Nicola di Bianchi

Ricerche storiche e documentazioni sulla beata Paola Elisabetta Cerioli

1978 - 1980

Congregazione della Sacra Famiglia a cura del Seminario Sacra Famiglia

Bergamo 2001

Paola Elisabetta Cerioli O PERA O MNIA Regole. Lettere. Biografie

14 | Nicola di Bianchi Ricerche storiche e documentazione sulla beata Cerioli pagine 212

© 2002 | Congregazione Sacra Famiglia via dell’Incoronata 1, Martinengo Bergamo

[Nota del Redattore] Questa biografia della fondatrice è stata pubblicata per la prima volta nei Quaderni per il rinnovamento, 1994. E’ apparsa in «FAMIGLIANOSTRA» dall’anno 1978 all’anno 1980.

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PRESENTAZIONE

Fratelli carissimi, sono felice di presentare e sostenere l’iniziativa dei Quaderni per il rinnovamento da diffondere tra le nostre comunità. Voglio considerarla come un servizio per mantenere vivo ed aperto il dialogo con tutti perché sia promossa decisamente quell’animazione culturale - spirituale tanto invocata anche dal nostro ultimo Capitolo generale (1989).

I Quaderni sono diretti ai confratelli per stimolarli ad un rinnovamento interiore ed apostolico, ma lo stimolo offerto esige la nostra risposta individuale affinché la loro ricchezza e novità incontri la nostra. Il senso e i frutti del dibattito che si originerà da questa iniziativa dipenderanno, tuttavia, dalla larghezza, dall‘assiduità, dall’intelligenza e vivacità del coinvolgimento di tutti in un confronto rigoroso, ma sereno. Nello sforzo di rinnovamento e di interpretazione fedele dello spirito della Fondatrice questi Quaderni ci vengono, infatti, sensibilizzando sui problemi della Congregazione, così da aiutarci a fare chiarezza nella nostra novità “Sacra Famiglia”. Attraverso essi ci è offerta un‘opportunità in più per crescere nel senso di appartenenza alla nostra famiglia religiosa che tutti amiamo, che vogliamo conoscere sempre meglio nel suo dono di origine, nella sua storia e nella sua vita attuale.

Ho fiducia che l’iniziativa incontri il consenso fraterno anche se critico dei religiosi dell‘Istituto e che essa venga accolta e sostenuta con senso di solidarietà e di corresponsabilità da parte di tutti.

Con stima e affetto aff.mo Paris padre Angelo, superiore generale

Martinengo, 16 Febbraio 1994 Le Sacre Ceneri

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PREFAZIONE

La scelta di avviare la collana dei Quaderni per il rinnovamento è nata nel Seminario della Congregazione in conseguenza dell’intensa preparazione e del vivace dibattito accesisi in occasione della celebrazione del Capitolo generale dell’anno 1989. La pressione del Concilio Vaticano II aveva innescato da tempo tra i confratelli più anziani l’esigenza profonda di cambiamento, ma nell’ultima esperienza capitolare con una fruttuosa riscoperta conciliare s’è concretizzata in forma nuovamente stimolante per l’avvio di un ardito ed ambizioso processo di rinnovamento dell’intera istituzione (Documento finale, 14 luglio 16). Nel nostro Seminario il lavoro comune che contribuiva allo scambio di idee e stimolava la ricerca sul carisma della Congregazione ha portato ad individuare uno strumento che servisse ad attivare il metodo dell’approfondimento e del dialogo critico e successivamente a far circolare e conoscere ad un pubblico di confratelli più vasto il frutto della riflessione.

Così, se il Concilio Vaticano Il era stato lapidario nell’invitare: “gli istituti a perseverare nello sforzo di conoscere esattamente il loro spirito di origine” (ES II,16c), la nostra Congregazione proprio all’ultimo Capitolo Generale invitava esplicitamente: “tutti i religiosi della Sacra Famiglia ad approfondire e diffondere attraverso una libera riflessione nuove acquisizioni e prospettive” carismatiche (DF 17c). Il Superiore Generale stesso, p. Angelo Paris, facendosi nondimeno interprete convinto ditale auspicio, ha sempre assecondato tale monito e presentando il Documento finale del Capitolo scriveva: “Prenda pure vita un dialogo fraterno e vivo, una conversazione verace e dinamica capace di far crescere un amore genuino alla Congregazione che ci fa vivere il nostro essere chiesa,

Biografie 5 opera omnia ma sia la familiarità amorevole a colorare il confronto, ad abbattere gli arroccamenti e le difese ad oltranza dei propri punti di vista, a favorire uno scambio che non giudica, ma illumina, non aggredisce, ma propone costruttivamente” (DF, Introduzione, pag. 6).

Nata l’idea s’è deciso di chiamare queste pubblicazioni con il titolo di Quaderni per il rinnovamento per situare con chiarezza tali lavori nell’area modesta, anche se specifica e dignitosa, del ‘fatto in casa per noi’ a indicare la volontà di cercare e scrivere senza la pretesa di qualifiche (che non abbiamo) e di prodotti (che non sapremmo fare) prestigiosi che molti altri sarebbero stati in grado di garantire meglio di noi. Ma abbiamo scelto questa formula anche con il convincimento che nessuno meglio di noi doveva e poteva affrontare con profitto i “nostri normali problemi. Peraltro l’iniziativa s’è materializzata in modo abbastanza empirico ed artigianale, nel senso che dopo aver stabilito un progetto di massima s’è cominciato ad editare il materiale disponibile che risultò essere il quaderno n. 2, felicemente distribuito (1992) tra i confratelli. Ma da subito avevamo deciso che il posto d’onore di questa collana spettava al lavoro singolarissimo, ancorché umile e poco conosciuto, di p. Nicola Di Bianchi costituito dalle sue ricerche storiche e documentazioni intorno alla fondatrice dell’Istituto. E ciò perché fosse chiara l’intenzione di non cedere a nessuna tentazione di arrogante distacco dal passato; anzi, nella determinazione di evidenziare concretamente che il rinnovamento richiestoci, mettendo in conto la nostra identità carismatica, dopo il faticoso e proficuo cammino già percorso dalla Congregazione, ora chiamava in causa anzitutto un rigoroso e nuovo riferimento a Paola Elisabetta Cerioli.

Ai nostri occhi questa ricerca già dal tempo della sua pubblicazione a brani su Famiglia nostra (dal gennaio 1978 all’ottobre 1980) rappresentava l’anello ideale qualificato di congiunzione dell’anelito riformistico delle giovani generazioni nei confronti di una tradizione di Congregazione ricca di impegno e di generosa umanità. Non si può dimenticare, infatti, che p. Nicola insieme con un nutrito stuolo di persone come p. Previtali, p. Ubiali, p. Mecca, p. Boni, p. Isidori, fra Teofilo, fra Tarcisio, ecc. (per citare solo qualche confratello defunto) si innesta direttamente nell’alveo più nobile, positivo e fecondo della storia ecclesiale cerioliana, che dovendo moltissimo al grande Orisio, al serafico Mosconi, arriva all’originario Capponi e, attraverso questo concreto interesse di ricerca, fino all’esperienza della Madre Cerioli stessa.

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Questo lavoro del Di Bianchi che ora con commozione consegniamo ai nostri confratelli può e deve essere, dunque, considerato uno dei “tesori” di casa più significativi ed utili a sostenere e sviluppare il dibattito e l’impegno per il rinnovamento carismatico della Congregazione. Senza essere l’opera di uno storico, la ricerca suddetta ci permette di cementare la coscienza di una storia comune, di non dimenticare che una memoria senza giudizio ed interpretazione non serve a nulla e, pertanto, di impostare più correttamente i termini dei nostri problemi di famiglia impedendoci di pregiudicare in partenza la corretta soluzione. Scaturita da una personale disposizione alla conoscenza o forse dallo stimolo dei dibattiti di Congregazione o dal sostegno manifesto, gratificante e lungimirante di p. Ubiali, allora superiore generale, risulta un prodotto germinalmente fertile, incredibilmente puntuale e preciso, per molti versi sorprendente. Per chiunque vorrà discorrere della fondatrice o approfondire la sua vita e la sua opera non potrà non rivelarsi efficace ed indispensabile strumento.

Chissà, forse questi ricchi e precisi appunti, servivano per un’intenzione più grande covata nel cuore dall’Autore medesimo o forse era materiale scelto per un lavoro destinato ad altri (p. Ubiali?) ritenuti più in grado di un simile cimento. A noi, di fatto, rimane “questa” eredità della quale siamo profondamente grati a p. Nicola, perché indipendentemente dal loro stadio di sviluppo e dalla loro funzione d’origine ci colpiscono per la capacità di metterci di fronte alla materialità oggettiva di tutto ciò che può servire a farci comprendere più efficacemente un passato - il nostro - che esemplifica un radicamento luminoso e promettente per il presente. Già così, nella loro elementare semplicità e rudimentale disposizione favoriscono comunque la nitida assunzione degli elementi adeguati a far svanire o almeno neutralizzare la valutazione di un passato come un dato esterno ostile e immutabile contro la nostra vita di oggi. Ciò che non è poco! Del resto anche la conoscenza e la consapevolezza delle proprie origini, valorizzando e fecondando l’identità carismatica dell’Istituto, spinge ad un coraggio più profetico nella testimonianza e nell’apostolato. Come dire: il nostro rinnovamento è per adesso, ma viene da lontano, passa attraverso tutti i confratelli e si serve di molti strumenti non esclusi, forse, questi Quaderni.

p. Edoardo Rota Bergamo, 23 gennaio 1994 Festa di Paola Elisabetta Cerioli

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CRITERI DI ELABORAZIONE DEL TESTO

1. Il presente testo si riferisce alla biografia di Paola Elisabetta Cerioli con titolo Ricerche storiche e documentazioni sulla beata Cerioli e sulle sue fondazioni, scritta da Nicola Di Bianchi su Famiglia Nostra, dal gennaio del 1978 all’ottobre del 1980, in 27 parti. 2. Il testo originale è stato integrato con gli approfondimenti e le correzioni che lo stesso Autore ha apportato nel corso degli anni successivi. 3. I redattori hanno elaborato una prima edizione verificando il materiale sui testi originali citati (scritti e lettere della beata). L’edizione di questa prima elaborazione si trova nella biblioteca del Seminario della Sacra Famiglia. 5. La necessità di rendere accessibile e leggibile questo testo, ha comportato una seconda elaborazione. Il testo rimane identico nel suo impianto generale e nella sua struttura letteraria. Gli adattamenti e le correzioni sono solo di carattere grammaticale. 6. Nel presente testo erano stati integrati dallo stesso Autore alcuni precedenti suoi articoli, apparsi in Famiglia Nostra [=FN].

Per completezza li indichiamo: La collegiale Cerioli ad Alzano [FN luglio-agosto 1970]. Tre tappe della sua vita: fidanzata, sposa, madre [FN luglio-agosto 1970]. Notizie sulla costituzione fisica della fidanzata Costanza Cerioli [FN settembre 1970. Gaetano Busecchi: il marito della beata Cerioli. Fra un uomo buono, onesto e un valente compositore di musica [FN ottobre 1970]. 7. I redattori hanno completato nel testo o in appendice articoli precedenti o successivi dello stesso Autore. Per completezza li indichiamo: La beata Cerioli volle l’Istituto di Martinengo? [FN aprile 1968]. La beata Cerioli nel 1857 fu proposta per la medaglia al Valore Civile per le sue opere filantropiche [FN novembre 1970].

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In onore della Beata Cerioli, Fondatrice [FN luglio-agosto 1977]. La nuova data liturgica (23 gennaio) per la beata Paola Elisabetta Cerioli [FN febbraio-marzo 1982]. Scritti della beata. Oltre l’ampio epistolario, pedagogia – agricoltura - ascetica. Stile e giudizi. [FN luglio-agosto 1986]. Il Palazzolo e la Cerioli: beati ognuno per la sua strada. [FN novembre 1986]. Un solo suo frate alla morte della fondatrice [FN marzo-aprile 1987].

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ABBREVIAZIONI

Riportiamo i testi delle Opere e delle Raccolte degli Atti dei Processi Canonici più spesso citati nel testo. Abbiamo abbreviato le Opere con il nome dell’Autore. Invece per le Raccolte degli Atti dei Processi Canonici abbiamo utilizzato o l’inizio o parte di esse. Tutte le abbreviazioni sono scritte all’inizio in grassetto.

Le Opere

G. Boni. BONI GIOVANNI, Suor Paola Elisabetta Cerioli ved. Busecchi Tassis fondatrice degli Istituti della Sacra Famiglia, Sesa, Bergamo 1934.

E. Federici. FEDERICI EMIDIO, Beata Paola Elisabetta Cerioli fondatrice degli Jstituti della Sacra Famiglia di Bergamo, Editrice Pisani, Isola del Liri 1950.

A. Longoni. LONGONI ANGELICA, Memorie della Vita della beata Paola Elisabetta Cerioli, fondatrice degli Istituti della Sacra Famiglia di Bergamo, Martinengo 1980.

E. Massara. MASSARA ENRICO, Mons. Luigi Speranza, Queriniana, Brescia 1915.

P. Merati. MERATI PAOLO, Memorie della Vita di Suor Paola Elisabetta al sec. Costanza Cerioli ved. Busecchi-Tassis, Fondatrice dei Pii istituti delle Suore e dei Fratelli della Sacra Famiglia per l’educazione dei poveri figli della campagna, Cattaneo, Bergamo 1898.

D. Mosconi. MOSCONI DAVIDE, Notizie intorno alla Serva di Dio Suor Paola Elisabetta Cerioli (Biografia a puntate su “L’Orfanello”, mensile della Congregazione della Sacra Famiglia, dal 1920 al 1931).

P. Piccinelli PICCINELLI PIETRO, Nei funerali della nobile distinta Sig.ra Donna Costanza Busecchi-Tassis nata Cerioli, Cattaneo, Bergamo 1866.

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A. Sodano. SODANO ANTONIO, Vita della Serva di Dio Suora Paola Flisabetta nel secolo Contessa Cerioli ved. Busecchi Tassis, Tip. Cooperativa, Pistoia 1917

A. Tassis. TASSIS ANTONIO, Per le fauste nozze di Gaetano Busecchi-Tassis con Costanza Cerioli, Mazzoleni, Bergamo 1835.

C Traini. TRAINI CARLO, Vicende storiche del Collegio Vescovile S. Alessandro in Bergamo, Sesa, Bergamo 1946.

F. Galantino. GALANTINO FRANCESCO, Storia di Soncino, Bernardoni, Milano 1869, 3 volumi.

Istituto. Pio Istituto delle Suore e dei Fratelli della Sacra Famiglia per l’educazione dei poveri figli della campagna eretto in Bergamo dalla nobile Donna Costanza Cerioli vedova Busecchi-Tassis sotto l’invocazione di S. Giuseppe, Sonzogni, Bergamo 1869 (presentato al Papa Leone XIII, il 5 aprile 1878).

Raccolte degli Atti dei Processi Canonici

Sacra Rituum Congregatio, Guerra e Belli, Roma 1935: Positio. Positio super virtutibus (1-142) S. Summarium (1-946) Silloges. Silloges (1-124) Animadversiones. Animadversiones (1-42) Responsiones. Responsiones (1-80)

Sacra Rituum Congregatio, Guerra e Belli, Roma 1920 N. C. Positio super non cultu Scriptis. Summarium ex officio super scrtptis Trans. Ord Transumptus Processus Ordinaria Auctoritate Trans. Ap. Transumptus Processus Apostolica Auctoritate (Ms. Archivio Congregazione, Martinengo)

Archivio Congregazione. Archivio della Congregazione dei religiosi della Sacra Famiglia in Martinengo

Archivio Comonte. Archivio dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia in Comonte

Cq. Quaderni di Madre Luigia Corti sulla vita della Beata.

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CAPITOLO I

I Cerioli: la nobile stirpe di Soncino

1. Le origini

Una nobile famiglia Cerioli esisteva verso il 1100 in Piemonte, dove dette il nome al paese di Castelceriolo, presso Alessandria. Non si hanno precise notizie di tale famiglia, né si può perciò affermare che da essa deriva la famiglia Cerioli, che verso il 1300 si trova stabilita a Crema, dove figura fra le nobili famiglie di parte Ghibellina1. Infatti nel 1351 Carnevalo Cerioli fu uno dei fondatori dell’Ospedale; con pochi altri acquistò case che adibì a ricovero degli infermi2. Del medesimo Ospedale furono deputati Antoniolo Ceriolo nel 1386 e Luca Ceriolo nel 14563. Nell’anno 1422 Giorgio Benzone, fattosi signore di Crema, con altri Ghibellini espelleva i Cerioli confiscandone i beni; ma questi poco dopo, per intervento del Visconti, Duca di Milano, poterono

1 Il legame dei Cerioli di Crema con i Cerioli di Castelceriolo deriva dal fatto che nel XII secolo un marchese di Monferrato - Castelceriolo faceva parte dei rispettivi feudi- venne come Podestà a Crema, portando con sé armati et ministri, tra i quali pare ci fosse un certo Bernardone de’ Cerioli (cf. Benvenuti F. Sforza, Storia di Crema, Bernardoni, Milano 1859). 2 Carnevalo Ceriolo fu nel 1351 uno dei 14 fondatori dell’Ospedale Maggiore (o casa di Dio), posto in Borgo S. Pietro, e poi trapiantato sotto il dominio della Repubblica veneta a Porta Ripalta. Essi posero in comune il denaro occorrente ed acquistarono alcune case destinandole a ricovero degli infermi (cf. Benvenuti F. Sforza, op. cit., II, 313). Nel 1351 venne fondato da privati cittadini un Ospedale degli Infermi, intitolato ‘Casa di Dio’ (titolo comune per tali istituzioni), ma con clausole e dichiarazioni tali che lo tenevano esente dall’autorità ecclesiastica. È un esempio forse unico di laicismo a quel tempo, perciò la ‘Casa di Dio’ esula dalla nostra rassegna (cf. G. Lucchi, La diocesi di Crema. Lineamenti di storia religiosa, Arti Grafiche Cremasche, Crema 1980). 3 cf. E. Cerioli, Di un antico benefattore dell’ospedale piacentino, 6; e “L’Orfanello” Luglio - Agosto 1943. Nell’atrio del nuovo Ospedale di Crema sulla lapide coi nomi dei primi fondatori compare anche Carnevalo Cerioli.

Biografie 13 opera omnia tornare in patria e riavere i loro beni. Così che Cristoforo Cerioli nel 1449 fu uno degli ambasciatori che trattarono la resa di Crema con Andrea Dandolo, provveditore dell’esercito veneto.

In questo intervallo di espatrio i Cerioli si recarono a Soncino, terra libera del Ducato di Milano, e dal Diario Biografico dello storico Lancetti, risulta che Guido Cerioli nel 1434 donava al Convento di San Giacomo di Soncino un fondo, posto nella terra medesima. Ma, perdurando le lotte tra Guelfi e Ghibellini, Orsato Giustiniani, governatore veneto, a istanza dei Guelfi, espelleva ancora da Crema i Ghibellini e fra questi i Cerioli. I Cerioli, che pare fossero una casata molto numerosa, si trasferirono in parecchie località: alcuni a Cremona e a Soncino, come risulta dalle lettere patenti in data 30 Marzo 1460 della Duchessa Bianca Maria Visconti e in data 31 Maggio 1475 del Duca Galeazzo Sforza, le quali conferiscono ai Cerioli speciali privilegi nelle nuove residenze, facenti parte del Ducato di Milano4 Altri si trasferirono a Piacenza e a Bologna, rami ora estinti, ma che lasciarono indubbie tracce delle loro esistenze. Nel Diario Biografico Piacentino si menziona Joannes Cerioli, quondam Domini Bernardini, il quale con testamento ricevuto dal notaio Bagarotti l’8 Marzo 1583, istituiva erede di ogni suo avere l’Ospedale di Piacenza. A Bologna nella Basilica di San Petronio sulla sinistra della porta maggiore, nel lato interno, esiste un monumento sepolcrale con iscrizioni del 1526 e del 1658 riferentesi a Floriano Cerioli5.

4 A proposito dell’esodo dei Cerioli “[...] li disperse qua e là nell’alta Italia, a Gandino in Val Seriana (cf. E. Cerioli, Del dottor Gaspare Cerioli, Bertola, Piacenza 1904). “Nel 1469 dalla parte di mezzogiorno, cioè verso le contrade di Cerioli, fu aggiunta una navata laterale [...] (“La Val Gandino, agosto 1975, 9). “Il campanile fu eretto verso contrade dei Cerioli [...]. (“La VaI Gandino”, agosto 1982)”. 5 Riportiamo l’iscrizione del monumento sepolcrale dedicato a Floriano Cerioli nella Basilica di San Petronio a Bologna: Floriano Cereoli Nob. Bonon. Phllosophiae Theolog. ac aliarum bonarum artium in Academia Bonon. per VIII et XL an. fldiss. interpreti et religione pietate moribus insigni huiuscce aedis canonico Laurentius et ipse hic canonicus et Io. Bap. Cereoli nepotes officiosi instauravere an. M.D.XXVI KI Octo vixit an. LXXII obiit pridie KL sextiles M.CCCC.XCVII. [A Floriano Cerioli nobile bolognese / per quarantotto anni fedelissimo professore / di filosofia, di teologia ed altre / nobili discipline nell’Accademia bolognese / di questa chiesa canonico insigne / per pietà e virtù morali i nipoti Lorenzo / lui pure canonico qui / e Giovanni Battista Cerioli / deferenti eressero / il primo ottobre dell’anno 1526 / visse anni 72 / morì il 31luglio 1497].

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2. Il Paese

Soncino, tuttora cinta da bastioni delle difese sforzesche, è dominata dalla Rocca. L’antico castrum è di origine alto medioevale, fondato dai Goti nel IV sec. Durante il regno longobardo fece parte del Ducato di Bergamo. Ricostruito dopo la distruzione del 1133 da parte dell’Imperatore Lotario II, il castrum fu ripetutamente conteso da Cremonesi e Bresciani per il possesso del passo dell’Oglio e relativo pedaggio. Fu travagliato dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini, con ventennale dominio del ghibellino Buoso da Dovara (1247-1267). Nel 1259 un manipolo di Soncinesi prese parte alla battaglia di Cassano D’Adda contro Ezzelino da Romano. Il tiranno vinto fu portato a Soncino dove morì nel carcere sotterraneo dell’antico castello. Liberata dal dominio cremonese del 1303, gode di un periodo di autonomia comunale, per passare nel 1329 sotto la signoria dei Visconti che ne riformano gli antichi Statuti, e poi con gli Sforza. Occupata col Trattato di Blols nel 1499 dai veneziani e nel 1509 con la battaglia di Agnadello dai Francesi, passa nel 1536 agli Spagnoli che la erigono in marchesato, concesso in feudo da Carlo V alla famiglia milanese degli Stampa. Periodo questo assai triste in cui Soncino precipita nella decadenza. L’annessione al Regno d’Italia nel 1859, pone termine alla dominazione austriaca che era succeduta a quella spagnola nel 17076. Per determinare il valore commerciale di Soncino un giurato depone nel 160S. “Fuori delle città, Soncino è il primo luogo del Ducato ed è superiore a Vigevano e a Tortona. A Soncino si vive con sfarzo e pompa; escono con cappa e spada e tanto d’inverno che

Ant. Franc. pridem Ecclesiae Metrop. Canon. V.I.D. Colleg. Petrus Paulus frater Octavius Ant. Maria Horum Nep. Et Filu ex vetusta bonom. familia de Cereolis Floriano in hac olim viro clarissimo rati lllum perenni meridie pedrui in coelis eoq.tum ipsi suspicientes ad hanc meridionalem lineam monum. instraurarunt sibi et posteris supremi occasus punctum constituerunt anno MDCL VIII

[Antonio Francesco già canonico della chiesa metropolitana / dottore in ambe le leggi della collegiata / Pietro Paolo (suo) fratello / Ottavio Antonio Maria loro nipote e figlio / dell’antica famiglia bolognese dei Cerioli / a Floriano una volta famosissimo uomo di questa città / ritenendo che stia godendo del meriggio perenne nei cieli / e là anch’essi mirando / elevarono a lui (questo monumento) / nella direzione di questa linea meridiana e ai posteri / indicarono il punto del supremo tramonto / l’anno 1658]. 6 R. Econimo, Il caso della Scuola magistrale “Sacra Famiglia” di Soncino (Cremona). Analisi di una esperienza per la legittimità del soggetto educante chiesa, Tesi di Laurea all’Università di Parma - Facoltà di Magistero. Anno accademico 1975-1976,217.

Biografie 15 opera omnia d’estate vestiti di nero e di velluto, e le donne non escono se non vestite honoratamente come quando vanno a Messa”7.

3. La Famiglia Cerioli

I Cerioli in Soncino acquistarono dai conti Barbò nel 1436 la casa di fronte alla Parrocchia di San Giacomo e vi rimasero fino al 1815. Erano imparentati con la potente famiglia dei Pallavicino: Giovanni figlio di Manfredo, aveva sposato una Cerioli8. Cristoforo Cerioli fu dal Duca Galeazzo Sforza nominato protofisico aulico e addetto alla sua persona9. Nell’Archivio Comunale di Soncino è conservato un Registro manoscritto del 1583 contenente le disposizioni dei Magnifici quattordici Signori Conservatori dei diritti della Magnifica Comunità di Soncino, e fra questi figura anche Vincenzo Cerioli. Le famiglie nobili, tra cui i Cerioli, nel 1598 avevano almeno dieci carrozze per uno10. Nel 1605 alla Campagna abita don Bernardino Cerioli, ma tiene anch’esso casa in Soncino per l’inverno11. Per gli alloggi ai 500 militari del presidio dell’esercito spagnolo nel 1610 “molti proprietari di case, cacciati a forza dai soldati, aveanle abbandonate cercando ingratissimo rifugio nei cascinali. È in quest’epoca che i Cerioli trasportarono la loro dimora a Villacampagna”12, e vi costruirono la chiesa che fu sussidiaria della Parrocchia di San Giacomo di Soncino, fino al 1878, quando Mons. Geremia Bonomelli l’eresse a parrocchia indipendente. Nella Visita Pastorale fatta dal vescovo di Cremona Card. Pietro Campori si legge: Sancti Bernardi Soncini - 1624 die martis ultima aprilis. Oratorium novum fabbricatum decem ab binc annis circiter expensis Bernardini Cerioli, qui multa hona hic possidebat, audiuvantibus alias multi loci. Nulla io tempore aderat obligatio, sed celebratur Missa festiva eapensis heredum dicti Bernardini Cerioli et aliorurn loci cx devotione13.

7 F. Galantino, III, 401. 8 F. Galantino, I, 190. 9 F. Galantino, I, 279. 10 F. Galantino, III, 403. 11 F. Galantino, III, 400. 12 F. Galantino, II, 130. 13 Archivio Comonte M / 1. La traduzione del testo latino originale è la seguente: Di San Bernardo in Soncino - anno 1624 martedì, ultimo giorno di aprile. Oratorio

Biografie 16 opera omnia

La pala dell’altare fu commissionata dalla Famiglia Cerioli ed eseguita nel 1616 dall’artista soncinese G.B. Barbieri14. In San Giacomo si trova un altare dedicato a Sant’ Antonio, di antico juspatronato dei Cerioli per il quale, ut constat ex libris conventus, dotem dedit dominus Vincentius Cerioli15. Nella peste del 1630 morì – il 3 ottobre - frate Raimondo, converso domenicano milanese, che aveva l’incarico “di fare lo sfondo alle cappelle della chiesa, avea ancora da pagare li muratori per le due cappelle di S. Antonino, detta delli Cerioli e di S. Domenico detta dei Covi”16. I Cerioli ebbero sepoltura gentilizia nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Soncino, ove esiste tuttora il sigillo con stemma a metà della navata, sulla destra, con questa scritta: Sepulcru Mag.ci dni joannis Fra.cis De’ Ceriolis et heredu suor qui obiit p. Januari 154617. Nel 1782 don Bartolomeo Cerioli ricorre contro la proibizione di seppellire ancora in chiesa, perché con sensibile suo dispiacere viene ad essere privo del di lui sepolcro esistente nella parrocchiale chiesa di S. Giacomo avanti l’altare, ch’è di sua privativa ragione intitolata S. Antonino e chiede di poter usufruire almeno di quello esistente in Santa Maria delle Grazie18. Contro l’abuso dei titoli nobiliari, venne istituito da Sua Maestà I. R. Maria Teresa l’I. R. Tribunale Araldico con Reale Rescritto del 7 Gennaio del 1778. Tra l’altro vi si stabiliva che conservassero il titolo nobiliare, con privilegio di usare il Don quei nobili la cui nobiltà fosse antica di almeno quattro secoli. Alla famiglia Cerioli fu riconosciuta e confermata l’antica nobiltà con Decreto in data 3 Ottobre 1780; decreto riconfermato poi da Napoleone e dai governi successivi19. Lo storico Francesco Galantino alla fine della sua Storia di Soncino accennando a tutti gli eventi che percorsero questa contrada e

nuovo fabbricati circa dieci anni fa a spese di Bernardino Cerioli, che qui possedeva molti beni, con la collaborazione di molte altre persone del luogo. A quel tempo non c’era nessun obbligo, ma si celebra la messa festiva a spese degli eredi del succitato Bernardino Cerioli e di altri del posto per devozione. 14 Nella Visita Pastorale del 5 Maggio 1853 Mons. Novasconi nota: “Sopra l’altare vi è un quadro di forma ovale rappresentante la Beata Vergine con in grembo Gesù. Che sia quello di G. B. Barbieri?” cf. F. Galantino, II, 134. 15 La traduzione è la seguente: Come consta dai libri del convento, fornì la dote il signor Vincenzo Cerioli. 16 F. Galantino, 11, 159; III, 410. 17 La traduzione è la seguente: Tomba del Magnifico signore Francesco Cerioli (e dei sui eredi) che morì p. [potrebbe essere pridie, ma allora manca una parola] gennaio 1546. 18 Archivio Comonte M / 1. 19 Francesco Cerioli, padre di Costanza, riuscì a provare l’antichità di almeno quattro secoli della nobiltà della sua famiglia: aveva poco più di tredici anni (cf. E. Federici, 2).

Biografie 17 opera omnia le sue genti, così conclude. “Di tutte le famiglie che nei tempi trascorsi ebbero qui posto ragguardevole per nobiltà di casato, per ricchezze di censo, per benemerenze di pubblici uffici, pochissime salvaronsi e queste furono i Covi, i Cerioli, gli Amigoni”. L’ultimo della famiglia Amigoni morì celibe il 17 Aprile 1815, e don Francesco Cerioli, figlio di Cecilia Amigoni, ne ereditò tutto il patrimonio, compresa la casa in piazza della Pieve a Soncino20, dove la famiglia si trasferì subito e qui nacque e fu battezzata Costanza. I suoi fratelli erano stati battezzati tutti nella parrocchia di San Giacomo. Sulla faccia del palazzo natale si scoprì una lapide con questa epigrafe: In questa casa / il XVI gennaio MDCCCXVI21 / ebbe i natali l la Serva di Dio Suor Paola Elisabetta Cerioli / al sec. nob. Costanza Ved. Busecchi Tassis / Fondatrice dell'Istituto Sacra Famiglia / Soncino 8 Settembre 1930 / Feste centenarie B. Stefana Quinzani / auspicandone pregandone l’esaltazione agli onori degli altari.

4. La famiglia Corniani

La famiglia Corniani, trasferitasi a Orzinuovi dalla Toscana alla fine del ‘20022, fu, dopo quella dei Martinengo la più illustre ed autorevole di Orzinuovi per nobiltà di tradizioni. Nel Medioevo, alla testa della fazione ghibellina, diede valorosi capitani ed esperti diplomatici, prendendo viva e autorevole parte alle codificazioni dileggi e statuti, e ad ambascerie presso potenze estere. In Orzinuovi aveva casa al Canton Bagnuola (attuale via Cavour) e al Canton Bargnasco (ora via Cavallotti). Ma nel 1500 eresse un palazzo sulla piazza verso il lato sud est (il palazzo che fu negli ultimi anni dei Musletti). Il ramo principale della famiglia prese dimora a Brescia, ma si fabbricò una comoda villeggiatura in aperta campagna al Salnitro di Orzinuovi, dove i discendenti rimasero fino al 192023.

20 F. Galantino, II, 445, n 2. 21 La data di nascita è errata, perché Costanza nacque non il 16 gennaio, ma il 28 gennaio 1816. 22 V. Tolasi, “I De Urceis”. Fra orgoglio e frustrazione, S. Eustachio, Brescia 1973, 11. 23 “... fu qui a ritrovarmi la cugina Marianna Corniani che venne a passare le feste al Salnitro da suo fratello...”. Lettera di GiovanBattista Cedoli a Costanza, Soncino 6 aprile 1850.

Biografie 18 opera omnia

Gli altri rami della famiglia, col solo titolo di nobili, rimasero sempre a Orzinuovi dove si spensero sulla fine del 180024.

5. Il nonno materno di Costanza: l’Accademico

GiovanBattista Corniani (1742-1813), “l'Accademico”, nonno materno di Costanza, fu uomo di alta autorità e di molta dottrina; fu giudice alla Corte d’Appello in Brescia. Ebbe l’incarico dello studio della riforma monetaria; fu arbitro in una vertenza fra la città di Brescia e la Repubblica Veneta; fu Presidente della Accademia di Scienze, Lettere, Agricoltura ed Arti del Dipartimento del Mella; fu pure fecondo lavoratore della penna, lasciando molti scritti letterari, filosofici e scientifici, alcuni anche ponderosi, come il suo capolavoro I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, in 12 volumi. Nel 177825 la Repubblica lo onorò del titolo di conte per sé e discendenti. Nello stesso anno il tribunale araldico di Milano lo iscrive nel ceto nobile della città. Così fa anche Crema. Sposò nel 1766 Caterina Brocchi da cui ebbe tre figli: Roberto, Angela e Francesca, madre di Costanza Cerioli. Un altro Corniani, Giovanni, si unirà in matrimonio il 21 Novembre 1778 con Anna Maria Cerioli, zia di Costanza. Il loro matrimonio si celebrò nella Cappella privata di Antonio Onorato Amiconi, con dispensa delle tre pubblicazioni. Furono testimoni Antonio Onorato Amigoni e il frate domenicano, sagrista di San Giacomo. Celebrò il rito il Priore di S. Giacomo26. Funzionano i domenicani di S. Giacomo, benché il palazzo Amigoni fosse sotto la Pieve. GiovanBattista “fu d’illibato costume e però essendo con altri eletto a tradurre il codice francese palesò con modeste ma sincere osservazioni che in quel codice aveansi cose le quali facevano contrasto colla sua coscienza e colla sua religione”27. È ricordato nel cimitero di Brescia e nella sede degli eruditi a Milano con epigrafi stilate dal Morcelli28. A Orzinuovi gli è dedicata

24 C. A. Mor, Le origini e le tradizioni storiche di Orzinuovi, Unione Arti Grafiche, Città di Castello 1926, 1, 191. 25 Pio VI nel 1787 lo nomina Cavaliere e Conte Palatino. 26 Registro dei Matrimoni di San Giacomo. 27 Nuova Enciclopedia Popolare Italiana, UTET, Torino 1857, 779. 28 Steph. Antonii Morcelli parergon iscriptionum novissimarum ab anno M. DCC. LXXXIV Andreae Andrell rhetoris cura editum, Patavii, Typis Seminarii 1818 pag. 112, Epigrafe n. 237 (Brixiae). [Di Stefano Antonio Morcelli: appendice di

Biografie 19 opera omnia la Scuola Media e una via. Nell’inno composto da don Antonio Tassis in occasione delle nozze Busecchi - Cerioli, si esulta perché la nipote Costanza rinvigoriva la palma del talento del nonno. “Stupiro ancor le Muse e per contento / Gioir che del materno avo in quell ‘alma / il genio pur riviva e il bel talento / Ond ‘ebbe eterna palma”29. Le nobili famiglie Cerioli di Soncino e Corniani di Orzinuovi si imparentarono ancora col matrimonio che si celebrò nel santuario della Madonnina dell’Oglio a mezza strada tra i due paesi, l’8 Giugno 1791, sposi il conte Francesco Domenico Cerioli e la contessa Francesca Comiani, genitori di Costanza.

novissime iscrizioni dell’anno 1784, edita a cura del retore Andrea Andrei, Padova, Tipografia del Seminario 1818 pag. 112, Epigrafe n. 237 (in Brescia)]. È incisa sulla tomba che si trova in facciata del cimitero di Brescia.

Heic corpus situm est Ioannis Baptistae Cornianiì. C. Cognitori iudiciorum adìecti in Coììegium eruditorum Itaìiae scriptoris elegantissimi de bonarum artium gloria predare meriti in quo ingenium fuit mitissimum Iitteraturae comes modestia singuìaris religio omnium aestimatione insignis vix: ann. LxxI MVI DVII utllis muìtis nulli gravis dec. VII idus novembr. an. MDCCCXIII Robertus Patri optimo desideratissimo fac. cur. Ave anima pientissima et vale in pace.

[Qui è deposta la salma / di Giovanni Battista Corniani I. C. / esperto di cause giudiziarie / cooptato al collegio degli eruditi d’Italia / scrittore elegantissimo / il quale ben meritò gloria nelle nobili discipline / nel quale ci fu un’indole mitissima / alla letteratura s’accompagnò / una modestia unica / una religiosità a giudizio di tutti eccellente / Visse 71 anni 6 mesi 7 giorni / utile a molti a nessuno molesto / è deceduto il 7 novembre 1813 / Roberto all’ottimo desideratissimo padre / fece costruire /addio anima pietosissima e va’ in pace]. 29 A. Tassis, 10.

Biografie 20 opera omnia

CAPITOLO II

Infanzia e adolescenza

1. Nascita: 28 gennaio 1816

Nel registro dei nati della parrocchia di Santa Maria Assunta in 30 Soncino si legge tradotto dal latino. “Anno del Signore 1816, giorno 2 Febbraio. Io Francesco Chiodelli Arciprete, vicario foraneo di questa plebana arcipresbiterale nell’insigne paese di Soncino, supplii le preci sacre e le cerimonie ecclesiastiche sopra l’infante nata il 28 Gennaio p.p. dai Nobili Signori Francesco Cerioli e Francesca Corniani, sposi di questa parrocchia, cui imposi il nome di Costanza Onorata, e che già battezzai in casa appena nata per il pericolo imminente di morte. Fu padrino il Sig. Conte Giorgio31 Corniani. Ostetrica fu Teresa Zoni”32. Nonostante il documento sia chiaro e facilmente controllabile, tutti i testimoni al Processo canonico affermano che Costanza è nata il 16 Gennaio33 così i biografi34 ed Enrico Massara35. Federici riportando l’estratto di nascita riferisce giusta la data di nascita, ma tra il 28 Gennaio e il 2 Febbraio fa trascorrere 8 giorni36.

30 Registro dei nati della parrocchia di Santa Maria Assunta in Soncino, 224 n 8. 31 Giorgio Corniani (1798 - 1874) era cugino di Costanza, figlio di Roberto, fratello della madre, era tenente del Reggimento degli Ulani, al servizio di Francesco I d’Austria. 32 “Nel XVII secolo al battesimo di fanciulli signorili assistevano, oltre al padrino, una madrina e l’ostetrica” (5. Del Bello, Sovere, Ferrari, Clusone 1983, 75). 33 S. 5; 97; 98; 103:107; 110; etc. 34 cf. G. Boni, 14; D. Mosconi, “L’Orfanello” 1920; A. Sodano, 4; P. Merati, 9; P. Piccinelli, 5; G. Rizzi, Leggendario dei santi, TOM, Bergamo 1965, 276. 35 E. Massara, 110. 36 E. Federici, 14.

Biografie 21 opera omnia

Nelle Animadversiones (a pagina 3) esplicitamente si rileva che la data del giorno 16 è errata e si corregge, sbagliando, in 18.

2. I fratelli

Costanza è la sedicesima figlia, l’ultima37. Ma già quattro fratelli e quattro sorelle sono morti. Cecilia muore nel 1795 a 10 mesi. Bartolomeo nel 1802 a 6 anni e 4 mesi. Anna Maria Serafina il 4 agosto del 1803, a tre anni. Marianna il 14 agosto del 1803, a tre mesi. GiovanBattista nel 1806, di un giorno. Anna Maria Cecilia nel 1807 a circa 10 anni. Francesco nel 1813, di 2 mesi. Carlo nel 1815 a 5 anni e 3 mesi. Clotilde morirà il 16 Febbraio 1816, a poco più di quattro anni, una ventina di giorni dalla nascita di Costanza. Le restano così i fratelli Massimiliano, Bartolomeo, Gian Battista, Luigi e le sorelle Caterina e Cecilia.

Massimiliano resterà celibe e morirà a Milano nel 1849 a 51 anni. Fu educato nel collegio dei Somaschi a Merate, e a Lodi nel collegio S. Francesco. Ebbe vita irregolare; fu cacciato di casa il 12 Settembre 1819; vagò per il mondo. Alla sua morte il fratello GiovanBattista ne dà notizia a Costanza: Sono dispiacente di annunciarvi la dolorosa perdita del fratello Massimiliano [...]: “feci il possibile e con successo, affinché facesse tutti i doveri del Cristiano, avendo già per le cose di questo mondo disposto da tempo [...]; spirò alla presenza del Parroco di S. Lorenzo [...]. Riguardo al testamento, esso dispone di quasi tutta la sua sostanza, parte in legati e parte ai suoi creditori; però non so se sarà eccepibile il suo testamento; glielo consigliò e dettò l’avv. Valli, uomo in cui aveva riposto tutta la sua confidenza”38. Una lapide nella Pieve di Soncino così lo ricorda: “A Massimiliano Cerioli di Francesco perché alla gioventù studiosa soncinese legò benefiche sovvenzioni e al rifacimento del tempio troppo angusto e per antichità rovinato largamente provvide, la Fabbriceria pose unanime questa lapide affinché di tanta munificenza non paresse immemore tutto il paese. 1887”. Per l’ingrandimento della Pieve legò austriache L.50.000 e per due giovani universitari di Soncino L.30.000. Bartolomeo, celibe, morirà a 23 anni e mezzo nel 1828, per tisi tracheale.

37 A. Ubiali la fa essere diciassettesima; cf. Id. Santi e Beati del Giubileo, Città del Vaticano, Roma s.d., 24. 38 Lettera di GiovanBattista Cerioli a Costanza, Soncino 14 ottobre 1849.

Biografie 22 opera omnia

Gian Battista fu educato al collegio dei Barnabiti di Lodi; ne uscì il 1824. Prese la tonsura nel seminario di Brescia. Uscito sposò Maddalena Campaniga nel 1832; ebbe 5 figli; morirà nel 1858. Ci è conservata una copiosa corrispondenza della Beata con questa famiglia39 ed è l’unica in linea maschile che continua la discendenza.

Luigi educato a Lodi e a Brescia, muore a 20 anni nel 1829 per consunzione, dopo essersi arruolato volontario a 18 anni per Budapest.

Caterina (1801 - 1852) sposa nel 1822 Pietro Bologna di Gavardo e avrà 5 figli; era stata educata dalle Salesiane di Soresina come si testifica nel processo40, ma sembra impossibile perché le fondatrici del monastero vi si trasferirono da Alzano il 2 Aprile 181641 e lei era quindicenne. Sembra impossibile anche perché non risulta nell’elenco delle educande.

Cecilia (1814 - 1867) sposò nel 1831 (a sedici anni e mezzo) Ludovico Ciboldi di Soresina ed ebbe due figli; di lei il Card. Schuster disse: “Quando io ero ancora giovinetto, il mio vecchio professore di greco, che era già stato il gentiluomo del Card. Pecci [poi Leone XIII], mostrandomi talora il ritratto della marchesa di Soncino, mi discorreva delle sue ricchezze e dei succulenti pranzi ai quali egli aveva partecipato”42. Per i ricevimenti sprecò i suoi averi e tenute. Per il viaggio di nozze andò a Londra e nelle capitali europee; riportò gioielli timbrati da Londra; i quali sono ancora oggi presso i parenti di Anita Gramignola, nipote di Barbarina, figlia di Cecilia. Al fratello GiovanBattista scrive Costanza: “Io divido con voi il dispiacere per la vendita degli stabili della Cecilia, sono ancora meravigliata e stenterei a crederlo, se non fosse scritto sulla vostra lettera”43. Si trattava della vendita al Sig. Scotti di Gallignano di tutti gli immobili toccati a Cecilia alla morte del padre per L. 115.867,76; in questa occasione si era opposta, ma poi dovette accondiscendere al

39 Le Lettere di Costanza Cerioli a GiovanBattista sono 38; quelle scritte alla cognata Maddalena Campaniga sono 8; e quelle scritte alloro figlio Francesco sono 10. 40 S.97. 41 G. Pavoni, Gli antichi monasteri di Alzano, Bergamo, Commerciale 1973, 175. 42 “L’Orfanello”, settembre - ottobre 1950. 43 Lettera di Costanza a GiovanBattista Cerioli, Comonte 5 febbraio 1852.

Biografie 23 opera omnia marito44. Più tardi scrive: “Ho molto piacere [...] che abbiate ripristinata l’antica relazione di parentela con la Cecilia, e ne godo assaissimo”45.

3. Solerte consigliera

Costanza seguirà sempre con amore la condotta dei parenti e interverrà per sostenerla o per rettificarla. La nipote Giuseppina depone: “Nutriva grande zelo e vigilava con grande cura sulla buona condotta dei suoi parenti. Specialmente a noi suoi nipoti dava spesso buoni e salutari consigli, e non mancava al bisogno di farci correzioni con carità, ma anche con franchezza. Ricordo tra l’altro che una volta all’età di diciotto anni, fui avvertita dalla zia Costanza di non abbandonarmi alle illusioni mondane, e me lo disse in modo che ne riportai forte e salutare impressione”46. Così [...] venuta a cognizione che alcuni dei nipoti già avanzati in età non si erano ancora ammogliati, come un certo Don Massimiliano47 li faceva chiamare, li ammoniva dolcemente e severamente perché ricchi come erano, potevano darsi al buon tempo e forse anche ad una vita non del tutto corretta. Tale intervento della Serva di Dio fu anche efficace e salutare, almeno finché essa fu in vita”48.

44 Lettera di GiovanBattista Cerioli a Costanza, Soncino 6 aprile 1850. 45 Lettera di Costanza a GiovanBattista Cerioli, Comonte 23 dicembre 1855. 46 S. 494; cf. A. Longoni, 89 - 90. “Quanto ammiro la sua bontà, che si umilia ella stessa col farmi conoscere quasi i suoi errori, per confortare i miei; [...] sì, io son felice d’aver ritrovato una persona che senza parlarle mi fa conoscere tutti i miei difetti, io la ringrazio e la prego pure di continuare, che gliene sarò eternamente grata”. Lettera di Luigia Bologna a Costanza, Brescia 18gennaio 1852. “La ringrazio infinitamente delle raccomandazioni che ella ci fa, d’essere docili e buone; oh quanto ne abbiamo bisogno [...], ora particolarmente che siamo sole, senza nessun che ci dirige [...]”. Lettera di Luigia Bologna a Costanza, Brescia 1 agosto 1852. “Ora vorrei domandarle un consiglio: se possiamo leggere un qualche piccolo romanzo, come sarebbe il Walter Scott che è da tutti conosciuto [...]”. Lettera di Luigia Bologna a Costanza, Brescia 15 novembre 1852. “Conviene che le confessi il vero che al momento ch’io lessi la sua lettera, ne restai un poco offesa, ma però riflettendo ho conosciuto che ha ben ragione e che son ben io folle nel desiderare di leggere romanzi, che vedo quanto son pericolosi […]. Lettera di Luigia Bologna a Costanza, Brescia 8 dicembre 1852. 47 Probabilmente si tratta del fratello, perché l’unico nipote omonimo nacque nel 1845. 48 S. 334.

Biografie 24 opera omnia

4. Sigilli spirituali

Nella Pieve di Soncino fu cresimata49, anche se non si è trovato il certificato50; fece la prima confessione a otto anni e la Comunione a dieci anni51: solo i fanciulli privilegiati potevano comunicarsi a nove anni, gli altri più tardi; è certo però che Costanza fu ammessa alla Comunione prima di andare in collegio, perché quando si comunicava non prendeva il caffè, né si recava tra le fanciulle della sua filanda52, mortificazioni non possibili se si fosse trovata in collegio. Tutti ne lodano la compunzione, la viva fede e i sacrifici53.

5. Amabile e generosa

Costanza il volto composto ad imperturbabile serenità, il tratto sempre affabile e grazioso [...] a tutti la rendevano amabile e cara oltre ogni dire. Singolarmente amata dai fratelli e dalle sorelle, i domestici poi le erano affezionatissimi54. Coi poveri poi, quanto era grande la bontà del suo cuore! Animata in ciò dagli esempi della virtuosa genitrice, la quale con non altro nome era in borgo chiamata se non quello di madre dei poveri, la giovinetta Costanza accorreva non appena uno ne sentisse chieder l’elemosina alla porta del palazzo; godea di mettere essa stessa nelle sue mani l’elemosina copiosa; avrebbe voluto essere chiamata ogni volta che alcun d’essi fosse venuto a domandarla e non mai era sì giuliva, come quando la madre sua la invitava ad accompagnarla al tugurio del povero, a portarvi copiosa elemosina di denaro o di vesti55. “[...] La mamma la trattava più duramente delle altre”56. “[...] Colle altre sorelle la mamma si mostrava più buona e con lei più rigorosa”57. Forse è stata malintesa la frase di Costanza che confessava. “La mia genitrice non mi dava contentezza nel vitto, nel vestito, nei

49 S. 107; 112. 50 Animadversiones 3. 51 S.103; 113. 52 S. 113. 53 S.95; 110. 54 25 P. Merati, 13. 55 26 P. Merati, 13; A. Longoni, 12. 56 27 S. 101; SII. 109. 57 25 S. 117; cf. S.97; 101; 103.

Biografie 25 opera omnia divertimenti, mi aveva assuefatta a tutto”58.

6. Convento - Collegio di Alzano

Per l’educazione e l’istruzione i genitori scelsero un ambiente che già conoscevano, molto rinomato, riservato alle ragazze di civile condizione. Esisteva dal 1527, vicino al convento di Santa Maria della Pace dei Riformati Francescani in Alzano, un conservatorio di Terziarie Francescane chiamate Vergini velate, che pur senza voti conducevano vita di forma religiosa. Il conte G.B. Pelliccioli, morto nel 1687, legava a queste Terziarie (erano allora 25) scudi 8525, a condizione che vi stabilissero la clausura coi voti religiosi, condizione che quelle buone Terziarie volentieri accettarono e avrebbero anche subito eseguito se il Governo non l’avesse dilazionata. Mons. Redetti, vescovo di Bergamo, onde usufruire del legato, propose loro di accettare le Regole di San Francesco di Sales; e quelle, fattone felice esperimento, a voti segreti l’11 Ottobre 1735, accettarono all’unanimità, meno una. Il monastero delle Salesiane di Arona esaudì le insistenti preghiere di Mons. Redetti e concesse tre monache che possedevano tutte le doti necessarie per fondare il monastero: Madre Teresa Rosalia Fenaroli, figlia di Bartolomeo e di Fulvia Martinengo Cesaresco (Brescia 1683- 1751); Madre Cristina Visconti d’Aragona del nobile Galeazzo e donna Laura Tornielli (Milano 1682-1751); e Suor Angela Francesca Silva del nobile Pietro e di donna Eugenia Toffetti (Milano 1695-1744).

7. Le Salesiane ad Alzano

Il 25 Marzo del 1737, festa dell’annunciazione, fra una folla di 26.000 persone, accompagnate da un lungo stuolo di nobili e dalle più alte dignità di Alzano e di Bergamo, presenti i vescovi Mons. e Mons. Ludovico Calmi, vescovo di Crema, le venerande fondatrici presero possesso del monastero, che più tardi modificarono quale oggi si vede, aggiungendovi un magnifico collegio, che, e per la salubre posizione e per l’ammirabile disciplina e per l’abilità e le cure diligenti delle istitutrici fiorì mirabilmente ed acquistò ben meritata fama59.

58 29 P. Merati, 12. 59 30 G. Pavoni, op. cit., 134.

Biografie 26 opera omnia

8. Collegiale

Un faldone nella biblioteca di casa Cerioli (ora in archivio di Comonte) porta la scritta: “Educazione delle figlie nel collegio della Visitazione ad Alzano” e contiene le ricevute dei versamenti e le altre spese per l’educazione di Cecilia e di Costanza. In questo monastero si era fatta suora il 18 giugno 178460 la loro zia Angela Corniani col nome di Giovanna Caterina61, forse anche per questo si scelse l’educandato di Alzano. Cecilia era entrata il 15 Novembre 1825 undicenne e ne uscì il 15 Febbraio 1830. Costanza che entrò in collegio il 3 Novembre 1826 vi trovò la sorella e per circa tre anni e mezzo si fecero buona compagnia. Vi fu una parentesi: nella ricevuta riguardante i due semestri anticipati, scadenti il 15 e 16 Novembre 1827 si legge: “5 Settembre 1827. Oggi è sortita dal monastero la figlia Costanza”. Doveva essere per malattia, perché i regolamenti erano chiari. “L’educanda entra nel monastero a 10-12 anni. I parenti, i conoscenti visitano la loro cara alle inferiate dei parlatori [...]. La ragazza non esce di là nemmeno per una breve gita” 62. Il massimo che concedevano a quei tempi si rileva da quanto in data 7 Settembre 1823 le Suore scrivono al vescovo di Bergamo.. “Nuovi regolamenti subordinati a S. Ecc. e che se ne implora la necessaria approvazione [...]. N 7: che poi non possa fermarsi un’educanda sulle soglie del monastero per nessun altro oggetto che per abbracciare un momento i propri genitori”. Il vescovo Mola l’1 Ottobre l’approvò63. Nella lista annuale delle spese extra si espongono austriache L. 5.18,6 per “visite del chirurgo e qualche medicamento”. Negli altri anni tale voce non compare mai. Quindi se la signorina Costanza lasciò il Collegio fu per grave malattia che non poteva curare il medico del monastero. L’assenza durò un semestre perché nel libro contabile risultano pagati due semestri anticipati il 19 Maggio 1828 per tutte due le sorelle e precisamente in austriache L.442.

60 G. Pavoni, op. cit., 196. 61 V.Tolasi, Fatti e personaggi nella storia di Orzinuovi, Bornato, Sardini 1975, 280. Morì il 4 Marzo 1788 a 19 anni d’età e a circa tre anni di professione nel rango di sorelle coriste. Se ne scrisse il Compendio di vita e virtù, Bossini, Brescia 1790. 62 L. Fossati, La Beata M. Crocifissa di Rosa, Brescia 1949, 56 ss. 63 Archivio del Monastero.

Biografie 27 opera omnia

9. Segregata

Per fare eccezione alla regola della clausura ci voleva il permesso scritto F del Papa. C’è l’esempio della Supplica della contessa Paola Albani Martinengo inviata al Santo Padre Pio VI: “Beatissimo Padre, Paola Albani nata Martinengo, patrizia bresciana, umilmente prostrata al Trono della Santità Vostra supplica con fiducia per la facoltà di potere entrare nella clausura del monastero delle Madri della Visitazione del paese di Alzano, Diocesi di Bergamo, a visitar una volta l’anno le proprie figlie ivi collocate in educazione, così pure di godere dell’istesso privilegio al caso alcuna di queste cadesse inferma”64. Le regole e tradizioni educative per le piccole claustrali non reggevano più coi nuovi tempi e Pio X fece cessare tutti gli educandati delle Visitandine. L’età bambina era una condizione assoluta per il ricevimento in collegio. “L’Ispettore generale nell’Aprile 1821 ha ordinato che le ragazze siano ricevute prima degli anni 11; di star ferme su questo punto”65. E nella relazione all’Ispettore scolastico del 1825 si specifica lo scopo del collegio. “Stabilimento delle Religiose Salesiane in Alzano destinato all’educazione delle fanciulle civili le quali si accettano che abbiano compiuto gli undici anni e si ritengono che abbiano fino a diciotto nel qual tempo sono sempre mantenute dallo stabilimento medesimo”66 Quindi è inutile lo stupore di oggi e si giustifica l’accusa che si può muovere ai genitori di volersi presto liberare dei figli. Le fanciulle civili provenivano dalle nobili famiglie lombarde. Gli Albani,i Camozzi, i Caroli, i Galantino, i Giovannelli, i Lupi, i Martinengo, i Morlacchi, i Medolago, i Piccinelli, i Suardi, i Terzi, i Vertova sono alcune delle famiglie più conosciute.

10. Regole per ammettere alla S. Comunione

1. Nel primo anno di ammissione alla S. Comunione, vi si accosteranno tre volte: a Pasqua, all’Assunta e a Natale. 2. Nel secondo anno otto o dieci volte. 3. Dalla fine del secondo anno sino all’età di tredici anni compiuti due volte al mese e anche tre, quando cioè ricorrono alcune

64 Biblioteca Civica di Bergamo, Archivio di Martinengo, fald. 1794 - 1796. 65 Archivio del Monastero. Carte relative all’educandato. 66 Archivio del Monastero.

Biografie 28 opera omnia solennità, come pure nell’anniversario del loro battesimo. 4. Dai tredici ai quindici anni una volta per settimana, l’anniversario del battesimo e inoltre le educande più esemplari anche i primi venerdì del mese e quelli di quaresima. 5. Dai 15 anni fino all’uscita due volte per settimana scegliendo il venerdì quando non vi accadono le feste e per alcune educande sarebbe da facilitarsi la missione anche tre volte in qualche settimana. 6. Alle educande indicate nelle regole 3 - 4 - 5 potranno le maestre togliere alcuna comunione come castigo della loro condotta, massime a quelle che mostrino insubordinazione o poca docilità. 7. Anche il desiderio o la ripugnanza di alcune educande che volessero accostarsi alla S. Comunione più o meno frequentemente di quanto è qui sopra prescritto, dovranno essere assecondati dietro prudente giudizio della Superiora e, se occorre, anche del confessore67.

11. Ambiente del collegio

Il Collegio stava rimodernandosi e nel 1824 le suore presentarono per nuova fabbrica dell’educandato il progetto dell’architetto Sisto Canina al R. I. Governo. “Avuta la approvazione, l’opera fu cominciata e ora [1825] viene felicemente proseguita”68; fu completata nel 1826; però solo a Maggio del 1828 le educande che erano 66 ne presero possesso69.

12. Vestiti

Le educande portavano una veste nera, lunga, attagliata alla vita, accollata con maniche ampie, con un collettino bianco, un piccolo candido velo e i capelli sciolti, tenuti fermi dietro il capo da un nastro70.

13. Educatrici

Il corpo insegnante che educò la Beata, è specificato nella

67 Archivio del Monastero. 68 Archivio del Monastero. 69 G. Pavoni, op. cit., 180. 70 L. Fossati, op. cit., 59 - 63.

Biografie 29 opera omnia

Relazione all’Ispettore scolastico: Superiora del Monastero e direttrice degli studi suor M. Angelica Morlacchi; catechista don Giovanni Cassina; Maestra generale suor Giovanna Francesca Palazzi; Maestre della prima classe (alunne 13) suor Luigia Geltrude Fè e suor Ignazia Geltrude Secco Suardi. Maestre della seconda classe (alunne 23) suor Giulia Elisabetta Secco Suardi e suor Angelina Giuseppa Calzoni; supplente suor Teresa Elisabetta Mazzi. Maestre della terza classe (alunne 16): suor Rosa Marianna Bonaldi e suor Chiara Ippolito Fè; supplente suor Marianna Dorotea Luzzago. Maestre dei lavori femminili: le suddette Fè, Suardi, Calzoni, Bonaldi. Maestra del leggere: suor Teresa Felice Palazzi. Maestra del disegno: suor Chiara Ippolito Fè. Maestra di cembalo suor Angela Fedele Grassi e signorina Rosa Caroli, convittrice. Avendo un incendio nel Monastero distrutto parte dell’archivio è stato possibile rilevare solo i cognomi delle compagne del collegio di Costanza dal libro Cassa; per le alunne che frequentarono la Scuola di Francese si conoscono anche i nomi: Costanza dal 10 Marzo 1830 al 15 Maggio 1831, data di uscita dall’educandato, frequentò questa scuola e per anni uno, mesi tre e giorni cinque pagò austriache L. 35.1171.

