Il pompiere paura non ne ha! 03.01.2016 Michele Patti

Italia, 1944. Il Paese è diviso in due: a Sud, gli Alleati stanno risalendo inesorabilmente la Penisola, dopo essere sbarcati a Salerno; a Nord, i nazisti hanno messo appena liberato a capo di uno stato fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana. In questo drammatico contesto matura l’impresa calcistica dei “pompieri” di La Spezia, squadra che nel corso del campionato precedente militava in e che giunge ad un inaspettato trionfo contro nientemeno che Sua Maestà il Grande Torino.

Ma andiamo con ordine. Durante la guerra il campionato non si è mai fermato, e i primi tre tornei bellici hanno visto la vittoria di Bologna, Roma e Toro: la gente va lo stesso alle partite anche solo per farsi un po’ di coraggio a vicenda, benchè spesso l’urlo delle sirene giunga implacabile a rompere la serenità di una domenica normale, e spinga tutti, giocatori e direttore di gara compresi, a fuggire in direzione dei rifugi antiaerei. Le squadre, in questo periodo di guerra, incominciano a legarsi a delle aziende, accogliendone il nome insieme alla denominazione societaria, in modo da fornire ai propri calciatori dei comodi lasciapassare, vitali in un contesto di continue interruzioni delle principali vie di comunicazione; inoltre, cosa ben più importante, ciò riesce ad evitare ai propri tesserati di essere chiamati sotto le armi.

A sinistra: "mette a sedere" un avversario; a destra: cerca di colpire il pallone da terra. Sono i due simboli del calcio italiano di quegli anni. In alto: una formazione dei Vigili del Fuoco Spezia 1943/44. In piedi: Tommaseo, Costa, Rostagno, il comandante Gandino, Borrini, Tori, Angelini; accosciati: Persia I, Scarpato, Amenta, Bani, Gramaglia.

E’ Torino, capitale industriale d’Italia, che per prima sperimenta questi abbinamenti: Cisitalia e FIAT le due grandi case automobilistiche, si legano rispettivamente a Juventus e Torino. E’ in questo particolare momento di storia dell’Italia pallonara che anche lo decide di agire: dopo un dignitoso sesto posto conseguito in Cadetteria, la società viene colpita dalla deportazione in Germania del suo presidente, Perioli. La dirigenza allora si decide a contattare il capo dei Vigili del Fuoco locali, l’ingegner Gandino, e così i giocatori entrano a far parte del Corpo Nazionale, saranno pompieri a tutti gli effetti. Vengono allora ingaggiati, grazie alla norma federale sul nulla osta, che permette ai calciatori di giocare dovunque si trovino, Gramaglia e Viani dal Napoli, Tori e Angelini, attaccanti, dal Livorno e Mario Tommaseo dalla Juventina Palermo. Come allenatore viene scelto Ottavio Barbieri, genovese e già vincitore di due scudetti con la maglia rossoblu del . Quest'ultimo, dopo aver assimilato il sistema o WM, il famoso modulo 3-2-2-3 ideato dal manager dell’Arsenal negli anni ’30, sviluppa un proprio stile di gioco, il mezzosistema, che prevede un’importante innovazione: la figura del libero, cioè quel giocatore che si riserva di limitare i rischi in difesa, essendo appunto “libero” da ogni dovere di marcatura. I “pompieri” di Barbieri furono la prima squadra italiana ad utilizzarlo.

Lo Spezia quindi viene, per la situazione politica particolare, aggregato ad uno dei gironi della massima serie, che si stanno delineando in un piccolo appartamento di Milano, dov’è confinata la FIGC: si disputeranno dei tornei eliminatori regionali, e in seguito una finale triangolare nel capoluogo lombardo. Lo stadio della squadra ligure, intitolato ad Alberto Picco, eroe di guerra, si trova nella zona dell’arsenale marittimo, ripetutamente colpito dai pesantissimi bombardamenti alleati, a causa della sua elevata rilevanza strategica. I giocatori si trovano così costretti a riparare nel quartiere più periferico di Pegazzano, dove si trova una caserma dei Vigili del Fuoco; tuttavia, dopo il danneggiamento dello stadio, le gare interne verranno disputate allo stadio di Carpi. Lo Spezia infatti, ha chiesto ed ottenuto di poter partecipare al girone emiliano, ritenuto più abbordabile rispetto a quello ligure. Le trasferte vengono effettuate a bordo di un’autobotte, che serve anche a trasportare generi di prima necessità, come sale, olio, zucchero, burro, da immettere sul mercato nero della città visitata, almeno per portare qualche soldo a casa.

