Dalla Corte Di Urbino Alla Città Di Verona: Claudio Ridolfi E La Pala Di San Tomio, Un’Opera E Il Suo Contesto Nella Verona Del Seicento
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Storia delle Arti e conservazione dei Beni artistici Tesi di Laurea Dalla corte di Urbino alla città di Verona: Claudio Ridolfi e la pala di San Tomio, un’opera e il suo contesto nella Verona del Seicento Relatore Prof. Augusto Gentili Laureanda Alessandra Vallesi Matricola 986489 Anno Accademico 2011 / 2012 Dalla corte di Urbino alla città di Verona: Claudio Ridolfi e la pala di San Tomio, un’opera e il suo contesto nella Verona del Seicento. A mia madre e mio padre per la loro tenace e silenziosa fiducia INDICE - RITORNO ALLE ORIGINI 5 PRIMA PARTE – UN PERCORSO A RITROSO: da Urbino a Verona I.1 – Nella terra dei Della Rovere 9 I.2 – La moralizzazione dell’arte e gli “abusi” della pittura 27 I.3 – Venezia e il suo paladino in un mondo di apparenze 32 I.4 – Verona, Minor Jerusalem 40 SECONDA PARTE – A DUE PASSI DA PIAZZA DELLE ERBE: la Circoncisione di Claudio Ridolfi nella chiesa di San Tomio II.1 – Le origini di una chiesa antica 52 II.2 – Il Nome da venerare 65 II.3 – Una famiglia da rintracciare 71 II.4 – Intrecci, litigi e committenze 76 TERZA PARTE – ICONOLOGIA DI UN DIPINTO: l’immagine specchio di una Compagnia e di un committente III.1 – La Circoncisione: un rito antico 82 III.2 – Un’ambiziosa trattatistica: esegesi di un modello divino 89 III.3 – La parte per il tutto 107 III.4 – Tre racconti sovrapposti (o forse quattro) 116 III.5 – Raffronti tra maestri 124 III.6 – Brevi citazioni e raffinati dettagli 129 - SOTTO LA PELLE DEL QUADRO 132 APPENDICE DOCUMENTARIA 136 DATI BIBLIOGRAFICI (secondo l’ordine cronologico di pubblicazione) 177 ILLUSTRAZIONI 194 La prima impressione è più profonda di tutte le altre, è d’altra specie e d’importanza decisiva. Il primo incontro con un’opera d’arte resta impresso, già per il fatto che vi si collega l’entusiasmo. Max J. Friedländer RITORNO ALLE ORIGINI Ho apprezzato per la prima volta le opere di Claudio Ridolfi attraverso un catalogo. Non è stato un inizio folgorante, uno di quelli in cui passando davanti a un dipinto si rimane attoniti e in rigoroso silenzio. In un primo momento ho soltanto immaginato come potessero essere le sue opere viste da vicino, poiché non sapevo bene chi fosse, dove fosse nato, quale città avesse ereditato la maggior parte dei suoi lavori; soltanto un nome in particolare lo rendeva familiare ai miei studi, Paolo Veronese. Claudio Ridolfi entrò a far parte della sua bottega soltanto pochi anni prima che morisse1, ma in quel breve periodo di tempo ereditò tanto: una maniera “aristocratica”2 nel dipingere e un nome che lo qualificò sempre nelle città in cui si trovò ad operare, il “Veronese”. Aveva quindici anni quando la sua carriera artistica ebbe inizio a Venezia nella bottega più fiorente del tempo e terminò otto anni dopo per ritornare poi nella sua terra natale e proseguire quella che sarebbe stata una ricca e remunerativa carriera artistica. L’intento della mia ricerca non sarebbe quello di ripercorrere cronologicamente le tappe della vita artistica del Ridolfi e quindi, in ordine, dal suo primo maestro, Paolo Veronese. Ma dall’altro grande precettore, Federico Barocci che gli diede gli strumenti per affinare e personalizzare le sua tecnica senza mai deporre gli insegnamenti veneziani del Caliari ormai acquisiti. Il Ridolfi è stato definito dalla Baldelli un “simpatico minore”3 che non può essere annoverato tra i grandi, né tra chi abbia avuto una tale influenza da essere riconosciuta come caratterizzante di una determinata regione, in questo caso, le Marche. Ma un posto di rilievo gli spetta. Perché non fu affatto un pedissequo rifacitore delle opere del Barocci4, ma un artista eclettico, certo non “uomo di cultura”5, ma di sicuro un pittore attento a recepire le differenti “maniere” che lo circondavano, a riproporle in base al suo gusto, al suo sentire. 1 Precisamente saranno tre gli anni che il Ridolfi passerà a fianco del Veronese, dal 1585 al 1588. Poi sarà Benedetto ad istruirlo nei successivi anni di apprendistato. 2 Cfr. R. Pallucchini, Pittura veneziana del Cinquecento, Vol. II, XLI, Novara, 1944. 3 M. Baldelli, Claudio Ridolfi Veronese pittore nelle Marche, Intr. di I. Faldi, Urbania, 1977, pg. 35. 4 Cinquant’anni di Pittura Veronese:1580-1630, catalogo della mostra, a cura di L. Magagnato, Vicenza, 1974, pg. 180. 5 «Si deve constatare con rammarico, che pur vissuto nei tre grandi centri di cultura, costituenti con Firenze il faro di tutto il mondo europeo, il Ridolfi non fu uomo di cultura: è soltanto pittore, e pittore inizialmente di istinto e in seguito accademico, appunto perché privo di idee, divelto dai fermenti culturali, che addirittura non riescono a penetrare nelle sue composizioni pittoriche, storicamente trascurate e prive di contenuto intimo», M. Baldelli, Claudio Ridolfi Veronese pittore nelle Marche, Intr. di I. Faldi, Urbania, 1977, pg. 19. 