera: «ecco poi langue e non par più quella». Questa rappresentazione, ad un tempo idillica e malinconica del dramma (nei

(17) Cfr. A.C. FIORATO, Trois regards sur les simo commento estetico-idilliaco del Sapegno, in Français: Bandello, le Tasse, Marino, in Oltralpe L. ARIOSTO, Orlando furioso, Scelta e commento, et Outremonts, «Studi Francesi», Supplemento al a cura di N. SAPEGNO, Milano, Principato, 1954, n° 139, 2003, pp. 149 sgg. p. 11, note. (18) Sopra queste due ottave si veda il bellis-

sf150_interni 462 23-02-2007, 16:49:06 Il motivo del ‘carpe rosam’ 463

due signifi cati della parola), nel Ronsard non c’era, come non la si trova in nessuno dei poeti anteriori.

La seconda strofe invece amplifi ca la moralità asciutta, gnomica, del carpe diem, con moduli, ora un po’ impacciati e didattici («né perché faccia indietro april ritorno, | si rinfi ora ella, né si rinverde»); ora con un’eleganza cantante e ludica, con le sue reiterazioni che cullano: «trapassa / trapassar»; «cogliam / cogliam», e che culminano nel ritornello prezioso e manieristico fi nale:

«…………… amiamo or quando esser si puote riamato amando».

E di nuovo si può osservare che, come nell’Ariosto, il Tasso, anch’egli poeta della corte estense, riprende l’immagine di un pubblico cortese fremente di desiderio per la rosa, «disiata da mille donzelle e mille amanti», pubblico al quale viene rivolto l’incalzante invito all’amore. Abbiamo qui, a parer mio, una testimonianza che rivela il gusto dei poeti italiani del Cinquecento per la socialità, mentre i francesi (e proba- bilmente in altre aree), sembrano più propensi alla individualità, come lo dimostra la poesia degli esponenti della Pléiade, per primo il Ronsard. Difatti, questa dimensione scenica/collettiva – confermata dal piglio spavaldo della rosa-diva, quasi attrice –, of- fusca la possibilità di un tu-per-tu sentimentale tra il poeta e la stessa rosa, ed esclude comunque una qualsiasi forma di interiorità. Un’altra venatura, propria del Tasso sta nel motivo, qui appena sfi orato, ma spesso ricorrente nella sua opera poetica, del velo e dello svelamento:

«quanto si mostra men tanto è più bella».

Oltre all’accenno al pudore virginale, o magari alla civetteria femminile, mi pare si possa ravvisare pure in questo verso un’espressione tipica dell’erotismo tassiano, spesso un po’ voyeuristico: cioè le bellezze intime femminili sono tanto più allettanti quanto sono nascoste: una forma erotica della «dissimulazione onesta».

Ora, proseguendo col nostro metodo analitico, se consideriamo, in un secondo tempo, l’incorniciatura del testo, scopriamo, come nell’Ariosto, ma molto più che nell’Ariosto, strane ambiguità. L’inno alla rosa viene cantato («egli cantò»), non da un volgare e buffo Sacripante, ma da uno strano uccello che parla miracolosamente la nostra lingua: una specie di pappagallo, dalle penne variegate. Il fervido invito al libe- ro amore emana quindi da un locutore barocco, naturalmente intonato all’ambiente sensuale e favoloso dei giardini esperidi, e perciò non immune, col suo esotismo pa- gano, da un simbolismo che rimanda al «tentatore». D’altronde, questo uccello epicureo è un solista, la cui voce suasiva e conativa si stacca da un ampio concerto di altri uccelli, i quali «con lascivette note», accom- pagnate dal mormorìo dell’aura, delle onde e delle fronde, invitano a un tripudio d’amore universale. A sua volta, l’invito viene accolto con entusiasmo da tutte le creature della natura, che erompono in un panerotismo voluttuoso – col patrocinio poetico del Petrarca, dal quale il Tasso mutua testualmente un verso chiave: «ogni animal d’amar si riconsiglia»19. Raramente la poesia del Tasso raggiunse, sia nella

(19) «Tacque; e concorde de gli augelli il coro, par che la dura quercia, e ’l casto alloro, quasi approvando, il canto indi ripiglia. e tutta la frondosa ampia famiglia, Raddoppian le colombe i baci loro; par che la terra e l’acque formi e spiri ogni animal d’amar si riconsiglia; dolcissimi d’amor sensi e sospiri» (str. 16).

sf150_interni 463 23-02-2007, 16:49:06 464 Adelin Charles Fiorato

Gerusalemme che nelle liriche d’amore, una così alta e raffi nata celebrazione spetta- colare della sensualità. Spettacolo appunto: poiché, a un livello strutturale conglobante, questo concer- to, questo inno alla rosa, e l’orgia erotica che segue, sono destinati a una coppia di messaggeri che il capitano generale dei crociati ha mandato in missione nei giardini di Armida per sottrarre Rinaldo agli amplessi della maga pagana. Questo inno appare allora per quello che è: un malefi cio destinato a due bravi «voyeurs», per distoglierli dalla loro sacra missione. Tutto invano, ovviamente! Né il canto soave del pappagallo, per quanto elo- quente, né il fascino primaverile e la funzione simbolica della rosa, né il tripudio amoroso di tutto il creato, riusciranno a rimuovere due messi dal loro obbiettivo. Essi passeranno, duri, e strapperanno il paladino cristiano dalle braccia diaboliche di Armida, la quale verrà tragicamente abbandonata. Ma, allora ci si può chiedere: il carpe rosam tassiano è solo un trucco? Un tra- nello, fi nalmente sventato? Sì e no, perché dobbiamo fare i conti con la polisemia della poesia e con la fondamentale ambiguità del Tasso: Armida, la maga pagana, personaggio negativo, andava programmaticamente e ideologicamente abbandonata, per la salvezza di Rinaldo e il trionfo dell’esercito cristiano; ma non per tanto ella per- de la sua commovente dimensione di donna appassionatamente innamorata. Nello stesso modo, il motivo del carpe rosam tassiano risulta, sì, un accorgimento negativo in sede moralistica e, direi, controriformistica. Però esso conserva tutta la sua carica poetico-erotica di aspirazione, insieme fervida e malinconica, del poeta all’amore sentimentale e carnale. Ambiguità, anzi «duplicità», profondamente ancorate nella tempra poetica e psicologica del Tasso, ma suggeritegli pure dal clima del doppio registro, consueto in quei tempi del nicodemismo, dell’«uomo discreto» (Graciàn), della «dissimulazione onesta»20.

*

E con ciò? Il mio discorso intertestuale e metatestuale sul carpe rosam potrebbe avere una sua validità più che tematica, metodologica, e prestarsi ad altri ragiona- menti paralleli su altri motivi consimili. In questa mia indagine, muovendo da un esempio puntuale, ho tentato appunto di mostrare che, sull’originalità dei migliori poeti del Cinquecento, «il secolo dell’imitazione», incidono non tanto l’inventio, quanto la dispositio e l’elocutio, non tanto l’ossequio ai modelli quanto la contami- nazione dei motivi e la combinatoria delle imagini e degli stili, non tanto il materiale quanto la forma (per dirla con Aristotele) e la «situazione». Il petrarchismo – troppo spesso disprezzato per la sua presunta sterilità – e la tradizione cortese in generale, sia essa volgare o neolatina, costuiscono, si sa, un linguaggio comune, un insieme di codici, una koinè poetica che appartiene a tutta la società letteraria del Rinasci- mento; e a ragione si è potuto qualifi carlo «una pratica della comunicazione sociale» (A. Quondam). Ora è ovvio che ogni poeta, per poco ispirato che sia, attinge a questo armamentario di lemmi, motivi, immagini, simboli e idee, un ricco materiale col quale egli erige il suo edifi cio personale: cioè con i propri ritmi, stili, intessitura linguistica e sintattica, e soprattutto con l’ispirazione individuale tratta dal retaggio collettivo e

(20) Il motivo del carpe rosam prosegue natural- prolissa delle strofe ronsardiane e tassiane, con una mente la sua carriera in Italia e altrove dopo il Tas- specifi ca leggiadria madrigalesca, molto piacevole, so. Lo ritroviamo per esempio nel Pastor Fido del ma senza molta sensibilità reale. Guarini. Però esso consiste spesso in una parafrasi

sf150_interni 464 23-02-2007, 16:49:06 Il motivo del ‘carpe rosam’ 465

dalla propria esperienza letteraria e affettiva. Perciò, se si consideri il petrarchismo non come un’ampia mole culturale, passiva e statica, ma come un humus, dotato di un suo potenziale lievito dinamico e generativo, allora si rende maggiormente giustizia, in sede di creatività poetica, sia al ceppo e al tronco comune, che ai fi ori che sboccia- no, ai frutti che maturano all’estremità dei diversi rami.

ADELIN CHARLES FIORATO

sf150_interni 465 23-02-2007, 16:49:07 466 Rebecca Wilkin Renaissance Historiography and Novel Anthropology in Pierre-Daniel Huet’s «De l’Origine des romans» (1660)*

Scholars have long recognized Pierre-Daniel Huet’s (1630-1721) Traité de l’Origine des romans (1670)1 as a defensive piece in a polemic about the novel that preoccupied French moralists, salonnières, and academicians throughout the seven- teenth century. Jean-Pierre Camus (1582-1652), the bishop of Bellay who confi rmed Huet in 1638, singled out «cet horrible pile d’Amadis» hailing from France’s rival across the Pyrénées, as «la Mère source, et comme le cheval de Troye de tous les romans»2. The man whom Huet would later designate as «le prince des poètes médisants»3, Nicolas Boileau-Despréaux (1636-1711), expressed his wish that the effeminate heros of Madeleine de Scudéry’s (1607-1701) voluminous novels – Le Grand Cyrus (1649-1653) and Clélie (1654-1660) – be plunged into the river Lethe4. By the 1660s, the novel was in dire need of a knight in shining armor, and no one was better poised than Huet to defend Scudéry against the caustic charges of that formidable «Satirique»5. In addition to numbering among Scudéry’s friends and col- laborating with Madame de Lafayette (1634-1693) in the production of Zayde, the novel to which De l’Origine des romans was bound in its initial publication,6 Huet had authored a two-volume novel of his own at the verdant age of twenty-fi ve7. Unlike most writers of novels, however, and especially in contrast to the women with whom he consorted and collaborated, Huet boasted a vast store of historical knowledge. «Un des plus savants hommes de notre siècle», or at the very least «celui qui a le plus étudié»8, Huet galantly defended Scudéry’s craft through a feat of erudition. Henri Coulet contends that Huet gave the novel its «lettres de noblesse» to rival those of tragedy or the epic9; Joan DeJean states that De l’Origine des romans was a «search for a genealogy and a pedigree for the fl edgling French novel»10; Maurice Laugaa claims that the treatise represents «une tentative pour ancrer le roman dans un lointain passé, et lui assurer ses quartiers de noblesse»11. It is precisely because of the historical framework deployed in De l’Origine des romans that other scholars regard the treatise not as a defense of the novel, but as an apologia for history. History – to borrow Paul Hazard’s famous quip – «fi t faillite»12

* I would like to thank Eric MacPhail for his per- 1728, juxtaposes the themes and conventions of the tinent bibliographic suggestions and David Wilkin sentimental novel with the black legend of colonial for his helpful comments on a draft of this essay. Peru: a virtuous female protagonist, pursued by (1) The edition to which I refer in what follows that tyrannical conquistador, Francisco Pizarro, is HUTET, De l’Origine des romans, ed. Fabienne reunites in the end with her long-lost paramour, Gégou, Paris, Nizet, 1971. disguised as the brother of her Incan lady in wait- (2) Cited in H. COULET, Le Roman jusqu’à la ing. Révolution, Paris, A. Colin, 1967, vol. I, p. 30. (8) Cited in SAINTE-BEUVE, Causeries du lundi, (3) HUET, Mémoires, ed. Philippe-Joseph Sala- Paris, Garnier, 1856, vol. II, p. 170. zar, Paris, Klincksieck, 1993, p. 133 (9) H. COULET, op. cit. vol. I, p. 182. (4) BOILEAU, Les Héros de romans, dans Œuvres (10) J. DEJEAN, Tender Geographies: Women and complètes, Paris, Gallimard, 1969, 2 vols, t. 2., p. the Origins of the Novel in France, New York, Co- 208. lumbia U. P., 1991, p. 170. (5) HUET, Mémoires, op. cit., p. 133. (11) M. LAUGAA, Lectures de Mme de Lafayette, (6) On this textual «marriage», see F. BEASLEY, Paris, A. Colin, 1971, p. 14. Un Mariage critique: “Zayde” et “De l’Origine des (12) P. HAZARD, La crise de la conscience eu- romans”, «XVIIe siècle», 181, 1993, pp. 687-704. ropéenne, Paris, Fayard, 1961, p. 27. (7) Diane de Castro, published posthumously in

sf150_interni 466 23-02-2007, 16:49:07 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 467

under the Bourbon kings. Henri IV legislated a generalized amnesia following the wars of religion, which should be regarded «comme de chose non advenue» accord- ing to the Edict of Nantes. «[D]’en renouveller la mémoire»13 after 1598 was hence- forth to be guilty of sedition. In the 1620s and 30s, the architects of the New Science spearheaded an attack on history; forgetting the past was the fi rst step in the search for truth14. Galileo Galilei dismissed istorici as «dottori di memoria»15, while René Descartes warned against imitating the heroes of history books for fear of succumb- ing «[aux] extravagances des Paladins de nos romans»16. From the «Cartesian mo- ment» of the 1640s through the foundation of the Académie des sciences in 1661, sci- ence trumped antiquarianism. Aristocrats and bourgeois, men and women, thronged to public lectures on astronomy, chemistry, and anatomy17, while the musty charters studied by Pierre DuPuy and Théodore Godefroy18, the coats of arms collected by Nicolas Peiresc19, and the numismatic researches of Charles DuCange20 escaped pub- lic acclaim and attention21. The brand of history that did manage to retain a large readership, exemplifi ed by François Eudes de Mézeray’s massive Histoire de France depuis Faramond jusqu’à maintenant, hardly inspired confi dence. Reedited six times between 1643 and 171222, Mézeray’s Histoire narrated the lives and exploits of France’s kings. Mézeray re- served special attention for state secrets and intrigues, was not above alluding to the miraculous, and included portrait engravings forged well after the lifetime of their subjects, as his successor, Gabriel Daniel, indignantly pointed out23. In theory, histo- rians compiled their histories from accounts of witnesses contemporary to the events described. But could one distinguish invented narrative any more than imagined por- traits? Nouvelles historiques such as Lafayette’s Princesse de Montpensier (1662) and Saint-Réal’s Don Carlos (1672) seemed no less believable than Mézeray’s Histoire. Assessing the state of letters at the fi n-de-siècle, Pierre Bayle laments that «ce mélange de la vérité et de la fable [qui] se répand dans une infi nité de Livres nouveaux…fait que l’on n’ose croire ce qui est au fond croiable»24. Largely as a consequence of the novel’s historical pretensions, therefore, his- tory too found itself beleaguered with criticism. Once again, the scholarly Huet was equipped to play the part of the hero. The author of several anti-Cartesian manifes- tos25, Huet despised the philosopher’s indiscriminate (and in his opinion, presumptu- ous) rejection of centuries of learning. Marc Fumaroli views De l’Origine des romans as Huet’s fi rst anti-Cartesian tract, since in it, Huet charts the development of history at the same time as he outlines the genesis of the novel: «cet adversaire et de Descartes et du scepticisme radical publia en 1670 sa Lettre à Segrais sur l’Origine des romans

(13) Recueil des anciennes lois, eds. Isambert, (20) L. FEIGÈRE, Etude sur la vie et les ouvrages Taillandier, Decrusy, Paris, Belin-Leprieur, 1829, de Du Cange, Genève, Slatkine Reprints, 1971, pp. vol. XV, pp. 172-73. 24-25. (14) P. ROSSI, Il passato, la memoria, l’oblio. Sei (21) On the decline of antiquarianism after the saggi di storia delle idee, Bologna, Il Mulino, 1991, 1640s, see P. MILLER, Peiresc’s Europe: Learning and p. 162-66. Virtue in Seventeenth-Century France, New Haven, (15) Cited in P. ROSSI, op. cit., p. 162. Yale U. P., 2000. (16) DESCARTES, Œuvres complètes, eds. Charles (22) P. ARIÈS, op. cit., p. 137. Adam and Paul Tannery, Paris, J. Vrin, 1969, vol. (23) O. RANUM, Artisans of Glory: Writers and VI, p. 7. Historical Thought in Seventeenth-Century France, (17) L. TIMMERMANS, Accès des femmes à la cul- Chapel Hill, U. of North Carolina P., 1980, p. 204; ture (1598-1715): Un débat d’idées de Saint François P. ARIÈS, op. cit., p. 183. de Sales à la Marquise de Lambert, Paris, H. Cham- (24) Cited in G. MAY, L’Histoire a-t-elle engendré pion, 1993, pp. 123-132. le roman? «Revue d’histoire littéraire de la France», (18) B. KRIEGEL, L’Histoire à l’age classique, 15, 1955, p. 160. Paris, PUF, 1988, vol. II, p. 181. (25) Censura philosophiae cartesianae (1689), (19) P. ARIÈS, Le Temps de l’histoire, Monaco, Nouveaux mémoires sur le cartésianisme (1692), Rocher, 1954, p. 177. and Faiblesse de l’esprit humain (1724).

sf150_interni 467 23-02-2007, 16:49:07 468 Rebecca Wilkin

…justement pour réfuter Descartes et le traité de La Mothe Le Vayer»26. In Fumaro- li’s reading of De l’Origine des romans, Huet quarantines the infectious novel and salvages history’s credibility by situating in the remote past the generic differentiation between the novel and history. All the while, he impresses the authority of history upon the reader through a lavish display of learning. «The fi rst systematic historical and critical treatment of the prose narrative in the history of criticism»27, De l’Origine des romans remains to this day an authoritative source on the history of fi ction. A plea for the novel or a justifi cation of history? I shall argue that De l’Origine des romans is at the same time both and neither, depending on how one reads the treatise28. In what follows, I show that three storylines compete for the reader’s atten- tion in De l’Origine des romans. Analyzing them in turn, I argue that each one imparts a distinct meaning, such that the reader’s interpretation of the treatise depends upon which narrative he or she privileges. Those scholars who describe De l’Origine des romans as a legitimating genealogy of the novel are most sensitive to the narrative of perfectibility which Huet gleaned from the Protestant historian Lancelot du Voisin de La Popelinière (1541-1608). Those who argue that Huet condemns the novel on the grounds that it leads to ignorance, on the other hand, respond to his evocation of cycles of civilization, a theory regarding the pattern of history which received its elaboration in France at the hands of the jurist Jean Bodin (1529-1596). And while the historiographical expertise that Huet displays through his appropriation of these Renaissance sources certainly corroborates the impression that De l’Origine des ro- mans affi rms the authority of history, a third narrative paradoxically challenges the status of De l’Origine des romans as a history. In an anthropological account of the novel’s origins, Huet does not just undermine his contention that history and fi ction have been distinct genres for centuries; he confi rms Descartes’s accusation that his- tory inherently resembles fi ction.

La Popelinière and the perfect(ible) novel

In Huet’s estimation, no epoch could rival that of the humanists, whose her- culean recovery of ancient civilization remained the bedrock for the intellectual exploits of his own era. «Je trouve enfi n la même différence entre un Savant d’alors, & un Savant d’aujourd’hui», he opined as an old man, «qu’entre Cristofl e Colomb découvrant le nouveau monde & le maître d’un Paquebot, qui passe journellement de Calais à Douvre»29. Given Huet’s contempt for his contemporaries’ servile exploita- tion of the great discoveries of their Renaissance predecessors, it is not surprising that he turned directly to Renaissance historiography when tracing the novel’s path from

(26) M. FUMAROLI, Historiographie et épistémolo- events with the kinds of meaning found otherwise gie à l’époque classique, «Certitudes et incertitudes only in myth and literature,” he writes, we should de l’histoire», ed. Gilbert Gadoffre, Paris: PUF, regard “every historical narrative … as allegorical, 1987, p. 93. La Mothe Le Vayer, in contrast to Des- that is, as saying one thing and meaning another” cartes, was a skeptic, but the discrepancies between (The Content of the Form: Narrative Discourse ancient and biblical history that he pinpoints in Du and Historical Representation, Baltimore, Johns peu de certitude qu’il y a dans l’histoire (1668) were Hopkins U. P., 1987, p. 45). White lends credence every bit as damning as Descartes’s assimilation of to Descartes’s observation that history is inevitably history to fi ction. Fumaroli seems to forget here tainted by the conventions and expectations sur- that Huet shared Le Vayer’s skeptical tendencies. rounding other genres, notably fi ctional ones. Yet (27) A. FORCIONE, Cervantes, Aristotle, and the while Descartes consequently and categorically Persiles, Princeton: Princeton U. P., 1970, p. 51. discounts history, White embraces history’s formal (28) H. WHITE emphasizes the importance of resemblance to fi ction. narrative in establishing historical meaning: “in- (29) HUET, Huetiana ou pensées diverses, Paris, J. sofar as the historical narrative endows sets of real Estienne, 1722, p. 21.

sf150_interni 468 23-02-2007, 16:49:08 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 469

ancient Egypt to seventeenth-century France. The unacknowledged historiographi- cal intertext most evident in Huet’s treatise is that of La Popelinière’s Histoire des histoires (1599), the fi rst French treatise on historiography30. Published together with L’Idée de l’histoire accomplie, L’Histoire des histoires provides an aggressively linear view of history. Although La Popelinière’s Histoire was published only once, Huet was evidently familiar with it, as he gleaned the parallel that forms the backbone of his narrative directly from the pages of L’Histoire des histoires (1599). La Popelinière held that since history’s subject is the story of human society’s march to perfection31, history too is perfectible. He drew parallels between humanity’s evolution from barbarity to civility and the progressive distinction between history and fi ction. It is Huet’s adoption of La Popelinière’s parallel narratives that has led many readers – both in Huet’s time and now – to view De l’Origine des romans as an apology for the novel and for female authorship. Huet borrowed the plot of his story, whose most important feature is the alleged split between true and false narratives, from La Popelinière. La Popelinière begins his «narré» with a «nouveau traicté de l’origine des lettres» in which he addresses the common origins of fi ction and history. He outlines four stages of historiography in the traicté. The fi rst, «semblable de substance entre tous les peuples anciens» (vol. I, p. 37), was «naturelle et grossiere…escloze d’un mouvement naturel des premiers hommes, presque ruraux et non civilisez» (vol. I, p. 31) to transmit remarkable ex- ploits «de pere en fi ls, comme une hereditaire traditive qu’ils donnoient de main en main à leur postérité» (vol. I, p. 33). The second resulted when contact with other peoples caused primitive societies to «adoucir leurs humeurs, et peu a peu subtiliser leur naturel demy sauvage» (vol. I, p. 37). But «l’indiscret meslinge des choses hu- maines avec les divines: et les trop apparens mensonges de leurs inventions» tar- nished the credibility of these written and versifi ed histories, and «les mieux avisez» (vol. I, p. 47) invented a third form of historiography, a «discours enfi lé continu et non coupé, pour [la] mieux autoriser, et luy donner plus de poids et gravité» (vol. I, p. 47). Although the resulting prose histories succeeded in separating «le fabuleux du veritable» (vol. I, p. 48), they recounted noteworthy events only «en gros et par acci- dens» (vol. II, p. 29), an indelicacy that the fourth and fi nal generation of historiogra- phers would redress. Combining chronology and philosophy (the science of causes), they deduced history «par [les] causes et progrez [des actions humaines]» (vol. II, p. 32), thus helping the reader to understand «les motifs, conseil, progrez, issues et evenemens du tout» (vol. II, p. 31). While La Popelinière attributes this last and most accomplished form of history to the ancient Greeks and Romans, he remains dissatis- fi ed with the historiography of his time. He therefore presents «le dessein de l’histoire nouvelle des françois» appended to l’Histoire des Histoires as a «modelle» of what perfect history might look like (vol I, p. 18). Following La Popelinière’s «modelle», Huet yokes the development of history to the evolution of human society from barbarity to civility. Like La Popelinière, Huet views the generic separation of fact and fi ction as the sign of civilization. Primi- tive societies recounted «[leurs] origines imaginaires» that he scorns as «histoires entièrement controuvées et dans le total et dans les parties, mais inventées seulement au défaut de la vérité» (p. 49). As peoples shed their barbarous ways, they began to distinguish between fact and fi ction. At this point, however, Huet bifurcates from

(30) LA POPELINIÈRE, L’Histoire des histoires; Historical Erudition and Historical Philosophy in L’Idée de l’histoire accomplie (1599), ed. Ph. Desan, Renaissance France, Urbana, U. of Illinois P., 1970, 2 vols., Paris, Fayard, 1989. p. 10. (31) G. HUPPERT, The Idea of Perfect History:

sf150_interni 469 23-02-2007, 16:49:08 470 Rebecca Wilkin

the «modelle». La Popelinière follows history after the separation of the genres, but Huet pursues the fi ctional strand. While history was purifi ed of its fi ctional elements, fi ction was established as a genre in its own right. The roman was born when semi- barbarian stories in which truth and falsehood intermingled were transformed by «des historiens [qui] eurent la hardiesse d’en faire [des histoires] de purement sup- posées». Nevertheless, these initial novels retained impurities: «Tous ces ouvrages auxquels l’ignorance avait donné la naissance portaient des marques de leur origine et n’étaient qu’un amas de fi ctions grossièrement entassées les unes sur les autres, et bien éloignées de ce souverain degré d’art et d’élégance où les Français ont, depuis, porté les romans» (p. 138). Huet’s story of a development from barbarity to civility, from the confl ation of fact and fi ction to their distinction, comes straight from the four stages of historiog- raphy outlined by La Popelinière. But Huet writes from a different vantage point. For La Popelinière, history was poised on the edge of perfection at the end of the six- teenth century. For Huet, the fi nal polish on novels would have to await the reign of Louis XIV. The unprecedented sophistication of the French novel results, according to Huet, from the unparalleled civility of French society: «nous devons cet avantage à la politesse de notre galanterie» (p. 139). Huet would thus appear to designate the seventeenth-century French novel as the most perfect point in an ever more perfect story, just as La Popelinière viewed history as ever more perfect as human society evolved. In effect, he celebrates the superiority of the French novel with respect to those of other nations – «leurs plus beaux romans égalent à peine les moindres des nôtres» – and praises Scudéry as «[cette] sage et vertueuse fi lle» responsible for el- evating the novel to an unprecedented level of sophistication (p. 148). Huet’s recourse to La Popelinière’s progressist view of history convinced at least some of his contemporaries that De l’Origine des romans amounted to a defense of the novel. Humorless «Catons», Huet recounts in his memoirs, complained that De l’Origine des romans displayed «[des] marques que je leur étois favorable [aux romans]»32. One contemporary reader nonetheless noticed the regret tinging Huet’s celebration of the French novel when he remarks that «notre nation [a] cédé aux autres le prix de la poésie épique et de l’histoire» (p. 139). Despite his praise for her, Scudéry wrote to Huet upon reading De l’Origine des romans to refute «l’accusation que vous faites aux romans bien faits, d’avoir amené l’ignorance à leur suite»33. It is clear from Scudéry’s defense, in which she argues that novels lead their (female) authors to read history, that she seeks to attenuate a perceived rivalry between his- tory and the novel. In her understanding, De l’Origine des romans treats the novel as an illegitimate usurper, and women novelists in particular as an endangerment to the Republic of letters34. Scudéry was probably not familiar with Huet’s «modelle», L’Histoire des histoires. She nonetheless understands that Huet does not forecast in- defi nite perfectibility for French civilization. And in effect, in his crucial discussion of the origins of European novels, Huet mobilizes the very conception of history that La Popelinière had intended to supercede with L’Histoire des histoires: the understand- ing of history as the story of the rise and fall of civilizations.

(32) HUET, Mémoires, op. cit., p. 100. as a substitute for history, lies to take the place of (33) SCUDÉRY, Scudéry: Sa vie et sa correspond- a missing truth” (Ideology and Culture in Seven- ance, eds. Rathery and Boutron, Paris, Techener, teenth-Century France, Ithaca, Cornell U. P., 1983, 1873, p. 295. p. 203). (34) E. HARTH remarks that Huet “saw fi ction

sf150_interni 470 23-02-2007, 16:49:08 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 471

Bodin and the end of history

First developed in fi fteenth-century Italy, the cyclical understanding of his- tory was disseminated in France by Bodin in his Methodus ad facilem historiarium cognitionem (1566).35 The Methodus secured Bodin’s reputation as a jurisconsult ten years before the publication of his Six Livres de la république (1576) and remained an authoritative work of historical theory until Montesquieu’s time36. The Methodus purported to provide advice on how to select and read history, and its greatest discernable impact was on subsequent writers of history. La Popelinière’s idea of perfectibility in fact comes from the Methodus. According to La Popelinière, Bodin denied that the exploits of the ancients remain inimitable. «Le temps qui s’est escoulé depuis [les anciens] jusques icy», he insists, «nous doit rendre superieurs en toutes choses» (II: 13). In choosing a linear narrative, La Popelinière nevertheless skirted a tension evident in Bodin’s Methodus. In the Methodus, Bodin aimed to discredit the myth of the golden age and its implications for subsequent epochs – namely, per- petual decline. He hoped that understanding the causes of the decline of civilizations might make it possible to avert decline altogether. However, he replaced the notion of interminable decline with the idea of cycles of history. These imply repetition and are thus antithetical to the idea of perfectibility. The assumption underlying the cyclical view of history is that man’s inherent in- constancy results in foreseeable consequences. Distinguishing the arbitrary character of human history from the teleology of sacred history, Bodin insists that the causes and effects that constitute human history mirror the inconstancy of men. «l’histoire humaine découle principalement de la volonté des hommes qui n’est jamais sembla- ble à elle-même et l’on n’entrevoit point son terme» (p. 282). Bodin describes human history as the study of «l’origine, la croissance, l’apogée, les changements et la fi n des républiques» or «l’origine, l’équilibre, la corruption et la chute… de toutes les républiques» (p. 283). Despite the unpredictability of human behavior, «l’histoire humaine incertaine et confuse» therefore shows consistent patterns (p. 283). What goes up, must come down, such that one can «embrasser d’un coup d’œil l’évolution de chaque Etat» (p. 283-84). Similarly, Louis Le Roy, another late sixteenth century historiographer who reveals Bodin’s infl uence, explains in De la vicissitude ou var- iété des choses en l’univers … depuis le temps où a commencé la civilité & mémoire humaine jusques à present (1575), that «tous affaires humains [sic], armes, lettres, langues, arts, estats, loix, mœurs … ne cessent de hausser et abaisser, amendans ou empirans alternativment»37. De la vicissitude evinces the ethical component implicit in the cyclical view of history. Rather than privileging the present as an ameliorated continuation of the past, understanding history as the rise and fall of civilizations allowed for parallels to be made between different epochs. Thus in keeping with the Renaissance ideal of instruction by example – historia magistra vitae – one could draw lessons about the present – or indeed about the future – from past events. Not surprisingly, the fate of classical Rome loomed large for humanists so conscious of recovering long-lost treas- ures. In the closing lines of De La vicissitude, Le Roy’s prose takes a visionary turn:

(35) J. BODIN, Méthode pour faciliter la connais- Law, and History in the French Renaissance, New sance de l’histoire, «Œuvres philosophiques de York, Columbia University Press, 1970. Jean Bodin», ed. and trans. Pierre Mesnard, Paris, (36) P. MESNARD, Vers un portrait de Jean Bodin, P.U.F., 1951, pp. 271-475. On Bodin, see P. BURKE, «Œuvres philosophiques de Jean Bodin», Paris, The Renaissance Sense of the Past, New York, St. P.U.F., 1951, p. xvi. Martin’s P., 1969, p. 87 and D. KELLEY, Founda- (37) LE ROY, De la Vicissitude ou variété des tions of Modern Historical Scholarship: Language, choses en l’univers, Paris, Fayard, 1988, p. 426.

sf150_interni 471 23-02-2007, 16:49:09 472 Rebecca Wilkin

Que si la memoire et cognoissance du passé est l’instruction du present, et advertissement de l’advenir, il est à craindre qu’estans parvenues à si grande excellence, la puissance, la sapi- ence, disciplines, livres, industrie, ouvrages, cognoissance du monde: ne dechoient autrefois comme ont faict par le passé et aneantissent: succedant à l’ordre et perfection du jourd’huy confusion, à la civilité rudesse, au sçavoir ignorance, à l’élegance barbarie (p. 426-27).

Evoking the fate of the Roman empire, Le Roy imagines the destruction wrought by barbarians of all climes – Huns, Lombards, Sarrasins, Vandals, Goths – on Euro- pean architecture, libraries, and morals. He goes on to predict warfare of the worst sort (civil), the profanation of religion, plague, famine, fl oods, and fi nally, original chaos. Writing in the midst of the wars of religion, Le Roy must have wondered if his countrymen were already treading down the slippery slope to anarchy. Thanks to the peace which marked the beginning of Louis XIV’s reign, anxieties regarding an imminent apocalypse had largely subsided by Huet’s time. But the fear of decadence was alive and well. And as was the case for Renaissance historians, it was commonplace for any seventeenth-century admirer of the ancients to evoke the Middle Ages as a potential precedent38. We have seen that Huet reserved his greatest respect for the humanists who had rediscovered the ancients. Predictably, he insists on the destruction wreaked by «ce débordement de barbares qui sortirent du Sep- tentrion [et qui] inonda toute l’Europe et la plongea dans de si profondes ténèbres qu’elle n’en est sortie que depuis environ deux siècles» (p. 133). As a result, Euro- pean romans «n’ont point d’autre origine que les histoires remplies de faussetés qui furent faites dans des temps obscurs, pleins d’ignorance, où l’industrie et la curiosité manquaient pour découvrir la vérité des choses et l’art pour les écrire» (p. 172). The cultural oblivion caused by the barbarians precluded any possible infl uence from pre- vious fi ctional forms, and Huet underscores the indigenous nature of European fi c- tion: «Il n’y a donc pas lieu de contester que les romans français, allemands, et anglais et toutes les fables du Nord sont du cru du pays nées sur les lieux, et n’y ont point été apportées d’ailleurs» (p. 172). Thanks to the leveling of learning that occurred in medieval times, according to Huet, the French novel can boast a distinct origin that reinforces its contemporary difference (and superiority) with respect to the fi ction produced by other nations. Huet therefore characterizes the Middle Ages as a rupture in the history of fi c- tion, and more generally, as a caesura in history. In Huet’s account of the origin of European novels, the Middle Ages witnessed the demise of one civilization and the beginning of another. Huet thus interrupts the linear narrative of perfectibility and produces two separate histories, each with its own beginning and end. This scission of the singular, linear narrative into two introduces the possibility of cycles, with the corresponding ethic of comparison. Heliodorus’ Theogenes and Chariklea (ca. 400 A.D.) is the highpoint of pre-medieval fi ction to which the novel is once again rising, thanks to French authors such as Honoré d’Urfé and Madeleine de Scudéry (p. 77). Likewise, the cyclical form of history invites the reader to anticipate the down- turn that inevitably follows a civilization’s zenith. Le Roy had projected that the catalyst for decline would come from the outside, wreaked by strangers in shape, color, and dress, as it had for ancient Rome. By contrast, Huet intimates that France is threatened internally by her own subjects. Despite his admission that France’s su- perior civility is owing unto «la grande liberté dans laquelle les hommes vivent avec les femmes», women’s participation in the Republic of Letters has eroded the dis-

(38) N. EDELMAN, Attitudes of Seventeenth-Cen- King’s Crown P., 1946, pp. 14-17. tury France towards the Middle Ages, New York,

sf150_interni 472 23-02-2007, 16:49:09 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 473

tinction between fact and fi ction that, in Huet’s view, is the foundation of a civilized society (p. 139). Huet blames the prominence of women in France’s literary debates as the cause of a reversal wherein fi ction, rather than history, constitutes the source of society’s knowledge. Les dames ont été les premières prises à cet appât: elles ont fait toute leur étude des romans et ont tellement méprisé celle de l’ancienne fable et de l’Histoire, qu’elles n’ont plus entendu ces ouvrages qui tiraient de là autrefois leur plus grand ornement. Pour ne rougir plus de cette ignorance dont elles avaient si souvent occasion de s’apercevoir, elles ont trouvé que c’était plutôt fait de désapprouver ce qu’elles ignoraient que de l’apprendre, sans se souvenir de ces trois illustres Marguerite et de tant d’autres dames qui ont honoré la France et l’Italie par leur savoir. Les hommes ont suivi l’exemple des femmes pour leur plaire; ils ont condamné ce qu’elles condamnaient et appelé pédanterie ce qui faisait une partie essentielle de la politesse encore du temps de Malherbe (p. 140).

During the Renaissance, women such as François I’s sister, Marguerite d’Angou- lème, reine de Navarre (1492-1549), her niece, Marguerite de France, duchesse de Savoie (1523-1574), and the turbulent «reine Margot» (1552-1615)39, modeled their learning on that of male scholars. By contrast, Huet insists, in seventeenth-century France men imitate women. «Studying» novels rather than history, men captivate women by complying with the deliberate impoverishment of the Republic of Let- ters. Neither La Popelinière, nor Bodin, whose misogyny welled over in De la dé- monomanie (1580), nor even Le Roy, who specifi cally warns against imminent deca- dence, had ascribed a role to women in the decline of civilizations. Huet however melded two Renaissance conceptions of the passage of time to address a preeminently contemporary concern: women’s place in the res publica litteraria. Since De l’Origine des romans comprises competing narratives featuring indefi nite perfectibility or rep- etitious cycles, it can be read either as a gallant apology of the novel and of female authorship, or as their condemnation, either as the work of a closet modern, or as the manifesto of a disgruntled ancient. The sophistication of narrative fi ction and the preeminence of women in society may signal that society’s attainment of its cultural potential. But when novels supercede history, and when women usurp the place of those men who had gallantly invited them into Parnassus, the result is a return to origins: «Ainsi une bonne cause a produit un très mauvais effet et la beauté de nos romans a attiré le mépris des belles-lettres, et comme l’ignorance les avait fait naître, ils ont aussi fait renaître l’ignorance» (140, emphasis mine). A hybrid of La Popelinière’s four stages of historiography and Bodin’s «histoire humaine et incertaine et confuse», De l’Origine des romans delivers a mixed message: the French novel represents the apotheosis of civility, but spells the apocalypse of civilization, for the primacy of fi c- tion over history heralds a return to original ignorance.

Novel anthropology

With a storyline that either charted indefi nite progress or predicted the fall of civilization, Huet remained fi rmly within historiographical conventions40. Yet

(39) All of these women knew other languages. number of prominent jurisconsults to the university The author of L’Heptaméron spoke Spanish, Ital- of Turin. Henri II’s daughter and wife of Henri IV ian, and learned Hebrew. Marguerite de Savoie is famed for having improvised a response in Latin knew Greek and Latin; she supported poets to a visiting bishop who addressed her in Latin. including Ronsard and Du Bellay and attracted a

sf150_interni 473 23-02-2007, 16:49:09 474 Rebecca Wilkin

in addition to the recognizably historical themes of progress and decadence that structure his narrative, Huet elaborates an anthropological explanation of the novel’s origin whose traits are diffi cult to reconcile with those of history. Contrary to La Popelinière, who insists that histoires (including stories and history) are the product of culture41, Huet insists that fi ction is natural. «Il faut chercher leur première origine dans la nature de l’esprit de l’homme inventif, amateur de nouveautés et des fi ctions, désireux d’apprendre et de communiquer ce qu’il a inventé et ce qu’il a appris» (p. 51). Huet also rejects Aristotle’s defi nition of art as imitation when he denies that fi ction results from nurture42. «Cette inclination aux fables, qui est commune à tous les hommes, ne leur vient pas par raisonnement, par imitation ou par coutume; elle leur est naturelle et a son amorce dans la disposition même de leur esprit» (p. 130). Further, the attraction to fi ction «est particulier à l’homme et ne le distingue pas moins des autres animaux que sa raison», Huet writes in a covert refutation against Descartes’s proclamation of the ubiquity of bon sens (p. 130). Humans’ innate love for fi ction fl attens differences between the barbarous and the civilized, over time and through space: «les nations les plus barbares aiment les inventions romanesques comme les aiment les plus polies» (p. 128). Contrary to the widespread view that De l’Origine des romans provides a geneal- ogy of the novel, it seems that what so fascinated Huet about the novel was precisely its defi ance of genealogy43. History, according to Huet’s La-Popelinière-esque sto- ryline, depends on the continuity of memory from one generation to the next and builds on itself cumulatively. Fiction, by contrast, emerges independently and locally, spontaneously generating in the minds of unconnected individuals. While history’s transmission «de père en fi ls» accompanies the patrilinear bloodline44, the French

(40) Huet’s integrity as a historian is reinforced of imitation is also inborn… The making of epics by the many pages he devotes to deliberating about and of tragedies …all have this in common, that what is true and what is false in the history of fi c- they are imitations” (On the Art of Fiction, trans. tion. In his in-depth analysis of a narrative entitled L. J. Potts, Cambridge, Cambridge U.P., 1968. pp. Du vrai et parfait amour, also known as Théogène et 20-21). Chariclée, he draws on his expertise as a philologist (43) As SAINTE-BEUVE noted, Huet “geometrical- as well as his familiarity with architectural history ly” refuted the principle of genealogy in Huetiana to determine that its attribution to the second cen- (p. 164). HUET in effect ridicules men’s desire to tury Christian philosopher, Athenagoras, is apoc- perpetuate “leur nom après leur mort” (Huetiana, ryphal. Huet contends that the gullible translator op. cit., p. 328). Because paternity implies the of the work, Martin Fumée, was presented with relation of two terms, when one of the terms is the manuscript as a prank, and he was fooled not destroyed, Huet argues, so too is the relation; thus once, but twice. In addition to believing the work when a father dies, his son is not only fatherless; his to be by Athenagoras, he also supposed it to be a fi lial status is annulled (Huetiana, op. cit., p. 335). history when it is in fact, a novel: “il le prend enfi n This was an unusual stance to strike at a time when pour une véritable histoire, faute d’intelligence even robins were commissioning family histories en l’art des romans” (De l’Origine des romans, p. like never before (J. SMITH, The Culture of Merit: 86). While Fumée’s mistake confi rms Descartes’s Nobility, Royal Service, and the Making of Absolute devastating observation of history’s resemblance to Monarchy in France 1600-1789, Ann Arbor, U. of fi ction, Huet’s exposure of the prank suggests that Michigan P., 1996, pp. 78-90). To be sure, Huet confusion between the genres originates in the eye had little to gain personally from genealogy; like of the beholder. If Fumée – or for that matter, Des- Scudéry, he was of bourgeois stock and was or- cartes – couldn’t tell the difference between history phaned at the age of six. “Sapho n’avoit que six and novels, it was his own fault. ans lorsque ses parens moururent,” reads Scudéry’s (41) La POPELINIÈRE denies that fi ction is natural self-portrait in Artamène, “ses parens laisserent when he refutes the claim that the world is eternal: Sapho avec un bien beaucoup au-dessous de son “Car si elles estoyent eternelles, elles seroyent na- merite” (cited in G. MONGRÉDIEN, Les Précieux et turelles, … et par ainsi general et ordinaire à tous les précieuses, Paris, Mercure de France, 1963, p. les peuples, comme …les instincts de la nature, 123). Likewise, Huet’s father, Daniel Huet, died in sont generaux, communs et immuables” (vol I., 1633, and his mother, Isabelle Pillon de Bertoville, pp. 25-26). passed away three years later: “Je la perdis à l’âge (42) Here is what ARISTOTLE says about imitation de six ans …je n’ai jamais senti une si longue & si in the Poetics: “the impulse to imitate is inherent in vive douleur” (Huetiana, op. cit., p. 320). man from his childhood; …everyone’s enjoyment (44) LA POPELINIÈRE, op. cit., vol. I, p. 33.

sf150_interni 474 23-02-2007, 16:49:10 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 475

novel has no ancestors and, if Bodin’s cyclical narrative prevails over La Popelinière’s progressive narrative, it will have no heirs. The paradoxical result is that De l’Origine des romans traces the history of a genre that needs no history. Indeed, if fi ction fl ourishes when the continuous transmission of history is interrupted, why bother accounting for the novel from ancient Egypt to seventeenth-century France by means of the «narration continue» that is history45? Huet himself underscores the superfl uity of history when he addresses the source of European novels. «Puisqu’il est donc vrai que l’ignorance et la grossièreté sont les grandes sources du mensonge», he reasons, «n’est-il pas bien vraisemblable que cette ignorance produisit dans l’Europe le même effet qu’elle a toujours produit partout ailleurs? Et n’est-ce pas en vain que l’on cherche dans le hasard ce que nous trouvons dans la nature?» (p. 133). Curiously, at the same time as Huet grants the novel a history, his anthropological story of origins emphasizes the novel’s irreducibility to history. He defi nes the novel on history’s terms in his La-Popelinière-esque story of the ever more perfect novel. In his anthro- pological account, conversely, he emphasizes fi ction’s a-historicity. On the one hand, he reinforces history’s authority by designating it as the legitimating discourse. On the other hand, he denies that authority when he places the origins of fi ction entirely outside of history’s ken. Paradoxically, then, De l’Origine des romans both confi rms and negates a generic hierarchy that situates the novel in the shadow of history. If Huet’s anthropological account of the novel’s origins is unexpected in a work of history, his choice of vocabulary is even more surprising. Preferring the plausible effects of human nature – «n’est-il pas bien vraisemblable que cette ignorance produ- isit dans l’Europe le même effet qu’elle a toujours produit partout ailleurs?» – to the vain chronicling of chance – «Et n’est-ce pas en vain que l’on cherche dans le hasard ce que nous trouvons dans la nature?» – Huet crosses generic lines and presses into the service of history the standard arguments with which novelists justifi ed fi ction.46 Novels, Scudéry insists, must not only be «plus [beaux] que la vérité, mais encore plus vray-semblable[s]»47. In keeping with the moral imperative of showing virtue rewarded and vice punished48, vraisemblance combined a normative concern for so- cial acceptability with the rationalist requirement of a plot constructed around cause and effect. In practice, historians embellished and improved upon the facts in order to meet their contemporaries’ expectations. Yet they could not stake aesthetic claims on such manipulations, since history remained – in theory, at least – the province of truth. In order to valorize the novel, therefore, Scudéry intimates that history is an artless craft, for the historian must dutifully report what happened, however random the facts, however incredible the truth. In contrast, the novel’s departure from his- torical fact evinces the author’s taste and skill. The novel’s vraisemblance marks its aesthetic superiority to history, «car enfi n», Scudéry reasons, «il est permis au hazard de faire des choses incroyables»49.

(45) Seventeenth-century historiographers typi- du théatre (1657) made the content of Aristotle’s cally defi ned history as “une narration continue, Poetics widely available to the non-lettered French qui a ses parties jointes & liées” (LE MOYNE, De public, affi rms, “la Vraisemblance est … l’essence l’histoire, Paris, L. Billaine, 1670, pp. 77-78). du Poëme Dramatique, & sans laquelle il ne se (46) Through vraisemblance, novelists sought peut rien faire ni rien dire de raisonnable sur la to legitimate their works by demonstrating their Scène” (La Pratique du théatre, Paris, Champion, conformity to the guidelines for other genres laid 1927, p. 65). out in Aristotle’s Poetics. The Poetics had been (47) SCUDÉRY, Les Conversations sur divers sujets, widely edited and commented by the Italians in the Amsterdam, D. du Fresne, 1682, p. 34. sixteenth century, although the fi rst French edition (48) HUET, De L’Origine des romans, op. cit., appeared only in 1671 (R. BRAY, La Formation de p. 47. la Doctrine Classique en France, Paris, Nizet, 1966, (49) SCUDÉRY, Les Conversations, op. cit., p. 37. p. 49). The abbé D’AUBIGNAC, whose Pratique

sf150_interni 475 23-02-2007, 16:49:10 476 Rebecca Wilkin

Since vraisemblance is what ostensibly distinguishes the novel from history, Huet’s substitution of vraisemblance for the fastidious work of genealogy corrobo- rates Descartes’s claim that «mesme les histoires les plus fi deles» omit, idealize, and therefore end up resembling novels50. In a jab at the scholastic philosophy he despised, Descartes equated vraisemblance with duplicity: «la Philosophie donne moyen de parler vraysemblablement de toutes choses & se faire admirer des moins sçavans»51. Descartes confl ates artfulness and artifi ce; he collapses Scudéry’s aesthetic distinction between the prosaic truth and artful vraisemblance into a moral opposition between truth and lies. Vraisemblable appears to be true, and therefore must be false, since appearances are consistently misleading. From a Cartesian perspective, when Huet rejects chance in favor of vraisemblance, he is imitating the very gesture that founded the European novel: he is making up one of those «[origines imaginaires] inventées à défaut de la vérité» (p. 49). On balance, De l’Origine des romans is a resolutely ambivalent work. It conju- gates a linear narrative of infi nite perfectibility with a cyclical story of the rise and fall of civilizations. It fl atters women authors, but hints at the danger of the infl uence they wield. It assigns two incommensurable origins – the distant past and human nature – to the novel. It poses as an example of unimpeachable history all the while deploying conventions that supposedly distinguish novels from history. The mul- tiple interpretations authorized by De l’Origine des romans no doubt contributed to Huet’s obscurity. He would go down in literary history as a well-meaning, but befuddled érudit – a sort of lingering leftover of the Renaissance and its «[savoir] pléthorique et absolument pauvre»52. «Huet», wrote that prolix second empire com- mentator, Charles Augustin Sainte-Beuve (1804-1869), «représente et prolonge …le mouvement de la Renaissance»; he was «le dernier de cette forte race des savants du 15e et du 16e siècle»53. And a century later, Hazard delighted in recounting how Huet’s house crumbled under the weight of his library; the anecdote epitomized a man whose gargantuan erudition blinded him to its effects54. Nevertheless, Huet’s posthumous reputation says more about the triumph of Cartesianism and its intolerance for ambiguity than it does about Huet. In De l’Origine des romans at least, Huet probed the questions that preoccupied his con- temporaries more deeply than many of them dared to do. When it came to the idea of history and the attendant issue of women’s place in it, for instance, Huet revealed that the moderns and the ancients battled one another from two sides of one coin. All it took was a slight twist for the rising wheel to tip downward, and a dose of misogyny to transform paragons of progress into stultifying harpies. At the same time, Huet countered a narrowing understanding of history with the very tactics that in Des- cartes’s view discredited history altogether. As the novel gained prominence, history was construed in opposition to fi ction, with the result that facticity emerged as histo- ry’s defi ning feature and primary merit. Indeed, while Renaissance humanists upheld history as a lesson on how to live one’s life, Scudéry defi nes history as a chronological repertory of chance events. Without an organic moral purpose to bind them together,

(50) DESCARTES, op. cit., vol. VI, p. 7. the Gauls and Romans – derived from the words (51) Ibid., p. 6. or deeds of Moses, without realizing that the evi- (52) M. FOUCAULT, Les Mots et les choses. Une dence he mustered could just as easily – and more archéologie des sciences humaines, Paris, Gallimard, convincingly – lead its reader to the opposite con- 1966, p. 45. clusion. Louis XIV’s gallican theologian, Jacques (53) SAINTE-BEUVE, Causeries du lundi, Paris, Bénigne Bossuet (1627-1704), and the Jansenist Garnier, 1856, pp. 179, 164. Antoine Arnauld (1612-1694) both considered (54) P. HAZARD, op. cit., vol. I., p. 40. In the Huet’s Christian manifesto as a potentially sub- Demonstratio evangelica (1672), Huet attempted to versive work. show that pagan theology – from the Egyptians to

sf150_interni 476 23-02-2007, 16:49:10 Renaissance Historiography and Novel Anthropology 477

however, facts form a fragmentary foundation for a discipline. Huet resists this paltry view of historical truth in De l’Origine des romans. By considering what might appear vraisemblable to his reader, he recovers the narrative coherence that is lost when his- tory abandons its moral prerogatives to the novel out of fear of resembling its rival. Above all, Huet’s supplementary tale of the novel’s origins in human nature exempli- fi es the conviction that truth is after all irreducible to facts. Unfortunately, Huet’s clairvoyance diminished as the irenicism of the beginning of Louis XIV’s reign gave way to a climate of militancy. Just a quarter of a century after the publication of De l’Origine des romans, the infamous Querelle des anciens et des modernes polarized the republic of letters into two equally impoverished camps55. While the moderns’ La-Popelinière-esque arguments for progress displayed a sin- gular lack of innovation56, the ancients’ vituperations against contemporary society revealed their amnesia of the great historiographical innovations of the Renaissance. Striking a bellicose pose, Huet responded to the moderns’ vindication of progress by resuscitating the moribund theory of decline that Bodin had dismissed over a century earlier. «Les terres nouvellement cultivées, » he reasons in his « Défense des anciens contre les modernes» (1722), «sont beaucoup plus vigoureuses, & plus fécondes que des terres lassées & épuisées par un longue culture»57. The huge bunches of grapes reported in the time of Moses have disappeared from the Old World, while one can see «des raves & des melons …qui faisoient la charge d’une charrette» in the New World58. Like the fruits of the earth, men too are becoming smaller and losing vigor. All told, the geniuses of ancient Greece and Italy, Huet insists, «étoient supérieurs aux nôtres»59. Huet’s colorful mix of biblical and secular history, together with his uncritical acceptance of testimonies from long ago or far away, jarred with the pub- lic’s increasing demand for vraisemblance in matters historical, a demand that he had once upon a time honored. Amidst the sterile antagonism of the Querelle, the balance that Huet negotiated in De l’Origine des romans appears as fragile as it does fertile. Indeed, if Huet’s authorial trajectory from gallant novelist, to sagacious historian, to entrenched polemicist may be taken as a model of historical change, then it seems evident that the erosion he deplored was not caused by barbarians, novels, nor even by women. Ideological intransigence was the culprit.

REBECCA WILKIN

(55) B. KRIEGEL calls the Querelle the “nadir” …ont commencé par être imparfaits, et se sont per- of seventeenth century historiography (op. cit., p. fectionnés peu à peu. …[les hommes] se corrigent 271). les uns sur les autres, et les derniers sont les les plus (56) The moderns repeatedly construed the pas- heureux, les mieux instruits et les plus parfaits” sage of time as the accumulation of the new on top (cited in H. RIGAULT, Histoire de la Querelle des of the old, in a way that was antithetical to the fresh anciens et des modernes, Paris, Hachette, 1856, start vindicated by the New Science, and especially p. 106). See also H. BARON, The Querelle of the by Descartes, who served as a sort of mascot for Ancients and Moderns as a Problem for Renaissance their cause. In his Traité pour juger des poëtes grecs, Scholarship, «Journal of the History of Ideas», 20, latins et français (1670), Desmarets de Saint Sorlin 1959, 3-32. upholds the perfectibility of man’s works on the (57) HUET, Huetiana, op. cit. p. 30. grounds that each generation’s accomplishments (58) Ibid., p. 30-31. accrue to the next. “Les ouvrages des hommes (59) Ibid., p. 32.

sf150_interni 477 23-02-2007, 16:49:11 478 Rita Zaffarami Berlenghini Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture

Ce point d’interrogation ajouté au titre ne révèle que quelques hésitations à pro- pos de la solidité d’une thèse concernant une véritable ascendance picaro-espagnole des récits stendhaliens presque tous inachevés – tels que Le Philtre, A-Imagination, Le Juif, Don Pardo, Le Coffre et le revenant, Le Chevalier de Saint Ismier et Ménuel, court récit, celui-ci, qui est inséré dans Lucien Leuwen. Faute de preuves, de preuves éclatantes, on espère trouver des résultats dans les différentes tonalités de ce point d’interrogation auquel on confi e les nuances de la pensée. À cela on peut ajouter des «retentissements» évocatoires lesquels, en étayant cette idée de la présence de l’Espagne picaresque, vont se joindre à quelques données objectives. Tout cela devrait témoigner d’une orientation littéraire que Stendhal sem- ble révéler surtout dans les années trente. Voyons d’abord ses lectures: dans sa bibliothèque de Civitavecchia il possédait La Vie de Guzman d’Alfarache de Mateo Alemán; il avait lu Le Toledan; Don Qui- chotte avait été son livre de chevet dès la découverte qu’il en avait fait dans la biblio- thèque de Claix (et dont le thème du voyage, thème typiquement picaresque, l’avait profondément frappé); Gil Blas aussi avait été une autre lecture importante. Enfi n, il aimait beaucoup le théâtre de Lope de Vega1. Dans la dernière décennie de sa vie Stendhal semble se pencher vers cette Es- pagne du Mal, une Espagne littéraire où les actions des protagonistes des romans ne peuvent avoir qu’un seul style, celui de la rapidité. Stendhal se laisse entraîner! La rapidité implique la phrase hachée et nerveuse, apte à la description d’un vol ou d’un meurtre. La phrase rapide, sèche, répond à la rapidité de l’action: le crime et le vol sont toujours perpétrés rapidement, les gestes consistent en démarrages déclanchant la fuite après le vol. La fuite vers quoi? Vers d’autres vols... peut-être! Il est vrai que la phrase sèche est typiquement stendhalienne (les dernières pages du Rouge en sont un exemple évident), mais ici, dans ces récits, ce genre de phrase semble jouer un rôle capital. Aucune concession donc à la musique du cœur. Autant qu’il est permis de juger et d’interpréter, on voudrait souligner ceci: les romans picaresques espagnols pourraient avoir eu leur importance en tant que modèles permettant à l’écrivain de s’évertuer à rejoindre une littérarité où fond et forme strictement liés, profondément unis, créent un syncrétisme de valeurs. Mais il y a plus à vrai dire: Stendhal semble se consacrer à une élaboration d’écriture inexpérimentée jusque-là, car c’est une forme revêtant des faits et non des idées. Un style qui oblige à raconter des faits, et qui ne permet pas à l’écrivain de se complaire dans les analyses psychologiques. Les affres du style avaient souvent gêné Stendhal, mais de façon puérile et bizarre, une étrange «maladie» qu’il «guérissait» par ses mélanges de langues différentes, sorte d’idiolecte qu’il pratiquait, peut-être, au cours de ses monologues intérieurs. Autrefois c’était le dessin! Une forme d’expression très éloquente où la mimique, à peine brossée, et les jeux de physionomie offraient un langage génial, parfois abstrus dans son iconi- cité (v. l’autoportrait, brossé par Stendhal, au cours d’un voyage dans le Midi avec George Sand et Alfred de Musset). Il est évident que Stendhal ici se révèle ambigu et aléatoire: «Je ne sais où je vais », écrit-il, presque en exergue, dans le plan de A-Imagi- nation, après la date du 2 août 1838. L’ambiguïté et le hasard: est-ce que Stendhal va

(1) V. DEL LITTO, La Vie intellectuelle de Stend- préférer Les Castelvins et les Montezes de Lope de hal, Paris, P.U.F. 1959, p. 132. Stendhal arrivera à Vega à Romeo et Juliette de Shakespeare.

sf150_interni 478 23-02-2007, 16:49:11 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 479

se lancer dans l’incertitude, dans l’inconnu? On ne peut pas dire! Ce qui est certain c’est qu’ il cherche ... il cherche avidement mais peut-être un peu aveuglement. Mal- gré cela il avait écrit – et il a continué à écrire – des pages mémorables où le lyrisme du bonheur est la sève de son art. Mais dans ces récits des années trente, rien de rien, le lyrisme est banni... Stendhal avait toujours prôné la sécheresse du Code Civil, le tour froid et le ton positif, il avait soutenu qu’il fallait marcher droit au but (v. La Vie de Henry Brulard), eh bien! Dans ces récits il donne la preuve la plus tangible de la réalisation de ces sentences dogmatiques. La tendance à créer les dénouements rapides dans le développement du récit – ce qui est totalement en accord avec la phrase sèche et nerveuse – était déjà pré- sente dans les romans. Mais ici Stendhal imagine et crée le choc, clôt le récit de façon abrupte, l’allure subit une interruption, les dénouements sont très nombreux, beau- coup plus que jadis. Il circonscrit l’action à la situation du moment, par conséquent «l’iconicité», c’est-à-dire le langage le plus touchant, produit ses effets: on lit et on voit. Ces récits présentent plusieurs irregularités où prolifèrent notes et fragments en un tout inorganique... mais qui semble attendre son achèvement. Un ton d’allegresse émerge malgré tout de ces pages, c’est la «felicità dello scrivere» dont parlait souvent Leonardo Sciascia à propos de l’écriture chez Stendhal. Malgré la sécheresse, toujours prônée, l’écrivain révèle ici une intensité protéi- forme des signifi és. Ce «dire» permet de «voir» et éveille des sensations, parfois il semble évoquer même des motifs rythmiques. «Robert à quatorze ans est un petit coquin complet quant au cœur [...] Robert serait serviteur de M. l’abbé Richet, jeune prêtre de vingt-huit ans qui cherchait à se faire un nom par l’éloquence de la chaire. Il est vrai que Robert ne savait pas un mot d’or- tographe; mais il était audacieux, grand, bien découpé, et ces fonctions de secrétaire consiste- raient à cirer les souliers de l’abbé et à l’accompagner le soir»2. Autrefois, dans les notes marginales de Don Pardo on lit: «Le capucin veut dépayser cette petite peste et l’emmène au couvent d’Orvieto. Pardo sent que le capucin est son ennemi, il veut se faire un protecteur. Un capucin ennemi de l’autre et qui a essayé de plaire à la fermière, le fait jaser...lui enseigne d’aller à la grange où sur le foin la fermière donne des rendez-vous muets (entourée qu’elle est des sept ou huit garçons de la ferme) au père Egregio, premier capucin. Francesco, le second capucin, a ainsi la fermière»3.

Indiscrétions savoureuses de celui qui raconte! Tableau captivant pour le lecteur qui «regarde»! L’image, issue de la parole, impressionne le lecteur. La forme «visuel- le» évoque et donne naissance à des créations en leur prêtant existence et continuité. Le renouvellement de la forme joue son rôle capital, même si cela ne fait que fortifi er des tendances déjà existantes. Il faut ajouter que Stendhal n’a jamais respecté cette fusion – contenu forme – aussi rigidement. Maintenant cela semble devenir son idée fi xe. Il ne cesse pas d’insister sur son projet; il aime ces thèmes, il ne voudrait pas les abandonner, il corrige, il y revient, il se sermonne. C’est à cette fusion – et à sa ténacité d’écrivain – qu’on doit la visualisation des scènes. La puissance visuelle est le produit de cette fusion: visualiser c’est peindre, l’écrivain brosse une société de fripons, rusés ou idiots, en même temps victimes et bourreaux. Des personnages ratés? Oui et non! Il faut admettre qu’ils sont inoubliables. Pourquoi? Parce qu’ils sont éloquents. Leurs histoires demeurent intactes, malgré les interruptions et les remaniements. On ne les oublie pas, elles subsistent ..... de là leur

(2) STENDHAL, A-Imagination in Le Rose et le Gallimard, 1982, p. 332. Vert, Mina de Vanghel et autres nouvelles, Paris, (3) Op. cit., p. 538

sf150_interni 479 23-02-2007, 16:49:11 480 Rita Zaffarami Berlenghini

validité. À cela il faut ajouter l’importance des détails: ces récits sont circonstanciés car, ici, tels que des pilotis, les détails ne font qu’étayer le réalisme de la description. Ce qui est descriptible offre un «rendement» précieux au profi t de l’effi cience du texte. Est-ce l’ivresse de l’écriture? Une écriture concise, segmentée et qui séduit l’écrivain, mais contre laquelle il bute. Le sujet aussi le séduit. Mais, lequel des deux, objectera-t-on, est-il le plus envoûtant? Séparés ni l’un ni l’autre, naturellement! C’est la fusion stricte des deux éléments qu’il veut rejoindre! Cela est sûr... mais c’est ici le problème... il tâtonne, il refait, il s’égare... «je ne sais où je vais»... il reprend le thème... et puis souvent c’est le néant de l’inachevé. Après une comparaison entre quelques pages de Guzman d’Alfarache et d’autres de A-Imagination (ou de Don Pardo, ou Le Philtre ou Le Juif) y compris les plans, il faut dire que si le style de l’auteur espagnol possède une allure svelte, et si la phrase est d’une agilité incomparable, elle n’est pas sèche, elle est colorée, riche en valeurs adjectivales. Les actions, tout en s’échelonnant rapidement, sont détaillées, par con- séquent leur intensité sémantique en est enrichie. On n’a pas, ici, un style dépouillé, on y trouve la rapidité unie à une expressivité surprenante. La tonalité des adjectifs de qualité est éloquente. L’usage des proverbes, usage assez fréquent – ainsi que celui des allusions ou des sous-entendus – donne de la vigueur à l’axe syntagmatique. La phrase est nerveuse, mais non dépouillée. Stendhal, au contraire, écrit des pages beaucoup moins «succulentes», ses récits sont beaucoup moins riches en couleurs... mais à l’agilité il unit la simplicité de ce qui est spontané. Les bizarreries d’un contenu, inusuel chez lui, fusionnent magni- fi quement en une forme simple, spontanée, apte à la situation. Les phrases rapides et les ellipses – l’a-t-on déjà remarqué – sont beaucoup plus nombreuses que jadis. Sont elles des exercices de style? En s’inspirant des exploits dérivant, plus ou moins, des contenus picaresques, Stendhal n’arrive-t-il pas à créer plus effi cacement, le style nerveux, haché où le jargon et le parler argotique lui offrent leur utile support? Le style de Mateo Alemán appartient aux gueux et, curieusement, aux clercs aussi. Il est agile et rapide, riche et coloré, il fait songer à la langue des Gitans. Parfois c’est le parler régional de toute une pègre loqueteuse qui arrive à s’estropier pour recevoir l’aumône, ou bien c’est l’histoire des passe-volants, faux soldats qui essaient d’obtenir la solde4. Ces thèmes et cette langue ne pouvaient que fasciner Stendhal. Toutefois on ne veut pas établir ici une contiguïté stricte entre le picarisme et le dernier Stendhal (il existe, paraît-il, une lignée picaresque, plus ou moins acceptée comme telle, qui va de Simplicissimus à Gil Blas, de Moll Flanders à Jacques le Fata- liste; peut être pourrait-on insérer aussi les récits stendhaliens dont on est en train de parler, et même Lamiel à cause de l’allure du roman et de certains traits caractérisant cette «fi lle du diable»). En relisant ces récits on n’y trouve pas, certes, une contiguïté exacte, mais des échos de la picaresque, des échos importants qui font réfl échir, indéniablement cap- tivants et dont la suggestion provient d’un monde quasi exotique qui devait attirer l’écrivain français, d’autant plus que son penchant pour les sujets horrifi ques n’est pas à négliger, ainsi que sa tendance à conférer à certains de ses héros cet air de vaga- bonds et ce ton d’interminables errances qui les caractérisent; les vagabondages vont de pair avec l’allure de certains romans où les déplacements créent une atmosphère qui est propre aux romans picaresques. Le langage est adéquat. Les années trente: Stendhal est à son apogée et puisque... inquietum est cor nos- trum... il cherche encore d’autres contenus et une forme presque inédite, dont l’ori-

(4) V. M. MOLHO, Romans picaresques espagnols, Paris, Gallimard, 1968, Le glossaire p. 929.

sf150_interni 480 23-02-2007, 16:49:12 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 481

gine, probablement, est à découvrir dans le passé (le Stendhal du style de Code Civil qu’il prônait, qu’il désirait pratiquer... mais qu’il n’a jamais totalement réalisé) et dont l’essor est dans ces récits. C’est un essor écrasé brutalement et fatalement par le néant! Toutefois la mort, qui tout retranche, ne peut pas tout anéantir car ces ébauches (bien que telles) rendent hommages au talent de l’ écrivain. Il aimait ces sujets, cela est sûr. Jean Prévost a écrit: «Stendhal ne décrit bien que ce qu’il préfère!». Pardo ou le Ro- bert de A-Imagination devaient lui plaire beaucoup. Encore une fois c’est une écriture iconique, formellement défi citaire, mais sans faiblesse dans son ossature. C’est une écriture sèche et forte. Ces récits sont des ébauches remarquables dans leur genre.

* * *

Dans Guzman d’Alfarache il y a ce jeu de miroirs qui exprime la duplicité de l’âme humaine dans ses différentes nuances! Mateo Alemán présente deux Guzman «qui se donnent la réplique [...] l’un est un pécheur, l’autre un théologien et un ascète [...] celui-ci naît des dépouilles de celui-là et se contemple tel qu’il fut [...] tout Guz- man d’Alfarache est dans ce jeu de miroirs: roman dialectique où tout est contraste, opposition de plus à moins»5. Dans A-Imagination et dans Don Pardo on retrouve ce même jeu de miroirs: Robert (lequel aurait dû être le refl et de Robert Macaire) n’est que l’image inverse de l’abbé Richet. Lorsque ce «miroir» agit tout se défi gure, le refl et déforme le «sujet». Celui-ci, ayant perdu son identité, vit virtuellement. C’est ici qu’on a le passage le plus important du récit, il mériterait une étude à part. Dans ce récit, en outre il y a un curieux pastiche entre métamorphose et métaphore, où les termes concrets contiennent l’abstraction dérivée de la transformation (v. plans). (Par exemple dans A-Imagination on lit ... Robert a une «physionomie d’apprenti perruquier ... L’air faux et presque menteur empêchait cette physionomie d’avoir l’air commun»). Pas trop de sensations, sinon les plus élémentaires chez les personnages créés par Stendhal. Elles sont rares, chez les protagonistes des romans picaresques aussi tels que Guzman d’Alfarache (ou Lazare de Tormes, ou El Buscón de Quevedo). Ces derniers sont totalement conditionnés par leurs situations, on dirait qu’ils n’ont pas d’âme. Mais ici les réfl exions de l’auteur ne manquent pas: il y en a, elles sont profondes bien que synthétiques. Ces malchanceux ont une mobilité innée (de là l’importance du thème du voyage qui est typiquement picaresque). Ils se déplacent souvent, ils n’ont pas toujours la possibilité de manger à leur faim. Le picaro est toujours affamé, il ne mange pas, il dévore, sa voracité fait partie de ses contractions musculaires. (Certains personnages stendhaliens, par exemple Don Pardo ou le Robert de A-Imagination, ont ces mêmes habitudes). Le picaro est insensible aux passions nobles! Il en est de même devant les humiliations où il ne révèle pas de réactions: pour lui, esquiver c’est réagir, l’escamotage est sa seule forme de réaction. Les allusions sont sa force, on trouve les mêmes allusions dans Guzman d’Alfarache et dans El Buscón de Quevedo. «Couronner de papier» c’est une allusion à la mitre de papier dont on coiffait les hérétiques pour le supplice. Mateo Alemán et Francisco de Quevedo appartiennent à la même culture, ils ont les mêmes formules de locution, car la pensée est souvent la même et l’allusion va de pair avec l’insinuation. La vitalité du picaro est au service de sa propre survivance, le contraste entre la psychologie du personnage et l’exigence de survie, se neutralise puisque la psycholo- gie disparaît car elle est annulée par l’exigence même de survivre. Voilà pourquoi le

(5) V. M. MOHLO, op. cit., p. XLVII

sf150_interni 481 23-02-2007, 16:49:12 482 Rita Zaffarami Berlenghini

picaro se débat tel qu’un pantin sans âme... Un pantin! Ce protagoniste est traité et exploité, par son auteur, en tant que personnage-type et non en tant que personnage doué de son identité et de son altérité. Cela ne fait que limiter le rôle de ces jeunes vagabonds sympatiques et malheureux. Ils sont trop collés à leurs clichés. Dommage! Les héros-protagonistes stendhaliens sont beaucoup moins stéréotypés, ou mieux ils ne le sont point: le Filippo de Le Juif ne ressemble pas à Pardo et tous les deux diffè- rent énormément du Robert de A-Imagination etc. Ce sont les traits extérieurs qui les rapprochent, et c’est l’art de Stendhal qui les anime. Le milieu picaresque est donc celui des escrocs, des meurt-de-faim, des banque- routiers qui vivent et agissent à côté des marchands, magistrats, seigneurs et clercs protégeant, apparemment, les jeunes gens. La Vie de Guzman d’ Alfarache peut avoir frappé le Stendhal avide de connais- sance et le lecteur gourmand. Dans ce roman on a affaire à des personnages dont les gestes et la poussée des instincts, semblent se concentrer pour créer tout un univers d’intrigues et de noirceur. Ce sont des personnages doubles, maîtres en l’art de fein- dre, dont les sourires narquois se confondent avec la sournoiserie la plus ingénieuse. Il ne manque pas les monstres, par exemple celui de Ravenne qui était «...sans bras à la place desquels nature lui avait posé deux ailes de chauve-souris. Au milieu de la poitrine il portait l’y de Pythagore et une + bien dessinée entre l’estomac et le ventre. Il était hermaphrodite...»6. C’est horripilant et en même temps très intéres- sant: on pourrait supposer une liaison entre ce monstre et un certain aspect du clergé corrompu ou bien avec la dépravation des «grosses légumes» de la société. Cela ne pouvait qu’attirer l’auteur de Les Cenci. Un lien semble donc exister entre ce genre picaresque et les récits stendhaliens tels que Don Pardo, A-Imagination, Le Juif, Le Philtre. (Les autres récits ci-dessus ci- tés et qui remontent toujours aux années trente, présentent des refl ets un peu moins intéressants par rapport aux romans picaresques, mais ils ne sont pas à négliger car ce sont des refl ets toujours à rapporter au milieu espagnol. On les analysera par la suite). Le Philtre (1830), Le Juif (1831), A-Imagination (1838), Don Pardo (1840) dans ces petits chefs-d’œuvre (petits prodiges de l’intelligence, surtout A-Imagination et Don Pardo malgré leur état d’ébauche) on n’a que faim, horreur, manigances, méta- morphoses et métaphores, vols et voleurs-volés et enfi n ... judaïté et bâtardise (qu’on n’oublie pas ce Guzman faisant souvent allusion à son père bâtard, juif mal converti et sodomite). Dans A-Imagination on fait la connaissance d’un ami de Robert qui s’appelle Carière: en quelques lignes Stendhal brosse ce petit personnage, ce bâtard «honnête en grande partie par défaut d’esprit», comique, patibulaire, mais rusé autant qu’il suffi t. La judaïté et la bâtardise représentent la «condition humaine» la plus désolante: «l’homme est ce qu’il cache... un misérable petit tas de secrets», écrira beaucoup plus tard André Malraux. Tous ces personnages cachent leurs vies jusqu’au moment où ils ne naissent à une vie plus étendue, à la vie littéraire. Auparavant ils existaient dans la réalité historique ainsi que dans d’autres domaines littéraires. Mais, ici, lorsque l’écrivain les fait parler, ils se délivrent de leurs liens en révélant leur tas de secrets tout en se bornant aux allusions ou aux sous – entendus... et la misère est là, elle les attend. Le lecteur y déniche une vérité historique: ils sont obligés de tomber dans le mal. Ces êtres minables, profondément honnêtes, sont prêts à nuire, mais leurs actions délétères ne se heurtent pas à leur fond d’honnêteté. Pourquoi? La réponse est aux moralistes espagnols (ici il faut circonscrire notre réfl exion à l’Espagne du

(6) M. MOLHO, op. cit., p. 77.

sf150_interni 482 23-02-2007, 16:49:12 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 483

XVIIe siècle et non au Stendhal des récits courts vu que la tonalité de ses écrits est ici libre, enjouée, patibulaire et désinvolte en même temps, mais jamais moralisante). Les moralistes cléricaux espagnols donc: on a déjà laissé entendre l’imposante masse de travail auquel le clergé se soumettait pour instruire la jeunesse en faisant œuvre de moralisation. Il fallait, à tout prix, édifi er les mœurs des gens pauvres. Les misérables, n’ayant d’autre choix que la débauche, devaient être considérés comme des victimes désignées dès leur naissance. Le clergé probablement réfl échissait avec sincérité sur les dévergondages de la jeunesse: les jeunes, pensait-on, étant condamnés à la débau- che étaient justifi és, leur fond naturel d’honnêteté demeurait intact, mais inactif. À cela il faut ajouter l’anticléricalisme (auquel ne seraient pas tout à fait étrangers cer- tains religieux radicalement attachés à la plus stricte authenticité de leurs croyances) qui couvait depuis l’humanisme propagé par les disciples d’Erasme et qu’on retrouve assez ostensiblement dans La vie de Lazare de Tormes. Les Capucins et les vieux moines qui attirent le Pardo stendhalien, ce polisson de Civitavecchia, devenu entre temps lui aussi moine de Tiers Ordre, se consacrent aux pratiques d’une homosexualité et d’une pédérastie aberrantes. (v. plan) Ici Stendhal, lorsqu’il décrit ces scènes de sodomie triomphante, emploie un parfait italien bien seyant à la vulgarité. C’est du satanisme! Et les tartuffes sont toujours là. Aucune réfl exion de la part de l’auteur. Le réalisme se confond avec l’irréalité des situations, la vision du réel en est presque déformée comme à travers une lentille grossissante. Stendhal n’envahit pas la sphère de l’abstrait, Stendhal n’est pas Balzac. Tout est circonscrit autour du réalisme de la situation, tout élément cérébral, hallucinatoire, tendant à l’abstraction y est exclu. Balzac, au contraire, brossant les différentes ima- ges de Vautrin ne peint pas un personnage cynique mais le cynisme, père Grandet n’est pas un avare, il est l’incarnation de l’avarice... et l’or, c’est la tyrannie de l’or rongeant l’homme. Le mal que décrit Stendhal dans ces récits – à ce stade d’ébauche – n’a pas d’implications d’ordre moral ou moralisant, alors que dans les romans picaresques, on souligne remarquablement l’existence du mal: la méchanceté du picaro n’est pas à combattre mais à cultiver, c’est ainsi que l’on peut mieux exploiter la jeune victime! C’est le moraliste qui souligne le mal de façon brutale et effrayante! Il a aussi ten- dance à indiquer le Bien par l’entremise du Mal. Ce milieu picaresque est un univers mythique contenant le mythe du Mal, il s’agit d’une mythologie inverse par rapport aux images idéalisées des romans de chevalerie espagnols dont «l’humanité est portée à son plus haut degré de perfection»7. Le Mal, quelle force d’attraction pour l’auteur de Les Cenci! C’est une période où Stendhal lui-même avoue le tarissement de sa créativité (mais qu’on n’oublie pas qu’à l’époque il écrit: «n’ayant rien à lire j’écris», phrase celle-ci assez signifi cative des tours et détours d’écriture qu’il va révéler et de la pas- sion aussi qui l’envahit devant la page). En plus c’est la période où il écrit Le Rouge (1830), Les Souvenirs d’Egotisme (1832), Lucien Leuwen (1834), La Vie de Henry Brulard (1836), Les Chroniques ltaliennes (1837), Les Mémoires d’un touriste (1838), La Chartreuse, L’Abesse de Castro (1839), Lamiel (1841). Comment peut-on interpré- ter son aveu en tant que révélation d’une aridité qui l’accable, d’une créativité qui tarit? D’ailleurs Michel Crouzet soutient que «A-Imagination peut s’inscrire dans cet étonnant carrefour stendhalien: d’un côté cette imagination des minuties basses ou baroques, de l’autre celle des temps héroïques»8.

(7) M. MOLHO op. cit., p. XI. Romans abandonnés, Paris, UGE, 1968, p. 211. (8) M. CROUZET, Notice sur “A-Imagination” in

sf150_interni 483 23-02-2007, 16:49:13 484 Rita Zaffarami Berlenghini

On ne veut pas aborder ici le problème de l’échec de ces contes, souvent inache- vés et «inachevables» (M. Crouzet). Cela appartient à un autre genre d’analyse. Des romans ratés? Des exercices, des ébauches? Oui! Mais la question qu’ on se pose ici est la suivante: pourquoi l’Espagne dans cette toile de fond? Pourquoi l’Espagne pi- caresque? C’est l’image d’une Espagne parfois ouvertement annoncée, parfois perçue ça et là, mais indiscutablement présente, même lorsque l’action se déroule ailleurs. Toujours les mêmes facteurs déterminants: mendicité, gueuserie, corruption... Les protagonistes tour à tour rusés ou idiots et souvent, l’a-t-on déjà dit, victimes et bour- reau. Du moralisme sous-entendu et qu’on comprend par le négatif. Toutefois ces personnages ratés sont inoubliables car ils sont éloquents. Encore quelques détails sur l’image du picaro espagnol pour mieux découvrir les traits qui peuvent avoir frappé Stendhal: 1) Picaro ( dérive du verbe picar = piquer ou picorer). 2) Un picaro s’ exprime à la première personne, autrement nul autre ne parlerait de lui. Ce personnage-héros ne fait que raconter rétrospectivement. Dans ce jeu ré- trospectif il y a souvent amertume et le récit prend parfois un aspect fragmentaire et disparate où les épisodes se juxtaposent. 3) Son obscurité est due à son lignage honteux (mère prostituée, père voleur). 4) Puisqu’il incarne l’antithèse de l’honneur, il est moins qu’un roturier, il n’est qu’un déchet social. 5) La mendicité. Le vol... les larcins. Le parasitisme... la faim: les picaros ont tou- jours faim, une faim rabelaisienne. Avec le parasitisme la ruse: « ... apprends, nigaud, un garçon d’aveugle doit en savoir un point plus que le diable», s’écrie l’aveugle en s’adressant à Lazare de Tormes9. 6) Le picaro n’est jamais paysan, il ne saurait pas se consacrer au travail de la terre. Par conséquent l’argent le hante. Tous les expédients sont bons pour voler, pour duper (à propos des vols, on aura, chez Stendhal, le voleur volé, sujet énormé- ment intéressant si l’on tient compte de la duplicité des situations et de la dualité de l’âme et des tempéraments, ce qui hantait Stendhal). Don Pardo, par exemple, en est un témoignage, c’est pourquoi on l’a défi ni un récit picaresque (v. Victor Del Litto). 7) À travers son expérience, le picaro veut discuter la valeur temporelle et spiri- tuelle de l’homme et dans sa lucidité il mettra en question sa personne et son destin, mais aussi la moralité et les règles sociales de ses contemporains et surtout celles de ses supérieurs. Cette tendance à juger manque dans El Buscón de Quevedo, c’est pourquoi ce roman, très connu et très intéressant, n’appartiendrait que partiellement à la littérature picaresque10. Epuisée en Espagne avec Quevedo (La Vie de l’Aventurier Don Pablos de Sé- govie ou El Buscón) la pensée picaresque ne pouvait pas renaître au XVIIIe siècle. Si l’ancienne conception du lignage, strictement liée à la conception de l’honneur, était à la base de la picaresque, il faut admettre que la philosophie des Lumières, ouvrant les portes à l’égalité sociale et humaine, pose une pierre tombale sur le concept de l’antihonneur, par conséquent l’image du picaro s’efface. Cela est sûr, même si, en Espagne, la bourgeoisie, n’a pas eu le même essor qu’ailleurs. C’est la bourgeoisie qui tue le haut lignage!

(9) Romans picaresques espagnols - La vie de La- il plus artiste que les autres écrivains picaresque? zare de Tormes, Paris, Gallimard, 1968, p. 7. Peut-être que oui. À propos de cela lisons ce (10) Lazare de Tormes, autre roman picaresque qu’écrit Maurice Molho: «La vie de Lazare, se celui-là, mais qui n’en représenterait pas le parfait présente comme un jeu d’esprit, cocasse et cruel, exemple, bien qu’on le considère comme le premier qui détruit toute chose et, dans le sourire se détruit témoignage de ce genre. L’auteur anonyme serait- lui-même». (M.MOLHO op. cit. p. 40)

sf150_interni 484 23-02-2007, 16:49:13 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 485

La honra, l’honneur espagnol, émanerait de la nature même de l’homme, mais de l’homme qui est noble en vertu de sa naissance. Le déshonneur picaresque suppose une religion de l’honneur. C’est une vision manichéenne de la vie, les bons d’un côté, les méchants de l’autre. L’honneur est car le déshonneur existe. L’honneur s’hérite ainsi que le déshonneur. Le noble appartient à la noblesse, le gueux à la gueuserie. Cette vision du monde sous-entend le malheur, c’est une acceptation du malheur des uns et du bonheur des autres, le bonheur des privilégiés. Cela dérive d’une conception de la vie sociale qui remonte à la féodalité. Plus tard les libertins français, Gassendi en tête, élaborèrent, heureusement, une explication du monde inspirée d’Epicure! Par la suite Saint-Just soulignera que «le bonheur est une idée neuve en Europe». La vie sociale change alors, et la littérature picaresque aussi. Maurice Molho écrit: «Dès l’instant qu’on érige en principe que le malheur, issu du péché originel, n’est pas la condition naturelle de l’homme, la pensée picaresque, désormais déracinée, jette bas les armes et expire»11. C’est une ère nouvelle où s’établit un nouvel ordre des choses.

* * *

Mateo Alemán est juif. Le judaïsme est une condition sociale et religieuse, c’est une religion qui détermine des fractures d’ordre social, ainsi que le déséquilibre fatal qui en dérive. Filippo, Le Juif stendhalien, sera ballotté ça et là, ses revers de fortune, ses échecs seront à attribuer à ses origines. Le judaïsme est strictement lié au mar- chandage, aucun scrupule donc: «J’étais juif» s’exclame Filippo «méprisé de vous autres chrétiens et même des juifs, car j’avais été longtemps excessivement pauvre». Maintenant une première digression: comment trouver des liens entre le sujet qu’on est en train de traiter – ce Stendhal problématique, aléatoire – et une tradition littéraire, celle de la littérature picaresque? En plus il faut dire aussi que Stendhal ne connaît pas l’Espagne, s’est-il vraiment rendu à Barcelone? On n’en est pas sûr. Il faudrait plutôt réfl échir sur ce que le Stendhal du Brulard écrit à propos de son célèbre espagnolisme, c’est une petite, fragile clé d’interprétation des récits tels que Le Juif, Don Pardo, Le Philtre, A-Imagination, Le coffre et le revenant, Le Chevalier de Saint Ismier et le Ménuel de Lucien Leuwen: il aurait hérité son espagnolisme de la part de son grand-père Gagnon et de sa tante Elisabeth: «Tout l’honneur, tous les senti- ments élevés et fous de la famille nous venaient de ma tante Elisabeth» [...] et ailleurs «J’avais et j’ai encore les goûts les plus aristocrates». Et encore: «Cet espagnolisme, communiqué par ma tante Elisabeth, me fait passer, même à mon âge, pour un fou de plus en plus incapable d’aucune affaire sérieuse» (H.B. Le Divan 1949 – Tome l p. 233). Ces aspirations vers les hautes sphères, vers la noblesse d’âme, vers une aristocratie toute intérieure, mêlée aux tendances républicaines, supposent-elles une religion de l’honneur telle qu’on l’a remarquée chez les Espagnols de la littérature picaresque? Oui et non, car ce raccord serait à rechercher alors dans le sens de l’honneur qui, chez les écrivains picaresques, n’appartient qu’à la caste, alors que chez Stendhal, le sens de l’honneur appartient à l’individualité de la personne. Dans le Brulard on lit «... le conte espagnol le plus commun s’il y a de la gé- nérosité me fait venir les larmes aux yeux». Cette générosité est-elle d’ascendance cornélienne? Beau comme le Cid, c’était le grand mot de tante Elisabeth! Et la grande passion, dès son adolescence, pour le chevalier à la Triste Figure? On devrait ouvrir là-dessus tout un discours trop important et qui nous mènerait loin de notre sujet. Il

(11) Ibid, p. CXI et p. CXIII M. MOLHO à pro- picaresque». pos de El Buscón parle de «... dissolution du genre

sf150_interni 485 23-02-2007, 16:49:13 486 Rita Zaffarami Berlenghini

vaut mieux donc se borner à ce que Stendhal écrit à propos du Quichotte: «la décou- verte de ce livre [...] est peut-être la plus grande époque de ma vie»12. En voilà assez sur la noblesse de l’âme et sur la capacité d’idéaliser, d’atteindre le sublime, la «folie», et en même temps d’en être dupe. Don Quichotte ne fait que sublimer la réalité. Dans le magma de sentiments y a-t-il chez Stendhal des arrière-pensées menant, subtile- ment, à cette Espagne rêvée, inconnue, dont l’idéalisation alterne des aspects positifs à d’autres qui ne le sont pas? Cette Espagne d’où est-elle issue? Stendhal ne la connaît que très peu! Ses observations sur l’Andalousie au chapitre XLVII de L ‘Amour, ne sont que le refl et des lettres de Giuseppe Pecchio, patriote milanais, condamné à mort en contumace en 1821. D’après les lettres que Giuseppe Pecchio envoie à une belle Anglaise, Lady J.O. Stendhal cite: «Le but des Espagnols n’était pas la gloire mais l’indépendance. Si les Espagnols ne se fussent battus que pour l’honneur la guerre aurait été fi nie avec la bataille de Tudela. L’honneur est d’une nature bizarre, une fois qu’il a été taché, il perd toute sa force pour agir»13. Ailleurs on lit: [...] les grands seigneurs espagnols que nous avons entrevus à Paris ne sont pas copies. Chez eux je ne vois nullement le besoin d’être rassurés de l’opinion des cent nigauds bien vêtus». Et puis Stendhal fait parler M. Ipol, philo- sophe catalan, dit-il, qui s’intéresse au langage du peuple: «Il (le langage du peuple) est près de la nature, il est énergique [...] À Barcelone un arrieros (muletier) m’en- chante par son langage, sa personne me plaît; c’est un grand garçon fort, vigoureux, rempli d’une énergie sauvage (c’est nous qui soulignons) dont la vue réjouit l’âme. À coté de lui qu’est-ce qu’un grand d’Espagne? [...] Plusieurs de mes compagnons ressemblent tout à fait à Don Quichotte; c’est la même loyauté et la même absence de raison [...] Les cordes qu’il ne faut pas toucher, c’est la religion ou les privilèges de la noblesse. Ces messieurs me prouvent sans cesse, avec beaucoup d’esprit et une vivacité charmante, que les privilèges de la noblesse (c’est nous qui soulignons) sont utiles au peuple»14. Les expressions telles que honneur, énergie sauvage, loyauté, privilèges de la noblesse sont ici soulignées, pour une comparaison – qu’on fera par la suite – avec certains traits caractérisant la littérature picaresque. Stendhal semble donc céder à des sollicitations qui lui dérivent de la lecture des romans picaresques espagnols, parfois fi ltrée à travers Scarron ou Le Sage. On pourrait se livrer à des conjectures: le Stendhal avide d’apprendre et de connaître peut tout «combiner» au niveau subliminal de sa conscience. Dans la lit- térature où l’imagination joue son rôle, il y a des lignes de force qui sont à la base de l’imagination créatrice. À cela on pourrait ajouter que les constantes psychologiques, ayant longue durée, s’étayent les unes les autres, celles de l’adolescence et celles de la maturité, à partir d’un générateur initial: le jeune Beyle se nourrit des idées nobles de sa tante Elisabeth et de son grand-père Gagnon, ce sont eux qui lui apprennent à aimer tout ce qui est noble, élevé, supérieur, aristocratique. De là l’espagnolisme, cet espagnolisme qui fait souffrir l’adolescent ainsi que l’homme de l’âge mûr. L’Italie est toujours présente chez Stendhal, alors que l’Espagne, en tant que réalité vécue, n’apparaît que rarement. L’Espagne n’est que métaphore! Elle n’est que réalité mé- tonymique. Dans un transfert de sens, où le terme concret revêt une abstraction, par substitution analogique on peut défi nir l’Espagne stendhalienne une sorte de «patrie du cœur» où règnent la fi erté et l’honneur, mais aussi l’énergie sauvage, et les privilèges de la noblesse. Cela qui devait avoir son lien avec les couches sociales du milieu pica-

(12) STENDHAL, Vie de H. Brulard, Paris, Galli- 1959, Notes, p. 459. mard, p. 106 (14) STENDHAL, Voyage en France, Paris, Galli- (13) STENDHAL, De l’Amour, Paris, Garnier, mard, 1992, p. 569.

sf150_interni 486 23-02-2007, 16:49:14 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 487

resque étant donné la hiérachie de l’époque. L’Espagne donc, grande métaphore, est la terre de la noblesse d’élite. L’Espagne, patrie du picaro, n’en serait qu’un autre aspect, non pas le revers d’une même médaille, mais une présence, rien qu’une présence attirant l’écrivain plus que l’homme, celui-ci serait fasciné par l’Espagne, terre de la noblesse d’élite. L’Italie, au contraire, est un mythe, l’Italie... c’est le coup de poignard et l’énergie, mais c’est le clos des palais aussi, c’est le pays des tours où la solitude offre de grandes possibilités, on y réfl échit, on y rêve. C’est un pays qui naît de l’imagination. La hiérarchie espagnole devait intéresser le Stendhal écrivain. Par conséquent on est tenté de voir un lien concret reliant le Stendhal des récits courts aux romans de la littérature picaresque. Cette tentative qui comprend aussi l’infl uence du Roman Comique de Scarron (1651-1657) et Gil Blas (1715-1735) de Le Sage, est problématique, mais très inté- ressante. Là aussi les rythmes, le débit du discours, malgré ses ruptures et décalages, semblent revêtir parfaitement la narration, qui n’est jamais sèche, cette narration tourbillonnante, luxuriante et, surtout, riche en images. Scarron vit de littérature pi- caresque si ce n’est qu’indirectement. Il est réaliste, caricatural, brutal, mais non stric- tement picaresque. Dans la dédicace, pourtant, Scarron adresse une exhortation au Cardinal de Retz: «Ô lecteur bénévole». C’est une captatio benevolentiae par laquelle Scarron sournoisement et candidement à la fois, espère trouver bon accueil. S’agit-il d’une candeur feinte? Voulue? Est-ce un leurre? Cette même exhortation se trouvait dans le Prologue de Lazare de Tormes (... je vous supplie, Monsieur, de recevoir cette pauvre offrande de la main de votre servi- teur...) et aussi dans celui de La Vie de Guzman d’Alfarache de Mateo Alemán (... je ne doute point du généreux courage de Votre Seigneurie, dont il suffi t qu’elle déploie les ailes de sa coutumière clémence, pour qu’à leur ombre mon livre se délivre de ses calomniateurs). C’est une débauche de couleurs où l’habileté linguistique est débridée. Cela cessera à la fi n du XVIIIe siècle. Dans Gil Blas Le Sage, lui aussi, s’adresse au lecteur et lui dit «ami lecteur, tu y trouveras, l’utile mêlé avec l’agréable»; à ce préambule suit l’autre qui est adressé «Au vulgaire», puis un autre «Au prudent lecteur: «Lis de ton mieux ce que tu liras, ne ris point de mes devis et prends garde d’en laisser échapper les avis. Fais bon accueil à ceux que je t’offre, et à l’intention qui me les fait donner». Et enfi n une «Brève décla- ration pour l’intelligence de ce livre». Il est évident que le souci des auteurs est fort, l’ouvrage est accompagné de l’auteur, ainsi que le démarrage d’une entreprise. Ces préfaces, dédicaces, placet et préambules sont fréquents chez les écrivains espagnols du XVIIe siècle qu’on défi nit picaresques et chez d’autres auteurs européens y compris les Italiens. Mais ce qui nous frappe c’est qu’on trouve cet usage chez Stendhal aussi. Est-ce une mièvrerie? Ce n’est pas seulement dans les récits courts, dont on a parlé, qu’on trouve ces ex- pressions-là! On lit «Ô lecteur bénévole» dans Lamiel (p. 53), dans Lucien Leuwen (p. 767) «Lecteur bénévole, écoutez le titre que je vous donne. En vérité si vous n’étiez pas bénévole...». Au XVIIe siècle, l’usage de ces préambules, était encore en vogue mais, après le siècle des Lumières, la société du monde entier a changé; comment interpréter alors ces effusions obséqueuses chez Stendhal? La courtisanerie ne lui sied pas, ou mieux elle ne lui sied que par convenance, ou lorsque une secrète sympathie l’invite à agir. Et alors est-il infl uencé par Mateo Alemán, par Scarron, par Le Sage? Peut-être que oui! Malgré le travail énorme de la période 1830-1840, Stendhal devait songer, de temps en temps, à la littérature picaresque ou à d’autres romans tels que par exem- ple, Gil Blas de Le Sage. Stendhal semble transposer quelques échos de l’atmosphère

sf150_interni 487 23-02-2007, 16:49:14 488 Rita Zaffarami Berlenghini

lugubre espagnole dans ses récits tels que Le Juif, le Philtre, ou bien Don Pardo etc. C’est une atmosphère lugubre mais mouvementée où le pouvoir de certains puissants est souvent fondé sur la faiblesse des autres. Alors intrigues, complots, coups de théâ- tre et vols, vols à répétition, sont la règle, ainsi que les commerces illicites.

Le Juif

Dans Le Juif, Filippo, qui s’exprime à la première personne, se laisse saisir par les événements son tempérament n’étant ni faible ni fort; il n’est jamais maître de la situation bien qu’il arrive à en tirer quelques avantages. Trompeur, il l’est, mais jamais hypocrite... cela est très singulier surtout si on réfl échit sur l’attention que Stend- hal vouait à l’hypocrisie. En même temps on remarque chez Filippo une légèreté d’esprit incroyable. Filippo est toujours en quête d’argent, et... très légèrement il se débrouille, il sait toujours se tirer d’affaire. Il faut souligner que Lamiel, par exemple, est un roman où l’intrigue est faible, alors que l’héroïne possède un caractère fort. Fi- lippo, au contraire, étant totalement absorbé par l’intrigue, en est presque “étranglé”, “englouti” même, hélas! Il saura sortir, pourtant, des mailles de l’ennemi. Sa seule passion reste toujours l’argent. Il incarne l’antithèse de l’honneur à cause de ses ori- gines, mère et sœur voleuses, lui aussi voleur et victime de sa mère, son beau-père lui aussi voleur ainsi que ses beaux-frères. Un fameux avocat de Padoue, devenu aveugle, le fait entrer à son service et le protège. D’autres aventures (où l’argent est toujours présent) nous permettront de retrouver notre héros à Lyon où il fait la contrebande, et puis à Valence où il rencontre son ami Bonnard. C’est ici qu’il entreprend l’aven- ture sentimentale avec Catherine, la sœur de son ami. L’esprit de commerce domine les sentiments, son ami Bonnard lui offre sa sœur Catherine «[...] n’as-tu pas laissé à ta femme de Zara toutes tes marchandises? Qu’elle vive, elle à Zara et toi reste avec nous!» La diaspora du monde antique se renouvelle dans l’Europe du XIXe siècle. Filippo n’est qu’un “pauvre juif d’Innsbruck”. Tracasseries et vols, vols à répétition. On l’apostrophe «chien de juif» et une «terrible malédiction» pèse sur lui. C’est Ca- therine qui, belle et innocente, lance sa malédiction contre ce pauvre Filippo, lequel voudrait rentrer à Zara où l’attend sa femme Stella. Un coup de couteau clôt le récit, mais ce meurtre, dont Filippo se souille, ne révèle que l’échec total, fi nal et fatal de ce petit juif qui n’est ni bon ni méchant, mais un peu rusé, mi-rusé mi-naïf, un peu comme le père de Guzman d’Alfarache qui à l’église «... tous les matins (il) oyait la messe à deux genoux, les mains jointes, hautes et son chapeau dessus. Les médisants y trouvèrent à mordre, arguant qu’il priait de la sorte pour ne pas ouïr le service, et qu’ il portait le chapeau haut pour n’en point voir la célébration»15. Cela veut signifi er qu’ il était resté juif tout en affi chant une dévotion extérieure. L’ouvrage de Mateo Alemán est pénétré d’un fatalisme intégraliste typiquement hispanique, contre-réformiste: «La lignée du picaro, écrit M. Molho, déshonorée de génération en génération, participe en fait d’un déshonneur radical, qui est celui de l’humanité déchue»16. Toujours le péché originel, ce qui ne pouvait intéresser Stendhal qu’indirectement, mais un refl et en pourrait être la malédiction qui semble menacer Filippo. Nous disons «qui semble» car cet épisode de la malédiction, à notre avis, est nuancée d’ironie, une ironie débonnaire... exceptionnellement débonnaire chez Stendhal.

(15) M. ALEMAN, Guzman d’Alfarache, Romans (16) M. MOLHO, op. cit., p. XLI. picaresques espagnols, Paris, Gallimard, 1958, p. 70.

sf150_interni 488 23-02-2007, 16:49:14 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 489

Le Coffre et le revenant (9 Mai 1830)

Le 8 septembre 1829 Stendhal quitte Paris pour se rendre à Bordeaux, Toulouse et peut-être à Barcelone. Le 9 mai de l’année suivante il publie Le Coffre et le revenant dans la Revue de Paris. Le sous-titre est Aventure espagnole. Le décor est totalement espagnol: les protagonistes issus d’une hiérarchie rigou- reuse vivent leur histoire autour et dans l’ancien palais de l’inquisition de Grenade où habitent le vieux don Blas et sa charmante femme Inès. Celle-ci est aimée à la folie de don Fernando, blond et beau comme le soleil. La camériste Sancha, personnage vaguement picaresque à cause de sa condition so- ciale et de ses traits caractéristiques, devant la fureur de don Blas, qui se croit trahi, révèle un «regard espagnol, mélange singulier de crainte, de courage et de haine». C’est encore le Stendhal qui sonde les profondeurs de l’âme à travers les plis et les replis du corps. Tout cela est très intéressant mais il n’y a rien de picaresque dans toute cette nouvelle. Il y a ce coffre, où se cache Fernando poursuivi par don Blas, qui pourrait renvoyer aux récits picaresques, surtout dans ses ballottements macabres au milieu d’un cimetière. Mais c’est peu de chose. Tout au plus on pourrait y voir du picaresque théâtral. Le style est léger et désinvolte. Ce qui manque c’est le personnage du picaro et son milieu. Aucun raisonnement aigu et sournois. Est-ce une Espagne que Stendhal a créée après son voyage à Barce- lone?

Le Philtre

Le Philtre qui avait paru en juin 1830 dans La Revue de Paris a le sous-titre suivant Imité de l’italien de Silvia Valaperta. Ce n’est qu’un alibi, l’auteur imité n’est pas italien, mais français. C’est Scarron. L’ouvrage imité est L’Adultère innocente. «Je voulais me désennuyer d’un fort grand mal de tête, écrit Stendhal, de là le plagiat dont j’ai averti La Revue [...] Le tout sans aucune intention de publier»17. L’action se déroule à Bordeaux, c’est une histoire d’amour qui n’a presque rien de l’atmosphère picaresque même s’il y a des coups de théâtre, du butin volé, de bizarres superpositions de personnages, lesquelles, loin du jeu de miroirs de la picaresque où un personnage se superpose à l’autre en s’observant réciproquement, confèrent du mouvement à la nouvelle en étayant la théâtralité. Dans A-Imagination on retrouvera beaucoup plus intelligiblement ce jeu de miroirs. Le Philtre est une nouvelle qui a joui du plus grand succès. Le protagoniste se débat entre le comique amer, l’aventure rocambolesque et son idéalisme romanesque. Ce récit pourrait être utilisé pour la scène.

Ménuel (1836)

Histoire du lancier Ménuel. Cet épisode ne fi gure ni dans le manuscrit de Lucien Leuwen ni dans la copie dictée en 1835. Stendhal l’écrivit de sa main à Paris les 6 et 7 Septembre 183618, sur le manuscrit

(17) STENDHAL: Le Rose et le Vert. Mina de Van- (18) V. L. Leuwen. Notes et variantes in Romans ghel et autres nouvelles, Paris, Gallimard, 1982, p. et Nouvelles, Paris, Gallimard, 1972, pp. 1501- 484. 1502.

sf150_interni 489 23-02-2007, 16:49:15 490 Rita Zaffarami Berlenghini

primitif, mais en marge. À la fi n de l’histoire de Ménuel on lit «ces huit pages sont un épisode». Ménuel: encore un jeune vagabond, avec son histoire de pauvre diable. «[...] honni, bafoué dans toute la ville», il est condamné aux galères pour un faux. On le voit se déplacer de Pau à Bayonne, puis à Saint Sébastien... Il raconte sa vie aventu- reuse: «[...] Je suis un grand misérable, faussaire, condamné aux galères et lâche». Encore le Mal. Toujours le même univers irréel et hyperbolique, toutefois la dé- pravation, ici, n’est pas excessive, ce sont des scènes fortes, mais on les décrit d’un ton léger. Par conséquent la débauche n’a rien de solennel, ainsi qu’il arrive, par exemple, dans A-Imagination où les gestes de l’abbé Richet semblent être presque hiératiques. Cet épisode est détaché du reste du roman. Est-ce un récit secondaire? C’est ici que réside l’importance du récit. Est-ce un des procédés permettant de mieux structurer la trame narrative? Il pourrait représenter, par ailleurs, un essai sur le genre romanesque et sur la façon de raconter. «Les récits secondaires, écrit Marc Marti, sont au service d’une littérature qui, tout en revendiquant l’exemplarité, n’en oublie pas moins de distraire le lecteur»19.

A-Imagination

Maintenant A-Imagination, récit que Stendhal écrit en 1838. Ce titre, visible- ment, sémiologiquement moderne, appartient au langage visuel. Ailleurs aussi, très souvent, au gré de son caprice et de sa fantaisie, Stendhal s’est évertué à jouer avec les mots, les combinaisons multilingues étant à l’ordre du jour. Ce titre possède quelque chose de très singulier (il semble même vouloir nous renvoyer aux avant-gardes). Dans une note marginale on lit «Je ne sais où je vais» 2 août 1838. La fragilité, la précarité de la situation sont bien évidentes. A-imagination désigne une personne sans imagination, mais c’est dans cette totale absence d’imagination que Robert, le protagoniste, arrive à inventer des tours pour parvenir à la fortune. Dans A-Imagination Stendhal semble introduire vraiment ce jeu de miroirs qu’on trouve dans Guzman d’Alfarache (on pourrait se rapporter à Gil Blas aussi en ce qui concerne ce jeu, mais Gil Blas n’est pas un picaro au sens strict du terme. Toutefois il faut dire que, parfois, il y a des dédoublements à cause du caractère ré- trospectif du récit). Lisons ce que Maurice Molho écrit à propos du jeu de miroirs dans Guzman d’Al- farache [...] Guzman se dédouble donc en deux êtres, dont l’un est la négation de l’autre, séparés par le seuil, déjà franchi lorsque s’ouvre le livre, d’une conversion annoncée à plusieurs reprises et amorcée dans les dernières pages [...], mais ce qui est étonnant, c’est que «dès la première page du livre, avant même que le récit ne commence, la donnée pica- resque s’est inversé dans Guzman […] Celui-ci «se transcende pour se décrire et oppose à l’immanence picaresque un au-delà à partir duquel il se juge [...] Il s’ ensuit que Guzman d’Alfarache [...] se présente comme un roman picaresque à l’envers, où le picaro n’existe que dans la mesure où il devient son propre antagoniste»20. Dans A-Imagination Stendhal suit un procédé qui, malgré l’inachèvement du récit, malgré les nombreuses fragmentations des concepts, semble avoir des analogies

(19) MARC MARTI: Nouvelles intercalées et récit cle, in «Les langués néolatines», sett. 2001, p. 18. secondaires, dans Le roman espagnol du XVIIIe siè- (20) M. MOLHO. op. cit., p. XLVIII.

sf150_interni 490 23-02-2007, 16:49:15 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 491

avec les procédés de Mateo Alemán. C’est une sorte de stratagème où des images refl étant les traits caractériels d’un personnage, reproduiraient ces mêmes traits dans un autre personnage ... et dans un autre encore. Parfois, dans son plan préparatoire, Stendhal semble tenter une sorte de chassé-croisé, bizarre échange réciproque, où Robert Macaire, le héros-protagoniste, devrait ressembler selon la volonté du père, à l’autre Robert Macaire, ce type d’homme d’affaires escroc, célébré par Daumier et par Frédérick Lemaître. Cela, écrit Gilles Louÿs, «indique un projet romanesque de grande ampleur»21. Par la suite c’est l’abbé Richet qui joue la grande scène: il voudrait faire de Robert un individu tantôt subjugué et dominé tantôt pervers et dominant. L’abbé Richet, homme à imagination, veut-il construire un automate à l’image inverse de lui? «[...] Robert empaume de plus en plus cet abbé dont l’admiration est ravie par l’ab- sence de cœur et d’imagination de Robert». C’est du trompe-l’œil! C’est la duplicité de la vie où fausseté et hypocrisie jouent leur rôle. Ou bien, les «artifi ces de perspec- tive» sont-ils employés pour ne donner que l’illusion de la réalité? La conscience de la multiplicité de la réalité et l’exigence de l’introspection sont toujours très fortes chez cet écrivain attiré par le masque (qu’on pense au touriste-marchand de fer des Mémoires d’un touriste) ainsi que par l’atomisation des sentiments, des passions et des instincts. C’est compliqué! Pourtant le romancier connaît et utilise les effets de distancia- tion par rapport à l’action et par rapport au lecteur. Certes, il s’agit toujours d’un conte inachevé et d’un plan préparatoire, mais on peut quand même entrevoir quel- ques lignes directionnelles. On a parlé d’images refl étant des traits caractériels, ces refl ets miroitent des qua- lités et des vices ainsi que des nuances. C’est l’insaisissable des situations. Ces contes souvent, sont narrés rétrospectivement. Cela semble confi rmer ce que, au XXe siècle, plusieurs critiques ont affi rmé à propos de la technique romanesque de Stendhal: Moravia en tête parlait souvent d’un Stendhal écrivain cinématographique. La mécanique des personnages est compliquée et simple en même temps. Est-ce du matérialisme mécaniciste? Stendhal monte et démonte des pièces. Se trouve-t-il dans la situation de celui qui ressent le besoin de se frayer un chemin dans un pa- norama inexploré? On ne saurait pas répondre. Dans le plan du 2 août 1838 on lit: «Robert emploie cette heure à apprendre le droit chez le procureur, le plus pauvre du Palais de justice. Il aime à voir juger un homme accusé du crime capital. Lorsque l’accusé est innocent, il se retire dégoûté. Raconter cela en action, ne pas le dire». Cette phrase que Stendhal adresse à lui-même est incontestablement révélatrice, c’est une sorte de credo de sa composition littéraire. Voilà donc, à notre avis, la clef d’inter- prétation de tous les récits que nous venons d’analyser, y compris celui ci, lequel ne présente pas qu’un intérêt philologique, d’origine picaresque. Ici on a la vraie révé- lation de Stendhal en ce qui concerne la narration. C’est une révélation qui n’est pas une nouveauté, c’est du déjà vu, mais on est tenté de supposer que, tous ces récits, y compris les plans, ne révèlent que l’importance du réalisme de l’action – FAIRE PARLER L’ACTION – Stendhal brise le moule du récit court «... il ne donne que le squelette de certains passages, écrit Henri Martineau, qui sembleraient, à priori, d’une importance capitale et il s’étend à loisir sur d’autres scènes qu’ il gonfl e hors de toute proportion». Le romancier donc y crée l’indicible, l’impalpable, l’invisible, il crée une situa- tion de laquelle dérive l’abstrait... C’est l’abstrait qui donne un sens à l’action: dans

(21) G. LOUŸS in L’Année Stendhal, n. 3, 1999, p. 131.

sf150_interni 491 23-02-2007, 16:49:15 492 Rita Zaffarami Berlenghini

une note du plan de A-IMAGINATION, vers la moitié de son travail préparatoire, Stendhal, à propos de la formation du caractère du protagoniste, annote: «Si j’évite l’odieux, j’accroche le comique: c’est un Gil Blas nouveau». Stendhal lisait Lesage à l’époque, mais le personnage stendhalien est beaucoup plus abstrait que celui de Le Sage, qui doit beaucoup à ses modèles espagnols. Dans Gil Blas l’auteur narre les multiples aventures d’un vaurien très sympathique, qui est devenu fripon à cause de l’injustice sociale. C’est la société française, une société hypocrite qu’on pourrait retrouver chez le Stendhal qui fera dire à Robert: «Il faut être tout autre chose que dévot pour écarter le soupçon de friponnerie, ces gens-ci se croient dévots mais la religion ne les amuse pas assez, ce qui les amuse c’est la Bourse». Le Robert stendhalien et Gil Blas ont des points communs, tous les deux sont comi- ques et un peu grotesques, mais Robert n’aura qu’une physionomie d’«apprenti perru- quier». Au début du récit Stendhal écrit: «Il (l’auteur) prétend faire Robert absolument sans imagination autre que celle qui sert à inventer des tours pour parvenir à la fortune». Le picaro chez Robert: du point de vue physique il fait songer aux picaros espa- gnols: «Robert était assez grand, fort, maigre, la fi gure longue, peu de menton, les cheveux d’un blond sale, les yeux gris-vert, au total la physionomie d’un chat. L’air faux et presque menteur [...] physionomie d’apprenti perruquier». Robert doit inventer des tours car il est sans imagination: il a 14 ans... petit coquin complet il «vole des bonbons aux étalages des petits marchands avec Carière, son cama- rade âgé de 16 ans[...] Carière est bâtard d’une femme de chambre voleuse». (p.332) Dans le plan du 2 août 1838 on lit «l’abbé Richet était grand et gros[...] le front fuyant, de très beaux yeux sans aucune expression outre que celle de l’égoïsme[...] un observateur fi n y eût trouvé de la cruauté et aussi l’égoïsme surnageant [...] Une demi- heure après le déjeuner, l’abbé s’enferme, tire au sort l’énoncé d’une question à prouver, monte dans une chaire élevée de six pieds qu’il s’est fait faire et prêche devant six rangs de chaises occupées par des mannequins vêtus [...] et au ventre de paille. Il dit un pater en chaire et improvise aussitôt un sermon. Il habille Robert en moine et se fait appeler mon oncle. Il est exactement le contraire de Robert, l’un est la négation de l’autre. L’Abbé se fait escorter par Robert et lui commande de perdre ses façons de portier, ce qui froisse Robert énormément. Les deux ne s’entendent plus, ou bien moins que jadis, Robert dit des mensonges – l’abbé a horreur de cela, Robert qui le crois un hypocrite complet ne comprend point ces sentiments». Les actions se superposent sans cesse, on n’a donc pas un tableau exact, précis, mais on a l’impression que dans Robert, dépourvu d’imagina- tion, se refl ète l’Abbé Richet, homme doué d’imagination mais égoïste et pervers, comme un homme à imagination. Il est hypocrite, il cherche donc en Robert des qualités telles que l’absence de cœur et l’absence d’imagination. Ce qui est intéressant c’est cette sorte de jeu de miroirs qu’on a déjà cité et qu’il faut approfondir et compléter: «Guzman se dédouble en deux êtres, écrit Maurice Molho, dont l’un est la négation de l’autre, séparés par le seuil, déjà franchi lorsque s’ouvre le livre, d’une conversion annoncée à plusieurs reprises et amorcée dans les dernières pages. [...] Du protagoniste au narrateur il y a solution de continuité...» mais ce qui est étonnant c’est que «...dès la première page du livre, avant même que le récit ne commence, la donnée picaresque s’est inversée dans Guzman...». Celui-ci «se transcende pour se décrire et oppose à l’immanence picaresque un au-delà à partir duquel il se juge [...] Il s’ensuit que Guzman d’Alfarache [...] se présente comme un roman picaresque à l’envers, où le picaro n’existe que dans la mesure où il devient son propre antagoniste»22. C’est cérébral, on y trouve aussi l’esprit des agudezas, c’est la pensée qui est exprimée selon des modèles typiquement espagnols où le gongorisme

(22) M. MOLHO, op. cit., pp. XLVII, XLVIII.

sf150_interni 492 23-02-2007, 16:49:15 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 493

semble laisser encore ses traces. Chez Guzman le picaro disparaît, il deviendra un conversos, car c’est la religion qui le sauve. Chez Robert le picaro s’efface au fur et à mesure qu’il se modifi e à côté de l’abbé Richet... et ici aussi la religion joue son rôle, mais c’est la religion des abus des supérieurs commis à l’égard des enfants destinés à être honteusement exploités. Robert est-il nigaud? On ne le dirait pas! Par la suite on saura qu’une petite actrice du boulevard aime Robert à la folie car elle trouve qu’il n’est pas niais, le jeune homme sera «électrisé pour la première fois de sa vie par l’imagination de cette jeune fi lle». Robert deviendra-t-il habile et rusé? Peut-être que oui, mais l’inachèvement ne permet pas de le savoir.

Le chevalier de Saint-Ismier (22 Avri11839)

En 1951 Pierre Martino pensait découvrir la source de cette nouvelle dans un épi- sode de Gil Blas, «Histoire de Don Alphonse et de la belle Séraphie». Mais en 1962, grace à des études plus approfondies, on découvrit que ce n’était pas Le Sage qui avait inspiré Stendhal, mais Tirso de Molina. Il s’agit d’une adaptation libre, en langue française, du premier tome du Toledan (1654), lequel n’est que l’adaptation de Los Cigarrales de Toledo du même auteur. Los Cigarrales sont les jardins des environs de Tolède; un peu comme dans le Décaméron, on y raconte des aventures, il y a aussi des considérations importantes sur le théâtre de Lope de Vega et sur sa technique dramatique. Ce fut l’hispaniste français André Nougué qui, en 1962, découvrit cette source du récit stendhalien. Stendhal possédait ce livre, ses gloses sont innombrables mais très diffi cilement déchiffrables. Lisons l’incipit de cette nouvelle: «C’était en 1640: Richelieu régnait sur la France plus terrible que jamais [...] on trouvait chez le paysan, chez le noble, chez le bourgeois une énergie que l’on ne connut plus en France après les soixante-douze ans du règne de Louis XIV. En 1640 le caractère français osait encore désirer des choses énergiques» (c’est nous qui soulignons). C’est le Stendhal qu’on connaît: l’individua- lité qui s’affi rme par l’énergie (passions puissantes, vie dangereuse). À Bordeaux ce Chevalier de Saint-Ismier, devra se battre en duel, en voici le récit: «[...] le comte para le coup en relevant l’épée du chevalier qui lui entra dans l’œil droit, pénétra de six pouces; et le chevalier sentit son fer arrêté par quelque chose de dur; c’était l’os de l’intérieur du crâne. Le comte tomba mort». Un roman de cape et d’épée, hélas! L’énergie tourne au ridicule et le réalisme semble évoquer les Cenci, mais de façon quelque peu banale et sans aucun trait tragique. Dans sa toile de fond l’Espagne est ici «sous-jacente», et en version rocambolesque. On a la sensation de saisir quelques échos des contes aventureux qu’on lit dans Los Cigar- rales de Toledo. Mais hélas! C’est une Espagne où les picaros ne sont pas présents.

Don Pardo (31 Mars-2 Avril 1840)

Don Pardo est effectivement le récit stendhalien le plus picaresque. L’action se déroule à Civitavecchia, ville assez triste, où «les lois ne protègent que les puissants, l’homme du peuple qui ne se protège pas lui-même est méprisé et insulté par ses égaux»23. C’est très amer! Dans Le Juif, dans la littérature picaresque en général et dans Guzman d’Alfarache, on a des réfl exions pareilles. Là, outre la

(23) STENDHAL, op. cit., p. 463. (24) M. ALEMAN, op. cit., p. 207.

sf150_interni 493 23-02-2007, 16:49:16 494 Rita Zaffarami Berlenghini

blessure d’amour propre de l’homme rongé par la tare de son ascendance, il y a l’homo homini lupus. Au livre II, chapitre V, on lit: «Il n’y a point d’homme pour l’homme: nous vivons aux aguets les uns des autres comme fait le chat de la souris, et du serpent l’araignée, qui, lorsqu’elle le trouve en nonchaloir, se coule le long d’un fi l, s’agrippe à sa nuque qu’elle étreint étroitement, et ne le quitte qu’elle ne l’ait mis à mort de son venin»24. Revenons à Don Pardo. C’est l’histoire du fi ls d’un tourneur en poulies nommé Tommaso qui n’avait pas moins de quatorze enfants; son troisième enfant, nommé Pardo, est d’une maigreur extrême que sa mère entretient en allant chercher, dans les fossés voisins de la ville, des sangsues qu’elle lui applique tous les mois; elle pâlit sa fi gure d’un peu de farine qu’une boulangère sa voisine lui donne par charité. C’est ainsi que l’enfant peut demander l’aumône. Pardo dévore même des chats tout crus. Il se révèle peu intelligent, mais il réussit quand même dans la contrebande. «Il a une agilité étonnante pour marcher à quatre pattes... il arrive jusqu’à la boutique d’un boucher où il mord des bouchées entières de viande crue... ses dents sont si aiguës qu’elles emportent le morceau net». C’est le thème de la faim, cette faim typiquement picaresque, mais qui a hanté aussi beaucoup d’écrivains à partir du Moyen Age jusqu’au des Misé- rables ou le Zola de Germinal, ils ont créé de grandes fresques humaines aux lueurs sinistres. Ici, en outre, il y a le thème du voleur volé, thème celui-là qui est à la base du picarisme: a) Pardo arrive à s’emparer d’un napoléon d’or qu’un voyageur a laissé tomber, il le cache dans sa bouche, il en parle à sa mère, le lendemain il ne l’a plus, c’est sa mère qui le lui a volé. À mère voleuse, fi ls voleur. b) Pardo et ses amis sont à Corneto (aujourd’hui Tarquinia), petite ville près de Civitavecchia où vivent beaucoup de gens aisés. Pardo vole des pièces d’argent, les cache dans sa bouche... mais il sera obligé de les cracher parce que ses amis, véritables fi lous, l’y obligent. Le parasitisme engendre l’escroquerie et vice-versa. c) Bassesses inouïes, dépravations et iniquités... mais aussi le Stabat de Pergolèse. Des prêtres s’entourent d’adolescents tantôt naïfs tantôt espiègles, mais toujours à la merci de tartuffes sataniques. Comme la plupart des autres récits celui-ci aussi est resté inachevé. Le plan préparatoire que Stendhal a daté du 2 Avril 1840 offre immédiatement des sensations très fortes. L’ écriture segmentée et frénétique nous renvoie à celle de la littérature picaresque et à Scarron aussi, plus qu’à Lesage. Dialogues, monologues et récits, souvent délirants, créent une sorte d’ivresse de l’écriture où le personnage de Casanova semble planer dessus (Stendhal en lisait les Mémoires avec plaisir). Tous les bas instincts se déchaînant les machinations infernales se multiplient. Dépravations et iniquités à foison... et dans ce maëlstrom le Stabat de Pergo- lèse! Au fond du gouffre ce Stabat semble détonner... mais ces notes, aux accents élégiaques, doivent probablement leur collocation à l’acuité de celui qui aimait tant les profondeurs secrètes de la musique de Pergolèse: les atrocités alors ressortent par contraste, la raillerie est au diapason. Ce récit se détache net de tout ce que Stendhal a écrit. La cruauté mentale, brutale et «raffi née», la crudité du langage ainsi que les images fortes, confèrent au récit une atmosphère qui, au lieu d’être sinistre, patibulaire, est, au contraire, piquante, légère et violente en même temps. C’est du Stendhal. Mais c’est du picarisme aussi!

(25) M. LASPÉRAS, La Nouvelle en Espagne au

sf150_interni 494 23-02-2007, 16:49:16 Stendhal picaresque? Tours et détours d’écriture 495

Les milieux des gens d’Eglise sont-ils stigmatisés, fl étris à jamais? Non! Stendhal malgré cette dérision évidente, n’a aucune intention de s’engager dans une bataille contre le clergé. Tout au plus ce n’est qu’une de ses fl èches anticléricales qu’il tire en fuyant. Au fi l des ans il en avait connu des coquins fi effés parmi les prêtres! L’abbé Raillane l’avait intimément touché, marqué dans l’esprit...

* * *

Le dernier Stendhal – qui à l’époque s’avoue «frappé de stérilité» – semble révéler d’autres soucis et d’autres attraits: est-il en train de réfl échir sur sa propre technique de la narration où vigueur et énergie sont accélérées au plus haut degré? Dans ces récits l’analyse psychologique manque, sauf quelques cas où elle est à peine pressentie. Le Stendhal héritier d’un humanisme, où sensibilité et esprit laïque se confondent, semble ne plus penser à la “connaissance du cœur humain” que son grand-père Gagnon lui avait voulu apprendre. S’agit-il d’un changement – ou tentative de changement – sollicité par des procédés totalement inusités en France? On pense encore une fois aux nouvelles intercalées et récits secondaires, d’origine espagnole25. Stendhal pouvait en avoir eu des exemples en lisant Guzman d’Alfarache où il y a des nouvelles intercalées tantôt dérivées d’un tra- vail d’interpolation, tantôt authentiques: la nouvelle La veuve vengeresse est narrée par Guzman lui-même, elle est donc authentiquement vraie. Si Stendhal a lu ce roman, et si Gérard Genette a raison lorsqu’il soutient que «le véritable auteur du récit n’est pas seule- ment celui qui le raconte, mais aussi, et parfois bien davantage, celui qui l’écoute26» (et ce- lui qui le lit, puisque ces récits sont écrits pour être reproduits ailleurs), l’auteur de Lucien Leuwen pourrait avoir capté cette idée et pourrait avoir inséré dans son roman l’épisode de Ménuel. Cet épisode, qui a été défi ni conte picaresque, n’a aucun lien avec le contexte. Par conséquent il est là par la volonté de l’auteur. La passion de celui qui raconte, l’allure du rythme mouvementé, les nombreuses mésaventures du héros, font «entrer dans la régularité française – comme le dit Mme de Stael – un peu de sève étrangère». Stendhal à l’époque se «ravitaillait» de tout genre de lectures, depuis les Espagnols jusqu’à Fielding dont il relut Tom Jones en 1838. Ces récits devaient-ils offrir du plaisir au lecteur? Devaient-ils distraire le lec- teur? La lecture du roman devait être agréable. La lecture, quelle fascination! Elle a toujours séduit Stendhal. Curieux de tout, les livres sollicitaient sa soif de connais- sance et... peut-être son désir de trouver du nouveau. À Civitavecchia il s’ennuyait, cette ville morne ne pouvait lui offrir que des fouilles, ou la chasse aux alouettes dans la campagne romaine... mais dans sa bibliothèque il avait la possibilité de satisfaire sa soif d’évasion. «Le romancier – écrit Jaques Laurent – a besoin d’électricité qui cir- cule entre ses repères et un inconnu qu’il a besoin de construire»27. Il faut ajouter que l’inachevé offre, plus que tout autre, l’appât de l’évolution, car il est œuvre ouverte. Monsieur Del Litto a écrit qu’on connaît mieux Stendhal si on lit ces récits courts inachevés. Il a bien raison. On pénètre mieux dans le tempérament de l’ écri- vain... et la stendhalogie s’enrichit davantage!

RITA ZAFFARAMI BERLENGHINI

siècle d’or, Montpellier 1987. RAIMUNDA ARANJO LUCENA, La novela corta dans l’Espagne de la fi n du (“Cahiers de narratologie” n. 4), p. 437. XVIe et le début du XXVIIe siècles, Paris 1987; JEAN (26) G. GENETTE, Figure III, Seuil 1972, p. 267. LOUIS BRAU, Fonction des nouvelles intercalées dans (27) JACQUES LAURENT, Magazine Littéraire, n. 191, le roman espagnol au siècle d’or, Nice, CNA, 1991 janvier 1983.

sf150_interni 495 23-02-2007, 16:49:16 496 Sylvie Sauvage Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier

«Ne croyez pas que le Destin soit plus que la densité de l’Enfance.»1

Rainer Maria Rilke

Il est rare lorsqu’on étudie l’itinéraire et l’œuvre d’un écrivain de se tourner vers les lectures qui nourrirent son enfance. Certes, faute de documents, la critique ne sait souvent rien d’elles. Mais ce n’est pas toujours le cas. En ce qui concerne les lectures d’enfance d’Alain-Fournier les témoignages abondent, riches, précis: ceux du romancier lui-même, de sa sœur Isabelle ou encore de son meilleur ami et beau- frère2, Jacques Rivière. Pourtant, ils n’ont à ce jour que fort peu éveillé la curiosité des commentateurs du Grand Meaulnes3. L’habitude semble prise de considérer avec attention seulement les lectures qui jalonnent la vie d’un écrivain à l’âge adulte. Or, pour capitales que soient celles-ci, elles ne devraient pas nous faire oublier l’im- portance décisive, chez un être destiné à écrire, de ces «petits livres de l’enfance»4 évoqués par Rimbaud dans «Alchimie du Verbe» et à propos desquels Julien Gracq notait dans En lisant, en écrivant: «De telles lectures profondément incorporées dans les automatismes commençants de la plume sont peut-être pour la manière d’écrire ce que sont les impressions d’enfance pour la couleur, pour l’orient de la sensibilité: non choisies, souvent banales, toujours reprises et magnifi ées par la maîtrise acquise des ressources de la langue, comme les lointains incohérents de l’enfance par la chimie savante du souvenir»5. L’auteur du Rivage des Syrtes formulait encore cette remarque bien faite pour stimuler la réfl exion et la curiosité:

Combien il est diffi cile – et combien il serait intéressant – quand on étudie un écrivain, de dé- celer non pas les infl uences avouées, les grands intercesseurs dont il se réclame, ou qu’on réclamera plus tard pour lui, mais le tout-venant habituel de ses lectures de jeunesse, le tuf dont s’est nourrie au jour le jour, pêle-mêle et au petit bonheur, une adolescence littéraire affamée.6

De cet amour des livres né dans les premières années de la vie, les écrivains té- moignent assez souvent si l’on y prend garde. Ainsi Graham Greene rédigea-t-il, en 1947, une préface à ses Essais entièrement consacrée à l’évocation de ses lectures de jeunesse; voici son début:

(1) Élégies de Duino, Œuvres, Paris, Seuil, 1972, au passage, en en soulignant l’intérêt, deux feuille- t. 2, p. 333. tons du «Petit Français illustré» lus par Fournier: (2) Jacques Rivière épousa Isabelle Fournier le Robert le Diable et Cie et Willie, l’écolier anglais. 24/08/1909. Henri Gillet citait lui aussi cette dernière histoire (3) Seuls Nicole BOINET et Zbigniew NALIWAJEK dans son article «Les enfances d’Alain-Fournier» ont manifesté quelque curiosité pour les livres de paru en juillet 1934 dans La Vie intellectuelle, tome jeunesse d’Alain-Fournier dans leurs thèses: La 30, ainsi qu’Alphonse Arend (voir «Alain-Fournier culture littéraire d’Alain-Fournier (Université Paris et la naissance du Grand Meaulnes», «Revue des IV-Sorbonne, 1986) et Alain-Fournier romancier langues vivantes», tome 20, 1954-1955). (Université de Varsovie, 1990. Publiée à Orléans, (4) Une saison en enfer, Œuvres complètes, Paris, Éditions Paradigme, 1997). N. Boinet s’est inté- Gallimard, 1967, p. 232. ressée plus particulièrement aux manuels scolaires (5) Paris, Corti, 1991, p. 161. de l’écrivain. De son côté, Z. Naliwajek mentionne (6) Opus cit., p. 160.

sf150_interni 496 23-02-2007, 16:49:17 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 497

Peut-être les livres n’ont-ils d’infl uence profonde sur notre vie qu’au cours de l’enfance. Plus tard, nous admirons, nous sommes divertis, parfois même amenés à modifi er certaines opinions déjà faites, mais il y a bien des chances pour que nous ne trouvions dans les livres qu’une simple confi rmation de ce qui est déjà dans notre esprit. (…) Que tirons-nous aujourd’hui de nos lectures qui puisse égaler l’exaltation et la révélation de ces quatorze premières années? Il va de soi que j’apprendrais avec grand intérêt qu’un nouveau roman de E. M. Forster va paraître ce printemps, mais jamais je ne saurais comparer cette paisible attente (…) avec le bref coup au cœur, la jubilation angoissée que je ressentais en découvrant sur le rayon d’une librairie un roman de Rider Haggard (…). C’est dans ces ten- dres années qu’il convient de chercher le moment crucial, l’heure où la vie prit une orientation nouvelle dans son cheminement vers la mort.7

Pour qui s’intéresse à la naissance du désir créateur, il y a déjà de quoi réfl échir dans ces paroles simples et fortes par lesquelles un romancier d’âge mûr exprime son attachement aux lectures de sa jeunesse. Graham Greene souligne en effet non seu- lement le caractère spécifi que du plaisir de lire ressenti durant l’enfance, l’empreinte indélébile laissée par ces livres dans la mémoire, mais aussi leurs conséquences sur la destinée du liseur: Je devais avoir alors à peu près quatorze ans – raconte-t-il – quand je pris sur l’étagère The Viper of Milan de miss Marjorie Bowen , ce fut vraiment, pour les bons comme pour les mauvais jours, l’avenir qui frappait à la porte. À partir de ce moment, je commençai à écrire.8

Nous nous tromperions en croyant qu’un tel mouvement de la pensée tournée vers les premières lectures n’appartient qu’à l’auteur des Essais. Récemment encore, cinq écrivains aussi différents qu’Alberto Manguel , Jean-Louis Baudry , Yves Bonne- foy9 , J. M. G. Le Clézio ou Philippe Jaccottet10 ont parlé des livres qui marquèrent leur enfance en insistant sur la fascination exercée sur eux par les illustrations. Cette propriété des lectures d’enfance à susciter des rêveries durables, sources de créativité, chacun certainement en aura fait l’expérience. Les livres sont «nos vrais maîtres à rêver» affi rmait Bachelard , cet amoureux des mots depuis son plus jeune âge, avant d’interroger: «Quand on entre vraiment dans la rêverie du livre, comment cesser de lire?»11 «En écrivant», aurait pu répondre Proust qui, en 1905, revint lui aussi sur la ma- gie de ces «charmantes lectures de l’enfance dont le souvenir doit rester pour chacun une bénédiction» car «il n’y a peut-être pas de jours de notre enfance que nous ayons si pleinement vécus que ceux que nous avons cru laisser sans les vivre, ceux que nous avons passés avec un livre préféré.»12 De manière signifi cative, À la recherche du temps perdu, ce récit-fl euve de la naissance et de l’accomplissement d’une vocation litté-

(7) «L’Enfance perdue», Préface aux Essais (re- a été consacrée sur FR3 le 08/06/1996, et Philippe produite dans Roman, n° 22, 1988, L’Aventure, pp. Jaccottet dans un entretien avec Jean Roudaut, «La 15-16). Notons que ce témoignage sur le caractère traversée de l’ombre», au cours duquel le poète inoubliable des premières lectures va dans le même affi rme, après avoir parlé de Michel Strogoff et des sens que celui du héros de Jules Vallès dans L’En- Mille et une nuits lus et relus toute l’enfance: «À fant (Paris, Multi-Éditions, 1946, p. 22). travers l’un et l’autre [de ces deux livres], la Russie (8) Ibid., p. 19. et l’Orient sont entrés dans ma rêverie avec une (9) Voir Une histoire de la lecture d’Alberto intensité que je dirais volontiers magnétique» (Le MANGUEL (Actes Sud, 1998, p. 24 à 30), L’âge de Magazine littéraire, juin 1991, p. 110). la lecture de Jean-Louis BAUDRY (Paris, Gallimard, (11) Poétique de la rêverie, Paris, PUF, 1989, p. 2000) et Le Cœur-espace d’Yves BONNEFOY (Tours, 179. Éditions Scheer, 2001, pp. 39-40). (12) MARCEL PROUST , Sur la lecture, Éditions Mille (10) J. M. G. Le Clézio durant l’émission télévi- et une nuits, 1994, pp. 26-7. sée de la collection «Un siècle d’écrivains» qui lui

sf150_interni 497 23-02-2007, 16:49:17 498 Sylvie Sauvage

raire, s’ouvre par cette remarque du petit Marcel, réveillé après un court sommeil: «Je n’avais pas cessé en dormant de faire des réfl exions sur ce que je venais de lire, (…) il me semblait que j’étais moi-même ce dont parlait l’ouvrage: une église, un quatuor, la rivalité de François 1er et de Charles-Quint.»13 Ces lignes éclairent le fait, essentiel, que l’enfant vit dans le monde imaginaire de son livre bien après la fi n de sa lecture. Dès lors, on devine le rôle que peuvent tenir les lectures de jeunesse dans la constitution du monde intérieur d’un écrivain. Alain-Fournier, qui sut lire dès «l’âge de trois ans»14, offre un exemple remar- quable de cette importance des premières lectures dans la naissance du désir créa- teur. Jacques Rivière l’affi rmait d’ailleurs dans une conférence qu’il consacra à son beau-frère en 1918: On ne saurait, je crois, souligner avec assez de force l’importance qu’ont eue ces lectures [d’enfance] sur la vocation d’Alain-Fournier. Il ne les a jamais désavouées, reniées, et je me souviens même que plus tard il essayait de m’en faire comprendre le prix.15

Au début de leur amitié, Fournier16 écrivit en effet à Rivière à propos des livres dévorés dans l’enfance avec Isabelle: Pour ce qui est des livres de prix, Dieu sait la place qu’ont tenue dans ma vie et dans celle de ma sœur ces caisses de livres d’or et de carton qui arrivaient tous les ans en juillet. Mes parents sont instituteurs.17

C’est cette place tenue par les lectures de jeunesse dans la vie et l’œuvre de l’au- teur du Grand Meaulnes que nous souhaitons brièvement mettre en lumière ici. Lorsqu’on s’interroge sur la relation de Fournier avec l’univers des livres, il con- vient de ne pas perdre de vue que du fait de la lecture passionnée des livres de prix reçus chaque été par ses parents, celui-ci connut bien avant son adolescence cette fi èvre durant laquelle «le cœur fou robinsonne à travers les romans»18. En plaçant cette aventure tout intérieure qu’est la lecture sous le signe de Ro- binson, «Roi de l’Aventure»19, Rimbaud souligne en une synthèse éclatante combien l’attrait irrépressible des romans est toujours désir d’évasion chez celui sur lequel il s’exerce dès la jeunesse. Il est vrai que l’imagination tient lieu d’aile à l’homme, particulièrement durant son enfance. Henri Fournier et sa sœur furent très tôt des lecteurs boulimiques, insatiablement avides d’horizons nouveaux. L’un et l’autre ont à maintes reprises exprimé le caractère inoubliable de ces mille et une lectures partagées dans le grenier de la maison-école d’Épineuil. Dès lors, remonter à la genèse de cette «passion des romanesques aventures»20 qu’en 1911, lisant Le Rouge et le Noir, Fournier sentit en- core croître en lui, s’annonce chance de remonter aussi au point de naissance d’une vocation littéraire.