In un clima da tregenda, dunque, la compagine spezzina ha la meglio sulle poco quotate Suzzara, Fidentina, Parma e Busseto, e conquista il primo posto del torneo eliminatorio. Dopo aver sconfitto anche Carpi, Modena e di nuovo il Suzzara, la squadra dei pompieri approda alle finali interregionali, che vedono il Nord Italia suddiviso in tre gironi: Lombardia-Piemonte, Veneto-Friuli e Emilia-Romagna. Anche questa volta la sorte aiuta la città ligure: si ritirano dal suo girone Lucchese e Montecatini, ormai troppo vicine alla linea del fronte (escluse naturalmente anche le due compagini capitoline, Lazio e Roma: la città verrà liberata dagli americani il 5 giugno 1944). Gli spezzini si trovano di fronte però il Bologna, che incute ancora timore, anche perché seppur con alcune sconfitte (un clamoroso 5-0 subito a Faenza dopo averla raggiunta a piedi, a causa dell’ interruzione della ferrovia) resta sempre una formazione blasonata, capace di esprimere un ottimo calcio, scudettata solo tre anni prima. Nell’andata, disputata nella città felsinea, lo Spezia passa in vantaggio a 11’ dalla fine, grazie ad un gol in sospetto fuorigioco: invasione di campo, supportata anche dagli esponenti fascisti locali, e 2-0 a tavolino per i liguri. I rossoblu disertano il ritorno: altro 2-0 senza giocare e finale!!!

Le finali si giocheranno a Milano, all'Arena Civica (oggi dedicata a Gianni Brera) stadio casalingo dell'FC Internazionale fino al 1957. Stavolta per i poveri Vigili del Fuoco sembra non esserci scampo: Venezia e soprattutto Torino, sembrano due ossi troppo duri per i ragazzi di Barbieri. La formazione veneta, terza in campionato solo due anni prima, aveva lanciato due fuoriclasse assoluti, e Valentino Mazzola, che ora militavano nel Grande Torino, di cui diventeranno i pilastri fino al tragico incidente di Superga, che porrà fine alla favola granata. Arrivano alle finali dopo aver battuto una delle squadre-rivelazione del torneo, l'Ampelea Isola d'Istria, che aveva sconfitto a sua volta la più titolata Triestina. Si fa dura, quindi. La prima sfida, contro i Lagunari, finisce 1-1: a Tori, che segna nel primo tempo per i liguri, risponde nel secondo tempo Astorri per i veneti che rimangono in dieci per l'espulsione di Perron, reo di aver tentato di colpire Tommaseo con un pugno. L'ingresso in campo degli spezzini, però avviene tra le risate generali: per un malaugurato caso le divise, lasciate incustodite dai giocatori, si sono tutte bruciacchiate! Venuti a Milano per mezzo della consueta autobotte, infatti, i “pompieri” sono incappati in un terribile acquazzone estivo che li ha bagnati da capo a piedi; arrivati a destinazione hanno messo ad asciugare le casacche vicino ad un forno, con il risultato che abbiamo detto, davvero divertente per dei Vigili del Fuoco!

Domenica 4 ottobre 2015, La Gazzetta dello Sport dedica una pagina ai pompieri campioni d'Italia nel 1944

Per attendere la partita successiva,l'allenatore spezzino decide allora di far trasferire l'intera squadra a , città fino ad allora risparmiata dai bombardamenti: ma pochi giorni dopo uno stormo di “fortezze volanti” semina morte e distruzione sulla città lombarda, costringendo ancora una volta i giocatori a trovare scampo nei rifugi.

Diviene allora decisiva la partita del 16 luglio contro il Toro, formazione che oltre ai due assi ricordati sopra, può schierare anche Gabetto e Ossola; prima dell'incontro si reca nello spogliatoio dei “pompieri” facendo capire loro che non avranno speranze: è talmente sicuro di vincere che pochi giorni prima della sfida decisiva ha fatto giocare i suoi in un incontro propagandistico a , raggiunta al prezzo di innumerevoli fatiche. Reagisce immediatamente Mario Tommaseo, centrocampista, che lo insulta e tenta perfino di scagliargli addosso una sedia. Sarà proprio lui, in campo, a dover marcare Valentino Mazzola! I piemontesi inoltre schierano Silvio Piola, a tutt'oggi detentore del record di marcature in , ben 274.