14. Disagi

“Quando io ero in educazione, soffrivo molto il freddo, particolarmente nei piedi tanto che mi si fecero dentro due piaghe profonde, ma non essendo io assuefatta a manifestare i piccoli mali, non ne facevo neppure parola con le mie reverende maestre; ma essendosi poi le maestre accorte che nel camminare mi facevano male, e facendo chiamare il medico questi restò sorpreso, come pure le reverende, vedendo così profonde piaghe; io invece non vi badavo, perché ero assuefatta”72. Il manoscritto Longoni in poche righe narra la sofferenza della Cerioli in collegio così. “[...] nell’inverno andava moltissimo soggetta ai geloni, essa nonché farne lamenti li sopportava in tutta pazienza, né quasi punto se ne curava. Ci raccontava Ella medesima a tal

71 42 Archivio del Monastero. Registro Scuola di Francese, 69. 72 S. 728.

Biografie 30 opera omnia proposito, che soffrendo singolarmente freddo ai piedi, prendeva di soppiatto un bragio dal braciere della scuola e mettendola nelle scarpe, ve la faceva scorrere nella speranza di poterle alquanto riscaldare [...]; nel dormitorio comune dell’Educandato passavasi per turno un solo scaldaletto tra dodici educande, cosicché le ultime erano costrette ad aspettare intirizzendo o coricarsi al freddo. [...] Mentre le più ardite pressavano a gara le inservienti per essere le prime ad averlo, essa invece siccome schiva d’ogni briga ed aliena da ogni alterco, quieta e senza scomporsi rassegnavasi a rimanerne priva”73. Tutti i testimoni nel Processo parlano di queste sofferenze74 Qualche volta dirà poi ridendo. “Chiudiamo le orecchie per non sentire quello che fa la stagione”75.

15. Istruzione

Dall’archivio del Monastero si rileva il programma degli studi. “Coll’istruzione religiosa si univa lo studio di tutte le materie d’insegnamento prescritte dai programmi governativi e quando nelle singole classi erano stati svolti, si passava a studi superiori, coltivando specialmente la letteratura italiana, la storia e le scienze fisiche. Si davano pure lezioni di lingua francese, di disegno a matita e ad acquerello, di musica vocale e specialmente strumentale collo studio del pianoforte”. Essendo le educande per grazia imperiale esonerate dagli esami pubblici, I ‘I.R. Delegato Provinciale vi assisteva e doveva riferire al Governo. Ecco la sua relazione di un anno in cui erano presenti le sorelle Cerioli: “N. 124S. All’ Eccel. I. R. Governo. Bergamo 16 Ottobre 1827 [...] Mi sono recato personalmente il giorno 13 Settembre p.p. onde assistere agli esami delle giovani [...]. Oltre il leggere e lo scrivere, l’aritmetica, la geografia, la storia sacra e profana, la grammatica italiana, le regole del retto comporre, lo stile epistolare ed il catechismo, si danno lezioni di lingua francese, di musica e disegno ponendosi ben anche la cura di esercitare le alunne in ogni sorta di femminili lavori [...]”.

73 44 A. Longoni, 14. 74 45 cf. S. 96, 100, 102, 105, etc. 75 Cq. III.

Biografie 31 opera omnia

16. Lettere

“Di puro ingegno la distinse il vanto | lingue apparò, femminili arti e belle | Da Pallade fu accolta sotto il manto | E resa esperta in quelle”76. Imparò bene il francese tanto da far lettura spirituale su l’Imitazione di Cristo in tale lingua77. E tra gli scritti si trovò una Vita di santa Teresa tradotta dal francese. “… pur suo padre, desideroso di istruirla e dilettarla insieme andava di tratto in tratto porgendole anche altri libri, buoni, per altro e di ottimi autori; ed ella li accettava, amando scegliere fra essi

4”quelli che erano scritti in idioma francese, per scopo d’esercitarsi in tradurli”78.

17. Arte

Un quadretto conservato a Comonte, che tradizionalmente si dice raffiguri Lot con le due figlie79, è stato realizzato con grandissima pazienza, sagomando le figure con capelli di donna. È artisticamente valido ed è nota la propensione della giovane Costanza all’arte figurativa. Don Antonio Tassis così lo decanta:”[...] Affigga ognun lo sguardo / In quella di sue mani mirabili opra / E del chiaro intelletto anzi che tardo / Fia che il valor gli scopra / Con sottil ricamo in nobil quadro / F in tre obbietti emulò sì ben natura / Che pare all’atto e al guardo suo leggiadro / Spirante ogni figura / Lorché miraro in quel gentil lavoro / Tanta vivezza e maestria cosparte / Stupi Aragne e Minerva e in un con loro / stupì natura ed arte”80.

18. Musica

Nel collegio di Alzano due maestre di cembalo insegnavano musica e pur non risultando negli incartamenti, Costanza deve avere

76 A. Tassis, 9. 77 cf. S. 938. 78 A. Longoni, 17. 79 Il soggetto è poco consono alla pietà e delicatezza di Costanza; forse l’ha tratto da una riproduzione preoccupata solo del lato artistico. cf. D. Mosconi, “L’Orfanello” ottobre 1920, dice: “Quadro rappresentante scena di famiglia e lavorato ad ago”. 80 A. Tassis, 9.

Biografie 32 opera omnia imparato a suonare se un testimone assicura di aver trovato in luogo appartato del palazzo un dipinto ad olio rappresentante Costanza, ancor giovinetta seduta al piano81. “Si dilettava alquanto al suono, gustava il canto, ma il canto sacro…”82. Nel 1919 Anna Artifoni, d’anni 78, di Borgo Santa Caterina in Bergamo, che fu maestra delle ragazze esterne a Comonte, depone: “Della giovinezza della Fondatrice non posso dire se non che sapeva bene suonare il pianoforte. Ho attinto questa notizia da un quadro a olio che ho trovato nascosto sul solaio nel quale era rappresentata nell’atteggiamento di suonare. Discesa ho svelato alla Madre la scoperta: “Ho veduto, ho veduto;” ed essa: “Per carità nascondilo, nascondilo”. “Io l’ho nascosto così bene che non si è più trovato”83. “Il profitto poi fatto nello studio delle lettere, nei lavori femminili e persino nella pittura e nella musica, ne dice la fedele applicazione colla quale attendeva al dovere”84. “Sappiamo che aveva ottime disposizioni per altre materie allora non strettamente scolastiche come la lingua francese, che possedeva assai bene, e le arti belle: la musica, la pittura, il ricamo”85. “Impara il ricamo, la letteratura, la musica”86. “In quel convento [ella] si è diportata assai bene; mostrandosi assai intelligente e studiosissima; tanto che aveva fatto studi e progressi oltrechè nelle materie obbligatorie, nella musica, nella pittura e nel ricamo87. “Negli studi si distinse specie nel disegno, nei ricami, nella musica e nelle lingue francese e tedesca [...] quando suonava musica nei salotti, ai rimbrotti del marito che si piccava di essere competente, rispondeva con un sorriso ammirabile che sembrava che avesse suonato per gli angeli”88. Il signor Gaetano di musica se ne intendeva eccome! Lo

81 cf. S. 106. 82 S. 534. 83 S. 569. 84 D. Mosconi in “L’Orfanello” ottobre 1927. 85 L. Pedrabissi, Il pensiero pedagogico della Congregazione della S. Famiglia fondata dalla Beata Paola E. Cerioli, Tesi di Laurea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 1964-1965, 21. 86 G. Reduzzi, Pensiero pedagogico nelle opere della Beata Paola Elisabetta Cerioli, Tesi di Laurea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 1966-1967, 3. 87 S. 106. P. S. Mi ricordo ancora della promessa che vi ho fatto del cembalo, ma non lo mando a prendere fino a che non ho altra roba da mandare colà, per non fare una condotta apposita”. Lettera di Paola Elisabetta a Giovanni Capponi (dicembre 1863). 88 G. Rizzi, op cit., 277. È l’unico che parla dell’apprendimento della lingua tedesca.

Biografie 33 opera omnia testimoniano le sue composizioni e le relazioni con molti musicisti, specie con G. S. Mayr. La Longoni attesta il contrario: “Costanza stavasi allora intenta ad ascoltarlo [il marito mentre suonava il pianoforte] e quantunque, perché affatto digiuna di quest’arte, non se ne intendeva nulla, sforzavasi tuttavia di mostrargliene soddisfazione, come se fosse stata anche per lei la più dilettevole occupazione”89. La contessa Paolina Varesi de’ Rosate che abitava a Zanica nella magnifica villa già Tassi90 depone. “Passai alcuni mesi insieme alla Costanza nel Monastero delle Salesiane di Alzano Maggiore, dove essa fu sempre buona, diligente, studiosa, di bel carattere ed esemplare”91. “Era stimata la migliore di tutte le alunne per la sua ubbidienza, bontà, affabilità, attenzione allo studio. La sua intelligenza era molto aperta e fece grandi progressi nello studio e nella scuola di lavoro. Colle compagne si mostrò sempre mite, benigna, umile. La sua indole era allegra, ma poco proclive ai giuochi e divertimenti”92.

19. Giudizio delle suore dopo la morte della Beata

“Una delle allieve che lasciò nel nostro Monastero una particolare memoria si fu certamente la Nob. Contessina Costanza Cerioli. Era essa ancora giovinetta, quando la Contessa sua Madre ci chiese per Lei un posto nel nostro Educandato, ben volentieri glielo accordammo e tosto si ebbe ogni motivo di ringraziare il Signore per il prezioso tesoro che ci era stato affidato. Costanzina sembrava proprio fino da piccina un vero Angioletto e tutto in Lei ispirava devozione, raccoglimento, dolcezza, riservatezza e soda virtù. Questa si era la testimonianza che ne facevano le stesse sue compagne, delle quali formò l’esempio e l’ammirazione e che tutte

89 A. Longoni, 28. 90 Costruita dal cav. Domenico Tasso passato poi in eredità ai conti Rosate. In questa casa soggiornò anche Torquato Tasso. cf. G. Ruebsam, Giubileo dei Principi Thurm und Taxis in Ratisbona, Arti Grafiche, Bergamo 1899, 65; V. E. Gasdia, 5. Alessandro della Croce, Salvoldi, Bergamo 1924,140. Una lapide nella parrocchia di Zanica ricorda: Christoforus Tassus philosophus, canonicus, abbas et protonotarius apostolicus humanarum miseriarum memor sibi vivens posuit MDLXXXV. [Cristoforo Tasso filosofo, canonico, abate e protonotario apostolico - memore della fragilità umana - ancor vivo pose per sé nell’anno 1585]. 91 S. 120. 92 S. 108.

Biografie 34 opera omnia l’amavano vivissimamente. Anche le maestre la trovarono sempre un perfettissimo modello d’ubbidienza ed applicazione a tutti i suoi doveri, il che la rendea loro carissima e preziosa altresì per l’influenza che la sua condotta cotanto esemplare operava anche in quella delle altre educande. Costanzina era pure favorita dal Signore d’un carattere allegro, e tutto proprio per farsi amare, d’un cuore eccellente e sempre pronto a far piacere, e d’una tale uguaglianza d’umore, che si diceva comunemente di Lei: Costanzina sì, è proprio sempre la stessa! Si vide quindi con sommo dispiacere terminarsi gli anni della sua educazione e fummo costrette a restituire alla Contessa sua Madre il prezioso tesoro che ci aveva affidato. Ne furono afflittissime tutte le nostre educande, e ricordarono con ammirazione tanti esempi di virtù costantemente veduti nella loro compagna. Quanto a noi non ne perdemmo giammai la memoria e speriamo che la Defunta, si ricorderà presso Dio anche della nostra comunità”93.

20. Ritorno in famiglia

“Nel nostro Monastero delle Salesiane di Alzano trovò una educazione la “la più colta e la più religiosa che potesse mai desiderare; e sotto la custodia e le cure dell’ottima genitrice poté continuarla ed accrescerla in famiglia, dove si mantenne nella sua innocenza e visse tutta a se stessa ed a Dio”94. Costanza uscì dal collegio il 15 Maggio 1831 a 15 anni da poco compiuti. Vi stette quattro anni e mezzo; sono quindi da rettificare tante testimonianze rese al Processo95 o scritte dai biografi96, che la rinchiudono in un collegio per un periodo maggiore (fino a otto anni) e la fanno uscire a 19 anni, appena prima di maritarsi. Uscita dal collegio “[...] teneva una condotta esemplare, e come ebbe a dire la sua madre, non faceva che pregare e lavorare (di ricamo, specialmente, in cui riusciva a meraviglia). Rifuggiva dalle pompe ed amava la solitudine. Si applicò costantemente alle opere di pietà e di carità dando ai poveri tutto ciò che poteva avere per sé”97.

93 A. Longoni, 14. 94 Istituto, 26. 95 cf. S. 98, 100, 105, 109, 121 etc. 96 G. Boni, 19: A. Sodano, li; D. Mosconi, “L’Orfanello’” novembre 1920; A. Ubiali, op. cit., 24. 97 S. 101.

Biografie 35 opera omnia

“Si prendeva particolarmente cura delle operaie addette alla sua filanda”98. “Nel tempo passato in famiglia dopo l’uscita dal Collegio [...], viveva assai ritirata, lavorava e si esercitava in opere di carità. Amava la lettura rinunciando a libri profani che le venivano offerti dal padre per attenersi alle vite dei santi e libri devoti”99. Si riferisce a questo tempo la testimonianza del vecchio cocchiere di casa Cerioli. Costanza si vergognava d’andare in carrozza, specialmente incontrando persone cariche di legna a piedi, diceva. “Io sono ricca e non ho fatto nulla in tutto il giorno e vado in carrozza, mentre quei poveretti hanno affaticato tutto il giorno e vanno a piedi col carico sulle spalle’’100. Rimase in famiglia per tre anni prima di passare a nozze101 e non un anno102.

98 S. 112; cf. S. 96. 99 S. 102. 100 S. 107. 101 cf. S. 105. 102 Responsiones, 37.

Biografie 36 opera omnia

CAPITOLO III

Sposa

1. La famiglia Tassis a Comonte

La famiglia dei Tassis, antichissimi maestri postali - cursores tabellarìi pubblici - originari della Val Brembana, si divise ben presto in numerosi rami, che si sparsero in Italia e all’estero, arrivando alla nobiltà e alla ricchezza, modificando in più versioni il cognome originario. I Tassis di Comonte facevano anch’essi parte di questa famiglia. Lo conferma lo stemma scolpito nel caminetto in una delle sale del pianoterra, raffigurante pure un Tasso e al sopra di questo un corno postale. I Tassis cominciarono a possedere questo luogo nel 1582 per compera fatta dal cavaliere aurato Ruggero Tasso del Cornello103, figlio di Davide, a rogito di Cristoforo Donati in loco Brusaporchi (ora Brusaporto), comune sul quale si trovavano i possedimenti. A Seriate, nella frazione di Paderno, abitava un’altra famiglia Tassis se don Battista de Tassis di Paderno è testimone a un matrimonio celebrato in S. Alessandro della Croce in Bergamo l’11 Gennaio 1588104. La parte più antica del palazzo di Comonte, forse antecedente alla compera, pare costruito da uno della famiglia degli Isabello: Pietro morto nel 1550 o dai suoi figli Leonardo e Marcantonio. Il poeta Luciano Gallina pensa sia “la casa ove corse ancor

103 Aveva diritto di portare la spada d’oro, gli speroni d’oro e tutta l’armatura d’oro. L’investitura aveva un cerimoniale solenne e ricco di simboli: cf. A.M. Donatelli - G. Tolomei, Un cavaliere dell’impero, Padre di Monaci, Canossa, Rapallo 1967. 104 V.E. Gasdia, op. cit., 145.

Biografie 37 opera omnia ragazzo, il Tasso maggiore”105. La villa vera e propria ha una pianta tutta speciale, con un cortile pentagonale - nel quale uno dei vertici è tagliato dall’androne d’ingresso -, che sembra nato dalla necessità di conglobare in un unico organismo vari corpi di fabbrica più antichi. Tale esigenza a giudicare dall’aspetto attuale della villa si sarebbe creata verso la metà del ‘700. Questa datazione è confermata da alcune decorazioni interne e dall’insistenza dell’uso di espedienti visuali, come le coppie di listelli, colorati in tinta ocra, che segnano nel cortile l’intervallo tra piano e piano. L’ambiente architettonicamente più interessante in questa villa è proprio il cortile, purtroppo rovinato da un campaniletto neoromanico recentemente costruito (nel 1891, alto m 23,50)106.

2. Gaetano Busecchi in casa Tassis

Gaetano Busecchi nacque a Colombaro (Brescia) il 12 Dicembre 1776, unico figlio maschio di Carlo, con 6 sorelle. Sembra che i conti Lana di Colombaro, presso cui lavorava come artigiano del legno, abbiano presentato Gaetano di 25 anni e venne assunto come agente in casa della contessa Maria Teresa Tassis, vedova dal 20 Ottobre 1800 di Giuseppe Roncalli, morto a 38 anni107, abitante nell’avito palazzo dei Tassi di Comonte. Maria Teresa era nata a Bergamo nella parrocchia di San Cassiano il 9 Ottobre 1746 nel palazzo fatto costruire da Gabriele Tasso, figlio di Agostino, maestro delle Poste Pontificie, sul principio del secolo XVI in piazza Tassis, ora abitato dalle suore domenicane. Lo stemma di famiglia è ancora sul portone. Il notaio Bernardino Merelli con Atto pubblico del 24 Marzo 1814 testifica che con scrittura privata del 18 Marzo 1810 si è fatta vendita ed alienazione della nuda proprietà, cioè con riserva di vitalizio usofrutto della signora Maria Teresa Tassis, al signor Gaetano Busecchi di una possessione detta del monte [...]

105 D. Mosconi “LOrfanello” maggio 1950. Sembra impossibile: Torquato Tasso, dodicenne, soggiornò a Bergamo nel 1556 (vedi l’iscrizione del palazzo del Tasso in via Pignolo); e più tardi nel 1587. 106 C. Perogalli - M.G. Sandri, Ville delle province di Bergamo e Brescia, SISAR, Milano 1969, 337. 107 Archivio Parrocchiale di Seriate, Registro Morti, anno 1800 n. 59: “[…] et morum castigatione et in pauperes et in omni benevolentia benemerito decessit”. [È deceduto pieno di meriti sia per la fustigazione dei costumi sia per la benevolenza verso i poveri e verso tutti].

Biografie 38 opera omnia nell’ammontare di L 6.305”108, e già con Atto del 7 Luglio 1809, registrato al n. 4580, è suo procuratore. Lo stesso notaio in Atto dell’11 Gennaio 1825 riporta l’elogio che la Tassis fa al suo agente: “Esperimentato ad ogni prova il carattere onesto della persona di Gaetano Busecchi il quale ha prestato a me infrascritta assiduo e fedele servizio, come faciente ogni mio affare di interesse per il corso di 24 anni come fosse stato mio agente generale, addossato a sé anche tutta l’agenzia del Negozio filanda, avendo sempre effettuato ogni mio ordine e piano prescrittogli, avendomi annualmente reso ragione di ogni interesse mio, compiuto avendo onoratamente sin oggi la sua impresa a mio vantaggio graziosamente senza fissa mercede abbandonando interamente la sua arte musicale per attendere solo ai miei affari, qua mi dichiaro debitrice d’una gratificazione annua quale per sacro dovere compirò al termine di mia vita con mio testamento olografo”109. Ruebsam precisa che: “Rimasta vedova si rimaritò con un certo signor Busecchi. Poco dopo, il 30 Giugno [in realtà Gennaio] 1828 la contessa morì. Busecchi rimasto vedovo ed erede di tutta la sostanza dei Tassis, assunse il nome di Busecchi-Tassis”110. Non si è trovato il documento del matrimonio tra Gaetano e la contessa, e lui non parla mai che Maria Teresa sia sua moglie. In una lettera all’amico Mayr prima del 1828, per scusarsi di non poter accettare un invito, così si esprime: “Il dovere, il sentimento che mi occupa alla custodia della mia rigeneratrice sig. Contessa Maria Tassis mi ha tolto il piacere di seco lei godermela a pranzo del sig. Prevostino di Bagnatica dal quale cortesemente fui invitato111”. Nel retro della stessa lettera, a matita, è scritto. “Busecchi era un beneficato dalla contessa Tassis di Comonte”. Annotazione che sembra attribuibile a Pasino Locatelli. Il 2 Luglio 1826, Gaetano allo stesso Mayr, ancora per un invito, scrive: […] D’insistere cessami il coraggio, al riflesso dello stato, compassionevole della sempre impareggiabile nell’animo Sig. Contessa Tassis per cui recherebbe tanto a lei, quanto alla sua sig. pena a passare qualche ora assieme [...]”112.

108 Archivio Comonte Z/36 109 Procura scritta da Busecchi e firmata da M. T. Tassis; Archivio Comonte “36; Archivio Storia di Bergamo (faldone 12091) 110 G. Ruebsam, Giubileo dei Principi Thurn und Taxis in Ratisbona, Istituto Arti Grafiche, Bergamo 1899, 65; “Studi Tassiani” n. 17, 103. 111 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr (prima del 1828). 112 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr, Comonte 2 luglio 1826. Nel marzo del 1987 Busecchi Cesare, carmelitano ad Adro, venne a Comonte con la madre

Biografie 39 opera omnia

Nelle condoglianze per la morte di Maria Teresa lo stesso Mayr l’8 Febbraio 1828 userà perifrasi “[...] e si assicuri che la celeste sua protettrice ed amica […]113”. Non sembra fossero sposi nel 1825, quando Maria Teresa si impegna a lasciare per testamento una gratifica a Gaetano: se era suo marito l’eredità lo avrebbe ricompensato. Se Ruebsam afferma che, “poco dopo il matrimonio”, la contessa mori il 30 Gennaio 1828 a 82 anni, non potrebbe essere stato un matrimonio in articulo mortis? Certo furono sposati: Maria Teresa - uxor in secundo voto Caietani Busecchi in Comonte si legge nel Registro dei morti a Seriate 1 Febbraio 1828114 e a Soncino nell’Atto di matrimonio di Costanza con Busecchi Gaetano, questi è qualificato come vedovo di Maria Teresa Tassis. Con la morte a 67 anni di don Antonio Tassis, cappellano della chiesa annessa al palazzo, avvenuta il 4 Novembre 1860115, si estingue questo ramo dei Tassis.

3. Fisico e carattere di Gaetano vedovo

Mons. Bernareggi nella Prefazione e Pier Mauro Valoti nella recensione della Vita della Cerioli di Giovanni Boni nel 1934, squalificano Gaetano presentandolo come “deforme di corpo’ e il giudizio viene ripreso (la Dem su Vita Cattolica, settimanale della diocesi di Cremona116. Mons. A. Bernareggi ripete che Gaetano è descritto dagli antichi biografi come sinceramente brutto. Eppure non risulta che Costanza abbia mostrato riluttanza per un simile matrimonio, che propostole dai genitori accettò come un fatto naturale per le sue condizioni, adattandovisi poi’117. Nessun teste e nessun atto autorizza questa deformazione fisica. “Uomo di alta statura”118. “Uomo di sodi principi e di

Amoretti Pezzoli Ines. Questa riferì d’aver sentito dagli avi che Maria Teresa e Gaetano si sposarono per garantire la successione dei beni senza troppi aggravi. 113 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, 8 febbraio 1828. 114 “Da tre anni inferma di mente per vari attacchi d’apoplessia quasi bambula facta, ma piena di carità verso i poveri [...] oggi con grande funerale fu portata alla sepoltura al suono di musica e di canti con grande concorso di popolo”: Archivio Parrocchiale di Seriate, Registro Morti, tav 41, n 7. 115 Lettera di Paola Elisabetta al canonico Valsecchi, Comonte 5 novembre 1860. 116 “L’OrfanelIo” febbraio-aprile 1934. 117 “Ecclesia”, Città del Vaticano, Marzo 1950, 138. 118 S. 52.

Biografie 40 opera omnia specchiata onestà’119.”Uomo avanzato negli anni, ricco, di carattere bisbetico e ritenuto però comunemente come onesta persona e di franca indole”120. [...] Era un buon cristiano, ma (li carattere un po’ pedante e quasi sempre di cattivo umore121. “Era molto caritatevole, distribuendo generose elemosine in denaro ed in generi ai poveri’”122. Ottavio Tasca che ebbe da Garibaldi il titolo di poeta nazionale per i suoi vibranti componimenti sui fasti del Risorgimento, in una lettera al Busecchi scrive: “Ho sempre detto che il Signor Maestro univa a gentili maniere un cuore eccellente: né a me dopo le tante prove fattene era difficile il sostenere tale verità, tanto più ch’ella è generalmente riconosciuta”123. Nel testamento del 6 Dicembre 1806 suo padre Carlo dispone: “Del mio intero quarto da me disponibile di detta mia facoltà a titolo d’istituzione e legato, lo lascio e voglio che sia di privativa ragione e proprietà di detto mio figlio Gaetano, ciò essendo di tutta giustizia perché ho ricevuto e ricevo dal medesimo una particolare amorosa assistenza e aiuto in ogni mia occorrenza”124. Il 20 Aprile 1817 il sig. Marco Antonio Signori rilasciava questa ricevuta: “Rilevato da me infrascritto un errore dei conti tra me e il sig. Gaetano Busecchi e comunicatolo io allo stesso con tutta l’asserzione e certezza morale, mancando a tutti e due i documenti necessari, il signor Busecchi affidato alla sola mia parola mi ha contato L.384 milanesi, quali confesso io averle incassate [...]”. La differenza d’età tra gli sposi - Gaetano di anni 58 e quattro mesi, Costanza di 19 anni- attira la nostra curiosità e fa dimenticare le buone qualità dello sposo; molti per far risplendere la figura della Cerioli dipingono a tinte nere il fisico e il comportamento del marito verso la moglie, o lo fanno più vecchio125.

119 S. 915. 120 S. 171. 121 S. 174. 122 S. 157. 123 Lettera di Ottavio Tasca a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 12 maggio 1832. Tasca farà il necrologio sul giornale alla morte della beata 124 Archivio Comonte 1/2. 125 Responsiones 72; 525. D. Mosconi, “L’Orfanello” gennaio 1921: “Busecchi toccava già i 62 anni”. lì poeta Luciano Gallina dice che “Costanza entrava a fianco di un marito più che sessantenne”. “L’Orfanello” maggio 1950. “Mentre già aveva tocchi i sessantanni”: A. Longoni, 21. “Nell’accettare il matrimonio di lei di 19 anni e lui di 62”; S. 525.

Biografie 41 opera omnia

4. Amante dell’arte. Eccellente compositore di musica

Nell’Atto notarile su riportato per la gratifica, si legge che Gaetano “abbandonando interamente la sua arte musicale” attese solo agli affari della contessa. Le composizioni musicali smentiscono questa affermazione. Nella Biblioteca A. Mai” di Bergamo nel catalogo della musica da chiesa del Maestro Mayr sono elencate di Busecchi Gaetano.” Messa intera, partitura e parti cantate n. 22 - Salmo Confiteor a 4 voci con clarinetto e corno obbligato - Due Laudate Pueri a tre voci con orchestra di 15 strumenti diversi; e a parte un Kyrie a 4 voci’126. Il civico Istituto Musicale Gaetano Donizetti di Bergamo conserva autografa la composizione per uso dell’Accademia filarmonica di Bergamo del 30 Agosto 1824: Introduzione - Variazione e Rondò a piena orchestra - Partiture n. 24127. Un parente di Gaetano, Ignazio Busecchi, che si firma alle volte anche Pasini, o Busecchi Pasini (1796-1875) nato128 e morto a Colombaro, alunno di Mayr, condiscepolo di Gaetano Donizetti, emulo di Gian Battista Rubini fu valente tenore129 e compositore130. Gli venne eretto un cippo al cimitero del paese131. Potè studiare per interessamento della nobile famiglia Barboglio de’ Cajoncelli, di cui sposerà Laura nel 1828. È conservata ancora la spinetta che Laura suonava mentre Ignazio cantava; fu ospite in casa loro la celebre cantante Maria Malibran.

5. Suonatore e cantante

Sempre dalle lettere sopra citate si rileva che Gaetano suonava il pianoforte e Mayr gli forniva opere per esercitarsi. “Io compio un dovere con la restituzione dei due pezzi di musica [...]. Se le venisse alla mano qualche cosetta di nuovo io la

126 Fondo musicale G. S. Mayr, “Monumenta Bergomensia” 1963,11. 127 Cat. XXXI F. 298. 128 L’Enciclopedia della musica,. Rizzoli - Ricordi, Io dice nato nel 1799 e lo riporta nel costume di Otello dato alla Scala nel 1835. 129 G. Zavadini, Epistolario Donizetti, Istituto Arti Grafiche, Bergamo 1948,181, 196, 246, 251. Enciclopedia della musica, Rizzoli - Ricordi, Milano 1964,123. 130 Istituto musicale Donizetti, fald. 189 catalogo 2373. 131 Questa è l’epigrafe: Ignazio Pasini / di povera famiglia nato col genio della musica / a nove anni organista e fu dell’Accademia di Bergamo / ove apprese sotto il Mayr il canto e vi eccelse calcò le primarie scene di Spagna e d’Italia / per lui si ispirò Donizetti suo condiscepolo / emulo di Rubini / A Pietroburgo nel 1844 chiuse la sua carriera teatrale / nel Belisario onorato da quella Corte Imperiale / [nato] 15-8- 1796 [morto] 8-12-1875.

Biografie 42 opera omnia

Prego volermela concedere per qualche giorno, servendo a tenermi risvegliato”132. “Oggi ho finalmente ritrovato la partitura della sinfonia richiesta. V’aggiungo anche quella dell’Opera Fedra [...]. Alla funzione di Caravaggio canteranno i Sigg. fratelli Rubini, Reina e Giordani. Ciò le sia di stimolo a determinarsi a far quella interessante gita [...]. Domani partirò per Lovere [...] e la sera accademia di Musica con una caterva di concerti dei nostri professori, v’ha occasione di sentir anche il M.0 Zucchi professore di Violino in quell’istituto musicale [...]. Ed Ella potrà starsi sempre rintanato in Comonte? Amico, si muova e si lasci abbracciare anche fuori della solitaria stanza”133. “Mia moglie è sensibile alle di lei gentili esibizioni”134. “Frattanto le spedisco la Vestale di Spontini, onde abbia da trattenersi con uno stile differente affatto, da altri compositori”135. “Eccola ubbidita; ella se ne diverta, ed alla mia venuta mi faccia sentire altrettanti pezzi nuovi con semplicità ed espressione. Il Sig. Prevosto Moneta136 mi fece in questo momento l’elogio del suo modo di cantare, il quale sarà ognora più gradito, quando ella si mette a dipingere i sentimenti melanconici, i quali però non vorrei che annidassero nel suo animo”137. “Appunto ieri sera mi restituì la signora Imperatori138 lo spartito di Donizetti e così ho il bene di spedirglielo tale e quale mi viene consegnato […]”139.

6. Corrispondenza col Maestro Mayr

Giovanni Simone Mayr - pio benefico amatissimo- maestro di musica - a nessuno dei suoi tempi secondo - [...] educò all’armonia cultori eminenti140 fra cui Donizetti. Nella Biblioteca Civica “A. Mai” di Bergamo si conservano 43

132 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr, Comonte 24 dicembre 1834 133 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, (25 maggio 1832). 134 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 27 ottobre 1818. 135 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 20 gennaio 1820. 136 Moneta don Luigi, parroco di Bagnatica dal 1818 al 1860. Era nato a Urgnano nel 1777. Fu professore di religione nel liceo di Bergamo. 137 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 19 settembre 1822. 138 Giulio Cesare Imperatori, Regio Intendente della Finanza a Bergamo, era in confidenza con Gaetano. 139 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 28 luglio 1833. 140 Epigrafe in Santa Maria Maggiore di Bergamo.

Biografie 43 opera omnia lettere del Mayr al Maestro Gaetano Busecchi e 8 lettere di questi al Mayr. Se ne riportano alcuni brani che manifestano la operosità musicale del Busecchi e la familiarità col Maestro Mayr. “La prova generale non si può fare, se non questa sera alle 5 pomeridiane [...]. Non vorrei, che ciò mi privasse del bene di riverirla in quest’occasione. Avrei anche amato, che avesse fatto conoscenza con un mio patriota, eccellente Maestro Compositore di Musica”141. “Non ho potuto ieri l’altro eseguire la sua composizione per esser stato affollato di gente [...]”142. “La sua geniale produzione fu eseguita il giorno di Tutti i Santi ed ottenne il sincero suffragio ed accoglimento favorevole sia della professione, che del pubblico. Questa semplice esposizione ne porta tutto il titolo della schietta verità: ed io le sono gratissimo del favore, che me ne fece. Essendo rimasto il desiderio di sentirla anche altre volte in cappella, mi faccio coraggio di pregarla di permettermi di trarne copia per l’archivio della medesima, con cui resterebbe ivi un monumento della sua gentilezza e del suo valore nella composizione musicale”143. “Ho ricevuto il plico trasmessomi ma dovendo partire sull’istante per Milano, chiamato da quella Regia delegazione del Teatro per mettere in scena la Medea, non posso, e ciò con sommo mio rincrescimento occuparmi del godere la sua composizione. Domenica dì sera sarò di ritorno, e fermandomi indi per tutta la settimana, avrò agio di leggerla attentamente”144. “Ho esaminato la Cavatina e la Sinfonia. La prima, non avendo, che un sol tempo, e non confacendosi ad una situazione, converrebbe risparmiare a migliore incontro, onde da essa provenga quell’effetto, che si desidera. L’altra, viene da me data al sig. Roschino, e ne faremo quanto prima la prova; se mai fosse un po’ longhetta, spero, che mi permetterà di rimediarvi con qualche picciolo taglio”145. “Al primo incontro le sarà trasmessa l’Aria sua, e la Messa [...]. Si ricordi di preparare qualche pezzo per l’Accademia ventura, che sarà verso la fine di questo mese non potendosi per le critiche circostanze della Cassa farne di più”146. “Nel giorno dell’Epifania ne feci eseguire il Confiteor e piacque

141 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 8 maggio 1819. 142 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 30 luglio 1819. 143 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 7 novembre 1822. 144 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 6 gennaio 1823. 145 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 12 gennaio 1823. 146 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 2 novembre 1823.

Biografie 44 opera omnia moltissimo, così di seguito mi prevalerò della sua bontà onde produrre anche gli altri Salmi, e certamente con piena soddisfazione degli ascoltatori. Io non dirò, quanto perciò ne debbo esser a lei obbligato[…]”147. “Sento che sempre è in mezzo alle valentissime Sig.re compositrici [...]. In questo momento non posso legger la composizione perché sono chiamato alla scuola, ma sono pieno di curiosità”148.

7. Amante dell’arte pittorica

Bonomini Vincenzo (1757-1839) ha certamente decorata la sala d’onore a piano terra del palazzo Tassis149. Si può pensare che quest’opera sia stata realizzata nel periodo che Gaetano stette con la contessa Maria Teresa Tassis (1800-1828). La saletta accanto e la seguente hanno affreschi con figure bibliche attribuibili al ‘600. La prima sala al piano superiore è stata affrescata con 5 paesaggi immaginari alle pareti dal Nebbia, Deleidi Luigi (1774”1853)150. Il camino porta il monogramma M. R. La stanza accanto, detta di Carlino, affrescata in stile pompeiano, è di anonimo dell’800151. La successiva stanza matrimoniale, detta dell’alcova, è irriconoscibile perché smembrata e completamente nuda, probabilmente la mano che nascose gli allegri affreschi boschivi ed erbosi distesi sulle pareti dello scalone, ha annientato quelli di questa

147 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 9gennaio 1830. 148 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo (gennaio o 4 ottobre 1833). 149 “Una sala a pianoterra, con volta a padiglione, si presenta interamente decorata [...] La volta è ripartita da un impianto quadraturale in cui si inseriscono figure monocrome [...]. Medaglioni integrati con la medesima struttura fantastica svolgono temi mitologici o letterari in monocromia su campo verde [...]. Sopra Io specchio, nell’alzata del camino, una scena di trionfo (tempera su tavola in monocromia). AI centro della parete che fronteggia il camino, una finta nicchia con statua (Flora). Completano l’esornazione lesene con candelabre monocrome; sovrapposte con girali; fasce policrome, preziose di minute figurazioni arcadiche e altri motivi, che delimitano campi bianchi in cui s’impaginano invenzioni pompelane in monocromia rosa tenue [...]” cf. R. Mangili, Vincenzo Bonomini. Dipinti e disegni, “Monumenta Bergomensia”, Bergamo 1975, 132. 150 C. Perogalli - M. G. Sandri, Ville delle province di Bergamo e Brescia, Sisar, Milano 1969,27. 151 Il ripetersi dei satiri suonatori potrebbe far pensare allo stesso Bonomini, autore degli affreschi nel salone a piano terra. cf. R. Mangili, op. cit., vedi fig. 118 e 129.

Biografie 45 opera omnia stanza. Gli ambienti erano ornati anche con quadri di auton celebri: Evaristo Baschenis, Fra’ Galgario, Bartolomeo Nazari, alcuni provenienti dalla casa Tassis di Borgo S. Antonio di Bergamo. Li conosceremo quando Costanza, fatta suora, in parte li alienerà. Il migliore quadro era già partito; la notizia è rilevato da Bergomum (1944 - 93): uno dei più preziosi ritratti di Torquato Tasso negli ultimi anni di vita eseguito da Federico Zuccheri verso il 1594 per ordine del Card. Cinzio Aldobrandini, passò nel ‘600 a Marcantonio Foppa152 che lo legò morendo all’amico Simone Mayr qual dono della contessa Maria Tassis di Comonte. Ora è proprietà di Sereno Locatelli Milesi. Probabilmente fu Gaetano a donarlo al Mayr; e dati i rapporti più che famigliari si può presumere che gli abbia fatto decorare la casa dal Bonomi153 con strumenti musicali, opere oggi purtroppo distrutte.

8. Costanza nell’attesa

Il pronipote della Cerioli, GiovanBattista Cerioli (don Giannino), attesta che i genitori si preoccupavano di procurare alle figlie tornate dal collegio, un marito di cui assumevano esatte informazioni sul carattere, sulle attitudini, sulla consistenza patrimoniale, ecc., oppure le destinavano al convento perché abbracciassero la vita religiosa154 Costanza ebbe quattro zie suore, tre sorelle del papà e una sorella della madre155.

152 Nobile, poeta satirico bergamasco, fondatore a Roma del “Giornale dei letterati”, prima rivista letteraria italiana nel 1668. (B. Belotti dice fondata nel 1673, nell’Indice di Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bolis, Bergamo, 1987). 153 R. Bassi - Rathgeb, Vincenzo Bonomini pittore macabro, Ferrari, Venezia 1957,18. 154 [“Agli albori dell’età moderna il monastero faceva parte delle strutture sociali, in quanto permetteva alle famiglie nobili di collocarvi le figlie alle quali non si poteva assicurare un matrimonio conveniente. A Brescia, per esempio, nel 1445 c’erano solo quattro monasteri femminili: alla fine del secolo XVI i monasteri erano diventati dieci con ottocento monache. Se la clausura doveva liberare le energie spirituali, in un quadro simile, si riduceva o a una prigione o comunque provocava un indebolimento dei ritmi di vita comunitari. Per questo si ripeteva il detto: ‘aut murus aut maritus’”, cf. L. Boriello, Dagli ordini mendicanti alle esperienze del dopo Concilio, in M. W., Storia della Vita Religiosa, Queriniana, Brescia 1988, 425]. 155 Cerioli Maria, benedettina, Paola e Stefania, domenicane nel convento di Santa Marta a Bergamo; Corniani Angela salesiana ad Alzano. “Per la solenne professione delle Signore sorelle Suor Stefania Maria e Paola Francesca Cerioli” fu stampato dall’Antoine nel 1781 un sonetto “dedicato al

Biografie 46 opera omnia

Nel tempo dell’attesa passato in famiglia, stavano in casa gelosamente sorvegliate, occupandosi di ricamo, di musica e delle faccende domestiche. Uscivano accompagnate dai familiari, ordinariamente dalla mamma. I genitori di Costanza al primo che si presentò a richiedere la figlia, fornito di qualità morali e artistiche ineccepibili, con buon patrimonio, la concessero passando sopra l’età matura e la vedovanza156. Per scusare i genitori, che si impegnarono per una soluzione matrimoniale per Costanza, fu scritto: “[...] se i figli dei Cerioli [...] tutti hanno scelto il matrimonio, come, senza una esplicita dichiarazione, potevano essi supporre che proprio l’ultima volesse fare eccezione determinandosi per lo stato religioso?”157. È mancato l’ausilio dell’anagrafe per tale storpiatura. Al momento del matrimonio di Costanza, avvenuto il 30 Aprile 1835, undici fratelli erano già morti e di questi nessuno era sposato; degli altri quattro, tre erano sposati: Caterina nel 1822; Cecilia nel 1831; Gian Battista nel 1832; Massimiliano che allora aveva 37 anni, era e morì celibe158.

9. Costituzione fisica di Costanza

È bene evidenziare anche il lato umano nella decisione per tale matrimonio, sia da parte dei genitori che di Costanza. I genitori erano già anziani: il padre di quasi 70 anni e la madre di 60 temevano che la figlia, l’ultima, restasse nubile e sola. La costituzione fisica di Costanza è ben rilevata dai testimoni. Angelo Nesopli attesta: “Io ho conosciuto la Maestrina quand’ero ragazzo ed andavo in giro spazzando i camini. La ricordo ancora e mi pare di vederla di statura media, alquanto curva”159.

merito impareggiabile del Nobile Signore don Bartolomeo Cerioli loro amorossismo padre”. 156 E. Federici, 68. Qualcosa di simile si legge nella Vita della Beata Teresa Eustochio Verzeri. Sua madre, contessa Elena Pedrocca-Grumelli, quando Antonio Verzeri di 54 anni domanda in sposa lei ventenne, aspirante al chiostro, chiede appoggio alla zia suora M. Antonia Grumelli, donna di doti singolari, che invece l’esorta a sposarsi, aggiungendo con tono profetico, che “Dio la destina a quello stato per renderla madre di santa prole”. Elena accetta il matrimonio come una missione, nel 1800, senza altre considerazioni umane. La prima figlia fonderà l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore e vi accoglierà come religiose tre sorelle e infine anche sua madre; l’unico figlio sarà vescovo di Brescia. 157 E. Federici, 68. 158 La sorella Cecilia si sposò il 5 maggio 1831, a sedici anni e mezzo. Era nata il 30 novembre 1814. 159 S. 68.

Biografie 47 opera omnia

Margherita Goglio dichiara: “[...] L’ho visitata parecchie volte a Comonte [...] mi sembra ancora di vederla raggomitolata al fuoco. Era molto piccola, un po’ curva”160. Suor Luigia Corti: “Per essere stata dalla nascita un po’ curva, ogni poco si componeva nella persona e si conosceva però che faceva fatica a stare in quella posizione”161. Suor Carla Ongaro conobbe la Cerioli nel 1863: Era di piccola statura, gracile alquanto curva sopra un fianco [...]. Il colorito della faccia e delle mani era piuttosto bruno: il viso bello, tondeggiante162. Suor Nazarena Ferrari: “Sono sicurissima che è il corpo della Madre Fondatrice e lo si argomenta anche dalla conformazione che anche attualmente ha di certa curvità alle spalle che mostrava e si rilevava anche quando era in vita”163. Maddalena Morandi: “[...] La vidi allora la prima volta, alquanto curva e molto affabile”164. Margherita Fantonini ricorda: “Ho presente la sua figura piuttosto magra e un po’ gobba somigliantissima al nipote D. Costanzo Cerioli padre di D. Giannino e in tutto dissimile dai ritratti che ora si vedono”165. Elisabetta Lambrucchi accerta che: “[...] giuocando con le esterne udì dirsi: “gobbona”166”quando era già suora. La stessa frase deve avere sentito suor Emilia Gelmi e afferma che: “Mentre la Serva di Dio si divertiva nel cortile giuocando con le fanciulle esterne, una di queste uscì in questa espressione: “Vedi come salta bene questa gobbina”[...]”167. Anche i biografi rilevano questa imperfezione fisica168.

10. Costanzina

“Uscita Costanzina alla luce, non parve per intiero favorita da

160 S. 52. 161 Cq. V. 162 S. 126. La beata stessa così si descrive: ““Essendo come mi vedete, così meschina di complessione [...]”: Cq. II/2. 163 N. C. 85. 164 S. 426. 165 S. 643. “Somigliantissima’” riferendosi alla configurazione scheletrica. In casa Cerioli il ritratto di don Costanzo eseguito l’anno prima della morte (1903) conferma questa testimonianza. 166 S. 570. 167 S. 452. 168 P. Merati, 9; E. Federici, 14, 78; D. Mosconi, “L’Orfanello” febbraio 1920.

Biografie 48 opera omnia natura; [...] poiché una leggera prominenza nel dorso le fece perdere parte di quel diritto che spesso ha l’ultima nata alla materna predilezione [...]. Fin dalla culla si manifestarono in lei sintomi di malattia di cuore, causata forse dal difetto di sua costruzione, che cagionava qualche difficoltà nel respiro poiché istintivamente preferiva essere portata all’aperto”169. “Costanza non si poteva dire avvenente [...]. Essa aveva portato dalla nascita un difetto per cui era un po’ curva nel corpo, ma questo non le impediva d’essere svelta e snella nel portamento”170. Il diminutivo di Costanza – Costanzina -, per il suo fisico, le resterà sempre. Le suore di Alzano, dopo la sua morte, riferendo il loro giudizio sul periodo che l’ebbero in collegio depongono: “[...] Costanzina era favorita dal Signore dì un carattere allegro [...]. Costanzina è proprio sempre la stessa”171. In una lettera d’affari al sig. Gaetano Busecchi Tassis datata 7 Agosto 1852, si legge: “Favorirà fare tanti doveri da parte mia alla gentilissima donna Costanzina, nel mentre passo a riverirla e a dichiararmi suo Dev.mo Aff.mo servitore Angelo Medolago Albani”172. Al cognato Gian Battista il 25 Luglio 1845, Gaetano scrive. ‘Tanti e tanti doveri a nome di Costanzina173 Il medico di famiglia Ercole Piccinelli il 25 Aprile 1849 scrive al sig. Gaetano: “[...] Tanti doveri a donna Costanzina e mi creda [...]”. Ancora Costanzina a 33 anni e dopo 14 anni di matrimonio.

11. Vocazione alla maternità

Il matrimonio tra Costanza e Gaetano Busecchi che umanamente “non s’ha da fare”, nel Processo è analizzato minuziosamente. Ecco come risponde alle singole domande Giuseppina Cerioli, nipote di Costanza. “La Serva di Dio uscita dal Monastero delle Salesiane dimostrò chiaramente di avere intenzione o desiderio di consacrarsi a Dio in qualche monastero o farsi Religiosa?

169 A. Longoni, Brogliaccio A.III, Archivio Congregazione. 170 Ms. Leffi Madre Dionigia, Archivio Congregazione Parte II cap. I. 171 P. Merati, 15. 172 Lettera di Angelo Medolago Albani a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 8 marzo 1852. 173 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Gian Battista Cerioli, Comonte 25 luglio 1845.

Biografie 49 opera omnia

Ho sentito dire che il contegno raccolto e devoto della giovane Costanza aveva ingerito in chi la conosceva il pensiero, che si volesse far Religiosa ma non so se essa abbia mai manifestato tale proposito”174. “La Serva di Dio uscita dal Monastero delle Salesiane manifestò in qualche modo di aver ripugnanza allo stato matrimoniale? Non mi consta né ho mai sentito dire da nessuno che abbia manifestato simile ripugnanza”175. “I genitori hanno pregato con richieste importune per indurre la Costanza ad accettare il partito propostole? Da mia madre, dalle zie e da una cugina ho sentito dire più volte che furono i genitori a proporre e consigliare a Costanza, loro figlia, il partito di matrimonio col sig. Busecchi. Del resto non so se o meno abbiano usato insistenze; anzi dal concetto che io ho sempre avuto sulla rettitudine e religiosità dei suoi genitori, inclino a credere che non possono averle usate”176. “Può lei supporre che il carattere timido della giovane Costanza e la sua soggezione ai genitori l’abbiano indotta ad accettare la proposta di matrimonio contro sua volontà solo perché le mancò il coraggio di manifestare questa sua contrarietà? Dalla cognizione che ho avuto del carattere aperto e franco della Costanza da una parte e dall’altra dei modi amorosi e paterni dei genitori suoi mi pare che non si possa affatto supporre in lei un timore tale, che le impedisse di manifestare la sua contrarietà al matrimonio, se l’avesse avuta. Penso piuttosto che possa aver accettato la proposta ciecamente senza entusiasmo e senza contrarietà per spirito di obbedienza al consiglio dei genitori, verso i quali nutriva grande amore e riverenza [...] io credo francamente, che sentita la proposta e il consiglio dei genitori, essa abbia accettato con innocente semplicità, persuasa di fare la volontà di Dio”177. Mons. , vescovo di Bergamo, nella Presentazione della Vita scritta da Federici, in occasione della Beatificazione, psicologicamente nota: “Io non dubiterei [...] di dire dapprima, essere stata la vocazione propria della Cerioli, come donna, una vocazione alla maternità. Veramente in ogni donna è un istinto materno, che non necessariamente però conduce al matrimonio, potendo esso realizzarsi in una maternità spirituale, che della maternità contiene l’aspetto più nobile. Ma la mancanza di una

174 S. 178. 175 S. 179; cf. S. 204. 176 S. 179. 177 S. 180.

Biografie 50 opera omnia chiara resistenza di Costanza alla proposta di matrimonio avanzata dai genitori [la testimonianza della nipote Giuseppina è esplicita in proposito, e d’altra parte, se in Costanza vi fosse già stata fin d’allora la vocazione spiegata per la vita religiosa, non solo la resistenza non sarebbe mancata, ma le sarebbe stata imposta da un dovere di coscienza], e più ancora la profondità del suo amore per i figli che il Signore le ebbe a dare, e specialmente per Carlino, la stessa nuova vocazione di fondatrice di una congregazione religiosa, da lei considerata come una “nuova famiglia” da surrogare alla prima, e gli orfani come “altri figli da allevare al posto del suo”, tutto sta ad indicare quanto aderente fosse alla sua natura la funzione materna”178. Alla proposta dei genitori “si sa che la Serva di Dio prese tempo a rispondere, che pregò per essere illuminata, si consigliò, come risulta dagli scritti dal Direttore della sua coscienza, e al consiglio del medesimo ed al desiderio e volontà dei genitori che essa riteneva espressione della volontà di Dio, si sottomise [...]”179; contraria è la deposizione di P. Orisio180. La beata manifesterà poi: “Io poi non avrei mai osato oppormi ai voleri dei genitori, tenendo io la loro volontà, come volontà di Dio [...]. E vedi come sia stato volere di Dio dagli avvenimenti che ora succedono; poiché se io mi opponevo a questo matrimonio, queste sostanze e questa casa non sarebbero divenute l’asilo degli abbandonati [...] se avessi sposato un giovine del bel mondo e in mezzo alle grandezze, che ne sarebbe di me?”181.

12. Fidanzamento

Il Promotore Generale della fede - il cosiddetto avvocato del diavolo- rilevò che Costanza dimostrò massima leggerezza182 nello sposarsi se “[...] ignorasse affatto gli obblighi speciali dello stato coniugale [...]”183; se lei stessa attesta. “Io non sapevo nemmeno che significasse matrimonio [...]”184. Queste affermazioni si devono riferire al momento dell’uscita

178 E. Federici, VIII. 179 S. 127. 180 cf. S. 152. 181 S. 729. 182 Animadversiones, 27. 183 S. 180. 184 S. 729.

Biografie 51 opera omnia dal collegio perché nei quattro anni (1831 - 1835)185, che stette in famiglia prima del matrimonio, ebbe tempo di erudirsi. La proposta dei genitori deve essere stata fatta appena tornata in famiglia, a meno di sedici anni, se nel febbraio del 1833 Gaetano scrive al Mayr che la difficoltà della “dispari età” era superata perché “[...] la fanciulla vestita di sentimenti sodi e fini mi assicura che in rapporto alla disponibilita non ne fa alcun caso [...]. Io addunque vedendomi appianata tutta la mia proposta difficoltà mi sono abbandonato ai destini del Cielo ed ho preso qualche impegno; ma con condizione verbale di frapporre due mesi di tempo alla decisione del legame coniugale, al termine dei quali fatto d’ambo noi maturo riflesso liberi saremo o di chiudere o svolgere il nostro consentito matrimonio”186. Allora la pensava così; dopo aver provato l’eroismo che richiede tale convivenza avvertirà le sue suore: “[...] si guardassero dal dare e collocare una orfana ad un uomo di troppa disparata età”187. Anna Maria Lussana di Seriate che frequentò le scuole aperte a Comonte dalla Cerioli depone al Processo. “Io stessa, fatta ardita dall’umiltà e dal contegno ilare della Contessina le ho detto: “Ma come mai Ella così giovane e ricca ha sposato un signore così vecchio?” Ma Ella a questo mio discorso non ha mai dato altra risposta che quella di un sorriso”188. È meglio riportare per esteso la lettera sopracitata; risulterà così che non fu un matrimonio affrettato; che lo sposo si riconosce la complessità di questa strana e imprevedibile vicenda e che l’amico Mayr lo compiangerà per questo destino: “Pregiatissimo Signore ed Amico, io conosco veramente d’essere un uomo grande, e perché? In piazza, nella caffetteria e in case particolari so che ultimamente molto si parla di me; e che debbo io dire se non che tutti sanno della mia vicenda più di quello che so io stesso? Anche il caro [...] Signor Maestro Amico Mayr, si degna di mandarmi i suoi saluti per mezzo del Sig. Conte’ Medolaghi e assieme le sue congratulazioni per lo stabilito mio matrimonio. Ma caro il mio Mayr e crederebbe che se io fossi a questo passo determinato, non avrei fatto il mio dovere a comunicarlo a lei per primo, il più caro Padrone ed Amico? Sappia pertanto ciò che è di verità. È vero che mi si presenta bella occasione

185 E non “meno di un anno”: Responsiones, 37. 186 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr, Comonte 27 febbraio 1833. 187 S. 149. 188 S. 432.

Biografie 52 opera omnia di collocarmi e non ho smesso di assecondare del tutto i valori del ceto coll’accasarmi nella vita propostami, ma sempre con un riflesso che mi ha di molto contristato l’animo mio credendo di perdere la mia quiete per la grande dispari età. La fanciulla vestita di sentimenti sodi e fini mi assicura che in rapporto alla dispari età non ne fa alcun caso [...]. Io addunque vedendomi appianata tutta la mia proposta difficoltà mi sono abbandonato ai destini del Cielo ed ho preso qualche impegno; ma con condizione verbale di frapporre due mesi di tempo alla decisione del legame coniugale, al termine dei quali fatto d’ambo noi maturo riflesso liberi saremo o di chiudere o svolgere il nostro consentito matrimonio. Ella adunque sappia lo stato delle cose nella sua nota di verità, ciò che tutto è fatto e che facile sarà niente si effettui. Se questa strana e da me imprevedibile vicenda si porterà alla effettuazione, mi farò un dovere di parteciparla a lei per primo e siccome lei sinceramente mi ama sono certo che dentro di sé compiangerà il mio destino”189. Con questa lettera non si può sostenere che Costanza un giorno si trovò sposata senza quasi saperlo190. Nel gennaio dell’anno seguente Mayr riscrive, riferendosi al fidanzamento di Gaetano con Costanza Cerioli: “[...] L’altra opposta nuova erasi di già sparsa per la Città alta e bassa, ma esponendo la mediazione ora all’Intendente [Imperatori], ora al conte Lochis, ora ad un Religioso della Parrocchia di Sant’Alessandro, non mi sarei giammai immaginato la combinazione singolare che lei dovesse trovarsi presente ad una situazione ben romanzesca come ella la definisce. Ammiro la sua elevatezza d’animo e plaudo, al suo spirito superiore”191. Busecchi “ha chiesto la mano di Costanza non attratto dai suoi beni dotali - egli è straricco -; non invaghito della sua bellezza - essa è così povera cosa che, pur giovane d’anni, porta i segni pietosi d’una imperfezione fisica per nulla corretta dagli artifici-: ma solo vinto dalla splendente virtù e convinto del gran bene che tutti dicono della santa e saggia fanciulla”192. La deposizione seguente è fortemente denigratoria per i genitori ed è in contrasto con la lettera riportata sopra, antecedente di oltre due anni al matrimonio, ove la disparità degli anni è ben ponderata e sorpassata. “La serva di Dio diede il suo consenso senza aver veduto,

189 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr, Comonte 27 febbraio 1833. 190 cf. S. 188. 191 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassia, Bergamo 18gennaio 1834. 192 E. Federici, 78.

Biografie 53 opera omnia conosciuto il futuro sposo di cui ignorava anche l’età, il carattere e la malferma salute e che solamente le fu presentato come ricco, motivo unico, secondo me, per cui i genitori desiderassero tale matrimonio, come si costumava in quei tempi”193. Questo giudizio ha influenzato il profilo premesso al Direttorio - La Cerioli alle sue figlie: “Costanza ne restò come fulminata. Lei non aveva mai pensato alla vita matrimoniale [...] E ora avrebbe dovuto sposare una persona che neppure conosceva”194.

13. Legislazione civile

La Legge del 20 Aprile 1815 emanata da Francesco I d’Austria, appena coll’Istituito il Regno Lombardo - Veneto, prescriveva per il matrimonio (paragrafo II). “Gli sponsali, ossia la promessa di unirsi in matrimonio, sotto qualunque circostanza o condizione sia stata fatta od accettata, non produce obbligazione legale a contrarre lo stesso matrimonio [...]”. Al paragrafo VI così dice. “I minorenni sono incapaci di contrarre validamente matrimonio senza il consenso del padre legittimo”. L’età minore per contrarre matrimonio si estendeva sino ai 24 anni compiuti195, e per essere prosciolti dalla patria potestà prima dei 24 anni, anche se si era sposati, si doveva farne richiesta motivata al I. R. Tribunale. Il notaio che nel 1837 stende la richiesta per Costanza, caricando le tinte, inizia. “Essendo il prefato [Francesco] Cerioli già quasi ottuagenario ed infralito dall’età e dalle malattie […]”196. In realtà aveva solo 72 anni; morirà nel 1849, a 84 anni.

14. Gli sponsali

“20 Febbraio 1835 scrittura del matrimonio. Con la presente scrittura da erigersi in istrumento si dichiara, qualmente, essendosi con reciproca soddisfazione conchiuso il matrimonio tra il sig. Gaetano Busecchi-Tassis di età maggiore, di Comonte (frazione di Seriate, provincia di Bergamo) e la nob. Sig.na

193 S. 152 194 Direttorio - La Cerioli alle sue figlie, Breda e Carrara, Nembro 1974, 8. 195 Lo stesso valeva per l’ingresso in monastero alle giovani inferiori ai 24 anni cf. L. Dentella, Vita del sacerdote Conte Luca Passi, Secomandi, Bergamo 1933, 9. 196 Archivio Comonte K/27.