(13) Du côté de chez Swann, Paris, Gallimard, automobiles célèbre à ce moment. coll. «Folio», 1984, p. 11. (17) Correspondance Fournier-Rivière, Paris, (14) ISABELLE RIVIÈRE, Images d’Alain-Fournier, Gallimard, 1991, t. 1, 04/10/1905, p. 173. Paris, Fayard, 1989, p. 15. (18) RIMBAUD , «Roman», Poésies, Œuvres com- (15) Rivière critique de Fournier, AJRAF (c’est-à- plètes, Paris, Gallimard, 1967, p. 62. dire Bulletin de l’Association des Amis de Jacques (19) ISABELLE RIVIÈRE, Images d’Alain-Fournier, Rivière et d’Alain-Fournier), n° 1, 1975, p. 16. p. 47. (16) «Alain-Fournier» est le demi-pseudonyme (20) Lettres au Petit B…, 16/02/1911, Paris, adopté par Henri Fournier en 1906 pour se dis- Fayard, 1986, p. 226. tinguer d’un homonyme, champion de courses

sf150_interni 498 23-02-2007, 16:49:17 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 499

Le romancier lui-même attire notre attention sur ces livres aimés dès l’enfance. En effet, Robinson Crusoé mais aussi La Teppe aux Merles (de S. Blandy), L’Ami Benoît (de B. de la Roche) et La Roche aux mouettes (de Jules Sandeau) se trouvent cités dans le chapitre du Grand Meaulnes «Le bohémien à l’école», sans oublier, dans les brouillons de l’œuvre, Willie, l’écolier anglais21 et David Copperfi eld: «Je passerai ce soir-là à Yarmouth ou à Plymouth au bord de la mer au grand ciel nuageux, dans les petites villes dont il était parlé dans David Copper fi eld»22, lit-on dans les ébauches de la première partie. On apprécie d’autant mieux le caractère non négligeable des références à Willie, l’écolier anglais et à David Copperfi eld, ce «maître-livre, tissé à notre enfance – écrit Isabelle – tout aussi étroitement que le jardin profond, la classe même ou la claire voix de maman»23, si l’on songe que les brouillons ne mentionnent les titres que de deux autres œuvres, Pelléas et Mélisande24 et Tess d’Urberville25, dont la critique a reconnu l’importance pour le romancier sur un double plan affectif et littéraire. De sorte que l’on pressent toute la justesse contenue dans la remarque de Christian Dédéyan :

Robinson Crusoé, Jules Verne , Sans Famille d’Hector Malot tissèrent d’heures décisives les jeunes années du conteur (…). Il n’est pas jusqu’aux livres de prix dévorés d’un regard avide, au Tour de la France par deux enfants qui ne soient, à quelque échelon, à quelque relais obscur du rêve intérieur où se hausse le génie, responsables du Grand Meaulnes.26

«Responsables du Grand Meaulnes»? Oui, mais qu’est-ce à dire? De quelle fa- çon, «responsables»? La redécouverte des romans lus et relus par Fournier enfant ap- porte cette double réponse, à la fois simple et complexe: en ayant marqué profondé- ment son imagination et, par suite, en ayant joué de manière décisive sur sa destinée.

À la trace d’un motif obsédant

En 1910, dans une lettre à Jeanne Bruneau – l’inspiratrice de «Valentine» –, Henri Fournier affi rma la survivance en lui de tout un pan du monde de son enfance par les lignes suivantes:

Je me rappelle le temps où, dans un salon de campagne, les dimanches soirs étaient de longs paradis silencieux. Les dames jouaient du piano, tandis que les enfants, assis sur des tapis épais, feuilletaient de grands livres pleins d’aventures et de Noëls. Les petites fi lles avaient alors des toques de loutre. (…) C’était un petit salon enfoncé, au coin de la maison, au croisement des deux routes du village. À la tombée de la nuit, parfois un homme passait à la hauteur de la croisée, silencieuse- ment, sans qu’on entende le bruit de son pas. Il semblait être d’un autre monde. Une partie de ma vie se passe dans cet autre monde. Un monde plein d’imaginations et de paradis enfantins. Ceux qui me connaissent très bien savent cela.27

(21) Ce roman, signé par une étrange coïnci- (24) De Maurice Maeterlinck , mis en musique dence A. F., a été publié en feuilletons dans un par Debussy en 1902. volume de 630 pages du Petit Français illustré que (25) Du romancier anglais Thomas Hardy . possédaient les Fournier, année 1892. (26) Alain-Fournier et la réalité secrète, Paris, (22) Voir le Dossier du Grand Meaulnes, Paris, Sedes, 1967, p. 14. Garnier-Flammarion, 1986, pp. 397-509-498. (27) Lettre du 11/12/1910 citée par I. Rivière, Autre allusion aux «héros de Dickens »: p. 399. Vie et passion d’Alain-Fournier, Paris, Fayard, (23) Images d’Alain-Fournier, p. 45. 1989, p. 147.

sf150_interni 499 23-02-2007, 16:49:18 500 Sylvie Sauvage

Dans ce retour par la mémoire vers Épineuil28, qui rappelle irrésistiblement les paroles de Baudelaire, «la Poésie est ce qu’il y a de plus réel, c’est ce qui n’est complè- tement vrai que dans un autre monde»29, nous aurions tort de ne voir qu’une rêverie passagère: cette description d’un salon où des enfants lisent avec bonheur, en hiver, va revenir à cinq reprises sous la plume de Fournier entre 1905 et 1913. Elle constitue l’un de ces «noyaux d’enfance»30 sur lequel son imagination va constamment demeu- rer en travail. On mesure aussitôt l’intérêt qu’il peut y avoir à suivre de transposition en transposition la réapparition des mêmes obsédantes images, depuis les lettres de l’écrivain jusqu’au Grand Meaulnes et aux brouillons de l’œuvre, en passant par ses premiers essais poétiques. Cinq ans avant la lettre adressée à «Valentine», voici ce qu’Henri Fournier écri- vait de Lakanal à sa sœur Isabelle: Cet après-midi, c’est un après-midi de jeudi; tout est dans le brouillard, le parc et la campagne. Ce sont toujours les heures les plus moroses et les plus embrumées de la semaine. Elles me font penser généralement à des après-midi d’enfants, dans des salons, où l’on joue du piano, où les petites fi lles ont des manchons et des toques de loutre, où l’on feuillette des gravures, où l’on joue au loto, dans des salons de Paris tout près, ou de province, très loin, dans des châteaux de village.31

Remarquons que si Isabelle prend soin de rappeler que le salon décrit par son frère à Jeanne est celui de la maison du notaire, à Épineuil, où leur mère les conduisait en visite, Fournier dans sa lettre à sa sœur ne le fait pas. Pourtant nous reconnaissons aisément dans les deux missives une variation sur le même thème. S’il situe de façon très imprécise le lieu évoqué («des salons de Paris tout près ou de province très loin»), c’est qu’il donne à lire à Isabelle moins la nostalgie d’un lieu réel que l’amorce de la création d’un monde romanesque32. Car c’est déjà un pan de l’œuvre future qui s’édifi e sous nos yeux à partir de cette constellation d’images. Cela est si vrai qu’on en observe la réapparition au début d’un texte écrit en 1908. Ce «Dialogue aux approches de Noël» publié dans Miracles s’ouvre ainsi: Il ne fait pas encore nuit; mais la longue soirée d’hiver s’achève. L’homme de journées va monter au grenier et jeter du bois pour la veillée… Maintenant que nous avons fi ni le pain de nos quatre heures, accroupis (sur des poufs) derrière le grand pare-étincelles, et que nous ne pouvons plus lire, malgré les rideaux levés, dans le salon d’enfants obscurci, grande petite fi lle, ma grande petite fi lle, avec votre toque de velours et votre joue chauffée contre ma joue, il est temps de quitter votre château et de rentrer chez nous, puisque nous sommes mariés.33

En guise de commentaire à cette page adressée à René Bichet, l’un de ses meilleurs amis, Fournier explique: «Je pensais d’abord l’envoyer rejoindre d’autres notes qui serviront à mon livre d’après le régiment. Puis j’ai préféré, en ayant le temps, l’arranger ainsi en un poème tout seul. Mais ce n’est qu’une façon de le mieux

(28) Une note d’Isabelle Rivière dans Vie et Paris, PUF, 1989, p. 92. passion d’Alain-Fournier situe précisément le salon (31) Lettres à sa famille, 30/11/1905, Paris, auquel Fournier fait allusion: «le salon de la “Mai- Fayard, 1986, p. 192. son du Notaire” à Épineuil», écrit-elle (p. 147). Le (32) Si au contraire, lorsqu’il écrit à Jeanne, romancier vécut de quatre à seize ans dans ce petit Fournier situe avec exactitude la scène décrite dans village du Cher auquel il resta toujours profondé- une «maison, au croisement des deux routes du ment attaché. village», c’est justement parce que pour celle-ci ce (29) Projet d’article écrit par Baudelaire en 1855, village n’existe pas; il ne peut être qu’un lieu imagi- cité par Pascal Pia, Baudelaire, Paris, Seuil, 1982, naire, la jeune femme ne connaissant pas Épineuil. p. 93. (33) Miracles, Paris, Garnier-Flammarion, 1986, (30) GASTON BACHELARD, Poétique de la rêverie, p. 94.

sf150_interni 500 23-02-2007, 16:49:18 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 501

conserver jusqu’au moment où il sera fondu dans le reste du livre d’après le service militaire. Il ne subsistera pas sous cette forme.»34 La curiosité dès lors est vive de retrouver dans quelle partie de l’œuvre le «Dialogue» a été fondu. Tous ceux qui connaissent Le Grand Meaulnes auront reconnu dans ce texte les premières mesures de «la fête étrange» et plus particulièrement de la scène où Yvonne de Galais apparaît pour la première fois: [Meaulnes entra] dans une pièce silencieuse (…). Là aussi c’était fête, mais fête pour les petits enfants. Les uns, assis sur des poufs, feuilletaient des albums ouverts sur leurs genoux; d’autres étaient accroupis par terre devant une chaise et, gravement, ils faisaient sur le siège un étalage d’images; d’autres, auprès du feu, ne disaient rien, ne faisaient rien mais ils écoutaient au loin, dans l’immense demeure, la rumeur de la fête. (...) On entendait dans la pièce attenante jouer du piano. Meaulnes avança curieusement la tête. C’était une sorte de petit salon-parloir, une femme ou une jeune fi lle (...) tournait le dos, jouant des airs de rondes ou de chansonnettes. Sur le divan, six ou sept petits garçons et petites fi lles rangés comme sur une image (...) écoutaient. Meaulnes se trouvait là plongé dans le bonheur le plus calme du monde. Sans bruit, tandis que la jeune fi lle continuait à jouer, il retourna s’asseoir dans la salle à manger, et ouvrant un des gros livres rouges épars sur la table, il commença distraitement à lire. (...) Alors ce fut un rêve comme son rêve de jadis.35

Ainsi se trouve dessinée devant nous, de saisissante façon, la courbe reliant entre elles les différentes reprises d’un même thème, depuis sa première apparition sous la plume de Fournier jusqu’à sa complète fusion au cœur du Grand Meaulnes. Chaque réécriture de ce motif poétique semble une nouvelle tentative de l’écrivain pour parvenir à libérer, tel Aladin penché sur sa lampe merveilleuse, le monde qu’il y pressentait contenu, ce «monde plein d’imaginations et de paradis enfantins» dont il parlait à Jeanne dès 1910. Mais cette image des enfants lisant par un beau soir de fête qui n’aura cessé de se présenter à son esprit avec l’acuité d’une vision, de quoi est-elle née? Nous pres- sentons, à sa genèse, un souvenir particulier enfoui dans les lointains de la mémoire. Isabelle Rivière se référait à l’enfance vécue à Épineuil. Et sans doute le souvenir des après-midi passés à lire Jules Verne chez le notaire entre-t-il en ligne de compte. Toutefois, nous pensons qu’une telle image tire sa force d’une autre mémoire encore: celle des livres lus. Il nous semble en effet que derrière le leitmotiv cher au romancier se profi le le souvenir d’un conte russe, L’Arbre de Noël du paradis, publié dans le volume du Petit Français illustré qu’Henri et sa sœur reçurent en cadeau et dont la re- lecture leur apporta, des années durant, une «immensité de bonheur»36. Impossible, pour qui connaît bien l’œuvre et la personnalité d’Alain-Fournier, de ne pas être saisi à la lecture de ce conte tant il touche de près à son univers poétique. Même si cette histoire, à coup sûr lue et relue par lui, n’est pas citée dans les brouillons du Grand Meaulnes – à l’inverse de Willie, l’écolier anglais, héros dont l’image se superpose à la première esquisse du personnage de Frantz de Galais37 –, le retentissement qu’elle eut dans son imagination ne fait guère de doute.

(34) Lettres au petit B..., Paris, Fayard, 1986, Grand Meaulnes, p. 520). 05/12/1908, p. 127. (36) ISABELLE RIVIÈRE, Images d’Alain-Fournier, (35) Le Grand Meaulnes, Paris, Garnier-Flam- p. 50. marion, 1986, p. 218. Dans l’un des brouillons du (37) Les brouillons du Grand Meaulnes évo- chapitre «Le jour des noces», nous lisons aussi: quent explicitement, à deux reprises, Willie, l’éco- «Tous les invités sont partis. (…) Alors dans le lier anglais, roman publié dans le même volume du grand salon du bas où toute l’enfance s’est passée «Petit Français illustré». Voir le Dossier du Grand à feuilleter sur ce tapis des images, la tête devant Meaulnes, pp. 397-509. le feu, Anne est restée seule avec lui» (Dossier du

sf150_interni 501 23-02-2007, 16:49:18 502 Sylvie Sauvage

Pour mieux apprécier de quelle façon le futur écrivain put être touché par L’Arbre de Noël du paradis, il convient de rappeler un passage de son roman, celui où Augustin, égaré en pleine campagne, fait halte dans une bergerie la veille de son arrivée aux Sablonnières: Glacé jusqu’aux moelles, il se rappela un rêve – une vision plutôt, qu’il avait eue tout en- fant, et dont il n’avait jamais parlé à personne: un matin, au lieu de s’éveiller dans sa chambre (...), il s’était trouvé dans une longue pièce verte, aux tentures pareilles à des feuillages. En ce lieu coulait une lumière si douce qu’on eût cru pouvoir la goûter. Près de la première fenêtre, une jeune fi lle cousait, le dos tourné, semblant attendre son réveil… Il n’avait pas eu la force de se glisser hors de son lit pour marcher dans cette demeure enchantée. Il s’était rendormi… Mais la prochaine fois, il jurait bien de se lever.38

Jacques Rivière a expliqué que la première intention d’Alain-Fournier était de réveiller son lecteur directement au milieu de cette chambre verte, «de l’admettre sans préliminaires à la contemplation de la réalité seconde, du règne surnaturel» car pour lui «le pays sans nom n’était pas une pure invention de son imagination; il exis- tait, il prétendait même y avoir été; c’était dans son souvenir qu’il le revoyait et non dans sa fantaisie»39. Or, de ce désir initial d’écrire avec Le Pays sans nom «un livre entièrement féerique»40, L’Arbre de Noël du paradis semble l’accomplissement. En effet, pour son héros comme pour Fournier, «la réalité est glissante, précaire, à peine solide, (...) elle craque tout de suite pour faire place à l’autre monde»41. L’histoire, signée M. D., raconte l’aventure d’un petit garçon russe une nuit de Noël. Sa mère, qui l’élève seule, est trop pauvre pour acheter le traditionnel sapin. En ce soir de fête qui accuse particulièrement la misère de son foyer, Serzavka, loin de se résigner ou de se révolter, nourrit la conviction profonde qu’un miracle est possible, que Dieu lui offrira l’arbre tant désiré. La neige tombe si fort lorsque l’enfant part ra- masser des copeaux chez le cordonnier pour chauffer sa chambre, qu’il s’égare. Après s’être dirigé en vain «dans la direction [d’une] grande maison éclairée»42, comme Meaulnes au début de son aventure, Serzavka, pris de frayeur, se met à courir droit devant lui puis fi nit par s’endormir, épuisé, sur les marches d’un escalier. Il fait alors «un beau rêve», tel Augustin lors de sa halte: Il lui semblait que toutes les étoiles du ciel se poursuivaient; pourtant il savait très bien que ce n’était pas des étoiles, mais des bougies multicolores qu’on allumait, et elles couraient, parce que des enfants s’amusaient à les prendre dans leurs mains et à les attacher à un grand arbre de Noël. Malgré toute la peine qu’il se donnait pour découvrir cet arbre, il n’y pouvait parvenir, l’arbre étant placé trop haut. Il voulut se dresser sur la pointe des pieds pour mieux voir, mais au même moment il se sentit soulevé et emporté dans les airs par des mains invisibles. – Où me portez-vous? demanda Serzavka. – Au ciel! répondit une voix douce. Serzavka fut très heureux de se sentir transporté au ciel, parce qu’il savait que l’arbre de Noël était là. Il sentait seulement que ce vol vertigineux l’essouffl ait, que sa tête retombait en arrière, et que le vent gémissait autour de lui…43

La réalité est à peine moins merveilleuse: le garçonnet dort sur les marches d’un

(38) Le Grand Meaulnes, «La bergerie», p. 202. (41) Ibid., p. 11. (39) Rivière critique de Fournier, AJRAF, n° 1, (42) «Le Petit Français illustré», Paris, Armand 1975, p. 17. Colin, n° 148, 26/12/1891, p. 38. (40) Ibid., plan de la conférence de Rivière sur (43) Ibid., p. 39. Alain-Fournier, p. 11.

sf150_interni 502 23-02-2007, 16:49:19 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 503

palais où se prépare une grande fête pour enfants: «Le palais était en fête, des équi- pages défi laient sans cesse, et déversaient sur le perron un fl ot incessant de fi llettes et de garçons emmitoufl és de fourrures par-dessus leurs toilettes de bal. Un moment les voitures furent si nombreuses que chacune dut attendre son tour»44. Lors de «la fête étrange», les Sablonnières offrent au regard ébloui de Meaulnes un spectacle semblable, Frantz ayant voulu «que la maison où sa fi ancée entrerait ressemblât à un palais en fête»45. Toujours comme le héros d’Alain-Fournier, Serzavka – transporté au château par un laquais durant son sommeil – s’éveille dans une chambre si belle qu’il s’inter- roge: «N’était-ce pas son rêve qui recommençait, ce spectacle plus beau que tout ce qu’il avait vu en songe?»46 Son exploration de la mystérieuse demeure le conduit à une «grande salle [où] brillaient des milliers de feux»: «Au milieu du salon se dres- sait un grand arbre de Noël» autour duquel «un essaim de beaux enfants couraient gaiement. Au même instant, une douce musique retentit; les enfants se prirent par la main et commencèrent à former une ronde autour de l’arbre. Serzavka remarqua que plusieurs d’entre eux avaient aux épaules de petites ailes (...). C’étaient de petits anges, il n’en pouvait douter». Pendant que la jeunesse rit et danse, un vieil homme distribue cadeaux et billets de loterie. Lorsque celui-ci s’approche de Serzavka, l’enfant s’effraye: Il était resté tout ce temps inaperçu, et maintenant tous les yeux étaient fi xés sur lui. Il eut instinctivement honte de ses pauvres vêtements, mais à son immense surprise, il remarqua qu’il portait une veste brodée de soie et de jolis souliers vernis tout neufs.47

Chacun se sera souvenu ici de l’angoisse de Meaulnes lors de «la fête étrange» avant qu’il n’enfi le un gilet de soie et ne chausse de fi ns souliers: «Craignant à chaque instant que son manteau entr’ouvert ne laissât voir sa blouse de collégien, il alla se réfugier un instant dans la partie la plus paisible et la plus obscure de la demeure.»48 Puis il entre dans le salon où Yvonne joue du piano entourée d’enfants occupés à feuilleter des livres, ce salon plein de paradis enfantins qui hantait l’imaginaire d’Alain-Fournier et qui rappelle beaucoup celui découvert par Serzavka. La suite de l’aventure de l’enfant russe multiplie encore, d’étonnante façon, les correspondances avec celle de Meaulnes. Au lendemain de la fête étrange, Serzavka rentre chez lui devinant l’inquiétude de sa mère. Celle-ci a passé la nuit dans la plus grande angoisse: «Il lui semblait à chaque instant qu’elle entendait frapper aux car- reaux, et que la voix de Serzavka l’appelait, elle courait à la porte, s’élançait au milieu de la rue, mais n’entendait que le bruit du vent qui fouettait la neige dans son visage.» Elle s’assoupit cependant. Vers le matin, elle fut réveillée par un bruit de coups frappés aux carreaux. Elle ouvrit les yeux et poussa un cri de surprise. N’était-ce pas un rêve? Était-ce bien son petit Serzavka qui lui souriait derrière la vitre, vêtu d’un élégant paletot (…), coiffé d’une toque de fourrure et les mains pleines de jouets?49

De retour à Sainte-Agathe après son «étrange aventure»50, Meaulnes signale sa

(44) Ibid., p. 40. (48) Le Grand Meaulnes, «La fête étrange», p. (45) Le Grand Meaulnes, «La fête étrange», p. 218. 216. (49) Ibid., p. 41. (46) «Le Petit Français illustré», p. 40. (50) Le Grand Meaulnes, «L’aventure», p. 194. (47) Ibid., p. 40.

sf150_interni 503 23-02-2007, 16:49:19 504 Sylvie Sauvage

présence de la même façon: «Un coup brusque au carreau nous fi t lever la tête. Dressé contre la porte, nous aperçûmes le grand Meaulnes secouant avant d’entrer le givre de sa blouse, la tête haute et comme ébloui!»51 Le chapitre s’intitule d’ailleurs, «On frappe au carreau». Au-delà de cette similitude de détails, sur laquelle nous nous interrogerons, l’identité des sentiments retirés par Meaulnes et Serzavka de leur belle aventure s’avère remarquable: Meaulnes conserve l’impression d’avoir fait «un bond dans le Paradis»52, tout comme le héros de L’Arbre de Noël du paradis. Lorsqu’un invité de la fête donnée au palais demande à Serzavka: «Sais-tu où tu es maintenant?», l’enfant répond avec simplicité: «Au ciel»53 tant la réalité seconde est pour lui familière. C’est que le mouvement naturel de son imagination le prédispose, comme Alain-Fournier nous dit Jacques Rivière, «au chimérisme jusque dans la vie quotidienne» qu’il em- bellissait et «se rendait plus profonde, plus douloureuse. Tout était naturellement aventure pour lui, et aventure presque toujours comme surnaturelle. Les choses qui lui arrivaient avaient un sens second, une double portée. Il voyait les êtres même auxquels il avait affaire profondément transformés, à demi angélisés déjà.»54 Tel est bien Serzavka aux yeux duquel les enfants de la fête sont de «petits anges». Aussi n’avons-nous pas de mal à imaginer comme le jeune Henri Fournier dut se reconnaî- tre en lui. Le thème prédominant du conte, Noël, contribua certainement aussi à fasciner le futur romancier. On ne saurait oublier que «la fête étrange» baigne dans l’atmos- phère qui prélude à cette période de l’année puisque la fuite d’Augustin a lieu «en- viron huit jours avant Noël.»55 Cette fête conciliatrice du merveilleux profane et du merveilleux sacré, avec sa potentialité de miracles, fut toujours pour Fournier un mo- ment mystérieux, lourd de promesses et de désirs. Il n’est que de songer à Dickens , si aimé par lui, pour mieux percevoir ce qu’une telle fête peut représenter dans l’ima- ginaire d’un écrivain profondément attaché à l’enfance, ce thème étant, selon Sylvère Monod , «peut-être le plus central» de son œuvre. Dickens , qui garda «toute sa vie une faculté quasi maladive d’être ému au plus haut degré par la pensée de l’enfance et le regret de l’enfance»56, écrivit en effet plusieurs volumes de contes de Noël. Loin de ressentir l’émerveillement inspiré à Serzavka par le sapin de Noël comme un élément secondaire ou puéril de l’histoire, Fournier put au contraire y être très sensible et graver pour cela encore plus profondément ce conte dans sa mémoire. Que penser enfi n de tant d’analogies entre L’Arbre de Noël du paradis et Le Grand Meaulnes? La présence des mêmes singuliers détails dans l’aventure d’Augus- tin et dans celle de Serzavka ne nous semble pas le fruit du hasard. Fournier avait probablement beaucoup aimé ce conte du Petit Français illustré lu et relu durant toute sa jeunesse. Isabelle affi rmait que son frère «rêva de récrire» 57 les histoires de ce

(51) Ibid., «On frappe au carreau», p. 182. Ajou- (56) S. MONOD , Préface aux Nouveaux Contes de tons que ce détail des coups donnés aux carreaux Noël de Dickens, Saverne, Union Bibliophile de apparaît aussi lorsque la mère de Meaulnes, angois- France, 1946, p. 13. Parmi les œuvres de Dickens sée par la disparition de son fi ls, se présente pour la consacrées à Noël, citons par exemple ces deux première fois chez les Seurel: «“Où est-il passé? Mon séries d’ouvrages: Christmas Books et Christmas Dieu!” disait-elle à mi-voix. (…) Et entre chaque Stories. Signalons que dans un volume de dictées phrase, elle frappait au carreau trois petits coups à qu’Henri Fournier, selon sa sœur, connaissait «par peine perceptibles» («Le pensionnaire», p. 162). cœur» (Images d’Alain-Fournier, p. 54), fi gure (52) «La grande nouvelle», p. 315. «L’Arbre de Noël» de Charles Dickens (Dictées de (53) «Le Petit Français illustré», n° 148, 26/12/ première année. Cours moyen pour enfants de neuf 1891, p. 40. à onze ans, Larive et Fleury, Paris, Armand Colin, (54) Rivière critique de Fournier, AJRAF, n° 1, 1886, p. 28). 1975, p. 11. (57) Voir Images d’Alain-Fournier, pp. 51-52. (55) Le Grand Meaulnes, «Après quatre heures», Précisons ici que nous ne savons pas si Fournier p. 167. possédait encore ce volume du «Petit Français illus-

sf150_interni 504 23-02-2007, 16:49:19 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 505

volume dont ils furent privés un temps. Mais nous serions mal inspirés de voir dans un tel désir une quelconque preuve de servilité. En voulant «récrire» ces histoires, Alain-Fournier voulait surtout, poussé par son désir créateur, se donner la joie de les réinventer. Lui-même s’est exprimé sur cette question, en 1911, dans son courrier littéraire à Paris-Journal: M. Léon Bocquet note, dans la Revue Bleue, de frappantes analogies entre la dernière féerie de M. Maurice Maeterlinck et certain épisode de J. M. Barrie , Le Petit Oiseau blanc, qui est devenu, à la scène, le légendaire et merveilleux Peter Pan. Mais, dit M. Léon Bocquet, cette imitation-là, s’il convient d’oser le mot, n’est pas un esclavage. Elle est telle que l’entendirent les plus grands de nos classiques, entre autres La Fontaine et Molière , M. Maurice Maeterlinck transforme et recrée…58

D’autre part, il se peut aussi que le souvenir de L’Arbre de Noël du paradis ait alimenté l’imagination romanesque d’Alain-Fournier à son insu. Nous nous trouve- rions alors en présence d’un exemple de cryptomnésie (ou souvenir caché) compa- rable à celui relevé par Jung dans l’œuvre de Nietzsche. À la lecture d’Ainsi parlait Zarathoustra, Jung reconnut en effet, à sa grande surprise, un extrait d’un livre de bord publié en 1835, bien que Nietzsche n’y fît aucune allusion. Encore en vie, la sœur de l’écrivain confi rma à Jung qu’elle avait effectivement lu ce livre avec son frère quand elle avait onze ans. D’après le contexte, Jung estima qu’il était impensable que Nietzsche se soit rendu compte qu’il récrivait une page lue dans son adolescence; et de conclure: «Cinquante ans après, l’histoire avait inopinément resurgi dans son esprit conscient.»59 Fait remarquable, qu’il s’agisse d’Alain-Fournier et du petit conte russe, de Maeterlinck et de Peter Pan, ou encore de Nietzsche et du récit découvert par lui à quinze ans, l’œuvre remémorée – consciemment ou non – se rattache chaque fois au monde de l’enfance. Ne serait-ce pas l’esprit d’enfance qui assure ainsi, chez les trois écrivains, «la continuité des rêveries de la grande enfance et des rêveries de poète»60 qu’évoque Bachelard? Il y a tout lieu de le croire si l’on songe aux paroles de Rivière prononcées lors d’une conférence consacrée à son beau-frère: Il était persuadé que le monde de l’enfance, avec sa profondeur et ses mystères inson- dables, avec ses bouleversantes aventures, était tout autre chose qu’une fantasmagorie; il ne pouvait s’en détacher comme d’un rêve qu’on laisse sur le rivage de la nuit, (…) il continuait de se sentir venu de là et se fût tenu pour déshonoré s’il eût renié son origine. Tout ce qu’il avait vu à travers ses livres de prix, toutes les déformations extraordinaires qu’il avait fait subir aux histoires et aux descriptions banales qu’il y avait trouvées, il en maintenait la réalité intégrale et absolue. Et maintenant c’était ce pays sublime et monstrueux de son enfance qu’il voulait évoquer directement.61

tré» lorsqu’il écrivit Le Grand Meaulnes. Interrogé vée forcée, vide, par Isabelle Rivière? Nul ne le sait. à ce sujet, Alain Rivière , son neveu, nous a expliqué (58) Chroniques et Critiques d’Alain-Fournier, que ce livre n’avait jamais été en sa possession et Paris, Le Cherche-Midi, 1991, 20/02/1911, p. 280. qu’il ignorait quand le «Petit Français illustré» avait (59) L’homme et ses symboles, Paris, Laffont, disparu. Est-ce à l’occasion d’un déménagement des 1992, p. 37. Voir l’extrait du livre de bord et le Fournier alors que l’écrivain était encore enfant? texte correspondant rédigé par Nietzsche p. 311 Nous en doutons, connaissant l’attachement très vif de cet ouvrage. d’Henri et de sa sœur pour cet ouvrage. Est-ce en (60) Poétique de la rêverie, Paris, PUF, 1989, 1914, au moment où le romancier, avant de partir p. 85. vers le front, plaça tous les livres qu’il chérissait dans (61) Rivière critique de Fournier, AJRAF, n° 1, une malle confi ée à Madame Simone , mais retrou- 1975, p. 17.

sf150_interni 505 23-02-2007, 16:49:20 506 Sylvie Sauvage

On comprend mieux alors pourquoi, loin de désavouer ses lectures d’enfance, Fournier chercha au contraire à en faire sentir tout le prix à Rivière. Comment le romancier n’aurait-il pas saisi leur importance? Car Jacques Rivière n’exagérait nulle- ment lorsqu’il affi rmait qu’elles contribuèrent «pour une grande part à lui faire cette âme romanesque et un peu chimérique dont il a tant souffert mais dont aussi son talent fut alimenté.»62 Dans ses Confessions63, Jean-Jacques Rousseau se fait d’ailleurs une remarque identique à propos des lectures de son enfance. C’est que pour lui comme pour Fournier, les premiers livres aimés jouèrent le même rôle capital; ils marquèrent profondément leur imagination, infl uèrent sur leur personnalité, au point d’orienter souterrainement leur destinée.

À l’horizon des aventures: la mer et l’Angleterre. Lecture et destinée

Dans sa conférence de 1918, Jacques Rivière a témoigné du fait que la lecture des romans d’aventures anglais de Stevenson , Conrad , Kipling ou Wells fut «l’étincelle qui mit le feu au talent d’Alain-Fournier». «L’infl uence de la troisième catégorie de livres qui ait modelé son inspiration, celle des romans d’aventures»64, l’aida en effet à comprendre que ses dons étaient ceux d’un romancier plus que d’un poète et que pour toucher le lecteur, l’aventure de Meaulnes demandait à être racontée, construite étape par étape, et non pas suggérée. Ainsi l’œuvre à naître, de purement poétique qu’elle avait été jusqu’alors dans son esprit, devint-elle, comme lui-même l’annonçait dès l’été 1910, «un roman d’aventures et de découvertes.»65 L’itinéraire riche en rebondissements d’Augustin jusqu’au château mystérieux, les déplacements incessants de Frantz et Meaulnes, signes de leur irrépressible besoin d’évasion, enfi n le thème de la mer qui parcourt tout le roman à travers un réseau d’images et de métaphores marines, soulignent nettement les affi nités du Grand Meaulnes avec le genre du roman d’aventures. Pour qui est familier des romans de Stevenson , de De Foe , de Kipling – écrit Adeline Lesot – l’aventure n’est guère concevable sans la présence de la mer. Ainsi peut-on expliquer l’importance de ce thème dans Le Grand Meaulnes.66

C’est oublier que dès l’enfance, en raison de toutes les aventures maritimes lues par Fournier, la mer occupa une grande place dans son imaginaire. Jacques Rivière le rappelle au début de sa préface à Miracles: «Entraîné (...) par la lecture effrénée des li- vres de prix que recevaient ses parents chaque année (...), Fournier s’était mis très tôt à imaginer l’inconnu et à le chercher. Comme il était naturel, dans ce plein milieu des terres, devant son horizon immobile, il s’était particulière ment épris de l’océan.»67 Il s’en éprit effectivement au point qu’à quinze ans, souhaitant devenir offi cier de marine, il partit préparer le Borda à l’École Navale de Brest. Il semble que l’amour de la mer ait pris dans son imagination exactement la forme et la force d’une «invi-

(62) Ibid., p. 16. lectures, (…) se forma (…) ce caractère indompta- (63) «Je ne sais comment j’appris à lire; je ne ble et fi er (…) qui m’a tourmenté tout le temps de me souviens que de mes premières lectures et de ma vie», Les Confessions, Paris, Classiques Garnier, leur effet sur moi (…). Ces émotions confuses que 1980, Livre premier, pp. 7-8-9. j’éprouvais coup sur coup n’altéraient point la (64) AJRAF, n° 1, 1975, p. 19. raison que je n’avais pas encore; mais elles m’en (65) Correspondance Fournier-Rivière, t. 2, 11/ formèrent une d’une autre trempe, et me donnè- 08/1910, p. 381. rent de la vie humaine des notions bizarres et ro- (66) Écrire des romans comme on les conçoit en manesques, dont l’expérience et la réfl exion n’ont Angleterre, AJRAF, n° 15/16, p. 88. jamais bien pu me guérir. (…) De ces intéressantes (67) Page 6.

sf150_interni 506 23-02-2007, 16:49:20 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 507

tation au voyage». Lorsque nous lisons ces vers de Baudelaire , ce sont aux rêves du jeune Alain-Fournier que nous pensons: Un matin nous partons le cerveau plein de fl amme, / Le cœur gros de rancune et de dé- sirs amers, / Et nous allons, suivant le rythme de la lame, / Berçant notre infi ni sur le fi ni des mers.

Il était bien adolescent, un de Ceux-là dont les désirs ont la forme des nues, / Et qui rêvent, ainsi qu’un conscrit le canon, / De vastes voluptés changeantes, inconnues, / Et dont l’esprit humain n’a jamais su le nom!68

René Bizet , l’un de ses camarades au lycée Voltaire, rapporte que l’écrivain di- sait en classe de quatrième: «Je serai marin pour faire des voyages»69 tout en avouant n’avoir jamais vu la mer. Mais Fournier avait suffi samment dévoré de livres hantés par la rumeur des fl ots pour aspirer à d’autres horizons. La mer n’est-elle pas fabuleuse précisément parce qu’elle «fabule le lointain»? Le héros des mers revient toujours de loin; il revient «d’un au-delà; il ne parle jamais de rivage.»70 Et tel semble bien le rêve maritime d’Henri Fournier: éperdu désir d’immensité, invitation à quelque mys- térieuse aventure, à quelque «départ admirable»71. Même si, ne se sentant pas dans sa voie, il abandonna l’École Navale au bout d’une année pour retourner à Bourges passer son baccalauréat et préparer ensuite le concours d’entrée à l’École Normale Supérieure, l’océan ne cessa jamais de le fasciner. Les poèmes de Miracles et Le Grand Meaulnes le prouvent assez: la présence de la mer s’y fait obsédante. Aussi était-il inévitable que Seurel, Meaulnes et Frantz, triple émanation de leur créateur, refl ètent chacun à leur manière la nostalgie maritime de celui-ci: Frantz est aspi- rant de marine et sa première apparition dans le roman le montre siffl otant «une espèce d’air marin, comme en chantent pour s’égayer le cœur, les matelots et les fi lles dans les cabarets des ports.» Certains paysans invités à ses noces paraissent «être d’anciens marins. Près d’eux dînaient d’autres vieux qui leur ressemblaient (…) mais il était aisé de voir que ceux-ci n’avaient jamais navigué plus loin que le bout du canton; et s’ils avaient tangué, roulé plus de mille fois sous les averses et dans le vent, c’était pour ce dur voyage sans péril qui consiste à creuser le sillon jusqu’au bout de son champ et à retourner ensuite la charrue…» Meaulnes ressemble lui aussi à «ces marins qui n’ont pu se déshabituer de faire le quart et qui, au fond de leurs propriétés bretonnes, se lèvent et s’habillent à l’heure réglementaire pour surveiller la nuit terrienne.» Quant à Seurel, la caresse d’un vent légè- rement humide sur sa joue lui semble «comme l’embrun de la mer»72. À tourner les pages des livres d’enfance de l’écrivain, on ne s’étonne plus que le désir d’être marin ait germé chez un adolescent pourtant passionnément attaché aux terres de son Berry natal, car dans cette autre patrie que furent pour lui les livres, la mer se profi le immuablement à l’horizon des aventures. C’est particulièrement vrai pour Le Chancellor, Vingt mille lieues sous les mers, L’Ile mystérieuse73 de Jules Verne,

(68) Les Fleurs du Mal, «Le Voyage», Paris, Le (73) La fi gure du Capitaine Nemo marqua Four- livre de poche, 1983, p. 170. nier comme le révèlent ces lignes adressées par lui à (69) Alain-Fournier au lycée Voltaire, «L’Ami du André Lhote: «Le Capitaine Nemo de Jules Verne, Lettré», 1924, p. 270. l’homme qui possède toute science et toute fortune (70) BACHELARD , L’Eau et les Rêves, Paris, Corti, terrestre. À la fi n de L’Île mystérieuse dans le sous- 1985, p. 207. marin qu’il s’est fait construire, il joue de l’orgue, (71) Miracles, «Madeleine», p. 114. tristement, au fond des mers» (La Peinture, le Cœur (72) Le Grand Meaulnes, pp. 229-215-190- et l’Esprit, Bordeaux, William Blake and Co, 1986, 332. 20/02/1910, p. 59).

sf150_interni 507 23-02-2007, 16:49:21 508 Sylvie Sauvage

Robinson Crusoé (dont le souvenir donne son titre au troisième chapitre du Grand Meaulnes), sans oublier Yves Kerhélo74, délicieuse histoire d’un orphelin devenu mousse sur «La Belle Yvonne», La Roche aux mouettes de Jules Sandeau ou encore David Copperfi eld, si fortement habité par «la grande voix de la mer clamant son éternel “Jamais plus!”»75 On conçoit alors qu’Alain-Fournier, imprégné comme il le fut par ces lectures maintes et maintes fois reprises, ait pu établir un lien récurrent dans Le Grand Meaul- nes entre le motif de l’aventure et celui des vagues. Dès les premières phrases du roman, cette association des deux motifs apparaît, exprimée en une cadence parfaite: «demeure d’où partirent et où revinrent se briser, comme des vagues sur un rocher désert, nos aventures.» La seconde partie du Grand Meaulnes s’ouvre de même que la précédente par une évocation de l’aventure liée à l’image de la vague marine: ce fut «un jeudi soir, vers la fi n du mois, que la première nouvelle du Domaine étrange, la première vague de cette aventure dont nous ne reparlions pas arriva jusqu’à nous.»76 Au fi l des pages, le naufrage des aventures idéales de l’adolescence va laisser place à un motif des plus explicites puisqu’il s’agit de celui de l’épave, complété, justement, par celui du naufrage. Il est vrai que ces images de naufrages et d’épaves sont des plus frappantes pour traduire la perte des illusions et l’abandon de projets précisément tombés à l’eau. Sans doute est-ce parce que le projet de carrière dans la marine fut pour Henri Fournier le premier de ses rêves d’aventures à avoir échoué que le lien entre le thème de la mer et celui de l’échec de l’aventure devint si étroit dans son œuvre. Ainsi l’attelage perdu d’Augustin revient-il à Sainte-Agathe, «tel une épave qu’eût ramenée la haute mer – la première épave et la dernière, peut-être, de l’aven- ture de Meaulnes.»77 La même image resurgit lorsqu’Yvonne apprend à Meaulnes la ruine du beau Domaine mystérieux: «Il s’enquérait de tout cela, avec une passion insolite, comme s’il eût voulu se persuader que rien ne subsistait de sa belle aventure, que la jeune fi lle ne lui rapporterait pas une épave, capable de prouver qu’ils n’avaient pas rêvé tous les deux, comme le plongeur rapporte du fond de l’eau un caillou et des algues.»78 Cette réapparition du motif de l’épave souligne bien “that it is a funda- mental law of [Meaulnes] quest for happiness that the object of the quest should remain unattainable.”79 Mais avant même le début de son aventure, c’est déjà sous le signe du nau- frage qu’Augustin se trouve présenté; Seurel l’observant dans la lueur magique de la forge ne se dit-il pas: «Je pensai soudain à cette image de Robinson Crusoé où l’on voit l’adolescent anglais avant son grand départ, “fréquentant la boutique d’un vannier”»80? Quelle indication que ce rapprochement entre Meaulnes et le jeune Robinson, Robinson «Roi de l’aventure, (…) magicien de toute évasion: Robinson Crusoé, père de tous les rêves maritimes et désirés naufrages!»81: il laisse deviner à la fois l’avenir tourmenté de Meaulnes et «la passion des romanesques aventures»82 logée dans le cœur du narrateur Seurel.

(74) De Marie Delorme. Publié dans la Biblio- p. 104. Nous traduirons ainsi: «que c’est pour thèque du petit Français en 1891. Meaulnes une loi fondamentale de la quête du bon- (75) DICKENS , David Copperfi eld, Paris, Le livre heur que l’objet de celle-ci doive rester impossible de poche, 1969, t. 2, p. 276. à atteindre.» (76) Le Grand Meaulnes, «Le grand jeu» p. 240. (80) Le Grand Meaulnes, «Je fréquentais la bou- (77) Ibid., «La voiture qui revient», p. 180. tique d’un vannier», p. 172. (78) Ibid., «La partie de plaisir», p. 324. (81) I. RIVIÈRE, Images d’Alain-Fournier, p. 47. (79) STEPHAN ULLMAN , The Image in the modern (82) Lettres au petit B…, 16/02/1911, p. 226. French novel, Cambridge University Press, 1960,

sf150_interni 508 23-02-2007, 16:49:21 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 509

Ce motif du naufrage, nous le retrouvons de manière prévisible dans le chapitre «Le jour des noces» puisque l’aventure de Meaulnes était d’avance placée sous le signe de la solitude et des épreuves. Meaulnes et Yvonne viennent de s’unir, mais le chapitre s’ouvre sur cette tonalité de désastre: «Pour celui qui ne veut pas être heu- reux, il n’a qu’à monter dans son grenier et il entendra, jusqu’au soir, siffl er et gémir les naufrages».83 Nous ne tarderons guère à savoir qui seront les naufragés. Nous lisons en effet peu après, à propos du jeune couple: «Comme deux passagers dans un bateau à la dérive (les brouillons ajoutaient: «et que la mort va surprendre»), ils sont, dans le grand vent d’hiver, deux amants enfermés avec le bonheur.»84 Diffi cile ici de ne pas se rappeler l’atmosphère pareillement dramatique du chapitre de David Copperfi eld au cours duquel Steerforth fait naufrage et meurt, de même que Ham parti le secourir en pleine tempête. Comme Meaulnes, c’est sous le signe menaçant, prémonitoire, du naufrage que Steerforth nous est présenté lorsqu’au soir des fi ançailles d’Émily et Ham il en vient à décrire à ces gens heureux un affreux naufrage comme s’il le voyait, cela avant de faire chanter à Daniel Peggotty, Quand les vents d’orage souffl ent, souffl ent, souffl ent puis d’entonner à son tour une chanson de marin d’une voix si belle, si pathétique, qu’elle donne à David «l’impression que le vent qui se traînait lugubrement autour de la maison et murmurait sourdement tandis que nous nous taisions, était venu écouter.»85 Du roman de Dickens au Grand Meaulnes, les correspondances sont nombreu- ses. Non pas sans doute qu’Alain-Fournier l’ait cherché. Même si nous savons qu’il rêva un temps de récrire certaines histoires aimées dans son enfance, nous ne pen- sons pas qu’il emprunta quoi que ce soit au romancier anglais. Nous inclinons plutôt à croire qu’en lisant pour la première fois David Copperfi eld, Fournier y reconnut beaucoup de lui-même, comme Montherlant trouva à neuf ans dans Quo Vadis «une brusque révélation»86 de sa personnalité. De sorte que l’œuvre de Dickens put parti- culièrement susciter son désir créateur, ce que confi rme sa sœur: «Comment penser désormais que l’existence puisse offrir un autre but que de se mettre un jour, comme Davy, à raconter sur du papier blanc des histoires?»87 Et quel encouragement à ne pas rejeter dans l’oubli les premières lectures que l’attachement indéfectible de Da- vid à son vieux Livre des crocodiles, précieux de contenir les souvenirs et les rêves de l’enfance, ces racines profondes de sa vocation littéraire. Les multiples allusions qui y sont faites d’un bout à l’autre de l’œuvre sont de ce point de vue signifi catives. La propension des auteurs de romans d’aventures à faire état de leurs lectures d’enfance est d’ailleurs suffi samment frappante pour qu’on s’y arrête un instant. Ces écrivains évoquent en effet volontiers les romans maritimes, «toutes les îles mystérieuses de Jules Verne et autres extraordinaires tribulations à tranches dorées et cartonnages rouges qui enchantèrent leur jeunesse.»88 C’est le cas pour Dickens , Fournier, ou Stevenson qui attribuait son sentiment dramatique et la musicalité de sa prose aux contes que sa nurse lui lisait chaque soir, mais aussi pour Graham Greene , Michel Le Bris89 ou encore Michel Chaillou , fasciné depuis toujours par Vingt mille

(83) Le Grand Meaulnes, p. 330. Plautus. Et mon antipathie pour l’apôtre Pierre (84) Ibid., «Les gens heureux», p. 337. Voir le et les chrétiens en général, révélait, elle aussi, une Dossier du Grand Meaulnes, p. 520. tendance enracinée en moi profondément» (lettre (85) David Copperfi eld, Paris, Le livre de poche, citée par P. Kosko dans Un best-seller 1900: Quo 1969, t. 1, p. 381. Vadis, Paris, Corti, 1960, p. 130). (86) Voici le commentaire de Montherlant à pro- (87) Images d’Alain-Fournier, p. 45. pos de sa lecture de Quo Vadis: «J’avais neuf ans. (88) ÉMILE ZAVIE , Naissance et déclin du roman Infl uence n’est pas le mot. Ce fut, exactement, une d’aventures, «L’Ami du Lettré», 1924, p. 194. brusque révélation de ce que j’étais et étais déjà en (89) Voir «Roman», n° 22, 1988, L’Aventure, entier. Je retrouvais quelque chose de moi dans Né- p. 6 et p. 31 à 37. ron, dans Pétrone, dans Vinicius, même dans Aulus

sf150_interni 509 23-02-2007, 16:49:21 510 Sylvie Sauvage

lieues sous les mers et L’Ile au Trésor, sans oublier Georges-Olivier Châteaureynaud et François Coupry dont le témoignage, Nous, fi ls de Tintin90, est à cet égard fort intéressant. Que les romanciers de l’aventure gardent particulièrement vivace en eux le goût de l’enfance avec ses espoirs, ses audaces, ses désirs infi nis, semblable concert de voix en persuade aisément. Si tout roman d’aventures s’élabore dans le souvenir des grands auteurs, qu’il s’agisse de Verne, Conrad ou De Foe, c’est peut-être parce que pour chacun, écrire l’aventure consiste à faire le pari de retrouver l’enfance perdue, l’enfance et ses bien-aimées fi gures mythiques, l’enfance passée dans la liberté fabu- leuse des livres. L’aventure, expliquait Stevenson, est la forme du roman, non sa matière. Les rê- ves de l’enfance: telle semble bien la matière du roman d’aventures, comme le suggère ce commentaire de Marcel Schwob à propos de L’Ile au Trésor qui, dit-il, «s’impose à nous avec la précision obsédante d’un rêve, sans doute parce que sa matière est celle d’un rêve, des rêves de notre enfance et des livres qui l’ont nourrie.»91 André Dupont fait presque la même remarque à propos du Grand Meaulnes dont le héros «auda- cieux et têtu, (…) saisit l’oiseau bleu par les ailes et nous rapporte sous sa blouse usée, toute la féerie de nos rêves d’enfant.»92 On aperçoit ici en quoi l’œuvre d’Alain-Fournier se découvre parente avec celle de Stevenson: Fournier, Stevenson et Dickens se rejoignent spontanément dans une fi délité au monde de l’enfance et à un imaginaire de l’aventure où la mer, image même de l’infi ni et de son désir, ne saurait être absente. Ainsi s’expliquerait que l’air du large souffl e si souvent dans les romans d’aventures. Puisque nous abordons la question si complexe des relations qu’entretiennent les œuvres d’un même genre littéraire entre elles, souvenons-nous de l’importante re- marque d’Albert Thibaudet: «Il est certain que le roman d’aventures a récrit L’Odys- sée ou Robinson Crusoé, (…) ces réécritures, (…) c’est la vie même de l’art. (…) Et mettre à nu ces thèmes, apercevoir le permanent, c’est la vie même de la critique.»93 Toute création artistique soulève en effet la question de l’immense et compliqué pa- limpseste de la mémoire. «Toute œuvre est reconduction de celle qui la précède. Tout est héritage»94 déclarait Malraux en se souvenant probablement que les Muses sont fi lles de Mnémosyne. Et cela semble particulièrement vrai en ce qui concerne le ro- man d’aventures, hanté, régénéré, inspiré de génération en génération par ses grands modèles. Ceux qu’aima Fournier dans sa jeunesse en offrent d’ailleurs un bon exem- ple: il en est peu qui au passage ou de façon appuyée n’évoquent le patron de l’Aven- ture, Robinson Crusoé. Aussi ne semble-t-il possible d’appréhender «la vie même de l’art» qu’en prenant acte, comme le fait Thibaudet, du caractère presque organique d’une littérature vivifi ée, non par l’imitation servile de ses références, mais par la per- pétuelle réinvention des rêves et des thèmes qui en constituaient la matière. On regrette alors que la découverte d’une parenté de thèmes entre deux romans d’aventures suffi se parfois à faire crier au plagiat et à transformer la mise à nu d’une thématique propre à un genre littéraire (cette «vie même de la critique» disait Thi- baudet ) en procès d’intention. C’est dans cet esprit qu’André Lebois, aiguillonné par les nombreux parallé- lismes observés entre le livre d’Alain-Fournier et La Disparition du grand Krauze de Jules Girardin – dont on ignore si Fournier le lut jamais – rédigea un article visant à prouver, avec force ironie95, la dette de l’auteur du Grand Meaulnes envers Girardin

(90) Ibid., p. 54 à 66. 1963, p. 71. (91) Cité par Michel Le Bris , ibid., p. 34. (94) Dans l’émission «Un siècle d’écrivains» qui (92) La Phalange, 20/02/1914. lui a été consacrée sur FR3 le 13/11/1996. (93) Réfl exions sur le roman, Paris, Gallimard, (95) Citons par exemple ces lignes: «Les com-

sf150_interni 510 23-02-2007, 16:49:22 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 511

et le manque d’originalité de son œuvre. Or si la communauté de thèmes – l’évasion de l’écolier, la vie quotidienne d’un village bouleversée, le cirque et les saltimbanques, l’amitié entre compagnons de classe – est certes frappante entre les deux romans, la connaissance des autres livres d’enfance d’Henri Fournier eût permis à André Lebois de constater que tous ces thèmes se retrouvent à l’envi dans les romans d’aventures qui enchantèrent le romancier, et après lui des générations de lecteurs jusqu’à la nô- tre, parce qu’il est impossible «d’atteindre à une certaine profondeur de l’aventure humaine sans rejoindre le vaste souterrain des archétypes qui animent et animeront toujours toutes les quêtes de tous les temps.»96 Ce n’est en effet pas à la nouveauté des thèmes contenus dans une œuvre – qui d’évidence sont éternels – que se révèlent la sincérité et l’originalité d’un romancier, mais à sa faculté à créer un monde en re- trouvant pour cela les images archétypales fondamentales qui constituent l’héritage de l’esprit humain. La connaissance des premiers livres d’Henri Fournier s’avère précieuse dès lors que l’on se tourne vers eux, non plus avec la volonté d’y trouver la «clé» ou le «mo- dèle» du Grand Meaulnes, mais pour observer leur incidence dans la vie de l’écrivain, cette «sorte d’œuvre en marge de l’œuvre» vers laquelle, notait Albert Béguin , le cri- tique ne doit se tourner que pour «trouver mieux cette source d’où jaillit l’intonation personnelle et irremplaçable d’un poète: cet accent dont il infl échit pareillement ses actes et ses écrits.»97 Tel est le cas ici, puisque le désir d’être marin qui s’empara du romancier vers sa quinzième année trahit l’infl uence qu’eurent les livres de prix sur les décisions majeures de sa vie et, fi nalement, sur sa vocation littéraire. L’un d’eux, La Roche aux mouettes, mérite toute notre attention. Ce roman de Jules Sandeau est en effet l’un des trois livres apportés par Frantz à l’école de Sainte- Agathe. On pressent aussitôt l’importance particulière pour Fournier d’une œuvre citée dans la sienne, de préférence à d’autres. De fait, son contenu éclaire semblable choix98. L’histoire retrace les aventures d’un jeune garçon envoyé en convalescence sur la côte bretonne et qui, pris par l’amour de la mer, décide de devenir marin. Aussi part-il à Brest, comme l’écrivain: «Marc passa ses examens, fut admis au Borda, en sortit deux années après.»99 Nous pouvons imaginer la réceptivité de Fournier aux paroles adressées à la famille de Marc par le directeur de son collège: «J’ai constaté qu’il n’y a pas de fi ls plus tendres, plus aimables que nos jeunes marins. Quant à la carrière en elle-même, je n’en vois point qui ait plus de grandeur; c’est déjà l’indice certain d’une nature peu commune que de se sentir emporté vers elle…» Une pensée console les parents du jeune homme une fois restés seuls: «Ils se disent avec orgueil que leur fi ls a préféré aux jouissances d’une vie facile, la gloire et les travaux d’une vie aventureuse, qu’il sert déjà son pays, qu’il est appelé à le servir un jour avec honneur, et qu’enfi n (…) il ne sera jamais le dernier au devoir et au dévouement.»100

mentateurs d’Alain-Fournier insistent, avec des Meaulnes», AJRAF, n° 12/13, p. 38. battements de cils et des mines pâmées, sur l’ori- (97) Création et Destinée, Paris, Seuil, 1973, t. ginalité de ce romancier de vingt-sept ans» alors 1, p. 236. que, selon Lebois, La Disparition du grand Krauze (98) Précisons qu’il en va de même pour tous les aurait fourni à l’écrivain «l’essentiel de ce qu’il y autres livres d’enfance cités par le romancier dans a de meilleur dans Le Grand Meaulnes: les cent son œuvre. Voir à ce sujet notre étude Imaginaire et cinquante premières pages.» «On trouve [dans le lecture chez Alain-Fournier, Bruxelles, P.I.E-Peter roman de Girardin ] des considérations qu’Alain- Lang, 2003, Préface de Michel Autrand. Prix de Fournier dut méditer, car c’est déjà, balbutié, l’es- la critique 2004 décerné par l’Institut Internatio- sentiel de son enseignement moral, de ce que [les nal Charles Perrault (adresse internet de l’éditeur critiques] appellent, d’une voix onctueuse comme www.peterlang.net). une mayonnaise, son “message”» (Quo Vadis, 1956, (99) La Roche aux mouettes, Paris, Hetzel, 1870, n° 89-91, pp. 47-56). p. 307. (96) ALAIN RIVIÈRE, «Les parallèles du Grand (100) Ibid., pp. 305-308.

sf150_interni 511 23-02-2007, 16:49:22 512 Sylvie Sauvage

Ces lignes sur lesquelles s’achève le récit sont suivies d’une date, «31 mars 1870», qui explique leur caractère patriotique. Ajoutées à tant d’autres porteuses du même message dans les manuels scolaires101, elles purent contribuer à former la conscience civique de Fournier qui lui non plus, aux jours noirs de septembre 1914, ne fut pas «le dernier au devoir et au dévouement.» C’est ce que confi rme Isabelle Rivière en évoquant l’infl uence morale exercée sur elle et son frère par Les Braves gens102, l’un de leur livre d’enfance préféré. On doute encore moins de l’incidence profonde des lectures de Fournier sur sa décision d’intégrer l’École Navale à Brest lorsque dans le volume du Petit Français illustré compulsé des années durant avec sa sœur, parmi les péripéties de la famille Fenouillard, une question d’étymologie et un épisode de Willie, l’écolier anglais, on découvre les chapitres d’un long article: «Les grandes villes de France: Brest». La cité bretonne s’y trouve décrite sous ses multiples aspects: la rade qui «pour- rait contenir toutes les forces navales de l’Europe rassemblées», le château aux cinq tours pleines de légendes, l’humidité continuelle de la ville qui rend la végétation «luxuriante et fraîche comme celle de l’Angleterre»103, la rue de Siam, le Cours Dajot, le pont tournant et les vaisseaux de la rade représentés sur de belles gravures dont l’atmosphère mystérieuse à souhait donne à rêver. Et comme dans La Roche aux mouettes, il est à plusieurs reprises question du Borda: De la terrasse du Cours – lit-on par exemple – on a une merveilleuse vue sur la rade et l’entrée de la rivière de Landerneau. Quand on regarde du côté du goulet, l’attention est tout de suite attirée par trois grands vaisseaux à l’ancre, dressant fi èrement leurs hautes mâtures au-dessus de leurs vastes fl ancs. Celui du milieu est le Borda, école navale; les deux autres sont l’Austerlitz, école des mousses, et la Bretagne, école des novices. Chacun a comme annexe de petits navires à voiles qui servent aux exercices de manœuvres. (…) Le Bougainville et le Janus servent aux exercices des élèves du Borda: plusieurs fois par semaine ces bâtiments louvoient en rade de Brest, par- tant le matin et revenant le soir.104

(101) Par exemple le volume de Messieurs bonne heure à l’idée d’être un jour soldats. Bien Larive et Fleury, Dictées de première année. Cours pénétrés de cette idée que vous devez offrir à votre moyen pour enfants de neuf à onze ans, alors en patrie de vigoureux défenseurs, vous devez forti- usage à l’école primaire. On est frappé à la lecture fi er votre corps par des exercices répétés. Vous y de ce manuel, publié entre la guerre de 1870 et celle trouverez d’abord l’avantage de rendre votre santé de 1914, par l’abondance des textes destinés à dé- plus robuste. De plus, quand il s’agira pour vous velopper chez l’élève sentiment patriotique et esprit d’apprendre au régiment le métier des armes, vous de revanche. Tel cet «Amour de la Patrie» (p. 18) ferez des progrès rapides» (Paris, Armand Colin, de L. Halévy: «Tant qu’un reste de sang coulera 1886, p. 54). dans mes veines / Je veux le réserver à la Patrie en (102) «Les Braves gens de Jules Girardin , livre pleurs / Plus belle dans l’orage, et plus chère en ses tant chéri, (…) d’où nous sortons pétris d’amour peines / Qu’un sol de liberté, de soleil et de fl eurs.» et de bonnes résolutions: ne plus taquiner Isabelle, Nous trouvons ensuite: «Le Peuple français», «Le ne plus pleurer «si bêtement que ça», servir plus Drapeau», «Intrépidité du soldat», «Ce qu’est la tard notre Patrie» (Images d’Alain-Fournier, p. 47). Patrie», «Morts pour la Patrie», «La Patrie», «Le Jean, le héros du roman, part en effet à la guerre retour dans la Patrie», «Alsace-Lorraine», «Le de 1870 et passe longtemps pour mort avant d’être soldat», «Le service militaire»… Dans «L’Orphe- retrouvé, grièvement blessé, dans un hôpital. lin» (le père est mort au combat), l’enfant résume (103) «Le Petit Français illustré», n° 158, p. 165. l’objectif idéologique de l’ouvrage lorsqu’il déclare: (104) «Le Petit Français illustré», n° 159, 12/03/ «On apprend tout dans un livre, à bien mourir, à 1892, p. 176. Précisons qu’un article d’un volume bien vivre» (p. 57). Chaque texte délivre le même plus ancien, «Une visite à bord de la Bretagne», message, comme le montre bien celui intitulé «Né- évoquait déjà Brest et le Borda à travers le récit cessité de la gymnastique» où nous lisons: «Mes enthousiaste fait par un collégien décidé à «envoyer enfants, déjà le patriotisme impose des devoirs à bien loin le grec et le latin pour endosser la vareuse chacun de vous. Vous devez vous accoutumer de du marin» (05 avril 1890, p. 165).

sf150_interni 512 23-02-2007, 16:49:22 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 513

Ce n’est probablement pas un hasard si dès son arrivée à Brest, Fournier rédigea à l’intention de ses parents une description de son nouvel univers qui fait écho de manière frappante aux lignes du Petit Français illustré citées plus haut: Nous avons suivi dimanche dernier toute la côte sur quatre ou cinq km. J’ai pu admirer (?) Le Borda, à mon aise; c’est un vieux bateau noir et blanc à trois ponts, tout près de La Bretagne, à deux ponts celui-là, qui ressemble absolument au Borda. De temps en temps nous venaient des lambeaux de valse; il y avait un bal à bord d’un bateau de l’Escadre; plus loin nous avons vu une annexe du Borda, un vaisseau à voile, qui, nous l’avons bien distingué, avait à la barre un bordache, un fi sto comme l’appellent réglementairement les nouveaux. Il a exécuté une série de fausses manœuvres qui ont dû lui valoir une forte semonce.105

On ne sait si Fournier eut conscience en traçant ces mots de presque récrire une page du tant aimé Petit Français illustré. Mais cette question apparaît fi nalement secondaire au regard de la constatation qui s’impose: celle qu’en partant à Brest, l’adolescent ne se rapprocha d’une réalité dépeinte dans les livres que pour aussitôt se mettre à la décrire à son tour. De sorte que ce paragraphe pourrait bien nous con- server l’une des premières traces de son désir créateur. D’autres lettres à sa famille, datant de la même période, rappellent le ton légè- rement académique de certaines pages du Petit Français illustré, par exemple lorsque Fournier s’essaye à relater l’arrivée d’un transatlantique dans le port de commerce: Il était venu s’y réfugier et faire provision de charbon. Nous avons pu admirer ce géant tout hérissé de mâts et de cheminées et regarder par les hublots, appuyé qu’il était à un quai du port, les misérables cabines des 3e classes, contraste frappant avec les luxueux salons de 1re et de 2e106.

Après avoir lu à notre tour l’article sur Brest, comment nous étonnerions-nous encore de ce désir d’entrer à l’École navale? Tout y est prétexte à vanter le mérite et la gloire des offi ciers de marine, comme le montre ce chapitre où l’évocation d’une rue donne lieu à la description suivante: «Les grands tailleurs arrangent dans un ordre savant, derrière les hautes glaces de leurs vitrines, les brillants uniformes brodés d’or, et l’aspirant contemple avec émotion, à côté de ses aiguillettes, le haut galon aux trois étoiles, qu’il voit luire dans ses rêves à l’horizon lointain»107. S’éclairent alors la nature et la source des rêves qui sous-tendaient les surprenantes réponses données par l’écri- vain aux questions de René Bizet , son condisciple du lycée Voltaire: «– Qu’est-ce que tu seras plus tard? – Marin.» La réponse était pleine d’enchantement mais inimaginable. «– Tu connais bien la mer? – Non. – Alors pourquoi veux-tu naviguer? – Pour faire des voyages. J’irai au Borda, après je serai lieutenant de vaisseau.»108

Le commentaire donné par Isabelle Rivière au sujet du départ de son frère en Bretagne est aussi très intéressant. Elle rappelle le contexte dans lequel cette décision

(105) Lettres à sa famille, Paris, Fayard, 1986, 1892, p. 176. 16/10/1901, p. 27. (108) RENÉ BIZET , Alain-Fournier au lycée Vol- (106) Ibid., 27/12/1901, p. 42. taire, «L’Ami du lettré», 1924, p. 270. (107) «Le Petit Français illustré», n° 159, 12/03/

sf150_interni 513 23-02-2007, 16:49:23 514 Sylvie Sauvage

fut prise – l’exil à Paris loin des siens, la solitude morne d’une pension rue de la Ro- quette – et interprète ainsi l’élan qui poussa l’adolescent vers d’autres horizons: À la place du doux paradis de l’enfance, puisqu’il y faut renoncer, ah! cherchons quelque chose de grand, d’exaltant – non plus ce Paris noir où trop de misère, trop d’inquiétantes lai- deurs ensevelissent la beauté –: la mer, les aventures, Robinson Crusoé, la jungle et la pampa, quelque chose d’héroïque, un autre paradis, plus dangereux mais sans bornes, celui-là même que promettait le premier, où l’âme allait pouvoir enfi n déployer ses ailes infi nies!109

Il semble qu’aux premières blessures infl igées par la vie, Fournier ait espéré trouver un refuge en se tournant vers l’univers romanesque des livres – cet «autre réel»110–, non pas, comme il le fi t plus tard, en créant lui-même par l’écriture le monde de son rêve afi n d’y pouvoir vivre, mais en nourrissant le chimérique espoir, conçu sous l’infl uence de ses lectures, de le trouver à Brest avec l’air du large. Avoir cherché à atteindre au dehors de lui-même les paradis imaginaires qui ne se trouvent qu’en soi, telle fut, non pas l’erreur, mais la naïveté de Fournier durant sa quinzième année. Il ne resta d’ailleurs pas longtemps sa propre dupe et souhaita, après quelques mois, retourner au «pays». On s’explique alors l’impression reçue par Isabelle lorsque son frère qui s’offrait «à réaliser tous les rêves», les siens et ceux de ses parents, laissa défi nitivement derrière lui Brest et la mer: Il vient vers moi sans courir, étrangement grave dans sa grande capote marine au col rele- vé, étrangement mûri tout à coup, le visage immobile, sans geste, ni voix, comme s’il s’avançait dans un rêve… Mais je comprends aussitôt que c’est au contraire hors d’un rêve qu’il a résolu de s’échapper…111

Hors du rêve stéréotypé de l’aventure certainement, et pour aussitôt repartir en quête, cette fois, de vérité sur le monde et sur soi. Fournier n’abandonna en effet son projet de carrière dans la marine, si intimement lié à ses lectures, que pour le rempla- cer par celui d’entrer à l’École Normale Supérieure après obtention du baccalauréat de philosophie, projet autorisant, encourageant fi nalement plus que jamais sa passion la plus ancienne, celle de lire. On mesure à présent l’importance particulière de romans d’aventures tels que La Roche aux mouettes ou Robinson Crusoé pour Fournier: c’est qu’ils lui ont donné l’amour de la mer, de cette mer irréelle à laquelle seuls l’encre et le papier confèrent existence dans l’imagination. De la sorte, ces premières lectures se trouvent au point de naissance d’une vocation, non pas maritime, mais littéraire, si l’on considère que désirer naviguer dans la réalité sur la mer onirique des livres équivaut à désirer rejoin- dre un espace purement poétique, cet ailleurs inconnu, merveilleux, attirant, auquel il n’est permis d’aborder que par la création, notamment littéraire, ce dont Fournier s’aperçut vite. Sans doute est-ce dès ce moment où la réalité bretonne déçut son at- tente, trahissant ainsi le hiatus entre littérature et vie, que le désir de courir le monde se mua chez lui en désir d’écrire son monde intérieur et de parcourir désormais sans trêve pour cela les infi nis territoires de l’imaginaire et de la mémoire. Alain-Fournier est précisément revenu sur ce temps passé au lycée de Brest dans une nouvelle, Portrait, où comme l’on pouvait s’y attendre la complexité des rap- ports entre littérature et vie hante tout le récit: le narrateur, suite au suicide de Davy,

(109) Images d’Alain-Fournier, p. 170. interrompent parfois violemment?», «Le liseur», (110) RAINER MARIA RILKE: «Qui le connaît, Nouveaux Poèmes, Œuvres, Paris, Seuil, 1972, t. celui qui détourna sa face/du Réel pour la plonger 2, p. 293. dans un autre réel/que seules les pages tournées/ (111) Ibid., p. 182.

sf150_interni 514 23-02-2007, 16:49:23 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 515

un ancien condisciple désespéré de s’être vu éconduire par le père de la jeune fi lle qu’il aimait, se reproche de l’avoir inconsidérément mené dans le «pays du romanes- que»112 le jour où il lui fi t lire un long extrait du Dominique de Fromentin. Davy au disgracieux visage, si fi er d’être devenu offi cier de marine comme le rêvent souvent les héros des livres113, est mort pris au piège des identifi cations romanesques tendu à chaque lecture aux cœurs trop sensibles ou trop avides. Le jeu de miroirs qui consiste pour Fournier à placer La Roche aux mouettes entre les mains de Frantz, l’aspirant de marine, n’est pas sans signifi cation. Il laisse deviner chez ce dernier les racines toutes littéraires de sa vocation maritime et, plus généralement, de son désir d’aventures. Ainsi la fi gure du chimérique Frantz rejoint-elle celle de Davy lui aussi par trop fi dèle à l’univers romantique de ses lectures. «Peut-être les livres n’ont-ils d’infl uence profonde sur notre vie qu’au cours de l’enfance» écrivait Graham Greene , car «pendant l’enfance, tous les livres sont livres de divination qui nous révèlent l’avenir et, telle la cartomancienne qui voit dans les cartes un long voyage ou la mort par noyade, ils infl uent sur les événements futurs.» Les lignes qui suivent, tirées de l’expérience de l’écrivain dont on connaît la prédilec- tion pour le genre du roman d’aventures, sont particulièrement précieuses pour nous. Greene, après avoir raconté combien Les Mines du roi Salomon de Rider Haggard marquèrent son enfance, explique de quelle façon ce livre infl uença sans aucun doute l’avenir. N’eût été cette histoire romanesque d’Allan Quater- main, de Sir Henry Curtis, du capitaine Good, et surtout celle de l’antique sorcière Gagool, aurais-je à dix-neuf ans étudié la liste des postes vacants au ministère des Colonies et failli choisir, pour y faire ma carrière, la Marine nigérienne? Et plus tard, à un âge où vraiment j’aurais dû être plus sage, l’étrange fi xation africaine persistait. (…) Ne fut-ce pas l’incurable fascination de Gagool (…) qui me poussa toute l’année 1942, à travailler dans un petit bureau sans aération, à Freetown, Sierra Leone? (…) Les livres sont toujours là (…), et voici qu’à leur tour nos enfants prennent leur avenir sur les étagères et tournent les pages.114

Qui ne voit que chez Fournier la fascination pour l’Angleterre, comme celle de Greene pour l’Afrique, est née dans le grenier d’Épineuil où tant de romans le conduisaient par magie outre-Manche? Que nous entrouvrions David Copperfi eld, Robinson Crusoé, Le Chancellor, La Teppe aux merles ou, dans la collection du Petit Français illustré: Le voleur d’Édith, Aventures d’une écolière anglaise, Le singe de l’oncle Sam, Histoire de deux enfants de Londres, Willie, l’écolier anglais, l’Angleterre, comme la mer, surgit presque toujours à l’horizon des aventures. Londres revient tout particulièrement, véritable capitale de l’imaginaire à propos de laquelle David Copperfi eld écrit: Je n’ai pas besoin de raconter ici quel lieu prodigieux me parut Londres lorsque je l’aperçus dans le lointain, ni comment je m’imaginai que les aventures de mes héros favoris s’y passaient et s’y répétaient constamment, ni comment je me fi gurai vaguement que cet endroit était rempli de plus de merveilles (…) que toutes les cités de la terre.115

(112) «Portrait», Miracles, p. 152. un triomphal voyage de découvertes, je me serais (113) David Copperfi eld par exemple, qui écrit trouvé tout à fait à mon aise» (David Copperfi eld, après que sa tante lui ait demandé quel métier il Paris, Le livre de poche, 1969, t. 1, p. 332). aimerait exercer: «Je crois que si, m’étant subite- (114) «Roman», n° 22, mars 1988, L’Aventure, ment découvert des aptitudes dans l’art de la navi- pp. 15-16, «L’Enfance perdue». gation, j’avais pu prendre le commandement d’une (115) David Copperfi eld, Paris, Le livre de poche, expédition lointaine et faire autour du monde 1969, t. 1, p. 99.

sf150_interni 515 23-02-2007, 16:49:23 516 Sylvie Sauvage

Comment celui qui des années durant n’avait cessé de relire l’œuvre de Dickens ne se serait-il pas senti attiré par «ce royaume des enfants qu’est le Royaume-Uni»116, au point de partir travailler dans une factory londonienne tout un été, à dix-huit ans, entreprise peu banale en 1905? De sorte que ce voyage d’abord commencé «avec les yeux de Dickens »117, comme Fournier le nota lucidement, fut pour lui dès le premier instant tout autre chose qu’un périple seulement motivé par le plaisir de découvrir une terre inconnue, il fut aussi voyage dans un monde ancien – monde d’émotions, d’images, de souvenirs, porté de longue date en lui –, voyage vers l’enfance et fi nale- ment, voyage à l’intérieur de soi. C’est en effet pendant son séjour hors de France qu’il découvrit la nostalgie du passé et s’essaya pour la première fois à raconter son enfance dans de longues lettres à Jacques Rivière, capitales pour qui s’intéresse à la formation de l’écrivain puisqu’«on y saisit avec une netteté exceptionnelle comment une vie, prenant conscience d’elle- même, libère tout à coup une force spirituelle nouvelle. (…) Dans les Lettres d’Angle- terre, on assiste à la naissance de la littérature»118. À cela, ajoutons que le départ d’Henri Fournier à Londres nous en rappelle irrésistiblement un autre: celui d’autrefois à Brest. Même séparation complète d’avec les siens, même exil volontaire, même désir d’aller rejoindre dans la réalité un espace poétique – la mer, l’Angleterre – aimé dans les romans d’aventures de l’enfance. Ces deux départs effectifs vers l’Ailleurs onirique des livres présentent tant de ressem- blances qu’il paraît diffi cile de ne pas conclure que Fournier poursuivait dans les deux cas, de plus en plus consciemment, un même but, celui de se rendre capable d’écrire. Il est frappant de constater que tout comme dans les premières lettres de Brest où Fournier s’essayait à décrire une scène (Le Borda et La Bretagne amarrés dans la rade) jadis lue et relue dans Le Petit Français illustré, le séjour à Londres déclencha la rédaction de lettres-fl euve à juste titre qualifi ées de «première œuvre»119 par Claudie Husson . Comme si le futur romancier n’était chaque fois parti que pour mieux provoquer en lui l’émergence de l’écriture. On peut admirer la façon dont Fournier qui très tôt, sans même oser se l’avouer, désira devenir écrivain, agit conformément à l’intuition que la réalisation d’un tel désir dépendait en premier lieu de l’acquisition d’une expérience vécue et de la capa- cité à aller au bout de soi. L’auteur du Grand Meaulnes chercha-t-il jamais à s’ajouter autre chose en se plaçant de son plein gré, à Brest et à Londres, dans une situation certes exaltante mais diffi cile à vivre? La question reste posée, mais il nous semble qu’en mettant ses pas dans ceux du héros de La Roche aux mouettes puis dans ceux de Dickens , Fournier recherchait beaucoup la confi rmation de sa propre vocation. C’est justement parce que ses lectures d’enfance suscitèrent l’élan qui le poussa à partir, c’est-à-dire à se soumettre par deux fois à l’épreuve du dépaysement et de l’isolement, conditions nécessaires à une découverte de soi qui fut aussi pour lui dé- couverte de ses dons d’écrivain, qu’elles peuvent être tenues pour «responsables du Grand Meaulnes»120.

(116) ALAIN-FOURNIER, Chroniques et Critiques, vid Copperfi eld» (Lettres à sa famille, 03/07/1905, Paris, Le Cherche-Midi, 1991, 19/01/1911, p. 139. p. 103). (117) Correspondance Fournier-Rivière, t. 1, 09/ (118) CLAUDIE HUSSON , Alain-Fournier et la nais- 07/1905, p. 59. Quelques jours plus tôt, Fournier sance du récit, Paris, PUF, 1990, p. 70. racontant à Isabelle sa traversée vers Newhaven lui (119) Ibid., p. 71. écrit de Londres: «Je commence à sentir l’Angle- (120) CHRISTIAN DÉDÉYAN , Alain-Fournier et la terre à ma façon: cela consiste à la voir (…) à travers réalité secrète, Paris, Sedes, 1967, p. 14. ce que j’ai lu sur l’Angleterre et en particulier Da-

sf150_interni 516 23-02-2007, 16:49:24 Lectures d’enfance et destinée chez Alain-Fournier 517

Que l’enfance, avec ses lectures et ses rêves fabuleux, irriguât de façon décisive toute l’existence, tant les ressources de la créativité que les choix de vie qui consti- tuent un destin, Rilke le savait bien. Par sa vie et son œuvre que marquèrent profon- dément les lectures de jeunesse, Alain-Fournier nous semble donner raison, avec une force singulière, à cet inépuisable vers des Élégies de Duino: «Ne croyez pas que le Destin soit plus que la densité de l’Enfance»121. C’est à nous qu’il appartient de ne pas l’oublier. SYLVIE SAUVAGE

(121) RAINER MARIA RILKE , Œuvres, Paris, Seuil, 1972, t. 2, p. 333.

sf150_interni 517 23-02-2007, 16:49:24 sf150_interni 518 23-02-2007, 16:49:24 Sul valore simbolico del Toson d’oro 519

DISCUSSIONI E COMUNICAZIONI

Sul valore simbolico del Toson d’oro: Giasone, Gedeone e il Vello d’oro in un’enciclopedia medievale

1. Una nutrita serie di studi recenti testimonia dell’ininterrotto interesse destato dal più famoso e prestigioso degli ordini cavallereschi fondati nel Medio Evo, l’ordine del To- son d’oro1. Pur analizzando la nobile confraternita, istituita il 10 gennaio del 1430 a Bru- ges, da molte angolature, i lavori degli ultimi anni non hanno portato novità importanti per la soluzione d’un problema senz’altro centrale, il perché della scelta del vellus aureum quale insegna della comunità. In questa nota vorrei gettare qualche luce sulla questione.

2. Come si sa, l’ordine venne fondato da Filippo il Buono (1396-1467), duca di Borgogna a partire dal 1419. Nella sua biblioteca si trovava l’Ovide moralisé, un poe- ma anonimo del primo Trecento2 che allegorizza in vari modi il mito della spedizione degli Argonauti così come lo raccontano le Metamorfosi ovidiane3. Un passo del testo francese, commentato recentemente da Claudine Lemaire4, stabilisce un parallelo tra la presa del Toson d’oro da parte di Giasone e la «presa di carne umana» da parte di Cristo, associando in qualche modo il mitico vello e il corpo di Gesù5. Un altro brano dell’opera, sfuggito alla studiosa, offre qualcosa di più concreto: in esso, l’ignoto poe- ta identifi ca la pelle conquistata dall’eroe greco con la verginità di Maria:

Mes la sapience devine, Jhesus, salus et medecine de toute creature humaine, quant vit la dolour et la paine

(1) Cfr., a titolo di esempio, Werner SCHULZ, 90, qui p. 86. L’esemplare di Filippo il Buono, in Andreaskreuz und Christusorden, Friburgo, 1976, due tomi, è perduto. pp. 89-98; D’Arcy Jonathan Dacre BOULTON, The (3) Cito dalla seguente edizione: «Ovide mo- Knights of the Crown. The Monarchical Orders of ralisé.» Poème du commencement du quatorzième Knighthood in Later Medieval Europe 1325-1520, siècle, a cura di Cornelis DE BOER, Martina G. DE Woodbrigde (Suffolk) 1987, S. 356-396; Griffi n BOER et Jeannette Th. M. VAN ’T SANT, vol. III, Girrard JONES, The Order of the Golden Fleece: Wiesbaden 1966 [ristampa dell’edizione Amster- Form, Function, and Evolution, 1430-1555, Ann dam 1931]. Arbor 1989, e soprattutto il denso volume L’ordre (4) Cfr. LEMAIRE, L’ordre, pp. 86-87. de la Toison d’or, de Philippe le Bon à Philippe le (5) Cfr. Ovide moralisé VII 799-806: Beau (1430-1505) : idéal ou refl et d’une société?, Jason prist la toison doree, a cura di Pierre COCKSHAW e Christiane VAN DEN Jhesu en la vierge honnorree BERGEN-PANTENS, Bruxelles/Turnhout 1996. prist chair et humaine nature: (2) Per la datazione dell’opera e per la sua pre- c’est la toison, c’est la courture senza nella biblioteca ducale cfr. Claudine LEMAIRE, dont Diex, douz mouton, fut couvert, «... L’ordre de plus grand pois et mistère» (Georges qui dou glaive oz le cors ouvert Chastellain). Histoire d’un mythe et de ses possibles pour home, et fu sacrefi ez interprétations. Un essai, in: COCKSHAW / VAN DEN et pendus et crucefi ez. BERGEN-PANTENS, L’ordre de la Toison d’or, pp. 84-

sf150_interni 519 23-02-2007, 16:49:24 520 Tobias Leuker

et la mort que home atendoit, s’il meïsmes ne l’en aidoit, pitié grant et conpascience l’en prist, et pour sa delivrance vault faire assemblee et jointure de soi et d’humaine nature ou cors de la vierge honoree pour avoir la toison doree: c’est la sainte virginité de la mere, ou la deïté se vault joindre par mariage charnelment al umain lignage: si dona l’erbe et la racine de la salvable medecine6.

È stato uno dei passi dell’Ovide moralisé a motivare la scelta del Toson d’oro? Credo di no. Prima di presentare una proposta alternativa, ritengo necessario accen- nare a un discorso pronunciato poco dopo la fondazione dell’ordine dal suo primo cancelliere, Jean Germain, allora vescovo di Nevers7. Secondo la testimonianza di Oli- vier de la Marche (1425-1502)8, Germain, durante la prima assemblea dei cavalieri, avvenuta il 30 novembre 1431 a Lilla, esortò i suoi confratelli a non considerare come loro modello Giasone, reo di aver tradito Medea, bensí un eroe biblico, Gedeone. Nel sesto capitolo del libro dei Giudici, parte del Vecchio Testamento, si legge che Gedeone, un semplice contadino, fu eletto da Dio a condurre gli Israeliti alla vittoria contro i Madianiti, un popolo che minacciava di annientarli. Incredulo, l’uomo chiese al Signore un segno per avere certezza della sua vocazione. Volle che Dio facesse piovere rugiada su un vello di lana che lui, Gedeone, avrebbe steso all’aperto, senza bagnare il terreno circostante. Una volta esaudito, l’Israelita pregò il Signore di mostrargli anche il fenomeno contrario, lasciando asciutto il vello e bagnando il terreno tutto intorno. Dio gli concesse anche questo miracolo, e Gedeone iniziò la campagna militare. L’energico discorso di Jean Germain sembra aver riscosso un certo successo, ma anche molte resistenze. L’immagine di Giasone-cavaliere perfetto che apre il racconto argonautico nel Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure († intorno al 1180), libro che tra i nobili del tardo Medioevo godeva d’un prestigio immenso, non si poteva facilmente eliminare9. Per tutta la durata del regno di Filippo il Buono, Giasone e Gedeone si sareb- bero contesi il ruolo di guida ideale dei membri dell’ordine10. Solo più tardi l’eroe biblico avrebbe avuto la meglio11.

(6) Ovide moralisé VII 731-748. tant aveit feit dès enfance | que mout ert coneüz sis (7) Per la carriera di Germain cfr. Jacques PA- nons | par terres et par regions.» VIOT, L’ordre de la Toison d’or et la Croisade, in (10) Cfr. Georges DOUTREPONT, Jason et Gédéon, COCKSHAW - VAN DEN BERGEN-PANTENS, «L’ordre patrons de la Toison d’Or, in Mélanges Godefroid de la Toison d’or», pp. 71-74, qui pp. 71-72. Kurth – Recueil de mémoires relatifs à l’Histoire, à (8) OLIVIER DE LA MARCHE, Espitre [sic] pour tenir et la Philologie et à l’Archéologie, 2 voll., Liegi/Parigi celebrer la noble feste du Thoison d’Or [1500], in: Id., 1908, vol. II: Mémoires littéraires, philologiques et Mémoires, a cura di Henri BEAUNE e Jules D’ARBAU- archéologiques, pp. 191-208. I due eroi fi gurano per MONT, Parigi 1888, pp. 158-189, qui pp. 164-165. la prima volta insieme in un poema scritto nel 1433 (9) Cfr. BENOÎT DE SAINTE-MAURE, Le roman de o poco dopo: cfr. Michault TAILLEVENT, Le songe de Troie, a cura di Léopold CONSTANS, vol. I, Parigi la Thoison d’Or, in Robert DESCHAUX, Un poète bour- 1904, pp. 38-39 (= libro I, vv. 727-740): «Icist Eson guignon du XVe siècle, Michault Taillevent (Édition un fi l aveit | qui Jason apelez esteit, | de grant beauté et Étude), Ginevra 1975, pp. 59-86, qui p. 82-83, vv. e de grant pris | e de grant sen, si com jo truis. | Grant 725-734: «Jason conquist, ce racontent pluseurs, | la force aveit e grant vertu, | par maint regne fu coneü; | thoison d’or par Medee s’amie | dedens Colcos, mais mout fu corteis e genz e proz | e mout esteit amez de pour estre plus seurs | tant a Jason on ne s’areste mie toz; | mout por demenot grant noblece | e mout amot | qu’a Gedeon qui par œuvre saintie | arousé eut son gloire e largece; | trop ert de lui grant reparlance, | e veaurre doucement | de rousee qui des sains cieulx

sf150_interni 520 23-02-2007, 16:49:25 Sul valore simbolico del Toson d’oro 521

3. Si è soliti attribuire l’introduzione di Gedeone nell’immaginario dell’ordine del Toson d’oro a Jean Germain12. A prima vista si tratta d’una manovra forzata, visto che la Bibbia non dice affatto che il vello dell’Israelita era aureo. In questa sede vor- rei mostrare che già nel Trecento un monaco benedettino, vissuto a lungo alla corte papale di Avignone e poi appartenuto alla cerchia del re francese Giovanni il Buono, aveva accomunato e addirittura identifi cato il vello di Giasone e quello di Gedeone. Mi riferisco a Pierre Bersuire (ca. 1290-1362), un amico di Petrarca, al quale si devono non solo una traduzione francese di Tito Livio e un Ovidius moralizatus latino – poco rilevante per il nostro discorso13 –, ma anche il Reductorium morale, un’enciclopedia latina i cui lemmi abbondano di interpretazioni allegoriche. Il brano dell’opera su cui mi voglio soffermare s’incontra nel libro nono, De piscibus. Da sant’Ambrogio che, nell’Hexaemeron, un manuale di Storia naturale che glorifi ca la Creazione, aveva descritto un pesce atlantico dal nome vellus aureum, Bersuire si sentí incoraggiato a dedicare a quest’animale un apposito capitolo. Eccolo quasi per intero: Aureum vellus est piscis, qui lanam in similitudinem auri portat. Unde dicit Ambrosius: Aureum vellus mare nutrit, et lanam inungendo speciem metalli gignit, cuius colorem (ut ait) nullus adhuc fullo potuit imitari.14 Et de hoc velleris genere creditur fuisse illud, propter quod multae civitates in Troianorum partibus sunt exustae. Quod scilicet Iason in provincia Colchorum quaesivit, sicut Ovidius in Metamorphosibus recitat atque ponit, et sicut Dictys in Troiana historia asserit. Piscis iste, charissimi, Beatam Virginem signifi cat, quae in mari huius mundi aureum vellus, id est ipsum Christum portavit, cuius colorem et perfectionem et virtu- tem nullus adhuc perfecte potuit imitari, nec aliquis fullo vel praedicator plene depingere vel describere vel rimari. Esa. 415: Generationem eius quis enarrabit? Ista est enim illud vellus, in quo Gedeon habuit signum victoriae, dum illud in area sicca inventum, rore madifi co plenum fuit (Iudic. 6)16. Quia scilicet per istud vellus, corpus scilicet Christi, dum in area sicca sine virili semine uteri virginalis ponitur, ibique rore divinitatis impletur, Gedeon, id est humano generi signum salutis et victoriae ministratur17. Unde de isto rore in isto vellere mirabiliter descenden- te, id est de Dei Filio hoc vellus aureum habitari dicitur in Psal. 7118: Descendet sicut pluvia in vellus, et sicut stillicidia stillantia super terram19.

descent, | dont fut depuis dignement celebree | loenge vangelo apocrifo di Nicodemo, avrebbe liberato a Dieu trestout premierement | et aux bons gloire et dall’Inferno. Sull’allegoresi ovidiana di Bersuire e haulte renommee.» Per la datazione del testo cfr. sulla vita del monaco cfr. il classico saggio di Fausto Claude THIRY, L’ordre et ses chevaliers dans les textes GHISALBERTI, L’«Ovidius moralizatus» di Pierre Ber- littéraires en français, in: COCKSHAW/VAN DEN BERGEN- suire, «Studi romanzi» XXIII (1933), pp. 5-136. PANTENS, «L’ordre de la Toison d’or», pp. 110-114, (14) Cfr. AMBROGIO, Hexaemeron V xi 33. qui p. 111. (15) Indicazione sbagliata: si tratta di Is 53,8. (11) Cfr. Victor TOURNEUR, Les origines de l’Ordre (16) Idc 6, 37-38. de la Toison d’Or et la symbolique des insignes de ce- (17) L’edizione di cui sotto (n. 19) legge «mini- lui-ci, «Bulletin de l’Académie Royale de Belgique», strat», e poco dopo «habitare» per «habitari». 5a serie, XLII (1956), pp. 300-323, qui p. 322. (18) Ps 71,6, secondo la traduzione latina dei (12) Cfr. JONES, Order, pp. 64-65; Michel PA- Septuaginta. STOUREAU, Emblèmes et symboles de la Toison d’or, (19) Cito da: Petri Berchorii Opera omnia in in: COCKSHAW - VAN DEN BERGEN-PANTENS, L’ordre sex tomos distincta, Colonia 1730/31, vol. II: Re- de la Toison d’or, pp. 99-106, qui pp. 104-106. ductorium morale, sive tomus secundus, De rerum (13) Ho consultato l’Ovidius moralizatus nel proprietatibus in XIV libros divisus, libro IX, cap. ms. Membr. I 98 della Forschungs- und Landesbi- 8, De aureo vellere. – Il lemma fi nisce con un’altra bliothek di Gotha (Turingia). L’opera, in prosa, è allegoresi del vello, molto più breve: «Vel dic, quod diversa dall’Ovide moralisé francese, più antico. Il istud vellus signifi cat exteriorem conversationem brano del testo che tratta della conquista del Toson Christi, Virginis vel Sanctorum, quae pro certo d’oro (p. 32 del codice) paragona, in una prima ese- ita fuit aurea, pretiosa et alta, quod nullus est, qui gesi, il vello a «temporales divicie, et maxime Eccle- possit eam imitari, vel ad eius similitudinem suum sie», Giasone a un «bonus prelatus», il dragone al vellus, id est suam conversationem tingere, vel diavolo e Medea alla Vergine; in una seconda, meno eorum sanctitudini conformare. Eccl. 44: Non est sviluppata, vede in Giasone Cristo, nel dragone di inventus similis illi, qui conservaret legem Excelsi nuovo il diavolo e nel Toson d’oro «sanctorum [cfr. Sir 44,20], cui [ed.: qui], sicut dicit in Psal. patrum collegium», cioè i patriarchi che il Messia 44, Astitit Regina a dextris tuis, in vestitu deaurato durante la sua discesa agli Inferi, raccontata dal [Ps 44,10].»

sf150_interni 521 23-02-2007, 16:49:25 522 Tobias Leuker

Il testo citato indica un concreto valore simbolico che Filippo il Buono può aver associato al mitico vello. Secondo Bersuire, esso rappresenta Cristo stesso («ipsum Christum») oppure il corpo di Cristo nel grembo della Vergine («corpus […] Christi […] in area sicca […] uteri virginalis»); più precisamente, il corpo immacolato attra- verso il quale Dio ha trasmesso all’umanità un segno salutifero e vittorioso («signum salutis et victoriae»). L’interpretazione proposta dal benedettino si giova del tradi- zionale collegamento, documentato in numerosi scrittori ecclesiastici latini a partire da Tertulliano, Lattanzio e Agostino, tra la storia del vello irrorato di Gedeone e l’incarnazione di Gesù20. Supponendo che Filippo il Buono abbia accolto l’allegoresi del vellus aureum fornita da Bersuire, si può affermare che l’ordine borgognone sia stato concepito come stretto pendant dell’ordine di Cristo, istituito nel 1319 dalla casa reale di Portogallo21. L’analogia non sarebbe casuale: la donna che il duca di Borgogna sposò nel giorno in cui fondò la sua confraternita, Isabella, era una princi- pessa lusitana. Il simbolismo cristologico del Toson d’oro propagato da Pierre Bersuire comba- cia bene con il primo statuto dell’ordine, nel cui esordio si legge che Filippo lo conce- pì «a la gloire et loenge du toutpuissant nostre Createur et Redempteur» nonché «en reverence de sa glorieuse Mere»22, affi nché «la vraye foy catholique, l’estat de nostre mere sainte Eglise et la transquillité et prosperité de la chose publique soyent comme estre peuent deffendues, gardées et maintenues»23; e non si dimentichi neppure l’au- torevole testimonianza di Georges Chastelain (1414-1475), secondo il quale il duca istituí la confraternita al fi ne di «souverainement en soi exhiber vray humble serviteur de Dieu, prest deffenseur de la sainte foy, quéreur du bien publique et diligent insé- cuteur de toute honneur et vertu»24. Se si accetta la mia ipotesi d’un ricorso al Reductorium morale da parte di Filippo il Buono, si concederà che il vellus aureum, sin dalla sua elevazione ad insegna del nascente ordine borgognone, poteva essere associato a Gedeone, e che dunque non occorreva un intervento «ingegnoso»25 (vale a dire «bizzarro») da parte del vescovo-cancelliere Ger- main per stabilire un collegamento tra l’oggetto mitico e l’eroe biblico.

4. Come abbiamo appena detto, la fondazione dell’ordine del Toson d’oro si celebrò insieme alle nozze di Filippo il Buono con Isabella di Portogallo. Il motto che il duca di Borgogna escogitò per la doppia festa era «aultre n’aray». In quanto devise nuziale, il sintagma era continuato, secondo un procedimento tipico dell’epoca26, da un

(20) Cfr. TERTULLIANO, Adversus Marcionem V era venerato come patrono della casa di Borgogna; ix 10; LATTANZIO, Divinae institutiones IV xvi 14; cfr. PASTOUREAU, Emblèmes, pp. 100-101. AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos LXXI, § 9. Ve- (23) Cfr. PAVIOT, L’ordre, p. 71. di inoltre il lemma Gideon, redatto da Josef SCHAR- (24) Citato da: DOUTREPONT, Jason et Gédéon, p. BERT e Friederike TSCHOCHNER, in: Marienlexikon, a 195. In un altro scritto, Chastelain, rivolgendosi al cura di Remigius BÄUMER e Leo SCHEFFCZYK, 6 voll., duca Filippo, ricorda così la fondazione dell’Ordi- St. Ottilien 1988-1994, vol. II, pp. 636-637. ne: «Mais n’est d’oubly le haut eslèvement | de la (21) Cfr. SCHULZ, Andreaskreuz, p. 83. Toison, haute et divine emprise, | que pour confort, (22) Cito da una riproduzione fotografi ca ayde et réparement | de notre foy, en long propo- della prima pagina dell’unico manoscritto che sement, | tu as mis sus, divulgée et emprise, | soubs tramanda la versione originale degli statuti (L’Aia, autre grant religion comprise | touchant honneur et Koninklijke Bibliotheek, 76 E 14). La trovo inclusa publique équité, | pour estre mieux envers Dieu ac- nell’articolo di Anne S. KORTEWEG, Le manuscrit quité.» (Épistre au bon duc Philippe de Bourgogne, KB 76 E 14 de La Haye, le contenu et la décora- in: Georges CHASTELLAIN, Œuvres, a cura di Ker- e e tion des livres des Statuts aux xv et xvi siècles, in: vyn DE LETTENHOVE, 8 voll., Bruxelles 1863-1866, COCKSHAW - VAN DEN BERGEN-PANTENS, pp. 39-44, vol. VI: Œuvres diverses, pp. 147-166, a p. 154). a p. 41. – Come terzo protettore dell’ordine dopo (25) Così PASTOUREAU, Emblèmes, p. 105. Cristo e Maria l’esordio degli statuti nomina san- (26) Cfr. ivi, pp. 103-104. t’Andrea, l’apostolo che almeno sin dal Trecento

sf150_interni 522 23-02-2007, 16:49:26 Sul valore simbolico del Toson d’oro 523

detto inventato o assunto da Isabella, «tant que ie vive». Insieme, le due componenti formano una frase con la quale gli sposi si garantivano vicendevolmente fedeltà coniu- gale. Le parole contribuite dal duca mostrano connotazioni particolari: Lemaire27 ha giustamente insistito sul loro sfondo «giasonico», allegando un passo del Livre de Muta- tion de Fortune di Christine de Pizan in cui Medea, quasi anticipando la devise di Filip- po, si fa promettere da Giasone quella fede che questi, dopo la conquista del vello, non le avrebbe mantenuto («Qu’a toujours mais tout mien seras / Ne ja autre n’espouseras / N’aras autre dame, n’amie»)28. Assumendo l’espressione messa in corsivo, Filippo di- chiarava a Isabella di non voler imitare il tradimento perpetrato da Giasone ai danni di Medea. Prendere le distanze dal capo degli Argonauti in questo punto sarebbe stato un gesto inutile, se il duca, all’altezza dell’invenzione del motto, non avesse già ravvisato nell’eroe greco un modello da seguire in (quasi) tutti gli altri aspetti della vita. La raffi natezza della formula «aultre n’aray» sta nel fatto che essa doveva obbli- gare non solo lo sposo, ma anche il cavaliere in Filippo, e con quest’ultimo tutti gli altri membri del nuovo ordine : l’orlo dei loro mantelli portava il motto ricamato29. Che cosa signifi cava per loro? Poco convincente mi pare la teoria di Tourneur30 e Marinescu31, secondo la quale la devise, usata dai cavalieri, alludesse a un divieto im- posto loro negli statuti dell’associazione, quello cioè di farsi accogliere da altri ordini cavallereschi. A prescindere dal fatto che tale divieto non era categorico32, una tale strumentalizzazione della formula mi sembra troppo banale. Preferisco supporre che l’«aultre» del motto, per chi appartenesse all’ordine, fosse Cristo, simbolizzato, a dire di Pierre Bersuire, dal Vello d’oro. «Aultre n’aray» sarà stato, per i cavalieri, un voto di consacrazione perenne a Gesù.

5. Al termine di questa nota mi sia permesso di combinare alcune delle ipotesi in essa sviluppate. Per poter fare a meno di condizionali e congiuntivi, presento le mie conclusioni tra virgolette: «Filippo il Buono scelse il Toson d’oro in base al Reductorium morale di Pierre Bersuire, prendendolo come simbolo cristologico. Ancora prima della fondazione dell’ordine (e delle nozze celebrate nel contempo) il duca ne derivò per sé la preroga- tiva di atteggiarsi a novello Giasone, prerogativa che poi estese ai suoi cavalieri. Jean Germain, cavaliere anche lui, criticò questa stilizzazione durante la prima assemblea dell’ordine: secondo l’opzione cristiana derivabile dal Reductorium morale, racco- mandò ai confratelli di dichiararsi seguaci di Gedeone.»

TOBIAS LEUKER

(27) Cfr. LEMAIRE, L’ordre, p. 84. l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres» (28) CHRISTINE DE PISAN, Le livre de mutacion de 1956, pp. 401-417, qui pp. 403-404; citato da: Fortune, a cura di Suzanne Solente, 4 voll., Parigi SCHULZ, Andreaskreuz, pp. 95-96. 1959-1966, vol. III, vv. 14471-14473. (30) Cfr. TOURNEUR, Origines, p. 314. (29) Cfr. Constantin MARINESCO [Marinescu], (31) Cfr. MARINESCO, Documents, pp. 403-404. Documents espagnols inédits concernant la fon- (32) Cfr. JONES, Order, p. 32. dation de la Toison d’or, in «Comptes rendus de

sf150_interni 523 23-02-2007, 16:49:26 524 Simona Munari Teatro gesuita e tradizione pagana: due scenari di argomento polacco nella Francia di Mazarino

Nel 1646, per i tipi di Toussainct Quinet, viene pubblicata a Parigi una tragi- commedia di argomento polacco, il Sigismond duc de Varsau di Gillet de la Tessone- rie. Gillet, autore di commedie e tragicommedie di successo, rielabora una materia che si stava diffondendo in Francia per motivi di carattere essenzialmente politico. Si poneva infatti il problema di celebrare sulla scena letteraria l’inizio del lungo regno (fi no al 1668) di Luisa Maria Gonzaga, andata sposa a Ladislao IV nel 1645 sotto l’auspicio del cardinal Mazarino. Il matrimonio contribuì a rafforzare i rapporti tra Francia e Polonia, esistenti sin da quando la candidatura di Henri de Valois era stata proposta nel 1573 alla dieta polacca per ricoprire il trono vacante. Da quel momento si era moltiplicata la divulgazione di relazioni diplomatiche e resoconti di viaggio in cui la Polonia era presentata come una terra promessa, ricca e generosa, dotata di «humanité et douce conversation». Si insisteva sulle somiglianze con gli usi e costumi francesi, e sulla posizione geografi ca che faceva della Polonia l’ultima nazione civiliz- zata, baluardo della cristianità. Il fasto della sua corte si prestava inoltre a facili esoti- smi, il più forte dei quali riguardava la diversità delle istituzioni politiche, soprattutto in relazione alla modalità di scelta del sovrano1. Venda regna en l’an 750 et quitta volontairement la couronne, après avoir gaigné une bataille contre un de ses sujets, qui vouloit la contraindre à l’aymer. Histoire de Pologne.

Gillet pone questa precisazione nell’ elenco dei personaggi, a margine del nome dell’ eroina2. Narra la leggenda che Vanda (Wanda, Vende), fi glia del re Krak o Cra- cus, fondatore e primo sovrano di Cracovia, fu eletta regina dal popolo dopo la morte del padre. Il fratello minore di Vanda aveva infatti assassinato l’erede al trono ed era poi morto di dolore. La giovane principessa governa il paese votando la sua verginità agli dei per ottenere la loro protezione, rifi uta tutti i pretendenti e sconfi gge il princi- pe tedesco Ritiger quando costui cerca di appropriarsi del regno. Consegue la vittoria senza battaglia, giacché i nemici si rifi utano di lottare contro una donna, e il loro capo si uccide. Ma al rientro a Cracovia, in luogo di ricevere gli onori dei sudditi, Vanda si lancia nella Vistola come supremo sacrifi cio agli dei che hanno salvato il paese. Gli annali di Boemia riportano storie simili (in particolare la leggenda di Libusa, fi glia del re Krok3), che già presentano le linee tematiche dalle quali ha preso forma l’immagi-

(1) Tra gli autori inclini all’ispirazione polacca F. (2) GILLET DE LA TESSONERIE, Sigismond duc de ROSSET cita, insieme al Gillet del Sigismond, Rotrou Varsau, Paris, Quinet, 1646. (Venceslas), Camus (Iphigène), Préchac (Le Beau (3) Il re Krok ha tre fi glie. Prima di morire pas- Polonois), oltre a opere anonime, come il romanzo sa il potere alla minore, Libusa, la cui intelligenza Le Polemire ou l’illustre Polonois, sottolineando e magnaniminità ben si coniugano alla bellezza. come i motivi polacchi, inizialmente privilegiati Istigata dal popolo che vuole essere governato per la coloritura esotica, assumano ben presto una da un uomo, Libusa sposa il saggio contadino complessità simbolica. F.ROSSET, L’Arbre de Craco- Premislas, col quale governa felicemente e fon- vie. Le mythe polonois dans la littérature française, da la città di Praga. Alla morte della regina un Imago, Paris, 1996, pp. 63-66. Cfr. anche gli atti gruppo di ragazze capeggiate da Wlasta tenta di del convegno La France et la Pologne. Histoires, impadronirsi del potere: scoppia una guerra nel- mythes, représentations, éd. F. LAVOCAT, Lyon, la quale le truppe di Premislas faticano ad avere Presses Universitaires de Lyon, 2000. la meglio sulle amazzoni. F. ROSSET, Wanda:

sf150_interni 524 23-02-2007, 16:49:26 Teatro gesuita e tradizione pagana 525

nario mitico su cui poggiano le trasposizioni letterarie: la religiosità pagana, la lotta fratricida, il potere femminile, la fondazione della città, il suicidio-sacrifi cio. La storia complicata proposta da Gillet, assai diversa dalla leggenda originale, sembra derivare almeno in parte dal teatro. Per quanto, infatti, quella tradizione po- tesse essere nota in Francia, è dubbio che le cronache polacche siano state le fonti dirette dei letterati francesi. Nella sua accurata indagine Daniela Dalla Valle ha messo in relazione la breve vicenda polacca di Henry de Valois con la pubblicazione in Francia di opere destinate a illustrare un paese quasi sconosciuto: la storia di Vanda compare nella Cosmographie di Munster e nelle traduzioni francesi di Bauduin e di Vigenère delle cronache di Fulstin, poi nel breve Discours sur l’histoire des Polognois attribuito a Nicolas Pavillon; in seguito, fu ripresa da Pierre Davity e da Jean Le La- boureur4. Al di là di alcune varianti sulla datazione, gli elementi più signifi cativi (la morte dei fratelli, l’elezione della regina, le sue doti fi siche e morali, la conclusione tragica) non sono modifi cati. Il suicidio è però presentato secondo una prospettiva edifi cante che la studiosa mette in relazione agli «erreurs» compiuti da un popolo nel nome di false credenze, sottolineando come la dimensione religiosa, che, vede nel sacrifi cio della regina un’impresa di purifi cazione, informi anche i primi interventi letterari, due tragedie latine di collegio di cui sono pervenuti soltanto gli scenari: La piété polonaise ou Venda Reine de Pologne «che si consacra ai suoi dei» recitata il 3 agosto 1639 al collegio di Rouen e forse il 5 agosto 1643 al collegio parigino Louis-le Grand, e Vende, ou le Triomfe et le sacrifi ce de la chasteté, rappresentata a Troyes nel 16445. L’attività pedagogica della Compagnia di Gesù, basata sulla Ratio studiorum, prevedeva l’impegno degli allievi in rappresentazioni teatrali di argomento sacro o co- munque improntato alla pietà, allo scopo di «ad perfectam eloquentiam pervenire». La pratica degli spettacoli, destinati all’inizio a celebrare particolari momenti della vita scolastica, come le premiazioni pubbliche, fu presto allargata a molte occasioni festive: canonizzazioni, consacrazioni di chiese, giubilei, matrimoni principeschi. Le pièces erano redatte dai professori di retorica e rappresentate dagli studenti, con l’ausilio di un choragus, mentre la stesura dell’argomento, o scenario, era di solito affi data a un convittore6. I testi teatrali erano scritti in latino, lingua in cui per secoli si era espressa la cultura europea, ma nei collegi diretti dai Gesuiti lo studio della lingua francese fu attivato sin dalla metà del Seicento. Non si può quindi escludere che di alcune pièces si desse volontariamente notizia in volgare, come nel caso delle tragedie di argomento polacco, dal momento che il francese si apprestava a diventare la lingua europea di cultura7. D’altronde il teatro secentesco – ricorda M. Fumaroli

du mythe au roman, «Dix-huitième siècle», 27, (5) F. ROSSET considera la tragedia del 1644 1995, p. 456. fonte diretta della tragicommedia di Gillet (cfr. (4) S. MUNSTER, La Cosmographie universelle Wanda, du mythe au roman, cit., p. 457); in seguito (1556); B. DE VIGENÈRE, Les Chroniques et annales de D. DALLA VALLE ha messo in relazione il Sigismond Poloigne (1573); J.H. DE FULSTIN, Histoire des Roys anche alla tragedia del 1639, descrivendo entram- et princes de Poloigne (1573); N. PAVILLON, Discours bi gli scenari nell’articolo Autour de “Sigismond sur l’histoire des Polognois (s.d.); P. DAVITY Les Etats duc de Varsau”,de Gillet de la Tessonerie, cit., pp. empires royaumes et principautez du monde (1625); 185-186. J. LE LABOUREUR, Histoire succinte par éloges, de tous (6) J.M. VALENTIN, Les jésuites et le théâtre les Princes et Rois de Pologne in Histoire et Relation du (1554-1680), Paris, Desjonquères, 2001, pp. 101- voyage de la Reine de Pologne (1648). Maggiori infor- 116 e Les jésuites et la scène: Orphée, Pallas et la mazioni su questi testi in D. DALLA VALLE, Autour de renovatio mundi, in Les jésuites à l’âge baroque, cit., “Sigismond, duc de Varsau” de Gillet de la Tessonerie. pp. 131-142. L ‘histoire et le mythe de Vanda en France, in La Fran- (7) Cfr. G. P. BRIZZI, La formazione della classe ce et la Pologne. Histoire, mythes, représentations, éd. dirigente nel Sei-Settecento, Bologna, Il Mulino, F. LAVOCAT, Lyon, Presses Universitaires de Lyon, 1976, p. 239-240. 2000, p. l83.

sf150_interni 525 23-02-2007, 16:49:27 526 Simona Munari

– era inserito in una retorica generale in cui l’attore-oratore, con la voce e i gesti, si proponeva come principale motore dell’azione drammatica in cui il testo è un ausilia- rio importante, ma secondario8. Non è quindi escluso che gli scenari – presentazioni che descrivevano eventuali scelte compositive dell’opera, ambientazioni sceniche e azioni dei personaggi, insieme alla lista completa degli attori – avessero una diffusione maggiore rispetto ai testi veri e propri. Lo scenario della Piété polonoise (1639) comprende una sorta di riassunto in versi diviso per atti, un breve «argument de la tragédie», e un elenco preciso dei «noms des acteurs et leurs personnages» diviso per ruoli: i polacchi, i tedeschi, il coro «à la façon des anciens», le guardie reali, i pastori e i Geni del prologo, e poi la Vittoria, l’Onore, la Fama, la Morte. La vicenda è riferita in questi termini: Vanda promette a Sivare conte di Varsavia di sposarlo se la aiuta nella guerra contro il re dei Teutoni Molonte. Quando Sivare viene sconfi tto, la regina chiede aiuto agli dei in cambio di «ce qu’ils auroient de plus cher en son Royaume». Al momento della successiva vittoria, Vanda teme di dover sacrifi care il conte, e per evitarlo consulta nuovamente gli dei, i quali la indicano come vittima designata. Si getta allora nel fuoco sull’ altare, dove Sivare disperato vorrebbe seguirla. La Vistola, per l’orrore, si ritira alla sorgente: l’impassibilité de tous les elements éprouve en cet instant les plus doux sentiments9.

L’argomento di Vende ou le triomfe et le sacrifi ce de la chasteté (1644), più articolato del precedente, comprende anche una dedica al marchese di Praslain, go- vernatore di Troyes, un Avertissement ai lettori e un riassunto per scene dei cinque atti: la principessa accetta di essere eletta alla morte del padre, e riceve la proposta di matrimonio del duca sassone Ritiger. Respinto, costui chiede aiuto a un mago, che gli dà un anello magico. L’amore dura fi nché l’anello non cade, e allora Ritiger cerca di conquistarla con le armi, ma fallisce e si uccide. La regina si immola alla gloria divina lanciandosi in un precipizio10. L’obiettivo edifi cante passava per una forma barocca di rappresentazione, ideale ricalco dei fasti di corte e delle processioni cui lo spettatore era avvezzo, che aveva nell’elemento visivo (aspetti musicali e scenografi ci) una componente fondamentale, a compensazione dell’ostico latino dei dialoghi. Il modello della tragedia senecana si coniugava felicemente a una spettacolarità fatta di colpi di scena, apparizioni, inter- mezzi, allegorie11, ma il gusto francese, fedele allo spirito umanista della seconda metà del Cinquecento, tendeva a scansare il patetico melodrammatico e la tragedia biblica a favore di storie esemplari: eroi impegnati in un’azione umana, spesso a sfondo sto- rico, che impone loro di compiere scelte diffi cili12.

(8) M. FUMAROLI, Eroi e oratori, Retorica e parte dei collegi fu dotata di teatri, i cui apparati drammaturgia secentesche, 1990, tr. it.: Bologna, Il scenografi ci raggiunsero un’elevata perfezione Mulino, 1990, p. 21. tecnica che rispondeva al gusto del pubblico e ad (9) La Piété polonaise ou Venda Reine de Polo- esigenze di carattere propagandistico. Cfr. G.P. gne, qui se consacre à ses dieux. Pour la distribution BRIZZI, op. cit., pp. 249-250 e F. DE DAINVILLE, des prix de Monseigneur Messire Nicolas Turgot, L’éducation des jésuites (XVIe-XVIIIe siècles), Paris, Sieur de Lantueuil, etc. Conseiller du Roy en ses éd. de Minuit, 1978, pp. 476-503. Conseils, et President au Parlement de Normandie, (12) A. STEGMANN, L’héroïsme cornélien, génèse Rouen, Jean le Boullenger, près le College des PP. et signifi cation, II, Paris, Colin, pp. 51-52 e E. WE- Jésuites, 1639. BER, Le théâtre humaniste protestant à participation (10) Vende, ou le triomphe et le sacrifi ce de la musicale et le théâtre jésuite: infl uences, convergen- chasteté. Tragedie. Representée au Collège des ces, divergences, in G. DEMERSON et al. (c.d.), Les PP. De l’Oratoire de Jesus à Troyes, Troyes, Jean jésuites parmi les hommes aux XVIe et XVIIe siècles, Jacquard, 1644. cit., pp. 445-460. (11) Nella seconda metà del Seicento la maggior

sf150_interni 526 23-02-2007, 16:49:27 Teatro gesuita e tradizione pagana 527

Vende ou le triomfe et le sacrifi ce de la chasteté – si legge nella dedica al marchese di Praslain – è le portrait d’une royale amazone, qui croit que ce qui n’est pas connu à la France est dans le malheur commun des choses cachées aux siècles à venir; qui veut que son nom aussi bien que ses rares vertus peu connues parmi nous mais fameuses dans les histoires polonaises soient autant signalées chez une nation qui fait gloire de lui avoir donné ses rois pour successeurs de la couronne, qu’elles sont en vénération parmi les peuples qui l’ont veue, mais trop peu, si vertueusement régner; reine qui s’aquittant des actions des plus hardis guerriers a fait voir aux femmes de son temps et appris par son histoire à la postérité que le sexe ne met point d’obsta- cle à l’ardeur d’un grand courage lorsqu’il est question de pousser un généreux dessein jusques où il peut être conduit.

La scuola gesuitica tedesca e quella francese postulavano la superiorità della verosimiglianza rispetto al vero, ammettendo l’adesione soltanto parziale alle regole del tragico antico. Ne troviamo riscontro nell’Avertissement di Vende ou le triomfe et le sacrifi ce de la chasteté: J’ai voulu contenter également tout le monde, en faisant que toute sorte de personnes fût capable de l’entendre. Au reste, Messieurs, comme il n’est pas ici question de vous montrer notre suffi sance, mais de vous prouver seulement l’assiduité de nos soins à exercer votre jeu- nesse, je crois que vous ne me blâmerez pas d’avoir pris un sujet où vous aurez l’avantage de juger des actions de vos enfants.

La grandezza dell’individuo si afferma nella lotta e nell’avversità, si misura per contrasto con l’invidia e la gelosia, la sete di potere e ricchezze, il desiderio impuro, la menzogna, il tradimento, in un messaggio di semplice decodifi ca e ricezione. Lo schema è articolato in due fasi: confronto dell’eroe con ostacoli di ogni natura e mo- dalità del suo rapporto con gli altri personaggi, in un ampio ventaglio di caratteri, passioni, virtù e vizi che sottolineano l’importanza del rigore morale sino ad evocare posizioni neo-stoiche13. Il sistema dei teatri di collegio, con le sue modalità espressive che ricoprivano un posto di rilievo nella pratica pedagogica, imponeva la revisione delle regole in nome della pietas litterata, e l’inserimento in una dimensione cristiana di personaggi appartenenti a tradizioni culturali estranee. Pensiamo ad esempio al Sigismondo, tragedia latina che evoca però solo nel ti- tolo la materia di cui ci occupiamo, rappresentata nel 1617 al Seminario Romano: il compositore fa «calzare in molta fretta i coturni» al re di Borgogna Sigismondo, rica- mando «con agio poetico» una vicenda ambientata ai tempi di Clodoveo14. Fatti salvi i diversi contesti politici e letterari dei paesi nei quali i gesuiti operavano, la riven- dicazione di spiritualità passava per argomenti storici e allegorici, e soprattutto per la cristianizzazione di motivi e fi gure presi a prestito dal mondo greco e romano. Se consideriamo la diffusione europea della Compagnia di Gesù, e il fatto che gli altri or- dini religiosi non si discostarono sostanzialmente dai criteri educativi contenuti nella Ratio Studiorum – precisa G.P. Brizzi – ben si comprende come tra il Cinquecento e il Settecento si sia determinata un’unità nell’indirizzo pedagogico che favorì la forma- zione di una classe dirigente europea caratterizzata da comuni matrici educative15. In questa prospettiva fu senz’altro determinante l’opera del gesuita polacco Maciej Kazimierz Sarbiewski, l’Horatius sarmaticus, autore di raccolte in versi che

(13) M.J. VALENTIN, Les jésuites et le théâtre scenari seicenteschi del teatro gesuitico romano, Ro- (1554-1680), cit., pp. 156-185. ma, Institutum historicum S.I., 200l, pp. 79-83. (14) Cfr. B. FILIPPI, Il teatro degli argomenti. Gli (15) G.P. BRIZZI, op. cit., p. 18

sf150_interni 527 23-02-2007, 16:49:27 528 Simona Munari

lo resero celebre come poeta cristiano e teorico della creazione poetica16. Allievo dei gesuiti polacchi ma formatosi a Roma tra il 1622 e il 1625, era professore di retorica, fi solofi a e teologia a Vilna, e fu inviato alla corte di Varsavia nel 1635. Quasi certa- mente aveva incontrato Ladislao Sigismondo in Italia: come molti giovani regnanti in tempi di Controriforma, il principe svedese di Polonia viaggiava per ampliare la sua formazione frequentando gli ambienti artistici più signifi cativi, e tra il 1622 e il 1625 era stato accolto con tutti gli onori alla corte medicea. Divenuto re nel 1632, aveva introdotto nel suo paese la cultura spettacolare italiana, facendo costruire da Agosti- no Locci il Teatro Reale di Varsavia e rendendo possibili brillanti stagioni musicali curate da Virgilio Puccitelli, il suo segretario marchigiano17. A partire dal 1564 l’attività dei Gesuiti in Polonia, grazie alla protezione del re Sigismondo III (1587-1632), era stata molto intensa: nonostante le diffi coltà, nel 1634 la Compagnia dirigeva venticinque collegi, con un effettivo di un migliaio di religiosi, e fi no al 1648 registrò in campo educativo uno sviluppo costante, ponendosi come riferimento di contenuti e metodi nonostante l’avversione della vecchia università, appoggiata dalle sedi di Padova e Lovanio18. I professori stranieri furono man mano sostituiti dagli allievi polacchi, molti dei quali appartenevano a famiglie infl uenti e si erano convertiti, come i fi gli di Nicolas Radziwill (1515-1565), capo dei calvinisti lituani19. Fino alla crisi di metà Seicento l’attività gesuitica in Polonia è un ulteriore elemento che giustifi ca l’interesse per la storia e le leggende di quei luoghi, già noti in Francia per motivi legati all’attualità storica. Le tragedie di collegio che hanno Vanda come protagonista, rispondendo a un evidente imperativo di edifi cazione morale assente dalle rielaborazioni successive2o, costituivano un’occasione ideale per unire

(16) Alcuni anni dopo il soggiorno romano in battaglia Trasonte, col quale aveva rifi utato di scrisse il trattato De perfecta poesi, sive Vergilius sposarsi per amore di Voltare, osteggiato dal mi- et Homerus, in cui descrive il sistema scenografi co nistro Adolphe e dal capitano Rutile. Un duello visto all’opera nel Collegio Romano. Su Mathias fra i pretendenti pare risolutivo, ma nel momento Casimir Sarbievius, 1595-1640, cfr. J.M. VALEN- in cui Voltare sta per essere sconfi tto dal rivale, TIN Le théâtre des collèges de la fi n du XVe siècle Balde salva il regno offrendo agli dei ciò che ha di à la fi n du XVIIIe, in Dictionnaire de spiritualité, più caro: per mantenere il voto, Voltare si dispone t. XV, Paris, Beauchesne, 1990-1991, p. 355; G. a morire, cedendo la mano di Balde al rivale, invece ZANLONGHI, Teatri di formazione. Actio, parola e è lei a gettarsi nella Vistola. Nel secolo successivo immagine nella scena gesuitica del Sei-Settecento a Vanda diventa la protagonista di una «nouvelle Milano, Milano, Vita e Pensiero, 2002, pp. 226-227; romanesque et galante» anonima la cui fonte prin- C. SOMMERVOGEL, Bibliothèque de la Compagnie de cipale sembra essere la tragicommedia di Gillet. Jésus, Louvain, éd. de la Bibliothèque S.J., Collège In Vende Reine de Pologne ou l ‘histoire galante et philosophique et théologique, p. 627; B. FILIPPI, Il curieuse de ce qui s’est passé de plus memorable en ce teatro degli argomenti, cit., p. 56. temps-là (La Haye, 1705), sono due amiche di Ven- (17) S. CARANDINI, Teatro e spettacolo nel Seicen- de, Casimire e Thorixenne, a narrare l’episodio che to, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 38-39. tradisce la conoscenza delle fonti storiche da parte (18) A. JOBERT, De Luther à Mohila. La Pologne dell’autore: i confl itti tra i fratelli della regina prima dans la crise de la Chrétienté (1517-1648), Paris, dell’elezione assumono però un risvolto sentimen- Institut d’études slaves, 1974, p. 259. tale e incestuoso, e l’innamorato di Vanda si chiama (19) Il maggiore, Nicolas (1549-1616), fondò Premislas, indicato come suo successore nelle cro- il collegio gesuita di Nieswietz, mentre il giovane nache polacche tradotte in francese. L’editore della Georges (1556-1600), chiamato da Gregorio XIII novella precisa di avere «un peu adouci l’evene- a seguire i corsi del Collegio Romano, divenne ve- ment», e infatti Vanda, dopo essersi suicidata nella scovo di Wilno e di Cracovia. Cfr. W. MÜLLER, Les Vistola, viene ripescata dal prete del tempio, e spo- jésuites en Pologne aux XVIe et XVIIe siècles, in G. sa Premislas che nel frattempo ha salvato il regno. DEMERSON et al. (éd.), Les Jésuites parmi les hommes Il ritorno della materia polacca al teatro avviene aux XVe et XVIIe siècles, Clermont-Ferrand, Facul- nel 1751 con la tragedia di Linant Vanda, reine de té des Lettres et des Sciences humaines, 1987, pp. Pologne (Paris, Cailleau), in cui Premislas assume il 323-330. ruolo di difensore in un’intricata vicenda di guerre (20) Dopo Gillet, il teatro profano celebra la e amori molto lontana dalla leggenda originale. storia di Vanda nella tragedia di Jobert, Balde reine Un’analisi puntuale delle rielaborazioni letterarie des Sarmates (1651), in cui cambiano solo i nomi della leggenda polacca è proposta da Daniela Dalla dei protagonisti: la regina si suicida dopo aver vinto Valle nell’articolo Autour de “Sigismond”, cit.

sf150_interni 528 23-02-2007, 16:49:28 Teatro gesuita e tradizione pagana 529

il fi ne religioso a una bellezza nutrita di antichità, posto che la vicenda fosse riletta, sin dal titolo, in chiave di «piété». Su un piano più strettamente tematico, la storia di Vanda associa al motivo della fondazione della città-capitale la questione del potere femminile, e il mito ad esso collegato, quello dell’amazzone21. Resta aperto il problema del suicidio: gli storici francesi lo ritenevano un fattore di inverosimiglianza che poteva pregiudicare la comprensione dell’intera vicenda, e cercarono spiegazioni politiche, psicologiche, mediche. Rosset ricorda le interpreta- zioni dell’abate Desfontaines (Histoire des révolutions de Pologne, 1735), che adde- bita il triste esito della vicenda alla follia della regina, e quella di Contant d’Orville (Les fastes de la Pologne et de la Russie, 1770) incline a considerare il sacrifi cio una conseguenza dell’orgoglio. La necessità di non tradire un voto pubblico di verginità è anche la chiave di lettura di A. Homot (Anecdotes du Nord, 1770) 22, ma permane di fatto irrisolta una questione che appare centrale nel determinare il percorso di ricezione in Francia della materia polacca. Se infatti riteniamo valida la fi lière che vede nelle tragedie gesuitiche l’origine della sua fortuna letteraria, diventa importante capire per quale motivo il teatro di collegio ha riproposto nelle due pièces in esame un fi nale tanto cruento. Il limite di avere a disposizione soltanto gli scenari, e di non poter quindi consultare i testi, costringe l’analisi entro margini molto stretti. A una prima valutazione, appare indiscutibile che la morte dell’ eroina per suicidio esprima la voce della “moralità” pedagogica di cui il teatro gesuitico si faceva interprete: Van- da si vota agli dei pagani, dunque non può essere salvata, nemmeno in extremis. Nella tragedia del 1639 si legge infatti: Elle prend la blancheur d’une innocente hostie, Et vouant à ses Dieux Sivare, et ses subiets, Elle esleve sa veue aux Celestes obiets, Son courage animé d’une divine fl ame, Ne peut plus retenir les transports de son ame, Elle invite le Prestre à ne prolonger plus, D’un miserable estat les momens superfl us, Elle addresse son bras dessus un sein d’albastre, Ai lieu de la frapper son bourreau l’idolatre, En fi n le souvenir des Dieux et de son rang, L’oblige de tremper le cousteau dans son sang23.

«La Reine a fait un voeu pour ce qui depend d’elle» – è precisato nel riassunto del quarto atto, ma il voto agli dei pagani garantisce la salvezza della città, non un destino felice: Puisque la fortune a trahi les desirs, Elle veut que sa mort couvre ses desplaisirs, Et malgré son destin n’ayant pu vivre heureuse, Elle s’asseure au moins de mourir genereuse.

Nella seconda tragedia (1644) la dedica sottolinea «la prudence dans ses affai- res, la constance à mespriser l’Amour, et l’invincible Courage à punir les fl âmes d’un Prince indiscret et trop excessivement passionné pour sa Beauté»: la regina rifi uta il

(21) Jaucourt focalizzò il suo articolo Pologne la Polonia ancora non aveva adottato quel sistema. nell’Encyclopédie sulla questione del potere fem- Cfr. F. ROSSET, L’arbre de Cracovie, cit., p. 457. minile, scrivendo che all’epoca di Vanda l’Oriente (22) F. ROSSET, L’arbre de Cracovie, cit. p. 457. aveva già deciso che la donna era nata per ubbidire, (23) La piété polonaise ou Venda reine de Polo- ma la principessa potè regnare a lungo in quanto gne, cit., cinquiesme acte.

sf150_interni 529 23-02-2007, 16:49:28 530 Simona Munari

matrimonio, in linea con un’impostazione rigorosa nel salvaguardare i valori della religione, e difende la castità con la morte, ma già si nota la presenza di un voto am- biguo che potrebbe provocare la perdita dell’uomo amato24, e al suicidio è riservato appena un cenno nel riassunto del quinto atto: Et Vande [...] pour recognoistre ses Dieux de tous ses Triomphes, se va immoler à leur Gloire dans un precipice25.

Questa versione, in cui il suicidio è agito mediante il lancio nel precipizio, sarà mantenuta nelle rielaborazioni successive. Nell’histoire galante et curieuse del 1705 (Venda Reine de Pologne) l’eroina viene ripescata dal fi ume e nascosta in un tempio: se qui l’opzione del lieto fi ne appare legata al rigido sistema di regole che vincolava il genere romanzesco, è però vero che il motivo del salto prodigioso – ovvero non mor- tale – era diffuso sin dal Medioevo. La vittima era raccolta “in volo”, come la bella Alda che si lancia dalla rocca di Susa per sfuggire ai Saraceni (ma quando si vanta di essere stata raccolta da un angelo e riprova, si schianta al suolo), o sopravviveva mira- colosamente alla caduta, come Santa Idda, moglie innocente gettata da una torre per ordine del marito geloso. La protagonista della novella Venda Reine de Pologne ferma la mano dei sacerdoti che stanno per immolare cento animali agli dei, annunciando di voler cercare l’immortalità nella morte26, ma solo alla fi ne, secondo gli schemi ricor- renti nella prosa francese, l’amato Premislas la ritrova, proprio nel momento in cui sta per gettarsi a sua volta, disperato, nel fi ume. La vicenda si conclude con l’agnizione e il matrimonio. Paradossalmente, il potere taumaturgico dell’acqua sembra compiere il “miracolo”, e il tratto pagano viene rivisitato in chiave cristiana con l’introduzione di quel gesto al quale nelle Vitae e nei Miracula medievali ci si riferiva come «sauve- tage des chutes»27. Nel caso delle tragedie gesuitiche, si assiste forse ad una rievocazione indiretta del topos dantesco del sacrifi cio della vita in nome di un valore più alto, ma gli ele- menti in nostro possesso tendono piuttosto a dipingere il suicidio come un «récit de châtiment», una sorta di castigo divino, una forma estrema di altari sancti se offerre: Vanda deve onorare un voto di verginità, e poiché per un momento è tentata dal- l’amore, si uccide per espiare quel desiderio, e non soltanto per ringraziare gli dei di avere salvato il regno. Non è escluso che il teatro gesuita intendesse farsi portavoce di un’attitudine rigorista nei confronti del «marchandage» miracolistico che sin dal Medioevo animava una parte della Chiesa28: secondo questa linea più rigida, l’inter- vento divino non era legato all’espressione di un voto, ma a una serie di circostanze svincolate dal controllo umano. Per quanto la protezione dalle catastrofi e dai peri- coli collettivi rientrasse nella casistica uffi ciale della tipologia di voto, il vacillare di Vanda di fronte alla morte, o meglio il scegliere la morte come male minore rispetto a una vita senza amore, poteva essere letto – al di là della sua appartenenza religiosa – come una perdita di fede, e pertanto sancire la sua defi nitiva condanna. Per contro, la protagonista de L’innocenza risorta cioè S. Idda, tragicommedia rappresentata al

(24) «Une solution baroque» la defi nisce D. DAL- Dieux le sacrifi ce de ma vie». Venda Reine de Po- LA VALLE in Autour de “Sigismond”, cit., p. 191. logne ou l’histoire galante et curieuse de ce qui s’est (25) Vende ou le triomfe et le sacrifi ce de la cha- passé de plus memorable en ce tems-là, La Haye, steté, cit. argument du cinquiesme acte. Abraham Troyel, 1705, p. 2. (26) «Alors, levant les mains et les yeux en haut (27) Cfr. P.-A. SIGAL, L’homme et le miracle d’une manière supliante, et regardant ensuite vers dans la France médiévale (XIe-XIIe siècle), Paris, Les les ondes, Dieu du Vistulle (s’écria-t-elle) reçois Éditions du Cerf, 1985, p. 268. un corps pur et innocent, pour la reparation des (28) La defi nizione è di P.-A. SIGAL, op. cit., p. foiblesses de mon ame, et partage avec les autres 84.

sf150_interni 530 23-02-2007, 16:49:29 Teatro gesuita e tradizione pagana 531

seminario romano nel 1662 e nel 1666, sopravvive al salto «per aiuto del Cielo» e, pur riconosciuta innocente, si ritira nella selva per dedicarsi alla preghiera29. La morte di Vanda nel teatro di collegio richiama alla mente il tragico fi nale del Torrismondo tassiano, ma la follia o il suicidio per disperazione amorosa erano ricorrenti nel teatro francese30: il suicidio tragicomico avviene assumendo veleno, col pugnale o per annegamento, e la prossimità della morte costituisce uno dei dati essenziali per la defi nizione del tragico tragicomico. Che la morte prenda la forma di guerra, duello o supplizio, che resti solo una minaccia per l’eroe e si attualizzi invece nella fi gura del nemico, essa caratterizza comunque la tragicommedia e la tragedia irregolare, e questa equivalenza rimanda la distinzione di genere allo scioglimento3l. Nel Sigismond di Gillet la regina non si uccide; propone invece il trono polacco al suo salvatore: l’ipotesi del matrimonio è solo sfi orata, dal momento che il voto di castità lo renderebbe impossibile, ma il rifi uto non sembra defi nitivo e l’ipotesi resta aperta. Il lieto fi ne, a costo di modifi care l’impianto originario della fonte, diviene elemento costitutivo della tragicommedia per distinguerla dalla tragedia, in cui – nella lettura di M. Lombardi – il fallimento di Eros segnava una disarmonia nell’universo e una fonte di immoralità32. Il corredo mitico del personaggio Vanda non è certo secondario al suo successo: meglio di qualunque altra forma letteraria, il teatro rivela le modalità di appropriazio- ne di una mitologia pagana rivisitata, che dopo il ballet de cour darà origine durante il ministero di Mazarino alle prime opere mitologiche vere e proprie33. Senza mai diventare una pièce à machines dove la mitologia assume un ruolo decorativo con- fondendo magico e meraviglioso, Vanda benefi cia di un processo di codifi cazione letteraria che passa anche per il suo essere protagonista di una storia antica, in certo senso esemplare, che assurge a modello e simbolo34. Al di là del successo legato alla “polonofi lia” francese secentesca, nelle sue varie declinazioni la regina che guida un esercito e poi si uccide per salvare il suo paese esercita una fascinazione legata alle di- verse sfumature in cui si articola il tema della femminilità, tradizionalmente vincolato – almeno in letteratura – a codifi cazioni stereotipate. Ad esse Vanda viene ricondotta lungo le successive trasposizioni, in cui la dimensione amorosa prende il sopravven- to trasformando l’eroina casta in donna innamorata, talvolta vittima del suo amore. Nel corso della metamorfosi, tuttavia, si possono rintracciare le coordinate di una «mythique de la femme» che secondo Paul Fauchery sempre anima le fi gure femmini-

(29) Lo scenario è analizzato da B. FILIPPI, op. nave su cui era fuggita. Cfr. R. GUICHEMERRE, La cit., pp. 278 e 308: S. Idda, sposa di un principe tragi-comédie, Paris, PUF, 1981, p. 131. svedese, espone al sole i suoi gioielli, ma un corvo (31) H. BABY, La tragi-comédie de Corneille à le ruba la fede nuziale. Il primo ministro Ildoro lo Quinault, Paris, Klincksiek, 2001, p. 78. trova durante una battuta di caccia e lo mette al (32) M. LOMBARDI, Processo al teatro. La tragi- dito. Ergasto lo riconosce e convince il principe commedia barocca e i suoi mostri, Firenze, Pacini, che è un dono d’amore di sua moglie a Ildoro. Il 1995: «L’ostracismo del dio amore dal consesso principe li condanna a morte entrambi: il ministro civile si accompagna alla volontà di cacciare dalle sarà trascinato da un cavallo, Idda sarà gettata da città e dalle corti gli attori che di Cupido sembrano una torre. Ma lei resta incolume, e la sua innocenza essere i sacerdoti per il fascino che esercitano sul è riconosciuta. Tuttavia sceglie di non tornare a pubblico. Difendere Eros signifi ca dunque salvare corte, per vivere nella selva in preghiera. il teatro e la sua funzione morale e sociale. Mettere (30) Nell’Aminta del Tasso l’eroe disperato per in scena un universo tragicomico e pastorale retto la freddezza di Silvia si lancia da un precipizio, e i da Eros signifi ca dimostrare con prove oculari (il cespugli attutiscono la sua caduta. I suoi emuli tra- teatro riceve l’eredità della retorica giudiziaria) la gicomici spesso sfuggono provvidenzialmente alla felicità, l’armonia, il trionfo di un regno retto dal morte, come il mancato suicidio per annegamento Sovrano d’Amore» (p. 10). di Caliris (L’Inconstance punie di La Croix) e quello (33) Cfr. C. DELMAS, Mythologie et mythe dans le di Damon (in Madont) salvato dai pescatori. Altri theâtre français (1650-1676), Genève, Droz, 1985. suicidi, invece, riescono: in Tyr et Sydon la nutrice (34) M. ELIADE, Mythes, rêves et mystères, Paris, racconta come Cassandre, vedendosi rifi utata da Gallimard, 1957, p. 22. Belcar, si pugnali prima di gettarsi in mare dalla

sf150_interni 531 23-02-2007, 16:49:29 532 Simona Munari

li: stadio ultimo dell’epos, la forma narrativa non rompe con i miti primordiali, anche se la mitologia soggiacente in cui si riconoscono le divinità simboliche del desiderio, della fecondità, della seduzione, della saggezza o della verginità senza macchia rislta marginale rispetto alla rielaborazione scritta35. Nel rapporto tra scrittura e mito, che apre orizzonti imprevedibili per l’intrinseca necessità di chiudere in un cronotopo qualcosa che era sospeso nello Spazio e nel tempo36, Vanda è tanti personaggi diversi, ricreati dalle opere che le hanno dato forma e riconducibili ad almeno tre grandi ar- chetipi: la vestale depositaria del rapporto col divino, la guerriera che combatte per il suo regno, la fata delle acque che torna al suo elemento naturale. Nella tragedia di collegio del 1644 (Vende ou le triomfe et le sacrifi ce de la cha- steté) la dimensione eroica non si manifesta soltanto come passiva rinuncia alla vita. Vende e la «Princesse sa favorite» – recita l’argument del quinto atto – scendono in campo a combattere travestite da uomini: «enfi n ces Amazones paroissent armées pour le Combat, ayant desguisé leur sexe», e alla morte della regina «la Vistule d’hor- reur retourne vers sa source». Alla fi gura di vittima sacrifi cale si sovrappone la donna guerriera, che infi ne torna all’acqua, fonte di purezza originaria. Anche senza avere a disposizione l’intero testo, è possibile individuare subito i tratti caratteristici che accompagnano il personaggio. La vicenda, pur costruita intorno al dramma dinastico legato al tema dei fratelli nemici proprio della tragedia classica (Sofocle), ripropone e rivisita l’archetipo collettivo della donna selvaggia, che gioca un ruolo importante nella mitologia slava37. Ma, incrociando la mitologia russa ed est-europea con quella indiana e orientale, è stato ipotizzato un legame tra la principessa annegata nella Vistola e il mito di Melusina. Lo spirito protettore di Vanda, dicono le leggende polacche, compare nelle vesti di una dama bianca sulle torri della capitale in caso di minaccia al paese, lanciando alte «grida di Melusina»38. La regina scompare tra i fl utti per disperazione, e il motivo dell’«effusion en eau» (trasformazione in acqua) appartiene al linguaggio mitico insieme a quello della formazione di fi umi e laghi per accumulo delle lacrime di un essere infelice che deve ritornare all’elemento primige- nio, temporaneamente abbandonato per assumere forma umana. Lo stemma della capitale polacca presenta ancora una fi gura di sirena, e una ninfa della Vistola viveva fi no a metà Ottocento nella tradizione orale del paese, ricca di favole sulle donne marine. La derivazione della vita dall’acqua, d’altronde, è forse la più antica delle spiegazioni scientifi che, e uno dei più remoti miti dell’umanità, nutrito di avvista- menti di creature marine che a lungo alimentarono il dibattito sulle origini39. Appare fugacemente la leggenda della donna pesce che rinuncia alla doppia natura per amore di un essere umano: Melusina, la fata-serpente antenata di Ondina, perde la voce, anima del suo incanto e della sua vitalità4o; Vanda perde sempre la vita, fi nché nella nouvelle galante del 1705 non viene ripescata e nascosta dal prete del tempio affi nché possa coronare il suo sogno d’amore. Nel frattempo, infatti, la vestale guerriera è diventata una donna innamorata, che con Melusina – evocata e subito rimossa – ha in comune solo l’appartenenza a un altro mondo e il congiungimento con un mortale. Le differenti caratterizzazioni francesi della regina sottolineano il suo essere diversa,

(35) FAUCHERY si riferisce nella sua analisi al ro- lardes, Bruxelles, Complexe-PUG, 1975. manzo del Settecento, ma ci sembra che il discorso (38) In J. KARLOWICZ, La belle Mélusine et la generale sulla «mythique de la femme» possa essere reine, Vanda, «Archiv für Slavische Philologie», II, applicato alla specifi cità del nostro personaggio. Berlin, 1877, pp. 594-609. P. FAUCHERY, La destinée féminine dans le roman (39) A. GERBI, La disputa del Nuovo Mondo. européen du XVIIIe siècle, Paris, Colin, 1972, pp. Storia di una polemica (1750-1900), Milano-Napoli, 53-55. Ricciardi, 1955. (36) Cfr. M. DETIENNE (éd.), Transcrire les mytho- (40) C. JAMAIN, La voix de Mélusine, in Mélusine logies, Paris, Albin Michel, 1994. moderne et contemporaine, c.d. A. Bouloumié, An- (37) Cfr. P. SAMUEL, Amazones, guerrières et gail- gers, L’Àge d’homme, 2001, pp. 317-325.

sf150_interni 532 23-02-2007, 16:49:29 Teatro gesuita e tradizione pagana 533

migliore e protettrice: è depositaria di virtù, affronta con determinazione il negativo (guerra, vendetta, morte), possiede una fragilità che la rende capace di sofferenza e mediazione. In tal senso, il matrimonio conclusivo, più che un sacrifi cio simbolico – come ipotizzato da F. Rosset – pare confi gurarsi come un recupero della dimen- sione umana, conseguenza dell’abbandono di quella soprannaturale. D’altronde le fate hanno, nel mito, una natura ambigua, sono dame cortesi che appartengono a un altro mondo, ma dominano il tempo e presentano tratti ricorrenti di eccezionale bellezza, ricchezza e saggezza. Melusina muta in serpente perché fi glia di un essere soprannaturale e di un umano: può condurre una vita normale ma paga uno scotto al soprannaturale con la metamorfosi. Vanda, a suo modo, paga un tributo al mito che l’ha resa famosa trasformandosi in personaggio assoggettato alle regole letterarie, diventa una chiave di dibattito su questioni politiche, fi losofi che ed estetiche e an- che – molto più prosaicamente – un modello di riferimento per la reggenza di Anna d’Austria, come lascia intendere un passo dell’Epître nella tragicommedia di Gillet41. È quindi un personaggio mitico per gli elementi che ne compongono la fi gura in una situazione limite articolata intorno ad un confl itto, che si allarga dall’individuo nella sua specifi cità a un intero gruppo, di cui esprime quella che P. Brunel defi nisce la «constellation mentale»42.