5 L’inizio del mio lavoro si potrebbe definire fortuito, ma la motivazione crebbe ben presto grazie ad un’opera. Mi capitò di soffermarmi spesso sulle opere che il Veronese eseguì nella e per la sua terra d’origine6 e una in particolare attirò la mia attenzione più delle altre, la Circoncisione. Dai colori caldi e delicati, la scena rappresentata mi appariva intima e raccolta e, più che un rito sacro eseguito sotto gli occhi di un pubblico orante, dava l’idea di un’atmosfera familiare e circoscritta nella quale il Bambino occupava il posto d’onore, centrale (fig. 1). 6 Licisco Magagnato nel catalogo della mostra del 1974, Cinquant’anni di Pittura Veronese:1580-1630 (pg. 181), scrisse che era ancora aperta la questione della cronologia delle opere veronesi del pittore che l’autore distingue in tre macrogruppi: “il giovanile, quello del 1617 e del 1620, e quello di un ritorno del 1639, documentato da una sua presenza non sappiamo quanto lunga presso i confratelli della Compagnia del Divino Amore di Santa Libera”. 6 PRIMA PARTE UN PERCORSO A RITROSO: da Urbino a Verona Eravamo nella prima decade del Seicento. Ogni giorno, eccettuata la stagione invernale, che in Urbino è costantemente rigida, un bell’uomo sui trenta o trentacinque anni scendeva frettoloso delle scalette di San Giovanni e, varcata la porta di via Valbona, recavasi al Casino di Ca’ Condi, a circa mezzo chilometro dalla città. Nella bella casa, piena d’aria e di luce, le cui finestre a levante presentano un panorama incantevole, con i monti lontani, sotto un cielo purissimo, era (e credo che vi sia ancora) una grande sala. Quivi nella buona stagione teneva lo studio Claudio Ridolfi detto, dalla sua città natale, il Veronese. Non di rado un simpatico vecchietto, ancora ben portante e tutto lindo della persona, si recava a Ca’ Condi e vi si tratteneva a parlare lungamente delle cose dell’arte e dei lavori che il valoroso e giovane suo amico andava componendo. Il vecchio dagli occhi fulgidi e dalla mano ancora ferma e docile, era Federico Barocci7. 7 E. Calzini, “Claudio Ridolfi pittore veronese”, in Rassegna Bibliografica dell’Arte Italiana, XVI, (1911), n° 1-4. I UN PERCORSO A RITROSO: da Urbino a Verona I.1 NELLA TERRA DEI DELLA ROVERE Il primo contatto che Claudio Ridolfi ebbe con il maestro urbinate avvenne nel 15908. Ebbe modo di conoscere una nuova cultura, un nuovo modo di vedere, una dolce, per lui inedita, maniera di disegnare, quella che lo avrebbe affascinato nel breve periodo romano9 quando conobbe colui che sarebbe diventato suo amico e maestro10. Il ritratto che ne fa Egidio Calzini nel suo articolo ripropone esattamente ciò che il Bellori ci ha raccontato nelle sue Vite11; il Barocci viene descritto come un uomo affabile, stimato da coloro che gli erano accanto, sia che fossero principi o uomini semplici, un animo schivo e devoto che preferì la mansuetudine della sua terra 12 all’ambiente chiassoso di una città troppo grande e competitiva13. 8 Claudio Ridolfi aveva vent’anni. Il biografo Carlo Ridolfi e l’altro autore delle Vite Diego Zannandreis, sbagliando, collocarono la data di nascita del pittore nel 1560, cioè ben dieci anni prima della reale datazione. (Si confrontino i documenti 1, 2, pgg. 137-142). Soltanto le ricerche di Egidio Calzini (1911) fecero sì che venisse precisato l’anno di nascita del nostro, dato che dall’Anagrafe della Contrada del Ponte della Pietra a Verona, Claudio, nell’anno 1593, risultava avere ventritré anni; il padre Fabrizio Ridolfi, morì nel 1594 e, secondo il biografo, Claudio trascorse i primi anni della sua giovinezza a Verona.; M. Baldelli, Claudio Ridolfi Veronese pittore nelle Marche, Intr. di I. Faldi, Urbania, 1977, pg.4; E. Calzini, “Claudio Ridolfi pittore veronese”, in Rassegna Bibliografica dell’Arte Italiana, n° 1- 4 (1911) 2.; L. Mochi Onori, “Claudio Ridolfi”, in Le Arti nelle Marche al Tempo di Sisto V, a cura di P. Dal Poggetto, Cinisello Balsamo (Milano), 1992, pgg. 431-433. 9 «Ebbe ivi [a Roma] occasione di vedere più quadri di Federico Baroccio ed incantato al par di molti altri dell’amenità dello stile […] senza riflettere ad altro si diresse ad Urbino», A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Macerata, 1834, pg. 242. 10 “[…] trattennesi alcun tempo in Casa il celebre Federico Barocci; e tanto s’affezionò a quel delicato modo di dipingere; che abbandonando in parte l’ottima maniera del Veronese, a quella del Barocci s’applicò”. F. Baldinucci, Notizie de’ Professori del Disegno da Cimabue in qua che contengono tre decennali, dal 1580 al 1610. Opera postuma di Filippo Baldinucci fiorentino Accademico della Crusca. All’Altezza Reale di Cosimo III Granduca di Toscana, Firenze, 1702, pg.