Biografie 54 opera omnia

Costanza Cerioli di età minore figlia del vivente Sig. don Francesco, e della Sig.ra Francesca nata Contessa Corniani, sono li qui sottoscritti addivenuti alle seguenti condizioni: I - Il matrimonio si celebrerà fra li futuri sposi al più presto possibile, osservate in prevenzione tutte quelle formalità sì civili, che canoniche. 2 - Il Nob. Sig. Francesco Cerioli Padre della futura sposa costituisce in dote pecuniaria a sua figlia la somma di milanesi lire trenta mila, cioè lire 27mila in denaro effettivo, e lire tremille in schirpa [dote]. 3 - Per assecondare il desiderio manifestato del futuro Sposo Sig. Busecchi-Tassis di voler percepire la dote se non in caso di avere in pronta una cauta investitura, e per dare un congruo tempo, onde procurare un tale impegno, il Nob. Sig. Francesco Cerioli si obbliga di pagare la suddetta dote entro sei mesi dalla data del celebrato matrimonio obbligandosi al frutto legale del 5 per 100 sopra le lire 27mila. Spirati poi i sei mesi sarà obbligo del suddetto Sig. Busecchi futuro Sposo di ritirare a sé il denaro costituente la dote a sollievo del sopranominato Sig. Cerioli per poterla poi impiegare o in fondi od in capitali sotto sempre garanzia della sua futura sposa. 4 - Circa il trattamento vestiario e d’altro da corrispondersi alla futura sua sposa Donna Costanza, i propri suoi genitori si rimettono alla conosciuta onoratezza, probità e proprietà del futuro suo sposo Sig. Busecchi-Tassis e in convalidazione della presente scrittura si sono le parti firmate alla presenza dei testimoni. Firmanti: Costanza Cerioli; Gaetano Busecchi-Tassis; Francesco Cerioli padre di Costanza. Testimoni alle firme: Antonio Donadoni, Antonio Carini”.

15. Lettera al fidanzato

Il promotore della fede, Mons. Salvatore Natucci, rileva: “Dagli Atti risulta che la Serva di Dio sposò per amore più che per obbedienza”197. Ed ha ragione; ne fa fede l’unica lettera che ci è restata scritta al fidanzato il 2 Aprile l835: “Carissimo Gaetano, nel ritornare questa mane [mattina] dalla Chiesa, dove fui ad ascoltare il nostro bravo predicatore, mi fu di grata sorpresa nel ritrovare il vostro servo, apportatore d’un vostro a me tanto caro foglio. Quanto mi siano grate le vostre nuove non ve lo posso esprimere, non essendo la mia penna abbastanza eloquente, ma credetemi che ne

197 Animadversiones, 27

Biografie 55 opera omnia sareste persuaso se poteste leggere nel mio cuore i favorevoli sentimenti che ho concepito per voi; e di questi ne potreste essere certo, essendo voi il primo che abbia interessato il mio cuore. Starò attendendo con desiderio la gita da voi promessami, e sarei ben felice se il pensiero dell’amaro abbandono dei miei amati genitori, e quella panica impressione che produce in me il cambiamento di stato, non venisse ad inquietarmi. Vi prego di salutarmi la Sig. vostra Sorella, e mia cara futura cognata, e sono a pregarvi a farle gradire una piccola cosarella che vi spedisco per il vostro servo, e spero presentata da voi sarà più gradita. La vostra lettera fu recapitata a chi si doveva. Addio, ricevete i saluti di tutta la mia Famiglia, in particolare dei miei genitori, nell’atto che passo a dirvi tutta Vostra Aff.ma Costanza Cerioli”198.

16. Matrimonio religioso

La pieve di Soncino, di fronte al palazzo ove nacque la sposa, vide l’unione matrimoniale tra Costanza e il vedovo anziano Gaetano Busecchi-Tassis. Molti biografi (Longoni, De Micheli, Boni, Sodano, Mosconi, Rizzi) dicono che il matrimonio fu celebrato il 20 febbraio 1835, ingannati dalla testata Scrittura (il matrimonio dell’Atto degli sponsali sopra riportato. Invece: “Consta dai Registri di questo Archivio Parrocchiale che Cerioli nob. Costanza, figlia dei legittimi coniugi nob. Francesco e Corniani Francesca, ha sposato in questa parrocchia addì 30 aprile 1835 il sig. Busecchi Gaetano di Carlo, ved. di Teresa Tassis”199. Sacerdote funzionante l”arciprete della pieve Don Gian Battista Chieraschi. Il 30 aprile era giovedì200.

17. Simone Mayr invitato

A pranzo, fatto il martedì seguente - il 5 maggio -, fu invitato anche il Maestro Mayr, che così risponde:

“Gent.mo Sig. ed Amico!. Quanto m’è sensibile e gradito il suo gentil invito, tanto più spiacevole sì è per me, di non poter

198 Lettera di Costanza a Gaetano Busecchi Tassis, Soncino 2 aprile 1835. 199 S. 942. 200 Nello stesso Atto firmano come testimoni il Rev.do Lodovico Campaniga abitante a Soncino, e il Sig. Calvenzani Domenico abitante a Soncino: cf. Archivio Pieve Soncino Libro Matrimoni, voi II, tavola 18.

Biografie 56 opera omnia approfittarmene a cagione d’un preventivo impegno incontrato questa mattina. Avrei in quell’occasione potuto goder dell’onore di baciar le mani all’amabil.ma Sig.a Consorte, non che di goder della gentil compagnia di sceltissimi commensali. La mia famiglia mi ha incaricato di fare aggradir alla gent. Sig.ra sposa i distinti suoi ossequi, ed i suoi particolari ringraziamenti. Spero momento più favorevole di far la conoscenza della Signora, mentre mi do l’onor di protestarmi con tutta la riconoscenza per i confetti e poesia, e coll’inalterabile estimazione suo dev.mo Servo ed aff.mo amico Gio. Sim. Mayr. Bergamo 5 maggio 1835”201.

18. Composizioni musicali…

In occasione delle nozze ci furono omaggi di composizioni musicali, come ci testimonia la seguente lettera indirizzata all’Egregio Signore Gaetano Tassis-Comonte: “Preg. ed Egregio Signore. Non so come esprimergli la mia gratitudine per il generoso regalo che egli si è incomodato farmi per i debolissimi miei lavori composti nella fausta occasione delle sue nozze. Quando io lì scrivevo era lontano dal mio pensiero ogni idea di guadagno e solo mi studiava di poter in qualche maniera dimostrargli la mia servitù e stima; e credetti ciò fare alla meglio col presentare ad un egregio compositore dì musica qual è V.S. alcuni frutti del mio debole ingegno, ma che indefessamente vado studiando onde perfezionarlo; quindi riguardo al generoso presente da lei fattomi è molto più valevole che le mie disarmoniche note e se lei le ha degnate di un suo compatimento io mi chiamo assai fortunato e sprone mi sarà onde progredire nella nobilissima arte da lei onorata di validi esempi ed auspici. Mi creda dì lei e della stimatissima sua consorte con ogni stima e rispetto Suo aff.mo umil. dev.mo servo Adamo Federico Alarì. Bergamo, 20 luglio 1835”202.

201 Lettera di Simone Mayr a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 5 maggio 1835. 202 Lettera di Adamo Federico Alari a Gaetano Busecchi Tassis, Bergamo 20 luglio 1835. La Filarmonica della Fenice di città bassa in data 3 aprile 1835 fece un’accademia e il Giornale della Provincia di Bergamo del 17 aprile seguente ne fa la relazione: “La parte istromentale riscosse di molti applausi. Ciò va detto e della sinfonia d’apertura dell’Accademia che fece vedere nel giovane autore, il nostro maestro Federico Adamo Alari, un ingegno facile, brillante e meritevole d’incoraggiamento”.

Biografie 57 opera omnia

19. …e letterarie

Don Antonio Tassis compose un Inno Per le gioiose nozze, e descrive il marito alla sposa così: Troverai alma gentile, egregi sensi, Nobil cor pien di fede e di sostanza Più che non speri e pensi Lui educò diva armonia ed onde farlo nella music’arte Valente, il dolce spirto al Ciel rapia De’ suoi misteri a parte [...]. Felice te! che già co’ suoi concerti Molcerà del tuo core i dolci affetti, E renderà i tuoi giorni ognor ridenti Coi musici diletti [...]203

20. Istrumento di matrimonio già conchiuso

“Regno Lombardo Veneto - Nei protocolli di me Notaro infrascritto al N... del Repertorio leggesi quanto segue: Il giorno di... dell’anno dell’era Cristiana milleottocentotrentasette, regnando Sua Maestà l’Imperatore e Re Ferdinando Primo. Istrumento di contratto di matrimonio fatto, come abbasso. Quivi costituite avanti a me Notaro e Testimoni infrascritti il Sig. Gaetano Busecchi-Tassis domiciliato a Comonte frazione di Seriate Provincia di Bergamo e la Nob. ed onesta Giovine Sig.ra Costanza Cerioli Figlia del vivente Nob. Francesco Cerioli fu Bartolomeo di Soncino Provincia di Cremona e della vivente Sig.ra Donna Francesca nata Contessa Corniani dì Brescia, in età minore agente perciò col pieno aggradimento, assistenza e consenso dei lodati suoi genitori quivi pure presenti, che danno e prestano alla suddetta loro figlia il proprio assenso ed assistenza hanno convenuto e convengono quanto

203 A. Tassis ha stampato un suo Inno in occasione dell’ordinazione sacerdotale del conte don Giuseppe Sottocasa, Mazzoleni, Bergamo 1841; e un Panegirico della Madonna di Caravaggio recitato nell’anno 1826. Nel 1829 fece un Quaresimale nella cattedrale di Trento e nel l854 nella diocesi di Cremona (“Notizie Patrie”, Mazzoleni, Bergamo 1830 e 1855). Don Giuseppe Milesi quando era a Brusaporto lo “sostituiva quando si assentava, il che avveniva di frequente, per impegni specialmente di predicazione” (8.89). “Aveva egli impiegata la sua giovinezza in fruttuose predicazioni” (P. Merati, 299). Era nato a Camerata, figlio di Carlo. Morirà a 67 anni a Comonte dove pure era morta nel 1800 la sorella Margherita a 19 anni.

Biografie 58 opera omnia segue: Si premette che con scrittura datata 20 Feb. anno 1835, che qui abbasso si dimette, hanno tra loro conchiuso con reciproca soddisfazione il matrimonio con promessa poi di erigere l’istrumento regolare per tale contratto. Desiderando ora le parti contraenti di addivenire alla effettuazione di tale reciproca dichiarazione hanno convenuto e convengono quanto segue: Il Nob. Sig. Freancesco Cerioli, Padre della Sposa, costituisce a sua figlia Costanza la dote di lire milanesi trentamila, cioè lire ventisettemila in danari effettivi di già stati sborsati come consta da regolare ricevuta, ed altre lire tremilasettecentoquarantanove, soldi 17 in mobili, ossia schirpa, stata di già effettuata come consta da ricevuta ed a tenore della stima del Pubblico Stimatore di Soncino Francesco Gazzaniga. Sopravenendo alcuno dei casi contemplati dalla Legge e relativamente al matrimonio, o restituzione di dote tanto in denari, quanto in mobili, si dovrà d’ambo le parti osservare tutto ciò, che viene disposto dal Codice austriaco. Circa al trattamento od altro da corrispondersi alla sposa si rimette il Padre della sposa alla conosciuta probità, onoratezza e proprietà del futuro suo sposo. A garanzia e cauzione tanto della dote pecuniaria, quanto mobigliare, il Sig. Gaetano Busecchi-Tassis sottopone a Speciale Ipoteca i seguenti Beni, cioè: Campo detto del [...] posto nel Territorio di Comonte Frazione di Seriate Provincia dì Bergamo di pertiche 93.21, quale confina a mattina il detto Sig. Busecchi-Tassis - a monte Conte Maffeis - a mezzogiorno strada - a sera luogo Pio della misericordia di Seriate, pervenuto al Proprietario Sig. Busecchi, come di scrittura d’acquisto notarile sotto il giorno 25 maggio 1835 a rogito. Dichiara il Sig. Gaetano Busecchi che tali beni sono liberi, ed esenti da qualunque debito e acconsente e dà l’autorizzazione al Sig. Francesco Cerioli di farlo iscrivere nel competente Officio delle Ipoteche in Bergamo a proprio carico, nonché a proprio carico le spese di tale istrumento con Copia da darsi al surriferito Cerioli”.

21. Amor omnia vincit

“Non si può comprendere, così ella [diceva], in quale isolamento si trovasse l’animo mio nel mio nuovo stato e nel silenzio della mia abitazione, lontana da tutti, senza una persona a cui confidare i miei affanni (...). Mio marito era uomo educato sì e di cuore, ma che per la sua

Biografie 59 opera omnia poca salute riusciva di umore inquieto, attaccato com’era alle sue abitudini; inoltre già avanzato in età si imponeva in modo da non osare aprirgli il cuore, né manifestargli il più piccolo desiderio; cosicché egli stesso, avvedendosi del mio riserbo mi chiamava spesso sua figlia [...]. Gli portava un sommo rispetto, lo amava con affetto di figlia, lo assisteva, lo trattava con tanta dolcezza, che egli poi ne faceva spesso spontanei i più singolari elogi con le persone più distinte, qualificandone le virtù ed i meriti e l’affetto immenso che gli portava”204. “Avrebbe ben più volentieri preferito soccombere alle privazioni e ai sacrifici, se fosse stato necessario, di quel che procurare un benché minimo dispiacere all’amato consorte, attraversandogli anche solo un desiderio”205 È vero che durante i venti anni di matrimonio Gaetano, perché malato, divenne “[...] sempre più strano, intollerante ed intollerabile”206, “bizzarro, incontentabile”207, “[...] sano, era di carattere dolce e buono; ma ammalato di paralisi, divenne facilmente irritabile e fastidioso. Amava la sua moglie; mi parve che la trattasse bene, quantunque, quando era ammalato, andasse soggetto a varie stranezze”208. Si volevano bene nonostante tutto. A mons. Valsecchi, Gaetano dichiarerà che “[...] la sua sposa era un angelo; che era virtuosissima e che fu per lui figlia, infermiera, servente”209, e che “[...] era modello di pazienza, di obbedienza e di fedeltà”210. “Prova poi che fosse vero che il Sig. Gaetano l’amasse di cuore e conosceva pure quanto a Lei dovesse di gratitudine, fu l’averla egli costituita per testamento assoluta padrona di tutta la sua cospicua sostanza”211. Nel testamento fatto il 20 dicembre 1835, pochi mesi dopo il matrimonio, dispone che “l’amatissima mia moglie Costanzina [...] abbia diritto all’usofrutto di tutta la mia facoltà [...]”; e i miei figli [che non aveva ancora] dovranno essere sempre sottomessi ed obbedienti stare sotto la prudente direzione della madre medesima, quale arbitra

204 A. Longoni, 21. 205 P. Piccinelli, 7. 206 S. 146. 207 S. 135. 208 S. 200 209 S. 129 210 S. 153 211 A. Longoni, 47

Biografie 60 opera omnia direttrice [...j. Raccomando poi alla mia carissima moglie e figli e sorellina di tenere presso di sé con carità tutta la mia servitù”212 E ne ha rispettato il desiderio: quando venne a farle compagnia la Corti “congedò la cameriera e la collocò ove l’ebbe tolta cioè nel Conventino in Bergamo, pagando ella stessa per mantenervela e pensando valersi della nuova giovane anche per sé. Rimanevano allora in casa altre due donne ed un servo”213. “[…] Coi servi che le rimasero nella vedovanza si mostrò non solo giusta, ma caritatevole e generosa, provvedendo copiosamente al loro stato quando li ebbe a licenziare per incominciare la vita religiosa”214.

212 Archivio Comonte Z/36. 213 A. Longoni, 68 214 S. 510.

Biografie 61 opera omnia

Biografie 62 opera omnia

CAPITOLO IV

Madre

1. I figli di Gaetano e Costanza

Tutti i testimoni al Processo Apostolico, come tutti i biografi, affermano che i figli nati dal matrimonio Busecchi - Cerioli furono tre. I registri della parrocchia di Seriate rivelano invece essere quattro. Il primo giugno 1836 nacque la prima figlia Francesca Maria Teresa, e fu battezzata il 13 giugno215. Nessuno mai ha rilevato l’esistenza di questa figlia che morì per postema il 15 novembre 1836216. I nomi di lei ricordano il nonno materno Francesco che le fece da padrino e la prima moglie del padre; la contessa Maria Teresa Tassis. Anche la nonna materna si chiamava Francesca. Carlo Francesco Alessandro è nato il 20 ottobre 1837217; gli fece da padrino nel battesimo - amministrato il 6 novembre 1837- il conte Alessandro Medolago di Bergamo e di lui parlano tutti i biografi perché visse fino al 16 gennaio 1854218. Il padre stesso annuncia al Giovanni Simone Mayr il 7 novembre 1837 la nascita del secondogenito: “Non voglio tacerle una nuova buona notizia: sappia che io mi trovo rimpiazzato dalla perdita di mia figlia con un altro figlio bambolino, messo alla luce da mia moglie felicemente. Ieri fu portato al Sacro Fonte per quindi essere fatto cristiano in mezzo all’armonico suono di una Banda che improvvisamente comparve nel tempio di Seriate. Bramo che Dio me lo conservi in vita e che spieghi un dì inclinazione alla bella scienza musicale”219.

215 Tav. 12, n. 53. 216 Tav. 97. 217 Tav. 19 n. 75. 218 Tav. 65 n. 4. 219 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Simone Mayr, Comonte 7novembre 1837.

Biografie 63 opera omnia

Il terzo figlio Raffaele Gaetano nacque il 9 novembre 1838 alle otto pomeridiane220; gli fu madrina nel battesimo - amministrato il 15 novembre - la contessa Camilla Suardi di Bergamo e mori il 6 agosto 1839221. Il quarto figlio nacque il 22 novembre 1842, così si legge nel registro dei morti con l’appunto: “Non ha nome perché mori appena nato”222. Nel registro dei nati223 figura invece nato il 25 dello stesso mese: ma é evidente che si tratta di un’aggiunta estemporanea tra il n. 75 e 76. Non essendo stato battezzato in chiesa dimenticarono di iscriverlo tra i nati; il giorno dopo il funerale - il 24 novembre - si ricordarono dì far nascere ufficialmente quello che avevano già seppellito, ed è iscritto solo col cognome Busecchi.

2. Infanzia di Carlo

Carlo nacque il 20 ottobre 1837; tutti i biografi224 lo fanno nascere il 16 gennaio 1838 come al 16 gennaio fecero nascere la madre! È una data fissa che suggestionò tutti: ma riguarda solo il giorno della morte di Carlo. Costanza scrive al padre il 19 febbraio 1837: “Questi giorni passati siamo stati molto agitati, per avere avuto il nostro Bambolino molto ammalato, ma grazie a Dio ora si ritrova perfettamente bene”225. Deve essere errato l’anno perché allora il figlio non era ancora nato e la figlia Maria Teresa era già morta; correggendo l’anno in 1838 tutto concorda. Costanza, “ [...] a soli sette anni l’aveva pur già saputo istruire a servire la S. Messa, che ogni dì si celebrava nell’oratorio privato della casa”226. Quasi ogni domenica andava con la madre alla parrocchia di Brusaporto. Era per tutti di grande edificazione sapendo che nella propria cappella già aveva ascoltata la messa celebrata dal suo cappellano227. Lo stesso viene detto per la parrocchia di Seriate e in

220 Tav. 25 n. 82. 221 Tav. 6. 222 Tav. 21. 223 Tav. 47. 224 P. Merati, 30; D. Mosconi “L’Orfanello” novembre 1927; A. Sodano, 24; G. Boni, 37. 225 Lettera di Costanza a Francesco Cerioli, Comonte 19 febbraio 1837. 226 A. Longoni, 27. 227 cf. S. 89.

Biografie 64 opera omnia quelle occasioni la madre portava Carlo a visitare gli ammalati228. “Il signor Busecchi, la Signora e il bambino, che avrà avuto sette o Otto anni solevano giungere passeggiando verso Seriate fino alla cascina delle Lucche”229, all’incrocio della strada di Albano con quella di Brusaporto, circa un chilometro. “Sin da quando era piccolo, [Carlo] distingueva il sabato con l’astinenza dalla frutta ad onore della Beatissima Vergine, e lo ha sempre continuato. Quando alle volte era Sabato, e non si ricordava, e a tavola metteva la mano sopra la frutta, io gli dicevo pian piano, acciò nessuno mi udisse: “Carlo è sabato”. “Hai ragione mamma”, e la lasciava sul piatto, quantunque ne fosse ghiotto”230. “Carlo aveva sortito dalla natura assieme un temperamento docile, mansueto, e fors’anche troppo timido, una tinta di melanconia. Era giunto a quell’età in cui il giovane ha bisogno di sviluppo, d’allegria, d’un amico col quale confidare, ed aprire il suo animo... Fortuna che gli fu prodiga in altro, gli fu avara in questo. Il sistema della sua famiglia, l’isolamento nel quale viveva suo padre già vecchio infermo, impediva a lui di godere, ed a me vietava di appagare queste brame che avrei voluto assecondare con tutta me stessa, e se alle volte gli esternavo il mio rincrescimento per questo, e studiavo la maniera d’alleggerire queste privazioni, mi diceva: “Ti prego mamma, non disturbare mio padre, io sono contento [...]””231. Non potendo svagarsi fuori casa, per alcuni mesi, la madre chiama a fare compagnia al figlio la cugina coetanea Giuseppina Cerioli232 che contenta comunica a sua madre “[...] leggo e scrivo assieme al Carlino che sembriamo due avvocati”233. Costanza ringrazia la cognata Maddalena: “Vi sono poi tanto obbligata dei vostri cortesi inviti di venire a Soncino, e lo farei assai volentieri, ma sapete che le mie circostanze dì famiglia, me lo impediscono, e poi voi conoscete mio marito, se gli avessi da dire che voglio andar via qualche giorno mi direbbe un no assolutamente [...]”234. Gaetano però era contento che venissero i parenti della moglie a Comonte. Nell’agosto 1845 scrive a Maddalena. “Nobilissima Signora, ebbi sentore che la nobile, amabilissima Signora cognata

228 S. 174. 229 S. 52. 230 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte 4 febbraio 1854. 231 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte (febbraio 1854). 232 cf. S. 90; 734. 233 Lettera di Costanza a Maddalena Cerioli, Comonte 12 ottobre (dopo il 1842). 234 Lettera di Costanza a Maddalena Cerioli, Comonte li settembre 1850.

Biografie 65 opera omnia aveva intenzione dì recarsi qualche giorno in Comonte, ma (forse) si è arrestata per sua delicatezza sapendo che eravamo ambedue ammalati. Se però questo bel pensiero, a noi tutti così grato, annidasse nel suo bel cuore, oh!, quanto a noi sarebbe caro. La salute della Costanzina e dì me è rimessa al primiero. Via, dunque; la stagione è buona. L’eccessivo calore più non è; è tempo dì fiera; il degnissimo don Battistino [fratello dì Costanza] vorrà forse fare qualche esperimento sulla vendita della sua seta, ciò tutto serve a tener viva la nostra lusinga. Godo saperli tutti sani; gradirà a fare aggradire il più tenero e cordiale nostro affetto a tutti della rispettabile famiglia, mentre con tutto il cuore rispettoso mi segno. Il suo dev.mo ed obb.mo servo e cognato Busecchi-Tassis”235. Carlino non vede l’ora di venirvi a salutare di persona236. Carlo fu cresimato a Seriate e gli fu padrino don Pietro Piccinelli che poi lo seguì come direttore di spirito finché visse237. Goglio Caterina nata a Seriate nel 1839 da Luigi e Maria Lazzarini nel Processo depone: “Mio zio materno era amico dì casa e padrino di cresima di Carletto figlio della Contessina”238. Ebbe due padrini?

3. Carlo in collegio

I motivi per mandare in collegio il figlio erano di natura familiare: la gelosia del padre che non gli permetteva alle volte di andare neppure dai nonni a Soncino; la mania musicale dello stesso che costringeva moglie e figlio ad assistere per lunghe ore e ad applaudirlo a tempo opportuno nelle sue suonate al cembalo239 ma c’era pure un motivo reale: “a quei tempi le scuole di Seriate si concludevano con la terza elementare; dopo l’esame di proscioglimento, chi voleva continuare gli studi doveva recarsi a Bergamo”240. La madre si adoperò per persuadere il marito ad affidare ad un collegio l’educazione del figlio241, così “[...] la Serva di Dio mandò in

235 Lettera di Gaetano Busecchi Tassis a Maddalena Cerioli, Comonte agosto 1845. 236 Lettera di Costanza a Maddalena Cerioli, Comonte 1 aprile 1851. 237 E. Piccinelli, 7. 238 Trans. f. 142. 239 cf. S. 124; 132; 138; etc. 240 G. Gambirasio, 79. 241 cf. S. 142.

Biografie 66 opera omnia

Collegio S. Alessandro il suo figlio per nome Carlo di sua iniziativa e di consenso del marito; ve lo mandò dietro consiglio di Mons. Alessandro Valsecchi”242. Forse fu decisivo l’Articolo Comunicato che il Valsecchi in principio dell’anno scolastico 1846-47 pubblicò sul Giornale Provinciale: “Casa di educazione con scuole elementari e ginnasiali nel Borgo S. Leonardo”. “Il pio e benemerito sacerdote D. Carlo Bugarelli di preziosa memoria, uomo molto intelligente dell’educazione dei giovanetti e zelantissimo nel pubblico bene, apriva, già sono due anni nel Borgo S. Leonardo, una Casa di educazione con scuole elementari e ginnasiali. Prevenuto dalla morte che lo colse quasi improvvisamente il giorno 31 agosto p.p. non poté compiere né consolidare la buona istituzione, la quale, se in tutti i tempi sarebbe stata utilissima, sembrava ora necessaria, poiché cessato da molti anni il celebre collegio mariano nell’Alta Città, il collegio Ghidini a S. Spirito, le Accademie Urgnani, Bettinelli, Carrara in Borgo S. Leonardo, non restava più entro le mura di Bergamo, ove pure si educano in tanti luoghi le fanciulle, una sola casa di educazione per i giovani, che sogliono percorrere la carriera degli studi. La morte pertanto del Bugarelli fu pianta doppiamente da ognuno e per la perdita immatura dell’ottimo sacerdote e dell’utile cittadino che egli era e per timore che venissero dispersi e abbandonati i bei principi di quella casa di educazione. Né sarebbe stato vano questo timore, se non erano alcuni sacerdoti e benevoli cittadini, i quali fatti interpreti del voto comune, seppero rappresentare così bene i vantaggi e la necessità di mantenere qui in Bergamo e specialmente nel Borgo S. Leonardo un Collegio od una casa di educazione per i giovanetti studenti, che dal Supremo Magistrato Provinciale ne ebbero appoggio; e l’Eccelso Governo di Milano con venerato Decreto 26 settembre p.p. n. 32671-3713 autorizzò la sostituzione del sacerdote Alessandro Valsecchi di Bergamo al sullodato Rettore Bugarelli. Perché poi tutte le persone che vi hanno mano o interesse non si sono proposte altro scopo che quello di procurare il benessere delle famiglie e della società me- diante la buona istruzione dei figlioli nelle lettere, nelle civili costumanze e soprattutto nel santo timore di Dio, così si nutrono le più fondate speranze che l’educazione abbia a prosperare in Ogni modo e sotto ogni rapporto”243.

242 S. 157 243 D. Mosconi, “L’Orfanello” luglio 1921, scrive che il can. Valsecchi aprì il collegio nel 1848, ma nel numero di novembre-dicembre dello stesso anno afferma che ne era Rettore dal 1 ottobre 1846.

Biografie 67 opera omnia

Costanza ne viene a conoscenza e scrive al vicerettore don Daniele Valsecchi, cugino del can. Alessandro Valsecchi: “Reverendissimo Signore, Comonte 30 settembre [1846]. Rilevo d’una di Lei lettera, diretta al Sig. Giuseppe Valtellina in data 20 settembre, che il Governo si è compiaciuto d’accordare la continuazione del collegio, nonostante la morte del Rev. D. Carlo Bugarelli. Mi dirigo dunque a Lei, onde pregarLa a far iscrivere mio figlio nel numero dei convittori essendo anche mio marito persuasissimo, stante le buone informazioni avute, ed ottime doti onde va fornita la sua persona, e certissimi che il Collegio non potrà che guadagnare sotto sì ottimi direttori. Intanto gradisca i sensi della mia stima e rispetto e considerarmi sua aff.ma Serva Costanza Busecchi-Tassis”244. Carlo entrò nel collegio nell’anno scolastico 1846-47 per frequentare la terza elementare; proseguì poi con le quattro classi di grammatica e terminò con le due classi di umanità nel 1851-53245. Le classi di grammatica e di umanità corrispondevano al nostro ginnasio246. Stette in collegio sette anni scolastici, fino al giugno 1853, quando si ammalò247, e non cinque come depongono alcuni testi248. Nel 1846 in totale i convittori del collegio erano 50; l’anno antecedente 28 249. Essendo iniziato nel 1846 il collegio nella nuova sede con regolare autorizzazione e nomina del rettore can. Valsecchi, questi si glorierà di aver avuto nel suo collegio Carlo. Nel Cenno storico intorno al nuovo istituto [della S. Famiglia] a S. S. Pio IX scriverà che Carlino “compiuta appena la sua educazione nel collegio vescovile S. Alessandro in Bergamo, primo germoglio che vi visse trapiantato, morì nell’età di 16 anni, maturo di senno, compianto dall’universale”250. Si sa che il rettore aveva molto caro il Carlino per la sua condotta, applicazione e profitto nello studio251. In una lettera a Carlo malato dice: “Vi amo come la primizia di quelli che il Signore mi ha affidato da istruire e da educare”252. Da ciò i biografi attestano che “fu il primo alunno del

244 Lettera di Costanza a don Daniele Valsecchi, Comonte 30 settembre (1846). 245 Archivio del Collegio S. Alessandro, Vol. D, Prospetti tabellari, fasc. XXXV e XXXVI. 246 C. Traini, 17. 247 A. Longoni, 34. 248 cf. S. 130; 142; 172. 249 C. Traini, 139. 250 Ist. 5. 251 cf. S. 138. 252 Lettera di Alessandro Valsecchi a Carlo Busecchi, Bergamo 19 luglio 1852.

Biografie 68 opera omnia collegio253”; “primo e migliore dei suoi alunni”254; “primogenito del suo collegio”255. In realtà anche i suoi sette compagni di terza elementare furono primi allievi del collegio.

4. Attrezzature del collegio

Il can. Valsecchi “nel 1850 per troncare le questioni insorte cogli eredi Bugarelli acquistò lo stabile di via delle Torri al prezzo di 51.965 lire austriache e attuò un completo rinnovamento edilizio scolastico e disciplinare dell’istituto”256. E ce n’era bisogno! Le seguenti notizie sul collegio sono tratte dal volume di Carlo Traini Le vicende storiche del collegio vescovile S. Alessandro in Bergamo. Dalle origini ai nostri giorni, edito nel 1946, nel primo centenario della fondazione. Si studiava alla luce di puzzolenti moccoli di sego e di fumose lampade col lucignolo immerso nell’olio di linosa o nel petrolio. Il gas arrivò a Bergamo nel 1864. Le aule di scuola erano scarsamente riscaldate dalle “brasère”, specie di tripodi contenenti brace di carbone di legna. I corridoi, i refettori, i dormitori erano costantemente gelati. Il collegio per persone di condizione “civile” delle Visitandine di Alzano non doveva essere attrezzato differentemente al tempo dell’educandato della mamma di Carlo, se le piagavano mani e piedi per i geloni. L’acqua si attingeva al pozzo del cortile, o quando pioveva, a una tinozza sotto la grondaia. Non si sapeva cosa fossero gli elastici a molla dei letti, tutti esclusivamente di legno e con tanto di pagliericcio riempito di foglie di pannocchie di granoturco, talvolta senza materasso. Il can. Valsecchi il 10 gennaio 1847 scrive al conte G. Battista Maffeis, sorvegliante governativo. “Ho voluto che tutte le lettiere avessero sostegni in ferro con assi dipinti ad olio”. Carlino avrà fatto il confronto tra il suo letto di casa e il tavolaccio del collegio. La madre ricordandosi della fattura penitenziale di tale letto, restata vedova, lo realizzò per Sé: due cavalletti di ferro che sorreggono due tavole con pagliericcio di cartocci; su questo letto riposò finché morì.

253 E. Federici, 93; P. Merati, 33 e S. 145; 154. 254 Sodano, 36. 255 D. Mosconi “L’Orfanello” luglio 1921; G. Boni, 45. 256 C. Patelli, “L’Eco di Bergamo”, 24.4.1977.

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5. Insegnanti

Essendo stato parificato il collegio nel 1854, solo da questa data risultano completi e conservati i registri scolastici. In terza elementare Carlo ebbe il maestro Carlo Gaieta, ammogliato; è l’unico che figura nell’elenco degli insegnanti del collegio come maestro elementare; svolse la sua attività dal 1840 al 1856. Gli altri insegnanti presenti nel periodo di studio e nelle classi di Carlo sono: Amigoni D. Aurelio che insegnò italiano e matematica dal 1844 al 1865. Airoldi D. Samuele per 5 anni dal 1852 insegnante di latino e greco. Belotti D. Benvenuto insegnò italiano, storia, geografia, latino dal 1849 al 1853. Bombarda D. Eugenio insegnò italiano dal 1852 al 1856. Ferraroli D. Pietro dal 1850 al 1852 insegnò grammatica e matematica. Sangaletti D. Angelo dal 1852 insegnò italiano, storia, geografia. Zanetti Bernardino, maestro di musica che per Carlo Traini257 insegna dal 1876 al 1902; ma se depone al Processo della Beata nel 1902, a 77 anni258: “[...] venendo a Bergamo a trovare il suo figlio Carlo nel Collegio S. Alessandro, si portava in casa mia insieme al figlio medesimo”259, e che questi “[...] si mostrava un ottimo ragazzo, di buona abilità, appassionato per la musica [...]”260, “là io fui suo maestro di pianoforte”, deve aver iniziato l’insegnamento verso il 1850; ed è impossibile che abbia insegnato per circa 50 anni261. È lui che ai funerali di Carlo gratuitamente esegue 27 parti di musica di Simone Mayr262.

6. Carlo premilitare

Si era ai tempi delle cinque giornate di Milano: 18-23 marzo 1848.

257 C. Traini, 221. 258 cf. S.36. 259 S. 89. 260 S. 172. 261 G. Boni, 206 lo qualifica sacerdote. È lui che dona al Pio Istituto Musicale Donizetti Variazioni composte e dedicate dal Sig. Ignazio Busecchi, parente di Gaetano, al sig. D. Giovanni Battista Cacciamatta; N. di Cat. 2373 - FaId. 189. 262 Archivio Comonte V/30.

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Con Circolare 15 aprile 1848 Tommaso Grossi, direttore generale dei ginnasi di Lombardia, comunica che il Consiglio di Stato Provvisorio aveva approvato che gli studenti fossero “addestrati nei preliminari esercizi militari senza l’uso delle armi, sotto la guida di istruttori volenterosi e gratuiti perché non ne derivi spese allo Stato”. Gli alunni avrebbero dovuto imparare il maneggio del fucile “il quale però non potrà essere che di legno, senza la baionetta e dovrà essere provveduto a spese dei rispettivi scolari.” L’istruttore in collegio fu il giovane Vincenzo Cairoli della Guardia Civica del Borgo e “veniva per puro amor di patria tre volte alla settimana e anche più, il che pareva sufficiente, trattandosi di soli 48 convittori compresi i più piccoli delle altre scuole elementari”263 Il periodo premilitare di Carlo fu breve perché, dopo neanche cinque mesi. gli Austriaci ritornarono il 13 agosto 1848, per andarsene definitivamente nel 1859.

7. Vacanze

“[...] Di quando in quando [Carlo] veniva a casa per desiderio della famiglia[…]”264. “Quando Carlino era in Collegio, nel solo timore che si sentisse poco bene, sapendo che era di sì poca salute, quando aveva da venire a casa il giovedì, cominciavo a desiderare questo giorno due o tre dì prima, e quando era a casa, il mio cuore era in una gioia inesprimibile[…]”265. Scrivendo nell’agosto del 1852 alla nipote Francesca Baldo di Brescia, figlia di sua sorella Caterina, appena morta, oltre parole di speranza e interessamento per l’eredità, dà notizie di casa sua. “Io mi porto discretamente bene, mio marito secondo il solito, il mio Carlo poi bene, la settimana veniente terminerà le scuole, e viene a casa, vedo volentieri questo momenti, puoi immaginarti, è figlio unico, nel quale ho posto il mio amore, e le mie speranze”266. Carlo “[...] mostrava di essere contento lo star sempre in casa, e diceva che egli si divertiva con lavorare qualche cosa, col far pitture, ecc.”267.

263 C.Traini, 31. 264 S. 157. 265 S. 733. 266 Lettera di Costanza a Francesca Elisa Baldo, Comonte 7agosto 1852. 267 S. 732.

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8. Collaborazione scuola - famiglia

“Illustrr.ma Sig.ra Contessa, Bergamo 23 giugno 1852. Non avendo potuto rispondere prima alla gentilissima sua del 19 corrente, né volendo lasciarla in una angosciosa incertezza circa la condotta di suo figlio, scrivo la presente e la consegno al suo figlio medesimo, il quale godrà sentirsi ripetere da Lei quello che vi si contiene; giacché da molto tempo io non ho argomento di lamentarmi né intorno agli studi, né intorno alla disciplina, anzi me ne lodo, e ho tutta la lusinga che non sia per mancare a se stesso, ai suoi superiori e molto più ai suoi parenti. I rispetti umani pare che diano luogo a poco a poco, e vinti questi, credo che tutto il resto sia facilissimo. Le savie ammonizioni e le incessanti preghiere con le quali ella, adempiendo le parti di madre veramente cristiana, assiste suo figlio, giovano al medesimo assai più che le mie parole e le mie cure. Non che accusi suo figlio, che anzi accuso me stesso vedendomi troppo inferiore al delicato officio che mi sono addossato. V. S. dunque faccia di assistere con le sue orazioni non solo il suo Carlo, ma anche il Rettore e avrà fatto un gran bene ad ambedue. Io la ricambierò alla meglio raccomandandola ai miei sacrifici e raddoppiando le attenzioni verso vostro figlio. La prego dei miei ossequiosi rispetti all’ottimo suo marito nel mentre ho l’onore di professarmi della S. V. I. Umil. Obb.mo servo Prete Alessandro Valsecchi”268. Carlo in collegio si trovava bene e anche fisicamente, in rapporto alla sua costituzione, non dava motivi di preoccupazione. Vi fu un’epidemia di colera che scoppiata ai primi di agosto 1849 durò fini ai primi di novembre, mietendo un migliaio di vittime in città ed altrettante in provincia. Carlo ne fu esente però fece le “ferze”. Del colera ne parla la madre scrivendo al fratello Gian Battista269.

9. Malattia di Carlo

Da una lettera di Carlo al Rettore si conosce che in luglio 1852 si trovava a casa ammalato. “Comonte 16 Luglio 1852. Reverendm0 Signor Rettore. Con piacere mi trattengo con Lei con queste mie due righe, dandole le mie nuove le quali sono sul medesimo piede di quando ero in Collegio, cioè la mia tosse continua un giorno più un giorno meno, ma io però ho lusinga, piacendo a Dio, che fra pochi giorni mediante una piccola

268 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 23 giugno 1852. 269 Lettera di Costanza a GiovanBattista Cerioli, Comonte 2 settembre 1849.

Biografie 72 opera omnia cura che mi fa fare il Dottor Piccinelli, di poter guarire, e così essere al caso di poter essere presente alla loro solennità di S. Luigi. Questa mattina il papà ricevette la nota circolare, e la sua lettera, il medesimo dice che si rapporta intieramente con questa data, e dice Signor Rettore. I miei genitori stanno bene e mi incaricano di riverirla tanto, in particolare la mamma la quale le professa infinite obbligazioni. Anche don Antonio tanto la riverisce. Ed io porgendole i miei ossequi, nel mentre, con tutta stima e compiacenza mi pregio di essere suo devot.mo Alunno Carlo Busecchi”270.

E il Rettore gli risponde: “Il 19 luglio 1852 Bergamo. Carissimo! Vi ringrazio della premura che avete avuto in ragguagliarmi dello stato di vostra salute, sebbene avrei desiderato che le notizie fossero migliori. Spero però che adesso starete meglio sotto la cura del Sig. Dr Piccinelli e lontano dai libri e dalla scuola. Dico questo non perché abbiate a precipitare il vostro ritorno al Collegio, che prima vi vorrei guarito bene; ma perché la vostra salute m’interessa assai e vi amo come la primizia di quelli che il Signore mi ha affidato da istruire e da educare. Intanto approfittatevi delle malattie e della solitudine di vostra casa, e della ‘santa conversazione della vostra Sig.ra Madre per coltivare meglio il vostro spirito, ciò che importa soprattutto. I miei rispetti ai vostri parenti, al Sig. D. Antonio e al Sig. Dottore, e ricordatevi spesso avanti Dio di chi vi si professa tutto vostro Prete Alessandro Valsecchi”271. L’anno scolastico seguente 1852-53 frequentò il collegio, ma a giugno il rettore invia alla madre questa missiva: “[...l Il vostro Carlino è malato, non vi turbate perciò; il male non è poi grave, ma potrebbe diventarlo. Io penso che nel Collegio non potrà trovare quelle cure che troverebbe in famiglia sotto gli occhi del padre, tra le vostre cure amorevoli e sapienti [...] e che il respirare l’aria nativa potrebbe essergli cagione di troncare l’apparso malanno e ridonargli la primitiva freschezza [...]”272. “Si andò manifestando in Carlino uno stato di debilitazione generale e di esaurimento, sul quale i medici non seppero pronunciarsi”273. Invece il medico curante del collegio diagnosticò subito essere tisi. Medico-chirurgo del collegio dal 1847 al 1857 era il dottor

270 Lettera di Carlo Busecchi Tassis ad Alessandro Valsecchi, Comonte 16 luglio 1852. 271 Lettera di Alessandro Valsecchi a Carlo Busecchi, Bergamo 19 luglio 1852. 272 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo (1853). 273 G. Boni, 48.

Biografie 73 opera omnia

Bellebono Carrara di Bergamo, abbastanza noto per la sua scienza medica, per la sua esperienza e più per la bontà del suo carattere e per la sua vigilanza e sollecitudine singolare nella cura degli infermi; si era obbligato a visitare due volte per settimana il collegio, anche se non vi erano ammalati e di prestare l’assistenza del caso, se ve ne fossero. L’onorario era di 120 annue274. Alcuni attribuirono la malattia e poi la morte ai trattamenti irragionevoli sopportati in famiglia e al dispiacere che provava lui, di animo così delicato e sensibile nel vedere la mamma trattata a quel modo275. Il giovane Carlo tenuto così chiuso e in tanta soggezione dal padre ne risentì non poco, anche fisicamente, a detta dei medici stessi276

10. Sotterfugi della madre

“C’era in fondo al giardino un luogo che si sottraeva alla vista immediata di chi guardava dalle stanze abitate del palazzo, ed un uscio parimenti che metteva segretamente sulla via. Ora quel luogo era pertanto l’unico dove Ella di soppiatto si recava col figlio, allorché qualche giovinetto suo compagno, veniva per salutarlo, ed ella era costretta ad indirizzarlo appunto colà. Allo stesso modo doveva fare occorrendole la necessità di ricevere altre persone, cui doveva commettere fatture d’abiti od altro, giacché se il marito non rifiutava di sopperire alle spese necessarie, e di retribuire equamente quegli che le somministrava, pareva però alcune volte dolersene alquanto, e specialmente durava difficoltà a riconoscere tutto quello che richiedevano le circostanze del figlio. Perciò ella ricorreva in tutte queste occasioni, che pur le si presentavano molto frequenti, a questo espediente, ed usando di ciò che aveva lecitamente a sua disposizione, suppliva da sé nella detta maniera, volendo in ogni modo evitare a lui qualunque motivo della più piccola conturbazione”277. Difatti scrive al fratello Gian Battista che amministrava i suoi

274 C. Traini, 137. A pag. 213 è detto Bellebono. 275 S. 146. 276 G. Boni, 47; E. Federici 103. “Il medico di famiglia, persona ragguardevolissima, attestò non aver potuto Carlo raggiungere quel grado sufficiente di fisico sviluppo che è necessario alla conservazione della propria esistenza, per essergli da giovinetto corrotto il sangue, a causa dell’oppressione morale a cui sottostava sì di frequente per la troppo imperiosa condotta che il padre teneva verso di lui” (cf. A. Longoni, 31). 277 A. Longoni, 32.

Biografie 74 opera omnia beni a Soncino. “Siccome mi ritrovo senza dannari, e non voglio importunare mio marito, così vi prego a mandarmi un 500 lire”278.

I miglioramenti temporanei della malattia illudevano il ragazzo, e si rileva dalla lettera che scrive al vicerettore del collegio. “Comonte il 29 luglio 1853. Reverendo Sig. Vicerettore. Lei dovrà perdonare la mia trascuratezza nel dargli notizia di me, poiché sempre sperando di guarire perfettamente, mi credevo di dover venire alle scuole. Presentemente mi trovo molto migliorato, tuttavia le esortazioni del medico e dei miei genitori mi persuadono, a non fare gli esami, onde la prego di consegnare al servo, i miei libri di scuola e di musica, se non gli è d’incomodo, sperando di venire io tosto che guarito a fargli i miei ringraziamenti. Sinora non sentii che alcune poche notizie del Sig. Rettore perciò bramerei che lei di alcuna cosa ragguagliasse il mio servo, onde anch’io sappia alcun esito del viaggio da lui intrapreso279. Gli faccio tanti doveri da parte dei miei genitori, e da D. Antonio, e la prego di riverirmi i miei Sig. Maestri con un saluto ai miei compagni. Intanto pieno di stima e di obbligazioni riverendola mi dico il suo Aff.mo Alunno Carlo Busecchi”280.

“Dal Collegio, il 5 agosto 1853. Carissimo, mi arrivò la vostra del 29 p. p. e per l’affetto che dappertutto spira per noi e per le cose nostre e per le notizie consolanti che contiene circa la vostra salute, dico consolanti in confronto delle peggiori che temevo dal vostro silenzio e altrui che poco fin qui ne ho potuto sapere quantunque non lasciassi passare incontro che mi si offrisse per indagarne qualche cosa. Allegro carissimo, che se l’allegria piace tanto al Signore ed è sempre bella cosa, a voi si rende oltremodo necessaria per riavervi dai vostri malori e dar conforto ai vostri rispettabilissimi genitori che vi stanno in mezzo al cuore e dei quali siete la più cara delizia. Non vi diano il minimo pensiero gli esami che non vi sono necessari e ad ogni modo potete farli quando che sia. Vi ricambiano dei loro più cordiali saluti i Sigg. Maestri, i vostri compagni e condiscepoli che ieri se la godettero infinitamente a Boltiere e a Vaprio e non mancò forse che la vostra presenza desideratissima al più compiuto divertimento. Più di tutti poi vi saluta il Rettore reduce dal suo viaggio che fu felicissimo e fecondo di privilegi per il Collegio come a voce vi sarà già stato riferito, poiché ad onta di tanti ostacoli che si erano frapposti

278 Lettera di Costanza a GiovanBattista Cerioli, Comonte 16 luglio 1851. 279 A Vienna per ottenere la parificazione del ginnasio. 280 Lettera di Carlo Busecchi Tassis a Alessandro Valsecchi, Comonte 29 luglio 1853.

Biografie 75 opera omnia arrivò ad ottenere la pubblicità per le prime quattro Classi e di poter unire alle due classi di Retorica le due Scuole private di Filosofia, molto in sé e caparra del resto che sembrano disposti ad accordare in seguito. Addio. I miei doveri coi vostri Ill. Sigg. Genitori. Con la lusinga di potervi presto parlare di presenza, godo esternarvi i miei sinceri sentimenti di stima e di amore e di sottoscrivermi come mi professo di essere Vostro aff.mo amico D. Daniele Valsecchi”281.

11. Parenti preoccupati

La cognata Maddalena scrive a Costanza sulla fine del 1853: “Io non so cosa pensare di voi perché vi ho tanto raccomandato di sapermi dire l’andamento del vostro buon Carlino, ma con mio dispiacere sono stata delusa. Ora desidero di saperlo se non vi è d’incomodo [...]”282. All’inizio del 1854, termina un’altra lettera così. “Fate i miei saluti al Sig. vostro marito e il buon Carlino sperando che sia già buonina la sua salute”283.

12.. Compagni, buoni amici

“Carlo conosceva l’amicizia, e l’amore che portava ai suoi amici condiscepoli lo dimostrò quando domandandogli io con istanza se avesse qualche desiderio, che gli avrei adempiuto scrupolosamente mi disse: “Guarda, mamma, quando hai dispensati i libri più belli della mia piccola libreria ai miei amici, non ho altro” per quanto ancora lo sollecitassi. Lasciava ai suoi amici la cosa più cara che avesse, i libri, nei quali impiegava la maggior parte del suo tempo, e la sua passione per i medesimi si palesò sino quando entrava in agonia, avendomi fatto mettere un libro sotto il suo capezzale, dicendomi, quando gli chiesi se voleva leggere. “Chi sa, che non legga ancora”, e queste furono quasi le sue ultime parole”284.

281 Lettera di Daniele Valsecchi a Cado Busecchi Tassis, Bergamo 5 agosto 1853. 282 Lettera di Maddalena Cerioli a Costanza (fine del 1853). 283 Lettera di Maddalena Cerioli a Costanza (inizio del 1854). 284 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte 4 febbraio 1854.

Biografie 76 opera omnia

13. La morte di un angelo

“Compiuto appena il corso ginnasiale nel nostro Collegio di S. Alessandro in Bergamo, già maturo di senno, ricco di pietà, di religione e di svariata cultura, carissimo a tutti per bontà di cuore e per soavità di modi, morì giovinetto di sedici anni in braccio alla madre”285. Motivo di conforto in questa dolorosa circostanza dovette essere per la madre la bontà di Carlo, frutto della sua educazione e delle sue preghiere. Si lodava “[...] altamente della straordinaria e precoce virtù di questo suo figlio, che chiamava il suo angelo”286. “[...] Il Signore l’ha voluto, pazienza; gli ho però dato un angelo”287. La morte del figlio Carlo avvenne il 16 gennaio 1854. Alcuni cenni degli ultimi giorni di Carlo sono scritti in due lettere inviate dalla madre al Rettore del Collegio, che glieli aveva richiesti perché avrebbe voluto descriverne la vita288; sono il migliore necrologio.

14. Necrologio - panegirico della madre

“Rev.do Sig. Rettore, Comonte 4 febbraio 1854. I giorni passano ma il mio dolore per la perdita del mio caro Carlo si fa sempre più vivo: ho perduto tutto in quell’anima pura, e immacolata. La mia vita era troppo legata con la sua per potermelo scordare sì facilmente: mi aiuti con le sue orazioni Sig. Rettore acciocché approfittandomi di questa sì grande disgrazia, possa essere fatta degna, quando Dio mi chiamerà a sé da questa terra d’esilio, d’esserle compagna in cielo come lo sono sempre stata sopra la terra. Lei desidera ch’io l’informi di qualche particolare che le faccia conoscere quella bell’anima nel tempo della sua malattia, come so fare, ben volentieri gliene traccio qui una piccola descrizione. La sua rassegnazione fu ammirabile. Tutto il tempo di questa sì lunga malattia, che fu di sette mesi, mai non si udì da quella bocca nessun atto di impazienza quantunque la natura stessa della malattia gli cagionasse grande tristezza. Io non lo vidi mai ridere in tutto

285 Ist. 27. 286 S. 157. 287 S. 203. 288 cf. S. 145.

Biografie 77 opera omnia questo tempo, nemmeno quando le aure autunnali sembrava che gli avessero restituita la salute. Credo che soffrisse, sempre, quantunque me lo nascondesse per paura di accrescermi la pena, che ben vedeva in me grandissima quantunque mi sforzassi di vincermi, ma le mie lagrime molte volte mi tradivano. Gli ultimi giorni quando non poteva più nascondere i suoi dolori mi diceva, con un volto che ispirava la compassione: “Se sapeste mamma, quanto soffro, pazienza!” e pazienza pure diceva tutte le volte che bisognava voltarlo, sollevarlo, ecc. ecc. Un giorno gli dissi: “Ascolta, Carlo, se Dio prevedendo forse che restituendoti la salute non ti avesti da salvare, e che invece per premiarti dei tuoi ottimi diportamenti ti volesse prendere ora in paradiso, vi andresti volentieri?”, mi rispose subito con prontezza: “Altro mamma, sarebbe una grazia grande”. Gli dissi una volta: “Io ho molta fede nella Beata Vergine della Cintura che ti abbia da restituire la salute”. “Come ha da fare la Madonna a farmi la grazia se non le dico più i Pater”. Era vero, siccome si era aggravato, credetti bene non farglieli recitare per paura che patisse il suo stomaco, e prima li diceva ma sempre in compagnia. Un altro giorno gli dicevo con un poco di passione: “Ho fatto tante devozioni, tante, Carlo, ma sinora non guarisci”. “È segno che non lo meritiamo” mi rispose con rassegnazione. E quando gli mostrava il mio rincrescimento sul timore forse, o di non aver secondato il medico, o che non si fosse tenuto abbastanza da conto, ecc, mi diceva: “Scaccia questi pensieri! Se Dio mi voleva guarito, sarei guarito lo stesso, è il mio destino questo”. Un’altra volta mi disse: “Mamma mi rincresce morire per non poterti ricambiare tante premure che hai avute per me”. Queste parole mi compensavano abbondantemente di tutto. Vedendolo più pensieroso del solito gli dissi: “Carlo cosa pensi?”. Pensava a tanti progetti che avevamo fatti, ed ora... “Non crucciarti, Carlo, Dio ti compenserà con abbondanza in paradiso”. “Lo so mamma, non mi rincresce, sono indifferente a morire, però quando mi sento un poco meglio guarirei volentieri”. Aveva fatto una divozione spontanea alla Madonna di Ardesio, e quando io gli domandavo: “Hai fede ancora, Carlo?” “Oh, la fede ce l’ho tutta, ma per me è fatta”. E queste furono si può dire le ultime sue parole. La sua ubbidienza era edificante. Quando una sera, dieci giorni prima che questa bell’anima andasse in paradiso, siccome incominciava a star male mi si fece capire che non bisognava perder tempo onde fargli fare le sue divozioni, e perciò bisognava disporlo. Io dopo aver lottato lungamente tra le angosce dell’incertezza cioè tra l’amor di madre che ripugnava a quest’ufficio e il dovere di cristiana

Biografie 78 opera omnia che mi stimolava a farlo, finalmente gli dissi: “Carlo, mi sembra che tu stia più male del solito e ho paura che ti cresca il male, ho avuto tanta premura per il tuo corpo e non ne avrò per l’anima tua? Dovresti confessarti”; mi rispose con indescrivibile dolcezza: “Mamma, mi sembra di non essere in tale stato, però se lo credi, lo farò” e lo fece subito infatti. Quando capiva che soffriva molto, gli dicevo: “Abbi pazienza che Dio ti premierà subito col paradiso”, “Oh, non dirlo, mamma, subito subito, spero bene di andarvi anch’io in paradiso, ma così subito no, ne ho fatti anch’io di peccati e non so come andrà. Ci penso, vedi!”. “Offri a Dio la tua gioventù - gli dicevo- la tua malattia, i tuoi dolori, la prospettiva brillante che si preparava avanti ai tuoi occhi...”. Allora taceva, faceva forse nel suo cuore il sacrificio, e Dio lo avrà accettato. Oh! Dio è giusto, e avrà saputo premiarli questi sacrifici. Gli ultimi suoi giorni, credo fossero pieni di mortificazioni, prendeva senza esitare le medicine in bibite, per le quali aveva una ripugnanza grandissima, ed infatti rigettandole quasi sempre il Medico gliele sospese. Accettava con pazienza, e silenzio altri rimedi che il medesimo credeva bene d’applicargli, che gli ultimi giorni si sospese per non più tormentano [...].

La sua fede era grandissima, il giorno di Natale dopo ch’ebbi udito le tre Messe entrata nella sua camera gli dissi: “Carlo, ho udito tre Messe, una per te, una per me, e l’altra per quella povera gioventù che quest’oggi non andrà in Chiesa”. “Oh ne ho conosciuto anch’io vedi, uno di quelli che il giorno di Natale non udì la santa Messa. Fanno compassione questi poveri giovani, ti assicuro che quando ci si ritrova in loro compagnia, e che escono con qualche discorso contro la religione si arrossisce per loro”. Mi diceva alle volte: “Quel giovane è buono, ma ha la disgrazia che i suoi parenti lo curano poco e poveretto corre pericolo di perdersi nelle cattive compagnie”. Il suo pensare era superiore alla sua età. Io lo consideravo come mio amico, mio consigliere, e come tale lo consultavo in tutte le mie cose e i suoi consigli gli potevo seguire ad occhi chiusi, essendo tutti suggeriti dalla prudenza. Aborriva la menzogna. Era leale, e sincero, la sua fisionomia stessa esprimeva la bontà. Sino dai primi anni che era in collegio gli ritrovai nei suoi abiti una volta i suoi proponimenti dei Santi Esercizi, ed un’altra volta i nove giorni d’una Novena a Maria, distinti tutti con qualche mortificazione, e ossequio particolare. Sono passati degli anni, ma io li conservo ancora, li ho tenuti nelle mie carte più care, facevo conto un giorno di restituirglieli acciocché si ricordasse del fervore della sua prima gioventù. Quante volte non piansi di gioia. Mio Dio perché togliermelo? Perché darmi tanta

Biografie 79 opera omnia consolazione per rendermi ancora più amara questa perdita. Ero la più felice delle madri ed ora... Sig. Rettore, dirò anch’io dietro l’esempio del mio Carlo, pazienza! Dio mi ha data una gran croce, ma lo pregherò sempre che mi faccia la grazia almeno, di approfittarmene, onde ottenere un giorno il premio promesso a quelli che piangono. [...] “Povero Carlo! Prega per me - gli dicevo nei suoi ultimi momenti - ch’io pure pregherò sempre sempre per te”, “Oh non dubito io di te mamma”, lo sapeva bene il mio Carlo quanto lo amavo. Sig. Rettore, ecco come ho saputo fare, una succinta narrazione di quanto mi chiedeva. Non toccava a una madre il fare l’elogio di suo figlio, ho procurato d’essere sincera. Lei lo ha conosciuto, ed educato per tanti anni, vedrà se questo è il suo carattere. Dio mi perdoni se ho provato della compiacenza, forse mi ha voluto punire perché andavo troppo superba di questo dono e amavo forse la creatura più che il Creatore. Sia fatta la sua volontà, ma mi perdoni qualche sfogo di lagrime. Se verrà a ritrovarmi mi sarà sempre caro, oltre che le ho infinite obbligazioni, era caro al mio Carlo: mi compatisca e mi consideri sempre di lei devotiss.ma ed obb.ma serva Costanza Cerioli Busecchi-Tassis”289.

15. “... Non voglio farlo credere un santo”

Con la seconda lettera al Rettore, che si riporta quasi per intero, si completa lo sfogo amoroso della madre per il figlio tanto caro.

“Rev.do Sig. Rettore, come le promisi aggiungo ancora qualche particolare riguardante quella bell’anima del mio buono e caro Carlo; ma, Sig. Rettore, io col far questo né intendo, né voglio farlo credere un Santo; no, no, esso pure aveva i suoi difetti, ma nella sua età sì giovanile questi bei sentimenti facevano obliare molte imperfezioni, d’altronde questo può servire d’esempio ai suoi compagni se leggeranno queste carte, e comprendere quanto giovi fornirsi di sani principi perché di tutte le ricchezze queste sole ci sono utili quando Dio ci chiama a sé. Carlo trattava con molto riguardo la servitù, schivava più che poteva d’incomodarla; quello che poteva fare da sé lo faceva volentieri, e quando era costretto a servirsi della loro opera, particolarmente nel corso della sua lunga malattia, la comandava con

289 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte 4 febbraio 1854.