SIMONA MUNARI

(41) «Aussi ne gouverna-t’elle pas long-temps, veritablement masle et genereux». Gillet de la sans faire advoüer que si son sexe l’empéschoit Tessonerie, Sigismond duc de Varsau, Paris, Quinet, d’estre au nombre des heros, sa vertu la mettoit 1646, Epître. au rang des plus grandes ames, et qu’enfi n en (42) P. BRUNEL, Dictionnaire des mythes littérai- un corps de femme l’on pouvoit porter un cœur res, Monaco, éd. du Rocher, 1988, p. 1131.

sf150_interni 533 23-02-2007, 16:49:30 534 Maurizio Nascimbene ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet

Fin dalle prime pagine l’opera di Philippe Jaccottet si trova impregnata di ri- fl essioni strettamente legate all’attività poetica, concernenti la sfera del divino. Que- st’analisi, tuttavia, non si è sviluppata all’interno di una specifi ca entità religiosa, ma nel seno di un più ampio concetto attribuibile a una costante della vita dell’uomo che trascende ogni pretesa di assolutismo: il puro ed essenziale rapporto tra l’uomo e l’Al- tro. L’indagine, quindi, completamente lontana da ogni confessione e da ogni dog- matismo, ha trovato nella laicità più seria e intelligente – una laicità peraltro intrisa di moralità religiosa – la propria fondazione e il proprio alimento, e ha mostrato una caratteristica che è risultata esserle peculiare: la semplicità – di sguardo, di terminolo- gie, di giudizio. Una semplicità che, oltre a essere il tratto distintivo del procedere di Jaccottet, è anche il motore primo che ha mosso ogni monoteismo. Le religioni monoteistiche, infatti, conterrebbero ancora stralci dell’originario insegnamento di Dio, ma le liturgie e le dottrine che si sono sviluppate attorno a esse l’hanno soffocato sotto complicati rituali troppo spesso carichi di sola enfasi esteriore e privi d’ogni interiorizzazione. La semplicità di cui ancora parlano i Testi Sacri è da ritrovare, da riconquistare, e non posseduta. La Bibbia ebraica, i Vangeli e il Corano sono sorti, infatti, in epoche storiche molto lontane dal concetto di semplicità. Si rendeva necessario, perciò, per la divinità, risensibilizzare l’uomo verso quest’impor- tante valore, base del vivere quotidiano. Un valore che tradizionalmente s’era perso in tempi ancestrali, allorché Adamo ed Eva commisero il peccato dei peccati1 – quello di sostituirsi a Dio nel decidere cosa fosse il bene e cosa fosse il male. Ecco, allora, che le religioni hanno ragione d’essere proprio per questo: per una ricerca, cioè, della genuinità e dell’armonia perdute. Senza quel peccato e senza lo smarrimento della nostra primordiale umiltà non sarebbe sbocciata la vicenda morta- le dell’uomo, e il suo rapporto col divino sarebbe ancora oggi quello melodioso e can- dido descritto nei primi versetti del Genesi2 biblico o della seconda s)ra coranica3. Jaccottet ha compreso l’importanza di questo concetto di purezza atavica per le varie religioni, e il legame profondo che tutto ciò ha con la poesia – considerata come veicolo principe per indagare l’animo umano in ciò che di più profondo possiede –, e proprio dal sopraccitato passo del Genesi prende le mosse un suo importantissimo articolo su Ungaretti4 e sulla poesia. « C’est ainsi que Dieu chassa Adam; et il mit à l’orient du jardin d’Eden les chérubins qui agitent une épée fl amboyante, pour garder le chemin de l’arbre de vie » (Genèse, III, 24). C’est à cette parole que tout commence pour nous. […] Tous, quand nous naissons, chassés du Jardin où il n’y a pas de séparation, c’est-à-dire de distance, nous inaugurons la distance, et le temps. Nous ne souffrons de rien d’autre, et il n’y a pas d’autre péché que cette séparation. […] Chassés du Jardin, nous accusons, aujourd’hui plus que jamais, la distance qui nous en sépare. Il n’y a pas non plus d’autre source de poésie ; parce que, là où il y a la vraie tragédie de l’homme, là aussi il y a la poésie5.

(1) Genesi 3, 1-24; S)ra II, 36. 1948, pp. 10-11. (2) Genesi 2, 4-25. (5) J. P. VIDAL, Philippe Jaccottet, Lausanne, (3) S)ra II, 31-35. Editions Payot, 1989, p. 13. Il testo fa riferimento (4) PH. JACCOTTET, Ungaretti, homme de peine, all’articolo di Philippe Jaccottet di cui sopra. Lausanne, «Pour l’Art», n° 3, novembre-décembre

sf150_interni 534 23-02-2007, 16:49:30 ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet 535

La poesia, dunque, appare a Jaccottet come diretta discendente di quella tragedia umana che fu la cacciata dall’Eden: la distanza infi nita tra Dio e l’uomo, che divenne sempre più palese e inaccettabile, fu utilizzata dalla creatura prediletta dell’Essere su- premo quale fonte alla quale attingere il sublime del verso. La poesia, allora, essendo legata per nascita alla religione, è indisgiungibile da quel concetto di semplicità che cerca di ricomporre. La sua funzione è principalmente questa: raccogliere le ceneri di quel luttuoso evento arcaico per ricondurre l’animo umano verso l’essenza di se stesso; per ridonargli, cioè, la purezza necessaria alla riconquista della sua primigenia posizione nell’universo – e questo trascendendo ogni dimensione religiosa per ab- bracciare la più vasta sfera dell’individuo e dei suoi rapporti interpersonali, poiché, in fondo, la tragedia della nascita della storia dell’uomo è un qualcosa che riguarda anche il pensiero laico-scientifi co. La semplicità è quindi l’unico vero fi ne dell’uomo. Sia che esista una vita dopo la morte, sia che ci attenda il vuoto, noi dobbiamo camminare, durante i giorni che ci sono stati concessi, verso quella purezza che è la sola in grado di farci cogliere lo splendore del vivere. Il mondo non è certo un luogo da favola in cui l’incanto segue la magia, ma è piuttosto un terreno che lascia facilmente germogliare frutti insani e marci. Tuttavia si può andare oltre questo crudele strato di degrado e putridume, e vedere il vero scintillare della realtà quotidiana. Jaccottet è molto attento a cogliere ciò che nel mondo si delinea con le sfumature della genuinità: la Semaison è ricca di rifl essioni di questo tipo, e le poesie rendono mirabilmente il moto d’animo del poeta che si strugge nella ricerca di tutto ciò che lo possa far sentire veramente vivo.

Qu’est-ce que le regard?

Un dard plus aigu que la langue la course d’un excès à l’autre du plus profond au plus lointain du plus sombre au plus pur

un rapace6

Lo sguardo di Jaccottet vive cercando la semplicità, spingendosi «du plus som- bre au plus pur»; il suo pensiero si nutre di essa; e ogni singola pagina letteraria, sia poetica sia prosastica, se ne trova impregnata. Jaccottet ha capito come la semplicità debba divenire il fi ne ultimo dell’uomo, la meta da raggiungere per poter dire d’aver vissuto davvero. Allora, com’è facilmente comprensibile, sarà proprio la coscienza di questa fi ne a darci le direttive per la gestione del nostro presente e del nostro futuro, nonché gli elementi necessari per giudicare il nostro passato. E allora guardiamo alla nostra fi ne, e «que la fi n nous illumine»…

Sombre ennemi qui nous combats et nous resserres, laisse-moi, dans le peu de jours que je détiens, vouer ma faiblesse et ma force à la lumière : et que je sois changé en éclair à la fi n.

Moins il y a d’avidité et de faconde en nos propos, mieux on les néglige pour voir

(6) PH. JACCOTTET, Poris 1946-1967, Parigi, Gallimard, 1971, p. 114 («Qu’est-ce que le regard…», in Airs).

sf150_interni 535 23-02-2007, 16:49:30 536 Maurizio Nascimbene

jusque dans leur hésitation briller le monde entre le matin ivre et la légèreté du soir.

Moins nos larmes apparaîtront brouillant nos yeux et nos personnes par la crainte garrottées, plus le regards iront s’éclaircissant et mieux les égarés verront les portes enterrées.

L’effacement soit ma façon de resplendir, la pauvreté surcharge de fruits notre table, la mort, prochaine ou vague selon son désir, soit l’aliment de la lumière inépuisable7.

In questa bellissima poesia apparsa nel volume L’Ignorant emerge chiaramente, e con prepotenza, quello che sarà l’elemento caratterizzante tutta l’attività letteraria di Jaccottet: la ricerca di ciò che guasta il vivere e l’auspicio della riscoperta di quei valori che possono indirizzare il percorso umano. La poesia in questione presenta già nel primo verso un’entità negativa, non me- glio defi nita, che sembra contrastare con l’immagine luminosa creata dal titolo; poi compare il poeta – o, meglio, l’umanità, poiché, Jaccottet si fa portavoce dell’intera specie umana – che manifesta la propria volontà d’incamminarsi verso un fi nale di sola luce. Il soggetto della lirica – quell’io-noi che fa da voce narrante – sembra anco- rarsi avidamente alla vita, e sembra volersi votare totalmente a una luce che potrebbe essere intesa come la positività stessa dell’esistenza. Tuttavia esiste un ostacolo, un ne- mico da battere… un nemico che mostra appieno la propria identità soltanto a partire dalla seconda strofa: esso appare come «la nostra terrena avidità […], la nostra vana e presuntuosa parola, o anche l’insieme delle nostre reazioni epidermiche ed emotive [quali] il pianto, la paura»8. Jaccottet, quindi, identifi ca in questa poesia il principale responsabile del di- sagio esistenziale; un responsabile collettivo, però, che potrebbe facilmente essere menzionato con un solo sostantivo: tortuosità. Analizzando, infatti, le due strofe centrali del testo poetico – quelle in cui compare, seguendo un abile gioco di antitesi, l’entità dell’«ennemi» – ci rendiamo immediatamente conto di quanto poco ci sia di naturale e di umile nelle immagini poetiche scaturite dalla penna del poeta: il parlare viene defi nito carico d’avidità e di facondia; le lacrime si riempiono di timori vani e ingiustifi cati; e tutto il quadro pare intriso di accuse non dette ma palpabili nell’aria come un denso e minaccioso cielo nuvoloso. È il mondo odierno a essere messo sotto accusa; e l’insieme d’innaturali complicazioni che l’uomo si è costruito con l’andare del tempo. La sobrietà primigenia s’è persa; la pura innocenza che permetteva un vivere legato alle semplici regole biologiche è stata sepolta sotto coltri di sofi smi; e l’uomo, sentendosi quasi estraneo in quella che dovrebbe essere la sua casa, si ritrova immerso in un ambiente che ha mutato le proprie caratteristiche. Sola via in grado di riesumare questa defunta semplicità, come in quegli anni ipotizzava anche Ungaretti, parrebbe essere la poesia – quella fi glia della tragedia dell’uomo sorta in contemporanea alla presa di coscienza della cacciata dall’Eden. Ma anche qui qualcosa non va come dovrebbe. La poésie est devenue un problème […]. C’est peut-être que le poète contemporain, doué par sa situation même d’hypercivilisé d’une conscience anormalement aiguë, a perdu la

(7) Ivi, p. 76 (Que la fi n nous illumine, ne L’Igno- (8) L. SOZZI, Philippe Jaccottet. Che la fi ne ci illu- rant). mini, «Talento», anno V, n° 3, 1995, p. 21.

sf150_interni 536 23-02-2007, 16:49:30 ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet 537

naïveté de la création ; il ne peut songer à un poème qu’il n’ait déjà dans l’esprit mille autres poèmes, mille autres paroles, et une diversité accablante de rhétoriques toutes valables en un sens […]. Il se trouve alors que certains poètes, désespérant de pouvoir créer encore dans de telles conditions, pensent retrouver une jeunesse dans la barbarie et une fraîcheur dans le cri pur et simple9.

Jaccottet, allora, da parte sua, sente la necessità d’indicarci il cammino da intra- prendere – un cammino che dovrà delinearsi sulla base di quanto avremo maturato guardando alla nostra fi ne. Ecco che la chiusa di Que la fi n nous illumine appare in tutto il suo splendore e in tutta la sua importanza: il mirabile verso «l’effacement soit ma façon de resplendir» mostra quella netta inversione di tendenza che si auspica il poeta; un’inversione, cioè, che ripiombi nell’essere delle cose tralasciando il loro apparire. Qu’on ne prenne cependant pas cet oubli de soi pour un congé donné à toute activité vo- lontaire de la conscience, et pour un vœu d’anonymat absolu. Le vers que nous venons de citer n’expulse pas le moi. Humblement voué à l’effacement, le sujet personnel persiste, aux aguets, mais désormais désencombré de sa propre histoire, plus spacieusement ouvert aux apparences du monde, plus apte à «parler avec la voix du jour»10.

Jaccottet vede nell’intima essenza degli elementi, e nel loro reciproco rapportar- si, la capacità d’acquisire un valore; perciò l’uomo, principe e padrone di questa Ter- ra, non può sottrarsi a questa regola generale: lo spirito che muove e governa ognuno di noi dovrà saper trovare nell’oscurità la sua capacità di risplendere. […] L’uomo di solito insegue luci appariscenti e fi ttizie […], beni caduchi e terreni […], l’opaca durezza delle cose, il cupo dominio del “tetro nemico”. Solo se si rinunzia a questa luce appariscente e si sceglie la dimensione dell’“ombra” si scopre la luce non fi ttizia degli autentici valori. La rinunzia, insomma, è condizione di supreme acquisizioni11.

La via verso la salvezza è stata tracciata, ma una salvezza che, nonostante il carat- tere quanto mai evangelico dei versi fi nali della poesia (che sembrano annunciare una vita post-mortem illuminata da quella biblica luce eterna che brilla quando le cortine della materialità e dei peccati vengono a cadere), appare, ancora una volta, aconfes- sionale e ancorata semplicemente a una speranza di permanenza su questo pianeta più serena e profi cua. Ciò che preme a Jaccottet non è tanto il guidarci verso un’esi- stenza ultraterrena, ma il permetterci di non morire mentre siamo in vita. Anche il verso fi nale, allora – «[la mort] soit l’aliment de la lumière inépuisable» – andrebbe letto in questa direzione, dato che Jaccottet – lo è stato ricordato più volte in questo lavoro – rinuncia a ogni pretesa dogmatica, e cerca costantemente di farsi portavoce della totalità degli esseri umani. È vero, tuttavia, che questa poesia sembra tendere più a una visione pia – e, oseremo aggiungere, cristiana12 – dell’esistenza umana. Ciò che pare emergere dal verso conclusivo è proprio quella promessa di vita eterna che Cristo ha lasciato come eredità ai propri fedeli13: una vita che non avrà mai fi ne; che vedrà frantumate tutte le

(9) J. P. VIDAL, Philippe Jaccottet, op. cit., p. 16 (12) Per via di quello spirito di povertà evangeli- (riproducente: PH. JACCOTTET, La poésie est aussi ca che emerge nell’ultima strofa. un plaisir, Lausanne, «Suisse contemporaine», n° (13) Lettera ai Romani 5, 21: «[…] affi nché, co- 5, maggio 1949, pp. 242-245). me regnò il peccato nella morte, così anche la grazia (10) J. STAROBINSKI, Parler avec la voix du jour, in: regni mediante la giustifi cazione per la vita eterna in PH. JACCOTTET, Poésie…, op. cit., p. 11. grazia di Cristo nostro Signore». (11) Cfr. nota 8.

sf150_interni 537 23-02-2007, 16:49:31 538 Maurizio Nascimbene

opposizioni e le differenze; che non conoscerà affl izioni e malattie; e che troverà nel- l’amore inesauribile l’alimento primo che sfamerà gli abitanti della celeste città di Dio. A ogni modo, sembra improbabile che un autore come Jaccottet rinneghi tutto d’un tratto il proprio pensiero e il proprio modo di procedere. Sarebbe possibile, perciò, azzardare la seguente ipotesi: Jaccottet potrebbe, in parte, auspicarsi un aldilà, ma potrebbe anche intendere questo «aliment de la lumière inépuisable» come il fulgido ricordo lasciato a chi ancora vive da chi, dopo aver condotto una vita di purezza e semplicità, sia passato nel mondo dei defunti. La morte, in tal modo, non sarebbe fi ne di tutto, ma un nuovo inizio, poiché si continuerebbe a vivere nel ricordo dei posteri, e la fi amma di ciò che si è stati non si estinguerebbe mai. Oppure, si potrebbe ancora pensare a una concezione di morte legata alla caduta d’ogni complicazione, in modo da lasciare soltanto quell’essenzialità di sé che è in grado di brillare senza posa. Il discorso riprenderebbe il proprio fi lo logico, nato al di fuori d’ogni fede reli- giosa per potersi appoggiare a tutte le genti e a tutti i culti, compresi quelli demistifi - catori: l’uomo deve ricercare la semplicità perché è l’unico modo per risanare quella ferita apertasi millenni or sono, allorché nacque in questo mondo di sofferenze. Inoltre, deve impegnarsi in questa ricerca poiché la sua conclusione è la sola in grado di farlo accostare alla morte con la tranquillità di chi sa di aver fatto della propria vita ciò che ne andava fatto, e con la felicità di sapersi salvo – indipendentemente da quale sia il dio che lo giudicherà, ammesso che vi sia – semplicemente perché avrà rispettato quei precetti e quei valori che non caratterizzano nessuna religione ma che le fondano tutte. Nei versi di Que la fi n nous illumine Jaccottet propone la sua personale visione palingenetica dell’uomo: la semplicità originaria, che legava l’essere umano a ciò che l’aveva creato – qualunque cosa esso fosse stato –, deve riprendere la propria centra- lità nell’ambito quotidiano e guidarci tutti verso la riappropriazione di quel rapporto perduto. Allora, la realizzazione di tale rinnovamento, soprattutto morale, appare come un qualcosa d’universale in grado di spogliare il mondo da ogni complessità e di mantenerlo avulso da ogni lotta – una sorta di culto laico, insomma, legato alla sfera religiosa nella misura in cui tale cammino si sostituisce a quello dogmatico per condurre, in accordo e in armonia, e senza fratture socio-culturali, la totalità degli esseri viventi verso il loro approdo fi nale. Jaccottet scopre e mostra a noi tutti quale sia la via da lui trovata per risanare le ferite di questo nostro mondo, e la affi da alla propria creazione letteraria. Tuttavia, egli non vuole essere un precettore, ma semplicemente un uomo che fa le proprie esperienze e le espone ai suoi simili affi nché essi stessi decidano come meglio creda- no. Infatti, nell’intervista rilasciata nel giugno 1978 a Michel Bory, alla domanda «Y a-t-il une morale dans votre poésie?»14, Jaccottet rispose: Oui, bien sûr, mais je pense qu’elle doit agir à l’intérieur des poèmes eux-mêmes et non comme une leçon qu’on en dégage, qu’elle reste à l’intérieur des textes, plus cachée peut- être.15

La letteratura di Jaccottet, quindi, è una letteratura che non ha pretese d’inse- gnamento: non vuole rivoluzionare il mondo, ma presentarsi per quel che è, e lasciare ai contenuti che emergono l’eventuale forza di far rifl ettere le masse. La forza del suo canto e del suo pensiero, nonché l’arduo compito di guidare senza pretendere

(14) J. P. VIDAL, Philippe Jaccottet, op. cit., p. (15) Ibid. 109.

sf150_interni 538 23-02-2007, 16:49:31 ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet 539

d’ammaestrare, Jaccottet l’affi da allora a una fi gura che diviene il simbolo e il sogno dell’umanità redenta dalla sua ipocrita condotta pseudo-religiosa: l’ignorante. Per defi nizione, l’ignorante è colui che non conosce un determinato fatto o una qualche materia, ma anche chi non sa ciò che invece dovrebbe sapere. Questa valenza negativa dell’aggettivo assume in Jaccottet il risvolto della medaglia e risplende di luce propria come un sole che brilli nonostante le nuvole lo velino. A lui il poeta si affi da per pronunciare quelle parole atte a designare «cette chose qui est trop pure pour la voix»16, cioè quell’essenza di semplicità che trova in ciò che lo circonda. E la poesia è il terreno su cui si muove quest’ignorante, poiché quest’arcaico modo di comunicare annienta ogni corollario del dire mantenendo intatta la capacità di trasmettere quelle sensazioni che sono il pilastro dell’esistenza stessa. «… ce que nous appelons alors la poésie est peut-être la présence, rendue soudain sensible, de la consonance avec l’univers»17.

L’universo parla al poeta attraverso un inesauribile moto di corrispondenze18, e la poesia che ne nasce è una poesia che non esprime nulla, ma che è… […] une présence qui ne veut rien dire de particulier, mais révèle, parce qu’elle est comme le temple une architecture soumise à des lois mais nourrie par l’expérience humaine de son auteur, une harmonie cachée […]19.

Allora, l’ignorante può parlare, cantare e divenire voce più reale di quella di un saggio, proprio in quanto capace di trascurare – per ignoranza, appunto – quell’estre- ma complicatezza del vivere che soffoca gli eruditi. La sua forza risiede proprio nella sua debolezza: in quanto ignorante egli non è in grado né di distinguere la sottigliez- za dell’argomentare, né di creare volontariamente giochi di parole o frasi maliziose ricche di sensi esoterici, ma quel che dice è quel che pensa, quel che sente, quel che vuole. La sua anima «chante avec la voix la plus pure les distances de la terre»20. Gli altri, per lui, non sono che estranei che parlano un linguaggio incomprensibile. «Per strada, mentre cammina, lo stolto [li vede, questi estranei] e pensa di tutti che sono stolti»21 essi stessi, in quanto diversi dalla sua normalità – che per il mondo, invece, è l’ironica assurdità della vita. Jaccottet, come si vede, ribalta il senso comune d’ignoranza. In fondo, poi, non sarebbe così improponibile questa sua posizione: in un mondo sbagliato l’ignorante – colui che non ne comprende i meccanismi – non sarebbe forse il più giusto di tutti? L’uomo ridicolo che tutti deridono si trasformerebbe, allora, nel più saggio – ricordando, trasversalmente, la fi gura di Cristo (colui che venne ritenuto il più grande bestemmiatore, e che era, invece, almeno secondo l’ottica cristiana, Dio stesso).

(16) PH. JACCOTTET, Poésie…, op. cit., pp. 56-57 ténébreuse et profonde unité, / Vaste comme la nuit (Au petit jour, contenuta ne L’Ignorant). et comme la clarté, / Les parfums, les couleurs et les (17) PH. JACCOTTET, Carnets 1995-1998. La Se- sons se répondent […] ». Cfr. BAUDELAIRE, Opere, maison III, Paris, Gallimard, 2001, p. 62 (appunto a cura di G. Raboni e G. Montesano, Meridiani del novembre 1996): frase tratta da una citazione di Mondadori, Milano, 19982, pp. 32-33. Takemoto che, a sua volta, «cite […] un passage sur (19) J. P. VIDAL, Philippe Jaccottet, op. cit., p. 22 la poésie, dont il ne donne pas la source». (riproducente: PH. JACCOTTET, La crise de la poésie (18) Pensiamo al più volte citato – nella Semai- ou de Rilke à Artaud, Lausanne, «Suisse contempo- son – Baudelaire e alle sue Correspondances: « La raine» , n° 12, dicembre 1949, pp. 670-673). Nature est un temple où de vivant piliers / Laissent (20) PH. JACCOTTET, Poésie…, op. cit., p. 95 («Peu parfois sortir de confuses paroles […] // Comme de de chose, rien qui chasse…», contenuta in Airs). longs échos qui de loin se confondent / Dans une (21) Qohèlet 10, 3.

sf150_interni 539 23-02-2007, 16:49:31 540 Maurizio Nascimbene

L’ignorante, allora, emerge – dopo essersi «changé en cette ombre qui lui plai- sait»22 – dal fondo dell’oscurità in cui s’era immerso; porta con sé la vastità dei suoni, dei colori e dei profumi che ha percepito in questo suo muoversi nelle tenebre che illuminano; e avverte il proprio camminare nel mondo come un procedere verso quell’apparente stranezza del vivere – quell’ignoranza, appunto, che viene malvista – che invece lo àncora al vivere stesso, facendogli scoprire ciò che realmente vale le pena di possedere.

Plus je vieillis et plus je croîs en ignorance, plus j’ai vécu, moins je possède et moins je règne. Tout ce que j’ai, c’est un espace tour à tour enneigé ou brillant, mais jamais habité. Où est le donateur, le guide, le gardien? Je me tiens dans ma chambre et d’abord je me tais (le silence entre en serviteur mettre un peu d’ordre), et j’attends qu’un à un les mensonges s’écartent23.

L’esempio che l’ignorante ci fornisce – in questa poesia eponima della raccolta L’Ignorant, del 1958 – è un qualcosa di non intimato, di non perentorio, un alcunché di sussurrato, onde evitare di trasformarsi «nell’ennesimo dogma»24 proposto all’uo- mo. Jaccottet non vuole fondare una nuova religione, ma esporre, semplicemente, le conclusioni cui è giunto. Per questo ci apre gli occhi verso quella che considera la palingenesi necessaria per un vivere migliore, ma lo fa senza alzare la voce. In- vecchiando, l’uomo, che è maturato nel corso degli anni, ha compreso l’essenza del proprio esistere, cercando di spogliarsi del superfl uo; attendendo lo scomparire delle falsità di questo mondo sempre più sbagliato; scegliendo, in tal modo, di possedere e di regnare di meno per crescere in quella benefi ca ignoranza che sola può permet- tergli di ritrovare la semplicità perduta al fi ne d’armonizzarsi col creato. Rimarrebbe ancora da chiedersi come ciò sia possibile; cosa possa restare ancora all’uomo che possa sostenerlo nel suo quotidiano vivere, una volta spogliata la vita di tutti i suoi corollari, una volta dichiarata la propria incapacità di comprendere i meccanismi di un mondo sempre più lontano da quell’originaria felicità.

[…] que reste-t-il? que reste-t-il à ce mourant qui l’êmpeche si bien de mourir? Quelle force le fait encor parler entre ses quatre murs? Pourrais-je le savoir, moi l’ignare et l’inquiet?25

L’uomo può saperlo? Qualsiasi uomo può saperlo? La risposta è affi data a chi, normalmente, sembrerebbe il meno adatto a fornirla: «l’ignare», «l’ignorant».

Mais je l’entends vraiment qui parle, et sa parole pénètre avec le jour, encore que bien vague: «Comme le feu, l’amour n’établit sa clarté que sur la faute et la beauté des bois en cendres…»26

(22) PH. JACCOTTET, Poésie…, op. cit., p. 72 (Pa- a cura e con trad. it. di F. Pusterla, Torino, Einaudi, roles dans l’air, contenuta ne L’Ignorant). p. IX. (23) Ivi, p. 63 (L’ignorant, contenuta ne L’Igno- (25) ID., Poésie…, op. cit., p. 63 (L’ignorant, rant). contenuta ne L’Ignorant). (24) PH. JACCOTTET, Il Barbagianni. L’Ignorante, (26) Ibid.

sf150_interni 540 23-02-2007, 16:49:32 ‘Semplicità’ e ‘ignoranza’ nell’opera di Philippe Jaccottet 541

È la voce dell’ignoranza che riesce a farsi strada tra «le jour» per portare la pro- pria personale illuminazione: solo sulla mancanza – «sur la faute» –, vale a dire sulla più ingenua semplicità, può splendere l’amore… quell’amore forte come il fuoco che tutto domina e consuma. Ma questa lirica, così ricca di punti interrogativi, ci mostra anche un Jaccottet che, proprio perché forte della ricercata ignoranza, appare incerto, come chi intuisce ma non può addurre prove, e perciò sussurra, ma non grida; come chi, dopo aver rifl ettuto su un determinato problema, e dopo esserne verosimilmente venuto a capo, si rimette in gioco confutando egli stesso il proprio sistema d’idee. La voce di quella «parole» d’amore che è giunta all’uomo ormai vecchio è un qualcosa, infatti, che penetra luminosa, ma ancora «bien vague». Un Jaccottet, insomma, mai pago dei ri- sultati ottenuti – anche perché conscio dell’impossibilità di comprovare con assoluta certezza la validità dei propri ragionamenti – e che sospira malinconico: «Où est le donateur, le guide, le gardien?»27, quasi auspicandosi l’intervento d’un essere supe- riore – magari Dio stesso, perché no? – che possa salvare lui e tutti i suoi simili dalla tragedia del vivere senza un apparente perché. Il maestro di vita – l’ignorante – si mette da parte, e dopo aver indicato un pos- sibile cammino di luce se ne torna in quell’ombra dalla quale era nata la sua forza e la sua lungimirante visione.

Autrefois, moi l’effrayé, l’ignorant, vivant à peine, me couvrant d’images les yeux, j’ai prétendu guider mourants et morts. Moi, poète abrité, épargné, souffrant à peine, aller tracer des routes jusque-là.

[…]28

Ma non è il rinnegamento del proprio passato, né la fi ne del desiderio di ricerca che l’aveva animato, ma un nuovo inizio, come un’alba nata da quella notte che non è, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, «revers du feu,/ chute du jour et né- gation de la lumière»29, ma – hölderlinianamente e novalisianamente – «subterfuge fait pour nous ouvrir les yeux/ sur ce qui reste irrévélé tant qu’on l’éclaire»30.

A présent, lampe souffl ée, main plus errante, qui tremble, je recommence lentement dans l’air31. MAURIZIO NASCIMBENE

(27) Ibid. p. 11] (28) Ivi, p. 160 («Autrefois…», contenuta in (29) Ivi, p. 56. Leçons). [Ma anche: ID., À la lumière d’hiver suivi (30) Ibid. de Pensées sous les nuages, Paris, Gallimard, 1994, (31) Cfr. nota 28.

sf150_interni 541 23-02-2007, 16:49:32 542 Laurence Malingret A propos de la littérature francophone/ des littératures francophones: quelques aspects de la question

On observe actuellement dans le milieu universitaire un intérêt croissant pour les littératures francophones et pour leur enseignement. C’est à notre avis d’autant plus positif que l’enseignement de ces littératures oblige à repenser certains présup- posés théoriques et méthodologiques. Nous pensons que les théories systémiques représentent une possibilité parmi d’autres, mais particulièrement éclairante, pour aborder celles-ci. Nous pensons à l’approche sociologique de la littérature de Jac- ques Dubois ou de Pierre Bourdieu et à la théorie des polysystèmes de l’école de Tel Aviv principalement qui, s’éloignant d’une conception idéaliste et atemporelle de la littérature et du textocentrisme, considèrent la littérature comme un système socio- culturel et comme un acte de communication dont la défi nition est fonctionnelle et déterminée par les relations entre les différents facteurs du système.

Une question de terminologie

L’étude des littératures francophones pose plusieurs questions à commencer par la question de la terminologie. Il semble que le terme francophone se soit imposé pour désigner les littératures en langue française produites hors de France. Mais les exceptions ne manquent pas: l’anthologie de Jean-Louis Joubert, Littérature fran- cophone, englobe les productions de l’Hexagone et l’ouvrage de Christian Berg et Pierre Halen s’intitule Littératures belges de langue française. Ces deux exemples sont assez représentatifs d’une situation en mouvance et de deux idéologies. D’une part, la perception d’une littérature unique autour d’un critère linguistique, et de l’autre, une pluralité tendant à l’autonomie. Le concept même de francophonie est assez fl uc- tuant. Le terme recouvre parfois des réalités différentes selon l’accent tantôt mis sur l’aspect politique, tantôt sur l’aspect culturel, tantôt sur l’aspect économique. C’est un terme descriptif mais il est aussi employé dans un sens plus militant, comme le souligne le Petit Robert en lui attribuant la nuance «en faveur de la langue française». Le combat de la France, sous la banderole de la francophonie, pour la défense de la langue française, n’est pas gratuit, ni d’ailleurs la collaboration des pays francophones qui cache des enjeux d’ordre divers.

Littérature francophone et littérature nationale

La francophonie littéraire est donc un ensemble recouvrant des réalités culturel- les diverses souvent perçu dans un rapport de centre-périphérie qui, théoriquement, inclut bien sûr la production française, mais qui, dans la pratique, semble souvent être utilisé comme un raccourci pour parler des littératures de langue française hors de France. L’approche théorique, descriptive, analytique des littératures francophones est assez récent, et le statut, loin d’être consolidé, de ces études dans l’institution univer- sitaire en est le refl et. Il est en effet frappant que les études spécifi ques de littératures francophones ont rencontré et rencontrent encore dans l’actualité d’énormes diffi - cultés à s’imposer en tant que discipline spécifi que, non seulement en France, mais

sf150_interni 542 23-02-2007, 16:49:32 A propos de la littérature francophone/des littératures francophones 543

également dans les propres pays francophones comme la Belgique où, il n’y a pas si longtemps, un étudiant en lettres modernes pouvait se licencier en ignorant tout de la production belge confi née dans les cours à option. Cette résistance peut être ex- pliquée de différentes façons, à commencer par des raisons historiques, et concrétise la complexité de la question. Envisager les littératures périphériques oblige aussi à repenser des concepts pratiques pour l’enseignement traditionnel des littératures tel- les que littérature nationale ou la pertinence du critère et du découpage linguistiques. Prenons l’exemple de la littérature africaine en français. Est-il plus performant d’en- visager cette production comme appartenant à une littérature plurilingue (langues vernaculaires, anglais), à un ensemble de littératures nationales ou à la francophonie littéraire? C’est aussi redéfi nir le canon en acceptant un canon hybride né d’apports extérieurs, un modèle de culture métissée. D’autre part, la défi nition des limites et le statut d’une littérature sont en bonne partie le résultat d’une polémique idéologique, le concept de littérature nationale n’y échappe pas. Cette construction, redevable en partie d’une perception romantique de la réalité, est pratique et inévitable, car elle forme partie de nos repères et sous-tend toute réfl exion comparatiste envisageant les relations littéraires «inter-nationales», mais doit être utilisée avec précaution. C’est en effet un concept qui a surgi dans des circonstances précises et qui ne peut être appliqué sans nuance à l’infi nie variété de cas de fi gure littéraire dans le temps et dans l’espace. Ainsi, il est évident que parler de littérature nationale a poste- riori peut être remis en question. Peut-on parler de littérature nationale française au moyen-âge? Et que représente ce concept actuellement, en rapport avec l’évolution de la nation en général (et le rejet qu’il peut susciter face à une perception globalisan- te du monde), sachant que toutes les nations n’ont pas une littérature nationale ni une langue nationale et que toutes les littératures ne correspondent pas à une nation? Considérer, comme c’est parfois le cas, que la littérature nationale est celle produite dans la langue de la nation, est valable mais à nuancer, notamment dans la perspective francophone. Le critère linguistique est sans conteste un critère pertinent pour la défi nition des littératures nationales, notamment pour les littératures qui se sont consolidées en tant que telles au XIXème siècle, dans la mesure où la langue forme une partie importante de l’identité culturelle, mais parler de littérature na- tionale implique d’autres composantes comme la reconnaissance d’une perception commune et croisée du «national» et du «littéraire». De nombreuses questions se posent: Existent-ils des systèmes littéraires nationaux où la langue originaire de la communauté n’est pas la même que la langue littéraire? Existe-t-il une littérature sans ancrage national à proprement parler? Quels rapports existent-ils entre les frontières politiques et les frontières littéraires? Comment défi nir la littérature nationale congo- laise sachant que la plupart des questions concernant la délimitation et la caractéri- sation des littératures africaines en français incluent le rapport ambigu des systèmes dominants et des systèmes émergents qui incorporent malgré tout des éléments con- ceptuels du système combattu et colonisateur? A.-M. Thiesse a mis en évidence le rôle de la littérature dans la formation des nations et il est utile de se pencher sur les rapports fl uctuants de dépendance entre lit- térature et organisation sociale et politique. La délimitation des littératures nationales est aussi un exercice de construction historique liée aux intêrets de la mémoire col- lective et de l’identité nationale. C’est dans ce cadre que peuvent etre envisagées les littératures émergentes ou consolidées dans la sphère francophone, ainsi que les re- lations internationales entre centre et périphérie et les transferts culturels d’éléments métamorphosés selon, notamment, l’état de construction de la littérature nationale et l’autonomie du champ littéraire. L’introduction d’éléments étrangers peut ainsi être ressenti comme une menace pour l’intégrité du système ou comme un enrichissement culturel qui recouvre néanmoins l’impérialisme du système.

sf150_interni 543 23-02-2007, 16:49:33 544 Laurence Malingret

On peut considérer que le concept de littérature nationale au sens strict du terme est le refl et d’une perception eurocentriste et romantique de la littérature basée sur le lien entre littérature, langue et frontières géopolitiques et, de ce fait, n’est pas l’outil le plus performant pour rendre compte d’une réalité autre que l’occidentale voire même pour des situations européennes minoritaires. Naftoli Bassel (1991) con- sidère même que les littératures nationales sont liées à une époque précise, celle de la formation du capitalisme et de la cristallisation d’un groupe ethnique en nation et que la littérature suisse, canadienne ou belge en français sont des littératures ethniques. Sans aucun doute les approches systémiques, en incluant le principe d’hétérogénéité, évitent de considérer ces situations comme des exceptions ou des cas particuliers. Peut-être serait-il dès lors plus effi cace de parler, pour la Belgique par exemple, non d’une littérature nationale, mais concrètement des littératures en Belgique. Parler des littératures en Belgique n’évacue pas le problème, mais le déplace et permet de situer la question primordiale de la littérature nationale dans une approche plus strictement historique.

Question de typologie

Les diffi cultés réelles que posent les littératures francophones sont proportion- nelles à leur intérêt théorique pour l’étude du fonctionnement des systèmes littéraires. En effet, nous pensons ici aux littératures des ex colonies, elles représentent une belle occasion d’analyser le phénomène des littératures émergentes, leur confrontation avec le système dominant, qui peut les exclure du champ de la légitimité ou les mar- ginaliser, et leur cheminement vers l’autonomie (les littératures africaines) ou vers la disparition (au Proche Orient). Il faut pour cela prendre conscience de la complexité et de la variété des cas de fi gure et dépasser les deux tendances dominantes dans l’ap- proche de la francophonie: d’une part le discours «idéalisant», qui perçoit la produc- tion hors de France comme un effet du rayonnement culturel français avec en retour un effet d’enrichissement du patrimoine, et le discours de la mauvaise conscience post coloniale qui oppose et impose les langues (rejet du français au profi t des langues vernaculaires). L’accent est ainsi mis soit sur l’unité de la francophonie littéraire ou sur le rejet de son rôle. Pour notre part, nous croyons que les modèles théoriques du polysystème et du champ littéraire sont particulièrement performants pour ce genre de confi guration (modèle culturel hybride né d’une situation de colonisation) et que l’étude des littératures francophones peut se bénéfi cier d’une approche comparatiste. Il s’agit d’observer les facteurs endogènes, comme le nationalisme, et les facteurs exogènes, comme la francophonie, conséquence de la colonisation et d’envisager le phénomène du transfert dans toutes ses dimensions (réception, réinterprétation, pragmatisation, fi ctionalisation, métamorphose de biens culturels). En fait, l’étude des littératures francophones est bel et bien un exercice de littérature comparée dont la spécifi cité est l’unité (relative) de langue. Une caractéristique importante de l’étude des littératures francophones est sa complexité croissante, il ne s’agit donc pas de vouloir l’embrasser dans un exercice de littérature comparée global, mais de défi nir une typologie exhaustive qui permette de prendre en compte les différentes variantes. En observant les publications les plus récentes, on observe que de nombreux critères sont possibles et sont tous plus ou moins performants, du critère religieux (le monde musulman d’expression française) au critère purement linguistique, d’une grande complexité et qui doit tenir compte des politiques linguistiques. Les critères géo-politiques (fi liation/éloignement) et lin- guistiques sont néanmoins les plus utilisés. En général on distingue ainsi quatre cas de fi gure: les littératures de souche francophone (Belgique, Suisse, Canada), les dicho-

sf150_interni 544 23-02-2007, 16:49:33 A propos de la littérature francophone/des littératures francophones 545

tomies linguistiques avec une langue apparentée (les créoles) ou non (arabe, langue vernaculaire africaine) et le rayonnement culturel ponctuel (au Liban par exemple). Il est intéressant de s’interroger sur la formation des univers symboliques et de leur relation avec la littérature.

Univers symbolique et champ littéraire

Il peut exister un univers symbolique homogène (les situations de créolisation) ou plusieurs univers symboliques (les situations de colonisation) s’exprimant par le biais de littératures en langues différentes (Cf. à ce propos BENIAMINO, 1999). Il faut par ailleurs tenir compte de certaines évolutions à ce niveau. Prenons le cas de la littérature belge qui s’est forgé grâce aux écrivains fl amands un univers symbolique particulier (les brumes du Nord, le mysticisme, etc.), qui est d’ailleurs à la base de la reconnaissance de la spécifi cité belge vu de l’extérieur et de l’Hexagone en parti- culier. Or, la situation politique a métamorphosé un découpage linguistique de type social (l’élite parlant français, le peuple parlant fl amand dans le Nord et wallon dans le Sud) en un découpage de type géographique et politique. Dès lors l’univers symbo- lique fl amand n’étant plus exprimé par la voie francophone, les écrivains francopho- nes ont eu toutes les peines du monde à se redéfi nir d’où, en partie, les assimilations d’écrivains au système littéraire français (gommage de particularités linguistiques et surtout coupure du terreau social belge) d’une part, et la défi nition par le manque ou par la négation que représente la belgitude, d’autre part. D’autre part les écrivains fl amands contemporains qui ont choisi d’écrire en français, peu nombreux, ont dé- veloppé un rapport à la langue complexe qui parfois est devenu le moteur de leur oeuvre. Un exemple particulièrement frappant est celui du dramaturge Paul Willems qui, de sa position périphérique, a eu toutes les peines du monde à être reconnu dans le champ littéraire francophone, selon la terminologie de Pierre Bourdieu. Son oeuvre a en effet longtemps été boudée par le public français mais reconnue par le biais de ses traductions en langues germaniques. Paul Willems poursuit la tradition du théâtre onirique belge incarné par le symboliste Maurice Maeterlinck. Son monde particulier et séduisant se situe aux lisières du rêve et de la réalité. Univers aux fron- tières fl oues, il est peut-être le refuge qui sublime le malaise d’une identité diffi cile à revendiquer. Flamand et francophone, Paul Willems est le représentant, comme il le souligne lui-même, «d’une race en voie de disparition» (in P. Emond, H. Ronse, F. van de Kerckhove, 1984: 230), tiraillée et malmenée par une société en pleine mutation. Sa formation partagée entre deux langues, son statut incommode d’auteur fl amand écrivant en français, ont créé en lui un déchirement linguistique, immanqua- blement marqué dans son écriture prodigieusement inventive. C’est un lieu commun de dire que le langage est au cœur des préoccupations d’un écrivain, et pourtant chez Paul Willems, il est véritablement le protagoniste et constitue une des clés les plus évidentes de son oeuvre. Quoi d’étonnant venant d’un écrivain qui, à 19 ans, débar- quant à Paris, s’inquiète «Je ne connais pas le français, je connais mal le fl amand, je n’ai pas de langue». (op. cit., 1984: 229). Paul Willems s’est exprimé sur son rapport particulier à la langue, sur la possibilité de ressentir avant d’exprimer, sur son rêve d’une langue idéale qui ne structurerait pas sa perception de la réalité, mais aussi sur sa peur des mots sclérosés, du «voyage inutile» de l’écriture qu’il a néanmoins entrepris et expliqué. Ces deux tendances aux limites de la perfection et de l’échec s’entrecroisent dans une écriture souvent qualifi ée de poétique. Son rejet du vocabulaire abstrait pour pri- vilégier la dimension concrète et sonore de la langue et sa volonté de redonner vie aux mots usés et aux expressions fi gées, recourant à la création en toute liberté si besoin

sf150_interni 545 23-02-2007, 16:49:33 546 Laurence Malingret

s’en fait sentir, n’y sont pas étrangers. Corollairement à ce travail poétique que la sim- ple énumération des titres ou des noms des personnages concrétise, l’œuvre de Paul Willems se penche sur l’effi cacité communicative du langage. Force est de constater que de ce point de vue, ses pièces sont de plus en plus pessimistes et débouchent sur une véritable impasse. Les nombreux dysfonctionnements de la communication, perceptibles dès ses premières pièces, des comédies féeriques légèrement amères, aboutissent à la personnalisation et la fragmentation du langage élevées au plus haut niveau dans Les Miroirs d’Ostende et dans La Ville à voile, textes plus achevés et plus sombres aussi, où même la poésie est remise en question. Son théâtre porte ainsi les stigmates d’une langue aliénante et impuissante qui isole plus qu’elle n’unit, de même que la nostalgie (et l’espoir) d’une langue riche et poétique qui dit au-delà du sens conventionnel des mots, d’un langage à la fois déses- pérant et irrésistible, en somme, profondément humain.

Problématique des littératures francophones

Les littératures francophones représentent des situations littérairement et cultu- rellement très différentes, mais certaines constantes et problématiques peuvent être observées pour un certain nombre d’entre elles. Bien évidemment certaines questions peuvent être posées pour toute situation littéraire: – La «décolonisation» littéraire (de la littérature coloniale à la rupture et auto- nomie dans les normes et dans les infrastructures notamment de l’édition et de l’en- seignement). – Le mouvement de balancier entre phase centripète (tendant à l’assimilation avec le champ littéraire français) et centrifuge (tendant à l’autonomie), selon la termi- nologie de L. Grigorievitch Andreev. – Le statut particulier de la langue française (langue de l’ écrit, langue de com- bat, langue de prestige, langue offi cielle), le statut particulier de la production litté- raire en français (en position d’opposition avec la littérature orale ou écrite en langue vernaculaire, production de prestige, de combat,...) et variations du rapport entre production littéraire et contexte social (rôle des élites). La possible diglossie dans les ex-colonies. L’insécurité linguistique qui génère des modèles antagonistes: le purisme (visant à l’assimilation) ou le «baroque» (visant à la transgression, à la rupture). – Dynamique de la production littéraire (réel moteur culturel et politique com- me lors de la Révolution Tranquille au Québec ou production intermittente comme au Proche Orient) et positionnement des politiques culturelles particulières (rôle des organismes et institutions offi cielles ). – Système de légitimation des oeuvres. La question de la norme et sa réper- cussion différenciée dans la production et dans la réception. Infrastructure locale et générale de reconnaissance et de diffusion (institutions, presse, enseignement, etc.). Diffi culté et importance de la reconnaissance fondée sur des normes spécifi ques de la valeur littéraire par l’institution française. – Particularité de la réception et des fonctions fl uctuantes d’reuvres hybrides se situant entre les normes littéraires dominantes du système français et des normes pro- pres. La question du public cible (le lecteur idéal et le lecteur réel) et les conditions de diffusion et de lecture des oeuvres. Distance entre l’espace d’écriture et l’espace de lecture. – Rôle de la littérature dans la constitution d’un univers symbolique dans ses rapports à la société et dans ses rapports à la francophonie. – La dimension transnationale de la littérature. La question de l’écriture de l’exil. L’apparition d’une nouvelle carte mondiale de la littérature.

sf150_interni 546 23-02-2007, 16:49:33 A propos de la littérature francophone/des littératures francophones 547

– Les rapports centre-périphérie et périphérie-périphérie (l’exemple des inten- ses contacts culturels au sens large entre le Québec et la Wallonie par exemple). Littérature(s) francophone(s) au singulier ou au pluriel, la francophonie litté- raire est le lieu de l’unité et de la diversité, et nous retrouvons dans la critique toutes les options possibles: de la négation d’une francophonie, qui n’a en commun que ses colloques, à la cohérence d’une littérature à la fois une et plurielle. Entre les deux, se situe la thèse comparatiste, même s’il est vrai que la spécialisation que l’on observe dans la recherche (à travers les publications qui délimitent de façon de plus en plus précise le terrain de l’analyse et prennent en compte des facteurs culturels spécifi - ques – la littérature francophone africaine par exemple semble s’associer aux études d’africanisme) semble reléguer au passé des entreprises comparatistes globales telles que celle d’A. Viatte. La démarche de Riesz et Ricard (1991) qui envisagent le champ littéraire togolais comme un ensemble cohérent et multilingue ouvre également de nouvelles perspectives dans l’approche de la réalité post coloniale. Nous pensons en tout cas que la francophonie littéraire représente un formidable terrain pour l’étude des transferts culturels et des relations asymétriques entre systèmes littéraires et que la multiplication des publications la concernant n’est certainement pas le fruit du hasard. LAURENCE MALINGRET

Références bibliographiques

W. BAL, Unité et diversité de la langue français, in A. Reboullet, et M. Tétu, Guide culturel - I, Civilisations et littératures d’expression française, Québec, Hachette Presses de l’Université de Laval, 1977. N. BASSEL, National Literature and Interliterary System, «Poetics Today», 1991, 12 (4), pp. 773-780. M. BENIAMINO et D. DEROBILLARD (éds), Le français dans l’espace francophone, Paris, Cham- pion, 1993. M. BENIAMINO, La francophonie littéraire. Essai pour une théorie, Paris, L’Harmattan, 1999. CHR. BERG, P. HALEN (Dir), Littératures belges de langue française (1830-2000), Bruxelles, Le Cri édition, 2000. P. BOURDIEU, Les Règles de l’art. Genèse et structure du champ littéraire, Paris, Le Seuil, 1992. J. DUBOIS, L’Institution de la literature; Introduction à une sociologie, Paris, Nathan, 1978. P. EDMOND, H. RONSE, F. VAN DE KERCKHOVE (éds), Le monde de Paul Willems, Bruxelles, Labor, 1984. L. EVEN-ZOHAR, Polysistem Studies, «Poetics Today», 1990, 11, n° 1. P. HALEN, M. OTTEN (éds), Lectures de Paul Willems, in «Textyles», 1988, n° 5, Bruxelles. J.-L. JOUBERT, Littérature francophone, Paris, Nathan, 1992. A. REBOULLET et M. TETU, Guide culturel. Civilisations et littératures d’expression française, Québec Hachette, PU Laval, 1977. J. RIESZ, A. RICARD, Le champ littéraire togolais, Bayreuth, E. Breilinger, 1991. R. SHEFFY, The concept of canonicity in Polysystem Theory, «Poetics Today», 1990, 11 (3), pp. 511-52. A.-M. THIESSE, La création des identités nationales», Paris, Seuil, 1999. A. VIATTE, La Francophonie, Paris, Larousse, 1969.

sf150_interni 547 23-02-2007, 16:49:34 sf150_interni 548 23-02-2007, 16:49:34 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 549

TESTI INEDITI E DOCUMENTI RARI

Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’

«Tradurre è il vero modo di leggere un testo»: è stata questa convinzione che ci ha condotto sulla scia di Calvino traduttore, un traduttore particolare, certo, che ini- zia a tradurre piuttosto tardi, dopo essere stato a sua volta tradotto in molte lingue1. Certo è noto il riverente rispetto dell’autore sanremese per la traduzione, considerata un vero «miracolo», soprattutto, ed è il dramma più grande, quando due lingue sono vicine: Calvino credeva profondamente nel ruolo del traduttore, degno, a suo avviso, di apporre anche la sua fi rma sulla copertina della nuova versione, come credeva in una profi cua collaborazione dell’autore con il suo traduttore2. Le considerazioni teoriche sull’arte di volgere in una nuova lingua un testo let- terario, pertinenti e degne di grande interesse per lo studioso, sono precedute infatti negli scritti di Calvino da sofferte confessioni: lo scrittore ammette di non avere lo spirito necessario per affrontare così ardua impresa, in cui vengono messi alla prova i nervi e la resistenza del singolo individuo. «Aguzzino dei traduttori», come egli stesso si defi nisce, Calvino, nel 1963, sostiene con convinzione quanto verrà ribadito in un celebre saggio del 1982, e cioè che «si legge veramente un autore solo quando lo si traduce»3. In questa lettera, pubblicata su «Paragone letteratura» del dicembre 1963, leggiamo ancora che Calvino «non ha mai avuto il coraggio di tradurre un libro in vita sua; e si trincera, appunto, dietro un suo difetto di queste sue particolari doti morali, o meglio di resistenza metodologico-nervosa»4: ben cosciente delle diffi coltà insite nella versione di un testo straniero, del logorante e meticoloso addentrarsi nella lingua di un autore per trasferirla in nuove vesti, Calvino rifugge dalla traduzione, soffrendo già abbastanza, ci dice, «alle sofferenze altrui e di suo proprio, e per le traduzioni cattive come per le buone»5.

(1) Per il rapporto di Calvino con la traduzione si 1825-1831, in particolare pp. 1826-1829. veda quanto scrive Federico Marco Federici in La (3) Sul tradurre, «Paragone letteratura», XIV, traduzione creativa di un incipit: Italo Calvino inizia 168, dicembre 1963, pp.112-118 poi in Saggi,1945- a tradurre «Les fl eurs bleues» di Raymond Queneau, 1985, op. cit., tomo 2, pp. 1776-1786, in particolare in Arachnofi les, a journal of European Languages pp.1778-1779 e Tradurre è il vero modo di leggere and Cultures, 2004, pp. 1-20: l’autore ricorda che un testo, cit. Non paiono lontane, queste consi- Calvino inizia sin dal 1947 ad affacciarsi sporadi- derazioni di Calvino, dalle rifl essioni di Henri camente al mondo della traduzione, esortato da Meschonnic in Poétique du traduire, laddove, au- Vittorini: inizia a tradurre Conrad, poi Ponge, e spicando una riabilitazione e una nobilitazione del collabora con Quadri e Solmi nelle loro traduzioni tradurre, l’autore parla del: «[…] rôle unique, et di Queneau (p. 1). méconnu, de la traduction comme révélateur de la (2) Si legga a questo proposito il saggio Tradurre pensée du langage et de la littérature, méconnu par è il vero modo di leggere un testo. Convegno sulla la situation ancillaire qui lui réserve la tradition, et traduzione, in «Bollettino di informazione». XXXII, sa condition».(Lagrasse, Verdier, 1999, p. 10). Nuova serie, 3, settembre-dicembre 1985, pp. (4) «Paragone letteratura», cit., p. 1778. 59-63, poi in Saggi 1945-1985, a cura di Mario (5) Ibidem, p. 1779. BARENGHI, Milano, Mondadori, 1995, vol. II, pp.

sf150_interni 549 23-02-2007, 16:49:34 550 Paola Sosso

Calvino si accinse a tradurre I fi ori blu, pubblicati nel 1965, tra il 1966 e il 1967, come attestano due brevi manoscritti conservati presso gli Archivi dell’editore Einaudi: abbiamo infatti, indicativamente, una data post quem, il 21 giugno 1966, giorno del contratto di traduzione, e una data ante quem, il 7 aprile 1967, giorno dell’accredito per il lavoro terminato e consegnato6. Ma considerata la ritrosia dichia- rata a chiare lettere, come spiegarsi la traduzione di un testo così complesso come Les Fleurs bleues, multiforme, composto da mille strati diversi, ricco di sfaccettature linguistiche, di citazioni letterarie, di riferimenti non sempre immediati ai più svariati ambiti dello scibile umano7? Una prima risposta ce la offre lo stesso Calvino, in una preziosa quanto succinta Nota del traduttore, dove si legge: Appena presi a leggere il romanzo, pensai subito: «È intraducibile!» e il piacere continuo della lettura non poteva separarsi dalla preoccupazione editoriale di prevedere cosa avrebbe reso questo testo in una traduzione dove non solo i giochi di parole sarebbero stati necessa- riamente elusi o appiattiti e il tessuto di intenzioni allusioni ammicchi si sarebbe infeltrito, ma anche il piglio ora scoppiettante ora svagato si sarebbe intorpidito…È un problema che si ripropone negli stessi termini per ogni libro di Queneau, ma questa volta sentii subito che in qualche modo il libro cercava di coinvolgermi nei suoi problemi, mi tirava per il lembo della giacca, mi chiedeva di non abbandonarlo alla sua sorte, e nello stesso tempo mi lanciava una sfi - da, mi provocava a un duello tutto fi nte e colpi di sorpresa. Fu così che mi decisi a provare8.

È insomma, quello di Calvino, il lecito e noto timore che ogni traduttore prova di fronte a un testo particolarmente elaborato e insidioso, quella riverente angoscia di chi sa che tradurre non coincide con il «faire passer», perché, prendendo a prestito le parole di Henri Meschonnic, «Charon aussi est un passeur. Mais il passe des morts. Qui ont perdu la mémoire. C’est ce qui arrive à bien des traducteurs9». Il nodo del problema consiste nella volontà di «traghettare dei vivi», per continuare con la meta- fora, perché saper rendere la vitalità, l’anima di un testo è la vera sfi da del tradurre. Ora proprio un romanzo così incentrato sulle infi nite sfumature della lingua, sulla

(6) Archivi Einaudi Presso l’Archivio di Stato di del romanzo, sono da citare altre due analisi, ri- Torino, foglio 170 e foglio 193. cordate dallo stesso Federici, dedicate a Calvino (7) È nota infatti la sconfi nata erudizione di traduttore: si tratta dell’intervento di SILVIA TAD- Queneau (matematica, lingue straniere, linguistica, DEI, Italo Calvino traduttore: I fi ori blu, in Calvino cinema, storia …), che si rifl ette in gran parte anche e l’editoria, Eds. Luca CLERICI, Bruno FALCETTO, in questo romanzo. «Queneau était un homme Milano, Marcos y Marcos, 1994, pp. 95-119 e di d’une immense érudition et d’une absolue mode- quello di Joanna Stephens, «Italo Calvino and the stie», scrive Anne-Marie Jaton che ricorda anche French Literary Culture», tesi di dottorato soste- una pagine dei Journaux di Queneau che recita: nuta a Oxford nel 1998, secondo le informazioni «Parmi les alcools de ma vie, il y a ura eu l’érudi- che ricaviamo da Federici, all’interno della quale la tion et le calembour» (Lecture(s) des «fl eurs bleues» traduzione del romanzo che ci interessa non viene de Raymond Queneau, Pisa, 1998, p. 11 e p. 163). però trattata. Per una bibliografi a più completa Certamente è da considerare plausibile l’ipotesi rinviamo a CALUDE RAMEIL, Bibliographie: Œuvres avanzata da Federici, che suppone sia stato lo stes- de Queneau, préfaces, textes en revues, ouvrages so Queneau, visti i suoi rapporti professionali con collectifs etc., «Les Amis de Valentin Bru», n. 23, Calvino, a inviargli una copia del romanzo affi nché juin 1983 e soprattutto, per un continuo e preciso la casa editrice Einaudi valutasse un’eventuale aggiornamento di dati, al sito curato da Charles Ke- traduzione, ipotesi avvalorata da quanto leggiamo stermeier, costantemente riveduto ed ampliato, che nella Nota del traduttore. Probabilmente, suggeri- raccoglie con celerità ammirevole le nuove pubbli- sce Federici, Calvino lesse il romanzo e decise di cazioni grazie a una rete di contatti estesa a tutto sperimentare le teorie che in quegli anni studiava il mondo: www.people.creighton.edu/˜ctk34340/ sui testi di Monin e Saussure (La traduzione crea- quenequ.html. tiva…, op. cit., p. 1). È vero infatti che negli anni (8) RAYMOND QUENEAU, I Fiori blu di Raymond sessanta lo scrittore sanremese s’allontana dallo sto- Queneau nella traduzione di Italo Calvino, Torino, ricismo e si avvicina alla linguistica e alla semiotica, Einaudi, 1967, Nota del traduttore, pp. 265-266., studi che trovavano certamente un interessante (9) HENRI MESCHONNIC, Poétique du traduire, op. risvolto pratico nella traduzione. Oltre allo studio cit., p. 17. di Federici, che si occupa solo della parte iniziale

sf150_interni 550 23-02-2007, 16:49:34 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 551

spontanea e ambigua pluralità di molte espressioni, sui calembours non sempre facili da decifrare costituisce una tenzone cui è diffi cile sottrarsi: motivi linguistici, quindi, riconducibili a una certa affi nità tra Calvino e Queneau, una comunanza di vedute che li portò ad incontrarsi nel progetto dell’Oulipo e a condividere una visione del linguaggio secondo la quale, a partire da strutture (in genere predefi nite), è possibile creare «du plaisir esthétique»10. In senso lato, e semplifi cando un poco, potremmo dire che entrambi credevano nel ruolo centrale della costrizione all’interno della creazione letteraria. Nell’ultima pagina di quel che a noi è giunto delle Lezioni americane, Calvino, intento a illustrare il modo in cui Georges Perec costruì il suo romanzo La vie mode d’emploi (a dire di Calvino si trattava dell’ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo) cita una pagina tratta da Bâtons chiffres et lettres di Queneau in cui l’autore francese ribadisce uno dei concetti centrali dell’Oulipo: «Le classique qui écrit sa tragédie en observant un certain nombre de règles qu’il connaît est plus libre que le poète qui écrit ce qui lui passe par la tête et qui est l’esclave d’autres règles qu’il ignore»11. Al di là dello strale lanciato dall’autore francese contro i Surrealisti12, ci pare signifi cativo sottolineare l’idea che l’esercitarsi a partire da forme fi sse è pro- fi cuo; interessante poi il raffronto con quanto Queneau sosteneva nel 1962 nei suoi colloqui con Georges Charbonnier: la letteratura potentielle è ricerca di forma, di strutture, leggiamo, così come nel passato si proponevano gli schemi del sonetto, o la tragedia in cinque atti con le tre unità13. Calvino partecipò, come è noto, alle riunioni dell’Oulipo e, seguendo un metodo affi ne, ricorse a schemi del tutto inediti in testi quali le Città invisibili e il Castello dei destini incrociati: nella Postfazione ai Nostri antenati (Nota 1960), Calvino è del resto molto chiaro nel defi nire «il [suo] vero tema narrativo: […]una persona che si pone volontariamente una diffi cile regola e la segue fi no alle ultime conseguenze, perché senza di questa non sarebbe se stesso né per sé ne per gli altri»14. Certo rimane da defi nire una questione controversa, quella cioè di valutare in quale misura Les Fleurs bleues sia un «roman oulipien»15, ma questo esula dai limiti del presente studio, anche perché, al di là della vicinanza nella concezione del rappor- to lingua/ letteratura (o linguistica/letteratura), permangono altri elementi da consi- derare tra i fattori che possono aver attratto lo sguardo e l’interesse del traduttore Calvino. Queneau era certo una delle passioni di Calvino, il suo vero, ultimo maestro, come scrive Silvio Perrella16: diffi cile ricostruire il loro primo incontro, non registrato nelle rispettive biografi e e non ricordato da chi fu loro vicino in quegli anni. Su Que-

(10) JACQUES BENS, OuLiPo, 1960, 1963, préface Claudio MILANINI, a cura di Mario BARENGHI e Bru- de Noël ARNAUD, Paris, Ch. Bourgois Editeur, no FALCETTO, Milano, Mondadori, «I meridiani», 1980, in particolare, p. 43 e p. 133. vol. I, p. 1213; si veda anche quanto scrive JEAN (11) I. CALVINO, Lezioni americane. Sei proposte STAROBINSKI nella Prefazione a p. XXIII-XXIV. per il prossimo millennio, Milano, Garzanti, 1988, (15) Per quanto riguarda questo tema, ricor- pp. 119-120. diamo che Les Fleurs bleues sono inclusi nella (12) Sui rapporti di Queneau con i Surrealisti bibliografi a uffi ciale dell’Oulipo tra le opere si veda CLAUDE DEBON, Raymond Queneau et le «partiellement oulipiennes ou non oulipiennes» al- Surréalisme: perspectives critiques, in Œuvres et l’interno dell’Atlas de littérature potentielle (Paris, critiques, XVIII, 1-2, Treize ans d’études sur le Gallimard, 1981, p. 423); dal canto suo, Christian Surréalisme, Tübingen, Gunten Narr Verlag, 1993, Meurillon, in « Exercice d’anoulipisme: quelques poi in Doukiplèdonktan? Etudes sur Raymond Que- règels de synthaxe des Fleurs bleues» (pp. 51-62) neau, Paris, Presses de la Sorbonne nouvelle, 1998. scrive che si tratta di «un roman partiellemnt mais (13) RAYMOND QUENEAU, Entretiens avec Georges authentiquement oulipien» (in «Roman 20-50», n. Charbonnier, Paris, Gallimard, 1962, p. 140 e anche 4, décembre 1987, pp. 51-62, in particolare p. 62). le p. 150 e 154. (16) SILVIO PERRELLA, Calvino, Bari, Laterza, (14) In Romazi e racconti, edizione diretta da 2001, p. 105.

sf150_interni 551 23-02-2007, 16:49:35 552 Paola Sosso

neau, del resto, Calvino ha scritto più volte, a cominciare dalla recensione a Pierrot amico mio (tradotto da Einaudi) pubblicata sull’»Unità» del 1947 e oggi ripresa nei Saggi17. Continui, poi, nell’arco degli anni, i rapporti e i contatti dell’autore sanremese (registrati nella corrispondenza pubblicata come nelle lettere inedite raccolte presso l’Archivio Einaudi) atti a favorire la pubblicazione delle opere di Queneau in Italia. Ma oltre a un interesse per gli scritti dell’autore e amico francese, Calvino aveva anche un’evidente soddisfazione nel tradurre i suoi testi in italiano, come dimostra il fatto che dopo la versione italiana de Les fl eurs bleues Calvino si è cimentato con la Piccola cosmogonia potatile, poema in sei canti sulla natura del mondo del 1950: la traduzione, uscita da Einaudi nel 1982, fu poi completata da Sergio Solmi (Calvino tradusse solo una cinquantina di versi), anche se il traduttore si avvalse dell’aiuto di Calvino18. Rimane poi ancora da ricordare la versione italiana della Canzone del polistirene, ultimo lavoro che Calvino completò poche settimane prima di morire, per il quale, vista l’estrema diffi coltà dei termini tecnici usati, dovette ricorrere, come attestano alcune lettere, all’aiuto del chimico Primo Levi. Certo affrontare un testo di Queneau era ogni volta un défi avventuroso e im- pagabile oltre che faticoso, se lo stesso Calvino sosteneva, in un testo raccolto negli archivi Einaudi, che Queneau è «irripetibile»19, ma vi era ne I fi ori blu qualcosa in più che poteva attrarre lo scrittore ligure: vi sono, rispetto a molte opere di Calvino, affi - nità di temi, di scelte letterarie, linguistiche, di concezioni del rapporto uomo/storia20, e solo questo costituirebbe a sé argomento di un ampio studio sui due scrittori. Li- mitiamoci per ora a fare un breve cenno agli elementi in comune più evidenti: l’am- bientazione medievale, con battaglie in cui la violenza è spesso riassunta in un gioco verbale capace di metterne in risalto la gratuità e l’assurdità, l’inverosimile come possibilità di indagine psicologica, il fantastico proiettato sul piano spazio-temporale con l’intento di rappresentare le angosce e le bassezze umane, l’originale intricarsi delle vicende, il particolare tono con cui vengono affrontati i fatti storici, la giocosità, insostituibile contrassegno dell’umano, come modo per affrontare problemi pesanti, l’ilarità con cui alla storia uffi ciale vengono affi ancate le vicende dei protagonisti e, non ultimo, la precisione nelle scelte linguistiche e l’espressività intesa come mélange intricato di linguaggi e di registri diversi. Tutto questo può essere riassunto, così almeno ci sembra, in uno di quei valori che stavano particolarmente a cuore a Calvino, di cui egli stesso parla nella prima delle Lezioni americane: la leggerezza, intesa, secondo l’esemplifi cazione fornita dall’autore stesso, come «alleggerimento del linguaggio», come «narrazione d’un ragionamento o d’un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili». Ci pare vi sia tutto questo in Queneau, ma vi è anche un trasformarsi continuo dei personag- gi, un passaggio impercettibile, nel sonno, da Auge a Cidrolin che è passaggio fl uido e leggero. «La ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere», l’ilarità penso- sa, l’ariostesca capacità di sollevarsi, grazie alla scrittura, sopra le nefandezze umane, la giocosità del moltiplicarsi passano in Queneau attraverso i personaggi e le vicende, ma, molto spesso, anche attraverso le scelte linguistiche. Non è poi da dimenticare una certa predilezione per le antinomie, le opposizioni binarie, le tenui metamorfosi che costituiscono l’essenza stessa de Les fl eurs bleues (con il rimbalzare continuo tra Auge e Cidrolin) come di molti testi di Calvino.

(17) ITALO CALVINO, Saggi 1945-1985, cit. duzione di Carlo MILANINI, Milano, Mondadori, («I (18) I particolari di quanto qui riferiamo si Meridiani»), 2000. possono trovare in Album Calvino, a cura di Luca (19) Archivi Einaudi, dossier Calvino, foglio n. BARANELLI e Ernesto FERRERO, Milano, Mondadori, 698. 2003, p. 192 (I edizione ne «I Meridiani», 1995) e (20) Per questo aspetto rinviamo allo studio di nella corrispondenza tra Calvino e Solmi raccolta in Federici citato in precedenza, La traduzione creati- Lettere 1940-1985 a cura di Luca BARANELLI, Intro- va di un incipit…, pp. 7-8.

sf150_interni 552 23-02-2007, 16:49:35 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 553

Interessante, a questo proposito, ricordare quanto scriveva Calvino a proposito dell’Oulipo, gruppo che egli cominciò a frequentare a partire dal novembre 1972: In fondo quelli con cui mi sento più a mio agio sono un gruppo che nessuna sa che esista, l’OULIPO, amici di Raymond Queneau, poeti e matematici che hanno fondato questo Ou- vroir de Littéraure Potentielle, un po’ nello spirito di Jarry e di Roussel […] Quello che me li rende vicini è il loro rifi uto della gravità, questa gravità che la cultura letteraria francese impone dappertutto, anche dove sarebbe necessaria un po’ di autoironia. Questi qui no: considerano la scienza non in modo grave, ma come gioco, secondo quello che è sempre stato lo spirito degli scienziati veri, del resto. Certo anche in loro, in questo scherzare per partito preso, in questa meticolosità da collaboratori della «settimana enigmistica», c’è una dimensione eroica, un nichilismo disperato21.

Sono, quelli qui elencati, solo alcuni degli elementi che hanno indotto l’autore italiano, convinto, come egli stesso scrisse in una lettera del 1977, che era diffi cile trovare un traduttore per Queneau, e ancora che «tutto è intraducibile per defi nizio- ne»22, a cimentarsi con un testo come Les Fleurs bleues: forse fu proprio la forte affi - nità, un sentire comune, una condivisa concezione della letteratura e della lingua che lo attrasse. Percorrendo la corrispondenza di Calvino, ci imbattiamo continuamente, soprattutto a partire dal 1965, in riferimenti all’autore francese, che includono inviti a trovare il modo, attraverso traduzioni, di far leggere Queneau al pubblico italiano, considerazioni sulla diffi coltà (o addirittura impossibilità) di rendere certi scritti in italiano, («Sally Mara non si può tradurre», leggiamo, in data 14 aprile 1965 in una lettera a Franco Quadri, che da anni si cimentava nell’ardua impresa23), consigli su come comportarsi riguardo alle diffi coltà linguistiche (oscenità, usi dell’argot, grafi a fonetica, citazioni…), suggerimenti, in particolare a Franco Quadri e a Sergio Solmi, su come risolvere la versione di alcuni passaggi particolarmente complessi e oscuri; si riconosce ovunque l’impegno concreto e profondo nel ricercare e decifrare signifi ca- ti, doppi-sensi e giochi linguistici e si registrano talvolta disilluse rifl essioni sull’arte impraticabile del tradurre. Troviamo infi ne anche molte dichiarazioni di stima, fi no alla rifl essione, contenuta in una lettera del 14 settembre 1977, in cui leggiamo: Negli ultimi mesi sono morti Raymond Queneau e Valdimir Nobokov, due scrittori che avrei visto volentieri Premio Nobel24.

Leggendo in particolare le dense lettere a Sergio Solmi, traduttore della Petite cosmogonie portatile, pubblicata da Einaudi nel 1982, è facile rendersi conto della passione e della dedizione con cui Calvino si cimentava nell’analisi del testo: sempre disposto ad aiutare l’amico poeta, impegnato in così ardua impresa, Calvino mostra nella pratica cosa egli intendesse quando scriveva che «tradurre è il vero modo di leg- gere un testo», perché il traduttore, egli ce lo illustra bene in queste lettere, è un tarlo che divora, o cerca di divorare e digerire a piccoli morsi il libro dall’interno, creando piccoli fori che illuminano sempre più la via da seguire. È una vera passione per Cal- vino, ma alla passione si unisce una sorta di tenzone di cui si subisce la provocazione, come si diceva, nel caso di Queneau, perché la sua scrittura tutto ingloba, «lessici specializzati, […], neologismi, […] ghiribizzi estemporanei, […] estri del gioco…], coloriture dell’argot»25.

(21) Citato da DOMENICO SCARPA in Italo Calvino, ibidem, p. 1339. Milano, Mondadori, 1999, p. 35. (25) Piccola guida alla Piccola cosmogonia porta- (22) Lettera a Giambattista Vicari, Parigi, 14/2/ tile di Italo Calvino, in RAYMOND QUENEAU, Piccola 1977, in Lettere 1940-1985, op. cit., p. 1329. cosmogonia portatile, traduzione di Sergio SOLMI, (23) Lettere 1940-1985, op. cit., p. 863. Torino, Einaudi, 1982, p. 148. (24) Lettera a Pirkko-Liisa Ståhl del 14/9/1977,

sf150_interni 553 23-02-2007, 16:49:36 554 Paola Sosso

Fascino di carattere linguistico, sicuramente, traino e attrazione suprema per il traduttore, ma anche condivisione d’intenti, come si diceva: e, ripetiamo, in questa direzione le ricerche andrebbero di certo approfondite, mentre in questa sede ci limi- teremo a dare qualche rapido indizio. Sfogliando ancora le Lezioni americane, molte rifl essioni ci balzano in mente, molti rapprochements, molti echi di un sentire comune a questi virtuosi interpreti della parola. Citiamo ancora Calvino: […] I libri moderni che più amiamo nascono dal confl uire e scontrarsi d’una molteplicità di metodi interpretativi, modi di pensare, stili d’espressione. Anche se il disegno generale è stato minuziosamente progettato, ciò che conta non è il suo chiudersi in una fi gura armoniosa, ma è la forza centrifuga che da esso si sprigiona, la pluralità dei linguaggi come garanzia d’una verità non parziale26.

Il valore che l’autore pone al centro del dibattito è la molteplicità, e gli autori cui per primi volge il suo sguardo sono comprensibilmente T.S. Eliot e James Joyce. L’idea di un testo polifonico, «che sostituisce all’unicità d’un io pensante una molte- plicità di soggetti, di voci, di sguardi sul mondo»27 va di pari passo con l’idea di esat- tezza, perché le regole fungono da stimolo alla creazione, scrive Calvino, riprendendo una visione cara all’Oulipo e in particolare a Queneau, di cui viene espressamente citato un brano tratto da Bâtons, chiffres et lettres cui abbiamo fatto cenno in prece- denza. La polemica di Queneau si riallaccia qui, come si è detto, a una precedente diatriba con i Surrealisti, ma quel che ci pare interessante evidenziare in questa sede è la presenza di due poli comuni, apparentemente opposti ma in realtà concordi e convergenti: molteplicità ed esattezza, poliedricità e scientifi cità, pluralità e calcolo, elementi fondanti de Les fl eurs bleues, in cui la focalizzazione muta continuamente, come mutano i tempi ed i luoghi, mentre il récit avanza in modo meticolosamente cal- colato, all’interno di una struttura in capitoli minuziosamente studiata a tavolino28. Fin dal suo primo romanzo, come leggiamo in un’intervista a Charbonnier, Queneau ha applicato una struttura molto rigida, anzi, si è avvalso di più strutture che fungevano in modo contemporaneo: una sorta di guida, «comme des échafauda- ges qu’on enlève», in modo che «cela ne s’écoule pas comme ça à droite et à gauche d’une façon informe». Se questa «arithmomanie» ha fortemente condizionato i suoi primi scritti, egli ammette che è rimasto comunque in lui un forte interesse per il lin- guaggio considerato come «jeu avec des règles, disons un jeu de raisonnement, ou un jeu de hasard avec un maximum de raisonnement»29.

* * * * *

Calvino sottopose molte traduzioni a una scrupolosa disamina di cui ci è giun- ta traccia: per quanto concerne la versione italiana de Les fl eurs bleues, mancano purtroppo documenti in cui siano raccolte le lunghe meditazioni e le puntuali os- servazioni che hanno sicuramente accompagnato il suo lavoro. Poco ci è pervenuto, sfortunatamente, su questo adattamento di cui Calvino si occupò in prima persona, facendo certamente tesoro di quelle attente rifl essioni che ritroviamo nelle lettere di sua mano destinate ad altri traduttori o nei saggi destinati alla pubblicazione. Tra i pochi e preziosi documenti cui possiamo far ricorso, la postfazione cui abbiamo già

(26) Lezioni americane, op. cit., p. 113. bleues e il I capitolo, «Structure et silhouettes» in (27) Ibidem. A.-M.Jaton, Lecture(s) des Fleurs bleues de Ray- (28) Sulla struttura del romanzo si veda lo studio mond Queneau, op. cit., pp. 15-29. già citato di CHRISTIAN MEURILLON, Exercice d’anou- (29) RAYMOND QUENEAU, Entretiens avec Georges lipisme: quelques règles de synthaxe des Fleurs Charbonnier, Paris, Gallimard, 1962, pp. 47-56.

sf150_interni 554 23-02-2007, 16:49:36 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 555

fatto cenno in precedenza, in cui Calvino confessa l’attrazione fortissima esercitata su di lui dalla lettura de Les fl eurs bleues, ed evidenzia al contempo i problemi maggiori cui ha dovuto far fronte: Il problema era di rendere il meglio possibile le singole trovate, ma farlo con leggerezza, senza che si sentisse lo sforzo, senza creare intoppi, perché in Queneau anche le cose più calco- late hanno l’aria di esser buttate lì sbadatamente. Insomma, bisognava arrivare alla disinvoltura d’un testo che sembrasse scritto direttamente in italiano, e non c’è niente che richieda tanta attenzione e tanto studio quanto rendere un effetto di spontaneità30.

Interessante questo cenno alla leggerezza e alla spontaneità, che riconduce, in qualche modo, alle tematiche riprese in seguito nelle Lezioni americane. «Traduzione inventiva», così Calvino defi nisce la sua versione italiana del testo francese, con un aggettivo che chiarisce solo in parte le caratteristiche del suo lavoro. All’inventività si aggiungono infatti la scioltezza, l’infi nita creatività, l’impressionante dimestichezza, la giocosità, l’ilarità, in una lista che potrebbe continuare a lungo, ma non potrebbe si- curamente escludere il coraggio. È spesso ardita, la traduzione di Calvino, ma sempre spiegabile e ragionata, vagliata e calcolata nel ritmo e nei contenuti31. Le considerazioni di Calvino a margine della sua versione includono qualche pagina di cui far tesoro, nelle quali lo scrittore italiano entra nel dettaglio del suo lavoro spiegandoci i retroscena e lasciandoci intravedere il lungo cammino percorso e le precise ricerche compiute. Interessante, per lo studioso, il riferimento a un contatto avuto con Queneau, a proposito del quale leggiamo: Per qualche diffi coltà ho avuto la fortuna di poter consultare l’autore, a voce e per let- tera ( e l’amicizia che è nata da quel rapporto è stato il frutto più prezioso di questo lavoro). Rimpiango solo di non avergli chiesto di più e non solo sul signifi cato letterale delle frasi. Ma eravamo due conversatori laconici, purtroppo, e in Queneau l’ammirazione per Mallarmé for- se si fondava anche sull’affi nità nel temperamento taciturno, almeno a quanto suggerisce una lettera che mi scrisse32.

Le lettere scritte da Calvino, probabilmente verso la fi ne del 1966 (la prima ri- sposta di Queneau è del 9 gennaio 1967), non sono purtroppo ad oggi reperibili: le nostre ricerche, che si sono avvalse del cortese aiuto di molti esimi studiosi33 oltre che della gentile collaborazione della Signora Ester Singer Calvino e del fi glio di Que- neau, Jean-Marie34, dovranno certamente essere ulteriormente portate avanti, ma ad

(30) In RAYMOND QUENEAU, «I Fiori blu di Ray- (34) Jean-Marie Queneau ci ha fatto sapere di mond Queneau nella traduzione di Italo Calvino», non avere idea di dove si trovino le lettere di Cal- Torino, Einaudi, 1967, Nota del traduttore, p. 266. vino, mentre Ester Singer si è detta stupita di non (31) Silvia Taddei considera la traduzione pre- aver trovato in casa le lettere inviate da Queneau, cisa dal punto di vista lessicale e sintattico, anche anche perché per suo marito erano molto preziose. se assolutamente inventiva e disinvolta (op. cit., p. Tuttavia, ci ha spiegato, Calvino conservava pochis- 97); Federici, che prende in esame solo l’incipit del sime copie delle lettere che inviava. Probabilmente romanzo, conclude che Calvino, spesso infedele, una lettera doveva essere del 1966, perché ricorda anche se corretto nel senso e nelle tematiche, «cal- che il marito ne fece una lettura ad alta voce quan- vinizza» il testo (op. cit., p. 16). do erano ancora a Roma, in Via di Monte Brianzo, (32) I fi ori blu, op. cit., pp. 269-270. prima di andare a vivere a Parigi. La Signora ri- (33) Cogliamo l’occasione per ringraziare della corda con invidiabile precisione il contenuto della loro gentile consulenza Luca Baranelli, Roberto Ce- lettera di Queneau che ha per oggetto Mallarmé (9 rati, Sara Anselmo, Carla Sacchi, Giudo Davico Bo- gennaio 1967), e ci racconta ancora di aver chiesto nino, Suzanne Bagoly e soprattutto la signora Ester agli amici dell’Oulipo se sapessero dove erano fi nite Singer Calvino e Jean-Marie Queneau, che ci hanno le missive del marito. La risposta fu che il fi glio di fornito preziose informazioni rispondendo con sol- Queneau, alla morte del padre, aveva venduto tut- lecita cortesia alle nostre domande e concedendoci to. La signora Ester Singer ci ha scritto anche che di pubblicare le lettere qui di seguito trascritte. le pare oggi impossibile ricostruire tempi e luoghi

sf150_interni 555 23-02-2007, 16:49:36 556 Paola Sosso

oggi è possibile ricostruire solo una parte di un carteggio probabilmente laconico ma signifi cativo. Queneau, a quanto scrive Calvino (ma questo elemento è confermato da altre fonti), era scarsamente «comunicativo», poco incline alla conversazione e ad un uso non misurato del linguaggio: questo è quanto emerge dalla descrizione ammirata che l’autore italiano ne offrì in un intervento radiofonico del 1983 dove leggiamo: Queneau non era una persona facile da conoscere perché era molto gentile, molto affabile ma non era molto comunicativo, oppure sono io che non sono molto comunicativo, oppure c’erano due scarse comunicazioni che s’incontravano. Era una persona che si vedeva sempre da Gallimard, nel suo uffi cio di direttore dell’Encyclopédie de la Pléiade. Era un signore vestito di scuro, corpulento, con gli occhiali, con l’aria di uno che poteva essere un professore o un di- rettore di banca come spesso avevano gli uomini della sua generazione in Francia. I surrealisti a vederli esteriormente erano delle persone vestite con molta proprietà che si comportavano in maniera molto normale; in Queneau c’era anche forse un sovrappiù di cerimoniosità, di genti- lezza, che creava una certa distanza ma che era interrotto continuamente da delle risate sardo- niche. Negli ultimi anni lo vedevo abbastanza regolarmente e aveva questo spirito paradossale sempre molto contenuto e nello stesso tempo una grande leggerezza, una grande modestia. Non era uno di quegli scrittori per cui la propria opera è il centro del mondo, aveva quel senso della relatività dei valori che è proprio dell’intelligenza35.

Doveva certamente apparire come un tipo poco loquace, Queneau, che dice- va di non amare parlare, perché «c’est toujours une grande affaire, de parler; cela va toujours plus loin que le contenu apparent»: la lingua è un utensile inadeguato, afferma Queneau in questa intervista a Charbonnier, dove confessa un certo timore per la falsità del linguaggio (scritto e orale), che scivola su una realtà cangiante e continuamente diversa da se stessa, secondo una teoria che riprende, come egli stesso sostiene, la teoria hegeliana. Ed ecco le conclusioni, che spiegano il tono e i contenuti delle lettere che Queneau scrisse a Calvino: «Alors tout ce qu’on dit, moi cela me fait un peu peur, parce qu’en effet tout ce qu’on dit, si on le passe au petit tamis, il n’en reste pas grand chose»36. Estremo rigore e controllo su quanto esce dalla bocca e dalla penna, quindi, confermato, se mai fosse necessario, dalle missive inviate al traduttore italiano alle prese con la versione de Les fl eurs bleues. Lo stesso Italo Calvino, d’altronde, ed ecco un altro punto comune, era d’animo piuttosto taciturno, se diamo credito a una sua testimonianza: Sono ligure, mia madre è sarda: ho la laconicità di molti liguri e il mutismo dei sardi, sono l’incrocio di due razze taciturne37.

Se ad oggi non è possibile leggere le missive di Calvino, un primo passo signifi ca- tivo è costituito certamente dalla lettura delle lettere di Queneau giunte a noi e custo- dite al Centre Queneau di Verviers in Belgio38: possiamo infatti mettere a confronto questi brevi testi con quanto è ad oggi possibile ricostruire delle rifl essioni di Calvino unendo varie fonti tra cui la postfazione alla traduzione del romanzo. Cominciamo dunque con il primo testo, datato 9 janvier 1967:

del primo incontro, ma afferma che ha certamente Centre Queneau nel classeur 99 bis. Cogliamo l’oc- avuto luogo dopo la traduzione de I Fiori blu. casione per ringraziare per la gentile concessione (35) Album Calvino, op. cit., pp. 191-192. alla pubblicazione la Signora Ester Singer Calvino (36) Entretiens, op. cit., pp. 12-19. e Jean-Marie Queneau; ringraziamo ancora, in (37) Citato da D. SCARPA, Italo Calvuino, op. questa occasione, la direttrice del centro Queneau cit., p. 1. di Verviers, Suzanne Bagoly, disponibile e preziosa (38) Le copie Xerox delle lettere si trovano al per i suoi consigli.

sf150_interni 556 23-02-2007, 16:49:37 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 557

9 janvier 1967 Cher Monsieur et ami,

Le Stéphane en question, c’est (pour moi)- Stéphane Mallarmé. Il était peut-être causant à ses mardis, mais son œuvre fait me semble-t-il penser à la concision, sinon à la taciturnité. Je ne vous ai pas répondu plus tôt ayant mal commencé l’année avec une grippe. Mes meilleurs vœux pour 1967. Et en vous disant encore une fois combien je me sens honoré traduit par un écrivain de votre qualité, je vous prie de croire, Mon cher Calvino, à l’expression de mes sentiments les meilleurs. Queneau

Calvino riprende l’essenziale di questa breve lettera nella postfazione cui abbia- mo in precedenza fatto cenno, citandone la parte centrale e spiegando quale fosse stata la sua richiesta: L’avevo interpellato sui nomi dei due cavalli parlanti del Duca D’Auge, che si chiamano Démosthène e Stéphane. Il perché del primo nome è chiaro, dato che è un cavallo parlante che tende all’eloquenza, ma l’altro, che solo bofonchia poche frasi, perché si chiama così? «Le Stéphane en question, c’est (pour moi)- Stéphane Mallarmé. Il était peut-être causant à ses mardis, mais son œuvre fait me semble-t-il penser à la concision, sinon à la taciturnité».39

Certo ottenne poco Calvino da questa prima risposta, anche se non ci è dato di sapere se, nella sua lettera, egli avesse posto altre domande o se invece si fosse attenu- to a uno stile conciso, rapido e immediato, simile a quello dello scrittore francese. Passiamo alla seconda missiva:

nrf

5, rue Sébastien –Bottin Paris VII

7 février 1967 Cher Monsieur et Ami,

Je me suis amusé à imiter le procédé fl aubertien de mettre en italiques les lieux communs et les expressions toutes faites- comme d’ailleurs vous l’avez bien vu en les appelant des phrases feuilleton. J’y ai ajouté «vachement» en prime, comme exemple d’adverbe à tout faire. Veuillez croire, Cher I.Calvino, à l’expression de mes sentiments les plus cordiaux.

Queneau

P.S. Einaudi n’est-il pas l’éditeur de Propp? Pourrai-je avoir en communication un de ses ouvrages? Merci d’avance. Q.

Je vous ai écrit à Turin! Grave erreur!! Considérez donc le P.S. comme nul et non ave- nue. Avec mes excuses.

Q.

21-12-67

(39) Postfazione, op. cit., p. 270.

sf150_interni 557 23-02-2007, 16:49:37 558 Paola Sosso

Calvino non ricorda purtroppo nelle rifl essioni raccolte al termine della tradu- zione alcun elemento di questa lettera, che ha del resto un carattere molto generale, perché è applicabile a numerosi brani de Les fl eurs bleues. Signifi cativa, in ogni ca- so, la considerazione di Queneau, che condivide la scelta linguistica del traduttore italiano e ne riconosce la precisione lessicale. La mise en relief dei luoghi comuni, procedimento ripreso da Flaubert, autore prediletto da Queneau come da Calvino, ci invita a ricordare un altro elemento fl aubertiano che accomuna i due scrittori: l’ac- cumulazione di dati, di parole, di oggetti, tecnica ricorrente nel romanzo con la quale l’autore italiano si trovò a suo agio perché egli stesso ne faceva uso. Ancore da rilevare l’appunto sull’avverbio «vachement», usato più volte nel romanzo ( e tradotto in mo- di diversi da Calvino) con funzione «tuttofare», come giustamente precisa Queneau, tanto che il traduttore dovrà ogni volta cercare funzioni e signifi cati diversi per un avverbio così familiare e «malleabile». Passiamo alla terza lettera:

Nrf

15 mars 1967 Cher Monsieur et Ami,

Le livre de Propp est arrivé et je vous en remercie, je vais aussitôt en prendre connais- sance. Je ne savais pas qu’Einaudi s’intéressait à Bords [nome non comprensibile, n.d.c.]. Je ne suis pas trop d’avis d’y joindre les préfaces à l’Histoire des Littératures, dont je ne suis pas trop content. On pourrait aussi extraire certaines choses de B.C. et L., mais est-ce que ça ne compli- querait pas les choses au point de vue droits d’éditeurs? Enfi n Sergio Tosi à Milan va publier un livre de Bords et un traité de moi sur l’»analyse matricielle du langage» (et qques exemples); mais c’est aussi un peu en dehors de Bords. Au fond, je préférerais une traduction pure et simple (j’aurais deux ou trois petites mo- difi cations). Veuillez croire, cher ami, à l’expression de mes sentiments les plus cordiaux.

Queneau

Per interpretare questa lettera, sarebbe fondamentale conoscere la missiva inviata da Calvino: in ogni caso, questo testo non pare contenere riferimenti alla traduzione de Les fl eurs bleues, se non quella frase alla fi ne della lettera: «Au fond, je préférerais une traduction pure et simple (j’aurais deux ou trois petites modifi - cations)» di diffi cile comprensione, ma probabilmente in rapporto con la parte che precede. Lo stesso Calvino, il 28 maggio 1979, in una lettera scritta a Parigi e conservata a Verviers in cui non è purtroppo indicato il destinatario, scriveva tra l’altro: Je vous envoie en photocopie quatre lettres de Queneau de 1967 et une de 1973. Les premières répondent à des questions que je lui posai en traduisant les fl eurs bleues.

Questo a conferma del fatto che le ultime due lettere poco ci dicono sulla tradu- zione: l’ultima del 1967, come vedremo, concerne il romanzo, ma è un sentito ringra- ziamento al traduttore, mentre quella del 1973 è ancora oggetto di ricerca. Leggiamo dunque questa ultima missiva:

sf150_interni 558 23-02-2007, 16:49:37 Calvino, Queneau e ‘I fi ori blu’ 559

Nrf 10 juillet 1967

Cher Monsieur et Ami,

En rentrant des vacances (que j’ai prises en juin), je trouve I fi ori blu: c’et pour moi vrai- ment une grande joie et un grand honneur d’être traduit par un écrivain comme Italo Calvino. J’ai commencé à «me» lire avec une extrême satisfaction, ne me disant (quelle vanité!): «Com- me j’écris bien l’italien!». Merci encore, cher Calvino, d’avoir consacré une partie de votre précieux temps à ce modeste écrit. Avec mes sentiments admiratifs et dévoués

Queneau

Scarne e limitate, le notizie che ci danno questa lettere: esse costituiscono un piccolo spiraglio, un primo passo nel cammino per ricostruire il rapporto Calvino- Queneau, le loro comuni passioni, il loro incontro «letterario», la loro amicizia, tra i cui frutti rimane un’originalissima traduzione, che, come le grandi opere, sembra non invecchiare mai, perché continua a essere letta ed apprezzata, una traduzione in cui domina l’armonia, l’intelligenza creativa, la logica complessa dell’opera considerata nel suo insieme, piuttosto che la ferrea ed implacabile verità del dizionario40. Per far sì che una traduzione sia veramente armoniosa e che quindi non invecchi mai, come è il caso della versione italiana de I fi ori blu, Calvino ha forse, davvero, compiuto quel miracolo cui abbiamo prima fatto cenno, perché «Tradure è un’arte: il passaggio di un testo letterario, qualsiasi sia il suo valore, in un’altra lingua richiede ogni volta una qualche tipo di miracolo. Sappiamo tutti che la poesia in versi è intraducibile per defi nizione; ma la vera letteratura, anche quella in prosa, lavora proprio sul margine intraducibile di ogni lingua. Il traduttore letterario è colui che mette in gioco tutto se stesso per tradurre l’intraducibile»41. PAOLA SOSSO

(40) Si veda quanto scrive a tal proposito Calvino terna della frase presa nel suo complesso, anche se in un articolo pubblicato su «Paragone letteratura», questo avviene con la piccola violenza, lo strappo XIV, 168, dicembre 1963, pp. 112-118 e ripreso nei che il parlato tende ad imporre alla regola». Saggi, 1945-1985, a cura di Mario Barenghi, Mila- (41) In «Tradurre è il vero modo di leggere un no, Mondadori, 1995, 2 tomi, 1 tomo, p. 1781: «Io testo», op. cit., p. 1826, si veda anche quanto scrive non sono un devoto del dizionario; quel che conta Meschonnic, Poétique du traduire, op. cit., p. 22. per me è la vittoria dell’armonia e della logica in-

sf150_interni 559 23-02-2007, 16:49:38 sf150_interni 560 23-02-2007, 16:49:38 Recensioni 561

RECENSIONI

CHARLES SOREL, Les nouvelles choisies. Où se trouvent divers incidents d’Amour et de Fortune, édition critique par Daniela DALLA VALLE, Paris, Honoré Cham- pion, coll. «Sources classiques», 2005, pp. 429.

Il volume delle Nouvelles choisies curato da quale naviga l’allora giovanissimo Sorel. Entram- Daniela DALLA VALLE inaugura per i tipi di Ho- be, inoltre, verranno successivamente sottoposte noré Champion un ciclo di riedizioni di alcune a considerevoli aggiunte e rimaneggiamenti, que- fra le maggiori opere di Charles Sorel. Secondo sti ultimi spesso ispirati proprio dalla necessità di un disegno editoriale teso a rinnovare la ricezione smorzare il libertinismo fl amboyant delle versioni del grande poligrafo francese, al restauro fi lolo- originali. Per quanto concerne Les Nouvelles choi- gico e al commento critico delle Nouvelles pro- sies, il passaggio dalla prima edizione, il cui tito- dotti da Daniela Dalla Valle dovrebbero seguire, lo era Les Nouvelles françaises, a quella del 1645, per mano di altri studiosi, analoghe operazioni assunta come testo di riferimento dalla curatrice, sui testi dell’Histoire comique de Francion, del rivela sfaccettature ideologiche ed estetiche non Berger extravagant e della Bibliothèque française. meno rilevanti di quelle già messe in luce dalla Tale progetto si giustifi ca per il peso crescente critica a proposito delle varianti del Francion. di Sorel negli studi sul Seicento francese (basti Nell’esauriente introduzione al volume, Da- pensare all’inclusione del Francion fra le opere niela Dalla Valle suddivide in cinque categorie in programma per il Concours d’Agrégation del le modifi che intervenute fra il 1623 e il 1645. 2001, accompagnata dall’abituale, imponente Alcune di esse riguardano le cinque novelle già massa bibliografi ca), ma trova ulteriore motiva- presenti nell’edizione originale, e consistono: zione nelle peculiarità stesse della prassi letteraria la prima, in un’operazione di modernizzazione dell’autore, costantemente impegnato in lavori di linguistica; la seconda, nella trasformazione dei correzione, incremento e riscrittura. titoli e nella mutata disposizione dei testi all’in- Les Nouvelles choisies rappresentano in questa terno della raccolta; la terza, infi ne, nella già ac- prospettiva un episodio centrale, vera e propria cennata attenuazione dei motivi più audacemente chiave di accesso ai sinuosi percorsi creativi di So- libertini. Le due ultime categorie vertono invece rel, e caso tanto più interessante in quanto, sino sugli innesti dell’ edizione del 1645: innanzitutto, ad ora, poco indagato, se non altro rispetto alle l’aggiunta di due testi inediti, rispettivamente al- numerose analisi di cui è stata oggetto la decen- l’inizio e alla fi ne della raccolta (Les amours hors nale stesura e revisione del Francion (si segnalano, de saison e Les respects nuisibles); in secondo luo- in particolare modo, gli interventi di Jean Serroy, go, la creazione di una cornice che leghi fra esse D’un roman à métamorphose: la composition du e racchiuda in forma defi nitiva le ormai sette no- “Francion” de Charles Sorel, «Baroque», 6, 1973, velle. Ad ognuna di queste categorie – eccettuata pp. 97-103; Fausta Garavini, “Francion” rivisita- la prima, cui è consacrato uno studio a sé stante to: diacronia di una struttura, «Saggi e ricerche di di Laura Rescia – l’introduzione riserva ampie e letteratura francese», XIV, 1975, pp. 39-107; e penetranti annotazioni critiche. Tenteremo qui Emmanuel Desiles, Les avatars de l’Histoire comi- fedelmente di esporle, provando inoltre a enu- que de Francion, «Studi francesi», 120, XL, 1996, clearne gli spunti essenziali. pp. 501-516). Come rimarcato da Daniela Dalla «La modifi cation du titre des nouvelles pique Valle a pagina 10 dell’ introduzione, il legame ge- la curiosité et mérite qu’on s’y attarde» (p. 13). netico tra le due opere si presta d’altronde a un Nel lasso di tempo che separa le due edizioni, la esame storico unitario. Entrambe vengono pub- trasformazione dei titoli delle singole novelle, co- blicate, nella loro prima veste, lo stesso anno del sì come di quello della raccolta, ubbidisce a una processo contro Théophile de Viau, il 1623, data precisa logica di slittamento semantico dal con- cruciale per la crisi della corrente libertina nella creto all’astratto, dal particolare all’universale:

sf150_interni 561 23-02-2007, 16:49:38 562 Recensioni

«Ce qui intéresse maintenant notre auteur, c’est quanto sovente piuttosto ingenuo, di alcune in- d’élargir le discours plutôt que de le préciser, de cursioni teoriche oltre i confi ni delle competenze le généraliser plutôt que de le concentrer sur un acquisite, come comprovato, nel caso dell’autore fait singulier. Il ne caractérise plus chaque nou- delle Nouvelles, da un suo avventuroso tentativo velle par la référence concrète aux principaux di partecipare alla Querelle du Cid rivendicando personnages qui y fi gurent, il en retient plutôt assoluta ignoranza della Poetica di Aristotele: «Je un trait essentiel qu’ il met en relief dans le titre. n’ay jamais leu Aristote, et ne sçay point les règles Au lieu d’un “pauvre doté de générosité”, il évo- du théâtre mais je règle le mérite des pièces selon que “la vertu récompensée”; au lieu d’une “sœur le plaisir que j’y reçoy» (Le jugement du Cid, com- tourmentée”, il évoque “la jalousie cruelle”; au posé par un Bourgeois de Paris, Marguillier de sa lieu d’un “couple de mal mariés”, “les mariages Paroisse, citato in A. Gasté, La Querelle du Cid, mal assortis”, etc. Au-delà du cas particulier de pièces et pamphlets publiés d’après les originaux, chaque histoire, c’est sa valeur universelle qui H. Welter, Paris, 1898, p. 231). est soulignée» (p. 13). Le variazioni nella dispo- La successiva categoria di varianti comprende sizione delle cinque novelle originarie all’interno i già evocati aggiustamenti dell’ispirazione liber- dell’opera sono di meno agevole lettura. La pro- tina, ed è forse la più signifi cativa sotto il profi lo posta della curatrice d’ interpretarle come l’esi- storiografi co. Gli interventi di Sorel sul testo del to di una scelta di raggruppamento e alternanza 1623 si applicano a un ventaglio di temi notevol- per categorie drammaturgiche pare pienamente mente articolato. Si passa da un libertinismo ero- convincente: «Le recueil présente une série de tico che non indietreggia di fronte all’evocazione nouvelles dont les quatre premières sont tragi- di pulsioni omosessuali, al motivo, già centrale comiques des amours contrariés (ou comiques, nell’Histoire comique de Francion, della générosi- dans le sens de l’époque), viennent ensuite une té, forma di merito contrapposta ai privilegi di na- nouvelle “tragique”, une nouvelle “tragi-comique scita, o, ancora, agli sfoghi blasfemi di alcuni per- d’aventure” et une “pastorale”. Je me suis permis sonaggi contro l’ingiustizia divina (ma sono pre- d’utiliser une terminologie théàtrale pour défi nir senti anche varianti indipendenti dall’ ispirazione ces nouvelles parce que c’est ce que Sorel lui-mê- libertina iniziale, come esemplifi cato dal più pru- me a fait dans sa présentation Aux lecteurs: “vous dente trattamento narrativo che, nel 1645, Sorel trouverez dans ce livre une agréable matière d’en- riserva al tema del duello, divenuto nel frattempo tretien avec de beaux sujets pour des pièces de oggetto di controversie politiche e letterarie). Pur Théâtre”» (p. 15). La constatazione di come, raro sottolineando gli inconvenienti di questa scelta di esempio tra gli autori di rilievo della sua genera- autocensura, Daniela Dalla Valle dimostra come, zione, Sorel non si sia mai cimentato con la scrit- non diversamente da quanto accade nel caso del tura teatrale, non può, malgrado un apparente Francion, gli accorgimenti cautelativi dell’autore paradosso, che confermare la felice intuizione di non bastino a tacciare d’impoverimento o bana- Daniela Dalla Valle. È in effetti del tutto plausi- lizzazione l’edizione del 1645. La maturazione del bile che Sorel, forte del precedente delle Novelas testo comporta, certo, una perdita di freschezza ejemplares di Cervantes, principale fonte delle semantica e vigore ideologico, ma si accompagna Nouvelles choisies, nonché palinsesto di numero- anche a una più rigorosa veste stilistica (come se pièces francesi del Seicento, volesse affi dare al- puntualmente rilevato nella preziosa Analyse lin- le proprie narrazioni brevi la missione di colmare, guistique di Laura Rescia) e a una meglio defi nita perlomeno in forma indiretta, un’anomala lacuna organizzazione narrativa. della sua carriera di scrittore. È bene ricordare, in È precisamente di quest’ultimo aspetto che proposito, come l’itinerario letterario di Sorel sia tratta la curatrice commentando l’aggiunta di stato assunto a paradigma delle diffi coltà inerenti due novelle al principio e in coda alla raccolta, allo status allora emergente di autore da due fra i nonché l’inserzione di passaggi metadiegetici con maggiori storici della cultura francese del Seicen- funzione di cornice. Gli apporti e le modifi ca- to, senz’ altro i più attenti al nesso fra letteratura e zioni alla struttura dell’opera confi gurano una società: Alain Viala (Naissance de l’écrivain. Socio- diversa concezione estetica, da un lato, regres- logie de la littérature à l’âge classique, Paris, Éd. de sivamente prossima ai modelli rinascimentali di Minuit, 1985, pp. 234-235) e Christian Jouhaud ascendenza boccacciana, dall’altro, già volta in (Les pouvoirs de la littérature. Histoire d’un para- direzione di una futura poetica del distanzia- doxe, Paris, Gallimard, 2000, pp. 161-194). Nel- mento, l’art de l’éloignement, secondo la formu- l’ottica degli studi sulla nascita della fi gura mo- la di un fortunato saggio sul classicismo francese derna dello scrittore, il ponte gettato da Sorel ver- (Thomas Pavel, L’art de l’éloignement. Essai sur so un genere da lui mai praticato, ma determinan- l’imagination classique, Gallimard, Paris, 1996). te in termini di affermazione nel campo letterario, È esemplare, al riguardo, il testo inserito alla fi - rivela i limiti impliciti nell’elezione della forma ne dell’edizione del 1645, Les respects nuisibles. racconto quale unica espressione creativa, e con- In questa novella narrata alla prima persona da sente altresì di valutare l’intento strategico, per un personaggio della cornice, Sorel evoca, sotto

sf150_interni 562 23-02-2007, 16:49:38 Recensioni 563

il tenue velo di un’ambientazione pastorale, la pure a tratti un poco insipida, di riordino strut- propria adolescenza trascorsa fra precoci pro- turale, tematico e stilistico. Come suggerito dalla ve poetiche di matrice galante e contatti con il curatrice, sarebbe inopportuno accordare un’uni- milieu libertino riunito attorno alla carismatica voca preferenza alla prima o alla seconda versio- fi gura di Théophile de Viau. Il tema centrale del ne; entrambe presentano irrinunciabili connotati racconto, ovvero un’infelice, pudica e ostinata estetici, e una corretta lettura dell’opera non può passione adolescenziale, si presta, grazie alla pen- prescindere da questa sua natura mobile e stra- na ormai esperta dell’autore, all’impiego di una tifi cata. È d’altronde su tale presupposto che si tonalità narrativa in minore, esitante fra l’ironico fonda l’utile scelta di corredare il testo del 1645 e il melanconico, in maniera non dissimile, come non solo con un apparato completo delle varianti osserva Daniela Dalla Valle, da quanto avviene del 1623, ma anche con numerose note in cui è nel Page disgracié (1643) di Tris-tan L’Hermite, proposta un’interpretazione dei più signifi cativi altro autore formatosi nel pieno della temperie li- fra gli interventi d’autore; «le choix d’un seul re- bertina e orientatosi in seguito, non è dato sapere cueil par rapport à l’autre», glossa Daniela Dalla con certezza se per autentico convincimento o Valle, «ne peut être absolu ni défi nitif: la seconde motivazioni prudenziali, verso un’ espressione version, quoiqu’améliorée sur le plan formel, ne neo-stoica di umanesimo cristiano. L’adozione peut être justement interprétée si on ne la rappro- di questo registro distanziato non solo consen- che pas de la première, en la comparant à celle-ci te all’autore di rivisitare criticamente la stagione dans plusieurs occasions, surtout sur le plan idéo- del libertinismo fl amboyant e delle mode arca- logique» (p. 24). diche in voga all’Hôtel de Rambouillet, ma gli Il Sorel che emerge tra le pieghe dell’ edizione offre anche lo spunto per rifl essioni teoriche sul critica di Daniela Dalla Valle si situa a distanza principio della naïveté, nozione che troverà ulte- intermedia fra l’immagine accreditatane dai primi riori sviluppi nella Bibliothèque française (1664) commentatori, Émile Roy e Antoine Adam, pro- e nella Connaissance des bons livres (1671). Les pensi a svalutare con indebita fretta la maturazio- respects nuisibles si chiude così sulle reazioni ne del giovane libertino, e quella ricostruita da dell’uditorio a proposito della maggiore vero- alcuni interpreti recenti, i quali, per reazione alla simiglianza del racconto di Panfhile rispetto a vulgata, hanno talvolta ecceduto nel tentativo di quelli in precedenza ascoltati: «Panfhile ayant attribuire all’autore una forte coerenza attraverso ainsi raconté son histoire, chacun avoua que gli anni (ci sembra questo il caso dei pure impre- l’on n’en pouvait entendre une plus naïve; qu’il scindili contributi di Fausta Garavini, secondo n’y avait pas des aventures étranges comme il en cui Sorel «non cessa di sognare i suoi giovani peut arriver à des personnes qui courent le pays, sogni, lavorando interminabilmente a un’unica ni de grandes intrigues comme à des courtisans opera, frammentandola e suddividendola in li- raffi nés, ni des combats et autres entreprises bri diversi, che appaiono come singoli capitoli, hardies, comme celle des hommes âgés et réso- stesure parziali, brogliacci preparatori», La casa lus; mais que c’étaient de vraies affections d’un dei giochi. Idee e forme nel Seicento francese, Ei- jeune homme, qui n’a pas encore appris tonte la naudi, Torino, 1980, p. 142). Ne risulta il ritratto malice du monde» (p. 412). Memore di una già in fi ligrana di uno scrittore sensibile alle pressioni sperimentata intelligenza critica del testo (si ve- della sua epoca e pronto al cambiamento, ma non dano, fra altre pubblicazioni, Le nuove novelle di pertanto incline a facili palinodie; uno scrittore, Charles Sorel [1645], in La «guirlande» di Ceci- in breve, la cui evoluzione rispecchia il destino di lia. Studi in onore di Cecilia Rizza, Schena-Nizet, grande parte della corrente libertina, combattuta Fasano-Paris, 1996, pp. 385-395; e “Les respects fra desiderio di fedeltà alle origini e necessità di nuisibles: una novella pastorale di Charles Sorel”, un ritorno all’ ordine. in Pastorale italiana-Pastorale francese, supple- Grazie a questa edizione critica delle Nouvelles mento a «Franco-Italica», 1996, pp. 159-166), choisies, è ormai posta la prima pietra del monu- Daniela Dalla Valle si mostra particolarmente mento tardivamente innalzato a uno fra i massimi attenta a questo carattere di hapax narrativo, narratori del Seicento. Prolungando, e ribaltan- mettendone in luce il contributo determinan- do al tempo stesso, una metafora già impiegata te alla trasformazione del senso generale della da Sorel al fi ne di prevenire gli attacchi dei suoi raccolta. Ad immagine di quest’ultima novella, detrattori («je vous declare que comme l’edifi ce l’edizione del 1645 si contraddistingue, in ultima est fresle et de peu de prix, le fondement n’est pas analisi, per un processo relativamente uniforme plus à estimer», La Maison des Jeux, N. de Sercy, di “smorzatura”, si svolga esso sul piano lingui- Paris, 1642, pp. 403-404), concluderemo col dire stico, ideologico o narrativo. Le libertà verbali, che le fondamenta gettate da Daniela Dalla Valle gli accenti eterodossi e l’esuberanza narrativa di per la costruzione di questo edifi cio non potreb- un giovane “io” autoriale che s’impone come uni- bero essere più solide. co elemento di connessione fra i diversi racconti lasciano il campo a un’operazione sapiente, sep- [FILIPPO D’ANGELO]

sf150_interni 563 23-02-2007, 16:49:39 564 Recensioni

AA. VV., La rifl essione sul romanzo nell’Europa del Settecento, a cura di Rosama- ria LORETELLI e Ugo M. OLIVIERI, Milano, Franco Angeli, 2005, pp. 164.

Come apprendiamo dall’Introduzione (pp. 7-9) che recensioni», è riuscito a far breccia sui lettori a cura di OLIVIERI, gli studi sul romanzo del Sette- gettando, così, le premesse capaci di porre fi ne al cento mostrano che accanto all’apparizione «del- «labirinto degli sperimentalismi» a vantaggio di la nuova forma narrativa del novel» il XVIII seco- quel novel che «si consoliderà nel grande roman- lo ha generato tutta «una produzione saggistica zo ottocentesco». dedicata a discutere e analizzare i tratti innovativi Annamaria LAMARRA (La teoria del romanzo del genere». Data l’importanza di tali discussioni nel novel of manners di Frances Burney, pp. 39- teoriche sempre più la critica moderna ha parto- 47), invece, concentra la propria attenzione sulla rito ricerche fi nalizzate a gettare nuova luce sui differenza sostanziale tra la narrativa del periodo romanzi di quel periodo, e in tale ottica si situa precedente, in cui «il potere dell’irreale […] ali- anche il convegno dal titolo «La rifl essione sul ro- mentava gli universi fantasmatici del gotico», e manzo nell’Europa del Settecento» organizzato a quella emergente durante il secolo dei Lumi, in Napoli il 23 e il 24 ottobre 2003 dalla Società Ita- cui si «privilegia come fi lo conduttore della trama liana di Studi sul secolo XVIII, dall’Istituto Italia- “i modi e gli atteggiamenti tipici dei tempi”, cui no per gli Studi Filosofi ci e dal Dipartimento di guardano con crescente interesse i nuovi soggetti Filologia Moderna “Salvatore Battaglia” dell’Uni- sociali». Al centro dell’indagine della studiosa v’è versità partenopea “Federico II”. Il presente vo- il novel of manners di Frances Burney, che pone lume a cura di Rosamaria Loretelli e Ugo Olivieri quale cardine del proprio operare la più concre- raccoglie gli atti di queste giornate di dibattito ac- ta aderenza del narrato alla natura dalla quale i cademico nell’intento di fornire agli studiosi un personaggi sono ricavati, in modo tale da fornire utile compendio di interventi fi nalizzati soprat- «“l’immagine di una supposta, e tuttavia naturale tutto a indagare il ruolo dell’Italia all’interno di e possibile esistenza umana”». una più prolifi ca dimensione franco-inglese. Mirella BRINI SAVORELLI (A maze, but not In questo contesto, Giorgio CUSATELLI (Intor- without a plan. Di una linea di pensiero a pro- no al romanzo settecentesco, pp. 11-16) inquadra posito del narrare in Francia nel Settecento, pp. le linee generali dell’argomento oggetto di studio 49-59) si mostra affascinata da un tema che, tra – vale a dire il romanzo settecentesco – prestando i testi da lei presi in esame, ritrova anche in una attenzione alla «dimensione sociologica» della ri- pagina di Isabella Biagini: il metaromanzo. Par- cerca. In tale ambito, Cusatelli rileva quanto im- tendo da una citazione dalle Lettres persanes di portante fosse la fruizione da parte del pubblico Montesquieu, Brini Savorelli analizza le digressio- femminile e quanto signifi cativi fossero la produ- ni interne ai romanzi settecenteschi, mettendone zione (all’interno della quale elenca le ripartizioni in luce eventuali positività e negatività nell’ottica del genere messe in evidenza da Alain Montan- della leggibilità del prodotto e della sua capacità don) e il consumo del romanzo in nazioni quali di conversare con i lettori. la Francia e l’Inghilterra, specie se a tutto ciò si Pino FASANO (Il romanzo inesistente, pp. 61-75) paragona la scarsità e la mediocrità del prodotto ricerca le motivazioni per cui l’Italia settecentesca italiano. è considerata un po’ il fanalino di coda europeo Rosamaria LORETELLI (Dell’unità narrativa, ov- per quanto riguarda la produzione e la commer- vero la rifl essione settecentesca inglese sul roman- cializzazione del nuovo romanzo. Ancor più, Fa- zo, pp. 17-38) approfondisce il divario esistente sano si spinge a sottolineare come si sia persino tra la produzione romanzesca franco-inglese e giunti a negare l’esistenza di un romanzo italiano quella italiana, e scopre che la maggior fortuna settecentesco, mettendo in luce come i suoi pro- della nuova forma narrativa in terra britannica tagonisti (vedasi un Pietro Chiari), a differenza di è dovuta soprattutto all’intenso dibattito crea- quanto accadeva nel dibattito francese o inglese, tosi intorno a quel prodotto che «tutti da un tendessero addirittura «a svilire la rilevanza del- certo momento in poi non hanno più esitato a la [loro stessa] vocazione narrativa». Dopo una chiamare novel». Fornendo puntuali spiegazio- lucida e puntuale analisi, Fasano conclude accet- ni, supportate da citazioni d’autore (Fielding, tando parzialmente l’ipotesi dell’inesistenza del Congreve, Smollett,…), sulla rifl essione legata al romanzo italiano settecentesco semplicemente nome più consono da adottare per il nuovo gene- spostando gli accenti del giudizio: egli, infatti, re in sviluppo, nonché dei suoi stessi contenuti e seguendo l’ideologia di Friedrich Schlegel, ritie- strutture formali, Loretelli ci restituisce l’intensità ne che se si considerasse il roman come «il neces- di un dibattito «reader-oriented» che, svolgendo- sario elemento di ogni forma poetica», cosicché si nel cuore di «prefazioni e commenti interni ai «un romanzo» non sarebbe altro che «un libro romanzi, lettere e diari, articoli di giornale e an- romantico», si renderebbe pienamente conto del-

sf150_interni 564 23-02-2007, 16:49:39 Recensioni 565

la mancanza di tale roman, «come genere stretto», alla storia, però, non deve essere «una tendenziale nell’Italia del XVIII secolo. archeologia del passato», ma un’oscillazione «di Carlo Alberto MADRIGNANI (Il romanzo, cate- un’anima, esposta alla disarmonia della storia». chismo per le riforme, pp. 77-101), prestando la I romanzi, perciò, devono «trasmettere ai lettori propria attenzione alla napoletana Società lette- l’immagine di “una realtà che riscuote profondo raria e tipografi ca diretta dal «padrone culturale» interesse negli Italiani, e ha pure la forza di col- Giuseppe Maria Galanti, «scolaro dichiarato di pire l’attenzione dei lettori stranieri”». Di Walter Genovesi», torna a sua volta a quella che può Scott, allora, si possono riprendere metodi e fi ni, essere defi nita la dimensione sociologica del ro- ma – attraverso l’uso della forma epistolare, più manzo durante il secolo preso in esame. In mo- adatta allo scopo perseguito – «descrivere “i con- do particolare, Madrignani vede nel romanzo il temporanei e i viventi”». «centro di quella rivoluzione del libro» inaugu- Clotilde BERTONI (Il romanzo in discussione: ratasi «da quando un’editoria popolare ed effi - il discorso metanarrativo nel Fermo e Lucia, pp. mera [è riuscita] a conquistare zone di pubblico 129-144) presta attenzione alle differenze esisten- che sembrano emergere dal nulla». Questo «ge- ti tra i manzoniani Fermo e Lucia e I Promessi Spo- nere selvaggio», «refrattario agli statuti sia della si. In modo particolare, l’interesse della Bertoni è “buona letteratura” che del vivere civile», ren- veicolato verso l’analisi dell’«intrusione massiccia deva conto di una cultura «bassa», che imparava del narratore» – così consistente da creare «pause a educarsi sulle pagine avventurose e passionali discorsive tali da incrinare i confi ni fra narrativa e del nuovo prodotto, parallela e contrapposta a saggio» – che va sempre più riducendosi man ma- una «alta» uffi ciale e di Chiesa. Anche per que- no che prende forma la versione defi nitiva del ca- sto, a suo avviso, «nessun potente se ne [fece] polavoro dato alle stampe. La metanarratività dei protettore», e anche per questo l’Italia si trovò Promessi Sposi è «meno aggressiva e meno vulne- arretrata rispetto alle culture estere di Francia rabile», pur mantenendo sempre «saldamente il e Inghilterra. monopolio del discorso», come prova la «gestio- Daniela MANGIONE (Ruoli e funzioni di auto- ne della digressione, sempre accentrata nelle […] re e lettore nel dibattito settecentesco italiano sul mani» di Manzoni. Il lavoro dell’autore, come ri- romanzo, pp. 103-117) ritiene che l’inglese «con- leva la Bertoni, corrisponde a un preciso intento: trapposizione fra Story ed Hystory», che ruota coinvolgere il lettore e stimolarlo. Manzoni, però, attorno al concetto di «verità-menzogna», con- comprese l’importanza di abbassare un poco la tenga in sé una sfumatura che «sembra mancare propria voce, di dissimulare le proprie rifl essioni, nel mondo francese e nel nostro». Rimaneva, tut- affi nché il suo lettore si lasciasse «dominare dal- tavia, in Italia una rigida «distinzione concettuale la morale palese dell’opera» o si addentrasse «nei tra storiografi a e narrazione». Consci di tutto ciò, suoi signifi cati riposti», ma lo facesse in piena li- pur mancando nel settecento della Penisola un bertà d’agire. vero e proprio dibattito sul romanzo diffuso pres- Grazia MELLI (Appunti sul Manzoni. La trage- so il grande pubblico, gli autori prestavano una dia, il romanzo e la morale cattolica, pp. 145-161) certa attenzione verso il «lettore non colto» e, per torna anch’ella a Manzoni e alle sue rifl essioni tale motivo, seminavano nei relativi «interventi di intorno al romanzo. La studiosa cita soprattutto rifl essione sul romanzo» le loro «preoccupazioni quanto emerge di quelle meditazioni dalle varie morali circa gli effetti degli esempi romanzeschi lettere, e riporta nuovamente alla ribalta il pro- sugli individui» in un modo tale che «l’incauto blema «del rapporto fra storia e invenzione» che lettore» veniva guardato pressappoco nella stes- spinge l’autore a confrontarsi necessariamente sa maniera con la quale la Chiesa considerava i con «lo scoglio del romanzesco» (defi nizione propri discepoli. attribuita da Manzoni «al romanzo francese del Matteo A. PALUMBO (Foscolo e il romanzo: rifl es- Seicento») nell’intento di fondare un «modello sioni intorno a un genere letterario, pp. 119-128) alternativo, aderente al vero che la storia propo- si concentra soprattutto sulle rifl essioni foscoliane ne, e integrativo dei vuoti che essa non colma». intorno al nuovo genere letterario che emergono Manzoni, nelle lettere, tratta anche della tragedia da testi quali il Saggio di novelle di Luigi Sanvitale, e non manca di puntualizzare la propria opinione il Saggio sulla letteratura italiana contemporanea anche riguardo al «ruolo formativo e pedagogico e le Ultime lettere di Jacopo Ortis. Come si può dell’intellettuale» (argomento che riprenderà poi intuire dai suddetti titoli, «Foscolo collega all’at- «nella prefazione al Conte di Carmagnola»), di- tività più propriamente creativa una sistemazione scorso in cui emerge pure la necessità di rinnova- critica» nell’intento d’inserire il romanzo «nella re e attualizzare, tramite un «fruttuoso confronto costellazione delle forme e dei linguaggi lettera- con le istanze civili che ispirano il dibattito lette- ri», riconoscendo in esso le doti, tra le quali spic- rario contemporaneo», «le premesse della morale ca soprattutto la «funzione di mimesi storica», in cattolica». grado di distinguerlo dalla poesia. Questa fedeltà [MAURIZIO NASCIMBENE]

sf150_interni 565 23-02-2007, 16:49:40 566 Recensioni

KARL HÖLZ, Zigeuner, Wilde und Exoten. Fremdbilder in der französischen Lite- ratur des 19. Jahrhunderts, Berlin, Erich Schmidt Verlag 2002, pp. 198.

Bachtin, Derrida, Foucault sono i numi tu- menti di ricerca con i quali sottoporre antichi telari dei saggi che Karl HÖLZ ha raccolto in testi a nuove letture. questo suo Zingari, selvaggi ed esseri esotici. Sulla base di tali presupposti di analisi, og- Immagini di estraneità nella letteratura francese getto privilegiato dell’analisi cui Hölz sottopone del 19° secolo. In essi lo studioso, professore di nel libro qui preso in esame sarà la donna pro- letterature romanze all’università di Trier, co- veniente da una cultura “altra” rispetto all’eu- niuga in modo avvincente e fruttuoso l’analisi ropea, sia essa la selvaggia d’oltreoceano o la dei Fremdbilder, delle “immagini di estraneità”, zingara che al contempo partecipa della cultura come in area di lingua tedesca si defi niscono ap- europea in cui si muove, pur tuttavia restando- punto gli studi dedicati all’alterità nell’ambito vi, per scelta e per provenienza, irriducibilmente culturale, allo studio delle teorie della differenza estranea. Lo studioso trevirese analizza dunque di matrice gender. opere di diversi autori ricercando nelle loro Lunga e ben documentata è la via che Hölz ha rêveries esotiche le tracce di un discorso in sé fi no a qui percorso in questo settore della ricer- coerente che – tramite la rappresentazione del- ca, materializzatasi una prima volta nel triennio l’alterità culturale mediata da una fi gura fem- 1997 – 2000 in un progetto di studi interdiscipli- minile – li leghi nella comune testimonianza di nari svolto all’università di Trier con i fi nanzia- strategie di ricerca di sé e di affermazione della menti della Deutsche Forschungsgemeinschaft, il propria identità culturale andro-euro-etnocen- CNR tedesco. Il progetto dedicato a “Identità e trica e del proprio “ordine delle cose” da parte differenza. Costruzioni gender ed interculturali- dell’europeo colto e civilizzato. tà dal 18° al 20° secolo” è entrato poi in un’ul- Saranno così il Victor Hugo di Notre-Dame teriore, più profonda fase di ricerca che si pro- de Paris, il Théophile Gautier di Eldorado, il trarrà fi no al 2005 e da cui si spera scaturiscano Prosper Mérimée di Carmen, la George Sand altrettanti stimolanti studi come quelli fi no ad di La Filleule e Julien Viaud, conosciuto sotto ora prodotti sia in gruppo che a fi rma dei singoli lo pseudonimo di Pierre Loti, con i suoi roman- zi esotici ed i suoi resoconti di viaggio a venir studiosi che, come Hölz, al comune oggetto di interrogati sul signifi cato da attribuire alle loro ricerca hanno apportato ed apportano il contri- fi gure di esseri estranei ai valori dominanti della buto della propria disciplina. cultura europea e sul signifi cato da attribuire al Partendo dalla premessa che Razza e Sesso loro esotismo letterario tout court. L’ottica che siano costruzioni sociali e non categorie naturali domina l’analisi di Hölz non è tuttavia diretta e biologiche dell’essere, l’equipe di Trier, come a descrivere quelle ormai risapute distorsioni di illustra la professoressa Viktoria Schmidt-Lin- immagini discriminanti dell’altro derivate dallo senhoff, portavoce del gruppo, nella sua presen- sguardo “coloniale” di un europeo che, a disa- tazione del progetto di ricerca, ha focalizzato la gio nel proprio ambito culturale, fi ltra la cultura propria attenzione sui comuni meccanismi che straniera ed estranea attraverso le proprie coor- stanno alla base di costrutti sessisti e razzistici, dinate ideologiche per piegarla alle proprie esi- sulla loro interazione e sui risvolti andro-euro- genze, fi nendo poi per omologarla appunto in etnocentrici che una tale analisi comporta. tale atto alla propria. In tal modo si sta apportando un contributo Nella dialettica tra la donna straniera ed i per- nuovo ed originale non solo agli studi gender, sonaggi maschili di un‘ Europa alla ricerca di sé ma anche e soprattutto al settore dei cultural emerge secondo la lettura di Hölz un discorso studies che – in un più ampio contesto di rifl es- di potere di dimensione non solo gender, ma di sione su quei processi di globalizzazione, creo- una ben più ampia egemonia culturale andro- lizzazione o ibridizzazione della cultura e della euro-etnocentrica che si articola in una sintas- società su cui ha recentemente scritto Peter Bu- si di cui, nei singoli saggi che compongono lo rke (Kultureller Austausch, Frankfurt am Main, studio, vengono rintracciate le componenti più Suhrkamp 2000) – tematizza la dissoluzione di signifi cative. quelle bipolarità d’identifi cazione dell’indivi- Con ciò lo studioso si pone decisamente al- duo che si giocano su coppie binarie quali, ad l’interno di un acceso dibattito che si sta svol- esempio, quelle uomo / donna oppure selvaggio gendo in area culturale di lingua tedesca nel / civilizzato. Ne risultano, da un lato, una vivifi - campo della Fremdheitsforschung, degli studi cante autorifl essione critica sul proprio punto di sull’alterità culturale, dibattito animato da in- osservazione dell’alterità culturale soprattutto tense rifl essioni sulle tesi formulate da Edward extraeuropea, e dall’altro l’affi namento di stru- Said una prima volta nel 1978 in Orientalism e

sf150_interni 566 23-02-2007, 16:49:40 Recensioni 567

poi corrette ed approfondite nel 1993 con Cul- morale borghese di impronta patriarcale, rive- ture and Imperialism. lando tutta la forza corrosiva dell’alterità cul- Come risaputo, secondo Said l’oriente sareb- turale al femminile nei riguardi dell’ordine co- be un’invenzione dell‘occidente che generando stituito, i cui confi ni è capace di slabbrare dolo- il discours culturale dell’orientalismo non rap- rosamente. Con la “giusta” uccisone di Carmen, presenta l’oriente quale esso è, ma, con gesto Don José ristabilirà tuttavia l’ordine minacciato, da potenza coloniale, se ne appropria ridefi nen- tornando con ciò ad affermare la propria e non dolo attraverso immagini di un’alterità trasogna- intaccata dignità di uomo e di europeo, ed an- ta, allo scopo di dominarlo, secondo proprie che l’ di Hugo non sarà nulla di più pulsioni: «Orientalism, therefore, is not an airy che una bizzarro divertissement funzionalizzato European fantasy about the Orient, but a created ai fi ni di una conferma dei valori di una società body of theory and practice in which, for many ge- patriarcale e di uno sguardo interessato certo, nerations, there has been a considerable material ma di chiara ed inconfondibile matrice euro- ed investment» (Edward Said, Orientalism, New etnocentrica. York 1978, p. 6). Una considerazione a parte sembrerebbe me- L’orientalismo di Said come idea of represen- ritare il saggio dedicato all’immagine del bon tation (ibid, p. 63) determina l’angolo di osser- sauvage in François-René de Chateaubriand, Der vazione da cui Hölz considera le opere da lui edle Wilde und das europäische “mal du siècle”. prese in esame per scoprirvi attraverso le tec- Kulturelle Spiegelungen bei Chateaubriand (pp. niche letterarie di rappresentazione dell’altro, 18-51), apparentemente centrato non su una sin- dell’estraneo e soprattutto dell’appartenente gola fi gura femminile ma – facendo riferimento all’etnia zingara, un discours in senso foucaultia- ad una più ricca messe di scritti nei quali l’autore no di potere, un’ottica coloniale che attraverso francese tematizza l’esotismo: Atala, René, Les l’esotismo letterario rivela un disatteso desiderio aventures du dernier Abencérage, Les Natchez di rottura con la tradizione, un effi mero gioco di – soprattutto su Le voyage en Amérique. sconfi namento ideologico e psicologico che non Dopo aver scorso la letteratura critica sul te- si può e non si vuole mai fare seria alternativa ma dell’esotismo americano, anch’esso tra i più di vita. attuali della ricerca di area linguistica tedesca Premettendo che tutti i saggi qui raccolti pre- sull’alterità culturale, anche qui Hölz offre la sentano spunti oltremodo interessanti per gli sua provata lettura dei rifl essi dell’estraneo sul autori trattativi e ricordando che essi vogliono noto e delle interferenze culturali fra Anderem essere tutti exempla di un unico modello inter- und Eigenem, fra “altro” e “sé”, riconducendo le pretativo, si richiamerà qui particolarmente l’at- osservazione tratte da Chateaubriand al binomio tenzione sugli interventi dedicati all’immagine su cui lo studioso intende centrare la sua ipotesi della zingara in Hugo e Mérimée. di ricerca: l’intrecciarsi cioè, fi no a confonder- Nel secondo capitolo, Der interessierte Blick si, fra discorso dell’estraneità culturale e analisi auf die Fremdkultur. Das Bild der Zigeuner in gender delle differenze fra dimensioni dell‘essere Hugos Notre-Dame de Paris (Lo sguardo inte- maschili e femminili. ressato alla cultura straniera. L’immagine degli Hölz attribuisce infatti a quella che Joachim zingari in Notre-Dame de Paris di Hugo), pp. Küpper nella sua Estetica della rappresentazione 52-74, e nel terzo, Ästhetisches Arrangement und della realtà ed evoluzione del romanzo dal tardo exotische Vision bei Théophile Gautier (Compo- illuminismo francese a Robbe-Grillet (Ästhetik sizione estetica e visione esotica in Théophile der Wirklichkeitsdarstellung und Evolution des Gautier), pp. 75-102, Hölz presenta una lettura Romans von der Französischen Spätaufklärung della Sehnsucht romantica del Zivilisationssu- bis zu Robbe-Grillet. Ausgewählte Probleme zu bjekt, una nostalgia del “soggetto della civilizza- Verhältnis von Poetologie und literarischer Pra- zione” europeo, per l’alterità culturale, religiosa xis.- Stuttgart 1987) chiama l’“opacità del di- ed etica di Esmeralda e di Carmen che rivela scorso romantico” una valenza “femminile” che tutta l’effi cacia di una impostazione metodologi- permette di leggere l’esotismo di Chateaubriand ca secondo la quale l’analisi dei meccanismi che come testimonianza di una struttura analogica permettono di analizzare il discours relativo alle tra l’universo del selvaggio e quello del “femmi- costruzioni di una derridiana “différance” cultu- nile”. In entrambi i campi l’alterità culturale si rale passi attraverso un’analisi del discours sulle delinerà come opposta e contraddittoria rispetto costruzioni di Weiblichkeit, del femminile. La all’ ottica “coloniale” preposta ad un ordine del- selvaggia e strana bellezza della zingara, l’esoti- le cose naturalmente andro-euro-etnocentrico, smo culturale e la sensuale femminilità di Esme- rintracciata da Hölz anche nella costruzione di ralda e Carmen riusciranno infatti ad allontana- tanti personaggi femminili delle suddette citate re per un po’ i protagonisti maschili dal proprio opere di Chateaubriand. baricentro culturale e ideologico, da un “ordine delle cose” centrato dunque sulla ragione e sulla [RITA UNFER LUKOSCHIK]

sf150_interni 567 23-02-2007, 16:49:40 568 Recensioni

HONORÉ DE BALZAC, Correspondance I, (1809-1835), édition établie, présentée et annotée par Roger PIERROT et Hervé YON, Paris, Gallimard, “Bibliothèque de la Pleiade”, 2006, pp. 1604.