Accade quello che tutti si aspettano: segna Piola di testa, correggendo in rete una punizione di Ossola, rispondendo al vantaggio spezzino firmato da Angelini. La difesa granata si fa cogliere nuovamente impreparata al 44': va di nuovo in gol Angelini, su assist di Costa. La traversa salva il portiere Bani allo scadere del secondo tempo,su tiro di Mazzola, dopo che Tommaseo, suo marcatore, aveva subito la frattura dell'alluce ma era rimasto stoicamente in campo:lo Spezia porta a casa un risultato d'oro. Il Toro travolgendo il Venezia per 5-2 nell'ultima gara e consente ai “pompieri” di vincere il campionato! I liguri attendono lo scudetto consueto da sfoggiare sulle divise, ma arriva invece solo la Coppa Federale, come quella consegnata a suo tempo al per il campionato 1915-'16.

Lo Spezia chiede di poter militare nella massima serie, come di diritto, l'anno successivo, ma verrà assegnato alla Serie B, e il titolo, vinto sul campo, non verrà mai equiparato ad un campionato nazionale.

A sinistra: Emanuele Calaiò con la maglia dello Spezia che porta il distintivo tricolore; a destra: i giocatori dello Spezia esultano dopo la vittoria contro la Roma negli ottavi di finale di

Solo nel 2002 verrà riconosciuto il diritto di poter sfoggiare sulle proprie casacche un distintivo tricolore che ricordasse quella indimenticata impresa, entrata nella leggenda. Sotto i bombardamenti e nel bel mezzo della guerra civile, i ragazzi di Barbieri avevano dimostrato che con la solidarietà e l'unità si poteva arrivare a grandi risultati.

Tratto da: http://www.calcioscopio.com/#!Il-pompiere-paura-non-ne-ha/c1sbz/56898ac90cf2fb390ae701a1

I Mitici pompieri del '44 15.03.2016|Michele Patti

Il 3 gennaio scorso abbiamo pubblicato "Il pompiere paura non ne ha!", la storia dei vigili del fuoco di La Spezia campioni d'Italia nel 1944. Qualche tempo dopo, il 24 febbraio, ci arriva una mail. "Spettabile Redazione (Ragazzi in gamba!), devo complimentarmi in special modo con Michele Patti (ma in effetti con tutto il gruppo). Parto quindi dall'articolo che riguarda l'impresa dei Mitici VVF del '44, di Michele Patti, che ho "scoperto" solo ora sulla rete". A scriverci è stato Piero Lorenzelli, profondo conoscitore della storia dei Mitici (con la "m" maiuscola, come piace chiamarli a lui), per motivi che non vi anticipiamo. E così, dopo un altro paio di mail e dopo essere finiti (lo diciamo con orgoglio) nella rassegna stampa del sito nazionale dei Vigili, abbiamo organizzato un'intervista telefonica.

Caro Piero, ci può parlare un po' di lei e del suo impegno per lo sport?

Ho respirato sport da quando sono nato, dal primo vagito, si può dire. Mio padre Orlando , classe 1899, è infatti stato un pioniere dello sport, un allenatore di pugilato, di calcio, di atletica. Ha portato diversi pugili a delle elevatissime categorie: per fare due nomi, Bruno Visentin e Alfredo Oldoini, quest'ultimo campione in ben tre categorie di peso. Io, invece, ho praticato sempre differenti sport: calcio, atletica leggera, pallacanestro, pallavolo, e vela soprattutto. Dopo 45 anni di lavoro nella ricerca scientifica, ora sono delegato della Liguria per i Veterani dello Sport, un'associazione benemerita del CONI. Curiamo i giovani e li seguiamo nelle varie discipline che praticano, con un occhio di riguardo per gli sport minori. Ci occupiamo anche dei master, atleti dai trent'anni in su; l'importante è tener alto lo spirito sportivo, e tenere valori come il fair play, e soprattutto combattere il doping in tutte le sue forme. Lo sport è anche cultura, attività di crescita sociale. I diversamente abili sono nel nostro DNA, curiamo in loco le attività degli Special Olympics. Quando assistiamo a queste manifestazioni sportive, abbiamo tutti da imparare dalla forza, dalla costanza di queste persone. Creiamo innanzitutto le condizioni affinché i valori dello sport siano propagandati in maniera corretta, che è la cosa più importante.