Biografie 80 opera omnia molto bel garbo aggiungendovi sempre: “Fatemi piacere a far questo, fatemi piacere a far quest’altro”, di maniera che era dai suoi dipendenti generalmente amato quantunque Carlo fosse di poche parole. Aveva scolpito nel cuore il principio che il nascer grandi e ricchi è sorte, e non virtù, perciò li considerava nostri fratelli infelici, lo stesso pure considerava i poveri e mai non si ricusava, quando gli si suggeriva, dalla sua piccola mussina [salvadanaio], di levar qualche cosa, e darla ai medesimi. Della sua esattezza nelle pratiche di religione ne parlai credo nell’altra mia lettera. Nonostante aggiungo ancora, che sino da quando era fanciullo aveva la stessa premura, mi ricordo che dimenticandomi alle volte di fargli recitare le orazioni solite alla fine della giornata dopo che era a letto, andandogli attorno onde prestargli quelle mille attenzioni che conosce solo una madre, ciò ricordandogli gli dicevo: “Carlo, questa sera ci siamo scordati di recitare le orazioni” mi rispondeva subito: “Ebbene mi alzerò adesso e le dirò”, e si metteva infatti per farlo; ma io lo confesso con rincrescimento, per paura che ad alzarsi s’incomodasse gli facesse male alla salute questo incomodo, da nulla soggiungevo: “no, no Carlo, sta tranquillo, puoi dirle anche a letto [...]”. Mi ricordo, anche, che in principio della sua malattia quando alla sera, come si costuma a fare in tutte le famiglie cristiane, si recitava il rosario, e non andando a dirlo nella chiesetta di casa, come al solito, ma per qualche accidente se lo diceva nella sala dove allora ci ritrovavamo Carlo si voleva sempre mettere a ginocchio in terra, io dunque a pregarlo e sollecitarlo di stare seduto che poteva pregiudicare al suo male già da tempo incominciato, ma Carlo bisognava che stesse assai male per assecondarmi [...]. Allora mi venne scrupolo e come per riparare al male fatto mi feci promettere da Carlo che quando fosse guarito avrebbe sempre detto il Rosario in ginocchio, anche quando, padrone di sé si sarebbe trovato tra i suoi compagni. Povero Carlo, me lo promise così volentieri!... In Collegio aveva appreso massime sode di religione. Domandandogli una volta se era meglio una elemosina ai poveri o far celebrare una Messa, mi rispose guardandomi, e quasi meravigliandosi della mia ignoranza: “Una Messa, mamma, una Messa: questa non ha prezzo”. […] Altre volte ignara di quanto sì presto mi sarebbe toccato gli dicevo: “Quando Carlo saremo là, ancor noi a calcar le stelle? [...]”. Avrei voluto essere dotta, sapiente, onde sapere il nome dei pianeti, delle stelle per intrattenerlo. Oh io non invidiavo nessuna madre, avrei voluto che tutte tutte fossero presenti alla mia felicità, ma Dio che ha decretato che nessun piacere qui in basso fosse esente

Biografie 81 opera omnia d’amarezza intorbidiva queste mie estasi con un pensiero che Carlo non poteva essere felice, pienamente felice, che qualche cosa gli mancasse. Lui non lo diceva, ma cosa può nascondersi agli occhi di una madre [...]. “...E Dio sel tolse... E l’avviò sui floridi sentieri della speranza, ai campi eterni, ai premi che i desideri avanza””290. In un soliloquio scritto durante gli Esercizi ad Albino nel 1855 ricorda: “Quanta premura, quanta attenzione, quanta sollecitudine non si ha onde conservare la salute ad un figlio unico, perché si dice: “se mi muore questo non ne ho più; se ne avessi due allora sarei più andante [...] “ e l’anima tua non è meglio di un figlio unico? e se la perdi? [...] conservala dunque con quella attenzione e sollecitudine con cui una madre conserverebbe il suo unico figlio”291.

16. Partecipazione al dolore: anonimo...

Una lettera di condoglianze, anonima e senza data, conferma il giudizio della madre in pianto su questo figlio. “Se l’amicizia e la confidenza da più tempo non mi avesse ella dato, assai di buon grado ora mi esimerei carteggiare per non nuovamente riaprire la piaga del suo dolore e della funesta rimembranza. Sensibilissima mi fu la notizia del testé trapassato, e ne rimasi stordito dell’immatura morte cui fu colpito l’amabile suo unico rampollo. Ma grava l’angoscia sua e mi affligge la perdita del nobilissimo angioletto, figlio di impareggiabili virtù e semplicità: fondamento e gloria dell’Illustrissima sua casa. Era tale il trapassato da ragionevolmente sperarne per le belle virtù che in età sì giovanile rilucevano e che in avvenire con estrema sua gloria si speravano. Ma Iddio volle così mostrare che le cose umane sono vane e fragili; e se così a Lui piace, che possiamo noi fare? Dolerci dei suoi decreti? A noi non è dato di poter investigare il profondo pelago dei suoi altissimi segreti. Affliggerci? Ciò non ristora il cordoglio avuto; come donna religiosa conviene voltarsi a Dio ed in Lui porre l’amore, perché solo merita d’essere veramente amato. Esso solo può dare certo e sicuro bene. Se il trapassato tutt’or vivesse avrebbe gran dispiacere vedere l’amata sua mammina in grandissima afflizione perché l’amava, non sia dunque che il suo contegno dispiaccia a colui

290 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte (febbraio 1854). 291 Archivio Comonte U/8.

Biografie 82 opera omnia che sempre studiava compiacerla. Io so bene che lei come cristianissima non ha bisogno dei miei avvertimenti ma l’ardire mi fu dato nel poter seco lei confidentemente ragionare. Infatti è vero, che l’oggetto del suo presente dolore nacque da lei, ma per la gloria eterna. Lei lo nutri, ma perché vivendo amasse Dio; lei lo allevò, ma perché apprendesse a conoscere e servire solo Dio. Se così è, com’è di fede, cessino l’amare rimembranze, e li afflittissimi palpiti del cornicciato suo cuore, ed a gloria di Dio ed a onore del trapassato concambisi il suo dolore, ed appagasi il suo cuore all’uniformarsi cristianamente ai supremi voleri in un col travagliato Giobbe e come questo offra a Dio meritevolmente il doloroso sacrificio Dominus dedii; Dominus abstulii, sit nomen Domini benedictum [il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!, Giobbe 1, 21b] e con ragione, per angelo, lo allevò ed angelo deve congratularsi che glielo rese”292.

17. ... un parente

“Mia cara cognata, oh!, quanto è afflitta l’anima mia nel pensare lo stato vostro cuore! Mia cara cognata, so bene che il materno vostro cuore è tutto ricoperto di eccessivo travaglio: travaglio però che non si può biasimare. Mia buona, è vero che questo caro figlio era uno dei più desiderabili che fosse giammai; tutti quelli che lo conobbero, lo riconobbero, e lo conoscono tale, e questa è l’occasione che cagiona la vostra amarezza. Consolatevi, o mia cara Costanza, questo figlio era nato per andare a servire il Signore. Oh, quanto è stato felice questo giovinetto nell’essere come un angelo volato al cielo. Che pegno avete lassù! Mia cara, vi assicuro che egli avrà già quietato la naturale tenerezza della vostra maternità. Consolatevi dunque, mia carissima cognata, e sollevate il vostro spirito adorando la Divina Provvidenza, la quale opera tutte le cose a nostro maggior bene e benché i motivi dei suoi Decreti a noi siano nascosti. Scusatemi se con questa mia vi ho dato motivo di pensare al vostro dolore. Vorrei sperare e desidero con tutto il cuore nella Divina Provvidenza che questa mia lettera abbia di essere a voi di sollievo.

292 Corrisponde alle Lettere corrispondenti 275. È anonima e senza data. Probabilmente si tratta di Ottavio Tasca. È scritta nel gennaio 1854.

Biografie 83 opera omnia

Riveritemi il Sig. Gaetano e D. Antonio. Carissima cognata desidererei che questa mia possa essere a voi di sollievo al vostro spirito e non di renderlo melanconico”293.

18. La Superiora Generale delle Figlie del Sacro Cuore

“Carissima Contessa, il Signore l’ha dolorosamente visitata perché l’ama con predilezione; lei ben lo conosce, che ce lo dice la nostra santa religione, essere doni le croci. Questo però non toglie che la misera natura non getti i suoi lai [lamenti], e non senta nel piò vivo le perdite le più care. Né il Signore appunto se ne offende, poiché Egli è l’Autore della stessa natura basta solo si sottometta ai suoi voleri, e questo l’ha fatto, e ogni volta che lo fa raddoppia in merito innanzi al Signore, e si prepara alle sue grazie più elette. Quanto mi consola la piena confidenza che lei ha sull’assistenza del Signore!”294.

19. Funerale in bianco

“Diede l’ultimo sfogo alla tenerezza materna con splendidi funerali nella chiesa parrocchiale in Seriate. I poveri furono in questa circostanza, largamente soccorsi: questi accorsero in folla a rendergli con le preghiere l’elemosina che avevano molte volte da lui abbondantemente ricevuto”295. I genitori di Carlo, Gaetano e Costanza, in pianto, furono circondati il 19 di gennaio dall’affetto di parenti, amici, conoscenti, beneficati che li capivano ormai soli dopo che l’ultimo loro figlio era morto. Ed erano venuti per portarlo in mesto trionfo all’antico cimitero di Seriate, dove esisteva la tomba dei Tassis296; c’erano pure tutti i compagni di collegio. Dalla diligenza della madre sappiamo che ai funerali parteciparono 120 sacerdoti di cui 63 celebrarono la santa messa.

Ma è bene riportare la distinta completa, conservata nell’archivio di Comonte, della Nota e spese relative al funerale di mio figlio Carlo297.

293 Lettera di Maddalena Cerioli a Costanza, Soncino [dopo il 16gennaio 1854]. 294 Lettera di Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 15novembre 1854. 295 A. Longoni, 37. 296 cf. S. 928. 297 Archivio Comonte V/30.

Biografie 84 opera omnia

Musica di Mayr eseguita dal Sig. Maestro Zanetti N. 27 parti L.269 Maestro Zanetti gratis Arciprete per doppia e Camposanto L. 14 Sacerdoti N. 105, che hanno avuto elemosina L.525 Sacerdoti N. 14 gratis, come all’all.to Sacerdoti N. 57 che hanno celebrato Messa in tal giorno in Parrocchia, nei singoli Oratori, ed in Comonte N. 12 L. 57 Sacerdoti N. 6, che hanno celebrato gratis, in Parrocchia Numero 93 sacerdoti intervenuti al Campo Santo l’1 cadauno L. 93 Per Messe celebrate in Parrocchia nei giorni 17 e 18 N. 15 L. 30 Chiesa Parrocchiale, Campanaro, fruo dei paramenti, Diacono, Sottodiacono, Cerimoniere, Padrino L. 28 Servienti Numero sette L. 7 Gestatoria L. 2 Sacrista e Sottosacrista L. 9 Campanaro L. 6 Seppellittore L. 6 Numero dieci giovani che hanno portato il feretro L.2,50 cad. L. 25 Numero venti individui che hanno portato le torcie L.2 cad. L. 40 Levamantes L. 4 Al Bidello della Confraternita del SS.mo per l’invito dei Confratelli L. 6 Confratelli del SS.mo Sacramento N. 97 L.1 cadauno per la candela dovuta secondo l’usanza L. 97 A varie cariche di Confraternita L. 6 A due giovani per le torcette di S. Luigi L. 2 A due giovani che hanno portato le croci L. 4,50 Alle Chiese di Pedrengo e di Boccaleone per i candelabri occorsi L. 4 Numero 27 sacristi delle singole Parrocchie per le cotte portate L.2 cadauna secondo l’usanza L. 54 Numero tre individui di Comonte incaricati per l’invito dei Rev. Sacerdoti L.3 cad. L. 9

Biografie 85 opera omnia

Ai due portantini di timpani e contrabasso L. 4 Strato bianco di Borgo Pignolo L. 26 Corona d’argento di Borgo Pignolo L. 2 All’incaricato per lo strato bianco di Bergamo L. 3 Fattura della Croce di cera magnifica di lirette 26 L. 26 A due facchini che hanno portato da Bergamo la Croce di cera L. 4 Numero sette servitori, cioè ai due dei Sig.Piccinelli, ai due del Sig. Noli, ad uno del Nob. sottocasa per aver condotto il Sig. Rettore del Collegio L. 21 All’Alessandro Tinti per il buon ordine L.3 Al Zini Giacomo... Brigotti per condotta e ricondotta dei candelabri di div. Chiese L.4 All’Assolari per essere andato a Bergamo L.2 Assi occorsi per la tomba, e condotta d’assi e di altri servizi prestati all’occasione dal Tomaso L.19 A due mandati appositamente a Bergamo per cera L.4 A Bottarlini Giovanni per la tumulazione, ed assistenza d’altri L.8 Cera come da polizza e conto saldato L.1302,60 I Professori del Collegio del Sig. Valsecchi, col Rispettabile Rettore e tutti gli alunni intervenuti gratis Iscrizione fatta eseguire dal Sig. Rettore gratis Avute... L.320 et erogate a beneficio dei poveri L.320 Per mance servitù, Messe, riconoscenza al Sig. Curato D. Antonio e Tomasi L.238,25

L.3384,35

20. Intervenuti gratis al funerale

Locatelli D. Domenico, precettore in casa Noli Milesi D. Giuseppe, economo spirituale di Brusaporto Manzoni D. Andrea di Grassobbio Brignoli D. Alessandro di Torre de’ Roveri

Biografie 86 opera omnia

Mansi D. Tito V.P. di Seriate Tommasi D. Bortolo di Comonte Valsecchi Mons. Alessandro, Rettore del Collegio Valsecchi D. Daniele, Vice Rettore del Collegio Mangili, Collegio Caironi D. Carlo, maestro Zenoni maestro Guglielmo Prefetti N. 3 Zanetti maestro Bernardino Noli Can. Alessandro con la torcia, Parroco di S. Anna Donadoni Antonio Giovanni Piccinelli Pederbello col reverendo Maestro

21. Gli altri figli

Tornando a casa dal cimitero, la madre ripensava: “Era più virtuoso di me [...] Doveva essere la vittima sacrificata per tanti infelici”298. L’ultima espressione profetica del figlio: “[...] Il Signore ti darà altri figli da mantenere!”299 la sollecitava. E perché si potesse realizzare la sostituzione di poveri orfani col suo Carlo nel godimento dei suoi beni, in data 28 febbraio 1854, quaranta giorni dopo il funerale, fa testamento, vivente ancora il marito per fondare un istituto a nome di Carlo, inviandolo con lettera al canonico Valsecchi lasciando, oltre a delle case ed a qualche altro capitale, l’annua rendita di L. 10.000. Disponeva anche della sostanza del marito “[...] perché a caso morissi prima del sudetto Gaetano, bramerei farglielo adotare”300. Il Valsecchi più volte scrive alla contessa Costanza ricordando il collegio “[…] ove il di lei Carlino attinse i sodi principi della scienza e della virtù, per cui in età ancor giovinetta visse caro e riverito da tutti e maturò per il cielo”301. “Io stesso ho perduto in esso [Carlino] il primogenito del mio collegio, e mi conforto pensando, che sarà come la primizia di quei frutti che saranno offerti a Dio in abbondanza da questo campo che ho piantato e che vado coltivando con tante fatiche per la salvezza della nostra gioventù”302.

298 E. Federici, 90-91. 299 S. 143. 300 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte 28 febbraio 1854. 301 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo (18 aprile 1857). 302 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 1 aprile 1854.

Biografie 87 opera omnia

“Se crede passando per Bergamo credesse di fare anche una visita a questo Collegio, ove crebbe a tante virtù e a sì belle speranze il suo amatissimo e virtuosissimo Carlino, [...] lo faccia in buon’ora che io e tutti ne saremo consolati ed onorati. La di Lei memoria è indivisibile da quella del Figlio primogenito di questo Istituto”303. “Dica qualche cosa anche per me al suo Carlo in paradiso ove certo mi avrà perdonati tanti mali esempi e avrà di me maggior compassione”304. “[...] E sono dolente di non poterle mandare insieme le memorie del suo Carlino. Nutro fiducia però di poterlo fare fra pochi mesi”305.

22.. Costanza, erede universale

Il marito si affretta a stilare un nuovo testamento e scrive: “Attesa la disgraziata morte di mio figlio istituisco erede d’ogni mia sostanza la mia diletta moglie Costanza Cerioli, fermi i legati espressi nel mio testamento in data 20 dicembre 1835, riservandomi a dare alla predetta mia moglie le mie istruzioni sul modo di erogare una parte della mia eredità”306. Nel primo anniversario della morte del figlio, annota la madre “[...] per ufficio al povero Carlo, senza cera, L.136,70”307; aveva infatti disposto per legato decennale la celebrazione dell’Ufficio funebre e di dieci sante Messe nell’annua ricorrenza 308.

23. Sola

Don Pietro Piccinelli nell’elogio funebre di Costanza rievoca il triste primo periodo di lei senza il suo Carlo, con ampollosità oratoria, così: “Questa povera Signora ferita nel cuore [...] errava mesta e taciturna qua e là nel suo palazzo di Comonte tutta incerta del suo avvenire. Una cupa malinconia si era impossessata del suo animo e quasi n’aveva ammortizzata la vita stessa. Non sapea più difatti cosa volesse adesso la sua volontà, cosa desiderasse il suo cuore, dopo che l’unico suo desiderio lo aveva perduto. Spesse volte

303 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 6novembre 1854. 304 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 16 maggio 1854. 305 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 5ottobre 1854. 306 Archivio Comonte Z/36. 307 Archivio Comonte H/3. 308 cf. Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Comonte 19 marzo 1857.

Biografie 88 opera omnia distruggeva alla sera il proposito del mattino. Tutti i luoghi della sua dimora le erano di gravoso affanno dacché le ricordavano il perduto suo figlio. Era costretta a vivere nella sua casa quasi alla foggia di una prigioniera, interdicendosi sovente ora l’ingresso in un appartamento ora quello di un altro, e per un anno intiero anche quello del giardino se voleva diminuire possibilmente le dolorose reminiscenze della profonda sua sciagura”309.

309 P. Piccinelli, 9.

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Biografie 90 opera omnia

CAPITOLO V

Vedova

1. La morte di Gaetano

“[...] Esaminandomi trovo che mi tacciono di due cose: di non vedermi mai, o quasi mai attorno, e di fermarmi molto in Chiesa. Alla prima [osservazione] procurerò rimediarvi con l’andare almeno due o tre volte la settimana in legno [col calesse] con mio marito. Di venire poi a Bergamo, non ho uno scopo, un motivo. Io non ho relazioni... È vero che vi andavo anche prima, ma allora vi andavo per Carlo, mai per divertirmi [...]. Riguardo poi [al fatto] di fermarmi troppo in chiesa il più è un’ora e mezza la mattina ed un’ora sotto il mezzogiorno in stanza, dove faccio la lezione spirituale. Mi sembra di non trascurare quanto devo per questo a mio marito e alla famiglia. Il tempo della mattina lo passo intanto che il medesimo è ancora a letto, poiché io mi alzo presto, però se questo può singolarizzarmi troncherò la mezz’ora della mattina, e diminuirò l’altra del mezzogiorno”310. Alcuni testimoni affermano che il marito era paralizzato da una decina d’anni311 e in forma progressiva312. “Gaetano al suo settantacinquesimo anno d’età, colpito da paralisi progressiva, vien costretto a letto, intorno al quale per cinque anni [...] la sposa fedele darà una prova altissima di bontà e di sacrificio”313. Altri scrivono: “Il Busecchi dopo il matrimonio venne colpito da paralisi e per ben 20 anni sarà un tremendo peso per la Beata”314.

310 Lettera di Costanza ad Alessandro Valsecchi, Comonte 30 ottobre 1854. 311 cf. S. 174. 312 cf. S. 154. 313 “L’Orfanello” gennaio - febbraio 1944. Gaetano muore a 78 anni, quindi non può essere paralitico per 5 anni, se ne è colpito a 75. 314 cf. Cent’anni di vita 1857-1957, Bertoni, Bergamo 1957, 9; “Osservatore Romano della Domenica” 19 Marzo 1950.

Biografie 91 opera omnia

Se Costanza fa il proposito di recarsi in carrozza due o tre volte per settimana a Bergamo insieme al marito, questi a meno di due mesi dalla morte non doveva essere tanto paralizzato; ciò è confermato sia dalla lettera al fratello Gian Battista ove l’informa che “con mano tremante, vi do la triste notizia che mio marito si ritrova da due giorni in agonia dopo pochi giorni di malattia; io quantunque afflittissima per questa imminente perdita; grazie a Dio godo anche discreta salute”315, e nel Giornale contabile 1855 ove è annotato. “Per mancia alle persone che lo hanno assistito nei pochi giorni della sua breve malattia L. 91.12”316. Il signor Gaetano morì per marasma senile proprio in quel Natale a 78 anni e furono spese per il funerale, fatto il 29 seguente, L. 2353.20317. La moglie poi dispose che per dieci anni nell’anniversario si celebrassero 10 Sante Messe e un Ufficio funebre318, come per il figlio Carlo. A titolo di eredità della sostanza lasciata dal marito, Costanza versò con quietanza del 5 Luglio 1855 L. 2416.08 all’I. R. Ufficio di Commisurazione di Bergamo319. Costanza rimase vedova a meno di trentanove anni!

2. Preghiera e carità

“La vera vedova, rimasta sola, ha riposto le sue speranze in Dio e persevera nelle preghiere e nelle suppliche di notte e di giorno (1 Tim 5,4). S. Francesco di Sales che fu maestro di spirito della collegiale Costanza commenta: “Sia l’orazione il continuo esercizio della vedova, perché non dovendo avere più amor altro che per Iddio, non deve avere parole, quasi che per Lui”. Questa fu la norma di Costanza e viene attestato nel processo. “Dopo la morte del marito ho sentito dire che o stava ritirata in casa o andava nell’uno o nell’altro convento”320. “La vita che condusse lungo la sua vedovanza posso dire in due parole che fu di ritiro e di orazione continua; so anche che in quel

315 Lettera di Costanza a GiovanBattista Cerioli Comonte 25 dicembre 1854. 316 Archivio Comonte H/3. 317 Archivio Comonte H/3. 318 cf. Lettera di Costanza Cerioli a Pietro Luigi Speranza, Comonte 19 marzo 1857. 319 Archivio Comonte, Pacco 17/7. 320 S. 209.

Biografie 92 opera omnia tempo concepì il disegno di farsi religiosa, secondo [quanto] mi disse essa medesima”321. “In compagnia di alcuno della casa saliva sulla vicina collinetta, ove in una Chiesa, poco dopo restaurata a sue spese, pregava per non breve tempo dinanzi all’immagine della Regina dei dolori”322, affresco attribuito al Cavagna323. “Nella sua vedovanza, non solo non si abbandonò ad una vita oziosa o di lusso o di divertimenti, ma visse sempre ritirata, interamente dedita alle cure della sua famiglia ed alle opere di carità verso i poveri e gl’infermi”324. “Prendeva nota delle risposte che gli orfani davano alle sue interrogazioni, per poterli collocare in qualche orfanotrofio, ove essendo ammessi, continuava a mantenerli a proprie spese”325. “Benché suo fratello ed i nipoti le offrissero le loro case, la loro compagnia per distrarla, non volle per nessun conto allontanarsi da Comonte”326.

Mons. Speranza scriverà alla nipote suor Eletta Agostina a Brescia: “Se potessi darvi il confessore, ve lo darei pestifero” cioè austero e burbero. La vedova Costanza aveva scelto proprio lui perché era così, e don Teanini annota: “E così Egli talora si dimostrava coi penitenti [cioè austero, burbero, greggio] che ben conosceva poterlo sopportare e volea condurre ad alta perfezione. Così trattava talora colla nobile Donna Costanza Cerioli quando, morto l’unico figlio ed il marito, pensava di offrire tutta sé e le sue ricchezze in servizio di Dio (come fece poi fondando il Pio Istituto della Sacra Famiglia). Essa facea sei o sette chilometri di strada per confessarsi e consigliarsi da lui; ed egli quando la facea aspettar lungo tempo, quando la sbrigava in due parole secche, quando le dicea non aver bisogno il Signore della sua roba ne dei suoi denari - e quando la umiliava in altri modi duri ed austeri -. Ma la savia penitente, anziché disgustarsi, se ne ritornava sempre edificata e non finiva mai di lodare quel suo direttore veramente governato dallo Spirito di Dio, come mi riferì più volte l’or defunta Suor Luigia Corti che l’accompagnava ordinariamente in quelle contingenze. In tal maniera la Cerioli veniva introdotta a quell’alta perfezione che si

321 S. 199. 322 A. Longoni, 50. 323 G. Zambetti, Da Bergamo a Trescore, Isnenghi, Bergamo 1908. 324 S. 176. 325 A. Longoni, 52. 326 A. Longoni, 48.

Biografie 93 opera omnia legge nella sua vita scritta egregiamente dal bravo sacerdote D. Paolino Merati”327.

3. “Fa’ bene, e poi sii in pace”

La vedova Costanza scrive il 20 Gennaio 1855 a Mons. Speranza. Questi le risponde il 4 Febbraio: “Pregiat.sima, gentil.sima”, “ signora, finché tu stai qui nella mia Diocesi sei mia Diocesana, e debbo dirti la verità che ti può giovare. Guarda che tu sei impedita e imbrogliata da tanti non voglio dir più fili di stoppa ma fili di ragnatela. Sbrigati, vieni fuori. Sei come quel giovane del Vangelo, che voleva seguire il Signore, ma aveva tante cose del mondo che glielo impedivano. Tu dici di esser disposta, di non voler altro che fare la volontà di Dio, d’esser pronta, e ti parrà di non cercare che il miglior bene da fare; invero credimi che sei legata e impedita: non mi sembri vuota, e morta, né distaccata col tuo spirito da tutto, come dovresti essere: anzi è poco dire che non mi sembri, non sei!. Tante cure, tanti pensieri, tanta importanza che dai a tante cose che non sono che bagatelle alla fine! Mi fai compassione davvero. Distaccati, muori, pensa all’anima tua; il mondo è nulla; è nulla per te lo stesso bene che puoi disporre a questo mondo. Che giova il fare del bene per gli altri? Prima per noi, in casa nostra, Dio ha diritto che lo serviamo bene noi prima di tutto. Se ci fosse S. Ignazio ti metterebbe negli Esercizi, ma ci vorrebbero lunghi, finché non l’intendi affatto. Io ti propongo di metterti nell’anticamera della morte, e poi star li, anzi tenerti fra un uscio e l’altro, lì per entrar dentro. Oh procura di morire a tutto! Distaccati da tutto e da te stessa, e vivi al mondo un po’ qui, e col tuo animo un po’ più di là con Dio, coi Santi, e colla Vergine, all’eternità. Gesù nel cuore, eternità nella mente, mondo sotto i piedi e soprattutto amore, amore a Dio (S. Caterina da Genova) come ti dicevo, è vero che non si può andare, se non chiama Dio, ma a considerare questa verità dobbiamo andar avanti noi. Tu sei impedita, tu sei legata, tu non puoi essere di Dio finché non muori. Per riguardo ai lasciti tutto è fatto subito, e tutto va bene. Se ti pare così, fa così; se ti parrà altrimenti, farai altrimenti. Non è che non ti sia obbligato del bene che fai o che hai intenzione di disporre in questa mia Dicesi. Ti sono obbligatissimo, e farò che siano adempiute a puntino tutte le tue prescrizioni; e se vorrai mutarle, o levarle di qui, sempre sarai padrona. Ma quel che ora mi preme è di acquistar bene te e l’anima tua.

327 Lettere inedite di S. E. Mons Pietro Luigi Speranza, Istituti Italiano d’Arti grafiche, Bergamo 1903, 45, nota 1.

Biografie 94 opera omnia

Fa’ bene, e poi sii in pace o qui o al tuo paese, e fa quello che Dio ti ispira; e il consiglio nostro facciamo sempre presto a dartelo, e a buon mercato, senza necessitarti ne sforzarti minimamente; poiché quando sarai buona, il Signore suggerirà a te o di conservare o di mutare come che sia nelle tue disposizioni; e quel che ti suggerisco, lo farai, che non v’è difficoltà nel disporre delle nostre cose; la difficoltà è nel dispor bene di noi. Addio. Ti benedico. Aff.mo Servo in Cristo Pietro Luigi, Vescovo”328.

4. Programma del Vescovo

Dopo venti giorni insiste Mons. Speranza: “Car.ma e Stim.ma in Cristo chi non sa che la beneficenza sarà buona anche a Seriate? Ma, adesso tu non hai bisogno di pensare alla roba, ma a te stessa. Quando sarai in regola tu, allora metteremo al suo posto anche la tua roba. Guardati dagli uomini che ti cercheranno per aver la tua roba. Procurati Dio. Che importa mai tutto questo mondo? Nella tua mente ha una grande importanza, eppure non è niente per te come per tutti. Io se fossi nel caso tuo non ci penserei neanche alla roba. Penserei a procurami un galantuomo, ma di quei che sono rarissimi al dì d’oggi, e a lui darei incombenza di fare tutti i conti, e mettere tutta la roba in buon ordine; e poi vorrei che della roba se ne tenesse da conto, perché è grazia di Dio e se n’ha da far buon uso, e non ha da andar male niente. Dopo penserei al mio Dio, alla mia eternità, alle massime della fede e mi purgherei, e distaccherei da tutto meglio che potessi; e poi dopo vedremmo che cosa s’ha da fare di più bello e buono colla mia roba. Ti benedico. Vieni quando vuoi. Bergamo 24 Febbraio 1855, Pietro Luigi Vescovo”329.

5. “S. Ignazio ti metterebbe negli Esercizi”

“[…] Perciò la consigliò ad entrare prima dalle Suore Canossiane e poi un 15 giorni anche in ritiro presso le Suore del Sacro Cuore”330.

328 Lettera di Luigi Speranza a Costanza, Bergamo 4 febbraio 1855. 329 Lettera di Luigi Speranza a Costanza, Bergamo 24 febbraio 1855. 330 S. 221, cf. S. 227, 243. L’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore fu fondato a Bergamo dalla beata Teresa Eustochio Verzeri. Il beato Palazzolo diceva che “erano così misurate, così educate che parlano sempre in italiano; sono anime fini che lavorano in fino; esse

Biografie 95 opera omnia

6. Presso le Canossiane

“Visitava pure talvolta le monache Canossiane in Bergamo, ora per farvi il giorno di ritiro, ora per trattare con loro, conducendo con sé alcuna persona di sua conoscenza che desiderava veder profittare degli avvisi e degli esempi di quelle ottime madri. È quindi facile indovinare com’esse non indugiassero a comprendere qual bello acquisto avrebbero fatto in lei non già sol per le sue materiali ricchezze, ma per il suo carattere e le virtù che presentava, se mai le fosse piaciuto di entrare nel loro Istituto. Ne fecero perciò a lei la proposizione, e le porsero le loro Regole da leggere. Ma non ne fu ella persuasa, imperocché, come asseriva, Dio, le fece sentire internamente esservi un palese dissenso tra l’opera che le si offriva allora e quella che Egli voleva da lei […]”331. “[...] Mons. Speranza [...] la consigliò di recarsi dalle Canossiane, dove si trovava una giovane figliola [Luigia Corti che desiderava ardentemente farsi religiosa. Vi si recò e la trovò subito persuasa della proposta; soltanto vi era la grave difficoltà da parte del suo Direttore Spirituale [don Giambattista Tiraboschi332] il quale non le aveva permesso di entrare nelle Canossiane. Espose la cosa al suo direttore la figliuola, il quale con sorpresa della stessa le disse spontaneamente: “Va’, ora è venuto il tempo che voleva il Signore’”333; mentre prima la consigliava [...], stare a casa sua ove aveva assai da fare col padre infermo e la matrigna con sei figli”334.

lavorano da orefice, io invece faccio il fonditore in ghisa”. C. Castelletti, Vita del Palazzolo, Tavecchi, Bergamo 1920, 68). 331 A. Longoni, 53. 332 Fu molto tempo preside del Patrie liceo e infine arciprete a Costa Mezzate. 333 S. 244. 334 A. Longoni, 66.

Biografie 96 opera omnia

7. Con le Figlie del Sacro Cuore335

“Ieri sera seppi accidentalmente come piacque al Signore di chiamare agli eterni riposi il suo degno Consorte, e visitare lei con una nuova afflizione [...]. Per quella amicizia di cui ci onora io mi prendo la libertà d’offrirle di venire a passare con noi alcuni giorni a suo spirituale sollievo. Qui potrà avere tutta la quiete, la libertà, il comodo di trattenersi col suo Dio del cui conforto e del cui aiuto deve certo sentire in questi momenti di maggior bisogno. Potrà sollevarsi colle Religiose, prender parte ai nostri pii esercizi o starsene ritirata come le aggradirà. L’assicuro che sarà a tutte carissima, e troverà in tutte delle vere amiche e sorelle nel Signore”336. “Se il Signore la vorrà Figlia del Sacro Cuore, noi l’avremo carissima: ma la grazia maggiore sarà per lei [...]. L’abbiamo aspettata come ci aveva lusingate, e l’aspettiamo ancora con desiderio. Ella ha tanta bontà di adattarsi; però deve scusare ove abbiamo mancato, e aggradire il buon cuore”337. Il canonico Valsecchi le scrive: “[...] Sento con piacere che è stata

335 Le notizie che riportiamo sono state tolte dalle Memorie manoscritte che si conservano nella Casa Madre delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù (piazza Teresa Verzeri, 3 - Bergamo). Prima delle date riportate difficilmente la Contessa Cerioli può essersi incontrata con le figlie del Sacro Cuore, essendo queste assenti dalla città di Bergamo fino al 1 novembre 1854. Dopo l’ultima data del 14 giugno 1855 non si trovano altre notizie della Contessa Cerioli.

22 gennaio 1855. Trovavasi qui da alcuni giorni una purissima donna, la Contessa Costanza Cerioli di Comonte, paese della diocesi di Bergamo. Essa possiede grandi facoltà delle quali sembra voglia disporre a favore di qualche casa di beneficenza. Per tali sue disposizioni bramava consigliarsi con mons. Vescovo [Speranza]. A tal fine Egli ebbe la compiacenza di qui recarsi. La detta signora fu pienamente soddisfatta dei di lui consigli. Essendo questa Signora piissima le fu accordato intervenire alle pratiche [i momenti di preghiera comunitaria] della Comunità, che la edificarono, come del pari furono di lei le sorelle tutte.

10 marzo 1855. L’Illustrissima Signora Contessa Cerioli stata fra noi alcuni giorni si mostrò assai bene affetta all’Istituto, e gode poter prestarsi per noi. Oggi ci fece il dono di un bellissimo orologio di cui eravamo in bisogno.

12 marzo 1855. La Contessa Costanza Cerioli ritornò di nuovo a passare alcuni giorni con noi.

14 giugno 1855. La Signora Costanza Cerioli si portò qui al Gromo, onde con noi passare la festa del Sacro Cuore e assistere alla Vestizione che si farà domani. 336 Lettera di Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 29 dicembre 1854. La Madre Generale Giovanna Francesca Grassi scrive nove lettere alla beata dal 15 novembre 1854 al 26 luglio 1858. 337 Lettera di Madre Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 12 febbraio 1855.

Biografie 97 opera omnia a fare una visita alle RR. madri [dell’Istituto del Sacro Cuore] e che di più ha ricevuto una lettera della R. Madre Generale. Mi piace assai che ella coltivi questa relazione, perché sono donne veramente di spirito e di uno spirito assai buono e sodo; ed ella potrà ritrarre grande vantaggio per l’anima sua”338. [...] Veramente le persone secolari non si ammettono agli Esercizi delle Religiose. Ella Signora Contessa è considerata come una delle nostre, e con pienissimo gradimento viene ammessa e accolta sempre dalla comunità”339. Va a fare gli Esercizi ad Albino e scrive. “Riflessioni e consigli utili e necessari prodotti e cavati dai SS. Esercizi di Albino lì 10 Novembre 1855”340. In questo tempo mons. Speranza si recò a visitarla ed interrogarla come si trovasse. “Bene, Monsignore fin troppo bene”. “Dunque vi sentite di rimanervi?”. “Come crede Sua Eccellenza”. “No, soggiungevale, voglio sapere come vi sentite internamente”. “Nel mio interno non vi sento per nulla affatto inclinata: anzi, se prima vi avevo qualche inclinazione, ora si è sopita del tutto; mi sento invece spinta a vita più povera e a convivere con persone di più bassa condizione”. Allora il santo Vescovo rispose: “Ritornate subito a casa in pace e attendete a far del bene, pregando il Signore che ci scopra la SS. volontà che noi l’eseguiremo: va bene?”. “Benissimo, Eccellenza” e partì341. Suor Domenica Piantoni depone al Processo che una suora, Figlia del Sacro Cuore, di nome Cicala, che era stata compagna della serva di Dio in quei giorni, le disse che “[...] erano rimaste veramente edificate dal contegno di lei e che sarebbero state ben felici di accogliere nel loro Istituto una così santa signora, ma essa diceva di non sentirsi chiamata a farsi Figlia del S. Cuore, perché era un Istituto troppo alto ed aristocratico; mentre essa si sentiva chiamata a vita più umile e semplice, e occupata nelle opere di carità a beneficio dei poveri. Ad ogni modo, conchiudeva la suora, noi le abbiamo preparata la loro fondatrice”342.

338 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo 22 dicembre 1854. 339 Lettera di Madre Costantina Rondini a Costanza, Albino 1 settembre 1855. La Madre Costantina Rondinini scrive tre lettere alla beata nel 1855. 340 Archivio Comonte U/18. 341 A. Longoni, 65. 342 S. 228.

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8. “Guardati dagli uomini che ti cercheranno per avere la tua roba”

“Amare il marito mentre è in vita, è cosa assai comune fra le donne: ma amarlo tanto da non volerne un altro dopo la sua morte, è un grado più forte d’amore” (S. Francesco di Sales). “Non desiderò altre nozze, anzi rifiutò quelle che le furono nuovamente proposte da diverse persone”343. Resistette alle lusinghe di un matrimonio che sarebbe stato per lei assai vantaggioso e decoroso col nobile dottor Ercole Piccinelli di Seriate344. Era vedovo dal 25 ottobre 1849, quando gli morì per parto la moglie Angiolina Plebani Madasco. La neonata Giuseppina morì con lei; gli restava Giovanni, il figlio primogenito.

343 S. 243. 344 cf. S. 201, 216, 227, 249, 268, 549. Ercole Piccinelli “il più illustre personaggio di Seriate del secolo scorso”. (G. Gambirasio, Seriate nella storia, Orobie, Bergamo 1966, 64). Nato a Seriate nel 1805. A vent’anni laureato in medicina e chirurgia a Pavia. Nel palazzo di fronte alla parrocchiale di Seriate una lapide posta dall’Amministrazione Comunale il 31 maggio 1939 perpetua le sue benemerenze civili e patriottiche: In questa casa abita / Ercole Piccinelli / che coi fratelli Antonio e sacerdote Pietro / fu protagonista del fatto d’arme dell’8 giugno 1859/egli durante quarant’anni / resse la nostra amministrazione comunale / ebbe per 20 anni / la presidenza della Camera di Commercio di Bergamo / fu deputato al Parlamento nazionale / nel corso di quattro legislature / morì ottantaquattrenne il 12 maggio 1889. Il fratello Dr. Antonio fu Procuratore dell’Istituto (cf. Lettera di suor Paola Elisabetta al Prevosto di Soncino, Comonte 31 luglio 1862; Lettera di suor Paola Elisabetta al Prevosto di Soncino, Comonte 22 settembre 1864; Lettera di suor Paola Elisabetta a suor Nazarena [Comonte febbraio 1865]) e fabbriciere della Arcipretura di Seriate; (G. Gambirasio, op. cit. 36), bibliofilo e raccoglitore di tutto riguardo di quadri.

L’altro fratello don Pietro “ottimo e dotto sacerdote” (S.205), cerimoniere della Vicaria di Seriate (Stato del Clero 1862) era “di una carità inesauribile, di bella mente, che scrisse con brio in difesa della chiesa e dei suoi diritti. Fu sempre affezionatissimo al Pio Istituto”. (Lettere inedite di S. Ecc. Mons. Pietro Luigi Speranza, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo 1903,15). Nel museo storico risorgimentale di Seriate esiste un suo busto in gesso. Alla sua morte “fu pertinacemente negato l’onore di una funebre orazione dal pergamo nella chiesa parrocchiale di Seriate: non un sacerdote ha osato trasgredire gli ordini superiori, che ingiunsero al clero di non proferire una parola di lode al defunto e di non recarsi a memorare una preghiera sulla sua fossa...” (Commemorazione del sacerdote don Pietro Piccinelli decesso il giorno 18 Maggio 1869, 4). Il motivo fu presumibilmente la sua dichiarata professione patriottica, anti-austriacante.

I Piccinelli avevano a Bergamo Alta un palazzo già dei Tassis nell’omonima via (R. Mangili, Vincenzo Bonomini, Monumenta Bergomensia, Bergamo 1975, 42> in esso vi sono decorazioni di Bonomini.

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9. “Penserei a procurarmi un galantuomo... e a lui darei incombenza di far tutti i conti”

Costanza “rimasta vedova, affidò la sua sostanza da amministrarsi a persone probe e capaci, sopra le quali però esercitò sempre la sua assidua vigilanza”345. “I contadini che dipendevano da lei facevano come volevano: erano però migliori di quelli di oggi”346.

10. “Cosa s’ha da fare di più bello e buono con la mia roba”

“Le collane d’oro e i gioielli avuti in dono in occasione del suo matrimonio depose ai piedi della Vergine SS. nel suo antico Santuario di Desenzano al Serio. I preziosi e ricchi indumenti da signora non usò più e scomparvero a poco a poco, divenendo proprietà delle chiese dei dintorni”347. “Volle donare tutti i suoi gioielli di un valore che si calcolava di circa L. 10.000. Tutto questo tesoro lo volle affidato al Santuario di Desenzano al Serio, ove si conserva tuttora”348. Purtroppo nella notte tra il 27 e il 28 Ottobre 1914 dei ladri asportarono tutti i preziosi. “[...] In occasione che un carro era venuto a Comonte, a caricare quanto di tele, di argenterie e di altre suppellettili preziose, quando vide il carro partirsene uscì a dire: “Come sono contenta e come sto bene che queste cose partono da casa mia””349.

11. Vedova esemplare

Benedetto XV disse a Padre Angelo Orisio, Superiore generale del ramo maschile della Sacra Famiglia, recatosi da lui il 18 Dicembre 1921 per iniziare l’Istituto Agricolo di Vigna Pia a Roma, che si

345 S 159. 346 Trans. 148V. 347 D. Mosconi, “L’Orfanello” settembre 1922; P. Merati 73; S.308. Mons. Speranza potrebbe aver suggerito alla vedova Costanza di donare le gioie, di cui voleva disfarsi, al Santuario di Desenzano al Serio, perché nel 1858 si stava per incoronare la Madonna. La corona benedetta dal Capitolo Vaticano nel trasporto in Gennaio da Roma tra Civitavecchia e Livorno affondò col periscafo Aventin; le persone si salvarono, ma la corona non si ripescò più. Se ne preparò un’altra e il 10 Ottobre avvenne la solenne incoronazione. 348 S. 345. 349 S. 379.

Biografie 100 opera omnia augurava di poter beatificare la Cerioli nell’anno santo 1925 “per mostrare alla nobiltà come si può santificare una vedovanza”350. Due anni prima aveva emanato il Decreto per la introduzione della Causa di Beatificazione.

350 Bergamaschi Giuseppe è confidente di P. Orisio.

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Biografie 102 opera omnia

CAPITOLO VI

Fondatrice

1. In memoria del figlio

“Nel punto di spirare di mio figlio mi vennero subito alla memoria le parole dette dal medesimo a me nel tempo della sua malattia [Oh, il Signore ti darà altri figli], e concepii il pensiero di fare un Istituto o Orfanotrofio dei figli, che si chiamasse Istituto Carlino, cioè fondato colla sostanza di mio figlio”351. Vedova da un mese, scrive il 20 gennaio 1855, al vescovo mons. Speranza che la sostanza del marito va ai Padri delle Missioni, Istituto ora nascente in Bergamo352, le sue proprietà mobili e immobili vanno in parti uguali all’istituto delle orfane e traviate e agli orfani Carlini che fonderebbe a Soncino353. La nipote Giuseppina depose: “In quel tempo medesimo io stessa ricordo che le mandai alcuni versi [...] e so che ella rimase impressionata da alcune parole che dicono: “Ed in ostello umile cerchi altri figli il tuo materno zelo””354. Manteneva da poco una orfana al Conventino di Bergamo, quando alla fine di marzo 1855 si presentò una seconda orfana. Il sacerdote don Giuseppe Agnesez, emigrato spagnolo, rettore della chiesa sul colle, che godeva la confidenza di donna Costanza, le suggerì di tenerla presso di sé e con la retta risparmiata avrebbe

351 S. 735. 352 Sacerdoti che dal 1853 si erano radunati a vita comune nel Seminario vecchio, e fin d’allora vivevano come una Congregazione e affiancavano il Collegio Apostolico, cui aderivano ecclesiastici distinti per scienza, pietà e zelo pastorale. Mons. Speranza e il can. Valsecchi erano allora esponenti: il loro spirito vive ora nella Congregazione dei Preti del Sacro Cuore. (cf. A. Pesenti, I Preti del Sacro Cuore, SESA, Bergamo 1959, 205). 353 cf. Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Comonte 20gennaio 1855. 354 S. 176.

Biografie 103 opera omnia potuto mantenere comodamente due orfane e queste con la loro compagnia avrebbero alleggerita la sua solitudine. Fra il 2 aprile e il giorno appresso quella primogenita delle orfane aveva già ricevuto l’abbraccio affettuoso di questa seconda madre355. Fu l’inizio della sua fondazione. Mons. Speranza il 7 gennaio 1856 termina così la sua lettera alla vedova Costanza: “Intanto si immagini che codesta figliuola gliel’ha consegnata Iddio, che è padrone suo, e loro, e di tutta la roba che lei ha; e quindi la serva alla meglio, e la conservi ed allevi bene codesta creatura per il Signore, e se gliene manda altre bisognerà prenderle. Io benedico lei e loro. Aff.mo servo Pietro Luigi, Vescovo”356. Che servo e che comandi!

2. Ricerca di consigli per la fondazione

La madre Giovanna Francesca Grassi, Figlia del Sacro Cuore, superiora generale dell’istituto per 37 anni (1852-1889), rispondendo a nome di sua sorella madre Ignazia in partenza per Roma, cui la vedova Costanza aveva manifestato le sue intenzioni, in data 15 novembre 1854, scrive: “Riguardo alle sue cose dette colla Madre Simoni ed Ignazia, non dubiti resteranno in loro e affatto segrete. Non se ne serviranno che per raccomandare ogni cosa al Signore: questo loro lo permetterà, non è vero? […]”357. Fra tanta la fiducia nelle Suore del S. Cuore del Gromo di Bergamo che il 20 gennaio 1855 al vescovo Speranza, nominato suo unico erede, specifica come desidera che venga impiegata la sua sostanza: “[...] Il rimanente poi lo lascio all’istituto delle orfane e traviate che con mio Testamento fondo in Soncino diretto dalle Figlie

355 cf. P. Piccinelli, 12. Agnesez don Giuseppe venne a sostituire, come cappellano sul monte, don Bartolomeo Tommasi. La Cerioli “Io aiutava nella sua povertà” (A. Longoni, 64). Alla morte della beata era rettore e catechista nel convitto maschile dei sordomuti in Città alta di Bergamo. A don Bortolo Tommasi, “[...] Costanza sempre affermava di professare infinite obbligazioni, anzi sorridendo, più tardi diceva: “Era proprio duro: voleva che io addirittura mi spogliassi d’ogni affetto, vietandomi l’addolorarmi e il piangere in mezzo alle mie angosce. Egli mi desiderava generosa nella lotta; ma io non mi approfittavo della sua carità, e spesso me ne risentivo come d’un torto fatto all’amor materno per il quale io gli attribuivo durezza. Egli aveva già lo spirito di S. Ignazio nel cui Istituto più tardi tentò la prova, ma io non mi vi sapevo conformare. Patii molto con questo buon religioso, perché il suo spirito forte non si adattava alla mia estrema debolezza” (A. Longoni, 48). 356 Lettera di Pietro Luigi Speranza, a Costanza Bergamo 7 gennaio 1856. 357 Lettera di Madre Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 15 novembre 1854.

Biografie 104 opera omnia del Sacro Cuore”358. Il 17 aprile dello stesso anno ancora madre Giovanna Francesca le consiglia pazienza e preghiera: “Non posso che grandemente lodare la sua carità, mia signora, d’avere raccolto dal pericolo codeste povere fanciulle di cui scrive [...] Pazienti sì, mia cara contessa, anche nell’esecuzione del bene per accertare meglio del divino volere a cui solo deve mirare. Intanto preghi, preghi preghi e si offra, e si abbandoni in Dio”359. Nell’agosto seguente rileva lo sviluppo dell’opera: “Spero che lei si trovi bene; tutta occupata nelle sue caritatevoli opere, nell’allevare al Signore le poverine di cui s’è attorniata, e nel consolare gl’infelici e aiutarli”360. Porterà poi sempre con sé il libro Lo spirito delle Figlie del Sacro Cuore e lo richiederà se lo dimentica altrove361. E consiglierà alle sue superiore: “Osservate allo scrupolo quanto si pratica e si insegna riguardo alla confessione e al confessore nei Doveri delle Figlie del S. Cuore. Sebbene il nostro Istituto sia fondato per fini e scopo diversi da quello del S. Cuore, nonostante il nostro spirito è ad esso conforme, avendolo noi abbracciato per regola e con superiore approvazione sino dal principio della nostra Istituzione. Guardatevi dal crederlo troppo rigoroso e sottile e di farvi lecito la più piccola eccezione ed indulgenza […]”362. “Nei giorni feriali poi il libro ordinario di meditazione un’opera francese scritta, credo, da un padre gesuita e tradotta da suor Grassi, Figlia del S. Cuore [...]”363. Dopo aver scritto all’avvocato Gian Battista Gussalli di Soncino, questi le risponde:364 “Pregi.ma Signora, Soncino 4 marzo 1855. Benedica Iddio le sue ottime intenzioni, e benigno disponga che sortir possano un giorno il sospirato effetto. Io depositario del suo segreto custodirò in mio cuore sì gelosamente che nemmeno l’aria lo potrà traspirare; ma intanto non mi sia vietato di esprimere con lei la mia

358 Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Comonte 20gennaio 1855. 359 Lettera di Madre Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 17 aprile 1855. 360 Lettera di Madre Giovanna Francesca Grassi a Costanza, Bergamo 17 agosto 1855. 361 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide, (Comonte 1862): “Mandami lo Spirito delle Figlie del Sacro Cuore il quale era nel cassetto della tavola [...]”. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Marianna [Soncino sd]: “Mandatemi lo Spirito delle Figlie del Sacro Cuore e le Costituzioni”. 362 Archivio Comonte U/20. La Madre Corti a una superiora scrive: “Ritirate nascostamente il Libro dei Doveri delle Figlie del S. Cuore, tenetelo sotto chiave e non sia più letto” (Archivio Comonte D14 - Lett. 331). 363 S. 335. 364 Già gli aveva scritto in precedenza e l’Avvocato le rispose l’8 febbraio 1855.

Biografie 105 opera omnia gioia e il mio tripudio per sì santa e generosa ispirazione, e di anticiparle come soncinate quell’attestato di sincera riconoscenza che con unanime plauso le verrà tributata dai suoi beneficati in ogni tempo a venire. Istruita ella che la carità deve essere non meno onesta che generosa, vuole giovarsi dei miei consigli per dirigere a più opportuno scopo la sua istituzione; ed io sebbene da poco in tutto, non le tacerò quello che la mia esperienza e la mia conoscenza intima del paese e della popolazione potranno suggerirmi: tanto più che l’esito sgraziato del legato Azzanelli delle L. 100.000 a pro di questi poveri infermi ci è di ammaestramento che anche il più filantropico dei propositi può in pratica tradursi a perniciosi effetti. Disponga quindi di me e dell’opera mia a tutto suo piacimento, né in ciò solo ma in qualunque altra delle sue occorrenze, che mi avrà sempre suo servitore devoto quanto sincero ammiratore Avv. Gio.Batta Gussalli”365.

In un secondo tempo, mentre dissuade Costanza dal fondare istituti per fanciulli, l’esorta a provvedere ai poveri vecchi o ai cronici. Si riporta la lettera per far conoscere la miseria intellettuale ed economica nel suo paese d’origine. “Pregiat.ma ed ottima Sig.ra. Soncino 6 agosto 1855. Un ostinato mal d’occhi, di cui non sono ancora del tutto liberato, mi impedì finora di rispondere alla gentilissima sua del 3 marzo ed 8 corrente, ed ora mi obbliga di farle più succintamente di quello che io vorrei. M’abbia dunque per iscusato di questa involontaria deficienza, ed entriamo in argomento. Magnifica e degna del suo animo grande e generoso è l’idea che lei si degnò di confidarmi, ma purtroppo temo che sia ineseguibile. In primo luogo: dei soppressi Conventi in paese nessuno più esiste in condizione servibile, ed i proprietari di enti non vorrebbero privarsene. Consideri il Collegio annesso alla Chiesa di S.ta Maria fuori dal borgo di Sera366 un tempo Convento dei Carmelitani, locale vastissimo e capace di ottanta alunni, ora derelitto e non abitato che da gentaglia, che si potrebbe avere a modico prezzo; ma come lei sa, essa dista un ottavo di miglio dalla borgata. Secondo riflesso: sarebbe poi praticabile il progetto per sé Ottimo del convegno ed educazione della povera gioventù femminile del paese. Lei non lo crede? Questi Istituti operano egregiamente nelle città, dove l’affollata popolazione di ogni ceto fornisce individui a sufficienza adatti allo scopo; ma in

365 Lettera di GiovanBattista Gussalli a Costanza, Soncino 4 marzo 1855. 366 Funzionò come ginnasio convitto dal 1833 al 1848 (cf. F. Galantino, lì, 450).

Biografie 106 opera omnia un borgo, e in Soncino specialmente, non appena reggono le forze che i fanciulli d’ambo i sessi, vengono dai genitori impiegati in opere manuali e lucrose, a girar naspi in filande, guidar bestiame al pascolo, a spigolare nei campi, raccogliere erbaggi, etc... Le basti sapere che nelle scuole femminili stipendiate dal Comune non appena si apre la stagione si fanno a un tratto vuote e deserte per non ripopolarsi che nel tardo inverno. Già da anni qui si attivò un asilo per l’infanzia dove si somministrava gratuitamente istruzione e vitto, ed io fui dal Governo nominato a Direttore. Lo crederebbe? Non compì l’anno che le Maestre rimasero sole a predicare ai banchi. Se dunque l’idea di giovare alla tenera età non può qui fruttare, non si potrebbe per avventura con migliore effetto provvedere all’età decrepita ed impotente? Qui abbiamo un ospedale, ottimamente amministrato e di tutto provveduto meno del necessario sussidio ai cronici. Fa dolore e raccapriccio il vedere tanti poveri vecchi o infermi incurabili mancanti di tutto fin dal letto su cui giacersi, languire tra privazioni e patimenti in qualche remoto fienile, e spegnersi ignorati senza una mano che li soccorra e una parola che li consoli. Non sono passati due mesi, che un certo Pantaleone fu trovato morto in un porcile alla Rasica. Qual merito, qual gloria, quali benedizioni non pioverebbero e in vita e dopo la morte su quell’anima santa e fortunata che elargisce un capitale di circa trentamila lire austriache al detto pio Stabilimento con obbligo di mantenere sei letti a disposizione dei detti infermi cronici di Soncino, ossia ivi nati o da dieci anni dimorantivi, ai quali nessuno finora dei tanti benefattori ha pensato e provveduto! Oh, fosse lei la privilegiata, lei cui il benignissimo Iddio diede e cuore e mezzi e ispirazione per compiere opera di segnalata beneficenza a pro di questo paese che si gloria di contarla per sua. Se il mio pensiero trova favore nelle sue intenzioni me lo dica, ed io tacendo il nome del donatore avvierò coll’Amministratore le pratiche per mandare prontamente ad effetto il caritatevole progetto. Intanto mi perdoni se io ardii di aprirle sì schiettamente l’animo mio, e d’arrogarmi il diritto di proporle un consiglio; ed attribuisca alla stanchezza dei miei occhi se non progredisco più oltre. La prego di onorarmi sempre di sua preziosa amicizia e d’avermi in luogo di suo devot.m0 ossequios.mo servo Avv. Gio.Batta Gussalli”367.

367 Lettera di GiovanBattista Gussalli a Costanza, Soncino 16 agosto 1855.

Biografie 107 opera omnia

3. All’opera

“Io non ho mai dubitato che Dio togliendo a Lei il suo Carlino, perché la malizia del secolo non l’avesse a pervertire, l’avrebbe poi fatta madre di una guisa tutta spirituale ed angelica di altri molti figlioli e molte figliole che ella avrebbe preso a raccogliere, a custodire, ad educare per il Paradiso”368. Il 1 novembre 1856 “la mia famiglia ora composta di tre compagne e di 14 orfane”369 ebbe nuovo orario e metodo di vita da mons. Vescovo. “Io potrei [...] mancare da un giorno all’altro e queste care creature tornerebbero ad andare mendicando: ed anche le povere contadine dei dintorni non avrebbero più scuola”370. “Nei primi principi però non aveva questa intenzione di formare un corpo religioso, ma solo un orfanotrofio, per ricoverare le povere contadine che restassero senza appoggio di parentela, come è questo già effettuato, ma non aveva ideato come dare al medesimo un mezzo, perché esistesse anche dopo la sua morte. Ella nella sua umiltà non vedeva che Iddio la volesse fondatrice di questa istituzione. Ella col crescere delle fanciulle e delle cooperatrici pensava tenerle con lei, e poi quando ne avesse un buon numero, cederle a qualche Istituto[…]”371. Infatti nella prima lettera che scrive al Vescovo Speranza il 20 gennaio 1855, tra le intenzioni testamentarie specifica: “[...] Il rimanente poi lo lascio all’Istituto delle orfane e traviate che con mio Testamento fondo in Soncino diretto dalle Figlie del Sacro Cuore. Il mobilio poi di qualunque sorta, i generi, la biancheria, ecc. ecc. saranno divisi tra le orfane su dette e gli orfani Carlini che si fonderà a Soncino, perciò non vada niente all’incanto”372. Abbandonò le stanze del palazzo comitale e si ritirò a vivere in una stanzetta (di m. 5,63 per 4,06 per 2,53) ove un lettuccio duro, un vecchio scrittoio, due seggiole, un crocifisso, un quadro o due di carta formarono l’arredamento. Spogliò il palazzo di quanto aveva ancora di prezioso: oro, diamanti, suppellettili, vesti di lusso, tutto vendette, impiegando il ricavato per attrezzare il suo orfanotrofio e contenta diceva: “non sono forse meglio impiegati questi denari? Con questi gioielli

368 Lettera di Alessandro Valsecchi a Costanza, Bergamo (18 aprile 1857). 369 Archivio Comonte U/21. 370 A. Longoni, 76. 371 S. 761. 372 Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Bergamo 20 gennaio 1855.

Biografie 108 opera omnia abbiamo procurato asilo a quelle povere creature, senza tetto e senza pane”373. Nel 1856 annota lei stessa: “Mobili miei venduti; un anello d’oro L.5,8; orecchini di diamante L. 1.080; due anelli con brillante L. 263,5; orologi d’oro L.70”. In totale vendette per L.2388,17 cifra che riporta a fine anno come entrata straordinaria; poi vendette altra roba per L.328374. Si privò anche dei quadri d’autore375: due quadri di ecclesiastici furono le “sole reliquie di una collezione preziosa che andò alle fiamme” dice Giovanni Zambetti376; se ne privò non certo col fuoco; non è povertà distruggere quanto può essere realizzato per i bisognosi.