La prima edizione, criticamente accertata, Lettres à l’Etrangére (ma dell’uno esiste già l’edi- del volume che dà inizio alla Correspondance di zione Guise per i tipi dei “Bibliophiles de l’Ori- Balzac (contenente le lettere dal 1809 al 1832) ginale” (1969-1973) e, delle altre, le due edizioni a cura di Roger PIERROT, fu pubblicata a Pari- degli stessi “Bibliophiles de L’Originale” (1967- gi, nella serie dei Classiques Garnier, nel 1960. 1969) e del Laffont (1990) dovute entrambe a Seguì, due anni dopo, l’edizione del secondo Roger Pierrot). Si può dire perciò che la colla- volume che raccoglieva le lettere appartenenti na di Gallimard raduni ormai la massima parte al triennio 1833-1835. Con cadenza regolare fu dell’intera opera balzacchiana; e ce se ne può continuata infi ne, sino al 1969, con altri tre to- attendere al più presto il completamento: co- mi, comprensivi delle missive dello scrittore, dal ronamento che permetterà ad un pubblico più 1836 alle ultime (1850), corredate da un supple- vasto di consultare rapidamente, unitariamente mento di quelle rintracciate durante e dopo la e fi duciosamente un “tutto Balzac”, che agevo- pubblicazione dell’intero epistolario. lerà cioè di seguire nel modo migliore, in ogni L’opera fu subito accolta con grande favore sua tappa, il cammino vulcanico, intellettuale e dal pubblico che vedeva così colmana una gran- psicologico percorso dal grande scrittore. de lacuna negli studi balzacchiani; e le ricerche Premesse queste doverose parole di elogio laboriose, esemplari per erudizione e per vigiln- l’iniziativa di una casa editrice attenta a favo- za critica di Roger Pierrot conobbero il ricono- rire le esigenze di un pubblico europeo, come scimento che era ad esso dovuto grazie al magi- quella di Gallimard, è opportuno insistere nel strale impegno che vi era profuso1. segnalare il fatto che questa seconda edizione A distanza di mezzo secolo (l’uscita del quin- della Correspondance non è, come del resto ab- to volume è, come si è già accennato, del 1969), biamo già detto, una ristampa della prima, ma l’opera riappare ora alla luce nelle sue due prime una vera e propria nuova “mise sur le métier”. parti, rivista, corretta, aumentata, assistita dalla Essa corregge le rare sviste di lettura (inevitabi- collaborazione di Hervé YON, che ha contribui- li nell’allestimento di ogni epistolario), elimina to nell’allestimento di essa al lavoro di Pierrot. le incertezze di datazione, identifi ca le sigle di Pur trattandosi di una riedizione, questo alcuni corrispondenti, sgombra insomma molti “corpus” epistolare di circa tremila lettere (che, dubbi rimasti insoluti nell’edizione precedente per gli anni 1809-1832, è folto di quasi duecento e, facendo tesoro dei recenti ritrovamenti e del- nuovi documenti) merita un intervento recenso- le più approfondite precisazioni bibliografi che, rio che torni, sia pure sommariamente, ad illu- approda così a una più sicura collocazione delle strare i meriti del principale curatore di esso, og- testimonianze epistolari distribuite ora nel loro gi uno dei migliori specialisti di Balzac, e del più più convincente contesto, e ad una illustrazio- giovane e non meno benemerito collaboratore. ne più completa delle vicende umane del loro Ma, anzitutto, bisogna spendere una parola autore. di plauso nei riguardi della casa editrice Galli- È per tale insieme di fatti che si giustifi ca – ri- mard che ha inserito nella sua ormai famosa ”Bi- petiamo – il nuovo richiamo bibliografi co che bliothèque de la Pléiade” anche le pagine episto- intendiamo appunto delineare. lografi che ed i documenti ad esse connessi del Esso ha l’intento di rendere edotto il letto- grande romanziere. La “Pléiade” annoverava già re di quanto l’opera di R. Pierrot arricchisca e il testo della Comédie humaine sia in una prima renda somigliante alla realtà il ritratto di Balzac edizione curata da Marcel Bouteron, sia in una offerto all’ammirazione di quanti vedono in lui successiva (1976-1981), ben più completa, pre- uno dei massimi romanzieri (forse il massimo) parata, sotto la direzione di Pierre-Georges Ca- dell’Ottocento francese, un secolo incomparabi- stex, provvista di un apparato di varianti testuali le per una fi oritura narrativa che si specchia – è ed arricchita da introduzioni, note e commenti tutto dire! – in uno Stendhal, in un Mérimée ed critici di un gruppo di eminenti studiosi. Ad es- in un Flaubert. sa affi ancava i primi due volumi delle Oeuvres Procedendo ora, a rapidi tratti, ad una analisi diverses (1990-1996: un terzo è atteso fra breve) particolare di questo primo volume, segnaliamo a cura diRoland Chollet e del compianto René le principali novità che emergono dalla lettura Guise; un suggestivo Album Balzac (1962), re- dell’opera. pertorio iconografi co riunito da Jean Ducour- Rileviamo anzitutto la presenza di alcune neau. Mancano ancora, è vero, il Théatre e le lettere nuovamente scoperte o collazionate per

sf150_interni 568 23-02-2007, 16:49:41 Recensioni 569

intero sugli autografi , a Zulma Carraud del 4 tagli, la vita prodigiosa intessuta di miserie e di febbraio 1831 (p. 327); ad Alfred de Vigny del splendori, di genialità e di sregolatezza, di un giugno o luglio 1831 (p. 368); a Charles de Ber- uomo perennemente diviso fra manifestazioni nard del 3 ottobre 1831 (?) (p. 406); a Ferdi- fanciullesche di vanità, tentazioni di dispersio- nand Bellizard, editore della “Revue étrangère” ne mondana e di snobismo, ansia di solitario di San Pitroburgo, dell’aprile 1833 (pp. 770- raccoglimento spirituale, austera dedizione ad 771); ad Alphonse Royer, direttore dell’“Europe una concezione irreprensibile dell’arte, costan- littéraire” del luglio e dell’agosto 1833 (?) (pp. temente tormentato dalla furia rabbiosa dell’in- 814-815); al barone Gérard del 28 marzo 1835 venzione e dall’incubo della perfezione stilisti- (pp. 1072-1073). ca, generoso ed avido (e si rifl ette all’accortezza Rileviamo poi l’inserimento di numerose let- commerciale – spesso astuzia bella e buona – dei tere, escluse dalla prima edizione o apparse do- suoi contratti editoriali) quale fu quella, com- po di essa, di familiari, di amici, di conoscenti, plessa e contradditoria di Balzac. E contribui- di ammiratori e di ammiratrici (di queste v’è una scono a valutare in una più giusta misura in qua- vera e propria pioggia…) fra le quali risaltano, a le atmosfera si sia svolta quella impressionante diverso titolo, il frammento di una lettera della “manufacture d’idées” che distingue la Comédie marchesa de Castries del 7 giugno 1832 (p. 537) humaine da ogni altra opera ciclica della narrati- che svela un aspetto della dolce-amara relazione va europea ottocentesca. sentimentale della nobildonna e dello scrittore; Insomma, fi n dalla chiusura di questo primo la lettera di una tale contessa d’Escarbagnas des volume, il lettore può rendersi conto di quale antiques” provinciale, che sconsacra la memo- grande servizio Roger Pierrot, coronando una ria di Molière, protesta contro Montalembert e vita intera di studioso dedicata con passione a – confondendo date e nomi – ritiene dapprima competenza a Balzac, abbia reso alla memoria il corrispondente discendente dalla famiglia di del grande romanziere. Che ognuno di noi possa Guez de Balzac (e ne fa un proprio parente…), degnatamente manifestargli sincera gratitudine poi, avvicinandosi alle pretese di Honoré, ma non alla realtà, lo assimila alla casata dei Balzac [RAFFAELE DE CESARE] d’Entragues; il testo integrale della lettera del marchese Astolphe de Custine del marzo 1835 (pp. 1071-1072) relativa al Père Goriot; la lettera di Etienne Geoffroy de Saint-Hilaire del 4 luglio 1 Mi permetto ricordare qui che della pubblicazio- 1835 (?) (p. 1107) invocante un abboccamento ne del primo volume, nel 1960, mi occupai anch’io in («j’ai faim de vous voir»). una recensione apparsa in «Rivista di letterature mo- Ambedue questi gruppi di lettere aiutano il derne e comparate», vol. XIV, 33, settembre 1961, lettore a ricostruire anche in certi minimi det- pp. 206-210.

sf150_interni 569 23-02-2007, 16:49:41 sf150_interni 570 23-02-2007, 16:49:42 Secoli medioevali 571

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

Secoli medioevali a cura di G. Matteo Roccati

GIOVANNA ANGELI, Le strade della fortuna. Da Ma- investì tutto il suo universo intellettuale. Qui l’A. for- rie de France a François Villon, Pisa, Pacini Editore nisce un quadro generale del personaggio, indispen- («Studi di Letterature Moderne e Comparate», 10), sabile per comprendere il contributo che lo studioso 2003, pp. 245. fornì alla fi lologia. L’analisi verte su due punti centrali: l’autorifl essività del discorso fi lologico dello studioso Il volume raccoglie contributi già pubblicati (dal ed un’analisi dei motivi che lo guidarono nelle sue 1985 al 2001), ma «parzialmente rielaborati e aggior- scelte teoriche. Lo scopo di questa sezione è quello nati» (p. 8) per la presente raccolta, e si divide in quat- di determinare l’identità della fi lologia romanza in tro parti, dedicate rispettivamente alla cortesia, al riso, Francia, sulla base di diverse tipologie di testo e di di- al destino e alla sventura. La parte della cortesia com- verse visioni della disciplina elaborate durante il XIX prende tre lavori su Maria di Francia e altri autori della secolo; inoltre, vengono evidenziati alcuni meccanismi letteratura cortese (i trovatori, Chrétien de Troyes) e che stanno alla base della defi nizione stessa di fi lologia uno sulla misoginia e il rapporto fra gli sposi nella let- romanza che G.P. ed i suoi colleghi elaborarono, con- teratura. Alla fatrasie e al suo codice espressivo chiuso tribuendo in modo determinante a farne una disciplina sono dedicati i tre capitoli della parte sul riso, dove so- scientifi ca. Partendo da un ambito più generale, che no anche indagate le immagini bizzarre, di ispirazione analizza il rapporto con la scienza, la studiosa analizza fatrasica, disegnate sui margini dei manoscritti. Nella il contributo del fi lologo alle diverse discipline stori- parte dedicata al destino unica fi gura è Christine de che, per convergere infi ne verso un discorso circoscrit- Pizan e la sua concezione della donna e della povertà. to alla sola fi lologia romanza, punto centrale di questa Infi ne, la parte della sventura raccoglie tre interventi su seconda sezione. François Villon e la sua contestazione delle favole con- La terza parte ruota attorno all’“amore per la dolce solatrici della sfortuna e delle disgrazie umane. Francia”, concetto chiave per lo sviluppo della disci- plina oltr’Alpe negli anni intorno al 1860, mostrando [WALTER MELIGA] l’implicazione dell’idea di nazione e di nazionalità. L’interesse è principalmente quello di esaminare in che modo il discorso fi lologico di G.P. si possa inse- URSULA BÄHLER, Gaston Paris et la philologie roma- rire in un ambito di tipo nazionalistico e quali siano i ne, Genève, Droz, 2004, pp. 873. valori semantici veicolati dalle nozioni di nazione, pa- triottismo e genio nazionale. Persistendo su una linea L’intento di questa ricerca è fornire un contribu- biografi ca, l’analisi si propone di evidenziare i rapporti to alla storiografi a della fi lologia romanza attraverso tra fi lologia romanza e “complesso nazionale”, che si l’analisi del «caso» Gaston Paris, condotta prevalente- fonda su due piani diversi: quello della disciplina in sé mente a partire dalla corrispondenza del grande fi lolo- e quello degli oggetti di studio della disciplina. go già in parte pubblicata dall’autrice stessa. La quarta ed ultima sezione è consacrata all’imma- Una prima sezione di quest’analisi è consacrata allo gine che G.P. si fece della letteratura medievale. Fon- studio della biografi a di G.P., la cui vita privata e scien- dandosi su numerosi esempi e separando la materia di tifi ca appaiono strettamente correlate tra loro, in ma- Francia dalla materia bretone, U.B. traccia le linee di niera a volte problematica. L’esposizione, che segue un forza che sembrano maggiormente caratterizzare le ordine cronologico, è intercalata da ampi stralci della argomentazioni e l’immaginario di G.P., insistendo corrispondenza privata di G.P. L’autrice illustra poi le sull’importanza della scientifi cità in generale e della caratteristiche globali dell’opera di colui che fu il cen- metodologia in particolare. tro di gravitazione del movimento fi lologico della se- A queste quattro sezioni segue una breve conclusio- conda metà del XIX secolo, partendo dalla natura dei ne, dove l’autrice sottolinea l’importanza della rifl es- suoi contributi; questi vengono suddivisi per tipologia, sione del maestro non solo sulla propria disciplina o sottolineando talvolta qualche elemento utile a fornire sul suo fare scientifi co, ma soprattutto sul ruolo che un profi lo psicologico dello studioso. la scienza in generale è chiamata a svolgere nella dire- La seconda parte di questo lavoro è incentrata sulla zione morale dell’uomo moderno: egli ha realizzato un passione per gli studi fi lologici che animò G.P. e che progetto di vita, non fermandosi alla semplice teoria.

sf150_interni 571 23-02-2007, 16:49:42 572 Rassegna bibliografi ca

Infi ne l’autrice propone numerose appendici disposte vres qui s’en inspirent. A partir de cet inventaire, l’A. a in ordine cronologico dove fi gurano alcune missive, al- retenu comme corpus de travail une vingtaine de tex- cuni poemi e un curriculum vitae del fi lologo estrema- tes, depuis l’édition princeps (1485) jusqu’au milieu du mente dettagliato. XX siècle. A queste conclusioni segue una ricca sezione bi- L’introduction retrace dans ses grandes lignes l’his- bliografi ca divisa in due sezioni: una prima parte che toire du texte, défi nit le corpus de travail et situe la ripropone la bibliografi a delle opere di G.P. redatta démarche critique dans le sillage de l’approche de H. da Mario Roques e da Joseph Bédier nel 1904, fi no ad R. Jauss. Le corps de l’étude est consacré aux cadres oggi di diffi cile accesso, ed accompagnata da un breve et structures (titres, textes liminaires, modifi cations de errata corrige, mentre la seconda parte è dedicata alle structure des versions romanesques), à la thématique opere citate nel testo. Il lavoro si chiude con un indice fondamentale de la rébellion (la scène de la querelle dei nomi propri e delle opere anonime. aux échecs, la fi gure de Charlemagne, la grandeur de l’insoumission), aux auxiliaires et décors (les personna- [STEFANIA VIGNALI] ges féminins, le cheval Bayard, les Ardennes). La con- clusion dégage les lignes de force de l’analyse littéraire en essayant de cerner les modalités et facteurs d’évolu- Guibert d’Andrenas, édité par Muriel OTT, Paris, tion du texte primitif, les éléments de stabilité du récit Honoré Champion éditeur («Les classiques français originel, les causes possibles du succès de librairie. Le du Moyen Age», n° 147), 2004, pp. 462. volume est complété par la bibliographie, les index no- minum, rerum, des œuvres, des lieux. Guibert d’Andrenas est une chanson de geste ap- partenant au cycle de Guillaume d’Orange. Elle n’est [G. MATTEO ROCCATI] pas un «récit marginal» – son objet est l’acquisition de la royauté par Guibert, le plus jeune fi ls d’Aymeri de Narbonne – et elle appartient pleinement à la geste des RAOUL DE HOUDENC, Meraugis de Portlesguez. Ro- enfants de ce dernier. Elle est conservée dans cinq ma- man arthurien du XIIIe siècle, publié d’après le manus- nuscrits (dont un fragmentaire). L’édition est soignée; crit de la Bibliothèque du Vatican, Édition bilingue. Pu- elle est basée sur le ms. Londres, B.L., Royal 20 D XI, blication, traduction, présentation et notes par Michel- et remplace celle procurée par J. Melander en 1922. le SZKILNIK, Paris, Champion («Champion Classiques L’Introduction (pp. 11-214) présente les éditions an- Moyen Age», 12), 2004, pp. 538. térieures et les manuscrits, procède au classement de ces derniers par une étude précise des variantes, examine la Meraugis de Portlesguez est un roman de longueur question de la date de la chanson (début du XIIIe s.) et ex- moyenne (un peu plus de 5900 octosyllabes), composé plicite les critères adoptés pour l’établissement du texte: entre la fi n du XIIe et le premier tiers du XIIIe siècle, respect de la leçon de base, sauf en cas d’irrégularité mé- par un auteur qui se nomme dans l’explicit, mais qui trique. Suivent l’étude de la langue du manuscrit de base demeure pour nous une fi gure ‘évanescente’, selon les (pp. 42-93) et celle de la versifi cation (pp. 93-115), ainsi mots de Michelle Szkilnik, responsable de cette nou- qu’une analyse détaillée de la chanson, l’étude de son in- velle édition: cependant, Raoul de Houdenc, à qui l’on térêt littéraire et la bibliographie. doit également le Roman des Eles, texte allégorico-di- Le texte (2387 vers: 70 laisses de décasyllabes ri- dactique de 660 octosyllabes, devait être assez célèbre més; chaque laisse se termine par un hexasyllabe en son temps pour que Huon de Mery le nomme à orphelin), accompagné de l’indication des variantes côté de Chrétien de Troyes dans son Tournoiement en bas de page, est suivi des notes (pp. 353-402), du Antechrist (rédigé vers 1235-1240). Ce qui est sûr, glossaire (pp. 403-447) et de l’index des noms propres c’est que Meraugis doit être postérieur aux romans (pp. 449-460). de Chrétien, à la Première Continuation du Conte du [G. MATTEO ROCCATI] Graal (version longue), ainsi qu’au Lancelot en prose, œuvres avec lesquelles il entretient des rapports den- ses et nombreux. Ce roman a aussi connu une certaine SARAH BAUDELLE-MICHELS, Les avatars d’une chan- postérité, comme le prouvent la réapparition de plu- son de geste. De Renaut de Montauban aux Quatre Fils sieurs personnages et la reprise de certains motifs dans Aymon, Paris, Honoré Champion éditeur («Nouvelle des œuvres arthuriennes du XIII siècle. bibliothèque du Moyen Age», 76), 2006, pp. 536. La première partie (1000 vers environ) est organi- sée comme un jeu-parti, sans doute sous l’infl uence La matière issue du Renaut de Montauban est extrê- d’André le Chapelain, sur la question suivante: doit-on mement riche: la chanson de geste a connu nombre de aimer une femme pour ses qualités intérieures (opinion développements et réécritures, d’abord au sein de la du protagoniste) ou par sa beauté (avis de Gorvain, son tradition épique, ensuite à travers les mises en prose adversaire en amour)? L’affaire paraît réglée par le tri- et les impressions jusqu’à la littérature de colportage bunal des dames, qui se prononce assez rapidement, et aux reprises modernes, sans même tenir compte des mais doit être ensuite démontrée par les aventures vé- légendes folkloriques. Face à un tel foisonnement l’A. a cues par les deux protagonistes masculins. Dans son pris le parti de s’en tenir «à une approche littéraire des roman, Raoul se fait l’émule et le rénovateur des thé- réécritures imprimées de Renaut de Montauban, de fa- matiques abordées par Chrétien de Troyes: il imite et çon à porter une attention toute particulière aux remo- cite des (membres de) vers, renvoie explicitement au delages de l’action et aux transpositions thématiques Conte du Graal (v. 7), reprend des personnages et des et stylistiques» (p. 11). L’inventaire de ces éditions est épisodes (celui de l’épervier d’Erec et Enide, par exem- constitué de quelques deux cent titres, s’échelonnant ple); néanmoins, ces reprises ne se font pas sans qu’il du XVe au XXe siècle; il comprend aussi les adaptations y ait prise de distance humoristique: on goûte parti- théâtrales, mais non les livrets d’opéra et les textes ap- culièrement le moment où Meraugis, pris par une de partenant aux réélaborations européennes, notamment ses aventures, ‘oublie’ la dame qu’il aime à la Cité sans en Italie, dont le Roland furieux de l’Arioste et les œu- Nom (vv. 3403 et ss.). Une telle réécriture ironique

sf150_interni 572 23-02-2007, 16:49:42 Secoli medioevali 573

des motifs romanesques ne peut qu’amener le lecteur texte. La Bibliographie, en trois sections (textes, ouvrages à s’interroger sur le statut du chevalier et sur l’idéolo- généraux, études) occupe les pp. 527-35. gie qui sous-tend la littérature courtoise. D’autre part, le lecteur implicite est souvent présent dans Meraugis, [MARIA COLOMBO TIMELLI] dans les dialogues fi ctifs que Raoul instaure avec lui: questions et réponses, souvent très rapides, commen- tent les choix et actions des personnages ou éclairent le Le Lai du cor et Le Manteau mal taillé. Les dessous point de vue de l’auteur. de la Table ronde. Édition, traduction, annotation et Dans l’introduction, Michelle Szkilnik aborde aussi postface de Nathalie KOBLE. Préface d’Emmanuèle bien les questions littéraires auxquelles j’ai déjà fait BAUMGARTNER, Paris, Éditions Rue d’Ulm («Versions allusion, que philologiques et linguistiques. S’agis- françaises») , 2005, pp. 179. sant d’une nouvelle édition, après celles fournies par Henri-Victor Michelant en 1869 et surtout par Mathias Nathalie Koble réunit dans un seul volume une Friedwagner en 1897, elle présente la tradition manus- nouvelle édition et la première traduction en français moderne de deux récits, composés entre la fi n du XIIe crite (trois manuscrits complets, mais celui de Turin e est maintenant inutilisable, et deux fragments), justifi e et le début du XIII siècle, fondés sur le même motif le choix du ms. de base (Bibliothèque du Vatican, Reg. narratif: le test de fi délité. Quelques pages introducti- lat. 1725), donne les principes d’édition. L’analyse de ves, aussi synthétiques que brillantes, sont signées par la versifi cation (pp. 56-60) et l’étude de la langue (pp. E. Baumgartner, qui met en relief le noyau commun au 60-72) sont approfondies. La liste des ‘expressions Lai du Cor et au Manteau mal taillé: seul l’autre monde proverbiales et sentencieuses’ donnée à la p. 72 peut – d’où viennent les deux objets «merveilleux» – est le néanmoins être enrichie: vv. 474-75 «A douce fontaine lieu de la jouissance; même dans la cour arthurienne, a beü / Qui si par tens est raempliz»(à rapprocher de malgré la présence du couple exceptionnel formé par Morawski, 99; Hassell, F110); v. 1354 «Savoir vaut Caradoc et son amie, qui triomphent de l’épreuve, les miex que oïr dire» (proche de Morawski, 1283, 1284; hommes préfèrent un pardon indulgent à l’interroga- Hassell, S43, S44); v. 3521 «Il quiert Paris en Engle- tion troublante sur leur propre pouvoir de séduction. terre»; vv. 3773-74 «Mes nus ne doit commencement / La structure du livre ne suit pas le schéma habituel. Löer dont la fi ns est mauvese» (commenté dans la note Dans un bref «Avant-propos» (pp. 15-16), Nathalie à ces vers, p. 311); v. 4909 «Que cil est fols qui fet fo- Koble présente son travail et donne un premier aperçu lie» (Morawski, 492, 493, 1665; Hassell, F145; Di Ste- de ses critères d’édition et de traduction. Immédiate- fano, s.v. fou); v. 5617 «J’a bone cage a metre oisiax» ment après, le lecteur est confronté au texte du Lai (à rapprocher de Morawski, 99; Hassell, F110); par du cor (pp. 18-44): il s’agit d’un récit bref (572 vers ailleurs, il faudra corriger le prénom de Morawski, cité de six syllabes, versifi cation insolite dans la littérature narrative) centré sur une sorte d’aventure statique qui dans la note 107 comme ‘Jean’, en Joseph. se déroule entièrement dans la salle de cérémonie du Rien n’est dit quant à la traduction en prose, très libre roi Arthur, menée par Robert Biket avec un «art con- (ce qui explique la présence du glossaire): l’éditrice n’hé- sommé de la concision» (p. 134). L’original est accom- sitant aucunement à avoir recours à des expressions de la pagné par la traduction en prose en regard, des notes langue familière et à des tournures très modernes, le lec- linguistiques et philologiques en bas de page, des notes teur non spécialiste sera d’autant plus ravi par l’intrigue, littéraires à la fi n du texte. Suit une «Note sur le texte» mais perdra en contrepartie beaucoup de la ‘couleur mé- (pp. 45-52), où sont réunies la présentation du ms. uni- diévale’ que d’autres traducteurs s’efforcent en revanche que (Oxford, Bodleian Library, Dibgy 86), l’étude de de conserver. Devant la qualité de la version en français la langue, dominée par les traits anglo-normands, et moderne, on regrette d’autant plus les fautes d’orthogra- quelques autres remarques sur le traitement du texte. phe qui s’y relèvent (cf., à la p. 293: ‘je n’i passerai qu’une Le même schéma est suivi pour le Manteau mal nuit’; ‘jusqu’à ce que je vous ai trouvé’; ‘Accèdant de taillé, édité et traduit aux pp. 54-91: 905 octosyllabes bonne grâce’) et une ponctuation parfois incomplète (les pour une deuxième «aventure» au coin de la table, au incises et les propositions relatives accessoires notamment cours de laquelle sera dévoilée l’infi délité des dames sont rarement isolées). de la cour; la «Note sur le texte» se lit aux pp. 93-96. Le texte est accompagné de notes en bas de page Puisque ce récit est transmis par cinq manuscrits, N. signalant les renvois à l’intertexte, quelques problè- Koble s’exprime sur son choix du ms. BnF 837 comme mes de versifi cation (vers hypo- ou hypermétriques), manuscrit de base (alors que l’édition Bennett 1975 se des questions linguistiques dignes d’intérêt. Aux nom- fondait sur naf 1104) sans vraiment le justifi er; elle pro- breuses reprises des romans de Chrétien, que Michelle pose tout de même un choix des variantes de naf 1104 Szkilnik indique ponctuellement, on pourrait encore en appendice à son édition (pp. 96-101). ajouter le passage où Lidoine, accompagnant Merau- Un essai-commentaire, «Les dessous de la Table ronde» gis, aperçoit avant lui Laquis et avertit son ami (vv. (pp. 103-144), offre la réfl exion littéraire et thématique sur 2539-40), souvenir sans doute d’Enide prévenant Erec les deux ouvrages, en soulignant traits communs (parenté des dangers qui le menacent; ou encore le retour du formelle et thématique: cadre arthurien, veine mysogine, personnage dit ‘le Lait Hardi’, déjà paru dans le même appartenance sociale / exclusion du couple élu) et différen- roman de Chrétien (v. 1677 éd. Mario Roques). ces (surtout sur le plan esthétique), avec une ouverture sur Il faut encore signaler la qualité de l’apparat philolo- les romans ultérieurs où le motif sera repris et développé gique complémentaire. Le prologue qui ne fi gure que (Tristan en prose, Vengeance Raguidel). dans le manuscrit W est édité et traduit en annexe (pp. On revient enfi n à l’apparat complémentaire de 447-49); suivent la liste des leçons rejetées et des particu- l’édition, avec un «Glossaire» sélectif (pp. 145-166), un larités de V (pp. 451-60) et les notes sur les corrections et «Index des noms propres» contenant quelques rapides leçons maintenues (pp. 461-504). L’index des noms pro- informations sur les personnages et lieux nommés (pp. pres (pp. 501-11; on remarquera la glose qui accompagne 167-171), et une «Bibliographie» essentielle sur les deux Paris, ‘ville de France’! p. 510) et le glossaire (pp. 513-25) textes (pp. 173-178). renvoient, sauf exception, à toutes les occurrences dans le [MARIA COLOMBO TIMELLI]

sf150_interni 573 23-02-2007, 16:49:43 574 Rassegna bibliografi ca

JOHN HAINES, Lai layout in the Paris Prose Tristan di natura amorosa) sottoposti, com’è ovvio, ad una ve- Manuscripts, “Scriptorium”, 59, 2005, 1, pp. 3-28. ra e propria translatio (il più delle volte in termini di semplifi cazione o ‘banalizzazione’ delle grandi meta- L’examen de la tradition montre que l’insertion des fore contenute dalla poesia lirica) sia citazioni testuali lais dans les manuscrits les plus anciens du Tristan en vere e proprie (‘inserzioni liriche’), «intrinsèquement prose est accompagnée d’un dispositif dans la mise en intégrées dans un système narratif, assujetties parfois à page (initiales historiées, miniatures, espace réservé des fonctions narratives annexes» (p. 14), pur con l’av- pour la notation musicale) qui révèle le statut particu- vertenza che ciò che crea il genere della ‘biografi a’ del lier à l’intérieur du texte de ces compositions chantées. poeta non è la citazione di poesie bensì «la présence L’A. s’arrête plus particulièrement sur quatre manus- d’un héros qui a parmi de multiples belles qualités le crits (fr. 12599, 750, 776; Wien 2542) qui ont reçu une talent de s’exprimer en vers» (p. 15). notation musicale ou dans lesquels était prévu un es- Con un’operazione che all’interno della tradizione pace à cet effet. Dans la disposition du texte en vers, culturale francese – spesso attenta, per quanto attie- l’espace réservé dans les deux premiers manuscrits est ne alla letteratura del Medioevo, prevalentemente al- limité à l’équivalent d’une ligne de texte, adapté donc la produzione in lingua d’oïl – non va considerata del à une notation neumatique à la manière des manuscrits tutto scontata, lo studioso decide di «commencer par liturgiques et non aux portées utilisées habituellement le commencement, à savoir la littérature occitane» (p. pour les textes lyriques. Il en conclut alors que, même 19): ad essa viene dedicato il primo capitolo, nel quale si ces lais sont des créations du XIIIe siècle, cette nota- si presenta l’importanza che in relazione al tema del tion archaïque témoigne d’un type de performance et poeta uir illustris assumono soprattutto le cosiddette d’une tradition bien antérieurs. ‘biografi e’ dei trovatori (vidas e razos), ma anche Fla- menca e le novas di Raimon Vidal de Besalù. [G. MATTEO ROCCATI] Nel secondo capitolo si prende in considerazione il dominio d’oïl, il quale, anche se ci offre pochi esem- pi di «biographies romancées de poètes» (p. 65), pur SHIGEMI SASAKI, Le conte d’Apollo et de son lévrier, tuttavia nel roman riserva ampi spazi (anche se non «Romania», t. 123, 489-490, 2005, pp. 51-79. ‘centrali’, eccezion fatta per il caso a sé costituito dal Roman du Castelain de Couci et de la dame de Fayel di Le récit est introduit dans le chapitre XV du Livre Jakemes, alla cui analisi si dedica la maggior parte del de chasse de Gaston Phébus, rédigé entre 1389 et 1391, capitolo) all’immagine (ed al personaggio) del poeta, il est également présent avec des variantes dans le Ro- spesso anche mediante inserzioni liriche. man de Tristan en prose. L’article en examine le sché- Nella terza ed ultima parte del volume Lacroix ha ma narratif, la genèse et les sources possibles; il met il merito di allargare la prospettiva al di fuori dell’area en lumière l’arrière-plan historique, ou pseudo-histori- romanza, dedicandosi alla saga islandese (composta que, qui a présidé à la formation du conte, dont le but generalmente nel XIII secolo), che vede talvolta al est de relier le règne de Tristan à celui de Clovis. centro dell’azione il poeta e che presenta alcuni esempi che è possibile ascrivere alla categoria della ‘saga degli [G. MATTEO ROCCATI] scaldi’ (skáldasögur). Lo studioso in particolare mostra la grande ricchezza del personaggio del poeta nelle sa- ghe, sottolineando gli elementi per i quali è possibile DANIEL LACROIX, Les amours du poète. Poésie et bio- istituire un parallelo con il personaggio del trovatore graphie dans la littérature du XIIIe siècle, Genève, Sla- e quello del troviero così come sono stati analizzati nei tkine Érudition, 2004, pp. 284. due capitoli precedenti: parallelo legittimo non soltan- to per ovvi motivi cronologici ma anche perché è forse Il volume prende le mosse dalla constatazione che possibile istituire «des liens [...] plus tangibles qui ont con il XIII secolo le ‘nuove’ letterature in volgare si pu mettre en relation la littérature courtoise d’origine costituiscono in tradizioni più strutturate e complesse, anglo-normande, française et éventuellement occitane, dopo un periodo (variamente prolungato) di genesi e et la littérature norroise» (p. 20). di innovazioni, e si prefi gge di studiare uno dei ‘segni’ Ricca ed utile la bibliografi a esibita nelle note e al più macroscopici (eppure spesso obliterati dalla criti- fondo del volume. ca) di tale situazione, ovvero il nascere e l’affermarsi [GIUSEPPE NOTO ] di un genere di récit biographique centrato sulla narra- zione in lingua volgare della vita di un uomo «dont le mérite le plus important est d’avoir composé des poè- YASMINA FOEHR-JANSSENS, Le clerc, le jongleur et mes» (p. 11): genere del tutto inconcepibile, appunto, le magicien: fi gures et fonctions d’auteurs aux XIIe et prima che la letteratura profana acquisisse la propria XIIIe siècles, in «Toutes choses sont faictes cleres par autonoma dignità rispetto alla Chiesa e dunque prima escripture». Fonctions et fi gures d’auteurs du Moyen che il poeta potesse vedere considerata meritevole di Âge à l’époque contemporaine. Études rassemblées par essere tramandata, in quanto ‘esemplare’, la propria Virginie MINET-MAHY, Claude THIRY et Tania VAN HE- vita a fi anco ai (o in luogo dei) uiri illustres degni di MELRYCK, «Les Lettres Romanes», numéro hors série, memoria che lo hanno preceduto, ovvero l’eroe, il 2004, pp. 13-31. santo ed il re. Poiché – è questa l’idea di fondo – l’esperienza liri- S’interrogeant sur l’apparition de la fi gure d’auteur ca del passato appare ormai agli autori del XIII secolo dans la littérature française des XIIe et XIIIe siècles, Y. un’eredità alla quale è non solo legittimo ma anche do- Foehr-Janssens souligne d’abord le rapport qui s’insti- veroso guardare come ad un grande serbatoio di forme tue à cette époque entre l’insertion d’un nom authenti- e contenuti, ecco che dalla poesia lirica giungono al ré- fi ant et la production romanesque en vers. Elle analyse cit sia tratti biografi co-narrativi (non importa – in que- d’autre part le cas de Gautier de Coincy, structurant sta prospettiva – quanto storicamente fondati) legati le Livre des Miracles Nostre Dame autour de sa propre direttamente alla fi gura del poeta sia temi (soprattutto présence, et la prise de position de Jacques Legrand,

sf150_interni 574 23-02-2007, 16:49:43 Secoli medioevali 575

défendant la fi ction sur la base d’une éthique capable tal concernant le choix des textes bases: treize poèmes de justifi er le démiurge responsable de la duperie in- sont transmis par un seul manuscrit; pour les neuf trinsèque au discours littéraire. autres, les éditeurs ont dû opter pour l’un ou l’autre chansonnier en fonction de la qualité de chaque texte. [MARIA COLOMBO TIMELLI] Bibliographie complète aux pp. 99-109. L’édition des poèmes présente dans l’ordre: la mélodie, le texte, la liste des manuscrits, l’apparat critique (leçons rejetées OLIVIER COLLET, «Sic ubi mula seges, bovis acres et variantes), le schéma de la versifi cation, le schéma nosce labores»: les inscriptions d’auteur dans l’œuvre mélodique, les renvois aux éditions précédentes et les de Rutebeuf, in «Toutes choses sont faictes cleres par remarques (littéraires et philologiques) sur le texte et escripture». cit., pp. 33-43. sur la musique. Il s’agit dans l’ensemble d’une édition très riche, que complètent utilement l’Index des noms Rutebeuf semble bien revendiquer la paternité d’au propres (pp. 219-222), un glossaire considérablement moins dix-sept de ses œuvres par l’insertion d’une ‘si- élargi (pp. 223-236) et la table des incipit (et concor- gnature’ liée parfois à la métaphore bien connue du dance avec les répertoires, p. 237). «buef» «rude». Ce qui est plutôt exceptionnel dans Le petit volume complémentaire, avec la traduction son cas, comme O. Collet le souligne bien, c’est l’exis- en français moderne, ne renonce pas à une introduc- tence d’au moins deux manuscrits (A et C) qui regrou- tion essentielle, qui présente la tradition du texte et pent un nombre important de ses écrits: les copistes rappelle avec intelligence les thèmes coliniens bien les ont organisés en effet – pour la première fois dans connus des médiévistes (le confort matériel, l’amour, l’histoire de la littérature en langue vulgaire – autour le chant) ainsi que les rôles joués par Colin Muset dans de la notion d’auteur. ses poèmes: jongleur, fi n amant, bon vivant, présent [MARIA COLOMBO TIMELLI] et absent en même temps dans sa poésie, brossant un autoportrait qui fascine toujours, dont on n’est pas en mesure de connaître la part d’authenticité. La Biblio- Les chansons de COLIN MUSET, Textes et mélodies. graphie – organisée ici par sujets – reprend celle de Éditées par Christopher CALLAHAN et Samuel N. RO- l’édition (pp. 21-30). La traduction, dont les principes SENBERG, Paris, Champion («Classiques français du sont rapidement esquissés p. 19, suit le lignage des vers Moyen Âge», 149), 2004, pp. 240. sans prétendre naturellement reproduire le rythme et Les chansons de COLIN MUSET, Traduites en français la rime des originaux. moderne par Christopher CALLAHAN et Samuel N. RO- [MARIA COLOMBO TIMELLI] SENBERG, Paris, Champion («Traductions des classi- ques du Moyen Âge», 71), 2004, pp. 76. The Old French Ballette. Oxford, Bodleian Library, Colin Muset jouit en ce moment d’un intérêt accru, MS Douce 308, Edited, Translated, and Introduced by puisque deux éditions / traductions ont paru en 2005 Eglal DOSS-QUINBY and Samuel N. ROSENBERG, Music à quelques mois seulement de distance: Massimiliano Editions and Commentary by Elizabeth AUBREY, Ge- Chiamenti vient de reproposer l’édition de Bédier nève, Librairie Droz (“Publications romanes et fran- (1938) accompagnée d’une traduction italienne en çaises”, CCXXXIX), 2006, pp. CLXII-546. prose et d’un important commentaire littéraire (Roma, Carocci, 2005: cf. SF 149, 2005, p. 363). Christopher Le ms. Douce 308, connu comme chansonnier I, Callahan et Samuel N. Rosenberg offrent maintenant du début du XIVe siècle et d’origine lorraine, contient une nouvelle édition critique et une traduction en fran- plus de 500 compositions. Une section à l’intérieur çais moderne publiée à part. en regroupe environ 200 sous le titre générique de L’édition, amplement et sérieusement justifi ée (pp. “ballettes” (ff. 210r-237v). On pouvait les lire dans la 16-20), élargit le corpus retenu par Bédier: elle com- transcription diplomatique de G. Steffens (1897) et, en prend en effet 22 poèmes, en englobant les chansons partie, dans des travaux dispersés (notamment F. Gen- dont l’attribution reste douteuse, et surtout elle in- nrich, 1921). L’ouvrage qui vient de paraître procure clut la mélodie. L’Introduction rappelle rapidement l’édition critique de l’ensemble des pièces constituant les rares données biographiques et la thématique la section, accompagnées de la traduction anglaise, et chère à Muset (pp. 9-16); elle est surtout consacrée fait le point sur le statut et sur les caractéristiques du aux questions philologiques, particulièrement em- genre, les mêmes formes se trouvant ailleurs sous la dé- brouillées lorsque l’on décide de discuter et de tenir signation de chanson pieuse, ballade ou virelai. En fait compte en même temps des aspects littéraires et mu- la “ballette”, concurrente malheureuse de la “ballade” sicaux. Les attributions sont attentivement examinées et témoin de l’évolution des compositions à refrain qui et les critères qui ont présidé au choix d’éditer chaque vont s’imposer au XIVe siècle, chantée et issue de, si- poème clairement exposés (pp. 20-33). L’étude linguis- non destinée à la danse, est sans doute une création lor- tique (pp. 33-37) est synthétique, mais ne néglige pas raine – inspirée de traditions non-aristocratiques, mais de séparer ce qui peut raisonnablement être attribué à codifi ée sous l’infl uence de la lyrique des trouvères. l’auteur et ce qui caractérise en revanche la langue des L’introduction examine donc tout d’abord, dans différents chansonniers. La présentation des formes l’optique d’une défi nition du genre, la versifi cation des lyriques (chansons et lais-descorts) fait ressortir l’ori- pièces éditées – la rubrique “ballettes” (terme qu’on ne ginalité de Muset, sa volonté d’essayer des schémas de retrouvera plus par la suite) désignant dans le manus- rimes et de mètres souvent uniques, dont rendent am- crit toute chanson avec un refrain –: dans le schéma des plement compte les tableaux dressés par les éditeurs rimes l’unité prosodique d’ouverture (frons) est stable; (pp. 70-87). La musique fait l’objet d’une étude à part, en revanche, dans la continuation (cauda), on trouve qui met surtout en relief le rapport fondamental en- une très grande variété. L’ensemble n’est jamais par- tre texte et mélodie (pp. 57-69; on se rapportera aussi ticulièrement complexe et relève plutôt d’un style po- aux tableaux des pp. 88-91). Les principes d’édition pularisant, selon la terminologie de P. Bec. La théma- sont soigneusement exposés, le problème fondamen- tique est amoureuse, selon les images habituelles chez

sf150_interni 575 23-02-2007, 16:49:44 576 Rassegna bibliografi ca

les trouvères, mais le point de vue féminin est bien re- gnent dans l’introduction les accents d’authenticité dont présenté dans plusieurs chansons de femme (chansons est empreint le texte, accents révélant le témoin oculaire d’ami, de malmariée, de rencontre); sont présentes aussi désireux de transmettre son émerveillement. Le tome une chanson de clerc et une chanson de jongleur. IV (ch. 104-137) raconte en revanche de manière «ob- L’introduction passe ensuite à l’examen de la ma- jective», didactique (la plupart du temps en utilisant le nière dont les textes sont présentés dans le manuscrit. «on» indéfi ni), les voyages accomplis par Marco, chargé Elle retrace l’histoire de ce dernier et en présente le de mission du Grand Khan, dans les différentes régions contenu, qui suggère des liens avec le puy de Lille; elle de la Chine, en particulier dans le sud-ouest. traite également des liens qui rattachent l’anthologie Comme dans les deux premiers tomes (voir Rasse- poétique aux autres éléments du recueil et à d’autres gna, t. XLVII, n° 140, pp. 415-416; t. XLVIII, n° 144, chansonniers. Enfi n sont étudiés les caractéristiques p. 581), l’introduction s’appuie sur la partie du texte linguistiques de la copie et, en dernier, l’aspect mu- éditée pour traiter de la tradition manuscrite et de la sical: le manuscrit ne comporte pas de notation, mais langue du manuscrit de base (Londres, BL, Royal 19 on trouve certaines pièces accompagnées de mélodies D 1 (B1)). Elle analyse aussi brièvement le contenu et dans d’autres sources. Plusieurs tableaux rendent aisé les traits marquants de la portion de texte objet du vo- le repérage des caractéristiques formelles et permettent lume, et fournit une bibliographie sélective. L’édition de vérifi er d’emblée le nombre d’attestations des diffé- indique les leçons rejetées en bas de page; elle est suivie rents schèmes dans le manuscrit. Suivent les concor- des notes, des variantes, de l’index des noms propres, dances avec les répertoires. du glossaire et de quelques illustrations (reproductions Dans l’édition chaque pièce est accompagnée, en et cartes). bas de page, des renvois aux répertoires, de l’analyse [G. MATTEO ROCCATI] de la versifi cation (schèmes et rimes), de l’indication des éditions antérieures, de celle des leçons rejetées et des variantes des autres témoins, de notes sur le texte Un fragment de la Genèse en vers (fi n XIIIe – dé- et d’un commentaire musical. La traduction anglaise but du XIVe siècle). Edition du Ms. Brit. Libr. Harley est en regard. Une riche bibliographie et la table des 3775 par Julia C. SZIRMAI, Genève, Librairie Droz S.A. incipit terminent ce volume, instrument de travail dé- (“Textes littéraires français”, 574), 2005, pp. 284. sormais indispensable. [G. MATTEO ROCCATI] Edition et étude d’un fragment en anglo-normand de 2148 vers, signalé (1888) puis partiellement édité (1907) par P. Meyer. Tronqué du début et de la fi n, le JEANNE-MARIE BOIVIN, Un fabuliste anonyme du e récit commence par la dernière partie de la vie d’Abra- XIV siècle démasqué: Jean de Chavanges, conseiller ham, relate l’histoire d’Isaac et Jacob et se termine par au Parlement, «Romania», t. 123, 491-492, 2005, pp. l’arrivée des frères de Joseph en Egypte (Gn 22-42). 459-485. Si le point de départ est dans la Vulgate, le récit est basé sur l’Historia Scholastica de Pierre le Mangeur; De nombreuses parentés – formules de la dédicace, emprunts textuels, références, rimes, thèmes –, jus- lorsque le texte ne suit pas ces deux sources, il corres- qu’ici passées inaperçues, lient la deuxième rédaction pond pour une grande partie à Li Romanz de Dieu et de l’Isopet I – Avionnet au Livre royal, compilation sans de sa Mere d’Herman de Valenciennes, mais on trouve originalité due à Jean de Chavanges. L’article dresse aussi des parentés avec d’autres traductions bibliques un relevé précis de ces parentés et démontre ainsi que (notamment Macé de la Charité, Evrat, Jehan Malk- celui-ci est bien l’auteur des deux œuvres, le recueil de araume). Quelques détails sont tirés des Antiquités fables ayant été composé en premier, dans les années judaïques de Flavius Josèphe. Les moralisations et les 1340. En conclusion, après avoir rappelé ce que nous allégories intégrées proviennent de l’Aurora de Pierre connaissons au sujet de Jean de Chavanges, l’article Riga, de la Glossa Ordinaria et des exégèses de Bède, examine les conséquences qu’entraîne dans notre per- Isidore et Raban. L’auteur insère également un conte ception du recueil de fables l’identifi cation de l’auteur, extrait du Chastoiement d’un pere a son fi ls (traduction un champenois et non un bourguignon comme on de la Disciplina clericalis). avait pu le croire; on peut maintenant lui attribuer La première partie du volume présente le manus- l’ensemble des additions de la deuxième rédaction. crit, la langue, la versifi cation et le résumé du texte. Suivent l’examen des sources, conduit de manière dé- [G. MATTEO ROCCATI] taillée (pp. 55-117), puis quelques considérations sur l’auteur, le public visé et la datation du poème. L’édi- tion (pp. 129-191) est complétée par les notes (pp. MARCO POLO, Le devisement du monde, Édition cri- 193-226), le glossaire (pp. 227-261), la bibliographie, tique publiée sous la direction de Philippe MÉNARD, l’index des noms propres et l’index général. tome III, L’empereur Khoubilai Khan, édité par Jean- Claude FAUCON, Danielle QUÉRUEL, Monique SAN- [G. MATTEO ROCCATI] TUCCI, Genève, Librairie Droz S.A. («Textes littéraires français», 568), 2004; pp. 216. MARCO POLO, Le devisement du monde, Édition cri- Urs AMACHER, Ein bisher unbekanntes Fragment tique publiée sous la direction de Philippe MÉNARD, to- der “Légende dorée”, «Vox romanica», 62, 2003, pp. me IV, Voyage à travers la Chine, édité par Joël BLAN- 136-139. CHARD et Michel QUEREUIL, Genève, Librairie Droz S.A. («Textes littéraires français», 575), 2005; pp. 260. Transcription d’un fragment, datable du début du XVe siècle, de la traduction française de la Vie de sainte L’édition collective de la version française, prévue en Théodora (éd. Dunn-Lardeau, 1997, légende 87). Le six volumes, se poursuit. Le tome III (ch. 75-104) est en- fragment, copié sur un parchemin réutilisé dans la re- tièrement consacré au Grand Khan et les éditeurs souli- liure d’un volume du XVIIe siècle (coté L 1292), est

sf150_interni 576 23-02-2007, 16:49:44 Secoli medioevali 577

conservé à la Bibliothèque centrale de Soleure (Solo- quelques aveugles célèbres (Enrico Dandolo, doge thurn, Zentralbibliothek). de Venise, présenté par Villeharduin, texte original [G. MATTEO ROCCATI] et traduction; Jean de Bohème par Froissart, ancien français uniquement), le compte rendu de deux mi- racles de Saint Louis par Guillaume de Saint-Pathus GIOIA PARADISI, Le passioni della storia. Scrittura e (uniquement en ancien français), le témoignage sur un memoria nell’opera di Wace, Roma, Bagatto Libri («Di- miracle de Saint Louis d’Anjou (original et traduction), partimento di studi romanzi, Università di Roma “La le Règlement de l’hôpital des Quinze-Vingts (XIVe siè- Sapienza”. Testi, studi e manuali», 16), 2002, pp. 458. cle: original seulement). Parmi les textes littéraires ayant trait à des aveugles, on compte un fabliau (Les Il libro di Gioia Paradisi è un lavoro di ampio re- trois aveugles de Compiègne, donné seulement en tra- spiro sulla fi gura di Wace, importante autore norman- duction), deux Ballades d’Eustache Deschamps (texte no della metà del sec. XII nei generi dell’agiografi a original), des fragments de trois pièces théâtrales (sans e soprattutto della storiografi a, dove si contano due e e romanzi (il Roman de Brut, volgarizzamento dell’Hi- traduction: La Conversion saint Denis, du XII -XIII storia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, siècle; le Jeu de saint Louis, vers 1470; le Mystère de e il Roman de Rou, racconto delle imprese dei duchi la Passion, 1486); la Moralité de l’aveugle et du boiteux di Normandia) di grande rilievo nel panorama della d’André de la Vigne est donnée intégralement, traduite nuova letteratura volgare. Paradisi studia con grande en français moderne. Le Dossier se clôt sur un chapi- attenzione la produzione e l’autore: in particolare, l’in- tre de Lazarillo de Tormès (traduit par Alfred Morel- dagine sulla fi gura di intellettuale di Wace e sui suoi Fatio) et sur un des Contes cruels de Villiers de l’Isle- rapporti con la corte plantageneta insieme a quella Adam, Vox populi. sui modelli ai quali egli si è ispirato per i due romanzi Si l’on admire la richesse des matériaux réunis par (Goffredo di Monmouth e le sue fonti insulari, la sto- Jean Dufournet, on regrette d’autant plus quelques tra- riografi a normanna in latino) fanno di questo lavoro un ces d’une composition hâtive: de nombreuses coquilles riferimento assolutamente imprescindibile. qui pourraient être le résultat d’une numérisation, la conservation d’aspects typographiques appartenant [WALTER MELIGA] évidemment aux sources de la troisième partie (des ita- liques non justifi és, des renvois aux pages des éditions

e anciennes ou aux feuillets de manuscrits dont la cote Le Garçon et l’Aveugle, Jeu du XIII siècle. Publié, n’est pas indiquée etc.). UFOURNET traduit, présenté et commenté par Jean D , [MARIA COLOMBO TIMELLI] Paris, Champion («Champion Classiques Moyen Age», 15), 2005, pp. 274. Les Jeux de la Passion dans l’Allemagne du XIVe siè- La petite pièce qui donne le titre à ce volume ne compte que 264 octosyllabes: composée vers 1250- cle, Le Rouleau de Conduite de Francfort. La Passion de 1300 par un auteur anonyme, elle est transmise par un Saint-Gall, traduits en français par Guy BORGNET, Pa- seul manuscrit d’origine picarde. Pour cette nouvelle ris, Honoré Champion éditeur («Traductions des clas- édition, Jean Dufournet a constitué un montage de siques du Moyen Age», 73), 2006, pp. 200. quelques publications précédentes. Les trois études qui composent la partie introduc- Quoique n’appartenant pas directement à l’objet de tive sont tirées du volume paru en 1982 dans les «Tra- la rassegna, ces deux textes, traduits ici pour la premiè- ductions des CFMA» par les soins du même auteur; re fois en français, sont intéressants en tant que témoins elles concernent aussi bien les aspects littéraires (avec de la forme théâtrale du mystère – forme à dimension un examen des différentes formes de comiques mises européenne – et des modalités de sa représentation. En en jeu: comique de caractère, comique verbal, ruse: I. effet, le Rouleau (Frakfurter Dirigierrolle) est un regis- Le Garçon et l’aveugle, jeu du XIIIe siècle, pp. 13-35), tre de metteur en scène qui ne contient que le premier que les questions dramatiques (récurrence du person- vers de chaque réplique, mais offre des didascalies très nage de l’aveugle dans une riche série de pièces théâ- détaillées fournissant des indications scéniques préci- e e trales – Vies, Mystères, Passions des XIV -XVI siècles ses. Il est datable du début du XIVe siècle et a servi –: II. Après le jeu du Garçon et l’Aveugle, pp. 37-66), à plusieurs représentations, comme en témoignent les et les aspects sociologiques (l’aveugle dans la société ajouts et les ratures apportés sur le manuscrit. médiévale: assimilé au truand, objet en même temps La Passion (Sankt Galler Passionsspiel ou Mittelrhei- de méfi ance et de charité: III. L’aveugle au Moyen Âge, nisches Passionsspiel), qui est datable de la première pp. 67-119). Seul a été ajouté un «Supplément biblio- moitié du XIVe siècle, relève de l’aire linguistique du graphique» de quatre titres (p. 119). francique rhénan et pourrait provenir de la région si- La deuxième partie («Texte et traduction», pp. tuée entre Mayence et Worms. 121-164) est le résultat d’un collage: l’Introduction est celle de Mario Roques («CFMA» 5, 1969, deuxième L’introduction présente les textes, en donne une éd. revue), ainsi que le texte en ancien français, publié analyse et aborde plusieurs questions s’y rapportant, sur la page de droite, alors que la traduction donnée notamment le rôle de saint Augustin, personnage qui en regard est de Jean Dufournet (1982). L’apparat intervient à l’intérieur du jeu, et l’attitude, polémique, complémentaire comprend des Notes (également de à l’égard des juifs. Elle comporte enfi n la bibliographie. Dufournet 1982), des Notes critiques et un Glossaire Les index des personnages (établis séparément pour sélectif (de Mario Roques 1969); l’Index des noms pro- chaque œuvre) terminent le volume. La traduction a pres est nouveau. été réalisée sur les éditions R. Froning (1891-1892) et Le Dossier qui constitue la troisième partie (pp. R. Schützeichel (1978). 165-271, encore tiré du volume de 1982) est très di- [G. MATTEO ROCCATI] vers. Il comprend des textes médiévaux autour de

sf150_interni 577 23-02-2007, 16:49:45 578 Rassegna bibliografi ca Quattrocento a cura di Maria Colombo Timelli e Paola Cifarelli

«Le moyen français» 57-58, 2005-2006. téraire chez les Grands Rhétoriqueurs, pp. 105-121. Après s’être forgé pour lui-même une fausse généalo- Sont réunis dans ce volume les actes du 1er Colloque gie glorieuse, George Chastelain devient – avec Alain international du Groupe de recherche sur le moyen Chartier – le maître célébré par au moins deux géné- français, qui s’est déroulé à l’Université catholique de rations de Grands Rhétoriqueurs. À travers le dialo- Louvain (Louvain-la-Neuve) en mai 2003, publiés par gue poétique et épistolaire et l’élaboration de textes à Claude Thiry et Tania Van Hemelryck. Le sujet choisi, plusieurs mains, se tisse alors la sodalitas d’un groupe «La littérature à la cour de Bourgogne, actualités et qui reconnaît l’autorité du grand indiciaire, tout en af- perspectives de recherche», a stimulé la présentation fi rmant la liberté de création et l’originalité de chacun. de travaux en cours ainsi que la réfl exion sur les mé- En ce sens, selon E. Doudet, la Grande Rhétorique thodes et sur les recherches encore à entreprendre. Les marque le passage du Moyen Âge à la poésie de la notices qui suivent ont été regroupées autour de quel- Renaissance. ques axes signifi catifs: la Grande Rhétorique, la pro- Martial MARTIN, Le prosimètre des rhetoriqueurs duction historiographique, la littérature en prose (ro- bourguignons: miroir d’une cour en crise, pp. 249-262. mans, compilations, nouvelles), le théâtre. Deux com- La riche production de prosimètres par Chastelain, munications, respectivement de Giuseppe Di Stefano Molinet et Lemaire de Belges se fonde sur des struc- et de Céline Van Hoorebeeck, se situent à part. tures relativement stables, des cadres peu variés, des Annelies BLOEM, ‘Si jeunesse savait, si vieillesse personnages divers mais des personnifi cations et des pouvait’: une analyse de la personnalité poétique de allégories récurrentes. Ce qui fait l’originalité d’un tel Michault Taillevent dans son ‘Passe Temps’, pp. 11-25. ensemble, au-delà de la diversité des réalisations, c’est La présence constante de la première personne dans le alors l’émergence d’un discours politique. Passe-Temps cache deux ‘je’ différents: le ‘je’ d’autre- Virginie MINET-MAHY, Les systèmes de représenta- fois, intra-diégétique, chargé de toutes les fautes de la tion de l’auteur et du lecteur dans le texte allégorique: jeunesse, et le ‘je’ du poète narrateur, extra-diégétique, fi gures idéales et vocations poétiques, pp. 263-282. Le auteur d’un poème moralisant. Dans les deux cas, se- fonctionnement de certaines métaphores et, plus en lon A. Bloem, la connivence du lecteur demeure pos- général, du discours allégorique dans la poésie de G. sible, en raison du haut niveau de généralisation et, en Chastelain et de J. Molinet confi rme la thèse de V. contrepartie, du faible degré de subjectivité adoptés Minet-Mahy d’une profonde intégration de l’auteur par Michault Taillevent. et du lecteur dans l’espace fi ctionnel des Grands Rhé- Laurent BOZARD, Le poète et la princesse. Jean Moli- toriqueurs. Si l’auteur de la fi n du Moyen Âge est de net, Jean Lemaire de Belges, Jean Marot et leurs ‘muses’: plus en plus persuadé de jouer un rôle politique dans Marguerite d’Autriche et Anne de Bretagne, pp. 27-40. le débat public et propose une écriture désormais en- L’auteur étudie les liens qui unissent les trois poètes gagée dans le monde, le lecteur se trouve directement et les deux princesses, ainsi que l’expression poétique impliqué dans le texte par les appels directs à sa propre de cet attachement. Sans être sa muse, Marguerite mémoire littéraire, ainsi qu’à des images culturelles et à d’Autriche demeure pour Jean Molinet l’emblème de des valeurs sociales communes. la paix. Lemaire, poète mais aussi collaborateur de Anne SCHOYSMAN (Jean Lemaire de Belges et la Gé- Marguerite, passe en 1511 à la cour de France et à néalogie d’Anne de la Tour d’Auvergne dans le ms. 74 Anne de Bretagne: ses vers s’adaptent alors aux cir- G 11 de La Haye (1518), pp. 315-333). A. Schoysman constances et aux nouvelles destinataires. En revanche, étudie dans les détails un manuscrit non daté, mais da- la reine de France est la véritable muse de Jean Marot, table 1518, dont le contenu doit être attribué à Jean quasi entièrement voué à sa cause de 1506 à 1514, date Lemaire de Belges. Il s’agit d’une compilation de plu- de la mort d’Anne. sieurs textes, dont un roman des origines en prose, David COWLING, L’emploi de la métaphore dans les deux généalogies de la famille de La Tour d’Auvergne, textes bourguignons du XVe siècle: bilan et perspecti- et des pièces hétéroclites rapportées aux possessions ves de recherche, pp. 55-66. À partir d’une approche de la même famille. Exemplaire de dédicace d’un ma- cognitiviste de la métaphore, qui met en rapport un nuscrit de nature privée, certainement non autogra- ‘domaine-source’ (ici, la maison) et un ‘domaine-cible’ phe, il confi rmerait que Lemaire, sans doute infi rme, (l’État), David Cowling montre l’apport des indiciaires était encore actif en 1518, et obligerait à reculer la date de Philippe le Bon et de Charles le Téméraire à une de sa mort vers 1524. histoire de la métaphore du bâtiment appliquée à l’État Susie SPEAKMAN SUTCH, La réception du ‘Chevalier au XVe siècle. Si Chastelain se révèle encore proche de délibéré’ d’Olivier de la Marche aux XVe et XVIe siè- la vision négative des historiographes français, chez cles, pp. 335-350. L’analyse des manuscrits et impri- lesquels la ‘maison’ est surtout marquée par la fragilité més français du Chevalier deliberé parus entre la fi n du au risque de l’effondrement et de la ruine, avec Moli- XVe siècle et 1540 permet de mieux cerner les milieux net et surtout Lemaire de Belges le ‘bâtiment’ assume dans lesquels ce poème a circulé. La présence d’armoi- de plus en plus les caractères d’une construction dont ries et devises sur les manuscrits, ainsi que la richesse la perfection et la permanence sont indiscutables. La de l’apparat iconographique révèlent des destinataires métaphore joue ainsi un rôle fondamental dans l’éla- / commanditaires / possesseurs appartenant à la plus boration, peut-être en partie inconsciente, d’une vision haute aristocratie. Deux imprimés sur vélin, aux gravu- précise de l’État bourguignon à la fi n du Moyen Âge. res peintes, circulèrent dans le même milieu, alors que Estelle DOUDET, La personnalité poétique à l’aube d’autres éditions plus tardives étaient manifestement de la Renaissance. George Chastelain et la fi liation lit- destinées à un public plus vaste et moins exigeant.

sf150_interni 578 23-02-2007, 16:49:45 Quattrocento 579

Björn-Olav DOZO, Représentations de la fi gure de C. Deschepper conteste enfi n, à juste titre, pour cette Charles Quint: des espoirs suscités aux traces dans une ‘prose’ l’étiquette de ‘miroir’ offert aux Ducs: l’auteur chronique française de la fi n de sa vie. Comparaison de du XVe siècle a plutôt tenté d’intégrer l’univers arthu- trois représentations: Molinet, Ladam, Le Blond, pp. rien et l’image d’Alexandre empereur de Constantino- 123-138. Les images de Charles Quint qui ressortent ple aux préoccupations politiques de son milieu. de l’œuvre de trois chroniqueurs excentrés – sur le Jean DEVAUX, L’art de la mise en prose à la cour de plan chronologique ou géographique – sont plus va- Bourgogne: Jean Molinet, dérimeur du ‘Roman de la riées que celles que l’empereur a pu infl uencer direc- Rose’, pp. 87-104. La prosifi cation de Jean Molinet se tement. Jean Molinet souligne surtout ses liens avec la signalant par son extrême fi délité au roman source, elle dynastie bourguignonne et les espérances de paix sus- permet des observations de grand intérêt quant à l’évo- citées par sa naissance; Nicaise Ladam, tout en insis- lution de la langue du XIIIe au XVe siècle. Jean Devaux tant sur sa jeunesse et son apparente vulnérabilité, fait analyse de près les cinq premiers chapitres, correspon- de Charles l’espoir politique de l’Europe; le portrait dant aux 1300 premiers vers du poème. Sur le plan de esquissé par Jean Le Blond enfi n montre un prince la morphologie, la modernisation paraît constante, autoritaire œuvrant plus pour son propre pouvoir que ainsi que pour la syntaxe, où l’imbrication s’affi rme pour l’unité de la chrétienté. comme le procédé marquant du texte en prose; il est Sylvie LEFÈVRE, Une tradition bourguignonne d’un en revanche plus diffi cile de classer les modifi cations dialogue d’humanistes: la biographie anecdotique d’Al- lexicales, et surtout d’en expliquer les motivations. phonse V d’Aragon, pp. 227-247. Le De dictis et factis Par rapport à d’autres proses ‘bourguignonnes’ le Ro- Alphonsi regis d’Antoine Beccadelli dit Panormita, man de la Rose de Molinet se révèle donc plus fi dèle portrait idéalisé d’un roi parfait puisque philosophe, au modèle, et proche de l’Ovide moralisé et du Livre fut achevé en 1455, puis complété par des additions de Regnart pour la séparation nette entre récriture et d’Aeneas Sylvius Piccolomini; le texte entier fut tra- ‘moralisation’. duit en français entre 1469 et 1476 par Jean Lorfèvre, Philippe FRIEDEN, La Rose et le Christ: lecture eucha- grand notable de la cour de Bourgogne. Le répertoire ristique du ‘Romant de la Rose moralisé’, pp. 139-151. de manuscrits et éditions anciennes établi par S. Lefè- Cette lecture du Romant de la Rose moralisé est fondée vre témoigne d’une diffusion complexe de la rédaction sur la présence du Christ dans 32 moralités, et notam- latine (les textes de Beccadelli et de Piccolomini ayant ment dans les moralités accompagnant l’épisode de la circulé aussi bien séparés que réunis), alors que la tra- Fontaine de Narcisse (Guillaume de Lorris) et celui de duction française n’est connue que par un manuscrit la Fontaine du Parc (Jean de Meun); le dernier cha- aujourd’hui conservé à Cracovie. pitre en particulier révèle défi nitivement la relecture Peter NOBLE, Commynes et Charles le Téméraire, opérée par Molinet, avec l’identifi cation du Christ et pp. 283-290. Le caractère partial des Mémoires de de la Rose. Commynes à l’égard de sa fuite de la cour de Bourgo- Sandrine HÉRICHÉ-PRADEAU (‘Les Faicts et Con- gne pour passer au service de Louis XI a été reconnu questes d’Alexandre’ de Jehan Wauquelin: un espace depuis longtemps par la critique. P. Noble attribue le de réécritures variées, pp. 153-175) montre la variété silence de l’indiciaire non pas à un sentiment de cul- des procédés de réécriture appliqués par Wauque- pabilité (interprétation avancée par Jean Dufournet), lin dans sa vaste compilation. Le prosateur utilise ses mais plutôt à un désir de justifi cation, qui aurait amené deux sources principales (les deux premières branches Commynes à noircir le portrait de Charles le Téméraire du roman en alexandrins et une traduction française en se concentrant sur les défauts de son caractère. de l’Historia de Preliis) avec une relative fi délité, qui Maria COLOMBO TIMELLI, Pour une nouvelle édition n’exclut ni les réductions / suppressions ni certaines critique de ‘La Manequine’ en prose de Jean Wauquelin: amplifi cations. Quant aux sources secondaires, Wau- quelques réfl exions préliminaires, pp. 41-54. Malgré les quelin procède plutôt par extraction de blocs narratifs, mérites incontestables de l’édition fournie par Her- auxquels il reste plus ou moins fi dèle. Loin d’être le ré- mann Suchier en 1884, une nouvelle édition critique sultat d’un simple assemblage de textes, la compilation de La Manequine en prose doit aujourd’hui être envisa- du XVe siècle offre un nouveau roman d’Alexandre, gée, aussi bien pour des raisons littéraires (une propre inédit et cohérent. dignité est désormais reconnue aux ‘mises en prose’; Frédérique JOHAN, Quelques accents uniques pour l’auteur bourguignon est par ailleurs mieux connu) une autre lecture du ‘Petit Jehan de Saintré’: l’apport que linguistiques et philologiques (l’édition Suchier des images du Bruxellensis 9547, pp. 177-193. Il s’agit ne contient ni analyse linguistique ni glossaire; le ma- d’une analyse partielle des illustrations (une vingtaine nuscrit n’est que sommairement décrit). M. Colombo sur 77) qui ornent le ms. de Bruxelles, mises en rapport Timelli offre ici une réfl exion sur le rapport entre cer- avec les titres de chapitre paraissant dans le ms. Paris taines leçons du manuscrit unique de Turin (Biblioteca BnF naf 20234. F. Johan essaie de prouver que, surtout Nazionale e Universitaria, L.IV.5) et les passages cor- dans la dernière partie du roman, l’artiste imposerait respondants dans le seul manuscrit conservé du roman sa propre interprétation de la morale proposée par An- en vers de Philippe de Remi (BnF, fr. 1588). toine de La Sale. Catherine DESCHEPPER, De l’adultère comme résis- Giovanni PALUMBO, La ‘Chanson de Roland’ dans les tance à l’empereur usurpateur… La convergence des ‘Croniques et conquestes de Charlemaine’: le problème intrigues amoureuses et politiques dans le ‘Cligés’ en des sources, pp. 291-314. À la recherche des sources prose, pp. 67-86. Analyse thématique du Cligés en majeures de la compilation de David Aubert, G. Pa- prose (1454), centrée sur l’amour adultère de Cligés et lumbo montre que les Croniques combinent les deux Fenice: leur liaison est entièrement justifi ée par le pro- traditions, turpinienne et rolandienne, et surtout il pré- sateur au nom de la trahison opérée par Alix, ‘mauvais cise – grâce à des sondages signifi catifs – les versions chef’, faux empereur de Constantinople, auquel il est auxquelles Aubert a puisé: une traduction française de légitime de s’opposer. Par ailleurs, l’amour des deux Turpin attribuée à ‘maistre Jehan’, et une version du protagonistes se trouve ultérieurement soutenu par Roland rimé peut-être déjà mise en prose; à ces rema- une personnifi cation supra-naturelle, Amour, qui leur niements s’ajoutent deux blocs narratifs extérieurs: la assure un secours inconditionnel et toujours précieux. prise de Narbonne et l’histoire de Galien.

sf150_interni 579 23-02-2007, 16:49:46 580 Rassegna bibliografi ca

Tania VAN HEMELRYCK, Soumettre le ‘Perceforest’ à Un traducteur et un humaniste de l’époque de Char- la question. Une entreprise périlleuse?, pp. 367-379. La les VI : Laurent de Premierfait, sous la direction de constatation de la datation tardive de tous les manus- Carla BOZZOLO, Paris, Publications de la Sorbonne, crits de Perceforest amène T. Van Hemelryck à lancer 2004 («Textes et documents d’histoire médiévale», une nouvelle hypothèse pour la date de rédaction du 4), pp. 316. texte. Quelques éléments internes et externes à l’œuvre pourraient en effet etayer l’hypothèse d’une composi- Il y a une trentaine d’années, on n’avait de Laurent tion ‘bourguignonne’ du début du XVe siècle. de Premierfait et de son activité qu’une image partiel- Nelly LABÈRE, Regarder par le trou de la lorgnette: le et nettement inadéquate: il suffi t pour s’en rendre ‘L’assez apparente verité’ des ‘Cent Nouvelles Nouvel- compte de comparer le portrait de l’auteur et la biblio- les’, pp. 203-226. Les CNN utilisent le motif tradi- graphie réunie dans les deux rédactions du Diction- tionnel du ‘regard’ en en faisant le centre thématique naire des Lettres Françaises - Le Moyen Âge (1964 et du recueil: la vue et ses défauts constituent en effet le 1992, bien que celle-ci n’enregistre pas encore – entre noyau de plusieurs contes, peuplés de myopes, presby- bien d’autres travaux – l’édition par Giuseppe Di Ste- tes, borgnes (réels et métaphoriques). Qui plus est, la fano du Livre des Cent Nouvelles, Montréal, 1999). Ce vue, le trou, la béance, exploités grossièrement, ne sont beau recueil d’articles voulu par Carla Bozzolo donne pourtant pas sans interroger le lecteur sur le rapport la mesure du chemin parcouru au cours de ces derniè- entre signe et sens, entre vérité et apparence. res décennies, puisqu’il réunit les contributions fonda- Cynthia SYOEN, Un ‘merveilleux’ quotidien: l’amour mentales de spécialistes renommés grâce auxquels la contrarié dans les ‘Cent Nouvelles Nouvelles’, pp. 351- vie et l’œuvre – tant latine que française – de Laurent 365. La réfl exion sur l’amour et sur la place des fem- nous sont aujourd’hui mieux connues: on lui sait gré mes est bien au centre de nombreuses nouvelles du re- donc d’avoir regroupé des travaux dispersés (parus cueil. C. Syoen étudie le rapport entre cette réfl exion pour la plupart entre 1973 et 1992, mais trois sont iné- d’une part et, de l’autre, le discours médical et les dits) dans une sorte de monographie aussi intelligente croyances populaires, qui rejoignent la vision chrétien- que pratique. Le plan est tripartite. ne et surtout mysogine du Moyen Âge. Dans les CNN La première section, «L’homme et son milieu», per- la femme se révèle en même temps castratrice et sujette met d’abord, grâce à deux articles de Carla BOZZOLO à l’homme: le rire seul saura assumer un rôle rassurant, (Introduction à la vie et à l’œuvre d’un humaniste, pp. en même temps libérateur et exorcisateur. 17-29, paru en 1973) et de Richard C. FAMIGLIETTI Tamás KARÁTH, La tradition bourguignonne des re- (Laurent de Premierfait: The Career of a Humanist in présentations de la Passion à la fi n du Moyen Âge. La Early Fifteenth-Century Paris, pp. 31-51, 1983), de Passion de Biard: un témoignage d’une dévotion person- mieux cerner la biographie de Laurent et son activité nelle, pp. 195-201. Le ms. copié par Philippe de Biard de traducteur au service de quelques grands seigneurs dans la seconde moitié du XVe siècle (Paris BnF, naf de son temps; les documents découverts il y a main- 4085) suit un principe de composition proche de ce- tenant plus de vingt ans par le même Famiglietti aux lui des livres d’heures. Le format, la graphie, indique- Archives Nationales nous font connaître entre autres raient aussi un usage privé; mais surtout la réécriture, le nom de famille de Laurent, ‘Guillot’, et sa signature tout en prouvant la circulation du mystère dans les (reproductions aux pp. 50-51). On passe ensuite à milieux bourguignons à une époque où les représen- La conception du pouvoir chez Laurent de Premierfait, tations dramatiques de la Passion semblent avoir dis- encore de Carla BOZZOLO (pp. 53-68, paru en 1991): paru, transforme le texte théâtral en un instrument de certaines amplifi cations introduites par Laurent dans réfl exion individuelle sur la foi. ses traductions révèlent d’une part sa conception du Céline VAN HOOREBEECK, ‘Item, ung petit livre en pouvoir royal, d’origine divine mais soumis à une sorte franchois…’ La littérature française dans les librairies de ‘contrat social’ avant la lettre entre le roi et son peu- des fonctionnaires des ducs de Bourgogne, pp. 381-413. ple, ainsi que sa proclamation de la supériorité de la Sur la base des relevés écrits d’une quinzaine de ‘li- nation française. D’autre part, son attitude à l’égard de brairies’ de fonctionnaires bourguignons décédés en- l’Église et surtout du pouvoir temporel des papes est tre 1444 et 1543, C. Van Hoorebeeck essaie de véri- sans nuances: les propos accusateurs sous la plume de fi er dans quelle mesure ces bibliothèques refl ètent les Laurent manifestent son aspiration à un changement goûts de la cour ducale et de la haute aristocratie. En et à un retour aux sources évangéliques. C’est toujours s’appuyant sur une série de paramètres signifi catifs (la Carla BOZZOLO qui nous introduit à La lecture des clas- langue des ouvrages, la typologie des œuvres, la qualité siques par un humaniste français: Laurent de Premierfait et la valeur des livres, manuscrits et imprimés, le con- (pp. 69-82, article de 1991), bilan des connaissances di- tenu), elle peut conclure sur une relative autonomie de rectes ou indirectes de Laurent sur les auteurs de l’An- ces collections, qui constituaient d’abord un outil de tiquité latine et grecque. Divulgateur et commentateur travail pour des fonctionnaires qui ne renonçaient ce- de Stace et de Térence, traducteur de Cicéron, Laurent pendant pas entièrement à trouver dans la lecture un connaît bien et cite les poètes (Virgile, Ovide, Horace, espace de divertissement. Lucain), ainsi que Tite-Live parmi les historiens et le Giuseppe DI STEFANO, L’acception libre: relire Jean Sénèque philosophe. Son admiration pour la culture Molinet, pp. 415-430. La parution récente du Diction- grecque, qui l’amène à réviser la traduction de l’Oeco- naire érotique de Rose M. Bidler (2002) permet à G. Di nomica, est le résultat d’une lectura mediata, mais fait Stefano de relire les Pronostications joyeuses de Moli- de lui un humaniste au sens plein du terme. net (éd. Koopmans – Verhuyck 1998, TLF 496) et d’y Dans une contribution inédite, Anne D. HEDEMAN glaner un nombre importants de lexèmes et locutions à (Visual Translation: Illustrating Laurent de Premier- double sens. Prudence impose pourtant de se deman- fait’s French Versions of Boccaccio’s ‘De casibus’, pp. der toujours si l’auteur a consciemment manipulé les 83-113) étudie le rapport qui s’établit entre le texte mots ou bien si l’interprétation érotique est simple- et l’iconographie dans les deux manuscrits les plus ment l’effet inévitable de la polysémie. anciens de la traduction de 1409 du De casibus: le ms. Genève, Bibliothèque publique et universitaire, [MARIA COLOMBO TIMELLI] fr. 190, offert à Jean de Berry, et le ms. 5193 de la Bi-

sf150_interni 580 23-02-2007, 16:49:46 Quattrocento 581

bliothèque de l’Arsenal, copié pour Jean Sans Peur; les GIOVANNA ANGELI, Christine de Pizan et le portrait deux copies ont été faites à partir d’un même modèle, impossible de l’auteur dans son laboratoire, in «Toutes que Laurent était encore en train de réviser. Une lectu- choses sont faictes cleres par escripture». Fonctions et re attentive de quelques illustrations particulièrement fi gures d’auteurs du Moyen Âge à l’époque contempo- signifi catives montre comment l’iconographie refl ète raine. Études rassemblées par Virginie MINET-MAHY, l’interprétation à laquelle Laurent soumet le texte de Claude THIRY et Tania VAN HEMELRYCK, «Les Lettres Boccace, et surtout sa volonté de faire correspondre Romanes», numéro hors série, 2004, pp. 57-69. certains évènements de l’histoire ancienne, biblique en l’occurrence, avec l’actualité politique de la France du L’œuvre poétique de Christine de Pizan est riche début du XVe siècle. d’interventions personnelles qui semblent dévoiler au Une vaste section est consacrée à «L’œuvre latine», lecteur tout entière la réalité biographique du poète. en particulier à l’abrégé de la Thébaïde (Colette JEUDY Cependant, G. Angeli montre bien où notre connais- et Carla BOZZOLO, Stace et Laurent de Premierfait, pp. sance de l’auteur s’arrête: la zone où se fabrique l’écri- 117-143, 1979), au commentaire sur Térence (Carla ture, le «laboratoire de l’écrivain» (p. 68), nous reste, BOZZOLO, Laurent de Premierfait et Térence, pp. 145- malgré tout, inaccessible. 179, 1984), à la production poétique (Gilbert OUY, [MARIA COLOMBO TIMELLI] Poèmes retrouvés de Laurent de Premierfait. Un poète ‘engagé’ au début du XVe siècle, pp. 225-262, 1992), et aux choix prosodiques et métriques opérés (Matteo JEAN-CLAUDE MÜHLETHALER, Lire et écrire, d’Alain ROCCATI, Remarques sur la prosodie et la métrique des Chartier à Octovien de Saint-Gelais: la mémoire cultu- poèmes de Laurent de Premierfait, pp. 263-278: inédit). relle, puits de sagesse ou source d’illusion?, in “Toutes Est intégrée à cet ensemble la contribution de Marie- choses sont faictes cleres par escripture”. Fonctions et Hélène TESNIÈRE (Un remaniement du ‘Tite-Live’ de fi gures d’auteurs du Moyen Âge à l’époque contempo- Pierre Bersuire par Laurent de Premierfait - ms. Paris, raine. Études rassemblées par Virginie MINET-MAHY, BnF, fr. 264-265-266, pp. 181-223, 1986) qui montre Claude THIRY et Tania VAN HEMELRYCK, «Les Lettres comment, selon toute vraisemblance, Laurent est res- Romanes», numéro hors série, 2004, pp. 71-98. ponsable de la révision du Tite Live traduit par Pierre Bersuire: ce remaniement lui aurait servi par ailleurs Dans ce article en deux volets, J.-C. Mühletha- pour la seconde rédaction des Cas des nobles hommes ler s’interroge sur le rapport qui s’instaure chez les et femmes (1409). auteurs du XVe siècle entre leur propre écriture et la «L’œuvre française» réunit enfi n deux études. Les mémoire culturelle et littéraire du passé. Pour ce qui procédés mis en œuvre par Laurent dans sa traduc- est des écrits engagés, il découvre chez Alain Chartier, tion des nouvelles de Boccace, fi nement analysés par Christine de Pizan, Georges Chastelain, Jean Molinet, Giuseppe DI STEFANO (La traduction du ‘Decameron’, plutôt la pose du témoin oculaire, trouvant dans l’ac- pp. 281-305, 1977), révèlent, au-delà de mécanismes tualité même la source de l’écriture. Dans le discours reconnaissables et récurrents, l’idéologie sous-jacente lyrique, les textes s’inscrivent aussi dans le présent et / aux deux textes, le modèle italien d’une part et sa pre- ou dans le “vécu personnel” d’auteurs tels que Pierre mière version française de l’autre. Chastellain et Michault Taillevent, Charles d’Orléans Reprise partielle d’une étude publiée en 1991, et René d’Anjou, Georges Chastelain et Jean Robertet, l’article de Gilbert OUY (L’orthographe de Laurent de ces poètes ne revendiquant aucune fi liation du passé Premierfait, pp. 307-314) propose quelques rapides littéraire. Si Alain Chartier constitue le modèle pour remarques sur certaines habitudes graphiques qui les deux discours, politique et lyrique, Octovien de s’observent surtout dans la traduction du De Senectute Saint-Gelais se situe à l’autre bout du chemin: chez lui de Cicéron (ms. BnF lat. 7789, probablement autogra- la conscience de la mémoire culturelle est un bagage phe), dont l’épître dédicatoire au duc Louis de Bour- inutile, sans correspondance dans la réalité, et même bon est éditée en annexe. la source possible d’erreurs pour celui qui lui ferait [MARIA COLOMBO TIMELLI] pleine confi ance. [MARIA COLOMBO TIMELLI]

JACQUELINE CERQUIGLINI-TOULET, Christine de Pizan et le scandale: naissance de la femme écrivain, in «Tou- Villon et ses lecteurs. Actes du colloque internatio- tes choses sont faictes cleres par escripture». Fonctions nal des 13-14 décembre 2000 organisé à la Bibliothè- et fi gures d’auteurs du Moyen Âge à l’époque contempo- que historique de la Ville de Paris, Textes édités par raine. Études rassemblées par Virginie MINET-MAHY, Jean DUFOURNET, Michael FREEMAN et Jean DERENS, Claude THIRY et Tania VAN HEMELRYCK, «Les Lettres Paris, Honoré Champion, 2005 («Colloques, congrès Romanes», numéro hors série, 2004, pp. 45-56. et conférences sur le Moyen Âge», 5), pp. 337.

Cette contribution est bâtie sur le postulat de En introduisant les travaux de ce Colloque, dont les l’«irréductible étrangeté» de Christine de Pizan (p. Actes paraissent avec quelque retard, Jean DUFOURNET 56), femme poète objet de scandale à plusieurs niveaux rappelle quelques ouvrages signifi catifs publiés entre selon J. Cerquiglini-Toulet: scandale sexuel d’abord, 1995 et 2002 diversement inspirés par F.V. (Présentation, en tant que femme, «monstre par nature» selon le dis- pp. 11-15) Tous les domaines sont concernés: de la criti- cours scientifi que médiéval ; scandale intellectuel en- que universitaire à la littérature (romans et scénarios), à la suite, en tant qu’écrivain ayant reçu ses dons de Dieu et production dramatique, pour ne rien dire des disques et de Nature; scandale politique enfi n, en tant que femme des expositions. Comme le dit J.D., «Villon est donc par- capable de traiter de sujets philosophiques, de morale tout» (p. 15). Ce volume se veut un parcours consacré à et de guerre. quelques-uns des innombrables lecteurs du poète et des e [MARIA COLOMBO TIMELLI] lectures qu’il a suscitées du XV siècle à nos jours. Ce panoramique s’ouvre sur l’édition de V. fournie par Clément Marot en 1532. Jacqueline CERQUIGLINI-

sf150_interni 581 23-02-2007, 16:49:47 582 Rassegna bibliografi ca

TOULET (Marot et V., pp. 19-31) souligne les éléments traduit, renouvelé voire parodié. Tant dans la forme de proximité (thèmes poétiques et sensibilité à l’égard que dans les sujets et même dans le choix des rimes, il de l’évolution de la langue) et de distance (origine, constitue un intertexte essentiel et permet de réaffi r- formation, esthétique) entre les deux poètes. Marot mer une tradition lyrique bien française. éditeur est aussi philologue dans son respect du texte, Michael FREEMAN (‘L’étrange cas du docteur Steven- et critique littéraire par son souci de l’histoire et de son et de Monsieur V.’, pp. 139-154). Bon connaisseur l’attribution des poèmes: c’est lui, selon les mots de de la langue et de la littérature françaises, francophile J.C.-T. qui «offre à V. ses lettres de noblesse et sa place déclaré, R.L. Stevenson est l’auteur d’une nouvelle et dans l’histoire de la littérature» (p. 31). d’un essai sur F.V., tous les deux publiés en 1877. Il Jean DEVAUX (La Male Fortune de V. aux Grands s’agit d’œuvres de jeunesse (Stevenson était né en Rhétoriqueurs, pp. 35-51) étudie la fi gure de (Male) 1750), qui montrent la fascination exercée par le poète Fortune chez Villon (Ballade de Fortune et Bergeron- français du XVe siècle sur le jeune calviniste du XVIIIe. necte après le huitain CLXVI du Testament) et chez Dans la nouvelle, est brossé un portrait imaginaire du les Grands Rhétoriqueurs des années 1464-1490. Il poète-voleur, alors que l’essai, écrit sous l’infl uence du met en relief traits communs (la nature malfaisante de livre d’A. Longnon paru la même année, en fait un Fortune et, dans une certaine mesure, sa relation avec homme de génie, un des plus grands poètes de la Fran- les desseins de Dieu) et surtout les différences d’inter- ce, dont l’infl uence se fait toujours sentir: aux yeux de prétation entre un Villon angoissé devant les inconsé- Stevenson, V. incarne dans une certaine mesure le gé- quences et la «desraison» de Fortune et des poètes mo- nie même de la nation française. ralisants, souvent marqués par un solide conformisme, Jean DÉRENS (Les tribulations d’Auguste Longnon, chez lesquels dominent le motif de la mutabilité de découvreur de V., pp. 157-163) rappelle les recherches Fortune, mais aussi la possibilité pour l’homme de lui menées par A. Longnon pendant une vingtaine d’an- faire face grâce à «franc arbitre». nées et son édition de Villon (1892), en citant parallè- Jelle KOOPMANS (‘Mort, j’appelle ta rigueur’, ou la lement les comptes rendus et ‘chroniques’ de Gaston première Renaissance française à l’école de F.V., pp. Paris publiés dans la Romania. 55-67) rappelle que le rondeau ‘Mort, j’appelle…’ a Jean DUFOURNET et Sylvie NÈVE (Marcel Schwob et circulé de manière isolée comme chanson autonome, V., pp. 167-204) proposent une longue étude en trois accompagnée ou non de notation musicale, avant ou volets sur la fréquentation assidue de F.V. par Marcel après l’intégration au Testament. Les manuscrits con- Schwob, écrivain divers s’il en est: (1) recherche d’un cernés (le Chansonnier Nivelle la Chaussée, le ms. 517 V. ‘total’ (vie et œuvre), (2) études sur l’argot, ayant de la B.M. de Dijon, le Chansonnier Laborde, le ms. La déterminé le regard de Schwob sur la poésie et la per- Haye, B.R. 129.G.20, le Chansonnier Rohan) appor- sonnalité villoniennes, (3) reconstitution du milieu his- tent la preuve d’une transmission du texte appuyée sur torique, géographique et social du poète. En annexe, le l’écoute bien plus que sur la lecture. Catalogue ‘villonien’ de la bibliothèque de M. Schwob Avec Robert D. PECKHAM on aborde le siècle des Lu- (n.os 715-743) et les Extraits du Procès des Coquillars mières et sa réception de V. (A’ la recherche d’un V. per- tirés du tome VI de ses Œuvres complètes. e du. Pour une histoire de sa réception au XVIII siècle, pp. Michel DECAUDIN (Apollinaire et V., pp. 207-221). 71-88: vaste bibliographie aux pp. 80-88). En se fondant Apolinnaire a aussi entretenu une relation précoce et sur des éléments codicologiques incontestables et sur la durable avec V., dont témoignent l’œuvre critique et complémentarité du contenu, R.D.P. attribue à Nico- surtout l’œuvre poétique: les convergences thémati- las Lenglet-Dufresnoy la paternité du ms. Londres B.L. ques et les affi nités existentielles ont été maintes fois 241.f.17 (édition des «Poésies de F.V.») et du ms. Arsenal soulignées. En annexe, un document inédit: la copie 2948 («Notes sur les Poésies de F.V.»). Deux questions fragmentaire, faite par Apollinaire en 1899, du Testa- demeurent ouvertes: pourquoi Lenglet a abandonné son ment à partir de l’édition de 1532 conservée à Lyon. projet d’édition, et comment / pour quelles raisons les De V. à Cendrars, c’est une véritable ‘fi liation’ qui deux volumes ont été séparés. se manifeste selon Luisa MONTROSSET (Cendrars as- Emmanuèle BAUMGARTNER étudie Théophile Gautier cendant V.: herméneutique d’une fi liation zodiacale, lecteur de V. (pp. 91-102). Dans un article publié en pp. 225-238). Par l’affi nité de l’inspiration et du code 1834, Gautier présente l’intégralité de l’œuvre de V. poétique, nombreux sont les endroits de l’œuvre de dans le but implicite de réhabiliter, avec le poète du Cendrars marqués par l’infl uence d’un de ses écri- XVe siècle, les écrivains modernes injustement mépri- vains préférés. sés. Parmi les mérites de V., Gautier indique le refus Pierre CAIZERGUES (Cocteau et V., pp. 241-248). Si des stéréotypes et le choix d’une poésie «neuve, forte les occurrences du nom de V. dans l’œuvre de Coc- et naïve»; il lit donc l’ensemble de l’œuvre comme le teau ne sont pas nombreuses, celui-ci est néanmoins refl et authentique d’une vie bien réelle. Cependant, l’auteur d’un poème À la Villon, édité ici pour la pre- tout en tombant dans le piège de l’illusion biographi- mière fois (pp. 247-248). que, Gautier est peut-être le seul de son temps à recon- Jane H.M. TAYLOR (Le défi de la modernité: F.V. et naître certains traits de l’art de V. Basil Bunting, pp. 251-266). Basil Bunting est l’auteur Baudelaire n’a consacré à V. qu’une rapide allusion anglais d’un poème, Villon (1925), texte hybride re- dans son essai Quelques caricaturistes français. Cepen- produit ici (pp. 262-266), qui exige des lecteurs capa- dant, selon Michael EDWARDS (V. et Baudelaire, pp. bles de reconnaître les nombreux emprunts – sous la 106-116), les deux poètes se ressemblent beaucoup forme d’allusions et de citations – au Testament. Sous par leur ‘inconduite’ (‘delinquencies’ en anglais) et, l’infl uence d’Ezra Pound, Bunting établit une profon- malgré de profondes différences, par la manière de se de relation entre lui-même et un V. romantique, em- présenter au lecteur dans leurs poèmes. blème de la liberté de l’homme et du poète. Le riche panoramique dressé par Bertrand DEGOTT François DE LA BRETÈQUE (V. au cinéma, pp. 269- des poètes auteurs de ballades à partir de 1850, Théo- 292) a recensé huit fi lms où F.V. est mis en scène (fi l- dore de Banville au premier chef (‘Au nom du frère’. mographie aux pp. 290-292); il distingue d’abord un V. dans la ballade française après 1850, pp. 119-136), V. ‘français’ et un V. ‘américain’, mais conclut à une montre à l’évidence combien et comment F.V. est lu, perméabilité des deux modèles.

sf150_interni 582 23-02-2007, 16:49:48 Quattrocento 583

Giuseppe BRUNELLI (Lecteurs italiens de V. (1906- un indice dei nomi e, soprattutto, un’utilissima sezione 2000), pp. 295-302) offre un panoramique de la ‘récep- bibliografi ca, che conferisce ulteriore spessore scienti- tion’ de V. en Italie au XXe siècle: traductions, études fi co a questo lavoro: il lettore vi troverà le indicazioni scientifi ques et universitaires, mais aussi romans et piè- sulla tradizione manoscritta e a stampa del testo fi no ces de théâtre inspirées à la vie du poète. alle edizioni più recenti, oltre all’indicazione delle di- V. est enfi n présent dans la vie culturelle polonaise verse traduzioni antiche e moderne in altre lingue e al- après 1945: Pierre DEMAROLLE (V. et ses lecteurs polonais, l’indicazione degli studi critici sull’opera. pp. 305-318) donne un aperçu des éditions et traductions de son œuvre, mais encore des pièces théâtrales, émis- [PAOLA CIFARELLI] sions radio et télé, qui ont fait place à V., dont des bal- lades ont aussi été mises en musique. Quatorze poèmes e du XX siècle, présentés ici en traduction française, mon- ADRIAN ARMSTRONG, The Manuscript Reception of trent le rayonnement de la poésie de V. auprès du public Jean Molinet’s ‘Trosne d’Honneur’, «Medium Aevum» privilégié formé par les poètes polonais. LXXIV, fasc. 2, 2005, pp. 311-28. Trouvent aussi place, entre un essai et l’autre, des bal- lades modernes et contemporaines diversement inspirés Il ‘prosimètre’ intitolato Le Trosne d’Honneur, com- par le poète du XVe siècle; les auteurs en sont: Théodore posto nel 1467 in occasione della morte di Filippo di de Banville (1892), Alcanter de Brahm (1937), Paul Ma- Borgogna, rappresenta, come è noto, una delle opere rissiaux (1930), Catulle Mendès (1900), Emile Berge- più diffuse di Molinet. Gli undici testimoni manoscrit- rat (1910), Jean-Marc Bernard (1923), Cyrille Dubus ti giunti fi no a noi contengono sia l’opera completa, (1966), Alphonse Piché (1946), Fagus (1926), Henri sia un’antologia di alcuni brani, la cui ampiezza varia a Galoy (1897), Raoul Ponchon (1886), Renée Hum- seconda dei codici, che non sempre sono interamente bert-Gley (1932), Ernest Jaubert (1908), Ferdinand dedicati alla produzione dell’indiciaire. In questo arti- Lovio (1923), Torrente (1911), Victor Margueritte colo, l’A. dimostra che la realizzazione fi sica del testo (1885); auxquels s’ajoutent deux des participants au nei diversi manoscritti infl uenza profondamente l’in- Colloque: Michael Edwards et Bertrand Degott terpretazione di quest’ultimo da parte dei lettori. Se (auteur de la Ballade du Colloque, datée 14 décembre infatti nei manoscritti antologici contenenti solo opere 2002, qui clôt le volume). di Molinet prevale il contenuto ideologico del testo, Index des noms de personnes et de personnages fi c- identifi cato soprattutto con l’elogio della politica bor- tifs aux pp. 323-333. gognona, in alcuni dei codici defi niti “multi-author an- [MARIA COLOMBO TIMELLI] thologies” è soprattutto l’aspetto letterario a costituire l’interesse centrale della raccolta, come avviene nel ma- noscritto appartenuto alla famiglia dei Robertet. La va- Les Cent Nouvelles nouvelles présentées par Roger rietà di interpretazioni possibili è caratteristica anche DUBUIS, Paris, Champion, 2005 («Traductions des dei tre testimoni che contengono unicamente il Trosne: classiques du Moyen Age», 69), pp. 570 di volta in volta, a seconda della disposizione delle par- ti e della ‘mise en page’, l’interesse viene focalizzato su La collezione delle “Traductions des classiques du una lettura letteraria, ideologica o referenziale. Moyen Age” si arricchisce della versione in francese moderno delle Cent Nouvelles nouvelles che R. Du- [PAOLA CIFARELLI] buis, eminente specialista della novellistica in medio- francese, realizzò una quindicina d’anni or sono sul- la base dell’edizione critica di F. P. Sweetser (1966), CLAIRE M. CROFT, Pygmalion and the Metamorpho- e pubblicò a Lione per le Presses Universitaires nel sing of Meaning in Jean Molinet’s ‘Le Roman de la Rose 1991. Riproponendo al pubblico questo lavoro, l’A. moralisé’, «French Studies» LIX, fasc. 4, october 2005, intende promuovere la conoscenza diretta di un testo pp. 453-66. spesso citato ma poco letto: sopprimere “l’obstacle de la langue” signifi ca infatti ridurre le diffi coltà del let- tore moderno nell’approccio ad un’opera che ha eser- In questo studio dedicato ad una delle opere meno citato un ruolo chiave nel panorama della letteratura esplorate di Jean Molinet, l’A. mostra che il personaggio quattrocentesca. di Pigmalione può essere considerato un punto di osser- Nella Prefazione, l’A. riesce nell’intento di coniuga- vazione per la comprensione delle strategie che sottendo- re una solida base scientifi ca ad uno stile divulgativo no la composizione del testo. Messo in parallelo con il unendo sinteticità, chiarezza e spigliatezza. Dopo aver ritratto del mitico scultore di Cipro tracciato nell’Ovide evidenziato i rapporti tra le Cent Nouvelles nouvelles Moralisé, il Pigmalione di Molinet consente di affermare e le altre raccolte coeve (tra cui quella di Philippe de che il procedimento utilizzato dall’indiciaire borgognone Vigneulles e la traduzione del Decameron), lo studioso per la sua moralizzazione è profondamente simile e può schizza la storia di questo genere breve ai suoi albori e essere assimilabile alla tecnica di esegesi biblica nota co- ripercorre le tappe della critica moderna, spesso poco me allegoresi. Quanto al rapporto con il Roman de la Ro- generosa nei confronti di questo testo in particolare. se, il personaggio in questione è in stretto rapporto con il Vengono poi affrontate le questioni relative allo statu- dibattito tra arte e natura; la fi ne analisi dell’A. mostra in to dell’acteur, alla veridicità della cornice nella quale si modo convincente che, attraverso una sofi sticata elabora- inseriscono i racconti, al ruolo del committente intra- zione degli attributi di Pigmalione, il poeta si avvicina alle diegetico e alla defi nizione, ancora problematica, della posizioni di Jean de Meung. novella. Il giudizio critico sul valore del testo si soffer- [PAOLA CIFARELLI] ma in particolare sul modo di intendere riso e comicità nel tardo medioevo e sull’attualità di alcune tematiche, DAVID COWLING, Les métaphores de l’auteur et de nonostante gli indubbi mutamenti del gusto. la création littéraire à la fi n du Moyen Âge: le cas des Alla traduzione in francese moderno, fedele allo spi- ‘Grands Rhétoriqueurs’, in «Toutes choses sont faictes rito del testo più che alla sua lettura erudita, seguono cleres par escripture». Fonctions et fi gures d’auteurs du

sf150_interni 583 23-02-2007, 16:49:48 584 Rassegna bibliografi ca

Moyen Âge à l’époque contemporaine. Études rassem- tore di Brest e della sua sposa durante la guerra dei blées par Virginie MINET-MAHY, Claude THIRY et Ta- Cent’Anni. Anche questo testo narrativo, che illustra nia VAN HEMELRYCK, «Les Lettres Romanes», numéro il talento letterario della principessa, viene riprodotto hors série, 2004, pp. 99-111. nella presente edizione, i cui criteri sono improntati es- senzialmente alla leggibilità anche da parte di un pub- Éditeur en 2002 de l’échange épistolique connu sous le blico di non specialisti. titre de Douze dames de rhétorique, D.C. analyse ici quel- Nell’Introduzione, le autrici disegnano un ritratto ques champs sémantiques exploités par Jean Robertet et di Anne de France mettendo in evidenza il ruolo poli- George Chastelain pour représenter métaphoriquement tico che essa svolse sia durante gli anni della minore età l’activité créatrice de l’auteur en général et de l’historio- del fratello, il futuro re Carlo VIII, sia nelle complesse graphe en particulier: sont mises à profi t des images pri- vicende legate alla successione del ducato di Bourbon. ses de l’univers quotidien (l’œuvre du forgeron, un tissu, Quanto agli Enseignements, essi nascono dalla volon- un jardin, un bâtiment) ou mythologique (le combat en- tà di trasmettere i principi fondamentali che dovevano tre Hector et Achille). Souvent, Robertet réemploie des guidare la condotta delle donne di potere in quegli images utilisées ailleurs par Chastelain, qui peut réagir en anni diffi cili; la densità molto pragmatica del conte- s’efforçant de corriger les métaphores laudatives que lui nuto non manca di mettere l’accento sulla bontà della adresse son ‘correspondant’. politica del ‘juste milieu’, sull’importanza dei concetti [MARIA COLOMBO TIMELLI] di lignaggio e di ordine sociale, sulla condanna dell’or- goglio e della decomposizione degli ideali cortesi nel- le relazioni amorose. La novella che segue costituisce EMMANUELLE RASSART-EECKOUT, ‘Proverbes en rimes’ un’originale riscrittura di una parte del Réconfort de et ‘Proverbes illustrés’. Invitation à une lecture mixte à Madame de Fresne di Antoine de la Sale (1457), in cui la fi n du XVe siècle, in Théories et lectures de la relation Anne de France dà prova delle sue capacità di narratri- image-texte, sous la direction de Jean-Louis TILLEUIL, ce, intuite già da Marguerite de Navarre. Cortil-Wodon, Éditions Modulaires Européennes, Nella sezione bibliografi ca che fa seguito al testo, le 2005, pp. 121-136. autrici segnalano le edizioni e gli studi critici su questo personaggio, che è oggetto di un rinnovato interesse Il s’agit d’une analyse en parallèle de deux recueils negli ultimi anni. illustrés: les Proverbes en rimes (ca. 1490, trois mss., [PAOLA CIFARELLI] 300 proverbes environ), et les Proverbes illustrés (fi n XVe siècle, deux mss. dont l’un est la copie de l’autre, 59 proverbes). L’examen attentif du rapport texte-ima- ROMANA BROVIA, Tradizione e ricezione del Petrar- ge et la prise en compte de la mise en page permettent ca latino in Francia. Rassegna di studi fra due centenari de montrer la complicité qui s’instaure entre copiste et (1904-2004), «Lettere Italiane» LVII, n.2, 2005, pp. illustrateur dans le cas des Proverbes en rimes, ainsi que 287-327. la structure rigoureuse qui régit les Proverbes illustrés. E. Rassart-Eeckhout resitue ces deux œuvres ‘littérai- Il nutrito articolo di questa giovane studiosa, che al res’ au sein d’une vaste production d’objets divers (des Petrarca latino e alla diffusione delle sue opere in Fran- tapisseries aux pots aux stalles des églises) illustrant cia ha dedicato vari lavori, è molto più di una rassegna des proverbes, ce qui prouve le grand intérêt que la bibliografi ca degli studi pubblicati negli ultimi cent’anni fi n du Moyen Âge réserve en général aux expressions sul Petrarca latino, e particolarmente sulla sua fortuna imagées. Malheureusement, de tels manuscrits illus- francese. All’esaustività delle informazioni contenute in trés n’eurent pas de continuation dans les incunables questo lavoro si aggiunge una rara capacità di cogliere gli (l’imprimerie à ses débuts ne pouvant pas assumer une snodi essenziali della storiografi a, mettendo in evidenza mise en page si complexe), et plus tard la Renaissance l’evoluzione del pensiero critico sulla portata culturale imposa une tout autre conception, ‘savante’ celle-ci, du della ricezione di Petrarca in Francia. proverbe et de la sentence. La ricca materia qui recensita viene organizzata in [MARIA COLOMBO TIMELLI] tre sezioni. Nella prima, intitolata Edizioni e traduzio- ni, sono segnalate le imprese editoriali realizzate o in corso di realizzazione per rendere disponibili le opere ANNE DE FRANCE, ‘Enseignements à sa fi lle’, suivis latine del sommo poeta, in edizioni critiche affi dabili e de l’ ‘Histoire du siège de Brest’, édition Tatiana CLA- in traduzione. L’A. si sofferma sul rinnovato interes- VIER et Éliane VIENNOT, Saint-Étienne, Publications de se per questi testi a partire dagli anni Novanta, sulla l’Université de Saint-Étienne, 2006 («La Cité des Da- spinta degli studi realizzati da F. Simone e dalla sua mes»), pp. 141. scuola a Torino, segnalando in particolare le edizioni apparse presso le edizioni Rivages a Parigi e Millon a Anne de France, che come è noto si occupò del- Grenoble, oltre alle edizioni bilingui progettate da Les l’educazione di grandi fi gure femminili del Cinquecen- Belles Lettres. to, lasciò in un’operetta dedicata alla fi glia Suzanne, La seconda sezione (Studi sulla fortuna francese del allora quindicenne, i suoi consigli ed insegnamenti Petrarca latino) si apre sugli importanti lavori di Pierre “avertissant [son] ignorance et petite jeunesse, espe- de Nolhac e Augustin Renaudet, che segnano l’inizio rant qu’en aucun temps (…) ilz [lui] pourroient quel- di un approccio critico nuovo alla materia petrarche- que peu profi ter.” L’edizione fornita da T. Clavier e E. sca; del primo, incentrato sull’indagine della ricezione Viennot riprende quella pubblicata da A. Queyroy nel delle opere latine in ambito europeo durante il Tre e 1878, fondata sulla copia, da lui stesso realizzata, del Quattrocento, R. Brovia sottolinea il ruolo chiave per manoscritto unico conservato a S. Pietroburgo, ed ora la promozione di nuove ricerche fi nalizzate al censi- perduto. In questo codice, offerto alla giovanetta dalla mento di codici ed edizioni a stampa; quanto al secon- madre nel 1505, era pure contenuto un breve racconto do, è noto che stimolò particolarmente gli studi sulla in prosa, sorta di ‘exemplum’ che illustrava i principi storia della cultura nell’ambito dei rapporti tra Francia esposti nel trattato attraverso le vicende del governa- ed Italia. Questi due fi loni di ricerca vengono osserva-

sf150_interni 584 23-02-2007, 16:49:49 Cinquecento 585

ti nei loro sviluppi ulteriori, che li vedono coniugarsi Segnaliamo qui questa bibliografi a del Petrarchi- dapprima nelle indagini svolte da A. Coville, poi in smo, che costituisce il seguito del repertorio di G. Fu- quelle condotte a partire dal dopoguerra da G. Billa- cilla, apparso nel 1982 con il titolo Oltre un cinquan- novich ed infi ne negli studi pubblicati da F. Simone tennio di scritti sul Petrarca (1916-1973) e che in realtà negli anni Cinquanta e dagli studiosi formatisi alla sua va ben oltre i limiti cronologici imposti alla presente scuola nei decenni successivi. In questa ricca panora- Rassegna. Nell’introduzione, i compilatori precisano mica delle ricerche condotte anche da eruditi torinesi, sinteticamente il signifi cato ed il valore attribuito al le circostanze della divulgazione europea degli scritti concetto di Petrarchismo, che si estende anche ad au- petrarcheschi vengono esaminate nella prospettiva di tori moderni e si confi gura come un fenomeno transna- una minuziosa e preliminare ricostruzione della situa- zionale, che coinvolge le più diverse forme d’arte. Gli zione storico-culturale e di un’attenta lettura dei testi oltre duemila contributi che trovano spazio in questo che degli scritti latini del Petrarca subirono la profon- ponderoso ed utile lavoro coprono un lasso di tempo da infl uenza. Gli studi di G. Di Stefano sulle traduzio- che gli autori defi niscono come cruciale per l’evolu- ni di Valerio Massimo, quelli di L. Sozzi su Poggio e zione degli schemi storiografi ci su questo tema e, più Tardif, le ricerche di E. Ornato su Jean de Montreuil e generalmente, per la conoscenza di questo fenomeno l’Umanesimo parigino, insieme agli studi di N. Mann artistico. sulla fortuna del De Remediis vengono evocati nel la- La materia bibliografi ca è stata organizzata in sette voro di R. Brovia per il ruolo avuto nella profonda tra- sezioni, dedicate rispettivamente agli studi di carattere sformazione degli schemi storiografi ci sul Quattrocen- generale su Petrarca (sez. I), al Petrarchismo in gene- to francese. Dopo aver seguito la ricezione del Petrarca rale (sez. II) e ai suoi sviluppi in ambito romanzo (sez. anche durante il Sei e Settecento, la studiosa segnala, III), neolatino (sez. IV) e delle lingue non romanze nell’ultima sezione, gli studi sulle opere latine, metten- (sez. V); chiudono il repertorio i capitoli relativi al Pe- do in luce la fi oritura delle ricerche soprattutto in cor- trarchismo nelle arti fi gurative (sez. VI) e nella musica rispondenza delle celebrazioni per i centenari. Oltre (sez. VII). La prospettiva adottata è quindi quella del- agli studi più marcatamente letterari, sono citati anche la comparatistica, intesa come disciplina che investe il i principali lavori di carattere storico, fi lologico, fi loso- complesso della cultura. fi co e retorico. Merito di questo lavoro, che renderà un Per quanto riguarda più specifi camente la lettera- utilissimo servizio agli studiosi, è anche quello di sot- tura francese, naturalmente gli studi concernono in tolineare alcune piste di ricerca fi nora poco esplorate, gran parte la produzione poetica del secolo XVI; per come la diffusione a stampa dei testi petrarcheschi o il Quattrocento, epoca in cui il fenomeno non è che ai l’esegesi di singole opere latine. suoi albori, si segnalano, tra gli altri, i lavori di G. Di [PAOLA CIFARELLI] Stefano su Villon, di A. Kablitz su Charles d’Orléans, di G. Mombello sul manoscritto BnF, f.fr. 25.558. Nel complesso, questo strumento bibliografi co co- Petrarkismus-Bibliographie 1972-2000, Herausge- stituisce un indispensabile strumento di lavoro, in cui geben von Klaus W. HEMPFER, Gerhard REGN, Su- si trovano riunite tutte le indicazioni necessarie ad una nita SCHEFFEL, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2005, conoscenza esaustiva del Petrarchismo. pp. 214. [PAOLA CIFARELLI]

Cinquecento a cura di Dario Cecchetti e Michele Mastroianni

ENEA BALMAS, Studi sul Cinquecento, Firenze, Leo nostri anni, su protagonisti codiddetti minori, sulla lo- S. Olschki («Biblioteca dell’ ‘Archivum Romanicum’», ro storicizzazione e sulla loro funzione profondamente serie I, vol. 320), 2004, pp. XXX-664. innovatrice. L’area della Pléiade fornisce argomento ancora agli importanti contributi del 1978, su Meta- Vengono qui offerti agli studiosi alcuni dei contri- fora, originalità e i poeti della Pléiade (pp. 487-500) e buti (ventinove) più diffi cilmente reperibili di Enea del 1986 A proposito del Manierismo di Etienne Jodelle Balmas, sul Rinascimento francese e italiano e sul (pp. 581-590), cui possiamo aggiungere il saggio del Cinquecento di area valdese e svizzera. Composti 1976 su La littérature classicisante au XVIe siècle (pp. nello spazio di una vita di ricercatore, tra il 1955 e il 449-457) e quello del 1988 su L’Ars Poetica alle soglie 1991, sono caratterizzati da compattezza di interessi del classicismo francese (pp. 601-614), o ancora i con- e da un discorso vario ed unitario a un tempo. Apre tributi eruditi e documentari, importantissimi, che at- la rassegna, in guisa di introduzione, quel saggio su Il testano l’infaticabile attività di perlustratore di archivi, mito della Pléiade (pp. IX-XXIX) che nel 1965 faceva il come quello del 1962 su Un contratto notarile inedito punto sull’elaborazione, nel Cinquecento e nella sto- di Jean Dorat (pp. 151-168) o quello del 1963 su Un ria letteraria successiva, di un’immagine – un’etichetta inedito di Jodelle (a proposito della Croix de Gastines) storiografi ca che si fa ‘mito’ – aprendo una discussio- (pp. 169-215) o quello ancora del 1965, ricco di pièces ne sul ruolo dei grandi maestri del movimento, primo inedite, Documenti inediti su André Thévet (pp. 311- fra tutti Ronsard, discussione che anticipa ed apre la 349) in cui si apporta una documentazione nuova sui strada al moltiplicarsi di ricerche, ancora in corso nei rapporti fra Jodelle e Thévet. Sempre nell’ambito della

sf150_interni 585 23-02-2007, 16:49:49 586 Rassegna bibliografi ca

storia della Pléiade e dell’italianismo in Francia, offre morale, ecc.) e differenti correnti fi losofi che (neopla- spunti originali e scoperte di prima mano il contributo tonismo, neocinismo, neostoicismo), ponendosi il pro- del 1966 su Motivi danteschi nell’Eloge de la guerre di blema di defi nire prestiti dall’antico «che vanno dalla Guillaume des Autelz (pp. 351-376). semplice allusione alla traduzione o alla riscrittura» (p. Il nucleo maggiore di indagini concerne gli autori IX). Ciò appare evidente anche solo scorrendo i titoli riformati e il Valdismo, su due versanti: quello della dei vari interventi: Gianni MOMBELLO, Les avatars d’un cultura letteraria (interesse che primeggia a volte anche genre littéraire entre le Moyen Âge et l’époque moder- in lavori che sono anzitutto documentazioni di storia ne: la fable, pp. 1-24; Michéle CLÉMENT, Néo-cynisme à religiosa e pastorale, come nella pubblicazione e com- la Renaissance: quelques hypothèses à partir d’Érasme, mento del 1983 di Un inedito di Scipione Lentolo (pp. pp. 25-39; Christophe CLAVEL, La preuve par l’âne: 521-538) o nelle Note su i lezionari e i sermoni valdesi, syncrétisme et argumentation dans le «De vanitate» del 1974 (pp. 417-438), che sono ad un tempo docu- d’H.-C. Agrippa, pp. 41-65; Vincenzo ROSSI ERCOLA- mentazione per la costruzione di una storia della spiri- NI, Rabelais, Patrizi, Steuco et l’Église de Rome. La tualità valdese e di una prassi ministeriale, e indagine question du syncrétisme, pp. 67-74; Chiara PISACANE, fi lologico-letteraria); e il versante della storia religiosa Tensions spirituelles dans la poésie de Vittoria Colon- – col contributo dell’erudizione e della storia delle na, pp. 75-96; Erminia ARDISSINO, «Un raggio di virtute mentalità, ma anche con una sensibiltà partecipe e mi- ardente». Torquato Tasso tra neoplatonismo e cristiane- litante –, come appare nell’ampio saggio del 1962, una simo, pp. 97-11; Dario CECCHETTI, Intorno all’«Hymne vera e propria monografi a, Tra Umanesimo e Riforma: de la Mort» di Ronsard. Teologia umanistica o sincre- Guillaume Guéroult ‘terzo uomo’ del processo Serveto tismo letterario?, pp.119-167; Yvonne BELLENGER, (pp. 217-309). Coinvolgono storia della spiritualità e Bible et mythologie dans les «Semaines» de Du Bartas, storia letteraria, iconologia e ricostruzione sociologica, pp. 169-181; Sabine LARDON, Le syncrétisme pagano- storia, infi ne, della diffusione libraria, gli interventi su chrétien dans «Les Juifves» de Robert Garnier: la Bible Il caso di coscienza di Vincenzo Pestalozzi (del 1959, pp. et Sénèque, pp. 183-198; Michele MASTROIANNI, Il ge- 117-137), su Jan Luyken e il suo Théâtre des martyrs nere tragico come luogo del sincretismo rinascimentale. (del 1977, pp. 459-485), su La fortuna editoriale di Lu- L’«Antigone» di Robert Garnier, pp. 199-232; Monica tero in Francia e in Italia nel XVI secolo (del 1984, pp. PAVESIO, Une interprétation chrétienne du mythe d’Her- 539-570). Sempre nell’area della Riforma, si pongono cule dans le théâtre français du début du XVIIe siècle: due saggi consacrati all’architettura religiosa e civile «Hercule» de Jean Prévost, pp. 233-243. ugonotta: Jacques Perret architetto riformato (del 1958, Gli interventi «invitano a rivedere una concezione pp. 43-64) e La ‘città ideale’ di Jacques Perret (del 1969, binaria, dominante, del sincretismo (sincretismo orna- pp. 377-416), saggi che apportano dati interessanti al- mentale o dottrinale) alla luce di un sistema di analisi la ricostruzione dell’utopia urbanistica, quale motivo che sottolinea da una parte i limiti del sincretismo (e caratterizzante la civiltà (ideologia, letteratura, arte) della reductio artium ad sacram Scripturam) e che defi - rinascimentale. nisce d’altra parte le condizioni necessarie perché esso Altri saggi spaziano in campi svariati, dall’attenzio- si manifesti» (p. X). Sicuramente non si può parlare di ne a Montaigne e alla sua fortuna, a considerazioni su sincretismo quando vi è soltanto giustapposizione del science e anti-science nel Rinascimento, allo studio di modello antico (pagano) e dell’addizione cristiana. Nel personalità che sono in parte riscoperte di Balmas, co- suo saggio G. MOMBELLO segnala come la favola sia, nel me Claude-Enoch Virey, o autori su cui si è appuntato Rinascimento, il solo genere ad essere sfuggito al sin- l’interesse critico degli ultimi decenni, come Postel o cretismo, in quanto gli autori riproducono con aderen- Chassignet. Ciò che appare rimarchevole è l’utilità che za estrema la fonte classica e si limitano ad aggiungere ancor oggi presentano questi saggi – vero regalo postu- (con uno stacco anche tipografi co) una morale cristia- mo di Enea Balmas –, utilità dovuta al rigore fi lologico na. Così, per quanto concerne l’uso del mito classico e documentario che sempre li governa. (campo, questo, in cui maggiormente si pone il proble- ma del sincretismo), tale sincretismo pagano-cristiano [MICHELE MASTROIANNI] non deve essere individuato, malgrado le apparenze, là dove il mito è ridotto a un semplice valore metoni- mico in cui si perde la specifi cità del pensiero antico: AA. VV., Le syncrétisme pagano-chrétien à l’époque è questa la conclusione cui giunge Y. BELLENGER, a de l’Humanisme et de la Renaissance, «Actes du Col- proposito dell’intrecciarsi di riferimenti biblici e mito- loque international organisé à Chambéry le 16 et 17 logici classici nelle Semaines di Du Bartas, con il rico- mai 2002 par le C.E.F.I.», publiés sous la direction noscere che «progressivamente la mitologia si ridurrà de Sabine LARDON, «Franco-Italica», 25-26 (2004), a un jeu d’esprit, addirittura salottiero, mediante cui il pp. XIII-243. poeta, che nel Rinascimento era stato il favorito delle Muse, ricompensato dal dono divino dell’ispirazione, Il sincretismo è fenomeno fondante la cultura rina- sarà solo più un intrattenitore di corte. La mitologia si scimentale: cultura di un’epoca esacerbata da movi- vedrà relegata a una funzione puramente ornamentale menti di riforma religiosa, in cui il cristianesimo è on- (la mitologia secondo Boileau) e l’idea stessa di sincre- nipresente ma che rivendica come metodo il ‘ritorno’ tismo perderà ogni senso» (p. 181). Partendo sempre all’antico, un antico che è quello della letteratura, del- dall’uso della mitologia, dell’immaginario e del lessico l’arte e della fi losofi a pagana. È non solo dato assoda- classico in un testo esemplare per lo studio delle inter- to, ma studiatissimo, il fatto che nel Rinascimento «la testualità e polisemie pagano-cristiane in un quadro di letteratura pagana antica, diventi secondo i generi e se- cultura rinascimentale, D. CECCHETTI, attraverso l’ana- condo gli autori, una fonte di ispirazione, un serbatoio lisi dell’Hymne de la Mort, conclude che in Ronsard di immagini, di aneddoti e di esempi, un modello let- «più che di ornamentazione classicista, si tratta di un terario, una scuola di pensiero» (p. IX). Il convegno di vero e proprio sincretismo di vocabolario (di vocabo- Chambéry ha avuto il pregio di offrire una panoramica lario, prima ancora che di immaginario) che evidenzia organica che copre l’intero Cinquecento e affronta ge- una prospettiva ideologica e non soltanto estetica. Pro- neri letterari diversi (favola, teatro, poesia, letteratura prio perché spesso il testo di Ronsard si costituisce e si

sf150_interni 586 23-02-2007, 16:49:50 Cinquecento 587

struttura per un’operazione che si pone anzitutto sul PIERRE GRINGORE, Les entrées royales à Paris de piano del lessico (in senso lato), il procedimento sin- Marie d’Angleterre (1514) et Claude de France (1517), cretistico può mostrare la sua debolezza a livello con- édition par Cynthia J. BROWN, Genève, Droz («Textes cettuale, ma si rivela laboratorio di un linguaggio let- Littéraires Français», 577), 2005, pp. 360. terario nuovo, stabilizzato in una koiné espressiva che fi sserà per i secoli successivi le modalità della sintassi C. J. Brown che aveva già pubblicato, in un primo poetica» (pp. 166-167). volume delle opere complete di Pierre Gringore, le Fra i vari generi riscoperti e rinnovati nel Cinque- Œuvres polémiques (Genève, Droz, 2003: cfr. questi cento «la tragedia è sicuramente il campo di sperimen- «Studi», 142, 2004, p. 167), prosegue l’impresa con tazione ove maggiormente, anzitutto a livello di strut- un secondo volume, contenente l’edizione dell’Entrée tura, lo sforzo di imitatio si accompagna a una ricerca de Marie d’Angleterre à Paris (la prima edizione mo- di forme nuove» (p. 199), e quindi, proprio per questa derna, del 1934, ad opera di Ch. R. Baskervill è oggi volontà di rifacimento e rinnovamento a un tempo, è introvabile) e dell’Entrée de Claude de France à Paris luogo privilegiato di esercizi sincretici. La tragedia (per la prima volta edita). Entrambi i testi sono minu- classica Antigone di Garnier, rielaborazione di Sofocle ziosamente annotati. Come le Œuvres polémiques del e di Seneca, offre, come ben dimostra M. MASTROIAN- precedente volume, le Entrées sono opere politiche, NI, una riscrittura cristiana di un mito pagano, secondo e non soltanto celebrative e descrittive, nel senso che una cristianizzazione che è anzitutto cristianizzazione non solo sono manifesti della regalità, ma sottintendo- di lessico: «il fatto che la cristianizzazione – o l’opera- no una promozione del proprio mestiere e degli inte- zione sintetica che dir si voglia – sia anzitutto fenome- ressi corporativi di un autore che era il responsabile no di linguaggio, ci riporta a una nozione di ‘laborato- della produzione dei misteres commissionati dalla città rio’. Infatti, se nella cultura del Cinquecento francese di Parigi e, nello stesso tempo, l’organizzatore uffi cia- lo sforzo sincretico rimane talvolta (nella tragedia in le dei cosiddetti théâtres d’entrée. È il sottile gioco e particolare) a livello di tentativo che non supera le complesso intreccio di interrelazioni fra le varie forme diffi coltà di reinterpretazione organica del patrimonio di propaganda e committenza ad essere messo in luce mitico classico, è anche vero che tale tentativo investe nella ricca e documentatissima introduzione, che allar- gli sforzi di rinnovamento formale e quella sperimen- ga i suoi interessi a una serie di altre pièces, anonime o tazione che nella ‘riscrittura’ fonda la modernità, attra- non di Gringore, concernenti entrées e couronnements verso sempre il recupero dell’antico» (p. 232). Così pu- reali, nella fattispecie i rendiconti delle Entrées à Paris re nell’Hercule, indagato da M. PAVESIO, Jean Prévost di Anna di Bretagna (del 1492 e del 1504), i resoconti «per infl usso dell’Hercule chrestien di Ronsard e del anonimi dell’entrée di Maria d’Inghilterra e alcune ver- commento all’Hercules Oetaeus del gesuita Delrio, cer- sioni anonime dell’entrée di Claudia di Francia. Tutti ca di trasformare un eroe pagano in un individuo che, questi testi sono editi sulla base di un esemplare riscon- in virtù della sua morte, si innalza al livello dei santi, tro dei testimoni esistenti e, come già il volume prece- ma che resta tuttavia un’incarnazione dell’eroismo» (p. dente, offrono materiale e strumenti utili per lo stori- 242). S. LARDON sottolinea invece come, in senso op- co della lingua, oltre a un accurato studio linguistico. posto, la tragedia sacra Les Juifves di Garnier inserisca Essendo, inoltre, prodotti concepiti come manoscritti una trama biblica in un quadro formale senechiano, in preziosamente miniati, in un momento in cui l’opera cui vengono recuperati alcuni aspetti morali e politici celebrativa e di propaganda passava dal codice al libro dello stoicismo antico. a stampa (secondo un itinerario pubblicistico seguito Più complesso, è il caso di quelli che possiamo de- dallo stesso Gringore), queste Entrées offrono adito a fi nire sincretismi fi losofi ci. Alcune comunicazioni sono rifl essioni sulla funzione ‘politica’ del manoscritto e del consacrate a questo fenomeno, che vede l’affermarsi di testo stampato. un neoplatonismo cinquecentesco, di un neostoicismo, [MICHELE MASTROIANNI] di un neoepicureismo. Ricordiamo, in particolare, per la novità degli assunti, le rifl essioni sul neocinismo. A proposito del neocinismo, M. CLÉMENT (che in segui- JEAN BOUCHET, Œuvres complètes: vol. I. Le Juge- to farà confl uire queste ricerche in un’opera di ampio ment poetic de l’honneur femenin, édition critique par respiro: Le cynisme à la Renaissance d’Érasme à Mon- Adrian ARMSTRONG, Paris, Champion («Textes de la taigne, Genève, Droz, 2005) segnala come – malgrado Renaissance», 101), 2006, pp. 596. il silenzio e il disinteresse degli studiosi, che in genere non hanno ritenuto che «il cinismo abbia mai fatto par- Il lungo poema didascalico (quasi 4000 decasilla- te dell’arsenale antico ripreso dal pensiero cristiano in bi) di Jean Bouchet, mai più edito dopo la stampa del una prospettiva sintetica» (p. 25) – questa fi losofi a sia 1538 (Poitiers, Jean et Enguilbert de Marnef), rientra spesso invocata dagli umanisti. La studiosa parte da te- nell’ampio dibattito quattro-cinquecentesco sulla que- sti di Erasmo per dimostrare come posizioni ciniche stione femminile. Opera di circostanza – ne è pretesto concernenti la vita morale e la prassi esistenziale pos- la commemorazione della madre di François Ier, Loui- sano essere lette in chiave evangelica, ed afferma che se de Savoie – è in realtà una difesa delle donne, di a volte è l’incoerenza e l’irriduttibilità stessa a fornire cui rivendica il diritto all’educazione. L’importanza il fondamento del sincretismo, come suggerirebbe l’at- dell’educazione per le donne era già stato argomento teggiamento mentale di un Erasmo pronto ad accettare affrontato da Bouchet nell’Histoire et cronique de Clo- le differenze fra due pensieri che presentano fra di loro taire (1518) e nel Panegyric du Chevallier sans reproche soltanto un’ ‘intersezione’ parziale. (1527), a partire dall’illustrazione di exempla di valore Ci siamo qui soffermati essenzialmente su comu- femminile. Il Jugement, dopo aver cantato le virtù della nicazioni – la maggior parte – che concernono l’area defunta Louise, gli exploits della sua reggenza dal 1522 francese. Altri interventi hanno esteso l’attenzione al- al 1526 e la sua attività diplomatica culminata nella pa- l’area italiana, da Vittoria Colonna a Tasso, offrendo ce di Cambrai, celebra le imprese e le doti di numerose esempi di lettura sempre forieri di utili spunti meto- donne famose al punto da essere una specie di De mu- dologici. lieribus claris in versi. L’opera di Bouchet è un tipico [FILIPPO FASSINA] esempio della poetica dei rhétoriqueurs, di cui vengono

sf150_interni 587 23-02-2007, 16:49:50 588 Rassegna bibliografi ca

messe in atto tutte le strategie formali e parenetiche. (1523-1534), Genève, Droz («Travaux d’Humanisme A. Armstrong, in un’introduzione (pp. 11-165) che è et Renaissance», n° CDIV), 2005, pp. 402. una vera e propria monografi a, affronta una questio- ne da lui defi nita incontournable – nel quadro della L’A. illustra così, con estrema chiarezza, fi n dalle querelle des femmes cui il Jugement apporta uno dei prime righe della sua bella e interessante thèse, l’enjeu contributi più interessanti –, la questione cioè di sa- di questo lavoro: «La notion de connivence au sens pere se i testi della querelle siano anzitutto esercizi di moderne d’ ‘intelligence secrète’ n’est pas étrangère à retorica. La discussione su questo punto è stata accesa: la génèse de notre travail, qui s’ingénie à unir dans une una lettura puramente ‘retorica’ dei testi della querelle même réfl exion deux domaines disjoints, ethnométho- è stata difesa sulla base della presenza schiacciante di dologie et langue française de la Renaissance, à partir luoghi comuni negli argomenti dei due schieramenti, du questionnement de textes nés d’une nouvelle atti- er ed è stata difesa anche da parte di ricercatori aperti tude face à la religion sous François I » (p. 11). Tale agli studi di gender, come Floyd Gray. Armstrong, questionnement de textes concerne il decennio che va in parte sulla scia di un importante lavoro di Alcuin dalla traduzione francese del Nuovo Testamento ad Blamires (The Case for Women in Medieval Culture, opera di Jacques Lefèvre d’Étaples (1523) all’affaire Oxford, Clarendon Press, 1997), ritiene che «non si des Placards (1534), decennio che vede in azione il possa presumere che il virtuosismo formale e retorico gruppo intellettuale ed ecclesiale indicato col termine – elemento incontestabilmente evidente in certi testi di Évangéliques. L’A., consapevole che «la varietà, anzi della querelle – escluda un contenuto signifi cativo. Il la divergenza, delle interpretazioni riguardo l’Évangéli- fatto che si ragioni così circa i testi misogini o profémi- sme ha fi nito col mascherarne l’unità se non addirittu- nins, e non su altri testi dalla forte dimensione retorica ra la realtà storica», pur offrendo come premessa della come quelli di propaganda religiosa o politica, implica sua indagine un quadro ragionato della storiografi a francamente il rifi uto di prendere sul serio qualsiasi concernente l’Évangélisme, ritiene che «la linguistica si rifl essione sulla posizione delle donne. Il che sarebbe riveli adatta ad apportare alla storia un contributo per un atteggiamento incompatibile con quanto ci hanno una miglior conoscenza di questo periodo del regno di dimostrato importanti studi sulla relazione tra retorica Francia e dell’espressione religiosa della lingua fran- e ideologia nel periodo in questione: la sofi sticazione cese» (p. 341). Pertanto, sceglie venti testi di genere formale di un testo non ne mina necessariamente il letterario differente, dalla poesia allo scritto prefatorio contenuto» (pp. 33-34). Armstrong non usa il termine al trattato dottrinale, scalati nel decennio in questione ‘femminista’, in quanto ingannevole, data la diversità e appartenenti ad autori punto di riferimento sociale delle condizioni sociali e discorsive del XVI secolo ri- come Marguerite de Navarre, a letterati di mestiere spetto a quelle che forniscono il quadro ai diversi fem- come Marot, a teologi come Lefèvre d’Étaples, a pre- minismi moderni. Sempre accogliendo una proposta dicatori come Guillaume Farel o Aimé Meigret, ad au- tori, infi ne, costretti all’anonimato dalla censura – tutti di Blamires, egli preferisce usare proféminin, termine comunque animati da interessi spirituali, teologici, che può adattarsi molto bene alla situazione in cui un fi lologici condivisi –, e questi testi sottopone anzitut- discorso teso a dimostrare – in forma di elogio – che to a un’indagine etnometodologica, un’indagine cioè le donne sono capaci di exploits degni di un uomo, la- che intende decrittare atti di linguaggio di un gruppo scia intatto un sistema di valori patriarcale, secondo il socioculturale dotato di una coerenza propria. Tale in- quale le qualità migliori sono identifi cate al maschile. dagine ha lo scopo di elaborare «un lexique contextué, Termine anche che meglio si adatta a un’epoca di prin- inteso come l’insieme di parole ed espressioni dotate di cipi sociali e politici oscillanti e incerti, caratterizzata signifi cati proprî, indicizzate all’universo di riferimen- da quelle tensioni e contraddizioni che ritroviamo nel to del gruppo studiato». L’A., «convinta dell’esistenza Jugement di Bouchet. nel vocabolario di un gruppo socioculturale di segni Siamo in presenza di un’edizione critica esemplare, reperibili che convogliano un senso nuovo, in décalage per rigore fi lologico e ricchezza di erudizione. Tutta- o in sovrapposizione rispetto al senso corrente, ha tra- via, proprio per l’ampio excursus sul discorso profémi- sposto i procedimenti dell’etnometodologia a un cam- nin della fi ne del Medioevo e del Rinascimento, questa po diverso da quello della realtà quotidiana, oggetto edizione costituisce anche un contributo importante di ricerca abituale della disciplina, e precisamente al agli storici delle donne e delle mentalità, non solo campo dello scritto letterario. Infatti, nella misura in nell’introduzione, ma anche nelle densissime note e, cui il linguaggio rappresenta il cuore della letteratura, soprattutto, nell’Appendice (pp. 419-517), in cui i 126 e lo scritto, letterario o non, è un testimone accessibi- epigrammi di elogio delle mulieres clarae, vengono mi- le trasmesso dalla storia, appare legittimo considerare nuziosamente analizzati per evidenziare gli interventi un insieme di autori o di testi dei secoli precedenti alla ideologici operati da Bouchet sulle fonti (fonti cui, pe- stregua del village degli etnolinguisti, a patto che que- raltro, viene dedicata una particolare attenzione nella sti scritti presentino una coesione, vale a dire siano repertoriazione). Detto questo si deve sottolineare co- collegati da un obiettivo comune, sia pure d’ordine me l’edizione sia anche uno straordinario strumento di spirituale» (p. 14). Il gruppo coerente di autori, scel- lavoro per lo storico della lingua, per il glossario e gli to da I. Garnier-Mathez, è quello degli Évangéliques indici, ma soprattutto per la sezione (pp. 82-131) con- che la critica designa come il circolo di Marguerite de sacrata sia alle strutture linguistiche che retoriche, con Navarre, anche se postulare che gli autori évangéliques minuziosa attenzione agli aspetti sintattici dello stile, formino un village nella prospettiva etnolinguistica alla versifi cazione, ai fatti morfologici, all’ortografi a e richiede una certa cautela. Cautela, peraltro, che l’A. alla punteggiatura. Lavoro esemplare. pratica con grande maestria, data la sua forte prepara- zione storica e teologica, oltre che linguistica. [MICHELE MASTROIANNI] L’indagine sul corpus citato ha come base lo stu- dio delle occorrenze degli aggettivi qualifi cativi nei testi in questione, nella convinzione che l’aggettivo ISABELLE GARNIER-MATHEZ, L’épithète et la conni- non sia semplice manifestazione della soggettività vence. Écriture concertée chez les Évangéliques français di autori indipendenti, bensì «sia la parte visibile di