Il contesto storico in cui matura l'impresa della formazione dei Vigili del Fuoco di La Spezia è un contesto di guerra. Ci può raccontare come lo ricordavano anche le persone che hai conosciuto?

Dopo l'8 settembre e la creazione della Repubblica Sociale Italiana, nel 1944 l'Italia si trovò ad essere divisa in due dalla famosa Linea Gotica, da Marina di Massa a sud di Rimini. Lo sport allora più seguito era il ciclismo, ma il regime privilegiava il calcio da un punto di vista propagandistico. Venne organizzato un campionato di guerra. Fra le squadre iscritte ci fu anche la squadra dei VVFF, ideata dal comandante Ingegner Gandino, che cercò di allestire una squadra che potesse giocare in questa competizione. Ai tempi lo Spezia Calcio partecipava solamente al campionato di Serie B, pur avendo degli elementi di ottimo vaglio. Il Presidente Coriolano Perioli, che fu condotto in un campo di concentramento in Germania dal quale era destinato a non fare più ritorno, delegò al segretario il raggiungimento di un accordo. I giocatori erano sbandati, e vennero così assimilati nella formazione dei Vigili del Fuoco, essendo spezzini in maggioranza. Non avevano la preoccupazione di essere rastrellati, facevano parte di un corpo meritevole in una città tra le più bombardate d'Italia, essendo sede dell'Arsenale Militare. Quindi, giocatori come Angelini e Tori, che militavano nel Livorno, secondo l'anno precedente in Serie A, ebbero la possibilità di sfamare le loro famiglie attraverso uno stipendio, ma sempre in contesti di grande pericolo.

E' stato assai significativo il ruolo dell'allenatore spezzino, il grande Ottavio Barbieri, anche per quando riguarda le innovazioni tattiche.

L'aspetto tattico, nel calcio, è stato indagato e pianificato in primo luogo dagli inglesi, maestri e inventori del gioco. Al tempo del WM e della marcatura a uomo, il buon Barbieri, elaborò un nuovo sistema di gioco, che aveva imparato da William Garbutt, allenatore genoano ai tempi della sua militanza nella squadra del Grifone. Introdusse infatti, per primo in Italia, il ruolo del libero. Il libero era l'estremo baluardo della difesa ed aveva la possibilità di intervenire come ultimo uomo prima del portiere contro le incursioni avversarie. Lo stesso Vittorio Pozzo, che sicuro di vincere, aveva coinvolto il Toro in un incontro propagandistico a Trieste pochi giorni prima, si trovò spiazzato nella finale di Milano. Wando Persia, spezzino, spuntava da tutte le parti, non avendo un ruolo tattico. Rocco, il Paròn, applicò poi questa tattica nel suo Padova e in seguito moltissimi allenatori lo adottarono dopo di lui.

La disposizione tattica dei Vigili del Fuoco, guidati da Ottavio Barbieri

Il triangolare di Milano è stato il momento veramente decisivo dell'avventura dei Vigili del Fuoco spezzini. Cosa puoi dirmi in proposito, anche attraverso i racconti dei protagonisti?