373 A. Longoni, 85. 374 Archivio Comonte 17/5. 375 Dallo Zibaldone dove sono annotati gli acquisti fatti dal dr. Antonio Piccinelli (“Bergomum”, 1972,1, 83) risulta: 1854 - La Sig.ra donna Cerioli Costanza, ved. Busecchi Tassis (così qualificata perché la nota è del 1859) ci ha regalato due belle teste di mano del pittore Bartolomeo Nazari di Clusone, quelle stesse citate dal Tassi nella sua storia pittorica (Tassi, Vite, Labor, Milano 1969, li 93); e nelle postille (voi. li, 212) specifica: due capricciose teste, una con folta barba e turbante e l’altra calva e sbarbata. Questi due quadri e il seguente figurano nel Catalogo della Esposizione Provinciale Bergamasca del 1870 (“Bergomum” 1928, 40).

1859 - Per la cessione gratuita di varie colonne di pietra provenienti dall’ospedale di Bergamo, fatta alla signora donna Costanza Cerioli Busecchi Tassis, ci fu regalato un bel ritrattone di Fra Ghislandi, grande al vero due terzi di figura, detto il Parruccone (cm. 128 per 97 che rappresenta con tutta probabilità un Conte Tassis.

1862 - Comperato a Milano una testa d’un cardinale della Scuola bolognese che regalai alla signora donna Costanza Cerioli, L.15.

1863 - Uno dei due dipinti di Evaristo Baschenis che si trovavano in casa di Giacomo Tassi di Borgo S. Antonio mi fu regalato da una donna Costanza Cerioli (v. Tassi, op. cit. voi. lì, 210).

1863 - Costanza da Soncino scrive a Suor Luigia a Comonte: “[…] mandami quei quattro Quadri che mi regalò il sig. Antonio [Piccinelli]” (Lettera di Suor Paola Elisabetta a suor Luigia Corti, Soncino 22 giugno 1863). Probabilmente anche la gran lastra di rame con l’albero genealogico dei Tasso dal 309 al 700, compilato nel 1718 dal conte Gian Giacomo Tassi e disegnato e scolpito da G. B. Abbiati, che era presso il cav. Antonio Piccinelli di Seriate proveniva da Comonte. Ora è in Biblioteca Civica di Bergamo (cf. “Bergomum” 1952, 23).

A. Piccinelli, morto scapolo il 4 Ottobre 1891; lasciò tutto in eredità al nipote Cav. Giovanni Piccinelli che morì il 17 Settembre 1919. Questo lasciò tutto al figlio Ercole (19aprile1954). 376 G. Zambetti, Da Bergamo a Trescore, lsnenghi, Bergamo 1908, 75. Nel 1912 erano ancora in trattative con l’antiquario Steffanoni: uno si attribuiva al Ceresa e l’altro al Galgario (Archivio Comonte E1, 2, 16).

Biografie 109 opera omnia

4. Votata a Dio

Dopo un corso di Esercizi che durò 12 giorni (dal 18 gennaio 1857) fatto in casa con le sei compagne, predicato da don Bortolo Tommasi appena tornato dalla Compagnia di Gesù, Costanza si risolse di dedicare la sua vita a Dio col pronunziare i voti perpetui religiosi. Con il consiglio del suo direttore spirituale, lo stesso don Bortolo che fu suo confessore da religiosa377 avendo già a Natale del 1856378 pronunciato quello di perpetua castità, l’8 febbraio 1857 si recò in episcopio ed emise gli altri due voti perpetui di povertà e di obbedienza, aggiungendone più tardi anche un quarto379 di operare sempre alla maggior gloria di Dio380. Volle pure recidere i capelli come simbolo della rinuncia alle vanità del mondo.

5. Tavole di fondazione

Venne finalmente il giorno del carisma. Una mattina, si era agli ultimi di febbraio o ai primi di marzo del 1857, si chiuse in camera per molte ore; ne uscì col volto straordinariamente acceso. Prevenne la domanda della Corti, prima sua compagna, che la vide e le disse: “Oggi sono stata ritirata più del solito, perché ho manifestato per iscritto le mie idee a Mons. Canonico Valsecchi. Oh! Quanto è buono il Signore!...”. Difatti aveva scritto su un quadernetto in succinto, ma chiaramente, concretando l’idea dell’istituto gettandone solidi fondamenti. Il can. Valsecchi ne fece grandi elogi e spesso esclamava: “”Oh! Che cosa conteneva mai quel libretto di due soldi! Quello fu scritto davvero sotto dettatura dello Spirito Santo””381. “Preg.ma Signora! Sia lode al Signore. L’idea del nuovo Istituto che lei mi ha dato da leggere mi è sembrata veramente una cosa la più perfetta e la più semplice e insieme la più provvida perché ha in mira una classe della società molto trascurata e quasi esclusa da tutti gli altri Istituti. Io non esito a pronunziare che la sua idea, sia una ispirazione preziosissima di Dio, che vuol fare una bella grazia a quella povera gente, che tante volte non riceve dalla ingiustizia e

377 Trans. 121. 378 cf. S.365; Federici, 171, dice 1854. 379 Federici, 172, dice nello stesso giorno 8 febbraio 1857. 380 cf. A. Longoni, 84. 381 A. Longoni, 77; cf. S. 599.

Biografie 110 opera omnia dalla durezza degli uomini la mercede dovuta ai suoi stenti e alle sue fatiche [...]. Anche il modo, con cui è scritta quell’idea mi pare molto adatto e proprio perché semplice e affettuoso […]”382. La Cerioli si ripiegò sulla gente di campagna che viveva in tuguri umidi e malsani e l’intera famiglia dormiva su un pagliericcio nella stessa stanza. Miseria e analfabetismo dominavano incontrastati: gli avventizi di campagna erano degli schiavi, non esistevano contratti di lavoro scritti. La legge Casati del 1859 fissava due anni di istruzione elementare obbligatoria, ma si preferiva che i figli si rendessero in qualche modo subito utili. Costanza li aveva veduti crescere trascurati dai genitori, sopraffatti dal lavoro, sporchi, rozzi ed ignoranti. Il can. Valsecchi e il mons. Speranza si recavano in questo periodo quasi ogni settimana a Comonte, per animarla e sostenerla, e il vescovo vedendo Costanza così umile, docile e operosa, aveva cambiato totalmente il modo di dirigerla. Prima l’accoglieva piuttosto con severità, ora era tutto bontà e dolcezza383.

6. Suora

Il 23 Gennaio 1858384 tutta festosa, radunate le compagne disse loro: “Ora non mi chiamerete più Costanza ma suor Paola Elisabetta”385. Perché scelse questi nomi? Si può presumere perché ricordavano due vedove rinomate. Santa Paola (347-404) discepola di S. Girolamo, a 22 anni sola con 5 figli; S. Elisabetta (1207-1231) figlia di Andrea II re di Ungheria data sposa a 14 anni a Ludovico IV Langravio di Turingia. Morto lui in una crociata dovette coi suoi tre bambini, ventenne, lasciare la corte. Allora abbandonò ogni cosa per darsi tutta al “Cristo vivo”, i poveri. Iscrittasi al Terz’Ordine di S. Francesco (morto un anno prima) si dedicò alle opere di carità. Visse come una “religiosa” fino alla morte. Fu canonizzata nel 1235. Motivo meno ascetico potrebbe essere per ricordare la zia Paola suora domenicana e la zia Elisabetta nubile386. “Dal 1859 si mise in comunità a tavola, cioè venne in refettorio

382 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 10 Marzo 1857. 383 cf. A. Longoni, 70. 384 Archivio Comonte. U/11. 385 A. Longoni, 85. 386 Scelse il nome di Elisabetta forse per ricordare la sorella Cecilia Elisabetta che fu educata con lei ad Alzano.

Biografie 111 opera omnia con noi che prima stava a tavola col Rev. Cappellano di casa che era don Antonio Tassis [...]. Volle essere in tutto come noi, non volle più distinzioni di sorta più posate d’argento, più tovaglie, ma le posate di ferro, tavola nuda, scodella di peltro, ecc.”387.

7. Le prime religiose

Suor Luigia Corti è la prima collaboratrice di suor Paola Elisabetta e ne sarà la confidente e la prima biografa. Lei stessa narra il primo incontro e la sua vocazione: “Ho conosciuto la serva di Dio Paola Elisabetta Cerioli [...]; la prima volta fu nell’occasione, in cui la stessa si recò dalle Suore Canossiane in Borgo Palazzo a cercare una giovane che la potesse aiutare nella custodia di due orfanelle che aveva già raccolte nella sua casa di Comonte, e di altre, che in seguito sperava di poter ricoverare. Io che desideravo ardentemente farmi Religiosa nelle Canossiane, ma essendo povera non potevo essere accettata, accolsi con gioia la fattami proposta, ed avuto il consenso del mio Confessore, che era D. Battista Tiraboschi, venni a Comonte [7 marzo 1855], e vi rimasi colla stessa Cerioli fino alla sua morte, e come vi sono anche presentemente”388. Superiora delle Canossiane alla Rocchetta in Bergamo allora era Madre Anna Lucchini, confidente però di Luigia era Madre Ester Minelli389. Il 25 Agosto 1855, venne per seconda suor Rosa Masoni, “giovane di angelici costumi e soprattutto dotata di straordinaria semplicità”390. Era di Almenno S. Bartolomeo e le fu affidata la cucina. “La terza [03/10/1856] fu Adelaide Carsana di Carenno, maestra comunale a Seriate, la quale già conosceva, stimava la Signora e ne ammirava le opere, e alla quale la Serva di Dio affidò la scuola elementare gratuita delle fanciulle del contado e si teneva nella casa della Fondatrice. Come essa si sia tosto investita dello spirito della Serva di Dio lo dimostra il fatto che con meraviglia di tutti, terminata la scuola, conduceva la mucca al pascolo nell’aperta

387 Cq. III. 388 S. 87 389 Archivio Comonte D/6; Raccolta di memorie intorno alla vita della nostra defunta madre Luigia Corti. Nel cinquantesimo anniversario di fondazione, Bergamo, pro famiglia 1906, 9, si nota che superiora era madre Ester Minelli. 390 Archivio Comonte D/6. Delle prime 5 compagne della Fondatrice è l’unica che cambia nome, si chiamava Caterina Eufrasia. Perché?

Biografie 112 opera omnia campagna”391. La quarta fu un’ottima giovane, certa Maria Passera da Arcene [...]. Tre mesi dopo, come quinta venne accettata una giovane, certa Leonida Valsecchi di Seriate, animo mitissimo che riusciva a meraviglia nell’educare la gioventù392.

8. Vestito

La divisa delle prime Suore fu benedetta la sera del 7 Dicembre 1857 dal vescovo, “[...] consisteva in una veste di color bigio, con cordone nero alla cintura, grembiale e cuffia parimenti nera, ma di sì strana forma che ciascuno che la vedeva erano mossi al riso”393. “Ella scorgendo in noi forse un po’ d’ambizione, ci fece la cuffia tanto stravagante in modo che eravamo ridicole a noi stesse e agli altri”394. “Ho visto anche l’abito religioso mutato due o tre volte; finché per la frequenza che la Fondatrice aveva per l’agricoltura, lasciato il bigio ed il nero, prese il colore della terra”395. “Il vestito lo volle semplice e color caffè e che si avvicinasse al color della terra […]”396. “L’abito primitivo consisteva in una veste di colore oscuro, quasi nero, collo scialletto al collo, una cuffia sul suo capo, ed un velo per andare in chiesa; portavamo un cordone al fettuccia di lana nera con alcuni nodi; pendente dallo stesso avevamo la corona ed una piccola croce di legno portavamo al collo; avevamo pure piccole scarpe uscendo di casa, e sandali in casa. Più tardi per suggerimento del Rev. Can. Valsecchi, la veste ci fu cambiata nel colore,

391 “Tutto questo si faceva prima che vestissimo l’abito religioso” (S.780), infatti la Fondatrice precisa “che le religiose tutte di qualunque condizione possano venire in questo istituto abbiano d’andare in campagna, non dico a lavorare, ma a sorvegliare e dirigere le proprie allieve” Lettera di Suor Paola Ellsabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 4 maggio 1858. “Non poteva soffrire quelle che per una ancora malintesa unità si caricavano sulle spalle gli attrezzi di campagna, questo le dava un gran dispiacere... Io per attendere all’agricoltura intendo che religiose siano disposte ad andare in campagna e vi vadano di fatto giacché le nostre figlie non devono essere guidate né educate da altri che da noi... devono condurre le figlie in campagna e devono insegnare a ben lavorare il terreno... ma non prendere insieme con esse il posto e il lavoro” (S.822). 392 S. 230; entrò il 26.2.1857; Diario I dice 24. 393 Long. 105. 394 Cq. IV. 395 S. 22O; Suor Isidora Mazzola depone che l’abito “da turchino divenne rossiccio e da rossiccio prese il colore francescano’”. S.215. 396 S. 237; cf. S. 561.

Biografie 113 opera omnia assumendone una di color ruggine; così pure la veste che prima era stretta nelle maniche dopo ci fu fatta larga nelle medesime, e fu pure aggiunta una cinta di lana nera con giglio bianco ricamato sul davanti; parimenti alla cuffia fu aggiunto un velo nero fisso cadente dalle spalle: uscendo di casa portavamo il mantello di lana nera, che usiamo anche nell’accostarci alla S. Comunione”397.

9. ... Antiestetico

“L’altro giorno mi venne detto da un Sacerdote, che mi biasimavano presso Monsignor Vescovo, per l’abito ché avevo scelto come molto singolare e che l’avessi fatto per distinguermi... Mio Dio, io vorrei credere di no nonostante ciò mi strinse il cuore, e provai scrupolo, però mi sembra che quantunque mi piaccia, e mi sembra necessario per il motivo che le dirò, nonostante sarei pronta a cambiarlo se a Monsignore, ed a lei credesse ordinarmelo, e ciò con tutta indifferenza, tranquillità, e pace. Uno dei motivi, che mi fece credere, e mi fa più che mai credere necessario il nostro Velo (poiché è col Velo principalmente che non l’hanno buona, ma solamente qualche d’uno, però veda) è perché questo ci dà un’idea maggiormente di Religiose, e ispira più rispetto, poiché stante il nostro abito grossolano, ed i nostri impieghi vili, e bassi saremmo facilmente trattate dal volgo con troppa libertà, e confidenza, come quasi secolari, e ciò impedirebbe certamente il bene che potremmo fare, e ci esporrebbe a gravi disordini. D’altronde se non avessimo il Velo, ci converrebbe prendere la cuffia, poiché qualche cosa in testa ci vuole, e crederebbe lei che saremmo al coperto per questo dagli schemi del mondo vedendoci lavorare in campagna con la cuffia. Riguardo anche alla comodità il nostro Velo ci serve assai bene, propriamente in campagna, poiché qui noi lo portiamo piccolo, e di tela, e ci fa l’ufficio d’un Fazzoletto”398. Il Can. Valsecchi le risponde: “Circa il velo io non farei mutamenti, se lei stessa e le sue compagne non sono persuase. Devono sapere esse e non i preti se quel velo è più o meno comodo; e quando sia comodo, io lo trovo grave, decente, opportuno e ad ogni modo non faccia le cose in fretta. L’uso e la pratica suggeriranno il miglior consiglio”399.

397 S. 191. 398 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 9 Dicembre 1958. 399 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 14 Dicembre 1858.

Biografie 114 opera omnia

10. Incomprensione dei parenti...

“[...] In principio della fondazione dell’Istituto la Serva di Dio incontrò delle difficoltà e delle contraddizioni da parte dei parenti che vedevano di mal occhio che tanta roba andasse dispersa fra i poveri; e da parte anche di altri, sacerdoti e laici che ne frequentavano la casa e che non comprendevano ancora lo spirito della Serva di Dio. Non so fare nomi ad eccezione del Sac. Piccinelli e della sua famiglia”400. “[...] Volle che il suo Istituto si intitolasse alla Sacra Famiglia e rigettando assolutamente il parere dei parenti, i quali le suggerivano di chiamarlo col nome della sua famiglia”401; lei stessa però all’inizio pensava chiamarlo Istituto Carlino402.

11. ... e degli altri

“Molte volte [...] essa pure presente, il cappellano don Antonio le faceva tanti rimarchi ed obiezioni che chi l’udiva era portato a credere, lei far un’opera inconcludente affatto e senza fondamento, servibile solo a scialacquare senza vantaggio. Egli nella sua semplicità non poteva intendere come la medesima potesse essere capace di inviare una cosa sì contraria alla sua condizione. Come può ella conoscere ed allevare contadine, essendo essa di sì nobile condizione e non avvezza? [...] Ella - diceva -, è Signora, dovrebbe stare di sua condizione, fare buone opere di carità [...], ma consumare così all’aria gli rincresceva [...]. Io me la vedo che questa benedetta signora un qualche giorno va a finire sul fienile, che consuma e casa e sostanze, non può stare non può stare”403. “Una volta le si disse che la gente diceva che ella era un po’ di testa vaga, che intraprendeva un’opera di nuovo conio che non si capiva, che erano strambate, ecc. Ella tutta ridente rispondeva che avevano ragione ma con tutto ciò credeva bene operare così e tirava innanzi con tutta energia”404. La Fondatrice in due paginette ha determinato lo scopo dell’opera e il modo pratico per raggiungerlo: Idea generale del fine, e scopo che questa Congregazione o Famiglia si propone.

400 S. 519. 401 S. 167. 402 cf. S. 735. 403 S. 855. 404 Cq. IV.

Biografie 115 opera omnia

“Questa Famiglia adunque si proporrebbe di diffondere esclusivamente i suoi benefici sopra questa classe della società più abbandonata, ed ignorante. La Congregazione Sullo spirito di S. Francesco di Sales formerebbe dei soggetti onde mettere in esecuzione questa santa opera, i suoi membri si diffonderebbero come angeli per le campagne consacrandosi all’educazione delle fanciulle nelle scuole nei villaggi e campagne dove sarebbero ricercate alla visita degli infermi, alle riunioni festive, il loro aspetto di modestia, la loro aria di contento in mezzo ad una vita di sacrificio, e il loro amore e carità per i poveri, potrebbe portare in questa classe della società sinora sì trascurata quella riforma e cambiamento che non appartiene se non alla religione Cristiana.

Come si potrebbe mettere in esecuzione il secondo scopo e fine di questa Congregazione, sé Dio col tempo volesse fornire di buoni, e bravi soggetti. La Superiora prenderà in affitto nelle Comuni dove verrà ricercata l’opera dei suoi membri una piccola casa, “appartamento (se la Comune non fosse in grado di somministrarla gratis) composta d’una cucina, d’una stanza da letto, e d’una scuola; nelle comuni dove vi fossero manifatture o lavori si aggiungerebbe altra stanza onde occuparvi tutte le giovani che col loro lavoro si guadagnassero il vitto così potrebbero senza levare a queste i loro mezzi di sussistenza per intervenire alla scuola istruirle nel mentre lavorano, così oltre che guadagnerebbero nel lato istruzione, lavorerebbero di più e meglio sotto gli occhi delle Suore. Sarebbe desiderabile che i luoghi dove vanno le Sorelle per i loro ministeri non fossero sì lontani da impedire alle medesime il ritornare a casa la sera, però il sabato immancabilmente vi si devono ritrovare, onde rendere minutamente conto alla Superiora della loro condotta, di quanto hanno fatto, detto, ed operato, di quanto hanno veduto, e sentito, ecc. (vi sarà poi una regola a parte per quelle che devono stare qualche tempo fuori di casa). La Superiora destinerà le Sorelle che deve mandare per le scuole, così pure quelle che manderà la domenica a far preparare le fanciulle ai Sacramenti, alla visita delle inferme, e alle ricreazioni festive. La Superiora visiterà tutte le scuole, e lavorieri ogni mese onde vedere come fanno le Maestre, l’andamento ed il profitto delle fanciulle, le animerà tutte a diportarsi sempre lodevolmente, distribuirà qualche regalo alle più savie, e diligenti, provvederà alle più povere di libri, e farà altre carità adattate alle circostanze, ma però sempre secondo le entrate della casa”405. Quindi i religiosi della Congregazione della Sacra Famiglia

405 Archivio Comonte U/20.

Biografie 116 opera omnia dovrebbero esplicare la loro attività pedagogica e professionale non solo all’interno degli istituti da loro gestiti, ma anche nei piccoli centri o gruppi di cascine facendosi pendolari della carità. A suor Adelaide che era a Villa Campagna scrive: “Per tua norma quando ti domandano quale è il fine del nostro Istituto rispondi semplicemente: adoperarsi con tutti mezzi e sostanze a favore della classe contadina specialmente povera, aprendo asili nelle nostre Case a povere fanciulle mantenendole e allevandole all’arte agraria; tenendo inoltre scuole di Carità, e dando anche qualche muta di Esercizi ”406.

12.. Primo trapianto

L’Istituto femminile della Sacra Famiglia si sviluppava. “Eravamo già allora, nell’anno 1861, nell’unico Convento di Comonte ben diciotto Religiose, ed erano in numero di trentatré le figlie di S. Giuseppe, oppure orfanelle ricoverate. Ella ci radunò un giorno, e dopo fattaci una fervorosa esortazione, com’era solita, finì col dirci queste parole: “Siamo qui in diciotto, e sarebbe bene avere un altro nido, giacché si potrebbe fare un po’ di bene anche altrove. Pregate dunque il Signore che ci adoperi per la Sua gloria””407. Il 25 aprile dell’anno 1862 fece partire per Villa Campagna nella sua casa padronale quattro figlie di S. Giuseppe e tre suore destinate a piantarvi la nuova famiglia. L’anno prima aveva fatto un sopralluogo con Mons. Valsecchi per determinare gli adattamenti necessari. Da suo padre, Costanza ereditò beni immobili per circa L. 115.000408 Per estrazione si assegnò ai singoli eredi un cumulo prestabilito. A Costanza la sorte assegnò: “- Campo Pallavicino alla Campagna L.1176,62. - Possessione Campagna della Chiesa L.49399,45. - Casa del Fabbro. Campagna L.1028,50. - Campo Formiche idem L.1366,81. - Possessione Campagnola L.53185,90. - Livello Fornari L.1578,92. - Scorte della Campagna L.3760,90.

406 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide, Comonte 22 Agosto 1862. 407 Long. 120. 408 Per la questione circa l’eredità degli immobili cf. le lettere di Costanza a GiovanBattista Cerioli, Comonte, 18 Novembre 1850; 2 Febbraio 1851; 23 Marzo 1851

Biografie 117 opera omnia

- Idem di Campagnola L.3536,38. - Legname dell’Arsenale L.286,64. t. L. 115320,12”409.

Questa sostanza costituì la base per la nuova istituzione nel suo paese nativo410.

409 Lettera di GiovanBattista Cerioli a Costanza, Milano 31 Gennaio 1851. 410 Erra A. Teanini in nota a Lettera di Suor Paola Elisabetta a don Francesco Broggi, Soncino 25 novembre 1862 scrivendo: “Ella stessa nel 1868 [morì nel 1865] comperando un caseggiato con 500 pertiche di terra annesse fondò il primo convento due miglia di sotto di Soncino”.

Biografie 118 opera omnia

CAPITOLO VII

Fondazione dell’Istituto dei religiosi

1. “Questi poveri figli m’interessano, e attirano tutta la mia compassione al pari delle mie orfane”

Il giorno di S. Giuseppe del 1857 la Fondatrice scrive al vescovo: “Un altro desiderio, Monsignor Illustris: ha sempre occupato, ed occupa tuttora il mio spirito, le mie brame, il mio cuore, ed i miei desideri; e questo sarebbe la Fondazione d’un’altra casa, Istituto, o stabilimento agrario d’orfani maschi, a vantaggio anche questo della classe contadina, per lo stesso fine, e scopo che si ha stabilito quello femminile, con le stesse Regole, nome, idee, e pratiche che si potranno possibilmente adattare a questo maschile. Mio Dio!. Monsignor, questi poveri figli m’interessano, e attirano tutta la mia compassione al pari delle mie orfane. Oh, s’io potessi vederli stabiliti, come ora mi pare di veder queste orfane, non avrei più niente né che bramare, né che m’attaccasse alla terra”411. E il vescovo l’8 agosto la rassicura: “[Dio] ha cominciato a benedire la sua opera fino ad ora, e proseguirà, anche nei maschi, se sarà di suo beneplacito”412.

2. Le compagne psicologicamente contrarie

“[...] L’orfanotrofio maschile [...] ritardò, anche, più perché le stesse suore non erano favorevoli e si sarebbero accontentate più

411 Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Comonte, 19 Marzo 1857. 412 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Costanza, Bergamo 8 Agosto 1857

Biografie 119 opera omnia volentieri del solo femminile […]”413. “Per l’orfanotrofio maschile poi incontrava una speciale opposizione nella stessa M. Corti e in alcune altre di quelle prime suore, quale la Suora Carsana dalla quale ebbi io stesso notizie e prove personalmente”414. “Noi eravamo assai contrarie a mettere questa fondazione di maschi, parendoci impossibile essendo essa donna... Siccome sapevo che colà [a Soncino] insieme con lei vi erano le mie Sorelle prime e che tutte erano sì contrarie a questo disegno, non mi arrischiai a scriverle”415. “[...] Superò tutte le difficoltà che per la fondazione dell’Istituto le derivarono dai parenti, e per la fondazione dell’orfanotrofio maschile anche da parte delle Suore [...]”416. “Quanto alla cristiana fortezza ho sempre sentito dire che la Serva di Dio abbia dato una prova ed un esempio ammirabile nella fondazione dell’Istituto maschile che per lei era il suo ideale; alla cui fondazione si opponevano non piccole difficoltà da parte delle stesse compagne, le quali non ne erano persuase”417. Lo conferma la Madre Corti nella Vita della Benemerita Fondatrice. “Mostrò anche più la sua fiducia in Dio nel progetto che aveva in mente fin dal punto che perdette l’amatissimo suo figlio, che era il desiderio di mettere l’orfanotrofio che ora esiste in Soncino. Ella si sentì ispirata fin da quel punto, ma non vedendovi una possibilità per il diverso sesso, ella lo teneva in secreto del cuore, sicura che Iddio che glielo aveva ispirato avrebbe anche col tempo aperta la strada per mandarlo ad effetto. Alle volte però manifestava a noi questo suo ardente desiderio, particolarmente quando veniva alla porta mendicando qualche fanciullo, ella diceva: “Lasciatemi andar me a fargli la carità”, e fatto entrare a casa gli domandava chi era, se aveva ancora i genitori. Sentito che no, tutta si accendeva in volto e diceva: “Povero figliolo! Mi fa compassione”. Gli faceva la carità, di poi soggiungeva: “Teniamolo noi per famiglio”. Noi non essendo ispirate come lei la pregavamo di lasciare andare i figli e contentarsi delle figlie, come quelle uguali a noi di sesso, ed allora con un sospiro lasciava andare l’orfanello, dicendo: “Ma non vi sarà provvidenza anche per i maschi, faccia il Signore di provvedere anche per questi. Io mi sento, - diceva-, più per i figlioli che per le figlie, parendomi per

413 S. 251. 414 S. 467. 415 Cq. VII. 416 S. 520. 417 S. 524.

Biografie 120 opera omnia quelli maggiore necessità”. Nonostante, vedendo in noi tanta contrarietà, perché ci pareva impossibile l’effettuare questo disegno, taceva e tutto soffocava in cuor suo, e mi confidò sol quando lo vide avverato, che aveva sofferto molto per questa tardanza, e tanto più vedendo che tutti si mostravano lontani in questo progetto “io - mi dissestavo aspettando che il Signore mi facesse tutto lui, non dubitavo neanche che prima di morire non m’avesse da fare questa grazia””418.

3. Programmazione dell’opera

“Quindi la benedetta Madre presentò ai due Reverendissimi, Superiore e Vescovo, in iscritto, i primi inviamenti e regolamenti somiglianti ai nostri che dovevano praticare i primi che incominciavano l’opera”419, queste Memorie le aveva già stese dal 9 luglio 1860 “per la prima prova che si dovrà dar principio col giorno di S. Giuseppe 19 Marzo 1861”420. Eccone l’indice: “Personale per l’avviamento - Avanzamento - Corpo dell’Istituto - Regole fondamentali dei Padri - Dei Fratelli laici o coadiutori - Governo della casa - Degli orfani o Figli di S. Giuseppe - Impieghi degli Orfani quando saranno impediti di lavorare in campagna - Sorveglianza dei medesimi - Vitto ed abito degli orfani”421. Era un concretare quanto il 1912 marzo 1857 aveva manifestato al vescovo422. Il 25 aprile 1861 al Can. Valsecchi invia i “Doveri verso i figlioli” perché li riveda e corregga423. Non se ne conosce il testo. Agli undici capitoli sopra elencati, aggiunge il dodicesimo così intestato: “Prime idee e primo Indirizzo dei Fratelli della Sacra Famiglia cominciato nell’anno 1863. La Divina Provvidenza che ha fatto nascere la Società delle suore della Sacra Famiglia per ricovero delle povere figlie della campagna ed a vantaggio di tutta la classe contadina e che in un modo ammirabile l’ha cresciuta, perfezionata tanto rapidamente, andava ispirando da qualche tempo una fondazione di sacerdoti e

418 S. 893. 419 Cq. Vll. 420 Scritti, Seminario Sacra Famiglia, pro manoscripto, Bergamo 1991. 421 Archivio Congregazione. Manoscritto originale. 422 cf. Lettera di Costanza a Pietro Luigi Speranza, Comonte 19 Marzo 1857. 423 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi Comonte 25 Aprile 1861.

Biografie 121 opera omnia laici, uniti in Famiglia Religiosa, che avessero il medesimo scopo e medesimo spirito delle suore, dedicandosi totalmente a vantaggio della gente di campagna e più specialmente al ricovero ed educazione dei poveri contadini, con tanto maggior vantaggio in quanto che per essere uomini, ed alcuni anche Sacerdoti, potrebbero in più dare le Missioni nei villaggi, ascoltare le confessioni, istruire e dirigere oratori e fare altre opere di carità in utile di quella povera gente come ognuno può vedere ed immaginare facilmente. Si aspettava pertanto che quella Provvidenza, la quale da imprevedute circostanze aveva fatto nascere le suore della Sacra Famiglia, facesse conoscere le sue vie meravigliose dove avrebbe prestato il suo soccorso alla nuova Fondazione, che per sua natura e per le speciali difficoltà dei tempi sembrava quasi impossibile. Ma il Signore, al quale nulla è difficile e scherza - si può dire- nei calcoli degli uomini, segretamente preparava la strada. E nel presente anno, avendo fato presentire con varie combinazioni – le più inaspettate ed insieme le più propizie - che era cosa abbastanza facile e piena quella che da principio era sembrata impossibile si pensava di darvi incominciamento nell’anno susseguente 1864”424. Per realizzare l’Istituto maschile già nell’ottobre 1861, aveva accantonato un capitale pronto di L.24000 che offriva a Don Luigi Pavoni425 prevosto di S. Andrea in Bergamo, al quale l’aveva indirizzata Mons. Speranza, perché unendo le loro intenzioni fondassero insieme un istituto maschile per orfani. L’ambiente prescelto era a Mornico al Serio, paese nativo del sacerdote; ma non se ne fece nulla per divergenze di ideali; la Cerioli era “fissata” solo per contadini426.

4. Consiglio di fondazione

Villa di Gavarno, pochi chilometri da Comonte, dove il vescovo Speranza recavasi in tempo di uccellanda427, s’erano dato appuntamento il Can. Valsecchi, la Fondatrice, suor Luigia, Giovanni Capponi, la signora Adelaide Dedei ed era pure presente don Valdimiro Carminati428 rettore del Seminario di Bergamo: si propose

424 A. Longoni, 160. 425 Nato nel 1821; ordinato sacerdote nel 1846 destinato coadiutore parrocchiale a S. Andrea; nel 1854 ne diventa Parroco; vi muore nel 1886. 426 cf. A. Longoni, 127. 427 L. Dentella, Vita del Sac. Conte Luca Passi, Secomandi, Bergamo 1933,55. Non a Groppino come scrive A. Ubiali, in ““Famiglia Nostra” novembre 1965. 428 Nato a Bergamo 1814. Fu rettore del Seminano dal 1856 al 1876.

Biografie 122 opera omnia il modo di iniziare l’istituto maschile, modellato su quello femminile che già da sei anni funzionava. Il vescovo interrogò con tutta affabilità Capponi, di cui aveva ricevuto informazioni se era persuaso di essere lui il primo a incominciare l’opera. “Il povero, ciò udendo, ammutolì, abbassando gli occhi, e poi tutto sbigottito rispose che egli si riteneva di ciò incapacissimo, e che non aveva che buona volontà di fare un po’ di bene alla gioventù del suo paese, ma che d’assumersi l’impianto di un Istituto come questo, in coscienza non poteva aderire [...], Monsignore gli disse con tono d’autorità: “Per quanto bene facciate nel vostro paese, io vi assicuro che quello che intraprenderete sarà di maggior gloria a Dio”. Soggiunse sommessamente il Capponi: “Ma, Monsignore, e se quello che vorrei intraprendere non riuscisse in causa della mia incapacità? Che se succedesse questo, anche per qualunque altro motivo, io certo perderei intanto il posto al mio paese, e resterei senza più nessun appoggio di sorta”. Il Vescovo gli rispose: “Andate, e state sicuro che Dio vi aiuterà: non dubitate che starete sempre in questo Istituto al servizio di Dio e del prossimo”. Il buon uomo sentite queste parole autorevoli e risolute del Venerabile Superiore, né più nulla osando di opporre, accettò di ubbidire alla volontà manifesta di Dio, quanto prima le cose si sarebbero disposte”429. Mons. Vescovo lesse i primi “inviamenti e regolamenti”, ma non volle che fossero imposti; “che incominciassero con una vita da buoni agricoltori contadini e che conducessero una vita cristiana, di poi, se di più avessero bramato toccava a loro il cercar e così mano mano che avessero desiderato vita più perfetta n’avrebbero domandato e toccava loro impiantarsi; quindi non si dicesse loro nulla, solo che dovevano lavorare e tanto sudare, affaticarsi ecc. Fatto e combinato questo, pensarono a stabilire il giorno in cui doveva il Capponi portarsi a Soncino a dar principio all’opera”430.

5. I pionieri

Il Can. Valsecchi poiché vedeva molta analogia tra l’istituto della Cerioli e le opere di don Luigi Palazzolo ed era direttore spirituale d’ambedue, cercò di accomunare le forze per un’eventuale fusione. La Cerioli scriveva al Valsecchi: “Spero che anche D. Luigi sia persuaso d’entrare in quest’opera: egli sarebbe proprio il perno

429 A. Longoni, 130-132. 430 Cq. VII.

Biografie 123 opera omnia dell’edificio”431, ed egli, secondo il Can. Valsecchi, sarebbe diventato superiore e direttore generale432. “[...] Il Vescovo Speranza decise di affidare la direzione della Casa al piissimo sacerdote D. Luigi Palazzolo, perché ne facesse una cosa sola col suo Istituto, di cui andava preparando la fondazione. Il Palazzolo accettò l’incarico”433. “In quel mentre il rev. prevosto [di Filago] Chiodini don Giuseppe saputo il progetto si esibì per compagno o direttore del nuovo istituto, restando però egli nella sua parrocchia. Il medesimo nel giorno stabilito, anzi la vigilia di S. Carlo che è il 3 Novembre, si portò qui con un primo figlio orfano, di anni 13, suo parrocchiano e con un giovane di 26 anni che veniva per affratellarsi col Capponi434; di poi una certa Rossi Angela di Bergamo presentò un altro giovane 435 di 30 anni circa, scrivante di professione che anch’egli desiderava di affratellarsi col Capponi, così formavano n. 3 fratelli, un figlio di S. Giuseppe ed un direttore spirituale. Anzi nel medesimo incontro si unì anche un certo Rev.mo don Luigi Palazzolo cui volevano dare il carico di Superiore. Tutti i sunnominati si portarono qui il giorno 3, vigilia di S. Carlo e cenarono tutti insieme, indi pernottarono nel nostro ospizio. Venne pure il veneratissimo nostro Superiore mons. Valsecchi e pernottò anch’egli qui per essere poi più pronto la mattina di fare l’apertura dell’Istituto. La mattina del giorno 4 di S. Carlo, monsignore scese nella nostra chiesetta esterna di casa, là confessò i postulanti, di poi celebrò il S. Sacrificio indi fece un bel discorso facendo conoscere che cosa andavano a fare in quell’istituto, la vocazione che Dio per sua bontà diede loro, il bene che corrispondendo avrebbero fatto, gli obblighi che si assumevano, ecc. Indi li comunicò tutti, diede la benedizione con la reliquia [di S. Carlo] e li condusse da monsignor Vescovo diocesano e Fondatore per prendere la benedizione. Anch’egli fece loro le sue raccomandazioni, di poi partirono per Soncino. La benedetta Madre era partita due giorni prima col pretesto di star colà ad aspettarli, ma dà tutte si pensava che l’avesse fatto per mortificazione privandosi della soddisfazione di vedere coi propri

431 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte I Novembre 1863. 432 A. Longoni, 133. 433 S. 166. 434 Il ragazzo era contadino; il giovane Bianchi Angelo di Lurano era contadino e calzolaio. 435 Il giovane è Armati Cesare, nato a Pizzighettone il 16 febbraio 1831. Impiegato di finanza (cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 14 settembre 1863), domiciliato a Bergamo. Uscì a maggio 1864 (cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide, Comonte 28 giugno 1864; Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 1luglio 1864).

Biografie 124 opera omnia occhi adempirsi i Suoi ardenti desideri”436. “Li accolse con dimostrazioni più vive di giubilo e li condusse ella stessa a Villacampagna. La sera considerò costituita la famiglia e assegnò le mansioni ai tre Fratelli: al Capponi la direzione di tutta la casa, a Bianchi Angelo la direzione dei lavori dei campi e a Cesare Armati l’economia dell’azienda e l’istruzione degli orfani. Il sacerdote che li aveva accompagnati retrocedette a Bergamo”437. Qualche giorno dopo, insieme a Suor Luigia, il Palazzolo ritornò con due ragazzi, Aldegani e Colombi, di anni 10 l’uno e di 15 l’altro, ma non erano orfani, non contadini, anzi l’ultimo voleva studiare per farsi prete, quindi non lavorava. Poi mentre la benedetta Madre voleva si facesse cibo frugale e alla buona anche per dare esempio ai Figli, vino poco, letti da poveri, ecc. il Palazzolo che faceva da superiore voleva fossero trattati bene.

6. Al bivio

La Fondatrice venne a constatare come si mettevano le cose e trovò i fratelli che invece di impegnarsi per la campagna e l’interesse dell’istituto e in particolare a sorvegliare i contadini presi a giornata, erano intenti a preparare le stanze ed ogni cosa occorrente per gli studi. La Cerioli dispiacente chiamò tutti a S. Maria di Soncino parlò chiaro e li licenziò se non si sentivano di lavorare in campagna e condurre una vita da poveri contadini; spiegò con chiarezza il fine della sua fondazione e che amerebbe annientare i suoi istituti piuttosto che vederli tralignare occupandosi d’altro che non fosse l’istruzione e la educazione degli orfani438. Al parlare riverente, ma risoluto della Cerioli, il Palazzolo comprese che lo spirito di cui si sentiva animato dal Signore non si conformava con quello della Madre Cerioli e pensò di ritornare a Bergamo. La partenza del Palazzolo costituì un fatto gravissimo per il nuovo istituto, sia perché venne a mancare chi ne tenesse la direzione, sia per l’impressione che produsse nella gente e più ancora perché gettò nello sconforto e nell’avvilimento i fratelli. Con una lettera la Fondatrice ne informò il Can. Valsecchi attestando che “il Rev. D. Luigi è un Santo Religioso, ed ha di pensare

436 Cq. VII. 437 Archivio Congregazione. Brogliaccio (ms. A. Longoni). 438 cf. Cq. VII.

Biografie 125 opera omnia da Santo, ma io credo che il Signore non voglia d’ambedue la stessa cosa [...]”439. Rileva il canonico: “D. Luigi ne è avvilito, il Chiodini che è stato qui ieri sera e a cui la S.V. scrive di richiamare da Soncino il fratello [Bianchi] Angelo di Lurano [...testo corrotto] sfuggire questo soggetto, ma, se vuole, intendersi meglio per l’avvenire”440. La presenza di don Luigi Palazzolo nell’opera della Cerioli si limita a pochi giorni dal 4 al 20 novembre, come risulta dal Registro dei fratelli della Sacra Famiglia441. La Cerioli ricevette anche dal Vescovo due lettere del 17 novembre e del 5 dicembre e stette in pace.

7. Valsecchi superiore a vita

La fondatrice pregò il Valsecchi “[…] a non volerle in seguito darle altro Superiore fuorché lui stesso, finché vivesse, essendo egli e non altri destinato all’opera”442, ed egli “assunse volentieri il carico ch’ella gli pregò d’avere di superiore di codesto istituto maschile, carico che poi tenne sempre fino alla morte”443; e schiettamente confesserà: “[...] posso dire che non faccio preghiera senza ricordarmi di loro. E come no se il loro istituto e le loro anime mi furono date da consegna”444. Nel 1878 il Valsecchi è qualificato ancora “Superiore generale di questo Istituto sotto il Patrocinio di S. Giuseppe”445. Questo ufficio fu poi assunto dal Vescovo Guindani successore di Mons. Speranza; il 15 febbraio 1880 quando la Madre Corti gli si presentò: “fattogli atto di doverosa riverenza si sentì dire, senza ch’ella neppure parlasse, “lei dunque cerca un Superiore per il suo istituto: ebbene il superiore sarò io stesso e me ne assumo subito l’incarico in omaggio alla santa memoria del defunto mons. Alessandro Valsecchi””446. La Madre Corti il 19 marzo in occasione della prima S. Messa

439 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Soncino 13 novembre. 440 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 18 novembre 1863. 441 Archivio Congregazione 4. 442 A. Longoni, 136. 443 P. Merati, 202. 444 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Rosa Masoni, Bergamo 25gennaio 1874. 445 Archivio Congregazione Reg. SS. Messe 13 febbraio 1878. 446 F. Vistalli, Mons. Guindani nei suoi tempi e nella sua opera, SESA, Bergamo 1943, 374, ripreso da Archivio Comonte E1, 2, 5.

Biografie 126 opera omnia che il vescovo celebrò a Comonte gli regalò il pastorale d’argento lasciato all’Istituto dal Mons. Valsecchi. Gli fu sommamente gradito e promise che al suo trapasso il pastorale resterebbe ancora all’Istituto come pegno ed indizio che i vescovi successori saranno sempre i Superiori dell’Istituto447.

8. Regolamento

Così venne inaugurato l’Istituto maschile nella casa di Villacampagna che era restata libera nell’aprile 1863 per il trasferimento delle orfane nel convento carmelitano di S. Maria delle Grazie di Soncino, comperato per 12000 svanziche448 pari a L. 32000449. “Benché l’Istituto maschile fosse così avviato, al di fuori non traspariva alcun segno, imperocché i buoni fratelli della Sacra Famiglia non passavano agli occhi della gente che come fattori di quella tenuta”450.40 “Allorché poi parve venuto il tempo di dare all’Istituto una vita pubblica, il can. Valsecchi s’adoperò per l’acquisto del convento dei Padri Francescani Riformati di Martinengo”451. “[...] Nell’avviamento dell’Istituto maschile dove a poco, a poco, di giorno in giorno introdusse le regole e le pie pratiche”452. “Tre assistenti P. Capponi, Isidoro Paris e Cherubino. Questi avevano regole, ma non voti”453.

9. Vestito dei fratelli

Nella cronaca dell’inaugurazione dell’Istituto di Martinengo fatta il 3 dicembre 1868 il Can. Valsecchi scrisse: “Mons. Vescovo procedetti alla benedizione e consegna del nuovo abito che i fratelli della Sacra Famiglia dovevano vestire per la prima volta. Consiste questo in un giubboncello di color terreo, che tien luogo di

447 Archivio Comonte E1, 2. È trapassato sempre in altre maniche il pastorale. 448 Mons. Valsecchi all’arciprete di Soncino (cf. Lettera di Alessandro Valsecchi al Prevosto di Soncino, Bergamo 29luglio 1862). 449 cf. A. Longoni, 125. 450 P. Merati, 205. 451 P. Merati, 231. 452 S. 477 453 S. 215.

Biografie 127 opera omnia guardapetto detto gilè; ma che discende largo sino a mezza vita stringendosi ai fianchi per una fascia di lana nera che presenta nel mezzo il giglio di S. Giuseppe, ricamato di filo bianco e raccogliendosi al collo attorno a un collaretto bianco. Sopra quest’abito pende dal collo per un cordone nero una croce di mortella, che all’uopo si può appuntare nella fascia. Nel resto, vivono secondo l’uso dei paesi dove vivono”454. Non corrisponde al vero il ritratto del Capponi vestito da prete nella Vita della Beata scritta dal Sodano455. Solo dopo una ventina d’anni i fratelli indossarono la veste; ritornarono al primitivo vestito nel 1904 come annotato nella cronaca della festa della Sacra Famiglia: “Fecero la vestizione i postulanti Tomasoni Giuseppe e prese il nome di Davide e Vitali Giovanni che prese il nome di Alessandro... Da notarsi in tale giorno i suddetti novizi non indossarono la veste come gli altri fratelli e come si costumava da circa 15 anni, ma ricevettero all’atto della vestizione soltanto la cotta, cingolo, giacchetta e invece del cappello [da prete] ricevettero un berretto. In tal modo era vestito il primo Fratello Giovanni Capponi per disposizione della beata Fondatrice. Tale divisa venne poi adottata da tutti gli altri fratelli il giorno di Pasqua 3 aprile 1904, restando così abolita la veste e il cappello, perché ritenuti non consentanei”456.

10. Giovanni Capponi: il fondamento

Era figlio di Luigi e di Angela Zenoni. Nacque a Leffe il 5 dicembre 1830. Era “[...] economo ed infermiere di quell’ospedale, e giovine buonissimo e zelante sì che non pensava che a far del bene a tutto il paese, ed era quindi da tutti amato e stimato assai”457; “era

454 Istituto 22. 455 cf. A. Sodano, 126. 456 Archivio Congregazione. Cronache dell’orfanotrofio. 457 Vestì l’abito religioso il 19 marzo 1865: emise i voti temporanei il 16 settembre 1866 nelle mani del vescovo Speranza [in contrasto con S.221 che testifica che fece subito i voti perpetui] e all’inaugurazione della casa di Martinengo il 3 dicembre 1868 fece i voti perpetui. Più tardi fece anche voto di dedicarsi tutto a servizio dei figli di S. Giuseppe. Morì, come la Beata, a 50 anni non compiuti, il 27 maggio 1880 (A. Longoni, 129). Al cimitero di Martinengo, ove è sepolto è scolpita la data del 23 maggio 1880. Certamente errata perché il registro dei Morti in comune al N. 92 dell’anno 1880 specifica che è morto il giorno 27 alle ore antimeridiane dieci e venti minuti e nel Registro delle SS. Messe celebrate nella Chiesa dell’istituto si legge: “Mense maji Solemnitas SS. Corporis X.ti die 27 maji anno 1880 in die obitus Rev. Patris Joannis Capponi”. Dei biografi solo Federici riporta il giorno 23 maggio.

Biografie 128 opera omnia pure presidente della Congregazione di Maria, ramo maschile”458. Al Can. Valsecchi la beata scrive il 7 luglio 1862: “È stata quella Sig.ra di Leffe che vorrebbe pure unirsi a noi per far del bene; io l’intesi, ma per combinare una casa secondo il nostro scopo vi trovo delle difficoltà, ma sarebbe invece tutta adattata per inviare una piccola istituzione dei Figli di S. Giuseppe, quando le presentai questa mia idea si consolò grandemente dicendomi che si sentiva anche più inclinata. La combinazione felice fa poi che vi sia anche l’uomo da S. Giuseppe destinato per dar principio e incominciar quest’opera”459. “Per la sessione maschile trovò per la loro attuazione un valido, fedele e prezioso aiuto nel giovane Giovanni Capponi [...]”460. Capponi era già in relazione con la Fondatrice, prima d’essere aggregato: infatti fa commissioni per l’Istituto femminile; si felicita per la compera del convento461, “aiuta la Dedei a conseguire il disegno e farlo con tutta segretezza”462. A suor Luigia, la Madre scrive il 17 ottobre 1862: “Ti accludo la lettera per la signora Adelaide la quale credo bene di metterla in una diretta al Gio. Capponi463. E il 17 novembre alla signora scrive”[...] ella prenda pure il suo comodo, ed il tempo necessario per disporre le sue robe. Dia pur ordine o al buon Giovanni o al Rev. Prevosto di Bianzano, come a lei pare meglio di disimpegnare i suoi affari, essendo ambedue ottimi ed ella segua la voce del Signore giacché così forte si fa sentire al suo cuore”464.

11. Apprezzamenti della fondatrice su Giovanni Capponi

“[…] Il povero Giovanni, è tutto sottosopra per il distacco dei suoi malati e di quanti lo conoscono. Il suo sacrificio è grande, e ne sente tutto il peso, però è sempre stabile, e contento tuttora; il Signore premierà col buon andamento della piccola fondazione, tanta generosità, e tanto sacrificio”465. Il 24 gennaio Capponi comunica alla Beata quanto gli scrive la Madre dell’ospedale di Leffe: “[...] essere

458 Archivio Congregazione D. Mosconi, Cenni storici dell’Istituto maschile, ms. 9. 459 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 7 Luglio 1862. 460 S. 232. 461 cf. Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Leffe 27Agosto 1862. 462 Cq. VII. 463 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia Corti, Villacampagna 17 ottobre 1862]. 464 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Adelaide Dedei Villacampagna 17 Novembre 1862. 465 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia, Comonte [Leffe 2 novembre 1863].

Biografie 129 opera omnia stato di grande dolore a tutti i malati la mia partenza perché adesso hanno cambiato sistema e sono come in prigione non avendo più nessuno che fa valere le ragioni [...]; il mio posto è ancora vacante”466. “[...] Non posso che confermarmi sempre più come quest’uomo sia stato scelto da Dio per quest’impresa […]”467. “[...] Il Giovanni è fornito d’abbastanza prudenza, disinvoltura e franchezza necessari in questi tempi e nelle sue circostanze”468. “Sono sempre più contenta dei nostri buoni fratelli della Campagna, del Giovanni specialmente, che se così continua lo vedremo santo”469. “Il Giovanni poi è un uomo tutto di Dio. Egli mi edifica. Le sue parole, ispirano la più gran confidenza, ed abbandono in Dio. La contentezza è dipinta sul suo volto”470. “Essi [i fratelli] sono sì contenti, e fanno tanto bene che suor Rosa non sa più che dire, specialmente del Giovanni. È sì tanta la sua confidenza in S. Giuseppe, e la sua fede in Dio che è impossibile non siano esaudite le sue e le nostre speranze”471. “Il Giovanni è un gran soggetto pieno di virtù ed infaticabile, con più gli parlo più trovo di edificarmi. Egli è proprio il chiamato da Dio per quest’opera. Anche i figliuoli che ora sono undici mediante le sue cure sono buonissimi, e devoti; ed io spero la benedizione di Dio sopra quella casa, per questi Figli, ed il loro Fondatore”472. Mons. Valsecchi alla beata che gli aveva notificata una lettera del Capponi risponde in data 17 agosto 1864: “Quella lettera è un prezioso documento e la conservi. Vi si vede chiaramente l’uomo di Dio pieno di vero spirito, ci si vede l’eletto da Dio a fondare la nuova casa degli orfani; “Egli ne ha l’idea chiara, ne conosce già lo spirito, lo possiede, ha quella tranquillità serena, sicura confidenza che infonde Dio alle persone che sceglie per una impresa della sua gloria. Me ne consolo assai e do gloria a Dio e ringrazio S. Giuseppe e la Beata

466 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 24 gennaio 1864. “D. Pietro Calderoni ha mandato qui la madre dell’Ospitale onde volessimo imprestarle (che forse l’avrà presente uno straccio di balducchino di tela che noi avemmo fatto un parafuoco nel dormitorio delle nostre figlie) che lo voleva adoperar per formar un piccolo altare provvisorio nell’Ospitale [...]”: Lettera di Suor Adelaide Carsana a Suor Paola Elisabetta, Leffe 18aprile 1864. D. Pietro era coadiutore a Leffe: Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni, Comonte 24 ottobre 1863. 467 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 15 Agosto 1864. 468 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 9 Gennaio 1864. 469 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia Corti, 22 novembre [1864]. 470 Lettera di Suor Paola Elisabetta a suor Luigia Corti, Comonte [Novembre 1863]. 471 Lettera di Suor Paola Elisabetta a suor Adelaide Carsana, Comonte [Gennaio 1864]. 472 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Nazarena Ferrari, Comonte [Aprile 1861].

Biografie 130 opera omnia

Vergine”473. Lo stesso Mons. Valsecchi che nel frattempo (1869) era stato fatto vescovo, manifestò l’apprezzamento sulla esemplarità del Capponi a don Luigi Palazzolo, il quale l’addita ad esempio a un suo religioso scrivendogli il 25 giugno 1875: “Il Padre Giovanni di Martinengo dice mons. Vescovo, che è un Santo. Nelle tribolazioni fu conosciuta la sua grande umiltà. “Sii umile, o Fra Giovanni se vuoi essere santo””474. Cesare Armati scrive alla fondatrice: “Il cielo, ripeto, non poteva darmi miglior fratello, miglior Superiore: sono assai contento [...]”475. Il confratello Paris Isidoro depone al processo. “Dei superiori da lei [la fondatrice] scelti per l’Istituto dei fratelli, il Capponi era un sant’uomo addirittura”476. La casa maschile era retta “[...] dal P. Capponi fratello dell’Istituto, uomo buonissimo, che era guidato dalla Generale”477. Un sacerdote, don Luigi Piccinelli, testifica: “Giovanni [Capponi] di Leffe, che io conobbi pieno di ottime doti ed adattissimo allo scopo”478. Tra le altre qualità sembra conoscesse la musica e cantasse: “Ieri è stato qui il Rev. Sig. Canonico ed abbiamo concertato di far venire a Comonte per il giorno di S. Giuseppe i nostri Figli col Giovanni, e fare così una improvisata a Mons. Vescovo, che se nulla succede verrà a pranzo come il solito degli altri anni. Si vorrebbe poi cantar Messa quel giorno, ed io faccio sponda sul Giovanni che credo sia buono, e insegnerà ai Figliuoli”479.

12.. Fondazione attribuita ai superiori ecclesiastici

L’idea di un tale istituto nuovo e moderno per la sua genialità e così maschio, ad alcuni biografi è sembrato impossibile che fosse parto di mente femminile e l’attribuiscono o al vescovo Speranza o al canonico Valsecchi.

473 Lettera Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 17Agosto 1864. 474 Luigi Maria Palazzolo, Epistolario, Suore delle Poverelle Istituto Palazzolo, Bergamo 1989; Lettera (728) di Luigi Palazzolo a fra Giovanni Tibia, Bergamo 25 giugno 1875. 475 Lettera di Cesare Armati a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 30 dicembre 1863. 476 S. 210. 477 S. 212. 478 S. 184. 479 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni [sd].

Biografie 131 opera omnia

P. Enrico Massara: “Pio istituto delle suore o dei fratelli della S. Famiglia del quale saggio fondatore fu Mons. Speranza. E divero la nob. Costanza Cerioli ved. Busecchi-Tassis si era indirizzata al vescovo per avere un consiglio autorevole e sicuro nella sue perplessità”480. Don Alessandro Pesenti dice che mons. Valsecchi fu “fondatore insieme con la nobile Cerioli del religioso sodalizio delle suore della Sacra Famiglia a Comonte, ne scrisse le Regole e le Costituzioni, ne promosse la dilatazione. Opera tutta sua si è l’altro consimile degli orfani di S. Giuseppe”481. Don Bemardino Brignoli nella Vita di don Giovanni Brignoli, suo cugino, scrive: “Il can. Valsecchi e il mons. Speranza furono i fondatori dell’Istituto religioso di Comonte, detto della Sacra Famiglia, Istituto che sorse per cura e mezzi della nobile e santa donna Costanza Cerioli, che fattasi religiosa e divenuta prima superiora di tale istituto si chiamò Suor Paola Elisabetta, scopo del quale è l’educazione degli orfanelli e delle orfanelle rurali, con la direttiva di mantenere i due sessi nella loro nativa condizione”482. Nel Decreto di approvazione dell’Istituto femminile (1862) lo stesso Vescovo riconosce: “Nulla volle intraprendere senza il nostro consenso, nulla operare senza il nostro consiglio”483. Furono quindi validi consiglieri, non fondatori. La beata li chiamava “gli assistenti del fondatore S. Giuseppe”484. Alcune volte sono nominati fondatori dalla Corti485. Nel Processo è affermato: “regulas et leges novi operi ipsa, consulto Episcopo et animae moderatore, conscripsit” 486, cioè lei scrisse le Regole e il Direttorio della nuova opera, dopo aver consultato il Vescovo e il suo direttore spirituale. Mons. nel centenario della morte della beata disse: “È giusto anche che sia il vescovo qui, perché, non senza la Provvidenza di Dio, l’opera della beata Cerioli venne su passo passo

480 E. Massara, 107. 481 A. Pesenti, Elogio di Mons. Alessandro Valsecchi, Pagnoncelli, Bergamo 1880, 18; ripreso da L. Dentella, Il Conte Can. Giuseppe Benaglio, Secomandi, Bergamo 1930, 223 e da C. Traini, 39. 482 B. Brignoli, Vita di D. Giovanni Brignoli, Artigiane li, Milano 1890,112. 483 Istituto 15. 484 Cq. VII. 485 Divoto di S. Giuseppe, Modena 1881, 356, e in Archivio Comonte U/18. “... il M.R.S. e M. V. che dopo Dio furono l’anima, il principio e il progresso di questa Società” (Le abbreviazioni si riferiscono a mons. Speranza e a mons. Valsecchi). 486 S 14: [Scrisse di persona le regole e le leggi della nuova opera, consultato il vescovo e il direttore spirituale].

Biografie 132 opera omnia accompagnata, sorretta, benedetta, approvata, sostenuta, in mezzo a tante difficoltà, sia dal vescovo mons. Speranza e dal vescovo mons. Valsecchi”487.

13. Ispezioni governative

A Villacampagna488, a Leffe489 e a Soncino490 si ebbero visite ispettive da parte dell’autorità di polizia e scolastica. Si riporta, un po’ snellita, quella effettuata a Villacampagna nella stesura di Giovanni Capponi. “Ieri a mezzogiorno venne costì l’Ispettore Provinciale di Crema insieme col Vicario di Soncino. Appena giunti a Villa Campagna sono andati dal Sacerdote D. Aquilino, e poi sono venuti nella nostra Casa. Appena entrati [...] furono condotti nella sala grande. Appena seduti subito [il Vicario] parlò se vi era un Istituto ovvero un orfanotrofio perché ha avuto ordine di portarsi sul luogo per vedere se era veramente vero quei rapporti fatti al Ministero di Torino ed alla prefettura che qui esiste degli ordini. Cominciò a domandare sui figli quanti erano, solo 3 o di più. Io ho detto che tre soli se sapevano leggere, o se si fa leggere il Cesare disse di sì, l’Ispettore disse dove sono questi figli ed io gli ho detto che lavorano nell’orto. ‘Fateli venire da me’ disse l’ispettore. ‘Voglio sapere come leggono [...]’. Dopo mi dimandano a noi se abbiamo fatto i voti. Se siamo carmelitani o francescani ed io ho detto ‘né l’uno né l’altro [...]’. ‘Ho fatto dei Voti’, ed egli mi disse, ‘cosa fate voi qui?’, ‘Facciamo il Fattore alle due Cassine Campo e Campagna’, ‘Bene, ditemi il vostro Salario’. ‘Il Salario non è che alla fine dell’anno, che intanto non lo so neanch’io [...]’. Quindi scrissero non esser qui un Monastero, ma bensì una fattoria essendovi ancora in Casa bifolchi e Braccianti ecc., tutti mantenuti dalla Contessa Cerioli Reverenda Madre degli orfani di Soncino [...]; che anche il locale non è adatto perché è piccolo; non è vero che esiste un oratorio privato in casa, di sorta alcuna e che noi

487 “Famiglia Nostra” gennaio 1966. 488 cf. Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 30 marzo 1864. 489 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi Canonico, Leffe 23 Luglio 1864. 490 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi [Soncino Marzo-Aprile 1864]; Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 9 Luglio 1863; Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi Comonte 24 giugno [1864]; Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi Santa Maria 12 marzo [1864].