sf150_interni 588 23-02-2007, 16:49:51 Cinquecento 589

un codice di comunicazione tra seguaci di una stessa Confrontato ai primi tre libri, questo quarto è ca- ideologia religiosa, codice che lo porterebbe a funzio- ratterizzato da un ridimensionamento dei fattori di nare come un linguaggio dentro il linguaggio, e in tal dispersione e da un entralacement fortemente sempli- caso l’uso di precisi qualifi cativi rinvii a una logica di fi cato rispetto ai modelli cavallereschi. Appare costi- gruppo, una forma di espressione comunitaria, svelan- tuito attorno a tre nuclei narrativi forti, che tendono do i presupposti che rilevano sia dall’intenzione degli ad assimilare la materia arturiana e quella troiana di autori che dall’orizzonte d’attesa dei loro lettori o dei cui la storia di Amadigi si è fi nora nutrita. Essi sono loro censori» (p. 16). Così, l’analisi del corpus arreca la grande battaglia fra Lisuart, alleato all’imperatore un utile contributo alla defi nizione e al chiarimento del di Roma, e Amadis, con i relativi preparativi milita- vocabolario religioso impiegato negli anni 1520-1535 ri e diplomatici; la riconciliazione generale suffraga- da autori considerati portatori – e per questo esaltati ta dalle nozze; il passaggio di consegne fra Amadis o condannati – di idee innovatrici, se non addirittura e il fi glio Esplandian, protagonista del libro quinto. riformatrici. Il quarto libro rappresenta dunque la fi ne della saga In mancanza, fi no ad oggi, di uno studio esauriente dell’eroe eponimo, celebrando nel contempo il trionfo della teoria dell’aggettivo, per quanto riguarda la lin- dell’accentramento del potere contro i particolarismi gua francese del Cinquecento, l’A. si preoccupa anzi- feudali. Già in Montalvo, il cavaliere errante diven- tutto di precisare la posizione e il ruolo dell’aggettivo ta re, a celebrazione della monarchia cristiana dei re qualifi cativo nei trattati di grammatica e retorica del cattolici. Questa focalizzazione rivolta da un lato alla Rinascimento. In seconda istanza, vuole reperire nei diplomazia internazionale, dall’altro alla vita di corte testi del corpus quelle pratiche linguistiche ricorrenti e ai suoi cerimoniali, amplia notevolmente il novero di cui l’aggettivo qualifi cativo costituisce il nocciolo, dei materiali a cui gli autori possono fare ricorso, che seguendo un orientamento sia semantico sia stilistico: si estendono agli specula principum e alla trattatistica in tale prospettiva si isolano alcune espressioni chia- cortigiana, ma pure alle dottrine politiche del tempo; ve, quali vive foy, doctrine humaine, seul mediateur. questo passaggio implica fra le altre cose un accen- In un’ultima sezione, l’A., «dopo la messa in valore tuarsi della componente pragmatica, machiavellica del contributo essenziale dell’aggettivo qualifi cativo dei passaggi dedicati alle trattative diplomatiche, e a al senso del discorso évangélique, tiene conto del suo un superamento della visione moralizzante del dirit- potenziale espressivo in ordine alla stilistica e alla reto- to regio. Nel passaggio da Montalvo a Herberay, tale rica; ed elabora, secondo un principio di organizzazio- processo di desacralizzazione appare ancor più eviden- ne essenzialmente debitore dell’amplifi catio oratoria, te: la solennità delle scene di corte è sostituita da una una classifi cazione dei tipi di fi gure, in cui si illustrano mondanità leggera, la componente eroico-cavalleresca i vocaboli ricorrenti nel corpus come pure gli aggettivi individuale della guerra rimpiazzata dalla visione logi- localmente pregnanti». stica e dalla rappresentazione collettiva. Anche i po- Il lavoro di I. Garnier-Mattez è, a nostro avviso, chi elementi forniti fi nora bastano a evidenziare come profondamente innovatore e, a differenza di molte questo quarto libro dell’Amadis si presti a una lettura ricerche alla moda che si servono della sociolingui- a chiave. Sviluppando una suggestione già di Mireille stica o di metodologie considerate d’avanguardia ma Huchon, Guillerm propone, senza del resto farla sua sono del tutto disancorate da una solida conoscenza incondizionatamente, l’identifi cazione di Amadis con storica (della storia delle idee, soprattutto), non è ef- François I, dell’imperatore di Roma con Carlo V e via fi mero ed offre strumenti validi di ricerca per il solido dicendo. Una lettura di questo tipo si presterebbe del background storico, fi lologico, fi losofi co e teologico su resto non ai soli personaggi, ma anche per esempio a cui è fondato. elementi architettonici presenti nelle descrizioni, de- [DARIO CECCHETTI] sunti dalla trattatistica rinascimentale neo-vitruviana. In fi ligrana al palazzo di Apolidon (l’episodio più ce- lebre del quarto libro, fi no ad assumere valore para- Amadis de Gaule. Livre IV (traduction Herberay digmatico, ricordato fra gli altri da Montaigne, Noël des Essarts), Edition critique par Luce GUILLERM, Pa- du Fail, Du Bellay, nonché ripreso da La Fontaine per ris, Honoré Champion, («Romans de chevalerie de la il suo palazzo di Cupido) sarebbe il castello di Cham- Renaissance», 92), 2005, pp. 457. bord, in un gioco di specchi dove realtà e immaginario appaiono elementi inscindibili di una poetica dell’arti- Nello studio che accompagna l’edizione critica del- fi cio, che è già quella dell’Hypnerotomachia Poliphili. la traduzione/adattamento di Nicolas de Herberay des Mentre nei primi tre libri dell’Amadis Herberay si è Essarts del quarto libro dell’Amadís de Gaula di Garcí trovato ad aggiungere particolari a un testo che doveva Rodriguez de Montalvo, Luce Guillerm sottolinea le parergli scarno, in questo caso il volgarizzatore riduce particolarità del volgarizzamento francese rispetto al- di un terzo il romanzo di Montalvo. l’antecedente castigliano. I romanzi di Montalvo, auto- L’edizione critica è condotta sulla princeps (Paris, re dei libri quarto e quinto dell’Amadis e rimaneggiato- Denis Janot, 1543). Corredano il testo appendici con- re dei primi tre, circolavano in Spagna e non solo dalla tenenti le varianti e alcuni brani da Montalvo e dal- seconda metà del XIV secolo. Herberay lavora alla tra- l’Amadis del conte di Tressan, un indice onomastico, duzione del quarto libro fra il 1542 e i primi del 1543, un glossario e un indice tematico. e contemporaneamente al rimaneggiamento dei primi [FILIPPO FONIO] tre e del quinto del ciclo di Amadigi, come si desume dalla fi tta rete di analessi e prolessi che collegano i vari libri. Il contesto socio-politico profondamente diverso GUY DEMERSON et GILLES PROUST, Index de in cui i due autori si trovano a operare sarebbe alla ba- l’«Heptameron» de Marguerite de Navarre, Clermont- se delle differenze riscontrabili nelle versioni francese Ferrand, Presses Universitaires Blaise Pascal (CE- e castigliana del quarto libro, in cui hanno notevole RHAC), 2005, pp. 409. importanza fattori che si prestano ad assurgere a me- tafore dell’assetto politico e dei rapporti di forza fra le Sul testo curato da Michel François («Classiques potenze del tempo. Garnier», 1996) sono state apprestate queste con-

sf150_interni 589 23-02-2007, 16:49:51 590 Rassegna bibliografi ca

cordanze della raccolta novellistica di Marguerite de un’utenza riformata su ricorrenze e liturgia. Il Kalen- Navarre, divise in indice «gerarchico», «onomastico» drier di Bade sarebbe “l’anello mancante” fra il model- e «generale». È inutile sottolineare come questo lavo- lo latino, l’Ephemeris historica di Gilbert Cousin (1552, ro sia strumento utilissimo per lo studio tematico del- ma edito alla fi ne dell’estate dell’anno precedente, co- l’opera, per lo studio linguistico e per lo studio stilisti- m’era uso per i calendari), e gli almanacchi ginevrini co. Nell’Avant-propos Guy Demerson evidenzia alcune stampati a partire dal 1560. Già nel calendario di Bade possibilità di indagine favorite dall’Index. Per esempio, inizia il processo che porterà una forte diminuzione si possono ricostruire le connotazioni evidenti o sotti- dell’importanza di episodi biblici negli almanacchi, a li di cui si caricano le locuzioni secondo la varietà dei favore della rievocazione di fatti e fi gure della storia locutori. Lo studio del vocabolario serve anche a rico- ugonotta e della versifi cazione dei Salmi. struire le componenti ideologiche – etiche e religiose – di Marguerite e, in genere, la complessità della cultu- [FILIPPO FONIO] ra della regina di Navarra. [MICHELE MASTROIANNI] MIREILLE HUCHON, Louise Labé, une créature de papier, Genève, Droz («Titre courant», 34), 2006, MICHÈLE CLÉMENT, La «Mythistoire barragouyne de pp. 483. Fanfreluche et Gaudichon» ou comment inventer une «prose poétique», «Bibliothèque d’Humanisme et Re- «L’existence de Louise Labé n’est pas en cause, naissance», LXVII, 3 (2005), pp. 561-573. même si elle ne fut qu’une femme de paille» (p. 275): con questa frase Mireille Huchon riassume, in parte, La Mythistoire barragouyne de Fanfreluche et Gaudi- la sua ricerca, che da un lato potrebbe essere intitola- chon è tradizionalmente considerata un pastiche da Ra- ta al ‘mito’ Louise Labé – mito smontato e analizzato belais, con ogni probabilità (ed è la tesi che abbraccia nelle sue componenti –, dall’altro è una ricostruzione anche la studiosa) a fi rma di Guillaume Des Autels. Il minuziosa di quanto gli strumenti della bibliotecono- contributo si propone di ridimensionare tale giudizio, mia – in questo caso impiegati nell’analisi dell’edizione concentrandosi sugli aspetti originali e programmatici delle Euvres del 1555 (di cui viene qui offerta la ripro- dell’opera come messa in atto di una teoria della pro- duzione anastatica nella sua integrità), negli aspetti te- sa di fi nzione indipendente dal modello rabelaisiano. stuali e paratestuali – forniscono circa il milieu in cui Numerosi sono i punti di contatto fra la Mythistoire (la appare l’opera e il moltiplicarsi di esercizi letterari che cui edizione è attesa a breve) e il dibattito coevo sulla coinvolgono poeti gravitanti intorno a Maurice Scève prosa volgare e sul valore della fi nzione rispetto alla (Pontus de Tyard, Claude de Taillemont, Philibert Bu- storia. La studiosa riconosce, in particolare nel Proe- gnyon, Guillaume de La Tayssonnière) e poeti legati sme, l’infl usso di Luciano, del De Philologia di Budé alla Brigade, come Olivier de Magny o Jean-Antoine e della Poetica di Aristotele (il che starebbe a indicare de Baïf. L’incertezza totale, concernente la Louise ‘rea- una riscoperta del trattato aristotelico da parte del- le’ e l’identità del suo amante (se mai è esistito, come l’umanesimo francese anteriore rispetto a quanto fi no- pure la vita morale della poetessa, è ormai assodata, ed ra postulato), nonché della Replique de Guillaume des è evidente che si può parlare solo della printed Louise Autelz aux furieuses defenses de Louis Meigret (1551), Labé (K. Cameron, 1990). Ed è proprio questo l’as- oltre a una precisa presa di posizione per un rifi uto del sunto di M. Huchon, che, riconoscendo la sopravvi- preziosismo, della lunghezza delle Amadis, della prosa venza «pour le lecteur moderne de cette Louise Labé epica di Jean Lemaire de Belges e della Franciade, dei imprimée», parte appunto dall’esame dell’imprimé, del precetti di Du Bellay. La Mythistoire si presenta già in libro a stampa del 1555 (tanto da identifi care il perso- limine come un romanzo di cavalleria burlesco e una naggio Loïse Labé Lionnoise 1555 con l’edizione e la parodia del petrarchismo e dell’amore platonico. La data), nella considerazione che «le Euvres de Louïze studiosa propone fra l’altro una lettura del titolo del- Labé Lionnoize sono un laboratorio, in cui si elabora, l’opera, dell’aggettivo barragouyne in particolare, da in questa metà del secolo così ricca di sperimentazioni intendersi come un’indicazione di poetica e un’attesta- formali, una vera arte poetica, con giochi sottilissimi, zione dell’importanza del femminile nella Mythistoire, parodici», nella convinzione anche, peraltro ormai ac- altro elemento che la identifi ca come qualcosa di più di quisita dalla critica, che «si tratta di un testo artifi ciale, un centone rabelaisiano. molto lontano da quegli accenti di sincerità e autentici- [FILIPPO FONIO] tà assoluta che si era creduto di ritrovarvi» (p. 274). In effetti, dopo aver brevemente ripercorso gli scarsi dati documentari sulla vita di Louise e rievocato di scorcio MAX ENGAMMARE, Un chaînon manquant: le «Kalen- il mito della Belle Cordière, M. Huchon dichiara i suoi drier historial» de Conrad Bade (1555), «Bibliothèque intenti: «invece di rivolgere l’attenzione al suo ipoteti- d’Humanisme et Renaissance», LXVII, 3 (2005), pp. co cenacolo, dove si sarebbero incontrate le più grandi 641-652. menti del tempo, invece di ricostituire la biografi a di Louise attraverso gli scritti poetici dovuti alla sua pen- Approfondendo le osservazioni sulla storia dei ca- na o attraverso quelli dei suoi pretesi amici, cui si vor- lendari protestanti già contenute nel recente L’Ordre rebbe accordare forza di verità a scapito della libertà di du temps (Genève, 2004), Engammare studia un esem- fi nzione, è molto meglio esaminare, nel loro contesto e plare del Kalendrier historial di Conrad Bade fi glio di senza a priori, le voci dei contemporanei e la sola trac- Josse, edito alla fi ne dell’estate del 1555, rinvenuto da cia che ci sia rimasta delle attività letterarie di Louise Jean-François Gilmont alla Bibliothèque municipale di Labé, vale a dire il libro pubblicato da Jean de Tour- Grenoble. Esule parigino, Bade ottiene nel 1554 un nes» (pp. 11-12). L’indagine di M. Huchon, pertanto, è privilegio quinquennale per la pubblicazione di ca- axée sugli Escriz de divers poëtes à la louenge de Louize lendari dalle autorità municipali di Genève, fi duciose Labé Lionnoize. Collocati in appendice alle opere (in di potersi fi nalmente avvalere di un editore in grado un rapporto quantitativo del trenta per cento), questi di realizzare un almanacco che si presti a informare Escriz constano di ventiquattro componimenti, per lo

sf150_interni 590 23-02-2007, 16:49:52 Cinquecento 591

più anonimi (ma la paternità può quasi sempre esse- Dominique LEGRAND, Paris, Champion («Textes de la re riconosciuta): se li si considera un primo tentativo Renaissance», 108), 2006, pp. 753. di ricostruzione della vita intellettuale della poetessa, è di qui che risulta l’immagine di una cortigiana ben Il presente volume è il secondo e l’ultimo dell’edi- integrata nei cenacoli lionesi e ammirata per la bellez- zione critica delle Œuvres poétiques complete di Oli- za come per gli scritti. Ma più che per la ricostruzione vier de Magny, e contiene le composizioni di Magny dell’immagine di Louise, questi Escriz valgono per la pubblicate al suo ritorno da Roma, alla fi ne del 1556, restituzione del circolo che faceva perno sull’atelier dopo un soggiorno di circa due anni in qualità di segre- dell’editore Jean de Tournes. In questa prospettiva, la tario di Jean d’Avanson, ambasciatore del re di Francia dotta e sottile indagine dell’A. si sviluppa in tre suc- presso la Santa Sede. Secondo le norme editoriali sta- cessive sezioni, consacrate la prima (Magnifi cences de bilite vengono riprodotte le edizioni originali, dei Sou- Lyon et fureur poétique au milieu du siècle, pp. 15-69) spirs del 1557 (testo stabilito, presentato e annotato da a rievocare l’ambiente lionese e i rapporti e scontri che M.-D. Legrand) e delle Odes del 1559 (testo stabilito, lo animano; la seconda (Images de Louise Labé, pp. presentato e annotato da F. Rouget). Vengono inoltre 71-139) a ritrovare le rappresentazioni – letterarie, ma pubblicate alcune composizioni apparse separatamen- anche iconografi che – della poetessa, a partire da quel te o restate inedite durante la vita del poeta (testi stabi- ritratto di Pierre Woeiriot del 1555, madello per una liti, presentati e annotati da F. Rouget). serie di incisioni; la terza (Les dessous d’une supercherie L’edizione dei Souspirs fornisce un’annotazione littéraire: hommes et textes, pp. 141-270), senza dubbio estremamente ricca che apporta materiale di comple- la più importante, attraverso una disamina accurata de- mento al discorso introduttivo, in cui M.-D. Legrand gli Escriz, ma anche attraverso una ricognizione della mette in relazione i Souspirs con i Regretz di Du Bellay. cultura lionese (in primis degli entourages di Maurice Le due raccolte romane sono contemporanee e nasco- Scève e Jean de Tournes), ricostruisce l’intrecciarsi del- no in situazioni biografi che affi ni (situazioni di esilio le forme letterarie e dei generi intorno e a partire dai e di dipendenza dal mecenatismo), che sfociano in al- testi delle Euvres, illustrando soprattutto come intorno cuni esiti letterari simili: quelli appunto caratterizzati a Louise Labé – personaggio, mito o pretesto – si svi- dai souspirs e dai regretz, espressione di «una viva de- luppi un gioco letterario, che oscilla fra la mistifi cazio- lusione di poeti che hanno una posizione sociale, senza ne voluta e l’esercizio erudito. peraltro riuscire a fare fortuna, e sono privi del tempo libero necessario all’ispirazione e alla composizione [DARIO CECCHETTI] letteraria» (p. 20). Entrambe le raccolte, inoltre, ap- partengono a quella poesia ‘d’elogio’ «che aveva anche un ruolo materiale, economico, professionalmente del EMMANUEL BURON, Le réemploi dans les «Escriz de divers poëtes à la louenge de Louize Labé» (Baïf, Tyard tutto necessario ai poeti, grandi o piccoli che fossero» (p. 22). Lungi dall’essere, quest’ultimo, un limite di et Scève), «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissan- riuscita poetica, per M.-D. Legrand «uno dei maggiori ce», LXVII, 3 (2005), pp. 575-596. interessi dei Souspirs è proprio qui, nell’essere cioè un campionario di poesia iscritta nel sistema del mecena- Gli Escriz de divers poëtes à la louenge de Louize tismo e dipendente da esso, ancor più di quanto non lo Labé Lionnoize, collocati in appendice alle Euvres siano i Regretz che partecipano in effetti di un’aspira- della poetessa (Lyon, Jean de Tournes, 1555), con- zione più complessa e forse di un progetto ‘superiore’» stano di ventiquattro componimenti, per lo più ano- (p. 24). Inoltre, viene affrontato il problema del petrar- nimi. Si tratta di un primo tentativo di costruzione chismo in Magny e viene criticata la contrapposizione della biografi a intellettuale della poetessa, dal quale dei Souspirs e dei Regretz nella prospettiva di petrarchi- traspare l’immagine di una cortigiana ben integrata smo e antipetrarchismo, e si conclude col sottolineare nei cenacoli lionesi e ammirata tanto per la bellezza come «il maggiore interesse di una riedizione critica quanto per l’opera. Lo studioso fa emergere piuttosto e documentata della raccolta di Magny sia la mise au il carattere di operazione editoriale degli Escriz, pen- jour, un’ulteriore defi nizione e chiarifi cazione della co- sati ‘a tavolino’ come complemento encomiastico del munità dei poeti che costituiscono una società a parte canzoniere della Labé, e caratterizzati, presumibilmen- intiera» (p. 27). te nella quasi totalità dei casi, dal reimpiego di liriche Nella sua edizione delle Odes (la prima dopo la all’insaputa dei poeti. Buron si sofferma sulle liriche di cinquecentina), F. Rouget, pur seguendo l’edizione Baïf, Tyard e Scève, reimpiegate per l’occasione adat- a stampa del 1559, è attento al lavoro di revisione e tandole al contesto, osservando come la maggior parte rimaneggiamento operato da Magny e segnala, nelle dei testi inseriti negli Escriz contengano solo nel titolo note, le varianti di redazioni manoscritte da lui trovate riferimenti alla Labé, cosa che non attesta di per sé che in raccolte disperse. Da questa indagine il libro risulta essi siano stati scritti per la poetessa lionese, essendo «come il crogiolo di parecchie serie di odi composte piuttosto frequente il caso che queste nugae venissero in differenti momenti della vita del poeta» (p. 134), riutilizzare attraverso un cambiamento del dedicatario con l’intento però di offrire nella riorganizzazione fi - e aggiustamenti di scarso rilievo. Il modello per gli nale un’opera accuratamente strutturata, che intende Escriz va identifi cato nell’edizione delle Rime di Tullia stringere un dialogo con i membri di quella comunità d’Aragona (Venezia, Gioito, 1547), anch’esse suddivi- poetica di cui si diceva sopra, primo fra tutti Ronsard. se in ‘liriche di…’ e ‘liriche per…’, parallelo effi cace a Questa struttura e la rete dei rapporti letterari sono maggior ragione date le analogie biografi che e artisti- brevemente ma chiaramente disegnate; inoltre viene che fra le due fi gure. offerta una rapida ma esauriente repertoriazione del- [FILIPPO FONIO] le varietà metriche. Anche per questa raccolta, le note sono ricche e precise. Nel 1561, negli ultimi due mesi di vita, Magny com- OLIVIER DE MAGNY, Œuvres poétiques: vol. II. Les pose diciannove sonetti d’ispirazione politica e morale Souspirs – Les Odes – Les Sonnets – Pièces diverses, destinati al giovane Carlo IX, di recente incoronato, e par François ROUGET, avec la collaboration de Marie- a sua madre, la reggente Caterina de Medici. Rimasti

sf150_interni 591 23-02-2007, 16:49:52 592 Rassegna bibliografi ca

inediti furono scoperti e pubblicati nel 1880, suscitan- sintesi che ricostruisce l’itinerario intellettuale di Pele- do una discussione circa la loro autenticità. F. Rouget, tier, il suo pensiero, i suoi molteplici interessi culturali. che questa autenticità accetta come indiscutibile, ne dà L’opera di Peletier, nel suo insieme, denuncia interes- un’edizione, anch’essa ricca di note. Sempre Rouget, in si di poligrafo, pur essendo profondamente coerente: una quarta sezione, edita e commenta tre Pièces hors re- dal canzoniere petrarchista, L’Amour des Amours, vera cueil ou attribuées à Magny. Esauriente la bibliografi a, summa del neoplatonismo cinquecentesco, a poemetti accurati il glossario e l’indice dei nomi. descrittivi come La Savoye, che nel celebrare natura e paesaggio sono attenti ai fenomeni della physis, noi ri- [DARIO CECCHETTI] troviamo non solo un’attenzione ai grandi (e svariati) modelli rinascimentali della poesia fi losofi ca o fi losofi - cheggiante, ma anche l’idea che la creazione è retta da JACQUES PELETIER DU MANS, Œuvres complètes. To- un sistema organizzativo, in cui l’essenza matematica me X: Euvres poetiques intitulez louanges aveq quelques della natura conferisce al numero e all’unità un carat- autres ecriz, édition critique par SOPHIE ARNAUD, STE- tere fondatore. Umanista, grammatico, fi losofo e mate- PHEN BAMFORTH, JAN MIERNOWSKI, sous la direction matico, Peletier ritiene (e lo teorizza nel suo Art poéti- d’ISABELLE PANTIN, Paris, Champion («Textes de la que del 1555) che l’attività poetica trovi la sua legitti- Renaissance», 113), 2005, pp. 380. mazione nel disvelamento della natura e che lo stesso entusiasmo poetico possa essere considerato una tappa Inizia con questo volume l’edizione critica delle ope- dell’attività scientifi ca. Nella ricca bibliografi a su Pe- re complete di Jacques Peletier du Mans. Le Louanges letier comparivano parecchi studi sulla «poesia scien- qui pubblicate vedono la luce nell’ultimo periodo della tifi ca» del nostro autore, ma mancava un lavoro orga- vita del poeta (1a ed.: Paris, R. Coulombel, 1581), anche nico, ampio e approfondito, su quella che potremmo se si tratta di composizioni elaborate su lunga durata, considerare a un tempo fi losofi a della natura, teologia con ripensamenti e revisioni incessanti, e attestanti an- naturale e interpretazione della realtà fenomenica alla cora, agli estremi di un’attività molto intensa, preoccu- luce delle conoscenze matematiche. Ora, questo lavoro pazioni mai venute meno per questioni di lingua e so- è stato portato a termine da Sophie Arnaud, la quale, prattutto per quei problemi tecnici – l’ortografi a – che nella prima parte della sua indagine ha illustrato come, rappresentano l’ossessione di tutta una vita d’autore. secondo Peletier, «il senso della natura organizzi la vita Queste Louanges si inseriscono in quel genere di poesia degli uomini secondo fondamenti matematici e la sua che trova sua massima espressione negli Hymnes ron- armonia proceda dalle fi gure disegnate dagli astri. Sia sardiani e costituiscono l’estremo approccio del poeta che esamini il cielo o che analizzi la serie delle cause e alla poesia scientifi ca: scientifi ca, alla maniera, beninte- degli effetti, l’individuo trova al di fuori di lui la mani- so, dei citati Hymnes, in cui si fonde l’elogio grandioso festazione di un ordine su cui non ha presa reale. L’in- (di un personaggio storico, di esseri mitologici, di grandi telletto non rende il mondo intelligibile: al contrario, il fenomeni della Natura) con la rifl essione fi losofi ca sui principio di razionalità è insito già in modo latente nel meccanismi su cui si regge la Natura stessa. Malgrado seno delle cose. È compito soltanto dell’essere umano i risultati possano sembrare disparati, dal momento sapere osservare e udire, essere capace di comprendere che la posta in gioco è rappresentata dalle condizioni la voce della natura. Prodotto troppo umano per non della ricerca scientifi ca di per se stessa, considerate da dare esca all’errore e all’opinione, il linguaggio non Peletier in un contesto tanto etico quanto intellettuale, appare qui come il privilegio che segna l’eccellenza occorre riconoscere nelle Louanges un principio di uni- dell’intelligenza. In rivincita, la sua missione più alta tà. «Noi passiamo rispettivamente da uno studio della consiste nel manifestare l’ordine del mondo. [...] Nel- retorica e della scienza del linguaggio (Louange de la la seconda parte dell’indagine si dimostra che Peletier Parole), al problema della scienza morale (Louange des giunge a elaborare una ‘parola naturale’ che, senza cri- troÍs Graces e Louange de l’Honneur), all’ordine politi- stallizzarsi nel testo e senza perdersi nelle chimere del- co (Louange du Fourmi) e, infi ne, all’ordine scientifi co l’opinione, riesce a restituire la dinamica dell’oralità» (Louanges des troÍs Graces e La Suite de la Sciance)» (p. (p. 18). Lavoro dunque di grande impegno, quello di 43). Nell’introduzione si sottolinea come «le Louanges S. Arnaud, utile anche allo studioso di spiritualità, teo- ci presentino un discorso personalizzato che ci conduce logia e fi losofi a rinascimentale. nel cuore stesso della fi losofi a dell’autore, fi losofi a che [DARIO CECCHETTI] è tanto più intimamente sentita dal poeta quanto più si sente prossimo alla fi ne» (p. 44). Alle Louanges vere e proprie si accompagnano Aucuns Passages traduiz de ALAIN CULLIÈRE, Jean d’Arras et Odinet Basset, im- Virgile che sono oggetto di un interessante capitoletto, a primeurs à Metz (1563-1564), «Bibliothèque d’Huma- cura di Sophie Arnaud cui dobbiamo la ricca thèse qui nisme et Renaissance», LXVII, 3 (2005), pp. 673-700. recensita, sulla traduzione e sulla teoria della traduzione in Peletier. Yves Charles Morin arricchisce l’introduzio- Lo studioso propone una ricca documentazione sul- ne di una utile sezione (pp. 57-67) sul sistema grafi co la stamperia di Jean d’Arras a Metz. Inviato come ap- del nostro autore. L’annotazione è precisa e il glossario prendista ad Anversa dove viene incarcerato per aver è accurato. stampato un pamphlet giudicato eretico, Jean d’Arras [DARIO CECCHETTI] fa ritorno a Metz, aprendovi una propria stamperia, nel dirigere la quale è coadiuvato da Odinet Basset. Jean d’Arras scomparso prematuramente, per qualche SOPHIE ARNAUD, La voix de la nature dans l’œuvre tempo la stamperia continua a lavorare, e le iniziative de Jacques Peletier du Mans (1517-1582), Paris, Cham- editoriali in corso alla morte del proprietario vengo- pion («Bibliothèque Littéraire de la Renaissance», 54), no portate a termine. La breve parabola dell’impresa 2005, pp. 691. di Jean d’Arras costituisce un tassello di rilievo per comprendere la situazione dell’editoria nel secondo Frutto di una thèse de doctorat, il lavoro che Sophie Cinquecento nelle regioni ai confi ni dell’Impero. Jean Arnaud mette a disposizione degli studiosi è un’ampia d’Arras, stampatore riformato, e i suoi torchi si pre-

sf150_interni 592 23-02-2007, 16:49:53 Cinquecento 593

stano non soltanto alla propaganda religiosa, facendo sioni di passato, presente e futuro. Il martirologo invece, della stamperia in un certo senso un organo cittadino. rifacendosi piuttosto al criterio già erodoteo dell’autop- In appendice le schede bibliografi che dei volumi stam- sia, è fautore di una storiografi a di militanza, faziosa per pati da Jean d’Arras ad Anversa e a Metz, e delle altre vocazione e che tende a interessarsi solo episodicamente iniziative editoriali realizzate nella stamperia. al passato. Strettamente connesso alla scrittura di testi- monianza è il genere degli Acta, diffuso all’epoca delle [FILIPPO FONIO] Guerre di religione nella sua duplice valenza, apostoli- ca e giuridica (un atto è al contempo uno speculum, un exemplum, e un documento processuale). Il martirolo- PETER SHARRATT, Bernard Salomon, illustrateur lyon- gio cinquecentesco è tuttavia un genere che fa largo uso nais, Genève, Droz («Travaux d’Humanisme et Re- anche di récits d’histoire, il cui peso rispetto agli Acta naissance», CD), 2005, pp. 534. tende anzi ad accrescersi notevolmente, specie nelle raccolte ugonotte, forse per compensare a una diminu- Bernard Salomon, tra i più grandi incisori lionesi zione del numero dei martiri protestanti. Nell’Histoire del Cinquecento, ha lavorato essenzialmente come ecclésiastique des Églises reformées au royaume de France illustratore di libri. In quanto tale ha riscosso gli ap- di Théodore de Bèze, ma soprattutto nell’Histoire (già prezzamenti e le lodi dei maggiori editori di Lione, fra Actes) des Martyrs di Jean Crespin-Simon Goulart, ope- cui Jean de Tournes, che lo qualifi cava «Peintre autant re accumunate dall’impostazione eusebiana e dal carat- excellent qu’il y en ayt point en nostre Hemisphere». tere collettivo e compilatorio, si assiste ad esempio a un Ai nostri giorni, un grande specialista dell’illustrazione progressivo aumento delle digressioni e di altre forme di libraria cinquecentesca, Hans-Joachim Trautner (Ovi- intervento da parte dello storico. dausgaben von Jean I. und Jean II. de Tournes, 1978), lo Nel genere del martirologio cinquecentesco gli defi nisce il migliore incisore e artista grafi co lionese in elementi verbali, processuali, nucleo originario della assoluto. P. Sharratt offre una monografi a importante scrittura testimoniale (di ascendenza testamentaria) ed esauriente su Salomon che interessa non soltantan- si trovano fusi con l’elemento spettacolare, derivan- to lo storico dell’arte e il biblioteconomo, ma anche lo te dai circenses romani, decretando così la fortuna di studioso di letteratura per i contatti che questa disci- un teatro dei martiri. La spettacolarizzazione tende a plina può avere con l’iconologia. Illustratore, infatti, prevalere in particolare nei martirologi cattolici, come della Bibbia e della Metamorfosi di Ovidio, Salomon mostra Lestringant nel caso del Theatre des cruautez ha anche rilevanza per l’emblematica, in quanto uno des hereticques de nostre temps di Richard Verstegan stretto rapporto con la tradizione dell’emblema si ri- (1588; l’edizione latina è dell’anno precedente). Lo stu- conosce nell’approccio moralizzante all’icona da parte dioso riconosce l’infl uenza di Juste Lipse e della mne- dell’illustratore. motecnica del tempo nella creazione del “teatro della Nella prima sezione l’A. ricostruisce la biografi a di memoria” di Verstegan, della cui sezione francese in- Salomon, nel quadro dell’attività libraria lionese, do- dividua la fonte nella Replique chrestienne en forme de cumentando l’attività dell’artista sia come disegnatore commentaire di Matthieu de Launoy (1579). Il martiro- che come incisore. Una seconda sezione offre la descri- logio di Verstegan prevede un lettore che si faccia a sua zione delle incisioni, classifi cate per ordine di genere, volta testimone, che veda nelle incisioni che accompa- e precisamente stabilendo una prima categoria con- gnano il testo quali sono i supplizi a cui i cattolici ven- tenente i libri di emblemi, i libri scientifi ci e le opere gono sottoposti, guidato attraverso l’organizzazione letterarie classiche e in lingua volgare, una seconda ca- delle illustrazioni (in cui il criterio spaziale prevale su tegoria contenente le Entrées royales, una terza conte- quello temporale) da un sistema di rimandi. nente una repertoriazione delle illustrazioni per la Bib- bia e per le Metamorfosi ovidiane. In questa rassegna [FILIPPO FONIO] una particolare attenzione viene rivolta allo studio delle fonti e dell’utilizzazione che Salomon fa di queste stes- se fonti. Una terza sezione tratta dello stile di Salomon, CATHERINE MAGNIEN, Du nouveau sur Jucquel Rou- e dell’infl usso che altri artisti hanno esercitato su di lui. geart, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», Una quarta sezione, infi ne, particolarmente importante LXVII, 3 (2005), pp. 701-703. per lo studioso della letteratura, tratta dei rapporti fra testo e immagine. Completa il lavoro un catalogo ragio- L’editrice delle Œuvres complètes di Rougeart nato di tutte le opere che possono essere attribuite a (Genève, 1988) comunica il rinvenimento di nuovi do- Salomon. Ricca la bibliografi a. cumenti utili a ricostruire aspetti della vita del poeta [MICHELE MASTROIANNI] bretone. Si tratta di un atto notarile (di cui riporta la trascrizione) che fornisce informazioni sugli anni pari- gini di Rougeart studente, e di una nota su Dorpheus, FRANK LESTRINGANT, L’écriture du martyrologe: Ri- che il poeta ascrive fra i propri maestri, e che sareb- chard Verstegan et Matthieu de Launoy, in DANIÈLE be stato uno degli insegnanti di Rougeart al collegio BOHLER, CATHERINE MAGNIEN SIMONIN, a cura di, Ecri- di Lisieux. e e tures de l’histoire (XIV -XVI siècle), Actes du colloque [FILIPPO FONIO] du Centre Montaigne, Bordeaux, 19-21 septembre 2002, Genève, Droz, 2005, pp. 433-453. RUTH STAWARZ-LUGINBÜHL, Les «Emblemata/Emblemes Lestringant si concentra su un aspetto particolare chrestiens» (1580-1581) de Théodore de Bèze: un recueil della scrittura storica, quella dell’histoire des martyrs, d’emblèmes humaniste et protestant, «Bibliothèque genere situato al confi ne tra storiografi a e testimonianza. d’Humanisme et Renaissance», LXVII, 3 (2005), pp. Lo storico, guidato da intenzioni di presunta oggettività, 597-624. si propone di raccogliere documenti riferibili alle diver- se parti che sono in causa nella problematica alla quale si La studiosa presenta un contributo incentrato sul interessa, e concentra la propria attenzione sulle dimen- rapporto fra testo e immagine nelle Icones, id est verae

sf150_interni 593 23-02-2007, 16:49:53 594 Rassegna bibliografi ca

imagines… di Théodore de Bèze, edite nel 1580 in ap- sa propone la trascrizione, sarà seguito a distanza di pendice agli Emblemata, e tradotte l’anno successivo parecchi anni da altri due, rispettivamente del 1642 e da Simon Goulart (Quarante quatre emblemes chre- 1644, e da due codicilli del marzo 1645, poco prima stiens). L’opera, in cantiere dal dicembre 1577 come della morte. Ancora nel ricordo della scomparsa del risulta dall’epistolario di Bèze, consta di quarantaquat- maestro e amico Montaigne, e sull’onda di una situa- tro ritratti di uomini illustri, e conosce, congiuntamen- zione economica familiare non facile, il primo testa- te agli Emblemata, un certo successo all’epoca (cinque mento di Marie de Gournay è lontano dai canoni degli edizioni vivente l’autore). La studiosa riprende in par- atti del tempo, rispetto ai quali attenua molto la com- te un articolo di Christophe Chazalon (BHR, LXVI, ponente devozionale, costituendo in pratica un docu- 2004), prendendo posizione in merito alla vexata quae- mento in cui la fi rmataria dispone dell’amministrazio- stio dell’iconofi lia di Bèze. Superando la funzione re- ne dei propri beni e attesta la propria riconoscenza nei torica che le immagini rivestono negli Emblemata, le confronti degli eredi di Montaigne. Icones si presenterebbero come un progetto più espli- citamente agiografi co, in cui la complementarità fra te- [FILIPPO FONIO] sto e immagine contribuisce ad aumentare l’incisività del messaggio esemplare. Pur in presenza di legami formali e tematici indiscutibili, è diffi cile individuare La tragédie à l’époque d’Henri III. Deuxième Série. una struttura unitaria dell’opera, e ancor più diffi cile Vol. 4: 1584-1585, «Théâtre français de la Renaissan- sostenere che si tratti di un ‘edifi cio’ mnemotecnico. ce», fondé par Enea BALMAS et Michel DASSONVILLE, Il didatticismo e la celebrazione dei martiri protestanti dirigé par Nerina CLERICI BALMAS, Marcel TETEL et possono fungere così da chiave di lettura che sugge- Luigia ZILLI, Florence-Paris, Olschki-P.U.F., 2005, risce un certo grado di coesione nella forma aperta pp. 459. delle Icones, opera caratterizzata da forti legami con la tradizione del genere ma pure da un certo grado di Continua con un ulteriore volume (siamo ormai a autonomia. I martiri costituiscono per Bèze l’élite degli quota tredici) la monumentale e benemerita impre- uomini illustri di cui si tratta nell’opera. sa avviata dai compianti E. Balmas e M. Dassonville, che ora animano, infaticabili, N. Clerici Balmas, M. [FILIPPO FONIO] Tetel e L. Zilli. Il corpus tragico dell’epoca di Henri III si arricchisce di tre pièces di grande estensione (la più lunga supera i 5500 versi), due di Jean-Edouard ELÉONORE LANGELIER, Du nouveau sur «La Muse Du Monin e una di Pierre Matthieu. Più che di opere Chrestienne»: quelques hypothèses sur l’identité de teatrali vere e proprie, data la loro lunghezza, si tratta I.C.T., «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», di poemi drammatici (anche se rappresentazioni – di LXVII, 3 (2005), pp. 659-671. collegio, ad esempio – sono attestate): per quanto l’in- certezza dello statuto di genere drammatico sia anco- L’identità del compilatore della Muse Chrestienne, ra grande, come grande è l’infl usso sia della tragedia antologia di poesia religiosa edita nel 1582 presso Ger- umanistica di scuola sia della moralité di tradizione vais Malot (contenente liriche di Ronsard, Du Bellay, medievale. Desportes, Baïf, Belleau, Jodelle), le cui iniziali I.C.T. Gilles Banderier ha curato l’edizione delle due tra- fi rmano la lettera dedicatoria all’arcivescovo François gedie di Du Monin. La prima, La Peste de la Peste de Joyeuse, è fi nora rimasta nell’ombra. La studiosa (1584: 2943 versi), fu pubblicata come seconda parte propone di leggervi le iniziali di Jean Chabanel, tolo- di un ampia raccolta allegorico-morale, Le Quaresme, sano, del quale la compilazione della Muse Chrestien- ed è molto più vicina alla moralité medievale che alla ne costituirebbe la prima opera fi rmata (quanto meno tragedia: il grande interesse di questo testo, mai più con le iniziali). Ragioni di ordine diverso concorrono edito dopo il 1584, è nell’essere opera di confi ne fra il a suffragare quest’ipotesi, dalle notizie relative a Cha- genere tragico e il poema religioso-fi losofi co secondo banel nelle Bibliothèques Françoises di Du Verdier e il modello di Du Bartas, autore che infl uenzerà anche di La Croix du Maine ad alcune riprese signifi cative il testo di Matthieu. dalle Sources de l’élégance françoise ou du droict et naïf La seconda tragedia di Du Monin, qui presentata, usage des principales parties du parler François dello L’Orbecc-Oronte (1585: 3094 versi), fu anch’essa pub- stesso Chabanel (1612). L’antologia sarebbe un’inizia- blicata come parte di una più vasta silloge di poesia tiva del giovane Chabanel, ammiratore della Riforma morale, Le Phoenix. Come genere è sicuramente più cattolica intenzionato a prendere posizione contro la legata della precedente alla tradizione della tragedia poesia protestante, mosso da intenti letterari, religio- senechiana, attraverso la mediazione di Giraldi Cin- si e polemici. Il futuro traduttore dell’opera di Luis zio, di cui viene attestata la fortuna francese. Sebbe- de Granada attesta con la lunga prefazione alla Muse ne Du Monin denunci come fonte gli Ecatommiti, Chrestienne la propria ammirazione per i poeti della un’esame attento della pièce evidenzia la dipenden- Pléaide, attuando una rifunzionalizzazione fi nalizzata za non tanto dalla novella, quanto dalla tragedia di a proporre una lettura in chiave spirituale di una lirica Giraldi Cinzio sullo stesso soggetto, l’Orbecche ap- che spesso ha assunto una connotazione pagana pro- punto. Per certo, l’Orbecc-Oronte è uno dei migliori mossa dagli stessi autori. esempi di quella tragedia fondata sull’orrore e sulla [FILIPPO FONIO] violenza, di gusto senechiano, ma che a Seneca tenta di sostituire modelli ‘moderni’ per rinnovare il gene- re, anche contestando l’autorità degli antichi. CATHERINE MARTIN, Le premier testament de Marie Mariangela Miotti ha editato e commentato con de Gournay, «Bibliothèque d’Humanisme et Renais- una ricca introduzione l’Esther di Pierre Matthieu sance», LXVII, 3 (2005), pp. 653-658. (1585: 5569 versi). L’argomento è un tema biblico che, da Rivaudeau a Racine, ha lunga e ricca fortu- Steso il 28 novembre 1596, questo primo testamen- na nella storia della tragédie sainte francese. Nel caso to di Marie de Gournay (1565-1645), di cui la studio- di Matthieu, è anzitutto l’estensione della pièce (nel

sf150_interni 594 23-02-2007, 16:49:54 Cinquecento 595

1589 l’autore stesso si impegnerà nella ristrutturazio- parsa, riunendo un’ampia silloge di dati, concernenti ne dell’Esther, riorganizzando il testo in due tragedie la discendenza da Montaigne a quel conte Ségur-La Vasthi e Aman) a farne un’opera nuova e originale Roquette proprietario del manoscritto in questione, che – come indica il lungo sottotitolo (Histoire tra- concernenti soprattutto personaggi ‘scopritori’ ed gique en laquelle est representée la condition des Rois editori come l’abbé Prunis e l’abbé Leydet (scopri- et Princes sur le theatre de fortune, la prudence de leur tore il primo, trascrittore il secondo) o Meunier de Conseil, les desastres qui surviennent par l’orgueil, Querlon (editore), concernenti una fi gura poco no- l’ambition, l’envie et trahison, combien est odieuse la ta come Giuseppe Bartoli, cui si deve la trascrizione desobeissance des femmes, fi nablement comme les Roy- delle parti in italiano del Journal (e qui viene posto il nes doibvent amollir le couroux des Rois endurciz, sur problema dell’autenticità della sezione in lingua ita- l’oppression de leurs subjects) – costeggia vari generi, liana). Ricostruisce anche – e sono pagine particolar- dall’histoire tragique, appunto, all’exemplum morale mente interessanti – la prima Rezeption del Journal, alla predicazione, addirittura, e infi ne, come è stato da parte di una cultura settecentesca che si dimostra documentato dagli interventi di Louis Lobbes in par- estremamente indifferente, per non dire delusa, di ticolare, alla Sepmaine di Du Bartas, attingendo am- fronte a un testo considerato «agaçant, ennuyeux, piamente alla poesia alla moda, da Ronsard a Garnier, sec, parfois froid». con un’operazione continua di intertestualità. La scomparsa del manoscritto risulta, ancor oggi, misteriosa e lascia insoluti molti problemi. A noi ora [MICHELE MASTROIANNI] non rimane che considerare come punto di riferimen- to la prima edizione Querlon del 1774. Questa edi- zione peraltro fu pubblicata dall’imprimeur Le Jay in CONCETTA CAVALLINI, «Cette belle besogne». Étude tre formati diversi che non presentano lo stesso testo. sur le «Journal de voyage» de Montaigne, avec une bi- C. Cavallini, nella seconda parte del suo lavoro (Pro- bliographie critique, préface de Philippe DESAN, Fasano blèmes philologiques et textuels, pp. 113-230), analiz- (Ba) – Paris, Schena – Presses de l’Université de Paris- zando una serie di passi del Journal, vuole dimostrare Sorbonne, 2005, pp. 382. che le varianti dei tre formati, come pure quelle della copia Leydet, non sono insignifi canti o semplicemen- C. Cavallini consacra da tempo le sue fatiche al- te ortografi che. L’analisi di queste varianti «mette i lo studio di Montaigne, su cui ha già pubblicato la lettori a confronto con due verità: la prima è che, fra monografi a L’italianisme de Michel de Montaigne le numerose correzioni puramente ortografi che o di (Schena-PUPS, 2003: cfr. questi «Studi», 140, 2003) stile, vi sono varianti che possono aiutare gli specia- e numerosi articoli concernenti soprattutto i rapporti listi a individuare una cronologia delle edizioni. La del grande bordelese con l’Italia. Con questo lavoro seconda è che Querlon non fu forse responsabile di sul Journal de voyage si conferma montaignista di alta tutte le stampe. [...] Il fatto di comprendere storica- qualità, fornendo un’indagine a un tempo storica e mente come lavorò l’équipe degli editori potrebbe fi lologica sugli avatars del testo di Montaigne. Con- essere la chiave per risolvere i problemi fi lologici» siderato minore, senza dubbio marginalizzato nel- (p. 329). La preoccupazione di rendere accessibile l’interesse della critica rispetto agli Essais, il Journal e chiaro un testo non solo datato di duecento anni, è opera problematica, indefi nibile, sfuggente: e lo è ma soprattutto non elaborato per la pubblicazione, non solo per la frammentarietà del diario e per il fat- scritto di getto, e trasmesso da un manoscritto in cui è to di essere uno scritto non destinato alla pubblica- immaginabile che le ratures d’autore facessero impaz- zione, ma anche per i problemi ‘editoriali’ che pone, zire i trascrittori e gli editori – unitamente alla volon- dal momento che ignoriamo perfi no le intenzioni di tà classicista, tanto deprecata da Madame d’Épinay, Montaigne circa un corpus di annotazioni di cui non si di «mettre en beau français» - ha motivato numerosi sa se siano da considerarsi defi nitive e compiute. Ciò interventi (da cui le varianti) che potevano addirittura non toglie che il Journal sia importante proprio per- alterare il senso del testo (come nel caso di certe scelte ché offre un’immagine in movimento del suo autore e di punteggiatura). perché contiene una documentazione indispensabile Si comprende pertanto come i diversi approcci a qualsiasi approccio storico, politico e religioso degli – negli ultimi due secoli – al Journal, da parte di edi- Essais. Tuttavia, il fatto che questo Journal sia stato tori e critici, siano stati condizionati da queste pre- ritrovato soltanto nel 1770 e pubblicato nel 1774, il messe storico-testuali. E si comprende anche perché, fatto che il manoscritto sia andato perduto, il fatto in- stante questa diversità di approcci, una terza sezione fi ne che le primissime stampe presentino varianti an- del lavoro di C. Cavallini sia stata consacrata (Biblio- che signifi cative pongono degli interrogativi d’ordine graphie du «Journal», pp. 233-324) a una repertoria- testuale, a cui le edizioni che si sono susseguite fi no zione ragionata, che non solo offre un état présent des ad oggi non hanno dato soddisfacente risposta. éudes, ma rappresenta una vera e propria storia della C. Cavallini intende chiarire la questione e offri- critica montaignista per quanto concerne l’opera in re gli strumenti per sbrogliare la matassa di quello questione. che Ph. Desan, nella sua prefazione, defi nisce «un [DARIO CECCHETTI] véritable roman-policier éditorial». Pertanto es- sa, ricostruendo la storia della scoperta del Journal (L’histoire d’un texte, pp. 19-110), affronta anzitut- ÉLIANE VIENNOT, Marguerite de Valois. «La reine to problemi concernenti il ritrovamento del testo, in Margot», Paris, Perrin («Collection Tempus», 109), secondo luogo problemi più propriamente fi lologici, 2005, pp. 660. infi ne, attraverso una repertoriazione bibliografi ca esauriente, il problema dell’evoluzione della critica. Marguerite de Valois, la reine Margot, fi glia di Ca- Focalizzando l’attenzione sugli anni 1770-1775, segue terina de Medici, sorella di Carlo IX, moglie del fu- le avventure del manoscritto del Journal (scoperto a turo Enrico IV, protagonista attiva della vita politica Bordeaux, portato a Parigi: ma le vicende del trasfe- durante le guerre di religione dopo la Saint- Barthé- rimento non sono del tutto chiare) fi no alla sua scom- lemy, memorialista colta e polemista brillante, appar-

sf150_interni 595 23-02-2007, 16:49:54 596 Rassegna bibliografi ca

tiene all’immaginario collettivo soprattutto per le rap- che troverà un radicamento tale da costituire un mito presentazioni letterarie e romanzesche: da Dumas (ma dotato di un immaginario ancor oggi funzionante a anche da Stendhal) fi no ai feuilletons cinematografi ci livello collettivo. Alcuni degli episodi che alimente- contemporanei (magari pretenziosi, come il fi lm di ranno quella tradizione culminante nel romanzo di Patrice Chéreau, del 1994). Éliane Viennot, in un Dumas (la regina dedita a passioni sfrenate e a tragici denso lavoro (pubblicato nel 1995 presso Fayard, ri- amori) sono inventati già tra la fi ne del Cinquecento stampato ora con una Postface di aggiornamento, pp. e l’inizio del Seicento (utile è l’accurata, e riassuntiva, 525-536), offre una solida biografi a della regina Va- cronologia della ‘leggenda’: pp. 549-551). Ma è l’Ot- lois, servendosi degli scritti stessi di Marguerite e de- tocento a creare gli elementi del moderno immagina- gli studi più aggiornati sul periodo che va dalle guerre rio romanzesco. Senza dubbio questa ricostruzione di religione al regno di Enrico IV. Pur attenta a rico- – esemplare – del mito della reine Margot è interes- struire le vicende personali e sentimentali della regi- sante non solo per quanto concerne la creazione di un na che offriranno materia alle fantasie romanzesche, personaggio della fantasia collettiva, ma anche come l’A. traccia un quadro preciso della carriera ‘politica’ indagine della ricostruzione mitica di un’epoca stori- di Marguerite: l’attività diplomatica, l’alleanza con i ca – il tardo Rinascimento – che coinvolge un gusto Malcontents, il supporto offerto ai Bourbons. Ma il letterario e artistico e svela in quale misura prospetti- volume, che nella prima parte (Histoire d’une femme, ve di lettura ‘colta’ della storia cinquecentesca, come pp. 19-304) ricostruisce la biografi a vera e propria, quelle di Michelet o di Burckhardt, siano grandemen- nella seconda (Histoire d’un mythe, pp. 307-536) con- te infl uenzate dalla mitologia romanzesca. fronta i dati biografi ci con la loro reinterpretazione (o falsifi cazione) polemica e letteraria, reinterpretazione [DARIO CECCHETTI]

Seicento a cura di Daniela Dalla Valle e Benedetta Papasogli

Libertinage et politique au temps de la monarchie ab- si occupa di erotismo e libertinaggio nel XVII secolo, solue, “Littératures classiques”, 55, été 2005, pp. 304. M. ROSELLINI s’interroga sulla “générosité” dell’eroe li- bertino, J. Ch. DARMON confronta La mort d’Agrippine Questo numero di “Littératures classiques”, diretto e L’Autre Monde di Cyrano, S. HOUDARD si occupa di da Jean-Charles Darmon e da Georges MOLINIÉ, è l’esi- Mme de Villedieu e J. GOLDZINK arriva al romanzo li- to rimaneggiato del colloquio dallo stesso titolo che si bertino settecentesco. svolse al Castello di Versailles e a Paris-Sorbonne nel Come Annexe è inserito un testo di Gassendi, De settembre 2002. Esso si propone – come è annunciato la justice, du droit et des lois, tratto dal Syntagma phi- nell’Introduction di J. Ch. DARMON, di far emergere un losophicum, presentato da J. Ch. DARMON, tradotto da certo numero di elaborazioni teoriche specifi che all’in- J. M. CIVARDI e annotato da entrambi gli studiosi. terno di un corpus defi nito “libertino”, di differenzia- re le situazioni successive del libertinaggio nel campo [DANIELA DALLA VALLE] delle pratiche socio-politiche della monarchia assoluta, e di verifi care l’imponente rinnovamento delle ricerche sul libertinaggio da Pintard in poi. Un secondo inter- Discours et enjeux de la Vanité, “Littératures classi- vento introduttivo è affi dato a G. Molinié, che breve- ques”, 56, automne 2005, pp. 331. mente si sofferma sugli enjeux du libertinage. Gli articoli raccolti sono suddivisi in due parti: in Questo volume di “Littératures classiques” è diretto primo luogo, nove studi – prevalentemente fi losofi - da Anne-Elisabeth SPICA, che lo presenta con un arti- co-politici – sono riuniti sotto il titolo Thématiques et colo ricco e puntuale intitolato La Vanité dans tous ses enjeux spécifi ques de la critique libertine: entre confor- états, rinviando i lettori al colloquio Discours et enjeux misme apparent et subversion radicale. J. P. CAVAILLÉ de la Vanité en Europe, de la Contre-Réforme à l’aube si sofferma sull’impostura politica delle religioni e la des Lumières (Metz, giugno 1999), che ne costituisce il saggezza libertina, S. GOUVERNEUR studia La Mothe punto di partenza. Le Vayer e Samuel Sorbière, S. GIOCANTI analizza il Il primo gruppo di quattro articoli – raggruppati sotto rapporto fra il libertinaggio politico e lo scetticismo, il titolo Défi nir une absence – tenta di esplorare alcune va- Fr. GABRIEL confronta libertinaggio e gallicanesimo, riazioni della nozione: M. SÈVE ritorna sugli atteggiamenti A. MCKENNA e E. MÉCHOULAN si orientano su Pascal, antichi sulla vanitas, B. TEYSSANDIER si sofferma sugli sci- G. PAGANINI su Spinoza, G. ARTIGAS-MENANT sui ma- volamenti semantici del termine di vanitas in età classica, noscritti fi losofi ci clandestini, J. DAGEN su Fontenelle. D. RUSSEL affronta la vanitas pittorica come “illustrazione Sei articoli, in cui prevale la dimensione letteraria, di un testo assente”, R. DEKONINK esamina lo statuto in- sono inseriti nella seconda parte, intitolata Modalités certo della rappresentazione della vanitas nei Baesi Bassi, et effets de l’art d’écrire libertin: d’un genre à l’autre, tra Sei e Settecento. d’un siècle à l’autre. I. MOREAU ritorna, da un punto Il secondo gruppo – cinque articoli sotto il titolo ge- di vista diverso, su La Mothe Le Vayer, M. JEANNERET nerale Vanité et Société – è destinato alla messa in con-

sf150_interni 596 23-02-2007, 16:49:55 Seicento 597

testo della vanitas nella storia: R. G. GUÉRIN si sofferma su Endimione (soprattutto quello di Gombauld), Les sul possibile rapporto fra oroscopi e vanità; Fr. GREI- songes des hommes éveillez di Brosse, Athalie di Racine NER analizza la vanitas al tempo dell’umanesimo devoto (inseriti con il sottotitolo di Expérience); il Moyse sauvé (François de Sales, Jean-Pierre Camus, Yves de Paris); di Saint-Amant, una serie di testi raccolti sotto l’indica- E. DUBOIS percorre la vanitas attraverso i sermoni se- zione di Parnasse intérieur, a cui segue un’altra lista che centeschi; D. COURSE si sofferma sulla legislazione e in culmina nel Songe de Vaux di La Fontaine (inseriti con particolare sulle “lois somptuaires”; E. PICAVET analiz- il sottotitolo di Invention). Alla conclusione (Archives za la vanitas in Pascal, Bossuet e Fénelon. du rêve) seguono una ricchissima bibliografi a e due in- Il terzo gruppo comprende cinque articoli sotto dici dei nomi propri e delle nozioni. il titolo di Spectacles de la Vanité: Cl. Fr. BRUNON si Le note, numerose, sono a loro volta ricche di sug- sofferma sul rapporto Principe/Morte (“Sic transit gerimenti e di rinvii ad altri testi, e contribuiscono a gloria mundi”); E. HÉNIN ricerca la vanitas nel teatro rendere particolarmente utile e interessante la lettura (e nelle pittura) del XVII secolo; C. BOURDIEU WEISS del volume. si concentra sulle vanités nella Lorena del XVII se- [DANIELA DALLA VALLE] colo; Fr. QUIVIGER analizza la vanitas nella pittura di Juan Sanchez Cotán e J. TOMICKA suggerisce piste di lettura nell’analisi del paesaggio “en Vanité” nell’arte FRANÇOIS BÉROALDE DE VERVILLE, Le Moyen de par- grafi ca europea. venir, tome I Transcription avec présentation, notes et L’ultimo gruppo raccoglie otto articoli sotto il titolo index par H. MOREAU et A. TOURNON, avec la collabo- di Rhétorique et poétique: N° CERNOGORA analizza la ration de J. L. RISTORI, Paris, Champion, 2004, pp. 496; scrittura della vanitas nei poeti francesi dell’autunno tome II Fac simile édité par H. MOREAU et A. TOURNON del Rinascimento; Il. ZINGUER si occupa invece del Pa- avec la collaboration de J. L. RISTORI, Présentation d’A. lais des Curieux di Béroalde de Verville e dell’Essay des TOURNON, Paris, Champion, 2004, pp. 322. Merveilles de nature di Etienne Binet; M. Cl. CHATE- LAIN sceglie come campo d’analisi la lettura della favola «Oeuvre contenant la raison de tout ce qui a été, est antica della vanitas nel XVII secolo; E. KELLER-RAHBÉ et sera; avec démonstrations certaines et nécessaires, si confronta con la vanitas nella creazione romanzesca selon la rencontre des effets de Vertu»: così François della seconda metà del XVII secolo; H. MICHON passa Béroalde de Verville presenta il suo libro Le Moyen de da Pascal a La Rochefoucauld; B. GUION va alla ricerca parvenir, ripubblicato da H. Moreau e A. Tournon, delle vanités agostiniane; infi ne le due ultime conferen- vent’anni dopo la prima edizione da loro stessi curata. ze si spostano in epoca moderna, affrontando la vani- Un breve hors texte iniziale serve da presentazione a tas in Valéry (R. RHYNE) e nella poesia contemporanea questa singolare opera di Verville, pubblicata anonima (L. VERDIER). ed attribuita al fi glio del teologo calvinista Beroaldus [DANIELA DALLA VALLE] solo in epoca moderna. Si tratta, come è risaputo, di un fl usso verbale sconcertante in cui riso, fi losofi a e delirio si fondono a meraviglia; un’opera originale e scanda- FLORENCE DUMORA, L’œuvre nocturne. Songe et re- losa che i curatori ripropongono con ortografi a mo- présentation au XVIIe siècle, Paris, Champion, 2005, dernizzata e con un ricco apparato di note esplicative, pp. 583 varianti delle differenti edizioni ed approfondite note intertestuali con riferimenti alle altre opere di Verville, Il volume rielabora una tesi, elaborata sotto la dire- curate da J. L. Ristori. zione di Louis Marin e sostenuta sotto quella di Gisèle Una breve biografi a di Verville, una bibliografi a de- Mathieu-Castellani. L’argomento è ambizioso, e l’ana- gli studi fondamentali dedicati al Moyen de parvenir, lisi è acuta e brillante: si tratta di studiare il “songe” nel un repertorio tematico, un indice dei nomi ed un re- Seicento francese, dove questo termine – così diffuso pertorio alfabetico dei titoli e delle numerose sezioni – tende spesso a ricordare il “rêve” contemporaneo. in cui Verville suddivide il suo trattato completano il L’autrice si propone – dichiarandolo fi n dall’intro- primo tomo. duzione – di mettere in rapporto e in tensione due Nel secondo volume i curatori riproducono il fac- elementi diversi, due massime: una europea – la “vita simile dell’edizione del libro di Verville in 617 pagi- è sogno” –, l’altra francese – “penso, dunque sono”. ne, pubblicata in forma anonima senza luogo né data. L’evocazione e il rinvio alla cultura europea – Shake- Anche in questo caso, si tratta di una seconda pub- speare, Lope, Cervantes, Calderón, Quevedo, evocati blicazione dopo quella del 1984, ormai introvabile, nell’introduzione (e altri autori potrebbero essere evo- edita dal Servizio di pubblicazione dell’Università di cati) – sarebbero stati estremamente utili; tuttavia que- Provenza e destinata agli specialisti ed agli studiosi di sta presenza è molto limitata, poiché il lavoro tende ad questo originale scrittore a cavallo fra il Cinquecento accentuare i tratti caratteristici della cultura francese ed il Seicento. secentesca in questo campo, limitando i confronti con [MONICA PAVESIO] le altre culture barocche. Una caratteristica del volume è l’attenzione prestata dall’autrice non soltanto ai testi letterari, ma anche ai LAURA VERCIANI, Marie de l’incarnation. Esperienza testi teorici, in modo che i due termini si mescolino e mistica e scrittura di sé, Firenze, Alinea Editrice, 2004, si rispondano nel discorso generale. Il volume è sud- pp. 223. diviso in due grandi parti: la prima s’intitola Discours sur le songe. Le sens, l’expérience, l’image, dove prevale La letteratura spirituale conosce nel XVII secolo l’analisi dei testi teorici; la seconda si defi nisce Récits una straordinaria fortuna. Molti contemplativi, in pre- de songes, e affronta – come opere e autori scelti come valenza donne, sulla scia di Teresa d’Avila e Giovanni modello – il Francion e poi il Berger extravagant e La della Croce, narrano la propria vita interiore con la Solitude di Charles Sorel, L’Oraison funèbre d’Anne pratica dell’autobiografi a, una forma di scrittura poco de Gonzague di Bossuet, Polyeucte di Corneille (in- in voga nel Seicento. seriti con il sottotitolo di Interprétation); alcuni testi Fra le numerose scrittrici mistiche francesi del XVII

sf150_interni 597 23-02-2007, 16:49:55 598 Rassegna bibliografi ca

secolo, Laura Verciani ha dedicato uno studio appro- ni di Christophe Dupuy e dei suoi fratelli rispetto ai fondito agli scritti di Marie de L’Incarnation, l’orsoli- burrascosi avvenimenti che scuotono la Francia. Essi si na fondatrice nel 1639 della prima missione femminile preoccupano della stabilità dello Stato e attraverso i lo- a Québec, che, a differenza di Teresa d’Avila, è stata ro lavori di erudizione intendono contribuire all’affer- fi no ad oggi, unicamente oggetto di saggi teologici e marsi della monarchia. La passione che i Dupuy han- dottrinali. no per i libri si intreccia con la politica quando, come L’autrice prende in esame il complesso degli scritti appare dalle lettere di Christophe, i suoi fratelli, legati autobiografi ci di Marie, composti da due relazioni spi- a Retz, acquistano dei libri appartenenti alla biblioteca rituali del 1633 e del 1654 e da una fi tta corrisponden- del cardinal Mazzarino. za con laici e religiosi, che copre il lungo lasso di tempo Le note che accompagnano ciascuna lettera forni- compreso fra il 1626 ed il 1672. scono puntuali indicazioni sulla vita politica e culturale Il rapporto con il fi glio Claude, che Marie abban- degli anni in questione. donò undicenne per entrare in convento, la questione Ridotta all’essenziale la bibliografi a. dell’identità e la rievocazione del vissuto spirituale sono i tre nodi problematici attorno ai quali si articola la scrit- [ANTONELLA AMATUZZI] tura mistica dell’orsolina, sui quali si è soffermata l’anali di Laura Verciani. Un paragrafo è dedicato al linguaggio particolare utilizzato per narrare l’esperienza mistica, SYLVIA P. VANCE, The Memoirs of the Cardinal de un’appendice alle correzioni apportate ai testi materni Retz, Tübingen, Gunter Narr Verlag (Biblio17, 158), dal fi glio Claude, primo editore delle opere di Marie. 2005, pp. 343. Una dettagliata bibliografi a conclude il volume. Questo lavoro intende analizzare come nelle Memorie di [MONICA PAVESIO] Retz, redatte venticinque anni dopo gli avvenimenti della Fronda, letteratura e storia si incrocino e come la ricostru- zione a posteriori che il cardinale fa della storia attraverso i JEAN ROHOU, Le Classicisme (1660-1700), Collec- procedimenti narrativi adottati, sia analoga alla rappresen- tion «Didact français», Rennes, Presses Universitaires, tazione che egli vuole dare di sé. 2004, pp. 164. In particolare, basandosi sugli studi di Genette ri- guardanti la relazione tra il tempo cronologico (serie Una prima edizione di questo utile manuale di J. degli avvenimenti, ‘histoire’) e lo spazio testuale (‘ré- Rohou, destinato agli studenti del primo ciclo di studi cit’), l’a. individua nel testo quattro sezioni in cui il letterari, è uscita nel 1996, nella collezione “Les Fon- ritmo è rallentato e lo spazio narrativo dilatato: - l’epi- damentaux” dell’Edizioni Hachette. sodio delle barricate (26-27 agosto 1648) studiato nei Le Presses Universitaires de Rennes hanno deciso capitoli 1-2; - il blocco di Parigi (9-10-11 gennaio 1649) di ripubblicare otto anni dopo questo interessante vo- e gli eventi che portarono alla pace di Rueil (febbraio- lume sul Classicismo che non descrive gli autori e le marzo 1649) che sono trattati nei capitoli 3-4 e 5; - l’op- opere, ma propone una visione globale dei principi di posizione di Gondi a Condé (6 luglio-22 agosto 1651) un’epoca letteraria eccezionale. di cui è questione nei capitoli 6 e 7. Dopo una prima defi nizione del periodo classico e Esaminando questi passaggi raccontati “al rallenta- del termine “classicismo”, l’autore ne rintraccia i mo- tore” si osserva come metafore, metonimie, sineddo- delli, la genesi, le motivazioni e l’evoluzione durante che e ironia sono usate per trattare sia temi storici sia il regno di Luigi XIV. Dedica poi un lungo capitolo questioni più strettamente personali lasciando così tra- all’antropologia classica, ossia alla visione pessimista sparire la grande complessità della scrittura di Retz. di un uomo egocentrico che cerca in vano di colmare Il libro è completato da due appendici (divisione la propria avidità, ed espone le ragioni di questo pes- delle Memorie secondo il ritmo narrativo ed un esem- simismo, che si rifl ette in un’estetica di regolarità e di pio di analisi effettuata su un passaggio) e da una bi- elegante nobiltà. Studia infi ne i principi classici appli- bliografi a esaustiva. cati ai principali generi letterari: teatro, poesia e prosa, [ANTONELLA AMATUZZI] precisandone la poetica. I principali volumi dedicati alla storia letteraria del XVII secolo e al classicismo, le antologie e gli scritti La collection Ad usum Delphini, vol. II, sous la di- teorici sono raccolti in un’essenziale, ma utile biblio- rection de Martine FURNO, Grenoble, ELLUG, Uni- grafi a conclusiva. versité Stendhal, 2005, pp. 532. [MONICA PAVESIO] Dopo il primo volume – La collection ad usum Del- Humanisme et politique. Lettres romaines de Chri- phini. L’Antiquité au miroir du Grand Siècle, curato stophe Dupuy à ses frères (1650-1654) Volume III, da Catherine Volpilhac-Auger, consacrato alla colle- Editées avec introduction et notes par Kathryn Willis zione nel suo insieme, alla sua elaborazione e ai suoi WOLFE et Phillip J. WOLFE, Tübingen, Gunter Narr aspetti bibliofi li e pedagogici, pubblicato nella stessa Verlag (Biblio17, 160), 2005, pp. XI + 162. collezione nel 2000 – esce ora il secondo e ultimo vo- lume, dedicato alle ricerche svolte dalla ricca équipe Si segnala la pubblicazione del terzo volume della che ha collaborato al lavoro, sugli autori latini pubbli- corrispondenza da Roma di Christophe Dupuy (per i cati nella collezione. Si tratta di 39 autori, la cui no- precedenti cf. questi “Studi”, n. 99, p. 515 e n. 125, tice comprende – regolarmente – un’indicazione del- p. 338) comprendente ottantadue lettere conservate l’edizione Ad usum Delphini, elementi biografi ci sul alla Bibliothèque Nationale de France (Fonds Dupuy, commentatore, la descrizione del posto dell’edizione ms. 732) che ricoprono il periodo dal gennaio 1650 al Ad usum Delphini nella storia del testo latino, la de- gennaio 1654. scrizione completa dell’edizione studiata, uno studio Il loro contenuto è degno di grande interesse: trat- analitico e un bilancio conclusivo sull’edizione stessa. tandosi degli anni della Fronda si scoprono le reazio- Gli autori vanno da Sallustio (uscito nel 1674) ad Au-

sf150_interni 598 23-02-2007, 16:49:56 Settecento 599

sonio (l’unico uscito nel XVIII secolo, nel 1729). Fra MADAME DE VILLEDIEU, Les Galanteries grenadines, gli autori pubblicati in questa collezione e analizza- éd. E. KELLER-RAHBÉ, Saint-Etienne, Publications de ti, ricordiamo Terenzio, Virgilio, Cesare, Tito Livio, l’Université de Saint-Etienne, 2006, pp. 222. Tacito, Cicerone, Catullo, Ovidio, Orazio, ma anche Apuleio, Giustino, Boezio. Viene ripubblicato, per la prima volta in epoca mo- Il volume apre un’interessante prospettiva su un set- derna, il romanzo incompiuto di Madame de Villedieu, tore della cultura nel tardo Seicento. uscito per la prima volta nel 1673. Il testo è preceduto da un’introduzione (circa 50 pagine), che fa il pun- [DANIELA DALLA VALLE] to sull’autrice e sull’argomento granadino, oltre che sull’opera stessa. La bibliografi a con cui si conclude l’introduzione è abbastanza vasta, anche se mancano ANNE DE LA ROCHE-GUILHEM, Histoire des favorites, alcuni testi italiani (S. MUNARI, Il mito di Granada nel éd. Els HÖHNER, Saint-Etienne, Publications de l’Uni- Seicento, 2002) e gli atti del convegno L’écho de la pri- versité de Saint-Etienne, 2005, pp. 410. se de Grenade dans la culture européenne aux XVIe et XVIIe siècles (pubblicati a Tunisi nel 1994), dove mol- Edizione modernizzata della “nouvelle historique”, te pagine erano consacrate proprio a Madame de Ville- pubblicata per la prima volta nel 1697. Un’introdu- dieu e alla sua opera. zione (trenta pagine) presenta l’autrice, le sue opere e Il testo è poi corredato da una buona annotazione e soprattutto l’opera principale, l’Histoire des favorites, da una serie di Annexes. non più ristampata dopo la fi ne del Settecento, soffer- Come già affermato a proposito della riedizione mandosi anche sul problema delle fonti. Il testo è poi della “nouvelle” Histoire des favorites di Anne de La parcamente annotato e corredato da una breve biblio- Roche-Guilhem, l’iniziativa dell’Université de Saint- grafi a e da un glossario. Etienne di ripubblicare in forme accessibili dei testi Non si può che apprezzare la pubblicazione moderna di narrativi della fi ne del Seicento è altamente apprezza- testi narrativi importanti, da troppo tempo dimenticati. bile, per tutti coloro che si occupano della narrativa francese in tutte le sue forme. [DANIELA DALLA VALLE] [DANIELA DALLA VALLE]

Settecento a cura di Franco Piva e Paola Sosso

PIERRE M. CONLON, Le siècle des Lumières. Biblio- ginie, opera destinata ad uno straordinario successo), graphie chronologique. Tome XXIII (1788), Genève, ma più intensa appare l’attività di traduzione: dall’in- Droz, 2005 («Histoire des idées et critique littéraire», glese naturalmente da cui proviene di tutto (romanzi 419), pp. XXVII + 457. per lo più, tradotti subito dopo la loro comparsa, tal- volta addirittura in due versioni distinte, senza tuttavia La prima rifl essione che il lettore fa scorrendo que- escludere opere di natura scientifi ca), ma anche dalla sto volume della Bibliographie chronologique du siècle Germania, nei riguardi della quale l’attenzione dei des lumières riguarda l’enorme mole di titoli che esso Francesi si fa anzi sempre più attiva. raccoglie: oltre 4000 per un solo anno, segno evidente Molto più vivo è, tuttavia, il dibattito ideologico e po- non solo della buona salute dell’editoria francese ma litico in corso, per la verità già da alcuni anni. Per quanto anche della vivacità di una cultura che, pur essendo riguarda il primo è da registrare il crescente interesse che ormai prossima alla fi ne (o forse proprio per questo) i Francesi dimostrano per Rousseau, oggetto di un’ammi- trova modo di esprimersi nelle forme più diverse: da razione sempre più convinta, e per la sua opera, analizzata quelle più tradizionali a quelle più moderne. Ampio con sempre maggiore interesse ed attenzione, a scapito spazio continua ad avere l’editoria legata alla reli- di Voltaire la cui fama tende invece a declinare, e la cui gione che, nonostante l’azione di sape condotta dai opera suscita sempre più critiche. Per quanto riguarda philosophes, continua a coinvolgere la maggior parte la situazione politica, ciò che in questo anno provoca le dei Francesi e a suscitare il loro interesse: libri di de- maggiori reazioni è il tentativo, posto in atto da Lomenie vozione, traduzioni, opere di divulgazione, ma anche de Brienne, di riformare il sistema giudiziario francese, di teologia e di polemica. Particolarmente violenta da un lato, per cercare di renderlo più snello ed effi cien- quella suscitata dalla decisione, presa dal re l’anno te, dall’altro per togliere ai vari Parlamenti quel potere precedente, di reintegrare i Protestanti nella società politico che essi avevano acquisito nel tempo, e che im- civile: accanto al favore di alcuni, queste disposizioni pediva, di fatto, di apportare all’ordinamento politico ed incontrarono la forte reazione di altri, dando luogo ad amministrativo quelle riforme di cui esso aveva bisogno un dibattito molto intenso e a prese di posizione spes- per uscire dalla crisi in cui lo Stato francese stava via via so molto aspre. Anche la letteratura continua ad essere sprofondando. Di fronte alla resistenza opposta da alcu- presente, pur se con una spinta creativa meno intensa: ni Parlamenti, il re ricorse anche alla forza, ma alla fi ne Non mancano naturalmente le opere originali (questo dovette cedere, anticipando la convocazione degli Stati è, tra l’altro, l’anno della prima edizione di Paul et Vir- generali, inizialmente prevista per il 1792, per tentare di

sf150_interni 599 23-02-2007, 16:49:56 600 Rassegna bibliografi ca

risolvere almeno l’altro grosso problema dello Stato fran- que la réception de Racine fut dès son vivant scénique cese: quello della grave crisi fi nanziaria in cui si trovava et émotive, que c’est au XVIIIe siècle que son théâtre senza inasprire ulteriormente le tasse e i balzelli di cui era obtint le succès éditorial et lectoral; mais encore, que già gravato il terzo stato, la cui vita era sempre più diffi ci- Racine avait joué sur cette double réception. Jonathan le, anche a causa delle condizioni climatiche non proprio MALLINSON (Des rires et des pleurs: Racine, Molière et favorevoli che avevano aggravato una situazione econo- la réception de la tragédie, pp. 84-99) compare des scè- mica già precaria. nes de Britannicus et de L’Avare pour démontrer que Il quadro che emerge dai titoli raccolti in questo le tragique et le comique peuvent se trouver fort près volume è quello di un Paese che, all’apparenza viva- l’un de l’autre. David MASKELL (Poésie et grammaire ce e vitale, si trova in realtà sull’orlo di un baratro che chez Racine: «les Remarques» de l’abbé d’Olivet, pp. lo porterà ad una svolta radicale, alla quale tuttavia il 100-106) examine les remarques de l’abbé d’Olivet sur Paese si incammina senza averne, nella maggior parte le style racinien lequel suscita d’assez vives critiques dei casi, coscienza. Un quadro che il meticoloso lavoro chez ses contemporains. Edward NYE (Eighteenth-cen- di P.M. Conlon, cui non può non andare la gratitudine tury views of Racinian«harmonie poétique», pp. 107- di quanti, per un verso o per un altro, s’interessano al 115) s’intéresse à «l’harmonie poétique» de Racine, Settecento, consente di visitare in ogni suo più recon- surtout, à «l’harmonie imitative» (iconic versifi cation) dito aspetto sulla scorta di informazioni precise e facil- appréciée par Marmontel et Du Marsais. La troisième mente riscontrabili, essendo ogni titolo accompagnato partie («Métamorphoses créatrices») élargit la problé- dall’indicazione della biblioteca in cui si può trovare. matique sur les autres écrivains. David WILLIAMS (Vol- taire et le tragique racinien, pp. 121-132) considère les [FRANCO PIVA] diverses faces de la vénération vouée par Voltaire au théâtre de Racine, insistant sur les raisons de ses pré- férences. Nicholas CRONK («L’Iphigénie» de Saint-Foix La Réception de Racine à l’âge classique: de la scène et l’esthétique du tableau: réécrire Racine en 1769, pp. au monument. Études présentées par Nicholas CRONK 133-144) fait une ample présentation (avec le texte et Alain VIALA, Oxford, Voltaire Foundation, 2005 en appendice) de la célèbre réécriture des dernières («SVEC 2005: 08»), pp. 245. scènes d’Iphigénie par Saint-Foix; conformément à l’esthétique théâtrale de l’époque, le sacrifi ce de l’hé- La «réception» permet mieux que tout autre pro- roïne fut représenté en tableau. Russell GOULBOURNE blème de mesurer la présence et la fortune d’une (Remembering and dismembering Racine in the eigh- grande œuvre littéraire. La notion même de réception teenth century, pp. 145-169), examine les textes de La se trouve ici élargie afi n d’embrasser aussi les divers Harpe, Diderot, Fénelon et Du Cerceau afi n de tracer aspects de l’art dramatique chez Racine: lecture, com- l’origine du mythe de Racine au XVIIIe siècle, celui du mentaire, mais encore, représentation, enseignement poète à lire. La quatrième partie («De l’âge classique à et édition. L’ouvrage se compose de quatre parties. la seconde modernité») étend la réception de Racine La première («Les espaces de la réception de Racine jusqu’aux temps modernes. François LAGARDE (La va- à l’âge classique») présente comment Racine devint un leur et l’effet de nature: réceptions de Racine après la auteur «classique» de la littérature française moderne Révolution, pp. 175-189) réfl échit sur deux types de e dès la fi n du XVII siècle. Junga SHIN (La construction réception de Racine: la «réception idéologique» et la d’un ‘Racine classique’ au dix-huitième siècle: ambiva- « réception mimétique». Kate E. TUNSTALL (Racine in lences des images, pp. 5-19) présente les trois images 1769 and 1910, or Racine «à l’usage de ceux qui voient», de Racine qui se sont formées au XVIIIe siècle: pein- pp. 190-205) juxtapose deux adaptations de Racine: tre de la passion, auteur de tragédies et poète chrétien. celle d’Iphigénie faite par Saint-Foix et celle, fi lmique, «Racine classique» est loin d’être univoque. Michèle d’Athalie: dans les deux cas, la transformation des pa- ROSSELLINI (Aux origines du classique scolaire: la lecture roles en spectacle, donne une version inattendue de poétique de Racine par l’abbé Batteux, pp. 20-34) sai- Racine, située entre la tragédie, le drame et le mélo- sit le moment où les auteurs français furent introduits drame. Henry PHILLIPS (Racine: perspectives critiques et dans l’enseignement: le manuel de l’abbé Batteux illus- dramaturgiques, pp. 206-219) passe en revue et carac- tre la manipulation exercée sur les tragédies de Racine, térise les diverses recherches sur l’œuvre racinienne, qui est à la base de la consécration du dramaturge en dans la perspective du Tricentenaire de 1999. Le volu- poète lyrique. Fanny MALTERRE et Alain VIALA (Racine me est clos par l’article de Bruno BLANCKEMAN(Festival à la Comédie-Française: tendances majeures, pp. 35-38) d’Avignon 1998: présence de Jean Racine, pp. 220-226) répertorient les représentations des tragédies racinien- qui évoque les représentations des tragédies de Racine nes de 1680 à 1790; ils y distinguent une ligne générale dans le programme “off” du Festival d’Avignon, pré- d’évolution et effectuent un classement des pièces se- sence qui, en défi nitive, s’est soldée par l’échec. lon leur popularité. Dinah RIBARD (Racine sans théâtre: En guise de conclusion, il faudrait convenir avec A. le travail biographique dans les «Mémoires sur la vie de Viala que «Racine est un bel exemple, avec une belle Jean Racine», pp. 39-58) rappelle que la biographie de continuité historique jusqu’à nos jours, de réceptions Racine, retracée par son fi ls Louis et l’abbé d’Olivet, différentes, contrastées, contradictoires et polémi- donna matière à des polémiques qui furent à la source ques» (p. 81), phénomène que ce volume illustre par de toute une tradition interprétative et éditoriale de la richesse des aperçus, approches et perspectives l’œuvre racinienne. Claire CAZANAVE (Un livre monu- nouvelles. ment: l’édition Didot de 1801 des «Œuvres de Racine», [REGINA BOCHENEK FRANCZAKOWA] pp. 59-67) présente l’édition de luxe dédiée par Didot au Premier Consul: l’éditeur se met en vedette, sura- joutant à l’œuvre une signifi cation de «l’idéologie de JEAN-PAUL SERMAIN, Le conte de fées. Du classicisme la monumentalité» (p. 67). La deuxième partie («As- aux Lumières, Paris, Desjonquères, 2005, pp. 284. pects de la réception critique») aborde la probléma- tique dans son acception traditionnelle. Alain VIALA Specialista delle forme narrative di Ancien Régime, (Des confl its et des larmes, pp. 73-83) avance l’idée già editore della traduzione di Galland delle Mille et

sf150_interni 600 23-02-2007, 16:49:57 Settecento 601

une nuits, nel presente volume J.-P. Sermain si inte- Du genre libertin au XVIIIe siècle, textes réunis par ressa ai contes de fées, per la prima volta esaminati in Jean-François PERRIN et Philip STEWART, Actes du col- tutta la loro diversità e unità al tempo stesso. L’autore loque international La Littérature libertine au XVIIIe prende infatti in considerazione non solo i testi di Per- siècle: existe-t-il un genre libertin?Défi nition, typologie, rault, o i licenziosi adattamenti di Galland, ma tutti i limites chronologiques, corpus (Université Stendhal, contes quali appaiono dal 1690, loro data di nascita, Grenoble 3, 26-28 septembre 2002), Paris, Desjon- fi no al 1760, quando il genere perde molte delle sue quères, 2004, pp. 340. caratteristiche letterarie, evolvendo nella letteratura fantastica. Pur evocando successive trasformazioni, il La categoria critica di romanzo o racconto libertino testo non segue un percorso strettamente cronologico è piuttosto recente: risale all’incirca alla metà del No- o tematico. Questo al fi ne di evidenziare l’unità poetica vecento. Forse per questo, oltre che per il carattere am- di un genere quanto a signifi cati morali ed estetici, ef- biguo e multiforme della materia, il dibattito intorno fetti sul lettore, proprietà letterarie. Nella prima parte, alla defi nizione di genere libertino è stato negli ultimi «Les Ambitions des conteurs», J-P. Sermain mostra in- anni assai vivo e acceso, non privo di note polemiche. fatti come, contrariamente a quanto potrebbe pensare Il convegno internazionale tenutosi a Grenoble nel il lettore moderno, queste opere si situassero al centro settembre 2002, di cui questo volume presenta gli atti, dei grandi dibattiti letterari della loro epoca – moda- costituisce dunque un punto di riferimento fondamen- lità e ruolo della creazione, uso della razionalità e suo tale in materia. Per la prima volta i maggiori specialisti rapporto all’alterità, rapporti con il romanzo, genere dell’argomento – ventitré studiosi venuti da sei paesi in divenire. Nella seconda parte, «Le conteur et son diversi – si sono riuniti per affrontare insieme, sotto i public», l’autore spiega in che modo il pubblico sia più diversi punti di vista, le delicate questioni della na- indotto ad adottare un ruolo e, di fatto, una “morale” tura e della tipologia, dei limiti e delle suddivisioni di ben precisi, per poi passare a prendere in esame nella questo «genre nouveau consacré à l’amour sous toutes sezione fi nale - «Poétique de l’imaginaire» - il marchio ses formes», un tempo considerato du second rayon e distintivo del genere, cioè le forme e i valori del suo oggi sempre più alla ribalta. Dalle ricchissime comu- immaginario. nicazioni e dai dibattiti che le hanno accompagnate Grazie a un’analisi puntuale e interessante, J-P. Ser- sono emerse alcune conclusioni di grande importanza main ristabilisce effi cacemente il valore letterario di per gli studi futuri, prima fra tutte l’unanime accordo opere ancora oggi relegate al di fuori dei confi ni del- sull’effettiva esistenza del genere, con le sue costanti, il la letteratura perché erroneamente considerate come suo posto nelle coscienze dei lettori, la sua storia. Ne è destinate a un pubblico infantile. Paradossalmente co- specchio il signifi cativo passaggio dalla formula inter- nosciute da tutti, esse sono però da tutti ignorate nella rogativa del convegno, existe-t-il un genre libertin?, a loro versione originale, ben più complessa e audace, quella assertiva del volume, che preannuncia un dis- che veicola in modo molto moderno temi percepiti co- sertare intorno ad un nucleo comune indiscusso. Un me legati al passato poiché ripresi da fonti popolari, da accordo generale pare raggiunto sul corpus in analisi e romanzi medioevali, dal meraviglioso esotico di paesi sui suoi limiti cronologici, che corrispondono a grandi stranieri. Modernità tematiche e formali, dunque, che linee al XVIII secolo, fra Crébillon, indicato da molti caratterizzano un genere percepito come paritario ri- studiosi come un iniziatore e un modello, e la Rivolu- spetto alle altre forme narrative dell’epoca e a cui ven- zione, o tutt’al più la Restaurazione. I suoi tratti più gono attribuiti valori originali e a volte anche contesta- distintivi sono concordemente designati in una scrittu- tari a livello sociale e letterario. ra ellittica, più suggestiva che descrittiva, in sofi sticate Scritto in modo brillante e piacevole, il volume di procedure di coinvolgimento del lettore, e in una co- Sermain esamina i contes de fées da una prospettiva struzione letteraria sempre incentrata sulle arti del pia- interessante e originale, che ha il pregio di non essere cere, ma per lo più di una certa raffi natezza. limitata per autore (Perrault, Mme d’Aulnoy, o le con- Restano forse da defi nire con più precisione le frontie- teuses, la cui produzione è stata spesso analizzata da re esatte del genere, all’esterno, soprattutto sul labile con- un punto di vista prevalentemente femminista), tema fi ne con la pornografi a, ed eventualmente anche all’inter- o metodologia, ma di essere tesa a ricostruire la «rai- no, fra diversi stili o tendenze. Fin dal Settecento, infatti, son poétique, historique et anthropologique» (p. 10) è stata avanzata una distinzione fra le categorie dell’ordure di un genere che l’autore vuole inserire nel contesto e del gazé, dell’osceno e del galante, il che dovrebbe pro- letterario dell’epoca. A tal fi ne, il critico si propone di babilmente portare ad ammettere l’esistenza non di uno, reperire, attraverso «les déclarations des auteurs, leurs ma di diversi generi libertini, e tuttavia la loro distinzione choix thématiques et stylistiques, leurs rapports aux e defi nizione sistematica è impresa tutt’altro che semplice discussions contemporaines, […] quel sens a pu avoir nell’ambito del rifi uto di ogni imposizione e di ogni limite la création du conte de fées à la fi n du XVIIe siècle, ce tipica del libertinage, nonché ben lungi dall’essere univer- qu’il a représenté de neuf, de provoquant même, quels salmente approvata dai critici. types d’expériences il entendait explorer, mais aussi Proprio al più arduo dei compiti, «Défi nir», sono quels moyens spécifi ques il s’est donnés, fort différents dedicati i saggi della prima delle tre sezioni in cui si di- de ceux du roman contemporain et même des fables» vide il volume. Jean-Christophe ABRAMOVICI sceglie di (ibid.). In modo chiaro e preciso, J.-P. Sermain ci gui- risalire alle origini settecentesche della questione, ana- da dunque alla scoperta di testi da considerare non più lizzando, in Les Frontières poreuses du libertinage, le come legati solamente al folklore o all’interpretazione posizioni espresse da Pierre Bayle nell’Eclaircissement psicanalitica, ma come opere letterarie, e a quella di un sur les obscénités (1701) e da La Mettrie in L’École de la mondo dove il dettaglio può evocare il meraviglioso, volupté (1746), e concludendo per un’originaria divi- ma anche – o soprattutto – rimandare all’attualità, so- sione dei testi libertini in galants, délicats o voluptueux ciale o letteraria che sia. da una parte e obscènes o dissolus dall’altra. In linea [PAOLA PERAZZOLO] con le più moderne teorie letterarie, invece, Peter CRY- LE interpreta l’appartenenza ad un genere come un’au- torizzazione di lettura iscritta nel testo. Il suo Le sa- voir-lire libertin è dunque volto a mostrare come i testi

sf150_interni 601 23-02-2007, 16:49:58 602 Rassegna bibliografi ca

libertini si distinguano per la doppia regola di rifi utare modello paradigmatico di racconto di formazione li- ogni volgarità, ma al tempo stesso di non proclamare bertino in cinque tempi, di cui dimostra la pertinenza apertamente questo rifi uto, mantenendo una forma di fi no a Sade. Un altro archetipo narrativo, quello del ironica ambiguità. Come indica il titolo stesso, La fi n «récit de séduction» nei romanzi libertini della monda- du libertinage? di Michel DELON, si preoccupa di defi - nité, è presentato da Florence LOTTERIE (D’une loi du nire i limiti estremi, non solo cronologici, del genere, genre: les récits de séduction ou le libertinage mondain contrapponendo sistematicamente l’estetica di Crébil- comme archétype narratif). Archetipo ambivalente, lon a quella di Nerciat, Louvet e soprattutto Sade in perché se da un lato si autodefi nisce come ripetizio- merito a quattro elementi essenziali della scrittura: i ne seriale delle stesse situazioni, repertorio, biblioteca personaggi, i luoghi, i modi della narrazione e il rap- di citazioni, dall’altro deve essere sempre singolare, porto con la Storia. Inversamente, Jean GOLDZINK pro- sempre nuovo, proteiforme come il seduttore. Altri pone le sue Questions sur la naissance du récit libertin interventi seguono il ciclico ricorrere di un particola- des Lumières, dove, dopo aver distinto nettamente e re motivo che si carica di signifi cato fi no a diventare irrevocabilmente il «récit de moeurs libertin» dal «ré- emblematico della scrittura libertina. Così Dominique cit érotique ou obscène», si interessa esclusivamente HÖLZLE, con Les ambiguïtés du moment dans le roman al primo, individuandone il fondatore (Crébillon), i galant, analizza minuziosamente le diverse manifesta- tratti salienti (amore mondano, moltiplicazione rego- zioni di quella particolare disposizione dell’anima e dei lata e sistematica delle liaisons, rigorosa codifi cazione sensi chiamata moment, mostrando come queste por- della lingua), e l’equilibrio fra tradizione e innovazione tino a galla le tensioni e le contraddizioni presenti nel- nel rapporto con i romanzi e i mémoires del Seicento. l’opera di Crébillon fra sentimenti e desiderio, discorsi Philip STEWART, al contrario, si occupa delle diverse intellettualizzanti e pura sensualità fi sica, padronanza defi nizioni proposte per la letteratura pornografi ca o stilistica ed eccessi patetici; Catriona SETH, in Meubles- oscena. In Défi nir la pornographie? egli ne cataloga di corps et corps-meubles; esamina la reifi cazione degli og- quattro tipi, a seconda che guardino all’intenzione del- getti del desiderio secondo un processo di circolazione l’autore, all’effetto prodotto sul lettore, al contenuto e alienazione dei corpi e degli oggetti che esprimereb- in quanto tale o ad una storia delle pratiche, fi nendo be i fantasmi erotici, le convinzioni materialiste e le per privilegiare quest’ultima e mostrando come, a dif- angosce metafi siche del romanzo libertino fi no a poter ferenza di quanto sostenuto da Darnton, nel Settecen- servire di metafora al genere intero; ed infi ne Patrick to librai e polizia distinguessero una categoria di libri WALD LASOWSKI, con Coup sur coup trascina il lettore osceni che oggi defi niremmo pornografi ci. Quanto a in una godibilissima cavalcata attraverso le occorrenze Jean-Pierre DUBOST, trovando troppo poco chiaro e libertine delle espressioni a base di coups, fra sorpre- distinto il concetto di letteratura libertina, che copri- se improvvise, violenze, piaceri dei sensi. Jean SGARD, rebbe un corpus troppo eterogeneo, propone di sosti- al contrario, mostra come in un unico romanzo, Le tuirlo con tre nuovi concetti presentati fi n dal titolo del Sopha, siano racchiusi, come in una vera e propria «an- suo intervento: Erotologie, érotographie, libertinage. Il tologia critica» del genere, tutti i tipi di racconto che si primo concernerebbe il discorso sulle cose del sesso, il possono ascrivere alla tradizione libertina: il racconto secondo le forme di questo discorso e il terzo l’immagi- orientale, quello di metamorfosi, quello di piaceri sem- ne prodotta da una mondanità libertina. Anche Caro- pre rinnovati, la carriera della prostituta e quella del line FISCHER sembra mal adattarsi alle terminologie già seduttore e infi ne il romanzo di satira sociale. in uso e propone la categoria di «letteratura eccitante», La terza sezione, «Corréler», si propone di defi - cioè «qui excite la libido des lecteurs», riconoscibile nire il genere libertino attraverso, l’intergenericità, per gli effetti prodotti sui loro corpi oltre che sulle loro l’altro da sé, il contatto o lo scontro con altri gene- immaginazioni. Il campo del romanzo libertino sareb- ri, altri sguardi vicini eppur diversi. In Libertinage et be delimitato per lei, in maniera quasi matematica, fra Mémoires secrets Christophe CAVE ha recensito quali i due assi della portata fi losofi ca e della carica eccitante defi nizioni danno di libertin e libertinage i Mémoires (Littérature excitante et roman libertin). Infi ne Valérie secrets attribuiti a Bachaumont, quali opere recensisco- VAN CRUGTEN-ANDRÉ in Le Roman du libertinage au no e in che modo e quali invece passano sotto silenzio. tournant des Lumières riprende la sua defi nizione – già Ne ricava un corpus relativamente ristretto e tenden- enunciata nella sua tesi del 1997 – di roman du liberti- zialmente bipartito fra opere à la manière de Crébillon nage, a suo dire più vasta e duttile di quella di roman e opere sulla scia del Portier des Chartreux, dunque libertin, e ne segue le evoluzioni storiche, tematiche e in qualche modo fra il galante e l’erotico, nonché la formali negli anni fra il 1782 e il 1815. constatazione che, negli ultimi anni del Settecento, le La seconda sezione, «Modéliser», risponde al ten- infl uenze fra letteratura e società sono reciproche e tativo di individuare all’interno del corpus riconosciu- incrociate. Ai romanzi apertamente moraleggianti dei to per libertino dei modelli, dei topoi, che potrebbero Toussaint, Lesbros de la Versane, Baculard d’Arnaud, rivelarsi distintivi del genere. Collection et oralité: de Gérard, esatto contraltare del romanzo libertino, di cui la réfl exion sur la peinture au roman libertin, di René spesso riprendono gli schemi, rovesciandoli, si è volto DÉMORIS mutua felicemente dalle riflessioni classiche Henri COULET (Oeuvres en miroir: roman libertin et ro- sulla pittura i concetti di gusto e di collezione per ap- man moral) dimostrando che, se non ci fossero, anche plicarli ai fenomeni della lista e della circolazione de- il romanzo libertino perderebbe forza fi no a scompari- gli oggetti del desiderio nel romanzo libertino. Questo re. I due generi, infatti, sono il prodotto e le due facce rappresenterebbe dunque le donne come oggetti d’ar- di una società retta da un ordine morale politico e reli- te, laddove, inversamente, il collezionista d’arte tratta i gioso e armata di un organo di censura attivo ed effi ca- quadri come oggetti d’amore. Pierre HARTMANN, in Na- ce. In modo analogo e contrario Jean-François PERRIN, ture, exemple, éducation: les paradigmes du récit liber- con L’Aliénation dans l’équivoque: licence et obscénité tin, interroga l’articolazione fra piano fi losofi co e piano littéraires selon Rousseau, nota come il corpus di ope- narrativo nell’incontro fra i temi contradditori e tipica- re che oggi defi niamo libertine offra una provocazione mente settecenteschi della natura e dell’educazione a continua, addirittura una pietra di paragone al pensie- partire da tre opere fondatrici (L’Académie des dames, ro di Rousseau, ossessionato dall’alienazione dei segni L’école des fi lles, Vénus dans le cloître). Ne ricava un linguistici che l’uso mondano ha irrimediabilmente

sf150_interni 602 23-02-2007, 16:49:58 Settecento 603

pervertito, rendendo l’intera lingua francese passibile qque. Dans Mme Poivre’s letters to Bernardin de Saint di equivoci osceni. Benoit MELANÇON esplora un lega- Pierre: biography between the lines, (pp. 115-124) Phi- me particolare tra libertinage e romanzo epistolare ana- lip ROBINSON reconstruit une tentative apparemment lizzando i modi in cui può articolarsi, in alcuni romans manquée de séduction, de cet homme qui par delà le par lettres del tardo Settecento considerati come liber- maître de la sensibilité que connaît l’histoire littéraire, tini, il rapporto con la fi gura del «tiers inclus» – desti- laisse entrevoir l’aristocrate cynique. natario, editore fi ttizio, lettore virtuale o reale, sempre Dans une deuxième partie, consacrée au colonia- invitato alla partecipazione erotica nel senso più lette- lisme, David ADAMS (Slavery in the «Encyclopédie», rale del termine – chiedendosi poi se vi sia un rapporto pp. 127-140), tout en reconnaissant l’ambivalence necessario fra tale relazione triangolare e libertinage. d’une œuvre qui refl ète les avis partagés de l’époque Le altre comunicazioni completano la galleria di rap- sur l’esclavage, souligne comment certains articles de porti con i generi praticati nel Settecento: il petit genre Jaucourt expriment des crupules humanitaires. Peter della poesia erotica prediletta da Giorgio Baffo in Un JIMAK (Diderot and the India, pp. 151-158) trouve dans libertin à la vénitienne: Giorgio Baffo (1694-1768) di l’Hstoire des deux Indes du respect pour l’antiquité Gérard LUCIANI; le memorie autobiografi che, intrise di hindoue mêlé à une horreur fascinée devant les abus modelli letterari e al tempo stesso più variegate, più religieux, l’immolation des veuves et les souffrances complete e più accattivanti per il rapporto di continua des intouchables. Roger LITTLE (A black mayor in 1790 seduzione che cercano di instaurare col lettore, in Du France, pp. 159-173) retrace l’histoire surprenante «je» libertin di Marie-Françoise LUNA; il racconto, nel- d’un certain Louis Guizot, cousin éloigné du futur la sua dimensione più ironica e sovversiva, che rimette premier ministre et fi ls légitimé d’une esclave, qui in questione non solo ogni forma di autorità all’interno exerce brièvement les fonctions de maire dans une della narrazione, ma l’autorità stessa della narrazione, commune du Gard avant d’être guillotiné. S’inspirant in Parodie et libertinage: le cas du roman-conte di Jean des Incas, John RENWICK (Philosophy into counter-revo- MAINIL ; e ancora il teatro in Les Masques du séducteur: lutionnaries? The case of Jean-François Marmontel, pp. la carrière du libertin dans le théâtre du XVIIIe siècle di 175-192) montre comment l’hostilité de Marmontel à Pierre SAINT-AMAND, che vede nella scena un disposi- l’égard de la Révolution, loin d’être une trahison, ré- tivo dove si riproducono, enfatizzandosi, i comporta- vèle la fi délité à son idéal d’une monarchie paternaliste menti istrionici del frivolo petit-maître e del diabolico qui lui semble incarner l’esprit des Lumières. roué già messi in scena dalla produzione romanzesca. Au début d’un troisième groupe d’études, consa- crées à Voltaire, Theodore E. D. BRAUN («Micromé- [VALENTINA PONZETTO] gas»: Voltaire’s interstellar conte, a model for the fu- ture, pp. 195-210) relève dans ce premier conte encore imparfait de Voltaire les thèmes et les techniques qui The enterprise of Enlightenment. A tribute to David se retrouveront dans la maturité de Voltaire conteur. Wlliams from his friends. Edited by Terry PRATT and David COWARD (Le conte voltairien d’après la «Corres- David MCCALLN, Oxford, Peter Lang, 2004, pp. 400. pondance», pp. 211-223) souligne l’importance pour Voltaire des Mille et une nuits, de Rabelais, d’Esope et Conçu pour saluer la retraite d’un des dix-huitié- surtout de l’Arioste. Nicholas CRONK (Public and pri- mistes les plus respectés de la Grande Bretagne, ce vate poetry: the problem of Voltaire’s «L’Anti-Giton», volume réunit une belle vingtaine d’études groupées pp. 225-243) notant les problèmes posés à l’éditeur autour des principales préoccupations de son destina- par ce poème existant dans deux versions rédigées à taire. Des quatre parties dont il est composé, la pre- vingt ans de distance, dont la première est un jeu d’es- mière s’occupe de la critique littéraire. Michael CARDY prit pour un public limité et la deuxième une satire fé- (The abbé Du Bos reads Addison in «The Spectator», roce, montre l’importance de l’œuvre dans l’évolution pp. 19-32) examine l’usage que du critique anglais fait de Voltaire poète. Simon DAVIES (Voltaire’s les «Lois cet esthéticien toujours insuffi samment connu, surtout de Minos»: text and context, pp. 245-264) examine le dans le débat sur l’opéra et la Querelle des Anciens thème et l’arrère-fond historique de cette pièce, trace et des Modernes. Cecil COURTNRY (Variations on the des parallèles avec la situation de la Pologne et réfl échit theme: “Il faut cultiver notre jardin” in the writings of sur un art théâtral destiné à la lecture autant qu’à la re- Belle de Zuyle /Isabelle de Charrière, pp. 33-53) utilise présentation. J. Patrick LEE (The apocryphal Voltaire;: la célèbre maxime de Voltaire pour tracer l’évolution problems in the Voltairian canon, pp. 265-273) consi- d’une jeune révoltée contre les conventions sociales, dère le rôle des continuateurs, des pasticheurs et des qui passe par la résignation pour accéder à l’intégra- calomniateurs qui ont faussement fait attribuer à Vol- tion dans la vie quotidienne. Patrick FEIN (Crébillon’s taire des œuvres dont il n’était pas l’auteur car il était use of humour and satire in the «Egarements du cœur fl atteur de les lui voir attribuées. Christiane MERVAUD et de l’esprit», pp. 55-66) montre comment dans ce (Du «Siècle de Louis XIV» aux «Questions sur l’Ency- roman l’humour révèle l’attitiude du narrateur à clopédie»: Voltaire et l’abbé Jacques Boileau, pp. 275- l’égard des principaux personnages féminins. Robin 289) montre comment une œuvre sur les fl agellants par HOWELLS (Humiliation in Mme de Graffi gny, pp. 67- ce frère aîné du grand critique devient une source pour 82) voit dans les héroïnes constamment humiliées de Voltaire, qui en transforme la représentation ambiguë cet auteur un refl et des problèmes personnels de cette en une franche hostilité. femme et une anticipation de l’alienation romantique. Un dernier groupe d’études, plus hétérogènes, mais Sylvain MENANT (Caylus ou le rejet de la poésie, pp. 83- non moins intéresasantes, s’occupe surtout de la dissé- 93) présente un auteur en réaction contre le sentiment mination des Lumières. John DUNKLEY (Added values: inauthntique et la frigidité des vers de son époque. from Berquin to Johnson: John Bewik’s illustrations to Malcolm COOK (Philosophy and method in Bernardin «The Looking-Glass for the Mind», pp. 293-312) repro- de Saint-Pierre’s «Paul et Virginie», pp. 95-113) à l’aide duit une sélection engageante des gravures qui accom- de manuscrits inédits, situe le célèbre roman dans le pagnent la traduction anglaise de l’Amis des enfants de contexte de la philosophie bernardinienne du bon- Berquin, rehaussant l’appel aux lecteurs enfantins d’un heur, en faisant valoir sa cohérence et sa vision poéti- texte plus austère dans la traduction que dans la ver-

sf150_interni 603 23-02-2007, 16:49:59 604 Rassegna bibliografi ca

sion originale. Peter FRANCE (Teaching taste, pp. 313- evento, l’aneddoto si nasconde ovunque (memorie, 327) prend comme point de départ le paradoxe selon epistolari, trattati o romanzi); esce nel bel mezzo della lequel, au dix-huitième siècle, le goût est considéré à la lettura come da una scatola a sorpresa, effervescente e fois comme un sentiment et comme susceptible d’être gaio, rifugiandosi dopo il suo numero dietro le quinte enseigné, pour examiner comment s’y prennent les pé- per fi ssarsi nella memoria. In assenza di poetica e di dagogues français et écossais. David SMITH (Nouveaux storia dell’aneddoto drammatico, S. Chaouche tenta regards sur la brève rencontre entre Mme du Châtelet et un approccio al contempo estetico e poetico. Presenta Saint-Lambert, pp. 329-343) exploite la correspondan- gli aneddoti in ordine cronologico di pubblicazione, ce de Mme de Graffi gny pour établir sur de nouvelles optando dunque per la loro eterogeneità e lasciando al perspectives, assez malicieuses, cette fatales rencontre. lettore la possibilità di spaziare in base alla propria fan- Adrienne MASON (Rekingling «La Dispute»: rediscove- tasia. Ma puntualmente fornisce un percorso tematico, ry and cultural transfer, pp. 345-358) tout en prônant vuoi per le note con gioco di rimandi o il repertorio l’importance des études de la traduction dans l’histoire degli aneddoti in appendice (pp. 145-146). des cultures, compare deux traductions anglaises ré- centes de cette pièce et l’infl uence que’elles exercent [MARISA FERRARINI] sur la représentation de Marivaux à la scène. Haydn MASON, qui dans l’Avant –propos (pp. 13-15) avait fait l’éloge de David Williams, dans sa contribution (David Vivre libre et écrire. Anthologie des romancières de Hume: paradox and achievment, pp. 359-375) soulève la période révolutionnaire (1789-1800). Textes choisis, enfi n certains problèmes posés par les rapports de Hu- annotés et présentés par Huguette KRIEF, Oxford-Pa- me avec la France, où ce grand penseur, dont l’œuvre ris, Voltaire Foundation-PUPS (Bibliothèque Vif), est diffi cile à cerner, est plus admiré que compris. Le 2005, pp. 307. volume, qui témoigne non seulement de la cordialité des amis de David Williams mais aussi de l’étendue de Vivre libre et écrire è il titolo, felice e accattivante, son infl uence, se clôt par l’impressionnante bibliogra- sotto il quale Huguette Krief ha voluto raccogliere al- phie de ses publicatins (pp. 377-386). cuni romanzi femminili pubblicati tra il 1789 e il 1800. Le donne hanno avuto un posto di rilievo durante la [RICHARD A. FRANCIS] Rivoluzione: escluse dal potere politico, vi partecipano e vi contribuiscono con la scrittura, rischiando la vita e componendo spesso in esilio. Questo compito è stato La scène en contrechamp. Anecdotes françaises et tra- svolto non solo da quelle il cui nome è diventato famo- ditions de jeu au siècle des Lumières, textes édités par so, ma anche dalle numerosissime rimaste anonime o Sabine CHAOUCHE, Paris, Honoré Champion, 2005, sconosciute. L’A. propone una breve biografi a per tut- pp. 157. te le scrittrici i cui romanzi sono presenti nel volume e, per alcuni testi, una breve introduzione, delle note e la Applicando al teatro la tecnica del «campo-contro- bibliografi a specifi ca. Le opere riportate nell’antologia campo», tipica del linguaggio cinematografi co, la cu- che, in quanto tale, di molte accoglie solo degli estratti, riosa antologia curata da Sabine Chaouche ha il merito sono le seguenti: Anne-Marie de Beaufort d’Hautpoul, di introdurci appieno nella vita teatrale del Settecento, Zilia, roman pastoral del 1789 (pp. 47-54); Olympe de con i suoi livori e le sue simpatie, i suoi osanna e i suoi Gouges, Le prince philosophe, conte oriental del 1792 sberleffi : al punto di vista del personaggio sulla scena (pp. 55-77); dello stesso anno, Marie-Françoise Kéra- si contrappone quello dello spettatore che diventa egli lio, Les visites de Mademoiselle D* K***, (pp. 79-101); stesso attore, misconoscendo o amplifi cando gli intenti Adélaide de Souza, Adèle de Sénange ou Lettres de lord dell’autore. Ritrovando le sue radici di piazza, il teatro Sydenham del 1794 (pp. 102-124); sempre del 1794, è da intendersi come spettacolo globale. Gli aneddoti Germaine de Staël, Zulma, fragment d’un ouvrage (pp. raccolti non solo lo confermano, ma permettono di re- 125-137); due opere del 1795, Mme Booser, Triomphe lativizzare le teorie sull’arte teatrale e di confrontare, de la saine philosophie ou la vraie politique des femmes in modo ludico, regole e pratiche sceniche. Da qui la (pp. 139-148) e Caroline-Stéphanie-Félicité de Genlis, scelta di proporre in appendice l’Essai sur la tradition Les Chevaliers du Cygne ou la Cour de Charlemagne théâtrale di Cailhava de l’Estandoux (Paris, Charles- (pp. 149-181); Isabelle de Charrière, Trois femmes del Pougens, imprimeur libraire, 16 Germinal, an VI 1796 o 1798 (pp. 182-216); Anne Mérard de Saint-Just, [1798], pp. 139-144). Anche Cailhava, a fi ne secolo, Le Château noir ou les souffrances de la jeune Ophelle rileva come le tradizioni teatrali siano rimesse in cau- del 1799 (pp. 217-233); Suzanne Giroust (de Moren- sa, come le contraddizioni, gli eccessi della recitazione cy), Illyrine ou l’écueil de l’inexpérience, sempre del conducano a snaturare il teatro di Molière. Se l’attore 1799 (pp. 234-253); e infi ne due opere del 1800 Sophie vuol farsi davvero valere, deve attenersi al testo e non Cottin, Malvina (pp. 254-283) e Elisabeth Brossin de recitare in palcoscenico la propria commedia. È giunta Méré, Irma ou les malheurs d’une jeune orpheline, hi- l’ora di una teatralità ragionata, senza commistioni tra stoire indienne (pp. 284-298). Alcuni di questi romanzi chi recita e un pubblico beota che tenta di assurgere a sono stati scritti prima dell’inizio della Rivoluzione, al- ruolo di protagonista. tri durante o alla fi ne del Terrore, altri, infi ne, sotto il La stessa esigenza di razionalità emerge dagli aned- Direttorio e soprattutto sotto il Consolato. Il panorama doti estrapolati dalle Observations sur l’art du comédien che offrono è dunque molto vario per le diverse opi- di D’Hannetaire (seconda edizione del 1774) e dalle nioni politiche, per la visione e la rappresentazione più Anecdotes dramatiques di Laporte e Clément (1775), o meno tragica della realtà, per il genere letterario (ro- materiale su cui è costruito il presente lavoro. Nel Set- manzo sentimentale, romanzo sociale, romanzo nero, tecento, precisa l’A., non esiste un’opera specifi ca con- romanzo storico, romanzo epistolare, lettere, memo- sacrata alle «curiosités théâtrales» (perché di curiosità rie), non solo in relazione alla personalità delle scrittri- e amenità si tratta), come invece avverrà nell’Ottocen- ci, ma anche al momento storico in cui l’opera è stata to. Particolare curioso, insolito, raccolto a fi ne morali- composta. L’elemento in comune è la dimostrazione stico o ricreativo, intorno ad un personaggio o ad un della diffi coltà «à être femme qui écrit», «dans une

sf150_interni 604 23-02-2007, 16:49:59 Settecento 605

république comme dans une monarchie, et encore de- un mondo che a volte può sembrare distante, e che è puis la Révolution» (p. IX), come fa notare Henri Cou- invece quello stesso nel quale stava maturando quella let nella «Préface» (pp. V-X). L’«Introduction» dell’A. rivoluzione intellettuale di cui Pierre Bayle è stato, in- (pp. 1-38), illustra questa problematica e si sofferma, dubbiamente, uno dei protagonisti. in modo particolare, sulle caratteristiche del romanzo [FRANCO PIVA] femminile del periodo in questione: «soumises à une critique littéraire qui favorise une évolution du genre romanesque vers plus de vraisemblance et de psycho- CHARLES POREE, Discours sur la satire, Présentation, logie, les romancières s’enferment dans la littérature édition critique, notes et traduction inédite du latin par sensible et la représentation du couple, de la maternité Luis DOS SANTOS, avec index et bibliographie, Paris, et des passions (p. 37). Una «Chonologie» di romanzi Champion, 2005. pp. 215. pubblicati dalle donne tra il 1789 e il 1800 (pp. 39-43), permette di situare i testi scelti nel panorama editoriale Dans les mémoires de jeunesse des écrivains majeurs più ampio. Chiude il volume una breve «Bibliographie» et mineurs des Lumières, on rencontre assez souvent degli ultimi studi (dal 1991 al 2000) sulla letteratura l’éloge du normand Charles Porée (1676-1741) sans femminile del XVIII secolo. forcément savoir ce qu’il avait fait pour mériter leur vénération. En effet, il excellait dans un domaine re- [ELENA ASCHIERI] lativement négligé par les spécialistes de Lumières: la littérature néo-latine. Ce professeur de rhétorique du collège jésuite Louis-le-Grand, où il fut le maître de Correspondance de Pierre Bayle. Tome IV janvier Voltaire, est l’auteur d’un grand nombre de tragédies 1684-juillet 1684. Lettres 242-308. Publiées et pré- et de discours composés en latin, et presque totalement sentées par Elisabeth LABROUSSE et Anthony MCKEN- oubliés de nos jours. Le présent volume – qui renferme NA, Laurence BERGON, Hubert BOST, Wiep VAN BUN- aussi le tableau chronologique des principales oeuvres GEN, Edward JAMES, Anne LEROUX, Caroline VERDIER, latines du père Porée – nous apporte le texte original Oxford, Voltaire Foundation, 2005, pp. XXI+ 287. latin et la traduction francaise d’un discours au sujet de la satire, prononcé á Paris, en 1710. L’intérêt et l’origi- Presentiamo con piacere questo quarto volume del- nalité de ce discours, composé avec un savoir-faire rhé- la Correspondance de Pierre Bayle che una collaudata torique énorme, réside dans le fait que les théoriciens équipe messa in piedi e guidata da Elisabeth Labrous- de la littérature classique n’ont que très rarement con- se e da Anthony McKenna, sta pubblicando per i tipi, sacré un ouvrage entier á un genre mineur. altrettanto collaudati, della Voltaire Foundation. Dato L’étude de Luis dos Santos qui accompagne le texte il rinnovato interesse che da alcuni anni si è sviluppato fournit non seulement une biographie détaillée de son attorno al fi losofo di Rotterdam, l’idea di raccogliere in auteur, mais touche également aux questions principales un corpus, fi lologicamente sicuro e accuratamente an- concernant le discours (dont le sous-titre est: La satyre notato, la corrispondenza di Pierre Bayle è stata non doit-elle être admise dans un Etat bien policé [civitas bene solo utile ma, in qualche modo indispensabile per una morata] et, si oui, jusqu’á quel point?) Quel est le rôle du più approfondita e sicura conoscenza di un uomo, di théâtre dans l’enseignement que les collèges jésuites pro- uno scrittore e di un intellettuale che, a mano a mano posent à leurs élèves provenant de l’aristocratie et de la che gli studi avanzano e si precisano, si rivela sempre haute-bourgeoisie? Quelles sont les théories théologiques più importante. L’augurio è quindi che l’impresa pro- et anthropologiques qui déterminent la production théâ- ceda speditamente e arrivi quanto prima alla sua con- trale des jésuites? La satire peut-elle et doit-elle améliorer clusione. l’homme ou doit-on considérer avec les jansénistes les All’inizio del 1684 Pierre Bayle è ormai un nome descendants d’Adam, comme des êtres irrémédiablement noto nella République des lettres. La Lettre sur les co- déchus? Quel rôle particulier la comédie joue-t-elle dans mètes, apparsa nel 1682 e riapparsa l’anno dopo sotto la production théâtrale des jésuites? Comment se ma- il titolo, più noro, di Pensées diverses, in particolare lo nifeste le positionnement prudent de la Compagnie de ha fatto conoscere ed apprezzare in tutta Europa. La Jésus par rapport au pouvoir royal dans les oeuvres dra- rete dei suoi corrispondenti, come appare chiaramen- matiques composées et présentées au sein de l’ordre (sou- te da questo volume, è andata e va via via allargandosi vent accusé de cosmopolitisme outré)? La satire peut-elle e diversifi candosi. Per conto del suo editore, Reinier – et si oui, jusqu’á quel point – s’en prendre à ceux qui Leers, Pierre Bayle tiene i contatti con diversi scrittori, tiennent les barres de l’Etat? Comment les comédies et soprattutto olandesi. Prosegue con i fratelli dei contat- ce qu’on appelle plus généralement l’esprit satirique con- ti che, specie con l’irrequieto Joseph, non si rivelano tribuent-ils á la formation et au renforcement de l’idéal sempre facili. Soprattutto si assiste al lancio delle Nou- de “l’honnête homme”, mondain et chrétien? Le lecteur velles de la République des Lettres, il periodico con il curieux trouvera des réponses á toutes ces questions dans quale l’editore Henri Desbordes intende sostituire l’in- l’introduction volumineuse et avertie, dont la lecture lui certo Mercure savant e che Bayle concepisce sul model- donnera envie de se jeter immédiatement sur la traduc- lo del Journal des savants. Per far fronte al nuovo im- tion du discours, écrite dans un francais très élégant. pegno, al quale provvede quasi praticamente da solo, Bayle costruisce una fi tta rete di contatti con scienziati, [PETER BALATZ] fi losofi , intellettuali, scrittori de tous bords, cui chiede- re informazioni e notizie utili al suo giornale, che a ma- no a mano che i mesi passano, si impone all’attenzione MOUHY, La Paysanne parvenue, ou les Mémoires de di un pubblico sempre più ampio sia per la qualità e la la marquise de L. V.. Edition présentée, établie et an- serietà delle informazioni, che per la precisione delle notée par Henri COULET, Paris, Editions Desjonquères analisi e la correttezza dei giudizi, frutto di letture at- («Collection XVIIIe siècle»), 2005, pp. 497. tente e meticolose, anche se defatiganti. L’annotazione, abbondante e precisa, che accom- «Journaliste, correspondant littéraire, auteur de pagna le diverse lettere aiuta il lettore ad entrare in nouvelles à la main et de rapports destinés à la police,

sf150_interni 605 23-02-2007, 16:50:00 606 Rassegna bibliografi ca

historien du théâtre, informateur de Voltaire qui l’aida di essa si ricordò nel costruire la sua Pamela, e lo stes- fi nancièrement et se brouilla avec lui, poligraphe be- so Rousseau che ne riprese un episodio nella Nouvelle sogneux», autore di un certo numero di romanzi che Héloïse, a segno dell’interesse che l’opera ha suscitato al loro tempo incontrarono a volte un successo mag- tra i contemporanei e degli indubbi meriti che, al di giore di quello ottenuto da opere ora assai più famose, là degli altrettanto indubbi difetti, essa comportava, Mouhy è, oggi, uno scrittore quasi dimenticato. La cri- e comporta. tica l’ha, d’altra parte, posto, come ha fatto osservare [FRANCO PIVA] Henri Coulet, «au deuxième ou troisième rang». La Paysanne parvenue è certamente una delle sue opere più signifi cative. La sua lettura, resa possibile dalla rie- MARIVAUX, La surprise de l’amour. La seconde sur- dizione, accurata ed in grafi a moderna, che ne ha dato, prise de l’amour. Edition présentée, établie et annotée molto opportunamente, Henri Coulet, può consentire par Henri COULET, Paris, Gallimard, 2005 («Folio- al lettore non solo di farsi un’idea abbastanza precisa théâtre», 97), pp. 300. delle qualità e dei difetti dell’opera, ma anche della giu- stezza, o meno, della condanna che la critica ha, forse Con questo volume Henri Coulet prosegue nella sua un po’ troppo affrettatamente, espresso su uno scrit- impresa di presentare agli studenti ed agli appassiona- tore che, se non ha le qualità dei grandissimi, merita ti di Marivaux, del suo Marivaux (sono infatti noti a tuttavia molta più attenzione di quanto la critica gliene tutti gli studi fondamentali che gli ha via via dedicato, abbia concessa fi n dai primi anni dell’Ottocento. dalla thèse su Marivaux romancier alla magistrale edi- Un po’ per pigrizia, un po’ per la fretta con la quale zione del suo teatro per la Bibliothèque de la Pléiade) è costretto a scrivere, Mouhy non mira prima di tutto le diverse pièces del teatro di Marivaux in edizioni alla all’originalità; spesso prende spunto o ispirazione da portata (economica) di tutti, in un testo fi lologicamente opere precedenti. La cosa vale anche per la Paysanne accurato e precedute da una Introduzione che defi nisca parvenue. «La Paysanne parvenue rappelle par son titre in maniera chiara e precisa i tratti salienti delle diverse et par sa tonalité Le Paysan parvenu, par son héroïne pièces. Qui le pièces presentate sono due: la prima Sur- et par son dessein général la Vie de Marianne – osser- prise de l’amour, presentata dal quasi esordiente Ma- va Coulet –. Jeannette, comme le Jacob de Marivaux, rivaux alla Comédie Italienne nel 1722, e la seconda est née et a été élevée à la campagne, dans une famille Surprise de l’amour, presentata da un Marivaux certa- bien plus pauvre que celle de Jacob, et comme lui elle mente più cosciente dei propri mezzi, cinque anni dopo découvre le luxe, la complexité, les dangers et les res- alla Comédie Française. Nella sua «Préface» H. Coulet sources de la vie dans le monde des châteaux et de la analizza i rapporti che esistono tra le due pièces, spiega grande ville; comme Marianne, elle excite par sa sensi- le ragioni che hanno indotto Marivaux a presentare a bilité et ses qualités l’affection protectrice d’une dame cinque anni di distanza due pièces intitolate allo stesso de l’aristocratie; par son charme le désir d’un libertin modo su due teatri diversi, cosa le due pièces devono et celui d’un parvenu qui croit sa conquête facile; par all’un teatro ed all’altro, rappresentanti due tradizioni sa beauté, par sa tendresse et par sa vertu l’amour teatrali, come è noto, molto diverse; spiega il concetto, profond et fi dèle du jeune seigneur qui fi nalement fondamentale non solo per queste pièces ma per molta l’épousera». La Paysanne parvenue non è, tuttavia, una parte del teatro marivaudiano e non solo, di «surprise» semplice, e somme toute banale imitazione del Paysan ed il ruolo che essa svolge nel consentire all’individuo parvenu e della Vie de Marianne. Meno profonda di di scoprire attraverso l’amore se stesso, di riportare a Marianne, meno lucida di Jacob, Jeannette ha una sua galla quello che di sè, e non solo relativamente all’amo- personalità ben precisa, che Coulet ha posto chiara- re, era fi no allora rimasto al fondo di se stesso, in una mente in evidenza e fi nemente analizzato nella sua bel- zona di cui l’individuo deve prendre coscienza per li- la «Introduction», così come il romanzo ha, al di là de- berrasi dalle sue fobie ed essere fi nalmente se stesso; gli emprunts, una sua originalità. Il fatto è che Mouhy analizza la struttura delle due pièces per sottolineare è, malgrado i difetti ed i limiti, uno scrittore di razza. non solo la maggior maestria dell’autore della seconda «On peut prétendre que Mouhy n’a ni la profondeur Surprise, rispetto alla prima, ma anche come le strutture métaphysique de Prévost, ni l’intelligence et la sensi- delle due pièces siano, da un lato, legate alle tradizioni bilité de Marivaux, ni la perspicacité critique de Cré- dei due teatri ai quali esse erano destinate, dall’altro sia- billon, ni même l’humour de Lesage, mais l’on ne peut no funzionali alle intenzioni dell’autore; mostra infi ne pas dire qu’il n’est pas lui-même un vrai romancier, qui il ruolo, via via più preciso, che nelle due pièces svolge sait construire une œuvre, coordonner tous les élémen- la società, non tanto nel defi nire i personaggi dal pun- ts divers qui entrent dans sa composition, faire vivre de to di vista sociale, quanto nel condizionare non solo i nombreux personnages qui réagissent nécessairement loro comportamenti esteriori ma anche nel loro modo les uns sur les autres, saisir le détail concret, le geste, le di pensare e fi nanco di sentire; almeno fi n al giorno in local (l’illusion de la réalité est bien plus forte chez lui cui l’amore con la sua «surprise» non viene a rimettere que chez aucun des romanciers de son temps), mainte- tutto in discussione. Conclude il volume un utile dossier nir en suspens l’intérêt du lecteur et laisser ce lecteur che comprende anche una Bibliographie che, per essere devant le roman comme devant l’oppressant et parfois volutamente sintetica, è tuttavia, nella sua essenzialità, incompréhensible monde réel», osserva a questo pro- completa ed aggiornata. posito Coulet. Con queste premesse, il lettore può ac- [FRANCO PIVA] costarsi con fi ducia al romanzo, sicuro di non rimanere deluso, certo anzi di scoprire un’opera, ed uno scritto- re, troppo ingiustamente trascurati. La Paysanne parve- Annales de la société Jean-Jacques Rousseau, Tome nue fu del resto continuamente ristampata per tutto il 46ème, Genève, Droz, 2005, pp. 283. Settecento e ad essa guardarono non soltanto scrittori di modesto talento, come l’abbé Lambert e Gaillard de Le volume s’ouvre avec un éditorial de la rédaction la Bataille, che l’imitarono, in due loro opere, ma anche des Annales rappelant la journée du 13 juin 2005, cen- scrittori assai più importanti, e coscienti delle loro qua- tenaire de la société, journée dans laquelle trois émi- lità, quali, oltre allo stesso Marivaux, Richardson che nents spécialistes, Jean Starobinski, Alain Grosrichard

sf150_interni 606 23-02-2007, 16:50:00 Settecento 607

et Bronislaw Baczko ont commenté, d’un point de vue de ce qui semble être la première partie des Principes différent, la célèbre formule du Contrat social: “L’hom- du droit de la guerre(Jean-Jacques Rousseau: Principes me est né libre, et partout il est dans les fers”. L’article du droit de la guerre, pp. 201-280). Pourtant aucune de Jean-Patrice COURTOIS (Economie politique du spec- des pages qui le composent n’est proprement inédite: tacle dans la «Lettre à d’Alembert», pp. 13-52) part de toutes ont été publiées mais séparément. Après nous la constatation que pour Rousseau le théâtre est trois avoir présenté les termes de l’enquête menée sur les fois mimétique (mimésis aristotélicienne, mimésis du manuscrits, les auteurs proposent une édition critique ressemblant, mimésis du faux-semblant) et strictement qui rétablit la pensée de l’auteur dans son intégrité. Le lié à l’amour propre pour en arriver à quelques conclu- texte ainsi reconstitué permet avant tout de déterminer sions intéressantes: l’économie politique du théâtre en- qui sont les interlocuteurs de Rousseau: contrairement gagerait à Genève un changement radical des mœurs, à ce qu’affi rmaient les éditeurs des Œuvres complètes, parce qu’elle toucherait la manière d’utiliser le temps qui incluaient les textes sur le droit de la guerre et les libre des citoyens; le seul «bon spectacle» régulant bien fragments dans la section «Ecrits sur l’Abbé de Saint- l’économie générale de la ville est la fête civique, seule Pierre», dans l’édition proposée aucune référence évi- possibilité de représentation positive pour l’homme dente n’est faite à l’abbé de Saint-Pierre, les interlocu- civilisé. Yannick SEITE dans Rousseau: penser et faire teurs sont ici Hobbes et Grotius. En outre, l’étude des penser (pp. 53-78) se demande si l’étrangeté de Rous- manuscrits conduit Bernardi et Silvestrini à proposer seau à son siècle relève seulement de l’anti-philosophie comme date de rédaction une période qui se situe ou s’il y a aussi une dimension stylistique à cette exclu- entre 1755 et 1756, soulignant ainsi, comme Stanley sion. Si Rousseau se montre pour beaucoup d’aspects Hoffmann, la profonde autonomie de la pensée du proche des autres philosophes quant à l’art d’écrire, la genevois sur la guerre au regard des écrits de l’Abbé manière rousseauiste s’oriente vers l’alerte au lecteur: de Saint-Pierre. les paradoxes et les notes-fanal rendent en effet le lec- [PAOLA SOSSO] teur à lui-même et trasforment le texte en un espace li- bre pour leur auteur et pour son public. Jean-François PERRIN (Sacer estod: une approche des enjeux politiques RAYMOND TROUSSON, Diderot jour après jour. Chro- et théoriques dans Rousseau juge de Jean-Jacques, pp. nologie, Paris, Honoré Champion, 2006 («Les Dix-hui- 79-114) nous offre une hypothèse de lecture suivant tièmes siècles», 101), pp. 231. laquelle les Dialogues doivent être considérés comme la dernière avancée de la pensée de Rousseau dans les Ricostruire la cronologia di Diderot non è impresa domaines politiques et théoriques: l’auteur crée un facile: a differenza di Rousseau, che ha lasciato degli rapport entre la réfl exion contenue dans ce texte et scritti autobiografi ci in grado di offrire indicazioni la confi guration historique pré-révolutionnaire pour di prima mano, o di Voltaire, di cui ci è rimasta una montrer qu’à travers la fi ction du dialogue Rousseau corrispondenza mastodontica dalla quale è stato, tut- monte un dispositif d’interrogation sur la société fran- to sommato, agevole trarre le indicazioni utili alla ri- çaise de l’époque. Jean-Luc GUICHET s’interroge en- costruzione della sua cronologia, Diderot non ci ha suite sur La pratique et l’idéal de l’apprivoisement chez lasciato scritti autobiografi ci signifi cativi, e di lui ci è Rousseau (pp. 115-138): le rapport affectif de Rousseau rimasta una corrispondenza troppo parziale per essere avec les animaux y apparaît comme un moment de la di valido aiuto. Per ricostruirne una cronologia quanto recherche inquiète engagée à l’égard des fondements più possibile completa, Raymond Trousson ha quindi de toute relation entre les vivants. Sincérité et théâtra- dovuto ricorrere a testimonianze soprattutto esterne, lité (pp. 139-156) est le titre de l’intervention de Philip quelle appunto che potevano recare, per esempio. KNEE: l’auteur reconstruit la pensée de Rousseau à ce l’autobiografi a di Rousseau, che di Diderot è stato, propos en la mettant en parallèle avec la conception come è noto, amico fraterno per molti anni, e la corri- de Pascal, Descartes, Montaigne, Diderot. Laurence spondenza di Voltaire, oltre, altrettanto naturalmente, MALL part ensuite dans son analyse (Lieux de l’absence a quella di Rousseau e di altri scrittori dell’epoca. Ne et demeures de la disparition dans les «Rêveries», pp. è uscita una cronologia che se non è altrettanto com- 157-186) du texte des Rêveries pour montrer un ex- pleta di quella messa a punto a proposito di Voltaire trême paradoxe du genevois: le livre devient en effet e di Rousseau, non potrà tuttavia non riuscire di no- lieu d’exil et seule demeure possible du sujet, car l’écri- tevole utilità a quanti al direttore dell’Encyclopédie e ture a le pouvoir d’incarner en même temps le lieu de all’autore di Jacques le Fataliste si accosteranno: tanto l’absence, de l’aliénation et la parfaite liberté, le séjour per la datazione di alcune delle sue opere, quanto per idéal du moi. L’épisode des cerises est au centre de l’indicazione dei fatti più salienti della sua travagliata, l’intervention d’Aline THIERY qui se penche sur l’une e per certi aspetti ancora poco conosciuta esistenza. Un des sources des Confessions, à savoir la tradition pas- altro prezioso strumento, ad ogni modo, per accostarsi torale, et en particulier sur l’Astrée. L’autobiographie ad un uomo e ad uno scrittore certamente tra i più si- brouille en effet à plusieurs reprises la réalité: dans le gnifi cativi, anche se ancora tra i più sfuggenti, di quel cas de l’épisode cité il ne s’agit pas d’un pastiche, mais secolo dei Lumi, di cui è stato uno dei più interessanti plutôt d’une manière pour capter la bienveillance et protagonisti. pour nous faire comprendre que Jean-Jacques se défi - [FRANCO PIVA] nit par ce qu’il est et par ce qu’il souhaiterait être. Le recours au romanesque dans l’autobiographie montre encore, nous suggère l’auteur, de quelle manière le ro- MAMI FUJIWARA, Diderot et le droit d’auteur avant la manesque exprime chez Rousseau le bonheur d’exister lettre: autour de la «Lettre sur le commerce de la librai- mais il met aussi en garde le lecteur contre les méfaits rie», «Revue d’Histoire littéraire de la France», CV, 1 du monde imaginaire créé par la littérature (Sur l’inter- (2005), pp. 79-94. texte des «Confessions»: «L’Astrée» et l’épisode des ce- rises, pp. 187-200). La dernière intervention, de Bruno L’autore esamina la posizione assunta da Diderot, BERNARDI et Gabriella SILVESTRINI, nous propose pour nella Lettre sur le commerce de la librarie, ma non solo, ainsi dire un nouveau texte de Rousseau, le brouillon in merito a ciò che più tardi si chiamerà proprietà let-

sf150_interni 607 23-02-2007, 16:50:01 608 Rassegna bibliografi ca

teraria e diritto d’autore. Dopo aver ricordato su quali ANTOINE-MARIN LEMIERRE, Guillaume Tell. Tra- basi giuridiche operavano gli editori e gli stampatori gédie. Etablissement du texte, introduction et notes dell’epoca, ed aver esaminato la posizione assunta al par Renaud BRET-VITOZ. Préface de Pierre FRANTZ, riguardo da Diderot, l’autore è costretto, un po’ suo Rennes, PUR, 2005, pp. 198. malgrado, a riconoscere che Diderot è perfettamente d’accordo con gli editori dell’epoca: un’opera intellet- «Le premier Guillaume Tell – qui s’en souvient? tuale è un bene come un altro la cui proprietà passa, at- – est français. Lemierre a précédé Schiller, Sedaine traverso la cessione del manoscritto, dall’autore all’edi- et Rossini». Con queste parole della prefazione Pier- tore, il quale ne può quindi disporre a suo piacimento e re Frantz suggerisce immediatamente l’importanza del per tutto il tempo che desidera, indipendentemente dal volume, con il quale Renaud Bret-Vitoz ripropone un privilegio reale, il quale riguarda solo il diritto esclusi- testo teatrale che ebbe un grande successo nella secon- vo di stampare quell’opera per un tempo dato, che gli da metà del Settecento, per poi cadere, insieme con il editori tendono comunque a reclamare come un diritto poeta, in un ingiusto oblio. Nell’Introduzione l’autore proprio in virtù e conseguenza della proprietà che, con ripercorre la storia della pièce, la quale conobbe quat- l’acquisto del manoscritto, acquisiscono sull’opera. Al tro diverse edizioni tra il 1767 ed il 1793. Accolta con massimo Diderot arriva a riconoscere all’autore un di- freddezza nella sua prima versione, la tragedia destò ritto morale, in particolare quello di vedere rispettata grande entusiasmo a partire dalla rappresentazione l’integrità della sua opera. Diderot è comunque mol- del 1786, nella quale venne portato in scena l’episodio to più arcaico, al riguardo, di uomini come Sartine o, della prova della mela, fi no ad allora relegata dietro le soprattutto, Malesherbes che, facendo una distinzione quinte, secondo i dettami della tragediografi a classica. netta tra privilegio (temporaneo) ed opera letteraria Questa pièce segnò una tappa molto importante nel (eterna), aprono, molto più chiaramente di Diderot, la processo di trasformazione che investì l’arte dram- strada a quella che più tardi sarà chiamata la proprietà matica verso la fi ne del XVIII secolo; in particolare il letteraria e, di conseguenza, al diritto d’autore che, per successo della prova della mela sancì l’avvento di una le ragioni indicate di sopra, trascende la vita stessa del- nuova estetica, nella quale l’azione ha il sopravvento l’autore, per passare agli eredi e agli aventi diritto. sulla narrazione. A ciò si accompagna l’importanza della scenografi a (fi rmata dal grande Brunetti) e l’at- [FRANCO FIVA] tenzione alla resa del colore locale, aspetti sempre più curati dallo stesso Lemierre in ogni versione della sua pièce. La spettacolarità ed il grande impatto visivo del- BENEDETTA CRAVERI, Madame de La Ferté-Imbault le tragedie di questo autore valsero loro, da parte di La (1715-1791) et son monde, «Revue d’Histoire Litté- Harpe, la defi nizione di «tragédies faites à peindre». Il raire de la France», CV, 1(2005), pp. 95-109. soggetto di Guillaune Tell è inoltre alquanto insolito, dal momento che non mette in scena personaggi classi- L’articolo presenta un bel ritratto di Madame de La ci, bensì facendo proprio un certo gusto volteriano per Ferté-Imbault, e del mondo nel quale questa donna, il bizzarro e l’esotico, uomini di umili origini e di tradi- non celebre ma importante, visse la sua lunga vita. Ma- zioni piuttosto sconosciute ai francesi. rie-Thérèse de La Ferté-Imbault non è un personaggio Lemierre, tuttavia, non si limitò a scrivere una trage- qualunque, e non solo per il nome che porta. Prima dia di costume e di sapore pastorale, dal momento che di diventare la marchesa de La Ferté-Imbault, grazie egli, in realtà, si dimostrò un poeta politico, facendo al suo matrimonio con Philippe-Charles d’Etampes, dialogare i suoi personaggi su temi quali la libertà, la ri- marchese de La Ferté-Imbault, erede di una delle fa- bellione all’oppressione e la lotta contro il potere arbi- miglie francesi di più antico lignaggio, Marie-Thérèse trario. Indubbio il contenuto rivoluzionario di questa era stata la fi glia dell’ambiziosa Madame Geoffrin che tragedia, che sfuggì al veto della censura in quanto la non la amava e contro cui la giovane marchesa, rimasta rivolta popolare non era rivolta contro il sovrano bensì vedova all’età di ventuno anni, dovette costruire la sua contro Gessler, suo infl essibile rappresentante. A diffe- personalità. Un personalità non eccezionale, ma tale da renza del successivo Guglielmo Tell di Schiller, il quale attrarre su di lei l’ attenzione e l’ammirazione convinta agisce solo per difendere la propria famiglia, senza fi - di alcuni grandi personaggi del tempo, e che Benedetta nalità politiche o civili, quello di Lemierre è un perso- Craveri ha ricostruito con intelligenza ed eleganza, sul- naggio consapevole della portata delle proprie azioni e la base non solo dei diversi Mémoires, ancora inediti, che deliberatamente sceglie di opporsi al tiranno. lasciati dalla marchesa ma anche delle testimonianze Il cuore del volume è l’edizione critica della trage- di coloro, francesi o stranieri, che l’hanno conosciuta, dia di Lemierre, presentata nella versione del 1793 e e collocandola nel contesto del mondo all’interno del corredata di un vasto apparato di note nelle quali Bret- quale la marchesa, una volta liberatasi dalla pesante tu- Vitoz specifi ca le varianti del testo rispetto alle edizioni tela della madre, ha scelto di vivere e nel quale ha in- precedenti (1767, 1776, 1787). Il lettore può dunque trecciato le sue relazioni, attenta alla “réputation”, alla seguire con grande chiarezza l’evoluzione dell’estetica quale teneva moltissimo, ma anche a quanto quel mon- drammaturgica di Lemierre: da una pièce di impo- do, della cour oltre che della ville, poteva offrirle di più stazione inizialmente tradizionale ad un testo in cui agréable; cui la marchesa attinse tuttavia con una misu- l’azione, la gestualità e l’ambientazione assumono via ra ed un equilibrio che testimoniano di una vita in fon- via sempre maggiore importanza. Di notevole interes- do non eccezionale ma costruita sapientemente giorno se e ricchezza è però anche la parte degli Annexes. In dopo giorno, accanto e più spesso contro una madre, questo settore l’autore propone integralmente la scena ed un mondo, quello dei philosophes, di cui, forse per della mela nella versione della tragedia del 1787 ed una esperienza diretta, aveva colto tutto il pericolo che, a versione apocrifa e anonima della medesima scena, da- suo modo di vedere, esso poteva rappresentare per sé, tata 1794. Egli riporta poi la descrizione originale del- per la sua famiglia e per la stessa monarchia francese, la scenografi a di Brunetti (particolarmente elaborata di cui le toccò vedere quella fi ne che, buona profetessa, e costosa per il tempo) ed alcuni estratti dei rapporti aveva spesso predetto. del comitato di censura, redatti nel 1827-1828. La po- [FRANCO PIVA] sizione più signifi cativa è quella di La Forest, che si di-

sf150_interni 608 23-02-2007, 16:50:01 Settecento 609

chiarò propenso alla rappresentazione della tragedia di però che, nonostante Sade venga ricordato soprattut- Lemierre nell’adattamento di Pichat, mentre si oppose to per i suoi romanzi, egli dimostrò anche un grande aspramente all’eventualità di mettere in scena la mede- interesse per il teatro, interesse che si rispecchia nella sima vicenda al Théâtre de la Gaité, nella versione me- teatralità di alcuni testi narrativi, come per esempio la lodrammatica di Guîlbert de Pixerécourt, per il timore Philosophie dans le boudoir e le Cent Vingt journées de di infi ammare nuovamente l’animo popolare. Nell’alle- Sodome. Sono però due delle opere più conosciute, va- gato successivo Bret-Vitoz riporta la scena della mela le a dire Justine, ou les malheurs de la vertu e l’Histoire presente proprio nella versione di Pixerécourt, deci- de Juliette, ad essere attentamente analizzate dal critico samente più patetica ed enfatica di quella di Lemier- che, prima di trarre le sue interessanti conclusioni, si re. Chiudono questa sezione alcune notizie storiche su serve di questi testi per insistere in modo particolare Tell ed un esauriente elenco di tutte le opere, letterarie, sul ruolo della donna nella produzione letteraria del- teatrali e non, aventi per protagonista l’eroe svizzero. l’autore. Chiude il testo una ricca bibliografi a. Uffi cialmente messo in disparte per quasi due se- coli, Sade non ha mai smesso di esercitare una certa [WILMA PROGLIO] infl uenza sulla letteratura successiva, anche se la vera e propria riscoperta del Marquis avviene nel Novecento, quando vengono ritrovate e pubblicate opere come le JOHN PHILLIPS, The Marquis de Sade. A Very Short Cent Vingt journées de Sodome e Les Infortunes de la Introduction, Oxford, Oxford University Press, 2005 vertu. Dopo aver preso coscienza che le idee di Sade («Very Short Introductions», n. 124), pp. 141. non sono più pericolose di quelle che possono sorgere nella mente e nell’immaginazione di qualsiasi lettore, John Phillips si prefi gge di illustrare in maniera la critica ha infatti riconosciuto l’incontestabile mo- sintetica ed essenziale la vita, l’opera e il pensiero di dernità dell’autore di Justine, sia per quanto riguarda Donatien Alphonse François de Sade. Considerato per la scrittura sadiana, che Phillips avvicina ai testi mo- troppo tempo una sorta di fi gura demoniaca, il “Divin dernisti e post-modernisti, sia per quanto concerne il Marquis” appare in realtà come un autore dalla psi- merito del Marquis nell’aver saputo svelare pregiudizi cologia alquanto complessa e contraddittoria che non e tabù che ancora oggi si dimostrano talvolta diffi cil- può essere ricordato unicamente per l’aspetto scanda- mente affrontabili. loso e violento che traspare dalle sue opere più cono- [STEFANIA CARLI] sciute. Situandosi tra la fi ne di un’epoca e l’inizio di una nuova era, Sade rappresenta l’incertezza e la tragi- cità del suo tempo, segnato dalla Rivoluzione francese: LOUIS-SEBASTIEN MERCIER, Les Tombeaux de Vérone come osserva Phillips, egli si pone come l’unico impor- (Giulietta e Romeo). Introduzione, traduzione e note tante fi losofo di quel periodo storico particolarmente di Pierluigi LIGAS, Verona, Libreria Editrice Universi- drammatico e dimostra di essere in grado di esprimere, taria, 2005, pp. 471. anche grazie alle peculiarità che contraddistinguono i suoi testi, le proprie convinzioni sulla condizione psi- Questo ponderoso volume di Pierluigi Ligas è de- cologica ed esistenziale dell’uomo, che secondo il Mar- dicato a un dramma settecentesco di un autore poco quis è inesorabilmente vincolata agli istinti sessuali. conosciuto, solo da pochi anni riabilitato dalla critica Dopo aver brevemente presentato la vita di Sade, internazionale: Louis-Sébastien Mercier. I Tombeaux lo studioso si sofferma sulle opere composte durante de Vérone sono l’ennesima versione teatrale ispirata gli anni di prigionia alla Bastiglia, dove l’autore fu rin- dalle tragiche vicende di Romeo e Giulietta che il ge- chiuso dal 1780 sino agli inizi della Rivoluzione. Sono nio di Shakespeare ha reso immortali. In questo lavoro innanzitutto le novelle che costituiranno i Crimes de che coniuga ricerca ed erudizione, l’A. mette a frutto l’amour, una raccolta pubblicata nel 1800, a caratteriz- le sue conoscenze delle problematiche relative alla sto- zare l’attività letteraria del Marquis in questo periodo ria e alla teoria della traduzione, non disdegnando di di detenzione e ad interessare Phillips, che non sotto- affrontare coraggiosamente in prima persona la stessa valuta nemmeno la vastissima corrispondenza compo- traduzione dei Tombeaux, con l’obiettivo di «far sì che sta da Sade in questi anni, nella quale è chiaramente il lettore avverta il meno possibile che ciò che sta leg- avvertibile lo stato di frustrazione e di disagio vissuto gendo è stato in precedenza prodotto per qualcuno di dallo scrittore. lingua, cultura e pensiero diversi dai suoi». Il pensiero dell’autore, condizionato dal pessimi- Questa ricca pubblicazione della Libreria Universi- smo provocato dalla sua situazione di isolamento, taria di Verona si compone di tre parti principali: una viene attentamente esaminato dal critico, che appro- lunga introduzione, in cui Ligas dà conto dei rapporti fondisce dapprima l’ateismo del Marquis, quindi le tra Mercier e il teatro del XVIII secolo, con una parti- sue convinzioni materialistiche ispirate a La Mettrie e colare attenzione rivolta alle vicende del dramma bor- a D’Holbach ed essenzialmente incentrate sulla ricer- ghese; un importante studio sui Tombeaux de Vérone, ca del piacere, al quale Sade subordina ogni possibile mirato essenzialmente ad analizzare le scelte grammati- comportamento umano. Phillips analizza soprattutto cali, i personaggi e la lingua della pièce di Mercier; una le idee fi losofi che e religiose contenute nel Dialogue terza parte infi ne costituita dalla traduzione dei Tom- entre un prêtre et un moribond, composto nel 1782. Il beaux con testo a fronte. pensiero politico dell’autore è invece esaminato trami- Vari e interessanti sono gli aspetti di questo com- te la Philosophie dans le boudoir, pubblicata nel 1795, e plesso volume che riaccende i rifl ettori su un autore l’Histoire de Juliette, romanzo apparso nel 1797. Le po- a lungo dimenticato e che solo nel 1995 ha visto rin- co chiare e spesso contraddittorie idee di Sade rifl etto- novarsi l’interesse per le sue opere. Intendiamoci: non no il clima turbato dell’ultimo decennio del Settecento siamo di fronte a un grandissimo della storia teatrale e non consentono di inquadrare con precisione la sua del Settecento; è pur tuttavia vero che Mercier è auto- posizione politica. re geniale e che la critica non gli ha reso forse il giusto Phillips si sofferma quindi sul valore letterario del- omaggio. Ai suoi tempi le sue stravaganze e le sue prese le opere più celebri del Marquis, non dimenticando di posizione originali non gli hanno permesso di gode-

sf150_interni 609 23-02-2007, 16:50:02 610 Rassegna bibliografi ca

re di quella fama cui aspirava. E tuttavia alcune idee philosophes, colpevoli di non riconoscere le verità della di Mercier sono assolutamente innovative per l’epoca religione rivelata e denunciati dallo stesso Grégoire tanto e rispecchiano la formidabile ascesa della borghesia e nell’Histoire de l’Eglise quanto nelle Ruines de Port-Ro- degli ideali di cui era portatrice. Interessanti sono, ad yal-des-Champs. Il saggio, arricchito nella seconda parte esempio, le sue aperture agli strati più poveri della po- dalla pubblicazione della Motion en faveur des Juifs, dal polazione, la sua apologia del lavoro e del risparmio, Mémoire en faveur des gens de couleur e dal Discours sur la che lo avvicina a un altro importante autore dell’epoca, liberté des cultes, accompagnati da una breve ma comple- ancora oggi poco noto: Michel Jean Sedaine. Per quan- ta contestualizzazione storica, ricostruisce le battaglie più to attiene ai Tombeaux de Vérone, Ligas sostiene che la accanite condotte dall’abbé Grégoire in difesa degli op- pièce non è un’imitazione diretta di Romeo and Juliet, pressi e delle minoranze di ogni genere, distinguendo la come vorrebbe la tradizione ma è invece il risultato di dimensione religiosa incarnata del militante cristiano dal- infl uenze più complesse che passano per gli adatta- l’ideologia dei Lumi sui principi di tolleranza e di libertà, menti di Christian Felix Weisse (1768) e di Ozincourt ricondotte alle antiche verità del cristianesimo che ricono- (1771). Solo indirettamente quindi Mercier si sarebbe scono all’uomo il potere della ragione, ma gli assegnano ispirato alla pièce di Shakespeare. A questa conclusio- la dignità e i limiti di “creatura di Dio”. In questo modo ne Ligas giunge dopo un’analisi attenta e approfondi- l’abbé Grégoire affermava i principi anticipatori di una ta dell’opera di Mercier, basandosi in particolare sul universalità di “droit”, ma anche di “devoir”, un’eman- “taglio massonico” della pièce che sembra caricare i cipazione dell’individuo dal dispotismo sia religioso che Tombeaux di una forte simbologia, tesa a esaltare più monarchico dai tratti estremamente moderni, per af- gli ideali di amicizia, di amore e di libertà che a costrui- fermare l’emancipazione degli ebrei, l’abolizione della re il dramma secondo le innovative idee espresse dallo schiavitù, la denuncia dell’Inquisizione, la rivendicazione stesso Mercier nel suo Du Théâtre ou Nouvel essai sur della libertà di culto fi no alle innovazioni istituzionali più l’art dramatique del 1773. I Tombeaux de Vérone si di- importanti come la costituzione del “Conservatoire des stinguono dal resto della produzione di Mercier sia dal arts er métiers”, il “Bureau des longitudes” e l’ “Institut punto di vista tecnico (rispettano per esempio le tre national”, per fi nire con l’opposizione a Napoleone nel unità), sia soprattutto dal punto di vista linguistico. Projet de déchéance de Napoléon e la critica alla Constitu- Questo sembra essere in effetti l’aspetto più interes- tion française del 1814. sante. Ligas giunge alla conclusione che le scelte lessi- Scavando fra i motivi ideologici nodali, l’autrice met- cali di Mercier evidenziano forti analogie con il «voca- te in luce i collegamenti fra la lotta personale dell’abbé bulaire maçonnique» e che partecipano all’evocazione Grégoire e la Rivoluzione, da lui interpretata quale segno di simboli e rituali massonici. Il linguaggio della mas- provvidenziale, simbolo teologico scaturito da quelle Lu- soneria, che nel Settecento è il linguaggio della Rivo- mières che lo avrebbero aiutato a “rigenerare” la Chiesa luzione, è ampiamente utilizzato da Juliette, la vera nazionale. Lo scopo era il ritorno a una Chiesa primitiva protagonista della pièce, ma anche da Roméo, che pure priva di dispotismo gerarchico, ad una forma di concilia- ha un ruolo marginale. Termini importanti del voca- rismo quale espressione di sovranità collettiva. Sono co- bolario massonico, quali uguaglianza, libertà, giustizia, sì individuati quegli aspetti che fanno dello scrittore «le sensibilità, ricorrono continuamente nei Tombeaux, dernier des apologètes chrétiens», capace di conciliare i unitamente a inequivocabili situazioni iniziatiche. Il la- classici, come Montesquieu, Rousseau e Mably, con gli voro si chiude con la traduzione (ad opera dello stesso Idéologues di Auteuil e di applicare le loro tesi a tutti i Ligas) dei Tombeaux de Vérone. Una traduzione con “citoyens”, senza distinzione di razza, religione e colore testo a fronte che utilizza l’edizione del 1784, e per re- di pelle. Il tentativo mirava ad accelerare il progresso dell’ digere la quale l’A. si avvale anche di dizionari bilingui «esprit public», soprattutto attraverso la diffusione della del Seicento e del Settecento. Importante e lodevole è stessa lingua nazionale: la sostituzione dei dialetti regio- senz’altro l’imponente apparato di note che correda sia nali e del latino con la lingua della Déclaration des droits e il testo francese, sia il testo italiano. In conclusione un degli uomini di cultura e di scienza che hanno fatto la glo- prezioso lavoro cui potranno utilmente attingere lette- ria della Francia, sostenuta da un nuovo sistema di istru- rati e linguisti. zione pubblica, avrebbe favorito l’unifi cazione del Paese [CLAUDIO VINTI] e rinforzato lo spirito d’eguaglianza, senza nessuna distin- zione. L’abbé Grégoire combatteva anche per un sistema politico basato sulla tolleranza universale, espressione di JOSIANE BOULAD-AYOUB, L’abbé Grégoire apologète una volontà di régénération, parola cristiana confl uita nel- de la République, Paris, Champion, 2005, pp. 254. la sfera civile. Ancora più signifi cativa dunque è la segna- lazione della nuova defi nizione di tolérantisme affermata Josiane Boulad-Ayoub ripercorre la complessa per- dal Dictionnaire de l’Académie del 1798, ad opera del Co- sonalità dell’abbé Grégoire, coscienza morale e politica mité d’instruction publique: la nuova autorità istituziona- della Rivoluzione francese, ricomponendo in una forma le in materia linguistica distingueva fra «tolérance civile agile ma densamente strutturata da riferimenti storici e et religieuse» e denunciava il valore ideologico di questo riletture critiche, il lavoro dell’uomo di Chiesa che conci- «principe et […] droit» che disgiunge la Chiesa dallo Sta- liava, senza contrasti, la sincera fede cristiana con l’attività to e la teologia dal diritto. di deputato, di senatore e di repubblicano convinto. L’altro punto di forza su cui Josiane Boulad-Ayoub Dopo il ritratto del religioso, attraverso il quale la fonda la sua interessante indagine è lo spirito di soli- studiosa mette in evidenza i tratti salienti del carattere, darietà che l’abbé Grégoire, patriota rivoluzionario e è ricostruita la situazione storica e politica della Fran- fi glio dell’Illuminismo, persegue per costruire una so- cia, cornice e terreno esistenziale del vescovo-deputato. cietà repubblicana cristiana degli intellettuali di tutti Si analizzano successivamente i capisaldi dell’apologetica i paesi, liberi perché virtuosi e lontani dai pregiudizi cattolica della seconda parte del XVIII secolo, confron- dell’ancien régime. tando le argomentazioni degli ecclesiastici in materia di [PAOLA SALERNI] conoscenza e libertà di coscienza con le «innovations» dei

sf150_interni 610 23-02-2007, 16:50:02 Ottocento 611 Ottocento a) dal 1800 al 1850 a cura di Annarosa Poli e Lise Sabourin