I Vigili del Fuoco, un corpo non militare, erano innanzitutto assai benvoluti dalla popolazione e dai militari. Sgombravano le macerie, creavano le condizioni per riprendere la vita di tutti i giorni in una città martoriata dai bombardamenti alleati. Lo stadio Alberto Picco era inutilizzabile, perché le gradinate erano state bombardate. I giocatori, si dovettero trasferire infatti a Rapallo, per le partite di qualificazione. Nella semifinale contro il Bologna, marcò una rete Paolino Rostagno, giocatore che militava nei Municipali di La Spezia, in un campionato corrispondente all'odierna Lega Pro, ma il gol parve essere stato segnato in posizione di fuorigioco. In seguito fu l'unico vero pompiere effettivo di quella formazione spezzina. Nel Bologna militava Biavati, celebre inventore del “passo doppio” e la squadra era in serie A. Ci fu un'invasione di campo e venne assegnata così ai VVFF la vittoria a tavolino. Il presidente Dall'Ara ritirò la squadra per il ritorno e lo Spezia si trovò nell'empireo della finale a tre. Sulla carta e come organico, la formazione del Quarantaduesimo Corpo dei Vigili , era la più debole. Ma conta certe volte di più l'affiatamento e la compattezza del gruppo rispetto alle stelle individuali: l'esempio del Leicester di Claudio Ranieri è sotto gli occhi di tutti. Qualche giorno prima delle finali si giocò un'amichevole tra Milano (il nome italianizzato del Milan) e la Juventus Cisitalia (allora era il Torino ad essere abbinato con la FIAT!). A dimostrare l'incertezza dei tempi, durante lo svolgimento dell'incontro, un rastrellamento di nazifascisti tradusse trecento uomini validi nei campi di lavoro in Germania. I nostri riuscirono ad impattare col fortissimo Venezia e poi primeggiarono per 2-1 contro il Grande Torino: nell'Italia musicale di allora, poiché c'era un tale Maestro Cinico Angelini, che dirigeva l'orchestra della Rai, un giornale titolò in omaggio alla doppietta del giocatore originario di Querceta, vicino a Viareggio: “il Torino è stato suonato da Angelini!”

Marietto Tommaseo è stato uno dei giocatori più importanti della formazione spezzina. Che ricordo hai di lui?

Marietto è stato un grande faticatore; anche se non era dotato di eccezionali qualità tecniche, dava davvero l'anima in campo, era un grande interditore e rilanciatore, alla Trapattoni, alla Furino. Era un personaggio che lavorava sul piano fisico e aveva il compito di marcare a uomo Valentino Mazzola, impedendogli di innescare il bomber Silvio Piola. Svolse il suo compito al massimo e si fratturò un alluce. Il massaggiatore gli disse: ”se ti levi la scarpa, non cammini più” e lui rimase stoicamente in campo. Tommaseo era veramente un eclettico: è stato cantante lirico, un grande baritono, bravissimo e andò a esibirsi anche all'estero; fu un pittore naif e alla fine della sua vita scrisse anche poesie. Quindi aveva delle caratteristiche incredibili. Anche perché fu autodidatta nella gran parte delle sue passioni. Tommaseo in occasione delle petizioni per il riconoscimento di quella storica impresa disse ”io quel torneo l'ho vinto, è mio quello Scudetto”.

Marietto Tommaseo rivendica lo Scudetto

Ricorda altri giocatori dello Spezia del 1944?

Ho tantissimi ricordi di questi giocatori. Oltre a Tommaseo, di cui conosco molto bene il figlio Pasquale. Un altro giocatore che è stato molto vicino a me e a mio padre è stato Gioanin Costa: un calciatore di grandissima classe, che ha lasciato un ricordo indimenticabile agli spezzini: era di , una persona incredibile che è ancora oggi il marcatore principe dello Spezia. Ricordo ancora Amenta, difensore arcigno, forte di testa e di piede: dopo aver sposato una donna di Fezzano, si è fermato a La Spezia. E' stato allenatore negli anni '50 della Fezzanese come mio padre; oggi lo stadio è infatti intitolato a lui. Altra importante figura è quella del giovane Rinaldo Fiumi: dopo qualche partita con i VVFF giocò nell'Inter, partendo come ala destra e poi divenendo difensore, un uomo di fascia. E poi Rostagno, che fu anche dal punto di vista del ruolo un giocatore innovativo: un tornante e anche un buon marcatore. Purtroppo non ho conosciuto Gramaglia, un grande difensore, che dopo la fusione del 1946 fu il primo capitano della Sampdoria, passò quindi al Napoli ed è ancora oggi uno dei giocatori con più presenze del club partenopeo. Sono personaggi che sono poi rimasti nel tessuto sociale della città. Ma c'è un episodio molto doloroso da raccontare. All'inizio della costituzione della squadra c'era un portiere, Incerti, il cui padre era custode dello stadio Picco. Era un bravissimo portiere; giocò delle partite di precampionato, poi venne chiamato dal fratello, partigiano in Emilia, si arruolò nella Resistenza e venne ucciso barbaramente dai nazifascisti. Un fratello, Incerti Ferruccio, è stato poi per tanti anni difensore e bandiera dello Spezia.

Tratto da: http://www.calcioscopio.com/#!I-Mitici-pompieri- del44/c1sbz/56df19b70cf2b5f9148ec8b3