Biografie 133 opera omnia tutti di casa come i lavoranti dipendenti vanno alle funzioni ecclesiastiche in Soncino, [...] ed ho detto che anche la Pasqua l’abbiamo fatta a Soncino; perché m’han detto dove abbiamo presa la Pasqua. Dopo mi fecero varie domande sulla Condotta [...], ed io gli ho detto che la mia condotta fu nel passato al mio paese e la tengo anche a Soncino; che il giudizio lo saprà Iddio se bene o Male [...]. Ma che però daremo quello che è di Dio a Dio, quello del prossimo al prossimo anche al governo che non intendiamo di defraudare ciò che appartiene in modo dire, ed io ho rispetto quello che è della chiesa, come anche le leggi [...]. Mi dissero poi d’incaricare Lei, Reverenda Madre che se intende fondare questo Istituto agricolo resta obbligata a insinuare all’Ispettore del Circondario in Crema una documentata Istanza per ottenerla dal Regio governo l’approvazione governativa, ecc. Siccome restammo ad un tratto attoniti a tante domande ed al sentire che fu noto al ministero che noi siamo frati, e rispose che la fonte ne fu la venuta in casa dei Sacerdoti Estranei, i quali furono quelli che diedero motivo di notiziare al ministero ciò che le ho annunciato. I nostri pensieri furono sui tre Sacerdoti che qui le dico: D. Luigi Palazzolo, D. Alessandro Tiraboschi e l’Arciprete di Seriate”491.

14. Ricordo di Carlo

“[...] Dopo l’esercizio in comune la mattina abbiamo recitato le sacre offerte al suo figlio, a ciò si interponga appresso Dio a ben compiere la nostra festa e sia con noi tutto il giorno e per l’avvenire [...]”492. “[...] Tutto il giorno mi va crescendo di raccomandarla a quel Dio che l’ha fatta Madre di tante povere fanciulle, e compire anche per i figlioli essendo questa anche l’intenzione del suo unigenito Carlino, figlio a lei tanto caro sì per le virtù, che per la sua bontà, che aveva come me espresso il canonico Valsecchi. Ho gran confidenza in questo figlio suo che pregherà per quest’opera a lui di Memoria Perpetua”. “Ma unito coi miei Figli, Figli dell’innocenza, il Signore esaudirà le nostre suppliche a pro di lei che la conservi una lunga vita a bene dei figli abbandonati, e tutto secondo la sua intenzione, ed

491 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 30 marzo 1864. 492 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta [Villacampagna sd].

Biografie 134 opera omnia anche del suo carissimo Figlio tutti i giorni unito coi nostri figli gli tributiamo ed applichiamo a lui i nostri suffragi acciò meglio di noi preghi l’Eterno Iddio a concedergli tutte quelle grazie che ella desidera a Gloria di Dio ed a bene dei figli e figlie sprovviste dei genitori...”493. “La superiora suor Rosa mi parlò del giorno 16 del mese venturo [gennaio, anniversario della morte di Carlino] e mi disse anche del giorno 24 di questo passato, siamo ancora in ottava, possiamo ancora tributargli quei suffragi che il Signore gli conceda la beatitudine perpetua; e speriamo il 16 di suffragarlo proprio in quel giorno siccome nostro benefattore e promotore di questo Istituto”494. “[...] Non dubito per San Carlo, nome tanto Caro alla nostra reverenda Madre, essendo il nome del suo unigenito figlio da lei tanto amato e compianto, si darà una crescita di figli e fratelli […]”495.

15. Sua collaborazione

La fondatrice scrive alla Vice Madre Provinciale delle Canossiane: “[...] Non è perduto un ottimo religioso quando due anni fa il Signore mi toglieva il mio Carlo, non è perduto, egli dal cielo pregherà per lei... e lo fece, e lo fa sempre mia Carissima Sig. Vice [...]”496. La Madre Corti comprova: “Io non potei mai accorgermi che la benedetta Fondatrice avesse qualche attaccamento ad alcuna creatura o a robe. Il solo attaccamento che aveva avuto, come ella stessa molte volte mi confidò ed anche io me ne accorgevo purtroppo, era verso l’amato suo unico figlio. Di questo amore tutti se ne accorgevano; ma anche questo a poco a poco, dopo divenuta madre spirituale d’altri figli, divenne questo amore tutto santo e spirituale. Ben si scorgeva che mano mano che in lei cresceva l’amore di Dio andava scemando l’amor carnale verso il suo Carlino; dico l’amor carnale poiché l’altro amore spirituale verso il detto figlio sempre mantenne, come era giusto e doveroso. Quindi è che dopo qualche tempo non parlava più come soleva del figlio da lei perduto, ma che era ancora seco lei in unione di carità aiutandola nell’opera alla maggior gloria di Dio, come di fatti posso io affermare un fatto che lo comprova, che proprio il Signore desse licenza a questo angioletto di suo figlio di aiutarla.

493 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta Villacampagna 8 Agosto 1864. 494 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 29 Dicembre 1863. 495 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Adelaide, Villacampagna, 23 Settembre 1864. 496 Lettera di Costanza Cerioli alla vice Madre delle Canossiane, Comonte 18 Gennaio 1856.

Biografie 135 opera omnia

Il fatto è il seguente. È un sogno, è vero, ha tanto della rivelazione che merita di essere notato. Un anno, come al solito, davano gli esercizi spirituali per le giovani estere qui a Comonte, e venuto il tempo che si fanno preparare queste esercitande alla confessione, una fra esse, come altre volte purtroppo succede, non voleva confessarsi. Il demonio l’afferrava col metterle innanzi l’inutilità che era il confessarsi, col dirle che tanto e tanto voleva ancora continuare la sua vita cattiva con le sue pratiche che l’accompagnavano, ecc. Io sollecitavo detta giovane per risolverla a confessarsi, ma invano. Quando la detta giovane, la mattina della fine degli Esercizi, mi ferma in fondo al piano della seconda scala dell’ospizio, dove il tempo degli esercizi vi si appende un bel crocifisso e tutta compunta mi disse: ‘mi dica un po’, Madre, la sua Superiora è nubile o vedova? Aveva dei figli?’. Io mostravo poca voglia di soddisfarla credendo fosse curiosità, ma ella insisteva. Poi si mise a raccontarmi il sogno che riporto con le sue parole: ‘Questa notte in sogno ho veduto qui ai piedi di questo Crocifisso un bellissimo giovane, tutto raggiante, vestito di bianco. Io restai attonita nel vederlo e dissi a lei che pure in sogno era qui presente, ma chi è quel giovane lì ai piedi del crocifisso? E invece di lei mi rispose il medesimo e disse: Io non sono di qui e sono il figlio della padrona di questa casa che vengo di quando in quando a pregare insieme con essa, aiutandola in questa sant’opera. E detto ciò il giovane scomparve, ed io mi svegliai con grande desiderio di confessarmi, e di cambiar vita’”497.

16. Preti, frati, suore

“Suor Luigia [...] le fece notare, come avendo ella stabilito che oltre ai fratelli laici vi fossero anche nella nuova famiglia religiosa dei sacerdoti, i quali col nome di padri avrebbero poi potuto esercitare tanto opportunamente il loro ministero a favore dei fratelli come dei figli di S. Giuseppe, ed anche delle suore e delle figlie, non era quindi fuor di proposito accogliere quel giovanetto”498. Suor Luigia scrive a suor Nazarena: “[...] desidero che sappiate apprezzare il Reverendo che tanto la Beata Fondatrice bramava averne alcuno di questi incorporati onde col tempo si ottenga lo scopo prefisso della benedetta Madre”499.

497 Cq. IV. 498 A. Longoni, 140. Questo giovane di Casnigo voleva farsi prete e aveva già compiuti gli studi ginnasiali. 499 Lettera di Suor Luigia Corti Suor Nazarena Ferrari, Comonte 23 maggio 1891.

Biografie 136 opera omnia

Sulla copertina del Quadernetto delle Memorie del 9 luglio 1860 per l’Avviamento per la prima prova di fondazione, in un secondo tempo, forse dopo la defezione del Palazzolo, scrisse: “Da meditarsi prima bene davanti a Dio, avendo dal bel principio trovato forti intoppi per l’unione di quest’istituto di sacerdoti e secolari che si è dovuto al momento ritirare i primi lasciando solo i secondi, per l’amministrazione e direzione ed educazione dei figli; però il tempo, le circostanziò e il tutto assieme farà conoscere ciò che si dovrà in seguito stabilire”500. E questa difficoltà si protrasse e il Capponi ne invocava una soluzione. Nel 1868 scrive a Madre Corti: “Le faccende della casa non vanno male, ma anche male nel suo essere perché mancano soggetti adatti, od almeno ci vorrebbe un sacerdote a Soncino, simile condizione di don Carlo501. Oh! Allora sarebbe compiuta almeno la parte che mi sta a cuore; al contrario la faccenda è grave dalla parte spirituale; dalle cose corporali i figli fanno anche troppo specialmente a Soncino; ma manca il più; alla fine nono sono bagagli502 ma nostri figli adottivi”503. E nel 1883 la nipote della Beata, Giuseppina Cerioli in Scotti di Gallignano, espone al vescovo di Bergamo, Mons. Guindani alcune considerazioni sulla necessità della presenza di Sacerdoti in ogni casa dei fratelli della S. Famiglia, e il 23 settembre il vescovo così le risponde: “Pregiatissima Signora, ho preso in seria considerazione le cose esposte da V.S. nella pregiata sua lettera, alla quale voglia avermi ella per scusato se non ho risposto prima d’ora; e le ho trovate giuste ed opportune ed anche tanto conformi all’idea che mi ero formato dell’indole, dei bisogni, dei vantaggi dell’Istituto, e dei sapienti disegni della benemerita Fondatrice di venerata memoria, e del modo onde procurare di pienamente recarle ad affetto, che non posso altrimenti rispondere alla S. V., che approvando in ogni sua parte il contenuto della sua lettera. Che in ogni casa dei fratelli della S. Famiglia vi sia un certo

500 Scritti, Seminario Sacra Famiglia, pro manoscripto, Bergamo 1991, 286. 501 Manzini T. Carlo, nato a Bottanuco nel 1815. Il vescovo nel 1858 (cf. Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 23 febbraio 1858) dà a lui la facoltà di determinare alle suore le opere per il giubileo. Nel 1853 era entrato tra i preti del S. Cuore. Nel 1875 dall’Istituto di Martinengo passa curato a S. Pancrazio. Morì nel 1888. Nello schedario dei preti redatto al tempo di mons. Speranza esistente in curia, è così qualificato: “Sacerdote di abilità distinta. Costumi i più specchiti ed esemplari”. 502 In dialetto bergamasco bagai: “i contadini chiamano così quel ragazzo che tengono presso di sé perché guardi vacche, buoi ed anche altri animali ed attende ad altre cure campestri” (A. Tiraboschi). 503 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Rosa Masoni, Villacampagna 1869 [Forse rispetto al testo sopra è una correzione postuma di Di Bianchi].

Biografie 137 opera omnia numero di sacerdoti, addetti all’Istituto quali padri, che abbiano uffici e cura di educare e contenere nello spirito di veri religiosi essi fratelli, e così agevolare, o meglio rendere possibile e sicura l’educazione dei figli di S. Giuseppe, è cosa necessarissima e senza la quale non solo non è l’Istituto conforme al disegno concepito dalla benemerita fondatrice, ma non lascia, mi pare, speranza che possa continuare non che prosperare e recare quei vantaggi che sono a desiderarne. Avremmo, come purtroppo già abbiamo, altrettante case di educazione senza educatori, e di religiosi senza chi efficacemente li allevi e li mantenga nello spirito della Religione. Ed io pertanto riconosco con V. S. il bisogno di procurare che l’Istituto raggiunga il suo compimento con presenza e l’opera in ciascuna casa di fratelli e figli di S. Giuseppe, d’un certo numero di padri ma ciò torna ora purtroppo impossibile e quindi fa d’uopo studiarsi di provvedere al presente stato cose con qualche altro mezzo che supplisca in qualche guisa al difetto di quel provvedimento che solo sarebbe pari al bisogno. E poiché non solamente è impossibile avere ora in ogni casa un certo numero di sacerdoti quali padri, ma non si può destinare a ciascuna casa un sacerdote che la regga, tanta è ora la scarsezza, pure in questa mia diocesi, del clero: non rimane che di affidare, come già si è fatto, la cura di tutta la casa ad un solo e medesimo sacerdote, che ne sia il direttore e che dimorando in alcuna di esse, si rechi frequentemente a visitare le altre. E il sacerdote R. D. Zanoni [Alessandro], che ho destinato a tale ufficio, è tale ch’io mi tengo sicuro che saprà adoperarvisi in ogni miglior guisa e con grande vantaggio dell’Istituto e riconosco per ben meritata la lode ch’ella gli rende. Ma non posso che essere d’un medesimo avviso con lei quanto al bisogno di diminuire, almeno per ora le case dei fratelli ed approvo pienamente il pensiero di ritirare questi coi figli della Campagna e raccoglierli nella casa di Martinengo, al fine di rendere più agevole, ridotta che sia a due sole case, di Martinengo e di Albino, e più efficace l’opera dell’unico direttore. E lodo pur molto il pensiero di V. S. di destinare poi col tempo la casa di S. Maria a quasi un Seminario di futuri padri, comperata che sia per le Suore di costi l’altra casa a cui ella allude, e che tornerebbe utilissima504. Il tramutare però i fratelli e i figli da Campagna a Martinengo presenta la sua difficoltà, ed è cosa, come V. S. avverte benissimo da farsi con molta prudenza.

504 Si riferisce all’ex Convento domenicano di S. Paolo in Borgo Sera di Soncino con 38 pertiche di ortaglia che la contessa Medici-Galantino donerà poi alla Parrocchia per fare l’oratorio maschile; gestito dalla Congregazione dei Figli di Maria Immacolata fondata dal Ven. Lodovico Pavoni, inizierà il 4 novembre 1890.

Biografie 138 opera omnia

Di questo, come dell’affittare, che in tal caso si dovrebbe la casa coi fondi di Villacampagna, è da parlar quanto prima col Rev. Sindaco Sig. Arciprete di Seriate; e ne parlerò io stesso quando avrò a recarmi a Comonte; ma tornerà opportuno che a lui ne parli ella pure e la Rev. Madre. Speriamo che il Signore, che tanto benedice le Suore della S. Famiglia, benedica anche e conduca a compimento l’Istituto dei fratelli e dei figli di S. Giuseppe, e dia grazia intanto di provvedervi, se sono di suo gradimento, coi mezzi che ora sono unicamente possibili ed opportuni, quelli cioè, che V. S. ha indicato nella pregiata sua lettera e ch’io ho pienamente approvato con questa mia. Per grande bene che deriva e deriverà ancora maggiore, a questa mia diocesi, e dall’Istituto ch’è una cara memoria ed un prezioso beneficio dell’anima eletta che seppe concepire il nobilissimo disegno e con tanta generosità attuarlo, mi attesto gratissimo a V. S. ed all’ottimo suo consorte di tutte le cure e sollecitudini con le quali incessantemente si adoperano a favore del medesimo, così partecipi dello spirito della benemerita fondatrice come le sono di parentela congiunti e ne auguro ad ambedue largo compenso di elette divine benedizioni. La prego di porgere i miei ossequi al sullodato Sig. Pierino e con la più distinta stima e considerazione me ne dichiaro di V.S. Devot. mo in G. C. + Gaetano Camillo Vescovo di Bergamo”505.

17. Relazioni tra le istituzioni maschile e femminile

“Inoltre Monsignore questi due Istituti [maschile e femminile] stabiliti si potranno portare vantaggi, ed utili grandissimi vicendevoli, il femminile potrebbe fornire al maschile la biancheria, e tutto l’abito personale, con le loro manifatture e mani d’opera; il maschile al femminile fornire le scarpe, gli zoccoli, e tutti gli attrezzi rurali506“ così la Beata scrive al Vescovo nel primo abbozzo della fondazione. Madre Arcangela Cattaneo depone: “[...] Secondo l’idea e il desiderio della Fondatrice, tali padri dovrebbero essere i cappellani delle case femminili”507. Il Capponi descrive alla beata l’umore della comunità di Villacampagna, nel dicembre 1865: “Il Cherubino è venuto giorni fa

505 Lettera di Gaetano Camillo Guindani a Giuseppina Cerioli, Bergamo 23 settembre 1883. 506 Lettera di Costanza Cerioli a Pietro Luigi Speranza, Comonte 19 Marzo 1857. 507 S. 241.

Biografie 139 opera omnia un poco altero. Veramente non sa quello che dice perché non lo direbbe, dove mi è rincresciuto è che si fa sentire dagli altri fratelli, e dice che egli non può capire di dover cercare tutto alle monache, come a cercare la carità, come il vino, la farina e ne danno così poca alla volta e che noi finché dipenderemo dalle monache non andremo mai bene, perché ora si lamentano che non abbiamo raccolto poco ora che non facciamo la tal cosa o l’altra”.50899 Come correttivo alla madre Corti, Mons. Speranza scrive subito dopo la morte della Fondatrice: “Zelante Madre Superiora. [...] Badate poi che per l’Istituto dei figliuoli, se Dio vorrà benedire anche quello, sarà meglio che comparisca ognora il capo che quell’Istituto governi. Voi vi intenderete con esso, cercando che le cose si piantino bene e si dirigano debitamente, secondo che voleva la benedetta vostra fondatrice ma voi dovete schivare di ordinare a loro, se non altro, per non essere criticata”509. E qualche mese dopo: “Carissima nel Signore, fate pure che si piantino bene anche le case dei figliuoli; che siano ben regolate, ben dirette, e ben ordinate; che i fratelli e i figliuoli ubbidiscano, siano sottomessi, e lavorino; che non si trascuri o trasandi niente; che tutti osservino la buona regola, che hanno come cristiani, e come figliuoli che si allevano bene. Ma fatelo principalmente per mezzo del superiore che hanno, e che debbono riconoscere e ubbidire. Qualche volta sarà necessario che andiate a vedere; che sentiate come fanno; anche che diate mano ad ordinar certe cose, od anche ad eseguir certe altre, che meglio si fanno dalle donne che dagli uomini. Allora usate la cautela conveniente; e, spicciato il da fare, tornate a casa vostra. Quel che importa soprattutto è che vi sia il proprio superiore e faccia da superiore, e sia riconosciuto da tutti, e rispettato, e ubbidito”510. Il 7 agosto 1869 insisteva con la stessa Madre Corti. “A Soncino andate pure, e fate. Io mi intenderei che in massima gli uomini han da essere governati dagli uomini [...]”511. “Di fatto i fratelli non governarono mai l’Istituto maschile perché il Capponi, come era naturale, era docile esecutore degli

508 Lettera di Giovanni Capponi a Suor Paola Elisabetta, Dicembre 1856; [data errata; Di Bianchi corregge in 1865]. 509 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Luigia Corti, Bergamo 9 Febbraio 1866. Correzione dal testo: Lettere inedite di S. E. Mons. Pietro Luigi Speranza, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1903, 17. 510 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Luigia Corti, Bergamo 1 Luglio 1866. Correzione dal testo: Lettere inedite di S. E. Mons. Pietro Luigi Speranza, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1903, 19. 511 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Luigia Corti, Bergamo 7Agosto 1869; e cf. Lettera di Suor Luigia Corti ad Alessandro Valsecchi, Comonte 9 maggio 1865.

Biografie 140 opera omnia ordini della Fondatrice; dopo le suore ritennero la direzione e l’amministrazione dell’Istituto e i fratelli non erano in realtà che loro dipendenti”. “Nella stessa dipendenza erano anche i sacerdoti secolari che l’autorità diocesana mandava a far da cappellani e da assistenti direttori; questi sacerdoti si succedevano con molta frequenza, perché non erano legati all’Istituto con voti e anche per le speciali difficoltà che trovavano sia da parte delle suore che, intestate di tutti i beni della fondatrice, credevano poter governare e amministrare anche l’Istituto maschile, sia da parte dei fratelli, che stretti da voti all’Istituto stavano con le suore e riguardavano il sacerdote come estraneo”.

18. Lavori in campagna

Nel 1869 la Madre Corti annota: “Col consenso dei RR. superiori e del Capitolo formato da tutte le sorelle di quattro voti diedi la nostra possessione di Campagnola in Soncino ai fratelli della S. Famiglia; alla casa di Villacampagna pure in Soncino da lavorare a metà, i quali incominceranno all’undici novembre di quest’anno 1869 [...]”512. Al Capponi Mons. Valsecchi scrive: “Ho riconosciuto con piacere il numero delle giornate eseguitesi dai fratelli e figli di Soncino a S. Maria perché così so quello che devo rispondere, quando le monache si lamentano che fanno poco e non si prestano ai loro bisogni. Del resto non è vero che avessi fatto quel caso che voi dite, dei lamenti delle monache, perché so bene che conoscono molto il loro bisogno e che non sanno conoscere quello dei fratelli e dei figli”513.

19. Le suore, madri e sorelle, per i fratelli

La dipendenza dell’Istituto maschile da quello femminile per cucina, la lavanderia e guardaroba era scontato. “[...] I fratelli tutte le settimane manderanno le robe sporche a S. Maria e tutte le settimane potrai andare tu con suor Adelaide ad accomodare e pulire la casa, se se ne vede la necessità”514.

512 Archivio Comonte D/9. 513 Lettera di Alessandro Valsecchi a Giovanni Capponi Bergamo 18 Febbraio 1876. 514 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni, Comonte 19 novembre 1864.

Biografie 141 opera omnia

“Essa [la Bilingardi] poi dovrà tener conto della roba dei figli, come le dirà Suor Adelaide, accomodarla ed andare anche alla fossa per lavare o custodire le Figlie invece d’una monaca, così pure andare anche in compagnia di Suor Adelaide alla Campagna, dove vedendo quanto questa vi fa, possa poi in un bisogno andarvi da sola, a prendere le sue robe da lavare ed accomodare”515. “[...] poi dovrò da qui a qualche settimana andarvi [a Martinengo] a prendere le monache a vedere la seta”516. Suor Domenica Piantoni depone al processo: “[...] Nelle case dei maschi le suore non si prestano che per gli uffici di cucina e di guardaroba”517. Nella relazione a Mons. Valsecchi che l’aveva mandato a Martinengo dopo una tempesta “concludente”, il Palazzolo riferisce anche dell’andamento generale dell’Istituto e termina: “Sono andato a trovare le buone mandatane e le ho trovate contente e beate”518. Anche l’assistenza infermieristica era per lo più curata dalle suore: “Ieri fu a ritrovarci il nostro buon Monsignor Vescovo, e mi lasciò assai consolata. Gli ho domandato se potevamo far venire a S. Maria i Figliuoli ammalati specialmente in questi principi, come era il Carlino, ed egli mi disse di si però intendiamoci nella cascina”519.

20. Sacerdoti... non religiosi

Nel Diario delle cose notabili, nel 1903, riporta l’elenco dei sacerdoti che si sono succeduti alla direzione dell’Istituto maschile520: D. Carlo Manzini di Bottanuco; D. Alessandro Tiraboschi di Zanica; D. Giuseppe Chiodini di Filago; D. Michele Calvi di Piazza Brembana; D. Alessandro Zanoni di Bergamo; D. Carlo Moraschi di Pontenossa; D. Luigi Baizini di Bagnatica; D. Antonio Rivola di Bergamo; D. Bernardo Bergamelli di Nembro; D. Angelo Orisio di Martinengo.

Di alcuni si hanno elementi per meglio identificarli: D. Carlo Manzini nato a Bottanuco il 15 Febbraio 1815, fu

515 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni [Comonte 1864]. 516 Lettera di Suor Luigia Corti a [Suor Rosa Masoni], Comonte 5 luglio 1868. 517 S. 233. 518 Lettera di Luigi Palazzolo ad Alessandro Valsecchi, Bergamo 29 giugno 1878. 519 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni [Comonte 1865]. 520 Archivio Comonte E 1/2. L’elenco dei sacerdoti che segue nel testo è stato completato con aggiunte rilevate da documenti della Curia di Bergamo.

Biografie 142 opera omnia ordinato sacerdote nel 1840 e nominato Vice Parroco a Brembate Sotto. Nel 1853 entrò nei preti del S. Cuore. Il 25 Marzo 1872 predica a quaranta fanciulle per la prima Comunione a Soncino. Mons. Valsecchi così lo presenta: “Il Sacerdote destinato per la casa di Martinengo non potrebbe essere più adattato. È avvezzo alla vita comune, ama di stare ritirato, è molto bravo nel dipingere e industrioso in molte cose, sicché potrà essere molto abile [...] e docile per andare d’accordo con tutti e non cercare novità, ma stare in tutto e per tutto alle regole e alle norme stabilite o tracciate dalla benedetta Madre”521. È presente nell’Istituto fino al 6 Novembre 1875522. Egli nel Marzo 1876 contatterà don Luigi Palazzolo523. D. Alessandro Tiraboschi fu cappellano presso le Suore a S. Maria di Soncino, non a Villacampagna524. D. Giuseppe Chiodini è nato a Costa Mezzate nel 1830. Nominato parroco di Filago il 30 dicembre 1862, vi rinuncia il 30 settembre 1871. È promosso parroco di Gazzaniga il 6 agosto 1872 e si dimette il 18 ottobre 1875. In data 12 settembre 1876 è fatto parroco di Cortenuova e vi muore il 28 settembre 1893. In Parrocchia e al Cimitero ci sono lapidi che ricordano la sua pietà e la sua carità nell’apostolato. Fu nell’Istituto di Martinengo nell’attesa del trasferimento da Gazzaniga a Cortenuova525. Già prima s’interessava, tanto che la Corti scrive a suor Rosa a Leffe il 28 agosto 1869: “Ieri fu qui il Rev. Chiodini e non fece che parlare del bene che si promette in quella casa [Martinengo] […]”526. D. Michele Calvi nel 1881 scrive il necrologio di Fra Angelo Previtali sul registro dei Fratelli della S. Famiglia, e cerca il predicatore per il primo corso di Esercizi per i sacerdoti e invia una lettera a Leone XIII527. D. Alessandro Zanoni, nato a Trescore il 2 Dicembre 1826; ordinato sacerdote nel Dicembre del 1852. Cappellano, consta e poi anche coadiutore a Trescore, attendeva un poco anche alla predicazione. Nel 1879 era cappellano a Leffe; nel 1883 è direttore

521 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Rosa Masoni, Bergamo 19 Dicembre 1868 e cf. Lettera di Alessandro Valsecchi a Giovanni Capponi, Bergamo, 26 Ottobre 1872. 522 Registro Messe. 523 Lettera di Luigi Palazzolo a Suor Teresa Gabrieli, Bergamo 6 marzo 1877. 524 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana [Comonte, Marzo 1863]; A. Longoni, 125. 525 cf. Lettera di Alessandro Valsecchi a Giovanni Capponi, Bergamo 28 Dicembre 1875. 526 Lettera di Suor Luigia Corti a [Suor Rosa Masoni], Comonte 28 agosto 1869. 527 Archivio Congregazione. Faldone degli Esercizi Spirituali.

Biografie 143 opera omnia delle tre case maschili528. Nel 1885 presenzia alla traslazione della salma della Beata da Seriate a Comonte529. Celebra nell’Istituto fino al 31 agosto 1886. Abbandonato l’Istituto è assegnato alla chiesa di S. Giuseppe in via Statuto a Bergamo dove muore il 9 settembre 1906. Luigi Moraschi in religione Carlo. Nella lista del personale che invia in Curia il 19 aprile 1900, scrive di sé essere nato a Songavazzo il 23 agosto 1857 (a Pontenossa era parroco suo fratello Giovanmaria). Fu molto tempo a Villa Campagna ove è notata la sua prima messa in loco il 7 luglio 1892; poi volle farsi religioso ed entrò nell’Istituto il 23 aprile 1893; fece i voti religiosi il 9 maggio 1894. Eletto Superiore Generale il 16 novembre 1895 e il 19 aprile 1900 lo era ancora. Nel 1899 lo Stato del Clero lo dice Superiore dell’Istituto di Martinengo con nove Fratelli Laici. L’ultima messa nell’Istituto di Martinengo la celebrò il 20 agosto 1900. D. Luigi Baizini, nato a Bergamo (S. Alessandro della Croce) il 25 Novembre 1832 da Leonardo e Teresa Malliani. Fu curato a Gorlago fino al 1861; poi parroco a Cerete Alto dal 1 Ottobre 1861. Col permesso di Monsignor Speranza va tra i preti Filippini di Brescia e lascia la parrocchia il 5 Aprile 1875530. Fu nell’Istituto dal 30 ottobre 1897 al 22 maggio 1898. D. Antonio Rivola dal 21 novembre 1897 al 13 maggio 1898. Questi ultimi erano Filippini e nei pochi mesi di presenza fecero da direttori spirituali. D. Antonio nel marzo 1898 scrive due volte al vescovo perché lo trasferisca nella cappellania di Comonte531 e difatti nel 1908 era ancora coadiutore alla chiesa sul monte532. D. Bernardo Bergamelli: la sua presenza è compresa tra la prima e l’ultima messa detta nell’Istituto: 20 agosto 1900 al 19 dicembre 1901. D. Angelo Orisio segna la sua prima messa nell’Istituto il 20 dicembre 1901. Era venuto il 13 dicembre e trovò nei due Istituti di Martinengo e Villacampagna 12 fratelli e 31 orfani. Mancano nell’elenco D. Giordano Riva e D. GiovanBattista Danzi. Il primo perché conservò sempre la sua attività come cappellano all’Istituto di Comonte, il secondo perché divenne sacerdote nell’Istituto. D. Giordano Riva nel 1891 scrive il necrologio di Fra Francesco

528 cf. Lettera di Gaetano Camillo Guindani a Giuseppina Cerioli, Bergamo 23 settembre 1883. 529 cf. S. 928. 530 Archivio della Curia di Bergamo. Faldone di Cerete Alto. 531 Archivio della Curia di Bergamo. Cart. Seriate. 532 G. Zambetti, Da Bergamo a Trescore, Bergamo, Isnenghi 1908, 71.

Biografie 144 opera omnia

Borali533. Successe nell’incarico a D. Zanoni e poco poté fare per l’Istituto maschile essendo contemporaneamente cappellano a Comonte; presto dovette abbandonare la direzione534, venne sostituito da D. Luigi Moraschi. Nel 1892 è presente alla riapertura della casa di Villacampagna535. D. GiovanBattista Danzi in religione Giuseppe, nato a Capergnanica (diocesi di Crema), nel 1857. Iniziò il noviziato il 26 aprile 1883. Studiò da chierico in Convento, per un anno studiò grammatica in seminario come esterno; fatte per salti le altre classi senza far filosofia, ma solo due anni di teologia fu ordinato sacerdote nel dicembre 1889. Era il primo padre dell’Istituto. Tenne per quattro anni la carica di Superiore Generale dell’Istituto assai lodevolmente sino al 16 novembre 1895536.

La Madre Corti a Suor Nazarena il 23 maggio 1891 scrive: “... A Voi do esclusivamente il Rev. D. Giuseppe da tener pulito, non solo, ma convenientemente servito nel cibo discreto e abbondante e ben condizionato, tanto più che l’ho veduto deperito ed anche mi parve avvilito. Mi sembra che i fratelli non abbiano il riguardo che merita un Ministro di Dio…”537. È spiegabile come finito il tempo del suo superiorato sia uscito dall’Istituto, conservando però sempre attaccamento allo stesso. Mandato il 23 febbraio 1896 ad Adrara S. Rocco a coadiuvare il parroco malato, il vescovo dietro sua richiesta ve lo lasciò stabilmente. Il 16 maggio 1896 mons. Arcangeli, Vicario Generale, lo dichiarò escluso dall’Istituto della S. Famiglia. Nello Stato del Clero dal 1904 al 1908 figura tra i religiosi della Sacra Famiglia con P. Orisio, P. Antonio Cattaneo e P. Giuseppe Magno e 9 Fratelli. Nel Decreto di approvazione della Pia Associazione della S. Famiglia da parte del vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi del 27 gennaio 1908 tra gli Otto sacerdoti che la richiedevano, figura anche D. Giuseppe Danzi di Martinengo538. Mori a 59 anni a Malpaga ove era coadiutore dal novembre 1909. Nel Registro delle Messe a Malpaga il 31 maggio 1916 si legge: “Parochus obt. pro defuncto suo optimo atque carissimo coad. sacerdote orationis, simplicitatis antiquae, angelo sibi custode necnon magistro

533 cf. Registro dei Fratelli della Sacra Famiglia. 534 cf. Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Nazarena Ferrari, Comonte 23 maggio 1891. 535 Archivio Comonte E 1/2.75. 536 cf. Registro dei Fratelli della Sacra Famiglia, 41. 537 Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Nazarena Ferrari, Comonte 23maggio 1891. 538 cf. Archivio Congregazione.

Biografie 145 opera omnia perfuncto hora 21,15 die 30 maii quasi repentina morte iustorum”539. Il giorno prima aveva ancora celebrato. Nella cappella del cimitero esiste una lapide col suo ritratto.

21. Apertura delle case in S. Maria di Soncino

Dall’Archivio comunale di Soncino, riguardante i beni delle soppresse corporazioni, sono riportate le indicazioni richieste dalla R. Cesarea V. Prefettura di Crema con Ordinanza 28-5-1815 n. 1859: “Denominazione: Chiesa e Convento dei PP. Carmelitani di S. Maria di Soncino soppressi circa l’anno 1774. Primi acquirenti: Galantino Antonio e Ippolito, fratelli. Intestati per Decr. Magistrale 18-8-1774, esclusa però la chiesa e poca parte del fabbricato. Possessori attuali: Galantino Ippolito dietro la divisione col fratello Antonio. Uso attuale: La chiesa sussiste come sussidiaria alla parrocchia di S. Giacomo il fabbricato tra la chiesa e il Convento è stata assegnata per abitazione al custode, il restante del fabbricato è goduto dal possessore parte per proprio uso e parte viene affittato”540. Il 5 novembre 1858 il nipote della Beata, Cerioli Francesco, dopo un sopralluogo scrive alla zia: “Carissima zia, ieri fui a vedere il collegio di S. Maria e lo trovai in tutti i rapporti adattissimo per lo scopo per il quale ella lo vorrebbe acquistare. Esso è vasto, salubre, comodo, bello ed anche mi sembra di poco costo poiché l’ultima domanda che fece il proprietario fu di 16.ooo lire austriache e credo se ne possano offrire 12.000 per il motivo che tale fu il prezzo d’acquisto che sborsò il presente proprietario e d’altronde egli demolì un centinaio di metri del muro di cinta e vi levò molti serramenti. Però credo che anche con 15.000 ella potrebbe fare un buon contratto poiché mi pare che da un tal fabbricato, e dal terreno unito di 47 pertiche censuarie antiche si possa cavare una rendita netta di 800 lire austriache ed ella ben poco avrebbe da spendere poi per adattano giacché non vi occorrono che serramenti, la cinta demolita, le opportune tinteggiature ed alcune riparazioni nel caseggiato colonico. [Passa poi a farne una breve descrizione].

539 [Il parroco ha offerto per il defunto suo ottimo e carissimo coadiutore sacerdote di orazione, della semplicità di una volta, per lui angelo custode nonché maestro, deceduto alle ore 21,15 del 30 maggio, quasi repentinamente, della morte dei giusti]. 540 Titolo 7- Culto- Fal. 54- Fasc. 21.

Biografie 146 opera omnia

Venga o carissima zia ed adorni il mio e suo paese nativo della sua bella istituzione e vedrà che l’animo dei nostri compaesani non avrà che riconoscenza per lei e benedizioni all’Altissimo che tal generoso e bel pensiero le abbia ispirato [...]. Se lo credesse di rispondermi l’avverto di rispondermi a Padova dove mi porto entro la presente settimana per restarvi fino al S. Natale oppure la potrà scrivere alla mamma o alla sorella che m’incaricarono d’inviarle i loro saluti. Riceva infine quelli del suo aff.mo nipote Cerioli Francesco”541. “Io non capisco da cosa proviene: l’idea di questo acquisto mette in me un contento, una gioia... sarà puramente naturale... ma, io non capisco”542. “[...] questa S. Maria per quanto faccia l’ho sempre in mente poiché ho paura che mi sfugga. Capisco che ciò è tentazione, poiché se Dio vorrà sarà ancor nostra per quante combinazioni succedano: ma il demonio mi tiene tanto occupata che non sento nemmeno la consolazione che dovrei provare per queste altre piccole fondazioni che si presentano, e più di tutto in veder presto a nascere un piccolo seme dei Figli di S. Giuseppe”543. Il venditore era il sig. Achille Viola544. Primo cappellano designato a S. Maria fu D. Francesco Gritti545 di Bergamo, che dopo un sopralluogo rinunciò e fu sostituito da D. Alessandro Tiraboschi che era fratello di suor Anna della S. Famiglia. Iniziò il servizio a Pasqua 1865546. Mons. Valsecchi esprime un giudizio negativo su lui scrivendo al Capponi: “Di Don Alessandro non si può fidare, perché è troppo permaloso, vago e incostante”547. È presente ancora nel 1875.

22. Casa di Leffe

“[...] La signora Dedei continuava a scrivere alla Fondatrice perché si portasse colà a vedere se la sua casa era adatta allo scopo desiderato. Difatti la Fondatrice aderì [...] col consiglio di Mons.

541 Lettera di Francesco Cerioli a Suor Paola Elisabetta, Soncino 15 Novembre 1858. 542 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 17 Dicembre 1858. 543 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 7Luglio 1862. 544 Archivio Comonte E 1/2.6. 545 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 27 Gennaio 1863. 546 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana [Comonte marzo 1863]e cf. A. Longoni, 125. 547 cf. Lettera di Alessandro Valsecchi a Giovanni Capponi, Bergamo 26 Ottobre 1862.

Biografie 147 opera omnia

Valsecchi travestitasi da secolare per non dare nell’occhio a quei del paese, in compagnia d’una Novizia ancor postulante e dello stesso Mons. Valsecchi, andò a Leffe nella casa della signora Dedei. Vistola e trovatala troppo situata nel centro del paese [dove attualmente è la piazza di fronte alla parrocchiale] epperò non adatta per convento, gliene fu subito presentata un’altra, di origine dei marchesi Terzi, la quale avea pure annessa una piccola chiesetta coi suoi necessari arredi, tutta fatta per il nostro scopo. Quindi si fecero subito le pratiche volute per averla e in meno di tre giorni con la mediazione del nostro Procuratore e di altre persone, che all’uopo si prestarono, si chiuse il contratto e la Casa restò di proprietà dell’Istituto”548. Trattarono la compera il procuratore dr. Antonio Piccinelli, l’arciprete di Seriate don Marco Trevaini e il prevosto di Bianzano don Giacomo Olivati549. “La signora Dedei550 tutta giuliva per tale compera, aiutata dal buon Giovanni Capponi, che colà ancora si trovava, si diede premura (di sistemare i suoi interessi e quindi dati i suoi ordini si raccomandò tutto al medesimo e consegnandogli le chiavi della sua casa, tutta intenta a fare la volontà di Dio, si partì con la sua famiglia, cioè con la domestica e con due orfanelle 551 ed entrò nel noviziato il giorno 18 novembre 1862, portando una dote di lire 40.000, e il giorno 29 settembre 1863 festa di S. Michele patrono del paese, la Fondatrice accompagnata da due religiose e da quattro orfanelle, si portò a Leffe per il riordinamento e per i restauri della casa e della piccola chiesetta e nello stesso tempo si pensò pure al trasporto dei molti e preziosi mobili della signora Dedei nella nuova casa acquistata”552. La chiesa dedicata a S. Antonio di Padova fu eretta accanto al palazzo costruito nel 1590 di proprietà del conte nob. D. Antonio

548 A. Longoni, 154. 549 Archivio Comonte E1/2. Il palazzo Mosconi per eredità passò al pronipote Antonio figlio di Luigi Terzi e della nipote Margherita. 550 La signora Dedei diventerà poi Suor Adelaide Carsana, cf. Lettera di Giovanni Capponi a Suor Adelaide, Villacampagna 23 Settembre 1864. 551 La domestica diventerà suora (cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 5 ottobre 1863) e le “due figlie che condusse seco la buona signora Adelaide sono partite di qui, una dietro nostri desideri e l’altra di propria volontà, e furtivamente” (Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 27Dicembre 1862). 552 Archivio Comonte E1/2. Adelaide Dedei nacque a Valgoglio il 17 luglio 1826. Sua madre, vedova, la portò a Leffe quando qui si risposò con Massieri Pietro che morendo la lasciò erede universale (cf. A. Longoni, 129). Vestì l’abito religioso il 19 marzo 1863, prese il nome di Costanza; morì il 25 settembre 1877 (cf. Registro delle Suore della Sacra Famiglia n. 26). A. Ubiali scrive che era vedova (“Famiglia nostra” novembre 1965), mentre Mosconi in S.261, luglio 1926, anticipa di un anno l’inizio e l’inaugurazione ufficiale dell’Istituto a Leffe.

Biografie 148 opera omnia

Mosconi, arciprete della cattedrale di Bergamo, cui è intestata la via che vi conduce. Il 4 settembre 1738 ottenne il Placet di Venezia per costruire la chiesa; il 22 agosto 1741 il prevosto di Leffe pose la prima pietra e il 5 agosto 1743 era finita. La Fondatrice comunica al can. Valsecchi il 12 agosto 1863: “Ieri, finalmente si è fatto l’istrumento per l’acquisto della casa in Leffe […]”553. Il giorno 6 gennaio 1864 si fece l’inaugurazione554. La casa della Dedei fu poi venduta per L.5775 il 4 ottobre 1866. “Questa vendita era già stata progettata dalla benedetta Madre prima della sua morte e si fece col signor Stefano Pezzoli di Leffe”555 e fu abbattuta a furor di popolo nel 1971 per ricavare la bella e grande piazza davanti alla parrocchiale. “Oltre la casa in paese, la Dedei offri una tenuta colonica detta Famosa con 40 pertiche di terreno coltivo e una possessione con bosco in località Croce. l’una e l’altra a debita distanza verso la montagna. “Questa casa, quantunque lontana e in luoghi alpestri, fu non di meno sempre cara alla fondatrice e ai vescovi Speranza e Valsecchi. Essi ne diedero varie prove con le visite che di tratto in tratto vi facevano; mons. Valsecchi in specie si deliziava nel ferrmarvisi qualche giorno... Una volta scrisse: Nel mio breve soggiorno sono stato molto, molto edificato dell’ordine, della buona disciplina, della pace, dell’unità di quella comunità”556. Però “queste gite che dovevano fare ogni giorno erano di nocumento al benessere morale”557 al tempo della fondatrice e anche dopo. “È stata assai ben fatta la tua visita alla Famosa e sarebbe assai desiderabile che potessi fare anche quella in Croce; sempre però che queste gite non tolgano la stima e la gravità sì necessaria per fare del bene, e mantenerci in rispetto, che questo lascio alla tua ben conosciuta discrezione”558. “Sento dire che hanno cominciato ad andare alla Famosa: spero che sarà colla benedizione di Dio, perché era necessario e conforme alle idee e allo spirito della madre. Tuttavia sarà necessario mantenere e osservare rigorosamente tutte le cautele, tutte le

553 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 12 Agosto 1863. 554 Ibidem. 555 Ibidem. 556 Ibidem. 557 Idem T/16. 558 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana [Soncino, giugno 1864].

Biografie 149 opera omnia pratiche, tutti i suggerimenti della madre stessa senza rispetti umani. Tocca a lei a vigilare con quattro occhi specialmente sulle monache, dalle quali viene tutto il bene e il male nelle Figlie”559. “Non potendo noi coltivare colle nostre Figlie la piccola possessione in Leffe della Famosa senza essere obbligate a sortir di casa ogni giorno e più volte al dì perché discosto un tratto di strada pubblica dal convento, mi sentivo ispirata a cedere quella possessione ai nostri Fratelli della Sacra Famiglia e licenziare il massaro [...]”560. Così l’11 novembre 1870 ne presero possesso due frati e un figliolo e l’Istituto maschile si costituì a S. Martino dell’anno seguente561, col superiore Fra Cherubino Cottinelli562. E vi funzionò per sette anni, venduta la possessione al Sig. Andrea Bosio per lire 10.500. Nel 1877 si fece la voltura per il fondo Famosa pagando lire 1.050563. Il fondo Croce fu venduto per lire 7.200564. La signora Dedei aveva anche un fondo a Spinone, ma non potendolo lavorare le figlie, perché coltivato tutto a vite, si vendette a don Pietro Nodan di Gandino per lire 10.500 il 17 febbraio 1871565. Nella nuova casa di Leffe le suore restarono per l’orfanotrofio, per le scuole private e per le opere parrocchiali. “La ditta Pezzoli richiese le suore per vigilare e assistere le non poche operaie del suo setificio; l’amministrazione dell’ospedale civile le volle per l’assistenza di quelli ammalati e l’autorità scolastica le scelse per l’insegnamento in alcune scuole elementari”566.

559 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 25 agosto 1869. 560 Idem D/9. 561 Ibidem. 562 Archivio Congregazione. Registro Fratelli. 563 Archivio Comonte. Registro 4. 564 Su Monte Croce: pezzo di terra protivo al cat. censuario, sotto posizione di N 1283 Sez. 128 di BG pertiche 68 (Antonio Mosconi, Perito Agrario 30.12.1848 stimato Lire 3.102). 565 Idem D/9. 566 D. Mosconi, Agosto 1926. Dall’aprile 1905 due suore della Sacra Famiglia sostituirono la governante e l’infermiera nell’ospedale e il 17 maggio tre suore “attivarono la direzione dell’ospitale di quel paese, abitando nello stesso”. Erano suor Speranza Caldara, suor Lucilia Marchesi e suor Claudina Masseroli in qualità di infermiera (Archivio Comonte I convenzione, cf. E. Poli, Padre Davide Mosconi. Primo Parroco di Ciampino, Il Campidoglio Editrice, S. Elia Fiumerapido, 28).

Biografie 150 opera omnia

23. Richiesta di altre fondazioni: Rovato...

“È stato qui l’abate di Pontevico, immaginate un uomo della figura ed energia come il conte Luca Passi. Siamo restate d’accordo con lui di scrivergli quando sarei andata a Rovato a vedere il suo piccolo conventino che è cosa da poco, da quello che sento, restringendosi solamente al ricovero delle orfane del paese, senza scuole, senza ricreazioni, essendovi colà altri Istituti che disimpegnano queste opere”567. E al Canonico Valsecchi: “Standomi a cuore la risposta da dare al Rev.do Sig.r Prevosto di Pontevico, mando appositamente per sapere, dietro le informazioni che avrà ricevuto dal Rev.do Sig.r [Vladimiro] Carminati, che cosa ho da rispondere”568.

24. Grumello del Monte

Don Giovanni Ferrari, nato a Grumello del Monte il 14 ottobre 1820, fu ordinato sacerdote nel 1843. Era senza vincoli in parrocchia. “Aprì in Grumello un ospizio assai utile per le fanciulle povere”569. “L’altro giorno è stato qui il rev. Sig. D. Giovanni Ferrari di Grumello onde vedere di potersi combinare per l’unione del suo al nostro Istituto”570. “Riguardo poi a Grumello D. Giovanni Ferrari voleva ch’io le facessi un piano della mia offerta ed intenzione per l’acquisto, o affitto della casa Camozzi da presentare al medesimo”571. “Ho letto oggi la lettera del R Sacerdote Don Giovanni di Grumello, e l’offerta che ci fa per unire il suo piccolo Istituto al nostro è più di quello che mi sarei immaginata: ci dà la casa mobigliata e 14 pertiche di fondo […]572. Siamo state assai contente, dell’unione che dice, facilmente si farà, del nostro Istituto con quello di Grumello […]”573. “L’affare [...] di Grumello per ora andò in fumo, S. Giuseppe ci vuol bene e sa meglio di noi quando saremo in stato d’aprire altre

567 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia [Soncino, Settembre 1863]. 568 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 14 Settembre 1863. 569 Archivio della Curia di Bergamo. 570 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 7 Luglio 1862. 571 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 18 Settembre 1862. 572 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana [Comonte 1862]. 573 Lettera di Suor Adelaide Carsana a Suor Paola Elisabetta, Villacampagna 2 luglio 1862.

Biografie 151 opera omnia case, e ciò ci consoli, e ci faccia essere contente”574. In una lettera da Comonte 24 dicembre 1868 la Corti scrive alla Superiora: “È stato qui anche quel sacerdote di Grumello come mandato da Monsignore per trattare l’affiliazione del suo orfanotrofio col nostro, ma non essendosi egli tanto spiegato circa le condizioni in proposito ho creduto bene prendere la cosa con indifferenza”575.

25. Parenti collaboratori poi... imboscati

La fondatrice scrive al canonico Valsecchi il 17 dicembre 1858: “Ho ricevuto ieri una lettera di mia cognata [Maddalena] nella quale me ne allega una del proprietario del Collegio [S. Maria di Soncino] in vendita. Io gliele spedisco ambedue”576. “Il Revo Sig. Arciprete di qui [Soncino], pieno di zelo pel suo paese mi eccitava a fare l’acquisto di Sta. Maria, ma essendo questo un po’ grande per le nostre forze, aggiunsi tuttavia che se i Cerioli si unissero coll’applicarvi il legato della defunta loro madre, allora sarebbe stato più facile farne l’acquisto”577. “Il signor Arciprete [...] è pienamente informato del legato Cerioli, e sospetto anche che i Cerioli lo lasciano a sua disposizione, così mi è parso d’aver inteso”578. “Per un tratto di premura, e di bontà del nostro Gran Padre S. Giuseppe, il legato Cerioli di (credo) 600 Franchi annui, vi è tutta la probabilità che venga assegnato a noi; non si aspetta che l’approvazione di mons. Vescovo di Cremona, e si ha tutta la speranza che venga favorevole. Da questo l’acquisto di S. Maria non è messo più in dubbio […]”579. “Caro nipote [Francesco]. Come va il mio Apparecchio, caro nipote? Te lo ricordi? Io non dubito di sì, quantunque ti imbroglierà avendo tu tante altre occupazioni [...]. Ora ti pregherei d’un altro piacere. Quando vai a casa per le feste pasquali guarda se puoi fare una gita a Comonte, vorrei farti fare il disegno della pianta della mia

574 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana, Comonte 27 Luglio 1862. 575 Archivio Comonte D/4. Lettera di Luigia Corti a una superiora, Comonte 24 Dicembre 1868. 576 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 17 Dicembre 1858. 577 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Francesco Cerioli, Villacampagna 3 giugno 1862. 578 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi Dalla Casa di S. Bernardo 16maggio 1862. 579 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, dalla Casa di S. Bernardo 17 maggio 1862.

Biografie 152 opera omnia casa, perché vorrei ridurla, ed adattarla alla nuova nostra condizione […]”580. “Qui unito, Monsignor Illustriss0 troverà un apparecchio per la SS. Comunione che bramerei, se le pare, vi mettesse la sua approvazione onde servirmene all’uopo in chiesa, per uso delle Figlie di S Giuseppe, per le quali è stato scritto da un mio nipote studente all’Università di Padova”581. “Costanzo viene spesso a ritrovarci, e si presta con molta premura ai nostri bisogni”582. “I denari che avete riscossi dai buoi, se pare anche a te, io li depositerei presso Costanzo”583. “Nel caso avessi qualche altri disturbi manda pure a chiamare Costanzo, poiché vedo che è ancora l’unica”584. Si riferisce a giovani che infastidivano le ragazze che andavano la domenica all’oratorio a S. Maria.

Nell’occasione di tre sopralluoghi a S. Maria dell’Ispettore Provinciale di Crema e di quello del paese nel 1863 è scritto: “Provò la nostra Fondatrice dispiaceri per parte dei parenti, che essendo allora Sindaco del paese un suo nipote e tutti gli altri qualificati, i quali potevano aiutarla e difenderla, nessuno si è prestato temendo forse in quei momenti di cambiamento di governo di essere tacciati di qualche cosa: ma l’ha difesa il Signore stesso senza alcun umano aiuto. “Ella medesima manifestò di poi alle sue confidenti che per questa ritiratezza dei parenti soffri assai, vedendo che con una sola parola loro l’avrebbero potuta aiutare e non l’hanno fatto”585.

26. Fratelli della Sacra Famiglia del Palazzolo

Don Luigi che con la morte di sua madre (10 settembre 1862) ebbe in eredità la casa di villeggiatura a Torre Boldone, nel 1863 pensò di affidare l’azienda a un gruppo di orfani figli di contadini, ma il tentativo falli.

580 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Francesco Cerioli, Comonte 26 marzo 1857. 581 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Pietro Luigi Speranza, Comonte il maggio 1857. L’indirizzo dell’Università di Padova è Piazza de’ Signori n. 224 Padova: non di Pavia come scrive A. Monti, Alla memoria del nob. Francesco Cerioli, Foroni 1892,4. 582 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia Corti [Soncino Settembre 1863]. 583 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni, Comonte 4 Febbraio 1864. 584 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni [Comonte Maggio 1862?]. 585 Archivio Comonte E 1/2.

Biografie 153 opera omnia

Lo riprenderà una decina di anni piò tardi. “Avviata appena un po’ regolarmente quella comunità [di Torre Boldone], il Palazzolo vi introdusse una regola tolta da quella dell’Istituto dei Fratelli della S. Famiglia e intitolò col medesimo nome anche questa sua nuova istituzione, assegnando ai fratelli, nonché agli orfani, l’abito stesso prescritto nell’anzidetto Istituto. Insieme col Battista [Leidi], che ricevette allora il nome di Padre e sotto la sua direzione vivevano in quella casa due altri in qualità di fratelli, anch’essi professanti la stessa regola e dedicati essi pure alla custodia degli orfani. Per la pulizia della casa poi il Palazzolo, con l’assenso del suo direttore, destinò alcune delle sue suore alle poverelle; e considerando orfani e orfanelli, fratelli e suore come membri tutti della stessa famiglia, mise in comune ogni avere, volendo che i beni già a lui appartenuti e quelli che venissero in seguito donati alla società si considerassero come patrimonio comune tanto dell’Istituto maschile quanto del femminile. Ormai, a formare della comunità di Torre Boldone una vera famiglia religiosa non mancava che la professione dei voti. Abito, regola, vita comune, pratiche di pietà, esercizi di vita religiosa, tutto era stabilito. Siccome poi questa nuova istituzione aveva preso le sue regole dall’Istituto della S. Famiglia, volle che in una casa e in mano del superiore di quell’Istituto il padre Battista Leidi e i suoi due confratelli facessero la loro prima professione e si scelse all’uopo la casa di Martinengo... Là in quella casa, già convento francescano, soggiornava nell’autunno Mons. Valsecchi, che come al Palazzolo, così alla Fondatrice di quell’Istituto, era stato consigliere e guida e allora reggeva l’Istituto stesso in qualità di superiore. Combinata quindi ogni cosa si celebrò nella chiesa di quella casa la professione dei tre nuovi fratelli. Era il dì 4 ottobre 1872 sacro a S. Francesco, il grande eroe della povertà evangelica, quando il Palazzolo partì coi tre fratelli da Torre Boldone in calesse per recarsi a Martinengo”586. I tre fratelli erano Fra Battista Leidi, Fra Giuliano Parietti e Fra Giovanni Tribbia587. Il loro “abito consisteva in una giacca, gilè con colletto bianco unito, calzoni di tela color caffè con una cinta color nero portante due gigli, simboli della purezza di san Giuseppe, il berretto pure color caffè con due gigli; una corona al fianco sinistro ed una croce di legno pendente dal collo con nastro nero”588.

586 C. Castelletti, Vita del Palazzolo, Bergamo, Tavecchi 1930, 98. 587 “Charitas” 1969, III,16. 588 Deposizione di Fra Giuliano Parietti.

Biografie 154 opera omnia

Come si vede la separazione tra il Palazzolo e la Cerioli non intaccò la mutua stima e l’aiuto vicendevole per le loro opere. Eccone qualche altro accenno: Suor Luigia Corti scrive alla Cerioli che si trovava a Soncino: “Domenica è stata qui una aspirante, mandata dal Rev.do Don Luigi Palazzolo, il suo mestiere è fare traponte e cucire in bianco; l’età è di anni 28; idea geniale ma di colore non troppo bello, un po’ gialletto; lei dice che è sana ed è color naturale e che è lei che fa tutto in casa sua; anche Suor Rosa dice così. A vederla a discorrere assieme dà indizio di testa, sul far di suor Nazarena e di lei anche più pulita e assettata; il più che mi fa temere è la salute. È di Bergamo, contrada S. Bernardino; i suoi genitori sono artisti, non hanno niente di sostanza, però sembra che spererebbe di pagare per tre anni di noviziato soldi 15 al giorno sulla sponda di don Luigi [Palazzolo] perché ella vive proprio col solo lavoro”589. Il Palazzolo che era a Martinengo a fare gli Esercizi spirituali scrive a Madre Gabrieli: “Ma siccome lunedì gli orfani [della S.Famiglia di Soncino], e Martinengo e Leffe fanno la loro gita a Cenate dal Broletti, Monsignore [Valsecchi] avrebbe assai caro che io andassi con loro. Ma lunedì vanno anche i miei dell’oratorio al Zuccarello e mi rincresce non andare con loro. M’ha detto monsignor di guardare se potessero quelli dell’Oratorio cambiare la giornata, poiché allora andrei con loro. Ma se mai non la potessero cambiare, faccia grazie lei, Madre, ed andare domenica sera a Torre e lasciare andare il padre con quei dell’oratorio. Se però possono cambiare il giorno è meglio. Non faccia intendere a quelli dell’oratorio che io lascio loro per andare cogli orfani. Io faccio il desiderio del superiore”590. Alla stessa Madre Gabrieli ancora da Martinengo:”...Vada adagio col melicone che la settimana ventura me ne impresterà 6 o 7 some il padre Giovanni [Capponi] il quale comincia appena adesso anche lui ad adoperarlo”591. “Agli orfanelli non è mai mancato nulla, tanto che abbiamo potuto dare anche aiuto agli orfani del Palazzolo”592. A mons. Valsecchi il 3 agosto 1877 il Palazzolo scrive: “Vengo adesso da Martinengo dove sono stato a prendere il libro delle Cerimonie per la vestizione dei frati e l’aveva appunto il padre Giovanni [Capponi]. Capitò anche a Martinengo da Soncino la Madre Superiora di Comonte col Sacerdote Tommasi, e per sua buona grazia

589 Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Paola Elisabetta [Comonte sd]. 590 Lettera di Luigi Palazzolo a Suor Teresa Gabrieli; Martinengo 7 ottobre 1873. 591 Lettera di Luigi Palazzolo a Suor Teresa Gabrieli Martinengo 23 settembre 1874. 592 S. 356.