L UC FRAISSE, Les Fondements de l’histoire littéraire. stylistique, lien entre histoire – de la société comme des De Saint-René Taillandier à Lanson, Paris, Honoré idées –, philosophie et littérature, besoin d’ouverture Champion, «Romantisme et modernités», n° 55, 2002, cosmopolite mais connaissance intime des littératures pp. 715. nationales, état et usage des instruments de savoir et d’analyse, choix des angles d’attaque – individualités Cet ouvrage magistral reconsidère les clichés atta- créatrices, thèmes généraux, structures formelles? –, chés à l’histoire littéraire depuis la révolution struc- sens des mouvements et périodes collectives, mais étu- turaliste qui avait pris l’habitude de désigner sous le des précises des laboratoires individuels d’écrivains… nom de «critique universitaire» par opposition à la Une «charte de l’histoire littéraire» (pp. 321-333) pla- «nouvelle critique» l’héritage lansonien. Luc Fraisse cée en état des lieux de la discipline à l’époque de s’attache d’abord à montrer la rapidité de telles ap- Saint-René Taillandier est évidemment pour l’auteur préciations, parfois proférées dans une connaissance un bilan des apports fi xés par la méthode lansonienne, trop fragmentaire des textes du grand professeur fi n mais aussi de ses enjeux encore présents. de siècle et, de plus, souvent à l’encontre de ses pro- De plus, Luc Fraisse s’appuie sur la connaissance pres pressentiments sur les limites de sa méthode. La de bien des écrits critiques ou théoriques méconnus ou découverte des cours inédits de Saint-René Taillandier, oubliés qui constituent la toile de fond de sa confronta- autre grand maître, de l’époque romantique cette fois, tion. Quoique reconnu non exhaustif vu l’ampleur de permet à l’auteur de discerner les fondements de l’his- la matière, un «répertoire chronologique des parutions toire littéraire au XIXe siècle et d’appeler à en com- sur l’histoire littéraire» de 1733-1933 (pp. 651-677) en prendre l’évolution. présente la liste, qui ne comporte pas moins de 494 pu- Saint-René Taillandier est un pionnier de l’histoire blications: elles manifestent le terreau des savoirs des littéraire en train de se constituer comme de se défi - deux grands professeurs étudiés, mais aussi promet- nir. Proche par son père du milieu de la «Revue des tent un vivier d’études à venir sur ces entreprises criti- deux mondes» dont il sera un collaborateur régulier, ques anciennes qu’on a trop souvent le tort de réduire frère de l’éditeur des cours de Daunou, le continua- à quelques noms ou concepts désuets. Certains de ces teur de L’Histoire littéraire de la France de Dom Rivet, ouvrages pourraient d’ailleurs remettre en cause nos il reçoit dès le lycée Charlemagne les cours de Nisard certitudes fragiles ou nous surprendre par la précocité et Villemain, prépare sa double licence de droit et de de leurs analyses. Ils sont bien sûr souvent dépassés, lettres à la Sorbonne de Cousin, Guizot et Villemain, du fait des découvertes ultérieures ou de leur écriture subit l’infl uence de Quinet, Ampère, Schelling, devient datée, mais offrent une approche épistémologique es- assistant à la Faculté de Strasbourg, puis professeur à sentielle à la résurgence actuelle, tous combats récents Montpellier avant d’être élu à la Sorbonne et à l’Aca- dépassés, de l’histoire littéraire comme une des métho- démie. Luc Fraisse a découvert les notes de trente-trois des majeures d’approche des textes. années de ses cours, dont son ouvrage publie quelques [LISE SABOURIN] extraits, mais surtout analyse les méthodes et objectifs, ce qui lui offre matière à comparaison avec l’œuvre publiée de Lanson qu’il embrasse dans son entier. De AA. VV. Orient littéraires. Mélanges offerts à Jacques ce fait, le réformateur de l’enseignement des lettres au Huré, réunis par Sophie BASCH, André GUYAUX et Gil- temps des héritiers de Taine et de la rivalité avec Bru- bert SALMON, Paris, Honoré Champion, «Travaux et netière, qui devait devenir directeur de l’École norma- recherches des universités rhénanes», 2004, pp. 515 le supérieure en 1922, apparaît mieux dans son rôle de codifi cateur des méthodes élaborées au cours du siècle. Jacques Huré est décédé à Strasbourg le 19 mai L’éminent professeur ne relève plus de la fl amme ro- 2005, quelques mois après la publication du recueil mantique qui a marqué l’enseignement de Saint-René d’études qui lui rendait hommage sous le titre Orients Taillandier: froideur et austérité de l’intellectuel Troi- littéraires. On connaît surtout ses travaux sur Nerval, sième République n’oblitèrent cependant pas sensibi- sur les voyages et, très généralement, sur la thématique lité modeste et subtilité nuancée. Le concepteur des de l’ailleurs en littérature: il a notamment laissé des exercices didactiques du XXe siècle, le fondateur des éditions de Constantinople de Gautier (1990) et du études de genèse et de bibliographie, l’érudit praticien Voyage en Orient nervalien (à l’Imprimerie nationale, des milieux littéraires sait aussi voir les diffi cultés de la 1997). Le présent volume rassemble trente et un essais, vulgarisation à laquelle il est attaché, se livrant parallè- où sont représentées toutes les périodes de l’histoire lement à son enseignement à un journalisme qu’on lui littéraire. L’ensemble s’articule autour de Nerval et de a reproché, imaginer les limites des systèmes de pério- la question du voyage. disation et des études de sources et d’infl uences, initier Nerval, en particulier, fait l’objet de huit contribu- les précautions proustiennes envers l’analyse biogra- tions. À partir d’une lecture thématique du Voyage en phique beuvienne. Orient (l’œuvre s’articulerait autour de l’image du so- Loin de présenter ce diptyque de manière seule- leil), Hasan ANAMUR (pp. 15-25) suggère que le livre ment descriptive ou chronologique, Luc Fraisse l’orga- de Nerval proposerait deux niveaux de lecture: celui, nise en problématisation des questions permanentes de superfi ciel, d’un récit de voyage, avec des observations, la recherche et de l’enseignement des lettres. Situation des impressions et des aventures; celui, plus profond, de l’histoire littéraire vis-à-vis de la rhétorique et de la d’une écriture évoquant, de façon codée, les mystères

sf150_interni 611 23-02-2007, 16:50:03 612 Rassegna bibliografi ca

des origines du monde ainsi que l’initiation au culte Une mise au point est nécessaire: Gérard Reb prétend isiaque de l’immortalité, et faisant de la réalité occiden- en effet que dans une édition des Filles du feu, j’aurais tale une espèce de masque. On a beaucoup pratiqué, à réfuté la paternité nervalienne d’Émilie pour attribuer certaines époques, ce type d’analyse, parfois de façon le récit à Auguste Maquet (voir p. 396). À l’en croire abusive; il n’en reste pas moins qu’en Orient, l’inté- toujours, mon argumentation serait des plus simplistes: rêt pour les questions mystiques et religieuses prime, le fait que des allusions aux villes de Metz et de Bitche chez Gérard, sur toute autre considération. C’est ce apparaissent dans Émilie mais soient absentes du reste qu’affi rmait d’ailleurs Jacques Huré lui-même, lors- de l’œuvre de Gérard, prouverait, à mes yeux, que qu’il décrivait le voyage nervalien comme «l’aventure le texte appartient à Maquet. M.Reb semble ignorer de l’esprit parti à la rencontre de ses archétypes» (cité que, dans le cas d’Émilie, l’hypothèse de la paternité p. 74). Dans le Voyage en Orient encore, Henri BON- réduite de Nerval ne correspond pas à une lubie d’édi- NET (pp. 61-74) retient particulièrement le récit du sé- teur, mais s’attache seulement à prendre en compte un jour libanais, qui se trouve au centre de l’ouvrage et a témoignage manuscrit de Maquet lui-même, affi rmant connu des vicissitudes nombreuses, entre la première que avoir écrit ce récit dont Gérard aurait fourni le publication dans la «Revue des deux mondes» (1847) plan. D’où la suggestion, qui ne me paraissait pas fu- et l’édition défi nitive (1851). Les pages libanaises don- nambulesque, que, dans la nouvelle, les évocations et nent notamment à lire l’épisode du projet de mariage descriptions de la ville de Metz – inhabituelles sous la avec Saléma, minutieusement préparé, puis abandon- plume de Gérard – pourraient revenir à Maquet. Mais né. Henri Bonnet montre les rapports qu’entretient cette suggestion ne constitue pas, on l’aura compris, le cet épisode avec Aurélia, où la femme aimée repré- fondement de l’argumentation. sente aussi l’ouverture vers le monde des esprits. La À ces huit essais sur Nerval, on peut ajouter celui «suspension d’incrédulité» – expression de Coleridge d’André GUYAUX (pp. 165-183), qui exploite divers à laquelle se rattache le contrat «réaliste» – évoque la écrits nervaliens sur le «voyageur désabusé» et son e confusion entre la fi ction et le réel; selon Antoine COM- «repentir». La première moitié du XIX siècle fran- PAGNON (pp. 93-102), le personnage le plus achevé qui çais est également évoquée dans les contributions de ait incarné cette confusion est Brisacier, présent dans la Francis CLAUDON qui se consacre à la Hongrie du ro- lettre-préface des Filles du feu comme souffrant d’une mantisme français (pp. 83-92), de Frank LESTRINGANT «maladie» dont l’auteur, de son propre aveu, serait sur les fantaisies orientalistes de Musset, de Mardoche atteint lui-même. La lettre-préface de 1854 apparaît à Namouna (pp. 265-282) et de Christine PELTRE, à ainsi comme un commentaire de l’expression de Co- propos de «la ligne turque» des peintres orientalistes leridge mais peut aussi être rattachée aux considéra- (pp. 343-350). tions de Musil sur les «vies hypothétiques»; privilège [MICHEL BRIX] de la jeunesse – quand tout est possible –, ces vies hy- pothétiques sont des vies littéraires. Tomonao FUJITA (pp. 139-151) revient sur les rapports de Nerval avec JEAN-PIERRE PERCHELLET, L’Héritage classique. La le monde de la musique, sur ses idées sur les origines tragédie classique entre 1680 et 1814, Paris, Honoré de l’art lyrique et sur les passerelles jetées par l’auteur Champion, «Les XVIIIe siècles», n° 85, 2004, pp. 408. d’Aurélia entre deux mouvements où il eut sa part: la quête des chansons populaires et la réforme wagné- Pour nous dix-neuviémistes, cet ouvrage qui porte e rienne de l’opéra. Kwam-Heam JEANG (pp. 195-208) bien sûr plutôt sur le XVIII siècle présente l’intérêt cherche à établir la présence, dans l’œuvre de Gérard, de montrer les innovations apportées notamment par de trois fl eurs indiennes, qui attestent à ses yeux l’in- Ducis, Marie-Joseph Chénier, Raynouard, Legouvé, fl uence sur l’auteur d’éléments extraits de la mytholo- Jouy, Baour-Lormian et évite de «passe[r] directement gie indienne: l’Anxoka, la fl eur naissante de l’Hima- de Phèdre à Hernani» en oubliant ou dénigrant leurs laya (identifi ée au Lotus) et l’Érythrina/Mandara, que prédécesseurs, ne serait-ce que durant la période révo- Nerval suggérerait dans le titre «Érythréa». Le «Drôle lutionnaire et impériale. d’oiseau» évoqué par Sarga MOUSSA (pp. 331-342) est L’ouvrage est structuré en deux parties: la première le perroquet de Sylvie, qui trône dans la maison de «L’Image et le mot» est consacrée au lien entre dis- l’oncle, à Montagny; au centre d’un réseau de signifi ca- cours et action, entre les exigences de versifi cation, tions faisant de la nouvelle une idylle ou une pastorale d’unités et de structures et celles du spectacle, tandis ironique, où l’imitation des jours heureux, ressentie que la seconde «Idées et passions» étudie l’évolution comme dégradée, il aboutit au constat d’un présent des personnages, des passions et de leurs leçons, la pla- décevant. Le perroquet, dont l’«œil rond, bordé d’une ce de l’histoire et des débats politiques et religieux. peau chargée de rides, [...] fait penser au regard expé- Pour reprendre l’image du «château ouvert» au rimenté des vieillards», est aussi une représentation de public auquel Jacques Truchet comparait la tragédie l’«apprentissage» du héros-narrateur, qui découvre au classique, J.-P. Perchellet démontre comment déjà les «Dernier feuillet» que «[l]es illusions tombent l’une poètes tragiques du XVIIIe sont passés, en vrais jardi- après l’autre, comme les écorces d’un fruit, et [que] niers, à la française mais aussi parfois à l’anglaise, à des le fruit, c’est l’expérience» (cité p. 340). Gilles POLIZZI variations de détail sur le modèle perpétué, mais ac- (pp. 363-384), après s’être penché sur les passages em- tualisé, puisqu’ils s’en émancipent subtilement en re- pruntés au Songe de Poliphile dans l’introduction du nouant avec le théâtre pré-classique ou en ébauchant Voyage en Orient, trouve une identité commune aux les objectifs de la dramaturgie romantique – sujets entreprises respectives de Franciscus Colonna et de nationaux, puissance de la sensibilité, redécouverte du Gérard, tous deux cherchant les voies d’un «réenchan- Moyen Âge, abandon de l’unité de lieu, valorisation du tement» du monde. Gérard REB (pp. 385-399), enfi n, spectaculaire face au poids des mots. se fonde sur une analyse du fonctionnement discursif Outre d’utiles tableaux techniques établis sur cin- des noms propres pour mettre au jour dans Les Filles quante-quatre pièces sélectionnées pour présenter du feu une théorie de la création littéraire et donner la tragédie-type de quinze en quinze années, ce qui toute son importance au différend avec Dumas, que permet de saisir la progression au fi l des générations, glose longuement la lettre-préface du recueil nervalien. la thèse de J.-P. Perchellet offre une chronologie des

sf150_interni 612 23-02-2007, 16:50:03 Ottocento 613

tragédies créées au Théâtre-Français de 1680 à 1814 et dans le spectacle (Françoise DARTOIS, pp. 439-484) ou une bibliographie comportant notamment des textes- les fi gures privilégiées par Joseph Aude (Gérard LOU- sources et des écrits historiques d’époque: cet ouvrage BINOUX, p. 419-438). intéressant invite donc à rompre les barrières de la pé- Enfi n, la fortune littéraire de cette dramaturgie ré- riodisation et à se laisser davantage porter par le fl ux volutionnaire est étudiée à court terme, par Jean-Luc qui mène l’esprit tragique «de Théodore de Bèze à Vic- CHAPPEY (pp. 487-507) sur la mobilisation des arts tor Hugo, et peut-être au-delà» (p. 350). autour de Brumaire anVIII, par Irène TIEDER (pp. 545- 554) dans son refl et scénographique de Marat et Sade, [LISE SABOURIN] ou à longue portée, avec Patrick BERTHIER (pp. 509- 524) à propos d’Anouilh et Rolland, et Michel BOUR- GUIGNON (pp. 525-544) chez Darté et Vilar. Av. Vv., Les Arts de la scène et la Révolution fran- L’introduction assumée par Philippe BOURDIN (pp. çaise, sous la direction de Philippe BOURDIN et Gérard 9-36) rassemble les apports des trois journées d’étude LOUBINOUX, P.U. de Clermont-Ferrand/ Musée de la de 1998, 1999 et 2001 ainsi regroupées dans ce volume, Révolution française de Vizille, 2004, pp. 606. couronnées d’ailleurs par la représentation à Vizille en 2002 de Cadet Roussel ou Le Café des aveugles (1793) Très largement ouvert à tous les arts de la scène de Charles Tissot et Joseph Aude. Il démontre com- – théâtre, danse, opéra, que ce soit dans les grandes bien ce «moment révolutionnaire est apparu crucial et institutions réorganisées en 1807-1808, les boulevards déterminant» (p. 9) grâce à la refonte des structures et ou les foires – cet ouvrage collectif veut appréhender des lieux théâtraux, à la recomposition et à la réfl exion la nature des échanges entre salle et scène tant sur la théorique ainsi libérées, à la réception nouvelle et par- question des engagements politiques, des pratiques fois mouvementée du geste de l’acteur par un public professionnelles ou amateurs, des écritures critiques élargi. et des réactions gouvernementales que de la nature du [LISE SABOURIN] répertoire joué. Les deux collecteurs, respectivement historien culturel de la Révolution française et spécia- e e liste de l’opéra aux XVIII et XIX siècles, ont rassem- SILVIA LORUSSO, L’Immagine dell’Italia nella Corin- blé les références de pièces de théâtre (pp. 557-579) et ne di Madame de Staël, Annali della Facoltà di Lettere d’estampes (pp. 580-586, dont les illustrations des pp. e Filosofi a dell’ Università di Bari, XLVII, 2004, pp. 587-604 offrent quelques exemples) présentes au Cen- 397-412. tre de documentation-bibliothèque du Musée de la Ré- volution française. Ils ont fait appel à vingt-sept cher- Il titolo di un’opera dovrebbe suggerire in modo cheurs qui offrent leurs contributions réparties en cinq più o meno esplicito elementi e chiavi di lettura del temps: les institutions théâtrales parisiennes, les trou- testo, come nel caso di Corinne ou l’ Italie di Mme. de pes et les salles en province et à l’étranger, les aléas du Staël, prodotto ambiguo tra romanzo e «ouvrage sur répertoire face au pouvoir, la part de l’imaginaire dans l’Italie», espressione suggerita dalla stessa autrice. La le spectacle, les postérités du théâtre révolutionnaire. Bibliothèque nationale di Parigi aveva schedato addi- Dans la première section, essentiellement juridique rittura il libro tra le guide turistiche. L’autore fa giusta- et sociologique, Gregory S. BROWN (pp. 39-53) traite mente coincidere questa ambiguità con una certa in- de la liberté théâtrale en 1789-90, Michèle SAJOUS sofferenza verso il genere romanzo tipico della cultura D’ORIA (pp. 55-72) du droit de construire des théâtres, francese degli inizi dell’Ottocento. David TROTT (pp. 73-92) du devenir du théâtre de foire Mme. de Staël riporta le impressioni di viaggio et Alessandro DI PROFIO (pp. 93-116) des conséquences di due personaggi, l’inglese Lord Nelvil e il francese de la querelle des Bouffons sur l’opéra italien à Paris conte d’Erfeuil, anche queste contraddittorie, sia su- durant la Révolution, David CHAILLOU (pp. 117-128) gli italiani che sulle caratteristiche della loro terra. Di de l’Opéra de Paris sous le Consulat et l’Empire. particolare interesse la constatazione, da parte di Lord Puis un parcours géographique présente l’état du théâ- Nelvil, del diverso modo di concepire il ruolo della tre en province: en Rhône-et-Loire en 1793-94 (Philippe donna in Italia e in Inghilterra, motivo importante del BOURDIN, pp. 131-162), à Dijon de 1789 à 1810 (Clothilde romanzo perché proprio questa sarà una delle ragioni TRÉHOREL, pp. 163-179), à Rouen durant la Révolution che spingerà i protagonisti a lasciarsi. L’opposizione (Christine LE BOZEC, pp. 181-188), à Nantes (Karine dei due caratteri delle due protagoniste femminili, Co- LARGE, pp. 189-204), dans le Puy-de-Dôme sous le Con- rinne e Lucie, è ben rappresentata con il paragone tra sulat et l’Empire (Cyril TRIOLAIRE, pp. 205-234), avec une La Vergine della scala del Correggio e Corinne con la extension sur la présence du théâtre français à Hambourg Sibilla del Domenichino che la romanziera aveva potu- (Karine RANCE, pp. 235-248). to ammirare a Pavia, la prima, a Bologna, la seconda. La troisième partie est consacrée à la vie théâtrale: Anche i monumenti di Roma, sia pagani che cristia- critique parisienne en 1791 (Michel BIARD, pp. 251- ni, vengono presentati attraverso le convinzioni dei 271), répertoire du Théâtre de la Nation, ex-Comédie- due personaggi principali: quella che potrebbe sem- Française de 1789 à 1793 (Jacqueline RAZGONIKOFF, brare una «guida turistica» è strettamente connessa pp. 273-292), réunion des Théâtres Favart et Feydeau con le opinioni dei due amanti-viaggiatori dalle per- en 1801 (Patrick TAÏEB, pp. 339-366), présence sur scè- sonalità e dalle radici così diverse. Inoltre il giudizio ne des personnages de Brutus (Antoinette et Jean, ainsi sulla letteratura italiana e quella inglese contempora- que F. EHRARD, pp. 293-311) et d’Arlequin (Martin nee focalizza l’attenzione del lettore sulla superiorità NADEAU, pp. 313-325), état du drame durant la Révo- di quella inglese per la profonda malinconia da cui è lution (Françoise LE BORGNE, pp. 327-337). caratterizzata e che è estranea a un popolo «meridio- Un autre mouvement s’élance vers l’imaginaire nale» come l’italiano. Così Bologna, Ferrara e Venezia théâtral: sa place par rapport aux conventions (Ma- suggeriscono a Corinne solo delle idee melanconiche o rie-Laurence NETTER, pp. 369-380), la vision du mili- funeree in armonia con l’imminente partenza di Lord taire (Erica JOY MANNUCCI, pp. 381-394), le motif de la Nelvil. L’Italia che la poetessa visita adesso è ormai pri- prison (Olivier BARA, pp. 395-418), la part de la danse va per lei di ogni ispirazione e di un qualsiasi interesse

sf150_interni 613 23-02-2007, 16:50:04 614 Rassegna bibliografi ca

per le bellezze della penisola. E quando Lord Nelvil le multiformi fi gurazioni materne che si oppongono torna in Italia, insieme alla nuova compagna Lucie, per alla spinta pessimista e funebre del testo. Inoltre, af- raggiungere Corinne malata a Firenze, la nostra terra le fronta con successo i misteri di René, sottoponendo la appare di nuovo sotto un aspetto ridente come durante novella omonima e il romanzo-poema amerindiano a il percorso precedente fatto accanto a Corinne. un confronto serrato e approdando a una lettura nuo- L’ autore mette opportunamente in rilievo il fatto va e stimolante del motivo incestuoso. Le contraddi- che il rapporto tra «affettività e arte», tipico dell’esteti- zioni del giovane saturnino si attenuano se ipotizziamo ca romantica viene continuamente ribadito nel roman- un’iniziale concezione positiva e «selvaggia» dell’amo- zo. L’Italia turistica e l’Italia sentimentale si succedono re adelfi co, anteriore a tabù e censure. Esempio, tra nella narrazione in un’alternanza che richiama la bipo- non pochi altri, dell’apporto di una lettura critica che, larità del titolo: Corinne ou l’ Italie, acutamente messa pur rigorosa, si segnala per la sua libertà interpretativa in evidenza in questa interessante e penetrante analisi. e per un contatto ravvicinato con il testo.

[ANNAROSA POLI] [FABIO VASARRI]

FRANÇOIS-RENÉ DE CHATEAUBRIAND, I Natchez, a cu- AA. VV., «Bulletin de la Société Chateaubriand», n° ra di Ivanna ROSI e Filippo MARTELLUCCI, Firenze, Le 47, 2004, pp. 160. Lettere, 2004, pp. 486, ill. Le «Bulletin de la Société Chateaubriand» a pour Il volume va salutato come un evento importante mission de publier dans un numéro annuel les com- per gli studi su Chateaubriand. Si tratta della prima munications présentées lors des différentes réunions traduzione italiana integrale di questa saga amerin- de travail et de rendre compte de la vie culturelle de diana, opera giovanile spesso menzionata ma misco- la Société, qu’il s’agisse de l’organisation de voyages nosciuta e autentico serbatoio di tematiche sviluppate (dont le traditionnel pèlerinage de l’Ascension) ou des nella produzione posteriore più nota. Basti ricordare expositions et concerts qui rythment le calendrier de la che i più fortunati Atala e René sono in origine epi- Maison de Chateaubriand, à la Vallée-aux-loups. Tou- sodi dei Natchez. Basato su un episodio reale del co- jours très richement illustré et impeccablement com- lonialismo francese in Louisiana, il massacro della posé, il mérite de retenir l’attention de tous ceux qui tribù dei Natchez nel 1729, il progetto narrativo di s’intéressent au grand écrivain, pour la qualité de son Chateaubriand conosce una vicenda travagliata. Idea- information biographique et pour l’intérêt de ses tra- to all’indomani della presa della Bastiglia e redatto in vaux critiques. Tel est encore le cas de ce numéro, ri- gran parte tra il 1794 e il 1799, durante l’emigrazione che en révélations sur la vie de Chateaubriand, sur son inglese, il testo è pubblicato solo nel 1826, in occasio- entourage, sur sa famille, et précieux par le débat qu’il ne della raccolta Ladvocat delle opere dell’autore. Nel rouvre sur les relations de l’écrivain avec deux illustres frattempo, tuttavia, Les Natchez hanno subito trasfor- contemporains, Sainte-Beuve et George Sand. mazioni radicali, tra cui uno slittamento di genere, dal- Ainsi Gérard GUILLOTEL (pp. 6-15) et Agnès KETT- la narrativa esotica e gotica all’epopea in prosa. Fin dal LER (pp. 16-30) portent-ils à notre connaissance des 1798, l’autore intraprende la riscrittura neoclassica del relations jusque-là négligées de Chateaubriand: le pre- nucleo romanzesco originario ma si interrompe a me- mier se penche sur le père Gustave-Xavier Lacroix de tà, certo avvertendo la vanità e l’inattualità dell’impre- Ravignan, éminent jésuite dont il rappelle le rôle dans sa. Il testo pubblicato esibisce quindi vistosamente la le retour de Chateaubriand à la pratique religieuse sua «incompiutezza» e la sua indecisione: a una prima catholique dans sa vieillesse, tandis que dans un tout parte tardoepica e stilizzata segue una seconda parte autre registre, la seconde fait part des résultats d’une romanzesca, più informe e magmatica, e più vicina al- minutieuse enquête qui lui a permis d’identifi er le mys- l’assetto primitivo. Il fallimento del progetto trova una térieux «cousin Chaigniaux» dont Chateaubriand évo- controparte positiva non solo nelle sezioni più riuscite que avec humour la vie aventureuse, en Cochinchine, del romanzo, ma nel suo valore emblematico rispetto dans une lettre de 1825 à Cordélia de Castellane. Reve- all’evoluzione coeva della narrativa francese e nella sua nant pour sa part au rêve d’explorateur qui a conduit insospettata modernità. le jeune Chateaubriand en Amérique, Jacques GURY L’edizione curata dai due studiosi è estremamente (pp. 31-42) recherche dans son œuvre les traces d’une affi dabile. Con un ardito ma suggestivo restauro edi- fascination durable pour les terres boréales et mon- toriale, il testo del romanzo-epopea è incorniciato dal tre que, pour être peu nombreuses, ses descriptions prologo e dall’epilogo di Atala, pubblicati fi n dal 1801 des mœurs des Esquimaux ont le mérite de trancher ma originariamente destinati ai Natchez. La traduzione avec la traditionnelle peinture d’un peuple barbare, a due mani, che sfrutta la bipartizione del testo, è fl ui- condamné à vivre dans des déserts de glace. Le récit da e si avvale di ampie conoscenze specifi che. Gli ap- du pèlerinage de l’Ascension à Rennes, «en souvenir parati formano un insieme esauriente, comprensivo di de Chateaubriand et de sa famille» (20 mai 2004), est notizie sulle fonti, sulle coordinate storico-geografi che l’occasion de compléter ce dossier biographique en e sulla genesi del testo, dovute in particolare a Filippo retrouvant, toujours en compagnie de Jacques GURY Martellucci. La bellissima e mal nominata «introduzio- (pp. 49-52), les souvenirs du collégien, et en revivant, ne» di Ivanna Rosi merita una segnalazione a parte. grâce à Jean-Paul CLÉMENT (pp. 45-48), les débuts de Articolato in varie sezioni, questo contributo («René e la Révolution en Bretagne, tels que Chateaubriand les a la fantasmagoria indiana», pp. V-XCV) costituisce un narrés et interprétés dans les Mémoires d’outre-tombe. saggio monografi co di notevole sensibilità e penetra- L’Histoire est de nouveau au rendez-vous à la fi n du zione. Nel corso della sua disamina, la studiosa mostra volume, puisque Gérard JULLIEN DE POMMEROL (pp. le molteplici stratifi cazioni letterarie, antropologiche e 118-134) fait une utile mise au point sur l’admission ideologiche dei Natchez; sul piano tematico, affronta demandée de Chateaubriand à l’Ordre de Malte et en con un approccio bachelardiano e durandiano il com- profi te pour en rappeler la situation, pendant et après plesso immaginario di Chateaubriand, privilegiandone la Révolution. Analysant le jugement de l’homme poli-

sf150_interni 614 23-02-2007, 16:50:04 Ottocento 615

tique et de l’écrivain, il fait ressortir ses regrets de voir et de René, dont la double infl uence pèse alors sur la «s’évanouir» une institution en qui survivait à ses yeux création romanesque de George Sand. l’esprit tant admiré de la chevalerie, et souligne sa dé- Parmi les rubriques habituelles qui complètent cha- ception devant le refus d’intervenir de l’Ordre au mo- que «Bulletin», une bibliographie établie par Jean-Ma- ment du mouvement indépendantiste grec. rie ROULIN (pp. 157-159) vient utilement recenser les L’essentiel du dossier critique est constitué dans publications de l’année sur l’œuvre de Chateaubriand. ce numéro par la présentation des études sur les liens entre Chateaubriand et Sainte-Beuve, puis en- [FABIENNE BERCEGOL] tre Chateaubriand et George Sand, qui composaient le programme de la journée-colloque du 19 juin 2004. D’entrée, Jean-Paul CLÉMENT (pp. 54-57) souligne VINCENT LAISNEY, L’Arsenal romantique. Le salon de l’importance de la matinée consacrée à Sainte-Beuve, Charles Nodier (1824-1834), avec une présentation de longtemps boudé, voire décrié, par les chateaubrian- Bernard LEULLIOT, Paris, Honoré Champion, «Roman- distes pour ses perfi des remarques, distillées au gré de tisme et modernités», n° 49, 2002, pp. XIII-836. ses leçons liégeoises après la mort du grand écrivain, alors qu’on lui doit la première grande édition de L’exploration des milieux littéraires est toujours ses Oeuvres complètes (Garnier, 1861) et, malgré son à enrichir: tous savent l’importance du salon tenu à fi el, le premier ouvrage critique d’importance sur son partir de 1824 par le conservateur de l’Arsenal, No- œuvre. Que le débat sur l’attitude de Sainte-Beuve à dier, avec l’aide de sa femme, puis de sa fi lle. Mais l’égard de Chateaubriand soit toujours actuel nous est l’ouvrage de Vincent Laisney permet d’en connaître à du reste montré par les divergences des intervenants fond le fonctionnement, les membres habitués ou oc- sur l’évolution de son jugement critique, Michel CRÉPU casionnels, les liens selon leurs typologies, les grandes (pp. 58-61) en soulignant la continuité, là où Guy BER- entreprises comme les faiblesses, la place dans les com- GER (pp. 62-79) et Bernard DEGOUT (pp. 80-91) retra- bats et les mouvements du temps. Cette décennie de cent plutôt le parcours d’un homme qui, exaspéré par «camaraderie littéraire», selon l’expression de Latou- la personnalité de l’écrivain, passe de l’admiration sin- che, de «soirées artistes» dans l’entrecroisement mer- cère à l’éloge contraint et, fi nalement, à l’éreintement, veilleux de richesse des poètes, peintres et musiciens, lorsque ne le retiennent plus ses relations avec les ha- fait émerger de la foule des minores les «royautés litté- bitués de l’Abbaye-au-bois. Les trois communications raires» dénoncées en 1834 par Planche, après la politi- présentées n’en ont pas moins le grand mérite de con- sation progressive jusqu’à 1830 et le désenchantement tribuer à réhabiliter l’œuvre critique de Sainte-Beuve, de 1832. Surtout ce travail remet en question nos caté- d’en montrer la richesse et la pertinence, encore trop gorisations, pratiques mais souvent artifi cielles, comme souvent oubliées à la suite de l’anathème proustien. le souligne son préfacier, Bernard Leuilliot: au terme de l’«analyse des ‘rites de sociabilité du salon de l’Ar- On saura particulièrement gré à Guy BERGER de faire, senal’, de ses ‘structures communautaires’ et de ses dans un article très richement documenté, un relevé ‘courants idéologiques et esthétiques’» (p. XIII), l’on minutieux de l’ensemble des écrits de Sainte-Beuve sur découvre que «le romantisme n’existe pas» (Laisney, Chateaubriand et de prendre à chaque fois la peine de p. 805). Non point qu’il n’y ait des romantiques, un rappeler le contexte de leur publication, ce qui jette esprit romantique, une littérature romantique, mais un éclairage précieux sur leurs enjeux. Le même souci parce que, dans ce vivier, Nodier réunit des «eth- louable de précision se retrouve dans l’article de Ber- nies» différentes, avec chacune son «patois», dans une nard DEGOUT, qui s’arrête sur les années 1830-1831 grande liberté de rencontre, en refus du débat imposé pour y retrouver les premières réserves de Sainte-Beu- de l’extérieur par les attaques contre ces jeunes gens ve à l’égard d’une œuvre jugée, à l’exception de René, de la «décadence» (selon le terme de Nisard), qui ne quelque peu démodée, le but du critique étant alors de cherchent pourtant qu’à renouveler l’écriture de leur libérer le romantisme de l’infl uence de Chateaubriand, sensibilité! Il faudra en 1843 presque déjà que son an- et partant, de son ancrage royaliste. cien hôte meure pour que «l’enfant du siècle» fasse de Quoique souvent redondants, les trois articles con- Nodier le «père du romantisme». sacrés aux relations de Chateaubriand et de George En contact permanent avec les autres cercles, salons Sand, surtout aux jugements portés par l’un et par et cénacles parisiens, l’Arsenal se veut profondément l’autre sur leurs livres respectifs, ne sont pas moins in- hétérogène par la diversité de ses invités; si Désirée téressants. Joseph-Marc BAILBÉ (pp. 92-101) souligne puis Marie constituent le pivot originel aux côtés de l’importance de ces échanges en dépit de leur brève Charles Nodier, l’ellipse peut aussi choisir d’autres rencontre et, au fond, de leur impossible entente: en cœurs du foyer en Hugo, Dumas ou Musset au fi l des témoigne notamment le portrait partagé entre admira- évolutions ou bifurcations de sa trajectoire, d’abord tion et réprobation que Chateaubriand consacre à la religieuse, puis plus esthétique, enfi n métaphysique romancière à la fi n de ses Mémoires, dans lequel il ex- ou sociale. Quand l’éclatement menace, au refl ux pose une dernière fois sa conception de la littérature. saint-simonien et par la diaspora des Jeunes-France, la Les divergences profondes quant à son enjeu moral qui «boutique romantique» ferme ses portes, mais l’aven- apparaissent alors n’empêchent pas les deux autobio- ture collective a porté ses fruits, qu’un temps nouveau graphes de se rejoindre dans une réfl exion commune récusera sans pour autant en détruire en soi l’héritage, sur la place du moi dans une histoire en crise et sur quitte à le faire fructifi er tout autrement. Le carrefour leur destinée d’écrivain: c’est ce que montre Damien entre tradition et modernité qu’a incarné cette forme ZANONE (pp. 102-107) en comparant Histoire de ma cénaculaire en gestation, évoluant d’une mondanité vie et Mémoires d’outre-tombe, deux œuvres publiées aristocratique vers une sociabilité artistique et convi- presque en même temps sous forme de feuilleton, aux- viale, a manifesté l’esprit de liberté propre à la géné- quelles il reviendra d’assurer pour l’essentiel la posté- ration de 1830, lui a donné des repères sans entraves, rité de leur auteur. S’arrêtant sur l’année 1833, Yves dans cette arche providentielle entretenue par le maître CHASTAGNERET (pp. 108-116) conclut ce dossier en de maison, accueillant aux talents supérieurs comme faisant le point sur les modèles contrastés d’Oberman aux «petits auteurs», dans un esprit démocratique où

sf150_interni 615 23-02-2007, 16:50:05 616 Rassegna bibliografi ca

la solidarité n’exclut pas la possibilité d’être différent, rhétorique et quête d’une écriture personnelle» (pp. IX). par une pratique orale de la littérature qui fonctionne L’abord est volontairement déroutant: la «poésie des ca- comme une «répétition théâtrale de l’œuvre» (pp. 807) talogues» du bibliothécaire de l’Arsenal propose, après à écrire. avertissement (pp. XLI-XLIII) et épître dédicatoire à Les sept parties de l’ouvrage assurent la connais- Charles Weiss, son collègue et ami de Besançon (pp. sance progressive de l’Arsenal, «de la simple peinture XLIV-XLVIII), en guise d’entrée en matière (pp. XLIX- des ‘dimanches’ à l’analyse de [son] système de pen- LIX) la «table des auteurs et livres cités» (dont certains sée» (pp. 24-25). Après une description des rites de imaginaires) dans l’ouvrage à venir, au lieu de la placer en sociabilité (souper, causerie, lecture, danse…, pp. 29- index fi nal, manière implicite d’initier le jeu du palimp- 135), V.Laisney répartit les invités en fonction de leur seste perverti! Où est l’ouvrage authentique, où est le fi c- importance et de leur nature: hommes essentiels par tif? suggère Nodier, avant de nous inviter à méditer sur leur infl uence, leur rayonnement au sein du salon ou anonymat et pseudonymie, pastiche et copie, dialectique leur relation privilégiée avec l’hôte, notamment préé- de similitude et d’originalité dans la créativité textuelle. minence de Hugo (pp. 137-246); places respectives de L’apparemment vertueux auteur de 32 ans qui Vigny, Lamartine, Musset, Sainte-Beuve, Dumas, Bal- conçoit cet ouvrage – lequel reçut l’imprimatur com- zac, Gautier et Nerval (pp. 259-376); effets de groupes me soutien de la législation littéraire – est en fait un des membres moins connus, parisiens ou provinciaux «conspirateur dilettante» (p. XIV) qui affectionne les (pp. 377-475), envisagés selon leurs origines géogra- allégations contradictoires sur sa biographie, s’autorise phiques, sociales ou professionnelles (Bisontins, jour- astuces cryptonymiques et signatures travesties, joue à nalistes, éditeurs et directeurs de revues, artistes en endosser tour à tour les rôles de censeur et de frau- quête de rencontres avec les poètes, femmes écrivains, deur, ne néglige ni travaux apocryphes (de Clotilde pp. 477-597). Puis il analyse les systèmes d’entraide ca- de Surville par exemple), ni de nègre ou de plagiaire, ractéristiques du salon (pp. 599-686) et ses divers cou- «s’égaye au pastiche» comme le discernait déjà Sainte- rants de pensée, souvent volatiles et éphémères plutôt Beuve (cité p. XVII). Mettant en abyme la lecture de que doctrinaux (pp. 689-798). son propre livre, à l’intention d’un public forcément C’est ainsi qu’outre sa localisation, le titre de lettré, tout en semblant ne s’appuyer que sur une l’ouvrage trouve sa pleine justifi cation de «chantier» mince bibliothèque, Nodier démontre la perméabilité du romantisme, par le «dépôt» d’opinions et d’idées des frontières entre catégories, sous couvert de les dis- laissé par chacun, mais aussi en offrant un «matériel» tinguer, et prouve que «le grand texte se reconnaît, de complexe d’hommes, de convictions et de théories manière indubitable, à cette propriété qu’il a d’enrayer souvent divergentes, liés pourtant par la cohérence le cycle de la répétition» (p. XXVIII) par «tout un po- de leur fréquentation. Une somme donc, après les li- tentiel de dérive onirique» (p. XXI) que fournit juste- vres de Bernard Degout sur Le Sablier retourné. Vic- ment la nourriture livresque. Avant Proust, il affi rme tor Hugo et le débat sur le romantisme (1816-1824) combien le pastiche forge le style, mais aussi comme le (Champion, 1998, pp. 763) et de Patrick Besnier sur vrai talent reste toujours solitaire, vis-à-vis des écoles Mallarmé et le théâtre de la rue de Rome (Éditions du comme des héritages. Limon, 1998, pp. 101): cette thèse comble une lacune Outre une bibliographie d’époque aussi bien qu’ac- dans l’histoire littéraire du siècle et invite à entrepren- tuelle (pp. 203-206), la riche annotation de J.-F. Jean- dre des travaux similaires sur les autres milieux de la dillou éclaire précieusement les multiples exemples Monarchie de Juillet et du Second Empire. dont use avec tant d’érudite alacrité Nodier et permet la parfaite compréhension de cet écrit dont le titre fa- [LISE SABOURIN] cétieusement sérieux cache une lecture savoureuse.

[LISE SABOURIN] CHARLES NODIER, Questions de littérature légale. Du plagiat, de la supposition d’auteurs, des supercheries qui ont rapport aux livres, édition établie, présentée et an- AA. VV. Arrigo Beyle «Romano» (1831-1841). Sten- notée par Jean-François JEANDILLOU, Genève, Droz, dhal fra Storia, Cronaca, Letteratura, Arte, atti del con- «Histoire des idées et critique littéraire», vol. 404, vegno internazionale, Roma, 24-26 ottobre 2002, a 2003, pp. XLIX-208. cura di M. COLESANTI, H. DE JACQUELOT, L. NORCI CA- GIANO, A.M. SCAIOLA, Roma, Edizioni di Storia e Let- Jean-François Jeandillou appelle au «Tribunal teratura, 2004, «Quaderni di Cultura Francese a cura des lettres», selon le titre de sa présentation (pp. I- della Fondazione Primoli», n° 38, pp. 324, ill. XXXIX), cet écrit du «dériseur sensé» qui se cache sous «l’aimable conteur» qu’on considère générale- Nella storia degli studi romani dedicati a Stendhal, ment en Nodier. Ces Questions de littérature légale, qui questo volume ricostruisce, analizzando vari aspetti ont facilité l’entrée de leur auteur au «Journal des dé- della fi gura e dell’opera di Henri Beyle in quegli anni bats politiques et littéraires» (alors «Journal de l’Em- console di Francia a Civitavecchia, un vissuto ancora in pire») en 1813 sont souvent citées, mais n’étaient pas parte da rivisitare, e giunge a conclusioni di alto rigore accessibles depuis les éditions du XIXe siècle – l’ano- scientifi co che si prefi ggono di proporre, ben riuscen- nyme de 1812, la «revue, corrigée et considérablement dovi, un’attenzione particolare sul lungo passaggio nel- augmentée» signée du bibliographe réputé, élu entre- lo Stato della Chiesa dello scrittore grenoblese. temps académicien, en 1828. Nella Premessa, Massimo COLESANTI visualizza su- Loin d’être, comme des plumes pourtant érudites l’ont bito la novità dei contributi, sottolineando che «[t]utte parfois écrit, le futile dérivatif d’un polygraphe fourvoyé, le comunicazioni hanno rilevato testimonianze o do- ces vingt-quatre chapitres sur le plagiat, l’imitation, la cumenti inediti, o mostrato e analizzato immagini ed citation, l’allusion, l’analogie de sujets, la traduction, les episodi notissimi, ma collocati in una luce nuova, in suppositions, contrefaçon, cession et intercalation, faux un contesto interdisciplinare e diverso dai tanti luo- et supercheries en tous genres, posent le problème des ghi comuni fi nora ripetuti» (p. 7). Ed è ancora Cole- «rapports entre stéréotype et création, entre tradition santi, nella sua bella e corposa prolusione dal titolo,

sf150_interni 616 23-02-2007, 16:50:05 Ottocento 617

«La noia “feconda” di Stendhal a Roma» (pp. 1-10), viene ben messo in evidenza quanto siano essenziali al- a porsi una domanda affatto retorica, affrontando un la scrittura stendhaliana quelle nuances reattive, quegli problema fondamentale nella vita romana di Stendhal: incontri con l’arte, con la gente, con la vita stessa di l’eminente stendhaliano nota infatti che «si è esagerato Roma che s’impone sull’opera da Rome, Naples et Flo- non poco, crediamo, sulla noia che Stendhal avverte a rence alle Promenades dans Rome. La città ha dunque Roma, sui suoi continui sfoghi di malumore, sulle sue un signifi cato mitico che il “fl âneur” ha appreso piena- proteste e recriminazioni, che leggiamo soprattutto mente e che si trasferisce sulla pagina nella sua interez- nelle sue lettere agli amici e alle amiche di Parigi e che za. Fa parte di questa seconda sezione, un interessan- hanno a volte il tono di una posa salottiera e vittimisti- te quanto innovativo contributo dedicato da Daniela ca» (p. 3), in quanto lo scrittore par ben essersi integra- GALLO (pp. 153-69), che pone un Beyle, dichiaratosi to nella quotidianità romana, dove trovava ciò che più lontano dalla scultura, a confronto con Michelangelo gli mancava a Civitavecchia, cioè la conversazione e la e Canova, artisti ammirati e sovente citati nelle sue pa- frequentazione dei salotti. «[A] Roma, spesso, – prose- gine; per altro «Stendhal – rileva ancora Gallo – sfug- gue Colesanti – molto spesso, egli non mena certo una ge a tutte le possibili etichette nelle sue preferenze in vita triste, torpida, indolente, ma fervida di relazioni, di scultura. Michelangelo e Canova restano i suoi idoli, affetti, di impegni, di visite culturali, e di intenso lavo- così come immutata resta la sua idiosincrasia contro la ro creativo» (p. 4). Soltanto dai titoli delle tre sezioni, scuola berniniana» (p. 168). Lo Stendhal melomane è che il volume presenta, si evidenzia quanto sia vasto e il soggetto dell’accurata indagine di Ottavio MATTEI- onnicomprensivo questo regesto composto da altissimi NI, che molto ha dedicato a quest’aspetto stendhaliano nomi di critici e studiosi. (pp. 171-85). Il critico evidenzia, in un’analisi quanto Per venire nel dettaglio, la prima sezione si occupa mai precisa e complessa, l’evoluzione del gusto musica- di Henri Beyle console di Francia a Civitavecchia. I le di Beyle, nel corso dei suoi soggiorni nel nostro pae- primi due studi si distinguono per l’integrazioni nei te- se e nella sua stessa patria: dall’infatuazione per l’opera sti di nuovi apporti inediti: Elaine WILLIAMSON (pp. 21- italiana di un giovane Henri a Novara (o a Ivrea?) per 37), già autrice di un fondamentale lavoro su Stendhal Cimarosa, quindi alla Scala negli anni milanesi, che e l’Olanda, si pone davanti alla questione della fi gura proseguirà anche in Francia, che comunque in parte si del console Beyle, in un attento esame dei suoi rappor- placa durante gli anni consolari a Civitavecchia. Viene ti non sempre facili con le autorità francesi quanto con quindi condotta un’interessante esame su tale muta- quelle romane, sottoponendo al lettore una raffi nata mento, con un ricco apparato di citazioni. analisi della corrispondenza diplomatica, supportata L’elegante e scrupolosa esegesi di Hélène de JAC- da varie pièces inedite. Philippe BOUTRY (pp. 39-80) in QUELOT (pp. 187-201) si concentra sulla dimensione esemplare lavoro mette in luce il quadro, a volte soffer- di uno Stendhal, ammiratore di Raffaello, investito to, in cui Stendhal vive i suoi rapporti con la Chiesa di da una forza della fi gurazione resa ancor più viva dalla Roma, che gli fu sempre profondamente ostile, specie vicinanza del pittore ginevrino Abraham Constantin, per i suoi scritti, di cui riporta nelle Annexes (I, pp. riproduttore di genio di Urbino, con cui per alcuni pe- 69-87 e II, pp. 78-80) giudizi inediti espressi dai prelati riodi Beyle condivise gli alloggi romani. «Constantin romani, relativamente a Rome, Naples et Florence e a et Raphaël – rileva acutamente la studiosa – occupent Le Rouge et le Noir. donc une place centrale dans cette phase ultérieure Il primo dei due contributi che hanno come oggetto d’un apprentissage à la peinture, entre observation specifi co lo Stendhal «archeologo», le cui conclusioni et adoration, ce qui explique aussi pourquoi Stendhal portano ad un sicuro rinnovamento in questo settore devient partie prenante de la rédaction de ce qui de- fi no ad ora troppo poco studiato, è quello di Ludovi- viendra les Idées italiennes» (p. 190), opera fi rmata da ca CIRRINCIONE D’AMELIO (pp. 81-91) che fornisce una Constantin, nella cui stesura comunque Stendhal ebbe profonda ed esaustiva analisi sul passaggio di Stendhal un ruolo fondamentale. nel feudo di Canino, di proprietà di Lucien Bonaparte, Questa sezione viene conclusa dal secondo artico- fratello minore di Napoleone e sugli scavi nella necro- lo dedicato alla fi gura di uno Stendhal archeologo, poli etrusca, rinvenuta quasi per caso delle terre del fi rmato da Fausto ZEVI e Elena CAGIANO DE AZEVEDO principe. Chiude questa prima parte Lucio FELICI (pp. (pp. 203-35), che oltre ad evidenziare la nuova passio- 93-105) che invita a scoprire un cammino che conduca ne stendhaliana per gli scavi, presenta un dettagliato all’effettiva conoscenza dello scrittore grenoblese del studio delle necropoli etrusche, reperite all’epoca, con grande poeta romano, in un accostamento di opere, in ricchezza di particolari e un denso apparato di note. cui par evidente come Stendhal abbia tenuto conto di «Stendhal, dunque durante il soggiorno a Civitavec- certi passaggi del Belli. chia, non segue l’archeologia accademica, né quella Nella seconda sezione, il primo lavoro è fi rmato da blasonata dei principi romani, piuttosto è un archeolo- Laurent STÉFANINI (pp. 109-111) che fi nemente espo- go per diletto» (p. 234), notano gli autori, sottolinean- ne alcuni punti su certi atti del «dilettante Stendhal» do ancora una volta l’uscita di Beyle da ogni schema console e scrittore, esaminato poi da Giuseppe di GIA- prefi ssato dall’ordine comune, anche nel delicato lavo- COMO (pp. 113-35) in un’accurata rilettura delle sue ro di cercatore di tesori. teorie estetiche, in quanto dalla Storia della pittura in L’ultima sezione sul le scrittore, dal titolo esordi- Italia (1817) testimonia come, nell’elaborazione della sce con un articolo di cui è autore l’insigne critico nozione di «bello ideale moderno» in contrapposizio- Gérald RANNAUD (pp. 239-259), tra l’altro curatore ne a quella di «bello ideale antico», Stendhal abbia in- della prestigiosa edizione diplomatica de La Vie de dividuato alcune caratteristiche che saranno proprie Henry Brulard (Paris, Klincksieck, 1996) che conduce del romanzo» (p. 113). Martine REID (pp. 137-151) con eleganza e precisione il lettore nei percorsi roma- porta la sua bella analisi su Roma, evidenziando quan- ni di Henri Beyle, caratterizzati da un pregnante lavo- to l’Urbe sia «dans l’œuvre de Stendhal une référence ro scritturale, dominato tuttavia dall’incompiutezza. incessante, une référence “fi lée”, comme on le dit d’un «L’atelier romain de Stendhal – nota lo studios – re- certain type de métaphore, celle qui imprègne durable- gorge de ces trésors qu’on a méprisés parce qu’on n’y ment une matière textuelle, en guide le sens, et dicte voyait que des échecs. La littérature, au rebours de la le foncionnement» (p. 137). Procedendo nell’indagine, peinture, demande le fi ni, exige un début, et une fi n,

sf150_interni 617 23-02-2007, 16:50:06 618 Rassegna bibliografi ca

répugne au fragment» (p. 258). Sandra TERONI propo- ne del Santo Sepolcro, con il gran numero di episodi ne (pp. 261-76) un articolato studio che si concentra su laterali che fanno da contorno all’unità di fondo del- effettive corrispondenze tra l’opera dedicata all’Urbe l’argomento, lasciano tracce mnestiche inconfutabili e la composizione delle Idées italiennes sur quelques nel giovane Henri, dalla descrizione delle battaglie tableaux célèbres, di Abraham Constantin, pubblicate all’intervento delle forze magiche e divine. «A Pauli- dal Vieusseux nel 1840, che videro tuttavia Stendhal ne, qui apprend l’italien, Beyle recommande la lecture implicato in prima persona nel lavoro dell’amico pit- du Tasse et l’incite à pratiquer une traduction inter- tore, un’opera su cui ogni apporto rende sempre più linéaire» (p. 129) scrive Esquier, visualizzando dunque chiara la posizione del grenoblese e meritevole ancora quanto Beyle si sia da sempre trovato in connessione di nuovi approfondimenti. Un nuovo, illuminante stu- immediata con i versi tassiani e non solo della più no- dio su Lodovico Ariosto e sulle ripercussioni di que- ta Gerusalemme Liberata, di cui già nel 1804 traccia st’ultimo, autore prediletto fi n dall’adolescenza, sul- alcune Remarques, dove già si sente l’entusiasmo per l’opera di Stendhal, è condotto da Francesco SPANDRI il grande poeta vissuto in un clima controriformistico, (pp. 277-93) che, utilizzando una campionatura di te- che sovente infl uenzò la sua natura poetica. Ma non sti, fa emergere, come la ricerca stendhaliana dell’ope- solo l’intreccio, le avventure grandiose dei crociati e ra rivisitata conduca a un reticolo di circolazioni atte a altresì di alcuni valorosi combattenti dell’esercito ne- presupporre nuove funzioni e innovative conclusioni mico si ritrovano idealizzati; come nota ancora Esquier che vengono messe in gioco per concretizzare la storia. «le Tasse a suscité chez Stendhal une réfl exion sur les In questo l’Ariosto ebbe grande forza. Letizia NORCI passions qui a nourri l’érotique romanesque» (p. 138), CAGIANO (pp. 295-310) si ripropone un interessante come la prima storia d’amore che si incontra nel poe- studio che vede la stagione romana di Stendhal inne- ma, caratterizzata, quanto le successive, da un senso stata in La Chartreuse che si svolge in terra lombarda, di fatale incomunicabilità, di vicinanze impossibili, dove per altro, come ben sostiene Cagiano, «gli aggan- quella di Sofronia e Olindo fi no agli amori tragici di ci colla realtà sussistono e costituiscono il punto di par- Tancredi per Clorinda o della maga Armida per il cri- tenza imprescindibile per le costruzioni romanzesche a stiano Rinaldo, in un susseguirsi di passioni, foriere venire» (p. 304). Conclude il volume un assai rilevante di sciagura. Dal Journal, a Henry Brulard ai più tardi contributo della grande studiosa Béatrice DIDIER (pp. Privilèges, «[l]a lecture du Tasse – conclude il critico 311-22) dove, in un’allargata investigazione sullo Sten- - fut pour Stendhal écrivain une lecture capitale» (p. dhal «romano» in 1835-1836, viene dimostrato che 140); non è certo da tralasciare che nell’«ennuyeuse» «[c]’est que Rome lui est indispensable, non seulement Civitavecchia vi è l’intenzione da parte di Stendhal di à cause de l’activité présente de la Ville et des amitiés dedicare al Tasso un‘opera teatrale: nasce così in data qu’il y a nouées, mais parce que Rome est le lieu par 2 novembre 1834 l’idea del Torquato Tasso, di cui re- excellence de la mémoire» (p. 311). stano solo alcuni plans che tuttavia, nell’inachevé sten- Da segnalare ancora che l’elegante volume è altresì dhaliano, hanno un posto di tutto rilievo, che a dire del corredato da un ricco apparato iconografi co con tracce critico «s’inscrit dans la continuité des réfl exions, que assai innovative, di profondo interesse per stendhaliani nous avons relevées: Stendhal se propose de “peindre e “amateurs”, che lo arricchisce ulteriormente. l’état vrai de l’Italie en 1575” (soit à la date de la fi n de la composition de la “Jérusalem délivrée”)» (p. 133), [ANNALISA BOTTACIN] progetto che lo avrebbe condotto ancora una volta ad addentrarsi nei meandri più insidiosi della storia del paese prediletto, l’Italia. SUZEL ESQUIER, Stendhal lecteur du Tasse in Une li- [ANNALISA BOTTACIN] berté orageuse Balzac-Stendhal, Moyen Âge, Renaissan- ce, Réforme. Actes du Colloque International, Tours, 27-28 2003. Textes réunis par M. ARROUS, F. BOUSSARD Adolphe Thiers, critique d’art, Salons de 1822 et de et N. BOUSSARD, Saint-Pierre-du-Mont, Eurédit (sans 1824, édition présentée et annotée par Marie-Claude date) pp. 127-42. CHAUDONNERET, Paris, Honoré Champion, 2005; pp. 261.

Suzel Esquier, autrice di esemplari lavori su Sten- Si l’on excepte un article, déjà de Marie-Claude dhal melomane, imposta il suo contributo su un valido Chaudonneret, dans le numéro de la Revue des Scien- percorso che si snoda dall’adolescenza agli anni maturi ces morales et politiques consacré à Thiers collection- dello scrittore grenoblese, alla scoperta e alla appassio- neur et amateur d’art en 1998, la critique d’art de nata lettura di Torquato Tasso, autore prediletto che Thiers a rarement suscité l’attention de la critique. On s’integrerà in una complessità che va riletta all’interno n’en a guère retenu, grâce à Baudelaire, à Théophile di un gioco di infl ussi che s’incorporano sovente con Silvestre et à quelques autres, que la prophétie qui, l’opera. «La fi gure du Tasse, on le voit, – scrive Esquier dès le Salon de 1822, promettait à Delacroix «l’avenir – a contribué à nourrir chez Stendhal une réfl exion sur d’un grand peintre». C’est donc une heureuse initiative le génie, dont il souligne les composantes paradoxa- que d’avoir réédité les deux Salons que le jeune avocat les, à la fois la fragilité, et la puissance de création. Il aixois publia en 1822 et 1824, pour l’essentiel dans Le n’est pas excessif de dire que la lecture de l’œuvre a Constitutionnel; mais le texte retenu pour le premier fécondé une poétique romanesque» (p. 128). La Ge- Salon, est celui de l’édition en volume, passablement rusalemme Liberata s’enuncia invero quale «source de revue et augmentée, parue chez Maradan en 1822; et, romanesque». Desidero tra l’altro segnalare una recen- pour le second, sont joints aux feuilletons reparus en te, innovativa traduzione francese ad opera di Michel volume, ceux qui furent publiés dans Le Globe et La Orcel (Jérusalem libérée, Paris, Folio classique 2002) Revue européenne, un article d’annonce du Salon – soit del poema dedicato dal Tasso ad Alfonso d’Este, in cui la presque totalité des critiques de Salons écrites par viene narrata la fase conclusiva della prima crociata, Thiers – et d’autres textes qui marquent, du point de dall’assedio di Gerusalemme, alla sua conquista sino vue de l’histoire de la critique d’art du début du XIXe alla battaglia di Ascalona e alla defi nitiva liberazio- siècle, une étape signifi cative.

sf150_interni 618 23-02-2007, 16:50:06 Ottocento 619

Thiers n’était pas un critique professionnel et ses plus ou moins tous. «Qui mange qui?» s’applique aussi Salons relèvent plutôt d’une stratégie de carrière, mais bien aux indigestions ou famines de ces animaux fort l’intérêt de ses feuilletons tient précisément à ce regard humains qu’à l’appât du gain, à l’exercice du pouvoir, d’homme de lettres – l’ut pictura poesis en est un pré- au commerce triangulaire que pratique scrupuleuse- supposé implicite – porté sur la “révolution” en train ment (ô ironie dumasienne!) le capitaine Pamphile. de s’accomplir en peinture au début de la Restaura- Heureusement «l’artiste est l’avenir de l’homme» (p. tion. Son admiration va d’Hersent et Granet, Heim 33): cette «littérature désédifi ante» (p. 34) dépasse la et Léopold Robert à Prud’hon et Delacroix; mais perspective enfantine de la fable animale pour présen- elle concerne surtout Gérard, notamment pour sa Co- ter le tableau d’un refuge esthétique utopique, conso- rinne au cap Misène (qui est aussi l’occasion de quel- lateur des désillusions de 1830. ques jugements sans aménité sur Madame de Staël) et “M. Horace” dont il commente, en 1822, l’exposition [LISE SABOURIN] privée que Vernet avait organisée dans son atelier. Il perçoit avec une remarquable clairvoyance les ten- dances qui sont en train de s’affi rmer, l’indépendance ALEXANDRE DUMAS, Le Chevalier de Sainte-Hermine, que conquièrent les artistes, l’importance nouvelle du texte établi, préfacé et annoté par Claude SCHOPP, Pa- genre et l’avenir du paysage; mais il pose aussi bien la ris, Phébus, 2005, pp. 1075. question de la survivance de la peinture d’histoire et celle du “style”. Ce tout dernier roman qu’Alexandre Dumas n’a L’ouvrage est précédé d’une substantielle préface pas eu le temps de faire paraître en volume gisait, qui éclaire le contexte des deux Salons, notamment méconnu, dans les colonnes du «Moniteur universel» les liens qui existent entre art et politique – les salons où il parut au rythme quotidien du feuilleton de «rez- font déjà l’apologie de la liberté – et le débat contem- de-chaussée de la une», comme dit joliment Claude porain entre néo-classiques et romantiques: s’y pla- Schopp, du 1er janvier au 9 février 1869, puis de ma- cent les choix de Thiers, son parti pris en faveur de nière moins régulière jusqu’au 5 juin pour sa première l’“originalité”, mais aussi d’une “école nationale” et partie, fort soutenue du 6 juin au 30 septembre pour la le soutien qu’il apporte à la révolte de la génération deuxième, enfi n du 2 au 30 octobre pour la troisième. romantiques contre les “immobiles” et “la raideur du L’œuvre resta cependant inachevée du fait de la dégra- style académique”. Il faut savoir gré en outre à M.-C. dation de la santé de l’auteur qui, malgré un séjour sou- Chaudonneret de nous restituer aussi les cinq litho- haité réparateur à Roscoff durant l’été 69, vint s’étein- graphies de Motte qui illustraient le petit volume du dre chez son fi ls dans sa maison de Puy près de Dieppe Salon de 1822, paru chez Maradan (il est dommage le 5 décembre 1870, quelques jours avant l’entrée des cependant que la qualité des reproductions soit très troupes prussiennes à Paris. inférieure à celle des lithographies d’origine). Un Mais ce n’est pas seulement à titre biographique que indispensable index des noms propres complète un Claude Schopp peut intituler sa préface (pp. 13-71) effi cace dispositif de notes qui va à l’essentiel et resti- «Le testament perdu». En effet, il démontre combien, tue aux textes une manière d’actualité. Le seul regret qu’on puisse formuler est que l’illustration n’ait pu être après Les Blancs et les Bleus et Les Compagnons de plus généreuse. Jéhu, vaste tableau de l’histoire récente, de la Terreur au retour d’Égypte de Bonaparte et au 18-Brumaire, [MARIE-HÉLÈNE GIRARD] ce Chevalier de Sainte-Hermine termine la «pré-his- toire du présent» (p. 50) auquel renvoie par sa situa- tion après 1815 Le Comte de Monte-Cristo. Rappelant ALEXANDRE DUMAS, Le Capitaine Pamphile, édition les perspectives dumasiennes formulées dès Gaule et de Claude SCHOPP, Gallimard, «Folio classique», 2003, pp. 373. France, C.Schopp insiste sur la continuité ainsi assu- rée depuis les romans historiques de la seigneurie (La Outre une chronologie biographique de l’auteur, Reine Margot, La Dame de Montsoreau, Les Quarante- une note sur la structure et la temporalité de l’oeuvre, cinq), ceux de la monarchie absolue (Les Trois Mous- une bibliographie et un index des personnes et per- quetaires, Vingt Ans après, Le Vicomte de Bragelonne) sonnages, Claude Schopp préface (pp. 7-35) et annote et, outre Les Mémoires d’un médecin, ceux du cycle (pp. 313-362) Le Capitaine Pamphile, un des tout pre- révolutionnaire de Joseph Balsamo à La Comtesse de miers romans de Dumas, plus connu par ses drames Charny et au Mouron rouge: Dumas souhaite éclaircir en 1834, lorsque paraissent dans «Le Journal des en- pour le lecteur, à l’instar de la Comédie balzacienne, fants» les trois premiers chapitres, sous les titres de «le Drame de la France», de la Renaissance (faute de er remonter à saint Louis comme il l’aurait souhaité) au JacquesI et JacquesII; il n’en est déjà plus de même e en 1838 quand est publiée la suite (les chapitres IV à XIX siècle. XV), Dumas ayant signé par sa nouvelle position de On retrouve dans ce Chevalier les convictions et les critique dramatique à «La Presse» son tournant vers techniques du romancier: pathétique de la condition la prose narrative. humaine jetée dans l’histoire sans savoir quel dessein Ce roman constitue donc un prélude à la carrière chacun accomplit au regard de Dieu, souci aristotéli- du romancier aux multiples volumes du Drame de la cien d’«instruire en distrayant» grâce aux émotions France. La préface de C. Schopp analyse bien cette po- partagées avec les aventures des protagonistes, posi- chade burlesque, parodique des descriptions romanes- tion fascinée et vengeresse à la fois envers Napoléon ques du temps. Cette histoire de ménagerie assemblée d’un fi ls de général, «Horatius Coclès du Tyrol» (p. 58) dans l’atelier d’un peintre – l’ours Tom, le singe Jac- évincé de la gloire faute d’avoir pu répondre à l’appel ques, Mlle Camargo la grenouille et la tortue Gazelle de la Convention à la veille du 13 vendémiaire. Dumas, – révèle à Dumas sa verve et sa liberté. La voix unique âgé de 13 ans, avait pu mesurer «l’abîme» (Dumas, p. du narrateur – même masqué sous son délégataire – 57) en voyant passer l’Empereur à Villers-Cotterets de entremêle conte pour rire et désespoir au fi l de notices retour de l’île d’Elbe, puis après Waterloo: depuis sa nécrologiques des esclaves du ventre que nous sommes pièce Napoléon Bonaparte ou Trente Ans de l’histoire

sf150_interni 619 23-02-2007, 16:50:07 620 Rassegna bibliografi ca

de France, il médite sur ce «génie solaire» de la France ne degli affetti: la solitudine del morente che avvolge e qui est aussi «l’ogre corse» qui la saigne. accompagna il personaggio balzachiano fi n negli ultimi Hector de Sainte-Hermine, héritier du serment istanti della sua vita rifl ette quel processo di «reifi cazio- royaliste qui a décimé sa lignée, se fait donc le David ne dell’umano» (p. 29) che costituisce uno tra i fulcri de ce Goliath: endurci comme Dantès par sa métamor- dell’intera vicenda. Con Balzac, scrive l’A., «la visio- phose carcérale au Temple, devenu le plébéien René, il ne della morte viene ricondotta all’hic et nunc, perde sert l’Aigle issu de la Révolution pour le bénéfi ce de la qualsiasi signifi cato verticale, cioè soprannaturale, per nation, tout en incarnant sa mauvaise conscience d’une ampliarsi in orizzontale, a livello, cioè, della concretez- aristocratie sacrifi ée, ne reçoit qu’ingratitude du roi za e della tangibilità che l’accompagnano» (p. 28). Tut- restauré, fi nit sauvé par l’amour de celle que le devoir à tavia, il lettore che partecipa alla lenta agonia di Goriot l’appel des Jéhu l’a empêché d’épouser. C’est dire que riconosce e coglie in quegli istanti il segno di un riscat- Dumas en fait le témoin de l’histoire de Napoléon, der- to, di una nuova possibilità di rinascita di una «libertà nier instrument, après César et Charlemagne, de l’énig- totale» (p. 30) interiore che proprio nella solitudine e matique Providence. nell’abbandono trova la propria sublimazione. [LISE SABOURIN] Diversamente da Goriot, il Raphaël de Valentin de La Peau de chagrin percorre il breve ciclo della sua esi- stenza terrena sottostando ai frenetici impulsi del desi- ELENA DEL PANTA, ‘L’incognito du génie’. Rifl essi derio e della conquista dimostrando «l’inadeguatezza d’autore nella “Comédie humaine”, «Paragone lettera- della vita a qualsiasi sogno e a qualsiasi aspirazione tura», Anno LV, Terza serie, Numero 51-52-53, Feb- dell’umanità» (p. 40). L’ambiguità di questa fi gura, an- braio-Giugno 2004, pp. 84-102. che nella morte, fa de La Peau de chagrin un «romanzo dell’incertezza, in cui Balzac fonde i due contrari: il tra- L’evidente complicità tra autore e narratore pre- gico impasse del desiderio che sfocia nella follia e nella sente negli spazi testuali e paratestuali della Comédie morte» e la «sublime evasione di un angelo straniero humaine e caratterizzante gli stili della scrittura balza- a questo mondo che riesce a sottrarsi alla bieca mate- chiana così esemplarmente inserita in un contesto che rialità terrestre per raggiungere la sua agognata patria rende solidali gli estremi più lontani e apparentemente celeste» (p. 43). inconciliabili della realtà e della fi nzione, è effi cace- [MARCO STUPAZZONI] mente analizzata da Elena Del Panta in questo studio. Seguendo da vicino gli scenari narrativi e lasciandosi guidare dalle indicazioni fornite dallo stesso roman- LOREDANA BOLZAN, Segreti e bugie. Balzac nel cuore ziere, l’A. delinea la concezione balzachiana di autore femminile, «Rivista di Letterature moderne e compa- e verifi ca in quale misura e in quali termini tale istanza rate», vol. LVIII, nuova serie, Fasc. 1, gennaio-marzo risulta registrabile nel testo narrato in terza persona, 2005, pp. 33-57. «indipendentemente dalla volontà – o dalla consape- volezza – del suo creatore» (p. 86). L’idea di una raccolta omogenea di studî sull’uni- In una strategia combinata di enigmaticità e di verso femminile intitolata: Études de femme nasce e svelamento, il binomio ‘auteur/narrateur’ si confi - si matura progressivamente in Balzac a partire grosso gura, nell’opera di Balzac, come un Giano bifronte, modo dal 1832 come testimoniano le numerose tracce come un «tutto unico» in cui la differenziazione tra i di questo progetto presenti nella Correspondance. Og- due termini incarna soltanto «una funzione pratica e getto di studio privilegiato dallo sterminato campiona- ideologica: al primo – l’’autore’ incognito che appare rio di tipologie umane e sociali quali sono descritte da negli scritti liminari – il compito di presentare, spie- Balzac nella sua opera, la natura femminile ha come gare, difendere, polemizzare; al secondo – suo organo sua primaria connotazione quella di resistere ad ogni o doppio nel testo – quello di raccontare, ossia di razionale delucidazione e ad ogni univoca rappresenta- strutturare in parole il mondo rifl esso nello sguardo- zione di tipo realistico: per questo, la sua trasposizione miroir» (p. 90). letteraria attraverso le forme della scrittura narrativa [MARCO STUPAZZONI] può considerarsi, sia dal punto di vista narratologico sia da quello più propriamente metodologico, una sfi - da di ordine ontologico poiché il suo oggetto, il cuore MARCO NUTI, Da “Le Père Goriot” a “La Peau de femminile, «sembra per defi nizione refrattario non so- chagrin”: lo sguardo sulla morte in Honoré de Balzac, lo a ogni conoscenza unilaterale ma all’enunciazione «Il lettore di provincia», anno XXXV, fascicolo 121, stessa della propria verità» (p. 33). La trasfi gurazione settembre-dicembre 2004, pp. 25-43. romanzesca di questa insondabile dimensione del cuo- re umano propria dell’universo femminile, vista nelle Il tema della morte attraversa gli spazi e segna i de- sue implicazioni tematiche e metodologiche, implica stini dei personaggi della Comédie humaine quanto anche il ricorso a tecniche e a strategie di scrittura quello della vita: l’oggetto di studio di questo interes- predisposte e funzionali alla esplicitazione di tutte sante saggio di Marco Nuti è la visione tanatologica quelle sofi sticate varianti connesse alla duplice cate- dello scrittore esemplifi cata in due opere-chiave del goria ‘menzogna-verità’: accanto al classico ricorso alle suo universo narrativo, Le Père Goriot e La Peau de tecniche della dissimulazione inerenti alle strategie di chagrin. La scelta di questi due romanzi, puntualizza seduzione, Balzac ci propone, all’interno della varie- l’A., è stata determinata dalla volontà di «delineare il gata schiera dei suoi ‘racconti al femminile’, anche l’in- quadro della ritualità della morte sociale del povero termittente complicità tra opacità e mistero del vero e nella grande città» e di far emergere come «la ricerca discorso che trova il suo punto estremo di confusione ossessiva dell’Assoluto romantico diventi un micidiale semiologia e morale nella depravazione incarnata in strumento di autodistruzione e morte» (p. 25). modo sublime dalla princesse de Cadignan. Nell’affer- Sotto il peso del nuovo equivalente morale della so- mare infatti «il primato della mistifi cazione come rego- cietà borghese, il denaro, la sublime, ma cieca, pater- la dei rapporti interpersonali» (p. 50), il racconto: Les nità di Goriot soccombe alla logica della mercifi cazio- Secrets de la princesse de Cadignan amplifi ca le vertigini

sf150_interni 620 23-02-2007, 16:50:07 Ottocento 621

di un paradosso sentimentale, mondano e morale, che de dépendance excessive envers sa mère. Laurence «dà luogo alla doppia verità intorno alla principessa, in RICHER étudie la correspondance d’une période très quanto la cruda legge dell’opinione, che ne ha certifi ca- différente et relève les nombreuses coupures et modi- to irreversibilmente l’identità, mette a nudo il confl itto fi cations opérées par la seconde Mme Quinet dans le fra l’apparire e l’essere, con il prevalere del marchio texte des lettres d’exil qu’elle a publiées après la mort indelebile della depravazione di cui gli altri propagano de son mari. Cependant elle ne fait pas d’Hermione la fama» (p. 51). Quinet une veuve abusive, préférant lui témoigner un [MARCO STUPAZZONI] sentiment de compréhension: «l’édition donnée par Mme Quinet, si peu scientifi que qu’elle soit, ne trahit pas fondamentalement les intentions de Quinet dans GUY LAVOREL et LAURENCE RICHER, Quinet en ques- sa correspondance d’exil» (p. 42). L.Richer évoque tion. Actes du colloque de Bourg-en-Bresse pour la les relations épistolaires entre Quinet et les autres commémoration du bicentenaire de la naissance d’Ed- exilés, s’attarde aussi sur les lettres échangées avec gar Quinet, Lyon, C.E.D.I.C.-Université Jean Moulin ses éditeurs et des journalistes restés en France. Elle Lyon3, 2004, pp. 125. souligne l’importance de la correspondance pour une appréciation juste des idées de Quinet sur la politique, Quinet est une grande fi gure du XIXe siècle fran- l’histoire et la création littéraire. Elle soulève aussi une çais, mais son œuvre n’attire pas l’attention qu’elle question fort intéressante: pourquoi Hermione Qui- mérite. Récemment cependant nous avons assisté à un net, une Roumaine, a-t-elle exclu de son édition des véritable regain d’intérêt pour sa pensée et ses écrits. lettres d’exil presque toute trace des correspondants Simone Bernard-Griffi ths a publié son étude du my- roumains de son mari? Espérons que ce volume sus- the de Merlin l’Enchanteur chez Quinet et Laurence citera de nouvelles vocations. Beaucoup d’aspects de Richer sa biographie intellectuelle du penseur. Sur- l’œuvre de Quinet sont encore inexplorés. prennent chez Quinet ses multiples centres d’intérêt et sa curiosité universelle. Au cours d’une longue vie, [CERI CROSSLEY] il se consacre à la poésie, à l’histoire, à l’histoire natu- relle, à la philosophie, à la critique d’art, au récit de voyage, à l’autobiographie… En 1989, au moment du FRANÇOISE MASSARDIER-KENNEY, Traduire Valvèdre, bicentenaire de la Révolution française, la critique s’est George Sand Studies, vol. 23, 2004, pp. 62-69 souvenue du grand livre sur la Révolution que Quinet a publié sous le Second Empire, ce qui lui attire les Plus qu’un commentaire sur la façon de traduire foudres de certains de ses amis républicains. Les par- Valvèdre (1861), roman de George Sand, qui a été peu ticipants au colloque de 2003 se penchent sur la vie de considéré, tant par la critique que par le public, alors Quinet et examinent ses idées politiques et religieuses. qu’il avait connu un certain succès lors de sa parution, Sa production littéraire – qui a occupé une bonne pla- cet article, court mais dense, est avant tout une ré- ce lors du précédent colloque, tenu en 1975 pour célé- fl exion sur la façon dont le traducteur doit se compor- brer le bicentenaire de sa mort – est largement laissée ter devant toute œuvre ainsi qu’une analyse de ce qui de côté ici. Jacqueline LALOUETTE (pp. 79-96) propose fait la spécifi cité du style de George Sand. une excellente mise au point des rapports de Quinet En effet Françoise Massardier-Kenney, qui fait un avec la libre-pensée en insistant sur son concept-clé tour d’horizon des différentes traductions en anglais de révolution religieuse. Henri BONNET (pp. 97-108) et regrette la quasi-absence de traductions de Geor- et Roger GORINI (pp. 109-20) abordent divers aspects ge Sand dignes de ce nom, considère que l’activité de sa pensée religieuse. Mihaï UNGUREAN (pp. 69-75) de traduire suppose que le traducteur ait étudié au nous rappelle son infl uence considérable sur les intel- préalable les caractéristiques stylistiques de l’auteur lectuels roumains. Michel LEROY (pp. 11-20) traite de à traduire afi n de les reproduire. Traduire équivaut à ses idées sur l’enseignement. Bernard BOURGEOIS (pp. “restituer” un style, ce qui fait sa spécifi cité et non es- 57-63) évoque les rapports entre Quinet et la pensée al- sayer d’“arranger” la langue d’un auteur comme c’est lemande: son engouement de jeunesse pour Herder et souvent le cas. On ne peut se permettre de couper les l’idéalisme allemand est bien connu, mais est souligné phrases, retrancher des mots, voire éliminer des pas- un fait capital: «[Quinet] n’a pas l’idée d’une logique sages. Il faut restituer toute œuvre avec fi délité pour de l’histoire faisant de la négation du négatif quelque qu’elle soit connue et “reconnue” pour ce qu’elle est. chose de positif. Il a l’idée d’une logique négative du D’ailleurs, Françoise Massardier-Kenney, qui a négatif, non d’une logique positive du négatif» (p. 61). entrepris de traduire Valvèdre en anglais, en particu- Les connaissances les plus nouvelles sont celles appor- lier parce qu’il s’agit «d’une œuvre capitale pour qui tées par Gérard PEYLET (pp. 25-38) et Laurence RICHER veut comprendre la modernité de George Sand», «son (pp. 39-53) qui éclairent la vie et les sentiments de Qui- constructivisme», «ses innovations au niveau narrato- net en se penchant sur sa correspondance. G.Peylet logique» (p. 64), s’attache à montrer certains aspects examine les lettres envoyées à sa mère Eugénie entre qui caractérisent le style de Sand dans ce roman et que 1808 et 1830, possessive, ambitieuse pour son fi ls qui le traducteur se doit de reproduire, comme la nécessité grandit sous son infl uence (son père est froid et dis- de recréer le “réseau signifi ant” de cette œuvre; c’est tant), mais s’émancipe progressivement en affi rmant le cas pour la série de métaphores sur la femme liées à sa personnalité. «[La] nécessité de transparence à soi la botanique, qui mettent l’accent sur “développement et à l’autre» (p. 30) qui caractérise la relation initiale à naturel” de la femme, ou pour le réseau métaphorique la mère est remise en question lorsque Quinet rencon- lié au champ juridique et fi nancier qui a la fonction de tre la vie intellectuelle de Paris et s’y fait de nouveaux “légitimer le divorce”, autre thème crucial de Valvèdre. amis. Avec le départ pour l’Allemagne en 1825 et la Il en est de même pour les démonstratifs qu’il convient rencontre de celle qui deviendra sa première femme, de ne pas effacer en anglais comme c’est souvent la le Quinet de 1830 découvre l’équilibre de l’adulte et tendance puisque pour George Sand c’est une façon laisse derrière lui l’adolescence, surmontant les symp- de “rapprocher le lecteur du monde du roman”, ainsi tômes du mal du siècle et se libérant d’un sentiment que pour les abondantes expressions impersonnelles,

sf150_interni 621 23-02-2007, 16:50:08 622 Rassegna bibliografi ca

comme “il me semble”, indispensables pour souligner soccombere, sopraffatto dall’insormontabile potere la diffi culté que les hommes ont de percevoir le monde dell’immaginario simbolico. tel qu’il est réellement. [MORENA PETRICH] En outre, le traducteur, s’il veut rester fi dèle au texte qu’il traduit, doit également consulter ce qu’on appelle les “textes parallèles”, c’est-à-dire des œuvres MARIE-CHRISTINE GARNEAU DE L’ISLE-ADAM, L’Advi- d’auteurs écrivant dans la langue d’arrivée (en l’occur- sion d’Aurore, George Sand Studies, Vol. 24, 2005, rence l’anglais dans le cas de l’auteur), contemporains pp. 48-58. de l’écrivain que l’on veut traduire et qui ont subi son infl uence. C’est le cas, parmi d’autres, de James, Sulla lunga scia de L’Advision Christine de Christine grand admirateur de George Sand qui utilise un style de Pizan, di cui l’A. sottolinea la matrice autobiografi ca et des sujets proches de ceux de cette dernière. A titre e politica, George Sand ne l’Histoire de ma vie si allon- d’exemple, l’auteur montre que le projet de “sortir de tana dalle Memorie dei grandi nomi della letteratura soi” évoqué par George Sand dans Valvèdre se retrou- francese (Lamartine, Chateaubriand, ecc…) e traccia ve dans l’œuvre de James et correspond à l’expression uno spazio nuovo, che Marie-Christine Garneau de “getting out of oneself”, employée par ce dernier, et l’Isle-Adam defi nisce “espace littéraire, politique et dont le traducteur peut tirer profi t. autobiographique, original et originel aux femmes et Ainsi, Françoise Massardier-Kenney, mettant en à leur enfance dans un désert littéraire créé par la mé- pratique les importants préceptes énoncés au départ moire (les Mémoires?) des hommes”. Nel primo capi- sur la traduction, met en évidence plusieurs caracté- tolo dell’opera autobiografi ca Histoire de ma vie, Sand ristiques du style George Sand dans Valvèdre que le delinea con dovizia di particolari le gloriose radici del traducteur se doit de respecter et de recréer, telles que suo albero genealogico, quasi a voler autorizzare la sua sa fl uidité, la symbolique des noms, la présence de tout prise de parole con l’autorevolezza dei suoi avi: in effetti un “réseau signifi ant” de métaphores, l’emploi cons- il genere memorialistico, nel quale di primo acchito si tant de “doublets”, tant d’exemples qui ont le mérite inserirebbe l’opera, presuppone illustri natali e una di- de nous amener à “redécouvrir” ce qui constitue le scendenza pura e nobile ma c’è qualcosa che stona nel- “canon sandien”. la versione pionieristica e dissonante che ne propone Sand: la rilevante preponderanza dei ricordi d’infanzia [SONIA GEROLIMICH] e d’adolescenza. La cronistoria psicologica e sentimen- tale della vita di Sand si iscrive dunque in un duplice ed ingannevole statuto di memoria, senza suffi ciente né THELMA JURGRAU, George Sand’s Use of Christian Imagery in Four Works Depicting Jewish Characters, adeguata memoria storica, e autobiografi a (genere allo- George Sand Studies, Vol. 24, 2005, pp. 3-23. ra ancora ai timidi prodromi), con troppa attenzione per un’età e un racconto di sé ancora poco e diversa- mente esplorato: agli occhi dei lettori e delle lettrici di Thelma Jurgrau affronta il pensiero, con le zone oggi un simile dato – tra l’altro caratteristico dell’arte d’ombra e di ristagno, della paladina delle idee pro- sandiana, maestra dell’alchimia di elementi più o me- gressiste di mezzo secolo di storia (sociale, politica e no eterogenei – non desta il minimo stupore visto che letteraria) francese del XIX secolo sugli ebrei. Non è l’andare controcanone è una (buona e) diffusa pratica un mistero che il tenace ottimismo di Sand ha intravi- della recente scrittura femminile che non potrebbe fare sto nell’ispirazione ai precetti cristiani una via di fuga e difetto ad una delle Madri della letteratura delle don- di salvezza dalle aspre delusioni che le aveva riservato ne. Analizzando nel dettaglio il testo in esame, l’A. rin- l’esperienza politica: il suo noto umanitarismo fi lantro- traccia nella riproduzione delle lettere del padre e della pico si presta perfettamente ad una lettura in fi ligrana nonna paterna tutto il patrimonio storico e uffi ciale, le- di quattro sue opere alla ricerca di tracce rivelatrici del gato allo spazio pubblico, della biografi a di Sand men- suo atteggiamento e, al contempo, sintomi, letterari e tre nella matrice autobiografi ca e nella relazione dei simbolici dell’opinione pubblica nazionale a lei con- ricordi d’infanzia intravede l’ascendenza materna, po- temporanea. I testi presi in esami sono: i romanzi Spiri- polare e privata, inevitabilmente uffi ciosa. Se il lignag- dion (1838), Valvèdre (1861), Monsieur Sylvestre (1865) gio paterno conferisce lustro e nobiltà alla sua nascita e il dramma Les Mississipiens (1840). Non è un mistero unitamente alla cultura e alla raffi natezza della fi gura che le posizioni ideologiche di Sand devono molto a della nonna paterna (les Mémoires, sottolinea l’A.), la Pierre Leroux che faceva confl uire nelle sue teorie fede presenza illetterata ed umile della madre amplifi ca il cristiana e fi ducia nel progresso sociale. Mantenendo ruolo del ricordo infantile (l’autobiographie). in primo piano il parallelo tra storia nazionale ed in- Chateaubriand e Rousseau avevano intrapreso la dividuale e quindi evidenziando le ripercussioni degli strada del ricordo prima di Sand e tra la scrittrice e eventi storico-politici nella dimensione personale del- l’autore dei Mémoires d’outre-tombe viene stabilito un l’autrice, è interessante notare come, in seguito all’ina- forte legame, fi tto di affi nità ma anche di contrasti: l’A. sprirsi dell’ostilità nei confronti degli ebrei, che crebbe ripercorre una nutrita serie di similitudini e coinciden- in particolare durante l’acme rivoluzionaria del 1848 e ze nelle esperienze di René ed Amantine-Lucile-Auro- che si manifestò in episodi di esacerbata intolleranza e re utilizzando anche la valenza paradigmatica dei loro violenza anti-ebraica (come quelli avvenuti in Alsazia), difformi sentimenti nei confronti del potere stesso e nell’epistolario di Sand, compaiano segni di razzismo. dell’uomo che lo incarnò: Napoleone. La Storia di Analizzando i tratti salienti e secondari dei personaggi Sand, in cui entra tutto ciò che di umano c’è, è una ebrei che fi gurano nelle già citate opere, l’A. evidenzia realtà (onni)comprensiva e densa che nel caso de L’Hi- lo svolgersi dei sentimenti e delle opinioni di Sand a stoire de sa vie diventa eco anche dell’esistenza della proposito del Giudaismo in Francia che, pur evolven- madre e della nonna dando vita ad un nuovo ordine di do verso una sempre crescente focalizzazione sul sin- donna e di forma (e di sostanza) espressiva. golo individuo - con le sue caratteristiche individuali che poco, se non nulla, hanno a che vedere con la sua [MORENA PETRICH] appartenenza etnica (oggi; razziale allora) –, fi nisce per

sf150_interni 622 23-02-2007, 16:50:08 Ottocento 623

PIROSKA MADÁCSY, Le succès de Lélia en Hongrie cupa largo spazio del dibattito politico. Sin dai primi au XIXe siècle, George Sand Studies, Vol. 24, 2005, echi degli eventi rivoluzionari francesi del 1789, che pp. 84-94. ebbero enorme risonanza nell’opinione pubblica e nella sfera sociale, politica e culturale turca, il tema L’A. offre, attraverso la descrizione della ricezione dei diritti delle donne era balzato in primo piano tanto delle opere - e della rumorosa fama - di Sand un’in- che all’epoca delle riforme delle Tanzimat (1839-1876) teressante panoramica della letteratura e della di- erano state introdotte diverse misure di ammoderna- scussione sull’emancipazione delle donne in ambito mento dello statuto delle donne ispirate al modello ungherese in un maturo Ottocento. A onor del vero, occidentale che interessavano aspetti sociali ma anche dall’attenta ricostruzione dell’A. si evince che le voci e burocratici ed amministrativi delle istituzioni ottoma- le maldicenze sollevate dalla straordinaria condotta di ne. L’urgenza della “questione” sollecitò confronti e Sand la resero nota al pubblico di eruditi ed intellettua- discussioni e portò all’introduzione di notevoli muta- li ungheresi ben prima delle sue, seppur presto tradot- menti di vita e di costumi: se ne ebbero rifl essi anche a te, opere. L’interesse destato dalla vita avventurosa - e livello letterario e culturale come testimoniato dall’in- dalle molteplici ed esemplari vicende sentimentali che teresse suscitato anche nello scrittore ed intellettuale la caratterizzarono - incuriosì e scosse i benpensanti di Semseddin Sâmî che nel 1879 pubblicò un trattato dal tutta l’Europa e l’Ungheria non si sottrasse al compu- titolo Kadınlar (Le donne) nel quale decretava la pe- to, tanto che, sin dalla circolazione delle prime notizie, sante arretratezza dell’evoluzione delle donne turche emerse un ritratto di Sand dalle tinte caricaturali che la in confronto alle donne europee, in primis a causa dipinse come “ermafrodito libresco dal volto di sfi nge, dell’accesso negato all’istruzione scolastica. La storia fenomeno curioso mascherato da uomo, scrittrice con ci tramanda come poi l’impegno per l’emancipazio- la pipa in bocca che non è capace d’amore umano ma ne femminile funse da volano nell’affermazione dello solo di sentimenti di tigre e di leone”. Ciò nonostante stato nazionale turco e come le donne turche ebbero nella seconda metà del secolo Sand diventò una scrit- accesso al voto prima di molte altre donne, dieci anni trice di moda e ciò in particolare in un preciso periodo prima delle francesi e undici prima delle italiane tan- della storia ungherese detto “del dispotismo” (1849- to per citare qualche esempio. George Sand et Fatma 1867). L’A. mette in luce che, a dispetto del “mito eso- Aliye, scrittrici e pensatrici pionieristiche, nei loro libri tico” intessuto intorno alla sua fi gura, l’apprezzamento rispecchiano il credo del loro pensiero ed individuano per la produzione letteraria di Sand non fu mai messo ed enfatizzano il ruolo dell’indipendenza delle donne in discussione né dalla critica né dalla élite culturale per la costruzione di un’identità e di un destino indivi- che non smise di ispirarvisi o di farvi riferimento fi no duale (e nazionale) più felice. a elevarla a simbolo dei giovani intellettuali dell’epoca [MORENA PETRICH] delle Riforme. Il suo primo romanzo tradotto in un- gherese fu Lélia nel 1842 che non solo avvinse un vasto pubblico di lettori ma diede anche vigore alla diffusio- JEANNE GOLDIN, Construction du personnage au- ne di un genere allora poco esplorato nella letteratura tobiographique, George Sand Studies, Vol. 24, 2005, ungherese: l’impatto dell’opera fu tale che ne furono pp. 59-73. realizzate persino due imitazioni, una di Ignác Nagy e l’altra di Lázár Petrisevich Horváth che, sebbene lon- Intraprendendo, a metà della sua esistenza terrena, tane dalla forza dell’originale, conobbero un enorme la redazione della sua autobiografi a, George Sand in- successo. Tale seguito si può agevolmente misurare corse in una sfi da densa di pericoli che le attirò molte alla luce dei dati che confermano il crescente inte- critiche, sia per quanto vi raccontò che per quanto vi resse nei decenni successivi nei confronti dei romanzi tacque. L’A. prende le mosse dalla lettura di Sartre, sandiani: infatti tra il 1842 ed il 1877 22 libri di Sand elaborata dallo studioso e scrittore Serge Doubrovsky, furono tradotti in ungherese, a fronte ad esempio del per sondare il rapporto e le implicazioni tra autobio- dato italiano che indica 29 traduzioni nello stesso arco grafi a e creazione letteraria in Histoire de ma vie, in temporale. cui Sand fece sapientemente ricorso a tutte le armi e [MORENA PETRICH] gli espedienti del mestiere che mirabilmente padroneg- giava, autrice oltremodo prolifi ca e straordinariamente produttiva, entrando ed uscendo incessantemente da NURMELEK DEMIR, L’Expression romanesque de l’in- sfera conscia e inconscia. L’obiettivo primario della dignation féminine: Indiana de George Sand et Udî scrittrice fu presto dichiarato e già nell’introduzione (Oudi, joueuse de luth) de Fatma Aliye, George Sand – citata nell’articolo da Jeanne Goldin - Sand dichia- Studies, Vol. 24, 2005, pp. 74-83. rò propositi fermamente assunti nella trascrizione dei suoi ricordi: “Charité envers les autres. Dignité envers L’articolo stabilisce un parallelo tra le opere e le bio- soi-même. Sincérité envers Dieu. Telle est l’épitaphe grafi e di George Sand e di Fatma Aliye (1862-1936), du livre que j’entreprends”. E proprio questi propositi una delle prime scrittrici turche che con la regina della offuscarono in parte la sincera pittura dei fatti e delle scrittura romanzesca dell’Ottocento francese condivise persone, secondo ciò che in una lettera, a proposito di innanzitutto l’attenzione e la sensibilità per il pensiero Elle et lui al suo editore Buloz nel 1859, intese come e i diritti delle donne. L’analisi si concentra in parti- “perdonare” piuttosto che dissimulare o nascondere. colare sull’accostamento di due romanzi Lélia e Oudi Ciò che Sand non celò mai fu la sua passione e il ri- accomunati in primo luogo dal desiderio di illustrare conoscimento dell’imprescindibile valore esistenziale l’uomo nella complessità delle sue sfaccettature e dei della scrittura. E fu proprio su questo primario fattore suoi aspetti raccontando “l’histoire du cœur humain identitario che Sand (come d’altronde Sartre, che l’A. avec ses faiblesses, ses violences, ses droits, ses torts, ci propone in un pregnante parallelismo) costruì ed ses biens et ses maux” (Sand). La produzione letteraria incontrò il senso della (sua) vita: vocazione e salvez- e la rifl essione ideologica di Fatma Aliye si stagliano za si fondano e si rinsaldano, risvolti di un’unica via sullo sfondo di un momento cruciale della storia turca all’esistenza. in cui la discussione sull’emancipazione femminile oc- [MORENA PETRICH]

sf150_interni 623 23-02-2007, 16:50:09 624 Rassegna bibliografi ca

VÉRONIQUE MACHELIDON, “Female Melancholy and tes une nouvelle, abrégée (Livre de Poche, 2004) et the Politics of Authori(ali)ty in George Sand’s Indiana”, une, complète, en un volume (Gallimard, «Quarto», George Sand Studies, Vol. 24, 2005, pp. 24-47. 2004). Ce curieux disparate éditorial, assurément peu «lisible» de l’extérieur, paraît constituer un indice in- L’articolo, che l’autrice Véronique Machelidon téressant du statut décidément diffi cile d’Histoire de colloca immediatamente ad un bivio tra critica let- ma vie et, plus généralement sans doute, de l’œuvre teraria e critica psicanalitica, si propone una lettura de son auteur. di Indiana alla luce delle teorie freudiane e post- Ainsi que Simone BERNARD-GRIFFITHS le rappelle freudiane. La dettagliata analisi che vi è condotta si dans une ouverture bien menée et bien documentée incentra in particolare sul dissonante epilogo della (pp. 5-23), cette autobiographie que George Sand ré- vicenda romanzesca e sul mutamento di narratore e dige pendant de longues années avant de la publier en (conseguentemente) di tono che vi si registra. Il bru- feuilletons dans La Presse entre 1854 et 1855 est une sco passaggio di focalizzazione e di voce narrante dal- œuvre peu commune, fondamentalement «opaque»; l’obiettività della terza persona, che domina le prime elle invite à une multitude de lectures et réfl exions quattro parti dell’opera, alla soggettività della prima dont le volume apporte aussitôt la preuve par la di- persona, che nell’ultima parte introduce un elemen- versité des angles retenus, des sujets abordés. Parmi to sovversivo e sovvertitore del sistema patriarcale, la vingtaine d’articles que le volume compte au total, non può sfuggire al setaccio critico. La sottrazione on retiendra d’abord les propos d’Eric FRANCALANZA e del sigillo dell’autorevolezza al narratore maschile si (p. 43-75) sur la place du XVII siècle et ceux d’Anna iscrive nel segno dell’ambiguità per rovesciare quella SZABO (p. 77-92) sur la signification paradoxale du si- che Véronique Machelidon defi nisce “patriarchal (li- lence. Avec ceux d’Anne McCALL sur les «espaces de bidinal) economy”. lecture dans Histoire de ma vie» (pp. 253-264) et de Sin dalle prime pagine del romanzo il ritratto della Damien ZANONE sur la répétition des scènes de con- protagonista rivela le tinte del disagio e della prostra- fessions (pp. 281-294), ces articles constituent un ap- zione, con sentori di angoscia e tracce di anoressia port réellement original à la critique sandienne. Les che rimandano ad un quadro complessivo dal nome observations de Caroline BABULLE sur les lecteurs et “melancolia”. Luce Irigaray, citata dall’A., stabilisce lectrices d’Histoire de ma vie, résultat de recherches un nesso forte tra questi sintomi e “l’incapacità del- dans le fonds George Sand de la Bibliothèque Histo- la ragazza di accettare il suo destino sessuale” sullo rique de la Ville de Paris (pp. 181-201) ainsi que cel- sfondo di un anelito di un ritorno al pre-edipico re- les de Suzan van DIJK qui s’intéresse à la même ques- gno della madre. Oggetto sessuale e maschera del- tion aux Pays-Bas (pp. 203-221) ouvrent également l’inferiorità etnico-razziale, la protagonista è però al des perspectives intéressantes du côté de la réception contempo anche eco di una natura che non può non de l’œuvre. On peut juger peut-être un peu plus at- presentarsi esotica, dalle tinte selvagge e minacciose, tendus en revanche les articles consacrés à la musi- inquietante ed ostile come solo può essere un topos que, aux questions familiales, à l’écriture au féminin, intriso di “jeux bizarres”, “impressions hiéroglyphi- à l’écriture de soi et autre «construction d’identité»: ques”, “caractères mystérieux” inevitabilmente “sei- ils ne dépassent pas toujours une lecture psychologi- gn d’un être surnaturel, écrit en lettres cabalistiques” que assez convenue, ignorant par ailleurs nombre de (Sand, Indiana). Metafora dell’ignoto e dell’incono- travaux publiés sur les mêmes questions en France et scibile, densità impenetrabile di segni immodifi cabi- à l’étranger, en particulier ces trois dernières années. li, questa natura è richiamo e minaccia del represso, On appréciera davantage des remarques suggestives scarto e scotto per accedere all’ordine simbolico del sur «l’art de la digression» (Vigor CAILLET, pp. 161- padre. E la fi rma di questo spodestamento, letterario 180), le parallèle, aussi original que convaincant, en- ed esistenziale, ha le cifre dello pseudonimo maschile tre «Corambé» et Gribouille proposé par Dominique con cui nel 1832 Amantine – Lucile-Aurore fi rmò il LAPORTE (pp. 327-333) ainsi que le lien établi par Mi- manoscritto, maschera per accedere ad una “parola” chèle HECQUET entre Consuelo et Histoire de ma vie pubblica troppo maschile. (pp. 351-362), même s’il semble nécessaire de défi nir [MORENA PETRICH] les contraintes, et limites, d’une lecture aussi mani- festement biographique de la matière romanesque. Le volume se termine par une postface de José-Luis Lire Histoire de ma vie de George Sand, études DIAZ («La vie comme œuvre», pp. 363-381), que l’on réunies et publiées par Simone BERNARD-GRIFFITHS et appréciera diversement selon que l’on se trouve par- José-Luis DIAZ, Clermont-Ferrand, Presses univer- tisan enthousiaste du principe – dont il s’est fait le té- sitaires Blaise Pascal, «Cahiers romantiques», n° 11, nor – ou que l’on trouve bon de tenir le biographique 2006, pp. 381. en marge de l’entreprise de mise en roman de soi que l’autobiographie constitue nécessairement. À propos d’Histoire de ma vie, remarquons pour Ces quelques réserves mises à part, que l’on per- commencer qu’à l’époque où fut conçu le projet de mettra à tout lecteur soucieux de critique bien enten- volume, n’existaient de la volumineuse autobiogra- due, on n’en saluera pas moins un volume solide, bien phie de George Sand que deux éditions: celle de structuré, original à maints égards, qui vient éclairer Georges LUBIN (qui avait d’ailleurs pris avec la ver- avec des bonheurs divers une «entreprise» d’écriture sion défi nitive du texte, datant de 1876, quelques en tout point exceptionnelle. On ne peut qu’en re- libertés étonnantes) et une édition abrégée due à commander la lecture aux spécialistes de George Damien ZANONE pour Garnier-Flammarion. La ver- Sand, mais aussi à tous ceux a qui intéressent plus sion de 1854-1855, en dix volumes, était en cours largement l’autobiographie, l’écriture au féminin, de publication chez Christian Pirot. Était également l’histoire et la littérature au XIXe siècle. disponible une édition abrégée de quelque 200 pa- ges, publiée chez Stock en 1944 et régulièrement [MARTINE REID] rééditée. Le bicentenaire de la naissance de George Sand allait voir s’ajouter aux quatre éditions existan-

sf150_interni 624 23-02-2007, 16:50:09 Ottocento 625

MADELEINE LASSERE, Delphine de Girardin. Journa- ne soient pas indiquées avec une pédantesque exacti- liste et femme de lettres au temps du romantisme. Paris, tude, et s’interroger sur la justesse de quelques inter- Perrin, 2003, pp. 343 prétations de détail, le volume constitue surtout une lecture d’un grand intérêt et extrêmement agréable, La faute du père retombera sur le fi ls: celle de la outre qu’une contribution très importante à ce «dé- mère aussi, ainsi que la gloire, ou la renommée. Bien poussiérage» si nécessaire des écrivains femmes du e avant le couple des Dumas, père et fi ls, une autre dy- XIX siècle. nastie, de la beauté et de la gaieté, enjolive le monde [LAURA COLOMBO] littéraire français dans la première moitié du XIXe siècle. «Disposition heureuse de liberté et d’impétuo- sité» et «panache» (p. 7), sont les connotations oc- CHARLES-AUGUSTIN SAINTE-BEUVE, Écrits sur Tocque- troyées dès les premières pages de ce volume aux da- ville, édition de Michel BRIX, Jaignes (77440) (France), mes Gay, à Sophie surtout, qui a peut-être «desservi» La Chasse au snark, 2004, pp. 189. sa fi lle Delphine, mais l’a aussi imposée à ses contem- porains. Tâchant d’imiter parfois la verve étincelante Michel Brix rassemble trois articles de Sainte- et les jeux verbaux du style de Delphine, l’auteur re- Beuve sur Tocqueville: celui (pp. 37-53) intitulé «M. trace ici sa biographie dans un essai brillant, sur le de Tocqueville. De la Démocratie en Amérique» du 7 fond du Tout-Paris des arts et des lettres. Lamartine, avril 1835 dans «Le Temps» (repris dans les Premiers Hugo, Balzac, Gautier fournissent les lettres de no- Lundis, Michel Lévy, 1874, t. II, pp. 277-290); celui blesse à cette «Muse de la Nation» autoproclamée, (pp. 55-103) sur les «Œuvres et correspondance iné- qui regarde et conte son époque par ses vers, ses dites de M. de Tocqueville», précédées d’une notice pièces de théâtre et ses romans. Activité multiforme, de Guillaume de Beaumont, publié les 31 décembre dont il est bien rendu compte dans ce volume, immer- 1860 et 7 janvier 1861 dans «Le Moniteur» (repris gée, ou mieux submergée toutefois, dans les couleurs dans les Causeries du lundi, Garnier, 3e édition, 1870, vives de la toile de fond que l’auteur, historienne, n’a t. XV, pp. 93-121); enfi n, celui (pp. 105-189) sur la de cesse de peindre. Ce sont naturellement les Chro- «Nouvelle Correspondance inédite de M.de Tocque- niques parisiennes qui sont le plus appréciées, comme ville», paru au «Constitutionnel» les 18 et 25 décem- contribution – cette fois «géniale» sans discussion et bre 1865 (repris dans les Nouveaux Lundis, Michel dans un style qui est la réussite sûre de la traduction Lévy, 1866, t. X, pp. 280-334). de la conversation à l’écrit – à une microhistoire qui Outre la commodité de disposer ainsi d’une édi- recoupe l’histoire offi cielle. tion moderne, d’accès facile et rapprochant ces textes Dans la vie de Delphine, la présence tonitruante épars dans l’immense œuvre du critique, M.Brix nous de la Mère, celle de son «Napoléon de la Presse» de propose une copieuse préface (pp. 7-36) analytique, mari, mieux à l’aise dans l’intuition de l’air du temps mais aussi réfl exive, des réactions beuviennes qui éditorial que des agitations intérieures de sa femme, connaissent quelques «dissidences» à l’égard de la sont soulignées par l’auteur qui s’adonne volontiers conception tocquevillienne de l’histoire. Peu enclin e au contraire à déceler les intermittences du cœur de au fatalisme historique répandu au XIX siècle, l’oncle l’objet de son étude. Des régions obscures sont ex- Beuve aimerait que plus de place fût accordée dans plorées, les amours ratées avec Vigny, jamais oublié l’appréhension des événements à «l’homme en action, selon l’auteur, les trahisons d’Emile, le désir frustré mais aussi [à] la mobilité des choses et [à] l’impor- de maternité, la sensation parfois de voir son talent tance du hasard» (cité par Brix, p. 24). Il croit peu noyé ou nié dans son dévouement à tous ses amis lit- à la théorie du progrès chère au libéral aristocrate, térateurs, donnent une épaisseur parfois pessimiste à mais, sensible à ses capacités de dubitation cons- une personnalité qui ressort dans toute sa richesse. tructive, en vient, selon son habituelle méthode tout Les «littéraires» trouveront dans cette biographie aussi bien qu’au vu de l’évolution tocquevillienne, à tout un pan du marché éditorial de l’époque, avec ses lui conseiller par ses articles d’accepter la vanité des dessous concernant Balzac, Gautier ou George Sand, idéologies humaines et la modération de nos idéalis- les curieux y verront Delphine et Hugo, à Jersey, mes. C’est ainsi, comme le dit joliment M.Brix (p. 36), autour d’une table tournante, évoquer Léopoldine que «Sainte-Beuve est allé chercher [la] sagesse sous ainsi que Chateaubriand, jusqu’à «Dante et Racine» l’écorce des systèmes et [que] l’image un peu hautai- (p. 292)! Il n’est pas jusqu’à un «message» posthume ne de Tocqueville le sermonnaire et le penseur […] présumé de Delphine, délivré par la même méthode, s’est métamorphosée et adoucie, sous la plume du que le lecteur ne trouvera cité à côté des hommages critique des Lundis, pour offrir le portrait, beaucoup que les poètes de son temps lui ont adressées, y com- plus proche, d’un ami». pris les très beaux vers que Marceline Desbordes-Val- [LISE SABOURIN] more, amie déjà de sa mère, écrivit lorsque la mort était venue «frapper les plus beaux yeux du monde» (p. 327). Dans son message, la revenante Delphine MICHEL BRIX et JACQUES CLÉMENS, Genèse de «Pan- identifi e bien opportunément le «malheur réel» avec dora», Le Manuscrit de l’édition de 1854, P.U. de la «vanité»(p. 331): un défaut que lui était reproché Namur (Belgique), «Études nervaliennes et romanti- par ses contemporains, et que l’auteur s’applique à es- ques», XII, 2005, pp. 80. tomper tout au long d’une vie commencée sur la tom- be de Charlemagne et sous l’égide de Mme de Staël Dans la série habituelle du Centre de recherches et terminée avec le souvenir de la rose donnée à Del- Nerval des Facultés universitaires Notre-Dame de la phine par Germaine, venue mourir chez Sophie Gay. Paix de Namur, ce volume offre à la mémoire de Jean La reconnaissance d’une généalogie féminine alterne Guillaume et Claude Pichois, ses fondateurs respecti- avec les nombreux regards masculins, dans cette bio- vement décédés en 2001 et 2004, vingt-deux planches graphie défi nie «très documentée» dans le prière d’in- en fac-similé couleur des six folios du manuscrit de sérer. Si le lecteur scientifi que peut regretter parfois Pandora, découverts par Jacques Clémens, corres- que les références de cette très vaste documentation pondant au début de l’édition parue dans «Le Mous-

sf150_interni 625 23-02-2007, 16:50:10 626 Rassegna bibliografi ca

quetaire» du 31 octobre 1854, et leur transcription, ne quasi completamente. Facendo appello questa annotée des variantes. volta ad elementi di critica biografi ca e psicanalitica L’introduction (pp. 7-23) dresse le bilan de ce ré- Eigenmann mostra come Fortunio realizzi il deside- cit avant d’analyser l’état du manuscrit Clémens ainsi rio impossibile di tanti suoi fratelli e forse di Musset porté à notre connaissance. Elle nous enseigne que medesimo: diventare altro da sé, e più precisamente le titre défi nitif choisi par Nerval est bien Amours de diventare il padre, l’uomo adulto sicuro dell’amore di Vienne. Pandora, ce qui est révélateur de l’évolution una donna. de Gérard quant aux «raisons de convenance», par- [VALENTINA PONZETTO] tiellement liées à Marie Pleyel, qui avaient entouré la publication du 7 mars 1841 dans la «Revue de Paris» et sont devenues obsolètes en 1854 par le devenir de SONIA VIRGONE, La Fée des grèves di Paul Féval. Un la pianiste, «croqueuse» d’hommes célèbres, mais romanzo bretone in cerca di identità, Università di Ma- aussi du lien que Nerval veut établir entre la version cerata, «Quaderni di fi lologia e lingue romanze», III «rouge» et l’état fi nal de son récit. Il accepte désor- serie, n° 19, 2004, pp. 29-48 mais d’assumer les critiques quant au climat de «fo- lie» onirique qui y règne. La recherche du manuscrit Come viene opportunamente ricordato da S. Vir- préliminaire à l’encre rouge de novembre 1853 desti- gone, Paul Féval, oggi dimenticato, fu uno dei più fe- née au journal «Paris» reste encore ouverte, afi n de condi romanzieri popolari francesi della prima metà continuer l’apport extrêmement précieux de cette dell’Ottocento e anche uno dei più letti. Dopo aver publication. raggiunto la notorietà con Les Mystères de Londres [LISE SABOURIN] (Paris, 1843) tuttavia fu considerato uno scrittore di letteratura «industriale» e, privato di qualsiasi ri- conoscimento letterario, fi no ad una rapida discesa ERIC EIGENMANN, «“Pourquoi donc suis-je ainsi?” nell’oblio. Oggi viene ricordato essenzialmente co- La réponse de Fortunio. Introspection chez Alfred DE me l’autore di un’unica opera: Le Bossu (Bruxelles, e MUSSET», in Le Drame du XVI siècle à nos jours, sous la 1857) che lo fece conoscere in Europa. A partire dalla direction de Philippe Baron, Éditions Universitaires de seconda metà del XX secolo, la critica ha voluto ria- Dijon, 2004, pp. 105-118. bilitare Féval e la sua produzione. La Fée des grèves viene giudicato un testo rappresentativo poiché rien- A differenza degli eroi del teatro classico, i cui di- tra nelle categorie preferite dal romanziere in tutta lemmi deliberativi vertono in genere sul tema del la sua carriera. In quest’opera emerge la fi gura della «che fare?», o «come fare?», i protagonisti del teatro Bretagna, sua patria nativa, e fonte della sua creazio- di Musset sono estremamente determinati nelle loro ne. Il romanzo è stato pubblicato sulla «Gazette de azioni, e tuttavia tormentati da un più profondo inter- France» dal 27 giugno al 23 ottobre 1850. Nel 1851 rogativo esistenziale: «qui suis-je?» o «pourquoi suis- saranno pubblicate numerose edizioni in volume je ainsi?». In questo articolo Eric Eigenmann analizza presso l’editore Cadot. Nel 1877, dopo la «conver- le forme del discorso autorifl essivo dei personaggi sion» di Féval dell’anno precedente, il romanzo verrà mussettiani nelle pièces fi no al 1835, per metterne in stampato in una nuova versione «revue et corrigée» luce le particolarità e le implicazioni estetiche e bio- in cui si elimineranno tutti i passi giudicati immorali grafi che all’interno dell’opera del drammaturgo. o anticlericali. Una prima parte dell’articolo, attraverso l’analisi Le opere minori del romanziere sono state lasciate stilistica degli elementi ricorrenti nei monologhi e in ombra. La Fée des grèves che fa parte di questa pro- soliloqui dei protagonisti (formulazioni impersonali duzione, fi gura tra queste sue produzioni e non è mai o alla terza persona, generalizzazioni e antonomasie, stato preso in considerazione dalla critica. Jean-Pier- espressioni verbali indicanti l’iterazione, quali l’im- re Galvan fi nalmente, nel 2000 (Paris, Encrage, «Par- perfetto, il presente storico, l’infi nito) mostra come cours d’une œuvre», p. 13), lo defi nisce «roman du la coscienza del sé si sviluppi in essi nella continua Mont Saint-Michel». Armelle Diveres lo giudica co- articolazione fra oggettivo e soggettivo, collettivo e me esempio di romanzo storico, mentre Pierre Jakez individuale. La loro identità si costruisce dunque per Hélias lo considera un romanzo bretone. L’autore opposizione ad un’alterità collettiva, in una dialettica attribuisce al romanzo una triplice identità: storica, tipicamente romantica che oppone al mondo un io di popolare e bretone contemporaneamente, mostrando unicità assoluta, la cui differenza è rivendicata come fi no a che punto riesce ad aderire alle tre defi nizioni. motivo d’orgoglio e insieme vissuta come sofferenza. La defi nizione di romanzo storico può essere giusti- Da questo sentimento deriva, in alcuni eroi di Mus- fi cata dal fatto che l’azione del romanzo si svolge nel set, e in particolare in Cœlio, Fantasio e Lorenzaccio, 1450 nel ducato di Bretagna e riprende un episodio il desiderio di diventare altro da sé, desiderio che, narrato nella Histoire de Bretagne di Lobineau. Biso- secondo il critico, quando è sul punto di realizzarsi gna tuttavia tener conto che dei 33 capitoli solo i pri- porta il personaggio a perdersi defi nitivamente, o ad- mi tre e l’epilogo fi nale sono ispirati al racconto citato dirittura a morire. poiché il resto della storia è frutto dell’ immaginazio- Nel corpus esaminato l’unico personaggio che sfug- ne dell’autore. Per produrre un effetto più dramma- ge a questa logica tragica e pessimista è Fortunio, il tico Féval inserisce dei cambiamenti di avvenimenti e giovane protagonista de Le Chandelier, che riesce, nel di personaggi che dimostrano l’originalità dello scrit- corso della pièce, a conquistare l’amore di Jacqueline, tore rispetto agli altri romanzieri storici e si inserisce a prendendo letteralmente il posto del capitano Clava- metà strada tra Walter Scott e Alexandre Dumas. roche, nonché di Maître André, il marito della donna. I personaggi storici, nei romanzi di Féval, hanno Al caso particolare di questo personaggio, e segna- spesso delle parti secondarie e anche le loro azioni tamente all’analisi del suo lungo monologo del terzo sono limitate nella loro infl uenza sullo sviluppo del- atto, laddove egli prende coscienza di sé e dei propri la trama romanzesca. Lo scopo fondamentale dello sentimenti, è dedicata la seconda metà dell’articolo, scrittore è quello di dipingere un quadro fedele dei che prende le mosse dalla prima per poi staccarse- costumi dell’epoca che serve a rafforzare la veridicità

sf150_interni 626 23-02-2007, 16:50:10 Ottocento 627

della sua storia. La differenza con W.Scott sta nel fat- mule del romanzo popolare anche se nel suo interno to, secondo S.Virgone, che Féval non era né un eru- vi sono degli elementi caratteristici della volontà dello dito né uno storico dell’ambiente, ma si prefi ggeva di scrittore di allontanarsi da questo genere. L’originali- «faire vrai». tà di Féval risiede nel tentativo di sovvertire l’ordine Come romanzo popolare La Fée des grèves possie- e la struttura del romanzo popolare trasgredendo ai de tutte le caratteristiche del feuilleton: divisione del suoi codici. Se ne può concludere che quest’ opera racconto in episodi quotidiani, suspence alla fi ne di ha le caratteristiche tipiche del romanzo d’ appendice ogni puntata, colpi di scena, assenza di introspezione, ottocentesco, ma ne è anche la parodia. azione spesso frenetica. A differenza degli scrittori di Viene poi messo in luce come questo romanzo ab- feuilleton però Féval, prima di scrivere, faceva uno bia un’anima tipicamente bretone. Féval si fa narra- schema nella sua mente nel quale determinava le fun- tore della sua terra, della sua storia, dei suoi costumi zioni dei personaggi principali e l’organizzazione del- e in particolare del paesaggio in cui la natura domina l’azione per evitare errori tipici del genere e conserva- selvaggia e minacciosa contro l’uomo. Prevale infatti re la piena libertà di prolungare o di accorciare l’azio- nel romanzo l’elemento marino in cui le maree (so- ne stessa. I romanzi di Féval partivano abitualmente prattutto quelle della baia del Mont Saint-Michel) dalla rottura di un equilibrio che la narrazione doveva rappresentano un fenomeno affascinante, ma pe- ristabilire; seguivano poi le avventure dei personaggi ricoloso. L’interesse per il folklore della regione è e il crescendo della crisi con un transitorio trionfo del molto vivo nel ricordo di leggende, di miti, canzoni male che pareva opporsi ad una conclusione felice. La che evocano il colore locale della mitica Bretagna. sconfi tta fi nale del male permetteva così il raggiungi- Interessante è il personaggio della fata della quale mento di una pace idilliaca. Dopo una successione di Féval cerca di spiegare i poteri soprannaturali molto transizioni e miglioramenti, l’epilogo coincide con il cari nell’immaginario bretone. L’atmosfera di questo ritorno obbligato all’ordine iniziale. Ci pare opportu- romanzo è lirica e magica ad un tempo, tipicamente no il paragone con i melodrammi di moda nella pri- romantica per quello che è eccezionale e sensaziona- ma metà dell’Ottocento, il che spiega perché Féval fu le. Anche se altri romanzi di Féval descrivono le terre nello stesso tempo romanziere e autore drammatico. d’Europa, America e Australia, si avverte una simpa- Il linguaggio di queste narrazioni è caratteristico del tia particolare per la sua terra nativa. Questa ricerca romanzo d’appendice: tutto è abilmente prevedibile ci pare di particolare interesse poiché attira la nostra per mezzo di anticipazioni e di «vocaboli spia» ed è attenzione su un’ opera dimenticata di un autore, oggi evidente la coincidenza con la tecnica del romanzo trascurato, che pur ha rappresentato un punto fermo popolare. nel romanzo popolare europeo. L’esame dettagliato della Fée des grèves da parte dell’autore tende a dimostrare la sua adesione alle for- [ANNAROSA POLI]

Ottocento b) dal 1850 al 1900, a cura di Mario Richter e Ida Merello

JUTTA EMMA FORTIN, Method in Madness: control Così il fi ne del fantastico coincide con un meccanismo Mechanisms in the French Fantastic, Amsterdam-New psicologico di difesa, anche se la strategia è diversa. York, Rodopi 2005. I racconti fantastici esibiscono comunque tali proce- dimenti. La feticizzazione di oggetti, la proiezione su L’A. individua al centro del genere fantastico l’idea altri dei propri desideri inconfessabili, traspongono su di difesa, articolata in maniera più complessa di quel di un piano intellettuale i problemi personali, sostitui- che non sia il semplice principio di proiezione, quindi scono la fantasia alla realtà. In più, come la psicanalisi, tenta col suo lavoro di mettere in luce le connessioni portano a livello di coscienza i materiali repressi, sov- tra le caratteristiche del genere e i meccanismi psicolo- vertono la stabilità emotiva per raggiungere il controllo gici, in modo da chiarire anche i rapporti con la società delle emozioni. Per cui il ruolo della letteratura fan- francese del XIX secolo. Dopo un’ampia introduzio- tastica del XIX secolo appare all’A. quello della mes- ne, in cui passa in rassegna coloro che si sono occupati sa in scena delle ansie, in modo da rendere il lettore di teoria del fantastico prima di lei, discutendone le posizioni (da Rosemary Jackson a Castex, Todorov, consapevole della loro insorgenza. Sulla base di questo Josè Monléon, Deborah Harter, Irène Bessière) dà il assunto, l’A. suddivide il suo lavoro in cinque parti: via alla propria lettura personale, tenendo per base lo feticizzazione (con analisi del Chef-d’oeuvre inconnu studio di Freud del 1894 sulla neuro psicosi di difesa e di Balzac, La Chevelure di Maupassant e Le Pied de procedendo quindi a individuare tutti gli elementi che momie di Gautier) , proiezione (La Fée aux gros yeux compongono il fantastico e che corrispondono a un at- di G. Sand, Carmen di Mérimée), intellettualizzazione teggiamento neurotico: in primis l’ansietà. Per l’A. il (La Vénus d’Ille e Carmen di Mérimée), meccanizza- fantastico rappresenta un attentato al controllo emo- zione (Der Sandmann di Hoffmann, L’Eve future di zionale, e anche al controllo della realtà, non in quanto Villiers de l’Isle-Adam), compulsione (Mme Hermet quest’ultima viene allontanata, ma piuttosto compresa e Fou di Maupassant). Il libro, accompagnato da una attraverso l’emersione di desideri e paure inconfessati. buona bibliografi a, si raccomanda per la serietà e per

sf150_interni 627 23-02-2007, 16:50:11 628 Rassegna bibliografi ca

le nuove prospettive di lettura letteraria aperte dall’im- taggio di sradicare Baudelaire dall’immagine di segua- postazione psicanalitica. ce de l’art pour l’art, ma anche il rischio di appiattirlo [IDA MERELLO] alla realtà del suo tempo. T. RAISER esplora l’esile spazio del pittore america- no George Catlin nei Salons del 1846 e del 1859 e il SARGA MOUSSA, «Presque chacun ressemble à l’em- posto di maggior rilievo che sembra invece occupare bryon»: l’amour et la race dans la «Danseuse de Sha- nell’idea di modernità di Baudelaire: George Catlin, makha» de Gobineau, «Romantisme» n° 130, 2005, the new World, and Modernity in Baudelaire’s Art Cri- pp. 81-94. ticism. Con precisi rinvii testuali, viene infatti supposto che alcune affermazioni del Peintre de la vie moderne L’A. risale alla nozione di razza, che esiste in sen- possano trovare un referente non tanto in Constantin so antropologico moderno fi n dal XVII secolo e che è Guys, ma proprio in George Catlin. stata rilanciata da Buffon nell’Histoire naturelle con Prosegue le ricerche iniziate alla Vanderbilt Univer- un’implicazione gerarchica; ricorda però come sia già sity su C.A. Bristed, Poe e Baudelaire l’articolo di P.A. stato considerato come l’infl uenza più signifi cativa su WARD (New notes on C.A. Bristed, Poe and Baudelaire): Gobineau il saggio del medico William-Frédéric Ed- il giornalista americano, corrispondente parigino per wards, Des caractères physiologiques des races humai- “The Spirit of the Times”, possedeva una copia delle nes (1829), che immagina le razze come fortemente Fleurs du Mal del 1857, era al corrente della contro- separate e di origine tutta diversa. Gobineau appare versia legata alla loro pubblicazione e doveva sapere convinto che le razze differiscano tra loro come le di- della traduzione, da parte di Baudelaire, delle Aven- verse famiglie di animali, che le civiltà nascano dalle tures d’Arthur Gordon Pym. Avendo incrociato e forse mescolanze, ma che queste stesse portino a termine le personalmente conosciuto Poe a New York, è più che civiltà, degenerandole. L’A. si interroga sul rapporto probabile che Baudelaire e Asselineau gli abbiano fat- tra le idee razziste e la prima delle Nouvelles asiati- to visita a cavallo tra il 1851 e il 1852, per parlare del ques. Il termine razza compare una sola volta in « La grande scrittore americano. Incontro già ipotizzato da Danseuse de Shamakha», legato a sangue, a indicare il J.S. Patty, sulla base della biografi a di Asselineau. fondamento biologico. Niente però nella novella per- A conclusione, un ringraziamento, in memoriam, mette di affermare la superiorità della razza bianca, e le a R. POGGENBURG per il contributo dato agli studi su passioni e i sentimenti uniscono di più gli uomini delle Baudelaire alla Vanderbilt University, dove si pubblica differenze di origine. il «Bulletin Baudelairien». [IDA MERELLO] [ALESSANDRA MARANGONI]

«Bulletin Baudelairien», t. 39, nn. 1-2, avril-décem- AA. VV., «Histoires littéraires», n° 24, oct.-nov.- bre 2004, pp. 134. déc. 2005.