Biografie 155 opera omnia ha voluto tenermi a desinare nel suo ospizio insieme col Padre Giovanni e quel Reverendo, ed ho goduto una giornata proprio di ricreazione (credo nel Signore) e l’abbiamo contata su in grande”593. A mons. Valsecchi di Bergamo il 29-6-1878 il Palazzolo scrive: “[...] partii subito per Martinengo. Là ho trovato il padre Giovanni [Capponi] che mi accolse assai cortesemente. Ora ecco le notizie. In quanto alla tempesta fu piuttosto concludente ma non fu devastatrice594. Così le dico quello che parve a me ed al padre Battista. In quanto a salute stiamo bene, meno un povero orfanello che fu ammalato di polmoni ed ora è convalescente, ma stenta a riaversi. Ciò nullameno vorrei sperare ancora perché mi pare ancora in carne. Il padre Giovanni si chiama molto contento della bontà dei suoi orfanelli e poi anche dei confratelli e dice che in mezzo alla tribulazione ha la soddisfazione grande della saviezza della sua famiglia. In quanto poi a quel novizio di Martinengo595dice che si è intiepidito, e reputa che sia l’affare di alcune centinaia di lire che dovrebbe consegnare al Padre vestendo l’abito (e vuol dire che così le conserverebbe) che alcuno l’abbia forse tolto giù dal pensiero, o messo in diffidenza o che so io. Certo che adesso non crede opportuno vestirlo”596. A madre Assunta il Palazzolo scrive il 12 ottobre 1878: “Questa mattina sono ritornato da Martinengo molto contento per le nostre Regole”597. Nel registro delle Messe, in questo periodo si rileva che don Luigi Palazzolo celebrò nella Chiesa dell’Incoronata nell’Istituto di Martinengo dal 9 al 12 ottobre. Gli ultimi due Fratelli del Palazzolo divennero religiosi della S. Famiglia della Cerioli: Fra Giovanni Capister nel 1908 e Fra Luigi Calai nel 1919598. La Cerioli e il Palazzolo furono beatificati tutti e due nella festa di S. Giuseppe il 19 marzo, rispettivamente nel 1950 e nel 1963. Coincidenza: il Palazzolo fu l’ultimo e solo superstite di otto fratelli. La Cerioli era l’ultima di 16 fratelli.

593 Lettera di Luigi Palazzolo ad Alessandro Valsecchi, Bergamo 3 agosto 1877. 594 cf. Lettera di Alessandro Valsecchi a Giovanni Capponi, Bergamo 17giugno 1878. 595 Si tratta di Giovanni Viganò nato il 20 agosto 1840 a Martinengo. Postulante dal 16 agosto 1877 fino al 30 agosto 1879 (Archivio Congregazione Registro dei Fratelli della Sacra Famiglia, 35). 596 Lettera di Luigi Palazzolo ad Alessandro Valsecchi, Bergamo 29 giugno 1878. 597 Lettera di Luigi Palazzolo a Suor Assunta Gabrieli Bergamo 12 ottobre1878. 598 Archivio Congregazione. Registro dei Fratelli della Sacra Famiglia: Fra Giovanni Capister era nato a Romano di Lombardia e Fra Luigi Calai a Flavon (Trento).

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27. “Memorie riguardanti la mia nuova famiglia”

La stessa Beata ricapitola le date della sua donazione totale per essere religiosa e le date delle realizzazioni come fondatrice.599 1-11-1856. Nuovo orario e metodo di vita datoci da Mons. Vescovo per uso della mia famiglia, ora composta di 3 compagne (una delle quali pure incerta di rimanere) e di 14 orfane. 25-12-1856 Fatto voto perpetuo di castità con licenza del mio confessore. 8-2-1857 Fatto gli altri due voti perpetui di povertà e ubbidienza a Mons. Vescovo. Settuagesima e giorno di S. Girolamo Emiliani. 7-12-1857 Mons. Vescovo benedice abiti uniformi, veli e cuffie, vestiti il giorno dopo l’Immacolata e abbiamo preso il nome di suore della Sacra Famiglia con l’approvazione di Mons. Vescovo. 23-1-1858. Preso il nome di suor Paola Elisabetta e messa la croce di legno al collo. 8-7-1858. Messo il nuovo abito uniforme monacale. 23-1-1859 Fatto i Voti N. 6 suore. 25-4-1862. Si andò ad aprire una nuova casa alla Campagna. Ci condusse il Can. Valsecchi: tre religiose [suor Adelaide, suor Rosa, suor Marianna]600 e quattro figlie. Il giorno del patrocinio di S. Giuseppe si pensò alla compera di S. Maria e si scrisse la prima lettera riguardante questo affare. Si stabilì il contratto di S. Maria col Sig. Achille Viola, per noi trattò e chiuse l’affare il Sig. Antonio Piccinelli e il Sig. Pietro Scotti. 14-4-1863. Giorno d’apertura nella casa di S. Maria. Celebrò la Messa Mons. Novasconi, Vescovo di Cremona. Coll’apertura di questa casa si chiude quella di Villacampagna. 4-11-1863. Apertura della casa dei Figli di S. Giuseppe con 4 Fratelli uno dei quali sacerdote e il figliolo.

599 Archivio Comonte. Faldone P. Riportiamo solo un estratto. 600 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana, [Comonte giugno 1862].

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CAPITOLO VIII

Riflessi risorgimentali

1. Seriate: ferimento del parroco

Al fratello Gian Battista, Costanza l’8 aprile 1848 narra il fattaccio: “Una cosa assai dispiacevole è successa ieri sera in Seriate. L’Arciprete601 come già avrete inteso dal Sig. Donadoni era stato dimesso. Ora, son qualche giorno in conseguenza di qualche discorso imprudente sui presenti avvenimenti tenuti in Chiesa e ostinandosi egli stesso a non partire dal paese e nemmeno dalla casa parrocchiale, il popolo in gran folla si portò alla sua abitazione intimandogli di sloggiare immediatamente. E alla sua risposta negativa un individuo gli tirò un colpo di pistola e disgraziatamente lo colpì alla testa. Il chirurgo essendo stato chiamato immediatamente, disse che la ferita non gli sembrava mortale. Questa mattina poi mi dicono che stava meglio ed aspettavano un professore di Bergamo onde fargli l’operazione. Vi lascio immaginare il tumulto che vi era in Seriate... Quest’anno gli avvenimenti sono tanto grandi, e così precipitati che ne siamo meravigliati [...]”602.

601 Don Stefano Gatti arciprete dal 1828. Il Vescovo il 13 Maggio 1848 “per provvedere alla personale sicurezza del M. Rev. Arciprete di Seriate, avendo noi dovuto proibirgli l’esercizio dei parrocchiali Uffici”, nomina vicario parrocchiale di Seriate don Bernardo Bianchi. Don Gatti già dal 1839 era stato denunziato al Tribunale Provinciale di Bergamo. Il Vescovo allo stesso Tribunale riferì: “...Mi consta che la sera del 7aprile p.p. assalito in propria casa da alcuni popolani fu ferito benché leggermente all’occhio sinistro con un’arma da fuoco e fu costretto a sloggiare da Seriate...”. 602 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Giovanni Battista, Comonte 8 Aprile 1848.

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2. Comonte ricovero di soldati austriaci feriti

Dopo il fatto d’armi avvenuto a Seriate l’8 giugno 1859 tra 70 Garibaldini e circa 1500 ungheresi, narrato dal sindaco Ercole Piccinelli, uno dei protagonisti603, “[...] si presantarono alla porta del convento due ufficiali domandando di alloggiare dei feriti. La Madre accorsa rimase sorpresa e disse: “E le mie orfanelle? Dovrò alloggiarle nei boschi?” Poi diede a quegli ufficiali dei soldi e soggiunse: “Mandatemeli che io farò del mio meglio”. Fece allestire un porticato nella casa colonica, fece distendere molta paglia, preparare bende e filacci, brodo. Poi recatasi ella stessa a quel porticato ove erano raccolti i feriti inginocchiandosi ad uno ad uno li medicò e li rifocillò. Saranno stati dodici circa604. Il nome degli Otto feriti italiani sono riportati da Giuseppe Locatelli Milesi in Rassegna Storica del Risorgimento 1920; dei tredici soldati ungheresi feriti sono riportati solo sette nomi, oltre quello di Giuseppe Toth ucciso605. I feriti ricoverati si presume fossero ungheresi, e per il numero e perché la tradotta che da Brescia avrebbe dovuto portare i soldati a Bergamo si era fermata al cascinale delle Lucche, vicino a Comonte. Sul luogo dello scontro venne poi eretto un obelisco a Seriate.

3. Cum Ecclesia

Il vescovo mons. Speranza al tempo delle dimostrazioni patriottiche nel 1859 per la sua franchezza e fortezza nel difendere i diritti della Chiesa fu oggetto di odi, calunnie, persecuzioni e processi da parte dei settari. “Sento tante sinistre voci, e di Monsignore, ed altri che mi tengono inquieta, quantunque abbia ferma fiducia che il Signore sventerà i disegni dei cattivi e proteggerà e coprirà sempre chi gli è fedele. Credo di aver fatto ridere monsignore perché gli dissi (che Dio nol voglia), succedendo qualche brutto contrattempo, s’approfittasse della Casa di S. Giuseppe, che noi di gran cuore gliela offrivamo, lo stesso dico a lei Rev. Sig. D. Alessandro e di giorno e di notte, adesso e sempre. Questa è tutta sua, come gli individui che la

603 cf. G. Gambirasio, Seriate nella storia, Ed. Orobiche, Bergamo 1966, 58; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bolis, Bergamo 1959, VI, 169. 604 S. 424. 605 G. Gambirasio, o. c., 65.

Biografie 160 opera omnia compongono”606. Il 5 settembre 1859, dopo l’assalto all’episcopio e le percosse al vescovo, offre ancora ospitalità scrivendo al can. Valsecchi: “I tristissimi, e funesti avvenimenti successi in questi giorni, che giunsero persino alle mie orecchie, mi misero in grandissima costernazione, e mi lasciano in molta agitazione non sapendo come potrà essere la sorte del nostro buono e santo Vescovo, fatto bersaglio di gente trista, e senza Religione. Io non posso fare a meno di scriverle queste due righe, onde mi faccia il favore, se trova il momento, di mostrare a Mons. Vescovo la mia più grande e sentita afflizione, quella delle mie compagne, le mie Figlie e del nostro buon D. Antonio e dirgli che se altro non possiamo fargli, lo raccomandiamo sempre, tutte, al Signore perché gli dia la forza, il coraggio, e i lumi per superare questa fiera burrasca suscitata dal nemico infernale. Vorrei essere in tutt’altro stato e condizione onde potergli giovare pure coi fatti, e con le opere, ma non potendo, non posso far altro che offrirgli nuovamente la mia casa, e tutta la nostra servitù e devozione”607. Il 25 Marzo 1860, sempre al can. Valsecchi, scrive: “Dopo gli spiacevoli avvenimenti di domenica scorsa mandai a Bergamo il Gildo608 per sentire le sue notizie [...] le rinnovo l’invito d’approfittarsi per qualunque avvenimento le possa succedere della nostra casa, llla (sic) ne ha tutto il diritto”609. Il can. Valsecchi risponde: “La ringrazio di cuore del cortese e reiterato invito; e di tanta considerazione che ha per me, che ne merito così poca”610. Da Soncino si tiene aggiornata, e risponde al can. Valsecchi.. “Sono inquieta per l’affare di mons. Speranza, che mi ha comunicato, e avrei avuto molto caro poter venire a Comonte perché avendo due vestizioni da fare, questo motivo mi avrebbe procurato il bene di rivederlo a Comonte e di parlarle. Spero però tanto che la Madonna

606 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 29 Aprile 1859. 607 Lettera di Suor Paola Elisabetta Cerioli ad Alessandro Valsecchi, Comonte 5 Settembre 1859. 608 Il 20 ottobre 1838, Gaetano Busecchi dice subentrato al suo servizio il giovane e parente Ermenegildo Giovanessi con la moglie Felice (Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Paola Elisabetta, Comonte [22 ottobre 1862] e Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Paola Elisabetta [novembre 1864]). Forse è il figlio di sua sorella Annunziata (1787- 1861) che sposò Giovanessi Paolo. Nell’epistola a suor Nazarena, suor Paola Elisabetta scrive che Gazzolo Bortolo “[...] lo farei per camparo, ma non per fattore poiché ora vi attende il Gildo” [20 febbraio 1865]. Svolgerà tale ufficio ancora nel 1876 (Archivio Comonte Contabilità). 609 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 25 Marzo 1860. 610 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 10 Settembre 1860.

Biografie 161 opera omnia

SS. lo salverà ancora da quest’altro pericolo, in tutte le maniere però, appena appena che posso terminare le faccende in corso, vengo a Comonte, e verrò a ritrovarla. Ella mi scriva intanto ancora due righe; fa così presto! Ed io proverei tanto piacere. Mi riverisca Monsignore, e gli dica quanto mi rincresce dei suoi nuovi disturbi”611. Due giorni dopo, il 19 maggio 1862, il Canonico comunica: “Del nostro Vescovo nulla di nuovo. Si sta preparando una risposta alla requisitoria contro il Consiglio di Stato e se ne spera un buon esito anche per quello che è avvenuto a Bergamo e a Brescia in questi ultimi giorni. Certi spropositi madornali dei nemici del Vescovo dovrebbero aprire gli occhi al Governo. Li aprirà? Speriamo e preghiamo”612. Si trattava del processo che il sac. Giuseppe Bravi, Parroco di Cologno dal 1847 al 1859, deputato al Parlamento di Torino, sospeso a divinis, intentò a Mons. Speranza613. Nel frattempo dimorava alla B. Vergine del Giglio, ove era cappellano suo fratello don Carlo614. “Cosi mi venne riferito che pregasse e facesse pregare molto le orfanelle nella dolorosa circostanza in cui Mons. Vescovo ebbe noie e persecuzioni da parte di persone liberali e di partiti sovversivi”615.

4. Sospettata di essere contraria al governo

Quando credevo che i disturbi avuti e per le scuole, e per causa degli Esercizi fossero terminati per l’insussistenza delle accuse, ecco che con mia meraviglia sento che vanno avanti i ricorsi, le interrogazioni, e che so io, meglio di prima. Se mi si sospetta contraria al Governo, e che infondo queste massime tra le mie Figlie, guardi Rev. Sig. Canonico, se questo può essere vero, e che cosa possono fare, e meno intendere quattro povere contadinucce di politica e di Governo! Questo fa meravigliare pure il nostro buon Monsignor Vescovo [di Cremona] che non le so dire la premura che si prende di noi, e quanto gli siamo obbligate. Egli parlò al Prefetto, e si maneggiò e maneggia tuttora in nostro favore, perché conosce l’insussistenza delle accuse, e con l’autorità, ed opinione che gode

611 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Casa di 5 Bernardo 17 Maggio 1862. 612 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 19 Maggio 1862. 613 “Civiltà Cattolica” 1862, I, 371. 614 “Bergomum” 1959 N. 1-2, 65. 615 S. 393.

Biografie 162 opera omnia può farci gran bene; perché sebbene non siano che calunnie, non di meno mi portano sempre disturbi. Ieri fu qui l’Ispettore Provinciale, assieme a quello del Circondano, e il Sig. Vicario di qui [...]”616.

5. Votazioni per la soppressione dei monasteri

“Sento da Suor Rosa, che qui [a Soncino] hanno fatto unione in Teatro per accogliere le votazioni sull’incameramento dei beni ecclesiastici, e l’abolizione dei monasteri, e vi fu gran chiasso, perché il basso volgo era contrario. Molti gridavano abbasso i Frati, e le Monache, non quelle di S. Maria, le quali non sono governative, né Monache. Gridavano pure abbasso il Sindaco e l’assessore [gesuita], cioè Cerioli e Scotti617 perché dicevano aver essi pagato i contadini per il voto contrario, e questo è causa di molti rapporti, com’è naturale”618. Nel testamento prevede la possibilità della soppressione dell’Istituto e detta precise norme a suor Rosa.

6. Testamento

“Comonte 5 marzo 1865. Istituisco erede di tutta la mia facoltà ovunque esistente e di qualsiasi natura e denominazione la Sig. Caterina Eufrosina Masoni soprannominata Rosa del fu Andrea di Almenno S. Bartolomeo, ora dimorante presso di me. In fede Cerioli Costanza ved. Busecchi Tassis testatrice”619. “Cara Suor Rosa, è mia intenzione e volontà, che tutti i prodotti della mia sostanza lasciati a voi in eredità siano impiegati a mantenere e condurre innanzi il mio Istituto e tutte le pie opere, come ho fatto io medesima, poiché voi non siete che erede d’apparenza, essendo la mia sostanza tutta dell’Istituto e delle sue opere. Nel caso poi che trovaste impedimenti tali che fosse moralmente impossibile eseguire la mia volontà mantenendo il mio Istituto, e le mie opere quali io le ho stabilite, impiegate, d’accordo ed in unione con le vostre sorelle più anziane, cioè con quelle che hanno maggior senno e spirito

616 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Soncino 12 Maggio 1864. 617 Cerioli Francesco, nipote della Beata e Scotti Pietro suo cognato. Le votazioni per la soppressione delle Corporazioni religiose e per l’incameramento dei loro beni sfociarono nel Decr. 7-7-1866 n. 3036. 618 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi [s.d.]. 619 Testamento di Costanza Cerioli, Comonte 5 marzo 1865.

Biografie 163 opera omnia dell’Istituto, i prodotti della mia sostanza nel mantenere le mie suore, i miei Fratelli, gli orfanelli e le orfanelle conservando il rimanente del prodotto assieme a tutta la sostanza che non potete in altro [modo] consumare, per riattivare a tempo opportuno in tutto il suo spirito e nella sua integrità il mio Istituto con tutte le sue opere di carità. Vi raccomando poi che appena seguita la mia morte facciate voi pure subito il vostro testamento nominando un’erede di vostra fiducia e di quella delle vostre compagne nella sostanza che vi ho lasciata e colle presenti istruzioni. Che Gesù, Maria e Giuseppe conservino questa sostanza per il fine nel quale è stata consacrata. Vostra Aff.ma compagna Cerioli Costanza vedova Busecchi- Tassi”620. E Suor Rosa fece subito testamento e per garanzia la Madre Corti l’11 gennaio 1867 lo fece autenticare dal Notaio Giuseppe Roviglio di Bergamo621.

7. Proposta per onorificenza civile622

Il 17 agosto del 1857, l’I. R. Commissario Distrettuale scriveva alla Deputazione comunale di Seriate: “Perché la superiorità possa avere nella giusta sua condizione tale generoso procedere è necessario che codesta autorità si compiaccia favorirmi dettagliate informazioni sul caritatevole Istituto della Cerioli”623. Il 4 novembre seguente l’I. R. Delegato Provinciale Gosetti624 sollecitava la risposta al Commissario Distrettuale, il quale il 15 dello stesso mese diffidava l’autorità comunale perché “decorso il termine di cinque giorni quest’ufficio si propone di riferire in ogni modo l’esito del proprio analogo operato”625. Il Deputato politico di Seriate Dr. Ercole Piccinelli, si decise finalmente a dare le referenze richieste, rilevando bene il carattere dell’Istituzione, iniziata neppure da tre anni.

620 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa, [5 Marzo 1865]. 621 Archivio Comonte D/9. 622 Riportiamo in questo paragrafo l’articolo La beata Cerioli nel 1857 fu proposta per la medaglia al valore Civile per le sue opere filantropiche in “Famiglia Nostra” novembre 1970. 623 Lettera dell’I. R. Commissario Distrettuale alla Deputazione Comunale di Seriate, Bergamo 17 agosto 1857. 624 cf. Lettera dell’I. R. Delegato Provinciale all’I. R. Commissario Distrettuale, Bergamo 4 novembre 1857. 625 Lettera deil’I. R. Commissario Distrettuale alla Deputazione Comunale di Seriate, Bergamo 15 novembre 1857.

Biografie 164 opera omnia

Lettera commendatizia. “Seriate, lì 26 novembre 1857. Istituto Cerioli Busecchi. La Nob. Sig.ra Costanza Cerioli ved. Busecchi Tassis di questo Comune, colpita sul principiare dell’anno 1854 da una immensa sciagura quale sì fu la morte dell’unico figlio, giovinetto trilustre di grandi speranze rimase per lungo tempo immersa in profonda costernazione ed avvilita in modo da non bastarle l’animo di sortire dalle proprie stanze, richiamandole il tutto la perdita fatta. Sembrava da principio inclinata a ritirarsi dal mondo ed entrare in qualche istituto monastico, ma ritraendosi per tempo da siffatto divisamento e convinta, anche dietro il consiglio di alcuni amici, che l’opera sua avrebbe potuto riuscire più utile alla Religione e al prossimo rimanendo nel consorzio sociale incominciò a meditare sulla istituzione di un orfanotrofio che avrebbe voluto appellare Stabilimento Carlino dal nome del suo caro figlio cui voleva dedicarlo. Appunto con tale idea sembrava preferire un orfanotrofio maschile, ma comprendendo che a questo non avrebbe potuto dedicare le sue cure personali, e sentendo il bisogno di dare uno sfogo a quella piena di affetti che le ingombrava il cuore, incominciò a raccogliere presso di sé alcune fanciulle povere ed abbandonate istruendole personalmente nel lavoro e nelle opere di pietà con un interessamento tutto materno. Procurandole questa opera pietosa un sollievo ai suoi mali acquistò ben anco tutta la sua simpatia. Ben presto il numero delle ricoverate incominciò ad aumentarsi e conoscendo di non essere sufficiente essa sola alla pia impresa accolse volentieri il sussidio di alcune giovani costumate ed istruite che per il solo desiderio di fare del bene e col solo patto di essere nutrite e vestite vita loro natural durante, assunsero l’ufficio di coadiuvarla nell’istruzione religiosa e domestica delle ricoverate. In giornata il numero delle fanciulle ivi raccolte ascende a 21 ed a 6 quello delle donne sussidiarie. Tutte indistintamente vengono convenientemente vestite e mantenute dalla pia Signora, la quale accorda pure qualche sussidio pecuniario a taluna delle famiglie cui appartengono le giovani che la coadiuvano. In generale vengono accettate a preferenza fanciulle dai 10 ai 14 anni orfane di padre e madre, facendo qualche eccezione a favore di alcune orfane soltanto dell’uno o dell’altra, o da questi quasi interamente abbandonate. La maggior parte appartiene a questo Comune, ma ve ne sono di altri comuni della Provincia e due eziandio di Soncino, cremonese, paese nativo della Istitutrice. Un sacerdote, stipendiato, il Rev. D. Antonio Tassi, abita perennemente nella sua casa, vi celebra la Messa quotidiana e si presta all’istruzione religiosa. Le fanciulle vengono istruite nel leggere e scrivere,

Biografie 165 opera omnia nell’aritmetica e nei lavori femminili. Quello però che forma una singolarità di questo nascente Istituto e che a parere dello scrivente non potrebbe essere abbastanza commendato e incoraggiato si è che la pia Istitutrice, convinta che l’istruzione impartita negli orfanotrofi femminili non possa riguardarsi la più opportuna a formarne delle buone madri di famiglia, ha divisato di indirizzare la propria in special modo all’acquisto delle cognizioni necessarie a tutto ciò che può convenire alla futura condizione delle allieve. L’agricoltura per conseguenza fu presa da essa principalmente di mira come la più utile delle arti, e le sue ricoverate vengono istruite ed esercitate nelle più comuni delle operazioni che a questa si riferiscono. A tale scopo essa riservò una conveniente estensione di terreno contigua alla casa perché sia lavorato dalle proprie allieve, le quali sotto la scorta di un pratico agricoltore nella favorevole stagione vengono iniziate nei lavori campestri. L’educazione dei bachi entra pure negli articoli d’istruzione come pure la filatura e l’incanaggio della seta, la filatura del lino e del canape, la tessitura di questi e del cotone ed in piccola parte anche del caseificio. Anche l’ufficio di sarta non fu dimenticato dalla provvida Signora e tanto le alunne quanto le assistenti vengono vestite con abiti costrutti nello stabilimento e con tessuti quasi per intiero in esso preparati. Così mentre presso che tutte le educate in altri stabilimenti consimili non sortono capaci che a sostenere l’ufficio dì domestica, queste potranno entrare nelle famiglie dei contadini e mettendo a profitto la loro educazione morale e casalinga prestarvi un’opera provvidenziale ed utilissima. Non è a tacersi eziandio che questa benefica Signora raccoglie nel proprio stabilimento tutte le ragazze dei contorni senza distinzioni di età e di condizione che durante la giornata desiderano riceversi conveniente istruzione per ritornare la notte alla propria casa. Tutte le domeniche poi vi si raccoglie tutta la gioventù femminile dei contorni per dedicarsi ad esercizi di pietà ed in onesti divertimenti; e di quando in quando vi si impartiscono per opera di qualche sacerdote degli Esercizi spirituali, ai quali interviene anche un certo numero di adulte, le quali in questo periodo vengono mantenute dalla Cerioli Busecchi. In tal modo questa pia Signora dedicandosi indefessamente e colla più solerte carità a così benefiche intraprese ha potuto rinvenire un sollievo ai suoi mali e ricuperare la primitiva serenità di mente e di cuore. In quanto alle rinumerazioni di cui potesse essere meritevole, questa Deputazione crederebbe essere bene applicata la medaglia del merito civile, quando pure non vi si osti la esemplare sua modestia. Tanto in

Biografie 166 opera omnia riscontro ad invito commissariale del 3 agosto C. N. 7599”626.

La burocrazia in “lento” cammino. Il 3 gennaio 1858 si muove l’I. R. Commissario di Polizia di Bergamo, Rossi, che interessava ancora il Dr. Ercole Piccinelli “onde potere corrispondere ad analoga ricerca pervenuta per Ordine Superiore”627 per avere informazioni sul carattere e sulla condotta della Nob. Donna Costanza Cerioli, i nomi e cognomi, l’età, la condizione, il carattere e la condotta delle persone che l’assistono e così il 3 febbraio 1858 il Dr. Ercole Piccinelli tesse il miglior elogio della Beata e ci fa conoscere le prime assistenti con la relativa età: “Il carattere e la condotta di questa pia Signora furono sempre superiori ad ogni elogio, mostrandosi sempre la migliore delle mogli e delle madri fincbé ebbe marito ed un figlio, e dopo la mancanza di questi, generose benefattrice degli infelici [...]. Le donne che la coadiuvano nella sua impresa sono: Corti Luigia di anni 28, Masoni Rosa di anni 34, Valseccbi Leonilde di anni 23, Passera Maria di anni 23. Tutte indistintamente sono nubili, di una condotta intemerata e si distinguono per pietà ed istruzione628. Con lettera N. 3154 l’I. R. Commissario Delegato il 22 aprile 1858 scrive: “Alla Deputazione Comunale di Seriate incaricata di disporre per la consegna di una lettera alla Nob. Sig.ra Cerioli e che verte sul ben meritato superiore encomio per l’istituto da essa aperto a vantaggio delle povere fanciulle, interessata poi la stessa Deputazione, in quanto possa ritenersi il caso di proporre a favore di tale Signora una speciale distinzione di farne soggetto di particolarizzato rapporto colle analoghe proposizioni giusta l’invito recato dal Decr. Delegatizio 21 andante N. 10653-1052”629.

L’8 dicembre 1857 anche tutte le Assistenti si fecero Suore, e quindi il bene sociale che la Beata Fondatrice continuava a fare si considerò un impegno doveroso, normale, che non poteva più scomodare le autorità per decretare una burocratica riconoscenza pubblica.

626 Lettera della Deputazione Comunale di Seriate all’I. R. Commissario Distrettuale, Seriate 26novembre 1857. 627 Lettera dell’L R. Commissario di Polizia a Ercole Piccinelli, Bergamo 3 gennaio 1858. 628 Lettera di Ercole Piccinelli all’I. R. Commissario Distrettuale, Seriate 3 febbraio1858. 629 Lettera dell’I. R. Commissario Distrettuale alla Deputazione Comunale di Seriate, 22 aprile 1858.

Biografie 167 opera omnia

Biografie 168 opera omnia

CAPITOLO IX

Morte e glorificazione

1. Malattia

“Gli ultimi mesi la fondatrice apparve più del solito sofferente, tanto che Mons Valsecchi le suggerì di cambiar aria recandosi a Soncino”630. “[...] si notava nella Serva di Dio una maggiore e intensificata sollecitudine per tutto ciò che riguardava l’andamento dell’Istituto, tanto che voleva tutto mettere a posto, quasi presaga della morte non lontana. Si ricorda a questo proposito che andata in quell’anno alla casa di Soncino vi fece una così minuziosa visita che la superiora della detta casa, quasi meravigliata ebbe a dirle: “Questa volta ha voluto proprio fare una visita da Madre Generale””631. “Era venuta a Soncino, sperando giusto il consiglio dei medici, di avere qualche vantaggio nella sua malandata salute col respirare l’aria nativa. Vi si trattenne circa quindici giorni, ed io in quel tempo dormivo nella sua stanza, ed essa mi pregava che alla notte, svegliandomi, avessi a svegliare essa pure. Ciò era per motivo che parecchi membri della sua famiglia essendo morti improvvisamente, temeva ella pure di incontrare una morte repentina. Riavutasi alquanto nella salute, fece ritorno a Comonte, dove pochi giorni dopo si aggravò e morì inaspettatamente”632. La Madre Corti ricorda nel Quadernetto VII che la Beata quando il fratello Gian Battista morì fulmineamente nel 1858 a 50 anni, esclamò: “Sempre così di noi, si muore tutti improvvisamente; ma

630 S. 621. 631 S. 606. 632 S. 641.

Biografie 169 opera omnia bisogna adorare i divini giudizi”. E quando nel 1860633 morì repentinamente, anch’ella a 50 anni la cognata Maddalena, vedemmo che tutto ad un tratto alzò gli occhi al cielo ed esclamò: “Oh, mio Dio, sia benedetta la vostra SS. volontà!” e poi divenne come di cera, indi si alzò e disse: ‘ma pazienza, lasciatemi andare a pregare per mia cognata’ ”. Il penultimo giorno di vita, il 22 dicembre 1865, scrisse a Fratel Giovanni Capponi la più lunga lettera delle 37 inviategli nella quale dava le ultime orme per l’Istituto maschile. Vi aggiunse poi, forse il giorno dopo, un post scriptum: “Caro Giovanni, mi raccomando a voi: troverete un po’ di difficoltà in principio, ma proverete grande soddisfazione in avanti. I principi hanno più sacrifici, ma il Signore vi benedirà. Termino. Salutatemi di nuovo tutti”634. Alla Madre Corti che insisteva perché si risparmiasse, disse: “”Lasciami finire, che dopo sono contenta”. Appena terminata la lettera si levò e disse: “Ecco ciò che assai mi premeva di dire al Giovanni, ora me ne vado a letto””635. “Lavorò lo stesso giorno ultimo della sua vita e soltanto accennò di sentirsi tanto male da uscire in questa espressione: “Non auguro nemmeno ai sassi quello che io soffro””636. Il dr. Gaetano Messi depone: “So che è stata assistita dal mio defunto padre medico”637. “Il medico ordinò le venissero applicate le sanguisughe; ma le compagne, temendo che invece di giovarle, potessero nuocerle, spedirono per il medico antico di casa che l’ebbe sempre per l’addietro curata ed egli pure prescrisse l’applicazione delle mignatte e le furono quindi applicate ma il male aggravò e di nuovo si mandò per il medico che venuto esaminò l’infermità della Santa e, conosciuto provenire la gonfiezza da umore acquoso, ordinò delle polveri che facessero svanire quell’umore; ma in tutto quel dì che fu l’ultimo di sua vita non si vide miglioramento di sorta”638. Cappellano dell’Istituto era D. Giovanni Calegari639 che confessò la morente640 li e la mattina dopo l’avrebbe comunicata641.

633 A. Monti, Alla memoria del nob. Francesco Cerioli, Foroni, Cremona 1892,13. 634 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Giovanni Capponi, Comonte 22 dicembre 1865. 635 Cq. 8. 636 S. 604. 637 N. C. 36. 638 A. Longoni 166-167. 639 Lettera di Suor Paola Elisabetta a don Giovanni Calegari, Soncino 8 Novembre 1864. 640 S. 909. 641 S. 630 e 639.

Biografie 170 opera omnia

Aveva scritto: “In pace insieme io dormirò e mi riposerò. oh, in pace! oh, insieme! In Dio adunque io dormirò? In Dio mi riposerò?”642.

2. Morte

Suor Arcangela Cattaneo narra la morte della Fondatrice cogliendo le parole dalla bocca di Madre Corti: “La sua anima si concentrò siffattamente in Dio, quasi prevedesse la sua morte, che non ebbe più sollecitudine alcuna per le cose materiali del suo corpo, prendendo indifferentemente quanto dalle compagne le veniva portato sia di cibo come di medicina. Aveva già acquistato il Giubileo, ma l’ultima sera prima di morire volle ancora confessarsi e domandò la commutazione del digiuno prescritto per il S. Giubileo, che intendeva acquistare una seconda volta; indi coricatasi cominciò a disporsi per la S. Comunione che voleva ricevere il mattino seguente. La Serva di Dio lagrimava e ribaciava il Crocifisso che teneva appeso al collo e fu udita esclamare: “Eccomi o Gesù, tutta vostra, si compia la vostra S. volontà!”. Indi si acquietò e tranquillamente discorse di alcune cose riguardanti l’Istituto, si fece leggere alcune lettere arrivate di fresco, indi volle prendere qualche cibo e continuò ancora un po’ la conversazione. Dopo le dieci di sera la fondatrice non trovava più requie; il mal di cuore era giunto al colmo e la martoriava orrendamente. Volle uscire dal letto, indi ricoricarsi di nuovo; alzò di nuovo gli occhi al cielo e sembrandole di prendere sonno, mandò a letto le due compagne M. Corti e M. Luiselli. Trascorsa un’ora e poco più, la Corti non sentendola più respirare, rimosse la tenda che teneva per [tra] il suo letto e quello della Fondatrice e stette alquanto a rimirarla; ma non sentendola respirare e parendole impossibile tanta tranquillità in confronto delle notti passate, balzò dal letto, chiamò la M. Luiselli e ambedue avvicinatesi al letto, dovettero constatare che dormiva del sonno dei giusti”643. Nel Registro dei Morti dell’Archivio Parrocchiale di Seriate dell’anno 1865 Tav. 48 N. 98 come causa della morte si adduce “idrope di petto” e viene registrata come Cerioli Costanza ved. Busecchi. Era l’ultimo anno che i parroci fungevano da ufficiali di stato civile.

642 Archivio Comonte U/l8. 643 S. 611

Biografie 171 opera omnia

“Il corpo della fondatrice venne prima esposto in una stanza superiore della casa di Comonte dove essa morì. Poscia per aderire alle preghiere dei parrocchiani di Seriate e dei dintorni, venne trasportato ad esposto in una sala a piano terreno”644. “Mons. Speranza fu assai addolorato di tanta perdita e si affrettò, appena lo poté, a recarsi a consolare le afflitte religiose”645. “Quando morì, a Soncino si udì una sol voce ‘È morta la mamma del paese! Difatti soccorreva largamente i poveri anche fuori dal suo Istituto”646.

3. Pianoforte in festa

La dichiarazione della Madre Corti: “Il giorno dopo la morte della benedetta Fondatrice intanto che il nostro procuratore sig. [Antonio] Piccinelli con il fotografo e due di noi religiose eravamo nella sala dove si procurava levar la maschera per trarle il ritratto, sentii che nella sala da basso si suonava benissimo e allegramente come di gran festa il pianoforte che colà si ritrovava. Io quasi sdegnata di chi avesse avuto ardire in circostanza di tanto dolore, anche che fosse una persona estera giacchè di casa nessuna ve n’era che fosse capace, tanto meno di suonar bene, domandai prima alla sorella se essa pure udivano il suono ed essa accennando che si e come vergognandosi fino dei signori che stavano facendo quanto di sopra, mandai tosto la sorella a vedere chi fosse, ma appena entrata non si udì più suono, né si vide persona che anzi era tutto chiuso. Questo noi lo ritenemmo per un segno che la nostra Benedetta Madre si trovasse già nel gaudio del Signore”647. Il pianoforte si conserva ancora e proveniva “Du magazine de F. Sterzl a ” come si legge sulla targhetta ovale del coperchio della tastiera. Un’altra teste, suor Emilia Gelmi aggiunge dei particolare: “[...] Si senti suonare nella sala a pian terreno, il pianoforte [...]; sorprese e disgustate che qualcuno fosse così senza testa da fare tale cosa in un momento di tanto lutto; si mandò tosto a vedere, e fu la suora Angelica Longoni che, in compagnia di altre più coraggiose, corse a vedere. Trovò la sala chiusa a chiave, entrate, trovarono chiuso pure il piano, il quale in quell’istante cessò di suonare”648.

644 N.C. 73. 645 E. Massara, 270. 646 S. 562. 647 Archivio Comonte Z/32. 648 S. 615.

Biografie 172 opera omnia

4. Funerali

Mons. Valsecchi dispone che: “[...] Il funerale sia fatto non come li richiederebbe donna Costanza Cerioli Busecchi, ma come suor Paola Elisabetta religiosa fatta povera per i poveri [...]”649. Fu celebrato il 26 dicembre. Questa è la data nel Registro dei Morti di Seriate650, ed è stampata nel Discorso funebre di don Pietro Piccinelli e nel necrologio di Ottavio Tasca. Alcuni testi651 dicono che fu fatto il 27 dicembre e Madre Corti652 dubitativamente lo trasferisce al 29 dicembre. “Sono intervenuto anch’io al funerale e ho visto tutto lo stradone da Comonte a Seriate pieno di gente accorsa dai paesi circonvicini per devozione verso la Signora Maestrina”653. Tenne l’orazione funebre don Pietro Piccinelli “[...] che fu confessore della serva di Dio per diciotto anni 654”, “[...] fino all’epoca della vedovanza”655. “La nobile Famiglia Busecchi Tassis nel vecchio cimitero aveva la propria cappella mortuaria, non così nel nuovo656. Quindi la nobile famiglia Piccinelli di Seriate offrì la propria cella mortuaria, appena eretta, nel nuovo cimitero, per tumularvi il cadavere della benedetta Fondatrice, come di fatto vi venne tumulato”657. È situata all’estrema destra della facciata. Il nuovo cimitero era stato realizzato nel 1860. Ricordando il diniego della Cerioli di accasarsi in secondo matrimonio colla famiglia Piccinelli, questa ospitalità… mortuaria ha sapore di rivincita: “Tu non hai voluto venire in casa [da] viva, e noi ti avremo morta nel sepolcro”658.

649 S. 913 e cf. A. Longoni, 171. 650 Tav. 46. 651 N.C. 82, 875; S. 604. 652 S. 631. 653 N.C. 40. 654 S. 204. Piccinelli, o. c. 7; E. Federici a pag. 352, contraddicendosi con quanto affermato a pag. 60, dice che fu confessore per 20 anni. A. Longoni 171 afferma che lo fu per 10 anni. 655 S. 170 656 Non poteva averla perché la famiglia era estinta da decenni. 657 S. 928. 658 S. 268.

Biografie 173 opera omnia

5. Le sue Opere alla morte

“No, no il Signore compirà assai meglio i suoi disegni con la mia morte che con la mia conservazione, perché faranno gli altri ciò che io non sono stata buona di fare; io sono d’inciampo al compimento dei suoi voleri”659. “Morendo lasciò fondate tre case di orfane, cioè quelle di Comonte, di Soncino, di Leffe con 23 religiose e 85 orfane, e la casa per gli orfani a Villacampagna, con 4 fratelli e 15 ragazzi”660. Quanto alla casa degli orfani di Martinengo “[...] venne acquistata dopo la morte della Fondatrice, ma coi denari della stessa [...]”661. “Non sono ancora trascorsi tre anni dalla sua morte e già si compie uno dei suoi voti più ardenti colla fondazione di questa nuova casa di orfani [Martinengo], che si apre proprio in quel luogo dove essa più desiderava, nella nostra diocesi, vicina a sé e alla origine delle sue istituzioni per farne qui il centro e la casa madre anche dell’Istituto maschile”662. “Alla morte della fondatrice l’Istituto era fiorente sotto tutti gli aspetti, dal lato morale, finanziario, disciplinare e ben appoggiato, perché superiore della parte maschile era Mons. Valsecchi, e della parte femminile Mons. Speranza”663 Per la definitiva suddivisione dei beni si attese il 1868. Ecco come nel Diario delle cose notabili, la Madre Corti registra il fatto. “Il 3 ottobre si unirono in questa nostra casa di Comonte il Reverendo Superiore dei due nostri Istituti, la Madre Generale Suor Luigia Corti, il Superiore dei nostri Fratelli della Sacra Famiglia Giovanni Capponi col suo Procuratore e sua moglie Signori Scotti alla presenza di Monsignor Vescovo per combinare e stabilire la divisione della sostanza per ciascuna casa Femminile e Maschile. Conchiusero che ai Figli rimarrebbe la possessione di Villacampagna con casa e bergamasche pertiche 400, il capitale Ludrini di lire 9.000 più la casa ora acquistata in Martinengo con bergamasche pertiche 100 compresa la casa. Restando 10.000 lire a saldare interamente le quali penseranno i Fratelli a rimborsarle a poco a poco alla Congregazione. Alle suore rimarrebbe la possessione campagnola con bergamasche pertiche 400, con la casa di Santa Maria, la casa di Comonte con

659 S. 762. 660 Archivio di Comonte, Registro Religiose defunte. 661 S. 277 e N. Di Bianchi in “Famiglia nostra” aprile 1968 662 Istituto 33. 663 S. 233.

Biografie 174 opera omnia bergamasche pertiche 30 di terreno e la casa di Leffe e possessione Spinone. Quella giornata fu tutta assai consolante. Monsignore fece proprio come un padre affettuoso, sollecito per il bene dei propri Figli, così pure il nostro Reverendissimo Superiore Monsignore Canonico Valsecchi. Con tal divisione rimanemmo contenti da ambedue le parti”664.

6. Condoglianze del vescovo di Cremona

S. Ecc. Mons. Novasconi invia alla nipote della Beata, Donna Giuseppina Cerioli, a Soncino questa lettera: “Cremona, 27 dicembre 186S. Nobilissima Signora, grave e dolorosa sorpresa ha cagionato in me la notizia, recatami dal suo riverito foglio di ieri, della quasi repentina morte della benemerita D. Costanza, Fondatrice e Superiora dell’Istituto delle Suore della S. Famiglia! È questa una perdita, che deve tornare ben amara ai parenti, ai Religiosi dell’istituto, ed a quanti apprezzavano la virtù dell’illustre defunta, ed io non dubito di chiamarla anche una grave sventura per la società e in particolare per quella diocesi; ond’è che debbo a doppia ragione condolermene! La pia trapassata sarà certamente volata al cielo a ricevere il meritato premio delle sue opere buone, ma ora che sarà del benefico Istituto da essa fondato? Io sarei ben grato a Vossignoria Illustrissima, se sapesse dirmi qualche cosa di tranquillante su questo proposito. Dal canto mio non ho mancato e non cesserò di rendere a questa virtuosa anima un tributo di suffragio anche per sentimento di riconoscenza, per il tanto bene da essa procurato a questa mia diocesi. Nell’esternare poi a lei, nobilissima signora, i sensi della mia viva condoglianza le attesto la mia stima e particolare osservanza e, pregandola di presentare i miei rispetti al suo degnissimo sig. consorte, ho l’onore di professarmele. Dev.mo servo +Antonio Vescovo”665.

7. Necrologio di Ottavio Tasca

Sulla Gazzetta di Bergamo del 30 dicembre 1865 (n. 155) il poeta e patriota, compagno di lotta dei Camozzi e di Ercole Piccinelli, Ottavio Tasca in due colonne esalta la Cerioli, ne traccia la vita e così termina.

664 Archivio Comonte E 1/2. 665 Lettera di Antonio Novasconi a Giuseppina Cerioli, Cremona 27dicembre 1865.

Biografie 175 opera omnia

“Ella visse e morì da vera cristiana, e questo è il più bell’epitaffio che scolpire si possa sulla tomba di un redento. Tutta la popolazione di Seriate accorse spontanea e dolente al funebre rito celebrato per quell’anima pia ed il Corpo Municipale con a capo il proprio Sindaco si unì alla devota folla non solo per soddisfare ad un bisogno del proprio cuore, ma quasi per cresimare ufficialmente l’attestato solenne di lutto, di riconoscenza e di rispetto che dai suoi amministrati veniva con così eloquente premura tributato alla memoria dell’ottima trapassata. Possa quella pia donna pei maggior bene dell’umanità aver molti imitatori, ed allora cadranno impotenti gli sforzi sovversivi di quei tristi ambiziosi che, camuffati da manto umanitario, vanno aizzando l’astio proletario contro la pur troppo talvolta reale noncuranza dei ricchi. Possa ella aver molti imitatori ed i veri amici del popolo, ed in ispecie del popolo sofferente, vedranno compito uno dei più fervidi loro voti”.

8. Visione di Fra Giovanni Capponi

“La notte del 21 gennaio 1866. Ignoro al presente l’ora precisa, sia le 11 o le 12 di notte: fatto è che non potevo prender sonno per l’inquietudine che recavami il pensiero che la presente novella istituzione non potesse sussistere essendo mancata quella che doveva mandare a compimento l’opera incominciata e perciò mi proveniva nell’animo un grande avvilimento, credendo di dover smettere la fondazione intrapresa. Quando parmi vedere la Benedetta Fondatrice e da un improvviso timore assalito, mi coprii con prestezza il capo. Ciò fatto mi sentii, da una mano animata da calor naturale, tirarmi la gamba sinistra e una scossa ebbi pure in tutto il corpo che ne restai maggiormente impaurito. Allora mi accertai del pensiero che veramente fosse la Benedetta Fondatrice la quale rimproverasse la mia diffidenza. Mi feci a recitare il salmo Miserere e proposi di farle una novena praticando quello che sovente mi raccomandava durante la sua vita a fine d’ottenere spirito e coraggio per proseguire l’opera incominciata. Svegliatomi la mattina mi venne tosto alla memoria la promessa fatta e con fiducia mi rivolsi a Maria SS. e a S. Giuseppe onde m’ottenessero dal Signore la grazia d’incominciarla e compierla fedelmente. Accertare d’averla veduta non posso”. Capponi Giovanni fu Luigi666.

666 Archivio Comonte Z/31.

Biografie 176 opera omnia

La testimonianza è stata trascritta da altra mano. Probabilmente fu resa... in bella copia da una mano monacale e se n’è perso l’originale.

9. Traslazione

Pietro Piccinelli terminava il discorso funebre con queste parole. “E finché non venga destinato altro riposo a lei più degno, la mia famiglia andrà superba intanto di raccoglierla nell’umile sua cella mortuaria e io potrò in questo modo fin d’ora proclamare il suo frale benedetto come la benedizione fondamentale e anticipata anche dell’ultimo nostro riposo”667. Quando l’Istituto Sacra Famiglia pensò di riportare la salma a Comonte, “i parrocchiani di Seriate i quali si lagnavano esclamando: “Ci portano via una santa!””668. Suor Isidora ha “sentito dire che ci sono state difficoltà da parte della famiglia Piccinelli, ma non so in che cosa precisamente consistano”669; ciò sembra poco verosimile perché: il 28 novembre dell’anno 1885, ottenuta la licenza e la piena approvazione di Mons. Vescovo, e avuta l’autorizzazione prefettizia, ottenuta mediante buoni uffici del nob. sig. Piccinelli sindaco di Seriate, il cadavere venne levato dalla tomba e trasportato direttamente al convento di Comonte in devoto corteo composto, oltre che dal clero della parrocchia, anche da tutti i membri dei due Istituti femminili e maschili670. Giunto il corteo alla Chiesa propria dell’Istituto in Comonte, vi si celebrò un Ufficio Funebre col canto della Messa da Requie eseguita dagli orfanelli dell’Istituto. A questa funzione intervennero anche i sac. Zanoni D. Alessandro Superiore dell’Istituto maschile, il Sindaco temporale dell’Istituto avv. Fornoni Lucio e il sindaco del paese ed altre persone distinte671. Dopo l’Ufficio funebre si portò la cassa nella stanza ove la Fondatrice mori; apertala, al primo momento, si rilevarono le fattezze

667 P. Piccinelli, 20. 668 S. 637. 669 N.C. 34. 670 Seguivano 15 Fratelli col loro Direttore, 40 Figli di S. Giuseppe (Archivio Comonte E1/2). La bara fu portata dai Fratelli della S. Famiglia (N.C. 83); uno di questi, Isidoro Paris, attesta: “In quell’occasione io che avevo da circa tre anni una lussazione alla spalla destra, senza aver ottenuto dalle cure mediche alcun miglioramento, mi sono trovato guarito dopo essermi sottoposto a portare la cassa della Cerioli da Seriate a Comonte” (N.C. 40). 671 S. 928.

Biografie 177 opera omnia della defunta che a contatto dell’aria sparirono. Anche l’abito conservava il suo colore, ma subito quasi tutto si sciolse672.

10. Ricognizione della salma

“Poco dopo da persona perita nell’arte, di Bergamo, e della quale non ricordo il nome, lo scheletro venne ripulito con apposite lavature affine di meglio conservarlo e ricomposto come trovasi attualmente unendo e legando le ossa con filo d’ottone. Il perito eseguita l’operazione, attestò che lo scheletro era perfetto non mancandone nemmeno la più piccola parte. Il corpo cosi composto venne vestito di un abito nuovo proprio dell’Istituto e venne collocato nell’urna in cui si trova attualmente che è di legno con cristalli e che trovasi nella stanza dove essa Fondatrice morì”673. Suor Arcangela Cattaneo674 e suor Adelaide Carsana675 precisano che il tecnico fu il prof. Giovanni Stefanini. Per rimediare alla dimenticanza di Madre Corti nella suddetta dichiarazione, ripetuta alla fine della Vita della Beata da lei scritta676, venne interpolato il nome di Giuseppe Spreafico, contraddicendo le due suore testi de visu e ignorando che lo Spreafico iniziò la sua attività didattica nel 1889677. Dal Registro di contabilità n. 4 di Comonte si rileva: “Spese per esumazione Fondatrice L.600 di cui 100 al naturalista per composizione scheletro; L.100 per la nicchia; L.40 per cerazione Benedetta Fondatrice; tassa di esumazione L.120,ecc.”678. Veramente come prima sistemazione per qualche anno49 lo scheletro fu “posto in una nicchia seduto sopra una poltrona nella stessa stanza. Ma osservando che in quella posizione il corpo deperiva, venne collocato nell’urna in cui ora si trova comperataci da Donna Giuseppina Cerioli, nipote della Fondatrice”679, che era di larice d’America con ornamenti neri e cristalli680. Fu sistemata in un lato e venne isolata con una cortina di

672 N.C. 79. 673 N.C. 75. 674 cf. S. 163. 675 cf. N.C. 88. 676 cf. S. 929. 677 “Notizie Patrie” 1889. 678 N.N. 88. 679 N.C. 84. 680 Animadversiones 6; S. 617; S. 634.

Biografie 178 opera omnia mattoni. Su una tavoletta la stessa nipote scrisse: Suor Paola Elisabetta nata nobile Costanza Cerioli, Fondatrice dell’Istituto S. Famiglia. Nel 1901 quasi a principio dei Processi Ecclesiastici Ordinari che fra breve verranno iniziati” il vescovo Camillo Guindani emise il Decreto per la ricognizione del corpo della Fondatrice681 e in quell’occasione se ne fece una descrizione: “La salma della suddetta ven. Fondatrice si compone di tutte le ossa raccolte accuratamente dalla cassa mortuaria, ove giacque per 20 anni nella tomba di proprietà Sigg. Piccinelli del Cimitero di Seriate. Da esperto chimico vennero ripulite con apposite lavande, ricomposte e legate con filo di ottone. Le testa è coperta da una maschera. Ella è vestita dell’abito comune alle suore della S. Famiglia cioè vestito di lana caffè ordito bavallino giallo. Grembiule tibet nero, velo e cuffia pure di tibet nero, cingolo nero con giglio ricamato. Tiene pendente al collo una croce di mirto ed al fianco sinistro tiene una corona pure di mirto legata in filo ferro con crocifisso di ottone che tiene stretto fra le mani coperte di due guanti neri di seta. Tiene nei piedi calze nere di seta e scarpe di cuoio. Al di sotto è vestita di una sottana bianca di tela lino e di una camicia pure di lino. La Venerabile salma giace su materassino e guanciali di vegetale, coperti di seta violacea e guarniti di pizzo in argento con due fiocchi ai due angoli del cuscino, adagiati entro una elegante urna in larice di America con ornamenti in legno nero, chiusa al di sopra e tutto all’intorno con vetri, salvo dalla parte posteriore che si chiude con chiave. Detta urna è sostenuta da base dello stesso legno e lavoro e trovasi nella medesima stanza ove visse e mori la su lodata Venerabile Fondatrice”682. Dopo l’emanazione del Decreto per l’introduzione della Causa di Beatificazione del 13 maggio 1919, vi fu altra ricognizione della salma da parte del Tribunale Apostolico alla presenza di Mons. Biasotti, Postulatore, di P. Paolino O.F.M., del dottor Luciano Pezzini e del dottor Guido Calderoli, periti del P. Orisio Sup. Gen. della Congregazione maschile della S. Famiglia, di suor Giuseppa Rota, e altri; venne poi deposta nella sagrestia attigua alla cappella dell’Istituto in Comonte con la scritta: Soror Paula Elisabeth Cerioli Fundatrix 28 ian. 1816-24 decembris 1865.

681 N.C. 96. 682 N.C. 92.

Biografie 179 opera omnia

11. Ritratti

“Il giorno dopo la morte della Benedetta Fondatrice e intanto che il nostro Procuratore sig. Antonio Piccinelli con il fotografo e due di noi religiose eravamo nella sala dove si procurava levar la maschera per trarle il ritratto…”683. Suor Nazarena testifica: “Venne tolta dal suo cadavere la fotografia, reggendola io stessa con altre sorelle684 Suor Adelaide conferma anche lei che fu “levata la fotografia”685 e tutt’e due composero il cadavere nella cassa686. La Madre Corti domanda a mons. Valsecchi il 3 giugno 1866: “Desidererei sapere se il pittore abbia cominciato questo benedetto ritratto...”687. “Ritratto della Cerioli che si tiene davanti i primi due orfanelli ricoverati; buon dipinto di non comune freschezza attribuito al Carnovali, detto il Piccio”68859, famoso ritrattista (1806-1877). Potrebbe riferirsi a questo quadro quanto scrive suor Rosa689, superiora di Leffe dal 23 gennaio 1868, alla Madre Corti. “La prego ancora quando ha veduto il ritratto della nostra Benedetta Madre di farmi sapere se lo ha incontrato”. Risponde la Corti. “È stato qui il Rev. Canonico e il pittore con il ritratto tutt’altro che il suo; io gli dissi di farlo, giacché vedo che intanto si continuerà a moltiplicarsi i marenghi senza pro. Ce ne vorrà sei anche per i libri stampati”690. Don Angelo Teanini, prevosto di Almenno S. Salvatore, nel 1906 rievoca: “L’Istituto lo conobbi appena prete nel 1867 e non dimenticherò mai le soavi e care impressioni che fecemi la casa di Comonte... quel quadro che rappresenta detta Madre che dispensa il pane a due orfanelle”691.

683 Archivio Comonte Z/32. La maschera che è di pelle e di cuoio resterà sempre la stessa anche nelle successsive ricognizioni; a detta dei tecnici non si potrebbe fare migliore. 684 N.C. 82. 685 N.C. 87. 686 cf. N.C. 83. 687 Lettera di Suor Luigia Corti ad Alessandro Valsecchi Comonte 3 giugno 1866. 688 G. Zambetti, Da Bergamo a Trescore, Isnenghi, Bergamo 1908, 74. 689 Lettera di Suor Rosa Masoni a Suor Luigia Corti [Leffe sd]. 690 Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Rosa Masoni, Comonte [sd] 691 50 Anniversario di Fondazione, 45.

Biografie 180 opera omnia

12.. Vox populi: è santa

Suor Luigia Corti. “[...] Non finirò mai di ringraziare il Signore, e per avermi chiamata a cooperare a sì sant’opera, e per aver avuto la grazia di convivere per ben undici anni con sì santa anima, che, a dire come mi sento, l’ho giudicata santa dal principio che l’ho praticata, cioè prima che si facesse religiosa, e il mio giudizio era fondato non sopra la sua grande carità ed esteriore composto e ben regolato, ma dallo scoprire, fin dal principio del mio praticare con lei, le sue interne ed eroiche virtù”692. “Io conobbi e praticai sempre con sante persone e nel mondo e qui, ma la dico come la sento, nel cuore e come proprio mi pare vero appena due o tre persone mi pare abbiano questa veramente massiccia virtù”693. “Io l’ho tutta in mente - ripete commossa la Madre Corti - e compresa nell’anima mia la grande virtù di quest’anima, e io la stimo una delle anime più sante e che ha poche pari. Ma essendo le virtù di quest’anima tanto nascoste e del tutto semplici, voglio dire di quelle di Nostro Signore Gesù Cristo, cioè non luminose al mondo, non singolari, non composte, affettate, stiracchiate con violenza esterna e peregrine, ma tutte così senza strepito, senza corteggio, senza darsi la minima importanza, senza dar segni né con parole, né col volto mesto della minima violenza, come se ella tutto operasse per natura... Scrivo queste memorie col timore che forse io essendo del tutto incapace di ornare una virtù e di darle il lustro che merita, abbia a scemare la stima”694. Mons. Speranza. “È una santa ed è tutta del Signore”695. Nel Decreto d’approvazione delle suore della Sacra Famiglia il 27 giugno 1862, vivente ancora la Beata scrive. “Tributiamo la ben meritata lode alla pietà, al consiglio, e alla generosità della benemerita Fondatrice e di cuore rendiamo grazie al signore Iddio e a lei stessa”696. D. Pietro Piccinelli nella perorazione del suo discorso funebre s’esalta: “Oh, adunque si proclami santa questa insigne nostra Benefattrice, Sì: dacché l’abbiam veduta così intemerata nella sua vita giovanile, così virtuosa nella sua vita coniugale, così perfetta nell’ultimo stadio del suo vivere terreno, così fortunata infine anche

692 S. 742. 693 S. 847. 694 Cq. V. 695 S. 669. 696 Istituto, 18.

Biografie 181 opera omnia nel suo trapasso. E voi pure, o carissimi, non me l’avete forse fino da ieri preconizzata la sua santità? Che voleva dire quella processione che ieri in sul vespro instituiste a visitare il suo prezioso cadavere? Che vuol dire anche questa insolita, straordinaria religiosa frequenza colla quale siete venuti oggi a decorare anche i suoi funerali, quasi che si trattasse di una solennità più religiosa che mortuaria? Oh! Adunque anche una volta diciamola santa, preconizziamola santa!”697. Il Vescovo mons. Speranza il 22 gennaio 1866 scrive alla Madre Corti: “Al Piccinelli D. Pietro scrivo io perché anch’egli ha scritto a me mandandomi l’elogio stampato e facendomi le sue giustificazioni. Io dico a lui, che ho consigliato e consiglio a voi di ritenere tutte le copie ben riservate finché non se ne sia fatto un esame rigoroso. Il soggetto non merita che sia messo a pericolo neanche con una parola”698. Non coglie il pensiero di Mons. Speranza il suo biografo699 quando scrive: “Don Pietro Piccinelli ne tessè l’elogio, che fu dato alle stampe con approvazione di Mons. Speranza, che permise si raccogliessero le Memorie della compianta fondatrice per formare il processo per l’introduzione della Causa di beatificazione”. D. Stefano Grasselli. “[...] Ero persuasissima di trattare con una santa, tutta dedicata al servizio di Dio ed in me risvegliava grande stimolo al bene, e quanto si può sentirne da una muta di esercizi spirituali fatti a dovere”700. Ho sempre sentito parlare della Cerioli come di santa701 “[...] Io poi l’ho sempre tenuta in concetto di santità, e vivo nella persuasione che, se il Signore mi concederà ancora un po’ di vita, avrò la desiderata consolazione di vederla onorata dal Sommo Pontefice del titolo di Beata”702. Bernardino Zanetti. “Ho sempre avuto un alto concetto della serva di Dio, considerandola come un angelo”703. Giuseppina Cerioli, nipote di Costanza, dice che il pubblico ha sempre avuto in opinione di santa la serva di Dio. “Tengo poi per certissimo che una tale fama di santità sia stata ben meritata dalla Serva di Dio; e non solo non si formò per qualsiasi artifizio usato da

697 P. Piccinelli, 20. 698 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Luigia Corti 22gennaio 1866. 699 E. Massara, 270. 700 S. 292. 701 S. 663. 702 S. 937. 703 S. 664.

Biografie 182 opera omnia altri in suo favore, ma fu un vero frutto della virtù realmente da lei esercitata”704. Rachele Dama. “Comunemente era ritenuta e proclamata da tutti una santa donna”705. D. Enrico Pontiggia. “[...] Era una voce comune, che proclamava la Cerioli donna virtuosissima e santa, degna di tutta la venerazione”706. “Dalla cognizione personale che io ho avuto della serva di Dio durante sette anni e da quanto ho sentito dire di lei prima e dopo la sua morte da persone serie che la conobbero da vicino ed intimamente, mi sono formato il concetto che abbia esercitato tutte le virtù cristiane in modo eccezionale ed in grado eroico”707.

13. Vox Ecclesiae

Nella proclamazione dell’eroicità delle virtù della Ven. Suora Paola Elisabetta Cerioli, fatta da Pio XII il 2 luglio 1939, viene esposto l’insieme degli atti compiuti per arrivare a questo traguardo esaltante che, concedendo il titolo di Venerabile, garantisce la porta aperta per la Beatificazione col solo impegno della discussione dei miracoli. L’anno 1902 s’incominciò il Processo Informativo presso la Curia di Bergamo708, poi quello di ricerca degli scritti e sul Culto da non prestarsi ai servi di Dio. Il 15 febbraio 1910 la S. C. R. emanò il decreto sugli scritti; il 14 maggio 1919709 Benedetto XV firmò la Commissione per l’introduzione della Causa e fu emanato il relativo Decreto. Il 9 giugno 1920 la stessa S. C. R. dichiarò che erano stati osservati i decreti di Urbano VIII circa il culto da non prestarsi ai Servi di Dio. Intanto si veniva facendo il Processo con la autorità apostolica nella Curia di Bergamo. Riconosciuto il valore giuridico di tutti i Processi, anche addizionali, il 26 novembre 1935 alla presenza del Rev. Card. Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte, Vescovo di Ostia e di Albano, Ponente della Causa, si tenne la Congregazione

704 S. 666. 705 S. 671. 706 S. 672. 707 S. 298. 708 La prima seduta si tenne il 20 febbraio nella chiesa dell’Istituto di Comonte e “L’Eco di Bergamo” ne fece la cronaca nel N. 43, 21-22 febbraio. 709 E. Federici scrive marzo, 357.

Biografie 183 opera omnia

Antepreparatoria, in cui si discute sulle virtù eroiche della Serva di Dio; il 3 novembre dell’anno seguente si tenne la Preparatoria. Finalmente alla presenza di S. Santità Pio XII si tenne la Generale il giorno 13 del p. p. mese ed in questa il Rev.mo Cardinale Ponente propose alla discussione il dubbio: se consti delle virtù teologali di Fede, Speranza, Carità verso Dio e verso il prossimo, nonché delle cardinali: Prudenza, Giustizia, Temperanza, Fortezza e delle virtù connesse, esercitate in grado eroico, nel caso e per l’effetto di cui si tratta. Il Rev.m0 Cardinale, i Prelati Officiali ed i Padri Consultori diedero il loro parere. Ma il S Padre volle differire la sua sentenza fino a questo giorno sacro alla Festività della Visitazione della Beata Vergine Maria.

14. Beatificazione

I Processi canonici continueranno per i due miracoli proposti per la Beatificazione. La Gloria del Bernini accoglierà Beata “contessa contadina” il 19 marzo 1950 tra il tripudio della sua famiglia religiosa, dei figli beneficati, delle Diocesi di Bergamo e di Cremona e di tanti fedeli attirati della rarità della vocazione della Beata a tutti gli stati: di sposa, madre, vedova, religiosa. Gioia festosa che si diffuse a Seriate il 30 luglio con la partecipazione del Card. Micara un mese dopo alla Casa Generalizia di Martinengo con una settimana di giubilo attorno alla beata urna; e con una trionfale processione, a Soncino, in settembre con l’intervento del Card. Schuster e poi ovunque esisteva un’opera della sua carità. Le si intestarono vie, scuole, campane, collegi, cinema. Il Card. Angelo Roncalli da Parigi scrive a Mons. Adriano Bernareggi vescovo di Bergamo. “Ho seguito con vivo e piacevolissimo ed edificante interesse le manifestazioni bergamasche in onore della Beata Cerioli a cui ha posto corona, in sintesi perfetta ed esaltante la parola di Vostra Eccellenza”710. Tutto questo è cronaca da tanti vissuta e quindi è fuori dalle ricerche... storiche.

710 A. Roncalli, Lettere ai Vescovi di Bergamo, Secomandi, Bergamo, 1973, 133.

Biografie 184 opera omnia

CAPITOLO X

L’Epistolario e gli altri scritti

Gli scritti711 della beata saranno approvati dalla S. Congregazione dei Riti in ordine alla sua beatificazione il 15 febbraio 1910. Qualche saggio compare nelle diverse biografie o in testi celebrativi.

1. Pedagogia ed ascetica

Mons. Speranza scrive. “Oggi ripassando un momento le carte del mio scrittoio ho trovato il libricino dell’apparecchio colla sua lettera, insieme riposto con altri libretti di idee e di Regole che V. S. Nob. mi ha mandato e insieme con la disposizione dell’ultima sua volontà [...]”712. “La madre assistita e coadiuvata dalla Grazia dello Spirito Santo, ammaestrata dal suo dolore e amore, dovette far tesoro, nell’arte difficilissima dell’educatore, di quella sapienza tutta celeste, che poi trasfuse nelle regole e nelle pratiche dei suoi Istituti, ed in due piccoli libretti, stampati dopo la sua morte ed in altri scritti che ella compose per la gente di campagna, ma che potrebbero essere letti e studiati con grande profitto dai padri e dalle madri di famiglia delle classi più distinte della società”713. “Sono dietro a scrivere ed accomodare quei Libretti, ma vado lenta, per operare bene e studiare meglio; va bene così?”714.

711 Questo articolo è la ripresa di Oltre l’ampio epistolario: pedagogia, agricoltura, ascetica. Stili e giudizi. È apparso in “Famiglia Nostra” luglio-agosto 1986. 712 Lettera di Pietro Luigi Speranza a Costanza Cerioli, Bergamo 3 agosto 1857. 713 Ist. 27. 714 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 7 marzo 1862.

Biografie 185 opera omnia

Don Pietro Piccinelli nel discorso funebre riferendosi a questi Libretti diceva: “Si spera verranno fatti di pubblica ragione con la stampa”715. E difatti furono pubblicati nel 1866 a Bergamo da Natali con questi titoli: Ad una allieva la vigilia della sua partenza per entrare a servizio in una casa privata - Ad una allieva il giorno del suo matrimonio. Questi Libretti erano ricercati. “È stata qui donna Peppina... e mi pregò di mandarle un libro come quello composto dalla nostra Benedetta Madre riguardante le nostre figlie quando si maritano, come quando pure vanno a servizio, perché il Sig. Antonio [Piccinelli] le ha detto che sono molto belli e che possono giovare non solo per le nostre Figlie, ma per tutti”716. La madre Corti. “So che scrisse un metodo pratico per ascoltare la santa Messa ad uso delle Orfanelle; così pure detto una memoria per l’educazione dei poveri Figli della campagna; di più pure compilato l’esercizio del cristiano che anche ora si distribuisce ai poveri Figli e alle povere Figlie della campagna il giorno che compiono la loro educazione”717. Suor Domenica Piantoni. “La Serva di Dio scrisse di sua mano il programma che abbracciava il catechismo, la Storia Sacra, Vecchio e Nuovo Testamento, il Vangelo, la Vita di Gesù Cristo e le Vite dei Santi. Essa medesima scrisse le tracce sulle quali le Suore dovevano impartire le lezioni”718. “Il modo di apparecchiare [preparare] le ragazze alla confessione è tanto piano e dolce che si scorge in esso quanto ella fosse penetrata dalla divina bontà”719.

2. Agricoltura

“E gli altri miei scritti riposeranno sempre? Ho consegnato al Sig. Vicario Generale720 gli scritti sull’agraria cavati da vari autori e mi promise di leggerli, correggerli e aggiungervi, ma senza fretta, temo”721. Suor Luigia Corti avverte poi la Beata che si trovava a

715 Pietro Piccinelli, 18. 716 Carteggio 150. 717 S. 493. 718 S. 312. 719 S. 843. 720 Era mons. Orazio Simoni, nato a Bergamo nel 1800. Nel 1823, destinato coadiutore a Bienno, poi direttore spirituale del seminario di Bergamo per sei anni. Nel 1837 diventa arciprete di Bienno fino al 1858 quando è fatto canonico e Vicario Generale. Muore nel 1866. 721 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi [Comonte 1862].

Biografie 186 opera omnia

Soncino: “È stato qui il Vicario Generale e m’ha lasciato di farle tanti doveri; ha portato i libri che ella le aveva dato da correggere, ma le correzioni e le aggiunte le ha messe tutte in un suo libro il quale le portò seco a Bienno per farvi delle altre aggiunte e dice che verrà un giorno apposta quando ci sarà anche lei per riformarlo”722. Suor Luigia Corti. “Ella ha trascritto un libro che tratta tutto dell’agricoltura e noi lo chiamiamo catechismo agrario che tutte le settimane vi è un giorno apposta destinato per l’istruzione di mezz’ora, tanto le Figlie che le Monache, cioè le Novizie”723. È confermato da D. Stefano Grasselli.. “Non premeva di farne contadini scienziati, ma persone istruite nell’agricoltura che a tal fine stava traducendo dalla lingua francese un libro che trattava di agraria”724.

P.Angelo Orisio. “So che la Serva di Dio tradusse dal francese non so quale libro, credo riguardante l’agricoltura... Dico anzi che rimasi ammirato per tutto quanto può servire d’incitamento ad amare l’agricoltura; e questo non tanto in vista dei vantaggi materiali, quanto in ordine ai vantaggi e frutti morali e religiosi che aveva di mira a beneficio della classe agricola. E in questa parte voglio ripetere che mostrò una cultura e un criterio pratico addirittura straordinari, tanto da far credere che, dopo l’ispirazione suprema di fondare l’Istituto della Sacra Famiglia, per riuscire meglio allo scopo, si sia in modo speciale applicata allo studio di tale materia e l’abbia profondamente acquistata”725.

3. Regolamenti per la vita religiosa

“Era brava in tutto, - dice suor Luigia- e per il suo raro talento e per l’educazione finita che ebbe dalla sua nobile famiglia; ma dopo che ebbe incominciato a fondare il suo Istituto non si vide più adoperarsi che in quelle cose che tornar dovevano utili alle sue figlie. Quando io entrai in casa vidi dei bei ricami e altri lavori finissimi che faceva ella e per la chiesa, ecc. ma poi più non la vidi occupata in simili cose, il più che faceva era tenere a mano tutte le briciole di tempo per poter scrivere quei libri che trattano dello spirito dell’Istituto e che ora ci sono tanto cari ed istruttivi”726.

722 Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Paola Elisabetta, [Comonte 22 ottobre 1862]. 723 S. 767. 724 S. 936. 725 S. 491. 726 S. 875.

Biografie 187 opera omnia

Madre Giuseppa Rota, entrata nel 1873, così dice: “La Fondatrice si ritirava in cappella a pregare per lunghe ore; uscita di là scriveva quanto il Signore le aveva ispirato. Venne così componendo un codice di regole in numero di 36, quali io stessa trovai all’ingresso dell’Istituto”727.

Direttorio. Il direttorio può dirsi il risultato di innumerevoli lavori isolati, i quali raccolti ed organizzati logicamente hanno prodotto il testo delle Regole del suo Istituto. Se si ricerca l’origine di questo prezioso libro esso si assegna ad una collana di scritti ascetici e disciplinari usciti dal suo spirito man mano che il Signore la muoveva ed illuminava a scrivere. Ecco i vari titoli dei suoi lavori complementari, da cui si formò il Direttorio delle Suore della Sacra Famiglia: 1) L’anno di prova. 2) Idea generale del fine e scopo che questa Congregazione o famiglia religiosa si propone. 3) Idee riguardo le mie figlie. 4) Prime regole dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia. 5) Impianto. 6) Una parola alle Superiore. 7) Vari fascicoli intorno al silenzio, la cura delle inferme, il suffragio delle defunte. 8) Un fascicolo sui voti. 9) Della carità fraterna. 10) Ricordi e regole alle Suore della Sacra Famiglia. 11) Le serate invernali delle figlie di San Giuseppe. 12) L’istruzione alle Maestre. 13) Dell’amore al lavoro. 14) Della direttrice d’agraria. 15) Premi annuali. 16) Scartafaccio dei Figli di San Giuseppe. 17) Ricreazioni festive. 18) Scuole esterne. 19) Esercizi spirituali per le esterne. 20) Esercizi per le Signore. 21) Memorie riguardanti la mia nuova famiglia. 22) Una visita a Betlem e a Nazaret. 23) Fascicolo di meditazioni e di pietà728. Mons. Valsecchi a suor Rosa scrive: “Adesso che in poco di quiete intendo occuparmi delle loro regole e dei manoscritti della Fondatrice per mettere tutto in ordine e compiere quello che è imperfetto. Anche per questo bisogna pregare molto perché si tratta di cosa molto importante ed io non posso fare nulla di bene senza l’aiuto di Dio”729.

4. Epistolario

“Le lettere sono 514”730, quelle sottoposte all’esame della Congregazione dei Riti. Purtroppo parte dei suoi scritti, specialmente

727 S. 236. 728 E. Federici, 331. 729 Lettera di Alessandro Valsecchi a Suor Rosa Masoni Bergamo 25 gennaio 1874. 730 Scr. 1.

Biografie 188 opera omnia le lettere, andò perduta. Vane riuscirono le premure della S. Congregazione e i precetti della Curia di Bergamo per ricercarle. Attualmente l’epistolario comprende 539 lettere; di altre si conoscono solo le risposte dei corrispondenti e il numero potrebbe crescere [per es. 4 al Vescovo Novasconi di Cremona, 3 all’avv. GianBattista Gussalli di Soncino, 14 al Parroco di Colombaro, di cui si hanno solo le corrispondenti risposte]. Le lettere sono state distribuite nell’Epistolario con criterio cronologico dopo averle suddivise a gruppi omogenei. Purtroppo qualche data è stata male interpretata ed ha sviato la giusta posizione731. Moltissime lettere sono prive di data o di indirizzo. A tale mancanza si è potuto a volte supplire col valersi di argomenti intrinseci ed estrinseci alle stesse lettere e anche queste si sono collocate secondo l’ordine cronologico.

5. Stile

Leggendo gli scritti vi si trovano mende che si devono attribuire a deliberata volontà della beata, che le lasciava scorrere a bella posta per confondere il suo amor proprio, parte alla molteplicità degli scritti e tutto il giorno occupatissima, per non parlare del molto tempo che consacrava agli esercizi di devozione e che dedicava al prossimo in altre opere di carità. Son lettere scritte senza lo sgomento di fare errori e piene di lombardismi: ella si distaccava anche dal gusto di scrivere dolci pagine, come faceva una volta, per paura di far vedere che sia qualcosa di più dei poveri destinatari732. “Essa stessa però si studiava di confarsi a tutti questi tratti e a questi modi affatto semplici, e di usare in parlare gli stessi vocaboli usati dai contadini […]”733. Al Can. Valsecchi: “[…] io scrivo così alla buona e come mi viene in mente e tanta volte anche senza riflessione e pensare per il mio carattere fretta fretta”734. “Mi perdoni le cancellature; volevo ricopiarla, ma non ebbi tempo”735.

731 cf. ad esempio Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 21 novembre 1863. 732 A. Ubiali, Santi e Beati del Giubileo, Città del Vaticani, (s. d.) 26. 733 A. Longoni, 110. 734 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 25 aprile 1861. 735 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi S. Maria 12 maggio 1864.

Biografie 189 opera omnia

A Suor Luigia: “Scrivo così di fretta già sai il nostro difetto di ridurci sempre al momento della partenza”736. “Compatite la mia cattiva scrittura e non vorrei che prendeste esempio per fare voi pure lo stesso; questo assai mi rincrescerebbe”737. A Suor Adelaide: “Ho scritto di fretta intanto che il Giovanni caricava il carretto”738. “Compatite alla fretta e alla cattiva scrittura ma credete che ho sempre qualcosa da fare o da ascoltare”739.

6. Giudizi sugli scritti

“Gli Scritti si possono dividere in due grandi classi, cioè gli autografi e i riassunti, comprese alcune traduzioni dal francese. In tutti gli scritti della prima classe non c’è nulla che non sia conforme non solo alla prudenza, ma alla virtù e alla santità, così che non si può dire che furono composti non da una donna, ma da un angelo. Invece in alcune traduzioni, [come nel fascicolo 555]740 c’è qualche leggerezza che forse poco si addice a donna grave. Ma Paola Elisabetta può essere del tutto scusata perché quando li trascrisse non si era ancora data alla perfezione cristiana”741. La nipote Giuseppina. “Riguardo al contesto di tutti gli scritti, posso dire con sicurezza avendoli io letti e copiati tutti, non solo non vi ho trovato nulla di contrario alla legge di Dio e alla virtù, ma la loro lettura mi edificò grandemente per il senso di pietà, di devozione che spirano dovunque e perciò mi parvero dettati con spirito illuminato, molto adattato allo scopo per cui erano indirizzati”742.

Il biografo Merati. “Si scorge nei suoi libri uno spirito grande di soave pietà, ma non leggero e superficiale, sì bene che spinge e muove mirabilmente ad una virtù soda e profonda e consiste nel costante sacrificio di tutte le passioni, ma il tutto nascosto sotto i veli dell’umiltà, della semplicità, della naturalezza. Leggendo questi scritti ti senti tratto mirabilmente verso Dio, ma con una dolcezza grande... Le virtù più ardue te le vedi presentate con tanta semplicità

736 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia Corti, [Soncino marzo 1864]. 737 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Luigia Corti, Soncino 22 novembre [1864]. 738 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana, [Comonte fine ottobre 1865]. 739 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana [prima della Pasqua del 1863]. 740 Si tratta del romanzo Due mogli: una a Parigi e l’altra a Strasburgo. 741 Scr. 1. 742 S. 495.

Biografie 190 opera omnia che riempiono di meraviglia”743.

I Censori ecclesiastici. Non fanno che ripetere ad litteram, in latino, il giudizio di Merati, “Omnia eius scripta soavitatem pietatis redolent quae ad solidam ac profundam virtutem et omnium passionum sacrificium animos excitans: sub velo autem humilitatis ac simplicitatis haec orunia occultantur”744.

Madre Corti. “I manoscritti in massima parte sono in possesso dell’Istituto. Il loro contenuto, a mio giudizio, non solo non presenta nulla di contrario alla fede, alla dottrina della Chiesa, o che sappia di vanità o che riveli imprudenza o leggerezza di spirito o altro che sia contrario alla cristiana perfezione, ma mostra anzi santità di dottrina, rettitudine di spirito, pietà e unzione devota”745.

Il sacerdote Tosi Luigi che alla morte del vescovo di Cremona (14 dicembre 1867) fu Vicario Capitolare fino al 1871, dopo aver letto l’8 gennaio 1869 un manoscritto della Beata, scrive: “Ne sono stato commosso, è opera di una santa e cose così savie, così discrete, così piene dello spirito di Dio non posson scriversi se non da chi è investito di tutta la virtù del Vangelo. Noi poveri preti miseramente cianciamo, frattanto che una serva del Signore ci corre innanzi! Dio ci conceda la grazia di umiliarci e di pigliar esempio di chi ce lo dà così solenne e magnifico. È inutile che le dica che io non ho trovato nulla da appuntare. Temendo che l’entusiasmo mi facesse velo agli occhi, ho affidato il manoscritto ad un ecclesiastico pregandolo che facesse tutte le osservazioni che credesse opportuno. Egli mi dice che dopo averlo letto non ci resta che benedire il Signore”746.

743 P. Merati, 255. 744 Intr. Causae 17 [in tutti i suoi scritti si scorge uno spirito soave di pietà che spinge ad una soda e profonda virtù e gli animi al sacrificio di ogni passione: queste cose sono nascoste sotto il velo in vero dell’umiltà e della semplicità]. 745 S. 493. 746 Lettera dell’I. R. Commissario Distrettuale alla Deputazione Comunale di Seriate, Bergamo 15 novembre 1857.

Biografie 191 opera omnia

Biografie 192 opera omnia

APPENDICI

Appendice 1

Il Palazzolo e la Cerioli. - Beati ognuno per la sua strada747

Paolo Merati scrive. “Finalmente si fecero pratiche in questo tempo col rev.do don Luigi Palazzolo, fondatore dell’Istituto da lui stesso nominato, affinché, secondo l’idea del Rev. Can. Valsecchi, ambedue gli Istituti [del Palazzolo e della Cerioli] si fondessero in uno”748. Così ripete A. Sodano: “Il sacerdote Luigi Palazzolo di Bergamo aveva fondato un Istituto che pareva dovesse fare molto bene e insieme fortuna; parve al Can. Valsecchi che potessero fondersi in uno i due Istituti, così l’opera avrebbe avuto più facile e presto incremento”749. “Questo non è certamente vero perché nel 1863 non si potevano fondere l’Istituto maschile della Cerioli e quello del Palazzolo che fu fondato solo nel 1872. L’Istituto delle Suore delle Poverelle fu fondato nel 1869. Credo che sarebbe conforme a verità il dire che Mons. Valsecchi avesse semplicemente l’intenzione di mettere il Palazzolo a capo del ramo maschile della Sacra Famiglia”750. La Cerioli il 4 novembre 1863 inizia l’Istituto maschile a Villacampagna di Soncino con Mons. Valsecchi e tre fratelli. Qualche

747 “Famiglia Nostra” novembre 1986. 748 P. Merati, 194. 749 A. Sodano, 125. 750 L. Bugada, Archivio Istituzione Palazzolo.

Biografie 193 opera omnia giorno dopo il Palazzolo ritorna a Soncino con due ragazzi di dieci anni l’uno e di quindici l’altro, ma non erano orfani, non contadini, e il secondo voleva studiare per farsi prete, quindi non lavorava. La Cerioli rinviò i ragazzi, e il Can. Valsecchi sentì le spiegazioni di don Luigi e scrisse alla Cerioli: “[...] don Luigi è avvilito [...] è necessario che Ella si spieghi più chiaro. Io direi di non lasciarsi sfuggire questo soggetto, ma se vuole, intendersi meglio per l’avvenire [...]”751.

Rinsiste la Cerioli: “Il Rev. don Luigi è un santo religioso ed ha da pensare da santo, ma io credo che il Signore non voglia d’ambedue la stessa cosa [...]”752. La presenza del Palazzolo nell’opera della Cerioli si limitò a pochi giorni tra il 4 e il 20 novembre 1863. Il Palazzolo fonda il suo Istituto nel 1872. I primi tre religiosi furono Battista Leidi, Giovanni Tribbia e Giuliano Parietti. Il 4 ottobre fecero la vestizione e la professione alla presenza di Mons. Valsecchi nella chiesa di Martinengo.

Battista Leidi nacque nel 1841, fu nei dieci anni di vita religiosa (1872-1882) il sostegno del nuovo promettente Istituto. “Ad infliggere un colpo fatale alla giovane Istituzione intervenne la prematura morte di fra Battista Leidi che moriva il 23 novembre 1882, a 41 anni. Venuto a mancare questo saggio e prudente uomo, non si ebbero più soggetti capaci di una vera e propria direzione e tali di mantenere in vigore la disciplina religiosa e incrementare le vocazioni”753.

Giovanni Tribbia nacque nel 1851. Nel Cronicon troviamo notata la scomparsa improvvisa il 9 marzo 1815 di fra Giovanni Tribbia... “Un vero padre degli orfani che si faceva amare dai suoi ragazzi perché tutti avevano la persuasione di essere da lui amati”.

Giuliano Parietti nacque nel 1853; fu uno dei primi frati, uscì il 27 luglio 1917, a 64 anni dopo 45 di vita religiosa. In appendice7548 è segnata la morte di fra Luigi Parietti a 76. L’età e il nome lo differiscono da Giuliano.

Gli ultimi fratelli del Palazzolo vennero aggregati ai confratelli

751 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Luigia Corti [Soncino marzo 1864]. 752 Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Soncino 13 novembre 1863. 753 Appendix, 3. 754 Appendix pagina 3 al 24 novembre 1922.

Biografie 194 opera omnia della Sacra Famiglia a Martinengo. Si ricorda fra Giovanni Capister7559 di Romano (1883-1954) che nel 1952 deponendo al Processo apostolico per la beatificazione del Palazzolo dice di aver lasciato l’Istituto nel 1907, anche per consiglio della Madre Generale, in previsione della fine della parte maschile. Era entrato come novizio a Torre Boldone a 22 anni.

Fra Luigi Calai nacque a Flavon (Trento) nel 1865. Si trasferisce dall’orfanotrofio di Lallio a Martinengo il 12 maggio 1919. Muore nel 1950.

Due famiglie, un’anima sola. I buoni rapporti di stima e di aiuto sempre si conservarono tra i fondatori. “Domenica è stata qui un’aspirante mandata dal rev.do Luigi Palazzolo”756. Non aveva iniziata ancora la sua fondazione femminile. “Vengo adesso da Martinengo dove sono stato a prendere il libro delle cerimonie per la Vestizione dei frati e l’aveva appunto il padre Giovanni [Capponi] ”757. A Madre Gabrieli il Palazzolo scrive: “[...] mi faccia memoria di parlarle della Novena a San Giuseppe che tutti pratichiamo assieme cogli Orfanelli di Soncino, per ottenere buoni Confratelli di spirito”758. Alla stessa dice: “Vadi adagio col melicone che la settimana ventura me l’impresterà 6 o 7 some il Padre Giovanni [Capponi] [...]759. “Questa mattina sono tornato da Martinengo molto contento per le nostre Regole”760. “Il Palazzolo non scrisse le Regole per l’Istituto maschile, ma dietro consiglio di Mons. Valsecchi, adottò quelle che la Madre Paola Elisabetta Cerioli aveva scritto per l’Istituto da lei fondato in collaborazione con Mons. Valsecchi che dirigeva nello spirito ella pure. Anzi oltre le Regole, il Palazzolo ne adottò anche il nome: Fratelli della Sacra Famiglia”761, e il vestito. Motivo della estinzione del ramo maschile: “La Congregazione maschile restò sempre come un rampollo di un albero trapiantato

755 Birolini Luigi Fra Giuseppe della Sacra Famiglia dal 23 dicembre 1875 passa a Torre Boldone nell’Istituto Palazzolo il 14 dicembre 1897. 756 Lettera di Suor Luigia Corti a Suor Paola Elisabetta, Comonte [sd]. 757 Lettera (771) di Luigi Palazzolo ad Alessandro Valsecchi, Bergamo 3 agosto 1877. 758 Lettera (39) di Luigi Palazzolo a Suor Teresa Gabrieli; Bergamo 20 giugno 1875. 759 Lettera (35) di Luigi Palazzolo a Suor Teresa Gabrieli; Martinengo 23 settembre 1874. 760 Lettera (649) di Luigi Palazzolo a Suor Assunta Gabrieli, Bergamo 12 ottobre 1878. 761 Appendix 2.

Biografie 195 opera omnia fuori del proprio ambiente”762. Nella lettera 775 del 3 dicembre 1977 a Mons. Valsecchi: “Solo prego la sua carità di pregare per me perché il mio spirito, che veggo dilatarsi nelle suore ed orfanelle senza che dica nulla, e che nei frati lo tengo indietro non volendo attraversare o cambiare lo spirito di quella istituzione [la Regola della Cerioli], sia spirito del Signore”. “Noi abbiamo considerato praticamente estinto tale Istituto con la morte di Giovanni Tribbia perché allora prese in pieno la direzione degli orfani un sacerdote diocesano mandato dal Vescovo; e gli altri due o tre fratelli rimasti senza vero e proprio superiore, fecero solo le funzioni di assistenti degli orfani finché restarono nell’Istituto”763.

Appendice 2

Un solo suo frate alla morte della Fondatrice764

Era consuetudine che Mons. Speranza e il Canonico Valsecchi passassero la festa di San Giuseppe a Comonte765; ma nel 1865 ci fu un motivo speciale: “Fu vestito di uniforme religiosa”766 e quindi iniziò ufficialmente il Noviziato fra Giovanni Capponi primo e più valido collaboratore della beata Cerioli per la sezione maschile dei Religiosi della Sacra Famiglia. Da rilevare che il 19 marzo in quell’anno 1865 era domenica, la terza domenica di quaresima e quindi la festa di San Giuseppe fu trasportata il giorno seguente...767. La beata appena terminato un Corso di Esercizi per le giovani a Soncino, la stessa sera di domenica 19 torna a Comonte. Arriva contemporaneamente un gruppo di Figli di San Giuseppe da Villacampagna. Il Vescovo Mons. Speranza e il Canonico Valsecchi arriveranno la mattina di lunedì. Sentiamo la Beata che preannunzia la festa al Capponi e ne fa

762 Appendix 2. Archivio dell’istituto Palazzolo. 763 Suor Massimilla, Sup. Gen., 28/5/69. 764 “Famiglia Nostra”, marzo-aprile 1987. 765 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, Comonte 7 marzo 1862; Lettera di Suor Paola Elisabetta ad Alessandro Valsecchi, S. Maria 12 marzo [1864]; Lettera di Suor Paola Elisabetta a Giovanni Capponi, Comonte 7 marzo 1865; Lettera di Suor Paola Elisabetta a Nazarena Ferrari, Comonte [12 marzo 1865]; Lettera di Pietro Luigi Speranza a Suor Paola Elisabetta, Bergamo 7 marzo 1862. 766 Archivio Congregazione, Libro delle memorie dei frati della Sacra Famiglia. 767 cf. Lettera di Suor Paola Elisabetta a Stefano Grasselli, Comonte 9 gennaio 1865.

Biografie 196 opera omnia cronaca a Suor Nazarena, superiora a Leffe. “Caro Giovanni [...] Suor Rosa vi avrà detto come assieme al Sig. Canonico abbiamo progettato di far venire a Comonte per il giorno di San Giuseppe, sempre però che venga Mons. Vescovo come gli altri anni; sta poi al Signore l’effettuare questo progetto [...], Comonte 7 marzo 1865”768. “Cara suor Nazarena, ieri abbiamo celebrato qui a Comonte il giorno di San Giuseppe; vi era Mons. Vescovo, come al solito degli altri anni, più hanno cantato la Messa. Mons. Vescovo fece la Comunione alla Comunità. Il Gio. [Capponi] con i Figli arrivarono pur qui domenica, compreso quello di fresco venuto, di numero 9. Vi era pure il Prevosto di Bianzano. Mons. Vescovo vide volentieri i nostri Figli, così pure il Sig. Canonico. Essi stavano assai bene e fecero sentire a Mons. Vescovo a cantare, il quale si divertì eppoi si trattenne con essi e con le nostre figlie come il suo solito. Questa mattina sono partiti [...]”769. Non si accenna alla vestizione di Capponi che pure è stata fatta in quella data, come risulta dal Libri delle Memorie dei fratelli della Sacra Famiglia e non si giustificherebbe la presenza della Comunità di Villacampagna a Comonte se non per festeggiare il loro superiore. Il periodo del noviziato era necessario per proseguire alla consacrazione religiosa coi SS. Voti. Fra Giovanni emetterà la prima volta il 19 settembre 1866 in mano di Mons. Speranza a Comonte alla festa dell’Addolorata. Da pochi mesi era morta la Fondatrice. Il 3 dicembre 1868 fra Giovanni fa i voti perpetui nelle mani di Mons. Speranza a Martinengo il giorno dell’inaugurazione dell’Istituto. Nell’anno 1867 ancora il 19 marzo fanno la vestizione Caravaggi fra Agostino di Offanengo (CR) “vestizione e inizio del noviziato”; Cottinelli fra Cherubino di Milano “inizia il noviziato di professione” e Paris Isidoro di Filago (BG) “vestizione, comincia il suo noviziato di professione”770 e il 3 dicembre 1868 emettono i primi voti nelle mani di fra Giovanni alla presenza del Vescovo Speranza. I voti perpetui Caravaggi e Cottinelli li emettono l’8 dicembre 1872 nelle mani di Mons. Valsecchi a Martinengo. E quale fu la divisa religiosa per il Capponi egli altri tre che fecero la vestizione il 19 marzo 1867? Mons. Valsecchi nella relazione al “divoto di San Giuseppe”

768 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Giovanni Capponi, Comonte 7 marzo 1865. 769 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Nazarena Ferrari, Comonte [21 marzo 1865]. 770 Archivio Congregazione, Libro delle memorie dei fratelli.

Biografie 197 opera omnia dell’inaugurazione dell’Istituto di Martinengo il 3 dicembre 1868 dice che “Mons. Vescovo Speranza benedisse il nuovo abito che i fratelli della Sacra Famiglia dovevano vestire per la prima volta” e specifica singolarmente i diversi indumenti. Può darsi che lo stesso vestito in anteprima sia stato consegnato ai 4 frati che iniziarono il noviziato prima del 1868. Alla morte della beata, 24 dicembre 1865, solo uno dei suoi confratelli fra Giovanni Capponi, era membro effettivo della Istituzione, come novizio altri tre 10 diverranno il 19 marzo 1867.

Appendice 3

La beata Cerioli volle l’Istituto di Martinengo?771

La beata Cerioli quante volte passò lungo la mura del Convento di Martinengo nei suoi andirivieni col bagber da Comonte Soncino? È press’a poco a mezza strada e quindi per qualche sosta nello spiazzo davanti alla monumentale chiesa dell’Incoronata. Per questo le nostre suore nell’atto della divisione dei beni tra l’arte maschile e femminile volevano “esclusivamente per sé l’ospizio attiguo al convento occorrendo per viaggio etc.”772. Oltre il lato pratico non avrà influito il lato sentimentale ricordando forse le soste della fondatrice? Questo Convento, adatto per l’Istituto maschile, fu voluto dalla Beata anche se comperato circa tre anni dopo la sua morte? Sarei contento che fosse così, perché il figlio si trova meglio nella casa provveduta dalla Madre. Il desiderio della Beata Fondatrice era di stabilirsi in diocesi di Bergamo sotto la protezione del suo Vescovo e del Superiore dei due Istituti Mons. Valsecchi, tanto che a S. E. Mons. Speranza il 19 marzo 1857 scriveva: “[...] resterebbe ancora della mia sostanza i fondi di altre mille pertiche circa nel comune di Soncino, provincia cremonese, e un altro capitale in denari di circa ventottomila lire austriache: ebbene quello e questi diamoli agli orfani che tanto mi stanno a cuore; essi li lavorano e si mantengono; abbiamo le stesse regole, le stesse pratiche, gli stessi vantaggi che possibilmente sono combinabili, come le Figlie di San Giuseppe, portano lo stesso nome, si abbracci insomma lo stesso scopo e gli stessi fini per i quali si ha fondato l’Istituto femminile. A caso Monsignore trovasse difficoltà a mettere questi Orfani

771 “Famiglia Nostra” aprile 1968. 772 Archivio Comonte: fondi e caseggiati.

Biografie 198 opera omnia nella Casa della Campagna (che così è denominata questa possessione) per essere in altra Provincia e soggetta ad un altro Vescovo, li venda o li affitti e col ricavo o compri, o prenda in affitto nella sua Diocesi, sempre veda in campagna e lontano più che si può dalla città [...]”773. Per realizzare questo desiderio dell’Istituto maschile in Diocesi, già nell’ottobre 1861 aveva accantonato “capitale pronto di lire 24 mila” che offriva al rev. Pavoni, prevosto di Sant’Andrea di Bergamo al quale t’aveva indirizzata Mons. Speranza perché unissero le loro intenzioni e fondassero insieme un Istituto maschile per Orfani. L’ambiente prescelto era a Mornico al Serio, ma non se ne fece nulla per divergenza di ideali77428. Lo stesso accadrà col beato Luigi Palazzolo a Villacampagna due anni dopo. E il “capitale pronto fu depositato nella Cassa Finanza di Soncino, da dove furono ritirate lire 21000, comprese le tasse, nel 1868 per pagare il Convento di Martinengo775. Le restanti lire 10000 furono pagate a rate dall’Istituto maschile”776. La rev. Madre Luigia Corti successa come Madre Generale alla Fondatrice, avrebbe contribuito con tale cifra onerosa alla compera dell’Istituto maschile di Martinengo, se non ci fosse stata una volontà precisa della Beata? In più il 3 ottobre 1868, quindi prima della compera definitiva del Convento avvenuta il 10 novembre 1868, a Comonte “si riunirono il superiore dei due nostri Istituti (Mons. Valsecchi), la Madre Generale suor Luigia Corti il superiore dei nostri Fratelli della Sacra Famiglia Giovanni Capponi, alla presenza di Mons. Vescovo (Speranza) per combinare e stabilire la divisione della sostanza (della beata Fondatrice) per ciascuna Casa maschile e femminile. Conchiusero che ai Figli rimarrebbe... la Casa ora acquistata in Martinengo”777. Il 30 agosto 1867 nel suo quadernetto delle determinazioni più importanti la Madre Corti scriveva. “Col consenso dei Rev.mi Superiori e del mio Capitolo credetti bene di provvedere di una Casa ai Fratelli nostri della Sacra Famiglia e feci acquisto del Convento una

773 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Pietro Luigi Speranza, Comonte 19 marzo 1857 774 cf. A. Longoni, 127. 775 Archivio Comonte. Libro cassa. 776 Libro cassa di Comonte 1868: 16 novembre ritirati dalla cassa finanza di Soncino, denari ivi impiegati ed adoperati per pagare la Casa di Martinengo. Nella stessa data: lire 21000 compreso le tasse, etc. (comprese le lire 3000 del 24 ottobre) spedite a donna Giuseppina Scotti per pagare la casa di Martinengo. 777 Archivio Comonte. Diario.

Biografie 199 opera omnia volta dei Francescani Riformati, posto in Martinengo”. Naturalmente si riferisce agli Atti in corso perché a quella data non era stato fatto neppure il preliminare di compravendita, avvenuto il 10 dicembre 1867. Infatti il 27 marzo 1867 il Parroco di Martinengo Fumagalli D. Giuseppe, scriveva alla Congregazione di Carità di Martinengo, proprietaria del Convento: “Una pia persona sarebbe nel santo intendimento di fondare con le proprie sostanze un Istituto di beneficenza”778. La Madre Corti non aveva certo proprie sostanze, e neppure Suor Francesca Maria Luiselli prestanome nell’Istromento di compera. Le sostanze erano proprie della beata Fondatrice!779. A condividere questa tesi in una “vita manoscritta dalle prime consorelle della Beata78035 si legge che Mons. Valsecchi si prestò di poi, morta la benedetta Fondatrice, ad acquistare a spese dell’Istituto il Convento già dei Frati Francescani in Martinengo”. Quasi fosse esecutore della volontà della Fondatrice. La sollecitudine di concludere questa compera781 fa pensare a un esplicito impegno da assolvere, iniziato con approcci privati già da tempo. Così che il Vescovo di Bergamo Mons. Speranza nella Bolla di approvazione dell’istituto maschile letta da lui stesso il 3 dicembre 1868 il giorno dell’inaugurazione della Casa di Martinengo scrive: “Sono scorsi non ancora tre anni dalla sua morte e già si compie uno dei suoi voti più ardenti colla fondazione di questa nuova Casa di Orfani, che si apre proprio in quel luogo dove essa più la desiderava, nella sua diocesi, vicina a sé e alle origini delle sue istituzioni per farne qui il centro e la casa madre anche dell’Istituto maschile”782.

778 Archivio Comonte 1/12F 779 Archivio E. C. A. Martinengo 780 La Casa di Martinengo “venne acquistata dopo la morte della fondatrice, ma coi denari della stessa” (P. Orisio in Processus Super Virtutibus, 277). “Nel 1868, tre anni dopo la di Lei morte, si fonderà in Martinengo la prima casa, acquistata con i capitali lasciati dalla fondatrice” (E. Federici, 280). cf. Processus Ap. Summ., 187- 188). 781 Archivio Martinengo, 160. 782 Gli Atti ufficiali compaiono a soli quindici mesi dalla morte della beata avvenuta il 24 dicembre 1865.

Biografie 200 opera omnia

Appendice 4

La nuova data liturgica (23 gennaio) per la beata Paola Elisabetta Cerioli783

La festa liturgica della beata Cerioli è stata fissata al 23 gennaio. In questo giorno dal 1725, per determinazione di Benedetto XIII, ricordava lo sposalizio della Madonna con San Giuseppe. Non si poteva scegliere la data della sua morte perché vigilia di Natale e il 30 luglio, già prescelta, non aveva nessun legame con la sua vita. La nuova data è giustificata dal fatto che il 23 gennaio del 1858 la beata “ha preso il nome di Suor Paola Elisabetta e ha messo la croce di legno al collo” iniziando, anche esternamente, a vivere da religiosa e perché nello stesso giorno dall’anno dopo hanno “fatto i Voti annuali di Povertà, Castità e Ubbidienza le mie compagne in numero di sei”784. Già si viveva in comunità a Comonte dal 1 novembre 1856: “In questo giorno abbiamo incominciato il nuovo orario e il nuovo metodo di vita datici da Mons. Vescovo Pietro Luigi Speranza per uso della mia famiglia, ora composta di tre compagne e di quattordici orfane”. Le tre compagne erano la Beata, Luigia Corti entrata il 17 maggio 1855 e Caterina Masoni di Almenno San Bartolomeo, aggregatasi il 25 agosto 1855 che prenderà il nome di Suor Rosa. La Beata si contava come compagna tra le altre. Il 18 gennaio 1857: “Abbiamo incominciati i SS. Esercizi Spirituali [...] furono dati solamente per le mie compagne e me, in tutte sei”. Alle tre sopranominate si aggiunge Adelaide Carsana di Carenno entrata il 3 ottobre 1856 e Maria Passera di Arcene che venne il 4 novembre 1856. La sesta era Caterina Filisetti di Ardesio entrata il 8 gennaio 1857 e che uscirà il 4 novembre dello stesso anno. Il 7 dicembre 1857 il Vescovo benedisse gli abiti uniformi, veli e cuffie e le Suore presero il nome di Suore della Sacra Famiglia. Chi erano la sei Suore che fecero i primi Voti annuali il 23 gennaio 1859? Oltre le nominate Corti, Masoni, Carsana, Passera si aggiunse Leonilde. Valsecchi di Seriate entrata il 24 febbraio 1857. E la sesta chi fu? La Beata scrive. “In questo giorno hanno fatto i Voti annuali di Povertà, Castità e Ubbidienza le mie compagne in numero di 6”. La dicitura sembra escludere la Beata. Lei li aveva già fatti:

783 “Famiglia Nostra” febbraio-marzo 1982. 784 Archivio Comonte Fald. P.

Biografie 201 opera omnia quello perpetuo di castità col permesso del confessore il 25 dicembre 1856 e gli altri due perpetui l’8 febbraio 1857 nell’Episcopio di Bergamo. In ordine cronologico di accettazione c’è Maria Zappella di Vigano entrata il 19 marzo 1858 che non potrebbe fare i Voti il 23 gennaio 1859 perché non è da neppure un anno in convento. Per giustificare il numero sei delle votanti non c’è che avanzare l’ipotesi che anche la Beata abbia fatto pubblicamente in quel giorno i Voti, o che Maria Zappella abbia fatto un periodo ridotto di noviziato. Ma la domanda si ripropone: la liturgia ha scelto il 23 gennaio per fatti inerenti alla vita religiosa della Beata. Ma perché la Beata scelse questa data? Mons. Adriano Bernareggi presentandone la vita, scritta da don Emidio Federici, afferma: “Io non dubiterei di dire dapprima, essere stata la vocazione propria della Cerioli, come donna, una vocazione alla maternità. Veramente in ogni donna è un istinto materno, non necessariamente però conduce al matrimonio, potendo esso realizzarsi in una maternità spirituale che della maternità contiene l’aspetto più nobile. Ma la mancanza di una chiara resistenza di Costanza alla proposta al matrimonio avanzata dai genitori, e più ancora la profondità del suo amore per i figli che il Signore le ebbe a dare, e specialmente per Carlino, la stessa nuova vocazione di fondatrice di una congregazione religiosa da Lei considerata come una ‘nuova famiglia’ da surrogare alla prima e gli orfani come ‘altri figli’ da allevare al posto del suo, tutto sta ad indicare quanto aderente fosse alla sua natura la funzione materna”. La base della maternità è lo sposalizio. Il 23 gennaio era la festa dello sposalizio della Madonna con San Giuseppe! La Beata restata vedova di Gaetano Busecchi Tassis si risolse di continuare la vita di sposa con Gesù. E stabilisce che annualmente si rinnovino nel giorno della memoria dello sposalizio dei genitori di Gesù i Voti con la formula “che ci lega sì strettamente col nostro Sposo Gesù”. Anzi era giorno sì gioioso che doveva essere preceduto da una novena. Spigolando nell’Epistolario si rileva quanto tenesse la Beata insieme alle Consorelle a questa festa. A Suor Adelaide scrive: “Tu desideri che ti dica io stessa cosa devi fare in questa novena dello Sposalizio”785. Alle Consorelle di Villacampagna nel gennaio 1863 ricorda lo sposalizio: “Vi occludo la formula dei Voti che farete venerdì nel vostro piccolo oratorio di casa avanti la statua di San Giuseppe, il quale dal cielo vi accoglierà e come nostro Padre e Protettore li

785 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana, Comonte 12 gennaio 1864.

Biografie 202 opera omnia presenterà al Signore, acciò li aggradisca e li benedica. Mie carissime accompagnate questa offerta col cuore onde nelle occasioni più difficili alla natura da vincere vi ricorda gli impegni che avete contratto col vostro Sposo Gesù e vi dia lena e vigore di vincervi e seguire Lui Crocifisso tutto il tempo di vostra vita. Pregate pure e raccomandatevi alla Vergine Santissima, acciò per il suo Sposalizio col suo castissimo sposo Giuseppe, vi impetri da Dio la grazia di essere voi pure fedeli nelle vostre promesse”786. Fedeltà matrimoniale e religiosa! A suor Adelaide a Soncino: “Avrei proprio avuto piacere a restituir costì la Rev. tua superiora per il giorno della rinnovazione dei Voti [...]”787. Alla festa è bello che la famiglia sia al completo! A Suor Rosa: “Non ti mando la formula della rinnovazione de’ Voti perché vi deve essere costi. Raccomanda alle Professe che accompagnino col cuore e lo mostrino nelle occasioni che hanno fatti i Voti, diversamente diventa, la rinnovazione una semplice formalità […]”788. A più Consorelle: “Mie carissime, eccoci alla vigilia della Novena dello Sposalizio di Maria Santissima e quindi della rinnovazione dei nostri Voti. Giorno solenne deve essere questo per tutte le suore della Sacra Famiglia pronunciando Esse un’altra volta quella bella formula che ci lega sì strettamente al nostro Sposo Gesù. Oh possa quest’unione accrescere nel nostro cuore l’amore e la confidenza verso uno Sposo si buono, sì indulgente che ci preferì a tante che meglio di noi l’avrebbero onorato e servito”789. Lo sposalizio e quindi la rinnovazione dei Voti! Che conseguenza! E questo giorno deve essere solenne, come nei veri matrimoni! Attualmente i SS. Voti si rinnovano il giorno della festa della Sacra Famiglia, ora fissata subito dopo Natale. Per gli anni successivi al 1859, dovendo rinnovare i Voti il giorno preciso della prima formulazione, restò fisso il 23 gennaio che ricordava lo Sposalizio della Madonna. Anche per i religiosi, nel direttorio ad uso dei fratelli della Sacra Famiglia790, manoscritto ancora dopo il 1890 si dice che “[...] si fa la rinnovazione dei SS. Voti nel giorno dello Sposalizio di Maria SS.” La scelta di questa data per la festa liturgica della beata Cerioli

786 Lettera di Suor Paola Elisabetta alle Suore di Villacampagna, [Comonte gennaio 1863]. 787 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Adelaide Carsana, [Comonte] 20 gennaio [1865]. 788 Lettera di Suor Paola Elisabetta a Suor Rosa Masoni, Comonte 19 gennaio 1864. 789 Lettera di Suor Paola Elisabetta alle Consorelle, [12 gennaio]. 790 Direttorio, 9.

Biografie 203 opera omnia richiama l’origine religiosa della congregazione della Sacra Famiglia i cui membri annualmente rieleggono a loro sposo Gesù, e ricorda lei sposa che addita la santità del matrimonio nella luce degli sposi più santi.

Appendice 5

Natale Morzenti: il quadro della beata791

Questo quadro della Beata Cerioli fu commissionato nel mese di marzo del 1946 a Natale Morzenti. Egli lo dipinse nel suo ultimo anno di vita: morì il 21 luglio 1947. Ritrasse, come si può vedere, la Beata circondata dagli “altri figli” che la Provvidenza continuava a donarle. “L’Orfanello” nel numero di novembre 1946 parla di tre quadri esposti in occasione della festa della fraternità che si effettuava il 19 marzo di ogni anno: il quadro di S. Giuseppe opera del giovane pittore Renato Facchinetti, i quadri dell’Addolorata e di S. Pietro (perché commissionato da p. Pietro Crispiatico) eseguiti da Romano Morzenti, che allora diciottenne precisò che le facce furono fatteda suo padre anche se i quadri sono firmati da lui (teste p. Aldo Stazi e p. Pietro Crispiatico). “Così nella Casa di Martinengo si hanno in tre quadri i tre simboli delle nostre feste caratteristiche: S. Giuseppe, l’Addolorata, S. Pietro. Così voleva la Ven. Fondatrice; perciò anche ad essa si è pensato a Natale Morzenti, quasi per completare i simboli delle nostre devozioni e come attestazione di filiale riconoscenza, fu invitato a darci su tela anche la Ven. Cerioli. Ella sorride premurosa ad alcuni fanciulli tolti dal vero dai nostri orfanelli”. Il quadro è firmato Morzenti; il figlio Romano quando intervenne a risistemare la faccia e la mano sinistra della Beata, alquanto sgorbiata nel trasporto, aggiunse una R. attribuendosene la paternità (teste p. Angelo Ubiali). Posò per la figura della beata Cerioli Suor Colomba Fracasso della Sacra Famiglia, che andò più volte in casa dell’artista accompagnata da Suor Maura Valsecchi (teste lei stessa, Suor Maura e Gottardello Francesco), P. Romeo Mecca fece la foto alla Suora con i ragazzi prima che si iniziasse il quadro. Gli orfani ritratti nel gruppo sembra poterli riconoscere in Bonetti Franco, quello seduto, nato a Tirano il 16 aprile 1935. È

791 “Famiglia Nostra” luglio-agosto 1977.

Biografie 204 opera omnia entrato a Martinengo il 6 ottobre 1945 (detto paciotì o paciotèl) (testi p. Aldo Stazi, fra Alberto Buelli e Gottardello Francesco) e Magri Giovanni nato a Quinzano 5/O (o Verola) il 24 novembre 1938, che regge la corona. Residente nel 1978 a Milano, via Antonini 35 (tel 02/3545517-Lavoro 02/8462150) [Savoldelli Bortolo detto Benito e quindi col soprannome duce, nato a Clusone il 5 novembre 1935, regge la corona della beata, teste Gottardello Francesco]. Gottardello Francesco (Cecchino), entrato il 16 marzo 1946, messo di sbieco per nascondere gli occhi perché strabico (teste lui stesso). Frequentava la prima elementare nel 1945-1946. L’ultimo in piedi a destra è Gottardello Carlo, fratello di Francesco, nato a Ghedi nel 1936. È entrato il 24 aprile del 1943 (teste il fratello). Alcune persone, ormai anziane (cf. Travella ecc.), che erano in dimestichezza colla famiglia del pittore che abitava al Martinenghino e che forse posarono per altri quadri, presumono di riconoscersi nel gruppetto dei ragazzi, ma i documenti e la loro età l’escludono.

Biografie 205 opera omnia

Biografie 206 opera omnia

INDICE

Presentazione ______3

Prefazione ______5

Criteri di elaborazione del testo ______9

Abbreviazioni ______11

Capitolo I ______13 I Cerioli: la nobile stirpe di Soncino______13 1. Le origini______13 2. Il Paese ______15 3. La Famiglia Cerioli ______16 4. La famiglia Corniani ______18 - S. Il nonno materno di Costanza: l’Accademico ______19 1. Nascita: 28 gennaio 1816 ______21 2. I fratelli______22 3. Solerte consigliera ______24 4. Sigilli spirituali ______25 5. Amabile e generosa ______25 6. Convento - Collegio di Alzano______26 7. Le Salesiane ad Alzano ______26 8. Collegiale ______27 9. Segregata ______28 10. Regole per ammettere alla S. Comunione ______28 11. Ambiente del collegio ______29 12. Vestiti ______29 13. Educatrici______29 14. Disagi ______30 15. Istruzione ______31

Biografie 207 opera omnia

16. Lettere ______32 17. Arte ______32 18. Musica______32 19. Giudizio delle suore dopo la morte della Beata ______34 20. Ritorno in famiglia ______35

Capitolo III ______37 Sposa ______37 1. La famiglia Tassis a Comonte______37 2. Gaetano Busecchi in casa Tassis ______38 3. Fisico e carattere di Gaetano vedovo ______40 4. Amante dell’arte. Eccellente compositore di musica ___ 42 5. Suonatore e cantante______42 6. Corrispondenza col Maestro Mayr ______43 7. Amante dell’arte pittorica ______45 8. Costanza nell’attesa ______46 9. Costituzione fisica di Costanza ______47 10. Costanzina ______48 11. Vocazione alla maternità ______49 12. Fidanzamento ______51 13. Legislazione civile ______54 14. Gli sponsali______54 15. Lettera al fidanzato ______55 16. Matrimonio religioso ______56 17. Simone Mayr invitato ______56 18. Composizioni musicali… ______57 19. …e letterarie ______58 20. Istrumento di matrimonio già conchiuso______58 21. Amor omnia vincit ______59

Capitolo IV ______63 Madre______63 1. I figli di Gaetano e Costanza ______63 2. Infanzia di Carlo______64 3. Carlo in collegio______66 4. Attrezzature del collegio ______69 - S. Insegnanti______70 6. Carlo premilitare ______70 7. Vacanze______71 8. Collaborazione scuola-famiglia______72 9. Malattia di Carlo ______72

Biografie 208 opera omnia

10. Sotterfugi della madre ______74 11. Parenti preoccupati ______76 12. Compagni, buoni amici ______76 13. La morte di un angelo______77 14. Necrologio-panegirico della madre ______77 15. “... Non voglio farlo credere un santo” ______80 16. Partecipazione al dolore: anonimo... ______82 17. ... un parente______83 18. La Superiora Generale delle Figlie del Sacro Cuore_____ 84 19. Funerale in bianco ______84 20. Intervenuti gratis al funerale ______86 21. Gli altri figli ______87 22. Costanza, erede universale ______88 23. Sola ______88

Capitolo V______91 Vedova ______91 1. La morte di Gaetano ______91 2. Preghiera e carità______92 3. “Fa’ bene, e poi sii in pace” ______94 4. Programma del Vescovo ______95 5. “S. Ignazio ti metterebbe negli Esercizi”______95 6. Presso le Canossiane ______96 7. Con le Figlie del Sacro Cuore ______97 8. “Guardati dagli uomini che ti cercheranno per avere la tua roba” ______99 9. “Penserei a procurarmi un galantuomo... e a lui darei incombenza di far tutti i conti” ______100 10. “Cosa s’ha da fare di più bello e buono con la mia roba”100 11. Vedova esemplare______100

Capitolo VI ______103 Fondatrice ______103 1. In memoria del figlio ______103 2. Ricerca di consigli per la fondazione ______104 3. All’opera ______108 4. Votata a Dio______110 5. Tavole di fondazione ______110 6. Suora ______111 7. Le prime religiose______112 8. Vestito ______113

Biografie 209 opera omnia

9. ... Antiestetico______114 10. Incomprensione dei parenti... ______115 11. ... e degli altri ______115 12. Primo trapianto ______117

Capitolo VII ______119 Fondazione dell’Istituto dei religiosi______119 1. “Questi poveri figli m’interessano, e attirano tutta la mia compassione al pari delle mie orfane” ______119 2. Le compagne psicologicamente contrarie ______119 3. Programmazione dell’opera ______121 4. Consiglio di fondazione ______122 5. I pionieri ______123 6. Al bivio ______125 7. Valsecchi superiore a vita______126 8. Regolamento ______127 9. Vestito dei fratelli ______127 10. Giovanni Capponi: il fondamento ______128 11. Apprezzamenti della fondatrice su Giovanni Capponi_ 129 12. Fondazione attribuita ai superiori ecclesiastici______131 13. Ispezioni governative ______133 14. Ricordo di Carlo ______134 15. Sua collaborazione ______135 16. Preti, frati, suore ______136 17. Relazioni tra le istituzioni maschile e femminile ______139 18. Lavori in campagna ______141 19. Le suore, madri e sorelle, per i fratelli ______141 20. Sacerdoti... non religiosi ______142 21. Apertura delle case in S. Maria di Soncino ______146 22. Casa di Leffe______147 23. Richiesta di altre fondazioni: Rovato...______151 24. Grumello del Monte ______151 25. Parenti collaboratori poi... imboscati ______152 26. Fratelli della Sacra Famiglia del Palazzolo ______153 27. “Memorie riguardanti la mia nuova famiglia” ______157

Capitolo VIII______159 Riflessi risorgimentali ______159 1. Seriate: ferimento del parroco ______159 2. Comonte ricovero di soldati austriaci feriti______160 3. Cum Ecclesia ______160

Biografie 210 opera omnia

4. Sospettata di essere contraria al governo______162 5. Votazioni per la soppressione dei monasteri ______163 6. Testamento ______163 7. Proposta per onorificenza civile.______164

Capitolo IX ______169 Morte e glorificazione ______169 1. Malattia______169 2. Morte______171 3. Pianoforte in festa ______172 4. Funerali______173 5. Le sue Opere alla morte ______174 6. Condoglianze del vescovo di Cremona ______175 7. Necrologio di Ottavio Tasca ______175 8. Visione di Fra Giovanni Capponi ______176 9. Traslazione ______177 10. Ricognizione della salma ______178 11. Ritratti ______180 12. Vox populi: è santa ______181 13. Vox Ecclesiae ______183 14. Beatificazione ______184 capitolo X______185 L’Epistolario e gli altri scritti ______185 1. Pedagogia ed ascetica ______185 2. Agricoltura ______186 3. Regolamenti per la vita religiosa______187 4. Epistolario ______188 5. Stile ______189 6. Giudizi sugli scritti ______190 Appendice 1 ______193 Il Palazzolo e la Cerioli. - Beati ognuno per la sua strada_____ 193 Appendice 2 ______196 Un solo suo frate alla morte della Fondatrice______196 Appendice 3 ______198 La beata Cerioli volle l’Istituto di Martinengo? ______198 Appendice 4 ______201 La nuova data liturgica (23 gennaio) per la beata Paola Elisabetta Cerioli ______201 Appendice 5 ______204 Natale Morzenti: il quadro della beata ______204

Biografie 211 opera omnia

Scheda biografica ______Errore. Il segnalibro non è definito.

Indice ______207

Biografie 212 opera omnia