Il trentanovesimo volume del «Bulletin Baudelai- Numero molto ricco per la nostra rassegna: ol- rien» è dedicato alla memoria di Claude Pichois e si tre ad alcune rifl essioni di Pichois sulla diffi coltà di apre con ricordi di J. Dupont, J.-P. Avice, C. Guillard scegliere Baudelaire come autore per l’agrégation, e M. Miner. e una poesia di Bonnefoy di omaggio al medesimo Il primo numero riporta il consueto censimento (Tombeau de Charles Baudelaire), troviamo i se- dell’amplissima bibliografi a su Baudelaire relativa al guenti articoli: Jacques DUPONT, Sur un vers de Le- 2004, nonché i supplementi ai censimenti bibliografi ci sbos; Rosemary LLOYD, Solennité naturelle d’une ville degli anni 2002 e 2003. Strumenti fondamentali per lo immense»: le Paris Guide sur les traces de Baudelaire; studioso, anche perché nel caso in cui non compaia il Jean-Paul AVICE, Baudelaire iconoclaste; Patrick LA- nome di Baudelaire nel titolo segnalato, vengono for- BARTHE, Baudelaire, Lucain, Machiavel; Barbara WRI- nite le pagine dove è nominato e le motivazioni che lo GHT, Eugène Fromentin et son Berger kabyle; Stépha- chiamano in causa. nie DORD-CROUSLÉ, Un dossier de Flaubert mal connu: Il secondo numero esordisce con un articolo di Ph. les notes pour le chapitre «Littérature» de Bouvard et C. DUBOIS su Baudelaire et ses curiosités culinaires, tito- Pécuchet. lo in apparenza digressivo che vuole in realtà portare In Sur un vers de Lesbos (pp. 19-22), Jacques l’attenzione sull’allargamento dell’orizzonte lessicale e DUPONT tenta di gettar luce sul v. 21 della poesia in poetico nei petits poèmes en prose, in virtù di incursioni questione. Dopo aver ricordato le posizioni di alcu- nell’argomento culinario. La dimostrazione parte dal ni autorevoli studiosi e la scarsa conoscenza da parte rinnovamento del vocabolario gastronomico all’inizio di Baudelaire dell’opera di Platone, Dupont sostie- dell’Ottocento, passa attraverso la Physiologie du goût ne che, al v. 21 di Lesbos, il poeta francese avrebbe di Brillat-Savarin e giunge fi no al protagonista di A re- espresso una rifl essione sulla natura della mimesis, bours, il quale declinerà il poème en prose secondo una nella misura in cui essa introduce «“désordre” […]» terminologia di tipo gastronomico per la distillazione (p. 20) nell’interiorità dell’essere umano. Lo studio- e condensazione che comporta. “Enivrez-vous” viene so afferma quindi che, in Lesbos, emerge la fi gura di letto, in modo inedito, come possibile risposta a una Saffo, simbolo del programma poetico di Baudelaire, massima di Brillat-Savarin («celui qui s’énivre ne sait alla luce del quale Dupont congettura che la formula pas boire») e inserito al culmine di una «recherche «reine du doux empire» (v. 23) potrebbe indicare la d’une esthétique spécifi que de l’ivresse» (p. 73) intra- donna che rappresenta l’«aimable et noble terre» (p. presa sulle orme di Balzac. 21) di Lesbo. Siccome è improbabile che Baudelaire Segue Baudelaire and the Trauma of Modernity di abbia letto Platone sul testo originale, Dupont indica D. SANYAL che fa il punto sulle diverse letture della come fonte il capitolo 38 di Stello di Vigny, cui Bau- modernità di Baudelaire (specie in lingua inglese) nate delaire si ispirò per il suo Tonneau de la Haine. sulla scia della critica storico-sociologica di Benjamin e Ne «La Solennité naturelle d’une ville immense»: della teoria psicoanalitica del “trauma”. Emerge il van- le “Paris Guide” sur les traces de Baudelaire (pp. 23-

sf150_interni 628 23-02-2007, 16:50:11 Ottocento 629

34), Rosemary LLOYD esamina il Paris Guide (1867), ormai dimentico dell’equilibrio e dell’armonia virgi- guida della capitale francese che compensa l’assenza, liani. Per Nisard, in ultima analisi Lucano ha trasmes- deplorata da Baudelaire, di paesaggi urbani al Salon so a Baudelaire una poetica fondata su una visione del 1859. Dopo aver indicato i contributi presenti nel paradossale e contraddittoria della realtà: Lucano, Paris Guide, l’A. si sofferma sull’immagine che, attra- poeta “antiepico” e antivirgiliano, è dunque il mo- verso mezzi retorici spesso affi ni a espressioni utiliz- dello di Baudelaire, autore di un’”antiepopea”, dove zate da Baudelaire ne Le Cygne e ne Les Sept Vieillar- le fondamenta private, politiche e sociali del mondo ds, emerge dai capitoli scritti da Théodore de Banville sono ormai crollate. Labarthe conclude con una te- e da Nadar. La studiosa rileva infi ne che Banville, al- matica relativa alla visione catastrofi ca della Storia ludendo al Quartiere latino, parla di «vitalité moder- presente non solo in Lucano e Baudelaire, ma anche ne […]» (p. 25) e di «regard artifi ciel […]» (p. 26) e in Machiavelli, nel cui Principe si uniscono passione che Nadar, pur cogliendo come Banville la modernità politica e cinismo. della capitale francese, sottolinea la «complexité du In Eugène Fromentin et son “Berger kabyle” (pp. Paris moderne […]» (p. 28) non sul piano cronolo- 103-110), Barbara WRIGHT analizza il dipinto di Fro- gico, ma fi sico. Descrivendo le catacombe di Parigi, mentin intitolato Berger: hauts plateaux de la Kabylie aggiunge l’A., il fotografo risale all’Antichità roma- (esposto al Salon del 1861) alla luce di una lettera ine- na, mettendo però in luce non, come invece Banville, dita dello stesso Fromentin. La studiosa rileva che, un’idea di permanenza, ma un’immagine del «néant come lo scrittore riconosce nella lettera, il paesaggio de la chose humaine […]» (p. 31). del quadro non è quello tipico del Sahara o del Sahel, In Baudelaire iconoclaste (pp. 35-44), Jean-Paul presente invece nei due volumi sull’Algeria pubbli- AVICE esamina il “culto delle immagini” tipico della cati da Fromentin. Intorno al 1860, quest’ultimo ini- poetica di Baudelaire, rilevando tuttavia un’incon- zia infatti ad abbandonare la cura del dettaglio per gruenza, giacché il poeta, ne L’École païenne, confes- concentrarsi sull’atmosfera globale dell’opera: dalla sa di comprendere il furore degli iconoclasti contro «vision de choses vues […]» Fromentin approda alla le immagini dipinte o incise. Avice ripercorre quindi «mémoire créatrice» (p. 108). È possibile cogliere tale la formazione estetica di Baudelaire, vittima di una evoluzione in un passo della lettera autografa, dove «passion féroce du Beau […]» (p. 37) cui dediche- lo scrittore riconosce di aver espresso attraverso il rà La Beauté. L’iconoclastia del poeta non è, spiega dipinto un «certain accord de recueillement et de l’A., una posizione estetica, poiché è rivolta contro grandeur entre les lieux et les allures solitaires de l’«idolâtrie des foules […]», il loro «culte du progrès l’homme» (p. 104). […]» e la loro «foi en l’homme “matériel” […]» (p. Ne Un dossier de Flaubert mal connu: les notes 38). Lo studioso conclude evidenziando l’opposizio- pour le chapitre «Littérature» de Bouvard et Pécuchet ne, presente nella seconda edizione delle Fleurs du (pp. 119-135), Stéphanie DORD-CROUSLÉ getta luce Mal, tra l’immagine che riconduce alla vita e l’imma- sulla genesi del capitolo «Littérature» di Bouvard et gine che distrugge la vita: Baudelaire non condanna Pécuchet e sulle note preparatorie dello stesso, la cui più le immagini delle opere d’arte, come invece ne traccia sembrava perduta, benché l’intero dossier fos- L’École païenne, poiché è a suo avviso da denunciare se conservato presso il Dipartimento dei manoscritti non il «péché de l’image […]», ma il «“péché de l’oe- della BnF. La DORD-CROUSLÉ rende quindi noto il ri- il” […]», che «de l’image fait l’idole […]» (p. 43). sultato delle sue ricerche, descrivendo il manoscrit- In Baudelaire, Lucain, Machiavel (pp. 45-57), Pa- to, che appare «vraisemblablement dans l’état où trick LABARTHE rileva innanzitutto l’affi nità tematica Flaubert l’a laissé il y a 125 ans» (p. 122), e fornendo e stilistica che unisce idealmente la «“rhétorique pro- un’indicazione commentata della lista completa del- fonde” […]» (p. 45) delle Fleurs du Mal alla tradi- le cinquantasei opere consultate da Flaubert in vista zione poetica della decadenza latina, in particolare al della stesura del capitolo «Littérature» di Bouvard et Bellum civile di Lucano, studiato da Baudelaire «avec Pécuchet. la même admiration que Virgile ou Ovide» (p. 48). La [BRENDA PISELLI] lettura della Pharsalia da parte di Baudelaire, sottoli- nea l’A., si inscrive in una corrente letteraria antimo- dernista, che, in nome della Distruzione, del Caso e HÉLÈNE CAMPAIGNOLLE, Flaubert/Poe, réaména- della gloria dei vinti, si oppone alla linearità e alla ra- gement et transmission du paradigme aristotélicien, zionalità del progresso: nella lettera a Saint-Beuve del «Revue d’Histoire littéraire», 1, 105 année, janv-mars 15 gennaio 1866, lo stesso Baudelaire confessa che la 2005, pp. 121-138. malinconia stoica del Bellum civile «a consolé […]» le sue «névralgies» (p. 48). Labarthe rileva quindi che L’A. indaga la permanenza di certi tratti del para- il tema del dolore, tipico dello stoicismo tragico di digma aristotelico nella narrativa occidentale anche Lucano, si traduce in un drammatico e contraddit- dopo il XVII secolo, prendendo come esempio la ri- torio «“sublime noir” […]» (p. 48), presente anche fl essione critica di Poe tra il 1830 e il 1850 e quella di in Baudelaire, dal momento che la violenza iperbo- Flaubert tra il 1850 e il 1870: due autori che infl uenza- lica della catabasi cosmica della Pharsalia (canto VI) no le teorie testuali del XX secolo. Per quanto entrambi è rievocata da Baudelaire in molte opere, quali “Le rifi utino il modello aristotelico, la loro originalità costi- Désir de peindre” (1863), il Projet de lettre à Jules Ja- tuisce, secondo l’A. la ripresa modernizzata dei precet- nin (1865), Le Tonneau de la Haine e il Salon de 1859. ti dell’arte mimetica: continuità di struttura dell’opera In Lucano, Baudelaire trova dunque un modello di / concetto di unità aristotelico; progettualità di struttu- «“hystérie” poétique […]» (p. 49): la maga Eritto del- ra / inventio e dispositio. la Pharsalia appare non molto dissimile dalle “muse” Poe non aveva sicuramente letto Aristotele, se non infernali delle Fleurs du Mal. Labarthe prosegue con di seconda mano, e per rifi utarlo, eppure si ricollega un’analisi delle Études de moeurs et de critique sur les alla sua poetica per il concetto di limite all’estensione Poëtes latins de la décadence di Désiré Nisard, che de- dell’opera e dell’unità di impressione. fi nisce l’atmosfera decadente del Bellum civile come [IDA MERELLO] la «“ténébreuse agonie”» (p. 51) di un gusto poetico

sf150_interni 629 23-02-2007, 16:50:12 630 Rassegna bibliografi ca

Dossier Jules Laforgue, «Histoires littéraires», juill- ne (pp. IX-X), gli interventi si articolano intorno a tre août-sept 2005, n° 23. aree critiche: l’analisi dei testi narrativi, lirici e teatrali, la dialettica tra positivismo e spiritualismo, il rapporto Il dossier comprende un articolo di Jean-Louis DE- tra letteratura e scienze psicologiche. BAUVE (Trois proses inédites de Laforgue, pp.7-12), uno Nella prima parte, intitolata «Simbolismo e Natu- di Henri SCEPI (Jules Laforgue: portrait de l’artiste en li- ralismo», Giuseppe BERNARDELLI (Simbolismo e Na- quidateur de biens, pp. 13-25) la presentazione di Vingt turalismo: due idee a confronto, pp. 3-22), dopo aver poèmes inédits a opera di J-J.LEFRÈRE, M.DOTTIN-ORSI- delineato la storia dei due movimenti, individua alcuni NI, J-L.DEBAUVE, pp. 27-58. fattori che ne hanno infl uenzato l’antinomia: il clima Debauve sceglie, dal voluminoso corpus dei brouil- culturale dell’epoca, nel quale il Simbolismo si pone lons che Laforgue ha lasciato, tre testi che possono a suo chiaramente come l’antagonista del Naturalismo, e le parere migliorare la conoscenza del pensiero giovanile denominazioni delle due scuole che, nel sottendere dell’autore. Il primo si compone di rifl essioni sulla felici- una dicotomia concettuale, positivismo e razionalismo tà, con il progetto di costruzione di una cattedrale imma- l’una, spiritualismo e idealismo l’altra, hanno condotto ginaria, simboleggiante l’amore e la giustizia. Vi è inoltre ad un’ideologia di superfi cie. Si scoprono, però, anche un esplicito rinvio a una raccolta non portata a termine, fattori di connessione tra le due culture: entrambe han- Le Sanglot de la Terre (di cui tra l’altro inizialmente il ti- no in comune una medesima radice volontaristica, rap- tolo doveva riguardare una cattedrale) che rimane fi nora presentano uno strumento di affermazione per coloro l’unica osservazione recuperata in proposito. che le hanno fondate, distruggono alcuni pregiudizi Il secondo testo presentato è dedicato al pittore classicisti sulla poeticità dei contenuti, portano avan- lionese Paul-Joseph Chenavard (1807-1895), interes- ti il tema della decadenza, coincidono a livello teorico sante perché nello stesso periodo di composizione per la teoria dell’écran di Zola. (1880-1881) Laforgue stava preparando un romanzo Sergio CIGADA (Cultura simbolista e cultura natura- dal titolo Un raté, in cui il protagonista è defi nito un lista, pp. 23-117) analizza il rapporto tra le due scuole “Chenavard discepolo di Schopenhauer”. Il testo non che, seppur impostate su due concezioni estetiche ed si presenta però come una critica d’arte, sviluppando- ideologiche opposte, non mancano di infl uenzarsi a vi- si soprattutto a margine di osservazioni tratte dall’Art cenda. L’A. confronta le due diverse fondazioni teore- philosophique di Baudelaire. tiche esaminando le dottrine estetiche di Baudelaire e L’ultimo testo è una descrizione del Reno, redatta di Flaubert (e di Hegel). Gli scambi letterari intercorsi durante il soggiorno a Coblenza (1885). Osservazioni tra Simbolismo e Naturalismo si ritrovano sul piano simili compaiono già nel carnet del 1884-1885 e nei delle tematiche, dello stile e della forma. È Huysmans frammenti di novelle pubblicate nel tomo III delle che si interroga sulla possibile sintesi dei valori espressi Oeuvres complètes, ma il testo è particolarmente im- dalle due scuole nell’ambito del vasto dibattito cultu- portante per i riferimenti all’imperatrice Augusta e rale dell’epoca sul dualismo morale tra positivismo e alla sua corte. HENRI SCEPI, dopo aver ricordato come spiritualismo, dibattito ripreso anche da Joséphin Pé- già i contemporanei tendessero a una semplifi cazione ladan. A livello dei contenuti vi è l’appropriazione da caricaturale del ritratto di Laforgue, mette in eviden- parte dei naturalisti di spazi letterari simbolisti, come il za come tuttavia Fénéon e Viélé-Griffi n siano stati i tema della serra o il fantastico (vedi Maupassant). Ma principali promotori della conoscenza delle sue opere è nel romanzo simbolista che le due culture entrano in a partire dal 1890, individuando in lui il poeta dell’av- contatto: in A rebours è evidente il trapasso dal Natu- venire. L’A. mostra come Laforgue sia stato in effetti ralismo all’universo decadente. Il romanzo simbolista liquidatore del passato attraverso l’uso particolare di si costruisce così su strutture oggettive realiste e al suo ironia e humour. L’ironia nasce dall’amalgama, sotto interno trovano posto contenuti psicologici non natu- forma di citazioni o di allusioni, di frammenti di for- ralisti e si muovono personaggi che sfuggono al reale. me con pluralità di registri. Così le opere di Laforgue L’evoluzione storica di questo romanzo porta ai grandi non sono la manifestazione di un soggetto parlante, ma capolavori del Novecento nei quali, in una cornice nar- puro ritmo, e la funzione poetica perde ogni funzione rativa più o meno realista, è inserito un mondo di ma- sacrale, mentre i valori assoluti sono attribuiti alla tec- trice simbolista. Il panorama sulla cultura di fi ne Otto- nica. J-J.LEFRÈRE, M.DOTTIN-ORSINI, J-L.DEBAUVE pre- cento si arricchisce con un quadro dell’interazione tra sentano venti poesie inedite provenienti dal dossier di letteratura e psicologia (Charcot e Freud). René Chauvelot, che riuscì a raccogliere numerosi testi Nella seconda parte, «Letteratura e psicoanalisi grazie alla dispersione, negli anni Sessanta, di un fondo nella seconda metà dell’Ottocento», Mauro FORNARO Laforgue e dall’apertura degli archivi del «Mercure de (L’incrinatura del paradigma organicista in psichiatria: France». Le venti poesie qui pubblicate vanno a com- Freud nella Francia di fi ne Ottocento, pp. 118-123) illu- pletare la ricostruzione del Sanglot de la Terre, confer- stra con dovizia di particolari il percorso compiuto da mando la sua grande unità compositiva. Freud nello sviluppo della psicanalisi iniziato con l’ela- borazione critica delle tesi sviluppatesi in Francia negli [IDA MERELLO] ultimi anni dell’Ottocento, quando il modello organi- cista viene superato dalla psicopatologia dinamica sulla base delle teorie sull’isteria e sull’ipnosi. Nella storia AA. VV., Simbolismo e naturalismo: un confronto, della psichiatria nella Francia compaiono Jean-Martin Atti del Convegno dell’Università Cattolica di Mila- Charcot e i suoi studi sull’isteria, Hippolyte Bernheim, no, 8-11 marzo 2000, a cura di Sergio Cigada e Marisa e la scuola di Nancy per l’ipnosi e il giovane Freud che, Verna, Milano, Vita e Pensiero (Scienze linguistiche e dapprima condividerà le idee dei suoi maestri, primo letterature straniere. Ricerche), 2006, pp. 597. fra tutti Charcot, per poi superarle. Si può, così, par- lare di un’ermeneutica psicanalitica vicina alla prassi Gli atti del convegno su «Simbolismo e Naturali- linguistica della decifrazione di fi gure retoriche come smo» mettono a confronto queste due grandi scuole metafore e metonimie. della letteratura francese della seconda metà dell’Otto- Liana NISSIM («Shakespeare aveva ragione di acco- cento. Come sottolinea Sergio CIGADA nell’Introduzio- stare poesia e delirio». Rifl essioni sulla presenza della

sf150_interni 630 23-02-2007, 16:50:12 Ottocento 631

letteratura nell’opera di Sigmund Freud, pp. 163-191) in maniera precisa le scene di un mondo in cui le diffe- delinea la posizione di Freud nei confronti della let- renze spariscono per lasciare il posto soltanto alle iden- teratura, individuando nell’opera dello psichiatra tre tità. Interessante l’analisi della stratifi cazione del signi- elementi ricorrenti: la dialettica tra la scrittura psicoa- fi cato del titolo dell’opera: la città-morta e la città che è nalitica e quella letteraria, l’ammirazione per la fi gura uguale alla morta, la città della morte e la morte stessa. dello scrittore per le sue ottime capacità psiconaliti- Nella terza parte del volume, intitolata «Fra Natu- che, la somiglianza tra il genio dell’artista e la nevrosi. ralismo e Simbolismo», Mario RICHTER (Naturalismo Freud manifesta un’affi nità con il Simbolismo: infatti, e Simbolismo di fronte a Baudelaire, pp. 273-281) di- come i simbolisti, sostiene che è la psiche a rendere ma- mostra come il messaggio di Baudelaire sia giunto al- lato il corpo e che la conoscenza dell’uomo è affi data in terato fi no al Naturalismo e al Simbolismo (e persiste primo luogo agli scrittori ed ai poeti. La ricorrenza di ancora ai giorni nostri l’idea errata di un poeta arti- alcuni temi comuni (il sorriso leonardesco, l’amore per fi cioso), soprattutto grazie a Verlaine che ne ha dato le civiltà antiche e per la mitologia…) così come l’am- un’interpretazione riduttiva. Dopo aver esposto alcune mirazione per i medesimi autori letterari (W. Pater, O. peculiarità di questa poesia, evidenzia due elementi in Wilde…) confermano la tesi di un Freud simbolista. contrapposizione con il Naturalismo e il Simbolismo Cinzia BONESCHI (Charcot e la sua dottrina nel «ro- presenti ne Les Fleurs du Mal. Per Baudelaire è essen- man d’une maladie»: gli esempi di Bonnetain e Claretie, ziale la rivolta del poeta contro il dualismo che oppo- pp. 193-210) ricerca la presenza delle teorie mediche ne il sogno all’azione (Le Reniement de Saint-Pierre): di Jean-Martin Charcot nei romanzi Charlot s’amuse di il Simbolismo è, invece, votato al sogno e poco incline Paul Bonnetain e Les amours d’un interne di Jules Cla- all’azione. In opposizione al Naturalismo è la “natura retie. Dopo una presentazione delle teorie di Charcot, della rivolta”(Abel et Caïn) nel tentativo di superare il secondo il quale l’ispirazione è sottomessa alla scienza dualismo che separa il cielo dalla terra, il materialismo e la medicina crea principi applicabili all’opera d’ar- dallo spiritualismo: il Naturalismo propugna la tesi op- te, l’A. analizza il romanzo di Bonnetain nel quale la posta, ovvero si disinteressa del metafi sico per occu- diegesi e il personaggio sono costruiti in base ad una parsi soltanto della realtà materiale. forma patologica relativa alle leggi della nosologia del Anna SONCINI FRATTA (Camille Lemonnier: tra Sim- medico. Nell’opera di Claretie, al contrario, la malattia bolismo e Naturalismo, pp. 283-297) sposta la sua at- non infl uisce sul percorso esistenziale del personaggio tenzione sulla letteratura belga nella quale Naturalismo le cui azioni sono determinate soltanto dalla tematica e Simbolismo racchiudono entrambi, seppur nelle loro amorosa. differenze, la volontà di ricerca e di affermazione di Marco MODENESI («La névrose qui agite notre siècle». un’identità culturale del Belgio. Interprete dei due mo- Narrativa naturalista e narrativa simbolista a confronto, vimenti, visti nella loro compenetrazione reciproca, è pp. 211-248) traccia un approfondito panorama della Camille Lemonnier che, seppur appassionato dell’evo- letteratura di fi ne secolo per evidenziare come l’isteria luzione della scienza ed interprete dei mutamenti cul- sia un tema ricorrente sia nel Naturalismo sia nel Sim- turali, sociali e politici del suo tempo e del suo paese, bolismo, seppur con esiti differenti. L’isteria, ritratta nella sua opera esprime il suo credo nel trascendente, secondo le caratteristiche esposte nei trattati medico- nel panteismo e nella tradizione mistica fi amminga. scientifi ci dell’epoca, per il Naturalismo rappresenta la Simonetta VALENTI (Per una poetica del margine: prova di come la scienza sia in grado di spiegare mani- Camille Mauclair tra Simbolismo e Naturalismo, pp. festazioni umane un tempo reputate misteriose, svela la 299–332) ritrae la fi gura di Camille Mauclair, simbo- relazione tra malattie mentali e ambiente sociale, ricon- lista minore, abituale frequentatore del Cenacolo di duce l’uomo ad una dimensione esclusivamente mate- Mallarmé e oppositore del Naturalismo. Verso la metà riale. Il Simbolismo, dal canto suo, ritiene che l’isteria degli anni novanta lo scrittore si allontana dal Simboli- sia strumento necessario di superamento del reale e di smo, criticandolo aspramente, sia per motivi personali accesso all’Ignoto. L’analisi di numerose citazioni trat- sia perché avverte che il movimento non è in grado di te da opere letterarie (di Zola, Goncourt, Lemonnier, rispondere alle richieste politiche, sociali e culturali Huysmans, Richepin…) conferma le posizioni assunte di una società in mutamento. Si avvicina così al Na- dai due movimenti. turalismo per una letteratura socialmente impegnata Ida MERELLO (Il demone dell’Idea. Variazioni sul te- promuovendo il romanzo sociologico. Mauclair con- ma di Schopenhauer nella letteratura ‘fi n de siècle’, pp. clude il suo percorso letterario con la teorizzazione del 249-261) dimostra come tutte le dottrine della seconda romanzo pseudo-scientifi que, sorta di sintesi dei due metà dell’Ottocento manifestino il medesimo interes- movimenti che riunisce l’aspetto fantastico dell’opera se, seppur con esiti diversi, come sottolinea Théodule simbolista e l’aspetto scientifi co del Naturalismo, Ribot, per una rifl essione sull’Io condotta sulla base Ruggero CAMPAGNOLI («Pierre et Jean»: Maupassant del pensiero di Schopenhauer, grazie al quale si pos- simbolista, pp. 333-348) sulla base del pensiero di Max sono sviluppare gli studi sui rapporti tra ereditarietà Nordau e di Nietzsche scopre un Maupassant simbo- ed ambiente, sulle pulsioni primordiali, sui fenomeni lista rintracciando in Pierre et Jean un ricorrente sim- straordinari e le capacità paranormali. Il termine idées- bolismo diegetico scaturito da un’osservazione che va force di Fouillée porta allo sviluppo di una narrazione alla ricerca di una realtà opposta alla natura delle cose. in cui l’Idea annulla la volontà dell’individuo e lo spin- Riconosce, così, nell’opera dello scrittore un universo ge alla realizzazione del proprio scopo, come sotto l’in- di simboli e, sulla scia delle teorie freudiane, una proie- fl usso di una pulsione primaria: eccone alcuni esempi zione dell’inconscio nella fi nzione. nei Contes d’au-delà di Gaston Danville, in cui l’Idea Paola PAISSA (La scrittura «impressionista» tra Na- diventa un demone, in Astra, ou les joies du crime di turalismo e Simbolismo: «Le Ventre de Paris» di Émile Ivan Dietschine, dove l’Idea è una forza che si mani- Zola, pp. 349-378) rintraccia ed analizza le specifi cità festa nella forma. che fanno di questo romanzo, collocabile tra Naturali- Giovanni CACCIAVILLANI (L’esperienza della follia in smo e Simbolismo, un esempio di scrittura impressio- «Bruges-la-morte» di Rodenbach, pp. 263-270) prende nista. La scrittura è impressionista sia a livello stilisti- in esame questo romanzo costruito su ritmi precisi che co-retorico, con l’impiego di costruzione sostantivale, defi niscono la psicologia dei personaggi e scandiscono metafora, ipallage, ossimoro, sinestesia, sia a livello

sf150_interni 631 23-02-2007, 16:50:13 632 Rassegna bibliografi ca

strutturale-descrittivo con la resa linguistica delle pro- ed è, invece, accolta come una rappresentazione della spettive e degli effetti di luce. L’A. evidenzia due effetti realtà. Nel 1893 il dramma è messo in scena da André retorici grazie ai quali è possibile rilevare la specifi cità Antoine sulla scia della Maison de poupée di Ibsen. Un della scrittura di Zola rispetto alla lingua letteraria del confronto tra i due testi rileva, però, delle differenze tempo: la personifi cazione delle cose, realizzata tramite drammaturgiche, estetiche e soprattutto tematiche, in un uso sistematico della metafora antropomorfa, e la quanto l’opera di Villiers è centrata sulla purezza dello reifi cazione delle persone, condotta soprattutto nella Spirito, quella di Ibsen sulla condizione della donna in seconda parte del romanzo ed accompagnata dalla ra- una società ingiusta ed opprimente. refazione del linguaggio verbale. Il Naturismo è al centro dell’attenzione dello studio Carminella SIPALA (La ‘citation visuelle’ nel romanzo di Ada SPERANZA ARMANI (Dalla parte del Naturismo: di fi ne secolo, pp. 379-412) si interessa al rapporto tra le «un teatro eroico e sociale», pp. 491-501) che, ripren- arti fi gurative e il romanzo. La pittura entra nella sfera dendo il titolo di una conferenza di Maurice Le Blond, letteraria interagendo con l’immaginario dello scritto- analizza alcune opere del teatro naturista di Saint- re, per l’infl uenza che le immagini hanno sull’invenzio- Georges de Bouhélier (La Tragédie du nouveau Christ, ne, e con la scrittura, ai fi ni di forgiare un nuovo stru- Jeanne d’Arc, Œdipe roi de Thèbes, La Victoire), evi- mento linguistico in grado di creare descrizioni valide. denziando come per lo scrittore la preoccupazione sti- L’introduzione del quadro nella narrativa viene usata listica, l’eroismo e l’impegno sociale siano gli strumenti dai naturalisti con una funzione metonimica sul piano per una restaurazione del teatro attraverso la ripresa della scrittura, dai simbolisti, invece, per instaurare un della tragedia antica. rapporto di equivalenza metaforica fra l’immagine e la Nella quinta parte, «Oltre le scuole», Maria Cri- sua rappresentazione verbale. Dopo una rifl essione sul stina PEDRAZZINI (I rapporti del Naturismo con il Sim- pensiero di Baudelaire, l’A. prende in esame le opere di bolismo e con il Naturalismo, pp. 505-516), dopo una Lorrain, Zola, Rodenbach, Huysmans per rintraccia- breve presentazione della nascita e dello sviluppo del re in esse le modalità di utilizzo della citation visuelle. Naturismo, dal 1893 in cui è fondata la rivista “L’Aca- Può così individuare le tipologie possibili di inserimen- démie française” fi no al 1901, anno della creazione to del testo visivo nel romanzo e analizzare le funzioni del Collège d’Esthétique e del banchetto Bouhélier, assunte dal quadro nella narrativa a livello sia diegetico evidenzia come questo movimento riprenda dal Sim- che della scrittura. bolismo alcune tecniche retoriche (sinestesie, associa- La quarta sezione «Teatro naturalista e teatro sim- zioni tematiche, vers libéré, poemetto in prosa) e ne bolista» è aperta da Mariangela MAZZOCCHI DOGLIO rifi uti l’oscurità e l’artifi ciale. Il Naturismo si avvicina (Teatro naturalista, teatro simbolista: termini di un con- al Naturalismo per l’attenzione verso la natura, il mon- fronto, pp. 415-431) che delinea le caratteristiche del do reale e il sociale, anche se ben presto ne rinnega, in teatro di fi ne Ottocento evidenziando come il Naturali- nome dell’emozione, i canoni dell’osservazione e della smo e il Simbolismo, nonostante la diversità delle pro- documentazione portati agli eccessi. poste che avanzano, vogliano entrambi restituire digni- Guy DUCREY (Caducité des écoles. Regards critiques tà artistica allo spettacolo teatrale attraverso un totale de trois étrangers: Camille Lemonnier, Hermann Bahr rinnovamento della scenografi a, della recitazione, del et Arthur Symons, pp. 517-535) affronta la questione repertorio e il coinvolgimento dello spettatore. L’A. del dibattito critico sviluppatosi alla fi ne dell’Ottocen- esamina, così, il teatro naturalista con il Théâtre Libre to sulla defi nizione di Naturalismo e Simbolismo. A di André Antoine, l’opera di Zola e di Courteline. Una tale proposito si avvale del pensiero di tre scrittori stra- panoramica del teatro simbolista, nel quale lo spettato- nieri dotati di una profonda conoscenza dell’ambien- re vive un’esperienza metafi sica grazie al verso poetico, te letterario francese. Camille Lemonnier fornisce un vede il commento di alcuni spettacoli, quali la Fille aux esempio di sintesi tra i due movimenti in quanto unisce mains coupes di Pierre Quillard, Pelleas et Mélisande di al Naturalismo documentario sulle credenze religiose Maurice Maeterlinck e Ubu Roi di Jarry. contadine una dimensione simbolista sulla condizione Cristina BRANCAGLION (Sete di denaro nel teatro ‘fi n umana davanti alla morte. Hermann Bahr sostiene la de siècle’, pp. 433-461) mette a confronto le diverse in- necessità per l’artista di divenire moderno attraverso terpretazioni del motivo del denaro nel teatro natura- il rinnovamento dell’ispirazione che deve superare le lista e in quello simbolista. Ne Le Bien d’autrui e Les imposizioni dei movimenti letterari: critica, così, il Na- ventres dorés di Emile Fabre, i numerosi personaggi, turalismo colpevole di perseguire solo l’imitazione e il ben delineati anche nel loro aspetto linguistico, dipin- Simbolismo che, nella ricerca della forma, ha fi nito col gono perfettamente il mondo economico nella sua am- perdere l’essere. Arthur Symons afferma che la rigida bivalenza. Nel teatro simbolista, studiato in La Révolte osservanza dei programmi letterari non può che con- e Axël di Villiers de l’Isle-Adam e in Marthe et Marie durre all’impotenza creatrice. di Edouard Dujardin, nonostante l’effi cace descrizio- Sergio MARTINOTTI (Il Simbolismo e la musica fran- ne realistica dell’ambiente fi nanziario, viene messa in cese, pp. 537-563) focalizza la sua attenzione su Clau- primo piano la trasposizione sul piano simbolico del de Debussy, del quale redige una biografi a ricca di denaro, la cui ricerca traduce l’aspirazione all’Ideale. notizie che sottolinea come il compositore trovi nel Dalle due differenti visioni emerge anche una diversa Simbolismo e nell’Impressionismo l’espressione delle concezione dell’uomo dominato da una fatalità legata sue esigenze spirituali, pur non schierandosi con alcun al sociale e al fi siologico nel teatro naturalista, al meta- movimento in particolare. L’incontro con il mondo fi sico in quella simbolista. poetico di Gabriele Dante Rossetti, Baudelaire, Ver- Marisa VERNA («La Révolte» di Villiers de l’Isle- laine, Pierre Louÿs, Mallarmé, Maeterlinck porterà alla Adam: storia di un malinteso, pp. 463-490) ripercorre creazione delle sue principali opere musicali. La parte le diverse tappe della fortuna di questo breve dram- fi nale dell’articolo è dedicata alla fi gura di Ravel, visto ma rappresentato nel 1870 al Théâtre du Vaudeville e soprattutto nei suoi rapporti con l’arte di Debussy e ripreso nel 1890 da Remy de Gourmont nel romanzo di Mallarmé. Sixtine. L’opera che, giudicata parnassiana, non incon- Conclude il volume una corposa sezione dedicata tra il favore del pubblico, è connotata da un’ambiguità alle “Discussioni”. strutturale in quanto nasce come una difesa dell’Ideale [CECILIA TORELLI]

sf150_interni 632 23-02-2007, 16:50:13 Ottocento 633

ROSEMARY LLOYD, Mallarmé. The Poet and his Circle, Anche se Barrès appare convinto nei suoi Cahiers New York, Cornell Paperbacks, 2005 [fi rst published che le razze siano un prodotto socio-culturale, l’A. mo- 1999 by Cornell University Press], pp. 258. stra come l’infl uenza del determinismo fi siologico di Jules Soury lo porti in seguito ad affermare l’esistenza Esempio di critica biografi ca ancorata al milieu di razze nemiche della francese: a partire dal 1905 in- socio-culturale del tempo. Il lavoro mette abbondan- fatti in Les Bastions de l’est l’Alsazia e Lorena diventa- temente a frutto la corrispondenza, accattivandosi no puri oggetti simbolici, rappresentazione dell’eterna l’interesse anche dei lettori amatoriali di Mallarmé. anima francese che resiste all’invasione. Barrès si for- L’avrebbe egli gradito, implacabile autore di Hérésies gia così un’identità ideale, e mentre il suo progetto di artistiques. L’Art pour tous? L’obiezione è fi n troppo identità nazionale si fondava su di un potente antise- prevedibile e la risposta non si fa attendere: l’opera si mitismo, ora adotta una visione xenofoba più ampia, vuole contro «the antipopularist Mallarmé created by contrapponendo una razza latina di diffi cile identifi ca- those who place too much weigth on the early work zione a quella germanica. La razza latina è dotata di ‘l’Art pour tous’» (p. 85) e ha almeno il pregio di far una sensibilità religiosa, cui si oppone l’assenza di spi- rivivere la Parigi fi n de siècle e di rievocare le nume- ritualità del popolo tedesco. In qualche modo Barrès rose relazioni sociali di un poeta spesso considerato introduce il razzismo moderno, modifi cando lo schema isolatamente. L’amicizia con Verlaine, con Cazalis, con degli evoluzionisti da una lotta delle razze a una lotta Lefébure affascinato dall’Egitto…Mallarmé lettore di delle culture, poi delle morali. Verlaine, di E. Des Essarts, di H. de Régnier… Ampio [IDA MERELLO] spazio ai mutamenti politici di Francia, alle umane vi- cissitudini del poeta, al rifi uto da parte del «Parnasse Contemporain» (anche se, a rigore, tale rifi uto acquista MARISA VERNA, Vers un art total, «Revue d’histoire rilievo solo in virtù dell’idea di un Mallarmé outsider). du théâtre», n° 228, IV-2005, pp. 307-332. La quotidiana frequentazione con Manet, la stima per Villiers de l’Isle-Adam, l’amorosa amicizia con Méry L’A. studia la collaborazione tra i pittori Nabis e i Laurent. La fama crescente dopo la pubblicazione dei drammaturghi simbolisti al Théâtre d’Art di Paul Fort, Poètes maudits da parte di Verlaine. Dal 1885, la sacra- confrontando le teorie estetiche di pittori e letterati e lità dei mardis. Lo scarso coinvolgimento politico: si tentando di rintracciarne i modelli. Se è vero che il complimenta con Zola per la condotta tenuta duran- Théâtre d’Art mostra di voler aderire intimamente ai te l’Affaire Dreyfus ma, attorniato da anti-semiti come principi mallarmeani dell’estetica drammatica -come Degas, si astiene dallo scendere in campo. risulta dalle dichiarazioni di Charles Morice, il teorico Per chi abbia familiarità con i testi, risulta talora dif- del gruppo-, l’A. individua in Baudelaire uno dei primi fi cile seguire l’analisi delle relazioni che Mallarmé ebbe riferimenti di quella sorta di manifesto del Théâtre che con la moglie e con la fi glia, a dispetto dell’autorevole usci su «L’Echo de Paris» del 30 gennaio 1891. L’idea di precedente di Sartre (p. 111). Più interessante risulta sinestesia teatrale risale infatti alla lettura baudelairiana senz’altro l’esame delle lettere a Rodenbach e Verhae- di Wagner, con l’affermazione dell’oggettività intersen- ren, per i quali Mallarmé funge da riferimento, ma dal- soriale e lo spostamento del fenomeno sinestesico dal le cui opere trae certo nuovi spunti sull’evolversi della livello della creazione a quello della ricezione artistica. poesia contemporanea. Le pagine sulla nascita del ver- L’A. ricorda uno dei primi tentativi, la messa in scena so libero sono vive e documentate. Più dei parnassiani del Cantico dei Cantici nel dicembre 91, in cui il testo (talora tratteggiati secondo luoghi comuni: p. 186), i era stato suddiviso in stanze di colori toni e profumi simbolisti legati a Mallarmé ritrovano in queste pagine diversi, che fallì per la mancanza di proiettori e vapo- le movenze che li caratterizzarono: l’esempio del ver- rizzatori adeguati. Tale iniziativa promosse comunque so libero di Kahn, la rifl essione sulle nuove possibilità una sperimentazione sinestesica inedita e la creazione di della prosodia, l’emergere di molte riviste che di queste nuovi décors. L’amicizia tra Maurice Denis e Lugné-Poe questioni dibattevano («La Revue wagnérienne», «La portò i Nabis a interessarsi vivamente a queste esperien- Conque», «La Revue indépendante»…). Il tutto segui- ze : la collaborazione ebbe inizio con La Fille aux mains to da un’appendice molto utile: una traduzione in lin- coupées di Pierre Quillard, con uno sfondo di Sérusier, gua inglese di Crise de vers, lo scritto di Mallarmé che non inteso appunto come tale, bensì come integrazione più si addentra in questo variegato panorama. della parola. Le teorie estetiche di Denis (predominio I molti nomi riportati in indice testimoniano l’am- della forma sul contenuto, bellezza fondata su rapporti piezza delle relazioni amichevoli e culturali di Mallar- formali, spiritualità dell’arte), come quelle assai prossi- mé che qui vengono approfondite. Arricchiscono il me di Emile Bernard (predominio della forma sul con- libro sedici illustrazioni. tenuto, semplifi cazione, sintetismo, rapporto poesia-let- [ALESSANDRA MARANGONI] teratura) mostrano una grande consonanza con quelle dei poeti contemporanei in relazione alle idee sull’arte totale, sulla natura artifi ciale dell’arte, pura forma con- SARAH AL-MATARY, A la frontière des races: la géo- traria alla mimesi, in nome del recupero di una più am- graphie morale de Maurice Barrès, «Romantisme», pia armonia mistica universale. n° 130, 2005, pp. 95-109. [IDA MERELLO]

sf150_interni 633 23-02-2007, 16:50:14 634 Rassegna bibliografi ca Novecento a) dal 1900 al 1950, a cura di Emanuele Kanceff

AA. VV., France, America and the Modern, Edited indistricabili di Claude Ollier, agli “orrori” e pudori by Jackie CLARKE and Carole SWEENEY, «Nottingham di Robert Pinget. French Studies», vol. 44, number 3, Autumn 2005, Gli altri saggi si adoperano a ricostruire, attorno a pp. 99. singole fi gure di romanzieri, le modalità con cui ciascu- no di loro ha contribuito a rinnovare l’autobiografi a. La nota rivista dedica un numero al problema del In una successiva sezione di “documenti”, vengono moderno e alle sue letture, in un quadro molto vasto offerte al lettore interviste e lettere, che concernono in cui la Francia e l’America sono protagoniste. Im- l’argomento del volume. Il quale si conclude con due possibile seguire nel dettaglio il dipanarsi dei diversi ulteriori articoli, uno sulla soggettività, l’alterità e l’in- saggi, che formano un insieme molto stimolante, in tertestualità in L’emploi du temps, l’altro sul processo cui il vento di novità spira fresco come i grandi venti della creazione in Robbe-Grillet. d’America. Ci dovremo limitare a dettagliarne il con- tenuto per il lettore. [EMANUELE KANCEFF] Introduction, di Jackie CLARKE e Carole SWEENEY (p. 1) - “Le Sacre du Printemps”. Primitivism, Popular Dance, and the Parisian Avant-Garde, di Sarah KEN- AA. VV., Stratégies narratives, 2. Le roman contem- NEL (p. 4) - America the Specular: Seeing an Ameri- porain. Actes du Colloque de Gênes, 14-15 décembre canism in “Parade” and “La Création du monde”, di 2001. Sous la direction de Rosa GALLI PELLEGRINI, Fa- Charles BATSON (p. 24) - Jazz as “Habitus”: Discourse of sano, Schena Editore, 2003, pp. 356. Class and Ethnicity in Hugues Panassié’s “Le Jazz Hot” (1934), di Jeremy F. LANE (p.40) - Tourists or Exiles? Diffi cile orientarsi nel romanzo francese contem- American Modemists in Paris in the 1920s and 1950s, di poraneo, diffi cile coglierne le tendenze e creare defi - Martin HALLIWELL (p. 54) - “Tel Quel” in Manhattan: nizioni univoche, diffi cile capire quali di queste opere America and the French Avant-Garde, 1960-82, di Pe- rappresentano “il romanzo di un anno” e quali sono ter BUSE (p. 69) - The Time of the Modem: From Paris destinate a durare nella posterità. Nella foresta edi- to New York, di Paul HEGARTY (p. 83) - Afterword, di toriale dell’ultimo quarto del Novecento sidisegnano, Kristin ROSS (p. 94). tuttavia, linee sicure che la critica ha colto senza incer- Delle utili “Notes on Contributors” concludono tezze, sulle quali hanno rifl ettuto gli studiosi riuniti a l’interessante e variegato numero unico. Genova, molti dei quali apparteneti ad équipes di ri- cerca delle Università di Genova e di Cagliari. [EMANUELE KANCEFF] I lavori, e il volume che li documenta, sono stati aperti da Alain NADAUD, che ha illustratrato uno de- gli aspetti più interessanti della sua scrittura, non così AA.VV., Le Nouveau Roman en questions, 5: une evidente per i suoi lettori, cioè il ruolo di un periodo «Nouvelle Autobiographie»? Textes réunis et presentés cruciale della nostra storia, il 1968 e dintorni, riferi- par Roger-Michel ALLEMAND et Cristian MILAT, Paris- mento importante nelle scelte narrative dello scrittore. Caen, Lettres Modernes Minard, 2004, pp. 299 (Coll. In seguito, si è discusso delle vite immaginarie nella L’Icosathèque, 22). scrittura contemporanea (Dominique RABATÈ), di In- ternet sullo sfondo del “pacte autorial” (Sergio POLI), Questo volume viene al seguito di una serie ormai di fi nzione e scrittura autobiografi ca in Annie Ernaux nutrita, nata nel 1992 ad opera di Michel ALLEMAND, (Antonella ARRIGONI), di un’analisi incrociata tra opere che la dirige, con un volume collettivo dal titolo Nou- di Jean Echenoz (Cristina BERNAZZOLI), della dinamica veau Roman et archétypes, nel quale erano evocati degli “avant-textes” in Sylvie GERMAIN (Elisa BRICCO), Marguerite Duras, Butor, Simon, Sarraute. Con ca- della rappresentazione simbolica della scrittura nelle denza diseguale si sono succeduti altri tre volumi, un Géorgiques di Simon (Luc FRAISSE). Rosa GALLI PEL- secondo nuovamente sugli archetipi (Nouveau Roman LEGRINI si è riferita all’opera di Pierre Michon per una et archétypes, 2, 1993), uno su Le Créateur et la Cité rifl essione sulle strategie degli inizi ed incipit, mentre (1999), uno sulla Situation diachronique (2002). Ora Chiara ROLLA ha indagato i legami tra il Sentiment il tema è particolarmente interessante e si innesta in géographique di Chaillou e il suo ipertesto, L’Astrée. analoghe rifl essioni che si conducono su altri fronti. La Memoria e scrittura nell’autobiografi a secondo Pérec chiave del volume è data dal lungo articolo fi rmato dai sono stati gli oggrttidi rifl essione di Daniel SIPE, men- curatori, in cui si fa riferimeto non solo alla defi nizione tre Cecilia TORELLI si è occupata dell’ambiguità del ter- di “Nouvelle Autobiographie” coniata da Robbe-Gril- mine “roman” in Renaud CAMUS. let ma a tutta una estesa ricaduta del concetto, defi nito È venuta poi la volta del “roman beur” con Franco volta a volta con i termini di “autofi ction”, “autobio- ASOLE e con Mariella TINTI LADU, di cui l’uno focalizza graphie-masquerade”, “autobiographie postmoderne” gli aspetti sociali, l’altra gli sfondi e il liguaggio, seguiti ecc. Più che la storia delle defi nizioni è la storia del da Carmen LECIS che propone una lettura di Zenzela concetto e delle sue progressive realizzazioni che gli di Azouz Begag. autori sviluppano, dai primi tentativi di Michel Bu- Una utile bibliografi a della critica recente conclude tor all’io scomposto di Nathalie Sarraute, dall’assolu- il volume. to del vuoto di Marguerite Duras alle fi nzioni ipocrite [EMANUELE KANCEFF] di Robbe-Grillet, dall’importanza fondamentale che Claude Simon accorda alla biografi a, alle mescolanze

sf150_interni 634 23-02-2007, 16:50:14 Novecento 635

HUBERT DE PHALÈSE, Les mots de “Tête d’Or” (2e ver- 3. À rebours, un intertexte de l’épisode de la «petite- sion). Dictionnaire de la pièce de Claudel, Paris, Nizet, madeleine», di Danielle-Claude BÉLANGER. 2005, pp. 148 (Collection “Cap’Agreg”, 17) 4. Proust et Mallarmé, di Akio USHIBA. 5. Gracq et Proust, di Simone GROSSMAN Non si fa torto, credo, a questa lettura della celebre 6. L’Être et le paraître chez Proust et Pirandello, di pièce di Claudel se la si defi nisce “singolare”. Essa si Jacques MISAN-MONTEFIORE. materializza, in effetti, in un dizionario, il cui scopo 7. “Contre Proust” ou le retour du biographique: “À dichiarato è quello di aiutare il lettore a tracciarsi un la recherche de Marcel Proust” avec André Maurois, di cammino nella diffi cile e folta “boscaglia” del dramma Judith KAUFFMANN. e di costituire un repertorio, ancora non tentato fi no 8. Points de rencontre entre Marcel Proust et Smilan- ad oggi, di minuti strumenti che ne consentano una sky Yizhar, di Noemi SHANI. lettura chiara e informata. Il glossario è formato dalle Parte seconda: «L’écriture infi inie» parole considerate “diffi cili”, quelle cioè che richiedo- 9. Correspondance des arts et intermédialité: fi gu- no un commento storico, letterario, enciclopedico, che res du désir dans “À la recherche du temps perdu”, di sono interessanti dal punto di vista tematico o rilevanti Volker ROLOFF. in quanto posseggono una valenza particolare per lo 10. Tableaux désignés, suggérés et cachés dans la “Re- scrittore, le parole che possono dar luogo a commenti cherche”, di Kazuyoshi YOSHIKAWA. stilistici o costituiscono ricorrenze particolari sia al- 11. Revisiter l’atelier d’Elstir: l’image du cheval dans l’interno della pièce, sia nel contesto più vasto della l’”ekphrasis” du “Port de Carquethuit”, par Hiroya scrittura claudeliana. Il dizionario non è comunque SAKAMOTO. lasciato a se stesso, corredato così com’è da una pre- 12. La Doctrine proustienne de l’intelligence: une sentazione generale dell’opera e della sua storia testua- hypothèse intertextuelle, di Alessandro GRILLI. le, dal panorama delle messe in scena, dall’esame del 13. La Monstruosité dans “À la recherche du temps contesto in cui il dramma è stato scritto e pubblicato, perdu”, di Aude LE ROUX-KIEKEN. dei suoi legami con l’opera di cui fa parte, di un’analisi 14. L’«Andromède masculine»: sources de l’imaginai- del complesso lessicale, di una bibliografi a che si vuole re homosexuel dans “À la recherche du temps perdu, di completa, sia delle edizioni, sia dei lavori critici. Yasué KATO. Questa modalità di lettura non è comunque isolata, L’insieme di questi studi offre interessanti prospet- anzi è preceduta, nella collezione in cui viene pubblica- tive sulla lettura dei testi proustiani, sulla coincidenza ta, da una sequela di altri sedici volumi che riguardano tra le arti, sulla letteratura comparata, contribuendo sia altrettanti casi letterari, tutti appartenenti all’ambito allo studio genetico dei testi, sia alla miglior conoscenza della letteratura francese, in cui l’autore mostra una dell’intertestualità. Si può solo rimpiangere l’assenza di certa predilezione per i soggetti cui non è estranea qualsiasi strumento di sintesi, sia a livello di indici che di l’idea di viaggio. Ma parlare dell’autore è in effetti im- apparati bibliografi ci. proprio, poiché il lettore attento scopre che «Hubert [EMANUELE KANCEFF] de Phalèse est un nom collectif adopté par une équipe d’enseignants-chercheurs qui utilisent les nouvelles te- chnologies dans leurs travaux et souhaitent en faciliter ANDRÉ BENHAÏM, “Panim”. Visages de Proust, Ville- l’accès aux littéraires». E si apprende che il volume è neuve d’Ascq, Presses Universitaires du Septentrion, opera di una serie di autori: Michel BERNARD, Baptiste 2006, pp. 322. BOHET, Jean-Pierre GOLDENSTEIN, Jeanyves GUÉRIN, Odile NOEL, con la supervisione di Henri BÉHAR. E in Questo libro si potrebbe defi nire un’abile e multi- aggiunta a tutto ciò si ha notizia di un sito dell’univer- forme orchestrazione di variazioni sul tema del volto sità di Paris 3 che lo riguarda (www.cavi.univ-paris3.fr/ in genere e del volto in Proust, in particolare nella con- phalese). cezione proustiana di grappoli di volti sovrapposti che [EMANUELE KANCEFF] si situano su piani diversi e che non si possono vedere in simultanea. Questo “volto dell’uomo” proustiano, questo “panim” come dicono gli israeliti, è sempre un AA. VV., Proust au tournant des siècles, 2. «Marcel insieme di facce al plurale ed è inseguito, indagato, Proust» 5, Textes réunis par Bernard BRUN et Juliette evocato attraverso i testi, come se gli enigmi dei volti HASSINE, Paris-Caen, Lettres Modernes Minard, 2005, fossero l’espressione degli enigmi della Recherche. Si pp. 297. passa così naturalmente, in questa lettura proustiana, dai volti da museo ai volti in immagini poetiche, dal- Sostazialmente il volume, che è in buona parte frut- le immagini della notte ai volti dell’altrove, dai libri to di un convegno tenuto alla Bar-Ilan University, si d’ombra alla fotografi a, dai volti museali a quelli fa- interroga sul valore del tempo e della storia e sulla fun- miliari, della nonna, della storia; dal volto di Swann a zione dello scrittore, che deve far fronte alla precarietà quello materno. e ricreare all’infi nito una parvenza di perennità. Non [EMANUELE KANCEFF] essendo possibile un’analisi di ciascun intervento in questa sede, ci limitiamo ad elencare in sintesi i conte- nuti del ricco volume, che si apre con un avant-propos ANNA ISABELLA SQUARZINA, Anatomia del dolore. di Juliette HASSINE e continua con i testi seguenti: Saggio sulla “Recherche” di Proust, Prefazione di Gian- Note sur une lettre inédite adressée par Marcel Proust franco RUBINO, Torino, Nino Aragno Editore, 2005, à Léon Blum à l’époque du Banquet, di Ilan GREILSAM- pp. 177. MER. Parte prima: «Sur la lecture». Quella di Isabella Squarzina è un’indagine che 1. Legrandin: un pastiche de Rousseau?, di Pyra procede per ampliamenti successivi, passando dalle WISE. Parole ai Sintagmi alle Metafore scientifi che, ana- 2. Le Voyage à Balbec... et en Orient, di David MEN- lizzando successivamente i Personaggi – in primis DELSON. Marcel e il Narratore – per giungere ai grandi temi

sf150_interni 635 23-02-2007, 16:50:15 636 Rassegna bibliografi ca

delle Scene doppie, la memoria involontaria, la me- pittura - Damiano REBECCHINI, Tolstoj imita Dostoe- moria volontaria. Così si realizza una rilettura della vskij? Un giudizio di Marcel Proust ne “A la recherche Recherche sul fi lo conduttore di un tema certamente du temps perdu”. fondamentale, così si giunge a defi nire l’anatomia del Va segnalata una preziosa Appendice dal titolo dolore. Il dolore «affare serio, strumento creativo», Marcel Proust. Bibliografi a italiana (1992/1993-2004), che scava le solide fondamenta della scrittura, sicché a cura di Daniela DE AGOSTINI, nella ricchezza della risulta essere l’oggetto di un lucido utilitarismo più quale bene si legge non solo la scrupolosa precisione che uno strumento di romantico lirismo. Proprio per dell’Autrice ma anche, certamente, la straordinaria di- questa funzione che l’Autrice attribuisce al dolore mensione della galassia Proust, sul quale non si fi nirà quale scaturigine del romanzo-a-venire, la sua indagi- mai di parlare. ne non si limita alla Recherche, ma lancia un oppor- [EMANUELE KANCEFF] tuno sguardo indagatore nella direzione delle pagine che l’hanno preceduta ed accompagnata, così come non dimentica di esplorare le indagini critiche, nu- W. DONALD WILSON, La structure de dédoublement. merose e qualifi cate, che hanno variamente affrontato Objectivité et mythe dans Les Thibault” de Roger Mar- questo tema così importante e così affascinante. tin du Gard, Birmingham (Alabama), Summa Publica- tions, 1997, pp. 238. [EMANUELE KANCEFF] Segnaliamo con grande ritardo questo interessante studio sui Thibault di Roger Martin du Gard, che, sot- AA. VV., Journées Proust III. La “Recherche” tra apo- to apparenza di favola mitologica, sul fi lo di capitoli calisse e salvezza. Atti del convegno di Urbino, 14 e 15 con titoli come “Cronos”, “Télémaque”, “Déméter”, maggio 2003, a cura di Daniela DE AGOSTINI, Fasano, “Aphrodite”, “Narcisse”, “Les Jumeaux”, vuole illu- Schena Editore, 2005, pp. 258 ( “Peregre”, collana di strare il doppio cammino della scrittura del noto ro- studi e ricerche della Facoltà di Lingue e Letterature manziere e studiare quindi, nel loro storico divenire, i straniere dell’Università di Urbino, diretta da Giovan- misteriosi rapporti tra oggettività e mito, ai fi ni di va- ni BOGLIOLO, 8). lutare appieno il lato edipeo dell’opera, ma anche per mostrare come l’ottica realista si carichi di un signifi ca- La collana sorta presso l’Università di Urbino, che to secondo, di una visione metaforica dei personaggi s’intitola con un avverbio opportunamente scelto a e del mondo. designare le “terre straniere” ma anche i campi del sa- [EMANUELE KANCEFF] pere in cui avventurarsi liberamente, dedica spazi non indifferenti alla francesistica. Questa volta tocca a Mar- cel Proust, sotto la guida di una nota specialista, e le JEAN GIONO, Colline. Édition critique et édition giornate qui documentate volevano essere idealmente diplomatique du manuscrit ms A 9811, établies par il seguito di quelle dedicate ai Personnages proustiens Michel GRAMAIN, Paris, Honoré Champion Éditeur, nel 1993 (a cura di Mariolina BERTINI) e alle Nuove 2006, pp. 532. prospettive degli studi proustiani in Italia nel 2001 (a cura di Alberto BERETTA ANGUISSOLA). L’intenzione Colline non è oggi il romanzo più letto di Giono; del congresso, che bene si esprime nel titolo, era quella tuttavia è nella storia della sua scrittura un momento di «interrogarsi su quelle due linee-guida della critca fondamentale, senza del quale probabilmente egli non proustiana che potremmo così sintetizzare: una linea sarebbe esistito come scrittore. “apocalittica”, che ha letto nella Recherche un monu- La Bibliothèque nationale de France ha recente- mentale sacrario dedicato al nichilismo e alla morte, un mente acquisito un insieme di documenti eccezional- desolato “cimitero di tombe senza nome che, al di là mente interessanti, di cui fa parte il manoscritto au- di ogni trascendenza romantica, inserisce l’opera nel tografo dell’opera in questione. Esso è datato tra il 23 contesto culturale fi n de siècle – così scrive la curatrice maggio 1927 e il 13 febbraio 1928, è formato da 162 in una densa Premessa – e una linea messianica, che fogli ed è accompagnato da un dattiloscritto di 147 intravede invece un messaggio di salvazione, se non fogli. Il documento è frutto dell’unione di differenti religioso certamente fi losofi co». versioni, il che è bene evidenziato dalle ripetizioni e I relatori di questo convegno, partendo da spunti dalla paginazione, e porta le tracce evidentissime di sviluppati negli ultimi anni sull’aspetto positivista sopressioni, aggiunte, varianti attraverso le quali si e tainiano dell’opera di Proust e sulla presenza di disegna la genesi dell’opera. Il dattiloscritto è stato un testo cripto-biblico nelle pieghe della Recherche, il passaggio necessario per la pubblicazione sia nella hanno ricamato i loro interventi, tutti di grande rivista «Commerce», sia per l’edizione del romanzo interesse. Riteniamo di far cosa utile ai lettori dandone realizzata dall’editore Grasset nella serie dei “Cahiers qui l’elenco. verts”. Questo insieme è completato da altri docu- Alberto BERETTA ANGUISSOLA, Il lato ebraico della menti che costituiscono redazioni parziali frammen- pietra - Daria GALATERIA, Inversione e madeleines: fonti tarie e intermedie. positiviste nella Recherche - Anna Isabella SQUARZINA, Il volume curato da Michel Gramain costituisce L’utilità del dolore - Marco PIAZZA, Proust, la verità nello stesso tempo l’edizione critica del romanzo e e il nichilismo - Daniela BOCCASSINI, L’immagine di l’edizione diplomatica del manoscritto. La prima è Venezia: trasfi gurazioni proustiane di un mito - Jean realizzata mettendo a confronto le tre versioni costi- ROBAEY, “L’allitération perpétuelle”: eredità classica e tuite rispettivamente dal manoscritto, dalla pubblica- forma ideale nella memoria involontaria - Stefano POG- zione nella rivista «Commerce» e dall’edizione origi- GI, Il positivista schopenhaueriano Marcel Proust - Ge- nale presso Grasset, alle quali si aggiungono le due neviéve HENROT, Il barone di Charlus o l’egemonia del edizioni pubblicate nella collezione “Pléiade” presso saluto - Alessandro GRILLI, Polarità e antinomie in “A Gallimard. Quanto all’edizione diplomatica, essa per- la recherche du temps perdu” - Simonetta BONI, Volti mette di completare il quadro con la visione precisa di Thanatòs - Marco VALLORA, Proust e la pelle della del manoscritto in tutte le sue particolarità e permette

sf150_interni 636 23-02-2007, 16:50:15 Novecento 637

di confi gurare con precisione il lavoro di scrittura del loque au Collège de France, 25-26 septembre 2003. romanziere. Textes réunis par Isabelle RENAUD-CHAMSKA, Genève, Il puntuale e scrupoloso lavoro è accompagnato Librairie Droz, 2005, pp. 210. da una fi ne analisi genetica e poetica, che certamen- te rinnovano la conoscenza e la valutazione critica del Lo scrittore si poneva, in un’opera giovanile, La romanzo. L’autore studia le origini del testo, esamina Quête de joie, il problema della poesia. Questo stes- l’edizione originale e ne traccia la genesi, giunge attra- so problema rimane al centro dell’attenzione dei do- verso l’esame minuzioso dell’insieme di documenti ri- dici studiosi che sono intervenuti del congresso e nel masti ad una defi nizione dei procedimenti di scrittura volume degli atti che lo documenta. e tutto ciò lo induce ad una estesa indagine tematica La curatrice del volume, in La Quête au cœur (pp. e strutturale. Lo studio è completato dall’analisi delle 7-11), ripercorre la folle avventura di colui che vol- edizioni e della ricezione dell’opera. le dedicare interamente alla poesia la sua esistenza, a partire proprio da quell’opera rifi utata da tutti gli [EMANUELE KANCEFF] editori e pubblicata a spese d’autore nel 1933, per giungere a quell’altra opera pubblicata dopo la Li- berazione e frutto delle ore passate nel campo di pri- COLETTE ROUBAUD, Colette Roubaud présente gionia, Une Somme de poésie, folto volume nel quale “Plume” précédé de “Lointain intérieur” d’Henri si ritrova l’opera primigenia, e si legge senza fatica la MICHAUX, Paris, Gallimard, 2000, pp. 299 (Coll. “Fo- continuità poetica che da essa scaturisce. Yves BON- liothèque”, 91). NEFOY, in un breve Impromptu, racconta la sua sco- perta giovanile de La Quête de joie, dei giovani auto- Nella nota collezione “Foliothèque” diretta da Bru- ri d’allora e della poesia. Al seguito è l’intervento di no Vercier presso Gallimard era giusto, tra tanti autori Michel ZINK (pp. 15-20), che pone l’accento su una più o meno noti, far posto anche a Michaux. Natural- lirica in particolare, “Les enfants de Septembre”, mente, rispettando le regole della collana, presentando ricordando quanto il poeta abbia inciso sulla sua cioè un autore e una o più sue opere senza preoccupa- adolescenza ed analizza i tre elementi, il Medioevo, zioni di completezza testuale, in forma di saggio critico la foresta, la poesia, che a suo dire sono stati il suo nutrito dalle più larghe citazioni, sicché alla fi ne non nutrimento per la vita. In Le poète et l’esthète. Echos si sa bene quale sia l’autore vero del libro-dossier, in d’une correspondance (pp. 21-40) Isabelle RENAUD- cui ai testi si mescolano sapientemente biobibliografi a, CHAMSKA ripropone fi nemente la storia dei rapporti varianti testimonianze, dossiers de presse, cronologia, tra la Quête e la Somme, ricostruendone la genesi e commentari critici, spaccati sulla storia della critica, chiarendo gli elementi di quel vasto disegno poetico messe a punto storiche. Libretto sapido e documenta- che Patrice de La Tour du Pin costruì durante la sua tissimo, che può essere utile anche allo specialista. vita. Jean-Yves HAMELINE (pp. 41-50) ricostruisce l’infl uenza che sul poeta ebbe il libro L’Esprit de la [EMANUELE KANCEFF] liturgie, di Romano Guardini, ricevuto in dono dalla sorella poco dopo la sua pubblicazione in Francia nel 1929. Pierre BRUNEL (Visages d’Ullin dans La AA. VV., Le pays dans la poésie de Char de 1946 à Quête de joie, pp. 51-61) ritrova nell’opera il perso- 1970, «René Char», 1. Texters réunis par Patrick NÉE naggio che non si trova nei dizionari ma che sagace- et Danièl LECLAIR. Paris-Caen, Lettres Modernes Mi- mente lo studioso rintraccia nella mitologia e negli nard, 2005, pp. 234. scritti di altri autori. Seguono alcuni studi che toccano temi o aspetti Allo squisito poeta di Vaucluse è dedicata una se- particolari de La Quête de joie. Jean-Yves DEBREUIL- rie della «Revue des Lettres Modernes» che nasce con LE (pp. 63-72) studia il paesaggio, Jean-Michel GOU- questo volume. Di fronte alla vastità tematica di una VARD (pp. 73-104) la metrica, Patrick PIGUET (pp. delle più importanti opere poetiche del Novecento, la 105-118) ne legge la poesia disincantata, Bruno scelta del presente tema sembra più che mai opportu- GELAS (pp. 119-134) i richiami del desiderio, An- na e signifi cativa, sia per la sua iscrizione centrale nel ne PRETA-DE BEAUFORT (pp. 135-146) la presenza complesso dell’opera, sia per la possibilità che offre di del Cristo, Gwen GARNIER-DUGUY (pp. 147-158) la istituire un dialogo critico fertile tra lettori e critici. poetica dell’Assenza. Luca PIETROMARCHI (pp. 159- Otto studi compongono l’ossatura di questo volume, 167) nasconde sotto un titolo ambiguo, La Quête en alcuni dei quali si riferiscono ad un’opera di Char in Enfer, la sua interessante ricerca dei rapporti tra la particolare, senza escludere rifl essioni comparatistiche: Quête e l’operetta pubblicata dal poeta a Tunisi nel altri, invece, affrontano temipiù generalilegati al pae- 1935, L’Enfer appunto, che della prima costituisce se-paesaggio e ai problemi critici che ne derivano. Ne l’antitesi e il volet opposto. Infi ne, Emmanuel DE deriva una interessante visione del “ritorno” di Char al CALAN (pp. 169-174) conclude con uno studio su paese natale, in cui ritorno non è inversione di cammi- Une vision anglaise de la “Somme de poésie”: Stephen no ma approfondimento, migliore comprensione, più Spender et “La Vie recluse en poésie”, in cui si com- profondo legame d’affetto e più suggestiva dimensione mentano le prese di posizione critiche dello scrittore evocatrice. inglese che redasse la prefazione all’edizione londi- [EMANUELE KANCEFF] nese del 1948, il cui testo viene qui pubblicato nel- la traduzione francese dello stesso Calan. Una ricca bibliografi a fi nale ed un indice dei nomi completano AA. VV., Patrice de La Tour du Pin: “La Quête de il volume joie” au cœur d’”Une somme de poésie”. Actes du Col- [EMANUELE KANCEFF]

sf150_interni 637 23-02-2007, 16:50:16 638 Rassegna bibliografi ca Novecento b) dal 1950 a cura di Elisa Bricco e Rosa Galli Pellegrini

M. TERMITE, Vers la dernière ligne, Bari, Graphis che guida le scelte dello scrittore; infi ne l’ultima parte ed., 2006, pp. 299. è dedicata all’osservazione delle dinamiche della crea- zione che si possono sintetizzare con la messa in scena Più di un centinaio di testi vengono presi in esame da della tensione tra «destruction et espoir». Marinella Termite per tracciare una mappa della «fi ne» Attraverso l’analisi del passaggio dal testo alla pel- nel romanzo francese dei nostri giorni. L’interesse per licola, l’A. mette in luce la profonda rifl essione dello questo tipo di ricerca nasce dalla costante apertura del scrittore alla ricerca di un nuovo linguaggio di sintesi romanzo contemporaneo a strutture innovative, anomale delle capacità espressive dei due media. Il fi lm infatti rispetto alle sequenze narrative del romanzo tradiziona- non è l’esatta riproduzione visiva del testo, bensì una le. La studiosa si sofferma su quelle tecniche che il ro- vera e propria trasposizione, riscrittura per immagini manzo dell’ “extrême contemporain” mette in atto per del signifi cato testuale. Il corto-metraggio dunque sconvolgere le abitudini di una lettura lineare al fi ne di fa appello all’empatia, all’adesione dello spettatore moltiplicare le soluzioni, non più univoche, che il conte- che partecipa personalmente alla materia narrata/ sto della conoscenza offre oggi all’uomo per confrontarsi osservata, ne è affascinato, e, addirittura, il potere fa- con la “realtà” che lo circonda. Da quanto emerge dalla scinatorio delle immagini ha la meglio sulla storia nar- lettura del saggio – che contempla diverse forme di chiu- rata che passa così in secondo piano. sura, portando numerosi e pertinenti esempi - risulta una Il volume è corredato dal riassunto del testo, dallo story confi gurazione che la studiosa defi nisce “frattale”, forma board del corto-metraggio e da un’intervista allo scrittore. che meglio risponde alla mancanza di geometricità, alla quale il romanzo tradizionale aveva abituato il lettore. Ne [ELISA BRICCO] risulta anche una poetica del romanzo nuova: non più “specchio” della realtà, ma luogo dove la scrittura crea una sua propria realtà. Gli autori scelti da Marinella Ter- AUDE PRÉTA de BEAUFORT, Jean-Claude Renard, mite rappresentano quanto ad oggi si è affermato nel pa- poète des noces, Paris, Presses Univ. de la Sorbonne, norama del romanzo francese e costituiscono un corpus 2005, pp. 278. più che soddisfacente per appoggiare le tesi e le catego- rizzazioni della studiosa. Un’ampia bibliografi a critica sui Il taglio scelto dall’A. in questa rielaborazione della te- problemi della “soglia” e l’elenco dei testi citati chiude il si di dottorato prospetta inizialmente una lettura attenta, pregevole lavoro. se non nuovissima, dell’opera di un poeta contempora- [ROSA GALLI PELLEGRINI] neo sulla quale la critica si è già espressa con numerose monografi e e atti di convegni. Il punto di vista sul quale s’incentra analiticamente il saggio è deducibile dal titolo BERENICE BONHOMME, Triptyque de Claude Simon. stesso: “nozze”, interpretate come “unione” ( o eventuale Du livre au fi lm. Une esthétique du passage, Bari-Pa- “divorzio”) di categorie spirituali, viste spesso, nella cul- ris, Schena-Presses de l’université de Paris-Sorbonne, tura occidentale, come antitetiche. La studiosa presenta 2005, pp. 223. la sua ricerca seguendo un percorso che, nell’opera come nella vita di Jean-Claude Renard, parte da esperienze per- Il sottotitolo di questo interessante saggio è asso- sonali, comunque correlate al contesto letterario storico lutamente illustrativo della tematica affrontata e delle nel quale il poeta, nato nel primo dopoguerra e scompar- modalità dell’analisi comparativa svolta dall’A. so nel 2002, si trova a scrivere. Pertanto, la lettura cri- Testimone di un’epoca in cui il cinema ha affascinato e tica prende in considerazione, in primo luogo, le opere infl uenzato la scrittura aprendole nuove possibilità espres- giovanili, “nozze di carne”, per continuare con quelle sive, già ampiamente sondate da Duras e Robbe-Grillet, composte durante un breve approccio all’esoterismo Claude Simon si è misurato con la trasposizione fi lmica di che risentono di una fascino dell’occulto e dell’ermetico. un suo testo, Triptyque. Come annunciato nell’introduzio- Impregnato dell’eredità cattolica in cui cresce, il poeta se ne, la problematica che sottende questa ricerca comporta ne discosta tuttavia, coniugando misticismo e mistero in l’indagine sulle capacità dell’opera d’arte di «rendre comp- un’alleanza superiore. La seconda parte del saggio risulta te du réel» (p. 11). A partire da questo presupposto, l’A. di- più tecnico, in quanto attento alla struttura e al linguag- mostra come lo scrittore tenti una sintesi tra diverse forme gio poetico, nonché alla poetica stessa di Renard. La terza artistiche: romanzo, poesia e cinema. parte, infi ne, sicuramente la più originale, affronta il noc- La problematica del passaggio e dell’adattamento ri- ciolo della questione critica, mettendo in luce lo sforzo torna in ognuna delle tre parti del saggio che viene in- del poeta per unifi care la realtà vissuta con una presenza trodotta dall’analisi-lettura di una fotografi a scattata dallo altra, che gravita nella sfera dello spirituale senza peraltro stesso Claude Simon. Momento emblematico della cap- rientrare nel fi deismo di matrice religiosa. tazione del reale, la fotografi a si caratterizza per la capa- Una esauriente bibliografi a arricchisce il pregevole cità di fi ssare e memorizzare istantanee che sfuggono alla lavoro critico. memoria umana con il passare del tempo, e, come si sa, lo [ROSA GALLI PELLEGRINI] scrittore ha utilizzato la fotografi a nei suoi romanzi. Nelle tre parti sono prese in esame dapprima le que- stioni relative al passaggio da un linguaggio all’altro e FABIO SCOTTO, «Bernard Noël e la fotografi a: lo da un sistema enunciativo ad un altro; in seguito ven- “sguardo sullo sguardo”», in Bruna DONATELLI (cur.), gono descritte le attività di montaggio e di costruzione Bianco e nero. Nero su bianco. Tra fotografi a e scrittura, delle due opere e si rileva un presupposto metaforico Napoli, Liguori editore, 2005, pp. 153-166.

sf150_interni 638 23-02-2007, 16:50:16 Novecento 639

Dopo aver ricordato che lo sguardo è un elemen- maggiori romanzieri della generazione che ha succeduto to fondamentale nella poetica dello scrittore perché alla fi ne delle avanguardie attorno agli anni ’80, e che ha è considerato lo strumento di comunicazione tra la aperto la stagione di quello che, nel panorama storico del realtà esterna e quella mentale, l’unica vera, e «la vi- romanzo francese, viene talora defi nito come l’ “l’extrê- sta è una lettura del visibile poeticamente creatrice me contemporain”. È particolarmente soddisfacente, per della realtà» (p. 154), l’A. si sofferma sul rapporto tra la critica italiana, che questo importante lavoro sia stato lo sguardo e lo scatto fotografi co. Quest’ultimo è una condotto da una connazionale, la quale, peraltro dirige sorta di «sguardo sullo sguardo» perché illustra la rap- da anni a Genova un centro di ricerca (www.argec.it, ora presentazione visiva, le scelte dell’occhio che impone sotto la direzione congiunta di Elisa Bricco), centro che una certa delimitazione alla realtà. Venendo ai testi rappresenta un punto di riferimento importante per la di Noël, l’A. propone un percorso attraverso alcuni conoscenza e la diffusione in Italia della narrativa france- testi – Le 19 octobre 1977, Le roman d’Adam et Eve se contemporanea. – mettendo in rilievo via via il rapporto tra fotografi a e La messa in rete di questo lavoro ha offerto grande scrittura e la rifl essione dello scrittore sulle potenzialità fl essibilità alla lettura critica che costituisce la parte prin- espressive della fotografi a, che talvolta consente di fare cipale della ricerca, in quanto ha permesso la consultazio- luce sul signifi cato dei testi letterari. ne ( contemporanea al discorso critico, con l’apparizione L’A. illustra anche il rapporto di collaborazione di di una fi nestra inseribile nel testo) dei riassunti e delle Noël con i fotografi per la creazione di libri d’arte e strutture di ogni romanzo trattato. Questa disposizio- sottolinea l’estrema importanza di queste esperienze in ne è da considerarsi di grande aiuto al lettore che non cui l’incontro con l’altro costituisce un valore assoluto avesse suffi ciente dimestichezza con la scritture di Alain e ricco di potenzialità creative. Nadaud, che, peraltro annovera, ad oggi, più di quindici [ELISA BRICCO] opere narrative. Il testo critico consiste, quindi, di due parti principali: la prima, di cui è stato già detto, che pre- senta i testi, e la seconda che entra all’ “interno dell’ope- THIBAUD BALDACCI, L’alias e lo sciame II. Poesia & fo- ra”, come dice il titolo stesso di quella sezione. tografi a nell’opera di Denis Roche, in Bruna DONATELLI Essa introduce subito il lettore nel contesto cultura- (cur.), Bianco e nero. Neor su bianco. Tra fotografi a e scrit- le che soggiace alla scrittura di Nadaud, scrittore di for- tura, Napoli, Liguori editore, 2005, pp. 121-141. mazione fi losofi ca, erede delle speranze e delle delusioni del ’68, viaggiatore in terre mediterranee e orientali, ro- Partendo dalla constatazione che la fotografi a è un ele- manziere in possesso di forte immaginazione creativa e mento integrante dell’opera, ma anche della poetica di De- padrone di una lingua di affascinante ricchezza, da cui sa nis Roche, l’A. prende in esame sia i testi sia le rifl essioni del estrarre le migliori sfumature. Dei quattro capitoli che se- poeta sulla fotografi a, sulle sue caratteristiche intrinseche e guono, due riprendono e arricchiscono lavori preceden- sulle sue potenzialità signifi canti. Nonostante le differenze temente presentati dalla studiosa in vari convegni, come tra le due forme di creazione artistica, Roche tenta una sin- il trattamento della Storia nella scrittura del romanziere, tesi o, meglio, una possibile attività in comune tra poesia e o la sua “ricerca mediterranea”. A questi si aggiungono, fotografi a. Questa attività si può svolgere nella creazione i capitoli inediti concernenti il rapporto della scrittura poetica in cui la fotografi a si inserisce a vari livelli, come con la sua creazione e, specialmente, la parte spettante punto di partenza illustrativo e illustrato di cui il testo può all’autoferenzialità. Le conclusioni alla quale l’A. giunge rendere conto, e anche come strumento legato alla memo- orientano la lettura dell’opera romanzesca di Nadaud, al ria, perché le istantanee del passato situate nell’inconscio di là della fruizione del “piacere del testo”, ad essere vista dello scrittore possono nutrire la materia poetica. Un’altra come la stesura, sulla pagina, di una costante ricerca al considerazione contribuisce ad approfondire e ad arricchi- centro della quale si trova la scrittura, ricerca che parte re la tematica affrontata da Roche e illustra il profondo le- dall’indagine storica su questo grande dono dato unica- game che viene intessuto tra i due sistemi creativi: si tratta mente all’uomo, e che si allarga poi sul rapporto di questo della rifl essione sull’azione del fotografare, ovvero su ciò mezzo espressivo con le variabili della condizione umana che avviene prima dello scatto meccanico: la scelta dell’og- contemporanea. In chiusura, l’A. pubblica Architexture, getto, la scelta della situazione, dell’angolatura dell’inqua- un’importante e inedita rifl essione critica del romanziere dratura sono tutte componenti individuali che rendono sulla propria opera. «l’atto fotografi co» unico e irripetibile. [CHIARA ROLLA] Il rapporto tra i due sistemi giunge a esiti molto interessanti, e l’A. illustra il tentativo dello scrittore – presente tra l’altro in La disparition des lucioles - di MARGARET RIGAUD-DRAYTON, Henri Michaux: poe- costruire i testi come se fossero fotografi e, per cui l’oc- try, painting, and the universal sign, Oxford, Claren- chio del lettore esegue gli stessi movimenti che mette- don Press, 2005, pp. 183. rebbe in pratica guardando un’istantanea fotografi ca. Non solo rifl essione sulle potenzialità creative dunque, La ricerca di una lingua universale è il vero denomi- ma messa in pratica dell’«intercostruttività», relazione natore che accomuna vita, opere letterarie e pittoriche profonda e compenetrazione tra due sistemi diversi. di Henri Michaux. Attraverso lo studio delle intricate relazioni che legano le parole alle immagini, la Rigaud- [ELISA BRICCO] Drayton dimostra come il poeta, belga di nascita e francese di adozione, abbia ricercato da sempre una lingua che offrisse un accesso immediato al signifi ca- R. GALLI PELLEGRINI, Un voyage au centre de to del mondo e dell’io. Attento ma critico conoscitore l’écriture, l’écriture au centre du voyage. Les romans delle teorie linguistiche espresse da Saussure e della d’Alain Nadaud, in “Publif@rum”, 2, 2005, http:// psicoanalisi freudiana, sognò di reinventare una lingua www.publifarum.farum.it/s02.php. primordiale che fosse l’intima voce dell’inconscio e al tempo stesso espressione universale di quanto di più Per la prima volta con questo studio, viene pubblicata eterno vi è nell’uomo. una monografi a critica sull’opera romanzesca di uno dei [CHIARA ROLLA]

sf150_interni 639 23-02-2007, 16:50:17 640 Rassegna bibliografi ca Letterature francofone extraeuropee a cura di Carminella Biondi e Elena Pessini

Confl its de mémoire, sous la direction de Véronique tillais résidant en France métropolitaine et militaire de BONNET, avec la collaboration de Christophe PRADEAU carrière depuis la Seconde Guerre mondiale, et sa fi lle, et Françoise SIMONET, Paris, Karthala, 2004, pp. 365. jeune «négropolitaine» qui cherche, non sans mal, à se fabriquer une identité. Le père se Julia s’est réalisé en «Face à un devenir collectif marqué par de sérieu- servant De Gaulle; à la démission du général, suite au ses incertitudes existentielles, face à la désagrégation référendum de 1969, il entend demander une mutation des utopies, la quête mémorielle aurait-elle pour fi na- aux Antilles. Sa fi lle rêve du même «exil» mais, comme lité – avouée ou non – d’éviter de penser le présent?», on le devine, pour des raisons différentes. L’imbrica- se demande Véronique BONNET dans l’avant-propos tion est tellement serrée entre les événements liés à la de cet épais volume dédié au professeur Jean-Louis guerre, ceux liés au colonialisme et ceux qui sont pro- Joubert, issue fi nale d’un colloque qui a eu lieu les 8 pres aux réalités postcoloniales, que le récit apparaît et 9 mars 2002 à l’Université Paris XIII. Le doute est comme emblématique du siècle tout entier, et des con- légitime, et pourtant aucune contribution ne suggère fl its (non seulement de mémoire) qu’il a créés. de réponse dans cette direction. La plupart des inter- La troisième partie, intitulée «Ethnisme, totalitarisme venants se disent plutôt qu’à l’orée du siècle, voire du et génocide», regroupe cinq textes dont trois sont consa- millénaire naissant, il est normal que les questionne- crés à la mise en fi ction du génocide des Rwandais tutsis au ments se multiplient vis-à-vis du siècle passé, et que le Rwanda en 1994 – date emblématique et ambiguë, puis- devenir historique, mais aussi culturel, s’inquiète avant que, comme Romuald Fonkoua le rappelle, elle marque tout de la mémoire de ce qui a été. Il va de soi que également la fi n de l’apartheid en Afrique du sud. L’article cette (ces) mémoires(s) sont susceptibles d’engendrer de Véronique BONNET n’ouvre pas par hasard cette section, des confl its, qu’il serait fécond d’affronter et non d’oc- puisqu’il se concentre à la fois sur la Shoah et sur le génoci- culter. Telle est d’ailleurs la motivation profonde de de des tutsis. L’auteur compare, en particulier, les person- ce projet d’étude dans son ensemble: «non pas vouloir nages d’enfants protagonistes des romans Voir ci-dessous: réconcilier des groupes humains en proie à de violents amour de l’Israélien David Grossman, et L’Aîné des orphe- affrontements, non pas adosser notre travail à un “de- lins du Guinéen Tierno Monénembo. Pour l’un comme voir de mémoire” dont le caractère injonctif relève de l’autre enfant, la mémoire du génocide est confuse, et se certaines formes de militantisme mais ouvrir des voies traduit dans une narration qui n’accorde au lecteur que de à la pensée d’un devenir collectif» (p. 7). rares points d’appui. La mémoire «offi cielle» est mise en Le livre se compose de l’avant-propos cité, d’une discussion, concurrencée par des cadres imaginaires que «ouverture» signée par Philippe LEJEUNE et de cinq les personnages se fabriquent «pour tenter de retrouver parties regroupant chacune diverses contributions. leur place dans le monde des vivants». Quoique brève, l’«ouverture» de Philippe Lejeune pose Comme la précédente, la quatrième partie («Di- deux questions fondamentales. Un rappel d’abord, sur vergences mémorielles: le Maghreb») débute par un les vertus de la réception, sans laquelle il ne pourrait y article qui se veut un pont entre réalités diverses. Ber- avoir de transmission. Ensuite une question ouverte: les nard MOURALIS étudie en effet Élise ou la vraie vie de phénomènes analysés dans ce volume sont-ils propres au Claire Etcherelli, un roman dont le spectre spatial mais XXe siècle? S’est-il passé, au cours de ce siècle, quelque surtout temporel est assez ample: à travers le récit de chose «d’irréductiblement nouveau, qui a transformé le la narratrice, l’auteur évoque la France à la veille du rapport à la mémoire et à l’écriture?» (p. 16). La pre- retour en 1958 du général de Gaulle, en pleine guerre mière partie est consacrée aux «Perspectives générales et d’Algérie. Dans l’ensemble de ces quelques contribu- anthropologiques», autrement dit aux assises théoriques tions, qui ne manquent de mettre l’accent sur l’im- des cas d’étude à venir. On retiendra en particulier l’essai portance du témoignage, l’article de Khalid Zekri, de Joël CANDAU (auteur par ailleurs de Anthropologie de «Écritures carcérales et résurgence de la mémoire au la mémoire et de Mémoire et identité), qui invite à se mé- Maroc», se démarque par l’attention portée à l’adéqua- fi er de la métaphore elle-même qui est à la base de tout le tion entre formes et contenus. La forme, c’est la stra- projet. Selon Candau, «l’existence de grandes mémoires tégie épistolaire, qui s’est imposée à certains auteurs partagées, condition nécessaire à leur affrontement éven- pour faire un travail de remémoration sur leur passé tuel, semble bien diffi cile à admettre» (p. 26): l’expres- carcéral. Non seulement la lettre permet-elle de com- sion «confl its de mémoire» devrait donc laisser le pas à muniquer «avec l’autre au-delà des barrières imposées un plus probable confl it autour de la mémoire. Loin d’en par les geôliers», mais elle apparaît comme une forme rester à la théorie, l’auteur illustre les dangers tangibles adéquate à la gravité du contenu narratif, là où le ro- qui pourraient naître d’une ontologisation de métaphores manesque représenterait vice-versa une mise à distance inadéquates. Le risque est de devenir des «faiseurs» de par rapport à la réalité. Loin d’approcher les faits nar- mémoires collectives qui, tout comme les identités collec- rés dans un cadre purement anthropologique, l’auteur tives, sont le plus souvent meurtrières. Un exemple tiré invoque l’importance d’une prise de position qui est de la plus récente actualité: la thèse huntingtonienne du à la fois éthique et esthétique. Intitulée «Mémoire choc des civilisations. et réception», la cinquième partie couvre des sujets Parmi les articles de la deuxième partie, dédiée aux aussi distants que la réception d’Un barrage contre le «Mémoires de la Seconde Guerre mondiale», celui de Pacifi que de Marguerite Duras, par Jovita Maria GE- Biringanine NDAGANO sur L’Exil selon Julia de Gisèle RHEIM NORONHA, et les représentations littéraires de la Pineau me semble particulièrement représentatif. répression des sénégalais à Thiaroye, en 1944, par Já- Dans ce roman se joue l’opposition entre un père an- nos RIESZ. On remarquera que l’analyse de János Riesz

sf150_interni 640 23-02-2007, 16:50:17 Letterature francofone extraeuropee 641

porte sur les productions artistiques africaines, littérai- canité e américanisation permette di contestualizzare res aussi bien que cinématographiques: une ouverture l’analisi sul dominio dell’identità quebecchese e cana- «générique» qui donne à cette dernière section un ca- dese francofona, per evidenziare sul doppio versante ractère moins défi nitif. alcune modalità della ricezione della cultura america- Il me semble que l’apport le plus important de ce na (non solo degli Stati-Uniti) da parte delle culture riche volume réside dans le fait que les différentes con- francofone nordamericane, e di rintracciare omologie tributions réinsèrent le passé colonial et les luttes pour e differenze con altri contesti della cosiddetta “neo- la décolonisation dans le cadre, plus large, de l’histoire america”, caratterizzata dal tratto comune della “creo- e e des XIX et XX siècles, tout en considérant les œuvres lizzazione”, ossia dell’interrelazione creativa di matrici des auteurs francophones extra-européenns comme le culturali e storiche profondamente eterogenee. fruit de l’histoire culturelle africaine mais également Il concetto di américanité, così come è stato defi nito da européenne. Apparemment évidente, cette prise de Louis Dupont, postula l’appartenenza delle culture fran- conscience n’est jamais allée de soi, ce qui explique cofone al continente americano nelle sue dimensioni geo- pourquoi les littératures francophones ont toujours politiche e culturali, ossia nei suoi caratteri geografi ci e sto- été reléguées dans un chapitre à part, dans un secteur rici peculiari, impregnati dalle esperienze della conquista pour spécialistes, dans une sorte de réserve (ô combien e della colonizzazione e soprattutto dalle forti componenti précieuse!). Analyser conjointement la mémoire des multiculturali derivate dalle immigrazioni provenienti da- génocides, en Europe comme en Afrique; étudier la gli orizzonti più disparati. È soprattutto a partire dagli an- réception africaine de faits ou de romans qui ont des ni Ottanta, come sottolinea Gérard BOUCHARD in Genèse Européens à leurs origines; s’attacher à des destins des nations et cultures du Nouveau Monde, che « le thème – et à la représentation littéraire de ces destins – qui de l’américanité (ou de la nord-américanité) a fait […] son se construisent d’une part et d’autre de l’Océan, et qui entrée dans le discours littéraire et artistique. Le roman a traversent des temps de paix comme des périodes de commencé à faire voyager ses héros aux Etats-Unis, à y guerre: voilà une manière effi cace, scientifi que et sug- situer une partie de ses intrigues. L’Amérique du Sud fi t gestive à la fois, de dire que l’histoire est une, et que ses son apparition aussi, projetée dans une nouvelle proximité produits artistiques sont d’abord à concevoir au-delà de tempérament, de culture latine» (pp. 11-12). La com- des confl its qui l’ont marquée. ponente dell’“américanité” ha giocato inoltre un ruolo im- portante nella specifi cità identitaria delle culture franco- [MARIA CHIARA GNOCCHI] fone nordamericane anche nei termini di una distinzione e di uno smarcamento dalla cultura della Francia metro- politana. Su questo terreno riveste un’importanza centrale L’Art Français et Francophone depuis 1980 / Con- l’analisi del multilinguismo fondatore delle Americhe, che temporary French and Francophone Art, a cura di Mi- consente inoltre un parallelo con lo spazio culturale carai- chael BISHOP e Christopher ELSON, Amsterdam-New bico, coi temi dell’ibridazione e del “métissage” e con lo York, Rodopi, «Faux Titre», 2005, pp. 238. studio dei transfert culturali fra le differenti sfere lingui- stiche e culturali del continente americano. Per quanto Ce volume publie les travaux d’un colloque interna- riguarda il dominio letterario, le analisi in una prospettiva tional qui a eu lieu en 2001 à la Dalhousie University. interculturale e comparatista di Jean-François CHASSAY Né et conçu au Canada et en Acadie, le livre est bilin- e di Jean MORENCY sull’impatto del romanzo degli Sta- gue, français et anglais (y compris la préface!), même si ti-Uniti sulla letteratura quebecchese e delle immagini les articles écrits en français sont nettement majoritai- dell’America nel romanzo quebecchese contemporaneo res. Les 23 contributions se fondent sur des approches hanno svolto un importante ruolo pionieristico (si vedano critiques très différentes, et s’attachent à des sujets i voll. 26, 1990 e 28, 1992-1993 della rivista Études Françai- (pratiques et conceptions) également disparates, bien ses, dedicati all’«Amérique entre les langues»). que toutes hypercontemporaines. I lavori di Yvan LAMONDE hanno approfondito ulte- riormente in senso storico questa nuova visione iden- [MARIA CHIARA GNOCCHI] titaria quebecchese e franco-canadese che la nozione di “américanité” rifl ette, rintracciando la genealogia, in termini foucauldiani, del concetto e del discorso «Globe. Revue Internationale d’Études Québécoi- dell’“américanité” e dei dispositivi culturali e menta- ses», Américanités francophones. Ancrages médiatiques, li da questo attivati. Nel suo libro Ni avec eux ni sans mises en perspective historiques et comparatistes, a cura eux. Le Québec et les Etats-Unis, Lamonde analizza di Hans-Jürgen LÜSEBRINK, vol. 7, 2004, n. 2, pp. 225. tutta l’ambiguità e la complessità delle relazioni tra i due paesi, su un arco cronologico estremamente vasto Questo numero della rivista «Globe» propone che va dalla colonizzazione del Québec da parte del- un’interessante analisi a largo spettro, secondo criteri l’Impero Britannico agli anni Novanta, prendendone interdisciplinari, interculturali e comparatisti, del di- in considerazione gli aspetti antropologici, materiali ed scusso fenomeno culturale dell’“americanizzazione”, intellettuali. La profonda trasformazione della società che caratterizza, per vari aspetti di carattere sincronico franco-canadese avvenuta nel corso degli ultimi decen- e diacronico, i processi storici in atto nella cosiddetta ni sarebbe in gran parte dovuta a questo “processus “globalizzazione”. È altresì vero che questo termine, d’américanisation”, incrementato dall’introduzione come molti altri utilizzati per descrivere, a volte in mo- della modernità industriale, economica e mediatica do approssimativo e semplicistico, i fenomeni sociali e in Québec. Gli scambi economici e culturali tra Stati- culturali attuali, presenta un notevole grado di ambi- Uniti e Québec hanno profondamente segnato e tra- guità e di “polisemia” e non può certamente essere ri- sformato la società franco-canadese in tutte le forme dotto allo spauracchio di un’omogeneizzazione globale della sua cultura materiale ed intellettuale. del pianeta sotto i simboli del dollaro o di Mc-Donald, Il dossier presentato in questo numero della rivista né dei miti culturali di Holliwood o della dottrina neo- si inserisce pertanto in un contesto assai variegato di con della guerra “umanitaria” preventiva. Innanzitut- analisi e ricerche sul fenomeno dell’americanizzazione, to, la distinzione preliminare tra i due termini améri- collegandosi a queste e cercando di esplorare nuove pi-

sf150_interni 641 23-02-2007, 16:50:18 642 Rassegna bibliografi ca

ste sul piano sia della cultura letteraria, cinematografi - ci offre un ottimo punto di partenza per affrontare una ca e artistica sia su quello della cultura materiale e della serie di questioni, di carattere culturale e storico-socia- lingua. Gli articoli di Yvan Lamonde (Américanité e le, che riguardano, con enormi differenze, ma anche américanisation. Essai de mise à point, pp. 21-29) e di notevoli punti di comunanza, i cambiamenti in atto a Jean Morency (L’américanité et l’américanisation du ro- livello planetario e le interrelazioni tra fl ussi culturali man québecois. Refl exions conceptuelles et perspectives globali e costruzioni identitarie locali e che necessita- littéraires, pp. 31-58) rintracciano, nel dominio socio- no, per essere analizzati e compresi, di approcci inter- culturale e storico, da una parte, e letterario, dall’altra, disciplinari improntati ad un’analisi della complessità. la portata e le implicazioni delle nozioni di “américa- nité” e di “américanisation”, offrendo entrambi una [ALESSANDRO CORIO] vasta presentazione delle ricerche effettuate in questo campo. Lamonde insiste sull’“américanité” come com- ponente fondamentale dell’identità franco-canadese, «Acoma», numeri 1-5 (1971-1973), rivista diretta da mostrando al tempo stesso che questa nozione ha sem- Édouard GLISSANT, Perpignan, Presses Universitaires pre implicato «une critique sinon un refus d’impériali- de Perpignan, 2005, pp. 656. sme états-unien». Morency propone invece una distin- zione estremamente utile tra l’“américanisation” – ge- La riedizione dei cinque numeri della rivista marti- neralmente associata ad un consumo passivo della cul- nicana «Acoma», pubblicati in Martinica ed in Fran- tura e ad un processo di acculturazione e di imitazione cia, tra il 1971 e il 1973, dalla casa editrice Maspero di ricettive – e l’“américanité” – che designa il lato posi- Parigi (la quale ha poi interrotto la pubblicazione per tivo dell’americanizzazione, implicando delle infl uenze motivi economici) rappresenta senz’altro un evento liberamente scelte e dei transfert culturali coscienti e prezioso per tutti gli studiosi delle culture e delle let- attivi. Constatando che le due nozioni-processi si in- terature caraibiche e, più in generale, per quanti si oc- tersecano, l’autore si prefi gge di studiare i variegati fe- cupino, ad un livello più o meno specialistico, di tema- nomeni di natura interculturale che li caratterizzano, tiche inerenti al colonialismo, al razzismo, alle culture dagli usi intertestuali ed interdiscorsivi ai fenomeni di della black diaspora e alle politiche anti- e post-colonia- traduzione e di adattamento, caratterizzati da pratiche li. La rivista fu la prima di questo genere in Martinica di invenzione di forme culturali ibride. e fu caratterizzata, fi n dal progetto, da un approccio Ute FENDLER e Christoph VATTER (Évangéline multi- pluridisciplinare, aperto alle arti visive ed accogliente média. Un mythe acadien entre américanité et américa- nei confronti di scrittori ed artisti delle Americhe co- nisation, pp. 59-79), si concentrano sulle metamorfosi me delle Antille. Il progetto nacque da un gruppo di inter-mediatiche ed intertestuali del mito di Évangéline studiosi, intellettuali e scrittori martinicani, diretti da nel Canada francofono e negli Stati-Uniti a partire dal Édouard Glissant, il quale nel 1967, due anni dopo il XIX secolo. Attraverso un’analisi che spazia dai film alle suo ritorno nell’isola natale dal “confi no” politico a commedie musicali ai testi letterari, questo studio mette Parigi, aveva creato l’Institut Martiniquais d’Etudes in luce come le nozioni di “américanité” e di “américa- (I.M.E.) allo scopo di combattere l’alienazione cul- nisation” si iscrivano nella storia inter-mediatica di un turale di un paese a maggioranza nera, il cui sistema mito collettivo, mettendo a confronto forme di appro- scolastico, diventato una vera e propria istituzione di priazione da parte della cultura di massa americana e assimilazione, era basato interamente sulla cultura ri-appropriazioni, riletture e decostruzioni francofone, franco-metropolitana. La rivista nasce appunto come segno di un’americanità liberamente rivendicata. L’arti- luogo di pubblicazione dei lavori di ricerca dell’Isti- colo di Hans-Jürgen LÜSEBRINCK (Interculturalités améri- tuto e dall’esigenza “politica”, profondamente sentita caines. La trajectoire de Paul-Marc Sauvalle, cosmopolite come necessaria, di unire indissolubilmente il progetto canadien-français, pp. 81-99) rintraccia invece la traiet- di ricerca al campo di studio, per scavare a fondo la na- toria biografi ca transamericana del giornalista e scrittore tura delle cause che hanno reso la società antillese una Paul-Marc Sauvalle, francese di origine ed immigrato in “società bloccata” a livello sociale, storico e psicologi- Canada nel 1884, che attraverso un percorso personale co e per aprire la strada a nuove possibilità di discorso estremamente ricco che lo conduce in Louisiana, in Mes- e di azione che attivino processi reali di cambiamento. sico, negli Stati-Uniti e in Canada, rappresenta un vero e L’epigrafe, posta immediatamente sotto il titolo della proprio precursore dell’americanità contemporanea, vera rivista, ne enuncia chiaramente, per mezzo di una me- e propria interfaccia tre le “tre americhe”: francofona, an- tafora vegetale, l’ambizione e l’ispirazione profonda: glofona ed ispanofona. «L’acoma franc est un de plus hauts arbres du pays … Infi ne, gli articoli di Beatrice BAGOLA (L’américa- On remarque que fort longtemps après estre coupé, le nisation de la langue française sur Internet? Quelques cœur en est aussi sain, humide et plein de sève, que si aspects de la terminologie offi cielle et de l’usage des in- on le venait de mettre par terre» (J.-B. du Tetre – Hi- ternautes, pp. 101-124) e di Katrin MUTZ (Le lexique stoire naturelle des Antilles). des variétés du français en Louisiane et l’infl uence de Dopo la lunga stagione della négritude, dopo la “loi de l’anglo-américain. Un état de recherche, pp. 125-154) départimentalisation” del 1946 voluta da Aimé Césaire e affrontano la dimensione linguistica del fenomeno dopo lo scioglimento nel 1961, su decreto del generale dell’americanizzazione. Bagola affronta lo spazio ri- De Gaulle, del Front Antillo-Guyanais per la liberazione spettivo dell’inglese e del francese su Internet ed ana- del popolo antillese, fondato da Glissant e dal suo amico lizza la concorrenza tra le due terminologie, notando Albert Béville (di cui uno degli obiettivi principali era l’in- importanti differenze tra la Francia e il Québec. Mutz, tegrazione delle Antille francesi nella regione caraibica, ri- da parte sua, studia l’impatto dell’inglese sul francese tenuta una tappa essenziale per l’emancipazione culturale in Louisiana, mostrando, a partire da numerose ricer- e politica), la situazione sociale, economica e politica in che socio-linguistiche, il continuo ritrarsi del francese Martinica sembra giunta ad un punto di completo stallo, a partire dal XIX secolo, e il suo carattere moribondo che si riassume drammaticamente nelle parole dello stes- oggidì, nonostante i continui sforzi istituzionali. so GLISSANT: «Il faut supposer que la colonisation françai- Questa miscellanea ben orchestrata di studi, in un se en Martinique risque bientôt de parvenir au “stade su- campo che resta aperto ed estremamente sfaccettato, prême” de toute colonisation, qui est de dépersonnaliser

sf150_interni 642 23-02-2007, 16:50:18 Letterature francofone extraeuropee 643

complètement une communauté, de l’“absorber” dans ment d’une recherche antillaise autonome» (p. 34). un corpus extérieur, et qu’en ce sens la colonisation de la Questo allo scopo di stabilire una piattaforma teorica Martinique se révélerait alors comme l’une des rares colo- comune per un lavoro di inchiesta sul campo che cer- nisations “réussies” de l’histoire moderne» (p. 90). chi di unire teoria e pratica effettiva. Possiamo qui so- Il breve periodo di pubblicazione della rivista e, lamente accennare a due importanti saggi di Édouard più in generale, tutti gli anni settanta si presentano GLISSANT, che saranno poi rielaborati ne Le Discours oltremodo problematici per la riproposizione di una antillais (1981) e che pongono le basi di tutto il suo progettualità politica che tenga conto dei successi, ma lavoro a venire: Structures et tensions de groupe en anche dei drammatici fallimenti ed involuzioni dei pro- Martinique (pp. 35-47), che individua le cause del di- cessi di decolonizzazione reale avviati dopo la seconda sequilibrio generale della collettività martinicana nella guerra mondiale, trovandosi inoltre in un contesto, mancanza di una relazione equilibrata ed attiva col come quello dei Départements d’Outre-Mer francesi, proprio spazio (a causa della doppia alienazione pro- dove un processo di presa di coscienza e di decoloniz- dotta dai miti del ritorno all’Africa e da quello della zazione non è mai stato avviato, essendo stato soffoca- cittadinanza francese o francisation) e col proprio tem- to sul nascere dall’ideologia assimilazionista e dal mito po (a causa dell’assenza di una dimensione storica e di della citoyenneté française. L’ideologia della négritude, una memoria collettiva che possano guidare una proie- con la sua proposta di un ritorno ad un’identità africa- zione progettuale verso l’avvenire); Introduction à une na ancestrale, comincia a presentare elementi sospetti étude des fondements socio-historiques du déséquilibre di essenzialismo, culturalismo e di alienazione e viene mental (pp. 82-97), spinge ancora oltre l’analisi appli- sentita come “allogena” ed “eteronoma” rispetto al cando una sorta di “psicoanalisi globale” o collettiva contesto storicamente composito, meticcio e creolo per individuare le cause “strutturali” della “morbosità dei carabi, nonché l’espressione ideologica della pic- generale” della collettività, scaturite dalla rimozione cola borghesia di colore, subalterna nei confronti del del proprio vissuto storico traumatico. Esse sono da grande capitale metropolitano (si veda l’ottima analisi identifi carsi, secondo Glissant, proprio nella non-au- di André LUCRÈCE, Le mouvement martiniquais de la tonomia del circuito economico martinicano, che ha négritude. Essai d’analyse d’un discours idéologique, pp. generato una distorsione a livello sociale tra funzione 93-123). Si rende invece sempre più necessaria un’at- reale e funzione opinata dei gruppi sociali, impedendo tenzione ai problemi specifi ci del contesto antillese, la così il nascere di confl itti sociali autonomi e “lotte di cui identità, che più tardi Glissant defi nirà “rizomati- classe” che avrebbero reso possibile l’autonomia del ca”, nasce da una violenta rottura, operata dalla tratta paese rispetto alla madre-patria. Anche il saggio di e dal sistema della schiavitù nelle piantagioni, con le Michel GIRAUD, Les confl its raciaux considérés comme “radici africane”. Come la linfa che sopravvive a lungo substitut de la lutte des classes aux Antilles (pp. 48-61), nel tronco reciso dell’acoma, è proprio dalle molteplici applica l’analisi teorica del materialismo dialettico al storie e dalle tracce che si sono sedimentate, per quan- razzismo, individuandone la funzione sociale legata al- to nascoste ed alienate, nelle profondità delle società lo sfruttamento economico dei gruppi subalterni, dalla antillesi che bisogna ripartire per ridare corpo ad una sua genesi alle metamorfosi più recenti. coscienza di popolo, che Glissant defi nisce “antillani- L’analisi teorica non è l’unica componente della ri- té”, per superare la frattura, che continua invece ad vista. Ad essa si affi ancano testi di altra natura: innanzi- estendersi in modo sempre più disastroso accentuando tutto testi letterari, teatrali come L’ombre de la falaise, il disequilibrio generale, tra la società e il proprio en- oratorio di Henri CORBIN (pp. 98-114), poetici come tour geografi co, tecnologico e culturale. La roche écrite (pp. 232-238) e Poème (549-557) di Ar- Il primo numero della rivista è introdotto da una let JOUANAKARÉA, Billons e Bois des Hauts di Édouard vibrante Lettre de Fort-de-France (pp. 10-32) di Jaques GLISSANT (pp. 295-318), Une affaire réglée di Jean FORMAN (all’epoca ministro degli Affari esteri del Black MÉTELLUS (pp. 558-561), Province ténébreuse di Henri Power), un militante nero americano alla ricerca delle CORBIN (pp. 323-326) e un estratto di Discours didacti- motivazioni profonde della sua lotta sulle tracce bio- que dell’importante poeta quebecchese Gaston MIRON grafi che di Franz Fanon. La lettera mette in rilievo, (pp. 447-462). Nel secondo numero della rivista viene quasi un manifesto sui-generis, l’ideale transculturale presentata una nuova versione del racconto popolare di lotta politica antirazzista, anticolonialista ed antica- martinicano Conte de Yé, raccolto da Lafcadio HEARN, pitalista che muove questo gruppo di ricercatori, ben seguito da un’interpretazione di Roland SURVELOR (pp. attenti a mantenere le distanze da qualsiasi tentazione 327-358). Viene in seguito presentato il primo lavoro ideologica ed elitaria e ben consapevoli che il loro ap- del gruppo di teatro dell’I.M.E., Histoire de nègre (pp. profondimento teorico ed intellettuale non potrà esse- 359-400). Sono presenti inoltre analisi di carattere sto- re che uno “strumento” nelle mani di chi cercherà di rico-politico su Haiti, come L’occupation américaine tradurlo in azione e in cambiamento. en Haiti di Suzy Castor e Le phénomène Duvallier di I quattro saggi raccolti nel primo numero sotto il ti- Rémy Ansèlme, e saggi di carattere più strettamente tolo Introduction à quelques problèmes antillais, curati letterario come Littérature nègre aux U.S.A. di Marlène dal Gruppo di Ricerca dell’I.M.E. (Édouard Glissant, Hospice (pp. 115-131 e 217-231), Théâtre, conscience Michel Giraud, Georges Gaudi, Marlène Hospice, du peuple di Édouard Glissant (pp. 187-205) e L’image Roland Suvélor ecc.), si propongono come obiettivo des États-Unis dans les œuvres des auteurs noirs de lan- proprio quello di dare avvio ad un serio lavoro di ri- gue française di Juris Siléniks (pp. 618-627). cerca in scienze umane (sociologiche, etnografi che, Non possiamo non citare le accurate Bibliografi e economiche ecc.) condotto da studiosi delle Antille. critiche, presenti in ogni volume della rivista, e so- La ricerca, servendosi degli strumenti del materialismo prattutto lo spazio non indifferente dedicato all’arte dialettico, della psicoanalisi, dell’analisi del discorso fi gurativa di artisti delle Antille e delle Americhe, tra sociale ed ideologico in relazione alle tensioni ed alle cui Poétique de la révolution chilienne (texte et dessins) dinamiche sociali, intende «élucider […] la nature des di MATTA (pp. 153-165), Présentation de Camacho (pp. barrages inhérents à la structure de la société antillaise 319-322) e Présentation de Ferrer (pp. 592-596), en- et à la psyché générale de l’Antillais, héritages d’une trambi artisti cubani. Non mancano infi ne, elemento longue histoire coloniale, qui freinent le développe- fondamentale della rivista, interventi di più immediato

sf150_interni 643 23-02-2007, 16:50:19 644 Rassegna bibliografi ca

impegno e militanza politica, come i testi intitolati Evé- Louis JOUBERT analyse ensuite l’œuvre de Malcolm de nement che aprono i vari numeri, tra i quali l’esplicita Chazal d’un point de vue éminemment linguistique, denuncia, attraverso una Motion des enseignants de alors que Xavier GARNIER élargit la perspective critique l’Institut Martiniquais d’Etudes (p. 150), delle rappre- en s’occupant de la contamination des «langues des li- saglie contro il movimento studentesco martinicano vres» par les «langues des rues» dans les littératures del 1971 e dell’assassinio senza motivo di un giovane du sud. L’article Les mots font l’humour: jeux de mots, studente a Fort-de-France da parte delle forze del- enjeux de la langue et ouverture poétique par Alimou l’ordine; infi ne il testo che chiude questo ricchissimo CAMARA montre la fonction politique de l’utilisation volume, Le dossier brésilien (pp. 648-650), una denun- ludique de la langue chez certains écrivains africains. cia della repressione, delle torture e degli assassini in En conclusion, Paul Tete WERSEY s’occupe des congo- Brasile, durante il periodo della dittatura militare so- lismes en littérature, avec un article complété par un stenuta dalla CIA. glossaire, fort utile. La dernière section, «dires et détours», présente [ALESSANDRO CORIO] d’abord deux contributions sur le plurilinguisme en littérature. Papa Samba DIOP étudie la dialectique des langues chez Patrice Nganang et Boubacar Boris Diop, «Notre Librairie. Revue des littératures du sud», tandis que Jean-Claude UWIRINGIYIMANA se concentre n° 159, Langues, langages, inventions, juillet-septem- essentiellement sur deux écrivains francophones rwan- bre 2005, pp. 160. dais: Savério Nayigiziki et Marie Gevers. Sylvie CLER- FEUILLE déplace légèrement la problématique en abor- Ce numéro de Notre Librairie célèbre l’entrée d’As- dant les joutes oratoires d’Afrique en tant que genre lit- sia Djebar à l’Académie Française en publiant un texte téraire. Cette section se conclut par deux contributions inédit que l’écrivain algérien a consacré à un person- complémentaires. Jean-Luc RAHARIMANANA exprime le nage de Cervantès. C’est donc sous le signe du pas- déchirement qui peut dériver du plurilinguisme par un sage, du partage et de la transculturalité que s’ouvre texte qui s’approche de l’autofi ction, tandis que Kossi cet ensemble de contributions centrées sur la langue EFOUI révèle dans un entretien sa conception de l’écri- française, et sur les inventions auxquelles elle donne ture comme un paradoxe nécessaire. Les mots de ces vie. Le numéro a été organisé autour de l’idée que la deux créateurs de langue contribuent donc à dévelop- création littéraire, le spectacle, la communication quo- per et à enrichir un débat qui est loin de se conclure tidienne, les «parlers jeunes» libèrent le français en le ici. Comme d’habitude, des comptes rendus précis et rendant une réalité en mouvement et en auto-création pertinents complètent ce numéro de Notre Librairie perpétuelle. L’illustrations de toutes ces Langues, lan- consacré à la langue en contribuant à rendre cette re- gages et inventions s’articule en trois parties, complé- vue de plus en plus indispensables pour les chercheurs tées, comme il est habituel pour Notre Librairie, par et pour les amateurs des études francophones. une section «inédits» incluant une pièce de théatre, un poème et un texte en prose qui témoignent des subtils [PAOLA GHINELLI] liens avec les articles critiques. Ces trois contributions littéraires, signées respectivement par Kossi EFOUI, par le Collectif 129h et par Samuel MILLOGO, témoignent JEAN OUÉDRAOGO, Maryse Condé et Ahmadou Kou- de trois genres différents, mais aussi de trois manières rouma. Griots de l’indicible, New York, Peter Lang, de s’exprimer en langue française. 2004, pp. 180. La première section concerne les métamorphoses de la langue. L’article de Daniel DELAS, qui dirige ce Attraverso uno studio comparato delle opere dello numéro, est paradigmatique parce qu’il montre les mé- scrittore senegalese Ahmadou Kourouma e della scrit- canismes créatifs d’appropriation du français à travers trice guadalupeana Maryse Condé – autrice di una se- l’exemple de la Côte-d’Ivoire, des argots juvéniles, rie di romanzi dedicati all’Africa, in cui ha vissuto e la- et des œuvres littéraires, surtout d’auteurs africains vorato –, questo saggio si propone di mettere in luce le et antillais. Les autres contributions de cette section caratteristiche distintive del romanzo storico africano. montrent que ces procédés intéressent toutes les réa- L’autore Ouédraogo fa emergere dalla propria analisi lités francophones: le français métropolitain urbain alcune fi gure e temi chiave come il Fuciliere e l’Inter- est surtout infl uencé par l’arabe maghrébin (article de prete nelle rappresentazioni dell’Africa Occidentale Dominique CAUBET), alors que le français de l’océan prima e dopo le Indipendenze, individuando in essi indien est caractérisé par des métissages linguistiques i simboli di un intero mondo. Il discorso si sviluppa dont le caractère dynamique et souple permet aux cri- poi attorno al popolo mandingo, alle sue modalità di- tiques de dépasser la notion de diglossie (contribution scorsive e alla fi gura del griot, detentore del patrimo- de Norbert DODILLE). La réfl exions sur les dictionnai- nio di racconti e di miti tradizionali e porta-parola di res signée par Mwatha MUSAMJI NGALASSO, un véritable un immaginario ben preciso. Il volume si chiude con hymne à l’apprentissage de plusieurs langues, enrichit le interviste a Maryse Condé e Ahamadou Kourouma encore la problématique de la première section de ce che rifl ettono sulla parola e sul ruolo dello scrittore numéro, qui poursuit avec un entretien avec Henriette nella società. WALTER, linguiste et phonologue, et se termine avec un Uno degli aspetti di maggiore interesse di questo te- «petit glossaire de mots pilipilisés» qui présente avec sto, che si occupa della storia dell’Africa, delle modali- humour et précision quelques termes récemment ac- tà e della possibilità di raccontarla, è senz’altro la scelta quis pas la langue française. degli autori analizzati. Ouédraogo si propone infatti di La deuxième section de la revue, consacrée à l’in- valorizzare oggi l’Africa come punto d’incontro, come ventivité de la langue, s’ouvre avec une contribution esperienza comune e come oggetto letterario attraver- de Rafaël LUCAS et avec Michel BENIAMINO, dont le titre so il dialogo fra le opere di due scrittori di discenden- «Voleurs de langues, voleurs de feu» s’adapte au carac- za africana, cementando il legame tra Africa e Antille. tère hardi et atypique des œuvres des deux écrivains L’autore sostiene infatti che nel periodo successivo alla dont il est question: Frankétienne et Gamaleya. Jean- Négritude esistono dei caratteri specifi ci di contatto tra

sf150_interni 644 23-02-2007, 16:50:19 Letterature francofone extraeuropee 645

le espressioni letterarie caraibiche e africane, dei mo- ténèbres. Un jour une huppe leur apporte un message menti di «conjonctions, disjonctions, et de dissensions de la part de leur père qui leur ordonne de rentrer. Ils internes les émaillant et le défi nissant» (p. 1), che riba- s’enfuient sur un vaisseau, et le voyage vers l’Orient discono un rapporto di continuità pur nell’autonomia. suit une route ardue, dévastée par le “grand désastre”. Dans la traversée le narrateur exécute sa femme et sa [FRANCESCA TORCHI] nourrice et perd son fi ls. Il assiste en outre à la folie de sa sœur. Il parvient enfi n chez son père qui lui deman- de de s’exiler à nouveau. ALIA BACCAR BOURNAZ, Essai sur la littérature tuni- Le récit de Sohrawardi se déploie dans une dimen- sienne d’expression française, Belgique, Ed. Bruylant, sion onirique qui dédouble le réel et le réorganise pour 2005, pp. 172. mieux le révéler. Il utilise les procédés du montage et du collage pour faciliter l’accumulation et le déplace- Con questa raccolta di saggi critici Alia Baccar si ment des éléments disponibles. Dans cet espace où le propone di far conoscere la vasta produzione lettera- rêve domine, le coran sert de “résidus diurnes”. En ef- ria tunisina di espressione francese che, a suo giudizio, fet, les actes du “grand désastre” sont mis en scène à resta ancor oggi in gran parte sconosciuta. Appoggian- travers l’identifi cation du narrateur aux fi gures cora- dosi a numerose fonti storiche, letterarie e mitologi- niques. Dans cette perspective de lecture, émergent, che, Alia Baccar offre al lettore un’opera composita, entre autres, les personnages de Salomon et de Moïse articolata in tre sezioni. La prima riunisce vari inter- auxquels s’identifi e le narrateur, l’épisode du voyage venti dell’autrice a convegni e incontri in Italia, Cana- sur le vaisseau qui correspond à l’Arche de Noé et da, Stati Uniti, Francia, che trattano alcune tematiche aussi les toponymes rencontrés lors de la traversée qui tipiche dello spazio letterario preso in esame, in cui si sont empruntés à la carte de Noé (c’est-à-dire le mont evidenzia lo stretto legame tra i popoli che gravitano Jûdi) et à celle d’Alexandre (l’île de Gog et Magog), sul Mediterraneo e l’identità tunisina, grazie anche al- pour n’en citer que quelques-uns. la sopravvivenza di miti comuni, come quello sempre Meddeb superpose le récit du mystique persan à attuale di Elissa/Didone, fondatrice e regina di Carta- son vécu personnel en démontrant que ce texte, mal- gine. Un capitolo di questa sezione, arricchito di una gré la référence coranique ou hermétique, si marqué bibliografi a esaustiva, è interamente dedicato alla let- par la tradition zoroastrienne ou platonicienne, de- teratura tunisina femminile di espressione francese. La meure une inépuisable quête visionnaire, s’adaptant à seconda e terza sezione sono per lo più incentrate sulla toutes les actualisations. On trouvera en rapprochant presentazione, l’analisi e il commento di alcune opere les deux récits, celui de Sohrawardi et celui de Med- di scrittori tunisini francofoni, la cui scelta è dettata deb, un procédé de mise en abyme, de récit dans le unicamente dal gusto personale di Alia Baccar, che récit qui part du mythe initial pour arriver jusqu’à nos fornisce in chiusura una bio-bibliografi a sommaria jours, en superposant les fi gures mythiques auxquelles degli autori studiati. le héros du récit du mystique persan s’est identifi é et [ILARIA BRUNO] dans lequel l’écrivain tunisien s’est reconnu. Le héros de Sohrawardi est un étranger mélancolique dont le but fi nal est de revenir vers le sol natal. L’expatriation ABDELWAHAB MEDDEB, L’exil occidental, Paris, Albin ne s’achève pas par un retour défi nitif, qui, comme Michel, 2005, pp. 164. l’explique Meddeb à la fi n du récit, correspondrait à la mort, mais elle est constituée par un aller-retour, con- Dans L’Exil Occidental, récits, cahiers de voyage, dition intermédiaire qui gouverne l’entre-deux. L’exil illustrations calligraphiques, essais, poèmes, et traduc- occidental mène l’exilé jusqu’à l’épreuve du “grand tions s’enchaînent, se mêlent et se confondent en com- désastre”, il prend l’aspect d’un cauchemar, d’un rêve posant une grande mosaïque complexe autour de la catastrophique qui mène de l’obscurité à la lumière, de problématique de l’exil. Meddeb, qui a traduit et con- la nuit à l’aurore, d’Occident en Orient. Après la trans- sacré plusieurs œuvres aux écrivains arabes anciens, a formation due au franchissement des obstacles qui tra- voulu retraduire pour son Exil occidental le texte de cent l’expérience du “grand désastre”, le sujet retrouve Sohrawardi, grand mystique persan qui a vécu entre l’harmonie pour renaître dans la transparence. Après 1155 et 1196 et qui a écrit au cours de sa vie Le récit l’Apocalypse, avec la perte de son fi ls, la mort de sa de l’exil occidental (traduit, présenté et commenté par femme et de la nourrice, la folie de sa sœur, le narra- Henry Corbin dans L’Archange empourpré, en 1976), teur rejoint son père sur le mont Sinaï. Le père, qui a essayant de mettre en valeur une lecture “poétique” et été à plusieurs reprises identifi é à l’archange Gabriel suivant au plus près l’original arabe. émanant une aveuglante lumière, lui ordonne de re- Dans le Récit de l’exil occidenta Sohrawardi com- tourner à la prison occidentale, «car de l’entrave tu ne mence par décrire sa rencontre avec le récit de Haye t’es pas encore tout à fait dégagé» (p. 67). Le narrateur ibn Yaczân d’Avicenne, et il avoue son étonnement tombe de la cime dans l’abîme, parmi les incroyants et face au manque de résonance relative à l’épisode extrê- il restera détenu pour toujours dans la prison occiden- me du “grand désastre” dissimulé dans les livres divins tale. L’Orient est désormais un rêve, un paradis perdu (les commentateurs, spécialistes et ésotériques, asso- vite évanoui. C’est grâce à l’art italien, et notamment à cient cette expression à l’Apocalypse). C’est ainsi qu’il Michel-Ange, que Meddeb illustre ce que Sohrawardi est poussé à composer son récit pour évoquer la portée appelle «la prison de la nature et l’entrave de la ma- de cet épisode. Le narrateur et protagoniste part en tière», soit l’exil occidental. La poésie et surtout la compagnie de son frère vers l’Occident, en arrivant sculpture de Michel-Ange expriment la lamentation dans «la ville dont les habitants sont injustes», c’est-à- du prisonnier, en créant des sujets prédisposés à l’exil. dire la ville de Kairouan qui était la première cité im- Ils sont massifs, ils ont du mal à bouger, les formes qui portante fondée par les Arabes au Maghreb (vers 670). semblent émerger de la matière tendent à gagner leur Étant reconnus comme des enfants du Shaykh, ils sont autonomie, mais, à peine obtenue, elles la perdent. Le emprisonnés dans un puits d’une grande profondeur sculpteur, comme Sohrawardi, semble dénoncer la dé- dominé par un château, condamnés à vivre dans les pendance de la forme par laquelle les traits esquissés

sf150_interni 645 23-02-2007, 16:50:20 646 Rassegna bibliografi ca

reculent face à l’obstacle de la pierre et aux ténèbres 1991). Dans ce livre, la mère, une de ces anciennes com- de la nuit occidentale. Meddeb se pose une question battantes, frustrée dans ses aspirations personnelles, à laquelle il ne trouve pas de réponse: «par quel grand place tous ses espoirs dans sa fi lle aînée qu’elle veut voir désastre devrait cheminer leur propriétaire pour que la indépendante et émancipée grâce à l’instruction qu’elle- lumière de l’Orient le fasse naître tout entier en trans- même n’a pu recevoir. Caressant son rêve, elle continue parence?» (p. 83). à entretenir un rapport confl ictuel avec son mari qu’elle Meddeb se replie sur ses souvenirs d’enfance en rend responsable de sa condition de mère accoucheuse les reconduisant à l’esprit et se décrivant comme déjà et de femme soumise selon la bonne tradition arabe. Et prédestiné au départ. Enfant qui haïssait les encein- en effet, le mari a une toute autre considération pour tes et les frontières, il préférait «escalader les murs cette fi lle, déjà mal acceptée à la naissance et dont il a fi ni qu’emprunter les portes». En revenant aux racines par découvrir, à travers maintes manigances, le “fl agrant il se questionne sur l’origine de son nom. Produit de délit”: à peine pubère, un malotru avait voulu abuser de croisements (son père étant marocain et sa mère tri- son innocence dans un jardin public sans néanmoins y politaine), il sent la question de l’extranéité au cœur parvenir. Pour ce père sans scrupules, cette découverte de son origine comme résultat d’un mélange qui altère ne pouvait mieux tomber: ce sera le prétexte pour arran- toute prétention à la pureté et à l’unicité. L’initiation ger un mariage de raison, destiné surtout à renfl ouer ses à la langue étrangère à l’âge de six ans, et son appren- poches. Loin de tomber dans le piège des manichéismes tissage ont été probablement aussi une occasion de faciles, en mettant en scène un père machiste et vulgaire quitter l’enceinte familiale, représentée par la langue face à une femme brimée mais pleine de ressources, ce maternelle, qui est l’arabe vulgaire de Tunis, et par la roman retient particulièrement l’attention par l’étude langue paternelle, qui est l’arabe du Coran. La langue subtile des comportements, et, en particulier celui de la étrangère pour Meddeb ne perd jamais son caractère mère quand, à son tour, elle apprendra la fâcheuse his- de langue autre jusque dans le rapport le plus familier; toire arrivée à son enfant. Contre toute attente, les deux selon l’écrivain, elle reste marquée par la hantise de la époux réconciliés infl igeront, d’un commun accord, à faute et de l’écart. Dans le non-lieu représenté par le leur fi llette sans défense, un châtiment corporel qui a territoire où tout étranger vit la crise identitaire et la manqué lui être fatal. La fi n du livre met en scène une peur de la disparition à travers l’escamotage du nom mère devenue folle, en proie au délire et ne répondant propre, de sa dissolution dans le néant des langues qui plus de ses actes. À aucun moment Leïla Marouane ne bouleversent les sons et l’ordre des syllabes pour les s’introduit dans le récit pour commenter, pour étudier adapter à leurs règles, l’expérience du vide implique le les personnages ou faire le point de la situation. Elle res- nom et son sens. Meddeb accorde à ce tourment la dé- te en retrait et laisse parler et agir les êtres qu’elle a créés; signation d’“expérience du désastre”. C’est ainsi qu’il à travers eux elle laisse voir les ravages produits par une a assimilé et traduit l’expression d’“exil occidental” mère qui ne sait pas être à l’écoute de sa fi lle parce que de Sohrawardi. Après avoir dépassé indemne la tra- habitée par sa propre fi xation. Leïla Marouane pose des versée du désastre, l’écrivain a compris que le choix problèmes qui sont aujourd’hui encore fondamentaux. n’était pas entre le retour et le non-retour, mais qu’à Son roman trace le portrait non pas d’une femme éman- cette alternative il pouvait substituer l’aller-retour. cipée grâce à sa culture et à sa force de volonté, évoluant Dans une étape intermédiaire il a pourtant affi rmé la dans un milieu privilégié, mais d’une femme ordinaire séparation d’avec le pays natal, à travers son œuvre poursuivant encore une liberté toujours niée. Au-delà Phantasia qu’il défi nit comme une «fi ction méditative de cette histoire personnelle, le thèmes évoqués sont célébrant à sa manière la tradition prophétique qui dit: nombreux: la persistance des tabous sexuels, la sépa- L’islam a commencé étranger, il fi nira étranger comme ration entre le monde des adultes et le monde des en- il a commencé…». Avec Phantasia Meddeb a compris fants, entre la sphère des hommes et celle des femmes, «qu’étant étranger à soi, au monde, le sujet est chez lui le manque de dialogue et de compréhension; la solitude, où il se trouve». Meddeb cite ainsi un vieil adage attri- l’enfermement psychologique, l’aliénation. À aucun mo- bué à l’imam Ali, qui dit: «il n’y a pas un pays qui te ment la romancière n’entend donner de fausses illusions soit plus légitime qu’un autre; le meilleur pays est celui sur la condition féminine après l’indépendance, le livre qui te porte». ne veut pas être une hagiographie sur les nouveaux rap- [PIER PAOLO GOBBO] ports institués entre les différentes générations de fem- mes; bien au contraire, il a surtout le mérite de soulever la question de la crise psychologique traversée par la LEÏLA MAROUANE, La jeune fi lle et la mère, Paris, majeure partie des résistantes une fois la guerre termi- Seuil, 2005, pp. 177. née, leur diffi culté à renoncer aux avantages acquis, à assumer leur place de femme au foyer mais aussi leur Installée à Paris depuis 1991, Leïla Marouane se re- désarroi face à leur rôle éducatif de mère. Prise entre fuse de retourner vivre en Algérie tant que les lois ne l’obscurantisme de la tradition et l’obsession d’un avenir seront ne seront pas favorables aux femmes. Son qua- meilleur pour sa fi lle, la mère court inévitablement vers trième roman nous fait pénétrer dans le quotidien d’un sa perte voulant entraîner avec elle cette enfant qui a foyer algérien à travers une écriture serrée dont le style fait s’effondrer tous ses rêves. On pourra trouver l’écri- et les codes adoptés refl ètent les tensions existant entre vain très dure, on lui reprochera peut-être d’avoir peint les différents membres de la famille. Après l’indépen- des situations de négativité extrême dans une famille où dance de l’Algérie, les femmes, conscientes d’avoir joué l’affectivité et l’amour semblent être totalement absents. un rôle de tout premier ordre durant la guerre, ont re- Mais la note d’espoir réside là où on s’y attend peut-être vendiqué la place qui leur revenait de droit dans le nou- le moins, dans le cœur des frères aînés qui, dans leur vel ordre social. Mais, au fi l des années, leur attente a été générosité spontanée et par affection pour leur jeune fortement déçue, les promesses faites au lendemain de sœur, viendront à son secours. Leïla Marouane n’in- la décolonisation n’ont pas été maintenues et, à l’heure vestit pas, du moins pas uniquement, dans la solidarité du désenchantement, beaucoup d’héroïnes ont tout des femmes pour construire un futur plus souriant pour simplement dû, malgré elles, réintégrer la tradition (cfr. elles. Sans parti-pris féministe, plus réaliste que les ro- Djamila Amrane, Femmes algériennes dans la guerre, mancières de l’époque coloniale ou simplement plus

sf150_interni 646 23-02-2007, 16:50:20 Letterature francofone extraeuropee 647

inscrite dans l’actualité, elle interpelle surtout les jeu- gli occhi del kamikaze che pilotava uno dei due aerei nes gens car, sans leur amour et sans leur complicité, che si schiantarono contro il World Trade Center. Già les fi lles ne trouveront jamais leur juste place dans la nel titolo, Tuez-les tous, è facile riconoscere la sentenza société. Elle laisse entendre que l’avenir appartient aux irrevocabile che il capo dell’organizzazione rivolge ai jeunes générations lestées du poids des interdits et qui suoi adepti. A dirigere il commando è un giovane ricer- croient en un futur où viendra s’inscrire le nouveau vi- catore in fi sica nucleare, deluso dal punto di vista pro- sage de l’Algérie. fessionale e umano, dall’Occidente e dalla ex moglie, [JULIE MILÒ] che non ha voluto tenere il fi glio che aveva in grembo. Sembra essere proprio l’aborto – fi sico quanto simbo- lico – la molla che fa scattare l’odio del protagonista e AMINA SAÏD, Au présent du monde, Paris, La Dif- che lo porterà alla distruzione. Dopo aver lasciato la férence, 2006, pp. 128. Francia, il ragazzo, prima di raggiungere gli Stati Uniti, passerà dall’Andalusia, per farsi penetrare dalle remini- Con questa raccolta la scrittrice tunisina francofona scenze dell’illustre passato arabo, e assumere un nuovo offre al lettore una rifl essione sulla scrittura e sull’arte nome: San Juan, un nome di battaglia, che cancellerà della poesia, nonché sulla vita e sul suo senso più pro- defi nitivamente la sua vita precedente per permettergli fondo. Una lunga dedica in forma di poesia introduce di portare a termine la missione. In questo romanzo un’unica sezione di circa sessanta componimenti dai breve, Bachi predilige una lingua semplice e rigorosa, toni ora più intimi e personali ora più discorsivi ed uno stile ripetitivo, a tratti altisonante, litania ottusa, esistenziali, percorsi dalle tematiche spesso intrecciate intonata ostinatamente senza più la volontà di capir- dell’ erranza e della scrittura. Poesie che parlano della ne il senso, messa in atto ciecamente, senza rifl essione forza dell’amore, dei ricordi d’infanzia, del silenzio co- critica, come l’attentato. Sia dal punto di vista conte- me unica risposta ai misteri della vita, del confi ne labile nutistico che stilistico, Tuez-les tous è molto lontano tra realtà e sogno, rifugio privilegiato, quest’ultimo, del dai romanzi precedenti di Bachi, lontano dalla lingua poeta. Il tutto reso con uno stile originale caratteriz- sofi sticata de Le chien d’Ulysse e dallo stile ricercato de zato da numerose ellissi e antitesi, frequenti strutture La Kahéna, che ricreava le atmosfere delle Mille e una anaforiche, una forte personifi cazione degli elementi notte, rielaborandole, per applicarle ad un’acuta rifl es- naturali, spesso ottenuta tramite il semplice accosta- sione sulla contemporaneità. Solo la seconda parte del mento di un verbo comunemente utilizzato per gli es- romanzo, intitolata “Le roi des oiseaux”, sembra voler seri umani, infi ne un costante sforzo di concretezza nel mettere in atto una rifl essione, attraverso l’evocazione tentativo di rendere “tangibile” la parola poetica. di una favola antica, leggenda dal signifi cato nascosto, che prenderà tutto il suo senso alla fi ne del romanzo. [ILARIA BRUNO] Un testo breve che vuole riprodurre il ritmo cadenzato di una marcia funebre, punteggiata da macabri ritor- nelli, ricordi del passato e leggende ormai inservibili, e HÉLÉ BÉJI, Une force qui demeure, Paris, Arléa, che si blocca nell’istante esatto dello schianto sulle due 2006, pp. 173. torri, forse per evitare il cliché dello scenario apocalit- tico, che il lettore conosce fi n troppo bene. Il tentativo Sebbene in copertina appaia la parola “essai”, Hélé dell’autore di ripercorrere le ultime ore della vita di Béji defi nisce giustamente il suo ultimo libro una “auto- uno dei terroristi fi nisce dunque così, in sospeso, senza biographie réfl exive”: si tratta infatti di un saggio dagli tentare di risolvere l’enigma, senza cercare di trovare accenti fortemente personali. In 41 brevissimi capitoli la una spiegazione, pochi istanti prima del tuffo nella scrittrice si propone l’ambizioso progetto di scardinare «nuit noire et aveugle» (p. 133). ogni cliché sulla donna araba legato alla sua presunta [ILARIA VITALI] sottomissione e fragilità offrendone al lettore un ritratto del tutto nuovo e inatteso, che la avvicina alla donna oc- cidentale. Il testo si apre con un Je invadente e narcisista EUGÈNE ÉBODÉ, Grand Père Boni et les contes de che dichiara più volte la propria situazione privilegiata la savane, Archères, Éditions Monde Global, 2006, («j’ai pu jouir d’une vie intellectuelle moderne dans un pp. 109. univers profondément archaïque», p. 143), poi il discor- so si allarga alla condizione attuale della donna araba In questa raccolta di dieci novelle, Eugène Ébodé e occidentale nel tentativo di annullare ogni differenza racconta l’Africa. Con l’umorismo e la freschezza che («je ne représente aucune femme en particulier: je les lo contraddistinguono da sempre, egli trasporta i suoi traverse toutes», p. 133). A volte è suffi ciente un detta- lettori in un mondo dalle mille sfaccettature, innocente glio, un episodio, un ricordo legato all’infanzia o a un e crudele al tempo stesso, un mondo completamente dipinto (frequenti sono i riferimenti alla pittura olande- agli antipodi di quello europeo, i cui riti e misteri af- se del XVII secolo) per scatenare nell’autrice una pioggia fascinano e spaventano. Sono racconti che non hanno di rifl essioni fi no a giungere all’amara constatazione che, età, quelli di Ébodé, adatti sia per gli adulti che per i malgrado tutte le sue conquiste, «la femme moderne bambini, poiché hanno un unico fi ne: suscitare emo- [...] est dans la tension d’un discernement intime où el- zioni. Man mano che le pagine scorrono, quasi incon- le éprouve la mélancolie d’un équilibre idéal qu’elle ne sciamente, il lettore desidera essere lì, in Africa, sentire trouve pas» (p. 170). il sole sulla pelle, godere del calore degli abitanti dei [ILARIA BRUNO] villaggi africani, partecipare alle feste descritte, così piene di vita, di musica e di colori. Il lettore desidera soprattutto poter ascoltare all’infi nito il narratore Père SALIM BACHI, Tuez-les tous, Paris, Gallimard, 2006, Boni, la cui vita avventurosa lo ha reso un formidabile pp. 134. conteur. Alla luce della luna, sotto il grande baobab, questo vecchio di almeno cent’anni, ma incredibil- L’ultimo romanzo dell’autore algerino Salim Bachi mente vitale, ha allietato le notti infantili dell’autore, si propone di raccontare l’undici settembre attraverso che decide ora di regalare al mondo la magia delle

sf150_interni 647 23-02-2007, 16:50:21 648 Rassegna bibliografi ca

sue storie, facendone il fulcro delle sue novelle. An- chiami bibliografi ci, un valido e prezioso strumento di che il lettore si siede in cerchio sotto il baobab, allora, lavoro per tutti coloro che desiderano approfondire e ascolta: è così che si ritrova coinvolto nella rivolta lo studio dell’espressione poetica quebecchese degli degli asini, i quali, capitanati da un asino “diverso”, ultimi decenni. privo di croce tatuata sulla schiena, mirano ad ottene- [VERONICA CAPPELLARI] re il rispetto degli uomini, poiché non esistono esseri superiori e inferiori; è così che assiste alla perdita dei poteri del vecchio pluviateur Samoka – uomo che chia- LISE GAUVIN - GASTON MIRON, Scrittori contempora- ma la pioggia – a causa della disubbidienza degli uomi- nei del Québec. Antologia letteraria, edizione italiana a ni, che ha provocato la collera degli dei; che osserva le cura di Graziano BENELLI, Manuela RACCANELLO, Ser- capre punire un ragazzino, reo di tirare sempre le loro gio ZOPPI, Torino, L’Harmattan Italia, 2005, pp. 476. barbichettes, creandone delle fi nte, piene di spine; che sorride di fronte all’intelligenza di un gatto che stana Scrittori contemporanei del Québec è la versione ita- un temibile leopardo prima di un famoso cacciatore e liana dell’antologia pubblicata a Parigi nel 1989 (Édi- per questo viene ricompensato con i ratti più prelibati tions Seghers) e successivamente a Montréal nel 1998 del paese, etc. (Éditions Typo) da Lise Gauvin (saggista, critica let- A metà strada tra la fantasia e la realtà, tanto che teraria e docente di letteratura all’Università di Mon- ad un certo punto l’autore ritiene opportuno avvisare i tréal) e da Gaston Miron (uno dei più noti poeti que- lettori che nelle vicende sono presenti anche elementi becchesi, scomparso nel 1996). Frutto di una partico- di fantasia, questi racconti di Ébodé costituiscono una lareggiata ed attenta ricerca letteraria, l’antologia, che lettura piacevole che permette di entrare in contatto si può consultare con profi tto come un ideale manuale con un aspetto affascinante del mondo africano, le cui di storia della letteratura, raccoglie passi delle opere di regole di vita sono del tutto diverse da quelle vigenti novantasette scrittori quebecchesi della seconda metà nella nostra realtà occidentale, ma non per questo me- del XX secolo. Agli autori presi in esame, che si susse- no ricche di risvolti interessanti. L’ultima novella della guono in ordine alfabetico, viene dedicata un’ampia e raccolta, tra l’altro, vede una giovane donna africana dettagliata presentazione bio-bibliografi ca e critica; si emigrata in un altro paese coi genitori adottivi, decide- tratta di profi li letterari che descrivono le principali re di tornare nel luogo in cui è nata e diventare conteu- opere di ciascun autore, analizzandole anche dal punto se. L’opera di Père Boni, dunque proseguirà anche do- di vista stilistico e formale. Nel volume vengono tratta- po la sua morte: l’Africa continuerà a raccontarsi e noi ti, con pari attenzione, vari generi letterari: dalla poesia continueremo ad ascoltala, sperando che questo ascol- al romanzo, dalla novella al teatro. to generi presto un dialogo altrettanto profondo. Scorrendo le pagine, incontriamo, fra le altre, le poesie di Hector de Saint-Denys-Garneau, Rina Lasnier, Paul- [SIMONA ROSSI] Marie Lapointe e Claude Beausoleil; le opere narrative di Gabrielle Roy (autrice, nel 1945, di Bonheur d’occasion il primo romanzo che ha per tema il mondo urbano di PIERRE OUELLET, L’esprit migrateur. Essai sur le non- Montréal, dal momento che la letteratura fi no ad allora sens commun, Montréal, VLB éditeur, 2005, pp. 205. aveva rappresentato quasi esclusivamente l’ambiente ru- rale), Roger Lemelin e Jacques Poulin; le pièces teatrali «Nous vivons dans un monde où les populations et di Gratien Gélinas (la cui opera Tit-Coq, messa in scena les individus ont de moins en moins de stabilité». Così nel 1948, è considerata il punto di partenza della dram- inizia l’interessante opera di Pierre Ouellet, professo- maturgia nazionale e popolare quebecchese), di Marcel re al Dipartimento di studi letterari all’Université du Dubé e di Michel Tremblay. Anche il settore dedicato Québec a Montréal ed autore di una trentina di libri alla letteratura femminile è ampiamente rappresentato: tra romanzi, poesie e saggi. Il tema della migrazione si le romanziere Marie-Claire Blais (vincitrice, nel 1982, del è largamente sviluppato nella letteratura quebecchese premio David per Une saison dans la vie d’Emmanuel), degli ultimi decenni, sotto l’impulso di numerosi scrit- Yolande Villemaire e Nicole Brossard, le poetesse Denise tori migrants quali Ying Chen, Émile Ollivier, Marco Boucher e Madeleine Gagnon, le drammaturghe Marie Micone e Sergio Kokis, ma occorre precisare che esso Laberge e Jovette Marchessault, autrici, intorno alla metà tratta di un tipo di migrazione non tanto di natura pu- degli anni Settanta, di una ragguardevole produzione so- ramente geoculturale, legata, cioè, allo spostamento da stanzialmente femminista, caratterizzata dal genere auto- un territorio all’altro, quanto piuttosto, e più profon- biografi co e da una scrittura frammentaria, trovano larga damente, di un coinvolgimento di carattere ontologico trattazione. Largo spazio è infi ne dedicato ad alcuni auto- e simbolico, rappresentante «le déplacement même du ri appartenenti alla giovane corrente des écritures migran- Sens et de l’Être dans l’expérience intime de l’altérité» tes au Québec: il drammaturgo italiano Marco Micone, il (p. 12). È quanto viene sottolineato nel saggio di Pier- romanziere haitiano Émile Ollivier, il poeta e traduttore re Ouellet, un’opera suddivisa in undici brevi capito- Michel van Schendel, solo per citarne alcuni. Sono scrit- li, che analizza in maniera particolareggiata numerose tori che hanno dato vita ad una cospicua produzione let- poesie di alcuni rimarchevoli scrittori contemporanei teraria che, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, si è del Québec, mettendo principalmente in evidenza il amalgamata con quella locale arricchendone le sfumature loro rapporto con lo spazio e l’intersoggettività ovvero tematiche e le potenzialità espressive. con la ricerca di sé attraverso la conquista del luogo o L’opera Scrittori contemporanei del Québec, con il suo di un pays reale o fi ttizio: Jacques Brault, Yves Préfon- ricco mosaico di scrittori, propone, dunque, un excursus taine, Gaston Miron, Fernand Dumont, Êmile Martel, ampio e completo sui contenuti socio-culturali e sulle Denise Desautels, Gilles Cyr, Pierre Yergeau, Hélène scelte formali della letteratura quebecchese, rivelandosi, Monette e Michel van Schendel. un prezioso ed essenziale strumento di lavoro per tutti Forse concepito più per un pubblico specializzato coloro che, anche al di fuori dei confi ni francofoni, desi- che occasionale, L’esprit migrateur. Essai sur le non- derano avvicinarsi a questa ancor poco conosciuta pro- sens commun si rivela comunque un testo innovativo, duzione letteraria. curato nei dettagli, ricco di citazioni e di numerosi ri- [VERONICA CAPPELLARI]

sf150_interni 648 23-02-2007, 16:50:21 Letterature francofone extraeuropee 649

MARTIN PÂQUET, Tracer les marges de la Cité. Étran- zione sociale a cui sono soggetti e le nuove e diverse ger, Immigrant et État au Québec 1627-1981, Montréal, sfaccettature che assumono nel corso del tempo, signi- Boréal, 2005, pp. 306. fi ca anche comprendere «l’ordre des choses qui struc- ture le champ politique, qui attribue aux différents Alla luce delle più che attuali problematiche lega- acteurs une position dominante ou dominée, qui trace te all’immigrazione nella parte benestante del mondo les marges de la Cité» (p. 18). Tale è evidentemente occidentale, questo testo rappresenta uno spaccato l’obiettivo di questo volume, che si impone per effi ca- storico e sociale di grande rilevanza. L’autore, Martin cia ed attualità. Pâquet, ricostruisce con sguardo lucido e talvolta im- [SIMONA ROSSI] pietoso la storia dell’immigrazione quebecchese di ben quattro secoli, dal 1627 al 1981. Egli si propone, nei sei capitoli che costituiscono la sua opera, di mostrare le ANNA PAOLA MOSSETTO (sous la direction de), avec variazioni concettuali che hanno subito nel corso del la collaboration d’ISABELLE MIRON, Paroles et images tempo i termini étranger e immigrant. Attraverso la tra- amérindiennes du Québec, (Actes du Séminaire inter- sformazione di queste due categorie, infatti, è possibile national du CISQ à Bologne, 2-3 décembre 2004), Bo- studiare l’importante mutamento dell’apparato politi- logna, Pendragon, 2005, pp. 167. co quebecchese e l’evoluzione del pensiero collettivo. È con questo obiettivo, quindi, che ogni capitolo in- Il volume riunisce le comunicazioni presentate al quadra un periodo storico ben preciso, di cui illustra seminario internazionale intitolato Paroles et images nel dettaglio l’atteggiamento dello Stato e degli indivi- amérindiennes du Québec, che è stato organizzato dal dui nei confronti dell’Altro, lo Straniero, il Diverso. CISQ (Centro Internazionale Studi Quebecchesi) a Il primo capitolo, ad esempio, mostra quanto la Bologna il 2 e il 3 dicembre 2004. Anna Paola MOSSET- realtà tra il 1627 e il 1760 fosse caratterizzata da ri- TO, autrice di uno dei saggi, si è occupata anche della gide regole morali, linguistiche e religiose, le quali si cura del volume. La cultura e la letteratura degli in- rivelavano incredibilmente determinanti nell’ambito diani del Nord-America, e in particolare della regione dell’accettazione sociale: in questo periodo l’étran- del Québec, si rivelano ricche di spunti interessanti e ger era dunque incarnato da colui che si dimostrava non smettono di affascinare lettori e studiosi. Non so- «porteur d’une éthique différente» (p. 34). Il secondo lo: la littérature amérindienne rappresenta un tassello capitolo, invece, si concentra sul momento successivo davvero essenziale nell’ambito della variegata produ- alla cessione, da parte della madrepatria Francia, del zione, letteraria, teatrale e cinematografi ca, canadese- territorio del Québec all’Inghilterra. Tale evento, che francese. L’apporto degli autori discendenti dai popoli fece del Canada francese una colonia britannica a tutti che abitavano questi territori prima dell’arrivo degli gli effetti, produsse cambiamenti signifi cativi in ogni europei, è in effetti di grande originalità per contenuti ambito, compreso quello sociale. Lo straniero, infatti, e stile, sebbene essa si evidenzi e si esprima attraverso colui che viene perseguito perché diverso, cominciò ad il confronto con la letteratura di “prima classe”, ovvero essere identifi cato in base al suo riconoscimento del- quella quebecchese della maggioranza. Questa necessi- l’autorità del nuovo sovrano e alla sua adesione alle tà di dichiarare la propria esistenza è legata a diverse leggi dello Stato. È solo a partire dal XIX secolo, come problematiche, politiche, economiche e sociali, che spiega l’autore nel terzo capitolo, che s’impose il mo- condizionano pesantemente tutte le scelte, esistenziali, derno concetto di immigrant, il quale stabilisce ancor culturali, linguistiche, estetiche, degli Autoctoni. Ca- oggi che lo straniero è colui che è nato al di fuori del ratterizzata da sfaccettature complesse e dai moltepli- paese in cui risiede per motivi diversi. Nel momento in ci sviluppi, la littérature amérindienne è qui analizzata cui si cominciarono a privilegiare criteri più oggettivi e sotto diversi aspetti: storico, antropologico, linguistico, razionali, ossia l’origine e il luogo di nascita, vennero sociale e letterario. promulgate anche le prime leggi per il controllo del È Luciano FORMISANO ad aprire la rassegna, offrendo fl usso migratorio. A questo proposito il quarto capi- un’articolata analisi delle relazioni dei primi esploratori tolo chiarisce che il Québec manifestò fi n da subito che giunsero in Québec, le quali suggeriscono al lettore una volontà d’integrazione armoniosa e solidale, la una profonda rifl essione sul contrasto esistente tra gli quale conobbe però una piena attuazione solo a partire stereotipi caratterizzanti la letteratura di viaggio del XVI dal 1853, quando lo Stato quebecchese cominciò ad secolo e la realtà dei fatti. Naila CLERICI, al contrario, occuparsi del benessere di tutti i suoi cittadini, com- mostra l’altra faccia della medaglia, ossia il punto di vista presi gli stranieri. Il quinto e il sesto capitolo, infi ne, degli indiani che incontrano per la prima volta gli uomini s’immergono nell’era moderna: terminata la seconda giunti dall’Europa, considerando prima di tutto racconti guerra mondiale, si verifi cò in Québec una vera e pro- e leggende dei nativi e in seguito anche un fi lm di Arthur pria invasione d’immigrati e il concetto d’integrazione Lamothe, Le silence des fusils (1996), che permette di ap- acquistò rapidamente un valore concreto. La diversità profondire le problematiche, sempre attuali, riguardanti venne concepita sempre più come una ricchezza e lo il diffi cile rapporto tra autoctoni e non-autoctoni. I lin- Stato offrì agli stranieri un consistente aiuto non solo guisti Luciano GIANNELLI e Marina MAGNANINI, invece, sul piano economico, ma anche psicologico, con pro- si occupano delle lingue autoctone minacciate e tracciano grammi speciali che miravano a potenziare l’autostima una sorta di “geografi a” degli idiomi che per varie ragioni degli immigrati e il loro sentimento di appartenenza si trovano attualmente in pericolo di estinzione, rivelando nei confronti della nuova patria. Nel 1968 nacque poi comunque che la lingua e la cultura indiane hanno otte- il ministero dell’immigrazione: è grazie al suo operato nuto in Québec uno spazio maggiore e diritti più estesi che oggi gli immigrati possono contare sul riconosci- rispetto a tutto il resto del territorio nord-americano; Ma- mento di una piena identità sociale. thieu BOISVERT, infi ne, chiude questa prima parte relativa Come si può notare, il profondo legame esistente alle rifl essioni storiche, sociali e linguistiche, interrogan- tra la situazione storica e sociale di un paese e i suoi dosi sulla presunta omogeneità della cultura autoctona, concetti d’immigrant e étranger, rende questi ultimi che da un lato è caratterizzata da forme e temi ricorrenti, instabili e mutevoli. È proprio per questo motivo che tipici della tradizione orale, ma dall’altro evidenzia una comprendere le loro variazioni, le modalità di costru- pluralità e una diversifi cazione davvero straordinarie.

sf150_interni 649 23-02-2007, 16:50:22 650 Rassegna bibliografi ca

Per quanto riguarda la parte del seminario più legata amica della defunta Mélissa, a poco a poco si rico- al discorso estetico-letterario, invece, si ricordano i saggi struisce tutta la vicenda. Il lettore scopre, così, diver- di Maurizio GATTI, Carla FRATTA, Isabelle MIRON e Pao- si dettagli: ad esempio i macabri piani di un gruppo la RUGGERI. Il primo descrive dettagliatamente i soggetti di giovani donne legate tra loro dal patto della Rosa e le tematiche più importanti all’interno della littérature Nera, che prevede, per una delle adepte tirata a sorte, amérindienne, tra i quali si distinguono l’identità, la co- l’esperienza della morte; l’insaziabile fame d’amore di lonizzazione e il rapporto con la natura e la spiritualità, e Mélissa, che prima di gettarsi nel vuoto dal piccolo si occupa anche della nozione contemporanea di écrivain deltaplano che ha scelto come veicolo dell’oblio, arde amérindien, uno scrittore che sente fortemente la neces- dal desiderio di conoscere l’amore fi sico; l’ingenuità e sità di dichiarare la propria esistenza nei confronti della l’incredibile bisogno di tenerezza di Loubert, segna- letteratura quebecchese della maggioranza. L’intervento to da un rapporto arido e confl ittuale con la madre. di Carla Fratta si situa sulla stessa linea di quello di Mau- Loubert s’innamorerà a prima vista di Mélissa e sa- rizio Gatti e propone una lettura davvero interessante del rà proprio lui, ignaro delle intenzioni della giovane, romanzo Nipishish di Michel Noël, che vede nella struttu- a condurla verso la morte, a vedere il suo corpicino ra dell’opera una sorta di mise en abyme della prima fase esile e bianco precipitare nel vuoto come una farfalla di dichiarazione d’esistenza delle letterature francofone; senza ali. Isabelle Miron studia le poesie di Rita Mestokosho, riu- Attorno all’ingarbugliata vicenda si muovono mille nite nella raccolta Eshi Uapataman Nukum (1995), foca- personaggi-fantocci, talvolta senza nome, pazzi, omi- lizzando la sua attenzione sulla scelta signifi cativa dell’au- cidi, incompresi, colpevoli, innocenti, i quali ascolta- trice di utilizzare, come mezzo di recupero dell’identità no Loubert e lo consolano, aiutandolo a farsi coraggio autoctona, proprio la lingua “dell’uomo bianco”, ossia il e a non dubitare di se stesso. Fino all’epilogo, quan- francese; Paola Ruggeri, dal canto suo dimostra che per do, svelato il mistero della Rosa Nera, un giudice ri- quanto riguarda la scelta sulla lingua, gli autori possono conoscerà l’innocenza di Loubert e gli permetterà di avere posizioni diverse: Antane Kapesh, ad esempio, tornare ad essere le roi des planeurs. La vicenda termi- è fi era di esprimersi unicamente in lingua innue. Anna na proprio in volo, con una scena magistrale, che ve- Paola MOSSETTO, infi ne, s’immerge in una stimolante ri- de Loubert e Cristelle rendere omaggio a Mélissa sul fl essione sull’attività teatrale di Yves Sioui Durand, mo- piccolo deltaplano, trasportati da un vento turbinoso strando come la drammaturgia indiana tenda a trasferire e profumato. L’aria, del resto, metafora dell’aspetto funzioni prettamente politiche e religiose in campo arti- aleatorio dell’esistenza umana, è la vera protagoni- stico. La produzione teatrale e cinematografi ca, del resto, sta del libro, che costituisce il primo volume di una è considerata sempre di più come un completamento e trilogia ancora da completare: il secondo tratterà il una continuazione di quella letteraria: essa offre, infatti, fuoco e l’impetuosità dell’amore, mentre il terzo l’ac- altrettante piste d’indagine interessanti, poiché rielabora qua, simbolo dello scorrere della vita, dalla nascita al molti degli elementi che compongono il tessuto sociale e “naufragio” fi nale. culturale di un paese. Anche il cinema è stato una presen- Tra il romanzo poliziesco e quello d’amore, Noël za costante all’interno del seminario, con la proiezione di Audet ci regala un’opera lucida ed affascinante, al- ben due fi lm, il già citato Le silence des fusils di Arthur l’interno della quale umorismo noir, dolcezza e paz- Lamothe e Kanehsatake 250 ans de résistance di Alanis zia si mescolano per processare un uomo, ma forse il Obomsawin, i quali delineano molto bene l’odierna si- mondo intero, che, travolto da una folle corsa, non tuazione confl ittuale che esiste tra la società dei bianchi e distingue più il bene dal male. quella degli indiani, in particolare per quanto riguarda lo [SIMONA ROSSI] sfruttamento di certi territori. Gli atti qui presentati costituiscono una testimo- nianza della completezza, dell’originalità e della ric- AIMÉ CÉSAIRE, Nègre je suis et nègre je resterai, En- chezza degli argomenti affrontati nel convegno. Ciò tretiens avec Françoise VERGÈS, Paris, Albin Michel, che ci si deve augurare è che esso rappresenti solo 2006, pp. 149. l’inizio di una lunga serie d’incontri con l’obiettivo di approfondire la conoscenza di tutte quelle voci, all’in- A sessant’anni dalla dipartimentalizzazione di terno della letteratura quebecchese, che non trovano Martinica, Guadalupa, Guyana e Réunion, in un mo- ancora tutto l’ascolto che meriterebbero. mento in cui la Francia si interroga sulle tracce del co- lonialismo e della schiavitù, una nuova rifl essione su [SIMONA ROSSI] Aimé Césaire assume un valore signifi cativo. In più, il nome di Aimé Césaire compare tra i candidati per l’anno 2006 al il premio Nobel per la pace. La lunga NOËL AUDET, Le roi des planeurs, Montréal, XYZ conversazione con Françoise Vergès non solo è la te- éditeur, 2005, pp. 200. stimonianza di una grande lucidità sugli eventi storici, sul passato della Martinica e sui problemi che caratte- Un giovane e ingenuo pilota di deltaplano accusato rizzano il mondo contemporaneo da parte di Césaire, di omicidio, la morte misteriosa di Mélissa, una ragaz- ma anche della grande umiltà che lo ha portato ad za di appena sedici anni, lo strano legame intrattenuto affermare di non avere le qualità per meritare un pre- da quest’ultima con le sue amiche, piccole “streghe” mio per la pace. Di domanda in domanda si delinea del Duemila, affascinate dalle forze del male e dai il profi lo dell’uomo, dello scrittore, del politico e, in poteri ultraterreni: l’ultimo romanzo di Noël Audet prospettiva, del ruolo di Césaire come fi gura storica. è una sorta di appassionante labirinto all’interno del In un unico discorso, le risposte di Césaire compren- quale non è affatto facile districarsi. La storia comin- dono i fatti storici che lo hanno visto parte attiva, il cia nel momento in cui Loubert, il pilota, è rinchiuso pensiero della Négritude e la rifl essione sulla coloniz- in un ospedale psichiatrico, dopo la dimostrazione, zazione e sulla schiavitù insieme ai ricordi personali da parte del suo avvocato, della sua infermità men- di una vita, come il sentimento provato al momen- tale. Attraverso il processo, però, e soprattutto attra- to della partenza dalla natale Martinica o l’incontro verso gli incontri tra Loubert e Cristelle, la migliore con Léopold Sédar Senghor, la loro amicizia e le loro

sf150_interni 650 23-02-2007, 16:50:22 Letterature francofone extraeuropee 651

conversazioni. Il ritratto dell’uomo si intreccia dun- superfl ue. Nonostante l’ironia e l’aperta fi nzionalità, que alla nascita di un pensiero, di cui viene ribadito il romanzo offre una spietata rifl essione sul potere, in lo stretto rapporto con l’epoca in cui nasce ma anche cui è facile intravedere riferimenti espliciti alla storia un carattere universale che va al di là delle critiche della Martinica. Scrive Orville: «Pour ma part, j’écris che gli autori martinicani delle generazioni successive d’une terre violente, née du chaos, et que continuent gli hanno mosso. La produzione letteraria è solo uno à visiter régulièrement les cyclones, les tremblements degli aspetti della vita di quest’uomo che ha agito su de terre, les éruptions volcaniques et sociales et toute più fronti in nome di uno stesso ideale. Le domande la panoplie des soubresauts qui alimentent depuis des cui Césaire risponde sono di carattere ampio e le ri- siècles la chronique de ces Joyeux Tropiques. J’écris sposte riguardano soprattutto le posizioni iniziali del- d’une île convulsive…» (Xavier Orville, C’est la mer lo scrittore, il suo rapporto con la Martinica e con la que j’écris, «Notre librairie», 143, janvier-mars 2001, Francia, la sua attenzione per Haiti. Césaire rifl ette p. 40). E «convulsa» è anche la lingua di Orville, ricca inoltre sul signifi cato del potere politico ed espone di giochi di parole e di sperimentazioni linguistiche, a il proprio concetto di umanesimo. In quest’ottica, il cui fa eco uno stile ludico e allo stesso tempo critico, riferimento alle sue opere diventa un’argomentazione che vuole rappresentare l’esuberanza di un’isola dai ulteriore per approfondire una peculiare visione del mille volti, in cui molteplici culture si sono confron- mondo e della storia. tate e affrontate nei secoli. Il lavoro fatto sul testo da Nègre je suis et nègre je resterai raccoglie, oltre alla Vilma Porro traduce quella terra, quella lingua, ren- lunga intervista che costituisce il cuore del volume, dendola accessibile al pubblico italiano. Allo scopo di un’introduzione della curatrice Françoise Vergès, una rendere più agevole la lettura, il romanzo è corredato postfazione critica, una cronologia e una bibliografi a da un breve glossario di parole chiave, che spiega il si- completa di e su Aimé Césaire. Françoise Vergès, nel- gnifi cato di alcuni termini creoli (ex. chibichou, zouk, la postfazione, si propone di dimostrare che è possi- corossol), o di alcuni elementi caratterizzanti della bile rileggere l’opera di Césaire alla luce delle proble- realtà antillana, come le stagioni (hivernage, carême). matiche poste dalla critica postcoloniale, ed afferma Sagace parabola sul potere, il romanzo si conclu- che «il est question d’insister sur une approche césai- de con un post-scriptum dell’autore, che mostra come reienne de la postcolonialité, à la fois modélée par le non sia solamente la narrazione dell’ascesa e caduta colonialisme et échappant à son emprise» (p. 100). di un dittatore antillano, ma piuttosto una rifl essione Nata soprattutto in ambito anglofono, la critica po- su «tutti i commendatori. Quelli di altrove. D’Africa. stcoloniale si rivela per la curatrice un «outil, un ‘cli- D’America, d’Europa, d’Asia. Quelli del mondo in- gnotant’ rappelant la situation d’inégalité dans le rap- tero.» (p. 118). È a loro che Xavier Orville, «in tutta port au savoir reconnu» (p. 78). Dopo aver tracciato ingenuità democratica», dedica il suo romanzo. i punti salienti di questo approccio, Françoise Vergès insiste sull’importanza dello studio delle strategie di [ILARIA VITALI] rappresentazione che si riscontrano nei testi, strate- gie di inclusione ed esclusione che si stabiliscono fra la colonia e la metropoli ma anche tra la colonia e se ANANDA DEVI, Ève de ses décombres, Paris, Galli- stessa. Uno degli esempi più signifi cativi di questo mard, 2006, pp. 155. procedimento è, ad esempio, l’assenza dei colonizza- ti nei testi che si volevano universali. La prospettiva Giunta ormai nell’Olimpo editoriale con la pubbli- postcoloniale implica una decostruzione della lettura cazione nella collana principale della Gallimard (do- della storia tradizionale che è per l’autrice una moda- po essere passata inizialmente per piccole case editrici lità necessaria al fi ne di comprendere come si creano dell’Oceano Indiano e africane, poi per L’Harmattan strategie di identifi cazione «raciale, ethnique, sexuel- e infi ne per la collana “Continents noirs” sempre di le et politique dans des contextes de contacts violents, Gallimard), Ananda Devi conferma indubbiamente voire de confl its, entre des systèmes d’identifi cation con quest’ultimo romanzo, dal titolo accattivante, le placés en situation de contact mais de position inéga- sue qualità di scrittrice. I personaggi di Ève de ses dé- le» (p. 83). Dopo queste premesse, il discorso attorno combres sono le voci narranti di quattro adolescenti di a Césaire si struttura attraverso lo studio delle opere, un quartiere periferico di Port Louis, capitale dell’Île del pensiero e dell’azione dello scrittore martinicano Maurice. Il nome di questo quartiere, Troumaron, in relazione a schiavitù e colonialismo, un’operazione porta iscritto, nell’eco della fi gura dell’ésclave marron, di genealogia che permette di vedere i motivi della la sua condanna e il suo destino: un destino di mar- grande attualità di Aimé Césaire. ginalità, di esclusione e di violenza, lo stesso dei suoi [FRANCESCA TORCHI] abitanti che, fi n da bambini, consumano i loro corpi e i loro cuori nell’odore ristagnante dell’assenza di spe- ranza: «Notre cité est notre royaume. Notre cité dans XAVIER ORVILLE, Ascesa e caduta di un dittatore an- la cité, notre ville dans la ville. Port Louis a changé tillano, traduzione di Vilma PORRO, Roma, Voland, de fi gure, il lui est poussé des dents longues et des 2006, pp. 121. immeubles plus hauts que ses montagnes. Mais notre quartier, lui, n’a pas changé. C’est le dernier retran- Il romanzo di Xavier Orville, Moi, Trésilien-Théo- chement. Ici, on se construit une identité par défaut: dore Auguste, edito da Stock nel 1996, raggiunge fi nal- celle des non-appartenants» (p. 17). Sad, Ève, Savita mente il pubblico italiano, nella traduzione di Vilma e Clélio incarnano il destino disperato di quei soggetti Porro, edita da Voland. Come sottolinea il titolo nella che la critica post-coloniale defi nirebbe “subalterni”, versione italiana, l’opera narra l’ascesa e la caduta di coloro che vengono esclusi e schiacciati dagli impie- un dittatore immaginario, Trésilien-Théodore Augu- tosi meccanismi di una società che si sviluppa espan- stin, che si proclama Generale-Presidente a vita della dendo ed irradiando gli apparati sociali che riprodu- Martinica, facendosi portavoce del «Grande Balzo in cono la ricchezza ed il potere delle élites, rigettando Avanti», che prevede, tra sopraffazioni, abusi e umi- ai margini quei corpi-rifi uti che non trovano spazio liazioni, persino la soppressione del sabato e delle ore nelle articolazioni biopolitiche e produttive domi-

sf150_interni 651 23-02-2007, 16:50:23 652 Rassegna bibliografi ca

nanti. Ananda Devi è capace di rappresentare questa zione di sé, o meglio, di quell’apparenza esterna del realtà senza retorica e senza l’ingenuità di un preten- proprio corpo desiderato e violato dalla “potenza zioso realismo che rischierebbe di abusare dell’auto- sovrana” dell’uomo, per essere infi ne rigettato tra i rità consolidata della Scrittura, rendendo trasparente rifi uti del proprio destino di decomposizione: «Tout il soggetto autoriale nella rappresentazione/messa in masquer et marcher sur des braises, ne rien laisser pa- scena dell’altro. Al contrario, la sua scrittura sceglie la raître de soi. Je les laisse croire que je suis à prendre et via più consapevole e più ardua della indagine intro- à laisser. Je les laisse croire que je ne suis rien d’autre spettiva nelle macerie dell’animo, della messa a nudo qu’un corps, ce corps là qui, quand ils le déshabillent, dell’altro indicibile della parola, sui cui margini la pa- les fait frémir. Un corps si frêle, si maigre, si cassable; rola letteraria cerca il contatto con la coscienza del- un corps à chérir ou à détruire; c’est ce qu’ils s’ap- l’altro, in bilico tra forza e delicatezza dell’espressio- pliquent à faire» (p. 61). L’unica via di fuga dalle ne, restituendogli una voce. Lo fa attraverso uno stile costrizioni violente che la assediano e da cui si lascia prevalentemente paratattico, frammentato, percorso possedere è l’amore che la lega a Savita, incarnazione da ripetizioni, fraseggi idiomatici ricalcanti l’espres- del sentimento di compassione e di fraternità, con- sione orale ed inserti in creolo: uno stile che la sorreg- dannata anche lei a scomparire a causa della fragilità ge pienamente costituendone il motivo principale di della sua intima bellezza. Diametralmente opposto, in fascino e di effi cacia. Le fi gure del “rifi uto-maceria” e quest’incrocio di voci e di destini, è il personaggio di del “corpo defunto” ritornano in continuazione nella Clélio, personifi cazione della collera e della violenza rappresentazione dell’interiorità violenta e sofferente che sono per lui l’unico linguaggio possibile attraver- dei personaggi e l’esile vicenda è narrata quasi com- so cui esprimere il risentimento e la ribellione verso pletamente attraverso il punto di vista soggettivo dei tutto ciò che lo circonda, condannandolo ad essere il quattro protagonisti, attraverso l’intrecciarsi, con uno capro espiatorio di una violenza più nascosta e sottile, schema molto semplice, dei loro percorsi individuali, che segna la sua e la loro condanna fi n dalla nascita: « risucchiati da una forza più grande della loro lotta, […] des siècles à être ennemis, esclaves, coolies, c’est che li circonda e li cattura, trascinandoli, tra tristezza une lourde histoire, n’empêche, et à chaque occasion e crudeltà, verso una tragedia inevitabile. elle refait surface, des siècles que ça dure et c’est pas Eppure, sebbene non sia possibile salvezza alcu- près de fi nir, croyez moi, […] nous les enfants de na in questo inferno dei viventi – dove si muore ogni Troumaron, nous sommes d’une seule communauté, giorno proprio come la protagonista Ève, che sceglie qui est universelle, celle des pauvres et des paumés et di barattare la sua sopravvivenza per mezzo di un cor- là, croyez-moi, c’est la seule identité qui compte» (p. po che le è divenuto estraneo, fi no ad esibire i segni 104). Alle voci dei quattro protagonisti che si alter- del suo decomporsi – proprio nelle piaghe doloran- nano lungo il racconto, fa da contrappunto un punto ti di un’anima e di un corpo che lottano attraverso di vista esterno, marcato dal corsivo, che attraversa la rabbia, la scrittura di sé in un orizzonte intimo e i personaggi e descrive alla seconda persona, espri- lontano, la violenza della ribellione e della vendetta mendo in tal modo una prossimità emotiva, i moti più che nasconde una capacità immensa di compassio- profondi del loro animo, cucendoli assieme come un ne, resiste un impulso signifi cante, non fosse altro “ago e fi lo” ed intensifi cando ulteriormente il tono li- che la consapevolezza profonda di non appartenere rico di questa prosa poetica. a quest’inferno: «Rien de tout cela n’est toi. […] Tu Alla dimensione individuale si affi anca quella col- n’est pas d’ici, te dis-tu. Tu le diras jusqu’à la fi n des lettiva, di tutt’altra natura, della banda, che funziona choses». (p. 53) attraverso logiche proprie e che trascina l’individuo e Ritroviamo quindi due temi centrali della produ- la sua coscienza in un’animalità cieca e vendicativa, zione narrativa di Ananda Devi, tra loro strettamente che riproduce continuamente la violenza stessa che collegati: quello della chiusura-prigionìa (“enferme- la genera. Non c’è salvezza qui, solo il continuo ri- ment”) causata dall’esclusione dall’ambiente sociale petersi e riprodursi della logica primitiva del branco, circostante e quello speculare della riappropriazione che da l’illusione di continuare a vivere, anche per di sé attraverso la scrittura e la dimensione fi sico- un solo istante, «vivre comme une note tirée d’une corporale, allegorie parallele di una re-iscrizione del guitare, discordante, mais perçue de loin. Ne pas di- proprio sé come soggetto di un’agentività perturbati- sparaître. Ne pas renoncer à être» (p. 127). Sembra va nei confronti degli ordinamenti sociali. I due per- non esserci salvezza né speranza in questo mondo di sonaggi che rappresentano questa tematica ancipite e macerie che attraversano l’anima, il corpo e le relazio- questa pulsione votata al fallimento sono Sad e Ève: il ni sociali. Nel fi nale, sebbene esso sia marcato da un primo esprime la forza di un amore impossibile che lo gesto di dolcezza, il sipario cala su un “paesaggio di condurrà ad un gesto fi nale di sacrifi cio e che egli può rovine” e l’isola tropicale che si veste di un cielo blu esprimere soltanto scrivendo sui muri della sua stanza e di un mare cristallino per attirare le carte di credito la materia pulsante di una voce presa in prestito da dei ricchi turisti, padroni indiscussi di quest’ordine, un altro adolescente ribelle in cerca dell’assoluto at- nasconde, nei suoi recessi ignorati dai loro sguardi traverso la parola: Arthur Rimbaud. Ma, agli occhi di opachi, un dolore sordo che continua a nutrirsi sola- Ève, la sua passione di costruire un sogno alternativo mente di se stesso. dentro di sé risulta una derisoria ed inutile illusione [ALESSANDRO CORIO] di salvezza in un giardino di macerie e di disperazio- ne. La sua scelta è all’opposto quella dell’auto-distru-

sf150_interni 652 23-02-2007, 16:50:23 Linguistica storica, teorica e applicata 653 Linguistica storica, teorica e applicata a cura di Hélène Giaufret Colombani e Paola Paissa

GABRIEL MEURIER, La grammaire françoise conte- stuali del lungo racconto dumasiano e delle soluzioni nante plusieurs belles reigles propres et necessaires pour traduttive adottate. Sono quindi presi in considerazio- ceulx qui desirent apprendre ladicte langue (1557), Edi- ne dapprima gli aspetti narratologici del romanzo, con tion commentée par Colette DEMAIZIÈRE, Paris, Ho- la messa in evidenza della tecnica del récit enchâssé, la noré Champion, “Textes de la Renaissance”, 2005, descrizione della deissi spazio-temporale e delle fun- pp. 126. zioni narrative dei personaggi, per passare in seguito agli aspetti più propriamente linguistici, retorici e stili- Colette Demaizière poursuit la série des traités sur stici. L’analisi del livello lessicale evidenzia alcuni cam- la langue française, qui compte maintenant de très im- pi semantici che si costruiscono attorno a signifi cativi portants textes (neuf au total), de Dubois à Robert Es- termes-noyaux e la disamina delle fi gure retoriche più tienne, en passant par Pierre de La Ramée, avec l’édi- ricorrenti rivela un’abbondanza di metafore antropo- tion de ce curieux petit ouvrage, public en 1557 chez morfe e di enumerazioni che caratterizzano in partico- Plantin à Anvers, dont on ne connaît à ce jour qu’un lare lo stile delle descrizioni, cui l’autrice dedica una seul examplaire. particolare attenzione, ponendo in evidenza alcune Elle trace un portrait de l’auteur, un personnage specifi cità della descrizione di questo romanzo duma- haut en couleur dont on sait que, né dans le Hainaut, siano, rispetto agli usi coevi. Quanto alle strategie di il vécut à Anvers devenu un centre industriel et com- traduzione, l’autrice inquadra effi cacemente le proprie mercial de premier plan. Après avoir un temps prati- soluzioni traduttive rispetto alle diverse posizioni di qué l’enseignement scolaire et s’en être fait chasser teoria traduttologica. Basata naturalmente sul criterio pour conduite “inconvenante”, c’est dans le milieu dell’unità di senso, la traduzione sfrutta infatti i sette des négociants que Meurier comprend l’importance procedimenti tipici descritti da Vinay e Darbelnet e il de la connaissance des langues et élabore des ma- saggio offre una ricca esemplifi cazione in modo parti- nuels pratiques à l’usage des commerçants, destinés colare dei procedimenti obliqui, quali la trasposizione, essentiellement à un public fl amand. C’est à ce même la modulazione e l’equivalenza o l’adattamento, con public, d’où le caractère contrastif, que s’adresse la interessanti discussioni su casi di diffi cile restituzione Grammaire françoise dont C. Demaizière indique les interculturale. Una cura particolare è poi dedicata al caractéristiques. Il s’agit d’un ouvrage à visée pratique, tema della sinonimia e ai problemi peculiari che com- élaboré par un auteur qui n’a rien d’un théoricien et portano, nella resa in lingua d’arrivo, le scelte lessicali dont la formation philologique reste sommaire: on sull’asse paradigmatico. Anche in quest’ambito l’esem- peut certes trouver dans l’ouvrage des échos de Dolet plifi cazione è assai ricca e fornisce un’idea del lavoro mais l’étymologie est souvent fantaisiste. Pas de pré- capillare e appassionante della traduzione. tention à l’exhaustivité: les lacunes sont nombreuses: le relevé des pronoms est incomplet et le participe omis, [PAOLA PAISSA] dans un ensemble à la structure désordonnée. Toute- fois dans cette grammaire qui se prête à l’ autodidaxie et où on recourt fort peu aux commentaires métalin- JACQUES BRES, L’imparfait dit “narratif”, Paris, CNRS guistiques, les exemples jouent un rôle essentiel et, en Editions “Sciences du langage”, 2005, pp. 251. même temps, proposent des collocations ou des locu- tions courantes, voire populaires («Hebeté comme le Comme le laisse entendre son titre, l’ouvrage est cul d’un chaudron») tandis que des exercices préfi gu- construit sur l’hypothèse que, contrairement à l’opi- rent les exercices structuraux. nion couramment admise selon laquelle ce type d’im- parfait contrevenant à l’une ou l’autre des valeurs [HÉLÈNE GIAUFRET COLOMBANI] considérées comme prototypiques du temps verbal, re- présenterait un emploi hors norme, l’imparfait narratif (IN) relève en réalité d’un emploi standard. GIULIA PAPOFF, Tradurre Dumas, in A. DUMAS, Un’av- Pour ce faire l’A., se basant sur un corpus de 700 ventura d’amore, traduzione di G. PAPOFF e F. PERILLI, occurrences qui a le prix de ne pas prendre en compte Napoli, Edizioni Scientifi che Italiane, 2004. seulement les exemples empruntés à la prose de la fi n e du XIX siècle – qui restent de peu majoritaires – mais La prima e unica traduzione italiana del romanzo d’inclure des occurrences saisies à l’oral (interactions di Dumas, Un’avventura d’amore, fu pubblicata dal verbales et médias) ou empruntées aux textes de pres- quotidiano “L’Indipendente” nel 1862. La traduzione se, à l’écrit administratif et aux devoirs d’élèves, fait a cura di Giulia Papoff viene dunque a colmare una dans une première partie (Le mouton noir de l’impar- lacuna, tanto più evidente se si considera che Dumas fait narratif. Théorisations, pp. 11-84) le point sur les risulta essere uno dei sette autori francesi più tradotti diverses approches, mettant en lumière les lacunes et nel nostro paese. Basata sulla recente edizione del ro- les limites de chacune d’entre elles. Le parcours criti- manzo da parte di Claude Schopp, questa traduzione que se déroule de l’approche polysémique des guillau- italiana si presenta con testo a fronte e dotata di un miens aux approches monosémiques (textuelle, prag- ricco apparato di note e bibliografi a che ne fanno uno matique, aspectuelle topologique et méronimique). strumento utilizzabile anche a scopi didattici. Bres présente ensuite le cadre théorique dans lequel Il lavoro è poi preceduto da un lungo saggio che s’inscrit sa démarche par rapport aus paradigmes ex- fornisce un’analisi puntuale delle caratteristiche te- plicatifs de Berthonneau et Kleiber, soulignant qu’en

sf150_interni 653 23-02-2007, 16:50:24 654 Rassegna bibliografi ca

langue et en discours les instructions temporelles et gique du danois, du français et de l’anglais, pp. 35-53) aspectuelles de l’imparfait sont stables. Il s’ensuit que étudient la typologie lexicale des verbes de mouvement l’imparfait narratif se présente comme «discordance et des noms en français, danois et anglais. En se basant tendancielle entre la demande du cotexte et l’offre sur les composantes sémantiques: mouvement, direc- de l’imparfait» (p. 62) C’est sur les “ingrédients co- tion et manière, les auteurs observent qu’en danois les textuels” que se penche donc la seconde partie (pp. verbes de mouvement lexicalisent outre la composante 86-156): type de procès, circonstants et relations tem- “mouvement” la composante “manière”, tandis que porelles, semelfactivité et itérativité, syntaxe phrasti- la composante “direction” n’est pas contenue dans que. La troisième partie (Dans l’intimité de l’imparfait la racine verbale. A la différence des verbes danois narratif, pp. 160-238) s’attache à préciser les relations qui lexicalisent toujours la composante “manière”, les syntagmatiques et paradigmatiques qu’entretient l’IN verbes français se divisent en deux groupes: le groupe avec les autres temps (temps du passé à l’intérieur de des verbes inaccusatifs de mouvement tels que aller, la phrase et du texte) avant d’aborder la question de arriver etc. qui ne lexicalisent pas la manière du mou- savoir s’il existe un seul IN ou plusieurs pour conclure vement et qui sont caractérisés par le trait [+ direction] à l’unité du phénomène. Enfi n l’A. entreprend la re- et le groupe des verbes inergatifs dénotant la manière cherché des origines historiques de l’IN: innovation du du mouvement qui sont caractérisés par le trait [- di- e XIX siècle ou emploi très ancien? Sur ce point il avance rection]. L’anglais est une langue qui se place entre le seulement l’hypothèse d’une origine romane ancienne français et le danois car elle possède aussi bien des ver- e et d’un développement notable au XIX siècle avec une bes d’origine germanique que des verbes romans. Sur tendance à l’expansion aussi bien à l’oral qu’à l’écrit. la base de ces observations, les auteurs concluent que Le dernier chapitre analyse les effets de l’IN (en ter- le français et le danois sont deux langues carrément mes de cohésion, structuration, confusion des plans, opposées au niveau typologique: le français est une accélération ou décéleration) et toujours par rapport langue exocentrique car elle ne lexicalise pas la com- au cotexte. posante “manière” dans la racine verbale, tandis que le [HÉLÈNE GIAUFRET COLOMBANI] danois est une langue endocentrique car elle lexicalise cette composante. Dans la deuxième partie de l’article, les auteurs montrent que dans les langues les verbes Michael HERSLUND, Irène BARON (ed.), Le génie de la et les noms sont complémentaires pour/en ce qui con- langue française. Perspectives typologiques et contrasti- cerne la densité des informations qu’ils contiennent. ves, «Langue française», 145, mars 2005. En danois, les noms ont une faible densité informative par rapport aux verbes. Cela ne subsiste pas pour le Autour du vaste thème: Le génie de la langue fran- français dont les noms portent une forte concentration çaise, les auteurs ont regroupé six contributions qui, d’informations. à partir d’une analyse lexicale contrastive des langues, Hanne KORZEN (Attributs directs et indirects en fran- arrivent à toucher aussi les domaines de la syntaxe et çais, en danois et en anglais: différences typologiques et du discours dans une optique générale de typologie problèmes de traduction, pp. 55-72) montre que la com- linguistique. posante “manière” présente dans les verbes de mouve- Sur la base d’une analyse contrastive, Peter KOCH, ment danois permet d’exprimer par une seule racine (Aspects cognitifs d’une typologie lexicale synchronique. verbale la manière et le changement d’état (c’est-à-dire Les hiérarchies conceptuelles en français et dans d’autres un mouvement abstrait). En général, l’auteur observe langues, pp. 11-34) étudie les hiérarchies conceptuel- qu’en danois un verbe qui exprime une activité (une les de la typologie lexicale en français et dans d’autres manière de mouvement) peut devenir un verbe qui ex- langues. L’aspect hiérarchique de la typologie lexicale prime un accomplissement: dan. Per hamrede kedlen se concentre sur les concepts exprimés par certaines fl ad (Pierre a martelé la bouilloire plate), fr. Pierre a lexies et vérifi e l’(in)existence ou la distinctivité des aplati la bouilloire à coups de marteau. L’auteur appelle lexies qui expriment ces concepts dans différentes ces types de constructions “constructions dérivées” langues. L’aspect hiérarchique se compose de deux et l’adjectif qui explicite le changement d’état “attri- ordres: une dimension taxinomique et une dimension but dérivé”. En observant la traduction française de engynomique, qui concerne les polysémies métonymi- l’exemple danois, on s’aperçoit que le verbe français ques des lexies. Dans la première partie de l’article, exprime le résultat sans s’intéresser à la manière dont l’auteur passe en revue différents domaines concep- on y est parvenu et qu’il recourt à des expressions cir- tuels qui soulèvent des problèmes taxinomiques à l’in- constancielles pour exprimer la manière. L’auteur térieur de langues différentes. Pour ce faire, il analyse, aborde aussi la notion d’“attribut indirect”: Dupont entre autres, les concepts TERRAIN PEUPLÉ D’AR- est rentré ivre. Dans cet exemple “ivre” joue le rôle de BRES (fr. bois/forêt, ang. Wood/forest, ita. bosco/ prédicat seconde lié au sujet de la phrase principale. foresta/selva, esp. bosque/selva/monte, etc.), PARTIES Etant donné que l’“attribut indirect” est par sa nature DU CORPS (fr. cheveu/poil, ita. capello/pelo, all. Haar, circonstanciel, l’auteur affi rme que ce type d’attribut etc.), ETRE HUMAIN (fr. homme/femme, ita. uomo/ est bien plus fréquent dans les langue romanes que donna, esp. hombre/mujer, all. Mensch/Mann/Frau, dans les langues scandinaves. lat. homo/vir/mulier, etc.). Dans la deuxième partie de Lita LUNDQUIST (Noms, verbes et anaphores l’article, l’auteur passe en revue la dimension engyno- (in)fi dèles. Pourquoi les Danois sont plus fi dèles que mique des hiérarchies conceptuelles dans des langues les Français, pp. 73-92) étudie le phénomène de l’ana- différentes et il analyse, entre autres, les concepts TER- phore en français et en danois. L’auteur observe que le RAIN PEUPLÉ D’ARBRES-MATIERE LIGNEUSE- français montre une prédilection pour les anaphores ARBRE (fr. bois/bois/arbre, ang. wood/wood/tree, infi dèles tandis que le danois emploie plus fréquem- dan. skov/trœ/trœ, etc.); SOLEIL-JOUR≠NUIT- ment les anaphores fi dèles. Les anaphores infi dèles JOUR=24H-NUIT (fr. soleil/jour/jour/nuit, ang. sun/ apportent des caractéristiques nouvelles au référent day/day/night, suéd. sol/dag/ dygn/natt, etc). discursif par rapport aux anaphores fi dèles qui n’en Irène BARON & Michael HERSLUND (Langues endo- présentent pas du tout. L’hypothèse avancée par centriques et langues exocentriques. Approche typolo- l’auteur est que l’explication des stratégies anaphori-

sf150_interni 654 23-02-2007, 16:50:24 Linguistica storica, teorica e applicata 655

ques différentes du français et du danois sont à cher- son action publique trois points capitaux du sexisme cher dans certaines différences typologiques entre les républicain : l’exploitation de la femme au sein de la deux langues. En tant que langue endocentrique, le da- famille du fait de la gratuité de son travail domestique, nois ne lexicalise pas une prédication dans un SN mais la subordination du féminin au masculin dans la lan- plutôt dans un syntagme verbal. C’est pourquoi, selon gue française et, dernier aspect mais non des moindres, l’auteur, le danois préfère l’anaphore fi dèle à l’anapho- l’impossibilité d’ être élue ou électrice. re infi dèle. Par contre, le français, en tant que langue La deuxième partie prend, quant à elle, pour ob- exocentrique peut lexicaliser une prédication dans un jet les avatars contemporains de la problématique du SN. C’est pourquoi, selon l’auteur, le français privilège genre dont La féminisation des noms de métiers et des les anaphores infi dèles. titres dans la presse française (1988-2001) (pp. 37-52) à A partir de la nature polysémique du verbe de laquelle s’intéresse Itsuko FUJIMURA. Ce dernier, après mouvement “monter”, Jean-Pierre DESCLES & Zlatka avoir remarqué que ce type de féminisation s’accélère GUENTCHEVA (Doit-on tenir compte de la polysémie ver- brusquement à la suite de la circulaire Jospin de 1998, bale en typologie? Un exemple contrastif entre français répertorie les facteurs lexicaux, sémantiques et socio- et bulgare, pp. 93-108) montrent que la polysémie ver- logiques qui infl uencent la vitesse d’assimilation des bale joue un rôle en typologie lexicale. En comparant divers termes féminins et souligne que, en français, le le français et le bulgare, les auteurs observent qu’en genre est réticent à adhérer à son référent en raison bulgare les emplois spatiaux analogues aux emplois aussi de son caractère arbitraire. Dans La femme invi- spatiaux du verbe “monter” sont exprimés par deux sible. Sur l’imaginaire du pouvoir politique (pp. 53-64), formes verbales. La forme izka vam est liée à une in- Grégory DERVILLE et Sylvie PICHON s’interrogent sur terprétation téléonomique avec un but visé de mouve- les causes de la sous-représentation politique des fem- ment (cette forme est donc employée pour traduire le mes en France, lesquelles se heurtent non seulement verbe monter de l’exemple: Luc monte sur la colline). à la mauvaise volonté des hommes, mais encore aux Par contre la forme non préfi xée ka vam se prête à une stéréotypes de la féminité, traditionnellement con- interprétation non téléonomique (Luc monte la col- sidérée comme peu compatible avec l’exercice du line). Les auteurs remarquent aussi que la valeur de pouvoir. En effet, sur la base d’un corpus de presse, transitivité sémantique est exprimée en bulgare seu- Cécile SOURD (Femmes ou politiques? La représentation lement par le lexème non préfi xé ka vam (Monter les des candidates aux élections françaises de 2002 dans la meubles dans la chambre). presse hebdomadaire, pp. 65-77) remarque un clivage Injoo CHOI-JONIN (Etude comparative des termes de dans les représentations joumalistiques concernant les couleur enfrançais et en coréen, pp. 109-123) fait une acteurs et les actrices du champ politique: le portrait analyse contrastive des termes de couleur en français et de ces dernières semble ne pas pouvoir se passer d’un en coréen. A la différence du français, le coréen n’a pas ancrage au genre sexuel, qu’elles apparaissent comme une classe lexicale adjectivale et les termes de couleur foncièrement féminines ou, ce qui revient au même, sont soit des prédicatifs, soit des noms. En comparant comme masculines, car le discours évoque immanqua- les deux langues, on observe que dans une structure blement leur apparence physique ainsi que la sphère prédicationnelle l’adjectif de couleur français est pré- privée de leurs affects et relations intimes. Il n’en va cédé par le verbe être tandis qu’en coréen la suite pas autrement pour Marine Le Pen (Julie BOUDILLON, française Ce N être Adjcouleur est remplacée par un Une femme d’extrême droite dans les médias. Le cas de prédicatif de couleur. Cette distinction montre que le Marine Le Pen, pp. 79-89), dont l’image médiatique, niveau lexical joue un rôle fondamental dans les études hybride et parfois outrageante, se construit d’un côté typologiques et contrastives des langues. en fonction de l’héritage «viril» et populiste du père, de l’autre en rapport avec une féminité sentimentale [MARA MANENTE] et comportementale qui la qualifi e de «pasionaria» et de «racoleuse». Gilles GAUTHIER (Une caractérisation du raisonnement à l’épreuve d’un corpus d’éditoriaux, Dominique DESMARCHELIER - Juliette RENNES (ed.), pp. 93-103) se penche en revanche sur les spécifi cités Usages politiques du genre, «Mots. Les langages du po- argumentatives qui distingueraient les raisonnement litique», n. 78, juillet 2005, pp. 169. des femmes de ceux des hommes. Le premier tri d’un groupe d’éditoriaux québécois récents montre que, à Si et comment le genre – et notamment le féminin se l’encontre d’un lieu commun assez répandu, le deuxiè- démarquant du masculin – interagit avec les position- me sexe recourt aux déductions et aux inductions plus nements et les prises de parole à l’intérieur du champ que son pendant masculin qui, lui, utilise plus souvent politique, telle est la question tant sociologique que l’analogie. Encore une étude de corpus dans l’essai de rhétorique à laquelle tâche de répondre ce numéro de Serge VASSY, intitulé Ethos de femmes ministres. Re- «Mots» (Présentation de Dominique DESMARCHELIER et cherche d’indices quantifi ables (pp. 105-114), mais cette Juliette RENNES, pp. 3-5). fois les considérations d’ordre qualitatif cèdent le pas La première partie, de caractère historique, s’ouvre à une élaboration quantitative des données où se dessi- par l’analyse de Jürgen SIESS (Un discours politique au nent quelques tendances générales: par le suremploi de féminin. Le projet d’Olympe de Gouges, pp. 9-21), qui formes foncièrement subjectives - les pronoms je/on/ porte sur trois textes politiques d’une intellectuelle nous, les verbes croire, souhaiter, avoir envie - les fem- engagée œuvrant pendant la Révolution. Chez celle- mes ministres trahissent un investissement émotionnel ci la revendication de l’égalité des sexes se traduit par plus fort que leurs collègues mâles. la subversion des conventions littéraires créées par les Après une analyse sociologique du majoritaire so- hommes et associées respectivement à la lettre publi- cial, la rubrique conclusive Des mots en politique ac- que, à l’épître dédicatoire, à l’avis public. Dans l’arti- cueille une réfl exion lexicographique de Michel TOUR- cle suivant (Édith TAÏEB, Le politique et le domestique. NIER, De Barbare à Babel, des sons qui bredouillent et L’argumentation d ‘Hubertine Auclert sous la Troisième excluent (pp. 131-142) où, dans la foulée de Pierre République, pp. 23-36) s’impose une autre ancêtre du Guiraud, la séquence phonique BL/BR est envisagée féminisme qui, un siècle plus tard, vise à dénoncer par comme la matrice onomatopéique originale de nom-

sf150_interni 655 23-02-2007, 16:50:25 656 Rassegna bibliografi ca

breux vocables exprimant le bruit et la confusion so- inhérente à indifférent, qui affecte le choix entre le nore ou bien linguistique comme – exemples emblé- pronom clitique lui, employé pour référer à l’expérien- matiques – barbare et Babel. ceur, et le pronom disjoint à lui, employé en revanche [ELETTRA BORDINO ZORZI] pour reprendre l’objet du sentiment. [CHIARA PREITE]

Olivier BERTRAND et Jacques GUILHAUMOU (éds), Le e e politique en usage (XIV -XIX siècles), «Langage et Socié- Corinne ROSSARI (ed), Le discours: les unités, les re- té», n° 113, 2005, pp. 168. lations, les marqueurs. Quels développements? Quelles perspectives?, «Travaux de Linguistique française», 49, Ce numéro de la revue s’intéresse à la langue poli- 2004/2, pp. 173. e tique française dans une approche diachronique (XIV - e XIX siècles). Les éditeurs (Le politique en usage, pp. Dans ce deuxième volume, les contributions se re- 7-9) esquissent les trois étapes constitutives de cette groupent autour de trois noyaux: unités, relations et langue: le moyen-âge, où on assiste à la co-présence de marqueurs. Tout en étant liées à l’organisation du dis- deux traditions du politique remontant à Aristote et cours, ces notions apportent un éclairage sur des ques- à Saint-Augustin; la Révolution française, qui renou- tions de syntaxe et de sémantique. velle entièrement la perception du langage politique et Eddy ROULET, Les relations de discours rhétoriques la langue politique en soi; la IIIe République, quand la et praxéologiques dans la description des propriétés communication politique devient de masse et que «le des constituants parenthétiques, pp. 9-17. Dans cet politique s’organise en autant de sociolectes que de article, l’auteur montre que la prise en compte des groupes sociaux» (p. 9). Olivier BERTRAND (Le vocabu- relations praxéologiques permet de décrire le rôle des e e laire politique au XIV et XV siècles, pp. 11-32) analyse constituants non langagiers du discours ainsi que les la période du moyen-âge et le rôle des traducteurs des relations qui s’instaurent entre les échanges d’une in- textes anciens pour retracer la présence d’une dou- teraction mais aussi dans les discours écrits monologi- ble perception du politique constitutive du lexique ques ne comportant pas de constituants non verbaux. e e de l’époque: «la science politique naît aux XIV -XV En outre, la notion de relation praxéologique permet siècles en France de la philosophie aristotélicienne d’expliquer le rôle des constituants parenthétiques qui d’une part et de la théologie chrétienne de l’autre» (p. résistait à une analyse syntaxique ou textuelle. Selon 29). Marie-Luce DEMONET (Quelques avatars du mot Roulet, la description d’un échange doit être enrichie e e «politique» (XIV -XVII siècles), pp. 33-61) s’intéresse à par la prise en considération de la structure praxéolo- la lexie «politique» se concentrant particulièrement gique de l’interaction qui repose sur des constituants sur son acception d’art qui concerne «la conduite de et sur des relations illocutoires et interactives: le cou- la cité dans sa réalité pratique» (p. 34). Elle montre plage entre la structure textuelle et la structure praxéo- l’affranchissement progressif de la politique de la mo- logique permet d’obtenir un modèle opérationnel qui rale religieuse, à la suite de la réception de Machiavel a l’avantage de décrire l’interaction et les insertions en France, et parallèlement la naissance d’une morale parenthétiques éventuelles de manière plus complète. de nature civile. Jacques GUILHAUMOU (La langue po- Ensuite, l’article montre que cette approche modulaire litique et la Révolution française, pp. 63-91) analyse la de l’organisation discursive permet de rendre compte «création d’une ‘langue nouvelle’ de la ‘science politi- de certaines propriétés des constituants parenthéti- que’ [qui] est propre de la Révolution française» (p. ques, comme la subordination et l’interruption du 64). Il retrace une première période (années 1770- discours, qui varient leur fonction selon l’entrée en 1780), qu’il appelle moment proto-politique, où se jeu de relations praxéologiques ou encore de relations manifeste la capacité de «thématiser la réalité sociale textuelles. à l’aide d’objets notionnels inédits» (p. 67). En parti- Martina DRESCHER, Là tu te dis putain c’est souvent culier c’est sur une base sociologique qu’on fonde les chaud. Jurons et hétérogénéité énonciative, pp. 19-37. «notions-concepts» permettant des «nouvelles expéri- Dans cette contribution, qui se range dans le sillon mentations politiques» (p. 71). C’est lors de la Révolu- des études concernant l’hétérogénéité énonciative, tion que ces notions-concepts deviennent réellement Drescher avance l’hypothèse que certains jurons tels opératoires en discours sous forme d’arguments. Mau- que merde, putain, mince, etc. représentent un type rice TOURNIER (La graisse vorace. Petits mythes populai- particulier de marqueur de discours dont l’une des res au service des désignations sociopolitiques à la fi n du fonction est d’indiquer un changement de perspective 19e siècle, pp. 93-123) étudie des mythes populaires au énonciative. Selon l’auteur, ces formes se positionnent e XIX siècle, à savoir «des stéréotypes imagés» (p. 95) à mi-chemin entre l’accomplissement d’une fonction qui ont un but polémique. Il retrouve une série d’ex- émotive ou affective et d’une fonction discursive. pressions et de mots-images qui renvoient au mythe Ainsi, elles soulignent la dramatisation d’une narra- de la «graisse vorace», symbolisant la cupidité d’ar- tion et indiquent, en même temps, l’ouverture d’un e gent du bourgeois du XIX siècle. Derrière l’utilisation type particulier de discours rapporté en style direct: polémique de ce mythe populaire Tournier retrouve l’«autocitation», à savoir la reprise des propos anté- également «le grand mythe structural de la lutte des rieurs du locuteur. Comme le montre le corpus com- classes» (p. 122). posé d’interviews télévisées, ces éléments du français L’hypothèse avancée est que la compétition entre parlé apparaissent de préférence dans des contextes les deux formes syntaxiques dépend du rôle thémati- de narration: ils annoncent un discours direct – repré- que joué par le complément: indifférent exprime une senté par une autocitation – qui est explicité également propriété phénoménologique partagée entre le sujet par l’emploi de verbes de communication ainsi que de et l’objet. En outre, les principales propriétés syntaxi- temps du passé. La fonction remplie par les jurons ques et sémantiques de l’adjectif indifférent décrites «routinisés» dans le balisage de l’hétérogénéité énon- par l’auteur le distinguent des autres expressions du ciative apparaît ainsi. sentiment. Il s’agit de l’indétermination du sentiment Maj-Britt MOSEGAARD HANSEN, La polysémie de l’ad- de l’indifférence et la double orientation sentimentale verbe toujours, pp. 39-55. Mosegaard Hansen propose

sf150_interni 656 23-02-2007, 16:50:26 Linguistica storica, teorica e applicata 657

une description sémantique de l’adverbe toujours qui bizarrerie qu’il y aurait à «non A pourtant C»; et les possède un faisceau d’emplois différents dont le déno- heuristiques causaux, notés «C caus A», qui évoquent minateur commun reste leur nature syntaxique adver- la bizarrerie qu’il y aurait à «C portant non A». Sur biale. Cependant, du point de vue sémantique, ces em- cette base, Carel a étudié les propriétés linguistiques plois s’avèrent être vériconditionnels ou bien non-véri- propres à chacun de ces trois types d’abduction par conditionnels, ces derniers pouvant être également de le biais de la «théorie des blocs sémantiques» (TBS) nature connective. L’auteur approche le lexème tou- qui admet deux formes d’argumentations élémentaires jours sous un angle «polysémiste»: cette unité connaît permettant de décrire tous les autres discours. plusieurs emplois (qui sont distincts au niveau de la Elisa BENAVENT PAYÁ, GROUPE VAL.ES.CO., Un langue, et non seulement de la parole) se laissant déri- modèle d’unités discursives pour l’étude de la conversa- ver de façon motivée d’autres emplois plus fondamen- tion familière, pp. 115-131. Cet article présente un sys- taux. Ainsi, la valeur temporelle est considérée comme tème d’unités pour l’étude du processus de l’interac- le sens de base de toujours – car elle est historiquement tion, qui a été élaboré à partir d’un corpus d’espagnol première (du SN tous jours) et synchroniquement pro- quotidien de plus de cent mille mots, transcrit suivant totypique – dont dérivent les autres emplois (habituel, l’Analyse Conversationnelle. Après la présentation du distributif, continuatif, modal et connectif) à travers fonctionnement du modèle – qui peut être appliqué à certains processus de dérivation tels que la conven- d’autres langues parlées – les auteurs proposent une tionnalisation d’inférences et la subjectifi cation. distinction en deux niveaux de la structure conversa- Béatrice LAMIROY, Michel CHAROLLES, Des adverbes tionnelle: d’une part, le niveau structurel, où chaque aux connecteurs: simplement, seulement, malheureuse- contribution est hiérarchiquement et récursivement ment, heureusement, pp. 57-79. Lamiroy et Charolles structurée en unités (échange et dialogue) et subunités montrent, à l’ aide d’un corpus formé de 100 emplois (acte et intervention), et d’autre part, le niveau social, de simplement, seulement, malheureusement et heureu- où l’on ne tient compte que des contributions accep- sement tirés de la presse actuelle, que ces adverbes en - tées par les autres interlocuteurs dans un ensemble de ment se prêtent en français moderne à certains emplois tours de parole. Ainsi, le tour et l’ alternance de tour se où ils commutent occasionnellement avec mais. Par le dédoublent: l’intervention et l’échange se réalisent au biais d’une dizaine de tests syntaxiques, les auteurs niveau structurel, alors que le tour et l’alternance de prouvent que dans des contextes de type «oppositif» tours se posent au niveau social. Les auteurs concluent simplement et seulement se rapprochent plus de mais que le changement d’émetteur est une condition né- que malheureusement et heureusement. C’est-à-dire cessaire et suffi sante pour défi nir l’intervention, tandis que simplement et encore plus seulement paraissent que ce changement est une condition nécessaire mais plus conjonctifs (sans être devenus des conjonctions à non suffi sante pour défi nir le tour, qui nécessite la re- part entière) et donc plus lexicalisés que malheureuse- connaissance explicite de la part de l’interlocuteur. ment et heureusement, qui demeurent également deux Silvia ADLER, Maria ASNES, Les compléments de de- adverbes évaluatifs. Bien qu’à des degrés différents gré en jusqu’à, pp. 133-159. Cette contribution s’atta- donc, l’emploi de ces adverbes en tant qu’adverbes che à l’examen des compléments de degré en jusqu’à de phrases est en train de se grammaticaliser: en effet, qui paraissent peu étudiés par rapport aux complé- dans cette fonction connective ils ne renvoient pas à ments de temps et de lieu introduits par cette préposi- un segment référentiel lié à une manière d’agir ou à un tion. Adler et Asnes se penchent donc sur l’analyse des prélèvement sur un ensemble, mais ils intègrent deux compléments de degré qui permettent de remarquer propositions avec valeur conjonctive. une digression dans la nature de la culmination, par Corinne ROSSARI, Florence LEFEUVRE, Sans quoi: une rapport aux deux autres types de compléments. Deux procédure de justifi cation a contratio purement anapho- questions sont traitées: d’une part, tout en constatant rique, pp. 81-93. Rossari et Lefeuvre affi rment que la que les compléments de degré ne constituent pas une mise en relation de deux énonciations (X et Y) par la classe homogène (ils se distinguent en fonction de la locution prépositive sans quoi tend vers la justifi cation relation établie par jusqu’à entre les éléments à gauche qui va de l’énoncé introduit par une expression ana- et à droite), les auteurs s’interrogent sur la nature du phorique à celui sur lequel elle s’ancre. En unissant les degré d’intensité introduit par jusqu’à, qui est absent deux énoncés qui l’entourent, sans quoi prend comme dans les compléments de lieu et de temps. D’autre antécédent l’état de choses évoqué en X et accommode part, ils examinent le rôle des compléments de degré une proposition hypothétique qui fonctionne comme en jusqu’à dans la structuration de l’aspect: comme les antécédent à la proposition exprimée en Y. Le contenu bornes qu’ils imposent sont de type intensionnel, ils ne de la proposition hypothétique Y est contraire à celui peuvent pas provoquer de variation aspectuelle. qui est exprimé en X. Le lien de dépendance qui unit la proposition exprimée en Y à son antécédent accom- [CHIARA PREITE] modé assure la possibilité de provoquer une lecture a contrario responsable du rapport de justifi cation qui va de Y à X. En effet, cette lecture ne se réalise pas lors- CATHERINE KERBRAT-ORECCHIONI, Le Discours-en-in- que X évoque un état de choses constaté échappant à teraction, Paris, Armand Colin, 2005, pp. 365. toute justifi cation. Marion CAREL, Note sur l’abduction, pp. 95-113. Cet ouvrage est placé dans le sillage du précédent Dans cette note, Carel développe une remarque de essai sur le sujet, les Interactions verbales (en trois to- Peirce, peu commentée par les linguistes, en réfl échis- mes, 1990-1994), par l’auteure, qui se réclame d’une sant sur la «bizarrerie» qu’il voit derrière toute «hypo- approche «éclectique» et du talk-in-interaction de la thesis». Selon l’auteur, il paraît possible de distinguer tradition anglo-saxonne de l’analyse conversationnelle, trois formes d’heuristiques: les heuristiques absolus, tout en se recentrant sur la question, souvent évacuée notés «C abso A», dont la bizarrerie est indépendante ou contournée, de la signifi cation et de l’interprétation. de la suite du discours car elle se trouve à l’intérieur Le «discours-en-interaction» (avec traits d’union car il de C; les heuristiques relatifs, notés «C rel A», qui s’agit d’une lexie) se situe dans le cadre de l’analyse de apparaissent avec la suite du discours, en évoquant la l’interaction, cette dernière étant défi nie comme «ces

sf150_interni 657 23-02-2007, 16:50:26 658 Rassegna bibliografi ca

mécanismes d’ajustement réciproque des comporte- dre en 2001. C’est ainsi que ses collègues ont transformé ments des partenaires de l’échange au fur et à mesure ce recueil en un hommage à sa mémoire. L’introduction de son déroulement» (p. 5) afi n d’«échafauder en com- s’attache à illustrer la contribution pionnière que Mau- mun une sorte de «texte» cohérent (ou plutôt cohésit)» rice Gross a fournie en linguistique générale et française. (p. 6), dont la cohésion repose justement sur des pro- Sa contribution couvre en effet aussi bien une dimension priétés sémantico-pragmatiques. Les corpus analysés, théorique, dans le développement de l’approche Lexi- recueillis par l’équipe du GRIC-ICAR de Lyon, présen- que-grammaire, qu’une dimension d’application. En- tent des bribes de dialogues découpées dans les situa- suite, Jean Claude CHEVALIER présente des passages d’un tions de communication les plus diverses. entretien avec Maurice Gross qui avait eu lieu en 1982. Le volume s’ouvre sur une présentation du cadre M. Gross parle de sa formation, de son expérience com- théorique (qui précise l’objet et les objectifs de l’étude, me jeune chercheur, de la constitution du Laboratoire les règles et les unités du discours-en-interaction, et qui d’Automatique Documentaire et Linguistique. Quelques pose la question de l’interprétation comme essentielle), remarques épistémologiques de CHEVALIER complètent le suivie des deux parties centrales: les négociations con- cadre (Entretien avec Maurice Gross, pp. 1-10). versationnelles et le fonctionnement de la politesse. Le volume comprend une trentaine de contributions La négociation conversationnelle, défi nie comme qui traitent de linguistique française et une vingtaine «tout processus interactionnel susceptible d’apparaître sur des langues différentes, européennes et extraeuro- dès lors qu’un différend surgit entre les interactants, péennes, que nous ne pouvons que signaler ici. concernant tel ou tel aspect du fonctionnement de Antoinette BALIBAR-MRABTI présente une esquisse l’interaction, et ayant pour fi nalité de résorber ce dif- des problèmes posés par le traitement des adjectifs qui férend afi n de permettre la poursuite de l’échange» (p. se situent dans le continuum forme libre - forme fi gée. 103), peut porter sur divers éléments de l’interaction, Le procédé de listage des combinaisons possibles et notamment son organisation (langue, genre, tours de leur analyse entre syntaxe, sémantique et rhétorique y parole, etc.), son contenu, ainsi que sur les identités des sont discutés (Lexique-Grammaire et extensions lexica- interactants et leurs relations. Différents exemples sont les, pp. 23-30). Hava BAT-ZEEV SHILDKROT décrit les présentés, fondés sur l’analyse de corpus recueillis es- étapes de l’établissement d’une concordance informati- sentiellement dans les petits commerces. sée des verbes de l’ancien français. Elle présente le La politesse, quant à elle, apparaît comme un phéno- choix du corpus et la méthodologie de catalogation des mène fondamental de toute société, car il s’ agit de «l’en- variantes, des formes conjuguées et de possibilités dis- semble des procédés conventionnels ayant pour fonc- tributionnelles (La constitution d’une concordance de tion de préserver le caractère harmonieux de la relation verbes de l’ancien français, pp. 41-50). Andrée BORILLO interpersonnelle, en dépit des risques de friction qu’im- analyse les adjectifs qui se réfèrent aux parties du corps plique toute rencontre sociale» (p. 189). S’appuyant sur humain, trait caractérisant les textes de spécialité médi- la théorie des faces (positive et négative) de Brown & caux. Elle examine leur classifi cation sémantique et ca- Levinson, Kerbrat-Orecchioni affi rme que «la politesse tégorielle, leur distribution et leur rapport avec les apparaît comme un moyen de concilier le désir mutuel substantifs dont ils sont dérivés, ou avec lesquels ils se de préservation des faces avec le fait que la plupart des trouvent en collocation (Les adjectifs dérivés de noms de actes de langage sont potentiellement menaçants pour parties du corps (Npc) dans les textes médicaux, pp. 51- telle ou telle de ces mêmes faces» (p. 195). Les interac- 62). Mirella CONENNA illustre son élaboration de dic- tants vont donc employer des formes de «politesse né- tionnaires électroniques et d’automates pour l’analyse gative» ou «positive», par le truchement d’adoucisseurs, des proverbes. Le but de ces instruments est de recon- de minimisateurs, de formulations indirectes, etc. naître les proverbes, même défi gés ou interrompus par Dans la partie fi nale du volume, Kerbrat-Orecchioni des insertions, de les traduire, d’en répertorier les va- mène une comparaison entre différentes formes d’in- riantes et d’en marquer les césures intonatives (Princi- teraction d’une part, et entre l’interaction authentique pes d’analyse automatique des proverbes, pp. 91-103). et l’interaction littéraire de l’autre. L’auteure y soulève, Benoît DE CORNULIER étudie la valeur de la phrase inci- au sujet des études interculturelles, quelques ques- se, sorte de greffon métalinguistique à l’intérieur d’une tions méthodologiques de base (les objets à comparer phrase qui «mime» l’énoncé d’un autre sujet parlant. et le découpage des ensembles culturels); elle affi rme En particulier la postposition de l’incise et les change- d’autre part, à propos du dialogue littéraire, que, si ce- ments de sa portée y sont analysés (Sur la valeur de lui-ci constitue un objet différent par rapport au dialo- l’«incise» et sa postposition, pp. 105-112). Blandine gue naturel et s’il obéit à des lois qui lui sont propres, COURTOIS compare les dictionnaires électroniques cons- «il n’est pas interdit [aux analystes du discours en inte- truits à l’intérieur du LADL pour l’anglais et le français. raction] de jeter un œil dans ce miroir grossissant que la La structure globale des articles y est d’abord illustrée, littérature tend aux conversations ordinaires» (p. 337). pour passer ensuite à une description des niveaux de codifi cation en ce qui concerne les informations lexica- [ANNA GIAUFRET] les, sémantiques et syntaxiques des lemmes (Dictionnai- res électroniques DELAF anglais et français, pp. 113-124). Laurence DANLOS focalise son attention sur les relations Christian LECLERE, Eric LAPORTE, Mireille PIOT, Max temporelles à l’intérieur du cadre «Segmented Discour- SILBERZTEIN (ed.), Lexique, Syntaxe et Lexique-Gram- se Representation Theory». Elle étudie les cas de coré- maire - Syntax, Lexis & Lexicon-Grammar. Papers in ho- férence entre deux éventualités, notamment dans les nour of Maurice Gross, Amsterdam / Philadelphia, John discours généralisants et particularisants, pour lesquels Benjamins Publishing Company, 2004, pp. 660. sont proposées des relations de discours nouvelles (Co- référence événementielle entre deux phrases, pp. 137- Ces contributions, écrit Eric LAPORTE dans l’introduc- 154). Jean DUBOIS et Françoise DUBOIS-CHARLIER obser- tion (Foreword, pp. XI-XXI), entendaient être un présent vent des constructions grammaticales où paraissent des à Maurice Gross dans une occasion joyeuse. Malheu- pronoms relatifs, en argumentant qu’il ne s’agit pas de reusement il tomba malade entre temps, et ne put voir relativations enchaînant deux phrases, mais des rema- qu’une version préliminaire du volume avant de s’étein- niements d’une seule phrase à des fi ns de réorganisation

sf150_interni 658 23-02-2007, 16:50:27 Linguistica storica, teorica e applicata 659

thématique ou de mise en relief (Les relatifs de surface, cause de nombreuses restructurations et réductions pp. 175-184). André DUGAS consacre sa réfl exion aux métonymiques. Une taxinomie des constructions de dé- attributs du complément d’objet direct et indirect, re- part est proposée (Restructuration and the subject of prenant ses études exhaustives sur 12000 verbes. Les adjectives, pp. 373-388). Christian LECLERE et Jacqueli- emplois des attributs des compléments sont décrits, de ne BRISBOIS-LEENHARDT présentent une approche de la même que les problèmes liés à cette description (Les synonymie axée sur la phrase. Contrairement à une ana- attributs du complément d’objet, pp. 185-194). Cédrick lyse où l’on considère l’interchangeabilité des mots FAIRON présente une analyse sur les phrases incises à dans la même position, la mobilité des actants est à la partir d’un corpus littéraire et joumalistique. Le recen- base de cette conception (Synonymie de mots et synony- sement d’environ 740 verbes lui permet de remettre en mie de phrases: une approche formelle, pp. 389 404). question l’affi rmation traditionnelle que le verbe le plus Danielle LEEMAN étudie des structures du type La tarte, fréquent en incise est dire et le temps le plus fréquent le j’ai aimé, qui entrent apparemment dans la catégorie participe passé (Une étude de corpus pour éclairer la des topicalisation, pour montrer que des phénomènes question du verbe de l’incise en français, pp. 195-210). d’accord, d’intonation, de syntaxe empèchent de par- David GAATONE fait toucher du doigt la complexité ler, formellement, de topicalisation (Les aventures de d’un travail de défi nition catégorielle de la classe des Max et Eve, j’ai aimé. A propos d’un C.o.D. «Canada prépositions. Leur nature hétérogène rend diffi cile en Dry», pp. 405-412). Claude MULLER travaille sur les cerner un trait commun au niveau sémantique, lexical, structures de complémentation verbale introduites par ou syntaxique (Les prépositions forment-elles une clas- ce que, les seules introduites par des prépositions. se?, pp. 211-222). L’étude de Jacqueline GIRY-SCHNEI- L’auteur analyse en particulier les propriétés des for- DER porte sur les expressions du type faire le fi er. La mes qui autorisent la complémentation complétive di- division en deux typologies distinctes au niveau séman- recte avec une interprétation indirecte (A propos de [pc- tique et syntaxique y est argumentée, contrairement à z], pp. 439 454). Kozué OGATA s’occupe de l’opposition une tradition qui les traite comme des constructions à entre le datif et le locatif directionnel, qui s’excluent complément nominal homogènes et toutes également mutuellement dans les constructions avec le verbe arri- fi gées. (Une construction tronquée du verbe faire, pp. ver. La priorité de la construction dative permet sa co- 223-230). Gaston GROSS s’attache à démontrer l’impor- occurrence avec la locative si l’une est incluse dans tance de l’analyse par classes sémantiques dans la des- l’autre (Du locatif directionnel au datif dans les construc- cription linguistique, entre autres afi n de cerner la sous- tions du verbe “arriver”, pp. 471-484). Mireille PIOT catégorisation des prédicats, décrire leur polysémie, en conteste l’analyse traditionnelle de la séquence même si identifi er les emplois dans un texte (Classes sémantiques comme d’une seule conjonction concessive. Elle pro- et description des langues, pp. 231-238). Frantz GUEN- pose de la décomposer en si hypothético-conditionnel, THER et Xavier BLANCO présentent une classification modifi é par même, adverbe modifi eur de conjonction d’expressions fi gées et leur encodage dans les diction- (La conjonction “meme si” n’existe pas!, pp. 485-496). naires électroniques. Les composés, les collocations, les Antoinette RENOUF mène une enquête sur la presence textes rituels y sont considérés, pour conclure avec des de gallicismes dans l’anglais contemporain. Elle par- réfl exions sur l’incidence de l’analyse grammaticale vient à démontrer que les fonctions et la perception des e automatique en linguistique théorique (Multi-Lexemic emprunts n’a guère changé depuis le XIII siècle (Shall Expressions: an overview, pp. 239-252). Richard KAYNE we hors d’œuvres? The Assimilation of Gallicisms into analyse les emplois locatifs et non locatifs des mots here English, pp. 527-546). Max SILBERZTEIN présente l’im- et there en anglais, en appliquant une méthode compa- plémentation d’un analyseur syntaxique automatique rative par rapport à la formulation de structures compa- de textes pour la description des déterminants et préde- rables en français et en italien (Here and There, pp. 253- terminants français. Des mots simples tels que le, mais 274). Ferenc KIEFER discute l’ordre des adjectifs, en aussi des séquences complexes sont formalisés à l’aide établissant une taxinomie fondée sur la complexité sé- des graphes INTEX (Reconnaissance des déterminants mantique. Les adjectifs qui ont le comportement le plus français, pp. 589-600). Yoichiro TSURUGA étudie un cer- irrégulier sont aussi les plus complexes (Sur l’ordre des tain nombre de correspondances dans les structures du adjectifs, pp. 275-286). Georges KLEIBER focalise l’inté- français, comme entre Luc charge le camion de blé et Luc rêt sur l’anaphore associative. Par rapport à une certai- charge du blé dans le camion; il propose une codifi cation ne tradition qui l’identifi e à l’anaphore indirecte, des facteurs réglant ces correspondances dans les tables l’auteur prône une conception étroite qui restreint la du Lexique-grammaire (Essai d’interprétation fonction- notion d’anaphore associative à l’anaphore indirecte nelle des tables du Lexique Grammaire, pp. 601-612). introduite par un article défi ni (Anaphores associatives: Robert VIVES illustre les résultats du travail du Labora- du large à l’étroit, pp. 287-302). Jacques LABELLE illustre toire de Linguistique Informatique sur les prédicats le potentiel du cadre théorique du Lexique-grammaire nominaux, en expliquant les grilles d’encodage lexica- pour la description de la microvariation à l’intérieur du les, syntaxiques et sémantiques utilisées (Une grille français. Plusieurs différences sémantico-syntaxiques d’analyse pour les prédicats nominaux, pp. 641-648). subtiles entre le français standard, le français de France Le livre s’achève par une bibliographie complète et du Québec sont examinées (Lexiques-grammaires des publications de Maurice Gross établie par Takuya comparés. Quelques observations sur des différences syn- NAKAMURA (Publications de Maurice Gross 1963-2002, taxiques en français de France et du Québec, pp. 313- pp. 649-659). 324). Béatrice LAMIROY et Jean KLEIN travaillent sur un [SARA VECCHIATO] corpus de 500 verbes propres au français de Belgique. Les données montrent qu’à côté de la variation lexicale bien connue il existe une variation syntaxique: une taxi- CHIARA MOLINARI, Parcours d’écritures francophones. nomie de 33 types verbaux est établie à l’intérieur du Poser sa voix dans la langue de l’autre, Paris, L’Har- système linguistique belge (La structure de la phrase en mattan, 2005, pp. 248. français de Belgique, pp. 343-372). Eric LAPORTE s’atta- che à formaliser en lexique-grammaire la distribution Cette monographie analyse une des problémati- des sujets des adjectifs - tâche qui est rendue diffi cile à ques centrales des littératures francophones, à savoir

sf150_interni 659 23-02-2007, 16:50:27 660 Rassegna bibliografi ca

la relation entre la dimension langagière et linguis- confl it linguistique; glottophagie; (in)sécurité formelle, tique du pays d’origine de l’écrivain et celle de la statutaire, identitaire. Si tous les ouvrages examinés France métropolitaine, qui fournit la variété de réfé- sont axés sur les problématiques du plurilinguisme, rence pour le travail d’écriture. «Poser sa voix dans il devient de plus en plus apparent qu’un des enjeux la langue de l’autre» devient un acte de surconscience primaires de l’écriture est justement la hiérarchie so- linguistique, qui pousse l’écrivain à exploiter des cio-culturelle où entrent les codes linguistiques pré- techniques stylistiques aptes à refl éter la coexistence sents dans l’univers communicatif et par conséquent de plusieurs codes. la dimension identitaire des locuteurs. Au cœur de la problématique se situent le pluri- La réfl exion s’articule autour de trois hypothè- linguisme et le pluriculturalisme des pays francopho- ses, qui sont vérifi ées au cours de l’analyse. La pre- nes; la dimension orale en tant que lieu privilégié de mière hypothèse est qu’il existe une relation entre la rencontres des dynamiques linguistiques, culturelles proximité ou l’éloignement des langues du pays et la et identitaires en jeu; le rôle de l’institution scolaire manière dont le plurilinguisme diglossique est vécu. dans la diffusion de la norme de référence. Molinari Molinari parvient à montrer que plus on passe d’un choisit de prendre en considération les cas particu- système linguistique où les composantes sont très dis- liers du Mali, de la Martinique et du Québec, qui se tantes (comme au Mali) à un système où elles sont très différencient justement par rapport à ces facteurs. proches (comme au Québec), plus la confrontation Chaque pays est examiné dans un chapitre à part, à entre ces variétés se fait dramatique. La deuxième hy- travers la représentation littéraire (récits autobiogra- pothèse concerne un lien possible entre la présence phiques et romans) d’un auteur: Hampâté Bâ pour le ou l’absence de dispositifs de médiation avec les si- Mali, Patrick Chamoiseau pour la Martinique, Michel tuations d’éloignement ou de proximité linguistique. Tremblay pour le Québec. L’effacement des fi gures médiatrices semble, en effet, Le travail a deux versants. D’un côté, il présente entraîné par le rapprochement des variétés linguisti- une analyse strictement linguistique sur le langage ques, mais entraîne à son tour une intensifi cation des métaphonologique des auteurs. Les enquêtes sur les phénomènes d’insécurité. La troisième hypothèse est techniques de transcription des sonorités sont menées qu’il existe une relation entre les choix stratégiques d’un point de vue quantitatif et qualitatif; elles s’ap- effectués sur le plan de l’écriture et les conditions de puient entre autres sur les typologies verbales de Fó- sécurité ou insécurité ethniques et identitaires. Ici nagy et adjectivales de Laver. Une attention particu- l’analyse aboutit, nous semble-t-il, à trois défi nitions lière est portée aux phénomènes de langue graphiée, récapitulatives forgées pour décrire l’univers discur- à savoir des fausses orthographes et d’autres moyens sif et poétique des auteurs: Molinari parle ainsi d’une graphiques visant à reproduire non seulement les «harmonie fusionnée et homogène» chez Hampâté prononciations des personnages, mais aussi le rôle du Bâ, qui compose un portrait pacifi que de la dimen- silence dans les échanges dialogiques. En outre, les sion plurilingue malienne; d’une «harmonie intégra- trois auteurs considérés se différencient quant à leur trice» chez Patrick Chamoiseau, qui travaille pour ré- respect de la distinction entre séquences textuelles créer, avec l’identité créole, une langue rabelaisienne (narrative, dialogique, ... ) – distinction qui demeure capable de l’exprimer en accueillant tous les apports traditionnelle dans la littérature occidentale. Cette linguistiques de la créolité; d’une «polyphonie écla- perméabilité du récit aux voix autres que celle du tée» chez Michel Tremblay, le seul pour lequel les narrateur, de même que la co-présence de codes lin- rapports interlinguistiques restent dramatiquement guistiques différents à l’intérieur du texte en français, irrésolus. semble créer autant de français «polyphonisés». La langue française hexagonale semble donc se De l’autre côté, le travail profi te d’une démarche présenter comme un formidable élément d’ambiguïté interdisciplinaire, avec les apports de plusieurs mé- pour les écrivains francophones: si elle permet de tra- thodologies scientifi ques. La sociolinguistique, l’éco- duire et de transmettre un univers linguistique et cul- linguistique, l’ethnographie de la communication turel, elle se pose en même temps comme un terme de éclairent des notions-clé relatives aux rapports de for- confrontation parfois douloureuse. ce en action, telles que marché linguistique; système «gravitationnel» linguistique; imaginaire linguistique; [SARA VECCHIATO]

Opere generali e comparatistica a cura di Gabriella Bosco

AA. VV., Perspectives franco-italiennes. Séminaires d’Etudes Franco-Italiennes e svoltesi a Chambéry tra du CEFI 2000-2002. Etudes réunies et publiées par il 2000 e il 2002. La prima parte del libro raccoglie in- Luca BADINI CONFALONIERI, Roma, Aracne editrice, terventi centrati sul tema del rapporto tra letteratura e 2005, pp. 343. mito. Alessandro BALLOR, nell’articolo Jason et Médée au Moyen Age (pp. 9-13), sottolinea come in quel peri- In questo volume sono riuniti i contributi presentati do tale mito sia stato sottoposto ad una duplice inter- durante le giornate seminariali organizzate dal Centre pretazione, storica e morale. Dal punto di vista storico

sf150_interni 660 23-02-2007, 16:50:28 Opere generali e comparatistica 661

l’interesse dei letterati si è concentrato sul tema del- di biografi e di personaggi illustri dell’antichità. In quel l’avventura militare ed eroica degli Argonauti, mentre testo viene posto l’accento sull’aspetto fi sico del fi loso- dal punto di vista morale l’attenzione si è spostata sulle fo, ritenuto sgradevole e ridicolo, e sulle sue controver- drammatiche vicende dell’amore tra Giasone e Medea sie con le donne, le quali dunque sembrano fare spesso e dunque sui pericoli insiti nelle azioni dettate dalla da contraltare ai pensatori, in virtù della loro mentalità passione. Nel contributo di Michele MASTROIANNI, Le concreta e pratica. Valentina MARTINI e Barbara MEAZ- monologue de Hémon dans l’“Antigone” de Robert Gar- ZI sono autrici dell’articolo Il concetto di elasticità tra nier: traitement maniériste d’un mythe tragique classi- Bergson e Boccioni (pp. 123-137). Partendo dall’os- que (pp. 15-21), l’autore sottolinea come Garnier abbia servazione del dipinto futurista dal titolo Elasticità, le preso le distanze dal testo sofocleo, assegnando, nella studiose indagano sulle occorrenze di questo termine sua rivisitazione del mito, un interesse primario al tema in letteratura e in fi losofi a. Nel pensiero di Bergson il dell’amore piuttosto che a quello della giustizia e della concetto di elasticità si identifi ca con la capacità del- legge. Il cuore della pièce è dunque il tragico destino l’uomo di costruire signifi cati attraverso l’intuizione, di una coppia di amanti infelici. Nell’intervento Il mito in una prospettiva temporale dilatata, scandita dagli di Fedra nella rilettura operata dai Gesuiti (pp. 23-32), stati di coscienza anziché dagli orologi. Nell’arte di Marco LIVERA analizza la ripresa degli elementi e dei Boccioni si trova dunque un’effi cace rappresentazione personaggi del mito antico nella tragedia cinquecente- del carattere proteiforme degli stati d’animo bergso- sca Crispus del padre gesuita Bernardino Stefonio. Al niani. Nell’intervento Moravia lecteur de Wittgenstein triangolo pagano Fedra-Ippolito-Teseo si sovrappone (pp. 139-153), Maryline MAIGRON approfondisce il de- quello cristiano Fausta-Crispo-Costantino. Nella messa bito che lo scrittore stesso dichiara di aver contratto in scena della lotta tra bene e male i gesuiti perseguono dalla lettura del Tractatus logico-philosophicus del fi lo- l’obiettivo di istruire e redimere i fedeli. Daniela DAL- sofo austriaco. LA VALLE, nell’articolo Appunti sul mito di Don Gio- La terza parte del libro è dedicata all’analisi del rap- vanni: le origini (pp. 33-41), mette in evidenza che gli porto tra letteratura e politica. Nel contributo di Pierre elementi di fondo di questa vicenda (l’insulto al morto, TORDJMAN Littérature et politique: archéologie d’un rap- la cena, il castigo fi nale) si possono riscontrare nel mito port (pp. 157-167), l’autore risale all’autorità del poeta italiano di Leonzio, personaggio della cultura popola- nell’antica Grecia e al valore quasi trascendente delle re, protagonista di canti e racconti di molte regioni del sue parole. Il poeta è dunque una sorta di mediatore nostro paese. I tratti salienti del mito di Don Giovanni tra i potenti e il popolo e tale ruolo ha la sua icona sono presenti anche in uno scenario della commedia in Solone, poeta e legislatore. Antonella AMATUZZI, dell’arte, dal titolo L’Ateista fulminato, il quale narra la nell’articolo La littérature politique de la Fronde: une storia di un conte di nome Aurelio. Dalla Valle sottoli- «guerre de plumes» au service de la langue française. nea inoltre come la storia di Leonzio circolasse in am- L’exemple des Mazarinades du Cardinal de Retz (pp. bienti gesuitici, in quanto edifi cante per il popolo. Nel 169-180), analizza dal punto di vista linguistico sette contributo Récurrences de Pamela en France: Goldoni pamphlets di un esponente di spicco del movimento traduit et adapté (pp. 43-64), Lucia COMPARINI analizza della Fronda. In essi il tono è aspramente polemico, la fi gura della Pamela goldoniana, rivisitata nella lette- è bandita ogni ricercatezza estetica ed abbondano gli ratura francese del Settecento. Da simbolo della virtù stratagemmi retorici, fi nalizzati a persuadere il lettore. ricompensata, mediante un matrimonio vantaggioso, Le caratteristiche degli scritti prodotti in quel periodo Pamela diventa oggetto di rifl essione psico-sociologica ed in quel contesto politico sembrano aver contribuito in merito all’opportunità o meno di infrangere le con- al consolidarsi di una tradizione letteraria di imposta- venzioni sociali ascendendo a un rango più elevato del zione rigorosa, che approderà al classicismo. Nell’in- proprio in virtù del legame coniugale. L’ameno aspet- tervento di Giovanni PAOLETTI, Le ambiguità della to novellistico lascia dunque il posto ad una tradizione prospettiva: teoria politica e immaginazione letteraria in più arida e borghese della vicenda. Necker e Constant (pp. 181-198), si prendono in consi- Nella seconda parte del volume sono raccolti gli derazione alcune rifl essioni politiche dei due scrittori, articoli aventi per oggetto il rapporto tra letteratura il primo favorevole al potere monarchico, il secondo e fi losofi a. Nell’intervento dal titolo L’invention de la invece di idee liberali. L’autore sottolinea poi come in philosophie chez Platon: imposture ou événement lit- Constant sia ricorrente su più livelli il tema del passag- tèraire? (pp. 67-107), Pierre TORDJMAN sottolinea che gio dall’illusione alla disillusione. Stefano BRUGNOLO, l’«invenzione» della fi losofi a è di per sé un avvenimen- nel contributo La democrazia e la foresta: Tocqueville to letterario di prim’ordine. Platone, infatti, con i suoi come viaggiatore (pp. 199-217), analizza il Voyage au scritti fi losofi ci ha inaugurato un nuovo uso della lin- lac Onéida, opera nella quale lo scrittore narra il cam- gua, privo di fi nalità pratica e oggettiva, volto esclusi- mino che egli intraprese nell’America settentrionale vamente al conseguimento della saggezza. Fondamen- per andare sulle tracce di un nobile francese fuggito tale nell’opera letteraria di Platone è inoltre il ricorso dopo la Rivoluzione. Il visitatore europeo si trova im- al mito e alla terminologia religiosa dei miti eleusini merso nelle foreste, che evocano in lui il «mito rous- e del pitagorismo. Nel contributo intitolato La philo- seauiano della natura selvaggia», ma allo stesso tempo sophie et le narrateur. La représentation du philosophe fanno sorgere nel suo animo un’inquietudine di sapore dans la nouvelle italienne du Moyen Age (pp. 109-122), romantico. Nel caos che regna in questo mondo vege- Luca BADINI CONFALONIERI porta l’attenzione sul tema tale egli constata una sorta di parallelismo con la realtà dell’immagine del fi losofo, partendo da un aneddoto sociale post-rivoluzionaria, nella quale è stato abolito che vede per protagonista Talete, il quale cade in un l’ordine, un tempo garantito dalle gerarchie. Tocque- pozzo poiché intento a contemplare le stelle mentre sta ville assiste anche al taglio della foresta da parte dei camminando e per la sua disattenzione viene deriso da conquistatori europei, giungendo a teorizzare il topos una donna. Questo aneddoto può essere interpretato della violazione degli equilibri naturali come idillio in- in modo ambivalente, sia come scherno del sapere terrotto, atto di prepotenza con il quale gli uomini vo- astratto del fi losofo, sia come critica della ristrettezza gliono piegare la natura ai loro piani e per il quale essi del pensiero popolare. Badini Confalonieri analizza sono destinati comunque a pagare. Nell’articolo Un inoltre una vita di Socrate pubblicata in una raccolta impegno politico e antiideologico (pp. 219-226), Dario

sf150_interni 661 23-02-2007, 16:50:29 662 Rassegna bibliografi ca

VOLTOLINI riflette sul ruolo dello scrittore nel dibattito AA. VV., Littérature de jeunesse, incertains frontières, politico, ribadendo il pieno diritto del letterato alla li- textes réunis et présentés par Isabelle NIÈRES-CHEVREL, bera espressione del proprio pensiero, espressione che Paris, Gallimard, 2005, coll. Gallimard Jeunesse, pp deve però rimanere lontana dallo schieramento ideolo- 333. gico, in quanto lo scrittore mira a costruire signifi cati, i quali possono scontrarsi con altri di segno opposto, Il testo riunisce una serie di interventi sulla “littéra- senza avere tuttavia la pretesa di discernere in modo ture de jeunesse”, presentati al convegno che si è tenu- assoluto il vero dal falso. to al Centre Culturel international di Cerisy-La-Salle La quarta ed ultima sezione del volume ha per og- dal 5 all’11 giugno 2005, organizzato da Françoise BO- getto il rapporto tra letteratura e religione. Nell’inter- SQUET, cofondatrice della galleria L’Art à la page e da vento Recherche et oubli de soi: Vittoria Colonna in- Isabelle NIÈRES-CHEVREL, professoressa di letteratura terprète de l’Evangile (pp. 229-242), Chiara PISACANE all’Università di Rennes II, con l’aiuto di Nic DIAMENT, si sofferma sulla meditazione scritta dalla nobildonna direttrice de La Joie par les livres (organismo legato al italiana in merito alla parabola dell’adultera condan- Ministère de la Culture e che ha come obiettivo quello nata alla lapidazione. Nel contributo di Franco PIPER- di stimolare il bambino alla lettura) e di Sophie VAN NO, «L’ultimo è stato il Bruccioli…»: notes sur Antonio DER LINDEN, direttrice de L’Institut international Char- Brucioli et le rôle de la langue vulgaire (pp. 243-259), si les Perrault. porta l’attenzione sulla fi gura di questo umanista fi o- Risulta da sempre molto diffi cile fi ssare un limite rentino, al quale si deve una traduzione della Bibbia in netto tra ciò che va sotto il nome di littérature d’enfan- lingua volgare. A differenza di Lutero, che con la sua ce et de jeunesse e la letteratura per adulti: basti pensa- opera di traduzione gettò le basi della lingua tedesca, re a casi come Verne, Stevenson, London, Tournier o Brucioli non osò prendere troppa distanza dalle lin- Pennac (vedi il saggio Le roman d’aventures, conside- gue tradizionalmente ritenute sacre, per questo la sua rato da Matthieu LETOURNEUX un racconto dai confi ni versione della Bibbia abbonda di elementi lessicali e indefi nibili, in quanto letto indifferentemente da gio- sintattici calcati sull’ebraico e sul latino. Nell’articolo vani ed adulti). In realtà, sono gli editori che fanno “Le Tragédies sainctes” di Louis de Masures: una propo- le dovute distinzioni per i librai e per il pubblico. In sta nel panorama delle tragedie bibliche (pp. 261-291), Francia, dal 1949, esiste persino una legge che regola il Luana PALLAGROSI analizza la trilogia cinquecentesca controllo dei testi indirizzati a bambini ed adolescenti, del poeta convertitosi alla riforma, trilogia costituita legge secondo la quale la letteratura per i più giovani da David combatant, David triomphant e David fugitif. non deve essere di semplice evasione ma deve svolgere In queste tragedie ricorrono alcuni temi cari alla tra- oggettivamente una funzione educativa (“Le beau et le dizione calvinista: la predestinazione, la miseria della moche dans l’album pour enfants” di Cécile BOULAI- condizione umana, il rapporto tra verità e illusione, RE; “Instruire et distraire : l’image documentaire” di la perseveranza nella fede e il rovescio della fortuna. Michel DEFOURNY; “La transmission des valeurs et les Michele MASTROIANNI, nell’intervento dal titolo Quel- ruses de la fi ction” di Isabelle NIÈRES-CHEVREL). Viene ques remarques sur l’emploi de la Bible dans le “Mespris dunque preso in considerazione l’aspetto pedagogico de la vie et consolation contre la mort” de J.-B. Chas- di questa letteratura, che deve proporsi essenzialmente signet (pp. 293-299), analizza questo testo secentesco di trasmettere valori (“Dialogue avec Nadège” di Ma- considerando la molteplicità di fonti a cui attinse il rie-Aude MURAIL; “L’analyse perspective” di François poeta. In una sorta di canzoniere sacro, composto da BALLANGER, dove viene proposto un lavoro di lettura parafrasi bibliche, spicca la capacità di Chassignet di di gruppo per individuare una selezione di testi adatti riscrivere i passi del testo sacro, imitando la maniera all’infanzia; “Les bibliothécaires pour la jeunesse” di di alcuni suoi grandi predecessori. Nel contributo Let- Viviane EZRATTY che propone di favorire gli incontri; teratura e teatro nel primo Seicento francese: il teatro di “Des enseignants de plus en plus engagés aux côtés de Jean Prévost (pp. 301-311), Monica PAVESIO si soffer- leur partenaires” di Annick LORANT-JOLLY; “Du dis- ma sulle opere di questo scrittore, testimonianze del cours non écrit à la censure ou plutôt de la censure au tentativo degli umanisti di conciliare fede cristiana e discours non écrit” di Véronique SOULÉ). Altre frontie- letteratura antica. In particolare la tragedia Hercule e re sono analizzate dagli studi presentati: l’età (“Ecrire la tragicommedia Clotilde narrano due vicende in cui pour tous les âges” di Boris MOISSARD; “Le brouillage l’antichità pagana non viene rinnegata, ma al contrario des frontières d’âge” di Régine SIROTA che affronta riscoperta e valorizzata, dopo esser stata riletta alla luce il problema di quanto siano relative tutte le possibili della fede cattolica. Nell’articolo di Simona MUNARI dal frontiere), l’intelligibilità, la separazione tra pubblico titolo Il confl itto religioso nel romanzo moresco france- maschile e femminile (“Des livres pour les garçons et se del Seicento (pp. 313-331), l’attenzione si sofferma pour les fi lles” di Marie LALLOUET; “Féministe ou fé- sull’approccio degli scrittori occidentali nei confronti minin” di Denise VON STOCKAR-BRIDEL). Queste fron- dei personaggi di fede islamica. L’unica via loro con- tiere portano a scelte tipografi che particolari, come un cessa per evolversi è la conversione, la quale tuttavia corsivo simile a quello della fase dell’apprendimento, può avvenire solo se sussistono determinati requisiti. e non è certo tralasciata la dimensione ludica, che as- Il moro, infatti, deve essere nobile d’animo e di nata- socia il testo all’utilizzo di immagini (“Typographies li, essere un guerriero coraggioso e conoscere le regole pour l’enfance dans l’édition occidentale” di Annie della cavalleria e deve inoltre poter vantare un’antica LALLEMENT-RENONCIAT che si concentra sulla leggibi- ascendenza cristiana. lità tipografi ca del testo e le varie pratiche editoriali, In questo volume si alternano l’uso della lingua fran- sull’uso artistico e divertente delle lettere e dell’impagi- cese ed italiana, in piena osservamza dello spirito delle nato; “L’album en liberté” di Sophie VAN DER LINDEN, giornate seminariali dalle quali è scaturita tale opera, che mostra quanta libertà ci sia ormai nella realizza- vale a dire la volontà di dimostrare l’importanza del zione e nella scelta del formato e delle varie tecniche confronto e del dialogo tra le due letterature, geogra- di espressione). fi camente contigue, ma caratterizzate ciascuna da ele- Una certa attenzione è dedicata anche ad altre real- menti originali e specifi ci. tà, dalla forte tradizione di letteratura per i giovani [WILMA PROGLIO] (“La littérature de jeunesse en Angleterre” di Lauren-

sf150_interni 662 23-02-2007, 16:50:29 Opere generali e comparatistica 663

ce KIEFÉ) a luoghi dalle caretteristiche geografi che e Tra i fondatori de “Il Momento” è da annoverare culturali particolari (“«Où les souris ne sont pas vertes anche Girolamo Ragusa Moleti, sulla cui fi gura è in- pour tout le monde», la littérature de jeunesse au Li- centrato il terzo saggio (Giovanni Saverio SANTANGE- ban” di Léa SOUCCAR-LECOURVOISIER). LO, “Girolamo Ragusa Moleti: un letterato ribelle tra Il volume si chiude con la presentazione di giovani idealismo desanctisiano e realismo romantico”, pp. ricercatori e delle loro tesi nell’ambito della littérature 111-230), che si propone di rivalutare l’attività del cri- de jeunesse. tico palermitano, generalmente poco studiata. Ragusa [FATIMA PILONE] Moleti comincia a segnalarsi all’attenzione dei lettori come critico agguerrito e battagliero, che non ha paura di impegnarsi su argomenti di viva e scottante attualità, AA. VV., Pourquoi la littérature? Esiti italiani del di- quali potevano essere in quel momento le divampanti battito francese, a cura di Laura RESTUCCIA, Palermo, polemiche sulla moralità e sulla funzione dell’arte. Fu Palumbo Editore, 2003, pp. 296. certamente tra coloro che contribuirono a sprovincia- lizzare la cultura siciliana e a condurla verso un più am- Questa raccolta nasce, nell’ambito di una ricerca pio orizzonte europeo. nazionale sul dibattito francese concernente la fun- Oggetto di indagine del quarto saggio (F.P. Alexan- zione della letteratura tra Otto e Novecento, dal con- dre MADONIA, “La ricezione del Parnasse nell’opera tributo della Unità locale operante presso l’Università critica di Giovanni Alfredo Cesareo”, pp. 231-262) degli Studi di Palermo. Il volume à articolato in cinque sono le rifl essioni sulla poetica parnassiana di Giovan- saggi, accomunati dal fi ne di scandagliare gli esiti italia- ni Alfredo Cesareo, che ebbe un ruolo non secondario ni del grande dibattito sulla funzione della letteratura nel diffondere fra i lettori italiani la conoscenza dei sviluppatosi all’interno della cultura francese tra Otto poeti del “Parnasse”. Duramente attaccata dal critico e Novecento, con un’attenzione particolare rivolta ai messinese, la poesia parnassiana viene da lui considera- contributi, spesso trascurati o dimenticati dalla critica, ta “il tramonto estremo del Romanticismo”, una poesia che a questo dibattito diedero alcuni studiosi e intellet- che ha fallito nel tentativo di apportare dei sostanziali tuali siciliani. Dalle analisi del periodico palermitano elementi di innovazione perché ancora troppo legata “Il Momento” ai reiterati interventi del palermitano alle pastoie della tradizione poetica precedente. Ma Girolamo Ragusa Moleti e del messinese Giovanni Al- – al di là delle critiche e degli attacchi – l’impressione fredo Cesareo, tutto concorre a dimostrare come, spes- è che il Cesareo avesse fi nito poi per assimilare nel suo so in controtendenza con gli atteggiamenti dominanti tessuto culturale e poetico non pochi umori della tanto nel circuito nazionale italiano, la cultura siciliana abbia contestata musa parnassiana. saputo cogliere gli stimoli e le suggestioni provenienti Dal polemismo del Casareo contro i Parnassiani si da Oltralpe, come è attestato, d’altronde, anche dalle passa, nell’ultimo saggio (Luca BEVILACQUA, “Oltre i molte edizioni e traduzioni di testi francesi approntate confi ni del dibattito: Montale incontra i poeti francesi in quel periodo a Palermo o in altre città della Sicilia. del Novecento”, pp.263-284), al rapporto polemico e Ma i contributi che costituiscono questo volume lascia- spesso caustico che Montale ebbe con i poeti francesi no anche emergere, in modo forse più chiaro di quanto del Novecento. Scettico nei confronti delle avanguar- non fosse fi nora accaduto, un asse privilegiato fra Mila- die, specialmente il Surrealismo, Montale riteneva che no (la Milano della Scapigliatura) e Palermo (la Paler- le loro rivoluzioni fossero state in fondo rivoluzioni mo dei giovani ribelli che animavano “Il Momento”). da salotto. Il grande poeta italiano rimproverava alle Ed è proprio da Milano che parte il primo dei cin- avanguardie di essersi lasciate passivamente assorbire que saggi della raccolta (Giuliana COSTA RAGUSA, “Fe- da quel mondo borghese-capitalistico contro il quale lice Cameroni apostolo di Vallès e Zola in Italia”, pp. si erano da principio scagliate. Partendo da queste 17-29), dedicato alla fi gura di Felice Cameroni, critico premesse, si comprende come il dibattito letterario militante della Scapigliatura milanese, che fa rivivere francese, in tutte le sue manifestazioni (articoli, pam- nei suoi interventi il dibattito culturale del momento, phlet, prefazioni, tavole rotonde), si riveli a Montale con una particolare e sempre rinnovata attenzione al più come un teatro che come un autentico luogo di dibattito francese sulla funzione della letteratura. discussione e di confronto intellettuale. L’impressione Grande ammiratore di Zola, Cameroni ne apprezza era quella di un progressivo scollamento tra l’interesse l’opera soprattutto “per la fedele riproduzione del vero di chi legge da una parte, e quanto vanno scrivendo e e per la originalissima e felice associazione dell’arte alla sostenendo i letterati di mestiere dall’altra. Per questo, scienza”, proponendo lo scrittore francese come mo- più che dalle loro idee sulla letteratura, Montale era at- dello per i romanzieri contemporanei. tratto dall’opera in carne ed ossa dei poeti francesi del Al naturalismo di Zola ci riporta anche il secondo Novecento e da quello che i singoli artisti riuscivano a dei contributi raccolti nel volume (Laura RESTUCCIA, realizzare a dispetto di tutte le chiacchiere e le dichia- “Un Momento fi lo-naturalista nella Palermo di fi ne razioni di intenti. Ottocento”, pp. 31-110), che ripercorre le pagine [FRANCESCO BIANCO] critiche di un periodico che ebbe vita a Palermo tra il 1883 e il 1885, “Il Momento”, un foglio audace, at- tento e tagliente, che partecipò al dibattito di idee che AA. VV., Théorie et pratique du fragment, Actes du animò l’Europa di quel periodo. I giovani intellettuali Colloque international de la Società Universitaria per che collaborano a questo periodico si rivelano subito gli Studi di Lingua e Letteratura Francese (SUSLLF), come ferventi naturalisti in ambito letterario e, quindi, (Venise, 28-30 novembre 2002), études réunies par come difensori tenaci di Zola e del verismo italiano. Lucie OMACINI e Laura ESTE BELLINI, Genève, Slatkine Punto d’avvio per chi voglia indagare sulla fortuna Erudition, 2004, pp. 300. della cultura francese in Sicilia nel volgere di quegli anni, “Il Momento” è stato troppo a lungo ignorato Il volume riunisce gli Atti del Convegno annuale dagli studiosi, che ne hanno sottovalutato l’importanza della SUSLLF, la Società Universitaria per gli Studi storico-critica e il ruolo svolto nell’ambito del dibattito di Lingua e Letteratura francese, svoltosi a Venezia tardo-ottocentesco sulla letteratura. nel 2002.

sf150_interni 663 23-02-2007, 16:50:30 664 Rassegna bibliografi ca

Nell’introduzione, Lucia OMACINI, curatrice del vo- rie che sono alla base dello sviluppo teatrale, ma anche lume insieme a Laura ESTE BELLINI, illustra la genesi e le realtà puramente tecniche, economiche e politiche le aspettative del Convegno da lei organizzato, inter- che lo hanno plasmato. rogandosi sulla nozione di frammento. Esistono scritti Hervé Bismuth presenta le evoluzioni del genere fa- frammentari, come i testi antichi, giunti a noi in for- cendo ricorso al testo parlato, che lui defi nisce come ma lacunosa a causa della perdita di parti del corpus “il prodotto di una doppia Storia”: quella dello spet- originario, vi sono poi opere moderne frammentarie, tacolo inteso come evento sia artistico che politico e perché rimaste incompiute per la morte dell’autore. quella della letteratura che ne è alla base. Se il teatro Nel primo caso l’opera è frammentaria per la perdi- parlato ha la sua fonte in Occidente nella danza e nel ta della sua fi sionomia originale, nel secondo appare canto, è proprio a partire da questa forma che si sono invece come un progetto in creazione interrotto. Vi poi sviluppate durante i secoli l’opera comica, l’operet- sono poi testi letterari la cui apparenza è frammenta- ta, il mimo, e le altre numerose forme teatrali. ria, come la sentenza, l’aforisma, la forma breve ed il La prima delle cinque parti costituenti il volume frammento romantico, senza che appartengano ad un («Le théâtre antique, de la découverte du sens fi gural genere specifi co, ed, in ultimo, esistono opere in cui lo à son renoncement», pp. 17-61) introduce i tre generi scrittore utilizza la forma frammentaria e ne rivendica del teatro greco: commedia, tragedia e dramma satiri- la legittimità. co. L’A. parte dalle fonti religiose che sono alla base Il convegno si propone prima di tutto di analizzare della nascita di questo teatro, per poi spingersi alla la nozione di frammento e di defi nirne i confi ni, poi descrizione dei tratti salienti del teatro latino, appar- di studiarne l’estetica nella sua evoluzione fi losofi ca e tenente ad una cultura che non è certo quella greca, letteraria, nella sua doppia connotazione di perdita e ma che si orienterà in epoca successiva verso un’imita- di produttività. Uno spazio particolare è dedicato al- zione del teatro greco, prima di conoscere una propria la letteratura del XX secolo ed alla poetica del fram- evoluzione. L’attenzione è rivolta in modo particolare mentario. ai giochi, riti di origine religiosa, che consacrano la se- Forniamo un elenco dei partecipanti al convegno parazione tra le feste e la vita quotidiana, rivestendo e dei titoli delle loro comunicazioni: L. VAN DELFT, appunto le festività di musica, danza e spettacolo. Fragment et anatomie dans la culture classique; B. La seconda parte («Le théâtre médiéval français et PAPASOGLI, Le Pensées fra frammento e progetto; A. la réinvention du jeu théâtral», pp. 63-92) illustra la PIZZORUSSO, Prospettive sul frammento: l’esempio di storia del teatro medievale alle cui origini si colloca la Joubert; Ph. HAMON, D’une gêne théorique à l’égard du liturgia cristiana che lo accompagna. A differenza del fragment. Du fragment en général et au XIXe siècle en teatro antico, quello medievale è un teatro del testo, particulier; J.M. ROULIN, Quand Calliope s’éclate. Elé- che da esso nasce e si sviluppa. La nuova forma di ments pour une poétique du fragmentaire au tournant teatro che si afferma nel XII secolo prende corpo in des Lumières; A. PRINCIPATO, Un’oratoria dilaniata: i un contesto di spostamento dell’attività teatrale dalla motti di Mirabeau e l’estetica romantica del frammento; chiesa alla città. Questa attività consiste nel mistero, L. PIETROMARCHI, Tagliare il serpente. Figure del fram- rappresentazione a carattere religioso che abbandona mento da Hugo a Baudelaire; A. GUYAUX, Baudelaire defi nitivamente il luogo sacro per invadere la città. et le fragment; V. MAGRELLI, Frammenti, note, nodi: la Ma parallelamente al teatro religioso, si sviluppa an- forma breve nella scrittura di Paul Valéry; C. GENTILI, che un teatro profano che racchiude la propria forma Nietzsche e lo spirito dell’aforisma: la rinascita della sa- nella farsa. pienza antica come Kulturkritik; L. BEVILACQUA, Con- La terza parte («Le renouvellement des formes trosensi, trappole, ferite: una rifl essione su “Tranches théâtrales en Europe», pp. 93-152) è dedicata agli anni de savoir” di Henri Michaux; C. MAUBON, Frêle bruit: tra il 1430 ed il 1500; fase in cui il mondo occidentale du mythe de la totalité à la réalité du fragment; M.G. conosce la stampa e gli autori antichi vengono messi al MARGARITO, D’un certain usage du fragment littéraire: bando dalla Chiesa, cadendo così nell’oblio. In questo la citation dans les dictionnaires; R. ROBIN, Ecritures arco di tempo, nonostante le diverse evoluzioni stori- du fragment et hypertextes de fi ction; S. GENETTI, Disa- che delle nazioni europee, le nuove forme teatrali co- gio frammentario e obbedienza al frammento in Pascal municano tra loro in un’emulazione che lega l’Italia, Quignard: contestazione, contraddizione, scrittura; A. la Spagna, la Francia e più tardi l’Inghilterra e la Ger- BOSCHETTI, La dialectique du fragment et de la totali- mania. Il teatro di questo periodo si orienta verso un té dans l’oeuvre d’Olivier Cadiot. Un indice dei nomi percorso che consacra la sua rottura nei confronti delle conclude il volume. forme antiche: il teatro europeo diventa così un teatro [MONICA PAVESIO] laico e letterato. L’A. illustra, inoltre, l’età d’oro del teatro italiano che ruota attorno alla scena all’italiana e alla commedia dell’arte, il teatro inglese dal medioe- HERVÉ BISMUTH, Histoire du Théâtre Européen. De vo alla fi ne del periodo elisabettiano, il teatro spagnolo l’Antiquité au XIXème siècle, Paris, Honoré Champion dalla Riconquista sino alla fi ne del Secolo d’Oro ed il Éditeur, 2005, pp. 317. nuovo teatro francese della metà del Cinquecento, che nasce sul terreno della frequentazione degli antichi te- Il volume offre un panorama dei grandi periodi del sti latini e sul terreno di un retaggio tardivo dei generi teatro europeo, dall’Antichità sino alla fi ne dell’Otto- medievali. cento. Rivolto agli studenti di Lettere e a quelli del- Nella quarta parte («La France et l’Europe à l’heure l’Arte e dello Spettacolo, il volume si sofferma più ap- du classicisme XVIIème-XVIIIème siècle», pp. 153-231) profonditamente sul teatro francese dei secoli XVII e vengono delineate la fi ne dello splendore del Secolo XVIII, la cui infl uenza è stata dominante nel percorso d’Oro spagnolo, la lunga parentesi puritana in Inghil- teatrale degli altri paesi europei. L’A. mette in eviden- terra ed il rallentamento della commedia dell’arte ita- za, infatti, le infl uenze reciproche fra i vari paesi nelle liana; fenomeni che, insieme all’evoluzione del teatro varie epoche storiche. Il percorso illustrato interessa francese, incoraggeranno i paesi europei a prendere sia il punto di vista letterario che quello sociale, e pren- come modello l’estetica classica che ha contrassegna- de in esame non solo le prospettive estetiche e lettera- to la riuscita soprattutto della drammaturgia francese

sf150_interni 664 23-02-2007, 16:50:30 Opere generali e comparatistica 665

nella seconda metà del XVII secolo. Spariti i grandi non sia la lotta tra bene e male, bensì la coesistenza e assembramenti attorno ai misteri, il teatro francese si l’oscillazione tra i due all’interno della stessa anima. elabora nella ricerca di regole che codifi cheranno du- In Verità procrastinate (pp. 72-75), Marchisio si revolmente i suoi generi e sotto l’infl uenza del teatro muove nelle memorie proustiane della Recherche, italiano e spagnolo prima di imporsi come modello per sottolineando l’inesorabile opera dell’oblio. In Elogio gli altri teatri europei. È nell’imitazione degli Antichi dell’asprezza (pp. 101-105), vengono presi in esame i che Molière, Corneille, Racine e Voltaire diventeran- protagonisti di tre opere di Flaubert – Emma Bovary, no i massimi esponenti di questo teatro. In Inghilter- Frédéric Moreau e Félicité – tre personaggi accomu- ra Dryden seguirà l’esempio di Corneille e di Raci- nati dal tema del fallimento e dalla parabola umana ne, mentre Jonson quello di Molière. Il XVIII secolo illusione-gioia-delusione-amarezza. L’autore applica francese vede l’imporsi di nuove forme teatrali, come effi cacemente al realismo fl aubertiano l’espressione os- il teatro popolare della Fiera. Nello stesso secolo, il tea- simorica, mutuata da Zanzotto, di “ricchissimo nihil”, tro tedesco, con Goethe e Schiller, si sviluppa in nome defi nizione con la quale Marchisio si riferisce all’impie- dell’ammirazione per la nuova drammaturgia france- tosa distruzione della realtà dei personaggi fl aubertia- se. In Inghilterra spiccano John Gay, Henry Fielding, ni, nella cui drammatica vacuità è però contenuta una Goldsmith e Sheridan, mentre in Italia si confi gura la ricchezza inestinguibile di passioni e attese. L’unico fi ne della commedia dell’arte con i tre esponenti che rimedio contro il dolore a cui è votato l’essere umano marcheranno questo secolo: Luigi Riccoboni, Carlo consiste nell’ascesi dell’arte. Goldoni e Carlo Gozzi. [WILMA PROGLIO] La quinta ed ultima parte («Les révolutions théâtra- les en Europe au XIXème siècle», pp. 233-270) è dedica- ta all’Ottocento, secolo in cui nasce il nuovo fenomeno AA. VV., Innovation/Expérimentation en poésie, della messa in scena, che sconvolgerà le prospettive textes rassemblés par Jean-Pierre BOBILLOT, dans «Re- della creazione teatrale. Il teatro di fi ne secolo sarà cherches & Travaux» n. 66, Grenoble, UFR de Lettres prevalentemente un teatro del divertimento, non lette- Classiques et Modernes, 2005, Université Stendhal- rario. Il vaudeville ne sarà il genere dominante. Il tea- Grenoble 3, pp. 200. tro quindi diventa sinonimo di leggerezza e per lungo tempo questo nuovo teatro sarà il grande vincitore di Nella prefazione, il curatore Jean-Pierre BOBILLOT una rottura tra il teatro letterario e quello popolare. presenta il convegno, tenutosi dal 27 al 29 novembre L’A., che sta preparando il secondo volume dedica- 2002, su Innovation/Expérimentation ed anticipa quel- to al Novecento, dedica alcune pagine anche al teatro lo che si terrà nel 2007 su Poésie scientifi que, indivi- russo e scandinavo. duando nel volume qui presentato una fase intermedia Un utile elenco degli autori drammatici e un indice tra i due. dei drammaturghi chiudono il volume. Termini come expérience, expérimentation, expéri- mental, vengono dalla comune radice indoeuropea [LUIGI LUISON] per (aller de l’avant, pénétrer dans), che signifi ca pe- netrare. Per il loro signifi cato, sono parole ben adatte alle pratiche scientifi che, mentre risultano decisamen- MARIO MARCHISIO, La chiarezza possibile, Alessan- te “inappropriate” se applicate al dominio artistico, dria, Edizioni dell’Orso, 2005, pp. 190. ancor di più alla letteratura, per non parlare della poesia, expérimentale o di laboratoire, oggetto delle Questo libro si confi gura come una raccolta di saggi discussioni dei vari studiosi presenti al convegno. Da centrati su una funzione fondamentale della parola let- subito si presenta al lettore una netta opposizione tra teraria, quella cioè di “dare ordine al caos”, assumendo la freddezza oggettiva di un metodo, basato sull’osser- un punto di vista chiarifi catore sulla realtà e soprattut- vazione di fenomeni e sull’esercizio della ragione, ed to sulle remote istanze che agitano l’animo umano. il fervore soggettivo, a volte quasi mistico, tipico della Marchisio si sofferma su svariate opere (in prosa e creazione poetica. in poesia) dei principali autori delle letterature euro- Il testo è suddiviso in tre sezioni. La prima, Avant le e pee. Per quanto riguarda l’area francese, sono presenti XX siècle, presenta un saggio di Nathalie RIZZONI, Un quattro saggi. Nel primo, dal titolo “Da Dio al lettore” cabinet de curiosités poétiques au XVIIIe siècle, sull’ab- (pp. 39-41), Marchisio rifl ette sulla scelta da parte di bondante produzione che sfugge all’attenzione dei cri- Rousseau di intitolare la sua opera autobigrafi ca Con- tici, per il suo fi orire al di fuori dei modelli accademici; fessions, rievocando inevitabilmente le Confessioni di un’analisi di Holly HAAHR, Des réécritures rimbaldien- Sant’Agostino. Entrambi, sottolinea l’autore, esordi- nes «Ce que dit le Poète à propos de fl eurs», sul procedi- scono appellandosi a Dio quale garante della veridi- mento di innovazione poetica attraverso la parodia; il cità di quanto narrato, ma il philosophe prosegue poi contributo di Françoise LERICHE che, in Allakrimallav, accantonando il riferimento divino e facendo delle sue anwar, et autres hallalis, vede il desiderio di sperimen- confessioni non un atto di umiltà bensì di “autogiustifi - tazione come il motore della scrittura di Rimbaud; e cazione e […] commiserazione di sé” (p. 41). quello di Françoise ROUFFIAT che ci illustra le ambigui- Nel saggio I corpi inquieti (pp. 51-64), Marchisio si tà di un genere con “Le genre des Fables”. sofferma sulla spasmodica ricerca del bello da parte di La seconda sezione, «Fondation, ruptures», racco- Théophile Gautier. Nella concezione di quest’ultimo, glie il saggio di Isabelle KRZYKOWSKI “Manifestes et l’arte è il solo strumento in grado di conferire eternità expérimentation”, che vede nei primi decenni del XX alla bellezza ed il mondo del sogno è lo strumento con- secolo il fi orire di molti manifesti, testi programmatici cesso all’uomo per sperimentare la dimensione atem- tipici delle avanguardie, protocolli sperimentali dove porale della vita oltre la morte. Emblematico da questo viene accordato un nuovo statuto alla teoria; il contri- punto di vista è il racconto La morte amoureuse, nel buto di Joaquim LEMASSON su Beckett et l’abstraction; quale il sacerdote Romuald è conteso tra vita ecclesia- quello di Philippe BUSHINGER intitolato CON/texte, stica il giorno e visite peccaminose la notte. Marchisio current, naisseur; e l’intervento del curatore Jean-Pier- sottolinea come la grande novità di questo racconto re BOBILLOT, De Dada à l’Infi ni, che offre qualche pro-

sf150_interni 665 23-02-2007, 16:50:31 666 Rassegna bibliografi ca

posta per meglio comprendere l’opera di autori con- molto dettagliate ed importanti in così pochi versi, temporanei in materia di sperimentazione poetica. ottenendo una situazione tale in cui la verosimiglianza La terza sezione, «Interprétations, lectures», ci psicologica si accorda perfettamente con le necessità propone lo studio di Daniel LECLERC Analyse de deux drammaturgiche. poèmes contemporains; quello di Isabelle MAUNET su Oltre alle pièces teatrali, Pommier prende in esa- Les poèmes métaphysiques de Julien Blaine, in cui vie- me anche il genere poetico, mediante uno studio ne analizzata la nuova forma della poesia metafi sica; che coinvolge il sonetto Les Aveugles di Baudelai- il contributo di Guilhelm FABRE, Poésie sonore, che re, apparso per la prima volta nel 1860 nella rivista studia la sperimentazione della voce e l’esperienza del L’Artiste. In queste pagine, Pommier intende capire corpo; e l’intervento di Mathilde MARTIN, Une Lectu- se il dipinto La Parabole des Aveugles del fi ammingo re des Respirations et Brèves Rencontres, in cui viene Brueghel sia da considerare come fonte di ispirazione presentata la poesia/azione di Bernard Heidsieck. per la composizione del sonetto di Baudelaire. Pom- Chiude il volume la Table des matières che, consi- mier formula l’ipotesi che il poeta francese potreb- derando l’oggetto di studio di questa raccolta di saggi, be, invece, aver preso ispirazione da un passaggio de ovvero la sperimentazione, si è trasformata nella Fable La Fenêtre du coin, uno dei racconti postumi dello des manières. scrittore tedesco Hoffmann, pubblicato in francese [FATIMA PILONE] nel 1856,. Un’altra grande opera teatrale su cui si incentra lo studio di Pommier è Le Malade Imaginaire di Molière, RENÉ POMMIER, Explications littéraires, vol. III, Pa- in particolare la scena XI dell’atto III, in cui il perso- ris, Eurédit, 2005, pp. 205. naggio di Toinette, con il pretesto di provare a Béralde che Béline è profondamente attaccata a Argan, sugge- Con questa terza raccolta René POMMIER si propo- risce a quest’ultimo di “fare il morto”. L’A. prende in ne di esporre le caratteristiche di alcune grandi opere considerazione alcuni elementi molto precisi di questo letterarie francesi e di alcune incongruenze riscontra- passaggio, che permettono di attestare che Molière, te durante una dettagliata analisi di passi molto noti. per l’epilogo della pièce, non ha avuto bisogno di sacri- Il volume si apre con uno studio incentrato sul primo fi care la verosimiglianza psicologica del suo personag- passaggio del Sermon sur la mort di Bossuet, in cui gio principale, sebbene le esigenze drammaturgiche e lo scrittore, per far emergere meglio il carattere effi - la commedia in quanto genere possano portare l’autore mero dell’uomo, ricorda e sottolinea l’eternità di Dio ad attentare alla coerenza psicologica di un personag- attraverso una celebrazione dal carattere ridondante. gio. Con questa analisi, Pommier intende soprattutto L’A. si sofferma, in particolare, su questo effetto di mettere in discussione le osservazioni sollevate dallo insistenza che Bossuet ottiene non solo attraverso un studioso Robert Garapon che nel suo libro Le dernier gioco di assonanze e di allitterazioni, ma anche attra- Molière, a proposito del personaggio di Argan che ac- verso un uso particolare del ritmo, che conferisce al cetta troppo facilmente di “simulare il morto”, afferma passaggio preso in esame una straordinaria stabilità. che la necessità di sciogliere l’intrigo ha indotto Mo- Pommier estende la sua analisi anche all’Oraison lière a fare uno strappo alla regola della verosimiglian- funèbre d’Henriette d’Angleterre, la cui suddivisione za psicologica. generale riprende quella del Sermon sur la mort. In Lo studio su Candide di Voltaire, che chiude il vo- particolare, Pommier tende ad evidenziare, anche in lume, si sofferma su alcune piccole incongruenze rile- questo caso, l’elemento stilistico che emerge nella pri- vate da Pommier, il quale dimostra come la redazione ma parte, in cui Bossuet annuncia chiaramente la sua volteriana sia stata molto veloce ed il lavoro di corre- intenzione di servirsi della morte prematura di Hen- zione un po’ affrettato. Nel caso specifi co, Pommier si riette d’Inghilterra per far prendere coscienza a tutti gli riferisce alla piccola anomalia contenuta all’inizio del uomini del vuoto delle grandezze umane e della vanità capitolo terzo, nella celebre evocazione della guerra dei piaceri terreni. tra i Bulgari e gli Arabi. L’anomalia riguarda il cen- Le qualità indispensabili che deve possedere una simento dei soldati uccisi nella battaglia. Durante lo scena espositiva ed i problemi che pone, è l’argomen- scontro (suddiviso in tre fasi: duello d’artiglieria, fuoco to successivo proposto da Pommier. In tale contesto, di fanteria e carica con la baionetta), che riproduce lo l’attenzione dell’A. è circoscritta a un passo della schema tipo di una battaglia del XVIII secolo, l’am- Phèdre di Racine (atto I, scena I, versi 1-56). Parten- montare delle perdite indicate da Voltaire è di trenta- do dal presupposto che tutte le scene espositive sono mila uomini. Pommier, calcolando le perdite indicate destinate a fornire allo spettatore le informazioni di cui da Voltaire nelle singole fasi della battaglia, rileva che ha bisogno per comprendere la pièce, l’A. evidenzia il totale ammonterebbe tra le ventiquattromila e le l’importanza della prima scena della tragedia racinia- ventottomila vittime. Ne consegue, quindi, una diffe- na, che si presenta sotto forma di dialogo tra uno dei renza di qualche migliaio di vittime. La disattenzione protagonisti della pièce, Hippolyte, e il personaggio di Voltaire, secondo Pommier, risiederebbe dunque in che recita il ruolo di confi dente, Théramène. Analiz- un calcolo affrettato delle perdite umane delle singole zando dettagliatamente i cinquantasei versi, Pommier fasi della battaglia. dimostra l’abilità di Racine nel fornire informazioni [LUIGI LUISON]

sf150_interni 666 23-02-2007, 16:50:31